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Logiche con cui le scorte possono essere gestite

Esistono 2 logiche per la gestione: •Flow control(a fabbisogno) e •Stock control(a quantità)
Tra le due teoricamente è preferibile la logica flow, dato che secondo questa logica di gestione le
scorte saranno presenti in azienda nei quantitativi e nei tempi in cui le scorte stesse servono
(quindi questa logica è nata con l’obiettivo di minimizzazione delle scorte) ovviamente il rischio
sarà l’andare sottoscorta, se i tempi che ho pattuito con il mio fornitore non vengono rispettati, si
potrebbe interrompere il processo produttivo (avrà costi minori, quindi preferibile dal punto di
vista economico).
Mentre la logica stock prevede che l’impresa debba detenere al suo interno un quantitativo di
scorte (e lo deve reintegrare man mano che lo consuma) proprio nella logica di non voler
interrompere il processo produttivo (però avrà costi maggiori) )ovviamente queste logiche
possono coesistere per scorte diverse.
Spesso però non c’è grossa possibilità di scelta, però possono avvicinarsi ad uno di questi modelli
opposti tra di loro. Quello che invece determina la logica che l’impresa deve seguire sono una serie
di fattori:
-Valore di impiego: ovvero qual è l’importanza (e quindi il valore) della scorta stessa se le scorte
hanno un alto valore sarebbe più conveniente minimizzarle (privilegiando una logica a fabbisogno,
dato che maggiore sarà il valore della scorta e maggiore sarà il capitale immobilizzato e quindi il
costo-opportunità di quel capitale che non posso utilizzare per impieghi alternativi); se al contrario
il valore della scorta è basso io posso immaginare anche di averne un quantitativo anche elevato
all’interno dei miei magazzini (compro di più tanto il basso valore non comporta un grosso capitale
immobilizzato;
-Frequenza nell’utilizzo delle scorte: quando le scorte sono utilizzate in modo frequente (es. la
stessa scorta può entrare nel processo produttivo tutti i giorni) io devo immaginare una maggiore
dotazione di queste scorte all’interno della mia azienda (quindi maggiore è la frequenza maggiore
sarà la propensione ad avere una logica stock); se invece le scorte fanno riferimento a degli input
che utilizzo in maniera sporadica sarà preferibile la logica a fabbisogno (quando so che si
verificherà quel fabbisogno io ordino la scorta);
-Natura della domanda: si distingue tra input a domanda indipendente e input a domanda
dipendente  La domanda è considerata dipendente quando segue strettamente un flusso
precodificabile (programmabile) di attività e dei tempi (per es. il processo si fa necessariamente in
5 fasi consecutive) in questa logica posso anche programmare anche la gestione delle scorte,
preferendo così la logica flow control (so esattamente quando inizia la fase successiva rispetto a
quella attuale, quindi posso programmare tutto-quando invece questa programmabilità viene
meno siamo in presenza di una domanda indipendente e conviene avere delle scorte a stock
all’interno dei magazzini);
-Fattori (tempi): sintesi di tutto, i tempi che devono essere presi in considerazione (per capire se
può prevalere la logica a fabbisogno o quella a stock) sono 2: il tempo di programmazione (tempo
interno all’impresa, ovvero quanto ci mette un’impresa per definire i quantitativi di input di cui ha
bisogno nell’unità di tempo considerata-per es. programmare di quanti input ho bisogno per
realizzare la produzione nel prossimo mese) e il tempo di approvvigionamento (lead time, tempo
esterno all’impresa, quanto ci mette il fornitore a consegnarmi il quantitativo di input che gli vado
ad ordinare). Quando si ragiona sui tempi se devo confrontare 2 attività con tempi diversi devo
iniziare con l’attività che dura di più questo vuol dire che se il tempo di programmazione è
maggiore del tempo di approvvigionamento, la programmazione deve iniziare prima (ma se
programmo prima quindi vado con una logica a fabbisogno); viceversa quando il tempo che ci
mette il fornitore (approvvigionamento) è superiore a quello che serve a me per programmare,
dovrò sicuramente dotarmi di stock di scorte per evitare di andare sottoscorta.
