Sei sulla pagina 1di 43

PLANT EFFECTIVENESS

OEE → è un componente centrale della metodologia TPM (total productivity maintenance).

Per capire cosa sta avvenendo all’interno della produzione è necessario considerare le “6 grandi
perdite”:

• perdite di tempo → 1. Ripartizioni

2. Configurazioni e cambi

• riduzioni di velocità → 3. Micro-arresto

4. Riduzioni di velocità

• perdite di qualità → 5. Scarti


6. Rilavori

Ogni tipo di perdita può essere riferita ad una perdita di tempo. Per esempio gli scarti sono una
perdita di tempo, perché appunto perdo tempo a produrre qualcosa che poi non viene utilizzato.

❖ Tempo solare (St) → è uguale ovunque e non tutto è utile/utilizzato per la produzione.
❖ Tempo di apertura dell’impianto (Pt) → è pari al tempo solare - tempo di chiusura impianto.
❖ Tempo di caricamento → tempo in cui si attende la macchina; tempo in cui il sistema è stato
programmato per produrre (tempo di funzionamento pianificato), da distinguere con
l’inattività pianificata, ovvero il tempo nel quale già si prevede di non produrre.
Il Lead Time è pari al tempo di apertura impianto – tempo di inattività pianificata.
❖ Load Efficiency (efficienza del caricamento) (L) → misura
l’efficacia del sistema di assegnazione della produzione. È
data dal rapporto tra tempo di caricamento e il tempo di
apertura impianto.
❖ Tempo operativo (Ot) → è il tempo durante il quale il sistema funziona e lavora
effettivamente. OT è pari al loading time – i tempi di inattività non pianificati (guasti, cambi,
modifiche, set-up, etc.); il tempo operativo è dato dalla differenza tra il tempo di
caricamento e le perdite di tempo non previste;
❖ Disponibilità (A) → è la percentuale
del loading time in cui la macchina
è in grado di produrre (di solito ha un valore superiore al 90%).
A è data dal rapporto tra tempo operativo e il tempo di
caricamento.
❖ Tempo operativo netto (NOt)→ è il tempo nel quale il sistema produce con un tasso di
produzione standard (senza subire rallentamenti o altre perdite di tempo non misurabili).
NOT è pari al tempo di funzionamento – un tempo perso non misurabile. NOT è pari anche
al tempo standard * q, ovvero il numero di parti prodotte, che sono la somma delle parti
conformi, degli scarti e delle rilavorazioni.
❖ Efficienza delle prestazioni → (o performance)
descrive quante perdite misurabili ci sono nella
produzione. EP è pari al tempo di funz. netto fratto il
tempo di funzionamento.

❖ Tempo operativo a valore (VOt)→ è il tempo in cui il sistema produce con un livello di qualità
accettabile- tempo nel quale il sistema lavora producendo parti buone e conformi. I tempi
persi per la qualità sono i tempi di produzione degli scarti e i tempi di produzioni di parti che
dovranno essere sottoposte a successive rilavorazioni. Il VOT è dato dalla differenza tra il
tempo operativo netto e il tempo di rilavorazione dei prodotti rifiutati (perdita di tempo per
qualità). Il VOt è pari al tempo standard di produzione * q conformi.
❖ Tasso di qualità → è la percentuale di unità conformi prodotte e di soluto assume un valore
compreso tra il 95-100%. Q è pari al VOT fratto il tempo di funzionamento netto.

Riassumendo:

OEE → (overall equipment effectiveness), ovvero l’efficacia complessiva delle apparecchiature, è


spesso utile per valutare il VOT dal tempo di caricamento. L’OEE è il tempo nel quale la macchina
lavora per le parti buone conoscendo il loading time.

TEEP → (total effective equipment performance), ovvero le prestazioni effettive totali


dell’apparecchiatura.
La quantità di rilavorazioni è difficile da valutare, perché ad esempio se un lavoratore trova una
parte non corretta, che necessita appunto di una rilavorazione, potrebbe semplicemente riportarlo
indietro, all’inizio della linea per risolvere la non conformità, senza appuntare questa mossa da
nessuna parte. In questo modo nessuno sa niente riguardo questa rilavorazione. È quindi difficile
conoscere l’esatto numero di parti che subiscono rilavorazioni. Si possono utilizzare però due
parametri per valutarle che sono l’efficienza e la qualità. [Ep e Q normali sono quelli teorici, quell i
con la barretta sopra sono quelli stimati; Ep teorico maggiore di quello stimato; Q teorica minore di
quella stimata l’OEE è costante].
LOGISTIC OPERATIVE CURVES

Legge di Little:

Si considera una linea semplice. TR e LT sono correlati (dimensionalmente sono uno il reciproco
dell’altro: TR [pz/h] e LT [h/pz]). Si considera di produrre 2 pezzi al minuto, quindi TR= 2 pz/min.
inoltre TR= 1/LT, quindi LT= 30 sec/pz. Questo è sempre vero?

No, non è sempre vero. Sarebbe vero solo se non ci fossero blocchi (se c’è un buffer nella stazione
successiva) o interruzioni (quando non c’è nulla da produrre), ma è una situazione ideale. La
presenza buffer inter-operativi (WIP) aumenta la durata del tempo di consegna LT.
Nel nostro modello però non abbiamo questi problemi, quindi è vero che TR= 1/LT.

Consideriamo ora una linea che presenta dei buffer, quindi TR 1/LT. C’è un’altra relazione che è
chiamata appunto Legge di Little → il numero medio L di clienti in un sistema (in un certo intervallo
di tempo) è uguale al tasso medio di arrivo  moltiplicato per il tempo medio nel sistema W. Per
questi tre parametri valgono le seguenti relazioni: L=WIP, =TR e W=LT. Quindi 𝑾𝑰𝑷 = 𝑻𝑹 ∗ 𝑳𝑻.
Sfortunatamente la legge di Little implica una relazione tra tre quantità. È necessaria quindi una
seconda relazione tra WIP, LT e TR, se vogliamo determinare in modo univoco due quantità nota la
terza. Non esiste però una seconda relazione universalmente applicabile; il meglio che è possibile
fare è caratterizzare il comportamento di una linea sotto ipotesi specifiche.

Curve operative logistiche per l’approccio CONWIP:

Consideriamo una linea CONWIP. Dobbiamo almeno definire il comportamento CNONWIP, e per
farlo analizzeremo 3 casi diversi:

1. il caso migliore
2. il caso peggiore
3. il caso peggiore pratico.

Questi tre casi verranno trattati tramite un modello matematico che lega LT, WIP e TR, costruito con
un approccio empirico e che permette di ottenere delle curve di riferimento teoriche.

1. CASO MIGLIORE
Si considera una linea semplice nella quale tutto funziona perfettamente. Nella linea sono
presenti 4 stazioni con 1 macchina ognuna. Si considera uno standard time pari a 2 h/pz per
ogni macchina. Si ipotizza che sia tutto bilanciato, cioè che ogni stazione abbia la stessa
capacità e quantità di lavoro, e che non ci sia variazione di tempo, cioè il tempo rimane
costante (ipotesi che però non regge nella realtà). Tutte le stazioni sono bottleneck (perché
tutte le stazioni sono critiche o non critiche).
1
𝑇𝑅 = = 0,5 𝑝𝑧/ℎ sarebbe il TRmax
𝑆𝑇

𝐴𝑉𝑇 = 2 + 2 + 2 + 2 = 8 ℎ è il tempo che ogni parte impiega ad attraversare la linea


(sotto l’ipotesi di non avere perdite di tempo).
Se invece WIP=2, LT=8 allora TR=2/8.
AVT pari ad 8 significa che ci vogliono otto ore per far si che il pezzo sia completato; questo
è il lead time e non può essere migliorato. 8 è il LT minimo. In sintesi:

Il caso migliore non sarà mai il caso reale perché non avremo mai nella realtà una linea
bilanciata e un tempo costante e deterministico. Dovremo considerare quindi la variabilità,
perché non tutte le parti impiegheranno 2 ore per essere lavorate, a alcune di più e altre di
meno, e la casualità, perché nella realtà non avremo mai il tempo esatto.

2. CASO PEGGIORE
È simile al caso migliore, ma avremo ovviamente il peggior TR. In questo caso cerchiamo il
massimo lead time e il minimo throughtput. In questo caso si hanno lotti di produzione di 2
parti, quindi WIP=2, e TR e AVT uguali a quelli del caso migliore. Per ottenere il lead time più
lungo possibile dobbiamo in qualche modo aumentare il tempo di attesa senza cambiare i
tempi medi di elaborazione. È definito il caso peggiore perché con le ipotesi che abbiamo
fatto il TR non aumenta mai mentre l’LT aumenta ogni volta.
Le leggi del caso peggiore in sintesi sono:

È interessante notare che sia le prestazioni del caso migliore che quelle del caso peggiore si
verificano in sistemi senza casualità. Nel sistema del caso peggiore c’è però variabilità perché
i lavori hanno tempi di processo diversi; ma non c’è appunto casualità perché tutti i tempi di
processo sono completamente prevedibili.
3. CASO PEGGIORE PRATICO
Praticamente nessuna linea del mondo di comporta letteralmente secondo il caso migliore
o peggiore. Il caso peggiore pratico è quindi un caso intermedio che coinvolge anche la
casualità. Adesso c’è la possibilità che si creino delle code.
Le leggi del caso peggiore pratico in sintesi sono:

Aree di riferimento:
LOC per linee sbilanciate:

Le curve logistiche operative possono essere valutate anche con:


- Linee sbilanciate (ogni stazione ha un TR diverso);
- Stazioni multimacchine.

Per le linee sbilanciate lo WIP sarà diverso dal numero di macchine, ma ha ancora la proprietà di
essere il livello di WIP che raggiunge il massimo throughtput con il tempo di consegna minimo.

Le curve operative logistiche possono essere valutate anche con linee sbilanciate con stazioni
multimacchine. WIP < numero di macchine. WIP= TR*AVT, quindi la stessa equazione. Vediamo un
esempio. Consideriamo 4 stazioni, con ognuna un numero di macchine differente e ognuna con il
proprio tempo di elaborazione.

Il TR di una stazione costituita da più macchine identiche in parallelo deve essere calcolato come il
TR della singola macchina moltiplicato per il numero di macchine.
Il collo di bottiglia in questo caso è B perché TRb < TRc, 2/5 < 6/10. Inoltre, poiché il TR della stazione
è diverso dal TR della macchina, il TRb è il throughtput rate della stazione B, non della macchina.
Poi, TRb= (1pz/h / 5h) * 2macchine = 0,4 pz/h. Perché appunto il TR di una stazione è pari al TR di
una macchina moltiplicato per il numero di macchine nella stazione (sotto l’ipotesi che le macchine
all’interno della stessa stazione siano identiche).

Usando un simulatore e sotto le ipotesi di non-bilanciamento e casualità, risulta che la miglior


performance di LT e TR si ottiene con uno WIP=8. È lo stesso comportamento del caso migliore di
una linea bilanciata con lo stesso TRb e AVT. Con il simulatore si ottengono anche le curve che sono
le stesse di quelle del caso migliore. Quindi le curve della migliore performance di ogni linea sono
uguali al caso delle curve logistiche operative di TRb e AVT del caso migliore.

Cosa succede se l’ipotesi del tempo standard costante viene sostituita con un tempo esponenziale
(in questo caso si dice che il tempo standard è senza memoria)? Dobbiamo praticamente
considerare le stesse condizioni del caso peggiore pratico, eccetto che la linea è non-bilanciata.
Linee non bilanciate: le curve operative possono essere utilizzate anche per le linee non bilanciate, infatti in
tal caso WIPc è differente al variare della macchina, ma comunque definito come WIPc=TRb*AVT. Il WIPc ha
ancora lo scopo di raggiungere la massima produttività con il minimo LT.
Linee non bilanciate con stazioni multimacchina: nel caso in cui le macchine siano in parallelo, TR si calcola
moltiplicando TR per il numero di macchine. In tal caso, si deve ricorrere alla simulazione per capire quale sia
il migliore WIP.

