Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Processo: funzione che trasforma gli input in output (i quali auspicabilmente generano maggior valore per
l'impresa rispetto agli input originari) idonei a soddisfare i bisogni del cliente (interno o esterno).
Il processo produttivo in senso stretto è il processo nel quale un insieme di risorse materiali e
immateriali vengono trasformate, assemblate e coordinate in modo da produrre beni e servizi richiesti
dai consumatori finali o da altre imprese. Fasi del processo produttivo:
1. Progettazione del processo produttivo in funzione degli obiettivi strategici dell'impresa;
2. Coordinamento con le fasi a monte/ gestione delle scorte;
3. Coordinamento con le fasi a valle;
4. Programmazione della produzione di breve, lungo e medio periodo;
5. Coordinamento delle diverse fasi produttive.
Operations: funzione costituita dalla sommatoria dei singoli processi che vengono svolti in un'impresa. In
una prospettiva più ampia, in un'impresa, ogni funzione governa e gestisce processi:
• Piani di marketing;
• Piani di sviluppo e strategie.
*Buffer: siti, materiali o immateriali, nei quali le unità che confluiscono nel sistema attendono che il
processo in cui devono entrare sia disponibile per iniziare un nuovo ciclo di lavoro sono tipologie speciali
di attività che svolgono la funzione di alterare i tempi di attraversamento delle flow unit.
Possono essere:
• Fisici: magazzini, corridoi
• Logici: memorie elettroniche
N.B.: le scorte sono una manifestazione congenita di ogni sistema che genera valore e un importante
indicatore dell’efficienza di ogni processo.
Tipi di processo:
1. Processi monofase tutte le attività correlate si riducono a un'unica operazione
Processi multifase prevedono diversi gruppi di attività, collegate attraverso flussi). Un processo
multifase può essere dotato di buffer.
3. Tempo di ciclo e capacità del processo: il tempo ciclo è il tempo che trascorre tra il completamento
di un’unità ed il completamento dell’unità successiva. Rappresenta la domanda che il processo può
soddisfare e la capacità del processo stesso, oltre che il ritmo del processo (cadenzato o non
cadenzato). Calcolo del tempo ciclo:
• Unità: 1 dollaro
• Tempo ciclo: 15 secondi
Quante dollari vengono processati in un’ora? 60 secondi/ 15 secondi → 4 dollari all'ora. 4x60 = 240.
Misurare le performance dei processi (diversi criteri per calcolare le prestazioni dei processi):
Tasso di utilizzo: rapporto temporale che esprime l’impiego effettivo di una risorsa in relazione al
tempo teoricamente disponibile allo scopo;
Produttività: rapporto fra output e input. La produttività totale, di solito, è espressa in unità monetarie
(valore monetario dell'output/ costo di tutti gli input); la produttività dei fattori indica invece la quantità di
output ottenibile da un singolo input e non viene espressa in termini monetari;
Rendimento (efficiency): rapporto tra l’output reale (effettivo) di un processo e vari parametri standard.
Esempio: macchina che confeziona 30 scatole al minuto; se durante il tempo di effettivo utilizzo
l’addetto produce in realtà 36 scatole, il rendimento è 36/30*100=120%;
Tempo di produzione: tempo necessario per produrre un lotto di pezzi (tempo richiesto per produrre
ciascuna unità x dimensioni del lotto);
Tempo di riattrezzaggio (set-up time): tempo richiesto per predisporre una macchina alla produzione
di un determinato articolo;
Tempo effettivo di lavorazione = TP+TR.
Esempio: se una macchina che produce 30 scatole di cereali al minuto (tempo di produzione=2”) deve
essere reimpostata per operare con scatole da 300g e non più da 350g, con un tempo di riattrezzaggio
di 30 minuti, allora il tempo effettivo di lavorazione per 10000 confezioni da 300g è di 21800 minuti (30
minuti x 60 secondi/ minuto + 2 secondi x 10000 scatole);
Tempo di attraversamento (flow time/ throughput time): comprende il tempo effettivo di lavorazione
cui è sottoposta un'unità, più il tempo di attesa dovuto a code;
Throughput rate: ritmo atteso al quale il processo genera output in un orizzonte temporale definito;
Esempio:
- Processo a 6 fasi collegate;
- Tempo ciclo = 30”;
- Tempo attraversamento = 3 minuti; Calcolare il throughput rate in un'ora: TR = 1/tempo ciclo
Unità temporale = 1 ora
TR= 60*60/30 → 120 unità all'ora;
Indice di flusso (o rapporto di attraversamento): rapporto fra il tempo di attraversamento totale e il
tempo a valore aggiunto, ovvero il tempo utile dedicato alla reale produzione di un'unità di prodotto.
