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3.

Stabilizzazione, imperialismo, riflusso


3.1 Il metalinguaggio scientifico

Intorno alla fine degli anni 70, appaiono il Dizionario di Greimas e Courtès e gli articoli di Eco per
l’Enciclopedia Einaudi.
Da un lato, c’è la tendenza da parte di Eco (semiotica interpretativa) di partire dalla discussione teorica per poi
utilizzare i frutti della riflessione nelle analisi specifiche; la semiotica è un’impresa filosofica, il che significa che
essa dovrà procedere ponendo i concetti che gli saranno necessari, rimandando alle grammatiche particolari la
loro verifica e l’esplicitazione delle leggi che regolano il loro funzionamento. In questo caso, diversamente da
quando ci si occupa di fenomeni chimici o fisici, il metalinguaggio è costruito con i pezzi del linguaggio-
oggetto facendo coincidere così oggetto e metalinguaggio e per il funzionamento di entrambi gioca un ruolo
decisivo il linguaggio verbale.
Dall’altro, per Greimas (semiotica generativa) è importante testare i primi concetti direttamente sui testi e
costruire l’impianto teorico “in fieri”. La disciplina semiotica va concepita all’insegna di una vocazione
scientifica che comporta l’utilizzo di un metalinguaggio ben distinto dall’oggetto di indagine; i termini
metalinguistici devono generare un sistema chiuso e autoesplicante. È centrale individuare le caratteristiche del
metalinguaggio. Egli distingue un metalinguaggio a vocazione scientifica dai metalinguaggi non scientifici, il
che implica la distinzione tra semiotica come impresa scientifica e semiotiche-oggetto.
La questione del metalinguaggio interessa una teoria semiotica la quale è frutto di operazioni di interpretanti
sulle connessioni enciclopediche che una volta consolidate vanno poste per far emergere l’oggetto da indagare.
Per Eco la semiotica generale è una riflessione di natura filosofica, un metalinguaggio valido una volta per tutte
non c’è.
Se è vero che le operazioni semiotiche hanno la stessa forma, allora anche la teoria semiotica ha natura
enciclopedica. Come caratteristica l’enciclopedia ha che per far circolare il senso e fornire spiegazioni, deve
piegarsi su sé stessa, generando dei percorsi possibili in cui le posizioni di antecedente e conseguente sono
sempre ribaltabili a seconda dei contesti.
In quegli anni di stabilizzazione si assiste all’esplosione delle semiotiche applicate, che accompagna la crescita
del paradigma semiotico. Eco definisce cosa si debba intendere per semiotiche specifiche e semiotiche applicate:
una semiotica specifica è una grammatica di un particolare sistema di segni; una semiotica applicata è una zona
dai confini imprecisi, per la quale si parla di pratiche interpretativo-descrittive, per la quale non occorre porsi il
problema di scientificità quanto piuttosto di persuasività teorica, di utilità ai fini della comprensione di un testo.
Le semiotiche applicate sembrano inoltre essersi collocate al limite di quel confine che Eco aveva definito soglia
inferiore, rappresentato dagli stimoli, dai segnali e dai fenomeni genetici e neurofisiologici. Ad esempio la
zoosemiotica sembra collocarsi ai confini della zona dei fenomeni semiotici → biosemiotica.

3.2 Le semiotiche applicate

Una semiotica applicata può considerarsi la semiotica letteraria, risulta però difficile separarne la storia da quella
dello sviluppo del paradigma semiotico nel suo complesso. Il concetto esteso di testo narrativo finiva spesso per
coincidere con una sua forma specifica, il testo letterario.
L’origine della semiotica letteraria segna anche l’inizio della storia della semiotica. Negli anni 60, in Italia,
l’affermarsi del paradigma semiotico era legato ad un gruppo di virologi e storici della lingua italiana: Benvenuto
Terracini, Gianfranco Contini, Cesare Segre, Maria Corti.
3.2.2. La semiologia dell’immagine

Dal dopoguerra, nasce una forte curiosità per la sempre maggiore rilevanza, nella cultura occidentale, dei mass
media (stampa, pubblicità, tv) e dal prevalere, nei loro contenuti, dell'uso dell'immagine (tentativi di analisi di
Barthes).
Per le prime applicazioni del modello semiotico allo studio della comunicazione visiva, sono centrali due
questioni:
1. Problema dell'iconismo: questione legata alla definizione del concetto di somiglianza/similarità che
permette di delimitare i confini dell'uso del concetto di icona (Peirce) → si trattava in generale di
definire il rapporto tra segno e realtà da essorappresentata.
2. Uso del modello della lingua verbale applicato ad altri codici: i codici a cui viene applicato il modello
della lingua devono avere caratteristiche simili al linguaggio verbale, a partire dalla doppia articolazione
(Martinet).
- prima articolazione: data da unità minime dotate di senso che compongono le parole (morfemi)
- seconda articolazione: costituita da ulteriori unità foniche prive di senso (fonemi)

