Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
DEGLI IMPIANTI INDUSTRIALI
LA GESTIONE DELLE SCORTE
(a cura di F. Costantino, G. Di Gravio, M.Tronci)
Sommario
1 Le tipologie di scorte ....................................................................................................................................... 2
1.1 Le scorte e i tempi di processo .......................................................................................................... 3
1.2 Le scorte e gli eventi incerti ............................................................................................................... 3
1.3 Le scorte e le prestazioni ................................................................................................................... 3
1.4 Le scorte e i costi ............................................................................................................................... 3
1.5 Le scorte e la qualità .......................................................................................................................... 4
2 La classificazione e la funzione delle scorte ...................................................................................................... 4
3 I costi di gestione delle scorte .......................................................................................................................... 6
4 La gestione deterministica delle scorte ............................................................................................................ 8
4.1 Il lotto economico di ordinazione (EOQ) ........................................................................................... 9
4.2 Sconto quantità ............................................................................................................................... 12
4.3 II lotto economico con backorder ................................................................................................... 13
5 La gestione delle scorte in regime di incertezza .............................................................................................. 15
6 La gestione delle scorte dei materiali a domanda indipendente ..................................................................... 18
6.1 Controllo continuo ROL ................................................................................................................... 21
6.1.1 ROL (s,Q) .................................................................................................................................. 22
6.1.2 ROL (s,S) ................................................................................................................................... 22
6.2 Controllo periodico ROC .................................................................................................................. 23
6.2.1 ROC (R,s,Q) .............................................................................................................................. 25
6.2.2 ROC (R,S) .................................................................................................................................. 26
6.2.3 ROC (R,s,S) ............................................................................................................................... 27
7 La gestione delle scorte dei materiali a domanda dipendente ........................................................................ 28
7.1 Dinamiche del MRP ......................................................................................................................... 28
7.2 Cenni sul Lot sizing........................................................................................................................... 30
8 BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................................................ 37
1
1 Le tipologie di scorte
Per scorta si definisce una determinata quantità di un prodotto accumulata in un’area dedicata di un sistema
produttivo per essere utilizzata da un cliente in un secondo momento. Il cliente può essere interno (ad es. un
reparto di produzione o un’altra area aziendale) oppure esterno (ad es. un’azienda del tutto autonoma e
indipendente o il consumatore finale).
A prescindere dal tipo di bene immagazzinato o dal posizionamento della scorta lungo il processo produttivo,
l’esistenza di una giacenza è legata a differenze tra le quantità o le frequenze di approvvigionamento e di
manifestazione della domanda. Comunemente il problema viene rappresentato attraverso l’analogia con un
serbatoio di acqua (Figura 1): se la portata del flusso in ingresso non è allineata a quella in uscita è necessario
inserire un serbatoio che possa riempirsi (quando la fornitura supera la domanda) e svuotarsi (quando la
fornitura è inferiore alla domanda) dando continuità alle richieste in uscita. Qualsiasi intervento che tenda a
sincronizzare i tassi di domanda e approvvigionamento permette la stabilizzazione e la riduzione dei livelli di
scorte (si pensi ad esempio alle logiche del Just In Time).
Figura 1 ‐ Le scorte e l’allineamento tra fornitura e domanda
Con riferimento allo schema presentato e ai diversi stadi di lavorazione di un sistema produttivo, possono
essere identificate tre tipologie di scorte:
Materie prime o componenti: le materie prime ed i componenti sono tutti quei materiali o
semilavorati che non hanno ancora subito alcun tipo di lavorazione all’interno dell’organizzazione e
che sono alla base della fabbricazione e produzione di altri beni attraverso opportuni processi
industriali.
WIP (Work in Process, materiale in lavorazione): sono definiti WIP tutti quei prodotti che hanno
subito una o più lavorazioni a valore aggiunto ma che necessitano di ulteriori trasformazioni per
essere commercializzati. All’interno di un processo produttivo viene classificato come WIP tutto il
materiale presente nei reparti, sia esso in attesa di essere lavorato, all’interno della fase di
trasformazione o in attesa di essere trasferito al processo successivo.
Prodotti finiti: si definisce prodotto finito un articolo che è giunto al termine del processo di
lavorazione, non necessita di ulteriori operazioni ed è pronto per essere trasferito al cliente.
2
A livello strategico, le scorte consentono di supportare l’organizzazione nel raggiungimento di diversi obiettivi
(ad es. la riduzione dei tempi di consegna al cliente, il mantenimento e la conservazione della qualità dei
prodotti, limitare la dipendenza da eventi incerti, aumentare la flessibilità) compensando i costi ed i rischi
associati al loro mantenimento.
1.1 Le scorte e i tempi di processo
L’immediata disponibilità di materiali, componenti o prodotti finiti è essenziale per rispondere alle richieste
del cliente, sia in termini di quantità minime da garantire su brevi orizzonti temporali, sia per fronteggiare
situazioni di emergenza, richieste personalizzate, differenti esigenze di priorità. La disponibilità di scorte
permette quindi di semplificare i processi di pianificazione e programmazione della produzione, riducendo e
rendendo stabili i tempi di processo e approvvigionamento rispetto alla naturale variabilità della domanda.
Di fatto, alcune organizzazioni generano vantaggio competitivo esclusivamente attraverso rapidità di risposta
ed elevati livelli di disponibilità, come in tutto il settore della grande distribuzione dove offrire al consumatore
la certezza di trovare sempre un’ampia gamma di prodotti permette una forte fidelizzazione.
1.2 Le scorte e gli eventi incerti
Generalmente in azienda sono presenti magazzini necessari per garantire il funzionamento dei processi,
come ad esempio parti di ricambio disponibili per la manutenzione o per intervenire sulle più comuni cause
di guasto, riducendo i tempi di inattività. Scorte di questo tipo possono anche essere considerate delle
“assicurazioni” contro problemi imprevedibili, come anche nei casi di ritardo nelle forniture di materie prime
in ingresso o anticipo nelle consegne del prodotto finito al cliente. In questa maniera ci si tutela da tutta una
serie di eventi incerti che possono influenzare l’andamento e il ritmo di produzione degli impianti, alcuni dei
quali sono poco frequenti ma con impatto gravoso (ad es. scioperi o particolari condizioni atmosferiche che
possono interrompere l’attività).
1.3 Le scorte e le prestazioni
Attraverso l’opportuno dimensionamento dei magazzini è possibile garantire maggiori livelli di elasticità e
flessibilità, sia sulle tipologie di beni realizzati che sulle quantità prodotte. In questa maniera, ad esempio,
organizzazioni operative su mercati fortemente stagionali riescono a soddisfare la domanda senza dover
dimensionare in maniera eccessiva la capacità produttiva. Anche la flessibilità sulle tipologie di prodotti
offerti è facilitata dalla creazione di magazzini dedicati a scorte di materiali e componenti modulari,
assemblabili in maniera differente a seconda delle specifiche richieste del cliente. In questo caso, maggiore
è la gamma di prodotti offerta al mercato, maggiore è la difficoltà di allineare gli approvvigionamenti ai livelli
di domanda.
1.4 Le scorte e i costi
La riduzione dei costi rappresenta la principale motivazione a supporto della creazione di un magazzino. Ad
esempio, un’organizzazione può scegliere di acquistare grandi quantitativi di materie prime così da accedere
a prezzi unitari più bassi, scegliendo di immagazzinarli per un tempo maggiore di quanto strettamente
necessario per la produzione. Alcune volte le quantità approvvigionate seguono criteri di convenienza in base
3
a parametri quali il riempimento dei mezzi di trasporto, la riduzione dei costi amministrativi di ordine, il minor
numero di movimentazioni possibile qualora esse siano problematiche. Questo tipo di beneficio è
interessante anche per quelle aziende caratterizzate da significativi tempi e costi di set‐up degli impianti,
situazione che spinge verso l’aumento delle quantità in produzione, spesso non allineate alla domanda:
l’immagazzinamento di prodotti non richiesti, con successiva vendita differita nel tempo, permette
comunque di sfruttare economie di scala attraverso la realizzazione di un maggior numero di pezzi per lotto.
1.5 Le scorte e la qualità
L’immagazzinamento può giocare un importante ruolo per l’incremento della qualità di alcuni prodotti. Si
pensi ad alcuni beni come vino, whisky, cognac all’interno di botti capaci di trasferire sapori differenti ai
prodotti, o anche merci per le costruzioni (materiali per rivestire i pavimenti o le opere murarie) che
ottengono specifiche caratteristiche di durezza e resistenza grazie ad una fase di stoccaggio precedente al
loro utilizzo. Tipologie di prodotti come quelle appena presentate richiedono il controllo di parametri di
magazzino: ad esempio il legname tagliato non è utilizzabile fin quando non è stato essiccato e tale processo
è molto delicato per la riuscita successiva del materiale; talvolta si utilizzano dei forni essiccanti per
velocizzare la produzione del materiale, che tuttavia viene così ritenuto di qualità inferiore rispetto a quello
essiccato all’aria aperta. Sebbene questi tipi di prodotti possano essere assimilati a WIP la specificità dei
processi che si realizzano determina di fatto l’identificazione dell’attività di immagazzinamento come una
vera e propria fase di produzione: il termine scorte, in questo caso, risulta di fatto inappropriato. D’altro
canto, una motivazione per creare un magazzino di materiale può risiedere nell’opportunità di accumulare
prodotti con elevati standard qualitativi che successivamente potrebbero non essere più acquistabili. Questa
strategia è tipica delle aziende che trattano materie prime sui livelli a monte delle filiere produttive, come
beni alimentari, minerali o metalli, ad uno stadio dove la differente qualità del prodotto finito è molto
dipendente dalle materie in ingresso. Sempre legate al tema della qualità è bene ricordare come la sola
disponibilità di magazzini in ingresso dove porre in attesa materiali da controllare, in termini di specifiche
richieste al fornitore, influenza notevolmente la qualità dei successivi processi.
2 La classificazione e la funzione delle scorte
I problemi che un’organizzazione si trova ad affrontare riguardano una pluralità ampia di argomenti che
vanno dalla carenza di capacità produttiva, a livelli qualitativi insufficienti, a programmazioni inefficaci per
ottenere gli obiettivi di efficienza pianificati. Le scorte costituiscono la soluzione più immediata per evitare
che la produzione venga colpita da tali problemi (Figura 2), poiché tramite esse si riesce a non subire gli effetti
degli imprevisti che l’azienda deve attraversare. Ad esempio, in occasione di un guasto, magazzini a monte e
a valle della macchina ferma permettono alle risorse antecedenti e successive di continuare a lavorare. Infatti
non esiste né un tappo alla produzione delle macchine a monte, che semplicemente inseriscono i beni in
magazzino, né problemi di alimentazione per le macchine a valle, che prelevano il materiale da una scorta.