Dimensionamento:
• Potenzialità nominale: numero di unità prodotte per unità di tempo a massimo regime.
• Potenzialità operativa: numero di unità prodotte per unità di tempo durante il “normale” funzionamento
(soste programmate), calcolata su un ciclo produttivo completo.
• Produzione effettiva: media del numero di unità prodotte per unità di tempo in un definito arco
temporale (incluse soste non programmate).
Bilanciamento:
La potenzialità produttiva del processo nel suo complesso dipende non solo dal dimensionamento
dell’impianto, ma dal bilanciamento della produzione adeguamento della potenzialità di ciascuna fase a
quella che segue e che precede.
• Bilanciare un processo significa:
– Fare in modo che non vi siano fermi produttivi a causa del fatto che una fase abbia una
capacità insufficiente ad alimentare con costanza la fase successiva à STARVING;
– Evitare che si formino accumuli di semilavorati (WIP) a valle perchè la fase successiva non
riesce a smaltire la produzione che le giunge dalla fase a monte à BLOCKING.
• Un processo è bilanciato se la prima unità e tutte quelle successive operano a pieno regime.
Come bilanciare? Con il Flusso Minimo di Pieno Impiego (FMPI) minimo ammontare di produzione
che consente di saturare tutte le unità al 100% della rispettiva capacità produttiva ed è dato dal minimo
comune multiplo della capacità produttiva delle singole fasi, espressa in volumi prodotti nell’unità di tempo.
Le 4 V dei processi:
Un concetto chiave nel processo produttivo è quello di punto di disaccoppiamento fra ordine del cliente e
produzione → determina la posizione delle scorte lungo la supply chain. La scelta della posizione del punto
di disaccoppiamento è una decisione strategica che determina il lead time di risposta al cliente → più è
vicino al cliente, più veloce è la risposta all'ordine cliente, più alto è l'investimento di magazzino, dal
momento che le scorte di beni finiti sono più costose di quelle di materie prime.
A seconda del contesto operativo si può prevedere che le scorte siano concentrate a livello di prodotto
finito, a livello di materiali in corso di lavorazione o work-in-process, tra le materie prime in lavorazione,
presso il fornitore:
In contesti make-to-stock il problema principale consiste nel trovare un equilibrio tra il livello di scorte
di prodotto finito e il livello di servizio al cliente → detenere elevati livelli di scorte di prodotto finito,
infatti, fa aumentare i costi, rendendo necessario un compromesso tra costi di magazzino e il livello
di servizio al cliente. In questo caso si può cercare di prevedere in modo più accurato la domanda,
velocizzare il trasporto, velocizzare o rendere più flessibile la produzione (produzione snella).
In un contesto make-to-order il punto di disaccoppiamento può essere situato ancora più a monte, a
livello delle materie prime collocate presso l'impianto produttivo o persino presso le scorte del
fornitore.
Da una parte si procede lungo un processo di “standardizzazione”; dall'altra lungo la regolarizzazione del
flusso produttivo; Le realtà che giacciono sulla diagonale che congiunge il vertice alto a sinistra con quello
basso a destra sono tendenzialmente “fisiologiche”; i vertici opposti rappresentano collocazioni “incoerenti”
(l'utilizzo di linee rigide automatizzate nel caso di processi che realizzano gamme di prodotti in volumi
contenuti, ad esempio, significa oneri inutili; simmetricamente, realizzare ampi volumi di prodotti standard
con macchine disomogenee e flussi frammentari, comporta la rinuncia a soddisfare il mercato con
un'offerta maggiormente coerente).
2. Processi per reparti (Job-shop) → macchinari/funzioni simili sono raggruppati in uno stesso
luogo e i prodotti si spostano in base alla sequenza di operazioni stabilita, da un reparto all'altro, a
seconda della collocazione dei macchinari necessari a ogni operazione (flussi fisici complessi).
ESEMPIO: sartorie.
– Attrezzature generiche, ma manodopera altamente qualificata e polivalente;
– Adatta per produzioni in quantitativi ridotti di prodotti non standard (opere su commessa)
elevata personalizzazione del prodotto/servizio e flessibilità nella risposta alla
differenziazione dei bisogni dei clienti (varietà alta, bassi volumi).