Per Eco (1967) il segno visivo è strutturato da una tripla articolazione (idea del linguista Prieto):
1. Figure (condizioni che regolano la stessa percezione delle immagini) → fonemi
2. Segni (denotano attraverso artifici grafici convenzionali) → monemi
3. Semi (ciò che chiamiamo abitualmente immagini) → articolazione di segni che corrisponde
all'enunciato intero

Eco, come Barthes, vuole descrivere il modo in cui l'immagine, in particolare pubblicitaria, utilizza una serie
di dispositivi codificati che le permettono di produrre un effetto determinato.
I codici pubblicitari funzionano su un doppio registro:
➢ Verbale → lega la comunicazione ad una specifica linea di senso (perché immagine polisemica e
ambigua) e opera una prima funzione di persuasione sul fruitore.
➢ Visivo → codificazione visiva basata su 5 livelli:
1. Iconico (semplice denotazione)
2. Iconografico (significati legati a convenzioni culturali più complessi)
3. Tropologico (equivalenti visivi delle figure retoriche)
4. Topico (corrispondenti a luoghi comuni della retorica classica)
5. Entimematico (piano della costruzione di vere e proprie argomentazioni per immagini)

Greimas (1984) sposta l'attenzione dal piano dell'espressione a quello del contenuto → l'iconicità di
un'immagine è il risultato di specifici effetti di senso che, rendendo pertinenti alcuni tratti/aspetti della figura,
permettono di identificarla come la rappresentazione di un oggetto del mondo naturale.
La lettura di un oggetto visivo è basata su due livelli:
➢ Figurativo (riconoscimento attraverso convenzioni culturali)
➢ Plastico (analisi dell'immagine secondo tre aspetti → organizzazione topologica, eidettica, cromatica).
3.2.3. La semiologia del cinema

L’interesse per il cinema è legato al fatto che possiede una struttura narrativa; il cinema racconta una storia, ed
è quindi assimilabile ai modelli narrativi scelti in quegli anni come riferimento.
La questione centrale che ci si pone è se il cinema possieda una struttura assimilabile a quella di una lingua
naturale. Metz (1964) sostiene che il cinema non è adatto all’impostazione semiotica e quindi della linguistica
strutturale, ma che si debbano allargare i confini dei suoi modelli di analisi.
Emilio Garroni conferma quanto già intuito da Metz: il semiologo deve domandarsi su quali codici specifici il
linguaggio cinematografico sia strutturato e quindi analizzabile.
Anche Eco nella sua argomentazione insiste sul tema della diversità del linguaggio cinematografico rispetto al
modello della lingua: il primo possiede un’articolazione diversa da quella della lingua naturale. Eco identifica
infatti un sistema dotato di una tripla articolazione: a un primo livello si trovano i semi, assimilabili da un punto
di vista linguistico agli enunciati; questo sema poi sarebbe composto da singoli segni iconici dotati di senso in
sé, composti a loro volta da figure visive più piccole, prive di significato, assimilabili a una seconda articolazione.
Se si considera l’inquadratura in movimento composta da più fotogrammi, le singole parti componenti un gesto
o un’espressione mimica compongono un gesto o un’espressione complessiva.
Per Pasolini l’idea centrale è che il cinema non possieda un proprio codice ma che si appropri della realtà e dei
suoi segni usandoli per costruire la propria rappresentazione. Sostiene che il rapporto tra cinema e realtà
corrisponda a quello tra lingua orale e lingua scritta.
Agli inizi degli anni 70 l’attenzione si sposta sul problema della codificabilità del linguaggio cinematografico e
avviene il passaggio da una prospettiva strutturalista a una visione dinamica e processuale dell’analisi semiotica,
incentrata sui meccanismi di produzione, o di lavoro sui codici compiuto per ottenere il testo cinematografico.
Metz (1971) si occupa di definire cosa significa un sistema singolare, trovandosi a considerare il piano delle
dinamiche produttive dell’opera; qui non conta solo la struttura del testo ma anche la sua scrittura. Negli anni
a seguire nasce l’interesse per il testo filmico, nel quale centro dell’attenzione si fondano il gioco degli elementi
e delle composizioni filmiche.

3.2.4. La semiologia del teatro

Alcuni estetologi del circolo linguistico di Praga si dedicano ad una prima forma di proto-semiologia del teatro.
In una prima fase si interessano all’elemento linguistico-testuale, il testo verbale scritto che costituisce il testo
drammatico.
La semiologia del teatro si trova di fronte al problema di capire se il suo soggetto debba essere il testo letterario
oppure la sua concreta rappresentazione, il testo spettacolare. In opposizione alla concezione linguistico-
strutturalista, che privilegia il testo drammatico, nasce in seguito un approccio che sposta l’attenzione verso la
concretezza dello spettacolo: gli studi di Ruffini, Ubersfeld e De Marinis mostrano lo spettacolo nel suo insieme
come vero oggetto di analisi.
Infine, l’interesse per il pragmatismo di Peirce ha spostato l’attenzione all’analisi del contesto storico-culturale
dello spettacolo; in particolare sulla relazione attore-spettatore e sulle modalità di funzionamento della ricezione
teatrale.

