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STEFANO MARAZZINI

SISTEMI DI
PRODUZIONE

ANNO ACCADEMICO 2022/2023


PARTE PROF.
MACCHI
I SISTEMI DI PRODUZIONE

L’EVOLUZIONE DEI SISTEMI DI PRODUZIONE

Con il passare degli anni l’ambiente industriale è stato caratterizzato da una


maggiore competizione a livello globale, da un aumento della varietà di prodotti
offerti, da una diminuzione del ciclo di vita del prodotto accompagnata da
un’esponenziale accelerazione dell’innovazione tecnologica, e dalla nascita del
fenomeno dell’outsourcing negli anni ’70.
Con la quarta rivoluzione industriale nasce l’espressione “industria 4.0”, che
esprime una visione del futuro secondo cui le imprese industriali e manifatturiere,
grazie alle tecnologie digitali, aumenteranno la propria competitività grazie alla
maggiore interconnessione delle proprie risorse (impianti, persone, informazioni).

LA RAPPRESENTAZIONE DEI SISTEMI DI PRODUZIONE

La produzione è l’insieme delle attività che realizzano i prodotti e i servizi


dell’azienda, mentre il processo produttivo è il procedimento attraverso il quale
avviene la trasformazione di una serie di input in prodotti e/o servizi in output di
valore superiore alla somma degli input. Per rendere possibile un processo
produttivo sono necessari diversi fattori di produzione come la manodopera, i mezzi
di produzione, i materiali e le informazioni.
La complessità di un sistema di produzione porta spesso al tentativo di scomporre la
gestione di un processo produttivo in una serie di sottofasi. Una prima suddivisione
può essere fatta facendo riferimento alle attività principali svolte all’interno di un
sistema produttivo, e a tal proposito si identificano tre modalità di
rappresentazione che verranno descritte nei paragrafi seguenti.

LA RAPPRESENTAZIONE SECONDO L’ASPETTO TECNOLOGICO – TRASFORMATIVO

L’aspetto tecnologico evidenzia tutte le fasi di lavorazione che avvengono all’interno


di un sistema produttivo, e lo strumento utilizzato per una rappresentazione di
questo tipo è il diagramma di flusso tecnologico (qualitativo o quantitativo). La
costruzione di questo diagramma si fonda sull’utilizzo della simbologia ASME:
Attività: , Ispezione: , Attività combinata: , Attesa: , Trasporto: , Magazzino: .
In generale, esistono due grandi categorie del diagramma di flusso tecnologico:
 Il diagramma qualitativo riporta le
diverse fasi del processo produttivo e il
collegamento tra di esse, senza
specificare però ulteriori informazioni al
di fuori del nome di ogni fase e del suo
legame con le altre.
Il flusso rappresentato avrà origine da
un magazzino MP e terminerà in un
magazzino PF (escludendo un’eventuale
fase di spedizione finale). Di fianco
viene proposto un esempio di
rappresentazione del contesto appena
descritto.

 Il diagramma quantitativo riporta


le diverse fasi del processo
produttivo e il collegamento tra di
esse, specificando anche la
distanza di ogni collegamento, il
tempo di completamento di ogni
fase, e la quantità coinvolta in
ogni fase (inserendo anche
eventuali osservazioni). Anche in
questo caso la rappresentazione
avrà origine in un magazzino MP
e terminerà in un magazzino PF.
Di fianco viene proposto un
esempio di rappresentazione del
contesto appena descritto.
Un diagramma di flusso tecnologico, inoltre, può rappresentare diversi tipi di flussi
produttivi:
 Il flow sheet rappresenta il flusso dei materiali e del processo senza utilizzare
la simbologia ASME, ma piuttosto inserendo direttamente le icone dei
componenti dell’impianto.

LA RAPPRESENTAZIONE SECONDO L’ASPETTO STRUTTURALE

L’aspetto strutturale descrive il processo dal punto di vista statico, rappresentando


quindi l’insieme fisico delle unità che compongono il sistema produttivo.
Lo strumento descrittivo impiegato è il layout, il quale rappresenta in pianta
l’allocazione di tutte le risorse tecnologiche facenti parte del processo produttivo (si
tratta di una disposizione fisica delle varie stazioni operative all’interno
dell’impianto, rappresentando eventualmente il flusso dei materiali con l’utilizzo di
segmenti).

LA RAPPRESENTAZIONE SECONDO L’ASPETTO PROCEDURALE

L’aspetto procedurale pone in evidenza gli aspetti operativi del processo produttivo,
descrivendo esclusivamente tutte le varie fasi che costituiscono la procedura
operativa di gestione della produzione. Le fasi rappresentate sono quelle di
programmazione aggregata, programmazione dei fabbisogni, schedulazione, e
controllo dell’avanzamento di produzione. Lo strumento utilizzato per questo tipo
di rappresentazione è il flow chart (diagramma di flusso).
DIMENSIONAMENTO DEI SISTEMI DI
FABBRICAZIONE

Per progettare un sistema di produzione occorre analizzare la domanda, conoscere


le distinte e i cicli di lavorazione e assemblaggio, scegliere le soluzioni produttive di
fabbricazione e assemblaggio, dimensionare le risorse produttive, e infine
progettare il layout dimensionando le aree e le postazioni di lavoro. In generale, un
processo di produzione per parti può assumere diverse configurazioni di
fabbricazione e di assemblaggio.

IL JOB SHOP

Una configurazione Job Shop prevede un raggruppamento dei macchinari in reparti


in base alla loro tipologia e tecnologia, garantendo una maggiore flessibilità e una
minore produttività. È un tipo di configurazione utile in tutti quei casi in cui si ha
un’alta varietà nella gamma con piccoli volumi di produzione.
Nei Job Shop le macchine sono raggruppate in base ai processi tecnologici coinvolti e
ogni codice articolo ha il proprio flusso nel sistema produttivo. Ovviamente può
esserci una varietà nei macchinari anche all’interno della medesima affinità
tecnologica (ad esempio la divisione delle piegatrici all’interno di un reparto di
piegatura in base al tipo di piegatrice o all’anno di produzione).
Tra i vantaggi di questa configurazione troviamo l’estrema flessibilità, l’elevata
possibilità di customizzazione, la capacità di lavorazione di diversi mix di prodotti, la
disponibilità di realizzazione di cicli alternativi, il limitato impatto di un guasto, e la
lenta obsolescenza del sistema. Tra gli svantaggi troviamo l’ampio intreccio dei flussi
e le conseguenti difficoltà di gestione della produzione, l’elevato WIP e LT, la
difficoltà di identificazione dei bottleneck a causa della loro dinamicità, la variabilità
della saturazione, e l’estrema dipendenza delle prestazioni dal mix di prodotti da
lavorare.
Il dimensionamento di un sistema Job Shop avviene nel rispetto dei seguenti step:

1. Individuazione del mix produttivo di riferimento, identificando i tipi di


prodotto j e la loro domanda annua, e calcolando il lotto di produzione.

2. Sviluppo dei cicli di lavorazione per ogni tipo di prodotto j , individuando


eventuali cicli alternativi.

3. Individuazione delle macchine necessarie per realizzare il mix di riferimento,


sulla base dei cicli di lavorazione.

4. Definizione dei carichi di lavoro per tipo di prodotto j e per macchina.

5. Calcolo del fabbisogno annuo di ore produttive per ogni tipo di macchina i:

( T ij∗Q j
3600∗( 1−S Rij )
+
ST T ij
60 )
∗N L j ∗1
∗1
Ai
N ∗1
H Ci
N H i=∑
j=1 T Ri

Dove N è il numero di tipi di prodotto diversi, T ij è il tempo di lavorazione


unitario, Q j è la quantità annua da produrre del tipo di prodotto, S Rij è il
coefficiente di scarto, ST T ij è il tempo di setup, N L j è il numero di lotti
all’anno di j , Ai è la disponibilità, H Ci è il coefficiente di rendimento della
manodopera addetta alle macchine di tipo i, e infine T Ri è il trial rate.

6. Calcolo della disponibilità annua di ore produttive per ogni tipo di macchina i
:

A H i ( s )=W H i ( s )∗SE

Dove W H i ( s ) sono le ore lavorative annue in funzione del numero s di turni al


giorno, e SE è il coefficiente di efficienza di programmazione della produzione.

7. Calcolo del numero di macchine di tipo i necessarie per la produzione del mix
di riferimento, arrotondando il numero per eccesso o per difetto a seconda
del costo del tipo di macchina i, del tasso di saturazione del tipo di macchina
i , e della possibilità di ricorrere alla subfornitura o a cicli alternativi:
N Hi N Mi
N M i ( s) = T Si =
A Hi (s ) ⌈ N Mi ⌉
8. Calcolo del numero di turni più conveniente, raggiungendo un trade off tra il
troppo diverso e l’ugual numero di turni per i reparti. Questo avviene perché
un eccessivo diverso numero di turni tra i reparti comporta la necessità di
magazzini di disaccoppiamento e un maggior costo di esercizio delle risorse
condivise, mentre un numero uguale porta ad una minore saturazione e ad un
maggiore sbilanciamento tra reparti.

LE CELLE DI FABBRICAZIONE

Una configurazione per celle di fabbricazione, tipica della Lean Production,


raggruppa i macchinari in base ai cicli e alle famiglie tecnologiche di prodotto,
riducendo la flessibilità a fronte di una maggiore produttività. È un tipo di
configurazione utile in tutti quei casi in cui si ha una varietà nella gamma e un
volume di produzione nella media. In una soluzione a celle di fabbricazione ogni
codice articolo ha la propria cella di riferimento, all’interno della quale compie le
proprie fasi di lavorazione.
Tra i vantaggi di questa configurazione troviamo la semplicità di gestione della
produzione, il basso WIP e LT, la riduzione dei setup, la maggiore saturazione, il
maggior controllo qualità, e la variabilità del lavoro per gli operatori. Tra gli
svantaggi troviamo la difficoltà di lavorazione di diversi mix di prodotti, la necessità
di più macchinari rispetto ad un Job Shop, il maggiore impatto di un guasto, il rischio
di sbilanciamento dei carichi tra le celle, la difficoltà nel definire, organizzare e
automatizzare le celle, e gli elevati costi di spostamento dei macchinari.
Il Group Technology è uno strumento metodologico per l’allocazione delle famiglie
di prodotti alle celle di fabbricazione, che parte dalla raccolta dati in merito a
informazioni tecnologiche, cicli produttivi, risorse produttive e volumi produttivi, per
poter standardizzare e razionalizzare i prodotti e i cicli. Successivamente si procede
prima con il raggruppamento dei prodotti e poi con il raggruppamento dei
macchinari. In generale, esistono due diversi tipi di raggruppamento:

 Nel raggruppamento basato sulla classificazione i due metodi principali sono


quello a vista e quello basato sulla codifica. Il metodo di classificazione a vista
si basa sull’identificazione soggettiva e rapida dei prodotti appartenenti ad
una certa famiglia, mentre il metodo di classificazione basato sulla codifica
consiste in una ricerca automatica dei codici articolo appartenenti ad una
certa famiglia in base alle loro caratteristiche (esistono sistemi con codice
gerarchico, con codice parlante, e con codice misto). Indipendentemente dal
metodo implementato, il criterio di raggruppamento può essere morfologico
(in base alla struttura e alla forma) o tecnologico (in base alle caratteristiche
tecnologiche).
 Nel raggruppamento basato sui flussi di produzione i tre metodi principali
sono quello del Rank Order Clustering, quello dei coefficienti di somiglianza e
quello basato su modelli matematici. In questo capitolo verranno approfonditi
solo i primi due metodi menzionati, e data la loro complessità è opportuno
dedicare loro due paragrafi distinti.

RANK ORDER CLUSTERING (ROC)

Il Rank Order Clustering (ROC) è basato su un algoritmo composto dai seguenti


passaggi:

1. Per ogni pezzo indicare se lavorato (1) o meno (0) su ogni macchina (cioè
completare la matrice prodotto – macchina).

2. Associare ad ogni riga un peso dato dalla conversione decimale del codice
binario rappresentante la riga.

3. Ordinare le righe dall'alto in basso secondo valori decrescenti dei numeri


attribuiti.

4. Associare ad ogni colonna un peso dato dalla conversione decimale del codice
binario rappresentante la colonna.

5. Ordinare le colonne da sinistra a destra secondo valori decrescenti dei numeri


attribuiti.

6. Se nei passi 3 e 5 non si è reso


necessario alcuno scambio, terminare
le iterazioni, altrimenti tornare al
passo 2.

Il risultato finale è il raggruppamento dei


prodotti con i macchinari, per la precisa
identificazione delle celle. Le eccezioni che si
presentano, ossia i valori identità che non
fanno parte di nessun raggruppamento,
possono rappresentare un flusso intercella, una duplicazione delle macchine, dei
percorsi alternativi, o infine delle situazioni di outsourcing. In ognuno di questi casi,
tali eccezioni devono essere gestite per poter arrivare alla soluzione ottimale.
SINGLE LINKAGE CLUSTERING ALGORITHM (SLCA)

Il Single Linkage Clustering Algorithm (SLCA) è uno dei diversi metodi basati sui
coefficienti di somiglianza, ed è caratterizzato dai seguenti passaggi:

1. Partendo dalla matrice prodotto – macchina, calcolare i coefficienti di


somiglianza di Jaccard/McAuley sij tra le parti i e j :

aij
sij =
( aij +b ij +c ij )

Dove a ij è il numero di macchine che lavorano entrambe le parti, b ij è il


numero delle macchine che lavorano solo la parte i, e c ij è il numero di
macchine che lavorano solo la parte j .

