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H E C A T O M M IT H I.

ouero
;C E N T O N O V E L L É
DI M. G I O V A N B ^ T T I S T A
G I R A L D I C I NT H 1.0
NOBILE FERRARESE:

Nelle quali, oltre le diletteuoli materie, fi conofcono


moralità vtilifsime agli huominiver il ben viuere; &
per deftare altresi l mtelletto alia fagacità.
TOTET^DOSI D E S S E , CON F C I L I T
apprendere il vero modo di fcriuere Tofcano. j:t

DI N V O V O RIVEDVTE, CORRETTE,
6c ri form are in queita Terzaimpreftione.

Parte Prima.

IN V i Ne g ia, A p p r e flb E n ea d e A la r is *

M D LX X I I I I
CO,

AL M O L T O MAGN-
mo re.

E T E C C E L L E N . SIG.
■'V5 ,

II Signor Giouanni Junetti,


v?V. P A T R O N M I O S I N G O L . ”"
A N D O M I , Eccellentifs.Sig. a confide-
rare lclodeaoli qualitàdi molti Illuftrifs.
H uom ini, hanno in me tanta riuerenza
cauíatalc di V.M. benigne, ôc^lorioícat-
tioni, che mi fon promefib di poterui fare
vndono, («See queiti gli Hecatommithidi
M. Gio. Battifta Giraldi Cinthio, contre
Dialoghi della Vita Ciuile, i quai paigpo
dalla voílra caíàritratti ,J dandomianco
percio a credere>che non debba efler ripudiato. Et, fc pure al-
cuno Gdi quci,chepcrvfo ciòíanno) feiorrà la lingua in taf-
farmiditroppo prefontione ,s’opponga in iito fpauento la vo-
ftra famofa Eloquenza, perche, fe Hcgefia con la fua a fpogliarii
dj vita gli Huomini indufie, quanto piu potrà la voftra far fpo-
gliarcoftorodi vn’habito maligno? Io fon ficuro, che la in­
culta mia mano non aggiungerà a quei, che lc fuc orccchic fo-
noauezzedi vdiredi ie ftefia, «5cdi tutta la fua felice Famiglia
graui concetti, <5c ioauifsimi acccnti, ( ciTendo conammira-
tioncdal voftro efempio, ôcipeía guidati, alia pienezza delle
virtu, cinque figliuoli, veri fpecchi di Nobiltà) ma pure mi è
a grado piu toflo fcoprirle lamia affettione, col mancarc ncl-
l’opcra, <5c non arriuarc al voftro merito, che non manifeftare
gl’honori, che vi porto . E' ben veto, che dello haucr accnnato
il mio dciidcrio voglio effer fodisfttto , perche a guild di Ti-
mante,ncl mio dipingereconuegnoglipiii illuftri honori vo-
ftri coprirc, si come quegli Menelao coperie. Ognuno sà co­
me V. M.illuftrementcs’adopera , & fafieio it ScrenilE. Prenci-
pe, <5cgli Illuitriff.Senatori, che fouente con marauiglia, cc dol-
cezzaloro , odono & veggono da voi quanta Sapicnza , Elo­
quenza, Rettorica, ôcGrauitàíipuòin huonio Saptentc, Elo-
2 quente,
A
quente, Rcttorico, & Grauc coufidcrare. A l die s'aggionge >
cheíèilC iclo hainfuíb invoiogni gratia fcom ealla voítrano
bil prefenza penfare, & alie virtii credere íi deue ) non perciò
la Fortuna vi èmancatadeirabbondanza de’ fuoi beni 5 oltrc lo
aiuto delle nature in farni vícirc di nobiliísima Famigiia . Et
quindiò, Sig. Eccellcn.^h’io fpero, che davirtuoia & nobileS^
eflenza nafca virtuofa & nobile operatione i & quefto farà, che
laM .V.accetti ilm ipdono, (limando aneor piu m oltoilm io ,
infinito defio di feruirla: eílèndo io già molto ,fuo aftettionatiP*
fimo rimafto, si come hora Toccafionc le moftra il fincero dei ,
cuorm io. Ma pcrchetemo, chc’1 miodir non vannoi, faro ^
qui fine, pregando il Sommo Creatore, chefeliciisimo vicon-!
lérui,con tutta la virtuoíà, & nobile voftra Famigiia.
DiVinegia ildi 3 0 . Giugno. M D L XXI I I I .
/Y
Di V. Mag. EccdlentiíE