3.2.5. La semiologia musicale

L’idea di base di tale semiologia è quella di assimilare il proprio oggetto alle forme e alle strutture del linguaggio
verbale. Il problema era quello di capire in che modo il linguaggio musicale fosse portatore di contenuti. Jean-
Jacques Nattiez (1976) affronta la questione suddividendo l’analisi del testo musicale secondo 3 livelli:
1) Il livello estesico: punto di vista dell’ascoltatore
2) Il livello poietico: punto di vista del compositore
3) Il livello neutro: affronta l’opera come struttura testuale, intesa come forma notata o spartito.
Gino Stefani adotta invece una prospettiva pragmatica secondo cui la musica è interpretata come un fare
musicale e non solo come testo astratto. Egli individua 5 livelli di competenza degli attori in gioco nella
comunicazione musicale: conoscenze relative ai codici culturali in generale, alle pratiche sociali, alle tecniche
compositive, agli stili e alle singole opere.
Recentemente, Eero Tarasti ha elaborato una sorta di narratologia musicale modellata sulla semiotica di
Greimas, incentrata sull’idea che sia possibile considerare i temi musicali come attori-attanti protagonisti di un
testo narrativo.

3.3 Imperialismo semiotico?

La diffusione dell’applicazione del metodo semiotico in ambiti disciplinari tra loro estremamente diversi ha
portato alla soffocante sensazione che la semiotica possa occuparsi di tutto (imperialismo semiotico: se tutto è
segno, allora la semiotica comprende tutto).

- Problema del Significato.


Sebbene la semiotica sia definita 'scienza dei segni', Garroni fa notare che un segno non è tale fin dall'inizio,
ovvero un qualcosa diventa segno solo se un interprete lo vede come qualcosa che sta per qualcos'altro,
veicolando un significato. Questo qualcosa, per essere assunto come segno, deve essere già significativo
→ la semiotica nel tentativo di definire il significato deve darlo per acquisito → non è una scienza che basta
per sé stessa, il suo oggetto andrà definito altrove.

- Problema dell’operatività.
Garroni distingue un contesto implicito (operativo) da uno esplicito (linguistico o semiotico). Il primo riguarda
l'azione reale, l'operare concreto dell'uomo (extra semiotico), il quale non fa che tradurre né propri termini
quello esplicito. Garroni invita a riconoscere l'esistenza di una dimensione operativa, non totalmente traducibile
in sistemi semiotici, perché se fosse possibile la traducibilità totale, l'operare umano si svuoterebbe di senso →
limitare l'ampiezza della semiotica sarebbe l'unico modo per evitare esiti idealistici, in cui il linguaggio si avvita
su se stesso, incapace di parlare d'altro da sé. → la semiotica non può proporsi come scienza autonoma.
A queste critiche Eco rispose edificando una semiotica generale con una forte identità filosofica spostando
sempre più la soglia inferiore proprio verso il “qualcosa”. La risposta di Eco si articola lungo 3 linee
argomentative. Ad esempio, per secoli la gente ha definito come segni fenomeni diversi e può applicarsi ad
immagini, parole, fenomeni naturali ecc.
Una semiotica generale ha dunque per Eco una natura filosofica; il discorso semiotico è potenzialmente
interessato a tutti i fenomeni, visti però sotto un certo rispetto; la prospettiva in questione è però profondamente
umana. Quel che la semiotica tenta di fare è esplicitare i modi e i principi delle operazioni cognitive che hanno
luogo in modo irriflesso in ogni azione della nostra vita. Tuttavia, è innegabile che la semiotica abbia spesso
oltrepassato i propri limiti.

4. Gli anni della ridefinizione


Nel corso degli anni 80 e 90, la semiotica ridiscute il proprio ruolo in relazione al proprio passato e anche agli
altri campi del sapere. La semiotica Greimasiana sembra avvicinarsi all’antropologia e alla sociologia. Si tratta di
una svolta che ha allargato il campo d’applicazione della semiotica Greimasiana, recuperando una tematica
tradizionalmente oggetto delle scienze umane e sociali.
Il movimento di ridefinizione riguarda anche la semiotica interpretativa; in questo periodo si scopre compagna
delle scienze cognitive, prendendo in considerazione il processo di generazione del significato fin dal momento
percettivo.
4.1 La semiotica delle passioni