Da un punto di vista di gestione flow control esistono principalmente 2 tecniche:
1) Kanban: di origine giapponese, letteralmente significa “cartellino” bisogna immaginare
una gestione delle scorte “per carrelli”. Il carrello è quel mezzo di trasporto tramite il quale
le scorte sono movimentate da una parte all’altra dell’impresa (quindi dal magazzino input
alla prima fase del processo produttivo, dalla prima alla seconda e così via), quindi da una
fase all’altra del processo produttivo. Il kanban vuole misurare quante delle scorte presenti
nel carrello vengono effettivamente utilizzate-questo si verifica proprio dal “cartellino” -all’
apertura dell’azienda Il carrello parte dal magazzino input e deve essere riempito al 100%,
dopodiché arrivato alla prima fase del processo, gli operai prelevano un tot di scorte di cui
hanno bisogno (che segneranno sul cartellino) e rispediscono indietro il carrello. Nello
spedirlo indietro si segneranno il n° di pezzi prelevati e il carrello verrà ricaricato dei pezzi
mancantida ciò capiamo che è una tecnica di gestione delle scorte a fabbisogno, perché
la persona sa da subito che il fabbisogno che c’è stato in quell’arco della giornata è il n°
segnato sul cartellino(mentre in una logica stock avrebbe dovuto contare quanti pezzi sono
rimasti nel carrello e fare la differenza tra il totale del carrello a inizio giornata e il n° dei
pezzi presenti a fine giornata così sarebbe arrivato a definire il consumo).
Il kanban si predispone meglio per produzioni di più piccolo volume (utilizzato in Giappone
nella produzione di automobili, il cui numero nel ciclo produttivo è più basso);
2) Material Requirment Plannig: più occidentale, ovvero una pianificazione di quelle che sono
le esigenze di materie (di input). L’obbiettivo dell’MRP è quello di andare a definire le
quantità e le date limite di emissione degli ordini di approvvigionamento esterno
(comprate da fuori) o di produzione interna. Queste quantità vengono fuori dall’analisi
fondamentalmente di 3 documenti: il piano principale di produzione, la distinta base e il
magazzino (inteso come analisi dei quantitativi presenti in magazzino)da questi 3
documenti si capiscono quali sono le esigenze in termini mdi materiali cui avrò bisogno:
prima del piano principale di produzione c’è un altro documento dell’azienda che si chiama
Piano aggregato di produzione.
Quest’ultimo stabilisce qual è il livello di produzione che consente di equilibrare le richieste
del mercato (ovvero la somma di ordini che l’impresa ha già acquisito + previsioni di
vendita) con le risorse disponibili (ovvero le scorte già presenti nell’impresa e qual è la
capacità produttiva di cui l’impresa già dispone (o eventualmente che dovrà disporre) per
arrivare ad un preciso livello di produzione). Quindi il piano aggregato di produzione cerca
di fare quest’equilibrio tra le risorse che l’impresa ha e quelle che sono le richieste di
mercatol’obiettivo del piano aggregato di produzione è quello di cercare di minimizzare
tutti i costi connessi alla produzione stessa; questi costi sono:•costi di produzione (in
riferimento sempre al costo medio unitario);•costi associati ai cambiamenti nel tasso di
produzione (sappiamo che per l’impresa la situazione ideale è la standardizzazione, e in
termini di produzione “standardizzare” (a mamm e michelangelo fa belle pompe) vuol dire
anche fare in modo che anche i tempi per la realizzazione di quell’output siano standard
(nel momento in cui devo andare a modificare il tasso di produzione insorgono costi di
sostituzione (es. costi di training per essere più produttivi nella stessa unità di
tempo);•costi di mantenimento a scorta (in riferimento sempre al capitale immobilizzato,
se io so che le scorte sono un costo fittizio in funzione del mancato guadagno che io potrei
avere dall’investire quel capitale in un investimento alternativo, capisco che minori sono le
scorte minore sarà questo costo); •costi di back-log e stock out (i primi fanno riferimento
agli arretrati (se io in passato ho avuto un tasso di produzione inferiore rispetto alla
domanda del mercato (quindi ho ordini che ho acquisito ma non evaso) nasceranno dei
recuperi da fare; mentre per stock out si intende proprio il rischio di andare sottoscorta e
di dover quindi interrompere la produzione).