Parimenti, un’errata pianificazione che sottostima la domanda non è problematica se si mantengono prodotti
finiti in magazzino che compensino la differenza tra lo stimato e il reale. Come detto, aumentare le scorte è
estremamente utile all’organizzazione per non subire gli effetti di errori e incertezze. Tuttavia, i costi associati
al mantenimento delle scorte risultano essere troppo spesso elevati per scegliere di adottare questo
approccio, rendendo necessario affrontare direttamente ogni causa di inefficienza, con interventi differenti
dalla creazione di giacenze.
4
Figura 2 – Le scorte come risposta ai problemi della produzione
In prima istanza, è possibile quindi effettuare una classificazione delle scorte, di tipo funzionale, che le
raggruppi a seconda del ruolo che assumono all’interno dell’azienda:
Ciclo e stagionali: le scorte di ciclo nascono dalla necessità di avere a disposizione un prodotto nel
momento in cui non è possibile o conveniente produrlo o ordinarlo. Per fronteggiare la domanda, o
le necessità produttive, si accumulano delle scorte (fisicamente presenti in magazzino) che devono
essere in grado di sopperire al fabbisogno per il determinato periodo di tempo necessario a produrre
o ricevere il prodotto in questione. In alcune tipologie di prodotto con domanda fortemente
stagionale, tali scorte hanno lo scopo di soddisfare i picchi di richieste che si presenteranno in alcuni
periodi, coprendo il divario tra l’andamento della produzione e della domanda stessa. Le scorte
stagionali vengono quindi accumulate quando si ritiene conveniente produrre in maniera uniforme
durante l'anno e sostenere costi di immagazzinamento piuttosto che sovra‐dimensionare la capacità
produttiva. Di fatto, le scorte di ciclo si generano tutte le volte in cui si ritiene necessario allineare la
previsione della domanda di mercato con un opportuno programma di produzione, in funzione di un
corretto ed efficiente utilizzo delle risorse a disposizione.
Pipeline: definite anche scorte in transito, sono legate ai tempi non nulli di processo, ovvero si
generano a causa del tempo necessario al trasferimento dei materiali/prodotti lungo la catena di
produzione e distribuzione. Come indica il termine stesso, le scorte di pipeline risiedono lungo la
catena logistica (deposito prodotti finiti, mezzo di trasporto, magazzino di scambio intermedio) tra
un’azienda fornitore e il relativo cliente, cui non è ancora stata consegnata fisicamente la merce. Si
tratta quindi di una scorta virtuale rappresentata da materiale che si trova in uno stato intermedio
tra l’emissione di un ordine di approvvigionamento e la consegna al punto di utilizzo. A differenza
delle scorte di ciclo, le pipeline sono quindi un tipo di scorta che può essere o meno fisicamente
presente in magazzino (ad esempio prodotti finiti da consegnare al cliente o materie prime in arrivo)
e si può definire tale dal momento in cui, a seguito della ricezione di un ordine di
approvvigionamento, la merce richiesta è assegnata dal fornitore ad un cliente (quindi non più
disponibile per altri), fino al momento in cui tale merce risulta fisicamente disponibile per il cliente
stesso.
5
Sicurezza: sono indotte dalla necessità di fronteggiare l'incertezza della domanda e i ritardi sui tempi
di approvvigionamento. Il loro ruolo è quello di sopperire alle richieste di un determinato prodotto
nel momento in cui si presenti una domanda superiore a quella attesa, garantendo in questo modo
il rispetto dei livelli di servizio obiettivo.
Disaccoppiamento: all’interno del processo produttivo possono essere impiegate scorte in alcuni
punti chiave, al fine di rendere le operazioni a monte e a valle indipendenti fra loro (in termini di
inattività). Le scorte di disaccoppiamento permettono quindi di avere scheduling indipendenti per
intervalli di tempo definiti e consentono ai vari processi di mantenere velocità di produzione diverse
affinché ogni nodo del sistema produttivo o logistico possa operare in totale autonomia. Alle scorte
di disaccoppiamento si riconducono principalmente obiettivi di bilanciamento e continuità di
processo, trasferendo alle oscillazioni delle giacenze interoperazionali i ritmi non coordinati di
produzione delle differenti macchine e stazioni operative.
Speculative o strategiche: sono scorte generate dalla convenienza ad acquistare beni per sfruttare
contingenti fenomeni di mercato di riduzione dei prezzi o in previsione di aumenti nel breve o medio
periodo, in particolare per le materie prime, per prodotti con licenza, in regime di razionamento o
comunque critici per l'azienda in quanto provenienti da mercati poco affidabili o in regime di
monopolio (es. petroliferi).
Inoltre, in ogni magazzino è presente una quota parte di scorta di base, definita melma (composta da slow‐
moving, materiali obsoleti o fuori controllo) generata da prodotti non più utilizzabili perché rimpiazzati da
versioni più aggiornate, componenti acquistate per prototipi o sperimentazioni che difficilmente andranno
in produzione, coefficienti di sicurezza introdotti in cascata dai processi di previsione, varianti di progetto
non correttamente gestite, materiali di proprietà del cliente con o senza informazioni relative all’eventuale
smaltimento, materiali riclassificati o scarti di produzione da rilavorare. Questi prodotti rappresentano un
grosso peso per l’azienda, che si trova a doverne subire gli oneri di immagazzinamento, con le relative spese,
senza possibilità di trarne profitto nell’immediato. Solitamente, le uniche modalità di utilizzo della melma di
magazzino riguardano la riconversione, ovvero la rilavorazione al fine di ottenere prodotti commercializzabili,
la vendita a stock a prezzo di costo o lo smaltimento come rifiuti.
3 I costi di gestione delle scorte
Sebbene le scorte giochino un ruolo importante nel miglioramento delle prestazioni di processo, queste
generano una serie di costi per cui è opportuno bilanciare nel tempo le quantità accumulate ed i relativi
ordini di approvvigionamento. L’importanza di tali costi può essere riassunta in tre punti principali:
i costi legati ai magazzini sono generalmente una componente significativa dei costi logistici;
i livelli di magazzino di materie prime, semilavorati e prodotti finiti sono strettamente connessi al
livello di servizio che si vuole garantire al cliente;
la maggior parte delle decisioni in merito alla configurazione delle reti logistiche dipende in primo
luogo dai costi di magazzino.
I costi di gestione delle scorte sono il risultato della combinazione dei costi di immagazzinamento e dei costi
di lancio degli ordini di approvvigionamento. La prima componente racchiude in sé tutti i costi che si
sostengono per l’effettivo mantenimento di determinati livelli di scorte, la seconda considera tutti i costi che
6
si vengono a generare nel momento in cui si decide di effettuare una variazione del livello di magazzino
(Figura 3).
Figura 3 ‐ Struttura di costi di gestione delle scorte
Per quanto concerne il costo di lancio di un ordine, questo è sostenuto nel momento in cui si decide di
riordinare una certa quantità di prodotto e include due dimensioni principali:
Costo amministrativo (di gestione degli ordini): è legato all’effettiva preparazione dell’ordine e dei
documenti di accompagnamento, oltre che ai successivi costi di controllo e verifica degli
approvvigionamenti; in particolare riguarda le attività e le risorse addette alla creazione, emissione
e sollecito dell’ordine, abbinamento dei portafogli ordini con i documenti di carico per contabilità e
amministrazione. Si aggiungono inoltre i costi necessari per mantenere i contatti tra azienda e
fornitori e, nel caso di ordine spot o di nuovo fornitore, bisogna inoltre includere tutti i costi connessi
con la ricerca, la valutazione, la selezione e la negoziazione con la controparte. In generale può essere
considerato fisso e slegato dalla quantità da ordinare.
Costo di trasporto: comprende l’insieme dei costi di trasferimento, di ricezione e di movimentazione
interna all’impianto (controllo, smistamento e immagazzinamento); dipende direttamente dalla
quantità da ordinare (aumentando a gradino in termini di mezzi impegnati nel trasferimento e di
risorse dedicate ai processi di carico/scarico) e, proporzionalmente, dalla lunghezza delle tratte da
percorrere.
Il costo di lancio è quindi legato al totale della quantità di prodotto ordinata e può essere ripartito su
opportuni volumi per generare economie di scala (ad es. riempimento dei vettori di trasporto).
I costi di immagazzinamento (o costi di giacenza) possono invece essere suddivisi in quattro componenti
principali: costo del capitale, costo di mantenimento, costo amministrativo e costo di obsolescenza.
Costo del capitale: la principale voce di costo risiede nel fatto che i magazzini costituiscono a tutti gli
effetti degli asset, a cui corrispondono degli immobilizzi di risorse economiche non più disponibili per
altre attività, potenzialmente più redditizie (ad esempio ridurre i debiti o intraprendere investimenti).
Considerato il costo di acquisizione delle materie prime e il costo di produzione di semilavorati e
prodotti finiti, il valore complessivo immobilizzato non può essere utilizzato o investito per altri scopi:
maggiore è il capitale in scorte, maggiore sarà il costo opportunità (interessi passivi) che si viene a
7
creare. Sinteticamente quanto appena affermato è riassumibile nella seguente domanda: “Quale
potrebbe essere il potenziale rendimento del capitale immobilizzato in scorte se utilizzato per altri
progetti?”.
Costo di mantenimento: è legato allo stoccaggio fisico del bene ed include il costo d’affitto o le quote
di ammortamento del magazzino, i costi dei servizi (illuminazione, riscaldamento, elettricità, ecc.) e
i costi di movimentazione. In molti casi, specialmente per prodotti che richiedono ambienti
controllati (ad es. temperature basse o sistemi di sicurezza e protezione da potenziali incidenti), il
costo di immagazzinamento risulta particolarmente significativo. Inoltre, l’impatto aumenta nel
momento in cui gli spazi sono occupati in maniera non adeguata o eccessiva rispetto al volume del
prodotto (ad esempio per problemi di packaging o di isolamento).
Costo amministrativo (di gestione del magazzino): un’altra componente dei costi di magazzino è
legata agli oneri assicurativi e fiscali. A seconda del tipo di prodotto, si possono rendere necessari
costi assicurativi per proteggere materiali ad elevato valore da eventuali danneggiamenti o furti. Per
quanto concerne l’aspetto fiscale, le giacenze di magazzino sono inserite a tutti gli effetti nel bilancio
d’esercizio come voce di ricavo del conto economico e come attività, pertanto sono soggette alla
tassazione prevista dal sistema contributivo locale.
