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umberto buonanno

I DENTI UMANI
dalla morfologia alla modellazione

TESTO

NUOVO
2014
www.umbertobuonanno.it
16

DENTIZIONE DECIDUA incisivo centrale


E DENTIZIONE PERMANENTE
incisivo laterale
Nella bocca dell’uomo, in rapporto all’età, si
alternano due tipi di dentizione: la dentizione,
decidua e la dentizione permanente. canino
„„ La dentizione decidua (temporanea o da
latte) è composta da venti denti: due incisivi,
un canino e due premolari (o molaretti 1) primo
in ogni emiarcata; essa permane fino a sei premolare
(o molaretto)
anni. Dopo questa età viene sostituita dalla arcata mascellare
dentizione permanente. (o superiore)
decidua
„„ La dentizione permanente è composta da
secondo
trentadue denti: due incisivi, un canino, due premolare
premolari e tre molari in ogni emiarcata. (o molaretto)
In alcune etnie, come la negra ed in alcuni
aggruppamenti etnici bianchi, questo numero secondo
premolare
può variare in più o in meno. (o molaretto)
„„ Dentizione mista
Nel periodo in cui la prima dentizione viene arcata
sostituita dalla seconda, nella bocca si possono mandibolare
(o inferiore) primo
osservare sia i denti permanenti sia i denti decidua premolare
(o molaretto)
decidui; questo periodo è chiamato periodo
della dentizione mista.

canino

incisivo laterale

incisivo centrale

PROSPETTO SINTETICO DEI PERIODI DI ERUZIONE PROSPETTO SINTETICO DEI PERIODI DI ERUZIONE
DEI DENTI DECIDUI DEI DENTI PERMANENTI

periodo di eruzione Periodo Periodo di eruzione dei denti


dei denti decidui di caduta permanenti
Denti permanenti
dei denti
Denti decidui mascellari e mandibolari mascellari
mandibolari mascellari mandibolari
decidui Incisivi centrali 6 - 7 anni 7 - 8 anni

Incisivi centrali 6,5 mesi 7,5 mesi 6 - 7 anni Incisivi laterali 7 - 8 anni 8 - 9 anni

Incisivi laterali 7 mesi 8 mesi 7 - 8 anni Canini 9 - 10 anni 11 - 12 anni

Canini 16 - 20 mesi 16 - 20 mesi 10 - 12 anni Primi premolari 10 - 12 anni 10 - 11 anni

Primi premolari Secondi premolari 11 - 12 anni 11 - 12 anni


12 -16 mesi 12 - 16 mesi 5 - 10 anni
(o molaretti)
Primi molari 6 - 7 anni 6 - 7 anni
Secondi premolari
20 - 30 mesi 20 - 30 mesi 10 - 12 anni
(o molaretti) Secondi molari 11 - 13 anni 12 - 13 anni

Terzi molari 17 - 25 anni 17 - 25 anni

1
Nella dentizione decidua i premolari possono essere
denominati anche molaretti in quanto, pur occupando
il posto dei premolari, si differenziano da questi nella
forma e nelle dimensioni. Infatti il primo molaretto è
simile al primo premolare nella forma, ma è maggiore
nelle dimensioni; il secondo molaretto, invece, è simile al
primo molare nella forma ma ha dimensioni più piccole.
17

DENTIZIONE MISTA - Denti decidui e denti permanenti

Mascellare superiore e mandibola di un bambino di 6/7 anni, sezionati per mostrare lo sviluppo della dentizione decidua e della
dentizione permanente. Si osservano i denti decidui, i denti permanenti eruttati e i denti permanenti in attesa di eruttare contenuti in
cavità ossee denominate cripte.

Arcate dentali viste da destra in cui si osserva la dentizione mista, Arcate dentali viste da sinistra in cui si osserva la dentizione mista,
denti decidui e denti permanenti. In azzurro i denti permanenti già denti decidui e denti permanenti. In azzurro i denti permanenti già
eruttati e quelli ancora contenuti nelle cripte in attesa di eruttare. eruttati e quelli ancora contenuti nelle cripte in attesa di eruttare.
36

Vestibolare
INCISIVO CENTRALE MASCELLARE
L’incisivo centrale è il primo dente dell’arcata
mascellare ed è ubicato a sinistra e a destra della
linea mediana. Data la sua posizione nell’arcata,
è il dente che si nota maggiormente.
Sul grafico fino ad ora costruito, dovranno
essere aggiunti i punti caratteristici che
contraddistinguono la corona e la radice di
ciascuna vista.

Vista vestibolare
PUNTI CARATTERISTICI DELLA CORONA
1  Il punto di contatto mesiale è situato a metà
circa del terzo incisivo.
2  Il punto di contatto distale è situato tra terzo
medio e terzo incisivo.

I punti di contatto sono importantissimi perchè,


spostati dalla loro giusta ubicazione, alterano lo
spazio interprossimale e l’interstizio incisivo e, di
conseguenza, anche la forma del dente.
Avvertenze
Per spazio interprossimale si intende quello La collocazione della larghezza mesio-distale
spazio delimitato dal punto di contatto, dalla del colletto e la posizione dell'altezza delle linee
gengiva e dalle superfici prossimali dei denti. cervicali mesiale e distale, sono già state descritte
nel paragrafo concernente la: "applicazione delle
dimensioni medie dei denti nel disegno".

gengiva superfici prossimali

punto di contatto
tra le superfici distale del centrale spazio interprossimale
e mesiale del laterale

punto di contatto tra le superfici mesiali


degli incisivi centrali interstizio incisivo
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I CONTORNI DELLA CORONA


La linea cervicale si presenta semiellittica: inizia
nel punto determinato dall’altezza della linea
cervicale distale, passa per il punto determinato
dall’incontro dell’asse del dente con la linea b e
termina nel punto indicante l’altezza della linea
cervicale mesiale.

Per una semplificazione espositiva, sulle viste


vestibolare e linguale, i punti indicanti le altezze
delle linee cervicali mesiale e distale, potranno
essere denominati: punto mesiale e punto distale
del colletto. Allo stesso modo, sulle viste mesiale
e distale, i punti determinati dalla profondità
vestibolo-linguale del colletto, potranno essere
chiamati punto vestibolare e punto linguale del
colletto.

Il contorno mesiale è leggermente convesso dal


colletto al punto di contatto; da qui al margine
incisivo è semicircolare.
L’angolo mesio-incisivo, che comprende questo
contorno, è quasi retto.

Il contorno distale inizia leggermente concavo


al colletto, diviene convesso nel terzo medio,
raggiunge la massima convessità nel punto di
contatto e prosegue, semicircolare, fino al margine
incisivo che risulta formato dalla linea c.
L’angolo disto-incisivo è acuto.

angolo angolo
disto-incisivo mesio-incisivo

Sulla vista vestibolare della corona, è possibile Lobo


osservare due avvallamenti di smalto che disto-vestibolare Lobo
mesio-vestibolare
evidenziano tre lobi: un lobo disto-vestibolare,
uno centrale ed uno mesio-vestibolare. Doccia Doccia
Gli avvalleamenti di smalto sono denominati disto-vestibolare mesio-vestibolare
docce: doccia mesiale e doccia distale. Lobo centrale
62

Vista mesiale
La vista mesiale è simile a quella del canino
mascellare; si differenzia, però, per alcune
caratteristiche importanti.