2. Costruire la matrice di correlazione tra le parti. Maggiore è il valore del


coefficiente di similitudine, maggiore è la
somiglianza tra le parti.

3. Raggruppare le parti che rispettano tale


valore utilizzando ad esempio un
dendrogramma (quando si relaziona una n
esima parte con x parti già relazionate, si
sceglie l’indice di somiglianza con la n
esima parte più alto tra gli x possibili).
Fissato un valore soglia di somiglianza, si
definiscono poi quali comunanze
rappresentano delle celle e quali invece
vanno scartate.

LE LINEE DI TRASFERIMENTO

Una configurazione a linee di trasferimento (linee transfer) prevede un esteso


collegamento automatico dei macchinari, minimizzando la flessibilità e
massimizzando la produttività. È un tipo di configurazione utile in tutti quei casi in
cui si ha una ridotta varietà nella gamma con grandi volumi di produzione.

FLEXIBLE MANUFACTURING SYSTEMS

I Flexible Manufacturing System (FMS) sono sistemi di produzione che, grazie alla
propria automazione flessibile, sono in grado di raggiungere maggiori gradi di libertà
e flessibilità. Gli elementi e gli aspetti che caratterizzano un sistema FMS sono
presentati nei paragrafi seguenti.

LA MACCHINA A CN

La macchina a controllo numerico (CN) è una macchina il cui funzionamento è


controllato direttamente da un computer locale, chiamato unità di governo.
Il controllo numerico consente di trasmettere alla macchina le informazioni dalle
quali conseguono tutte le azioni compiute dalla stessa (tali informazioni possono
essere viste come i passi di un algoritmo). Per questo motivo, le macchine a CN
necessitano di un’operatività da parte dell’uomo completamente diversa da quella
richiesta dalle macchine tradizionali: nelle macchine a CN, infatti, l’uomo si
interfaccia con la macchina preparando off-line il programma di lavorazione (part
program), trasferendo il programma alla macchina, fissando il pezzo, caricando gli
utensili, avviando la lavorazione, e infine supervisionando le operazioni.

 Tra i vantaggi di questo tipo di macchina riscontriamo: (i) l’elevata


automazione e qualità; (i) la riduzione dei tempi passivi (elevata flessibilità),
delle possibilità di errore, degli scarti e della manodopera; (iii) lo
svincolamento del risultato dalle capacità dell’operatore e la dipendenza della
produttività dal livello tecnologico della macchina; (iv) l’aumento della
produttività complessiva grazie ai ridotti tempi di esecuzione.

 Il principale svantaggio risiede invece negli elevati costi di acquisto, di


manutenzione, di assistenza tecnica, e di programmazione dei cicli di
lavorazione.

Nel part program devono essere contenute tutte le informazioni necessarie per
l’esecuzione delle lavorazioni: la traiettoria dell’utensile rispetto al pezzo e la
modalità di movimento (di avanzamento, di taglio, di posizionamento, ecc.), i
parametri tecnologici scelti (avanzamento, velocità, ecc.), e le informazioni
ausiliarie (selezione dell’utensile, carico/scarico dei pallet, ecc.). Il programma di
lavorazione è caricato nella memoria dell’unità di governo ed è richiamato quando si
devono lavorare i pezzi.
Per preparare un part program deve essere sviluppato il Computer Aided
Manufacturing (CAM) che deve essere integrato con il relativo disegno del prodotto
Computer Aided Design (CAD).
Il centro di lavoro (machining centre) è una macchina a CN multiscopo altamente
flessibile sulla quale è possibile effettuare un elevato numero di operazioni
controllando diversi assi (esistono centri di lavoro a tre, quattro, o cinque assi).
L’insieme di più macchine a CN compongono i sistemi FMS, dove un unico computer
centrale gestisce lo smistamento dei lavori da svolgere sulle diverse macchine. Un
modello Flexible Manufacturing configurato per celle di fabbricazione prende il
nome di Flexible Manufacturing Cell (FMC).

TOOL E MATERIAL HANDLING

 Tutti gli utensili necessari per la lavorazione di un pezzo (o di un set di pezzi)


devono essere posizionati nel magazzino portautensili della macchina a CN,
prima dell’inizio delle lavorazioni. La capacità dei magazzini utensili può
arrivare a qualche centinaio di utensili presenti contemporaneamente.
Prima del posizionamento degli utensili viene eseguito il presetting off-line,
ossia vengono determinate le loro dimensioni rispetto ad un punto di
riferimento fisso; i dati di presetting devono essere memorizzati nell’unità di
governo in modo da poter eseguire correttamente le lavorazioni.

 Il cambio del pezzo deve risultare il più rapido possibile per poter evitare
perdite di tempo nelle fasi di lavorazione, e per questo motivo viene utilizzato
un pallet movimentato da un sistema automatico. Diversi centri a CN possono
essere collegati tra loro e prevedere sistemi di trasporto di pallet tra un centro
e l’altro.

IL ROBOT

I robot vengono utilizzati per simulare in maniera automatica le operazioni che


vengono tradizionalmente svolte dall’uomo. I robot vengono classificati in funzione
dei loro assi di rotazione (i quali determinano anche la loro flessibilità), del peso
sollevabile, del tipo di mano impiegata, e del grado di automazione presente.
LO SCHEMA LOGICO-CONCETTUALE DI UN FMS

Un sistema FMS può essere sintetizzato dallo schema logico-concettuale presentato


nella pagina seguente.

IL SISTEMA MAX MAKINO


Il sistema automatizzato Max Makino è formato dalla parte di risorse tecnologiche,
dove ogni centro di lavoro ha il proprio buffer in ingresso e buffer in uscita, e dalla
parte di trasporto, dove il collegamento avviene con un trasporto automatico AGV.
Il sistema è poi caratterizzato da un magazzino automatico da cui si prelevano i
grezzi da lavorare e i semilavorati, mentre ogni centro di lavoro è dotato di un
magazzino utensili.
PARTE PROF.
NOÈ
ANALISI DELLE PRESTAZIONI

In generale, si distinguono gli indicatori di performance nelle due diverse categorie


delle misure di prestazione interne e delle misure di prestazione esterne.

L’Overall Equipment Effectiveness (OEE) è un indicatore di performance utilizzato


per monitorare il processo di miglioramento di un sistema produttivo, considerando
esclusivamente le cause di perdita non pianificabili legate all’affidabilità (reliability
R) e alla disponibilità (availability A). Non viene dunque misurata la capacità di
utilizzare tutta la potenzialità teorica e di conseguenza vengono esclusi i tempi non
programmati, ossia quelli legati ai momenti in cui la macchina non è pianificata per
produrre. L’OEE serve quindi a misurare l’efficacia della macchina e a quantificare le
sue perdite:

Produzione buona effettiva


OEE=
Produzione teoricamente realizzabile

 L’affidabilità R considera la probabilità che il sistema si guasti e viene stabilita


sulla base di esperimenti o di comportamenti storici, avendo prima definito
chiaramente i due stati opposti di guasto e funzionante. Tale grandezza può
essere condizionata dall’ambiente e condiziona la disponibilità A.

 La disponibilità A considera le fermate dell’impianto dovute a guasti della


macchina e ad interventi manutentivi:

UT
A=
UT + DT

Dove UT è l’Up Time e DT è il Down Time.


LA MANUTENZIONE

È possibile anche valutare la disponibilità utilizzando grandezze tipiche della


manutenzione:

MTBF MTTF
A= =
MTBF + MTTR MTTF+ MTTR

Dove MTBF (Mean Time Between Failures) è il tempo medio di funzionamento


regolare tra due guasti successivi cui si ovvia con una riparazione, MTTF (Mean Time
To Failure) è il tempo medio di funzionamento regolare fino al guasto cui si ovvia
con una sostituzione, e MTTR (Mean Time To Repair) è il tempo medio tecnico di
intervento di manutenzione.
Altre grandezze tipiche della manutenzione sono le seguenti: MDT (Mean Down
Time) è il tempo medio di fermata dell’impianto, MTBM (Mean Time Between
Maintenance) è il tempo medio tra due interventi di manutenzione, e infine MTBO
(Mean Time Between Overhauls) è il tempo medio tecnico tra due revisioni
generali.

In generale, esistono diverse politiche di manutenzione (che non sono


mutualmente esclusive tra loro):

 La manutenzione correttiva (a guasto) prevede un intervento solo nel


momento in cui si manifesta un guasto.

 La manutenzione preventiva prevede interventi ad intervalli programmati in


base al tempo o all’utilizzo.

 La manutenzione su condizione prevede interventi ad intervalli programmati


solo se ritenuto necessario in base alle condizioni. Questo tipo di
manutenzione diventa predittiva nel momento in cui avviene sempre su
condizione, ma con capacità predittiva.

 La manutenzione migliorativa (produttiva) prevede interventi di


aggiornamento delle caratteristiche tecniche del sistema, per migliorarne
l’affidabilità e la manutenibilità.

L’ANALISI DELLA FIDATEZZA DI FUNZIONAMENTO


Per l’analisi della fidatezza di funzionamento è necessario compiere un’analisi
logico-funzionale con lo schema RBD (Reliability Block Diagram).
In generale, esistono due diversi tipi di collegamento nei sistemi:

 Il collegamento in serie comporta un rischio elevato, poiché con il mancato


funzionamento di uno solo degli elementi in serie compromette il
funzionamento
dell’intero
sistema. La
disponibilità/affidabilità di un sistema composto da elementi collegati in
serie è inferiore della disponibilità/affidabilità dell’elemento meno
affidabile/disponibile.
n n
A s=∏ A (i) Rs =∏ R (i)
i=1 i=1

 Il collegamento in parallelo prevede la presenza di elementi o componenti


di backup nel sistema che ne possono garantire il funzionamento anche in
presenza di guasti in uno o più
elementi. Nel caso di un
collegamento in parallelo con
ridondanza totale è sufficiente un
solo componente per garantire il
funzionamento del sistema (con
una ridondanza parziale ciò non è
possibile). Nel caso di un
collegamento in parallelo standby,
è presente un componente
funzionante e uno in standby da
utilizzare nel caso in cui il primo è in manutenzione. La
disponibilità/affidabilità di un sistema composto da elementi collegati in
parallelo è maggiore della disponibilità/affidabilità dell’elemento più
affidabile/disponibile.

Ridondanza Totale∈Standby

n n
A p =1−∏ ( 1− A ( i ) ) R p=1−∏ ( 1−R (i ) )
i=1 i=1
Ridondanza Parziale
(( ) )
n
( T )=∑ n Rcomponent
j n− j
R S ,k ou t of
j
( 1−R component )
j=k
n

Un sistema complesso è normalmente un sistema in serie. Nel sistema possono


tuttavia trovarsi anche sottoassiemi con componenti collegati in parallelo. Lo scopo
è quello di creare ridondanze nei punti più critici del sistema per aumentarne la
disponibilità/affidabilità complessiva.

ANALISI DI THROUGHPUT

L’analisi di throughput è utile come prima analisi grezza, ma la vera e propria analisi
di fidatezza di funzionamento viene fatta con la costruzione dello schema RBD.
Il throughput TH di un sistema produttivo è la sua potenzialità produttiva. Il valore
di TH della fase i è la somma dei TH delle stazioni j della fase i. Dall’analisi di
throughput è possibile identificare il collo di bottiglia (risorsa o fase che limita la
capacità produttiva) e calcolare l’utilizzo delle risorse/componenti del sistema
produttivo.
TEMPI E METODI

La procedura per il Methods Study & Engineering, denominata SREDIM, prevede lo


svolgimento delle fasi di Select (selezione del lavoro che deve essere migliorato),
Record (registrazione di come il lavoro viene svolto), Examine (esaminazione di ogni
aspetto del lavoro), Develop (creazione di un nuovo metodo ottimizzato), Install
(installazione e implementazione del nuovo metodo, convincendo e formando il
personale coinvolto), e Maintain (controllo e monitoraggio continuo del nuovo
metodo implementato, confrontando i risultati). Gli strumenti utilizzati nell’ambito
dello studio del metodo sono l’analisi di Pareto, il diagramma di Ishikawa, il
diagramma di Gantt, i PERT chart e i flow chart (simbologia ASME).

