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AMAZON E I

DIRITTI UMANI
ANDREW VALERI VBC
Amazon è un'azienda di commercio elettronico statunitense, con
sede a Seattle nello stato di Washington. È la più grande
Internet company al mondo. Time Magazine ha proclamato Jeff
Bezos, fondatore dell'azienda, Uomo dell'anno del 1999, a
riconoscimento del successo di Amazon nel rendere popolare il
commercio elettronico. Fu tra le prime grandi imprese Internet
simbolo alla fine degli anni novanta. Amazon affrontò un certo
scetticismo nei confronti del suo modello di business, ma nel
2003 raggiunse per la prima volta un utile d'esercizio. Fondata
con il nome di Cadabra.com da Jeff Bezos il 5 luglio 1994 e
lanciata nel 1995, Amazon.com iniziò come libreria online, ma
presto allargò la gamma dei prodotti venduti. Entrò nel mercato
azionario il 15 maggio 1997, sul Nasdaq con il simbolo AMZN
con un prezzo iniziale di $18,00 per azione (equivalente a $1,50
dopo tre stock split alla fine degli anni novanta). Il 30 aprile
2020, in piena crisi COVID-19, raggiunse la quotazione record
di 2 474 $.
L’azienda Amazon riporta:

DIRITTI UMANI IN «Ci impegniamo ad assicurarci che persone, lavoratori e comunità su cui si regge l’intera nostra
catena di valore vengano trattati con dignità e rispetto fondamentali. Il nostro obiettivo è
AMAZON assicurarci che i prodotti e i servizi da noi offerti vengano realizzati nel pieno rispetto dei diritti
umani.

Benché la tutela dei diritti umani sia compito dei governi, in Amazon riconosciamo la nostra
responsabilità nel rispettarli e sostenerli a livello internazionale, che si esprime nel trattamento
etico dei nostri dipendenti e di coloro che lavorano nella nostra catena di valore. Guidati dai
Principi guida su imprese e diritti umani delle Nazioni Unite, ci impegniamo a integrare il
rispetto dei diritti umani a ogni livello della nostra attività. Esaminiamo costantemente le nostre
attività e la nostra catena di valore al fine di identificare, determinare e risolvere i rischi legati ai
diritti umani fondamentali; di coinvolgere le parti interessate più importanti; e di stabilire quali
sono le aree prioritarie che presentano le opportunità più interessanti per avere un impatto
positivo su lavoratori e comunità. Il nostro approccio in merito ai diritti umani è improntato alle
normative internazionali. Rispettiamo e supportiamo le convenzioni fondamentali
dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), la Dichiarazione relativa ai principi e ai
diritti fondamentali sul lavoro dell’ILO e la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle
Nazioni Unite.

Ci impegniamo a investire nei nostri dipendenti, nei lavoratori che realizzano i nostri prodotti e
nelle comunità nelle quali operiamo. Tali principi evidenziano il nostro approccio ai diritti
umani in tutti gli aspetti della nostra azienda.»
«Il nostro obiettivo è promuovere posti di lavoro sicuri, inclusivi e rispettosi, sia nelle nostre attività sia in quelle della
nostra catena di valore.
La sicurezza al primo posto: vogliamo inoltre diventare l’organizzazione più attenta del mondo alla sicurezza. Offriamo
un ambiente di lavoro pulito, sicuro. La salute, il benessere e la sicurezza dei nostri dipendenti sono la nostra priorità.
Tutti hanno il diritto di avere un luogo di lavoro sicuro, nel quale siano adottate regole e pratiche appropriate per la
segnalazione e per la prevenzione di incidenti e infortuni, nonché di condizioni, procedure o comportamenti poco sicuri.
Diversità e inclusione: siamo impegnati a favore della diversità e dell’inclusione a ogni livello della nostra attività.
Cerchiamo persone con background di ogni genere per far parte della nostra squadra e incoraggiamo tutti a portare sul
luogo di lavoro il proprio sé migliore, autentico e originale.