Greimas dedica un seminario al tema delle passioni. Ma cosa ha a che fare la semantica con l’affettività? Ragioni
esterne: crescente interesse che le scienze umane e sociali rivolgono alle questioni passionali. La semiotica quindi
vuole distanziarsi da un approccio razionalista al mondo umano: da qui ne viene la nuova centralità dei problemi
riguardanti la corporeità in tutte le scienze umane. Ragioni interne: volontà di dinamizzare le forme dei rapporti
tra l’attante Soggetto e l’attante Oggetto di Valore. Si tratta di indagare le modalità che muovono i soggetti, alla
luce del sentimento, in relazione all’oggetto, verso l’appropriazione delle competenze necessarie per poi
giungere alla Performanza.
La svolta consiste nel concepire gli stati che legano soggetti e oggetti come il luogo in cui succede qualcosa di
significativo che non è possibile ridurre alla dimensione pragmatica e a quella cognitiva. Il fatto è che ogni
azione è guidata sin dal principio dagli atteggiamenti affettivi nei confronti degli oggetti o di altri soggetti: ogni
soggetto colto dalla teoria narrativa di Greimas manifesta infatti un orientamento positivo, o euforico, o uno
negativo, rispetto alle situazioni che possono concretizzarsi nello sviluppo testuale. Al centro delle possibili
tensioni passionali che orientano il farsi del senso si pone il corpo, a far da mediazione tra il mondo, i discorsi e
le rappresentazioni sociali.
Attraverso la mediazione del corpo, tutte le categorie semantiche si patemizzano, ovvero si caricano di
contenuti affettivi, che poi dalla sintassi attanziale distribuirà tra soggetti e oggetti di valore. Alla base delle
categorie sta dunque la categoria timica (primitiva), che proietta sulle altre categorie il modo in cui ogni essere
vivente sente sé stesso e reagisce a ciò che lo circonda.
Il dispositivo che per eccellenza contribuisce ad articolare le passioni è quello delle modalità. Esse non
intervengono solo a livello della Competenza, ma ne modulano anche l’essere. Poiché le manifestazioni delle
passioni possono avere sviluppi differenti, il primo carattere da prendere in considerazione è l’aspettualità,
ovvero la prospettiva privilegiata alla quale ogni configurazione passionale si offre. Ci sono passioni puntali
(l’orrore), durative (la paura), incoative (la collera), …
Accanto all’aspettualità, intervengono altre due nozioni collegate:
Temporalità → tematizza il rapporto delle passioni in oggetto nei confronti dei tempi privilegiati (passioni
orientate al futuro: speranza, curiosità, paura; passioni orientate al passato: nostalgia; passioni orientate al
presente: preoccupazione).
Ritmo → riguarda la scansione dei picchi di intensità passionali nel decorso temporale, che può avere
uno sviluppo più o meno regolare e serrato.
Queste tre nozioni non sono indipendenti; esse infatti presuppongono due caratteri che la sovradeterminano:
la tensione e l’intensità.
Le passioni hanno guadagnato l’elaborazione di un vero e proprio schema passionale canonico, allo scopo di
rendere un quadro generalizzato dell’andamento dei processi passionali, mediante il susseguirsi delle fasi:
1. Costituzione: emersione del soggetto, che si predispone a riconoscere la passione;
2. Disposizione: il soggetto si carica delle condizioni che rendono possibile lo svilupparsi della passione;
3. Patemizzazione: fase di trasformazione, in cui il soggetto è in grado di individuare la passione che sta
provando, facendo appello alla propria cultura;
4. Emozione: fase intermedia di somatizzazione, il corpo del soggetto entra in scena con tutte le alterazioni
dovute allo stato passionale;
5. Moralizzazione: il soggetto valuta il processo passionale nella sua interezza, censurando o giustificando
se stesso e le proprie reazioni, in base a schemi culturali appresi).
Per Peirce le emozioni sono segni, representamina, e possono essere considerate come un interpretante
immediato di alterazioni del sistema nervoso. Per quel che riguarda Eco, la sua teoria del testo quale macchina
pigra è considerata come un modello passionale, nel senso di un meccanismo di produzione di passioni
specifiche, fondata sulle aspettative formulate dal lettore, sul percorso passionale centrato sull’attesa, di salti tra
mondi possibili mirati e immaginati nel corso della fruizione del testo.
4.2 L’interpretazione e i suoi limiti

Negli anni 80, la semiotica si è scontrata con il decostruzionismo. Termine che deriva da ‘decostruzione’, che
contraddistingue la filosofia di Derrida: mette in discussione la tradizione filosofica, con l’intento di mostrare
tutti i pregiudizi, le contraddizioni, i presupposti celati nel linguaggio. Il decostruzionismo analizza i testi come
luogo di istanze linguistiche plurali e contraddittorie, tentando di mostrare il gioco infinito di rimandi che si
agita in ogni tentativo di interpretazione allo scopo di salvaguardare l’indeterminatezza del senso di ogni
produzione linguistica.
Eco riprende il concetto di apertura dei testi, precisando che l’apertura di cui si era occupato va intesa come un
peculiare rapporto con l’interprete istituito autoritariamente, come libero e imprevedibile dall’opera stessa.
Nell’interpretare un testo è possibile assumere tre tipi di atteggiamento:
• disporsi alla ricerca delle intenzioni originarie dell’autore (intentio auctoris);
• immaginare quale senso il lettore proietterà sulla superficie testuale (intentio lectoris);
• tentare di ricostruire ciò che il testo dice (intentio operis).