Costo di obsolescenza: il valore dei beni in magazzino può ridursi nel tempo. A tale proposito è
compito dell’azienda stabilire il livello adeguato di scorte che permetta di soddisfare il cliente ma che
al contempo non induca una perdita di valore. I costi di obsolescenza si vengono a sostenere nel
momento in cui le scorte immagazzinate non sono più utilizzabili a causa del loro deterioramento (ad
es. i prodotti a scadenza del settore alimentare o farmaceutico) o a causa della loro ridotta capacità
di rispondere alle specifiche del cliente (ad es. per evoluzioni della tecnologia o per fenomeni di moda
come nel settore dell’abbigliamento).
Un'ulteriore voce di costo riconducibile alla gestione delle scorte è il costo di mancanza (o costo di stock‐out)
che si manifesta solamente quando un prodotto non è disponibile in magazzino al momento della richiesta
da parte di un cliente. Se il cliente è interno si può generare un ritardo nei processi di produzione, mentre,
se il cliente è esterno si può incorrere nella perdita del cliente stesso, con relativi problemi di fidelizzazione,
oltre che incorrere in eventuali penali.
4 La gestione deterministica delle scorte
Una semplice modellazione del meccanismo di accumulo e consumo delle scorte si può avere considerando
il caso di un magazzino di materie prime dove periodicamente venga accumulato materiale a seguito di
regolari approvvigionamenti da un fornitore, da cui attinga un processo produttivo con consumo a tasso
costante. In tale contesto è facile evidenziare come il diagramma che illustra l’evoluzione nel tempo delle
quantità in giacenza segua l’andamento di Figura 4, definito a dente di sega. Alla stessa maniera, un
magazzino prodotti finiti alimentato continuamente, la cui scorta fosse consumata da periodiche spedizioni
ai cliente, mostrerebbe un andamento del livello di giacenze a dente di sega ma con verso opposto.
8
Figura 4 ‐ Andamento a dente di sega
Ritornando all’esempio del magazzino materie prime, si noti che il dente di sega oscilla tra il valore 0 ed il
valore massimo Q, pari alla dimensione del lotto di approvvigionamento. In questa configurazione si ottiene
che il valore della giacenza media di magazzino è esattamente pari a Q/2. L’intervallo di tempo T, periodo di
copertura del lotto, chiaramente vale:
⁄
dove d indica la domanda del sistema produttivo. Al termine del periodo di copertura del lotto si prevede un
nuovo accumulo della scorta, ovvero si presuppone che con un dato anticipo sia stato lanciato un ordine al
fornitore, considerando che il processo di approvvigionamento richiederà un certo tempo. Chiamando D la
domanda totale necessaria nell'intero periodo di pianificazione, si potrà calcolare il numero n di lanci di ordini
di approvvigionamento come segue:
n D/Q
L'esatto andamento a dente di sega rappresenta un caso ideale esemplificativo di una condizione in cui tutte
le variabili si mantengono costantemente aderenti al loro valore medio ovvero non si verifichi alcuno
scostamento da questo, rappresentando il punto di partenza per lo studio della dinamica delle scorte. Nella
realtà, la puntualità del fornitore responsabile del processo di ripristino, così come la regolarità della
domanda di materiali, non sono assolutamente garantite facendo nascere l’esigenza di presentare opportuni
modelli di gestione (di cui si dirà ampiamente più avanti).
4.1 Il lotto economico di ordinazione (EOQ)
Analizzando l’andamento a dente di sega risulta evidente come la dimensione del lotto Q influisca
direttamente sul livello di giacenza media (Figura 5), nonché sul lancio degli ordini di approvvigionamento.
Pertanto la scelta di Q deve bilanciare la spinta ad avere scorte ridotte, ottenibile tramite la riduzione della
dimensione del lotto, contro la necessità di distribuire i costi di lancio su grandi quantità approvvigionate.
9
Figura 5 ‐ Dimensione del lotto e frequenza di approvvigionamento
Attraverso il modello del lotto economico, o modello EOQ (Economic Order Quantity), ci si pone l’obiettivo
di determinare la dimensione del lotto di acquisto tale da minimizzare i costi totali di gestione delle scorte,
costituiti dal costo di lancio dell'ordine e dal costo di immagazzinamento.
I dati e le ipotesi del modello EOQ sono:
D: domanda totale annua del prodotto, nota e costante;
CL: costo di lancio ordine costante e indipendente dalla quantità;
CM: costo unitario di mantenimento a scorta del bene, relativo al periodo di pianificazione, costante e
indipendente dalla quantità;
P: prezzo di acquisto del bene a scorta costante e indipendente dalla quantità;
Lead time di approvvigionamento nullo (consegna immediata della merce).
Le ipotesi su cui si basa il modello sono, in effetti, abbastanza restrittive e lo discostano dalle reali condizioni
operative ma sono necessarie per una sua iniziale formulazione teorica. Rilasciandole gradualmente sarà
comunque possibile avvicinarsi alle differenti situazioni che governano i processi aziendali.
Nella Figura 4, che riproduce l'andamento temporale del livello delle scorte, si è indicato rispettivamente con
Q e con Q/2 la giacenza massima e media. La quantità riordinata Q corrisponde al lotto economico (EOQ) e
deve essere calcolata in funzione dei costi sopra citati.
Per determinare la dimensione ottimale del lotto di acquisto è necessario individuare l'espressione che
rappresenta i costi totali connessi con la creazione e gestione della giacenza e stabilire la quantità Q tale da
minimizzarli. Indicando con CACQ il costo totale d'acquisto, con CTL il costo totale di emissione degli ordini e
con CTM il costo totale di mantenimento a scorta, il costo totale relativo alla giacenza vale:
I singoli termini assumono le seguenti espressioni:
∙
10
II costo d'acquisto è il prodotto tra il prezzo dell'articolo e il fabbisogno annuo (domanda).
∙
II costo totale di emissione degli ordini è pari al costo unitario moltiplicato per il numero di emissioni di ordini
effettuate nel periodo; tale numero è il rapporto tra la domanda annua e la quantità ordinata di volta in volta.
La Figura 6 riproduce l'andamento grafico di questa voce di costo in relazione alla quantità: a parità di
domanda, aumentando la dimensione dell'ordine diminuisce il numero di ordini nel periodo e, di
conseguenza, diminuisce il costo totale di emissione degli ordini.
Figura 6 ‐ Costo di emissione ordine al variare della dimensione del lotto di acquisto
2
Il costo di mantenimento a scorta è pari al prodotto tra il valore della giacenza media e il costo di
mantenimento a scorta. La Figura 7 evidenzia la relazione tra il costo e la dimensione del lotto.
Figura 7 ‐ Costo di immagazzinamento al variare della dimensione del lotto di acquisto
Sostituendo le espressioni si ottiene:
11
∙
2
Derivando la formula del costo totale rispetto a Q, che rappresenta l'incognita da determinare, ed
eguagliando a zero si individua il minimo della curva relativa ai costi totali:
∙
0
2
La dimensione del lotto Q, cui corrisponde il minimo costo di gestione delle scorte, assume pertanto
l'espressione che segue (tralasciando, ovviamente, la soluzione negativa):
2
La Figura 8 mette in relazione gli andamenti delle curve dei costi con la dimensione del lotto economico. La
dimensione suggerita dal modello EOQ deve essere considerata alla stregua di un valore indicativo. Talvolta,
infatti, intervengono condizionamenti esterni tali da richiedere modifiche del lotto di acquisto. Tra questi,
per esempio, la necessità di bilanciare correttamente i carichi di lavoro sulle macchine o di ottimizzare i
trasporti saturando gli automezzi o i container. La curva dei costi totali, in prossimità del valore EOQ, risulta
comunque abbastanza piatta e questa comporta la possibilità, in fase decisionale, di discostarsi dal valore
ottimale senza pregiudicare di molto il risultato ottenuto.
Figura 8 ‐ EOQ e costi connessi
Il numero di ordini annuo NE sarà quindi dato da:
⁄
dove D è la domanda annua e EOQ la dimensione del lotto stabilita.
4.2 Sconto quantità
II modello EOQ prevede che il prezzo d'acquisto P, oltre ad essere noto, sia indipendente dalla quantità
acquistata. Nel caso in cui tale condizione non si verifichi (sconti quantità applicati a partire da un listino
12
comune), il prezzo diviene funzione della dimensione del lotto d'acquisto e ciò comporta da un lato variazioni
sul costo di mantenimento a scorta (per la parte riferita all'immobilizzo di capitale), dall'altro discontinuità
sulla curva dei costi totali. In Figura 9, che evidenzia quest'ultima condizione, è rappresentata una curva di
costo totale in cui sono presenti tre variazioni relative ad altrettanti prezzi d'acquisto. Come si può notare, in
corrispondenza delle quantità a partire dalle quali viene applicato lo sconto (Q1 e Q2), si crea la suddetta
discontinuità della curva. In tale esempio, qualitativo, la dimensione ottimale del lotto d'acquisto si ha in
corrispondenza della quantità Q1: per affrontare questo tipo di condizione si procede applicando il modello
EOQ esattamente come nel caso in cui non vi siano sconti. Si confronta poi il valore del costo totale, così
ottenuto, con quello relativo alle quantità da cui parte lo sconto e si individua la dimensione ottima del lotto
d'acquisto.
Figura 9 ‐ EOQ in presenza di sconti quantità
4.3 II lotto economico con backorder
Una nota variante del modello EOQ è quella in cui si ammette la possibilità di soddisfare in ritardo alcune
richieste. II modello viene quindi modificato per far sì che le richieste, prossime all'evento di arrivo di un
lotto, vengano gestite in backorder ovvero esaudite solo dopo il ripristino della scorta. In pratica si ordina un
quantitativo più ridotto e, se la domanda consuma tutta la scorta, rimane un periodo in cui essa non viene
soddisfatta fin quando non giunge il materiale ordinato. L'obiettivo è ovviamente abbassare il livello di
giacenza media, ottenendo quindi dei risparmi del costo di immagazzinamento che devono essere maggiori
dei costi di mancanza. La gestione del backorder comporta un aumento di complessità gestionale – e quindi
dei costi amministrativi – nonché una insoddisfazione del cliente: anche nei casi in cui non siano presenti
penali, esistono costi intangibili legati alla mancata fidelizzazione del cliente (e al passaparola) che comunque
dovrebbero essere presi in considerazione. La stima economica dei costi di stock‐out è estremamente
delicata e complicata poiché deve tener conto di aspetti come la mancata vendita, la negoziazione con il
cliente, la spinta che esso riceve a rivolgersi verso i concorrenti, i ritardi che si generano nei processi a valle,
le eventuali penali o i contenziosi relativi. Nella Figura 10 è mostrato l'andamento a dente di sega nel caso in
cui in ciascun intervallo T si preveda di esaudire in ritardo il volume di richieste relative alla quantità B di
materiale (backorder). Conseguentemente, il massimo livello di giacenza che verrà raggiunto sarà pari a M =
Q ‐ B, poiché la quantità B verrà istantaneamente decumulata nel momento di arrivo del nuovo lotto.