Pari opportunità: ci impegniamo ad assicurarci che tutti i lavoratori siano trattati allo stesso modo e nelle nostre prassi di
assunzione e lavorative, dalle candidature alle promozioni, dall'assegnazione di incarichi alla formazione, retribuzioni,
benefit e licenziamenti. Non tolleriamo alcun tipo di discriminazione in base alla razza, colore, origine nazionale, genere,
identità di genere, orientamento sessuale, religione, disabilità, età, opinioni politiche, stato di gravidanza, status di
migrante, etnia, casta, stato familiare o civile o caratteristiche personali simili. Il nostro obiettivo è assicurarci che azioni
e decisioni relative all’impiego siano esclusivamente fondate su considerazioni relative all’attività aziendale e si
orientino soltanto sulla capacità dell’individuo di svolgere il proprio lavoro, non sulle sue caratteristiche personali. Come
evidenziato nel nostro Codice di condotta ed etica professionale, non tolleriamo alcun tipo di discriminazione, di
comportamento violento e intimidatorio, nonché di molestia.»
«Libera scelta dell’occupazione: nelle nostre attività e nella nostra catena di valore non tolleriamo l’impiego, in qualsiasi
forma, di lavoro minorile, lavoro forzato o tratta di esseri umani, ivi compresi lavoro di persone in stato di schiavitù o di
prigionia, servitù debitoria o lavoro vincolato.
Comunicazione con i dipendenti: il feedback dei lavoratori rappresenta per noi un valore. Nel miglior interesse dei nostri
dipendenti e dell’azienda, crediamo fermamente nella comunicazione diretta, e siamo convinti che il modo migliore per
ottenere un cambiamento è che i nostri dipendenti continuino a lavorare direttamente con i propri responsabili a ogni livello
dell’azienda. Rispettiamo la libertà di associazione e il diritto dei nostri dipendenti a formare un sindacato, a iscriversi o meno
a esso o ad altre organizzazioni legali di loro scelta, senza il timore di rappresaglie, intimidazioni o molestie. Offriamo ai
nostri dipendenti formazione sugli argomenti trattati nel Codice di condotta ed etica professionale, ivi compreso come inviare
denunce in forma anonima alla hotline etica indipendente di Amazon. Siamo impegnati a offrire ai nostri dipendenti un
accesso appropriato ai sistemi di reclamo e ai provvedimenti correttivi.
Miglioramento continuo: per assicurarci di mantenere gli standard più elevati, verifichiamo costantemente le nostre politiche
e le nostre prassi, così da garantire l’allineamento a tali principi, e forniamo ai dirigenti aggiornamenti regolari sui progressi
effettuati.
Collaborazione: a sostegno di questi sforzi, diamo un grande valore alla costante collaborazione con un ampio numero di parti
interessate. Questo ci aiuta a rimanere costantemente vigili e consapevoli dei potenziali impatti, sia positivi sia negativi, dei
nostri prodotti e servizi sui diritti, sugli interessi e sul benessere dei nostri dipendenti, clienti e comunità in tutto il mondo.»
FONTE: https://sostenibilita.aboutamazon.it/persone/diritti-umani/principi-globali-dei-diritti-umani-in-amazon
PROBLEMI
Sorgono però dei problemi:
All’inizio della pandemia da Covid-19 i lavoratori e le lavoratrici di Amazon stanno andando
incontro a grandi rischi per la loro salute e sicurezza, eppure la loro capacità di denunciare le
condizioni di lavoro e di svolgere trattative collettive è minacciata dal gigante delle vendite online.
Amazon abbia contrastato i tentativi dei lavoratori di organizzarsi in sindacato e avviare trattative
collettive, attraverso la sorveglianza negli Usa e la minaccia di azioni legali nel Regno Unito, e
non abbia assunto provvedimenti-chiave per assicurare la salute e la sicurezza dei lavoratori in
Francia e Polonia.