Miglioramento delle prestazioni:

Fin dagli anni ’80 si è sempre dato molta importanza alla presenza di strozzature nei sistemi di
produzione. Sicuramente il tasso di strozzatura TRb è importante perché stabilisce anche la capacità
della linea. Le curve logistiche operative però ci danno anche informazioni sul ruolo dei colli di
bottiglia, oltre a questa (ovvia) conclusione. Ci sono diversi modi per implementare le performance
di produzione:

• aumentando il TRb → la curva effettiva del sistema viene sollevata. C’è però anche un
aumento della distanza dal nuovo ‘caso migliore’;
• aumentando il TR di un’altra macchina, non del bottleneck → in questo modo aumenta
l’AVT, diminuisce il WIPc e la curva effettiva del sistema viene sollevata. Si ha anche un
miglioramento del throughtput. (guarda slide)
Sistemi di manodopera limitata:

Fino ad ora i macchinari sono stati il vincolo principale per il TR; gli operatori erano visti come parte
integrante delle macchine. Ma spesso gli operatori si occupano di più operazioni oppure seguono
più macchine. Le prestazioni sono quindi condizionate dal lavoro in base al numero di dipendenti e
alle modalità organizzative.

Consideriamo il caso di piena capacità e flessibilità:


È il caso generale più semplice. Il lavoro è l’unico vincolo per il TR: il numero di macchine è
sufficiente, quindi l’operatore non viene mai bloccato (piena capacità) e il numero di operatori è
flessibile (piena flessibilità). Il lavoro è organizzato nel seguente modo:

➢ gli operatori sono vincolati agli ordini;


➢ un nuovo lavoro viene rilasciato solo quando l’operatore è libero;
➢ un operatore non viene mai bloccato per una macchina occupata.
𝑛𝑢𝑚𝑒𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑎𝑡𝑜𝑟𝑖
Quindi: 𝐿𝑇 = 𝐴𝑉𝑇 e 𝑇𝑅 =
𝐴𝑉𝑇

La prima equazione vale perché appunto gli operatori non vengono mai bloccati.
Se dobbiamo calcolare il lead time, considerando anche il WIP prima della prima stazione abbiamo:

In sintesi: Le caratteristiche invece sono:


- situazione ideale
- perfetta flessibilità
- disponibilità limitata
- TRb non determina più il valore limite.
Consideriamo il caso di piena flessibilità:
In questo caso la capacità è limitata; questo significa che le attrezzature sono limitate e quindi i
lavoratori possono essere bloccati (più realistico). Le ipotesi che invece non cambiano sono:

➢ flessibilità del personale;


➢ operatori vincolati al loro lavoro;
➢ stessi ritmi di lavoro.

Per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, funziona che i lavoratori, alla fine della linea,
ritornano alla prima stazione e scelgono un nuovo ordine. Il problema di questa organizzazione è
che un lavoratore potrebbe scontrarsi con il successivo se è più veloce. Questa organizzazione del
lavoro fatta di operatori che camminano può essere vista come il precedente kanban.
L’ipotesi della flessibilità totale non è applicabile se sono richieste competenze diverse e
specializzate. È logicamente identica ad una linea con protocollo CONWIP, dove il WIP sono i
lavoratori; lavori  lavoratori.
=
Quindi il comportamento di una linea reale sarà da quale parte tra i casi migliori (in cui i lavoratori
non vengono mai bloccati) e quelli peggiori (in cui i lavoratori vengono bloccati), con il caso peggiore
pratico che definirà la divisione tra linee buone e cattive.

La politica di gestione della manodopera adottata determina le prestazioni della linea. È necessario
quindi adottare regole intelligenti come le “bucket bridge”: l’ultimo operatore, quando finisce di
lavorare la sua parte, torna indietro a prendere la parte del suo predecessore. Quest’ultimo, a sua
volta, torna indietro a prendere la parte del suo rispettivo predecessore. E così via fino a che il primo
in fila non raccoglie un nuovo oggetto. Questa regola però di per sé non risolve il problema del
blocco dei lavoratori, perché magari un lavoratore completa il suo lavoro ma la stazione successiva
è ancora occupata, quindi deve aspettare che il lavoratore avanti a lui liberi la stazione oppure
prendere un oggetto più lontano da lui. Questo problema di aspettare il lavoratore dopo dipende
fortemente dalla velocità del lavoro: se il collo di bottiglia è alla fine della linea tutti i lavoratori
devono aspettare il lavoratore successivo e questo creerà molti tempi di attesa. Vediamo delle
possibilità di miglioramento:

1. Il lavoratore che è bloccato lascia il suo pezzo nel luogo dove si è bloccato e torna indietro a
prendere un altro pezzo. Questo risolve il blocco ma potrebbe non essere abbastanza perché
potrebbe portare ad accumulare molto inventario. Inoltre, dopo che l’ultimo lavoratore ha
risolto il suo problema, il lavoratore precedente dovrebbe aspettare che l’ultimo lavoratore
abbia completato di lavorare tutto il materiale accumulato. Quindi nel complesso,
l’accumulo di inventario non è un sistema molto efficiente.
2. Si può invece applicare la regola del “modello normativo”: secondo questo modello i
lavoratori devono essere scelti e posizionati in base alla loro velocità di lavoro. Il più veloce
starà alla fine della linea, mentre il più lento all’inizio. In questo modo i lavoratori rimangono
sempre nella stessa area, quindi non perdono tempo a spostarsi, la linea è bilanciata e non
dovrebbero avvenire blocchi.
DESIGN DELLA LINEA DI PRODUZIONE

Gli impianti industriali vengono divisi in due categorie in base al tipo e al numero di macchine che
hanno al loro interno. Le due categorie sono:
• impianti di processo;
• impianti di produzione e assemblaggio.

IMPIANTI DI PROCESSO:

Gli impianti di processo sono impianti nei quali il flusso di materiali non è libero, ma segue una
precisa sequenza. Questo perché le fasi tecnologiche sono fortemente vincolate dal punto di vista
chimico-fisico. Sono però impianti che hanno un’elevata efficienza e automazione, sono molto
importanti per produrre prodotti buoni con elevati volumi e bassa varianza. Comportano bassi costi
del lavoro e sono semplici da gestire per quanto riguarda la logistica delle economie di scala. I
problemi sono relativi alle loro grandi dimensioni (necessarie per garantire un’economia di scala),
all’obsolescenza degli impianti e alla loro poca elasticità.
Per dimensionare gli impianti di processo si devono seguire 5 passi:
1. effettuare una previsione della domanda e valutare affidabilità della previsione;
2. valutare come la domanda sarà distribuita durante l’anno, quindi valutarne la stagionalità;
3. definire il livello di qualità che il prodotto deve avere, sulla base delle richieste del cliente
(serve per stabilire quale processo è più adatto a raggiugere il livello di qualità desiderato);
4. scegliere la posizione dell’impianto;
5. dimensionare i colli di bottiglia.
La definizione del livello di qualità che deve avere il prodotto negli impianti di processo può
comportare anche scelte importanti per quanto riguarda l’architettura dell’impianto. È possibile
scegliere tra una produzione centralizzata oppure modulare.
Per quanto riguarda invece il dimensionamento dei colli di bottiglia nei sistemi a singolo-prodotto
(sistemi a flusso continuo), si utilizza l’approccio dell’OEE: la capacità della produzione sarà data dal
tempo moltiplicato per il TR del sistema. Dobbiamo considerare come tempo il value operating time.
𝑃𝐶 = 𝑇𝑅 ∗ 𝑉𝑂𝑇
Se conosciamo PC e VOT possiamo determinare il TR standard della macchina. Calcolare invece il
VOT è più difficile. La disponibilità del sistema è pari a:
il tempo di set-up non c’è perché di solito gli impianti di processo
lavorano continuamente, senza stop.
Per calcolare il TR del collo di bottiglia si può usare la seguente formula:

Per quanto riguarda invece il dimensionamento dei colli di bottiglia nei sistemi multi-prodotto
(sistemi a flusso discontinuo), dobbiamo considerare anche i guasti e i set-up nella disponibilità:
Dove: NP=prodotti realizzati
NC=campagne produttive
Per dimensionare il collo di bottiglia, non sempre si può seguire questi due casi, spesso è necessario
usare differenti approcci. Ad esempio spesso è necessario definire il numero di macchine zf per una
fase di produzione f. L’ipotesi è che il TR della macchina da installare nel reparto sia noto.

[il + indica il fatto che dobbiamo prendere come risultato il numero intero approssimando per
eccesso il decimale, per essere in grado di rispondere a tutta la quantità di produzione richiesta] .
Il contenuto di lavoro WC f richiesto dalla fase f si può calcolare con la seguente formula:
Nel calcolo del contenuto di lavoro potrebbe a volte essere più
appropriato inserire anche i set-up oppure la qualità della performance.

Caso 1: i set-up possono variare tra i diversi prodotti


Questi dovrebbero quindi essere inclusi nelle ore richieste dal contenuto di lavoro WC.

Quindi non considereremo i set-up nell’equazione della disponibilità A. A’ è l’indicatore di


prestazioni del tempo perso soltanto a causa di guasti.
Caso 2: la qualità può variare tra i diversi prodotti
È meglio specificare la qualità per ogni prodotto della fase: Q p,f. Queste informazioni dovrebbero
quindi essere incluse nel calcolo delle ore richieste dal contenuto di lavoro WC.

Anche il valuable operating time della fase f deve essere adeguatamente modificato secondo il
cambiamento A→A’f e l’inclusione di Qf nel WC:

Quindi:
oppure

Tasso di saturazione:
È opportuno avere un elevato utilizzo della macchina e soprattutto del collo di bottiglia. L’utilizzo è
la frazione di tempo in cui la macchina è attiva. Questo parametro è quindi dato dal rapporto tra il
tempo nel quale la macchina effettivamente lavora e il tempo nel quale la macchina è stata
disponibile. Il tasso di saturazione si definisce anche come il parametro di prestazione per l’utilizzo.
𝑝𝑟𝑜𝑐𝑒𝑠𝑠𝑖𝑛𝑔 𝑡𝑖𝑚𝑒 𝑜𝑝𝑒𝑟𝑎𝑡𝑖𝑛𝑔 𝑡𝑖𝑚𝑒 𝑂𝑇
𝑆𝑚𝑎𝑐𝑐ℎ𝑖𝑛𝑎 = = =
𝑎𝑣𝑎𝑖𝑙𝑎𝑏𝑙𝑒 𝑡𝑖𝑚𝑒 𝑝𝑙𝑎𝑛𝑡 𝑡𝑖𝑚𝑒 𝑃𝑇

[il tempo operativo è il tempo durante il quale le macchine effettivamente lavorano; la seconda
equazione si riferisce allo schema OEE]
La formula del tasso di saturazione cambia se abbiamo più di una macchina. Consideriamo una
stazione composta da N macchine uguali:

Di solito ci sono pochissimi tempi di inattività dovuti a cause esterne e guasti, quindi S dipende in
gran parte dalla manutenzione pianificata, piuttosto che dai guasti. S può essere quindi calcolata:

• impianto mono-prodotto a conduzione continua


.
• impianto multi-prodotto a conduzione intermittente

DIMENSIONAMENTO DEI REPARTI DI PRODUZIONE: JOB SHOP

Consideriamo una produzione intermittente per parti. Le sue caratteristiche sono:


- piccoli volumi di produzione;
- elevata varietà di mix;
- varietà di macchine;
- elevata flessibilità, perché dobbiamo rispondere ad una richiesta di varietà di prodotti.