13
Figura 10 ‐ EOQ con backorder
Per potersi ricondurre ad una formula analoga a quella dell’EOQ classico, è necessario ricalcolare il valore di
giacenza media che può ricavarsi dalla seguente considerazione: nell'ipotesi di consumo costante, all'interno
del periodo T, la frazione del tempo in cui il livello di magazzino è maggiore oppure minore di zero è
rispettivamente (Q‐B)/d oppure B/d. Infatti si può scrivere:
Da ciò, la giacenza media può essere calcolata come:
2
Il costo di mantenimento diventa quindi:
2
Volendo adesso calcolare un costo totale CB relativo al volume di backorder risultante dalla scelta di riduzione
del valore di giacenza media, questa potrà essere espressa moltiplicando il costo unitario CB relativo ad un
singolo evento di backorder per il valore atteso dell'entità complessiva degli stessi backorder. Nel far questo
si rifletta sul fatto che, analogamente a come si calcola la giacenza media, nel periodo in cui il livello di
magazzino è negativo (ovvero nella percentuale B/Q del periodo T), il valore medio del backorder è B/2, da
cui:
2
Utilizzando le formule note per il costo di lancio si ottengono le seguenti espressioni:
∗
2 2
14
∗ 0
2 2
, ⇒
∗ 0
2 2
Da questa otteniamo:
0
2 2 2
0
Da cui infine:
2
che rappresenta la dimensione del lotto economico di approvvigionamento nel caso in cui si ammettano
backorder, imputando il costo CB per ciascuna unità di materiale richiesta e consegnata in ritardo. Si può
osservare che al crescere di CB la dimensione del lotto tende ad EOQ, visto che in questo ultimo modello, non
essendo ammesso backorder, il relativo costo unitario sarebbe appunto infinito.
5 La gestione delle scorte in regime di incertezza
Tutti le organizzazioni si trovano a dover fronteggiare l’incertezza legata a più fattori e più cause di
imprevedibilità. Ad esempio, dal lato cliente esiste incertezza sulla domanda, relativamente a quando essa si
manifesta e per quali quantità: questo problema viene affrontato con tecniche di previsione che definiscono
valori in funzione dei margini legati al livello di accuratezza delle stime effettuate. Alla stessa maniera, i
processi di approvvigionamento non possono essere governati in maniera deterministica poiché esistono
fonti di variabilità relative alla quantità, alla qualità e ai tempi di consegna: le incertezze sono generate dalle
inefficienze di trasporto e dal livello di affidabilità del fornitore in termini di caratteristiche dei prodotti e
capacità di programmazione. Anche dal punto di vista interno la produzione è interessata a fenomeni difficili
da prevedere in maniera deterministica o tenere sotto controllo come i guasti dei macchinari, la mancanza
di personale, errori di programmazione o bilanciamento, ecc.
Per rispondere a tali incertezze le organizzazioni cercano strategie atte a ridurre le aleatorietà, ad esempio
attraverso strumenti di integrazione delle informazioni, realizzazione di partnership o soluzioni hardware per
la gestione dei flussi di materiali. Tali interventi non riescono però ad abbattere completamente le variabilità
naturale dei processi, per cui diventa necessario accumulare scorte dedicate per far fronte a tali fenomeni.
Come già sottolineato, il diagramma a dente di sega rappresenta un andamento teorico del livello di giacenza.
Nella Figura 11 è riportata un'evoluzione di magazzino più realistica; si può notare come il decumulo non sia
costante e come l'accumulo non venga effettuato regolarmente. Nella figura, l'andamento teorico delle
giacenze è incrementato di un quantitativo SS (scorta di sicurezza) che consente di soddisfare la domanda
nel periodo successivo al primo approvvigionamento. Nonostante la presenza di questa ulteriore scorta non
si è però riusciti ad evitare di andare in stock‐out. Prima di procedere con una trattazione focalizzata sul
dimensionamento della scorta di sicurezza si noti come nella Figura 11 si sia mantenuta la linea tratteggiata
della giacenza media della scorta ciclo, indicata con G, in corrispondenza della metà del lotto di accumulo.
Questo punto, apparentemente scontato, e in verità particolarmente importante. La scorta di sicurezza viene
15
mantenuta per cautelarsi contro eventi imprevedibili, ovvero appartenenti alla natura aleatoria dei fenomeni
naturali e l'aleatorietà viene tenuta in conto attraverso misure della loro varianza (ad esempio dei valori della
domanda o dei tempi di approvvigionamento).
Figura 11 ‐ Andamento realistico del livello di magazzino
Pertanto, se dall'analisi dei dati storici si osserva che durante il periodo in esame si consuma mediamente un
quantitativo D di materiali, e se si decide di effettuare solamente quattro accumuli come mostrato in Figura
11, la giacenza media della scorta ciclo che si dovrà attendere sarà pari a D/8 ovvero pari alla metà del lotto
(D/4). Per calcolare il valore della giacenza media totale di magazzino, a tale valore si dovrà aggiungere
l'entità dell'intera scorta di sicurezza, in virtù del fatto che nel caso medio non si prevede di utilizzare
quest'ultima. Si vuole sottolineare questo aspetto poiché è errore diffuso il dimensionamento della scorta di
ciclo su valori ottimistici e la partecipazione sistematica della scorta di sicurezza al soddisfacimento di
consumi medi.
II dimensionamento della scorta di sicurezza rappresenta quindi un’attività fondamentale per assicurare al
sistema la disponibilità adeguata di scorte nel momento del bisogno. Il parametro chiave per stabilire la
corretta dimensione della scorta di sicurezza è costituito dal livello di servizio (LS). Si prenda come esempio
un'impresa che dispone di un magazzino prodotti finiti da cui si servono molti clienti: si definisce livello di
servizio del sistema la percentuale di ordini evasa correttamente rispetto al totale degli ordini ricevuti
(analogamente, si definisce livello di inadempienza la quantità 1‐LS).
In assenza di scorta di sicurezza, l'impresa riuscirebbe a garantire un livello di servizio del 50%, perché durante
il periodo di copertura del lotto – che si ricorda essere calcolato sulla domanda media – la domanda
realmente registrata potrà essere nel 50% dei casi superiore e nel 50% di casi inferiore alla domanda media;
di conseguenza al termine dei periodi di copertura del lotto ci si troverà nel 50% dei casi in condizione di
sovra‐stock e nel restante 50% in condizione di stock‐out. Un livello di servizio del 50% non è tuttavia quasi
mai accettabile; per questo motivo si prevede quindi di aggiungere la scorta di sicurezza e si pone il problema
di determinarne la dimensione opportuna volendo raggiungere un livello di servizio obiettivo. Una prima e
veloce soluzione può trarsi dall'analisi dei dati storici: disponendo delle registrazioni degli ordini dei clienti è
possibile valutare in quanti casi la domanda (prodotti richiesti) ha assunto valori oltre una certa soglia in un
periodo sufficientemente lungo per garantirne una significatività statistica.
16
Qualora il valore di livello di servizio non venga univocamente individuato da vincoli commerciali o da
particolari esigenze, esso dovrà essere calcolato in base a considerazioni economiche che richiedono la
preliminare valutazione del costo di inadempienza alla domanda. Come detto, quest’ultimo è in genere
difficilmente quantificabile a priori, per cui la determinazione del livello di servizio deve essere ricavata per
successivi tentativi tramite la correlazione esistente con il costo delle giacenze a magazzino, come presentato
in Figura 12. Da un esame di tale correlazione è verificabile se l’onere di immagazzinamento relativo al livello
di servizio auspicato risulta o meno inferiore all’onere massimo tollerabile dall’azienda.
Figura 12 ‐ Livello di servizio e costo di giacenza
Il concetto di gestione delle scorte in regime di incertezza può essere ulteriormente esteso per identificare
una classificazione delle differenti tipologie di materiali al fine di orientare agilmente l’organizzazione verso
le più opportune tecniche di gestione, a seconda che si tratti di materiali a domanda dipendente o a
domanda indipendente. La distinzione tra le due tipologie risiede nel fatto che il fabbisogno di materiali a
domanda dipendente si definisce attraverso analisi deterministiche relative ad un piano generale di
produzione mentre il fabbisogno di materiali a domanda indipendente viene valutato su base probabilistica:
domanda dipendente: parti (ad es. componenti o materie prime) di un prodotto finito la cui
domanda è stata preventivamente stimata e da essa, tramite Master Production Schedule, distinta
base, stato delle giacenze e lead time di produzione e/o approvvigionamento, è possibile identificare
univocamente quantità e tempi di ordinazione. Il grado di affidabilità delle stime effettuate
costituisce l’elemento fondamentale rispetto al quale si decide o no di inserire una scorta di
sicurezza: solo qualora il dato di ingresso per il calcolo delle parti necessarie presenti un significativo
grado di incertezza, la scorta di sicurezza viene calcolata e posta in magazzino.
domanda indipendente: prodotti, materiali ausiliari e di consumo la cui domanda deriva
direttamente dalle richiesta del mercato (trattasi dunque di prodotti finiti) o che sono funzionali ai
processi di produzione ma non associabili in maniera deterministica ai volumi realizzati (come
lubrificanti per i macchinari, ricambi, materiali di consumo o ausiliari, etc.); in questo caso, è possibile
solo una previsione dei consumi, ottenuta attraverso l’analisi dei dati storici. Il dimensionamento
sistematico delle scorte di sicurezza è quindi la naturale risposta alle aleatorietà associate a tali stime.
17
Di seguito si presentano le metodologie di gestione delle scorte caratteristiche delle differenti tipologie di
prodotti e contesti, descrivendo nel dettaglio le procedure di calcolo in relazione a considerazioni di
opportunità, legate alla variabilità della domanda e dei processi di approvvigionamento.
6 La gestione delle scorte dei materiali a domanda indipendente
Nell’ambito della gestione delle scorte a domanda indipendente sono disponibili diverse modalità di
approvvigionamento; per scegliere tra esse, la prima attività da realizzare consiste in un’analisi per valore dei
prodotti in giacenza. Suddetta analisi, anche nota come analisi ABC, si pone come obiettivo quello di
classificare le giacenze presenti in tre macroclassi in base ad un determinato criterio (
Figura 13). I criteri variano a seconda dell’ambito in cui si sta operando: un’analisi strategica del portafoglio
prodotti selezionerà come criterio quello del margine di contribuzione, mentre all’interno della gestione delle
scorte, analizzando direttamente i materiali, saranno applicati criteri come il costo di immagazzinamento o il
costo di mancanza del prodotto.