«Da quando è iniziata la pandemia, i lavoratori e le lavoratrici di Amazon stanno rischiando la
salute e la vita per garantire che beni essenziali siano consegnati davanti le nostre case,
contribuendo così ad assicurare ad Amazon profitti record. Dato questo contesto, è allarmante che
Amazon manifesti ostilità per i tentativi di organizzarsi in sindacato: essendo una delle più potenti
aziende del mondo, questa materia dovrebbe conoscerla bene», ha dichiarato Barbora
Černušáková, ricercatrice e consulente di Amnesty International sui diritti economici, sociali e
culturali.»
IL RIPRISTINO DEGLI OBIETTIVI DI PRODUTTIVITÀ
A marzo Amazon aveva sospeso i suoi rigidi obiettivi di produttività, di fronte alla loro incompatibilità con le
misure adottate per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori durante la prima fase della pandemia. Tuttavia
ad ottobre, terminata la stagione estiva, l’azienda ha fatto sapere ai suoi lavoratori che li avrebbe reintrodotti.
I lavoratori del Regno Unito hanno ricevuto questo messaggio di testo: “Dal 21 ottobre ristabiliremo il
monitoraggio sulle misurazioni e sulle prestazioni di produttività nelle consegne, per assicurarci di essere pronti
a consegnare ai nostri clienti nelle prossime settimane”.
MINACCE E PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI NEI CONFRONTI DEI SINDACATI
Le norme e gli standard internazionali dicono chiaramente che i lavoratori hanno il diritto di costituire sindacati
e di iscrivervisi, che il loro diritto alla riservatezza va rispettato e che devono beneficiare della sicurezza sul
lavoro.
Sebbene affermi di rispettare i diritti dei suoi lavoratori a costituire sindacati e a iscrivervisi, Amazon
compromette costantemente l’azione dei sindacati: non solo nei suoi rapporti annuali del 2018 e del 2019 ha
identificato la loro esistenza come un “fattore di rischio” ma, nel 2018, ha persino sollecitato i dirigenti,
attraverso un video formativo, a cercare “avvisaglie” di attività sindacali.
LA SORVEGLIANZA
Un’altra fonte di preoccupazione è costituita dalla sorveglianza dei lavoratori. Quest’anno a settembre Vice News ha reso noto
che Amazon aveva pubblicato bandi di assunzione per analisti d’intelligence per individuare rischi aziendali tra cui “minacce
organizzate dai lavoratori contro l’azienda”. Amazon ha poi rimosso il bando dichiarando che era stato pubblicato per errore.
Sempre a settembre Vice News ha rivelato dettagli di un documento interno che dimostravano come l’azienda avesse
segretamente monitorato e analizzato i gruppi privati di Facebook degli autisti di Amazon Flex, anche allo scopo di scoprire
progetti di scioperi o di azioni di protesta.
LA MANCATA COLLABORAZIONE CON I SINDACATI SU QUESTIONI DI SALUTE E SICUREZZA DURANTE LA
PANDEMIA
La pandemia da Covid-19 continua a colpire centinaia di migliaia di persone ogni giorno e la salute e la sicurezza dei lavoratori
di Amazon restano dunque motivi di grande preoccupazione.
In Polonia, come ci ha riferito l’Iniziativa dei lavoratori, nel marzo 2020 Amazon ha rifiutato di discutere di questioni di salute
e sicurezza col sindacato. In Francia, il sindacato Solidaires ha vinto una causa costringendo l’azienda a sospendere
temporaneamente le proprie attività per introdurre misure più rigorose in materia di salute e sicurezza.
i sindacati hanno anche sollevato il tema dell’indennità di rischio per i lavoratori. All’inizio della pandemia sono stati introdotti
alcuni aumenti in Europa e America del Nord ma la maggior parte è stata annullata a maggio nonostante la pandemia fosse in
pieno corso.