TEMPI STANDARD E TEMPI EFFETTIVI

All’interno di un sistema di produzione, è fondamentale definire i tempi necessari


per compiere una determinata lavorazione: il tempo standard è il tempo che si può
impiegare in funzione delle risorse che si hanno disposizione, mentre il tempo
effettivo è il tempo effettivamente impiegato (differisce dal tempo standard a causa
di inefficienze di diversa natura). Come tutti gli standard, anche il tempo standard
può variare con il passare degli anni grazie all’innovazione tecnologica e al cambio
delle attrezzature o dei macchinari utilizzati.
Di seguito vengono riportati i principali metodi di Work Measurement:
ESPERIENZA E SELF REPORTING

La stima del tempo basata sull’esperienza è una pratica fondata sull’analisi dei
comportamenti storici, ed è valida esclusivamente in casi limitati (soprattutto
quando non è necessaria una grande precisione).
La stima del tempo basata sul self reporting consiste in un’autovalutazione del
tempo impiegato da parte dell’operatore oggetto dell’indagine, e anche in questo
caso il grado di accuratezza raggiunto è basso. Occorre pertanto definire delle
procedure più accurate per la stima del tempo.

TIME STUDY

La pratica da impiegare per ottenere un dato che abbia un’accuratezza maggiore è


quella del time study (cronometraggio), attività che può essere fatta simulando
l’operazione target oppure svolgendola in concreto. Il cronometraggio ha un costo
legato all’analista incaricato, e può comunque non essere estremamente realistico a
causa dello stress al quale è sottoposto l’operatore analizzato (non lavorando in
condizioni standard).
Per cronometrare accuratamente un determinato ciclo di attività, è necessario
seguire i seguenti passaggi:

1. Suddivisione del ciclo in fasi identificate da precisi istanti di inizio e di fine


(ogni fase deve richiedere almeno qualche secondo per l’esecuzione, ma non
più di qualche minuto).

2. Definizione del tempo di riferimento t per ogni fase.

3. Definizione del numero di cronometraggi n da effettuare.

4. Cronometraggio e registrazione delle misure.

5. Calcolo del tempo standard di ciclo ST : calcolo del tempo medio di fase t ’ ,
calcolo del tempo normale di fase NT tenendo conto del fattore di resa RF
(performance rating factor) legato alla prestazione del lavoratore, somma
degli NT per ottenere il tempo normale di ciclo NTC , maggiorazione del NTC
di un fattore di aggiustamento A legato ai bisogni personali del lavoratore e
alla fatica.

[( ) ( )]
2
z σ
n= ∗
h t
n

∑ ti
t ' = i=1
n

'
NT =t ∗F∗RF

1
F=
entità coinvolte nell ' operazione

m
NTC=∑ N T j
j=1

ST =NTC∗( 1+ A )

Dove z è un fattore percentuale legato al livello di confidenza desiderato, h è il


margine percentuale di errore ammissibile sulle valutazioni, σ è la deviazione
standard del tempo di riferimento t , t i è il tempo cronometrato in un singolo
cronometraggio, e j=1 … m è il numero di attività monitorate.

WORK SAMPLING

Il work sampling valuta come un lavoratore distribuisce il tempo che ha a


disposizione tra i differenti compiti che deve svolgere. La distribuzione di tempo
rilevata, durante il periodo e le osservazioni prese a campione, è assunta come
riferimento generale per il calcolo del tempo effettivo per compiere un lavoro.
La pratica del work sampling è utilizzata per determinare le quote di tempo
impiegato (in particolare la quota inevitabile di tempo improduttivo), per definire
adeguatamente gli standard lavorativi, e per valutare la performance.
Per raggiungere questi scopi, è necessario seguire i seguenti passaggi:

1. Definizione delle attività, delle modalità con cui compiere le osservazioni


casuali, e della lunghezza dello studio.

2. Preparazione della tabella per la registrazione delle osservazioni.

3. Definizione delle dimensioni di un campione preliminare e stima dei valori


dei parametri di riferimento.

4. Calcolo della dimensione reale n del campione necessaria per ottenere


risultati validi.
5. Osservazione delle attività e registrazione dei dati.

6. Calcolo del tempo normale t n per unità e attività.

7. Calcolo del tempo standard t st per unità e attività.


2
z ∗p∗( 1− p )
n=
h2

t t∗pocc ∗RF
t n=
N

tn
t st =
( 1− A )

Dove p è la percentuale stimata di tempo durante il quale il lavoratore è fermo, t t è il


tempo totale di osservazione, pocc è la percentuale di tempo in cui il lavoratore
osservato risulta occupato nella data attività, e N è il numero di pezzi prodotti.

TEMPI STANDARD PREDETERMINATI

I sistemi a tempi standard predeterminati si fondano sul principio base che ogni
movimento/attività elementare richieda sempre lo stesso tempo, a parità di
condizioni di lavoro e se compiuto da un esecutore sufficientemente abile. I tempi
sono espressi nell’unità particolare TMU (Time Measurement Unit):

1 TMU=0,00001 ore−→ 100.000TMU =1 ora

Per adottare questa tecnica, è necessario seguire i seguenti passaggi:

1. Scomposizione del lavoro da svolgere nei suoi micromovimenti di base.

2. Individuazione nelle tabelle appropriate dei valori di TMU relativi ai


micromovimenti.

3. Aggiustamento dei valori attraverso fattori correttivi.

4. Esecuzione della somma dei valori di tutti i micromovimenti da compiere per


svolgere il lavoro.

5. Determinazione del tempo standard complessivo.


Esistono diverse famiglie e sottofamiglie di metodi/sistemi per il calcolo dei tempi
standard predeterminati. La più diffusa, dalla quale deriva buona parte delle altre, è
la famiglia nota come MTM (Method Time Measurement). Il metodo originario
MTM definisce i tempi dei principali micromovimenti di arti superiori, occhi e arti
inferiori (ad esempio, i nove micromovimenti degli arti superiori consistono nel
raggiungere, muovere, ruotare, applicare pressione, prendere, posizionare,
disaccoppiare, girare la chiave). Ad ogni movimento corrisponde una tabella che
fornisce le TMU in funzione dei fattori al contorno (distanze da percorrere, pesi,
forme degli oggetti, ecc.). La famiglia MTM è così composta:

 MTM 1 è un sistema molto dettagliato e affidabile che si concentra


sull’analisi dei movimenti delle due mani. È adatto allo studio di lavorazioni
ad alto grado di ripetitività e a cicli molto brevi.

 MTM 2 è un sistema derivato da MTM 1. Esistono una serie di


sottofamiglie di specializzazione di settore (MTM-HC per l’industria
healthcare, MTM-C per lavori di ufficio, MTM-M per lavori al microscopio).

 MTM UAS è un sistema derivato da MTM 1 attraverso elaborazioni


statistiche dei dati tabulati, che non distingue il movimento di dettaglio
delle due mani.

 MOST è un sistema di MTM più rapido delle famiglie precedenti, poiché


identifica delle attività principali e non dei movimenti singoli.

LA CURVA DI APPRENDIMENTO CON IL MODELLO DI WRIGHT

La curva di apprendimento (o curva di progresso o learning curve) è uno strumento


usato per progettare o riorganizzare sistemi di produzione in considerazione di
variazioni che intervengono nel tempo a seguito del fenomeno dell’apprendimento.
Di fatto, l’apprendimento è la somma di fattori discreti (invenzioni e scoperte) e
miglioramenti continui (progettuali, tecnologici, organizzativi e gestionali).
Il modello classico di Wright esprime una legge che descrive l’aumento della
produttività all’aumentare dell’apprendimento:
−b
y=a∗x

Dove y è la misura della produttività, a è la produttività iniziale, x è il volume


cumulato di produzione e b è il tasso di apprendimento (viene inserito con segno
negativo, perché un tasso più basso indica un apprendimento più rapido).
La determinazione dei parametri a e b può avvenire con diversi metodi:

 Il metodo di Cochran prevede di determinare il valore della produttività a


regime, stimare le percentuali di miglioramento necessarie per ciascuna
attività e i loro pesi per arrivare a un tasso di miglioramento b medio
ponderale, e infine determinare la produttività iniziale a .

 Il metodo di Williams prevede un esame di curve per produzioni analoghe e


confermate nella pratica. In particolare, si assume il tasso di miglioramento b
della curva ritenuta più adatta e si calcola la produttività iniziale a
considerando la seconda produzione e trascurando la prima.

 Il metodo di Baloff prevede di considerare una correlazione tra il tasso di


miglioramento b e la produttività y .

 Il metodo di Westinghouse combina il metodo di Cochran con quello di


Baloff, considerando una correlazione tra b e y e determinando la produttività
iniziale a partendo dalla produttività a regime e stimando le percentuali di
miglioramento per raggiungerla.

 Il metodo di Dar-El Rubinovitz prevede la distinzione delle fasi in due diverse


categorie, quella delle fasi caratterizzate maggiormente da apprendimento
intellettuale (basso apprendimento b=70 %−75 % e alto apprendimento
b=75 %−80 % ) e quella delle fasi caratterizzate maggiormente da acquisizione
di abilità manuale (basso apprendimento b=80 %−85 % e alto apprendimento
b=85 %−90 % ). A questo punto si determina la curva ponderata da utilizzare e,
per mezzo di un algoritmo che tiene conto delle diverse regressioni, si
ridefiniscono le linee di produzione in funzione della cumulata delle
produzioni.

ANALISI DI TOWILL

Dato che in alcuni casi la produzione può essere sospesa per un certo periodo di
tempo prima di essere ripresa (come nella produzione a lotti), è fondamentale
considerare anche la presenza del forgetting factor (fattore di dimenticanza).
L’analisi di Towill spiega ciò che può accadere al variare del forgetting factor:
considerando un quantitativo di parti identiche da produrre in n lotti di pari
dimensioni intervallati da tempi uguali, si fa variare la dimensione dei lotti, si fa
variare il forgetting factor percentuale, e si analizza il risultato in funzione del tempo
complessivo necessario per la produzione.
LA CURVA DI APPRENDIMENTO CON ALTRI MODELLI

La curva di apprendimento ha altre due principali interpretazioni:

 Il modello della curva a S canonica prevede una prima fase ad apprendimento


lento, una seconda fase ad apprendimento rapido, e una terza fase ad
apprendimento lento tendente ad un asintoto (le varianti al modello canonico
sono quello delle curve a S a più stadi e quello delle curve a S asimmetriche).

 Il modello di Crawford propone la seguente espressione:


−b
y=a∗k

Dove k è il valore di produttività riferito al punto centrale del lotto di


osservazioni considerato.
DIMENSIONAMENTO DEI SISTEMI DI
ASSEMBLAGGIO

L’assemblaggio è un processo realizzato tramite una serie di attività di composizione


di parti mediante operazioni in gran parte reversibili (inserzione, unione, avvitatura,
e così via). Rispetto ai processi di fabbricazione, l’assemblaggio non comporta quasi
mai trasformazioni chimico-fisiche dei materiali (minori costi di energia), ma richiede
molte operazioni manuali (maggiori costi di manodopera e materiali). Inoltre, il ciclo
tecnologico dell’assemblaggio è solitamente più libero e discreto, con livelli di
flessibilità assai differenziati.

IL DIMENSIONAMENTO DI UNA LINEA DI MONTAGGIO

In una linea di montaggio le stazioni sono disposte in successione, e l'assieme cresce


spostandosi da una stazione alla successiva fino ad uscire completo dall'ultima
stazione. Progettare una linea di montaggio significa allocare le operazioni di
montaggio alle singole stazioni, seguendo un processo generativo (prima una
stazione, poi la successiva). Gli step da seguire per il dimensionamento di una linea
di montaggio sono i seguenti:

 Definizione del ciclo di montaggio e del relativo grafo, indicando le operazioni


e le relative precedenze. La stesura del grafo deve rispettare i legami fisici di
precedenza tra le operazioni (per eseguire l’operazione i+1, bisogna aver
terminato l’operazione i) e vincoli pratici che rendono più facilmente
realizzabile una certa sequenza piuttosto che un’altra (a causa di
alimentazione della linea, ingombro, impossibilità di duplicare attrezzature o
postazioni, minimizzazione
del rischio di
danneggiamento, e così
via).
 Predeterminazione dei tempi di esecuzione delle singole operazioni,
utilizzando tecniche di cronometraggio o di MTM.

 Definizione del tempo di ciclo:

Ore annue disponibili


T CICLO=
Volume annuo di produzione

Ore annue disponibili=Ore annue di apertura∗C IP

Dove CIP è il coefficiente di sicurezza, che tiene conto degli imprevisti del
personale.

 Bilanciamento della linea con il metodo del massimo grado di saturazione


imposto. L’obiettivo è quello di mantenere i più alti tassi di saturazione nelle
stazioni a monte piuttosto che in quelle a valle, per evitare che queste ultime
stiano ferme a causa della criticità delle prime. La determinazione del tasso di
saturazione α è fondamentale perché un valore piccolo comporta molte
stazioni con una bassa probabilità di generare incompleti, mentre un valore
elevato comporta poche stazioni con un’alta probabilità di generare
incompleti. Ovviamente il bilanciamento della linea non fornisce una
soluzione univoca, a causa dell’elevato numero di configurazioni possibili.
Ciononostante, è possibile utilizzare l’algoritmo euristico Ranked Positional
Weight Technique per raggiungere l’ottimo locale.

∑T j
j
N min di stazioni=⌈ ⌉
TA

TA=T CICLO∗α

∑ T j<TA
j ∈I

altrimenti creo nuova stazione

Dove TA è tempo ammissibile e T j è il


tempo di completamento dell’operazione j nella stazione I .