PUNTI CARATTERISTICI DELLA CORONA


1  I punti di massima convessità, sono situati a
metà circa del terzo cervicale.
2  La sommità della cuspide è spostata lingualmente
(mm.1).

PUNTI CARATTERISTICI DELLA RADICE


L’apice della radice è situato sull’asse del dente.

I CONTORNI DELLA CORONA E DELLA


RADICE
Sono simili a quelli del canino mascellare; si
differenzia il contorno linguale della corona, il
quale si presenta quasi rettilineo.

Vista distale
È l’immagine speculare della vista mesiale;
presenta, però, una minore altezza della linea
cervicale.

Vista occlusale
Da questa vista è meglio visibile la posizione della
sommità della cuspide e dei punti di contatto
mesiale e distale, i quali risultano spostati
lingualmente, in quanto allineati con la sommità
della cuspide.

I CONTORNI
Il contorno mesiale è convesso dal punto
vestibolare al punto mesiale. Il contorno mesio-
linguale è convesso dal punto mesiale al punto
linguale, pur presentando una leggera concavità
al centro di questa porzione di contorno.
Il contorno distale presenta due leggere
concavità al centro delle porzioni di contorno
disto-vestibolare e disto-linguale; nella parte
restante è convesso.
63

ANATOMIA DIFFERENZIALE
COME DISTINGUERE IL CANINO
MANDIBOLARE DESTRO DAL SUO
OMONIMO SINISTRO
Il canino mandibolare destro può essere distinto
dal sinistro in base alle seguenti caratteristiche:

1  Osservando la vista vestibolare del canino


inferiore, sul contorno distale della corona si
riscontrano due lievi concavità: una compresa
tra il colletto ed il punto di contatto distale ed
Canini mandibolari - viste vestibolari
una compresa tra il punto di contatto distale e
Destro Sinistro
la sommità della cuspide. Pertanto, osservando
la vista vestibolare del canino mandibolare
in posizione analoga a quella con cui esso si
presenta nella bocca, se le concavità risultano a
sinistra di chi guarda il dente è destro; viceversa,
se risultano a destra, il dente è sinistro.
2  La sommità della cuspide è spostata
mesialmente rispetto all’asse del dente; Canini mandibolari - viste occlusali
pertanto, osservando la vista vestibolare con
il dente in posizione analoga a quella con cui
esso si presenta nella bocca, se la sommità Vista vestibolare Vista mesiale
della cuspide risulta a destra di chi guarda il
dente è destro, se, invece, risulta a sinistra il
dente è sinistro.
3  Lo spostamento mesiale della cuspide può
essere rilevato anche sulla vista occlusale. Canino
mascellare
4  Osservando la vista vestibolare del dente in
posizione analoga a quella che presenta nella
bocca, se l’apice della radice è inclinato a
sinistra, il dente è destro, viceversa, se l’apice
è inclinato a destra, il dente è sinistro.

I CANINI ANTAGONISTI A CONFRONTO


Ponendo a confronto i canini mascellari e
mandibolari, si riscontrano le seguenti differenze:

5  L a s o m m i t à d e l l a c u s p i d e d e i c a n i n i
mascellare e mandibolare, presenta
le seguenti caratteristiche:
sulla vista vestibolare quella del canino
mascellare risulta posta sull’asse del dente
Canino
mentre quella del canino mandibolare è spostata mandibolare
mesialmente (mm. 0,75) rispetto all'asse;
sulla vista mesiale la sommità della cuspide del
canino mascellare è spostata vestibolarmente
(mm.1) rispetto all’asse; mentre quella del
canino mandibolare è spostata lingualmente
(mm.1,50 circa) rispetto all’asse.
Vista vestibolare Vista mesiale
6  Il canino mandibolare è più lungo e più
affusolato del mascellare.
7  Osservando la superficie occlusale, mentre il
canino mascellare ha i punti di contatto posti
a metà della profondità vestibolo-linguale,
quelli del canino mandibolare sono spostati
lingualmente mm.1 rispetto al centro della
profondità vestibolo-linguale della corona.

Vista occlusale del canino Vista occlusale del canino


mandibolare mascellare
124

ANATOMIA TOPOGRAFICA
POSIZIONE E NOMENCLATURA DEGLI ELEMENTI MORFOLOGICI

DENTI MOLARI

Viste occlusali dei secondi molari antagonisti Viste occlusali dei primi molari antagonisti

 

Versante cuspidale M Versante cuspidale D


Cresta cuspidale D della cuspide D-V della cuspide M-V
della cuspide M-V (o cresta supplementare) (o cresta supplementare)
(secondo Latrou: costa)
Cresta triangolare
della cuspide D-V
Cresta triangolare
Solco di sviluppo Cresta cuspidale M della cuspide M-V
delle cuspidi V della cuspide M-V
Versante cuspidale D
della cuspide D-V Versante cuspidale M
(o cresta supple- della cuspide M-V
Solco supple- mentare) (o cresta supple-
mentare ad U
mentare)

Cresta Cresta marginale M


Solco marginale D
intercuspidale
vestibolare

Versante cuspidale M
Solco della cuspide M-L
supplementare Cresta triangolare (o cresta supple-
aV della cuspide D-V mentare)

Solco intercuspidale Cresta triangolare


Solco intercuspidale M-D
linguale Rilievo obliquo della cuspide M-L
(cresta obliqua o
ponte di smalto)
Tubercolo
Versante cuspidale D di Carabelli
della cuspide M-L
(o cresta supplementare)

 
Fossa centrale

Sommità della Sommità della Pozzetto Pozzetto


cuspide D-L cuspide M-L medio-distale centrale

Fossa Fossa
distale mesiale Pozzetto Pozzetto
distale mesiale

Sommità della
Cresta (o rilievo) Cresta (o rilievo)
cuspide D-V Sommità della
cuspidale D della cuspide cuspidale M della cuspide
cuspide M-V
centrale centrale
(Secondo Latrou: costa) (Secondo Latrou: costa)

 
125

INCLINAZIONE DEI MOLARI ANTAGONISTI NELLA BOCCA

Inclinazione mesio-distale Inclinazione vestibolo-linguale


Primi molari (mascellari e mandibolari)

DENTI SINISTRI

Inclinazione mesio-distale Inclinazione vestibolo-linguale

 
Secondi molari (mascellari e mandibolari)

 
138

Metodo di Lee
Stabilito che, in assenza totale dei denti, l’unico larghezza della fronte
elemento di riferimento per risalire alla forma
dell’incisivo centrale mascellare è costituito
dalla forma del viso, Lee suggerisce di procedere
individuando sul viso stesso tre larghezze:
a) larghezza della fronte
b) larghezza bigoniaca (Go)1
c) larghezza bizigomatica (Zy)2.