«Lo denunciamo oggi, in occasione del Black Friday – uno dei più
importanti momenti di vendite dell’anno –
con un rapporto intitolato “Amazon lasci i lavoratori organizzarsi in sin
dacato”
che descrive in che modo l’azienda tratta i lavoratori in Francia,
Polonia, Regno Unito e Stati Uniti d’America.»
FONTE:
https://www.amnesty.it/amnesty-international-dalla-parte-dei-lavoratori-
di-amazon-la-corsa-al-black-friday-non-costi-la-loro-salute/

Lettura del rapporto in PDF:


https://d21zrvtkxtd6ae.cloudfront.net/public/uploads/2020/11/Amazon-b
riefing-Let-Workers-Unionize-1.pdf
SCIOPERO
Primo sciopero in Italia per il colosso dell'e-commerce. Il 22 marzo 2021
è stato il giorno dello stop di Amazon, una tappa storica nelle relazioni
sindacali con il gigante di Seattle. Il fermo riguarda un esercito di 9.500
addetti al magazzino e 15 mila driver. Lo sciopero - che a metà giornata
ha registrato un'adesione del 75% secondo i sindacati - è stato proclamato
da Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti, mentre da più parti arriva l'appello:
"Rispettatelo, non comprate per 24 ore". Le richieste sul tavolo sono
numerose: verifica dei carichi di lavoro, contrattazione dei turni, corretto
inquadramento professionale del personale, riduzione dell'orario di
lavoro dei driver, buoni pasto, stabilizzazione dei tempi determinati e dei
lavoratori interinali, continuità occupazionale e stop a turnover
esasperato. Dal canto suo, la multinazionale di Jeff Bezos ribatte punto su
punto: "Mettiamo al primo posto i dipendenti, offriamo loro un ambiente
di lavoro sicuro, moderno e inclusivo, con salari competitivi, benefit e
ottime opportunità di crescita professionale".
TESTIMONIANZE: «Dolore fisico e disagio psicologico"
Francesca Gemma, 30 anni, di Collevecchio, da ottobre 2017 lavora al centro Amazon di
Passo Corese. Ha un contratto a tempo indeterminato, lavora cinque giorni su sette, 40 ore
settimanali su turni notturni e diurni, per uno stipendio di 1.300 euro al mese. "Se dipendesse
da me cambierei subito due cose, che sono davvero insostenibili: gli orari dei turni e la
ripetitività del lavoro", dice. Molti lavoratori parlano di dolore fisico ma anche di disagio
psicologico. "Quando sei addetto al "piccaggio" (termine riadattato dal verbo inglese pick,
raccogliere) devi fare lo stesso movimento per otto ore, dentro una specie di gabbia. Non ci
sono alternative. Nel giro di qualche giorno arrivano dolori alle braccia, alla schiena, alle
ginocchia", racconta ancora Francesca Gemma.
"Dopo tre giorni dolore alle gambe, dopo un mese ai tendini dei polsi"
Dicono gli addetti al magazzino che anche la tempistica del dolore è ormai standardizzata. "Il
terzo giorno di lavoro una persona addetta al pick non riesce a camminare per il dolore alle
gambe: altro che squat in palestra. Dopo un mese, invece, iniziano a far male i tendini dei
polsi. Ogni tanto qualcuno sviene. Ecco, diciamo che l'infermeria è molto frequentata".
Anche i turni sono difficili da sostenere, perché durano un'intera settimana: sette giorni di
mattina, sette di pomeriggio e sette di notte. Dopo tre anni Francesca Gemma ammette di
avere ancora serie difficoltà a riprendersi dalle settimane in cui lavora di notte. "Bisogna però
ammettere una cosa: nessuno ti frusta se non stai al top", rivela la lavoratrice dello
stabilimento in provincia di Rieti. "Il segreto per durare qua dentro è capire i propri limiti e
agire in base a quelli".