Come possiamo dimensionare il reparto se non sappiamo cosa andremo a produrre? È difficile
identificare la migliore combinazione di cicli tecnologici per massimizzare la saturazione della
macchina e ridurre al minimo i tempi di attesa per la lavorazione dei pezzi. È possibile descrivere il
design (progettazione) dei sistemi di produzione in due step:

1. raccolta dati → inizia con la valutazione delle attrezzature per la produzione; si valuta il mix
produttivo e i cicli tecnologici che sono in grado di effettuare;
2. progettazione → si effettua un primo dimensionamento del reparto e nel caso lo si migliora
attraverso delle simulazioni.

Per valutare invece il numero di macchine da posizionare all’interno del reparto si usano delle
formule molto simili alle precedenti:

La differenza è che nella formula ci sono i


lotti di produzione NB (batches) e non le
campagne di produzione.
Saturazione del reparto:
Il numero di macchine zd può portare ad un sovradimensionamento del dipartimento. Per questo si
usa il parametro riguardo la saturazione del reparto:

L’obiettivo è che i dipartimenti che contengono al loro interno macchine costose, presentino una
saturazione più elevata.

SELEZIONE DEI TURNI:

Se il numero di macchine è elevato, anche il costo degli investimenti è alto. Per ridurre il numero di
macchine è possibile:

aumentare l’orario di lavoro;

incrementare i costi legati al lavoro serale e notturno.

Ipotizziamo lo stesso rendimento durante ogni turno. Vogliamo determinare il miglior sistema di
turni in base al costo annuale di tutti i turni di lavoro:

Dove:
Crostering = costo annuale dei turni di lavoro
Cmrostering = costo annuale del lavoro con la politica di turno scelta
zshift = numero di macchine
Cpurchase = costo di acquisto della macchina
r = tasso di ammortamento della macchina
Csrostering = costo dei servizi del sistema di turni
s = tasso di ammortamento dei servizi.

DIMENSIONAMENTO DELLA LINEA:

La linea deve essere bilanciata in modo da lavorare meglio possibile. È necessario disporre le
macchine in modo da:
• ridurre i tempi di trasporto;
• ridurre l’obsolescenza delle macchine;
• ridurre i costi di produzione;
• ridurre lo WIP;
• rendere equilibrate le stazioni.
Si distingue inoltre tra:
1. linea manuale
2. linea automatica.
Usare una linea permette di ridurre il tempo di trasporto del WIP e permette di diminuire il lead
time. Solitamente le linee vengono utilizzate per la produzione di prodotti poco diversificati tra loro.
Nella linea manuale si producono merci a bassa differenziazione e piccoli volumi di prodotti; il
trasferimento delle merci viene realizzato manualmente e in caso di oggetti di grandi dimensioni si
utilizzano gru, rulli, etc. Sono inoltre linee che richiedono un investimento iniziale più basso.
Nelle linee automatiche lo WIP è invece movimentato tramite sistemi meccanici e automatici, che
non hanno quindi bisogno di un operatore che li muove. Questi sistemi permettono all’operatore di
continuare il suo lavoro senza perdere tempo a trasportare oggetti; rimane infatti sempre nella sua
postazione di lavoro. I trasferimenti sono solitamente lineari o rotanti. Lo station time STA (tempo
durante il quale il WIP è all’interno della stazione) e il tempo di trasporto TT vengono stabiliti e fissati
all’inizio. Si utilizzano per volumi di prodotti molto elevati, quando si hanno operazioni cicliche e
quando si devono effettuati processi in simultanea nelle varie stazioni.
• Trasferimento libero o asincrono:
STA= tempo durante il quale il WIP è
all’interno della stazione= WT+ST
ST= tempo si elaborazione
(processing) standard
WT= tempo di attesa
TT= tempo di trasporto
CT= tempo di ciclo= STA+TT
Diagramma di velocità= grafico che presenta il tempo sulle ascisse e la velocità sulle ordinate.
I picchi indicano il movimento dello WIP da una stazione all’altra. Quando invece il pezzo
rimane nella stazione, la sua velocità di trasferimento è ovviamente zero. WT e ST sono
sempre diversi perché dipendono dalla particolare macchina su cui si trova il pezzo, ogni
macchina ha tempi diversi.

• Trasferimento vincolato ad intervalli


Il CT indica il tempo tra due diversi outcomes.
CT=TT+STA

• Trasferimento rotatorio
Si realizza con un tavolo rotante con n stazioni che ruota ogni
volta con un angolo di 360°. Tenendo conto anche delle
stazioni di carico e scarico, quelle che possono svolgere attività
operative sono n-2. Questo tipo di linea si comporta come una
linea retta con n-2 stazioni e due buffer alle estremità. Si
applica quando sono richieste operazioni identiche.

• Trasferimento continuo vincolato


Molto frequente nei settori con produzione di massa, perché il sistema lavora
continuamente. v è la velocità costante e abbastanza bassa, c è la distanza tra i pezzi e s la
lunghezza delle stazioni:

Normalmente la stazione è più lunga della distanza tra le parti: s > c, quindi si usano buffer.

Dimensionamento di una linea:


La linea deve essere organizzata in modo da ottenere il risultato migliore possibile.
Per calcolare STA dobbiamo calcolare prima il TR, poi il CT:

Trasferimento libero →
Trasferimento ad intervalli →
Per organizzare la linea dobbiamo disegnare il grafico dei processi, un grafico che ci permette di
evidenziare le precedenze tra le operazioni (nodi); le frecce indicano il flusso di WIP tra le varie
stazioni; e definisce anche la sequenza da seguire tra le stazioni (ci sono precedenze). Questo grafico
può però variare, possiamo avere diverse tipologie di soluzioni che portano a risultati finali diversi.
Si devono quindi seguire delle procedure per cercare di trovare la soluzione più buona. I ricercatori
hanno definito diversi approcci, valutando ogni soluzione tramite:
1. coefficienti di utilizzo delle macchine;
2. coefficienti di utilizzo della linea;
3. indice di utilizzo del capitale (per ogni q è possibile costruire un diagramma che rappresenta
l’uso del capitale investito).
BILANCIAMENTO DELLA LINEA DI PRODUZIONE

Esistono tre differenti approcci per risolvere il problema del bilanciamento di una linea di
assemblaggio semplice:
1. metodi di prova ed errore → trial&error
2. metodi euristici
3. metodi esatti.

1. Il metodo trial&error è un metodo eseguito tramite tentativi successivi. Si realizza il layout e


lo si prova; se non ci soddisfa se ne realizza un altro e lo si prova ancora. [il tempo di
lavorazione richiesto non deve superare il tempo di stazione STA, con STA=CT]. Questo
metodo si realizza praticamente scegliendo un’operazione e inserendola nella linea. Se la
linea lavora in maniera corretta si può andare avanti, aggiungere un’altra operazione e
vedere se anche con questa la linea lavora bene.
2. Il metodo euristico è molto semplice, che non richiede operazioni complesse, e molto
diffuso. Questo presenta le seguenti caratteristiche:
- è veloce;
- si ottengono risultati sub-ottimali;
- si ottengono diverse soluzioni.
Il metodo utilizza:
• tempo di funzionamento massimo (si inizia dalle operazioni più lunghe);
• tempo di funzionamento minimo (si inizia dalle operazioni più corte e veloci);
• numero massimo o minimo di operazioni a valle (non devo guardare solo alla singola
attività, ma anche cosa succede dopo nel grafico; dobbiamo vedere il numero dxi
attività che la seguono);
• metodo del peso posizionale (non dobbiamo scegliere le attività solo sulla base del
numero di attività che la seguono, ma dobbiamo considerare anche il tempo
necessario a raggiungere la fine del grafico, iniziando dall’attività in questione).
Ranked positional weight tecnique, RPWT (tecnica del peso posizionale classificato):
Questa tecnica prevede di allocare il prima possibile nelle stazioni le operazioni che limitano o
vincolano altre attività. Vediamo i passaggi:
1. costruire il grafico delle precedenze:
2. per ogni i-esima operazione costruire il set 𝜙i che rappresenta tutte le operazioni che la
seguono direttamente o indirettamente;
3. per ogni i-esima operazione calcolare il peso posizionale:
4. alla prima stazione di lavoro viene assegnata l’operazione con peso posizionale più alto;
5. scegliere come seconda di nuovo l’operazione con peso posizionale più alto, e così via (viene
assegnata alla stessa stazione di lavoro se la somma dei tempi non supera il CT, altrimenti si
crea un’altra stazione);
6. ripetere il punto 5 fino quando non si sono assegnate tutte le operazioni.
Completion probability method (metodo della probabilità di completamento):
È una tecnica di probabilità euristica. Con questo metodo è possibile valutare graficamente la
probabilità di completare l’attività prima del tempo di ciclo valutando l’integrale della funzione di
densità di probabilità f(ST) del tempo standard.
Si considera una stazione che lavora pezzi con tempi distribuiti normalmente ST=(, 2), dove ST=
è la media e 2 è la varianza. Si può valutare graficamente la probabilità di completamento
dell’attività prima del tempo di ciclo CT andando a calcolare l’integrale della funzione di densità di
probabilità de tempo standard f(ST).

Con la saturazione al 100% =Ct, quindi si ha il 50% delle


possibilità di finire in tempo Ct; in media metà dei pezzi sono
in anticipo e metà in ritardo e 50% dei pezzi incompleti. Questo
usa
metodo una la probabilità minima di completamento Plimit
per ogni stazioni per dimensionare la linea di assemblaggio. Le
operazioni disponibili vengono assegnate controllando la
condizione di probabilità. Ci sono anche delle varianti come
probabilità di completamento diminuisce lungo la linea: le
prime stazioni sono meno sature, si hanno meno pezzi
incompleti e non c’è effetto cascata. Si hanno come vincoli
precedenze e tempi di ciclo, quindi: STk della Kesima
operazione è la variabile casuale con distibuzione normale:

In generale il metodo funziona così, se la lista delle operazioni non è vuota e le stazioni non sono
vuote, si assegna un’operazione disponibile, si calcola ST e la probabilità di completamento. Se la
probabilità è migliore di Plimit si assegna la macchina, altrimenti si assegna quella con valore
massimo di probabilità.
Per eseguire il calcolo della probabilità di completamento, bisognerebbe fare utilizzo di un integrale
che non ha funzione primitiva:

Quindi si utilizza la funzione normale standardizzata f(z):

F(z) è la funzione di distribuzione cumulata della normale standar. Ora il problema è verificare
quando essa è maggiore di Plimit. Ci sono due approcci:

- Verificare la disequazione valutando F(z) dalle tabelle. In tal caso z in tabella è sempre
positivo, se non lo fosse, si può comunque usare le tabelle considerando:

- Il secondo approccio invece

Se ci sono stazioni che includono più operazioni, si stima la media e la varianza della somma dei
tempi.
Metodo di costo:
È una metodologia di allocazione che considera gli aspetti economici relativi ai costi. È stato
concepito per la prima volta da Kottas e Lau; è una tecnica euristica-economica; è un metodo
abbastanza semplice.
Le ipotesi sono:
• vincoli → precedenze e tempi di ciclo; operatori pagati nello stesso modo;
• viene definito uno standard time per ogni operazione k, ST k, con una distribuzione normale
di probabilità N(k;k2);
• le parti non completate devono seguire i seguenti step:
- le attività non eseguite, vengono completate offline
- il costo del completamento offline è costante.
I dati necessari sono:
• il tempo di ciclo CT;
• il costo orario della manodopera C mp;
• media e varianza dell’operazione k-esima;
• costo dovuto al mancato completamento dell’operazione I k (c. per il completamento offline).
Quando si assegna un'operazione k a una stazione, sono due le alternative possibili:
1. Assegnarla ad una stazione esistente
Aumentare quindi la probabilità di rilasciare una parte incompleta p k;
Il costo previsto per il completamento offline dell'operazione si calcola come 𝐶𝑘 = 𝐼𝑘 ∙ 𝑝𝑘 ;
2. Impostare una nuova stazione
I costi di manodopera per la nuova stazione devono essere coperti L k.
In poche parole i due casi differiscono per un aspetto del costo: nel secondo caso dobbiamo
considerare il costo di più manodopera, mentre nel primo caso dobbiamo considerare un costo per
il completamento più elevato.
Questa tecnica identifica operazioni che sono:
❖ disponibili → rispettano le proprietà di elaborazione
❖ sicure → se la probabilità di completamento è superiore al 99,5% (queste saranno assegnate
alla stazione prima delle operazioni preferibili)
❖ preferibili → se il risparmio previsto Lk è superiore al costo previsto Ck (vengono assegnate
alla stazione quando non sono più disponibili operazioni sicure)
❖ critiche → se è disponibile ma non preferibile (se in una stazione c’è un’operazione critica, è
la prima che deve essere scelta).
La probabilità di completamento entro il tempo totale (ST<CT) si calcola come:

Relative a questo metodo del costo possiamo definire le regole del “tiebrearer”:
➢ se un’operazione è disponibile e critica, viene assegnata ad una stazione vuota;
➢ se due operazioni sono sia disponibili che sicure, devo scegliere quella con il più alto costo
di completamento offline; in questo modo sono sicura di effettuare prima quella che
potrebbe creare maggiori problemi;
➢ se due operazioni sono disponibili e preferibili, ma non sicure, devo scegliere quella con il
più basso costo di completamento offline I k, perché non essendo sicure, è molto probabile
che non vengano completate, quindi è importante che il costo da sostenere dopo non sia
troppo elevato;
➢ se ci sono più operazioni critiche, si deve scegliere prima quella che ha più operazioni n k
immediatamente successive.
GESTIONE DELLE OPERAZIONI E PRODUZIONE LEAN

L’operation management si occupa della gestione di un intero sistema di produzione; i sistemi di


produzione sono molto complessi, per questo hanno bisogno di essere gestiti al meglio.
Un sistema di produzione è un sistema che converte degli input (materie prime, manodopera,
energia) in output (prodotti o servizi). L’operation manager è quindi il responsabile di questa
trasformazione. L’operation management è un’area di gestione che si occupa di controllare il
processo di produzione e riprogettare le operazioni aziendali per la produzione di beni o servizi.
L’operation management implica la responsabilità di garantire che le operazioni dell’azienda siano:
• efficienti → in termini di utilizzo di poche risorse dove necessario);
• efficaci → in termini di soddisfazione delle esigenze del cliente.
Il sistema di produzione è spesso usato come sinonimo di sistema di produzione o sistema di
assemblaggio.
Un sistema di produzione è un insieme di attrezzature e risorse umane integrate risorse umane, la
cui funzione è quella di eseguire una o più operazioni di lavorazione o assemblaggio su materie
prime, parti, o su un insieme di parti. I sottosistemi sono i processi di produzione, i sottosistemi
logistici e le strutture.
Le categorie delle decisioni di cui si occupa l’operation management sono:
- Progettazione dell'impianto EX-NOVO
- Pianificazione e gestione della capacità
- Scelte di localizzazione e layout
- Scelte riguardo innovazione, rinnovamento, aggiornamento, potenziamento
- Gestione della tecnologia
- Gestione della qualità
- Pianificazione e gestione dell'inventario
- Gestione dei materiali
- Gestione della manutenzione
- Pianificazione e programmazione della produzione
- Scelte di mix di prodotti..
Produzione lean:
Il Lean è nato dalle pratiche di produzione; negli ultimi tempi ha trasformato il mondo del lavoro e
della gestione. Questo approccio incoraggia la pratica del miglioramento continuo ed è basato
sull'idea fondamentale del rispetto per le persone. Punti focali del Lean:
• se un’azienda non raggiunge i risultati sperati o comunque risultati non buoni è colpa di
errori nel processo, non dei lavoratori;
• tutto inizia dal cliente, da ciò che vuole e desidera;
• il lavoro di squadra e il coinvolgimento continuo e sistematico di tutte le persone sono
elementi essenziali per garantire i risultati.
Vediamo i 5 principi della produzione lean:
Sono stati definiti da Woamck e Jones e sono considerati i punti fondamentali per migliorare
l'efficienza del luogo di lavoro:
1. definire il valore;
2. mappare il flusso del valore (value stream);
3. creare un flusso;
4. utilizzare un sistema pull;
5. perseguire la perfezione.

1. Per definire il valore è prima importante capire che cosa è: in sintesi è ciò che il cliente è
disposto a pagare. È fondamentale scoprire le esigenze reali o latenti del cliente. A volte i
clienti non sanno cosa vogliono o non sono in grado di articolarlo. Questo è particolarmente
comune quando si tratta di prodotti o tecnologie nuove. Esistono molte tecniche per scoprire
ciò che i clienti trovano prezioso (ad esempio interviste, sondaggi, analisi web, etc.). con
questi mezzi dovremmo essere in grado di scoprire:
- cosa voglio i clienti;
- come vogliono che il prodotto o il servizio sia fornito;
- il prezzo che possono permettersi.

2. L'obiettivo è identificare tutte le attività che contribuiscono al valore del cliente. Le attività
che non aggiungono valore al cliente finale cliente finale non devono essere considerate, ma
scartate. Gli scarti possono essere suddivisi in due categorie:
- non a valore aggiunto ma necessari (dovrebbero essere ridotti il più possibile);
- non a valore aggiunto e non necessari (sono rifiuti puri e devono essere eliminati).
Riducendo ed eliminando i processi o le attività inutili, si può fare in modo che:
- i clienti ricevano esattamente ciò che desiderano;
- siano ridotti i costi di produzione di quel prodotto o servizio.

3. Dopo aver rimosso gli scarti dal dal flusso di valore, l'azione successiva è garantire che il
flusso delle fasi rimanenti si svolga senza interruzioni o ritardi. Alcune strategie per garantire
questo sono:
- suddividere la produzione in step/fasi;
- riconfigurare le fasi di produzione;
- livellare il carico di lavoro;
- creare reparti interfunzionali;
- formare i dipendenti in modo che siano multi-specializzati e che si possano adattare
facilmente a diverse funzioni.

4. L'inventario è uno dei maggiori sprechi di ogni sistema di produzione.


L'obiettivo di un sistema pull è proprio quello di limitare l'inventario e il WIP, assicurando al
contempo la disponibilità dei materiali e delle informazioni necessarie per un flusso di lavoro
regolare. I sistemi di produzione e di consegna "just in time" sono preferibili perché i prodotti
vengono creati nel momento in cui sono necessari e nelle quantità necessarie. I sistemi pull
sono quindi sempre creati a partire dalle esigenze dei clienti finali.

5. Questo è lo step più importante, in quanto rende il pensiero lean e il miglioramento continuo
dei processi una parte della cultura organizzativa. Ogni dipendente deve tendere alla
perfezione mentre realizza prodotti basati sulle esigenze dei clienti. L'azienda inoltre deve
essere un'organizzazione che apprende e trova sempre il modo di migliorare ogni giorno.
VALUE STREAM

Lo scopo dell'analisi dei flussi di valore è quello di identificare e rimuovere o ridurre gli "sprechi" nei
flussi di valore (perché vogliamo tenere soltanto i prodotti buoni nel flusso del valore) in modo da:
• aumentare l'efficienza;
• aumentare la produttività creando operazioni più snelle/lean.
Una value stream si concentra sulle aree di un'azienda che aggiungono valore a un prodotto o
servizio, mentre la catena del valore (value chain) si riferisce a tutte le attività all'interno di
un'azienda. Monden (nel 1994) ha identificato tre tipi di operazioni:
❖ Operazioni che non aggiungono valore (NVA): azioni che dovrebbero essere eliminate, che
non servono a nulla, che sono solo una perdita di tempo, come ad esempio l'attesa;
❖ Operazioni necessarie ma senza valore aggiunto (NNVA): azioni che sono dispendiose ma
necessarie in base alle attuali procedure operative;
❖ Operazioni che aggiungono valore (VA): attività che aggiungono direttamente valore al
prodotto come la conversione o trasformazione di materie prime.
Mappatura del flusso di valore (VSM):
La mappatura del flusso del valore è un metodo di lean-management per analizzare lo stato attuale
e progettare uno stato futuro, con una riduzione degli sprechi rispetto alla mappa attuale. Si applica
agli eventi che portano un prodotto o servizio dal suo inizio fino al cliente. Viene spesso utilizzata
per progettare flussi a livello di sistema attraverso più processi.
L'approccio VSM è semplice e deve essere realizzato con tutti, tutti devono essere coinvolti.
Sebbene la mappatura del flusso di valore sia spesso associata alla produzione, viene utilizzata anche
in altre aree o reparti come ad esempio nella logistica, nelle catene di fornitura, nei processi
amministrativi, etc. In sostanza se c’è un processo, questo deve essere anche mappato.
(vedi slide 8-12, unità 7, ci sono i disegni)
Come costruire una lean value stream map:
→ Fase 1: Identificazione della famiglia di prodotti
Identificare la famiglia di prodotti che si desidera mappare è molto importante. Troppe
persone entusiaste corrono a mappare il primo prodotto o processo che vedono, è invece
bene concentrarsi sulle aree più importanti. In questa fase inoltre si identificano le risorse
da coinvolgere.
→ Fase 2: Creazione di una mappa del flusso di valore dello stato attuale (AS IS)
Siamo interessati a come le cose appaiono oggi. Non siamo interessati a come le cose
"dovrebbero" apparire o come sono state "progettate" per apparire. Il pezzo di carta è un
punto chiave. È consigliabile utilizzare un software per disegnare le mappe finali, ma
comunque non usare direttamente un computer all’inizio. Un cronometro, un foglio di carta
di grandi dimensioni, una matita e una gomma da cancellare sono tutto ciò che serve a
questo punto.
→ Fase 3: Creare una mappa del flusso di valore dello stato futuro (TO BE)
Ora abbiamo una migliore comprensione dello stato attuale e siamo pronti a disegnare
un'immagine di come vorremmo che le cose in futuro. In genere ci proponiamo di rendere
le cose più fluide e ridurre le scorte o le attese tra una fase e l'altra. È a questo punto che le
persone iniziano ad usare la fantasia e l’immaginazione.
→ Fase 4: Creare un piano d'azione
Ora che sappiamo come funzionano le cose oggi e come vorremmo vederle funzionare in
futuro, è il momento di formare un piano d'azione per applicare alcuni cambiamenti.
I SETTE SCARTI

È importante definire i seguenti concetti:


➢ Lavoro a valore aggiunto → cosa il cliente è disposto a pagare; il prodotto deve cambiare
fisicamente;
➢ Lavoro senza valore aggiunto → lavoro che al momento non porta valore, ma che deve
essere fatto per soddisfare il cliente; quindi sono lavori che non possono essere eliminati,
perché appunto servono per soddisfare il cliente, ma possono essere ridotti;
➢ Rifiuti → non aggiungono valore al cliente, quindi si deve cercare di eliminarli per forza.
Dobbiamo quindi cercare di eliminare o ridurre le attività che portano alla produzione di rifiuti.
L’operation management ha come obiettivo quello di aumentare l’efficienza di un impianto, quindi
aumentare le attività che portano valore. Solitamente l’OM si concentra sulle attività che portano
valore, ma è importante anche concentrarsi sui rifiuti; questo perché riducendo le attività che
generano rifiuti si aumenta la produttività dell’impianto e quindi la sua efficienza. Questo
rappresenta l’approccio lean.
- Approccio lean → ci si deve concentrare anche sui rifiuti.
- Approccio tradizionale → ci si concentra solo sulle attività che portano valore per aumentare
la produttività.
Per poter eliminare gli sprechi, è necessario però prima identificarli. I rifiuti si distinguono in:
1. Difetti
2. Inventario
3. Processo extra
4. Attesa
5. Movimento
6. Trasporto
7. Sovrapproduzione
Per rilevare i rifiuti si usa il cosiddetto metodo del cerchio: si sceglie un luogo per osservare il
processo e si disegna un cerchio sul terreno; dall'interno del cerchio osservare il processo per 30
minuti; si annotano poi circa 30 tipi di rifiuti identificati e si discute con i membri del team le
eventuali cause di questi rifiuti; si pensa poi ad un’alternativa per evitare il rifiuto e ottenere un
miglioramento in futuro. Il risultato è il giornale KAIZEN, che mostra i problemi e i modi per risolverli.
1. Difetti
Un difetto è un qualsiasi prodotto che abbia caratteristiche inferiori a quelle richieste dal
cliente. I difetti hanno un forte impatto su (comunque dobbiamo pagare per produrli,
impiegare materie prime e tempo, macchinari e risorse per la loro produzione):
- Costi di garanzia
- Perdita di capacità produttiva
- Costi di rilavorazione
- Numero di clienti.

Più tardi vengono identificati i difetti, più alti saranno i costi dovuti a questi. Le cause dei
difetti possono essere:
- Mancanza di controlli nella fase di processo
- I pezzi difettosi non vengono scoperti subito, ma proseguono nella produzione
- Materiali di bassa qualità
- Attrezzature inadeguate
- Istruzioni da seguire non chiaramente definite.
Gli strumenti per eliminare i difetti sono:
✓ "Principio dell'arresto della linea", cioè la produzione viene fermata quando si rileva
un pezzo difettoso e la causa che ha portato al difetto viene eliminata. Questo metodo
è però molto costoso, perché fermando la linea, si arresta tutta la produzione
dell’intera linea produttiva;
✓ “Poka-yoke”, cioè la tecnica "a prova di errore": questa tecnica rende impossibile (o
estremamente difficile) che si crei un difetto. I difetti non possono avvenire perché si
è trovato il modo giusto per realizzare la produzione;
✓ “Analisi dei 5 perché”, consiste nel chiedersi perché le cose accadono, in modo da
identificare la vera radice del problema;
✓ “Grafici a lisca di pesce”, sono una rappresentazione grafica del problema. Il difetto è
sulla testa del pesce, mentre le lische sono tutte le sue possibili cause;
✓ “Jidoka”, è uno dei pilastri del sistema di produzione Toyota; si basa sulla necessità di
fermare automaticamente le macchine quando viene riscontrato un difetto.
✓ “Istruzioni chiare”, consiste nel fornire istruzioni di lavoro chiare e precise, che
l'operatore sia in grado di seguire senza rischio di errore.

2. Inventario
Per inventario si intende tutto ciò che si ha a portata di mano ma che non viene utilizzato
per soddisfare la domanda attuale del cliente. È uno spreco di soldi come il WIP e può creare
ostacoli. Le scorte possono assumere varie forme, ad esempio:
- Prodotti finiti
- Prodotti in corso di lavorazione (WIP)
- Materie prime
- Documenti di accesso
- Email non lette.
I costi delle scorte sono dovuti a:
- Mantenimento delle scorte
- Possibile obsolescenza
- Inflazione
- Costo di opportunità
Le scorte non danno sicurezza: le grandi scorte generano un falso senso di fiducia: tutti gli
sprechi che potrebbero essere eliminati non possono essere visti.
Le cause dell’accumulo di inventario possono essere:
- Necessità di nascondere la scarsa qualità dei processi di produzione
- Guadagno basato solo sull’output del processo di produzione
- Velocità di produzione non costante
- Produzione basata su previsioni (spesso errate) dei costi di produzione.
Gli strumenti per eliminare l’accumulo di inventario sono:
✓ Scambio di stampi in un solo minuto (SMED), prevede di usare macchine versatili che
si adattano rapidamente per eseguire lavori diversi, invece di avere scorte di tutti i
possibili;
✓ Flusso di un pezzo, ovvero avere un flusso di un prodotto alla volta: ogni fase di
produzione inizia solo se c'è richiesta di quella successiva; ogni operatore sa cosa
succede nelle altre fasi;
✓ Kanban, questo riduce il Work In Process, perché ogni fase di produzione viene
attivata solo quando è richiesta (logica pull).

3. Lo spreco della lavorazione scarti di processo


Un processo extra è un processo che sembra aggiungere valore all'oggetto, ma in realtà non
lo fa dal punto di vista del cliente. I costi per questo tipo di rifiuti sono:
- Tempo e materiali aggiuntivi necessari per completare il processo
- Costo dell'energia
- Costo di macchinari non necessari.
Le cause degli scarti di lavorazione invece sono:
- I requisiti, richiesti dal cliente poco chiari
- Eseguiamo operazioni che, in realtà non interessano al cliente.
- Progettazione del prodotto più complessa di quanto sia effettivamente necessario
per il cliente
- In entrambi i casi, il problema di fondo è la mancanza di comunicazione.
Gli strumenti per eliminare gli scarti di lavorazione sono:
✓ Una volta individuato lo spreco del processo, interrompetelo immediatamente;
✓ Eseguite un'analisi del flusso di lavoro per capire quali processi sono effettivamente
necessari e quali no;
✓ Cercate di determinare esattamente ciò che il cliente vuole.

Attese - Waiting
4. Perdita di tempo
Per perdita di tempo si intente il tempo di inattività creato quando materiali, macchine,
ispezioni e informazioni non sono pronti per le persone. Le perdite di tempo sono anche
perdite in termini di costi, perché il tempo è denaro. I costi per l’attesa sono:
- Capacità persa
- Costi operativi
- Costi per gli straordinari
- Perdita di flessibilità
- Costo della sovrapproduzione.
Gli strumenti per eliminare i tempi di attesa sono:
✓ Bilanciamento del carico di lavoro, attraverso il diagramma di Yamazumi (grafico a barre per
mostrare i carichi di lavoro suddivisi tra un certo numero di operatori);
✓ Flusso unico (flusso di un pezzo), migliora molti aspetti della produzione, compresa l'attesa;
✓ Heijunka (livellamento della produzione), evita la variabilità, cercando di lavorare lo stesso
tempo ogni giorno.

5. Spreco di movimento
Qua si intendono i movimenti che l'operatore deve effettuare per completare il lavoro.
Esempi: spostamento da una postazione all'altra, cercare e raggiungere strumenti lontani,
sollevare oggetti pesanti, etc. Le cause dello spreco di movimento sono:
- Processi produttivi mal progettati
- Processi produttivi progettati non dal punto di vista dell'operatore che li esegue
- Mancanza di metodi di lavoro standard
- La stessa operazione non viene mai eseguita nello stesso modo
- Scarsa progettazione del layout dell'area di lavoro
- Disorganizzazione e disordine.
I costi del movimento sono rappresentati da:
- Lo spreco di movimento ha un forte impatto sulla produttività
- In un luogo di lavoro disorganizzato la persona media può spendere circa 30" ogni 5'
alla ricerca di qualcosa, il che significa il 10% del tempo totale (in un turno di 450
minuti, possiamo sprecare fino a 45 minuti alla ricerca di qualcosa)
- È importante sapere quindi che lo spreco di movimento è un enorme ‘killer’ per la
produttività.
Gli strumenti per eliminare gli sprechi di movimento sono:
Sort, Straighten, Shine, Standardize, Sustain
✓ 5S (sorteggiare, raddrizzare, asciugare, standardizzare e sostenere);
✓ Prendere nota del tempo necessario per eseguire ogni operazione e registrarlo nella
tabella. In questo modo, si può vedere dove si verifica lo spreco di movimento e sarà
più facile eliminarlo;
✓ Cinque passi per eliminare il movimento:
Fase 1: eliminare le cose che non servono (5S)
Fase 2: Tenere le cose di cui abbiamo bisogno vicino a noi
Fase 3: Usare entrambe le mani per lavorare
Fase 4: Ridurre il numero di movimenti
Fase 5: Fare movimenti comodi e sicuri.

6. Spreco nei trasporti


Per sprechi di trasporto si intendono tutti gli spostamenti del prodotto che non aggiungono
valore. Le cause di questi sprechi sono:
- I layout degli impianti che non minimizzano gli spostamenti interni
- Produzione in grandi lotti, che possono essere spostati solo da macchinari speciali
- Grandi scorte
- Necessità di trasportare oggetti da un'area all'altra.
I costi degli sprechi nei trasporti sono:
- Aumenta il tempo di consegna e la quantità di prodotti in magazzino
- Aumentano i costi di trasporto degli oggetti (macchinari, nastri trasportatori, etc.)
- Elevato costo di generazione dell'ordine di trasporto.
Gli strumenti per eliminare gli sprechi di trasporto sono:
✓ Utilizzare layout di business a celle, in ogni cella vengono inserite tutte le operazioni
che fanno parte di una famiglia di prodotti;
✓ Layout a lotti e code, in ogni area di lavoro vengono prodotti dei lotti che vengono
poi spostati nell'area successiva, dove attendono di essere utilizzati;
✓ Layout di flusso, la necessità di spostare gli oggetti è notevolmente ridotta, ma ci sono
ancora code e scorte di oggetti in attesa di essere elaborati, poiché la linea non è
bilanciata; questo richiede la spinta manuale per il trasporto;
✓ Flusso di un pezzo, nessuna fase di produzione inizia se non è richiesta da quella
successiva, cioè, in ultima istanza, se non è richiesta dal cliente.
✓ Routine di rifornimento di materiale, c’è sempre movimento di materiali, ma gli
sprechi sono ridotti grazie all’utilizzo di un efficiente sistema di prelievo.
✓ Ridurre il trasporto, tutti gli strumenti da utilizzare durante l'operazione devono
sempre essere a portata di mano; la persona che esegue l'operazione non deve mai
lasciare la stazione per andare a prendere gli strumenti necessari.