AffettionatiiT feruitore
/

Eneadc Alaris.
A G E N T IL I S P IR IT I-
C C O V I , nobilijjimi Spiriti, gli Hccatommitbi, ne'quali
vederete,cbe I'^Auttore fauoleggiando , altro vi bapofloper
entro, c/?efauole, quantunque ejji habbiano da Cento Fa-
uole i/«owe. Verocbe bauetc in quefta opera non men va­
ria,che vtile, infinitafcbiera di buoni effempi come in biflo­
ria dijpofli, St forfe tanto piü vtilmente, cbe nelle biflorie , quanto quefie vi
pongono le perfonefotto gli occhi quali fono,& negli Hecatommitbigli baue­
tc quali deurebbono effere : Terche vift narrano auenimenti pub!ichi,&pri-
uatijreali,& ciuili,amori,& odiy inganni, & fedey felicita,& fciagurcjgra­
ta cofe,& diletteuoli, guerre,& paci, trau tgli,& ripoft,infcdelta, & fede,
gratitudinCyC ingratitudine, Trudengc ,<&•foYte7gge, & per nonfcorrcrc ogni
tofa particolarmentcytnolto di quello,cbe conttiene all'huomo, perche egli alia
vita felice peruenga; Di modo , ebe in ogni parte d’effa ê in guifa accopphto
f vtile col dilettOyche nè quello rimanfj>iaceuole,nè queflo vano,o lafeiuo: On
de io credo, cbefra l opere, ebe ne' tempi noflri fono venute nelle mani de gli
buomini ( lafeiando però quelle, cbe della noflrafantifjima fede parianto) po-
chc ce tie ftano di piü profitto , & di piü diletto di quefla. Credo adunque,
-O* /
•J
cbe quefl'opera non debba ad alcun grado di perfona efferc punto(piaceuole»r
perche non i cofa quafi,che nel corfo di noflra vita auenga, cbe nonfe ne poffa
traher quindi Ceffempio , ftaffi pure o buona ,o rea , od bonefla , o lafeiua , o
J h . grata, od ingrata, & infomma di cbe qualità ft voglia . vedendofi fempre
«pungere i Jcelerati a quelgafligo, cbe mcrita.no : St fe pur anco banno , tal
volta, qualcbe ben confeguito, non è flato, fenon per moflrare, cbe maggior
tomo dannogiungendo al fuo diceuole merito . Leggetelo adunque con buon
animo , perche altro, chc vtile, & diletto non potete , leggendo , gujlare.
iqon effendo nell'^iuttore flata fe non bttona mente,nè bauendo mai vfati vo-
taboli disbonefli, o concetti ingrati; si come alcuni, nientc in ciò ragioncuoli,
banno, come per bella cofa, tinte molte carte. St per ccrto godono, ouunque • •
ft fiano, poco contento, di coftpoco timorofefaticbe. State fani.
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M
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L E T T E R A DEL SIG. B a R T H ^ L O M E O
C A V A L C A N T I . ‘
Oltomagnifico & mio honorandiffimo , nel tempo,di queflo mio
graue trauaglio non mi poteua venir cofa piü grata àUantiydeli‘-
Hercole,& degli Hecatommithivoftri, che mi hauete mandati
g/ per il molto gentile ^imbrofto, voflro amoreuole difjtepolo f
a me molto caro : perche mifono andato diportandocon loro in '
queflo miofaHidiOy per quefli venti giorni intieri. Et pcrche mi dimandate def
parere mio, vi dico quanto all'Hercole, che cjjendo egli gid fuori iflampstoy non
ho altro che dirui yfenon che io ho veduto in queflo voflro Toema cofepiü da co%
thurno ( come dijje colui) che da focchi; & cibfarayche egli nonfarà coft çofa da1
ognunOyper effere sit materia antica,& graue,come il Furiofo del voftro.compa
triotafil quale porta J'cco del comicoy& per cib molto diletta a Giouaniya Donne,
& a Topolariima la voftra natura è tutta al tragicoy& in quefle materiegraui
voi clufcitemarauigliofo.St pero io vi confortoyangi vipregoya lafeiare ognultra
cofa & ad attendere a finire onefla graue, et heroica compofitione degna di you
Et volent’eri v orcel,che non I'hauefte lafeiata imperfeita vfeire: perche hauete
data c/igione di dire a quefli .Acadcmiciyche tale I'bauete publicata yperche vi fo
no maneate lefor?g: a condurla a fine. Et benebe babbia fatta lor fede del valor
vtiflro ,’o iii>d:meno non sofar loro mntar penfiero, perb non mancate di gratia.
coifimre queflo Toema di farm conofcere quefehe feteyciòèganche atto adijpe-
dire cofa maggioreycbe quefla:& mi riputarb agran fauore che mi facetate par 7
Í i tecipe della voflra mmortalità, riponendo in quatche cantoncino il nome mio, in
teftimonio della anticay& fedele amicitia noftra. Quanto a gli Hecatommitpiy Jfs
io ncfon rimafofodisfattif}imoy& confiderati gli argomentiy& la loro dijpofitio- JT2 *
neymi è parfo che babbia te mefj'a innanti a gli huomtni vna gentil fo rma di attio-- ,
ni ciuili; conciofia che per gli auenimenti raccontati nclla bella occafion^cbe vi
ha data il gid miferab'tle facco di l\oma>hauete voltato lof ile a biafimareja dif
honefid yla difubidienga de minori verfo de loro maggiori,gli adulteri ygli\ngan-
natori ,la ingratitudine; & per lo contrario lodare lafede de mariti,& defle mo
atti di cortefiUyCt le dltre lodeuoli attioniyche toccate in queflo maneggio.
St habbiate actonciamente moflrato di quali pene fiano degni i rei huominiyet di jji
quali meriti i buoniyet vertuofi.Et porto fperanga che faranno piü care quefle vO €[ r*
fire Nouelleychc quelle del Boccaci a migliori gufli.Terche anchora che quelle del *
Boccaci fiano dette f 'eliciffimamentey& che a ragione pojjiamo direy che egli fob
in quclla opera ci babbia moflrata la vera forma del dire Tofcanoyo,come egli di
ceyViorentinofle cui vesligia hauete voi felicementefeguita'e; portano nondime V
no ion loro molto ffeffopin del lafiuOyche non ft conucrrebbe : onde eglt apre in
tnolti luogbi pifi toflo la via ad vfare la malitia che la virtu. St mi c molto pia~
cmtOyche aflenuto vi fiate dal pariare licentiofamente3come eglifece, de religjgrJ*,
fi}& de religiojetpercbe egli in cib moílròpoc^prudenga, & diedf anche matr^r
r ia
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ria di farfi odiare ad vm buona parte del mondo; onde ne èpofcia auemtto quel,
cbe ft vede. Et pofto Cbi io non babbia vcduto in quefla bella fatica cofaychc non
meriti Ioda, mi fete parfo marauigliofo nel moueregli affetti, & ffctialmente i
dogliofl:& vipromettOyCbe in molti luoghi mi bauete fatta tanta forgayche ap­
pend ho temteie lagrime. Grande in alcunluogo cflato il Boccaci in quefla par
J i ’ m<x'v*5**dite iotche gli bauete flretto i centalini. St bella ho giudicata I'occa-
j "**ifJjone,cbe bauete prefa de introdurre doppo la Quinta Dcca e tre Dialogbi della
• J • **■“trita ciuile.zi qmli bo vcduto bauere acqui flato molto dalla prima volta cbe gli
'TnF’Q Q&vidi in Ferraraycbe ba forfe diece anni. St mi è ben parfo queflo altro Spifodio
^che quellodelle Tappere. Et le cangpni voflre ft banno di coft gr an longa lafiiate
<*1%^ S*adietro quelle del Boccaciycbe mi ê parfo di vederle arrofeire dalla vergogna ve
^%dute le.voflre.Et quanto al ti tolo,io baurei intitolata tutta iopera ^iniropedia,
tanto apporta ellafeco di quellOyChe appartiene alia virtuofa educatione. Oltrc
di úòdallt fauole voflre,deIle quali rnolte portano feco la bifloriayfl ba largbiffl
f X mocampo di comporre & comedie & tragedie, cbe/ono dette tiiaellrc delia vi-
ta,édle quali sò cbe voi n bauete già compofle,& rapprefentate alquante,come
lavo fira non mai a baftanga lo data Orbecchcfl'^iltile yla Selene, gli ^inúualo-
merit, & te altre delle quali nefono anch'io in parte flato fpettatorc. Ma in tan­
to piacere ch'io ho prefo nel leggeregli Hecatommitbi, poi che a voi ba coftpia-
dmto di nominargliymi è ff iaciuto fuor di modo il vederne mancar trenta at m -
tnero di cento, & però vi prego a non mandarli juori yfe nongliene aggimgete <
trentayO almeno nongli date loro titoloyche conuenga afettanta, cbecoft leuare-
tela eagtone di riprenderui in quefla parte. Et di queflo infino a qitL Í9, S1*-
gmr Cintbio, mi fon meffointorno alia Tolitica d'^triflotile, poi cbe veggo , cbe
niyno nè Grecoynè Latino (leuatone S.Tbomafofl quale vi ha pur fatto qualche
fatica fopraJ ft ê meffo a dar luce a coft vide opera, & tanto neceffaria al buon
* • gouerno deUe I{epubliche. Io ne ho gid compiti trelibri,& ( fe non me inganno)
non infelicemente. Ter la prima occaflone ve gli mandero,per bauerne d parer
voflrOyvi dico beneycbe in queflo maneggio fon venuto nella opinion voflra, cbe
quefla operafla imperfettaycome ft vedrà,sio mi poffo tanto febennire da quefla
rniaindifpofltione,& da trauagli del mondoycbe diet quel fine , cbe mi bo propo-
floya quefla incomenciata fatica. Heflo tutto voflroy’& vi prego a baciare la ma­
no per parte mia alio Sccellentiff.Sig.Duca voftroy& ojferirmi non mcno diuoto
fernitore afua Ecc.cbe iofoffi aliScc.S.fuo Tadre di felice memoria yal quale fui
tanto caxo,quanto ne potete voi apprejfo molti altri fare fede a S.Sccell.la quale
vi prego a pregare bene efflcacementc a tenere qualche conto di queflo mio a lei
deuoto animo. Et di corea V. S. mi offeroy e*r raccornando.
Pi Tadoa adi iij. di Maggio del M D L X ,

M comando di V.S.
Bartholomco Canalcanti.