Cinquecento chilometri più a nord, a Castel San Giovanni, in provincia di
Piacenza c’è Giampaolo Meloni. Ha 38 anni, vive a Piacenza e lavora in
Amazon dal 2012. Contratto a tempo indeterminato dal 2014 e stipendio di
1.600 euro lordi al mese. «La prima cosa da cambiare è la ripetitività delle
mansioni» dice senza esitazione. "Non è possibile tenere una persona 2 anni
nello stesso posto: si danneggiano spina dorsale e articolazioni". Ogni
stabilimento ha la sua organizzazione interna, anche in base alla tecnologia
in dotazione.
"Facciamo anche venti chilometri a turno"
Giampaolo spiega che il suo lavoro si divide in "pick" e "pack". "Con il pick
devi andare a prendere i pacchi da una parte all'altra e questo significa che
mediamente percorri 20 chilometri a turno. Con il pack, invece, se ne vanno
schiena, spalle, braccia, polsi. Io stesso ho un tutore alla caviglia". C'è poi la
questione dei manager, che sarebbero i capi reparto piazzati a controllare il
lavoro degli operai del magazzino. "Le fasi del lavoro sono preimpostate"
spiega Giampaolo. "Il sistema è guidato da un algoritmo, che chiede
numeri. A chi sta sopra non interessa se quei numeri siano ottenuti con le
buone o con le cattive. Il potere è nelle mani di questi manager, ragazzi di
25-30 anni appena laureati, che a volte decidono di usarlo anche in modo
intransigente e pericoloso".
LA REPLICA DELL’AZIENDA
Sulle questioni sollevate arriva anche la posizione dell’azienda: “La salute e la sicurezza dei nostri
dipendenti sono la nostra priorità. In tutte le sedi Amazon è attiva la rotazione tra le mansioni,
compatibilmente con le nuove misure di sicurezza implementate per mantenere i dipendenti al sicuro
nell’attuale contesto del Covid-19. I dipendenti sono formati per poter lavorare in più aree ricoprendo
diverse mansioni". E sulla ripetitività dei gesti durante il lavoro Amazon sostiene di essere in regola: "In
ogni magazzino vengono pienamente rispettate le linee guida ergonomiche previste dalla normativa
italiana e vengono utilizzate le norme internazionali di riferimento per valutare la corretta gestione delle
attività ripetitive. La possibilità di lavorare sia su processi diretti (prelevamento, impacchettamento,
ricevimento, stoccaggio) che su quelli di supporto (movimentazione carrelli e transpallet) consente di
trovare il giusto bilanciamento in termini di ripetitività dell’attività lavorativa. Inoltre, continuiamo a
investire per rendere più confortevole il luogo di lavoro. Ad esempio, in tutti gli impianti è disponibile un
macchinario che, funzionando come una ventosa, consente di sollevare senza eccessivi sforzi pacchi
pesanti e voluminosi”.
FONTE:
https://www.repubblica.it/cronaca/2021/03/22/news/oggi_lo_sciopero_amazon_parlano_i_lavoratori_ecco
_perche_vi_chiediamo_di_non_comprare_per_24_ore_-293266466/
VIDEO DA VEDERE:
Testimonianza di un rider (servizio del «Fatto quotidiano»):
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/03/22/amazon-schiavi-di-un-algoritmo-abbiamo-3-4-minuti-a-consegna-
andare-in-bagno-ci-arrangiamo-una-giornata-con-un-driver-videoracconto/6139146/
Servizio TG1 sciopero lavoratori Amazon:
https://www.raiplay.it/video/2021/03/Tg1-Sciopero-Amazon-i-lavoratori-e-i-rider-Basta-lavorare-cosi-sfruttati
-per-sopravvive-re--520e19bc-7ad4-473c-9125-58d03d62b58d.html
Testimonianza di un rider (servizio «Piazza pulita» la7) :
https://www.la7.it/piazzapulita/video/driver-per-amazon-lavoratori-stremati-dalle-consegne-29-04-2021-3782
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