Esempio Self-Service:
o Diversamente dal self-service tradizionale, in cui
le scelte sono relativamente obbligate, il cliente
può scegliere tra una maggiore varietà di cibi e
spesso può decidere sulla quantità prelevata;
o Il layout del ristorante è per reparto e i clienti,
ciascuno dei quali costituisce un job (che va
eseguito con modalità specifiche), si muovono
da un reparto all’altro per comporre il pasto
desiderato;
o La varietà dei prodotti/servizi è molto alta, non vi
sono sequenze rigide di lavorazione, le risorse
sono decisamente flessibili.
5. Processi in continuo → trasforma a ciclo continuo le materie prime in prodotti finiti (beni
standard).
ESEMPIO: industria chimica, petrolio, energia elettrica…
– Altamente automatizzata à un’unica grande macchina e di grande dimensione (alta
intensità di capitale investito);
– Ciclo tecnologicamente obbligato;
– Prevalgono le problematiche tecnologiche;
– Le imprese che operano con questi impianti seguono la strategia make-to-stock;
– I programmi di produzione trascurano le oscillazioni della domanda a breve.
1. Layout a postazione fissa → i materiali e i macchinari sono disposti concentricamente tutti attorno al
punto in cui avviene la produzione in ordine di utilizzo/difficoltà di spostamento/priorità di assemblaggio.
La variabile cruciale in questo tipo di progettazione è la pianificazione accurata dell’approvvigionamento
e della movimentazione delle risorse, la cui indisponibilità può bloccare il processo;
ESEMPIO: prodotto statico come navi, film… Tipica dei processi a progetto.
2. Layout per reparto → occorre disporre i reparti in modo da ottimizzare lo spostamento del materiale
(deve esserci un notevole flusso di merci tra reparti adiacenti).
ESEMPIO: ospedale, supermercato…
– Vantaggi: grande flessibilità di risposta a richieste frazionate ed eterogenee,
personalizzazione, qualità elevata;
– Svantaggi: bassa efficienza (impiego di risorse generiche), lunghi tempi di attraversamento,
cospicue risorse WIP.
3. Layout a celle → occorre posizionare macchinari diversi in celle progettate per lavorare su prodotti
simili che richiedono processi produttivi analoghi. L’input del processo viene dirottato verso quella cella
in cui si effettua la classe di attività richiesta dall’input. Rappresenta un buon compromesso tra varietà
ed efficienza (varietà, linearità dei flussi).
ESEMPIO: industria meccanica, realizzazione chip…
4. Layout di linea (per prodotto) → realizzare un prodotto attraverso una serie di step, definiti “stazioni”,
collegati in genere da sistemi per la movimentazione del materiale. Generalmente, le linee sono a ritmo
imposto, ovvero progettate per avere un ritmo regolare che permette il controllo del tempo di
lavorazione in ciascuna stazione.
ESEMPIO: assemblaggio di beni durevoli di consumo (auto, elettrodomestici…).
5. Layout per processo continuo → simile al layout di linea tranne per il fatto che il prodotto si muove
ininterrottamente lungo il processo.
ESEMPIO: spesso beni liquidi come il petrolio.
PROGETTAZIONE DELLA SUPPLY CHAIN
Come gestire la complessità delle relazioni di filiera?
Quali sono le decisioni rilevanti per attivare rapporti di fornitura?
Come si valutano le prestazioni e le competenze dei supplier?
Come si identifica il fit tra supplier e fabbisogno dell’impresa?
Quale ruolo rivestono i fornitori nella generazione di valore?
Supply chain concatenazione di imprese legate tra loro lungo una filiera.
Supply chain management consiste in un approccio sistemico alla gestione dell'intero flusso di
informazioni, materiali e servizi, dalle materie prime provenienti dai fornitori, attraverso le fabbriche e i
magazzini, fino ai clienti finali.
Oggi, il SCM è un tema centrale visti i vantaggi competitivi ottenuti da alcune imprese dal modo in
cui configurano e gestiscono le proprie operations lungo la supply chain.
ESEMPIO: Dell Computer salta le fasi di distribuzione e vendita al dettaglio, tipiche della supply
chain di un produttore, piazzando gli ordini tramite vendita diretta/ raccogliendoli via Internet.