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J0f

letter a del sig. s a l l v s t io
P I C C O L O M I N I .

LI Hecatommitbi voflri3 Signor Cinthio, mifono marauigliofa-


1 mentepiaciuti.Et fra le altre cofe io ci bo veduti i piu belli arg^- .
; menti di Tragedie3chefipoffano imaginarei& quanto a i n o d i , e & &
quanto alie folutiom,tantofelicemente ho vifie legate le difficult | .
tà cbe pareano impoffbill ad cjfere slcgate. 'Hè menofelicemen^~^—
’Hjf .
tc bauete arricchita con belle e none voci la noilra lingua. €t vigiuroa f e 3 cbe f a
ha molto tempo, cbe non ho veduta compofitione alcuna3 cbe mi fia cofi da ogni\ r'+i ■
parte piaciuta, come quefla voflra. ma non mi bofaputo imaginare3comepojjictJ
tedimandarle Hecatommitbi tjjendo folamente Ixx. Nouelle. Macome ft fia,
fra le altre cbe mi[on riufcite molto beHe,la nouella di ^iftatio et di ^Arrenopia,
la quale è la prima della ter%a deca,mi ha veramente toccato il core3e mi ha par X
fa tanto degna di ejjere trattata in vna tragédia di felice fine3 cbe vi vogliopre-
gare di porui la mano 3cbefe voi vi vfarete diligent io me indouino di hauere
cofa3cbe nonfia per piacermi punto meno, cbe mipiaccia la voflra Orbecche tan
to lodaJa,& tante volte rapprefentata. Efemi fate queflofauore3 vi prometto
di mandaria in Tofcana,oue sò3cbefarâaccolta3e rapprefentata con quella ripH»
,tation,cbe merita la virtu voflra. s'
v i ringratio degli Epitafi3cke compofli baueteper la mia parente de Tlacidi 3 e
delfauore3cbe mi bauete fatto difarmipartecipedi quefli Hecatommitbi vofiri,
i quali [onper cjferui di bonore ne tempi noitr\3 & gloria nefuturi 3fe nefar etc
parte alii (firiti gentili, mi vi raccomando. Di cafa adi xij di Cenaro del lxii\r

*Apiaceri di V. S.

SalluHio Ticcolomini.
A L SE R E N T SS. E T IN V IT IS S -
Signore ilSig.DucadiSauoia
" LAZARO DONZELLI.
%
jE C C 0 , Signor, cbe il He defiumi agguaglia
L'altero nome3& tvno3& taltro corno
*4lga fuperbo , pot cbe cTogni intorno
Verier Jpira in hi *Amor3 Marte Battaglia :
fit benebe il Mintio3& I'^Arno in honorfaglia ,
€t quefto , & quel /ia digran pregio adorno ,
V Hondimen loro il To fa inuidid, & fc^rno,
Eil lume d'ambiduc felice abbaglia.
, Çrefcon sit lefue riue bor Talme 3 & Mirth
Ft fa contra I'obliofebermo, & riparo
La gratia, cbe sit lor largo il Cielpioue ,
. „Fia fHippocrene qui agentiti fpirti»
jh ; 3 potrà ognuno fctiil bel dir fia caro ,
■. . Spegner lafete, nonpiegarfi altroue.
*

^*y.L
^
V C IO L A T IN I A C H I L E G G E .
Sc tu cercbi cantar Varme 3& gli amori,
St ieco bauer rare, & fidateguide,
Cb'al meglio per fentier dritto ti guide ,
Vi ciò tiene Ferrara i p rimi honori,
Ter lo valor di due rari Scrittori, m
Vvn cbe canto Ruggiero 3 & taltro \Alcidet
Ft quefii, & quci con ceruiero occhio vide,
Ve lo firmer Thofcan le vie migliori.
ftfe cercbi arricchir quefto Idioma,
Col parlarfciolto in bene ornato fiile,
\ il tuo difir a pieno anchofi adempte •
Fu Gian Boccacci in ciò molto gentile ,
Ma non è men gentil, feilver contempte, *
Chi col name di „Apollo boggi ft noma .
\ T iA V O L j L
rf

,w
/

D, r O-
I S inHccatommithis meis quibus víthi damnare , vi-
fíéií audo-
tx ac moribus confulere, Sacrofaníhe Pontificiae
ritati ,ac Roman* Ecclefix dignitati honorem habear ^
fludui omnia pia, fan d a, ac piorum patrum , P o n t if f
cumq; maximorum fcitis , ordinibus , decretis, conftí-
tutionibusq; confentanea funto . íi quid forte ab his ahenuhi per im -í^
prudentiam fquod tamen minime reor, hoc enim maxime cauij &
mihi exciderit, id omne irritum, caifum , indidum , ac infeduni^-^
poenitus efto.

ÔS EritcrMarcus Cigliarius ordini* praedicatorum â Eeueren-


doTatre Chriflopboro Galeano, de Sauigliano , eiufdem ordinis,
<&bxreticx prauitatis Inquifitore in vice inquifttoris officio
eleãiy ac deputati fidemfacimus Hecatommitbos per Dominum
Cintbium loannem BaptiHarn Gyraldum, Vbilofopbix doffo-
rem> & Tfybilem Ferrarienfem, compofitos, & in duobus voluminibus difiun- .
£ios, confonos effe Sandix poth. ECcleftx , & ab _Apoftolica fide non abhorre- **
re; ideoj, nos illi eorum imprimendorum licentiam prXfiitiffe, in quorum om­
k > niumfidem has nodiras manunoflra feriptas , nofiroqs figillo munitas confeci­
mus y easfy in ipfis voluminibus imprimi mandauimus. Ex xde Diui Domi­ <♦«.
nici in Monte Regali xv j . Kal. Iulij M D L X V .
v># V' »
7v(oj F. Marcus Cigliarius vice Inquifitor &c. i»

Locus figilli.