A queste tre misurazioni Lee fa corrispondere,


sulla superficie vestibolare dell’incisivo,
rispettivamente:
a’) larghezza del dente al colletto
b’) larghezza del margine incisivo
c’) larghezza massima della corona.

Confrontando la larghezza della fronte e la


larghezza bigoniaca con la larghezza bizigomatica,
la quale rappresenta il termine di paragone, si
otterranno varie combinazioni; ad esempio:
larghezza bigoniaca
a) se la larghezza della fronte e la larghezza
bigoniaca, dal confronto, si avvicinano alla
larghezza bizigomatica, il viso avrà una forma larghezza bizigomatica
quadrangolare; di conseguenza anche il dente
avrà la stessa forma, poiché la larghezza del
colletto e del margine incisivo si avvicineranno
a quella della corona;
b) se le larghezze della fronte e bigoniaca saranno
minori della distanza bizigomatica, si avrà una
forma, del viso e del dente, circolare (ovale
o ellittica).
c) se le larghezze della fronte e bigoniaca
risulteranno la prima larga e la seconda stretta
o viceversa, rispetto alla distanza bizigomatica,
si avrà una forma del viso triangolare
alla quale corrisponderà un dente di forma
triangolare.

larghezza
del colletto

larghezza del
margine incisivo

1
La distanza bigoniaca é la distanza che intercorre fra due
punti craniometrici chiamati Gonion (Go). Il Gonion, larghezza della corona
reperibile sulla mandibola, indica il punto più basso, più
arretrato e più esterno dell’angolo mandibolare, il quale é
determinato dall’incontro dei margini esterni del corpo e
della branca montante della mandibola.
2
La larghezza bizigomatica rappresenta la larghezza massima
della faccia; questa misura corrisponde alla distanza che
intercorre tra due punti craniometrici chiamati Zygion
(Zy). Lo Zygion indica il punto dell’arcata zigomatica più
distante dal piano sagittale mediano.
139

DIMENSIONI DEI DENTI E DIMENSIONI


DEL VISO
Per quanto riguarda le dimensioni dentali, da
rilevamenti statistici è risultato che esiste una
precisa relazione biometrica tra l’incisivo centrale
mascellare ed il viso.

16
In particolare, le dimensioni dell’incisivo
centrale (altezza e larghezza), corrispondono ad
1/16 delle dimensioni del viso, le quali vengono
rilevate come segue:
• l’altezza del viso corrisponde alla distanza che

ALTEZZA DEL VISO


intercorre fra due punti craniometrici chiamati
Trichion (Tr) e Gnathion (Gn); questi due punti
di repere indicano rispettivamente: il primo il
punto in cui la capigliatura si inserisce nella
fronte, il secondo il punto più basso del margine
inferiore della mandibola;
• la larghezza del viso corrisponde invece alla
distanza bizigomatica (Zy).
Dividendo per sedici l’altezza e la larghezza del
viso si otterranno, rispettivamente, l’altezza e la
1
larghezza dell’incisivo centrale.
1 16

DISTANZA BIZIGOMATICA

L’altezza e la larghezza dell’incisivo centrale mascellare


corrispondono ad un sedicesimo dell’altezza e della
larghezza del viso.

La distanza
interalare
corrisponde
¼¼ ¼¼ alla distanza
intercanina

Distanza interalare del naso


Un altro criterio proporzionale che può considerarsi
integrativo del precedente, impiega, come misura di
riferimento, per stabilire la larghezza dell’incisivo
centrale mascellare, la distanza che intercorre tra
le facce esterne delle due ali del naso.
Seguendo questo criterio, la larghezza dell’incisivo
centrale corrisponde ad 1/4 di questa distanza la
quale oscilla tra 24 e 45 mm.
Tale distanza è chiamata anche intercanina in
quanto, tracciando due rette, fra loro parallele,
passanti per i punti più sporgenti delle ali del
naso, queste incontrano la sommità della cuspide
dei canini.
La distanza intercanina consente di verificare
la relazione che intercorre tra l’incisivo centrale
e gli altri denti anteriori (incisivo laterale e
canino); infatti questa larghezza è occupata, in
ogni emiarcata, per 1/4 dall’incisivo centrale e
per 1/4 dall’incisivo laterale insieme ad una parte
del canino.
Si tenga presente che il laterale ed il canino,
osservati frontalmente, sembrano più piccoli delle La larghezza dell’incisivo centrale corrisponde ad 1/4 della
dimensioni reali perché sono visti di scorcio. distanza intercanina
146

Arcate dentarie mascellare e mandibolare Semiarcate antagoniste di destra


Denti disegnati con la tecnica al tratto. Denti disegnati al tratto allineati secondo il
tracciato in rosso.
La forma delle arcate è stata ottenuta Il procedimento per costruire il tracciato su cui
allineando i denti sui tracciati realizzati sono allineati i denti è stato ideato da chi scrive
mediante la costruzione geometrica al fine di dare forma concreta alle indicazioni
precedentemente illustrata. antropometriche di Izard
147

Semiarcate antagoniste di sinistra Arcate dentarie mascellare e mandibolare


Denti disegnati con la tecnica del chiaroscuro allineati Denti disegnati con la tecnica del chiaroscuro.
secondo il tracciato in rosso .
Il procedimento per costruire il tracciato su cui sono La forma delle arcate è stata ottenuta allineando i
allineati i denti è stato ideato da chi scrive al fine di dare denti sui tracciati realizzati mediante la costruzione
forma concreta alle indicazioni antropometriche di Izard geometrica precedentemente illustrata.
156

IL TAVOLATO OCCLUSALE
Con il termine tavolato occlusale si indica
quella entità spaziale formata dal progressivo
allineamento delle superfici occlusali dei denti
posteriori.
Il tavolato occlusale si estende dal primo
premolare al terzo molare di ciascuna emiarcata
ed è compreso tra due linee curve, ideali, delle
quali una passa per la sommità delle cuspidi
vestibolari e l’altra per la sommità delle
cuspidi linguali dei denti posteriori mascellari
e mandibolari. Mentre la linea v passante per
le cuspidi vestibolari ha un tracciato uniforme,
la linea l che passa per le cuspidi linguali V S L
presenta, in corrispondenza dei premolari,
una rientranza. Tale rientranza, che in questa V S L
zona comporta il restringimento del tavolato
occlusale, è determinata dal fatto che, la distanza
Tavolato occlusale
intercuspidale dei premolari, è minore di quella V = linea delle cuspidi vestibolari
dei molari. S = linea dei solchi
All’interno delle due linee che delimitano, L = linea delle cuspidi linguali
longitudinalmente, il tavolato occlusale è possibile
riscontrare una terza linea s originata dal
succedersi dei solchi intercuspidali mesiodistali
dei denti posteriori. La linea s risulta equidistante1
in tutti i suoi punti dalla linea v (3 mm. circa).