Piano Principale di Produzione
Il piano principale di produzione, rispetto al piano aggregato, si differenzia dal fatto che
entra più nel dettaglio e ci spiega quanti, quali e in che tempi i prodotti devono essere
realizzati (es. Nel suo piano aggregato la Luiss scriverà quanti corsi potrà fare in parallelo
nelle aule (per es. arrivando a dire che nella stessa aula potrò fare 4 corsi in una
giornata)quindi il piano aggregato di produzione mi dice qual è il volume massimo dato
le risorse disponibili (in questo caso saranno rappresentate dal n° delle aule); mentre il
piano principale prende questo numero e lo traduce in singoli prodotti da realizzare (es.
quanti corsi di laurea possono essere fatti per dipartimento ed addirittura quanti canali per
ogni corso di laurea).
Prima abbiamo detto che nel piano aggregato le risorse disponibili sono date dalla somma
tra le scorte già esistenti e la capacità produttiva (o quella già in essere o quella che posso
realizzare in futuro)il piano aggregato di produzione quindi non solo mi dà un n°
aggregato di quante unità di prodotto posso realizzare oggi, ma difatto mi dice quante ne
posso realizzare un domani in ipotesi di incremento della capacità produttiva; invece il
piano principale rilegge tutto questo in termini di specifico prodotto (quindi prodotto x
prodotto definisco quali, quanti e in che tempi i prodotti da realizzare).
Anche il piano principale di produzione ha alcuni obbiettivi predefiniti connessi alla
necessità di coordinamento di differenti esigenze si possono manifestare all’interno di
un’organizzazione. Queste esigenze derivano da 4 funzioni fondamentali di impresa:
•Funzione di produzione (ha un’esigenza di cercare di minimizzare il costo di produzione,
questa minimizzazione avviene x standardizzazione, ma anche per effetto di realizzazione
di grandi lotti di produzione (indica il n° di pezzi che vengono realizzati x ciclo produttivo),
maggiore sarà questo lotto, maggiore sarà il potenziale di economie di scala che posso
andare a realizzare per ogni ciclo produttivo;
•Funzione dell’amministrazione (obiettivo riduzione scorte e del costo associato ad esse,
connesso anche al mantenimento delle scorte in magazzino (per es. il costo di
mantenimento in refrigerazione) – maggiori saranno queste scorte maggiori saranno anche
i relativi costi);
•Funzione del personale (più i ritmi sono standardizzati (non si cambia modo di lavorare
nel tempo) minori sono i costi di gestione del personale e viceversa);
•Funzione del commerciale (del marketing, dove chi ha il contatto diretto col mercato
finale, l’obiettivo è quello di avere il maggior n° di beni nella maggiore varianza possibile
(varie versioni) in modo tale da poter soddisfare immediatamente e in modo variegato la
domanda del consumatore finale).