 Dimensionamento della manodopera necessaria per il funzionamento della


linea.
RANKED POSITIONAL WEIGHT TECHNIQUE (RPWT)
L’algoritmo euristico Ranked Positional Weight Technique (RPWT) prevede lo
svolgimento in sequenza dei seguenti step:

1. Si costruisce il grafo delle precedenze tra le operazioni.

2. Per ogni operazione j si determina l’insieme S j delle operazioni che la


seguono, direttamente o indirettamente.

3. Per ogni operazione j si calcola il peso posizionale P W j, dato dalla somma dei
tempi di quella operazione e di quelle che appartengono a S j. Si sceglie
l’operazione con il peso posizionale più alto e la si assegna alla prima stazione
di lavoro.

P W j=t j + ∑ t k
k ∈S j

4. Si sceglie l’operazione con il successivo peso più alto e la si assegna alla prima
stazione di lavoro I ammissibile (quella per cui la somma dei tempi delle
operazioni ad essa assegnati non superi la sua capacità C I ); se tale stazione
non esiste, bisogna crearne una nuova. Si ripete questo step fino a che tutte le
operazioni siano state assegnate.
OBSOLESCENZA E RINNOVO IMPIANTI

Per compiere decisioni in merito al rinnovo o alla sostituzione di macchine o


impianti, è utile considerare tre elementi che li caratterizzano in maniera differente
lungo il loro ciclo di vita:

 Inadeguatezza: l’impianto si definisce inadeguato se, a seguito di una


variazione costante della domanda, diventa definitivamente sotto o
sovradimensionato (è giunto al termine della sua vita possibile). In questo
caso non si presentano problemi legati ai costi/ricavi dell’impianto, ma
occorre semplicemente prendere decisioni correlate con l’andamento del
mercato.

 Vetustà: l’impianto si definisce vetusto quando non è più possibile intervenire


efficacemente e convenientemente con la manutenzione (è giunto al termine
della sua vita fisica). In questo caso con il passare del tempo aumentano i
costi per mantenere l’impianto in condizioni di funzionamento efficace.

 Obsolescenza: l’impianto si definisce obsoleto quando la sua sostituzione è


imposta dalla crescita tecnologica, a causa della presenza sul mercato di
impianti più competitivi (è giunto al termine della sua vita utile). In questo
caso con il passare del tempo diminuiscono i ricavi, perché la concorrenza
può produrre a costi più bassi.

Per valutare l’opportunità di alienazione o sostituzione dell’impianto occorre


effettuare un confronto con un impianto alternativo ed equiparabile in termini di
produzione (quantitativamente e qualitativamente). Per impostare questo
confronto si prendono in considerazione due costi, il primo riferito all’impianto in
uso e il secondo riferito all’impianto alternativo:

 Il costo tecnico del servizio reso (CTSR) è la somma di tutti i costi di esercizio
dell’impianto, inclusi i costi delle materie prime e delle manutenzioni. Può
essere considerato come un indice di invecchiamento dell’impianto, e infatti
aumenta nel corso del tempo a parità dei volumi di produzione.

 Il costo totale annuo equivalente (CTAE) è il costo medio annuo di


riferimento (attualizzato) da sostenere per tutto il periodo prevedibile di
utilizzo di un impianto.
n
Rk ∗1 V R∗1
C ACQUISTO + ∑ CTS k

k=1 ( 1+i ) (1+i )n
CTAE= n
1
∑ k
k=1 ( 1+i )

Dove n è il numero di anni di utilizzo dell’impianto, i è il tasso di interesse,


( 1+i )k è il coefficiente di attualizzazione, e V R è il valore di recupero (o valore
residuo) dopo n anni.

Ipotizzando che nel corso del tempo il CTSR dell’impianto in uso aumenti e che
invece il CTAE dell’impianto alternativo diminuisca, è possibile valutare se e quando
sarà conveniente sostituire l’impianto di riferimento. Considerando il grafico
seguente, il punto x corrisponde all’anno in cui diventa conveniente la sostituzione:
PARTE PROF.
PIROVANO
PROGETTAZIONE DEL LAYOUT

FACILITY LAYOUT PLANNING (FLP)

La progettazione del layout di un impianto industriale è una pratica anche nota


come Facility Layout Planning (FLP), e consiste nella determinazione
dell’organizzazione fisica di un impianto: il risultato del FLP è il disegno CAD del
layout dell’impianto. La riprogettazione del layout è necessaria per svariati motivi e
in passato avveniva ogni 20/25 anni, mentre attualmente viene fatta ogni 6/7 anni.
L’attività di FLP deve essere svolta nel rispetto di diversi vincoli (spazio, dimensione
delle aree, limiti di muratura, requisiti di installazione di determinati macchinari,
ecc.) e deve minimizzare i costi di relazione tra i reparti e la distanza tra di essi.
Il procedimento generale prevede il passaggio da un layout di massima, in cui è
definita la disposizione relativa di ciascun reparto, ad un layout di dettaglio, in cui
viene determinata l’esatta posizione dei reparti, la struttura dei corridoi, i punti di
accesso e uscita, e la disposizione dei macchinari.

La funzione obiettivo tipica del FLP riguarda l’ottimizzazione dell’efficienza dei flussi
di materiali e delle relazioni tra le aree produttive e non:

min α∗∑ ∑ ( f ij∗cij )∗d ij −( 1−α )∗∑ ∑ r ij∗x ij


i j i j

Dovei e j sono le due aree di riferimento, α è un indice di peso stabilito per decidere
a quale parte della funzione dare più importanza, f ij è il flusso dei materiali tra le due
aree, c ij è il costo unitario delle movimentazioni tra le due aree, d ij è la distanza tra le
due aree, r ij è l’indicatore di relazione tra le due aree (indicatore qualitativo che
stabilisce quanto devono stare vicine due aree), e x ij è l’adiacenza effettiva tra le due
aree.
FROM – TO CHART
Dato un layout di massima dei reparti, vengono realizzate le from – to chart (matrici
origine – destinazione) dei diversi indicatori sopra visti per facilitare la
progettazione del layout di dettaglio. Di seguito viene presentato un esempio di
layout di massima di quattro reparti, con annesso il modello di matrice che deve
essere realizzata per ogni indicatore.

A B A B C D
A
C D B
C
D

 Nella matrice dei flussi f ij vengono riportati i flussi dei materiali tra i
reparti, e la somma di tutto ciò che entra deve essere uguale alla somma di
ciò che esce (la somma di ogni colonna deve essere uguale alla somma
della riga corrispondente). Gli unici due reparti in cui ciò non vale sono
ovviamente il magazzino MP e il magazzino PF.

 Nella matrice dei costi c ij si definisce il costo di movimentazione da una


postazione all’altra. Solitamente questa è una matrice identità (valore di
costo 1), ad eccezione dei casi in cui c’è un trasporto che non viene
considerato un problema (valore di costo 0) o che al contrario richiede
delle attrezzature speciali (valore di costo più alto).

 Nella matrice delle distanze d ij viene rappresentata la distanza tra i reparti.


La distanza d ij può essere misurata in modi diversi all’interno del modello
CAD del layout: la misura
euclidea o rettilinea è la distanza
lineare da un punto ad un altro,
mentre la misura effettiva (o
Manhattan) è la lunghezza
dell’effettivo percorso da
compiere per passare da un
punto ad un altro.
 Nella matrice delle relazioni r ij
viene indicato l’indice di
relazione tra due aree i e j . La
relazione richiesta consente di capire se due aree devono essere vicine o
lontane tramite l’attribuzione di un punteggio (massimo 100).
Tendenzialmente questa matrice è simmetrica, e i valori di riferimento
vengono estratti da una tabella ben definita.

 Nella matrice delle adiacenze x ij vengono inseriti dei valori binari che
rappresentano la presenza o meno di adiacenza tra due reparti: viene
compilata inserendo il valore 1 quando c’è un adiacenza tra due reparti
(ossia un lato comune) e inserendo il valore 0 quando non c’è adiacenza.

LA METODOLOGIA DI FACILITY LAYOUT PLANNING

 Nel FLP si parte con l’analisi ABC sui prodotti, per identificare il 20% dei
prodotti che costituisce l’80% della produzione: questo tipo di classificazione
serve, in questo contesto, per
compiere la giusta scelta
strategica in merito al tipo di
layout di impianto (layout di
linea per prodotto o layout a
celle o layout job shop per
processo).

 A questo punto vengono


selezionate le famiglie
tecnologiche di prodotti e viene condotta un’analisi dei flussi di materiali
attraverso strumenti come la Value Stream Map (VSM). A partire da questa
mappa il flusso dei materiali viene rappresentato nella from – to chart:

 Si procede poi con l’analisi delle relazioni tra le attività costruendo la activity
relationship chart, che serve per raccogliere i requisiti di relazione tra le due
aree di riferimento i e j . La legenda di interpretazione di questa matrice è la
seguente:
A=Absolutely Necessary ; E=Especially Important ; I =Important ;
O=Ordinarily Important ; U =Unimportant ; X =Undesirable.

 L’ultima fase consiste nella costruzione del layout di impianto, partendo da


una prima bozza realizzata con il grafo a maglie e il diagramma degli spazi,
utile a valutare le diverse alternative possibili. Di seguito vengono riportati
rispettivamente i due grafici appena menzionati:

Lo studio di layout può essere suddiviso in tre step:

1. Analisi statica: vengono utilizzati dati statici per ottimizzare la funzione


obiettivo. L’output di questa fase è un insieme di tre o quattro macro
layout.

2. Analisi dinamica: vengono testati i macro layout ottenuti dalla fase


precedente e viene selezionato quello migliore.

3. Analisi spaziale: viene rappresentato il layout con un software 3D.


TECNICHE QUANTITATIVE A SUPPORTO DEL FACILITY LAYOUT PLANNING

La funzione obiettivo vista precedentemente è una funzione di minimizzazione, e di


conseguenza può essere risolta con software di minimizzazione. Di fatto, però, il
problema di FLP ha molti vincoli che devono essere introdotti, e questo porterebbe a
lunghi tempi di risoluzione del problema. Per questo motivo solitamente si cerca di
tenere a mente la funzione da minimizzare e si applicano tecniche euristiche di
soluzione. In generale, esistono diverse tecniche di risoluzione: tecniche che partono
da situazioni senza layout iniziale di partenza, tecniche che richiedono dei layout
iniziali di partenza per poter essere applicate, tecniche che consentono di ordinare i
reparti e indicano come inserire nuovi reparti, e infine tecniche che partono da un
layout iniziale e lo modificano secondo delle regole per ottenere l’ottimo.

COMPUTERISED RELATIVE ALLOCATION OF FACILITIES TECHNIQUE (CRAFT)

Il Computerised Relative Allocation of Facilities Technique (CRAFT) è un modello


euristico basato su un algoritmo che richiede come input le dimensioni del plant, le
dimensioni delle aree, il layout iniziale, e le from – to chart f ij e c ij.
Il risultato fornito in output sarà un layout di massima, che poi dovrà essere
dettagliato allocando le varie risorse tecnologiche e le diverse postazioni.
Il CRAFT calcola il lavoro logistico assoluto L LASS del layout di partenza, dopodiché
continua ad iterare provando diversi scambi tra i baricentri dei reparti (gli scambi
sono possibili tra reparti con le stesse dimensioni oppure tra reparti adiacenti) fino a
quando non raggiunge il lavoro logistico relativo L LREL minore. A questo punto,
viene realmente applicato lo scambio dei reparti e viene calcolato il L LASS della
soluzione caratterizzata dal L LREL minore (calcolando prima i nuovi baricentri).

Bx ( y)=
∑ (x ¿ ¿ a x ) ¿
Dimensione

d ij ( Manhattan )= ASS ( Bx ( i )−B x ( j ) ) + ASS(B y ( i )−B y ( j ))

¿=∑ ∑ ( f ij∗c ij∗d ij ( Manhattan ) )


i j

N.B.: il lavoro logistico relativo L LREL è il lavoro logistico calcolato dopo uno scambio
relativo (ossia realizzato scambiando solamente i baricentri), mentre il lavoro
logistico assoluto L LASS è il lavoro logistico calcolato dopo uno scambio effettivo
(ossia costruendo il nuovo layout e calcolando i nuovi baricentri).

AUTOMATED LAYOUT DESIGN PROGRAM (ALDEP)

L’Automated Layout Design Program (ALDEP) è un algoritmo che si basa solo sulla
activity relationship chart e che parte da un layout green field, e cioè non necessita
di un layout iniziale, ma ne costruisce uno da zero (e quindi il layout in output può
essere dato in input al CRAFT per ottimizzarlo). Questo approccio necessita della
dimensione del plant, del numero e delle dimensioni dei reparti, dell’activity
relationship chart, e di una larghezza di reparto (sweep). Il principale vincolo che
deve essere rispettato riguarda il fatto che i reparti devono avere la stessa larghezza.
L’obiettivo di questo algoritmo è la massimizzazione dell’indice di prossimità IP e,
anche in questo caso, il risultato sarà un layout di massima.