Orientamento dei tavolati occlusali


Un’importante elemento di valutazione funzionale,
nell’ambito della costruzione protesica, è
rappresentato dall’orientamento delle superfici
occlusali dei denti posteriori in quanto, la
corretta disposizione di queste ultime, agevola
gli spostamenti laterali della mandibola ed evita
interferenze cuspidali non desiderate.
Rispetto alla cavità orale le superfici occlusali si
presentano orientate nel modo seguente:
verso l’interno quelle di tutti i denti inferiori e
quelle dei premolari superiori;
verso l’esterno quelle dei molari superiori.

Sull’orientamento del tavolato occlusale esiste


anche la teoria di Ackerman secondo la quale
l’orientamento delle superfici occlusali dei denti
posteriori superiori (molari vestiboloversi e
premolari linguoversi), conferisce al tavolato
occlusale un andamento elicoidale che presenta
il punto di inversione dell’elica tra primo molare
e secondo premolare mascellare. Orientamento dei tavolati occlusali
A determinare l’orientamento delle superfici
occlusali dei denti posteriori concorrono vari
fattori, tra cui l’inclinazione dentale e le curve
delle arcate dentarie, rappresentate dalla curva
di Wilson e dalla curva di Spee, che esamineremo
dopo aver descritto i piani facciali di riferimento.

l
L’equidistanza che la linea s stabilisce rispetto alla linea
v è determinata dal fatto che, come si ricorderà, i solchi
intercuspidali dei premolari sono spostati lingualmente
rispetto al centro della superficie occlusale. Tale
caratteristica consente loro di allinearsi sul prolungamento
dei solchi dei molari. Teoria di Ackermann
Andamento elicoidale dei tavolati occlusali
157

PIANI FACCIALI DI RIFERIMENTO


I piani facciali a cui faremo riferimento
nelle successive descrizioni sono: il piano
di Francoforte, i piani basali (mascellare e
mandibolare), il piano di Camper ed il piano
occlusale.
Il piano di Francoforte (o auricolo-orbitario) è
un piano orizzontale, ideale, che si estende dal
bordo superiore del condotto uditivo esterno
Porion (Po) al punto orbitale (o sottorbitale) (Or) Po • Or •
P.F.
(punto craniometrico indicante il punto più basso
del margine inferiore dell’orbita). L’appellativo
con cui questo piano viene identificato gli deriva
dalla città di Francoforte la quale, nel 1882,
ospitò il congresso in cui esso venne presentato
ufficialmente. Piano di Francoforte
Si estende dal bordo superiore
In passato, al piano di Francoforte veniva del condotto uditivo esterno
attribuita la caratteristica di essere costantemente (Porion Po) al punto Orbitale (Or) o
orizzontale. Oggi, questa caratteristica, è stata sottorbitale
riesaminata alla luce di quanto Downs ha
dimostrato: infatti, ponendo la testa nella sua
posizione naturale di equilibrio sul tronco e
confrontando la traccia del piano di Francoforte
con quella di un normale piano orizzontale, il
piano di Francoforte non risulta perfettamente
orizzontale ma può presentarsi anche inclinato
verso l’alto o verso il basso di un valore che si
aggira intorno ai 5°.
La precisazione di Downs, che abbiamo
riportato per maggiore chiarezza, non riduce o
annulla le proprietà del piano di Francoforte,
il quale continua a costituire l’elemento
fondamentale di riferimento, per moltissime P Sp
analisi cefalometriche.
I piani basali, rappresentati dal piano mascellare • Go
(o bispinale) e dal piano mandibolare, sono così
denominati perché passanti, rispettivamente, per
Piani basali
la base dell’osso mascellare e per la base della P Sp = piano bispinale o tragonasale • Gn
mandibola. P M = piano basale mandibolare
Il piano bispinale (PSp) è così chiamato perché   (definizione di Tweed) PM
si estende dalla spina nasale anteriore a quella Gonion (Go) = Punto più basso, più arretrato e più esterno
dell'angolo mandibolare.
posteriore.
Del piano mandibolare (Pm) va subito detto che, Gnathion (Gn) = Punto più basso del margine inferiore
della mandibola sul piano sagittale mediano.
per quanto riguarda il suo decorso, non esiste
una definizione unanimemente condivisa dai vari
autori, perciò enunceremo le due definizioni più
ricorrenti.
Una prima definizione identifica il piano
mandibolare con quel piano passante per due
punti craniometrici (tra l’altro di non facile
localizzazione) denominati Gonion (Go) e
Gnathion (Gn). La seconda, quella di Tweed,
identifica il piano mandibolare con la tangente
al margine inferiore del corpo mandibolare.

Il piano di Camper è un piano, ideale, passante


Sn.a
orizzontalmente per il centro del condotto uditivo • PC
esterno e per la spina nasale anteriore (Sn a).
Tale piano si presenta moderatamente inclinato
verso il basso.

Piano di Camper
168

LA TEORIA DELLA SFERA DI MONSON

Secondo Monson, il quale nel 1898 introdusse


la teoria della sfera, la sommità delle cuspidi ed
i margini incisivi dei denti inferiori, per effetto
delle curve di Spee e di Wilson, presentano
una disposizione per la quale, se accostati alla
superficie esterna di una sfera, vi si adattano
perfettamente; viceversa, i denti superiori
(allineati secondo curve convesse) si adattano
alla superficie interna.

Per Monson la sfera ha un diametro di 8 pollici


corrispondente a 208 mm. circa (raggio mm.
104 circa). Calotta sferica dell'occlusore Terminus

Per Villain (1918), il quale dissente solo per


quanto riguarda la posizione del centro della
sfera, quest’ultimo risulta individuabile 3 cm.
circa dietro il Nasion.

Monson formulò questa teoria nel tentativo


di risolvere quei problemi che si incontrano
quando, nella costruzione delle protesi totali, si
devono riprodurre le curve delle arcate dentarie
e l’orientamento delle superfici occlusali dei denti
posteriori.

Dalla teoria della sfera alla calotta sferica


La teoria della sfera di Monson può essere
applicata praticamente per mezzo di una calotta
sferica, figura geometrica che meglio si presta ad Calotta sferica sistemata sull'arcata mandibolare
esprimere le peculiarità medie delle due curve.