Q V i a Ita c ll, Ego Hieronymus Ferragata Epifcopus V erren fij,5c SufFraga-


neus,& Vicarius Generalis llluflrifsimi ac ReuerendiEimi Michaeüs Ghif-
Jerii Cardinalis $c montis Regalis Epifcopi, his me fubfcripfi , figillumque
meum appofui.
S
Locus figilli
V

f.- <*-
T A V O L A . :
D E iTfE• !<<•'•t A P R I M A PARTE
- DE GLI H E C A T O M M I T H I,
E S CRI XT! ONE uocanole lor vite j Vince Panfilo, ella gli
dei facco di Ro dà a vedere,che non l’ha vinta, unde fe ne
ma dell’ Anno refta pafciuio di vento. Nouell 5. 33
M D XXVI 1. I La Nea è amata da vn’Afco!ano,& credendo
La Introdut'io- ella farguadagnocon lui, coi far fi dare al-
ne a gli Htca- cune monete,il compiace di se,& egli fi go
connmthi, ndla de d: lei.St la lafcia fchernita. N0.6. 36
quale fi conten- Saulo ama Nana,ella finge di amarlo, & di sè
gono le lodi dtl il compiace,fi dàclla ad vnlordifsimoTe-
■< /amore matri- defco,c^m olcaprczvole prometttj Sau-
moniale,& il bia . lo Ia idcgna,& pari.mente tutti i nobili gio-
íimo dell’amor dishonefto. , La quale uani, onde è.çoftretta vfcitfi di Roma.
çontiene Nouelle Diece 7 * Nouella 7. ..3*
prine, & Caliene, forelle,amanoTlto,&Ta Linda fi dà a far di fe dishonefto guadagno,
... laflb, fratellijFrine,hauendo a faftidioTa piglia alquanti drappi da vn Bergamafco,
IaíTo,s’innamoradi Tito, &in vecedi Ca­ che con lei fi giacej Quefti certa1con in-
liene çon lui íi giacej Caliene conofçe Pin- ganno iihauergli,& egli,che ficredeafcher
ganno,& ne vienc a parole colla íorella, el nir leijfe ne rimanne coi danno, & fcherni
lafidirata l’auelena,& n’edata la colpaa Ti to. Nouella 8. 42
to i fi manifefta, che Frine erala micidia- Ginetta ama MeiTer Gianni da Buda,l’induce
l e ^ aiffoluto T uo, & ella è condannata. coninganni a voler darmotcealia Moglic
k Nouella i .
Vico ama vna Schiauona, & fenza fpendere,
19 ra,ella veduto il perico!o,fe ne fugge,dop-
po alcun tem po, il Marito conofce 1’inno-
. fliogo tempo di lei fi gode j pofcia ama vna cenza della fua Donna, & Ginetta malua-
Ú
- Greca, & perde ognifjperanza di poterne gia,&confommafedefecofiviue. N o ­
gqdere,ma al firtfi giace con lei,& ne ripor uella 9. 43
ta molio vtile. Nouella 2. 22 Vn Giouane Ferrarefe ama vna cortigiana in
l a bina ama v a Siciliano, egli non 1’amãdo, Padoa, & ella lui, Ia qual gli fa conofcere,
. &fingendo amarla,leconfumaciô,ch’ella che,per troppo amore ch’ella gli porta,nó
Pabbandona; Elia finalmente lo fi fa gli vuolcempiacercdi sè,&egli.conofciu-
- in guifa pngione, t he viene a tanto difpre - ta la bonti della D onna, le prouede, che:
,-gio di fe medefimo, che fi contenta fi a1fi fantamenteli viue. Nouella 10. 48
^ con lei a piu vili vffici della cala, & infelice
viue. Nouella 3. 26
Africano ama Filene, & ella moftra di amar P rima D e ca c b g u . H e c a t o m m i t h i ,
lui,fanfidoniinfitme,dapoi vengonoacó Ndla quale.fi ragiona dt quello,che
*•>» tefa,&al torfi lecofe donate; Filene, fin­ piuad ognuno è a grado.
gendo volerfi vccidet e,ractheta Africano,
&reilano in concordia per alam tempo, L ippa ingrauidadi vn fuoamanre,reme1’-
pofcia alia fine, comt glialtri, lo idtgna. ira del Padre,& de fracelli,panuriice di na
Nouella. 4- . 16 fcofto,in sii la ripa di vnfiume, vn figliuol
Pãfilo ama Nca, vfa ogni ingegno per goder mafchio,& il lafcia íopra vn Platancjè ac-
fi di lei9ellalo iiracia ,inti attenendolo con colto da Paftori,& nutrito ; & , facto htso-
)it*4ciaocie,vengono ag ;uocate;|ifieme,& gi- m o , libera la Madre di catciuiü, fenza fa-
pere.
^ „•