IP=∑ ∑ ( r ij∗x ij )
i j
PARTE PROF.
UGLIETTI

LEGGE DI LITTLE
L’analisi delle prestazioni di un sistema produttivo consiste fondamentalmente
nell’estrazione di dati riguardanti alcuni suoi aspetti, come per esempio la
produttività, la puntualità, i costi, la saturazione, la disponibilità, e così via. L’analisi
delle prestazioni di un sistema complesso può essere effettuata con metodi diversi:
tra i più semplici e sintetici vi sono la legge di Little e l’analisi di carico (o analisi di
input/output o diagrammi di throughput).
Con l’attività di monitoraggio si può ottenere informazioni in tempo reale sul
sistema, compiere un’analisi dello storico di funzionamento, e calcolare
l’andamento di opportuni indici di prestazione.

Le tre principali grandezze messe in relazione dalla legge di Little sono il ¿ (delta
temporale tra ingresso e uscita del prodotto dal sistema), il TH (ritmo di uscita dei
prodotti dal sistema), e il WIP (ordini non completati presenti nel sistema nello
stesso istante). In particolare, la legge di Little afferma che il WIP critico (WI P¿) è il
livello di WIP per il quale un sistema produttivo in un uno stato stazionario (ossia in
presenza di scarsa variazione tra produzione e vendita) raggiunge il massimo
throughput (TH max ) con il minimo tempo di attraversamento (¿min ):
¿
WI P =L T min∗T H max

L T min =
{
∑ T PROCESSO , se WIP ≤WI P¿
WIP
T H max
, altrimenti

{
WIP
, se WIP ≤WI P¿
T H max = L T min
T H bottleneck , altrimenti
Nel caso di una linea di produzione con tempi perfettamente bilanciati e
deterministici, il WI P¿ è pari al numero di stazioni o macchine presenti. Per linee non
perfettamente bilanciate, il valore limite WI P¿ risulta invece inferiore al numero di
stazioni o macchine presenti.
DIAGRAMMI DI THROUGHPUT
Dato un sistema produttivo, le grandezze che lo caratterizzano sono la frequenza di
input e output al/dal sistema ( F ¿ e F OUT ) e il numero di pezzi in input e output al/dal
sistema a partire dall’istante t=0 ( N ¿ e N OUT ).
Il diagramma di throughput (o di input/output) è un modello utilizzato per
monitorare la dinamica del processo che accade nel funnel (sistema produttivo in
esame), potendo anche dettagliare la situazione per ogni area. Questo tipo di
modello parte da dati reali o pseudoreali per poter stabilire, attraverso determinati
indicatori sintetici, come sta funzionando il sistema. Di conseguenza, è possibile
costruire un diagramma di input/output solo ed esclusivamente per sistemi di
produzione reali o al limite simulati in fase di progettazione.
L’analisi di un sistema produttivo condotta con questo tipo di strumento evidenzia
l’andamento in generale degli ordini in input e degli ordini in output:

Supponendo che il funnel sia sottoposto ad un carico stazionario F ¿ costante e


inferiore al bottleneck T H max , l’output dal sistema F OUT avrà un andamento analogo
all’input F ¿ (ma spostato nel tempo). Quando F ¿ supererà il valore di T H max , il
numero di parti in input non potrà essere smaltito in uscita e di conseguenza il WIP e
il ¿ aumenteranno.
La differenza con la legge di Little consiste nel fatto che, in questo caso, il controllo
non viene fatto sul WIP ma sulla frequenza di ingresso F ¿. Ciononostante, il risultato
è lo stesso: mantenendo F ¿ costante e pari al valore di T H max , anche il WIP si
manterrà costante e pari al valore di WI P¿.

GLI INDICATORI DI PRESTAZIONE

Il contenuto di lavoro di un ordine è la somma del tempo di setup e del tempo di


lavorazione (o processamento) delle parti che compongono il lotto di produzione
dell’ordine in questione:

T O=¿ ¿

I principali indicatori di prestazione rilevabili con la costruzione di un diagramma di


throughput sono i seguenti:

 La distanza verticale (o WIP (T )):

WIP (T )=¿ (T )−OUT ( T )

Dove ¿ ( T ) è la cumulata dei contenuti di lavoro degli ordini arrivati all’area


entro l’istante T , mentre OUT ( T ) è la cumulata dei contenuti di lavoro degli
ordini completati dall’area entro l’istante T .

 La distanza verticale media (o WI PMEDIO ):


T1 T1

∫ ¿ ( T ) dt −∫ OUT ( T ) dt
T0 T0
WI PMEDIO =
T 1−T 0
 La pendenza media della curva di output (o tasso medio di output ROU T MEDIO
) e la pendenza media della curva di input (o tasso medio di input RI N MEDIO):
nout

∑ T Oj
j=1
ROU T MEDIO =
T 1−T 0

n¿

∑TOj
RI N MEDIO= j=1
T 1−T 0

Più il valore di ROU T MEDIO è elevato, maggiore è la capacità disponibile per


produrre gli ordini giunti nel periodo di monitoraggio; più il valore di RI N MEDIO
è elevato, maggiore è il numero di ore richieste, come impegno di capacità
produttiva, dagli ordini giunti nel periodo di monitoraggio.

 La distanza orizzontale media (o autonomia operativa media A MEDIA ) è una


misura del tempo che deve trascorrere (a calendario) prima che il funnel si
svuoti se non arrivano altri ordini di produzione:

WI P MEDIO
A MEDIA=
ROU T MEDIO

 L’utilizzazione media (U T MEDIA ¿) è la percentuale della capacità produttiva


massima disponibile ( ROU T MAX ) che si è in grado di utilizzare ( ROU T MEDIO):

ROU T MEDIO
U T MEDIA =
ROU T MAX

Di conseguenza, il valore complementare 1−U T MEDIA rappresenta la perdita


media (o inefficienza media) dovuta sia a cause interne che esterne all’area in
esame.

N.B.: il periodo di monitoraggio


T 1−T 0 è rappresentato in giorni a
calendario (Stock Calendar Days
SCD ).

CAUSE E SINTOMI DI PERDITA


L’analisi dei dati di feedback di produzione mediante diagramma di throughput
aiuta ad evidenziare l’esistenza di perdita di capacità produttiva. Le perdite possono
essere dovute a cause interne alla stazione (localizzate nelle risorse interne alla
stazione in esame) o a cause esterne alla stazione (localizzate in risorse che operano
nel flusso produttivo, oppure legate a fornitori o clienti della stazione in esame).
Oltre che dalle cause, le perdite sono caratterizzate anche da sintomi.
Le perdite interne possono dipendere dalle prestazioni di processi di supporto
esterni, ad esempio quando la fornitura dei materiali è insufficiente (il sintomo è la
riduzione del tasso di input RI N MEDIO) oppure quando un reparto a valle non
consuma in maniera adeguata il materiale prodotto dal reparto a monte saturando il
magazzino interoperazionale e creando una situazione di blocking (il sintomo è la
riduzione del tasso di output ROU T MEDIO).
SISTEMI AUTOMATIZZATI

La programmazione della produzione avviene su livelli e orizzonti distinti: la


pianificazione di lungo periodo determina quali prodotti collocare sul mercato a
livello strategico, la pianificazione aggregata (o di medio periodo) porta alla
formulazione di un piano principale di produzione a livello tattico, la
programmazione di breve periodo prevede l’allocazione delle risorse produttive, e
infine il controllo operativo si occupa del collegamento e della sincronizzazione
delle fasi del processo produttivo.

LA PROGRAMMAZIONE OPERATIVA NEI SISTEMI AUTOMATIZZATI

Un sistema automatizzato ha risposte più prevedibili, grazie alla minore incidenza


del fattore umano. Inoltre, il sistema di supervisione dell’impianto è costantemente
a conoscenza dello stato delle macchine e dell’avanzamento dei lavori, ed è dunque
in grado di fornire maggiori informazioni.
Nel caso di sistemi di produzione automatizzati, però, le metodologie tradizionali
non supportano le fasi di programmazione a breve termine e di controllo operativo,
che insieme costituiscono la parte di programmazione operativa.
In questo tipo di sistemi, dopo le fasi di MPS e MRP, la programmazione operativa
viene gestita a livello di short term planning con il Production Planning System (PPS)
e a livello di real time scheduling con il Real Time Control System (RTCS):

 Il Production Planning System (PPS) punta a raggiungere un piano di


produzione dettagliato allocando le risorse tecnologiche di produzione (con
cosa produrre), le lavorazioni nel tempo (quando produrre) e il loro
sequenziamento (in che ordine produrre).
Gli obiettivi del PPS sono la saturazione delle macchine, la minimizzazione del
WIP, dei setup, del flow time, del tardiness, del makespan. I vincoli da
rispettare per l’ottimizzazione di questa funzione obiettivo consistono nel
rispetto della disponibilità di attrezzature, grezzi per la fabbricazione e
componenti per l’assemblaggio, della capacità produttiva, della capacità fisica
di contenimento e delle date di consegna.

 Il Real Time Control System (RTCS) si occupa di due principali macro attività.
L’attività di loading comprende le fasi di loading choice (scelta di quale tipo di
parte caricare nel sistema) e di timing (scelta del momento in cui caricare una
nuova parte nel sistema).
L’attività di operation sequencing si occupa delle fasi di routing (scelta di
quale macchina fisica deve lavorare una certa parte a fronte di più macchine
alternative) e di dispatching (scelta di quale parte deve entrare in macchina
tra quelle in coda).

LE REGOLE DI LOADING E DI DISPATCHING NEL RTCS

Consideriamo il numero di macchine m di un sistema automatizzato, l’indice della


macchina i, l’indice del job j , il carico di lavoro attuale sulla macchina C i, il carico di
lavoro complessivo sulla macchina relativo ad un orizzonte temporale C si , il tempo
di lavoro del job sulla macchina T ij, il carico di lavoro sulla macchina conseguente al
caricamento del job F ij=Ci +T ij, e il carico di lavoro presente nel sistema conseguente
all’introduzione del job sulla macchina che ha il C si massimo F j.
Esistono diverse regole di loading del RTCS da adottare in base al contesto:

 La regola Balance Loading BL1 prevede di caricare il job con il valore di I B j più
alto.
m

∑ Fij
i=1
∀ j I Bj=
max { F ij }∗m

Scegli j t . c . I B j=max { I B j }

¿
 La regola Balance Loading BL2 prevede di caricare il job con il valore di I B j più
basso.

[ ]
m 2
C si Fij
∀ j I B =∑
¿

j
i=1 max { C si } max { F ij }

Scegli j t . c . I B¿j=min { I B¿j }

¿∗¿¿
 La regola Balance Loading BL3 prevede di caricare il job con il valore di I B j
più basso.

[ ]
m 2
C si Fij
¿∗¿= ∑ − ¿
max {C si } F j
∀ j I Bj
i=1

¿∗¿=min ¿¿¿
Scegli j t . c . I B j
 La regola Random Loading RND prevede di scegliere casualmente il job da
caricare.

 La regola BN2 prevede di caricare il job con il massimo tempo di lavorazione


sulla macchina che ha il maggior carico di lavoro rimanente (calcolato solo
tenendo conto dei job non ancora introdotti nel sistema).

Esistono diverse regole di dispatching del RTCS da adottare in base al contesto:

 SPT (Shortest Processing Time) o SIO (Shortest Imminent Operation) o


semplicemente SI: viene caricato il job che ha il tempo di lavorazione più
breve sulla macchina considerata.

 LPT (Longest Processing Time): viene caricato il job che ha il tempo di


lavorazione più lungo sulla macchina considerata.

 TSPT (Truncated SPT): vale la regola SPT, ma quando un job supera un tempo
di attesa prefissato viene forzato fuori dalla coda con la regola FIFO (descritta
in seguito).

 LWKR (Least Work Remaining): viene caricato il job che ha minor tempo
complessivo di lavorazione sulle macchine ancora da visitare.

 TWORK (Total Work): viene caricato il job il cui ciclo presenta il minimo
tempo di lavorazione complessivo (somma dei tempi di tutte le operazioni del
job).

 MSUT (Minimum Setup Time): viene caricato il job che comporta, dato lo
stato della macchina, il minimo tempo di setup.

 FIFO (First In First Out): viene caricato il primo job entrato in coda.

 LIFO (Last In First Out): viene caricato l'ultimo job entrato in coda.

 FISFS (First In System First Served): viene caricato il job entrato per primo nel
sistema nel suo complesso.
 FROP (Fewest Remaining Operations): viene caricato il job con il minor
numero di operazioni ancora da eseguire (cioè più vicino al completamento).
 MROP (Most Remaining Operations): viene caricato il job con il maggior
numero di operazioni ancora da eseguire.

 EDD (Earliest Due Date): viene caricato il job con la data di scadenza di
lavorazione più vicina.

 MS (Minimum Slack): viene caricato il job con il più basso tempo che può
attendere prima di essere caricato, rispettando comunque la sua Due Date.