Articolatore Gnatomat Calotta dell'articolatore Gnatomat


169

TEORIA DELLA SFERA DI MONSON

Teoria della sfera di Monson


Secondo Monson la sommità delle cuspidi ed i margini incisivi dei denti inferiori
si adattano perfettamente alla superficie esterna di una sfera.
194

RAPPORTI OCCLUSALI DENTE A DUE DENTI - CUSPIDE - CRESTE MARGINALI

PROSPETTO SINTETICO DEI CONTATTI OCCLUSALI


TRA CUSPIDI DI APPOGGIO MANDIBOLARI
E ZONE RICEVENTI MASCELLARI

CUSPIDI DI APPOGGIO
ZONE RICEVENTI
(o di supporto)
(o stop centrici)
MANDIBOLARI
MASCELLARI
(cuspidi vestibolari)

A Cuspide V del I° premolare A Creste marginali del canino e del I° premolare


1 - Versante cuspidale M 1' - Cresta marginale D del canino 1'
2 - Versante cuspidale D 2' - Cresta marginale M del I° premolare A 2'

B Cuspide V del II° premolare B Creste marginali del I° e II° premolare


3 - Versante cuspidale M 3' - Cresta marginale D del I° premolare
4 - Versante cuspidale D 4' - Cresta marginale M del II° premolare 3'
B 4'
C Cuspide M-V del I° molare C Creste marginali del II° premolare e del I° molare
5 - Versante cuspidale M 5' - Cresta marginale D del II° premolare
6 - Versante cuspidale D 6' - Cresta marginale M del I° molare 5'
C 6'
D Cuspide vestibolo - centrale D Fossa centrale del I° molare
del I° molare 7'
7 - Versante cuspidale M 7' - Versante D della (CrTr) della cuspide M-V D 8'
8 - Cresta triangolare 8' - (CrTr) della cuspide M-L 9'
9 - Versante cuspidale D 9' - Versante M della (CrTr) della cuspide D-V * 10'
E 11'
12'
13'
E Cuspide D-V del I° molare* E Fossa D del I° molare F 14'
10 - Versante cuspidale M 10' -Versante D della (CrTr) della cuspide D-V
11 - Cresta triangolare 11' - (CrTr) della cuspide D-L
15'
12 - Versante cuspidale D 12' - Versante M della cresta marginale D
G 17'
16'

F Cuspide M-V del II° molare F Creste marginali del I° e del II° molare
13 - Versante cuspidale M 13' - Cresta marginale D del I° molare
14 - Versante cuspidale D 14' - Cresta marginale M del II° molare

G Cuspide D-V del II° molare* G Fossa centrale del II° molare
15 - Versante cuspidale M 15' - Versante D della (CrTr) della cuspide M-V
16 - Cresta triangolare 16' - (CrTr) della cuspide M-L
17 - Versante cuspidale D 17' - Versante M della (CrTr) della cuspide D-V
17
G 15 16
* La cuspide disto-vestibolare del primo molare mandibolare E
viene considerata, prevalentemente, non funzionale perciò alcuni autori
non prendono in cosiderazione i suoi contatti.
14
F 13
CONTATTO TRIPODE
* 12
E
= superfici di appoggio inferiori 10 11
= zone riceventi superiori D 9
8
7
CONTATTO BIPODE
6
= superfici di appoggio inferiori C 5
= zone riceventi superiori

4
B
3

2
A 1

ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI


D = Distale
L = Linguale
M = Mesiale
V = Vestibolare

D-L = Disto-Linguale
D-V = Disto-Vestibolare
M-L = Mesio-Linguale
M-V = Mesio-Vestibolare

V-C = Vestibolo-Centrale Emiarcate antagoniste di destra


cuspidi di appoggio mandibolari e zone riceventi mascellari
(CrTr) = Cresta triangolare nel rapporto occlusale cuspide-creste marginali.
195

PRIMO TIPO
OCCLUSIONE NORMALE

PROSPETTO SINTETICO DEI CONTATTI OCCLUSALI


TRA CUSPIDI DI APPOGGIO MASCELLARI
E ZONE RICEVENTI MANDIBOLARI
CUSPIDI DI APPOGGIO
ZONE RICEVENTI
(o di supporto)
(o stop centrici)
MASCELLARI
MANDIBOLARI
(cuspidi linguali)

H Cuspide L del I° premolare H Creste marginali del I° e II° premolare


18 - Versante cuspidale M 18' - Cresta marginale D del I° premolare
19 - Versante cuspidale D 19' - Cresta marginale M del II° premolare

I Cuspide L del II° premolare I Creste marginali del II° premolare e del I° molare
20 - Versante cuspidale M 20' - Cresta marginale D del II° premolare
18 21 - Versante cuspidale D 21' - Cresta marginale M del I° molare
H 19
L Cuspide M-L del I° molare L Fossa Centrale del I° molare
22 - Versante cuspidale M 22' - Versante D della (CrTr) della cuspide M-L
23 - Cresta triangolare 23' - (CrTr) della cuspide centrale del I° molare
20 24 - Versante cuspidale D 24' - Versante M della (CrTr) della cuspide D-L
I
21
M Cuspide D-L del I° molare M Creste marginali del I° e II° molare
25 - Versante cuspidale M 25' - Cresta marginale D del I° molare
22 26 - Versante cuspidale D 26' - Cresta marginale M del II° molare
L 23
24
N Cuspide M-L del II° molare N Fossa Centrale del II° molare
25 27 - Versante cuspidale M 27' - Versante D della (CrTr) della cuspide M-L
M 28 - Cresta triangolare 28' - (CrTr) della cuspide D-V
26
29 - Versante cuspidale D 29' - Versante M della (CrTr) della cuspide D-L
27
N 29
28 O Cuspide D-L del II° molare O Creste marginali del II° e III° molare
30 - Versante cuspidale M 30' - Cresta marginale D del II° molare
30 31 - Versante cuspidale D 31' - Cresta marginale M del III° molare
O 31

31'
O
30'

29'
N 28'
27'

26' CONTATTO TRIPODE


M 25'
= superfici di appoggio superiori
= zone riceventi inferiori
24'
L 23'
CONTATTO BIPODE
22'
= superfici di appoggio inferiori
21' = zone riceventi superiori
I
20'

19'
H 18'

Emiarcate antagoniste di sinistra


cuspidi di appoggio mascellari e zone riceventi mandibolari
nel rapporto occlusale cuspide-creste marginali.
196

RAPPORTI OCCLUSALI DENTE A DUE DENTI - CUSPIDE - CRESTE MARGINALI PRIMO TIPO

1'
A 2'

18
H 19
3'
B 4'

20
I
5' 21
C 6'
22
7' L 23
D 8'
24
9'
* 10'
E 11' 25
12' M
13' 26
F 14'
15' 27
G 16' N 28
17' 29
30
O 31
31'
O
17 30'
G 15 16
29'
N 28'
27'
14
F 13
26'
* 12 M 25'
E
10 11
9
D 8
7 24'
L 23'
22'
6
C 5
21'
I
20'
4
B
3
19'
H 18'
2
A 1
PRIMO TIPO

Esercitazione didattica consigliata


Un esercizio che facilita lo studio dei contatti occlusali consiste nel prendere due modelli in gesso di arcate dentarie antagoniste e su di essi individuare
e contrassegnare (con matite di colori diversi) i punti di contatto e le zone riceventi di ciascun dente posteriore.
197
224

FATTORI CHE INFLUENZANO


L'ALTEZZA DELLE CUSPIDI E LA
PROFONDITÀ DELLE FOSSE
Noti anche come «determinanti» verticali perché
gli effetti che essi producono sono valutabili
rispetto ai piani verticali (sagittale e coronale), i
fattori principali che influenzano l'altezza delle
cuspidi e la conseguente profondità delle fosse
sono i seguenti:
1  inclinazione dell'eminenza articolare;
2  orientamento del piano occlusale rispetto
all'inclinazione dell'eminenza articolare;
Inclinazione Piano
3  curva di Spee (lunghezza del raggio e dell'eminenza articolare di Francoforte
concavità);
4  sovramorso e sovraggetto;
5  spostamento laterale del condilo ruotante
(movimento di Bennet)
6  latero-surtrusione e latero-detrusione.