jrf
T A V pT L A 4
oere.chMla Madre gli Çí jPoi,c»nofçiut* Silla ama Siluia, elU lo fdegna, è mamata X
!a,fi che il Padre la ft prende per Moglie,
& la pone in gratia de fupi, &viuonpin
Mario, & Silla per piaceuole accidente, r
in vece dcllo fpofoIa prima notte con lei
fieme vita felice. N ouellai. 56 fi giace,& ella credendol* lo fpofo, fe ne
Yana fi innamora di vn fuo Villano: & , el- godejpofeia auedutafi dello inganno, co­
fendoil Marito andatoallacitti, figiace me faggia,fe ne fta chera, Sc pafiá it rimi-
fecojil Marito vetfo la mtza notte fproue oente della vita col Marito honeiliftir
ducamente fopraggiunge, ellaafconde il mente. Nouella 1 0 .
V.llano, il qual da fe ftcffo fi palefa,& el- 0&'-
la accortamentc fi falua. Nouella 2. 61
*------------------------ T---------- %
Si ricrouano tre huomini infieme, fenza ha- SeCONDADBCA 0 1 GLI HECATOMUIT»!* ^
uer altro che mangiare,che vnapicciola
fchiacciata, fono a conceia di ch’clla deb- nella quale fi ragiona dico!oro,chc o di x _
baeffere jconchiudono ch’elia fi iia di chi nafeoflo , o contra il volere di r
piu nobil fogno fará, de treFvno, ch’era maggioriloro anno amato
foldato, lafci3 gti altri due coliafapienza con fine olietot ,
fcherniti. Nouella 3. 64 o infelice. N
Vn Giudeo>in habito diPrçtefy^ inten­
dere ad vno auaro di rolergli far ritroua-
re vn Theforo, & pofcia icncrnito lo la- C ari t e a ama Pompeo, Diego innamora-
fcia Nouella 4» 67 to della Giouane, l'vccide ; Ella promette
Piftt èdannato pet micidiale , & gli c teuato didarli per moglie a ch iied i il capo di
tuccoj'hauere, Si fon protnefsi premij a Diego ; Le moue guerra il Re di Portogal
chi 1'rccide, o viuoil dinellemani della l o , Diego la difende, & fa prigione if R e ,
eiuftitia; Egli fi fàofferirea Signori,& li­ pofcia fi pone in podefti della D onna, &
bera la fami glia da difagio, & le da perico ella lo piglia per marito. Nouella 1. * 9 1*‘-~ ■*>
lo. Nouella 5» 72 Oronte^Iieuatoin baflo ftaco, ama Orbec»
Gianni Selini cerca di vccidere Gaíaflb Co- che figliuota del Re di Perfia, !a piglia per
pi:&,doppo grande vccifionc de fuoi,e£li moglie.Starnbidue fuggonoin Armenia;
fi rimane in torza al Nimico, dal quale ni 11 Re fingendofi 1appacificato, glrri'chia- k
í dono la vita,8crímãgono>amici.N .9. 76 macofigliuolia cafa;venuti,ehe fonó^egli *
Rafaello Rafponiè affalitoda fuoi nimici, vccide Oronce,&i figliuoli, & gti offerifee^—r o
gli fiegli pngioni, & nel giornochete- morti ad Orbecehe; ella vinta da eftrèmdp» '
meano di effere tutti miferamente vccifi, dolore, vccideH Padre1, Sc poi ftftéfla. » •
fono da Iui riceuuci con hon oreuole con • Nouella z. 'r i 9.5
uicto, & mefsi in liberti,efsi, male vfan- Lurcone RedITuneff,per effere fa Moglie
do la cortefia, di nuouo fi armano contra fterile, alieua per legitcimo vno FigUtlolo,
lui,& fono miferamenti morti. N o .7. 79 generat^ da Iui di vnagencildonna d $ fu o
Hercoleda E fte primo, c follecitato dal Re. regno ;-il Fanciullo è dato dalla MogTie ad
di Napoli,& da alcuni cógiurati cõcra Iui, vno fuo Famigliare che Tvccida; 11 Farni-
al fuo vltimo danno,fotto promefla didar gliare lo lafeia ful iito del mare,egli è por­
gli il Ducato di Ferrara , che gli occupaua tato in Babilônia, & è donato al Soldano:
Borfo; egli conofce lo inganno, & fi in- iui diuien prode caualiero;&,doppo alcttm
capparegli congiurati, ne lacci, ch'cfsi a tepore nc vi in Damafco a feruigi dei Re, ■m))
Iui haueuano tefijPoi p benigniti di Bor- oue fi giace co vna forella dei Re,fon preli
ío,è loro perdonatoil delito. No. 8. 81 ambidoe per effere vccifi,egli è conofciuto
Filargiro perde m a borfa con mold fcudi, fig iuolo dei Redi Tontfi;&,liberato,prea
promerce, perpublico bando, a chi gliele de Ia Dorma per Moglic. Nouell. j 1o
d i buon guiderdonejpoi che Phi ritroua- Ottauio da Fino ama Giulia di Minuccio .*
ta,cerca di nor feruar la promefla,& per­ giani,vi Ott.plo ftimolo deparenti,a n a *
dei ricrouati denari ingaftigo della fua poli infieme con vno fuo copagoojtornajW-’
fiode. Nouella9, 84 cópagnofit c accufatodihaucre vccifti’v/fr
V- > uuio^ ' V i ,
\ 3
T A V O L A
tauio,egliconftretfo dalla forza del mar- mafchio,8c l’altra vna femina; Partorifce,
f. torio, confeffa di hauerlo vccifo, quan- fimilmente la moglie del Re, che occupò
tunque vero non fia,è condannato a mor il Regno, vn figliuol mafehio 8c vnaftmi
te; Giulia, inttfala morte di Octauio na; Per cóíiglio di vr. faggio huomo fono
fi auelena, 8c fe ne more;pochi giorniap- cambiati ifanuulli s’mnamorano i quat-
preffo ritorna Occauio, & ricrouati il com tro figliuoli infieme, 8c per cafo auenuto,
v^ a^pgno ,& Giulia morti, anch’eglifi vc- il Re crede conda nnare i figliuoli delle
■^jyde. Nouella 4. 168 due Donne a morte, 8c vi cõdanna i fuoi;
CÍcuia ama Rinieri, 8c diuiene celacamen- al fineconofce lo inganno,vuol far mori-
,^>.te fua Moglie; s’ingrauida di lui, il Padre rele D onne, & chi loro hi datco jlconfi-
la d i nelle mani ad vn o , che la vccida» il glio; ma, nella maggiore ira, diuengono i
jquale le dona la vita ; ella partorifce vn fi- figliuoli delle Donne,8c quelli del Re ma
^gliuolo, Rinieri ritroua, che il Padre l’ha rui, 8c moglie. Nouella 9. 124
Mata ad eflere vccifa ,1’accufa , egli è pre­ Filarco, figliuolo del Re di Macedonia,ama
t a x condannato alia morte; la Figliuola Filagnia figliuola del Redi Thracia,la
—* lo libera,& con Comma lecicia,fi gode R i- prende natcofamentc per moglie, ella fi
/ nieri. Nouella 5. 109 auede di^ ç^ graiu d a, 8c fe ne fugge dal
v Fiamma ama Fineo, & egli lei, il Padre del­ Padre; wâ^híilce in caía di vn paitorevn
la Giouaneè contrario al loro amore; Fi figliuol mafehio, c prefo in battaglia da
neo vien prefo & legatigli i piedi, & le Filarco il Padre di Filagnia , 8c gli è tol-
manic polio in mare entro vnabarca Co to il R egno; Ella fe ne v i a Filarco, col
l o , nella quale è prefo da corfali; Fugge figliuolino in braccio , in habito di pelle-
fimilmente Fiamma dal Padre, per non grina,penfa effere fdegnata da Filarca, 8c
• ( volerealtro marito, è prtfa anch’ella da fi vuole vccidere; la riconofce finalmence
^*«corfaIi,8c venduta al RediTunefi,è mef Filarco, 8c ritornati in Thracia , liberano
fo Fincoafuacuilodia;fuggono infieme, il Re prefo, 8c gli rendono il R egno.N o-
' fono rifpintidalla Fortuna a Tunefi, &rl uella. 10. 12.9
Reconofciutol’amorloro,gli giungeper
V matrimonio , & gli manda acafacon ric-
chiflimidoni. Nouella6. 114 T er z a d e c a de g l i h e c a to m m ith i,
—Delio*ama Dafne, h i contrario il Padre, nella quale fi ragiona della infidelti,
o 4c & la Madrc, fi marita Dafne ad vn’alcro, de Mariti, 8c delle M oglie.
&■ è abbandonata nella peftilenza dal Mari­
to ; Delio v i per foccorrerla, gli cade ella
morta in braccio, & egli dolente le d i fe- A s t a t 10 R e dT-Iibernia piglia Arre-
poltura. Nouella 7. 117 nopia, figliuola del Re di Scotia per mo-
Pofsidonio, & Peronello, amano Gineura, gliejPoi s’innamora d’Ida,gli vieneafafti
dla ama Pofsidonio , & h i in odio Pero- dio la moglie, ordina ad vn fuo Capita-
ncllo, il qualeè amato da vn’alci a Gioua- no,chel’vccidajEllaciò incendendo,fi ar-
neditta Lifca.egli non ama l e i Lifcaè ma,8c fifugge,la fegue il Capitano, ven-
promefla dal Padre,aPofsidonio, 8c G i- gono a concefa,è ferita la Donna,vien li­
neura fimilmente è promefla a Perontl- berara da vn Caualiero, che la fi curare
«« l o , & nel volere celebrare le n ozze, per in cafa fua,crededola vn Caua!iero,preo-
< nou oaccidente,Gineura diuien di Pofsi­ degelofia della Moglie; Aftatioè aflalito
donio,8c Lifca di Peronello.No.8. 120 dal Redi Scotia,il Caualiero,8c Arreno-
loteringo R e d’lnghilterra viene a morte, pia lo vanno a ioccorrere, queftail Mari­
lafeia dopo fe la moglie viufruttuaria del to, 8c quegli il fuo Signore, è riconofciuta
R egno,con vna fola figliuola faneiulla, Arrenopia dal Marito, 8c cortefemente
lafeia in fede il Regno , & le Donne ad vn accettata, llche veggendo il Cauaiiero,
fuo Barone, il quale l’occupa, 8c marita conofce la fua gelofia vana ,*&. lafeiati A -
il& £ onnebafl'amente’ s’ingrauidano arn- ffatio,8c Arrenopia in pace , viue conten*
^iFsP^ue , 8c partqpfcono vna vn fighuol to coila Moglie. Nouella r. 136
Nobile
*
T A V O L A ’ A