 MSPO (Minimum Slack Per Operations): viene caricato il job con il più basso
tempo che si può attendere tra un’operazione e l’altra del job stesso,
rispettando comunque la sua Due Date.
RETI NEURALI ARTIFICIALI E FUZZY LOGIC

RETI NEURALI ARTIFICIALI

Lo scopo di questo capitolo è quello di illustrare le modalità attraverso le quali è


possibile implementare reti neurali artificiali (Artificial Neural Network ANN) come
tecniche per la progettazione e la gestione dei sistemi produttivi. Le tecniche
trattate nel corso dei seguenti paragrafi, di conseguenza, non nascono nell’ambito
dei sistemi di produzione ma si sono estese ad esso nel corso del tempo.
Le principali tipologie di ANN sono le seguenti:

 Completamente interconnessa (tutti i neuroni


sono collegati tra di loro).

 Parzialmente
interconnessa (non tutti i
neuroni sono collegati tra
di loro).

 A strati, con uno strato di input, uno stato nascosto e uno stato di output.
In generale, le reti neurali artificiali sono composte da neuroni artificiali che
simulano il comportamento dei neuroni biologici. Un neurone artificiale è composto
da un segnale di attivazione (somma dei segnali di attivazione dei neuroni in input),
da una funzione di trasferimento che dipende dal segnale di attivazione e che
determina la modalità di attivazione (a gradino, a rampa, sigmoidale, gaussiana), e
infine da una sere di neuroni collegati come output.
Tutte le connessioni (o segnali) tra i neuroni di une rete neurale sono caratterizzate
da un peso sinaptico stabilito nella fase di progettazione delle rete stessa. I pesi
sinaptici vengono poi aggiornati nel corso del tempo grazie ad algoritmi che
costituiscono la base del processo di apprendimento (supervisionato, non
supervisionato, a pesi fissi). La legge di Hebb descrive il cambiamento del peso
sinaptico della connessione tra il neuronei e il neurone in input j nel corso del
tempo t .

W i , j ( t+1 ) =W i , j ( t ) + Δ W i , j

L’obiettivo di un apprendimento supervisionato è la minimizzazione di una funzione


di costo mediante l’aggiornamento, ad ogni iterazione, del peso sinaptico della
connessione utilizzando una determinata legge.

Le applicazioni concrete di una rete neurale artificiale nell’ambito dei sistemi di


produzione si ritrovano nel controllo qualità, nelle previsioni del mercato,
nell’ottimizzazione degli spostamenti, nell’ottimizzazione della gestione delle
produzione e nel controllo dei movimenti robot e dei processi industriali.
SISTEMI ESPERTI

I sistemi esperti sono programmi software in grado di dedurre informazioni da un


insieme di dati di partenza in input. Questi sistemi sono basati sulla competenza
umana, registrata in una cosiddetta base di conoscenza che contiene i fatti che
accadono nella vita reale e che rappresenta la conoscenza di un operatore. Un
sistema esperto è composto anche da un motore inferenziale, ossia un meccanismo
che analizza i dati in input al sistema per ottenere conclusioni dai fatti osservati.

Utilizzando i sistemi esperti è possibile operare in base a dati incompleti o


qualitativi (come ad esempio nella fuzzy logic) ed è sempre possibile spiegare le
decisioni prese dal sistema esperto stesso (glass box). In generale, i sistemi esperti
sono divisi in due grandi categorie:

 I sistemi esperti basati su regole sono programmi composti da regole del tipo
“IF condition THEN action”. Dato un insieme di fatti, in base all’applicazione
delle regole, i sistemi esperti possono dedurre nuovi fatti.

 I sistemi esperti basati su alberi sono programmi che, a partire da un set di


dati e da alcune deduzioni, definiscono un albero decisionale al fine di
classificare i dati in input. Le nuove informazioni sono analizzate dall’albero e
il nodo di arrivo rappresenta la decisione.

Per definizione, un sistema esperto usa regole definite ma non può crearne di
nuove. È quindi necessario, in fase di progettazione, definire la struttura logica, i tipi
di dati, gli insiemi, le classi, i limiti e le regole IF – THEN.
Tra i vantaggi dei sistemi esperti troviamo la caratteristica glass box, l’ottenimento
delle stesse risposte in caso di decisioni ripetute e la presa in considerazione di tutti
gli aspetti utili per la decisione. Tra gli svantaggi troviamo invece i maggiori costi
rispetto alle reti neurali artificiali, l’impossibilità di adattamento nel caso di
cambiamenti nelle condizioni al contorno, la dipendenza della qualità decisionale
dalla qualità progettuale e infine l’impossibilità di utilizzo in caso di fatti non attesi.
FUZZY LOGIC

La fuzzy logic è una teoria matematica introdotta per modellare l’incertezza, ed è


un’estensione della logica aristotelica (o classica) basata sul principio del terzo
escluso (un elemento non può appartenere allo stesso tempo ad un insieme e al suo
complemento) e sul principio di non contraddizione (un’asserzione può essere solo
vera o falsa). Nella vita reale ci si imbatte nell’incertezza, una condizione per la quale
non è sempre vero che un elemento appartenente ad un insieme non possa
appartenere anche al suo complemento e non è sempre possibile determinare se
un’asserzione è vera o falsa. L’uomo, grazie alla semantica del linguaggio naturale,
è in grado di rappresentare questo aspetto.
Se nella logica aristotelica il livello di verità può essere rappresentato da un valore 0
oppure 1, al contrario nella fuzzy logic il livello di verità può essere rappresentato da
un valore compreso tra 0 e 1 (agli estremi si rientra nella logica classica).
Per questo motivo, la logica fuzzy risulta utile nella creazione di sistemi esperti che
devono rispondere come esseri umani (le regole IF – THEN possono essere definite
usando la logica fuzzy).
Tra i vantaggi della fuzzy logic troviamo il fatto che opera con la stessa logica di un
essere umano (con concetti vaghi e incertezza) e che consente una transizione soft
da una regola ad un’altra (più di una regola potrà essere attivata, ciascuna con
differenti livelli di verità). Tra gli svantaggi troviamo invece il pericolo di non
identificare un insieme completo di regole, il rischio di creare una base di
conoscenza inaccurata e incompleta, e infine i tempi lunghi necessari per ottenere
una buona base di conoscenza.
ESERCIZIARIO
ESERCIZI SISTEMI DI FABBRICAZIONE

ESERCIZIO DIMENSIONAMENTO JOB SHOP 1

Ti,j [min/pz] M1 M2 M3
A 15 10
B 9 8
C 17 7

Domanda e Lotti Domanda Annua Qj Dimensione Lotto


A 15000 1000
B 25000 1000
C 35000 1000

Coefficienti e Setup M1 M2 M3
HC 0,96 0,95 0,91
A 0,96 0,93 0,93
SE 0,82 0,82 0,82
SR 0,07 0,05 0,09
STT [ore/setup] 2,8 2,3 1,9
pz
15000
anno lotti
N L A= =15
pz anno
1000
lotto

pz
25000
anno lotti
N LB = =25
pz anno
1000
lotto

pz
35000
anno lotti
N LC = =35
pz anno
1000
lotto

[( ) ]
pz min
15000 ∗15
anno pz ore setup
+2 , 8 ∗15 ∗1
60∗( 1−0 , 07 ) setup anno
N H M 1= +¿
0 , 96∗0 , 96

[( ) ]
pz min
25000 ∗9
anno pz ore setup
+ +2 , 8 ∗25 ∗1
60∗( 1−0 , 07 ) setup anno
ore
=8872
0 , 96∗0 , 96 anno

[( ) ]
pz min
15000 ∗10
anno pz ore setup
+2 , 3 ∗15 ∗1
(
60∗ 1−0 , 05 ) setup anno
N H M 2= +¿
0 , 95∗0 , 93

[( ) ]
pz min
35000 ∗17
anno pz ore setup
+ +2 , 3 ∗35 ∗1
60∗( 1−0 , 05 ) setup anno
ore
=14924
0 , 95∗0 , 93 anno
[( ) ]
pz min
25000 ∗8
anno pz ore setup
+ 1, 9 ∗25 ∗1
60∗( 1−0 ,09 ) setup anno
N H M 3= +¿
0 , 91∗0 , 93

[( ) ]
pz min
35000 ∗7
anno pz ore setup
+ +1 , 9 ∗35 ∗1
60∗( 1−0 , 09 ) setup anno
ore
=9765
0 , 91∗0 , 93 anno

ore turni giorni ore


A H M 1 =AH M 2=AH M 3=7 ∗3 ∗240 ∗0 , 82=4133
turno giorno anno anno

8872
N M M 1= =2 , 15=3 M 1
4133

14924
N M M 2= =3 , 62=4 M 2
4133

9765
N M M 3= =2, 37=3 M 3
4133

2 ,15
T S M 1= =72 %
3

3 ,62
T S M 2= =90 %
4

2 ,37
T S M 3= =79 %
3
ESERCIZIO DIMENSIONAMENTO JOB SHOP 2

Ti,j [min/pz] M1 M2 M3
A 8 15 10
B 8 12 20
C 15 12
Domanda e Lotti Domanda Annua Qj Dimensione Lotto
A 20000 2000
B 18000 2000
C 25000 2500

Coefficienti e Setup M1 M2 M3
A 0,95 0,95 0,95
SE 0,85 0,85 0,85
SR 0,05 0,01 0,05
STT [ore/setup] 2 2 3

1.1.

pz
20000
anno lotti
N L A= =10
pz anno
2000
lotto

pz
18000
anno lotti
N LB = =9
pz anno
2000
lotto

pz
25000
anno lotti
N LC = =10
pz anno
2500
lotto

[( ) ]
pz min
20000 ∗8
anno pz ore setup
+2 ∗10 ∗1
(
60∗ 1−0 ,05 ) setup anno
N H M 1= +¿
0 , 95
[( ) ]
pz min
18000 ∗8
anno pz ore setup
+ +2 ∗9 ∗1
60∗( 1−0 , 05 ) setup anno
ore
=5654
0 , 95 anno

[( ) ]
pz min
20000 ∗15
anno pz ore setup
+2 ∗10 ∗1
60∗( 1−0 ,01 ) setup anno
N H M 2= +¿
0 , 95

[( ) ]
pz min
18000 ∗12
anno pz ore setup
+ +2 ∗9 ∗1
60∗(1−0 , 01 ) setup anno
+¿
0 , 95

[( ) ]
pz min
25000 ∗15
anno pz ore setup
+ +2 ∗10 ∗1
60∗( 1−0 , 01 ) setup anno
ore
=15850
0 , 95 anno

[( ) ]
pz min
20000 ∗10
anno pz ore setup
+3 ∗10 ∗1
60∗( 1−0 ,05 ) setup anno
N H M 3= +¿
0 , 95

[( ) ]
pz min
18000 ∗20
anno pz ore setup
+ +3 ∗9 ∗1
60∗(1−0 , 05 ) setup anno
+¿
0 , 95

[( ) ]
pz min
18000 ∗12
anno pz ore setup
+ +3 ∗9 ∗1
60∗( 1−0 , 05 ) setup anno
ore
=15973
0 ,95 anno

ore turni giorni ore


A H M 1 =AH M 2=AH M 3=8 ∗2 ∗220 ∗0 , 85=2992
turno giorno anno anno
5654
N M M 1= =1 , 89=2 M 1NECESSARI =2 M 1 DISPONIBILI
2992

15850
N M M 2= =5 , 30=6 M 2NECESSARI <5 M 2 DISPONIBILI
2992

15973
N M M 3= =5 , 34=6 M 3 NECESSARI >6 M 3 DISPONIBILI
2992

Quindi, per rispondere al primo quesito, il numero di macchine installate


attualmente nel job shop non è sufficiente o coerente per rispondere alla
domanda target. Infatti, il reparto M2 è attualmente sottodimensionato
mentre il reparto M3 è sovradimensionato.

Capacità Mancante=15850
ore
anno (
− 5 M 2 DISPONIBILI∗2992
ore
anno )
=¿

ore
¿ 890
anno

2.1.
Se si ipotizzasse di aggiungere ore di straordinario, questa decisione
risulterebbe essere opportuna solo per il reparto M2. Questo perché il
reparto M2 è l’unico tra i tre ad essere sottodimensionato.