Distinta Base
Il secondo documento è la distinta base, ovvero quel documento che scompone un
prodotto finito in tutti i suoi input (siano essi rappresentati da semilavorati, parti
componenti, ecc..) mi dice quante unità di input e quali input servono per realizzare una
singola unità di prodotto (per es. per realizzare una penna avrò bisogno di un certo n° di gr
di plastica, di inchiostro, ecc). Questa scomposizione avviene tramite un processo che:
–partendo dai prodotti finiti (prodotto A1, A2 ,A3), per ognuno di questi prodotti mi devo
chiedere quali semilavorati sono necessari (es. il prodotto 1 nasce dall’assemblaggio di
alcuni semilavorati B1,B2,B3); i semilavorati non sono altro che aggregazione di parti
componenti (che andrò a segnare) e nuovamente traccerò le relazioni (es. per fare un unità
di semilavorato B1 di quanti e quali parti componenti ho bisogno)così via arriverò alle
materie prime (ovvero quegli input combinati fra loro e lavora secondo il mio processo
produttivo mi permettono di realizzare un componente e quindi per ogni componente
definisco quali sono le combinazioni di materie prime di cui ho bisogno)Riassumendo io
sono partito da un prodotto finito, che ho visto come si scompone in termini di
semilavorati, in termini di parti componenti e in termini di materie prime, andando anche
ad esplicitare quanti sono i quantitativi e le istruzione (come devono essere combinate fra
di loro)Ovviamente se devo rapportare la distinta base (quanti fabbisogni di input per
realizzare un prodotto finito) al piano principale di produzione (quanti prodotti finiti devi
realizzare) non devo fare altro che moltiplicarla per il n° di pezzi che devo andare a
realizzare.
Magazzino
Ultimo documento è il magazzino: nel momento in cui moltiplico quello che esce fuori dalla
distinta base per quello che è previsto nel PPP, ottengo dei fabbisogni lordi di input che
servono a realizzare il quantitativo di input predefinito. Da questi fabbisogni lordi devo
detrarre quello già presente in magazzino (così da avere i fabbisogni netti)Una volta che
ho questo numero posso applicare l’MRP
Col magazzino si conclude la prima fase dell’MRP, ovvero la fase di Netting, ovvero la fase
di trasformazione del fabbisogno dal lordo al netto
La seconda fase (che si fa in parallelo alla terza) è quella di definizione del lotto (ovvero il
quantitativo (in questo caso di input) che noi andremo ad ordinare per l’impresa può
essere più conveniente suddividere sulla base di alcuni fattori (in primis il tempo) la
produzione in più slot temporali ogni slot avrà il suo lotto produttivo (se devo fare 100pz
li metterò nell’arco delle giornate del mese successivo, facendo così lotti più piccoli per
ogni giornata).
Conseguenza del dividere a lotti la produzione è quella di dover dividere anche i fabbisogni
a lotti (e quindi andare a calcolare il fabbisogno di input sulla base del numero di pezzi che
dovrò andare a realizzare (a seguito di questa lottizzazione)).
La terza fase è quella caratterizzata dal calcolo delle tempistiche, che però avviene in
parallelo alla seconda: la definizione del lotto e la definizione dei tempi si fanno in parallelo
e, una volta definiti, calcolo l’equivalente di quello che mi serve in termini di input.
L’ultima fase è quella di risalire nella Distinta Base, ovvero la fase di BOM explosion
riapplico le prime tre fasi dell’MRP ad ogni singolo livello della distinta base (definisco i
componenti e a quali tempi e a quali date mi servono per realizzare i pezzi prefissati (una
volta che ho definito l’articolazione dei fabbisogni netti dei semilavorati, la loro
scomposizione in lotti e la loro tempistica di fabbisogno mi devo chiedere di quante
componenti ho bisogno (continuo nel calcolo dei fabbisogni ad ogni livello successivo), fino
ad arrivare al livello ultimo, ovvero quello delle materie prime
[(es. per fare 100pz di A1 ho bisogno di 1000 semilavorati B1, di 2000 semilavorati B2 e di
3000 semilavorati B3: prima di ordinare questi quantitativi io mi chiedo quanti ne ho già in
magazzino (fase di netting)? Successivamente penso che comunque i 100pz non li dovrò
fare tutti insieme, ma li faccio nei prossimi 30gg (e quindi posso pensare di fare 3 pz al
giorno (creo i lotti di produzione); ma se io devo fare 3 pz al giorno, questi 3pz in termini di
semilavorati cosa vuol dire? Vuol dire che io al giorno non ho bisogno di 1000 B1, ma di un
quantitativo inferiore (il Lot sizing divide il fabbisogno di input in lotti (che sono quei
quantitativi più piccoli del fabbisogno complessivo che servono per fare un lotto di
produzione, in questo caso rappresentato dai 3pz)Parallelamente a ciò calcolo anche le
date (fase 3 di off setting), nella quale stabilisco quando quei semilavorati mi serviranno
per avviare quella produzione a lotti così come è stata definita. Fatto questo (determinato
quindi quanti B1,B2,B3 avrò bisogno per ogni singola data) faccio la BOM explosion,
ponendomi la stessa domanda, di cosa ho bisogno per fare B1,B2,B3? Avrò bisogno di
C1,C2,C3,C4,C5 e quindi riattivo la procedura MRP sempre con la stessa logica (parto dal
fabbisogno lordo, tolgo il magazzino, avrò il fabbisogno netto e poi determino lotti e tempi
in cui questi input dovranno essere a disposizione della nostra impresa)].