Nobile ama la Moglie divn Podeftà, ellano eflendoui chiari índitíi, ebandito, &!•'
vuol rópere la fede al marito; vàil Podeftà fcelerato Alfiero , credendo nuocere ad
ad vna Meretrice, Nobile lo fcaccia, & fa altri, procacciaafela morte miferamen-
fapere alia Moglie, che il Marito non le te. Noueila7. 159
tien fede,non muta per ciò la Donna pen Licoride ritroua il Marito có vna Fante, fe»
iiero;la Meretrice,& il Podeftà idegnati, za far m oto, prouede, che la Fante l’efce ,v
cercano di védicarfi della ingiuria; la Mo di cafa, & dice al M arito, che fe n’e fugy y ^ v' ".M
glie del Podeftà fa fapere a N obile l’ordi- tajconofceil Marito la prudenza,& la
nedato a fuo danno dal Marito , onde fe tá;della Donna : &> piu che prima,le fer-
nerimaneil Podeftà beffato >& la Mere- ba fede. NouellaS. 16
trice riceue il gaftigo della fua maluagiti. Nigella è amata da vn Dottore, al quale el
Nouella2. 140 la ferue, non gli vuol confentire, & ne ^ /i
Bice ama Panfilo, & ii gode con lei, il quale motto alia Moglie di luijella nol vuol
per alcuni giorni ft allótana da lei, in quel dere,la Fante gliele fi vedere in fatco,cotr 1
tempo ella fi giace có vn Giudice di quel ifcorno dell’Amante. Nouei.9. 163
lacittá; Ritorna Panfilo alia fproueduta, Callidoro ama Ifabella , coglie ilfruttodel-
mentre ella è cal Giudjce^ n de,temedo l’amor fuo,& mentre con lei fi ftá, auen-
di non eflere colta con fGvJiÇaiwAman gono alcuni accidenti, che tut bano la lor
te vccida 1’vno,& l’altro;fáencrarèal Giu gioia;e qlli racchetati,nó pure del primo
dice in vn cofano, nel quale, per cafo fo- amore madi vn’altro fi gode. N 10. 167
prauenuto,è portato a palazzo, & confe-
gnato alia Moglie : & ella, ritrouatolo,gli Q V A R T A D E c A DE G L I HE CAT OMMI T H I ,
rin»j,rouera la rottafede,& pofcia con lui nella quale fi ragiona di coloro,che,pen-
fi rappacifica. Nouella3. 145 fando di farguadagno , col tendere f
Adorno prende Calonia per Moglie, ella (i ad altri infidie, giugono a fine de iL*.
ddad amare vn'altro viene cíò a notitia al gno della loro maluagiti. ^
manto, & eft'ojin vece deli’amante, con
lei fi giace,& gaftiga fi la Moglie, che ella E i’ i v o Lo tende infidie ad Afeli,per farlo
pofcia honeftifsima viue. Nouel.4. 14? vccidere,& hauere la roba fua.ma, la mali
Confaluo,pigliata Agata per Moglie, s’inna tiariefcecontralui, & del fuo hauere ri-
mora di vna Meretrice,fi delibera di aue- maneherede Afeli. N o u ella i. «74
lenare Agata;Vno Scolare gli dà, in vece Eugenio per la fua virtu diuien grande ap-^^“
di veleno, poluere da far dormire, la dà preffo il Re di Napoli, è accuiatoal R e d i^ *
egli alia Moglie,la quale opprefia dal fon- tradimento , confalfa teftimomanza ;gli
no,e fepellita per morca;!o Scolare la tra­ Infidiatori fono con >fciuti maluagi, è li­
he del fepolchro,& la fi mena acafa, è có berato Eugenio, & i’Accufatore punito,
dannato il Marito alia motte,ella lo libe- co gli altri infidiatori. Nouehz. 117
ra,& falua la fua honefti. No. 5. 152 Apatilo finge contrati falfi per arrichirfi , &
Vna Gentildonna Firenrina ama vno di vil moftrandofi con ciuelli ricco, piglia Mo­
conditione, & figodedi lui; Vn Seruitore glie, fi fcuopre la fraude,& è bandito. Sc
antico feneaued , & lopalefaal Mari­ publicamence infamato. N ouellaj. 181
to ; egli,con aftuto modo,ialuala Donna, Vn feruo s’inamora della Moglie del fuo Si
& fá rimanere 1’Accufatore fcornato ; gnore, & p venire a fine del fuo amore,ef
dop po alcun tépo, morel’Adultero, & la sédo ella del Marito gelofa le dáad intéde
Donna fimilmente porta la pena dell’ol- re,ch’eglièpgiacerfi có vn’altra Giouane:
traggio fattoalManto. Nouel.6. 155 & . C Ó tal froda,di lei fi gode;!a Dóna.auuo
Vn Capitano Moropigliaper mogliera vna dutafi dello ingãno, fi vêdicadell’o!trag-
cittadina Venetiana, vn fuo Alfieri l’Ac- g o, & ella laua Fingiuria riceuuta,col fuo
cufa di Adulterio al Marito , ei cerca che fangue, dandofi raorte. Nouel 4. 184
1’A'fieri vccida colui,ch’egli credea 1’Adul Nepa ingrauida di vn fuo amante,per opera ç*
tcro;i! Capicano vccide Ia Moglie,è accu- di vn Medico fegretamente partorifcevAin.'"'
faco dall’Alfieri^non confdla il Moro:ma, Medico s’inuaghifee di Jei, ella-n-n
. a fence
X
T A V O L A
fenteal fuo lafciuo defiderio , il Medico la in odio, ella non manca di amarlo, co t
palefa l’occulto parco, elta fi falua, & è ere fomma fede;Conofce,doppo alcun têpo,
dura pulcella, & il medico patifee la pena Rodobano la fede della fua Moglie, & U
della fuafoliia. Nouclla 5. 187 fraude del maluagio, onde ha quellaca-
JLicitiaingrauida fempbeemente, èin peri- rifsima,& quellie punito fecondoil mtri
cqio deH’honore,& della roba, & per ope to della fua eattiuitá. Nouella 1. 210
i* js f a di vn difereto medico, partorifee cela- Locrino,per non hauer voluto compiace-
'^dSipiente, & è maritaca per pulcella. N o- re di fua Moglie ad vn gran Barone, è m»
uella 6. 192 nato in prigione, la moglie lo libera defe­
, Berlinghieri marita fua figliuolaad Albano, ne fugge con lui;fono richiamati a cafa,
&eflendo il Marito in pericolo di morte, occorrenel viaggio, che il Mariro crede
fopponeil Suocero vn Bambino per figli- morta la Moglie, & fi vuole veccidere; la
V-W;
-uolod’Albano; nonpafl’a m olto, chela ritroua viua,& ritornati a cafa, godono fe
figliuola fi m ore, & per l’viaco inganno, licementeinfieme ilfrutto della lor fede.
Berlinghieri è a rifehio di perdere la do- Nouella 1. 21$
te,ch’egli hauea data alia figliuolaima per Filotimafi marita a Caliito, s’innamoradi
tf non penfacoauenimentOjii Bambino fop
polio arriua a felice fortuna, & ha Berlin
vn Giouane çtintra hiavaglia grauemen-
te inferaftíjÜaniiro re cortefe,che del gio-
ghieri la dote. Nouella 7. 195 uane ft-goda, ella piu toilo fi elegge di mo
Dolera è lafeiata herede di molto hauere rire, che mancar di fede al fuo Marito.
dal Padre , con alcune conditioni ; ella , Nouella3. 220
con inganno,cerca leuare la hereditá a co Giouanni Panigarola è condannato a mor­
loro, a quali doppo lei deuea peruenire, è te, la Moglie entrata in prigione, cambia
J conofciuto 1’inganno, & ella fe ne rimane panni con lui,& fi rimane in prigione , &
laingannata. Nouella 8. 197 egli efee, è condannata la Donna alia me
\
Afrodilio ama la Moglie di Cleofilo & cerca defima pena; Giouanni,ciò intefo, cerca
^ 4' \ di giacerfi con lei; Cleofilo, in vecedel- di hberare la Moglie, il Gouernatore vuo
T, l’amata,lo fa giacere colla propria moglie; le,che ambidue muoiano, & per cortefia
fi* fiauuede Afrodiliodell’inganno, & vuol del Re fono ambidue liberati. N o .4. 22a
«• ^.far ©alamente morir Cleofilo, egli fthi- Vn Giouanedà vna guanciata ad vn o, che
* ^ f a lim o rte, & lafeia beffato Afrodilio . l’ha mentito,è prefo da fergenti, il Padre
p, * _ Nouella 9. 201 lo libera; vien prefo il Padre, è condan­
Vn Calzolaioha trefigliuoleda marito, & nato ad eflergli tagliate le mani;la M o ­
« perciòfi raccomandaa S.Nicolao;ciòin­ glie per configlio del figliuolo il libera, &
tende vn Banchiere fuo vicino,& beflfan- lafeia fchernito che condannato l’hauea.
dolo dice , che oue egli fi raccomandaua Nouella 5. 125
vf aBuonaiutoPreftatoreHebreo; fenego Vn farto è per eflere impiccato per la gola,
de Buonaiuto, & auiene in lu quefta bef- prometteil Podeílà alia Moglie del Me-
fa cofa,per la quale il Banchiere , & 1’He- fchino,s’ella vuolecompiactrlo di fe,di !t-
breo rimangonobeffati, & il Calzolaioa berargliele > la Donna fa Taper ciò al Si­
loro collo marita le fuc Figliuole . N o ­ gnore della Terra, & n’è aflblnto il Sarto,
• • uella 10. 204 Scgailigato il Podelii. No. 6. 227
Giglio Luchini in Rauennacon due figliuo-
hèfatcoprigione; la Moglie fi falua,fi ere
f y i N T A DECA DE GLI HH C A T O m mit HI dono tutti morti: & con molta confolatio
nella quale fi ragiona della fedede ne , (i ricrouano cutti viui in buomfsimo
Mariti , & delie Mogli. ilato. Nouella 7. 229
Meffer Ceíare Grauina, temendo 1’ira del
fuo Re,con vn figliuol mafehio, & vna fe-
’S e L e n eReina d ’f i g i t t o è marirata a R o- mina.natiad vn parto fi fug^e da Napoli;
i*»^anq, Re di Pcriia.)' q o deperi n g a n - lone, jialiti dalla tempella cade il Manto,
r ^4^i"V‘^bcelei^co, commcia ad hary^r - & la Moglie nei Mare 1figliuoli rimangu-
k> 110
■r S