Giova sottolineare che il valore, dunque il posizionamento in classi dei prodotti, cambia ogni volta che si
sceglie un criterio di classificazione diverso, mentre restano invariate le percentuali che delimitano ogni
singola classe. Si avrà quindi, ad esempio, selezionando come criterio quello del costo di immagazzinamento,
che:
la classe A comprenderà i prodotti con il costo più elevato, fino al raggiungimento di circa l’80% del
costo totale. In questa prima classe si troveranno circa il 20% dei prodotti;
la classe B includerà i prodotti (circa il 30%) che hanno un costo cumulato fino al 95% del totale;
la classe C racchiuderà tutti i prodotti rimanenti (circa il 50%) che hanno il costo minore (5% del
totale dei costi).
Figura 13 ‐ Analisi ABC
L’analisi ABC fornisce quindi un utile strumento per la scelta della tipologia di metodo di gestione delle
giacenze. Tali metodi, che saranno presentati nel dettaglio successivamente, sono identificabili da 3
parametri R, s, x:
18
R indica il periodo di riordino, ovvero la presenza di un intervallo di tempo minimo che intercorre tra
due ordini successivi:
o R=0: gli ordini possono essere emessi in qualsiasi istante di tempo (a frequenza variabile);
o R>0: il riordino avviene solo ad istanti determinati pari a ,2 ,…, (a frequenza
fissa);
s indica la presenza di un livello di scorta significativo (livello di riordino) al di sotto del quale è
necessario emettere un ordine;
x indica la modalità attraverso la quale si determina la dimensione della quantità in ordinazione. I
valori attribuibili e mutualmente esclusivi, sono:
o Q: ordine a quantità fissa invariante nel tempo;
o S: ordine a quantità variabile che ripristina un livello massimo di scorta.
Le diverse combinazioni dei parametri illustrati identificano le diverse metodologie di gestione del magazzino
(Figura 14). In particolare, il parametro R suddivide i sistemi di gestione in due macroclassi: riordino a livello
(Re‐Order Level) ROL e a ciclo (Re‐Order Cycle) ROC. Il fondamentale elemento di distinzione tra i due modelli
di gestione consiste quindi nel fatto che nel ROL l’emissione di un ordine è condizionata solo dal confronto
fra la giacenza disponibile e il livello del riordino, mentre nel ROC è condizionata dal raggiungimento di un
prefissato istante di tempo. All’interno di queste due macroclassi è poi possibile distinguere metodi che si
basano sul riordino di quantità fisse (s,Q) e (R,s,Q) e metodi a quantità variabile (s,S), (R,S) ed (R,s,S).
Figura 14 ‐ Metodi di gestione delle scorte
In merito alla scelta dei parametri, si può notare che considerare R=0 significa adottare un sistema di
controllo continuo della giacenza disponibile; tale operazione risulta essere possibile solo attraverso
l’implementazione di un sistema informativo che fornisca in tempo reale dati sul livello di magazzino. Questa
onerosità di controllo continuo deve quindi essere associata a:
un elevato costo di mancanza, anche in relazione alle politiche aziendali;
una riduzione dei costi di immagazzinamento dovuta alla riduzione dei livelli di scorta.
19
Generalmente, i prodotti classificati di categoria A da un’analisi ABC, sono quelli che hanno le caratteristiche
tali da essere gestiti a livello di riordino (ROL). Ad esempio, in seguito ad un’analisi strategica dei beni,
un’azienda che utilizza macchine utensili per la produzione è indotta sicuramente a scegliere una gestione
ROL per un prodotto come l’olio lubrificante, la cui assenza produrrebbe una sicura interruzione della
produzione. Un ulteriore esempio riguarda i prodotti alimentari freschi che non potendo essere conservati
per lunghi periodi, dovranno essere ordinati obbligatoriamente con una tecnica ROL.
Una gestione a ciclo di riordino (ROC) è sicuramente preferita per prodotti con:
costo di immagazzinamento limitato;
costi di lancio ordine elevato;
incertezza su quantità e tempi di approvvigionamento del fornitore.
Costi di immagazzinamento bassi permettono lo stoccaggio di quantitativi di materiale elevati senza che si
producano effetti economici negativi. Ad esempio, un’impresa edile ordinerà la ghiaia e altro materiale inerte
a scadenze determinate. Per quanto concerne invece gli alti costi di lancio, questi sono direttamente
dipendenti dal posizionamento geografico del fornitore e dalla documentazione necessaria alla spedizione,
generando un numero di ordinazioni tale da consentire di ripartire il costo di lancio su volumi più grandi
possibili. Ad esempio, se il parco fornitori è localizzato in paesi extraeuropei quali Cina ed India, i costi di
lancio risultano essere elevati, quindi è economicamente più vantaggioso effettuare ordinazioni di materiale
ad intervalli prefissati per grandi quantità che rendano minimo il costo di lancio per unità (ad es.
considerando spedizioni a pieno carico).
Inoltre, la scelta della tecnica di riordino può essere fortemente condizionata dalle politiche di gestione
proprie dei fornitori. Questi, molto spesso garantiscono forniture solamente in alcuni intervalli temporali,
imponendo di fatto una gestione del magazzino di tipo ROC. Ad esempio, un fornitore che serve diversi clienti,
per minimizzare i costi di distribuzione, può decidere di servire con frequenza prefissata tutti quelli localizzati
in una determinata zona.
Decidere quale tecnica di gestione utilizzare non è una scelta banale e, in molti casi, un approccio
semplicistico può condurre a valutazioni errate. A tal proposito si riporta come esempio il già citato olio
lubrificante, in particolare con caratteristiche base e bassi costi di immagazzinamento. Tale prodotto può
essere utilizzato nell’industria manifatturiera come materiale di consumo su diversi macchinari. Conducendo
un’analisi ABC e scegliendo come criterio il costo di immagazzinamento, l’olio sarebbe classificato come C,
propendendo per una gestione di tipo ROC. Apparentemente l’analisi condotta risulta essere corretta, ma se
il prodotto andasse in stock‐out anche una sola volta l’intera produzione si interromperebbe. Per questo
motivo, è necessario condurre anche un’analisi sui relativi costi di mancanza del prodotto, risultando in
questo caso fondamentale (classe A), con una conseguente gestione di tipo ROL.
L’esempio riportato fornisce evidenza di come non esista una regola di scelta dei criteri legata solamente alla
natura del prodotto ma è l’interazione tra il prodotto stesso, le tecnologie e i processi di produzione
dell’azienda, le richieste del mercato e le condizioni di fornitura che determinano le differenti modalità di
gestione. Alla luce di quanto appena affermato, un prodotto che potrebbe essere valutato di valore basso
per una certa impresa può essere di fondamentale importanza per un’altra e quindi presentare due gestioni
totalmente diverse.
20
6.1 Controllo continuo ROL
La prima distinzione che viene effettuata tra i metodi è quella relativa all’istante temporale di riordino;
fissando pari a zero il parametro R, si selezionano tutti quei metodi che effettuano il riordino in base al
verificarsi di una sola condizione (Re‐Order Level – ROL). L’evento che genera il lancio di un ordine è connesso
al livello di scorta disponibile: quando le scorte a disposizione sono inferiori ad un certo livello, si emette un
ordine.
Il livello di giacenza effettivamente disponibile (GD) è pari alla giacenza fisica (GF) più la quantità ordinata in
arrivo (QA) meno la quota di giacenza fisica già impegnata per altre commesse (IM).
Al fine di rendere questo metodo applicabile, è quindi necessario conoscere in tempo reale l’esatta giacenza
presente nel magazzino e fissare un livello di riordino (s) tale che sia ridotta al minimo la possibilità di andare
in stock‐out:
∗
dove d è il valor medio della domanda che deve essere soddisfatta, TP il tempo di approvvigionamento ed
SS la scorta di sicurezza. Il livello cosi definito riporta in termini analitici la condizione che le scorte
corrispondenti ad devono essere sufficienti a soddisfare il fabbisogno medio previsto per tutto il tempo di
approvvigionamento più eventuali incrementi della domanda o del tempo di approvvigionamento, generati
da eventi aleatori o richieste impreviste nell’intervallo in esame.
Le scorte di sicurezza sono quindi calcolate utilizzando la formula di Hadley e Whitin:
∗ ∗ ∗
dove σ è la deviazione standard delle variabili di domanda e del tempo di approvvigionamento e k è un
coefficiente che rappresenta il livello di servizio che si vuole garantire:
′
con distribuzione di probabilità della variabile normale ridotta che rappresenta la domanda (come
illustrato in Tabella 1).
LS 0,5 0,788 0,841 0,9 0,945 0,977 0,992 0,999
k 0 0,8 1 1,28 1,6 2 2,4 3
Tabella 1 – Livello di servizio
Il processo complessivo del modello di gestione ROL è presentato in Figura 15, dove sono evidenziate le
differenti entità del lotto di riordino, approfondite nei paragrafi 6.1.1 e 6.1.2.
21
Figura 15 ‐ Controllo continuo ROL: metodo (s,Q) e metodo (s,S)
6.1.1 ROL (s,Q)
Il primo metodo della classe ROL prevede che gli ordini siano lanciati nel momento in cui le giacenze
disponibili siano inferiori alla soglia s (Figura 16). La quantità che si va ad ordinare è una Q fissa che può essere
determinata attraverso il metodo EOQ (vedi paragrafo 4.1) oppure imposta dalle esigenze di produzione o di
fornitura. Operativamente, il magazzino viene continuamente monitorato e solamente nell’istante in cui la
giacenza disponibile è inferiore ad si procede al lancio di un ordine.
Figura 16 ‐ Metodo ROL (s,Q)
6.1.2 ROL (s,S)
Il secondo metodo tende a ripristinare il magazzino verso un livello massimo, a meno delle giacenze
consumate nel tempo di approvvigionamento (Figura 17). Stabilito s come il livello di riordino, il livello
massimo di giacenza S sarà definito in relazione alla massima capacità disponibile del magazzino o attraverso
un’analisi costi/benefici relativa al bilanciamento tra costi di giacenza e i costi di mancanza. Operativamente,
22
nel momento in cui le giacenze disponibili scendono al di sotto della soglia minima s, si emette un ordine che
ha una dimensione pari a S‐GD. Questa semplicità di valutazione genera una variabilità nella quantità degli
ordini che potrebbe comunque scontrarsi con i livelli di elasticità dei fornitori.