Un modello di supply chain valido per un'impresa può non funzionare in un'altra il modello di
Dell, ad esempio, non può funzionare per imprese alimentari, per cui il costo di trasporto al
singolo cliente sarebbe superiore al costo del prodotto stesso.
L'efficienza della supply chain può essere misurata in base all'entità del relativo investimento in scorte,
misurato in relazione al costo totale delle merci fornite attraverso la supply chain.
Valore merci vendute costo annuo sostenuto dall'azienda per produrre i beni o servizi forniti al
cliente finale (non comprende costi connessi alla vendita né amministrativi)
Valore medio scorte in magazzino valore totale di tutti gli articoli mantenuti a magazzino,
valorizzato al costo (comprende le materie prime, le scorte WIP, i prodotti finiti e le scorte della
distribuzione se di proprietà dell'azienda).
PROBLEMA:
Bullwhip effect: descrive la variabilità della domanda che aumenta man mano che ci si muove dal cliente
finale al produttore lungo la supply chain.
Segnala la mancanza di sincronizzazione tra gli attori della filiera (persino una lieve variazione nelle
vendite al consumatore si ripercuote a ritroso, ampliando via via le oscillazioni a monte).
Poiché il comportamento dell'offerta non rispecchia il comportamento della domanda, in certe fasi ne
derivano accumuli di scorte e, in altri, carenze e ritardi.
SOLUZIONE:
Continuous replenishment (CR): tecnica di gestione delle scorte tra produttore e dettagliante per livellare
il flusso di materiali lungo la supply chain:
Il dettagliante mette a disposizione del produttore quotidianamente dati riguardanti il suo magazzino e le
vendite effettuate.
Il produttore usa queste informazioni per prevedere la domanda futura e mantenere le scorte del
dettagliante ad un livello congiuntamente stabilito.
– Per realizzare questo sistema occorre implementare dei sistemi, a volte complessi, per lo
scambio di informazioni;
– Il vantaggio per il produttore è in termini di efficienza della supply chain;
– Il vantaggio per il dettagliante è rappresentato dalla conseguente riduzione di scorte.
Fisher ha ideato uno schema per aiutare i manager a definire la natura della domanda dei loro prodotti,
al fine di configurare la supply chain più adatta ha classificato i prodotti in due categorie:
1. Prodotti prevalentemente funzionali: articoli con distribuzione intensiva, che rispondono a
bisogni base che non mutano nel tempo (domanda stabile).
La loro stabilità genera concorrenza e si associa a margini ridotti.
Gli specifici criteri proposti da Fisher per identificare i prodotti funzionali sono:
- Durata del ciclo di vita del prodotto superiore a due anni;
- Margine di profitto dal 5 al 20%;
- Modifiche di prodotto comprese tra 10 e 20;
- Errore di previsione all'atto di produzione del 10%;
ESEMPIO: negozi di alimentari…
2. Prodotti prevalentemente innovativi: presentano innovazioni/ variazioni rispetto alla
concorrenza al fine di evitare i bassi margini tipici dei prodotti funzionali.
Hanno un ciclo di vita breve, elevata incertezza e difficile prevedibilità (devono essere
costantemente innovati poiché i competitori erodono velocemente il vantaggio competitivo).
ESEMPIO: capi di abbigliamento firmati, pc…
Lee ha approfondito queste idee, soffermandosi sugli elementi di incertezza che concernono l'“offerta”:
1. Supply process stabili: il processo produttivo e la tecnologia sottostante sono giunti a maturità
(la complessità della produzione risulta generalmente ridotta o gestibile, con processi
manifatturieri altamente automatizzati) e il sistema di offerta è ben delineato (contratti di fornitura
a lungo termine);
2. Supply process in evoluzione: il processo produttivo e la tecnologia sottostante sono ancora in
fase di sviluppo/ rapido cambiamento, il che può comportare un'offerta limitata (sotto il profilo
delle dimensioni e dell'esperienza)/ non affidabile perché connotata da fornitori spesso ancora
impiegati in innovazione di processo.
Secondo Lee, tendenzialmente i prodotti funzionali hanno supply process più maturi e stabili.
Outsourcing:
scelta di demandare determinate attività e responsabilità decisionali interne all'azienda a fornitori esterni
non comporta solo il trasferimento delle attività, ma anche delle risorse (personale, strutture,
attrezzature, tecnologia, ecc.) e delle responsabilità decisionali.