t
1
T A V O L A
no nellanaue,8tciafcunodi efsitien,che gnira , che cercaua d*indurre Nicira a m l
Valero fia morto*, li ritrouano tutti in buo- la vita^ Veduta la honeiti della Giouane,
na fortuna,& rihauuta la gratia del Re lo col fuo eifempio, di dishoneftach’ella era
ro, fene ricornano contenti a Napoli. fi riducea viuere honeftamente. Nouel-
NouellaS 233 la 9. 2 3 7 '
Tognira cerca deindurre Partbeneo ad a* Modefta Moglie di Fi'ogano, Principe di Sa .
mariadishoneftamente,gli dice, che non talia,c gittatadalla tempeftaad A n tio cr f^ V ^
vuol romper lafedeaNicirafuaMogliej ta ; il Signore del luogo le vuol far for^a, 1
Pognira fi sforza de farle vedere, che la & non volendogliconfentir la Donna , e- •»
Moglie a lui mancherà di fede, ma vede il gli la fuena , & con lei fi giace ; & per tal ‘ ,
M anto,con quanti ingannileha faputifa crudeltá è fcacciaco dello lla to , Sc in m i-
re Pognira, la Moglie fedelifsiraa, & Po­ ierufim ore. N oueliaio. 242

I
IL FnslJ. D ELL'11SJJ) ICE DELL T FJ M T^l\TE.

» • ■4h

•» »
DE GLI
HEC A T O M M I T H I
DI M. G I O V A N B A T T I S T A
G I R A L D l C I N T H I O
N O B I L E F E U I A U S E ,
■4 X r
VI quali fono cento auuenitaenti narrati da vna nobile brigata
di huom ini, & di donne in vn loro viaggio.