Ore Straordinario Max=


[( 5
giorni
sett
∗2
ore
giorno
+8 ) ore
sabato ]
∗220
giorni
anno
∗¿
giorni
5
sett
ore ore
¿ 5 M 2 DISPONIBILI∗0 , 85=3366 > 890
anno anno

Quindi, l’ipotesi dell’utilizzo delle ore di lavoro straordinario è valida, perché


coprirebbe il fabbisogno di ore in eccesso. Attraverso il calcolo appena
riportato si considerano cinque operatori che svolgono ore di straordinario,
numero che in realtà risulta essere eccessivo. Sarebbero infatti sufficienti
esclusivamente le ore di straordinario di due operatori durante l’anno.
ore
3366
anno
Ore Straordinario Sufficienti= ∗2 operatori=¿
5 operatori
ore ore
¿ 1346 >890
anno anno

Il costo differenziale che si sosterrebbe nel caso i cui si decidesse di saturare il


lavoro straordinario dei due operatori del reparto M2 è il seguente:

ore
1346
anno € €
Costo Differenziale Straordinario= ∗22 =34848
0 ,85 ora anno

2.2.
Se si ipotizzasse di aggiungere un turno di lavoro, questa decisione
risulterebbe essere opportuna solo per il reparto M2. Questo perché il
reparto M2 è l’unico tra i tre ad essere sottodimensionato.

ore turno giorni


Ore Turno Extra Max=8 ∗1 ∗220 ∗¿
turno giorno anno
ore ore
¿ 5 M 2 DISPONIBILI∗0 , 85=7480 >890
anno anno

Quindi, l’ipotesi dell’aggiunta di un turno di lavoro è valida, perché coprirebbe


il fabbisogno di ore in eccesso. Attraverso il calcolo appena riportato si
considerano cinque operatori aggiuntivi per compiere cinque turni aggiuntivi,
numero che in realtà risulta essere eccessivo. Sarebbero infatti sufficienti
esclusivamente due operatori aggiuntivi, il minimo numero da affidare a
questo reparto (uno ogni tre macchine, come dice il testo).
ore
7480
anno
Ore Turno ExtraSufficienti= ∗2 operatori=¿
5 operatori
ore ore
¿ 2992 > 890
anno anno
Il costo differenziale che si sosterrebbe nel caso i cui si decidesse di assumere
due nuovi operatori per un turno aggiuntivo nel reparto M2 è il seguente:

ore
2992
anno € €
Costo Differenziale Turno Extra= ∗16 =56320
0 , 85 ora anno

2.3.
Se si ipotizzasse di ridimensionare l’intero sistema job shop, questo intervento
coinvolgerebbe esclusivamente i reparti M2 e M3. Infatti, sarebbe necessario
acquistare un nuovo macchinario M2 e dismettere un macchinario M3.
Tuttavia, dato che il valore residuo del macchinario M3 superfluo è nullo, si
ritiene opportuno mantenerlo nel sistema senza però tenerlo attivo. In questo
modo si risparmia sul costo della manodopera, perché con un totale di 6
macchinari al posto di 7 sono necessari solo 2 operatori per ogni turno al
posto di 3 (quindi si risparmia il costo di un operatore sia nel primo che nel
secondo turno della giornata).
Inoltre, tenendo a mente che, come suggerisce il testo, il costo di acquisto di
un macchinario ha un ammortamento di cinque anni (il costo annuo è il 20%
del costo di acquisto), il costo differenziale per il ridimensionamento
dell’intero job shop è il seguente:

(
Costo Differenziale Ridimensionamento= 90000

M2
∗0 , 2 −¿)
−( 1
anno )
operatore € ore turno giorni
∗14 ∗8 ∗1 ∗220
turno ora turno giorno

−( 1 )
operatore € ore turno giorni €
∗15 ∗8 ∗1 ∗220 =−33040
turno ora turno giorno anno anno

Quindi, con il ridimensionamento del sistema job shop, si ottiene addirittura


un guadagno (o meglio, un risparmio di costi).
In conclusione, risulta conveniente optare per il ridimensionamento del
sistema job shop.

ESERCIZIO DIMENSIONAMENTO CELLE ROC 1 (IN AUTONOMIA)

Data la seguente matrice prodotto – processo, procedere con l’algoritmo ROC per
dimensionare un sistema di fabbricazione con una configurazione per celle di
fabbricazione.

Soluzione:
ESERCIZIO DIMENSIONAMENTO CELLE ROC 2

Data la seguente matrice prodotto – processo, procedere con l’algoritmo ROC per
dimensionare un sistema di fabbricazione con una configurazione per celle di
fabbricazione.

Soluzione:
ESERCIZI ANALISI DELLE PRESTAZIONI

ESERCIZIO ANALISI THROUGHPUT


( )
t raw meal
4500
day
t raw meal
1
t clinker t cement
TH Raw Mill= =5113
t clinker day
0 , 88
t cement

days
320
N ∫ Raw Mill=
year
=9 , 14
∫¿ ¿
35 year

N Lost Days Raw Mill=9 , 14


∫ ¿ ∗3 days
¿
year
∫ ¿=27 , 42 days
year
¿

∏ . Raw Mill=(320 days


year
−27 , 42
days
year )∗5113
t cement
day
=1 , 49
Mt cement
year

t clinker
4000
day t cement
TH Rotary Kiln= =4545
t clinker day
0 , 88
t cement

days
320
N ∫ Rotary Kiln=
year
=10 ,67
∫¿ ¿
30 year

N Lost Days Rotary Kiln=10 ,67


∫ ¿ ∗2 days
¿
year days
∫ ¿=21 , 33 year
¿

∏ . Rotary Kiln=(320 days


year
−21 ,33
year )
days
∗4545
t cement
day
Mt cement
¿ 1 ,36
year
t cement
TH Cement Mill=3500
day

days
320
N ∫ Cement Mill=
year
=8
∫¿ ¿
40 year

N Lost Days Cement Mill=8


∫ ¿ ∗2 days
¿
year days
∫ ¿=16 year ¿

∏ .Cement Mill=(320 days


year
−16
days
year )∗3500
t cement
day
=1 , 06
Mt cement
year

cement bags kg
80000 ∗50
day cement bag t cement
TH Bag Packing= =4000
kg day
1000
t

days
320
N ∫ Bag Packing=
year
=6 , 4
∫¿ ¿
50 year

N Lost Days Bag Packing=6 , 4


∫ ¿ ∗1 days
¿
year days
∫ ¿=6 , 4 year ¿

∏ . Bag Packing=(320 days


year
−6 , 4
days
year )∗4000
t cement
day
Mt cement
¿ 1 ,25
year
Mt cement
Total Productivity =min ( Year Productivity ) =¿ 1, 06 ¿
year

ESERCIZIO RBD 1
1. Prima di tutto occorre determinare il numero di macchinari necessari per
soddisfare la produzione richiesta in termini di capacità:

kg kg
C P A 1=150 ∗0 , 95∗( 1−0 , 07 )=132 ,5
h h

kg kg
C P A 2=70 ∗0 , 90∗( 1−0 , 1 )=56 ,7
h h

kg kg
C P B 1=140 ∗0 , 95∗( 1−0 ,05 )=126 , 3
h h

kg kg
C PC 1=260 ∗0 , 90∗(1−0 , 08 )=215 ,2
h h

kg kg
C PC 2=160 ∗0 , 90∗(1−0 , 1 )=129 , 6
h h

Per i macchinari A1, A2 e B1 sono necessari 100 kg/h ciascuno, mentre per C1
e C2 sono necessari 200 kg/h. Di conseguenza, date le capacità produttive
nette appena calcolate, sarà necessario un altro macchinario A2 e un altro
macchinario C2. La configurazione risultante sarà la seguente:

2. Le nuove disponibilità e le nuove capacità produttive dei reparti saranno


dunque le seguenti:

A A 1=0 , 95

A A 2=0 , 90∗0 , 90=0 , 81

A B 1=0 , 95

AC 1=0 ,90

AC 2=0 , 90∗0 , 90=0 , 81


kg kg
C P A 1=150 ∗0 , 95∗( 1−0 , 07 )=132 ,5
h h
kg kg
C P A 2=70 ∗2∗0 , 81∗( 1−0 ,1 ) =102, 6
h h

kg kg
C P B 1=140 ∗0 , 95∗( 1−0 ,05 )=126 , 3
h h

kg kg
C PC 1=260 ∗0 , 90∗(1−0 , 08 )=215 ,2
h h

kg kg
C PC 2=160 ∗2∗0 , 81∗( 1−0 , 1 )=233 , 2
h h

3. Ciò significa che la disponibilità dell’impianto complessivo attualmente non è


sufficiente, poiché è richiesta una disponibilità del 90%:

A IMPIANTO =∏ A i=0 , 53

4. Per risolvere questo problema e per raggiungere la disponibilità minima


richiesta, occorre aggiungere altri macchinari in parallelo in standby.
In particolare, si aggiunge un altro macchinario A1, A2, C1, C2 (tutti in
standby). La disponibilità complessiva dell’impianto a questo punto sarebbe
molto vicina a quella minima richiesta:

A A 1=1−∏ [ ( 1−0 , 95 )∗( 1−0 , 95 ) ] =0,9975

A B 1=0 , 95

A A 2=0 , 81+ ( 0 , 18∗0 ,9 )=0,972

AC 1=1−∏ [ ( 1−0 , 90 )∗(1−0 , 90 ) ] =0 , 99

AC 2=0 ,81+ ( 0 ,18∗0 , 9 )=0,972

A IMPIANTO =∏ A i=0 , 89
ESERCIZIO RBD 2

Caso 1:
Nel caso di una produzione in serie, la disponibilità complessiva è la produttoria
delle disponibilità delle varie stazioni:
4
A SERIE =0 , 9 =0 , 66

Caso 2:

Nel caso di una produzione in parallelo con ridondanza parziale, ossia dove entrambi
i macchinari in parallelo devono essere funzionanti, la disponibilità complessiva è la
produttoria delle disponibilità delle varie stazioni:
3 2 3 5
A PARALLELO PARZIALE =0 , 9 ∗0 , 9 =0 , 9 ∗0 , 81=0 , 9 =0 ,59

Caso 3:

Nel caso di una produzione in parallelo con ridondanza totale in standby, ossia dove
solo uno dei due macchinari in parallelo deve essere funzionante, la disponibilità
complessiva è la seguente:

A PARALLELO STANDBY =0 , 9 ∗[ 1−( 1−0 , 9 )∗( 1−0 , 9 ) ] =0 , 9 ∗0 ,99=0 , 72


3 3

ESERCIZI SISTEMI DI ASSEMBLAGGIO

ESERCIZIO DIMENSIONAMENTO ASSEMBLAGGIO RPWT (IN AUTONOMIA)


N.B.: il totale nel testo è sbagliato! In realtà sono 16,2 minuti.
min
16 , 2 ∗15 pz
pz
N min postazioni=⌈ ⌉=⌈ 4 , 05 postazioni ⌉=5 postazioni
60 min
60 min min
T max postazione = =4
15 pz postazione

A questo punto aggiungo le operazioni alle stazioni attraverso un processo


generativo, rispettando i vincoli fisici e il limite di T max.
Il risultato ottenuto è il seguente:

Postazione 1 ( Operazioni 1 ,3 , 4 ,5 )=3 , 2min

Postazione 1 ( Operazioni 2 ,7 , 8 )=3 ,1 min

Postazione 3 ( Operazioni 9 , 11)=3 ,2 min

Postazione 4 ( Operazioni 6 , 10 ,12 ) =3 min

Postazione 5 ( Operazioni 13 , 14 )=3 ,7 min

ESERCIZI PROGETTAZIONE DEL LAYOUT

ESERCIZIO CRAFT
Considerando i seguenti dati, procedere con l’algoritmo CRAFT per minimizzare il
lavoro logistico.

Area Dimensione Layout Plant 3x3

A 2 A B C
B 4 A B C
C 3 B B C

Matrice from – to dei flussi f ij


A B C
A 0 5 10
B 3 0 5
C 10 5 0

( 1∗2 )+ 0+0
Bx ( A )= =1
2

( 1∗1 ) +(2∗3)+0
Bx ( B ) = =1 , 75
4

0+ 0+ ( 3∗3 )
Bx ( C )= =3
3

( 1∗1 ) +(2∗1)+0
B y ( A )= =1 , 5
2

( 1∗1 ) +(2∗1)+ (3∗2 )


B y ( B )= =2 , 25
4

( 1∗1 )+ ( 2∗1 ) + ( 3∗1 )


B y (C )= =2
3

Bx By

A 1 1,5

B 1,75 2,25
Manhattan
d ij A B C

A 0 1,5 2,5
C 3 2
B 1,5 0 1,5
C 2,5 1,5 0
L LASS ( start )=( 0∗0 )+ (5∗1 , 5 ) + ( 10∗2, 5 ) + ( 3∗1 ,5 )+ ( 0∗0 ) +¿
+ ( 5∗1 ,5 )+ (10∗2 , 5 ) + ( 5∗1, 5 ) + ( 0∗0 )=77

Scambiando i baricentri di A con quelli di B, si raggiunge la situazione seguente:

Bx By Manhattan
d ij A B C
A 1,75 2,25
A 0 1,5 1,5
B 1 1,5
B 1,5 0 2,5
C 3 2 C 1,5 2,5 0

L LREL=67

Scambiando i baricentri di B con quelli di C, si raggiunge la situazione seguente:

Bx By Manhattan
d ij A B C
A 1 1,5
A 0 2,5 1,5
B 3 2
B 2,5 0 1,5
C 1,75 2,25 C 1,5 1,5 0

L LREL=65
Tra le tre possibili soluzioni, quella caratterizzata dal lavoro logistico minore è quella
dello scambio dei baricentri tra B e C. Di conseguenza, si procede mettendo in atto il
vero e proprio scambio tra questi reparti e ricalcolando i baricentri:

Layout Plant 3x3


A B B
A C B
C C B
( 1∗2 )+ 0+0
Bx ( A )= =1
2

0+(2∗1)+ ( 3∗3 )
Bx ( B ) = =2, 75
4

( 1∗1 ) + ( 2∗2 )+ 0
Bx ( C )= =1 ,67
3

( 1∗1 ) +(2∗1)+0
B y ( A )= =1 , 5
2

( 1∗2 ) +(2∗1)+ ( 3∗1 )