La prospettiva di Eco trova nella ricerca dell’intentio operis il suo baricentro per stabilire le condizioni di
possibilità dell’intentio lectoris sulla base del testo stesso. I processi interpretativi devono ispirarsi, secondo Eco,
a criteri economici e contestuali, e in ottica generale sistematici.
Di fronte a un testo letterario, è possibile interessarsi anche alle ragioni strutturali che rendono conto delle
interpretazioni alternative che esso sollecita. È la differenza tra:
- lettore semantico, si limita a riempire di senso la manifestazione lineare del racconto, in vista della sua
conclusione;
- lettore critico, è un lettore di secondo livello, che si impone il compito di non subire passivamente il
fascino architettonico della macchina passionale del testo letterario.
(Entrambi sono lettori modello)
Molti autori hanno identificato un precedente delle teorie decostruzioniste proprio in Peirce e nella sua idea
di semiosi illimitata.
Se la semiosi è potenzialmente infinita, essa è finalizzata alla produzione di una credenza che è sempre una
predisposizione ad agire. La catena degli interpretanti si arresta provvisoriamente ogni volta che si è originato
un abito interpretativo che consenta di agire con efficacia; fin quando non si palesano nuove condizioni che
rimetteranno in questione l’interpretazione assestata.
La teoria di Eco può dirsi ispirata al principio di ragionevolezza, quale sostituto di una razionalità forte e
totalizzante. Il corollario che ne deriva consiste nell’assunzione di una prospettiva negativa nei confronti della
validità delle interpretazioni. È possibile infatti definire quali interpretazioni sono di certo scorrette.
Quel che Eco vuole dimostrare è che su queste basi è impossibile costruire una teoria generale
dell’interpretazione. L’interpretazione ha bisogno tanto di linee di fuga per liberare la nostra immaginazione e
desideri.

4.3 La sociosemiotica e i discorsi sociali

Il rapporto tra semiotica e scienze sociali è sempre stato complesso. La semiotica si è sempre in qualche modo
distinta dalle altre scienze umane, vista l’ampiezza del suo raggio d’azione: il senso e la significazione sono visti
alla base di tutti i processi sociali. Non c’è pressoché differenza fra semiotica generale e sociosemiotica.
L’oggetto empirico della sociosemiotica si definisce come l’insieme dei discorsi e delle pratiche che
intervengono nella costituzione e/o nella trasformazione delle condizioni di interazione tra soggetti. Tutti i
processi semiotici sono pratiche discorsive: linguistiche e non. Il concetto di testo è stato spesso considerato
inadeguato per rendere conto di fenomeni contestuali e generalizzati, poiché è molto legato al piano
dell’espressione; il concetto di discorso si offre come chiave per aprire maggiori possibilità operative.
Per mezzo dell’analisi dei discorsi, la sociosemiotica ha poi assunto due forme principali:
▪ la sociosemiotica spettacolare: ha indagato il modo in cui la società si riflette nelle sue pratiche e così
facendo si modifica;
▪ la teoria dell’azione-manipolazione: ha considerato la società come terreno di interazione tra i soggetti,
i quali costruiscono i propri simulacri nei discorsi guidati da una razionalità strategica. È tesa piuttosto
a comprendere l’efficacia sociale dei discorsi.
Nella sociosemiotica, il paradigma testuale rimane ben presente; sono ancora la sintassi attanziale e lo schema
narrativo canonico a far emergere l’oggetto di studio.
Il principio della narratività trova nell’indagine sociale il suo senso più pieno, facendo della sociosemiotica la
naturale piega disciplinare della semiotica generativa. Esemplare è il caso del discorso politico. Nella sua doppia
dimensione di azione e comunicazione, tale discorso ruota spesso attorno a un grande simulacro, l’Opinione
Pubblica, che a conti fatti non esiste; a seconda delle modalità con cui viene convocata dal discorso, essa assume
ruoli diversi.
L’opinione pubblica può assumere il ruolo di:
o Destinante per la classe politica;
o Anti Destinante, nel momento in cui la classe politica mostra inadeguatezza circa il mandato
conferitogli dall’opinione pubblica;
o Non-Anti Destinante, in cui è sfidata, e subisce il tentativo di essere guidata, spesso nel nome di un
Meta Destinante;
o Non Destinante, quando la classe politica la affronta, vedendola come pari.