Rispetto al kanban, nel metodo MRP c’è una maggiore ampiezza di programmazione,
quest’ultimo si usa soprattutto per delle produzioni di massa (es. prodotti a largo consumo)
e su cui posso fare da subito una programmazione con relativa precisione di quella che sarà
la produzione per il successivo anno solare.

Metodologia di gestione delle scorte a stock

1) Metodo a quantità fissa: ha l’obiettivo di determinare il quantitativo di scorte che io devo


ordinare affinché i costi della gestione delle scorte possano essere minimizzatiQuindi
l’obiettivo è quello di minimizzare il costo di gestione delle scorte e quindi determino quel
quantitativo in base al quale minimizzo questi costi. Una volta determinato quel
quantitativo, ogni volta che emetto un ordine di acquisto scorte lo emetto sempre per la
stessa quantitàPer minimizzare questi costi, dobbiamo prima definirli:
•Costi di emissione dell’ordine, ovvero quanto mi costa emettere un ordine d’acquisto-
costo di approvvigionamento (connesso al prezzo) + costi di transazione associati
all’acquisto(se io vado sempre dallo stesso fornitore, devo contrattualizzare all’inizio del
rapporto le condizioni di fornitura, ma poi la gestione dei singoli ordini è immediata-ma se
voglio cambiare fornitore ci saranno vari costi di transizione);
•Costi di mantenimento, ovvero quelli relativi al capitale investito, dovuti a 2 driver
principali- costo opportunità e la conservazione fisica delle scorte (es. refrigerazione)
quindi il costo di mantenimento mi dice qual è il costo che io sostengo per mantenere le
scorte nel mio magazzino;
•Costi del sottoscorta, ovvero quei costi connessi al fatto che se io vado sottoscorta non
posso più produrre, avendo così un mancato ricavo dovuto dal fatto di non poter vendere
più i miei prodotti).
Da un punto di vista analitico questi costi possono essere scritti sotto forma di funzione (se
l’obiettivo è minimizzarli, in termini matematici mi devo calcolare la derivata prima):
Indichiamo con F il fabbisogno annuo di scorte, con a il costo unitario di mantenimento
(quanto mi costa mantenere 1 unità di input, di scorta) e con b il costo unitario di
emissione (quanto mi costa emettere 1 ordine al mio fornitore; e con x il lotto economico
d’acquisto (sarà la mia incognita), ovvero la quantità che dovrò comprare per minimizzare i
costi di gestione delle scorte). Dati questi dati del problema devo determinare i valori ai
quali moltiplicare a e b, quest’ultimo mi dice quanto mi costa emettere un ordine, ma io
devo anche riuscire a capire quanti ordini io emetterò nell’arco di un anno, e quindi avrò:
n° Ordini = F/x (F mi dice il fabbisogno che ho sull’intero anno solare, mentre x sarà
sempre lo stesso e mi dirà quante unità di quello specifico input vado ad ordinare per ogni
occasione d’acquisto), questo rapporto lo moltiplicherò x b, trovando così il Costo totale di
emissione degli ordini=F/x*b
CTE= b*F/x e nella nostra funzione (EM+MANT+SOTTOSCORTA) sarà EM.

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