Global sourcing:
Le aziende cui toccano una serie di decisioni riguardo il sourcing, la produzione e la distribuzione devono
ponderare i costi relativi a materiali, trasporto, produzione, magazzino e distribuzione per sviluppare una
rete infrastrutturale globale volta a minimizzare i costi.
Ted Levitt (1983): “globalizzazione come omogeneizzazione degli stili di vita dei consumatori dovuto al
rapido sviluppo dei sistemi di comunicazione e alla convergenza verso standard di consumo (e reddito).”
Il concetto ha assunto, negli anni e secondo i contesti, diversi significati, il cui minimo comune
denominatore è di natura economica: «The most common or core sense of globalization refers
to the observation that in recent years quickly rising share of economic activity in the world
seems to be taking place between people who live in different countries».
Le 10 forze che hanno appiattito il mondo secondo T. Friedman sono: il crollo del Muro, Netscape,
Automazione, Open Sourcing, Outsourcing, Offshoring, Supply chaining, insourcing, informing, gli “steoridi”
(computer, reti e telefoni).
La tecnologia è l'elemento principale del quadro delineato da Friedman, aumentando la
connettività globale.
Facendo una stima dell'internazionalizzazione di una serie di attività quotidiane e di business si è notato
che in realtà il mondo non è piatto.
La chiave è il postponement la differenziazione del prodotto è lasciata all’ultimo punto utile della supply
chain (→ riconfigurazione dell'intero supply network).
Nel gestire la capacità solitamente le imprese la fissano ad un livello base che viene poi aggiustato per
rispondere alle fluttuazioni della domanda il livello base viene deciso guardando alle tendenze di fondo
della domanda, mentre gli aggiustamenti riflettono variazioni stagionali e di breve-brevissimo periodo
2. Curva d'esperienza → più producono, più gli stabilimenti acquisiscono esperienza circa i metodi di
produzione migliori, riducendo così in misura stimabile i costi di produzione ogni volta che la
produzione cumulata di uno stabilimento aumenta, i suoi costi di produzione scendono di una specifica
percentuale (tasso di apprendimento).
Stabilimenti più grandi possono quindi godere di un duplice vantaggio sulla concorrenza non solo
uno stabilimento più grande beneficerà di economie di scala, ma produrrà anche in quantità maggiori,
acquisendo un ulteriore vantaggio in termini di curva di esperienza.
Per il suo successo, tuttavia, sono necessarie due condizioni:
- Il prodotto deve essere idoneo alle richieste della clientela
- La domanda deve essere sufficientemente elevata da giustificare le dimensioni dell'impianto.
3. Fonti di capacità esterne: in alcune situazioni può essere più conveniente usare qualche fonte
di capacità esterna già esistente. Due strategie comunemente utilizzate sono:
- Outsourcing
- condivisione delle capacità.
Altri metodi:
• Lavoro straordinario
• Fornitori esterni (terzisti)
• Scorte l’impresa può utilizzare la capacità in eccesso per accumulare scorte di prodotto finito che
verranno utilizzate nelle fasi in cui la capacità è inferiore alla domanda;
• Backorders (consegne dilazionate) nelle fasi di picco, i clienti possono accettare di essere
inseriti in lista d’attesa purché ciò non implichi eccessive dilazioni nei tempi di consegna
• Assunzioni o licenziamenti l’impresa può accrescere la capacità assumendo nuovi addetti o
diminuirla licenziandoli.
Yield management:
Perché il vostro vicino di aereo ha pagato il biglietto la metà rispetto a voi?
Perché la camera prenotata last minute costa meno di quella prenotata sei mesi prima?
Lo YM è il processo mediante il qual il “tipo giusto” di capacità viene destinato al tipo giusto di
clientela, al prezzo giusto, con il costo giusto, allo scopo di massimizzare le entrate o il rendimento.
Necessariamente, lo YM esiste in quanto è limitata la capacità di servire i clienti. Esempio: Revenue
management di compagnie aeree; elementi fondamentali:
Problematiche di YM:
- Struttura di prezzo che deve apparire logica al cliente;
- Capacità produttiva: sconti per stimolare la domanda nei periodi di bassa stagionalità o per spostare
la domanda da periodi di congestione;
- Riserve di capacità e preparazione del personale.
