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Annibale Carracci, Pietà, Parigi, Louvre, 1602-

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Antonio Allegri detto il Correggio, Matrimonio
mistico di Santa Caterina, Parigi, Louvre 1527
Giulio Romano, Vergine e Bambino, Roma,
Galleria Borghese, 1523
PARMIGIANINO
Sacra Famiglia con San Giovannino
1524 – 1528
Tempera su tela, 117,5x128, 5 cm
Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte 

Provenienza:
Roma, palazzo Farnese; dal 1662 a Parma, prima al Palazzo del Giardino
nella Galleria Ducale; da dopo il 1725 a Napoli

Bibliografia:
Dolce 1557; Vasari 1568; Affò 1784; Spinazzola 1894; Quintavalle 1948;
Fagiolo Dell’Arco 1970; Rossi 1980, Dell’Acqua 1982; Oberhuber 1986;
Coliva 1993; Vaccaro 2002; Sgarbi 2002; Ottawa-New York 2003; Fornari
Schianchi – Ferino-Pagden 2003; Ekserdjian 2006
Descrizione:
In un paesaggio a campo lungo, la Madonna contempla il piccolo Gesù
addormentato, carezzando affettuosamente San Giovannino. Sulla
destra incede lentamente, leggendo, San Giuseppe. Considerato uno
dei capolavori del Parmigianino, il dipinto, di provenienza farnesiana,
venne realizzato con la tecnica delle pennellate a tempera larghe e
lunghe – adoperata, come riferisce Vasari, durante il soggiorno
bolognese (1527-1531) – che sembrano costituire un mezzo
espressivo di grande effetto, producendo una sorta di movimento fluido
e continuo. La critica però propende per datare il quadro al soggiorno
romano (1524-15279 perché lo stile compediario e veloce potrebbe
essere frutto di una attenta osservazione delle opere prodotte dalla
bottega di Raffaello – in particolare da Perin del Vaga e da Polidoro da
Caravaggio – nelle Logge Vaticane e nei grandiosi dipinti a monocromo
realizzati sulle facciate di alcuni palazzi romani.
 
Caccia al cervo (caccia notturna)
1470 ca.
Tempera su tavola, 65 x 165 cm
Oxford, Ashmolean Museum
 
Bibliografia:
Salmi 1939, Parronchi 1974, Sangiorgi 1976, Lloyd 19775
 
Descrizione:
Il dipinto reca sul verso l’iscrizione: “una caccia nelli Boschi di Pisa di Benozzo Gozzoli”. Ciò ha fatto supporre al Salmi,
appoggiandosi a obliqui riferimenti alla poesia contemporanea, che si tratti si una caccia di Lorenzo il Magnifico: peraltro nella
Caccia di Oxford non è reperivile alcun personaggio che possa identificarsi col Magnifico Lorenzo, mentre i membri della famiglia
Medici amavano farsi ritrarre in modo riconoscibile nei dipinti da loro commissionati. È possibile, come ritiene anche il Parronchi
riprendendo una vecchia idea del Gronau espressa verbalmente ma riportata dal Salmi, che possa trattarsi della parte sinistra del
“quadro uno in tavola lunga pinta di caccie: una del cervo et l’altra del porco cinghiale, nel mezzo vi è un ponte” ricordata
nell’inventario del 1631 del Palazzo Ducale di Urbino; probabilmente la stessa detta “una caccia di un porco” nell’Inventario del
1596, e un “quadro antico d’una caccia” ricordato nell’Inventario del 1599, e ancora “tavola depinta con una caccia” presente nel
Guardaroba nell’Inventario del 1609 (cfr. Sangiorgi), nonché come “una caccia in tavola di una mano antichissima et eccellente,
alta un palmo” ricordata in un foglio del Fondo Urbinate dell’Archivio di Stato di Firenze: infatti in quest’ultimo ricordo la misura è
certamente equivocata, essendo l’altezza di un palmo davvero troppo modesta per qualunque destinazione di una scelta profana,
che esclude l’uso di predella. Essa poteva far parte dell’arredo di una stanza, come “spalliera” dato il soggetto e le dimensioni, che
escludono l’impiego come fronte di forziere: in questo senso tornerebbero interessanti le osservazioni del Wind riportate dal
Lloyd, secondo cui il pannello poteva far parte di una serie rappresentante i Mesi, basata sull’Astronomicum del poeta latino
Manlio, noto nel primo Rinascimento. Questo tipo di decorazione, tradizionale presso le corti tardo gotiche ma anche presso i
colti committenti rinascimentali, appare quanto mai adatto al gusto e alla mentalità di Federico da Montefeltro. La distribuzione
ritmica delle pose e dei colori, come anche il piglio spiritosamente narrativo e moderno, nonché la qualità altissima, sono
elementi che accomunano la Caccia di Oxford alla predella con il Miracolo dell’Ostia dipinta ad Urbino tra il 1467 e il 1469, certo
per interessamento del duca Federico; ma il rapporto tra ambiente e figure e la composizione sapientemente orchestrata a moto
centripeto fanno ritenere la Caccia frutto di un momento di ancor più profondo impegno, ben adatto alla destinazione, quanto
mai illustre, ad una stanza personale del colto duca di Urbino.
 
Da Anna Padoa Rizzo, Paolo Uccello. Catalogo completo, Firenze 1991, p. 124
 
ROSSO FIORENTINO
Ritratto di gentiluomo
1525 - 1527 ca.
Olio su tavola, 120 x 86 cm.
Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte 

Provenienza:
Roma, Fulvio Orsini fino al 1650; in collezione Farnese fino al 1739

Bibliografia:
Longhi 1940; Letta 1994; Natali 2008
Descrizione:
Capolavoro della ritrattistica cinquecentesca, il dipinto è oggi
considerato una delle geniali invenzioni di Rosso Fiorentino, pittore
dalla personalità inquieta, protagonista di quella grande stagione della
pittura che fu il primo manierismo fiorentino. La figura enigmatica del
giovinetto è ritratta in un ambiente difficilmente decifrabile, ricco di
elementi decorativi:; il tappeto, un tendaggio sulla destra e un portale di
marmo sulla sinistra, dal quale si intravede una sorta di alcova con un
letto rissi e un baldacchino. Straordinario l’effetto luministico che
tornisce la testa emergente dall’ombra e che risulta essere una delle
poche parti del quadro realmente finite. L’opera apparteneva a Fulvio
Orsini, raffinato bibliotecario e collezionista, che lasciò erede della sua
preziosa collezione il cardinale Odoardo Farnese
Raffaello Sanzio, Santa Caterina di
Alessandria, National Gallery, 1508 ca.

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