B y ( B )= =1 , 75
4

0+ (2∗1 ) + ( 3∗2 )
B y (C )= =2 ,67
3

Bx By Manhattan
d ij A B C
A 1 1,5
A 0 2 1,84
B 2,75 1,75
B 2 0 2
C 1,67 2,67 C 1,84 2 0

L LASS ( min )=72, 8

ESERCIZIO ALDEP

Considerando i seguenti dati, procedere con l’algoritmo ALDEP per massimizzare


l’indice di prossimità:

Area Numero A B C D E
A 6 A E X E
B 5 I U A
C 4 O I
D 7 U
E 8

A=100 ; E=50 ; I =20 ; O=10 ; U =0 ; X=– 50

Plant 1 2 3 4 5 6 7
1
2
3
4
5

Con sweep = 4:

Plant 1 2 3 4 5 6 7
1 D D D D LIBERO LIBERO LIBERO
2 D D D C E LIBERO LIBERO
3 A C C C E E E
4 A A A A E E E
5 A B B B B B E

D → A=−50

D →C=10

A →C=50

A → B=100

A → E=50

C → E=20

B→ E=100

IP=280

Con sweep = 2:
Plant 1 2 3 4 5 6 7
1 D D B B B B LIBERO
2 D D A B E E LIBERO
3 D D A A E E LIBERO
4 D C A A E E LIBERO
5 C C C A E E LIBERO

D → B=0

D → A=−50

D →C=10

C → A=50

A → B=100

A → E=50

B→ E=100

IP=260

ESERCIZI LEGGE DI LITTLE

ESERCIZIO LITTLE 1
Reparto Numero Macchine T PROCESSO T H REPARTO
M1 3 12 min 0,25 pz/min
M2 2 10 min 0,2 pz/min
M3 5 15 min 0,33 pz/min
Totale 10 37 min

¿ pz
WI P =L T min∗T H max =37 min∗0 , 2 =7 , 4 pz
min

{
37 min , se WIP ≤ 7 , 4 pz
L T min = WIP
, altrimenti
0,2

{
WIP
, se WIP ≤7 , 4 pz
T H max = 37
0 , 2 , altrimenti

1
tg α =
L T min

1
tg β=
T H max

ESERCIZIO LITTLE 2
Reparto Numero Macchine T PROCESSO T H REPARTO
M1 3 9 min 0,33 pz/min
M2 5 17 min 0,29 pz/min
M3 8 21 min 0,38 pz/min
M4 2 4 min 0,5 pz/min
Totale 18 51 min

¿ pz
WI P =L T min∗T H max =51 min∗0 ,29 =14 , 79 pz
min

{
51 min , se WIP ≤14 ,79 pz
L T min = WIP
, altrimenti
0 ,29

{
WIP
, se WIP ≤14 ,79 pz
T H max = 51
0 , 29 , altrimenti
ESERCIZI DIAGRAMMI DI THROUGHPUT

ESERCIZIO DIAGRAMMI THROUGHPUT 1

∑ T Oj 100 min min


¿= j=1 = =12 ,5
n 8 ordini ordine

∑ T Oj 100 min
ROU T MEDIO = j=1 = =1 ,67 h
T 1−T 0 min
60
h

ROU T MEDIO 1 , 67 h
U T MEDIA = = =83 , 5 %
ROU T MAX 2h

PERDIT A MEDIA =1−U T MEDIA =1−0,835=16 , 5 %


ESERCIZIO DIAGRAMMI THROUGHPUT 2

∑ T Oj 113 minuti min


¿= j=1 = =14,125
n 8 ordini ordine

∑ T Oj 113 min
ROU T MEDIO = j=1 = =1 , 88 h
T 1−T 0 min
60
h

ROU T MEDIO 1 , 88 h
U T MEDIA = = =94 %
ROU T MAX 2h

PERDIT A MEDIA =1−U T MEDIA =1−0 , 94=6 %


TEMA ESAME

DOMANDA 1

Costo Tecnico del Servizio Reso (CTSR) e Costo Totale Annuo Equivalente (CTAE): di
che cosa si tratta e come sono in relazione tra loro?
DOMANDA 2

kg kg
ProduttivitàOraria=0 , 9∗70 =63
ora ora

kg
63
ora
Produttività %= =25 , 2 %
kg
250
ora

Produttività % Target=25 , 2 %+19 %=44 , 2 %

kg kg
ProduttivitàOraria Target=0,442∗250 =110 , 5
ora ora
Si rende quindi necessario aggiungere un macchinario A1, un macchinario A2 e un
macchinario B2. La situazione risultante è la seguente:
kg kg
ProduttivitàOraria=0 , 9∗140 =126
ora ora

kg
126
ora
Produttività %= =50 , 4 %> Produttività % Target
kg
250
ora
DOMANDA 3

Ti,j [min/pz] M1 M2 M3
A 10 15 25
B 8 7 20
C 10 15

Domanda e Lotti Domanda Annua Qj Dimensione Lotto


A 15000 1000
B 12000 1000
C 18000 1500

Coefficienti e Setup M1 M2 M3
A 0,95 0,95 0,95
SE 0,85 0,85 0,85
SR 0,05 0,01 0,05
STT [ore/setup] 3 2 2
1.
pz
15000
anno lotti
N L A= =15
pz anno
1000
lotto

pz
12000
anno lotti
N LB = =12
pz anno
1000
lotto

pz
18000
anno lotti
N LC = =12
pz anno
1500
lotto

[( ) ]
pz min
15000 ∗10
anno pz ore lotti
+3 ∗15 ∗1
(
60∗ 1−0 , 05 ) setup anno
N LM 1 = +¿
0 , 95

[( ) ]
pz min
12000 ∗8
anno pz ore lotti
+ +3 ∗12 ∗1
60∗( 1−0 , 05 ) setup anno
ore
=4629
0 , 95 anno

[( ) ]
pz min
15000 ∗15
anno pz ore lotti
+2 ∗15 ∗1
60∗( 1−0 , 01 ) setup anno
N LM 2 = +¿
0 , 95

[( ) ]
pz min
12000 ∗7
anno pz ore lotti
+ +2 ∗12 ∗1
60∗( 1−0 , 01 ) setup anno
+¿
0 , 95
[( ) ]
pz min
18000 ∗10
anno pz ore lotti
+ +2 ∗12 ∗1
60∗( 1−0 , 01 ) setup anno
ore
=8748
0 , 95 anno

[( ) ]
pz min
15000 ∗25
anno pz ore lotti
+2 ∗15 ∗1
60∗( 1−0 , 05 ) setup anno
N LM 3 = +¿
0 , 95

[( ) ]
pz min
12000 ∗20
anno pz ore lotti
+ +2 ∗12 ∗1
60∗(1−0 , 05 ) setup anno
+¿
0 , 95

[( ) ]
pz min
18000 ∗15
anno pz ore lotti
+ +2 ∗12 ∗1
60∗(1−0 , 05 ) setup anno
ore
=16426
0 , 95 anno

ore turni giorni ore


AH =8 ∗2 ∗220 ∗SE=2992
giorno giorno anno anno

ore
4629
anno
N M M 1= =1 ,54=2 M 1
ore
2992
anno

ore
8748
anno
N M M 2= =2 ,92=3 M 2
ore
2992
anno
ore
16426
anno
N M M 3= =5 , 48=6 M 3
ore
2992
anno

Quindi, per rispondere al primo quesito, il numero di macchine installate


attualmente nel job shop non è sufficiente o coerente per rispondere alla
domanda target. Infatti, il reparto M2 è attualmente sottodimensionato
mentre il reparto M3 è sovradimensionato.
2. Il reparto M2 richiede un incremento del numero di macchine. In particolare,
è necessario un nuovo macchinario.

3. Il reparto M3 ha sovraccapacità. In particolare, è presente un macchinario in


eccesso.

4. Il numero minimo di macchine per rispettare la domanda target è di 2 nel


reparto M1, 3 nel reparto M2 e infine 6 nel reparto M3.
DOMANDA 4

Descrivere come funziona una macchina a controllo numerico (CN), illustrando il


funzionamento di macchina nella lavorazione, e chiarendo la funzione svolta dai
magazzini a bordo macchina, sia per utensili sia per pezzi.
DOMANDA 5

1.
Plant 1 2 3 4
1 Reparto3 Reparto3 Reparto4
2 Reparto3 Reparto3 Reparto4 Reparto4
3 Reparto1 Reparto1 Reparto4 Reparto4
4 Reparto1 Reparto1 Reparto2 Reparto4
5 Reparto2 Reparto2 Reparto2 Reparto2

IP=270

2.
( 1∗2 ) + ( 2∗2 ) +0+0
Bx ( 1 ) = =1, 5
4
( 1∗1 ) + ( 2∗1 ) + ( 3∗2 )+(4∗1)
Bx ( 2 ) = =2 , 6
5

( 1∗2 )+ ( 2∗2 ) +0+ 0


Bx ( 3 ) = =1 ,5
4

0+0+ (3∗3 )+(4∗3)


Bx ( 4 )= =3 , 5
6
0+0+(3∗2)+( 4∗2)
B y (1 )= =3 ,5
4

0+0+0+ ( 4∗1 ) + ( 5∗4 )


B y ( 2 )= =4 ,8
5

( 1∗2 ) + ( 2∗2 ) +0+0+ 0


B y ( 3 )= =1 ,5
4

( 1∗1 ) + ( 2∗2 )+ ( 3∗2 )+ ( 4∗1 ) +0


B y ( 4 )= =2 , 5
6

Bx By Manhattan

Reparto d ij Reparto1 Reparto2 Reparto3 Reparto4


1,5 3,5
1
Reparto1 0 2,4 2 3
Reparto
2,6 4,8
2 Reparto2 2,4 0 4,4 3,2
Reparto
1,5 1,5 Reparto3 2 4,4 0 3
3
Reparto Reparto4 3 3,2 3 0
3,5 2,5
4

L LASS ( start )=2591 , 4

Scambiando i baricentri di Reparto1 con quelli di Reparto3:


Manhattan
Bx By
d ij Reparto1 Reparto2 Reparto3 Reparto4
Reparto
1,5 1,5 Reparto1 0 4,4 2 3
1
Reparto 2,6 4,8 Reparto2 4,4 0 2,4 3,2
Reparto3 2 2,4 0 3
Reparto4 3 3,2 3 0
2
Reparto
1,5 3,5
3
Reparto
3,5 2,5
4

L LREL=2535 , 4
Scambiando i baricentri di Reparto1 con quelli di Reparto2:

Bx By Manhattan

Reparto d ij Reparto1 Reparto2 Reparto3 Reparto4


2,6 4,8
1
Reparto1 0 2,4 4,4 3,2
Reparto
1,5 3,5
2 Reparto2 2,4 0 2 3
Reparto
1,5 1,5 Reparto3 4,4 2 0 3
3
Reparto Reparto4 3,2 3 3 0
3,5 2,5
4

L LREL=2581 , 8

Limitandosi a questi due scambi, il migliore risulta essere quello tra il Reparto1 e il
Reparto3. Si procede dunque con la riallocazione dei reparti:

Plant 1 2 3 4
1 Reparto1 Reparto1 Reparto4
2 Reparto1 Reparto1 Reparto4 Reparto4
3 Reparto3 Reparto3 Reparto4 Reparto4
4 Reparto3 Reparto3 Reparto2 Reparto4
5 Reparto2 Reparto2 Reparto2 Reparto2

( 1∗2 ) + ( 2∗2 ) +0+0


Bx ( 1 ) = =1, 5
4

( 1∗1 ) + ( 2∗1 ) + ( 3∗2 )+(4∗1)


Bx ( 2 ) = =2 , 6
5
( 1∗2 )+ ( 2∗2 ) +0+ 0
Bx ( 3 ) = =1 ,5
4

0+0+ (3∗3 )+(4∗3)


Bx ( 4 ) = =3 , 5
6
0+0+(3∗2)+( 4∗2)
B y (1 )= =1 ,5
4

0+0+0+ ( 4∗1 ) + ( 5∗4 )


B y ( 2 )= =4 ,8
5

( 1∗2 ) + ( 2∗2 ) +0+0+ 0


B y ( 3 )= =3 , 5
4

( 1∗1 ) + ( 2∗2 )+ ( 3∗2 )+ ( 4∗1 ) +0


B y ( 4 )= =2 , 5
6

Bx By Manhattan

Reparto d ij Reparto1 Reparto2 Reparto3 Reparto4


1,5 1,5
1
Reparto1 0 4,4 2 3
Reparto
2,6 4,8
2 Reparto2 4,4 0 2,4 3,2
Reparto
1,5 3,5 Reparto3 2 2,4 0 3
3
Reparto Reparto4 3 3,2 3 0
3,5 2,5
4

L LASS ( min )=2535 , 4


DOMANDA 6

113 minuti min


¿= =20 , 75
8 ordini ordine

166 min
ROU T MEDIO = =2, 76 h
min
60
h

ROU T MEDIO 2 , 76 h
U T MEDIA = = =92 %
ROU T MAX 3h
PERDIT A MEDIA =1−U T MEDIA =1−0 , 92=8 %

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