L’analisi sociosemiotica restituisce il sistema dei discorsi sociali, all’interno del quale i soggetti e gli oggetti si
dispongono e si trasformano, ridefinendo ruoli e identità. I discorsi veicolano valori che saranno determinanti
per gli effettivi comportamenti sociali; lo sguardo sociosemiotico rivolge la sua attenzione alle condizioni di
manifestazione dei discorsi, e alle dinamiche che presiedono alla loro legittimazione. Infatti i discorsi devono la
loro dimensione pragmatica sia alla natura dei soggetti che li enunciano sia alla presa, estesica e cognitiva, che
essi riescono ad ottenere, qualificando questa volta i soggetti.

4.4 La semiotica e le scienze cognitive

Nel corso degli anni 80 e 90, la semiotica si interessa sempre di più ai processi cognitivi, nel tentativo di integrare
i risultati della ricerca cognitiva, correggere posizioni inaccettabili dal suo punto di vista e offrire un quadro
organico dei processi comunicativi e conoscitivi. La semiotica ha concentrato i propri sforzi su alcuni punti, in
particolare per quanto riguarda la semiotica interpretativa.
Eco pone al centro delle sue riflessioni l’Oggetto Dinamico come terminus a quo, cioè procedendo da esso,
passando per il suo impatto sulla nostra cognizione che ci spinge a usare segni per interpretarlo.
Egli riformula in senso semiotico la nozione kantiana di schema, tentando di rispondere alla seguente domanda:
“Come accade che riusciamo a formarci uno schema di un oggetto ancora ignoto?”. Secondo Eco per giungere
a capire cos’è un oggetto che si offre alla mia percezione devo averne un Tipo, che poi mi permetterà di
interpretare tutti gli oggetti simili come sue Occorrenze.
Il problema è che davanti a un oggetto mai visto il Tipo non preesiste, e deve essere formato a partire dai
caratteri percepiti dalle occorrenze.
• Costituzione di un Tipo Cognitivo, di natura multimediale, non per forza corrispondente ad
un'immagine mentale. Si forma riconducendo l’ignoto al già noto, dopo un’attenta ispezione, facendone
un modello ed estraendo attraverso la percezione dei tratti che lo distinguono dagli oggetti a cui lo
avevamo assimilato. → è estremamente personale perché tra di noi non condividiamo apparati cognitivi.
• Costruzione di un Contenuto Nucleare, frutto delle nostre interazioni → i membri della società che ha
a che fare con questo nuovo oggetto, forniscono progressivamente interpretanti, quali descrizioni,
disegni, poesie, ecc.
• Costituzione di un Contenuto Molare: competenza specialistica, comprende una serie di informazioni
più ampie e approfondite su un dato oggetto.
Se è possibile che anche le rappresentazioni private siano influenzate dallo scambio di interpretanti, è evidente
che fissare il senso è una questione di negoziazione: un Contenuto Nucleare si costruisce selezionando
descrizioni e informazioni multimediali che provengono dal flusso comunicativo.
La realtà ci offre dunque delle linee di resistenza che non è possibile forzare senza produrre interpretazioni
inadeguate. L’attività cognitiva dunque è così strutturata: a partire da alcuni primitivi semiosici imposti dalla
realtà, strutturiamo il nostro universo semantico attraverso la negoziazione delle interpretazioni, guidati da
conoscenze pregresse o costruendo nuovi schemi.
Sulla stessa linea, Patrizia Violi (1997) ha elaborato una semantica inferenziale ed esperienziale centrata sulle
singole parole. Il suo proposito è quello di gettare le basi di una semantica globale, capace di tenere insieme:
1) La dimensione intralinguistica
2) La dimensione cognitiva, che riguarda il rapporto tra struttura concettuale e lessicale
3) La dimensione extralinguistica, il rapporto tra la lingua e il mondo
Ciò che consente di prendere in considerazione questi tre elementi è il frame.
La sua strategia consiste nell’assumere che concetti e significati linguistici siano distinti, ma che la dimensione
linguistica non sia autonoma da quella concettuale. La conseguenza è che il rapporto tra i significati e la realtà
extralinguistica riguarda il contenuto esperienziale che abbiamo del mondo. Ad esempio, il frame della parola
“ristorante” è tavoli, cucina, cibo; e non di certo, scimmie o pallone.
Questo accade proprio perché le parole stesse sono dei dispositivi inferenziali che danno istruzioni riguardo alle
proprie condizioni di interpretabilità, suggerendoci dei frames che includono alcuni elementi e ne escludono
altri. È evidente che gli elementi di un frame che costituiscono insieme il potenziale semantico di una parola
non hanno tutti lo stesso peso. È necessario distinguere tra:
- proprietà essenziali, sono incancellabili, pena il cambiamento del significato;
- proprietà tipiche, sono ricorrenti ma non indispensabili, quindi cancellabili
- proprietà del tutto eventuali.
Nell’esempio del ristorante: essenziali → cucina, tipiche → camerieri, eventuali → tovaglie in stoffa a pois.
Il frame è innanzitutto una sorta di contesto tipico, formatosi a partire dall’esperienza; si struttura secondo un
insieme di rapporti tra proprietà essenziali e proprietà tipiche; il frame non include soltanto degli elementi
statici, ma anche il modo in cui essi interagiscono secondo una processualità temporale: è la dimensione narrativa
del senso, già presente nei singoli termini, che ha un senso logico e cronologico. (esempio: prima si entra nel
ristorante, poi si ordina, si attende, si consuma il pasto, …)
Se ogni parola è un indice di attivazione per un frame complesso, ciò implica il suo riferimento a una serie di
competenze differenziate, che contribuiscono ai processi di interpretazione e comprensione:
1) La competenza semantica, dipendente dall’organizzazione della lingua e della cultura in cui si è immersi,
una sorta di sapere medio;
2) La competenza enciclopedica, che dipende dalle nostre esperienze ed è quindi molto più variabile;
3) La competenza inferenziale, le abilità e gli strumenti logico-inferenziali con i quali organizziamo la nostra
conoscenza;
4) La competenza referenziale, la capacità di applicare correttamente le unità lessicali agli enti del mondo.
5. Conclusioni, dibattiti e sviluppi
Ultime trasformazioni della semiotica, seguendo gli sviluppi del dibattito italiano che innanzitutto tocca i
fondamenti stessi della disciplina, rimette in discussione il paradigma testuale, e poi si confronta con il
naturalismo che ha ormai preso piede in molte discipline (filosofia della mente, filosofia morale, estetica, scienze
sociali…).