Figura 17 ‐ Metodo ROL (s,S)
6.2 Controllo periodico ROC
La tecnica si basa sul concetto di operare controlli periodici sulle giacenze, per verificare a frequenza fissata
il livello di giacenza disponibile ed eventualmente emettere un ordine (Re‐Order Cycle ‐ ROC). L’intervallo di
revisione può essere calcolato in relazione ai costi di lancio ordine e di giacenza, misurati su un intervallo di
tempo esteso (ad esempio annuale). Sotto l’ipotesi che in corrispondenza di ciascun controllo venga emesso
un ordine, si può valutare il numero teorico di controlli annuali eguagliando il costo annuale di lancio con
il costo medio di giacenza annuo:
1
∗ ∗ ∗
2
dove CL è il costo di lancio, DA la domanda annuale prevista e CM il costo unitario di immagazzinamento. In
questo caso risulta:
1 ∗
2
da cui è facile ricavare, considerando un anno composto di 52 settimane, la durata dell’intervallo di revisione
R:
52
Le tecniche di gestione ROC, così come rappresentate nei diagrammi di flusso successivi, evidenziano come,
a fronte di prelievi in magazzino in periodi differenti, il controllo sulla giacenza disponibile è effettuato
esclusivamente negli istanti di revisione R. In caso di necessità si possono quindi definire le quantità di
riordino come presentato nei paragrafi 6.2.1, 6.2.2 e 6.2.3, in funzione delle differenti modalità di calcolo del
lotto di riordino (Figura 18, Figura 19 e Figura 20).
23
Figura 18 ‐ Controllo a ciclo ROC: metodo (R,s,Q)
Figura 19 ‐ Controllo a ciclo ROC: metodo (R,S)
24
Figura 20 ‐ Controllo a ciclo ROC: metodo (R,s,S)
6.2.1 ROC (R,s,Q)
Il principio di funzionamento del ROC classico prevede che venga lanciato un ordine di ripristino, di
dimensione scelta sulla base dei modelli del lotto economico, se e solo se il livello delle giacenze disponibili
è inferiore al livello di riordino nel momento in cui viene effettuato il controllo del magazzino (Figura 21).
Figura 21 ‐ Metodo ROC (R,s,Q)
L’intervallo di revisione è quindi un periodo buio, durante il quale non si conosce l’entità delle giacenze e non
si possono effettuare lanci. Secondo quanto affermato risulta evidente che il livello di riordino della tecnica
ROC debba essere più elevato di quello definito dalla tecnica ROL. Infatti, mentre nel ROL il livello di riordino
è calcolato tenendo in considerazione esclusivamente il tempo di approvvigionamento, nel ROC esso dovrà
25
essere sufficientemente ampio da potere soddisfare il fabbisogno per un periodo di tempo pari al periodo di
revisione R più il tempo di approvvigionamento:
∗
In assenza di monitoraggio continuo, infatti, può accadere che nel momento del controllo la giacenza
disponibile sia di poco superiore al livello di riordino. Nel caso peggiore, il livello di giacenze disponibili
potrebbe scendere sotto il livello di riordino immediatamente dopo il controllo: per evitare di generare stock‐
out è quindi necessario dimensionare s in modo da coprire anche i fabbisogni che si verificano durante l’intero
ciclo di riordino. La mancanza di visibilità sul magazzino conduce quindi a dimensionare anche la scorta di
sicurezza in maniera maggiore rispetto al modello ROL;
∗ ∗
Si nota come la deviazione standard di TP può considerarsi nulla: la regolarità dei controlli e l’ipotesi che ad
ogni controllo possa essere effettuato un ordine permette di norma a fornitori e clienti di programmare in
maniera anticipata i loro fabbisogni, regolarizzando l’intero sistema e riducendo le incertezze.
6.2.2 ROC (R,S)
Una variante diffusa del metodo ROC è quella nota come tecnica di riordino fisso, con livello obiettivo (Figura
22).
Figura 22 ‐ Metodo ROC (R,S)
Le principali differenze con la tecnica classica sono principalmente due:
non esiste un livello di riordino che funge da soglia, ma i riordini vengono lanciati sistematicamente
ogni intervallo R, indipendentemente dal livello di magazzino;
la dimensione del lotto di riordino non è fissa (non segue quindi i modelli di lotto economico) ma
varia a seconda della differenza tra la giacenza disponibile al momento del lancio ordine ed un livello
obiettivo S che può essere definito esattamente pari al livello di riordino s:
∗
26
È evidente come questa tecnica consenta di ridurre la giacenza media rispetto a quella citata in precedenza,
a discapito di un numero di lanci ordine generalmente più elevato. Inoltre, il fatto che la dimensione del lotto
di riordino non sia fissata comporta complicazioni da due punti di vista:
il fornitore deve essere in grado di rifornire il magazzino con un lotto di dimensione variabile, cosa
non sempre possibile per problemi sia di natura contrattuale che tecnica;
non vi è garanzia che si persegua l’obiettivo di minimo costo che è invece conseguito dai modelli di
lotto economico.
Quest’ultimo aspetto può essere però risolto scegliendo opportunamente la durata R. Benché questo sia
legato alle modalità operative dell’azienda, se infatti è certo che verrà effettuato un riordino in ciascun R, è
sufficiente porre:
/
per ottenere che mediamente venga lanciato un riordino di dimensione EOQ, facendo sì che questa tecnica
sia coerente con l‘obiettivo di minimizzare la somma dei costi di lancio e di immagazzinamento.
Per quanto concerne la stima della scorta di sicurezza, il metodo può adottare la stessa formulazione prevista
nel metodo ROC classico. Nei casi in cui la variabilità degli ordini può comportare incertezza sui
comportamenti del fornitore, è invece necessario identificare un valore diverso da zero per la deviazione
standard di TP. In questo caso:
∗ ∗ ∗
6.2.3 ROC (R,s,S)
La tecnica ibrida o a scorta minima e massima combina le caratteristiche del ROC classico e di quello a riordino
fisso. In maniera simile al modello classico, si definisce un livello di riordino s (scorta minima) per valutare se,
al termine del periodo di revisione, si debba effettuare il riordino. La tecnica definisce inoltre un livello
obiettivo S (scorta massima) con cui confrontare il livello di giacenze disponibili per definire l’entità
dell’ordine (Figura 23).
Figura 23 ‐ Metodo ROC (R,s,S)
27
Questo approccio a quantità variabili permette quindi di evitare i riordini sistematici ma eredita le
problematiche caratteristiche della tecnica a riordino fisso. I parametri fondamentali del modello sono cosi
definiti:
∗
∗ ∗ ∗
Nell’ipotesi prevista per il calcolo di R, si può porre:
∗
Per garantire la congruenza con i modelli di lotto economico.
7 La gestione delle scorte dei materiali a domanda dipendente
Possono essere considerati a domanda dipendente tutti i materiali che entrano direttamente nel processo di
fabbricazione come, ad esempio, i componenti che assemblati formano il prodotto finito. La domanda di tali
prodotti è strettamente dipendente dal piano generale di produzione, attraverso il quale si può stabilire in
maniera deterministica il fabbisogno di ciascun materiale: la stima si determina, una volta definita la
domanda di prodotti finiti in un certo periodo, facendo ricorso al principio dell’offset e dell’analisi per livello,
identificando l’esatto fabbisogno di ciascun componente.
La gestione a fabbisogno è generalmente associata all’algoritmo Material Requirements Planning (MRP),
ideato a metà degli anni ‘60 del secolo scorso per risolvere i problemi caratteristici dell’industria
manifatturiera: il sistema MRP è concepito in una logica di accumulo delle scorte “ad appuntamento”, in un
contesto operativo in cui si debbano gestire differenti materie prime, componenti, semilavorati e prodotti
finiti.
Il principale documento di input all’algoritmo è la distinta base del prodotto finito, in cui è evidente l’elenco
dei codici che lo compongono, organizzato in modo da evidenziare relazioni e legami gerarchici. Il piano delle
distinte base è organizzabile in forma d’albero rovesciato, in cui i codici padre sono elementi o sottoinsiemi
formati dai codici figlio.
Il sistema MRP esplode il piano degli ordini di produzione dei prodotti finiti, riportati all’interno del piano
principale di produzione, e propone un piano di ordini di approvvigionamento e produzione tempificati a tutti
i livelli della distinta base, sincronizzando le attività dei flussi logistici interni ed esterni all’unità produttiva.
Ciascun codice di ciascun livello si trova cosi inserito in un piano di fabbisogni che tiene conto del momento
in cui ogni specifico codice verrà impiegato e della quantità necessaria, in funzione dei periodi caratteristici
di approvvigionamento e produzione. I fabbisogni sono successivamente trasformati in ordini in funzione
delle loro differenti caratteristiche e con riferimento alla situazione del magazzino, attraverso
un’integrazione sia della funzione di controllo delle scorte che di quella di programmazione della produzione.
L’algoritmo procede analizzando i prodotti dal livello più basso della distinta base (livello 0: prodotti finiti)
fino ad arrivare a quelli di livello più alto (livello N: componenti) in un orizzonte temporale generalmente
inferiore ai sei mesi.
7.1 Dinamiche del MRP
Il funzionamento dell’algoritmo MRP può essere riassunto in quattro fasi principali:
28
1. Netting: Calcolo del fabbisogno;
2. Lot sizing: Scelta della dimensione del lotto;
3. Offsetting: Calcolo degli anticipi di lancio ordine;
4. BOM explosion: Iterazione al successivo livello.
Netting (calcolo del fabbisogno netto)
Dopo una suddivisione in intervalli uguali dell’orizzonte temporale in considerazione, si definisce il
fabbisogno primario FP che il piano di produzione prevede in corrispondenza di ogni periodo t. A tale quantità
si somma il fabbisogno addizionale necessario a soddisfare le eventuali richieste per sopperire a prodotti
difettosi o parti di ricambio ottenendo in questo modo il fabbisogno lordo.
Il fabbisogno netto in ogni periodo può essere ricavato sottraendo al fabbisogno lordo la giacenza disponibile.
In ogni periodo il livello di giacenza effettivamente disponibile (GD) è pari alla giacenza fisica (GF) più la
quantità ordinata in arrivo (QA) meno la quota di giacenza fisica già impegnata per altre commesse (IM).
Lot sizing (scelta della dimensione del lotto)
I fabbisogni netti sono trasformati in ordini di approvvigionamento o di produzione, tenendo conto delle
dimensioni ottimali dei lotti, sulla base dei costi di immagazzinamento e dei costi di lancio ordine. A questo
fine, oltre ai modelli di lotto economico si utilizzano approcci euristici (ad es. modello del costo totale minimo)
o algoritmi complessi (ad es. algoritmo di Wagner‐Whitin). Spesso i fabbisogni netti sono direttamente
tradotti in ordini, senza alcun ridimensionamento (criterio lot for lot). L’impiego di tale criterio risulta
ovviamente vantaggioso nella gestione dei prodotti caratterizzati da un elevato costo unitario, per i quali si
desidera assolutamente evitare la costituzione di scorte che produrrebbero elevati costi di immobilizzo.