INFLUENZA DELL'INCLINAZIONE Inclinazione


dell'eminenza
DELL'EMINENZA ARTICOLARE articolare

L'altezza delle cuspidi è direttamente proporzionale


all'inclinazione dell'eminenza articolare.

In sintesi:
Inclinazione della accentuata - cuspidi alte
eminenza articolare ridotta - cuspidi basse

Motivazioni
Se osserviamo due differenti inclinazioni della
eminenza articolare, una dalla ripidità accentuata
l'altra dalla ripidità ridotta, avremo modo di Cuspidi alte Concavità linguale scarsa

individuare come esse riescono a condizionare


Inclinazione della eminenza articolare accentuata
la morfologia di cuspidi e fosse.
In presenza di una ripidità accentuata
dell'inclinazione dell'eminenza articolare, il
condilo mandibolare è obbligato a seguire, in
protrusione, una traiettoria diretta più verso Inclinazione Piano
il basso che verso l'avanti: di conseguenza lo dell'eminenza articolare di Francoforte

spostamento della mandibola determina una


netta disclusione, caratterizzata da ampi spazi
interarcate. L'ampiezza di questi spazi consente
di realizzare cuspidi alte e fosse profonde.

Viceversa, in presenza di una ripidità ridotta


dell'inclinazione della eminenza articolare, il
condilo compie un tragitto meno repentino
per cui lo spostamento mandibolare determina
spazi interarcate meno ampi, per i quali sono
appropriate cuspidi basse e fosse poco profonde.
La maggiore o minore inclinazione dell'eminenza
articolare, la quale determina la ripidità del
percorso mandibolare, influisce anche sulla
concavità delle superfici linguali degli incisivi
centrali mascellari.

La concavità delle superfici linguali degli incisivi centrali


mascellari è inversamente proporzionale all'inclinazione
dell'eminenza articolare.
Cuspidi basse Concavità linguale accentuata
In sintesi:
accentuata - concavità scarsa
Inclinazione della
eminenza articolare Inclinazione della eminenza articolare ridotta
ridotta - concavità accentuata
225

INFLUENZA DELL'ORIENTAMENTO
DEL PIANO OCCLUSALE

Inclinazione
dell'eminenza
L'altezza delle cuspidi è direttamente proporzionale articolare
alla divergenza del piano occlusale dall'inclinazione
dell'eminenza articolare.

In sintesi: Piano
poco accentuata - cuspidi basse occlusale
Divergenza del P.O. (tendenza al parallelismo)
accentuata - cuspidi alte

Motivazioni
Come è facilmente intuibile, la traiettoria descritta
dalla mandibola durante la protrusione, è
parallela all'inclinazione dell'eminenza articolare.
Pertanto, nel caso in cui il piano occlusale Cuspidi basse
si presenta tendenzialmente parallelo
Il piano occlusale tende ad essere parallelo all'inclinazione
all'inclinazione dell'eminenza, sarà parallelo dell'eminenza articolare
anche alla traiettoria dello spostamento
mandibolare. In questa circostanza si verifica
una disclusione ridotta delle arcate dentarie,
simile ad uno slittamento, che produce spazi
interdentali esigui, per i quali sono appropriate
cuspidi basse.

Viceversa, nel caso in cui il piano occlusale


si presenta divergente rispetto all'inclinazione
Inclinazione
dell'eminenza articolare, lo sarà anche rispetto dell'eminenza
alla traiettoria dello spostamento. In questa articolare

circostanza, come è facile verificare, la particolare


disposizione del piano occlusale favorisce una Piano
occlusale
netta disclusione delle arcate dentarie che
produce spazi più ampi, nei quali possono essere
allocate cuspidi alte.

Cuspidi alte

Piano occlusale divergente dall'inclinazione dell'eminenza


articolare
242

In sintesi, nella squadratura all’americana, la base


del modello inferiore si differenzia da quella del
modello superiore perché ha la faccia anteriore
curva e presenta un diverso grado di inclinazione
delle facce laterali.

La squadratura dei modelli


La squadratura del modello può essere effettuata
in modo diretto o in modo indiretto.

La squadratura diretta prevede il taglio della


base mediante una apposita mola.
Squadratura diretta del modello

La squadratura indiretta (zoccolatura universale) Forme di gomma per la Forme di gomma per la
prevede la applicazione di uno zoccolo realizzato squadratura alla francese squadratura all'americana
mediante preformati in gomma (o altri materiali)
che riproducono i tagli alla francese e all’americana.

La tecnica di squadratura indiretta dei modelli


è stata sviluppata mediante l’impiego di forme
in gomma rese note da Robin, De Coster,
Dreifus,Tacail.

Forme di gomma per la squadratura indiretta


MODELLI DA MUSEO

I TAGLI DI TWEED
254

REGOLE DEI BOARDS A.B.O. E.B.O. I.B.O.


PER LA SQUADRATURA DEI MODELLI

13 mm

70 mm

13 mm

* *

70°
90°
* *
13 mm
Maxilla

*
* *

65°
90°
* *
13 mm

Mandible
ARCATE EDENTULE
E PROTESI TOTALE

INSERIMENTO DEI DENTI


NELLE ARCATE EDENTULE
306

GANCI SOPRAEQUATORIALI
I ganci sopraequatoriali che vengono principalmente
impiegati sono i seguenti:
A Gancio Ney N. 1;
B Gancio di Akers;
C Gancio ad azione posteriore;
D Gancio ad azione posteriore rovesciato; Gancio n. 1
E Gancio ad anello;
F Gancio doppio o gancio di Bonwill;
G Gancio Equipose N. 1 e N. 2; Gancio n. 1
H Gancio Iso Clasp ;
I Gancio Ney N. 1 doppio;
J Gancio continuo di Kennedy (o filo continuo).

I ganci sopraequatoriali hanno il vantaggio di


offrire una efficace ritenzione ed una buona
stabilità.

Va premesso che tutti i ganci vanno impiegati su


solidi e stabili denti pilastro .

A Gancio Ney n. 1
Caratteristiche Gancio n. 1
Il gancio n. 1 è formato da due bracci, uno
vestibolare ed uno linguale, entrambi con funzione
ritentiva; tali bracci si collegano all’appoggio (o r r
cavaliere) ed entrambi al connettore minore (o
peduncolo). Il gancio n. 1, esercitando l’abbraccio su
¾ della superficie del dente pilastro e la ritenzione su
entrambe le facce del dente, offre una buona stabilità ap
ab ab
alla protesi e una efficace ritenzione.