Definizione: insieme integrato di attività progettato per ottenere elevati volumi di produzione usando scorte
minime di materiale, WIP e scorte di prodotto finito. L'obiettivo è quello di non produrre niente che non sia
richiesto dal mercato le parti arrivano alla stazione di lavoro successiva “just in time”, dopodiché sono
lavorate e fluiscono rapidamente attraverso la fabbrica.
Quando un articolo viene venduto, il mercato “tira” una richiesta dall'ultima stazione del sistema;
questa innesca l'ordine alla linea di produzione, dove un addetto “tira” un'altra unità da una
stazione a monte nel flusso per rimpiazzare l'unità fuoriuscita. La stazione a monte, a sua volta,
“tira” dalla stazione immediatamente a monte, e così a ritroso fino al punto di immissione delle
materie prime nel flusso. Sono necessari elevati livelli di qualità a ogni stadio.
Obiettivi:
– Focalizzazione sulle fasi produttive ad alto valore ed incremento di quest’ultimo
– Eliminazione delle fonti di inefficienza
– Snellimento delle procedure decisionali
Sistema di produzione Toyota: innestato su due filosofie cardine della cultura nipponica:
1. Eliminazione degli sprechi*: nella definizione del presidente Toyota “qualsiasi cosa diversa dal
quantitativo minimo di attrezzature, materiali, parti e addetti (ore di lavoro) che sono assolutamente
necessari alla produzione”. Esistono sette principali tipi di spreco:
• Sovra-produzione;
• Tempi d’attesa;
• Trasporti;
• Scorte;
• Processi;
• Movimentazioni;
• Difettosità;
2. Rispetto per le persone: garantire quante più assunzioni “a vita” possibili e puntare a mantenere il
livello dei salari anche in caso di congiunture sfavorevoli → i lavoratori dipendenti, avendo la sicurezza
del posto di lavoro, tendono a essere più flessibili, a rimanere fedeli alla stessa azienda e a fare tutto
quanto in loro potere per supportarla nel conseguimento dei suoi obiettivi.
Un altro elemento sono i premi/ bonus, che nelle annate buone vengono dati a tutti i dipendenti → i
lavoratori sanno che, se l'azienda va bene, riceveranno i bonus, e ciò li incoraggia a migliorare la
produttività.
Infine, la Toyota da grande peso ai network di subfornitori, instaurando partnership di lungo periodo.
Tuttavia, hanno funzioni utili → l’impresa deve perciò comprendere se l’investimento che fa in scorte è
giustificato dalla sua funzione utile.
Altri costi:
• Rallentano la produttività dei processi: mentre è in giacenza, una scorta non è lavorata né crea valore
aggiunto;
• Nascondono i problemi: disaccoppiano le fasi adiacenti nascondendo i problemi “locali”;
• Possono diventare obsolete o deteriorarsi;
• Possono essere pericolose da immagazzinare.
Modello a Q fissa:
Mira a stabilire lo specifico punto R (definito da un numero specifico di unità) in coincidenza del quale
emettere un ordine e le dimensioni dell’ordine Q;
Si basa sul principio di determinare la Q ottimale dell’ordine di un materiale che consente di
minimizzare il costo di gestione delle scorte.
Per Q ordinata intendiamo:
Ordini di approvvigionamento (fornitore esterno);
Ordini di produzione (centro di produzione interno).
Ipotesi:
– L’impresa emette un ordine relativo al materiale M per una quantità pari a Q;
– L’impresa impiega questo materiale nei propri processi. Il tasso di impiego di M è pari a D
unità/giorno. Il ritmo d’impiego rimane costante;
– L’impresa ordina il materiale con anticipo sufficiente a fare sì che il materiale arrivi esattamente
nel momento in cui le scorte di M si azzerano (tenuto conto il tempo dell’approvvigionamento);
– Il fornitore consegna il lotto Q in una soluzione unica (non frazionata in consegne più piccole);
Tutte le ipotesi precedenti sono note con certezza.
Determinare la Q:
La determinazione di Q dipende dai costi di ordinazione e di mantenimento delle giacenze;
La Q ottimale ordinata è quella che minimizza i costi di gestione delle scorte:
Costi di ordinazione
Varie componenti accomunate dalla circostanza di costituire un costo fisso indipendente dalla
quantità ordinata → nell’arco di un periodo, ad esempio un anno, i costi di ordinazione
varieranno con il numero di ordini emessi:
– Costi di ricerca e selezione dei fornitori;
– Costi amministrativi legati alla preparazione dell’ordine;
– Costi amministrativi legati alle procedure di pagamento del fornitore.