Offsetting (calcolo degli anticipi di lancio ordine)
In base ai tempi impiegati dal fornitore per la consegna o ai tempi necessari per la produzione, si determinano
le date in cui effettuare il lancio di ordini di approvvigionamento o produzione. Per tenere anche in conto i
possibili ritardi, sia di produzione sia di consegna, causati da eventi imprevisti, il calcolo dell’anticipo con cui
lanciare un ordine può essere sovrastimato, con conseguente aumento dei tempi di attraversamento ed
incremento dei costi di immagazzinamento.
BOM explosion (iterazione al successivo livello)
L’algoritmo copia il vettore di ordini generati dalla fase di offsetting come fabbisogni lordi per i codici figlio
all’interno della distinta base e prosegue scendendo di livello fino ad esaurire tutti i codici che compongono
il prodotto finito.
29
7.2 Cenni sul Lot sizing
Il problema del lot sizing è centrale poiché influenza come vengono trasformati i fabbisogni tempificati di
materiale nel risalire il processo verso monte. Il processo di lot sizing fornisce indicazione al MRP se, in ciascun
periodo all’interno dell’orizzonte di pianificazione, si debba lanciare un ordine o se la scorta ereditata dal
periodo precedente è sufficiente, anche in relazione ai costi di lancio e di mantenimento che l’azienda dovrà
sostenere. In particolare, l’approccio alla soluzione del problema deve necessariamente passare per un
processo di ottimizzazione locale e progressiva, considerando che l’orizzonte di pianificazione viene
continuamente aggiornato con l’inserimento di nuovi ordini, l’aggiornamento delle quantità e la definizione
di nuove scadenze.
Lot for lot
Il metodo lot for lot è indicato in caso di materiali con elevatissimo costo di immagazzinamento come beni
deperibili o a rapidissima obsolescenza, articoli speciali di basso consumo, a vendita certa o con tempi di
produzione e approvvigionamento affidabili. In ogni periodo in cui il sistema MRP prevede un fabbisogno,
verrà quindi lanciato un ordine di dimensione esattamente pari al fabbisogno stesso, con relativi costi di
immagazzinamento nulli in quanto il metodo non genera alcun accumulo di scorta da un periodo all’altro. Si
riduce al minimo il work in process ma si rende il sistema più sensibile alle variazioni: se per tutti i codici si
adottasse il lot for lot, ad esempio, una modifica del piano di produzione di un prodotto finito si
ripercuoterebbe fino alle materie prime.
periodi 1 2 3 4 5 6 7 8
Fabbisogno Netto 460 800 1080 1400 960 1120 1240 320
Ordini Pianificati 460 800 1080 1400 960 1120 1240 320
Giacenza iniziale 460 800 1080 1400 960 1120 1240 320
Giacenza finale 0 0 0 0 0 0 0 0
Giacenza media 230 400 540 700 480 560 620 160
Fixed order period
Il metodo fixed order period è indicato in caso di necessità di regolarizzare gli approvvigionamenti o i lanci
degli ordini di produzione. Data T la lunghezza del periodo di pianificazione del MRP e, chiamato Tc il periodo
di copertura selezionato, si sosterranno i costi di lancio per un numero di volte pari a T/Tc.
periodi 1 2 3 4 5 6 7 8
Fabbisogno Netto 460 800 1080 1400 960 1120 1240 320
Ordini Pianificati 2340 3480 1560
Giacenza iniziale 2340 1880 1080 3480 2080 1120 1560 320
Giacenza finale 1880 1080 0 2080 1120 0 320 0
Giacenza media 2110 1480 540 2780 1600 560 940 160
Economic Order Quantity
Il metodo EOQ è indicato per quei codici che hanno fabbisogni distribuiti in modo uniforme e comunque in
tutti i casi in cui sia necessario definire un’unica dimensione del lotto. Per questo motivo può essere indicato
per componenti comuni ad un gran numero di prodotti o per periodi lunghi, ovvero quando si possa contare
su un effetto di stabilizzazione del tasso di decumulo proveniente dalla somma di più domande. È importante
sottolineare che la dimensione dell’EOQ non origina dall’aggregazione dei fabbisogni netti dei periodi ma è
30
calcolata a priori: in ciascun periodo ci si troverà con residui di scorta tanto più piccoli quanto il tasso di
consumo è costante. Il metodo non è quindi adatto per codici con domanda sporadica.
periodi 1 2 3 4 5 6 7 8
Fabbisogno Netto 460 800 1080 1400 960 1120 1240 320
Ordini Pianificati 4000 4000
Giacenza iniziale 4000 3540 2740 1660 4260 3300 2180 940
Giacenza finale 3540 2740 1660 260 3300 2180 940 620
Giacenza media 3770 3140 2200 960 3780 2740 1560 780
Oltre ai metodi sopra presentati ne esistono altri, sviluppati nel corso degli anni, che si prefiggono lo scopo
di bilanciare i costi di immagazzinamento e di lancio, in funzione dei diversi andamenti di domanda e su
orizzonti temporali determinati, attraverso un raggruppamento economicamente conveniente di più ordini.
Per minimizzare la somma fra costi di lancio e costi immagazzinamento, Wagner e Whitin realizzarono un
algoritmo che permette di ottenere il costo minimo anche in condizioni di domanda sporadica ed, in generale,
in qualunque contesto rappresentabile tramite un dato piano di fabbisogni. La soluzione ottima che
l’algoritmo di W‐W produce non è confrontabile con la complessità stessa dell’algoritmo, rendendolo poco
applicabile all’interno degli attuali software MRP. In questi si preferisce implementare tecniche euristiche
elementari che producono un buon risultato, confrontabile con l’ottimo di W‐W soprattutto nel breve
periodo, ma con un livello di complessità nettamente inferiore.
MCP
Il metodo del Minum Cost per Period (MCP) è un criterio, utilizzabile al posto dell’algoritmo di Wagner‐
Whitin, per ottenere una soluzione soddisfacente mediante l’uso di un’euristica eseguibile in tempi brevi. Dal
perido t, il metodo tenta di raggruppare i fabbisogni dei periodi successivi t+1…n, stabilendo cosi varie
alternative che differiscono fra loro per la dimensione del lotto da lanciare nel periodo. Per ogni alternativa
individuata, si calcola il costo per periodo CPP, costo di lancio più costo di mantenimento negli n periodi
successivi che viene suddiviso per il numero di periodi considerati nell’ accorpamento; il CPP minimo indica
la dimensione ottimale del lotto da lanciare. Seguendo una logica locale si procede scegliendo l’ultima
alternativa prima che il CPP torni ad aumentare, oppure seguendo una logica globale si calcolano tutte le
alternative possibili dato un certo insieme di fabbisogni e si individua in esse la soluzione con CPP minimo.
Nell’esempio che segue in tabella, la logica locale suggerisce di inserire 3 periodi nel primo ordine (CPP=94,2),
la logica globale invece raggruppa 5 periodi (CPP=93,4).
In questo caso, come in tutti i seguenti, il costo delle scorte per un determinato periodo è dato dal prodotto
della giacenza media per il costo unitario di immagazzinamento:
∗
Nel caso di ordini che raggruppino i fabbisogni di più periodi, il costo di immagazzinamento dovrà tenere
conto anche del progressivo decremento delle giacenze medie, man mano che i materiali vengono
consumati. Il costo totale di immagazzinamento per una data alternativa di accorpamento di lotti potrà
dunque essere ottenuto tramite un processo iterativo. Indicando con t il periodo, FNt il fabbisogno netto
relativo al periodo t, il costo totale di immagazzinamento di un ordine che comprende i fabbisogni necessari
fino al periodo n‐esimo, è dato da:
31
1
∗ ∗
2
dove si intende per (t ‐ 1/2) la durata media di giacenza in magazzino di un lotto espressa in periodi. In Figura
24 è illustrato l’andamento della scorta (retta in blu) nei primi tre periodi e la giacenza a magazzino dei
fabbisogni relativi ai suddetti periodi.
Gtot
Figura 24 ‐ Andamento della giacenza media t
Considerando il fabbisogno netto del terzo periodo (FN3 = 1080), questo rimarrà a magazzino per due periodi
interi più un ulteriore periodo durante la propria fase di utilizzo. Tuttavia quest’ultimo addendo non sarà più
proporzionale alla dimensione intera del lotto, ma alla sua giacenza media.
periodi 1 2 3 4 5 6 7 8
Fabbisogno Netto 460 800 1080 1400 960 1120 1240 320
Ordini Pianificati 4700 2680
Costo di lancio 200 0 0 0 0 200 0 0
Giacenza iniziale 4700 4240 3440 2360 960 2680 1560 320
Giacenza finale 4240 3440 2360 960 0 1560 320 0
Giacenza media 4470 3840 2900 1660 480 2120 940 160
Costo di immagazzinamento 89,4 76,8 58 33,2 9,6 42,4 18,8 3,2
Costo totale 289,4 76,8 58 33,2 9,6 242,4 18,8 3,2
N.B. Costo di immagazzinamento unitario = 0,02 €/unità di tempo; Costo di lancio = 200 €/ordine
32
2° Lancio 3a alternativa 3480 200 98,8 298,8 99,6 3
a
2° Lancio 4 alternativa 3840 200 185,6 385,6 96,4 4
a
2° Lancio 5 alternativa 5190 200 214,4 414,4 82,88 5
Se la domanda è costante nel tempo il risultato prodotto dal MCP è molto simile a quello che si otterrebbe
utilizzando il metodo EOQ.
LUC
Il metodo del Least Unit Cost si procede come nel caso del MCP, ma al posto di scegliere la dimensione del
lotto sulla base del minimo valore ottenuto, dividendo il costo totale per il numero di periodi, si sceglie sulla
base del minimo valore ottenuto, dividendo il costo totale per la dimensione del lotto.
periodi 1 2 3 4 5 6 7 8
Fabbisogno Netto 460 800 1080 1400 960 1120 1240 320
Ordini Pianificati 4700 2680
Costo di lancio 200 0 0 0 0 200 0 0
Giacenza iniziale 4700 4240 3440 2360 960 2680 1560 320
Giacenza finale 4240 3440 2360 960 0 1560 320 0
Giacenza media 4470 3840 2900 1660 480 2120 940 160
Costo di immagazzinamento 89,4 76,8 58 33,2 9,6 42,4 18,8 3,2
Costo totale 289,4 76,8 58 33,2 9,6 242,4 18,8 3,2
N.B. Costo di immagazzinamento unitario = 0,02 €/unità di tempo; Costo di lancio = 200 €/ordine
C.Immag Unit
Lotto C.Lancio . C.Tot Cost Periodi
1° Lancio 1a alternativa 460 200 4,6 204,6 0,445 1
1° Lancio 2a alternativa 1260 200 28,6 228,6 0,181 2
1° Lancio 3a alternativa 2340 200 82,6 282,6 0,121 3
1° Lancio 4a alternativa 3740 200 180,6 380,6 0,102 4
1° Lancio 5a alternativa 4700 200 267 467 0,099 5
1° Lancio 6a alternativa 5820 200 390,2 590,2 0,101 6
1° Lancio 7a alternativa 7060 200 551,4 751,4 0,106 7
Come si evince dalla tabella i risultati del LUC coincidono con quelli del MCP, tale uguaglianza è un caso
frequente ma assolutamente non necessario.