Impiego
Nelle edentulie intercalate mono o bilaterali.
Il gancio n°1 non va impiegato nei casi di selle ad
estensione o ad estremità distale libera, mono e
bilaterali.
Vestibolare Distale Linguale
Equatore
Basso in direzione della zona edentula, sia
vestibolarmente sia lingualmente.

Orientamento della porzione ritentiva


Punte rivolte in direzione opposta a quella dell'area
edentula. Equatore in rosso
Superficie in sottosquadro in verde

Sottosquadro
0,50 mm. sulle superfici vestibolare e linguale del
dente pilastro.
307

B Gancio di Akers
braccio di guida
Caratteristiche
Il Gancio di Akers presenta forma, caratteristiche
e impiego simili a quelle del gancio Ney n. 1.

Differenze fra il gancio Ney n. 1 e il gancio di


Akers
Il gancio Ney n. 1 ha due bracci entrambi ritentivi,
il gancio di Akers ha un braccio ritentivo,
(generalmente il vestibolare), e un braccio di
guida (bilanciante o stabilizzante) collocato sulla braccio ritentivo
superficie linguale del dente pilastro.
Il connettore minore del gancio di Akers, essendo
rivolto verso la zona edentula, in alcuni casi, oltre
alla funzione di collegamento, svolge anche la
funzione di placca di guida.

Equatore
Analogo a quello del gancio Ney n. 1: per il braccio
ritentivo equatore basso in corrispondenza della
zona edentula.

Sottosquadro
0,25 mm. sulla superficie vestibolare del dente
pilastro.

GANCIO DI AKERS APPLICATO SUL PRIMO MOLARE MANDIBOLARE

Braccio di guida o di stabilizzazione Gancio di Akers Braccio ritentivo


posto sulla superficie linguale osservato dall’alto posto sulla superficie vestibolare.
Si noti come il braccio ritentivo scende più
in basso del braccio di guida

GANCIO DI AKERS APPLICATO SUL PRIMO PREMOLARE MASCELLARE

Braccio di guida o di stabilizzazione Gancio di Akers osservato dall’alto. Braccio ritentivo posto
posto sulla superficie linguale Si osservi la diversa conformazione dei sulla superficie vestibolare.
due bracci del gancio. Si noti come il braccio ritentivo scende più
in basso del braccio di guida
392

MODELLAZIONE CON LA DENTINA

1- Si inizia col sigillare il bordo perimetrale 2- Fissaggio del composito fluido mediante 3- Completamento dei contorni dell’intarsio
dell’intarsio con dentina opaca ad alta breve esposizione ai raggi UW per la pre- con dentina.
saturazione cromatica polimerizzazione. Fissaggio del composito con raggi UW

4- Modellazione del cono della cuspide M-V 5- Modellazione del cono della cuspide M-P 6- Rilievi marginali M e rilievi delle cuspidi
e dei rilievi cuspidali. (cuspide di centrica) M-V e M-P, rilievo obliquo della cuspide M-P.
Fissaggio del composito con raggi UW Fissaggio del composito con raggi UW Fissaggio del composito con raggi UW

7- Modellazione della cuspide D-V (cono e 8- Modellazione della cuspide D-P 9 -Applicazione del colore arancio per dare
rilievi cuspidali) e del rilievo marginale distale profondità alla modellazione.
Fissaggio del composito con raggi UW Fissaggio del composito con raggi UW Fissaggio del composito con raggi UW

LEGENDA DELLE ABBREVIAZIONI

Per ragioni di spazio nelle didascalie


delle foto si è fatto ricorso alle seguenti
abbreviazioni:
V = Vestibolare
P = Palatale
M = Mesiale
D = Distale

Pertanto:
M-V = Mesio-Vestibolare
M-P = Mesio-Palatale
M-D = Mesio-Distale
D-V = Disto-Vestibolere
D-P = Disto-Palatale
D-L = Disto-Linguale
10- Sul secondo molare sono disegnati: in blu 11- Polimerizzazione della dentina mediante
i rilievi e i solchi; in rosso le creste triangolari. “Apparecchio di luce per la polimerizzazione
Sono riferimenti per la modellazione. sottovuoto”
400

I colori terziari si ottengono dall’unione di Colori terziari complementari (o diametrali)


un colore primario è di un colore secondario R
adiacente. Sommando il rosso R e l’arancio Ar, si R-Vl R-Ar
forma il rosso arancio R-Ar , procedendo in questo
modo si ottengono tutti gli altri colori terziari.
La complementarietà dei colori terziari può essere
individuata facendo riferimento alle linee dei vari Vl
Ar
diametri del cerchio cromatico:
ad esempio il colore terziario Rosso Arancio
R-Ar è complementare del colore Blu-Verde
B-Vr; l’individuazione di questo rapporto B-Vl G-Ar
complementare, come di tutti gli altri presenti nel
cerchio cromatico, si ottiene nel modo seguente:
sul cerchio cromatico si sceglie il colore del quale
si vuole conoscere il complementare, dopodiché è
sufficiente seguire la linea del diametro del cerchio B G
cromatico: all’estremità opposta a quella del colore
scelto si trova il colore complementare.
L’unione tra loro dei colori primari dà origine al
grigio. Lo stesso risultato si ottiene unendo tra loro B-Vr G-Vr
i colori secondari con il proprio complementare e Vr
i colori terziari complementari.

GRIGIO SEMPLICE E GRIGIO COMPLESSO


Esistono due tipi di grigio: il grigio semplice e il grigio
complesso.
Il grigio semplice è quello che si ottiene mescolando
il pigmento bianco con il pigmento del nero: questo
grigio non va impiegato nel campo della ricostruzione
dentale, perché il bianco in esso contenuto è un colore
opaco che influisce negativamente sulla traslucenza
della ceramica dentale.
Il grigio complesso è ottenuto dai colori complementari,
Grigio semplice Grigio complesso
per questo è traslucente come la ceramica dentale ed Bc + Nr C+M+Y
è quindi indicato nella stratificazione della ceramica
dentale.

DAL CERCHIO CROMATICO ALLA SFERA


CROMATICA
Con la sfera cromatica si passa da una visione
bidimensionale ad una visione tridimensionale
dei colori. Il pittore tedesco Philipp Otto Runge,
nel 1810, presentò una sfera cromatica dove in
corrispondenza dell’equatore era collocata una
fascia cromatica formata dai colori primari e dai
colori da essi derivati (secondari, terziari e così via).
Ognuno di questi colori aveva il più alto grado di
purezza e saturazione. I colori della fascia cromatica
rappresentano le varie tonalità (tinta) dei colori.