7. Scarti per sovrapproduzione


Per sovrapproduzione si intende tutto ciò che viene prodotto ma non serve a soddisfare le
esigenze attuali del cliente. Produrre più del necessario implica inoltre anche altri sprechi,
come il trasporto, le attese, etc. Le cause degli sprechi di sovrapproduzione sono:
- Approccio "just-in-home”, voglio produrre tutto quello che posso senza considerare
implicazioni esterne o le risorse necessarie per realizzare tutto questo;
- Tempi di set-up lunghi
- Necessità di utilizzare materiali acquistati in grandi quantità
- Ottimizzazione della fase di produzione individuale invece che dell’intero processo.
I costi della sovrapproduzione sono:
- Gli oggetti prodotti possono diventare obsoleti
- Articoli venduti a prezzi ridotti
- Effetto moltiplicatore su tutti gli altri rifiuti
- Poiché si produce ciò di cui non si ha effettivamente bisogno è difficile capire quale
sia la reale capacità produttiva dell'impianto
- Non è facile capire cosa può essere garantito ai clienti.
Gli strumenti per eliminare gli sprechi per sovrapproduzione sono:
✓ Sistema di rifornimento delle scorte man mano che vengono consumate. Il kanban
(tag, cartellino) è apposto su un contenitore che viene riempito una volta svuotato;
✓ Gestione visiva, quando si riempiono le aree contrassegnate, la produzione si ferma;
✓ SMED, si produce solo quando è necessario;
✓ Flusso di un pezzo.
JUST IN TIME – KANBAN

I principali approcci per reagire alla domanda dei clienti sono:


❖ Logica PUSH: non aspettiamo una richiesta per agire (previsione)
❖ Logica PULL: si reagisce a una richiesta.
Nell’approccio push si agisce senza considerare cosa avviene dopo, mentre nell’approccio pull si. La
produzione dovrebbe seguire un approccio pull.
Dal punto di vista della produzione/logistica:
- Sistema PULL puro: Tempo di produzione < Tempo di consegna (P<D)
- Sistema PUSH puro: Tempo di consegna = 0 (P>D)
Consideriamo una linea di assemblaggio con 3 stazioni; ogni lavoro ha un ST di 8 ore; il tempo di
produzione totale P è di 24 ore; il cliente è disposto ad accettare un tempo di consegna D inferiore
a 15 ore. Poiché (P>D), sembra che questo processo debba essere gestito con un approccio PUSH;
vediamo però i vari approcci possibili.
Processo push:

In un sistema push, i prodotti vengono prodotti prima dell'ordine del cliente, che entra nel sistema
al punto di stoccaggio del prodotto finale, quindi il tempo di consegna è = 0. È un servizio molto
interessante, ma non è quello che il cliente vuole, non pretende un tempo di consegna nullo.
Processo con un sistema mixato push e pull:
In questo caso, il punto di penetrazione dell’ordine (OPP) sta entrando nel buffer dei semilavorati.
Adesso Max D time (15h) > P2 time + P1 time (12h), quindi abbiamo soddisfatto la richiesta del
cliente (max D=15h) usando anche una logica pull. Ci sono però 2 problemi:
- Criticità push: è relativa alla corretta gestione dell’inventario (dobbiamo programmare la
produzione in modo da avere una quantità sufficiente di semilavorati);
- Criticità Pull: avere una capacità produttiva sufficiente a soddisfare la richiesta variabile del
mercato.
Il materiale complessivamente stoccato ha un valore inferiore, perché stiamo parlando di prodotti
semi-lavorati.
Processo verso il Just-in-Time:

Il Just-in-Time si basa su un approccio alla gestione dei materiali di tipo "look-back". Il JIT ci permette
di ridurre il tempo di consegna, inserendo un piccolo magazzino lungo la linea di produzione.
Quando il cliente ha bisogno di un prodotto, lo trova nel magazzino dei prodotti finiti. In questo
modo il tempo D≈0. Inoltre la quantità nel magazzino prodotti finiti diminuisce di uno. L’emissione
di un ordine interno richiede il ripristino degli articoli nel magazzino. Tutti questi ordini fanno
diminuire di uno anche il magazzino dei semilavorati.
Una classificazione "pull" è possibile considerando che ogni centro di lavoro si attiva a seguito di una
richiesta proveniente da valle. L’approccio look-back consiste nel ripristinare la situazione
precedente alla richiesta.
La differenza tra l’approccio mixato e il JIT è che nel secondo caso stiamo producendo solo ciò che
è necessario, senza avere troppe materie prime che sono molto costose.

KANBAN
Il kanban è qualcosa di visivo, solitamente un’etichetta che ci aiuta ad avere un sistema pull. Si usa
per la gestione dei semilavorati. Caratteristiche del kanban:
→ è un’etichetta con indicazione della quantità e del tipo di materiale presente in una
macchina;
→ viene applicato a un contenitore che, una volta svuotato, viene riempito nuovamente;
→ viene utilizzato per il controllo del flusso in entrata, tenendo limitato il numero di tag;
→ è un metodo applicato a una singola macchina
La produzione "just-in-time" è implementata attraverso l'uso di schede (kanban) associate ai diversi
contenitori dei componenti. Ogni scheda contiene una serie di informazioni, tra cui il codice
identificativo del componente e la quantità di pezzi contenuti.
Kanban: sistema a 2 cassetti (2 bin system)
Si tratta di un semplice sistema pull, in cui i pezzi vengono forniti da due contenitori rotanti. Il 2 bin
utilizza due contenitori fisici per gestire di solito l'inventario di pezzi piccoli ma critici. Un contenitore
pieno ha in cima una scheda Kanban con tutte le informazioni sul contenuto del contenitore. I
lavoratori prelevano da un contenitore fino a quando non è vuoto. Poi passano al secondo e allo
stesso tempo rimuovono il Kanban e effettuano un ordine per rifornire gli articoli nel primo
contenitore. La quantità riordinata è la quantità di un singolo contenitore. Sebbene i sistemi Kanban
a 2 cassetti sembrino facili, possono diventare molto complessi se vengono applicati su centinaia e
centinaia di contenitori. Quindi prima di usarli dobbiamo verificare se sono adatti al nostro processo.
Kanban: sistema a 2 schede
Nei sistemi di produzione, di solito, si utilizzano due tipi di schede:
• Un kanban per i prelievi, ritiri
• Un kanban per il lancio degli ordini di produzione (kanban di produzione)
Il numero di kanban per i prelievi è uguale al numero di kanban di produzione.
I kanban di ritiro riportano:
- chi sposta un oggetto
- da dove a dove viene spostato
- quando deve essere spostato
- quanti devono essere spostati.
Nulla può essere spostato se non ha un Kanban di ritiro; questo specifica il tipo e la quantità di
prodotto che la fase a valle deve prelevare da quella a monte e viene utilizzato per far risalire i
consumi tra le varie fasi di lavorazione.
Un kanban di produzione invece è semplicemente un segnale che autorizza la produzione del
materiale consumato a valle. Il kanban di produzione specifica:
- cosa produrre
- dove produrre
- quanto produrre
- chi consuma
- chi produce.
Normalmente è contenuto in un pannello kanban: nel cartellone Heijunka, che è generalmente
suddiviso con una griglia rettangolare; ogni colonna indica un prodotto e ogni riga una data
temporale (settimana, giorno, turno, ora). Le prime righe sono verdi, le seconde gialle e le ultime
rosse. Ogni sera le schede vengono spostate verso il basso. Nel cartellone Heijunka io dovrò scegliere
prima i kanban che sono più urgenti, quindi quelli che si trovano nella riga rossa. Devo cercare di
rendere la parte rossa vuota.
Il kanban di produzione non si sposta dalla stazione di produzione.
Kanban: Sistema a 3 schede
Nelle applicazioni più recenti c'è anche un kanban per il fornitore: questo serve per comunicare al
fornitore le parti di cui abbiamo bisogno.
Regole Kanban:
➢ La fase di lavoro a valle deve raccogliere le parti necessarie dalla fase di lavoro a monte, nella
quantità necessaria e nel momento giusto.
- Divieto di qualsiasi prelievo che non utilizzi il kanban;
- Divieto di prelievo in quantità superiori a quelle indicate dal kanban;
- Il prodotto fisico deve sempre essere accompagnato da un Kanban.
➢ Le fasi di lavoro a monte devono produrre i loro prodotti nelle quantità che saranno raccolte
dalle fasi a valle.
- Divieto di produrre più pezzi del numero di carte kanban;
- Se in una fase a monte devono essere prodotti diversi tipi di pezzi, la loro produzione
deve seguire l'ordine in cui ciascun tipo di kanban è stato consegnato (priorità delle
posizioni occupate dai kanban nella scheda di raccolta).
Kanban: produzione-ritiro
Quando si prende un kanban di ritiro, è necessario andare a cercare un corrispondente kanban di
produzione, nel reparto: qui si trova il materiale per la lavorazione richiesta. Dopo la produzione, il
materiale consumato deve essere ripristinato, con una speciale procedura di movimentazione,
gestita da un operatore esperto chiamato Mizusumashi o ragno d'acqua.
Linea di assemblaggio:
Quando l'area a valle è vuota, viene assemblato un nuovo pezzo; un nuovo sottogruppo viene
prelevato dall'area area a monte; l’assemblaggio inizia; le parti necessarie vengono prese dallo store
della stazione; la scatola vuota viene lasciata nell'area dei contenitori vuoti; le attività di
assemblaggio iniziano; il prodotto assemblato viene inviato all'area delle parti completate; e così
via.
Reparto di produzione:
Viene effettuata la produzione di nuovi pezzi; viene poi completata; l'addetto alla produzione
colloca i prodotti nell'area dei pezzi pronti; l'operaio di produzione si reca all’Heijunka per trovare il
suo prossimo lavoro; l’operatore sceglie la scheda nell’area rossa; l’operatore ritira il kanban di
produzione; l'operaio ha bisogno di una scatola e si reca nell'area delle scatole vuote per prenderne
una; l’operaio si reca alle macchine per la produzione e inizia appunto la produzione; la produzione
del componente viene completata; l'addetto alla produzione colloca i prodotti nell'area dei pezzi
pronti; e così via.
Mizusumashi:
Mizusumashi raccoglie le scatole vuote dalla linea di assemblaggio; Mizusumashi porta le scatole
vuote nel reparto di produzione; Mizusumashi porta le scatole vuote nella casella di posta del
reparto di produzione; Mizusumashi raccoglie le corrispondenti scatole piene nell'area dei pezzi
finiti; Mizusumashi porta le parti nell'area out-box; Mizusumashi stacca il kanban di produzione dalle
scatole piene; Mizusumashi pone il kanban di produzione nella parte superiore della scatola
Heijunka; Mizusumashi ha bisogno del kanban di ritiro per tornare alla catena di montaggio; M. va
nell'area delle scatole vuote; Mizusumashi raccoglie i kanban di ritiro dalle scatole che ha preso dalla
catena di montaggio; Mizusumashi allega il kanban di ritiro alle scatole piene; Mizusumashi raccoglie
le scatole piene con il kanban di ritiro; Mizusumashi rilascia le nello store della stazione di
produzione; Mizusumashi raccoglie le scatole vuote dalla linea di assemblaggio; e così via.
LE 5 S

Le 5S sono uno strumento molto utile utilizzato nell’approccio lean. 5S è un metodo di


organizzazione del luogo di lavoro formalizzato in Giappone e considerato come una delle principali
tecniche di produzione lean. È stato ideato da Sakichi Toyoda. 5S è l’acronimo di 5 parole:
1. Sort (cosa è utile e cosa no)
2. Set in order (mettere in ordine, organizzare)
3. Shine
4. Standardize
5. Sustain (continuare a lavorare)
6. Safety (aggiunta solo in pochi casi)
Il metodo delle 5S viene utilizzato perché:
• ha un costo basso, ma un impatto elevato: si possono vedere subito i risultati appena si
applica;
• coinvolge tutti: tutti possono farlo perché è un metodo semplice;
• ha come obiettivo “zero incidenti”, in quanto evita i danni e garantisce sicurezza, dove è
possibile solo con ordine e pulizia;
• ha come obiettivo "nessun difetto e nessun reclamo", grazie all’ordine e alla pulizia si
garantisce anche un elevato livello di qualità.