5.1 Il problema del testo

Il modello testuale entra in crisi principalmente per i seguenti motivi:


1. Le nozioni semiotiche entrando nelle scuole e venendo spiegate nei manuali (in modo necessariamente
sintetico) perdono progressivamente il loro valore e senso originali.
2. Le scienze umane cominciano ad essere viste come discipline ormai “passate”, per di più il testo viene
usato con differenze sempre più marcate tra semiotica, antropologia e sociologia.
3. Rinnovata attenzione per la natura delle pratiche in atto e la ripresa di alcuni temi della semiotica
interpretativa (teoria della produzione segnica).
Claudio Paolucci: nella koinè strutturalista vengono definiti testi oggetti disparati e, ancora più grave, alcuni
vedono il testo come dato da analizzare, altri come modello, risultato di un’analisi e applicabile a qualsiasi entità
(testo letterario, piazze, città, quadri…).
Come Eco, pensa che la semiotica non abbia un dentro disciplinare, ma lavori solo sulle traduzioni tra un
dominio empirico e l’altro → concetto di valore: un qualcosa assume spessore semiotico se può essere scambiato
con qualcosa di diversa natura.
Gianfranco Marrone: critica Paolucci poiché vista come una disciplina che costruisce e poi pone come se fosse
un dato che rischia di cadere nell’idealismo. Il testo non è più nulla al di fuori del senso che gli viene attribuito
dal processo semiotico. Quindi si schiera con il primo approccio, cioè che sia lecito considerare testi solo quelli
riconosciuti dalla comunità semiotica).
Tuttavia, i testi non sono fatti inermi che attendono di essere interpretatati: sono senz’altro creati, ma non dal
progetto semiotico di descrizione. Il compito della semiotica, secondo Paolucci, dovrebbe essere quello di
andare alla ricerca della generazione delle unità culturali che circolano in una data comunità, ricostruendo gli
abiti interpretativi che la istituiscono e non più proiettando un modello su tutte le entità che sono per noi
significante, con il rischio di ritrovarne, ogni volta, sempre uguali le articolazioni.
Considera ancora attuale la vocazione scientifica della disciplina, sostenendo dunque la necessità di adoperare un
sistema di definizioni incrociate: la semiotica è una disciplina distinta dalle altre, che costruisce gli oggetti che
cadono sotto la sua lente.
Anna Maria Lorusso: Approccio moderato. Rifiuta il primo approccio (testo come dato) e riconosce la
confusione di testi e pratiche culturali (i testi influenzano le pratiche culturali e queste lasciano le tracce della
loro produttività nei testi). Condivide con Marrone l’idea che i testi siano i tali in quanto riconosciuti come tali
dalla cultura.
Quindi abbiamo:
Da un lato, una semiotica degli abiti interpretativi e dei loro sviluppi, decisamente anti-fenomenologica,
costruita dalla confluenza di strutturalismo e pragmatismo.
Dall’altro, una semiotica delle modellizzazioni narrative, che si edifica innestando l’epistemologia strutturale
su un fondo estesico di derivazione fenomenologica.
5.2 Tra Natura e Cultura