La luminosità (valore) del colore per Runge fa


riferimento all’asse verticale della sfera. Egli infatti
ai due poli della sfera aveva collocato il bianco e il Sfera cromatica
nero; ciascun colore (tinta) della fascia cromatica,
man mano che ci si spostava verso l’alto (verso il
bianco) diventava più chiaro mentre, man mano
che ci si spostava verso il basso (verso il nero),
diventava più scuro.
Riguardo alla saturazione (purezza del colore),
Runge indicava come riferimento la dimensione
radiale della sfera rilevata sul raggio della fascia
cromatica: ogni colore puro, spostandosi dalla
fascia cromatica verso il grigio dell’asse posto al
centro della sfera, diventa meno saturo, meno puro,
perché gradualmente viene contaminato dal grigio.
401

IL SISTEMA MUNSELL DEI COLORI Sistema dei colori di Munsell


10

Il pittore Albert Henry Munsell (1858-1918), agli


inizi del XX secolo, sviluppò materialmente un
sistema di ordinamento dei colori basato sui tre
attributi percepibili del colore: la tinta (Hue), la
8
luminosità (Value) e la saturazione (Chroma). Yellow-Red
Red
Red-Purple
Yellow

„„
La tinta (o Tonalità) viene valutata su un cerchio Green-Yellow
cromatico posto in posizione orizzontale. Purple 6

„„
La luminosità (o Valore) viene misurata 4
2
0
5
verticalmente su un asse (asse dei grigi). 6
8
„„
La saturazione (o Croma) viene misurata 10 4
dall’asse dei grigi verso l’esterno. 12
Green

2
Blu
Blu-Green
La Tinta (o tonalità ) è l’elemento in base al quale Purple-Blu
0
distinguiamo un colore da un altro.
Per descrivere la tinta dei colori Munsell si servì
di un cerchio cromatico orizzontale che divise in
cinque parti dove collocò cinque colori principali:
rosso, giallo, verde, blu e violetto contrassegnati dalle
loro iniziali in inglese R (Red) Y (Yellow), G (Green),
B (Blue) e P (Purple); tra un colore e l'altro aggiunse
altri cinque colori intermedi ai primi cinque. Due
colori di uguale luminosità e saturazione, opposti
sul diametro della circonferenza delle tonalità,
sono colori complementari o diametrali; la loro Cerchio cromatico
mescolanza additiva genera il grigio della stessa
luminosità.

5 10
100
15
95
10Y 5GY
5R
10Y 10
10R
1 0RP YR GY
P 5Y 10
5R R
90

20

R
5G
5Y
10
P

RP YR
10

Y
85

25

10G
10R
5Y
5P

P Y
5BG 10R

N
10PB

R5
80

30
5R

PB GY
P
5GY

10R
5PB

G
75

35

B G
10

P
0B

5B

BG
5R
GY
1

5G 10
70

40

5B P B
G 10G 10
5PB
5BG 10B 5P
Cerchio cromatico Cerchio cromatico
45 10PB
65
di Munsell 5+5 colori 60 55
50 di Munsell 20 colori

Il Valore (o luminosità) rappresenta il grado


di luminosità di un colore (o di un dente) (la
brillantezza, la chiarezza, più chiaro o più scuro).
Munsell valuta tale proprietà facendo riferimento
ad un asse verticale ai cui estremi sono collocati in
alto il bianco assoluto con valore dieci e in basso
il nero assoluto con valore zero.
Se dal nero saliamo verso il bianco il valore
(luminosità) aumenta, viceversa scendendo dal
bianco vero il nero il valore (luminosità) diminuisce.
Con questo parametro distinguiamo il grado di
luminosità di un colore. Prendiamo ad esempio il
colore rosso: vicino al bianco tale colore è luminoso;
man mano che ci si allontana dal bianco, il colore
perde gradualmente la sua luminosità e diventa
più scuro. Asse del valore (o luminosità)
LA STRATIFICAZIONE
DELLA CERAMICA

Su struttura in zirconia
IL DISEGNO
E LA MODELLAZIONE
DI UNA PROTESI DENTARIA
CON TECNOLOGIA CAD–CAM
436

3 Fase CAM (Realizzazione del modello reale)


CAM significa Computer Aided Manufacturing
(fabbricazione assistita dal computer).
Nel campo odontotecnico il CAM viene impiegato
per realizzare manufatti di precisione per protesi
dentarie. La fase CAM può essere realizzata presso
un centro specializzato per la fresatura della
struttura disegnata con il CAD oppure direttamente
nel laboratorio odontotecnico dotato di apposite
apparecchiature: fresatrice (per metallo e per
zirconio) e forno per la sinterizzazione dello zirconio.

Nel caso si decida di realizzare la struttura presso Fresatrice per zirconia a 5 assi Forno per la
un centro di fresatura, il progetto CAD viene inviato installata in laboratorio sinterizzazione della
per via telematica presso un centro di fresatura, zirconia installato in
laboratorio
dove viene realizzata la struttura tridimensionale
disegnata.

La struttura, in ogni caso, si ottiene fresando un


blocco di materiale che può essere metallo, zirconia1,
cera o altro.
„ „Nel caso del metallo il procedimento di
realizzazione della struttura si conclude con la
fresatura.
„ „Nel caso della cera, la struttura che si ottiene
dalla fresatura deve essere poi realizzata per
mezzo della fusione.
„ „Nel caso della zirconia, la struttura viene
ottenuta mediante fresatura, al termine della
fresatura la struttura deve essere sinterizzata2.
Per ciascun tipo di materiale vengono impiegate Zirconia:
prima della sinterizzazione dopo la sinterizzazione
apposite frese.

La sinterizzazione della zirconia


È un procedimento che ha lo scopo di ricomporre
la struttura molecolare di questo materiale.
Durante la sinterizzazione il volume della zirconia
subisce una riduzione del 30% circa.
Il software del CAM, per ovviare a questa peculiarità
del materiale, è predisposto per realizzare una
struttura di dimensioni adeguatamente maggiorate,
in modo da compensare la quantità di riduzione
della zirconia in fase di sinterizzazione; con tale integra lavorata
compensazione la struttura finale avrà la dimensione
Zirconia in forma di cialda
progettata.
La zirconia per uso odontotecnico viene prodotta in
forma di placche rettangolari o in forma di cialde Numero dell’indice di riduzione riportato sul bordo della cialda
(varia da cialda a cialda)
circolari di vario spessore da 10 mm. a 25 mm. Lo
spessore necessario da impiegare, viene stabilito dal
software CAM in base al tipo di lavoro e al numero
degli elementi dentali da fresare, tenendo conto, al
tempo stesso, anche del grado di riduzione della
zirconia.
Il grado di riduzione che la zirconia subisce durante
la fase di sinterizzazione varia da cialda a cialda;
l’indice di riduzione è rappresentato da un numero
stampato sul bordo della cialda della zirconia.

1) In campo odontotecnico si impiega l’ossido di zirconio che assume la denominazione di zirconia.

2) La caratteristica di un componente realizzato per sinterizzazione è l’estrema durezza: grazie a questa caratteristica il componente
sinterizzato può essere sottoposto ad attrito assicurando resistenza e lunga durata.

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