1. SEIRI – Sort
Seiri consiste nel raccogliere tutti gli oggetti in una posizione e nel rimuovere tutti gli oggetti
non necessari dal luogo. Gli obiettivi sono:
- Ridurre la perdita di tempo nella ricerca di un oggetto riducendo il numero di oggetti;
- Ridurre la possibilità di distrazione da parte di oggetti non necessari;
- Semplificare l'ispezione;
- Aumentare la quantità di spazio utile e disponibile;
- Aumentare la sicurezza eliminando gli ostacoli.
Per implementarlo bisogna controllare tutti gli articoli presenti in una sede e valutare se la
loro presenza nel luogo è utile o necessaria. In caso di dubbio, va eliminato comunque.
Etichettatura rossa:
1. Valutare e fotografare l'area di lavoro;
2. Identificare e contrassegnare con un'etichetta rossa gli oggetti che non sono più
necessari;
3. Spostare gli articoli rimanenti in un'area temporanea dedicata; se un articolo rimane
lì per più di 30 giorni, deve essere rimosso.

2. SEITON – Set in order


Seiton consiste nel mettere tutti gli elementi necessari nel posto ottimale per svolgere la loro
funzione. Il suo obiettivo è rendere il flusso di lavoro fluido e semplice. Dobbiamo ricordarci
di mettere ogni cosa al suo al suo posto anche se siete di fretta in modo da non avere
problemi anche in caso di emergenza. È importante anche preparare i luoghi in cui riporre
gli oggetti, riorganizzare spazi, scaffali e armadietti. Se necessario, bisogna aggiungere un
numero minimo di scaffali e riordinare i punti in cui gli oggetti devono essere conservati.
Per implementarlo bisogna:
- Disporre le postazioni di lavoro in modo tale che tutti gli strumenti/attrezzature siano
nelle immediate vicinanze, in un punto facile da raggiungere e in un ordine logico
adatto al lavoro svolto;
- Collocare i componenti in base al loro utilizzo, in modo che i componenti utilizzati più
di frequente siano più vicini al posto di lavoro;
- Disporre tutti gli elementi necessari in modo che possano essere facilmente
selezionati per l'uso;
- Facilitare la ricerca e il prelievo degli articoli necessari;
- Assegnare agli oggetti una collocazione fissa;
- Utilizzare etichette chiare, segni o suggerimenti in modo che gli oggetti siano facili da
riportare nella posizione corretta e in modo che sia facile individuare gli articoli
mancanti.

3. SEISŌ – Shine
Seiso pulisce e ispeziona regolarmente il luogo di lavoro, gli strumenti e i macchinari. Il suo
obiettivo è:
- Prevenire il deterioramento;
- Mantenere la postazione di lavoro sicura, facile, lean e piacevole;
- Quando è in funzione, chiunque non abbia familiarità con l'ambiente, deve essere in
grado di individuare eventuali problemi nel giro di 10 metri entro 5 secondi.
Se l’ambiente è sporco e disordinato è più difficile identificare i guasti. Questa è la fase più
trascurata delle 5S, ma è la più importante per essere in grado di ispezionare nella maniera
corretta il luogo di lavoro. È fondamentale trovare del tempo per la pulizia, e dovrebbero
essere coinvolti in questa tutti i lavoratori, non solo quelli ai livelli più bassi.
Per implementarlo bisogna:
- Pulire il posto di lavoro e le attrezzature su base giornaliera,o con un altro intervallo
di pulizia appropriato (ad alta frequenza);
- Ispezionare il luogo di lavoro e le attrezzature durante la pulizia.
Gli step necessari sono:
- Assegnare le responsabilità
- Stabilire gli standard di pulizia
- Rispettare il programma
- Pulire in tempo
- Pulire quando lo sporco è ancora leggero.

4. SEIKETSU – Standardize
Seiketsu consiste nello standardizzare i processi utilizzati per selezionare, ordinare e
pulire del posto di lavoro. L’obiettivo di questa fase è stabilire procedure e programmi per
garantire la ripetizione delle prime tre 'S'.
Per implementarlo bisogna:
- Sviluppare una struttura di lavoro che supporti le nuove pratiche e che le renda parte
della routine quotidiana;
- Assicurarsi che tutti conoscano le proprie responsabilità per quanto riguarda l’ordine,
l'organizzazione e la pulizia;
- Utilizzare foto e controlli visivi per mantenere tutto come dovrebbe essere;
- Verificare regolarmente lo stato di attuazione delle 5S utilizzando liste di controllo.

5. SHITSUKE – Sustain
Shitsuke prevede l'autodisciplina dei lavoratori. Si traduce anche come "fare senza che
nessuno glielo dica". L’obiettivo è assicurare che l'approccio 5S venga seguito e mantenere
sempre un approccio positivo.
Per implementarlo bisogna:
- Organizzare sessioni di formazione;
- Eseguire verifiche periodiche per assicurare che tutti gli standard definiti vengano
implementati e rispettati;
- Implementare miglioramenti ogni volta che è possibile; i contributi dei lavoratori
possono essere molto preziosi per identificare i miglioramenti;
- In caso di problemi, identificarne la causa e implementare le modifiche necessarie
per evitare che si ripetano;
- Tutti i lavoratori devono pulire per un tempo definito e uguale ogni giorno.
POKA YOKE

Il termine Poka Yoke (fail proof) fu introdotto da Shingo ai processi industriali per prevenire l’errore
umano. L’idea dietro a questo concetto è quella di rispettare l’intelligenza dei lavoratori, ma
soprattutto liberare tempo e memoria dei lavoratori controllando attività ripetitive e lasciando loro
spazio per attività creative e a valore aggiunto. Shingo fece una distinzione tra l’idea di errori umani
inevitabile e difetti manifatturieri. Infatti, i difetti si verificano quando si permette agli errori di
raggiungere il cliente, in altre parole gli errori in produzione diventano difetti al cliente. La prima
applicazione è stata quella di evitare che gli operai dimenticassero di inserire il numero corretto di
molle durante l’assemblaggio di un piccolo interruttore. Riassumendo i tre obiettivi erano:

- Non accettare che il processo produca difetti


- Non creare difetti
- Non permettere al difetto di passare gli step successivi.

L’obiettivo è di progettare un processo in modo che gli errori possano essere previsti prima che
accadano oppure individuati e corretti immediatamente, eliminando così i difetti alla loro nascita.
Prima di tutto bisogna dire che l’approccio tipico assume che gli errori non sono evitabili quindi le
persone commettono errori, li incolpiamo e scopriamo gli errori durante l’ispezione finale o al
cliente. L’approccio lean invece ci dice che gli errori sono evitabili, infatti tutti gli sbagli che le
persone fanno possono essere ridotti o eliminati e abbiamo bisogno di formare le persone per
creare un sistema basato sulla prevenzione. Bisogna inoltre distingue gli errori, ovvero l’intenzione
non sono buone, dagli sbagli, in cui tu non sei mal intenzionato. La maggior parte degli incidenti
infatti è associata all’errore umano, ma in molti casi l’errore è il risultato di un basso progettazione.
Tra i principali benefici di Poka Yoke:

- Riduzione tempi di setup con associata la riduzione dei tempi di produzione e l’aumento della
produttività
- Eliminazione errori di setup e miglioramento qualità
- Aumento sicurezza
- Costi bassi di controllo qualità
- Basse competenze richieste, così da spendere meno tempo in formazione
- Aumento flessibilità produzione
- Riduzione tempo di ispezione
- Miglioramento attitudini lavoratori
- Aumento soddisfazione e lealtà del cliente.
Ci sono sei principi per l’applicazione di Poka Yoke, i primi quattro appartengono alla prevenzione
(error proof), quindi prevenire l’errore umano, gli ultimi due alla detection (mistake proof), ovvero
minimizzare gli effetti degli errori umani:

- Eliminazione: evitare il ripresentarsi del problema, rendendo l’intervento non più necessario;
richiede la riprogettazione del processo
- Prevenzione: evitare che l’operazione venga eseguita in modo errato; quando il processo
non è riprogettato; esso mett il processo robusto
- Sostituzione: utilizzare qualcosa di meglio, sostituire un componente del processo per
renderlo più affidabile
- Facilitazione: rendere il processo più facile da eseguire, consentire di ottenere risultati
migliori con la semplificazione
- Rilevamento: osservare ciò che non va e interrompere il processo; identificare l’errore non
appena viene commesso
- Attenuazione: impedire che la situazione degeneri; ridurre al minimo gli effetti dell’errore.

Ci sono tre livelli di Poka Yoke:

1. Non può accettare o superare: si concentra sull’evitare che il prodotto difettoso raggiunga
l’operazione successiva o il cliente (Ex. fogli o liste di controllo di ispezioni, test funzionali di
fine linea)
2. Impossibile elaborare: livello di avviso in quanto fornisce una notifica all’operatore che si è
verificato un guasto (ex. misuratore di coppia che attiva una luce rossa o verde)
3. Non si può produrre: include tutti i controlli implementati per prevenire i difetti, quindi i
pezzi non conformi non possono essere prodotti (ex. slot USB con collegamento in un’unica
posizone).

Approcci Poka Yoke:

1. Controllo: quando un problema è rilevato, si blocca la linea e si cerca di prevenire la


ripetizione degli errori
2. Attenzione: misura una tendenza che sta deviando e avvisa l’operatore.

Metodi:

1. Contatto: identifica i difetti usando attributi fisici di un componente (forma, dimensione,


colore)
2. Numero costante o valori costanti
3. Fasi del processo: garantire che tutti i processi siano stati eseguiti prima di iniziare la fase
successiva.
SMED

SMED = Single Minute Exchange of Die = Scambio di pezzi in un solo minuto.


Lo scambio di pezzi in un solo minuto (SMED) è uno dei tanti metodi di produzione lean per ridurre
gli sprechi in un'azienda. Fornisce un metodo rapido ed efficiente per convertire un processo
produttivo dall'esecuzione del prodotto corrente al prodotto successivo. Questo cambio rapido è
fondamentale per ridurre i lotti di produzione; e quindi migliorare il flusso (attraverso il flusso di un
pezzo); riducendo le perdite e la variabilità della produzione.
Un processo che diventa lean, prevede lotti di produzione sempre più piccoli. Questa trasformazione
è resa difficile dai tempi di set-up che, se non vengono ridotti, possono rendere impossibile la
trasformazione. I tempi di set-up quindi devono essere inclusi nei tempi da modificare (nel tempo
complessivo di cambio):
4. Scesa (la produzione rallenta per essere in grado
di effettuare dei cambiamenti sulla macchina)
5. Set-up (stop della produzione)
6. Esecuzione (riavvio della produzione)
Le perdite di produzione sono principalmente dovute
alla complessa fase di run-up, fase di avviamento, che
può richiedere molto tempo.
"Single Minute" non significa che tutti i cambi e gli
avviamenti devono durare solo un minuto, ma che
devono durare meno di 10 minuti. Ad oggi si ha un nuovo concetto chiamato One Touch Exchange
of Die (OTED), secondo il quale i cambi di formato possono e devono durare meno di 100 secondi.
La storia dello SMED inizia nel 1911 con Taylor il quale analizzò i pezzi di setups che non portavano
valore, successivamente anche Gilbreth studiò i cambi e sviluppò un approccio per ridurre i tempi
di setup. Allo stesso modo fece anche Ford, e per la maggior parte del 20esimo secolo, EOQ fu il
principale standard per il dimensionamento dei lotti. Successivamente, in Toyota si presentò il
problema che il flusso di lavoro JIT richiedeva tra 2 e 8 ore, perché perdevano molto tempo nel
cambio utensili di stampi molto grandi e non poteva permetterselo. Basandosi su un programma
statunitense, Ohno formalizzò Quick Die Change (QDC). Fu solo nel 1970 che Shingo si trasferì negli
Stati Uniti sostenendo di aver inventato questo metodo e lo chiamò SMED.
SMED si basa sulla consapevolezza che le operazioni di setup esterno possono essere eseguite senza
che la linea venga interrotta (OED, outside exchange of die), mentre le operazioni di setup interno
richiedono l'arresto della linea (IED, scambio interno di matrici).
Shingo, l’inventore, riconosce otto principi che dovrebbero essere considerati nella SMED:

1. Separare le operazioni di setup interne e esterne


2. Convertire operazioni di setup interne in esterne
3. Standardizzare le funzioni e le parti utilizzate per il set-up
4. Utilizzare morsetti funzionali o eliminare i dispositivi di fissaggio
5. Utilizzare dime intermedie
6. Adottare operazioni parallele
7. Eliminare le regolazioni
8. Meccanizzazione.
Un progetto SMED si realizza in 7 fasi:
FASE 1. Osservare il cambiamento
Per iniziare ad utilizzare l’approccio SMED deve essere creato un team di persone, nel quale devono
essere presenti:
- uno o due "registratori" che si occuperanno dell’annotazione dei dati generali (durata
dell'intero allestimento, chi è coinvolto, strumenti utilizzati, etc.);
- uno o due "cronometristi", cioè persone che cronometrano il cambiamento;
- diversi "raccoglitori di fatti", che cercheranno di analizzati nel dettaglio tutto ciò che accade.