Queste riflessioni prendono spunto dal convegno che si tenne a Urbino sul tema “internaturalità e
significazione” e dal saggio di Marrone. Indagare il concetto di natura da un punto di vista semiotico significa
esplicitare la natura della semiotica; o meglio le sue nature considerate le diverse tradizioni di ricerca.
Tre grandi temi di Fabbri e Marrone:
1. La supposta precedenza della natura rispetto alla cultura: non è possibile cogliere il momento in cui gli
uomini proiettano i loro modelli sulla materia informe (natura), il senso è già circolante. La natura è
solo la condizione di possibilità di una traduzione tra i diversi linguaggi (es: dal percettivo al linguistico).
Non esiste un presemiotico da cui a un certo punto emerge il semiotico, una materia dalla quale a un
certo punto si genera la significazione, pertanto non è corretto presuppore una precedenza della natura
rispetto alla cultura.
2. Narratività e il suo rapporto con l’azione: ogni cosa, anche in natura, è il frutto di un processo. Non
possiamo considerare i fatti singoli senza prendere in considerazione la loro generazione, altrimenti
metteremo in scena due fermo-immagine con il soggetto conoscente da un lato e il mondo congelato
dall’altro. La significazione si produce nell’interazione tra sostanze e forme, ossia tra cose, corpi, materie,
tecnologie, discorsi, affetti e quant’altro → costruttvismo semiotico, ciò non vuol dire negare la realtà
della significazione, evita di fare ontologia dove è insufficiente a spiegare com’è fatto il mondo.
3. Oggettività: oggettività e realismo non coincidono. L’oggettività è un effetto discorsivo in quanto si
tratta di trovare un accordo comune tra gli elementi di una comunità. Questo si riflette sul concetto di
verità che (come detto nel quadrato della veridizione) non è che una piccola parte del linguaggio.
Oggettività = correttezza descrittiva.
Peirce: la natura affida la missione della sua autocomprensione a una parte di sé stessa, le Menti e questa è
(perlopiù) la garanzia della verità, anche se dobbiamo sempre considerare la fallibilità delle conoscenze che non
possono mai essere certe al 100%.
Abbiamo quindi una Natura Ordinata, pervasa dalla regolarità, che rappresenta la condizione di possibilità della
semiosi (se non ci fosse stabilità non ci sarebbe niente da conoscere e non si potrebbe dire nulla di
ragionevolmente certo, arrivare a un abito. oggettività naturale
Eco: Anche per lui ci sono delle regolarità che non sono intrinseche nella natura, ma nascono nell’interazione
tra Natura e Linguaggio (linee di resistenza). Dunque la Natura non è propriamente ordinata, ma offre dei
percorsi interpretativi più o meno obbligati che indirizzano colui che la interpreta, per cui (in negativo) non è
il Caos. soggettività pragmatico-morale
Per entrambi la Natura è strutturata come un testo, offre, in un modo o nell’altro ordine.
Saussure: il reale (massa amorfa) è articolato in una sorta di oggettività collettiva (massa dei parlanti) lungo lo
sviluppo diacronico della lingua.
Greimas e Fontanille: soggettività scientifico-sensibile mette in gioco dei simulacri per ricostruire in senso
logico i meccanismi della natura. → reale, come privo di ordine in sé.
Per Greimas è il caos, per gli altri due è la precondizione della significazione, che si forma attraverso una
sequenza strutturata di operazioni simulacrali.
Secondo Paolucci le due opposte correnti non fanno altro che valorizzare un polo rigettando l’altro.
In realtà, Natura e Cultura sono due valori che si determinano reciprocamente, quindi non avrebbe senso
prenderli in considerazione singolarmente.
5.3 Crisi della Semiotica?

La semiotica potrebbe prendere in considerazione alcuni grandi complessi tematici:


o Studio dei grandi processi economici: finora è rimasto un po’ in ombra l’impatto sulle vite delle persone.
Potrebbe dover sporcarsi le mani con strumenti e teorie propriamente economiche evitando di portare
avanti un processo di ipersemplificazione (impossibile in ambito economico, dove le strutture complesse
sono preferibili a quelle semplici) e creare false omologie con la semiotica e soprattutto abbandonare
quell’attitudine simulacrale che porterebbe all’autoinganno. Dovrebbe sentire suo il paradigma
biopolitico.
o Etica: settore scarsamente sviluppato, a vantaggio di epistemologia e gnoseologia, soprattutto in Italia.
Facendo ciò si potrebbero approfondire e spiegare in modo completo i processi di comunicazione che,
paradossalmente, sono ancora un punto debole della semiotica.
o Chiarimenti epistemologici: cosa che sta già facendo.
o Collocazione della semiotica all’interno delle scienze umane: problema che accompagnerà per sempre il
destino della semiotica che si pone contemporaneamente al centro e alla periferia (oggetto di studio
significazione che è centrale per tutte le scienze umane, periferia perché lavora ai confini con le altre
discipline → per questo accusata di imperialismo). Lo spazio della semiosi è uno spazio di mezzo, di
traduzione, agisce per sottrazione nell’insieme delle pratiche culturali. Il senso è mediazione tra diversi
elementi che emergono proprio grazie ad esso: sono le relazioni, le differenze, a fare le sostanze.

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