Costi di mantenimento:
1. Costi tangibili di mantenimento: costi operativi emergenti con la gestione delle scorte in
uno spazio fisico determinato (costi di affitto del magazzino, costi di assicurazione, costi
legati alla movimentazione fisica, costi di obsolescenza);
2. Costi opportunità legati all’investimento di capitale nelle giacenze.
Modelli price-break:
Si basano sull’ipotesi che il prezzo di vendita di un articolo varia al variare delle dimensioni dell'ordine.
La variazione è «a gradini», non marginale;
Per calcolare la Q ottimale è necessario calcolare il lotto economico d’acquisto per ciascun livello di
prezzo e valutare se la quantità sia ammissibile: si comincia dal prezzo più basso e si valuta l’ammissibilità.
Esempio:
Considerare il seguente caso, in cui:
D = 10000 unità (domanda annuale);
S = 20 $ per l'emissione di ciascun ordine;
i = 20% del costo (mantenimento annuale, magazzino, interesse, obsolescenza, ecc.);
C = costo unitario (a seconda della quantità ordinata: 0-499 unità → 5,00 $ all'unità; 500-999 → 4,50
all'unità; 1000 in su → 3,90 $ all'unità;
Qual è la quantità da ordinare? Parto dal costo più basso:
C=3,90: Q= √2*10.000*20/0,2*3,9 = 716 → NON AMMISSIBILE.
C=4,50 Q= 666 → AMMISSIBILE.
Il controllo dell'inventario coinvolge così tanti articoli che non è conveniente modellare uno specifico
approccio gestionale per ciascuno di essi → per superare il problema, lo schema di classificazione ABC
divide i beni stoccati in tre gruppi:
1. A elevato valore d'impiego (A);
2. A medio valore d'impiego (B);
3. A basso valore d'impiego (C).
N.B. Il costo unitario di un articolo non ha nessun nesso con la sua classificazione: un articolo di classe A
può avere un elevato valore di impiego per la combinazione di un basso valore e un significativo utilizzo, o
di un elevato valore e un impiego rarefatto nel tempo.
Inventario ciclico:
Di norma il magazzino contabile diverge da quello reale e fisico (affidabilità dei dati di inventario).
Ogni sistema produttivo deve presentare una certa omogeneità, delimitata da margini di tolleranza
predefiniti, tra dichiarato contabile e quantità di fatto presenti.
Il momento migliore per il conteggio fisico è quando l'attività di magazzino o di fabbrica è ferma.
Il conteggio ciclico dipende inoltre dalla disponibilità di personale: in alcune aziende i magazzinieri sono
preposti a effettuare il conteggio nelle fasi di fermo della normale giornata lavorativa; altre impiegano
operatori esterni; altre ancora impiegano addetti a tempo pieno che non fanno altro che controllare le
scorte e rimediare alle discrepanze con i dati contabili.
2. Piano principale di produzione – MPS (breve termine) contiene gli ordini di produzione di
ogni articolo: cosa, quanto produrre e entro quando per ogni prodotto finito (se questo è
complesso può riguardare i componenti). La somma dei MPS deve essere coerente con il piano
aggregato (verifica di fattibilità).
→ Sulla base di queste fonti, l'MRP “esplode” il piano di produzione MPS e lo converte in un piano di
dettaglio per la programmazione degli ordini, lungo tutta la sequenza di produzione.
2. Distinta base → Bill Of Materials (BOM): contiene la descrizione completa del prodotto (materiali,
parti e componenti, sequenza di assemblaggio dei sottogruppi che compongono il bene, ecc.):
Elenco di tutti i materiali necessari per realizzare un prodotto;
Relazioni gerarchiche tra i materiali posti ai diversi livelli della distinta base;
Coefficienti di impiego (indicano la quantità di un codice necessaria per realizzare
un’unità del codice-genitore posto al livello superiore).
Graficamente, può essere rappresentata in diversi modi:
– Struttura scalare (ogni rientro corrisponde a un livello della struttura del prodotto);
– Modello ad albero;
– Struttura mono-livello.
Per trattare i problemi dei prodotti con numerose varianti e personalizzazioni si usano distinte di
pianificazione (raggruppamenti artificiali di codici utilizzati per facilitare la pianificazione della
produzione e degli acquisiti di componenti) Family bill, Super
bill…