In questo modo è possibile definire tre categorie di tempi di cambio:

• Cambiamenti brevi → < 2 ore: bisogna osservare l'attività dal vivo;


• Cambiamenti di media durata → 2-4 ore: bisogna utilizzare una videocamera e osservare la
registrazione, avanzando velocemente nei momenti di ripetizione/attività;
• Cambiamenti più lunghi → utilizzare le riprese video con l'avanzamento veloce o
concentrarsi solo su una parte del cambiamento.
FASE 2. Separare le attività esterne da quelle interne
FASE 3. Studiare i modi per esternalizzare le restanti attività interne
In questa fase bisogna migliorare il sistema nel quale si lavora, facendo domande mirate e
eliminando dei passaggi indesiderati.
FASE 4.1 Documentare le procedure interne ed esterne
Un approccio lean prevede la standardizzazione; ogni cosa deve essere quindi standardizzata e
documentata; documentare e controllare il processo definendo un metodo di riferimento standard.
FASE 4.2 Definire la nuova sequenza dei tempi di setup
L’operazione dovrebbe far risparmiare 15-20 % del tempo, deve essere verificata con gli operatori
e bisogna eseguire alcune prove e formare gli operatori.
FASE 5. Adottare operazioni parallele per le operazioni IED
Si può usare il metodo del cammino critico, per trovare il predecessore e successore di ogni
operazione e calcolare i tempi per ridurre al minimo l’interruzione della linea.
FASE 6. Ottimizzare le operazioni IED sul percorso critico

FASE 7. Documentare e controllare il nuovo processo

Così che ognuno possa conoscere cosa fare e definire uno standard operating procedure (SOP).
Bisogna scrivere i parametri della macchina, proprio sulla macchina, formare un gruppo pilota alla
nuova sequenza e responsabilizzare.
KAIZEN

Kaizen significa cambiamento in meglio, fu per la prima volta formalizzata nelle aziende giapponesi
dopo la seconda guerra mondiale, influenzata falle compagnie americane e dagli studiosi della
gestione della qualità. E’ passato attraverso Deming, ma l’invenzione del termine è ricondotta a
Imai, il quale affermò che di fronte ad un problema (anomalia, gemba):
- Andare prima al gemba
- Controllare il gembutsu pertinente
- Prendere contromisure temporanee sul posto
- Trovare la causa principale
- Standardizzare per evitare che si ripeta.

Kaizen è un processo giornaliero, il cui scopo va oltre il miglioramento della produttività. E’ un


processo che umanizza il luogo di lavoro, elimina il lavoro troppo duro, e insegna alle persone come
eseguire esperimenti sul proprio lavoro utilizzando il metodo scientifico e come imparare a
individuar e eliminare gli sprechi nei processi aziendali. Tra le principali caratteristiche dell’approccio
kaizen si ha: continuità, incremento, dal basso verso l’alto, velocità, non costoso, semplice,
sequenziale, azioni prima possibile, focalizzato sui problemi di ogni giorno, efficienza, efficacia a
lungo termine.

La filosofia del Kaizen è quella di non ridurre la forza lavoro con licenziamenti, ma che i miglioramenti
implementati non porteranno alla perdita del posto di lavoro, piuttosto verranno riassegnati per
sostituire lavoratori temporanei o per lavorare su prototipi o sviluppo di processi oppure per avere
una formazione aggiuntiva in modo da essere riassegnati ai
programmi TPM. Quindi i lavoratori avranno un maggiore
coinvolgimento e un migliore morale. La gestione
partecipativa incoraggia le decisioni ai livelli più bassi
dell’organizzazione dalle persone più interessate. Deve essere
coinvolto il team delle risorse umane, con formazione su
kaizen e strumenti di gestione al cambiamento. Non esiste un
capo, non si coinvolge chi non è favorevole al cambiamento e
si necessita anche del sindacato. E’ principalmente focalizzato
sul miglioramento, infatti quando c’è un problema non ci può
semplicemente individuare una soluzione buffer, ma stabilire
un ciclo che mira a identificare le causa del problema e
rimuovere il problema in maniera permanente o innovarlo
attraverso l’introduzione di nuovi standard. Il ciclo in
questione è il PDCA, che si basa su: analisi e individuazione del
problema in maniera circoscritta, decisioni prese in maniera
oggettiva, concentrarsi su un problema alla volta, lavoro in
gruppo.

Ci sono strumenti per affrontare Kaizen come:


1. 5G: è un metodo basato sull’osservazione di fatti e usa i cinque sensi. Esso deve essere svolto
in workshop, andando a vedere il fenomeno che si verifica, con lo scopo di ripristinare le
condizioni di base e risolvere problemi semplici, sporadici o cronici. Le 5G si riferiscono a:
- Gemba, andare al sito
- Gembutsu, esaminare il fenomeno e l’oggetto
- Genjitsu, verificare i fati e i dati
- Genri, fare riferimento alla teoria
- Gensoku, seguire la giusta metodologia.
2. 5 whys and 1 how: strumento che aiuta a raccogliere i dati e indizi necessari per la soluzione
al problema attraverso l’identificazione delle cause. Le sei domande sono usate per capire la
situazione aziendale in profondità:
- Che cosa: su quale oggetto o prodotto è il problema
- Quando: quando si verifica il problema
- Dove: dove viene visto il problema
- Chi: è legato all’errore umano?
- Perché: perché si verifica?
- Come: come sono le condizioni rispetto alla situazione ideale.
3. Why analysis- the 5 why: in caso di guasto bisogna registrare l’evento sulla lavagna facendo
un disegno schematico, esaminare il pezzo rotto, chiarire i principi fisici, verificare se sono
state soddisfatte tutte le condizioni di base, chiedersi perché per 5 volte e cercare di spiegare
il fenomeno in termini di cause, sostituire il pezzo e controllarlo periodicamente.
4. 4M analisi: riguarda il diagramma fishbone, con l’obiettivo di identificare le principali cause
del fenomeno. E’un metodo che mostra un quadro per classificare le case di un fenomeno in
accordo alla loro appartenza a quattro categorie:
- Man: qual è l’influenza dell’uomo sul problema
- Materiale: come i materiali usati causano il problema
- Macchina: sono le macchine a determinare il problema
- Metodo: qual è il contributo del metodo applicato.

Ci sono delle fasi per la costruzione del diagramma fishbone basato su queste quattro
categorie:

- Definire e disegnare il problema studiato in maniera oggettiva


- Usare brainstorm per elencare le possibili case all’origine dell’effetto
- Identificare le categorie e le famiglie di fattori, elementi e cause che potrebbero
contribuire all’effetto
- Identificare le sotto cause che potrebbero contribuire a determinare l’effetto e
inserirle in maniera appropriata all’interno del corrispondente ramo
- Continuare la ricerca per componenti nella sequenza causa effetto fino a che non si
trova le cause alla radice
- Attento controllo della validità della sequenza causa effetto usando lo stesso
approccio.

Esiste anche un Kaizen veloce che viene utilizzato individualmente o in due persone, che usa il ciclo
PDCA nel quale:
quick kaizen
- Plan: fornire una descrizione del fenomeno, definire qual è la perdita, qual è il costo della
perdita, determinare la causa alla radice, considerare le possibili soluzioni, definire
l’obiettivo.
- Do: dettagliare la soluzione scelta, definire il responsabile che la implementerà, definire quali
sono i costi di implementazione
- Check: definire le altre azioni sono necessarie per raggiungere l’obiettivo, per garantire che
il nuovo standard sia applicato a tutti i turni, per valutare se il kaizen può essere applicato
altrove
- Act: valutare il livello di miglioramento della nuova soluzione e il raggiugimento dei nuovi
obiettivi, definire le azioni necessarie per la standardizzazione e il controllo.

Per problemi più complessi si necessita un team di almeno 3-5 persone molto formate, i risultati
devono essere registrati su un foglio di carta, uno per ogni fase. Ancora una volta si segue il PDCA,
con maggiore profondità. Le fasi sono: major kaizen

- Essere sicuro di aver identificato il problema (5G), definendo qual è l’impatto del problema
in termini di tempo e costo e facendo osservazioni accurate usando i cinque sensi
- Capire come funziona il sistema (5G)
- Definire il problema in maniera chiare, raccogliendo e analizzando i fatti (capture data o
5W&1H) e scrivendo una descrizione concisa del fenomeno
- Usare il metodo di analisi per la causa radice (4M, 5W)
- Convalidarlo nel campo
- Generare soluzioni possibili e rilevanti
- Dare priorità alle soluzioni identificate, descrivendo tempi, costi e funzione
- Avere contromisure
- Verificare risultati in maniera misurabile
- Implementare altre soluzioni per raggiungere o consolidare l’obiettivo.

**Miglioramento Kata: Un Approccio Guidato alla Crescita Organizzativa**

Il **Miglioramento Kata** rappresenta una metodologia sistematica che si diffonde in ogni angolo dell'organizzazione,
coinvolgendo sia i leader che i team operativi sul campo. La sua essenza risiede nell'incremento graduale e costante dei
processi, abbracciando una visione a lungo termine. In sostanza, guida la filosofia quotidiana di miglioramento di
Toyota, intrecciandosi in modo complementare con il concetto di "kaizen", l'atto stesso di migliorare.

Questo approccio scientifico, empirico e adattivo si propone di raggiungere obiettivi ambiziosi. Non si tratta solo di un
atto di miglioramento, ma di un "Kata", un metodo standardizzato che incanalando la creatività delle persone, le guida
nella ricerca di soluzioni innovative per affrontare le sfide specifiche che incontrano.

Il processo di **Miglioramento Kata** abbraccia diverse fasi. Inizia con un'analisi approfondita della situazione attuale,
affidandosi all'osservazione diretta e alla raccolta di dati per ottenere una comprensione completa. Successivamente, si
passa alla definizione della condizione obiettivo, delineando come il processo dovrebbe funzionare in un futuro ideale.

La sperimentazione è il cuore pulsante del Kata, con cicli continui di apprendimento (Pianifica-Fai-Verifica-Agisci).
Durante questo processo, i problemi emergono come ostacoli da superare, aprendo la strada a soluzioni innovative.
Una volta raggiunta la condizione obiettivo, l'attenzione si sposta sulla standardizzazione del nuovo metodo di lavoro.

Ma il Miglioramento Kata non si ferma qui. L'iterazione è fondamentale, con la ripetizione del ciclo che definisce la
successiva condizione obiettivo. In questo modo, il Miglioramento Kata diventa un motore di crescita organizzativa,
spingendo costantemente verso l'eccellenza, guidando l'organizzazione lungo il cammino verso il perfezionamento
continuo.

Potrebbero piacerti anche