PPB
Nel metodo del Part Period Balancing viene introdotto l’importante concetto di parte periodo economica
(PPE), ovvero quel quantitativo di scorta per cui i costi di mantenimento per un periodo equivalgono ai costi
di lancio di un ordine (indipendente dalla dimensione del lotto). La PPE è calcolata come il rapporto fra il
costo di lancio ed il costo di immagazzinamento quindi si avrà:
33
200€
10.000 à
0,02€/ à
Allo stesso modo del MCP, il metodo PPB esplora le varie alternative di accorpamento dei lotti determinando
la PPC (parte periodo cumulata), che è pari alla somma delle quantità in giacenza in ciascuna settimana per
tutto il periodo di copertura del lotto scelto, scegliendo la dimensione del lotto a cui corrisponde il valore
PPC superiore più prossimo a PPE. Nei periodi in cui il fabbisogno è già superiore alla PPE converrà sempre
lanciare un ordine singolo, poiché il costo di immagazzinamento è sicuramente già superiore a quello di lancio
e non è dunque conveniente prendere in considerazione alcuna aggregazione con altri periodi.
periodi 1 2 3 4 5 6 7 8
Fabbisogno Netto 460 800 1080 1400 960 1120 1240 320
Ordini Pianificati 4700 2680
Costo di lancio 200 0 0 0 0 200 0 0
Giacenza iniziale 4700 4240 3440 2360 960 2680 1560 320
Giacenza finale 4240 3440 2360 960 0 1560 320 0
Giacenza media 4470 3840 2900 1660 480 2120 940 160
Costo di immagazzinamento 89,4 76,8 58 33,2 9,6 42,4 18,8 3,2
Costo totale 289,4 76,8 58 33,2 9,6 242,4 18,8 3,2
N.B. Costo di immagazzinamento unitario = 0,02 €/unità di tempo; Costo di lancio = 200 €/ordine
Giacenze medie
PPC
1 2 3 4 5 6 7
1° Lancio 1a alternativa 230 230 1
1° Lancio 2a alternativa 1030 400 1430 2
1° Lancio 3a alternativa 2110 1480 540 4130 3
1° Lancio 4a alternativa 3510 2880 1940 700 9030 4
1° Lancio 5a alternativa 4470 3840 2900 1660 480 13350 5
LTC
Nel metodo Least Total Cost per ogni alternativa di accorpamento dei lotti, si calcola il costo totale di
immagazzinamento CCI (sommando le giacenze medie di ogni periodo) e si sceglie la dimensione del lotto a
cui corrisponde il costo di immagazzinamento più elevato ma inferiore al costo di lancio. Questa euristica è
molto simile al PPB.
34
periodi 1 2 3 4 5 6 7 8
Fabbisogno Netto 460 800 1080 1400 960 1120 1240 320
Ordini Pianificati 3740 3640
Costo di lancio 200 0 0 0 0 0 0 0
Giacenza iniziale 3740 3280 2480 1400 3640 2680 1560 320
Giacenza finale 3280 2480 1400 0 2680 1560 320 0
Giacenza media 3510 2880 1940 700 3160 2120 940 160
Costo di immagazzinamento 70,2 57,6 38,8 14 63,2 42,4 18,8 3,2
Costo totale 289,4 76,8 58 33,2 9,6 222,4 8,8 3,2
N.B. Costo di immagazzinamento unitario= 0,02 €/unità di tempo; Costo di lancio = 200 €/ordine
Giacenze medie
CCI
1 2 3 4 5 6 7
1° Lancio 1a alternativa 230 4,6 1
1° Lancio 2a alternativa 1030 400 28,6 2
1° Lancio 3a alternativa 2110 1480 540 82,6 3
1° Lancio 4a alternativa 3510 2880 1940 700 180,6 4
1° Lancio 5a alternativa 4470 3840 2900 1660 480 267 5
Esempio
Partendo dalla distinta base semplificata mostrata in figura, si vuole descrivere una versione semplificata di
un’esecuzione del MRP tradizionale.
Livello 0: prodotti finiti A B
Livello 1: componenti e
100 200 300 500
semilavorati
Livello 2: componenti e
300 400 100 600
semilavorati
Livello 3: materie prime
300 400
Prima di procedere con l’illustrazione del MRP, al fine di ridurre la complessità dell’algoritmo, è necessario
porre alcune ipotesi:
35
1. i coefficienti di scarto sono considerati pari a zero, questo significa che tutta la produzione o il lotto
ordinato è disponibile;
2. l’unita temporale di riferimento è la settimana.
Start point: selezione del vettore dei fabbisogni del prodotto lordo A e controllo delle scorte a magazzino del
prodotto. Supponendo questo valore pari a 30, si nota come entro la seconda settimana tali scorte si
esauriranno.
Netting: si calcola il vettore dei fabbisogni netti risultante dal confronto periodo per periodo del magazzino
con il fabbisogno lordo. Come si può vedere in tabella , nel periodo 2 si ha un fabbisogno lordo di 20 che solo
in parte è coperto dalle scorte presenti in magazzino alla fine del periodo 1 (15), quindi risultano necessarie
5 unità in più di prodotto.
periodi 0 1 2 3 4 5 6 7 8
Fabbisogno Lordo 15 20 50 10 30 30 30 30
Livello di magazzino 30 15 ‐5
Fabbisogno Netto 5 50 10 30 30 30 30
Lot sizing: in questa fase si sceglie la regola che determina le quantità da riordinare. Si ipotizza di scegliere il
Fixed Order Period, tale tecnica prevede lanci‐ordine di dimensione diversa ma con frequenza costante,
ipotizzando che il lotto ordinato debba coprire un intervallo temporale di due settimane. I fabbisogni netti
saranno quindi raggruppati ad intervalli di due periodi a partire dalla prima necessità e la programmazione
degli arrivi di materiale viene inscritta nella riga relativa agli ordini previsti. Si introduce anche una successiva
linea che contiene i dati relativi alle quantità rimanenti in seguito alla ricezione di un lotto (livello magazzino
pianificato).
periodi 0 1 2 3 4 5 6 7 8
Fabbisogno Lordo 15 20 50 10 30 30 30 30
Livello di magazzino 30 15 ‐5
Fabbisogno Netto 5 50 10 30 30 30 30
Livello pianificato 50 30 30 30
Ordini previsti 55 40 60 30
Offsetting: dopo aver definito le dimensioni dei lotti di riordino, si passa a valutare il lead time di produzione
del prodotto A. Supponendolo pari ad una settimana, gli ordini previsti verranno anticipati di un periodo.
periodi 0 1 2 3 4 5 6 7 8
Fabbisogno Lordo 15 20 50 10 30 30 30 30
Livello di magazzino 30 15 ‐5
Fabbisogno Netto 5 50 10 30 30 30 30
Livello pianificato 50 30 30 30
Ordini previsti 55 40 60 30
Ordini da lanciare 55 40 60 30
Durante la fase di netting, il sistema può suggerire l’anticipo o il ritardo di una consegna al fine di sopperire
a eventuali carenze di scorta ed evitare anche il lancio di un nuovo ordine. A tale proposito, in riferimento
all’esempio esposto, si consideri che nel periodo 3 arrivi un lotto di 110 che verrà registrato nell’apposita riga
(consegne prestabilite). La consegna di 110 unità nel periodo 3 sicuramente comporta una riduzione nel
36
numero di lanci ma non evita che nel periodo 2 si registri un fabbisogno netto maggiore di zero. Se il lotto di
110 fosse disponibile nel periodo 2 si eviterebbe il lancio di un ordine pari a 5.
Un sistema informativo con un modulo MRP può anche prevedere l’interruzione dell’algoritmo e il “dialogo”
con l’utente, in modo tale da verificare la reale possibilità di anticipare l’ordine. Solamente nel caso in cui
l’utente autorizza l’anticipo dell’ordine questo viene iscritto in tabella nella riga “modifica alle consegne
prestabilite”.
periodi 0 1 2 3 4 5 6 7 8
Fabbisogno Lordo 15 20 50 10 30 30 30 30
Consegne 110
Modifica consegne 110
Livello di magazzino 30 15 105 55 45 15 ‐15
Fabbisogno Netto 15 30 30
Livello pianificato 30
Ordini previsti 45 30
Ordini da lanciare 45 30
L’algoritmo MRP dopo aver programmato gli ordini per il prodotto A, passa al successivo codice, che in questo
caso sarà il componente 100, del quale però non è ancora possibile effettuare una pianificazione perché
questo è utilizzato anche nella produzione del prodotto B che ancora non è stato pianificato. Si può però
pianificare il componente 200 che non è legato ad altri prodotti. Supponendo che il coefficiente di impiego
sia di 1:3, è facile ricavare il fabbisogno lordo dal quale l’algoritmo riparte, ricalcolando tutti i lotti e fissando
il momento in cui questi sono richiesti.
Item A periodi 1 2 3 4 5 6 7 8
Ordini pianificati 45 30
Item 200
Ordini pianificati 135 90
8 BIBLIOGRAFIA
Cavalieri S., Pinto R. (2008) ‐ Orientare al successo la supply chain, ISEDI
Chopra S., Meindl P. (2004) ‐ Supply chain Management, Pearson Prentice Hall
Coyle J.J., Bardi E.J., Langley C.J. (2002) ‐ Management of Business Logistics: a Supply Chain Perspective, South
Western Educational Publishing
Delmar D. (1985) ‐ Operations and Industrial Management, McGraw Hill
Heizer J., Render B. (1990) ‐ Production and operations management, Allyn and Bacon
Magee J.F., Boodman D.M. (1983) ‐ Programmazione della produzione e controllo delle scorte, Franco Angeli
Masturzi E. (1989) ‐ Organizzazione e Gestione della Produzione Industriale, vol. 3, Napoli, Edizioni Liquori
Schiraldi M. (2008) ‐ La gestione delle scorte, Sistami Editoriali
Schoenberger R.J., Knod E.M. jr (1999) ‐ Gestione della produzione, McGraw Hill
Schroeder R.G. (1992), Operations Management, McGraw Hill
Slack N., Chambers S., Johnston R. (2004) ‐ Operations management, Pearson Prentice Hall
37