E GLI huomini,& le cofe,che trx eff. fono,fuffero per


lor natura di tal fermerzaX chfjlc^fj+fleffero fempre
in vno ifleffo itato,ncg>4fire&bc alcuno, cbe, per le con­
tinue vxrietà degli auuenimenti mortali, fi haueffe ad
allcgrar molto , o molto ad attriflare. Nèfarebbe me-
fliero allagiouane ctà di riprenftone , nê a chi è in dub~
b iO y d i configlio . Tercbe ritrouandofi fempre gft huo­
mini quegli ifteffi y nè anuenendo varieta nella vitafa-
rebbono fempre le cofe loro in vn medefimo effere , &
’ *A.fffi di vna medefima voglia. Ma perche tutto il contrario è auuenuto , cbe noi,
pergit principij di contraria natura, de' quali fiamo compofli,ci mutiamo, & con
ejfonoi la qualità dellc cofe noFire fimilmente fi muta ,ftveggono de gli huomini
i/ balciitoi fatti di felici miferi, & di miferi felici. ^íltri per piu oltrenonfapere in-
^ Atiarft da ficuro a traboccheuole caminoyaltri di inflabile animo , effere cofi in for-
fe di fe medefimiy cbe, fe non vi foffc chi loro porgeffe configlio, fe ne rimarrebbo-
*» no come perduti nel camino di quefla vita . La onde mi credo ioyche non per altro
la macflra natura faceffe noi atti al pariare , & alioferiuere , fe non percbe noi
fra quefla inconflxnga de gli humani auuenimenti, con quelio giouafjimo a coloro,
cbe ci erano prefenti, & con qneTlo, (piegando in carte quello, cbe ameniffe, po-
ncfjimo auanti gli occhi di coloro }cbe ci [offero lontani, & percio non poteffero v-
dir le voci noflrc,& di coloro altrefi,cheydopò no\,veniffero in quefla vita , vna
toerpetua imagine de focccjfi occorft, accioche e(fi fatti,pergli altrui accidenti,piu
m * '3* ,auti, & piu defli a conofcere il meglio , fipeffero come reggerfi nell'vnay& ncl-
\\ altraa ifortuna,*#-
u < in 'u i come vfeire de laberinti, che intricati (fimi cifono propofliytnen-
\7 cbe qui vini,
liree che viuiamo, onde foucmefmarrimmo la dirita Flrada, & ci andiamo, co­
"me ci echi,aggi rando r per la torta . Tercbe anchora che fia in noi libera la volon-
tà, & fta in n noflro
Oj arbitro l'cle?gere queflo , & fuggir quello. Tgondimeno fe
quefla libertatdatadyper fngoL.r dono,da Iddio,non è aiutata da gli amertimen-
\ fejfed£l}^& da vna lung i i/perirnga, onde diuiene Ihuomo prudente, & accorto,
s 'ffycllo appigiufci a quel, cbefar, 4ibhixmo, ci abbagliamo piu fpeffo, che bifogno

(
i
D e C l i H e c a t o mm i t h t A 4^
non cl farcbbe. Qucfle cofc adunque fono[late cagione, cbc in qucflo fore de Fctd
mia,per giouare in qualcbe parte agli buomini de i nojlri tempi, er a quegli an<
co cbedopò noi verranno (fe pero tanto oltrc fi ftenderà qucfta miagiouanilc fa
tica) mi ft a dato a dCfcriucre alcuni ragionamcnti ,cbe I’anno innangi a quefiojncl
quale a cio far mi fan dato, bebberofm vna lor [omnia infelicita, ccrtc nobili per-
[one per ifchifirefin vn lor lungo viaggio, la noin del camino,cbc loro porgea •v*>' *
fere in naue, & quella anco,cbe la f era conditione de i tempi ,per la quale fk^-
rano partiti dalla patria, baneua loro apportata^iuifandomi cbc fe avgerrà^che ? '
fiano lettiypofjano gli afflitti pigliarne molto conforto, fi per gli accidenti, cbc in
effi ft ritroueranno fimili a cafi loro,ft anebe per veder cbc coftoro,cbe fauelleran
no,per infortunio loro auuenuto (quantunquegrauc, & accrbojnon fi vollcro dar ‘ ^
tutti in forgo, della maluagia fortuna. Etffefar anno,per lor buona forte,felici,po ^
tranno anco conofcere quali nella felicita ft debbano moflrare , & come debbano
vfare il buono figtn^ffijemedefimi a beneficio del mondo. £t credo,che quindi an
co conofceranno i giouanigcofnt * reggere fi babbiano fotto il configlio de gli buo­
mini maturi,ne i loro amori,ne i giouanili defiderij,cbeper lapoca efperienga, fo
no fouentepoco regolati dalla ragione,veggendo in quanti pcricoli incorram colo
ro cbe,o col configlio depiu faui, o confalutiferi ejfempi non pongono freno a de-
fi]tchegli traffortano. Ma fe fi daranno a leggergli alcuni di coloro,che in dub-
bio di fe medefimi faranno ffeorgeranno,per auucntura da quello cbe ragionandc
addujfe quesla brigata,a qualparte ft debbano piegare per inuiarfi a certo, & x
ben ficuro camino. Et forfepotrebbe anco amcnire, cbe le cofe, qui defcrltte,no 5
Jarcbbono difeare a coloro,che alia miglior forma del viuere humano cercano di
darft. Terò cbe (fedritto iflimo) mi pare,che la brigata,dalla qual nacquero quK
fli cento ragionamenti, cbe di feriuere mi appareccbio, ne i piaceuoli, negli tffno-*
voft,ne i graui,ne i giuocofi,ne i felici,et nc gli infelici auuenimenti raccontati no *
miraffero ad altro,cbe a giouare agli buomini, & in ogni materia mcfcolare in
guifa Cvtilc col doIce,& ilpiaceuole colgraue, che nonfoffe cofa da lor data,che »•
a qualcbe forte digente non potejfegiouare.Egli c vero,cbe mi increfce cbe a vo­
ler far manifefia la cagione, la quale die materia a coiloro di cofi fauellare,mi bi
fogni narrar cofa tanto da fe(piaceuole & rnolefia, quanto alcunaltra cbe fi v -
diffe giamai. Madouendo queflo cominciamento aprir pofeia la via ad entrare
nella varietd delle grate , & piaceuoli cofe, cbc ft diranno , non ho voluto ri­
ma nermi di raccontarla ; per non lafeiare defiderio negli animi di coloro , cbe lc^
cofe narrate fi daranno a leggere, di fapereonde bebbero tali ragionamenti tit
lor principio. j
D I C 0 adunque, cb'effendo già corfi gli anni mille cinquccento ventifette,.
doppò cbe il veracc figiiuolo dlddio, per lafalute dcltbumana generatione , nae**
que buomo fra gli buomini,vno Signore ./llamano,tratto daltod.\o,che, et egli,et
molti di qucllti natione(per infligatione di alcuni,cbe toccbi da maligni jpiriti, ar-
tnarono la Ur.gua,& la penna altrefi contra la finta, er catholica C h ie fs ?%[-
na J porcauano alia fantità del Tap a, & a tntlxttucl fixeratiffimo 'ordine de' J'anii
K . c u id k i 1
è _
P a r t e P r i m a . 2
â frelati, meffo inpunto vngroffiffimo3 & potentiffimo effercito di gente *Alama-
h na, maccbiata dalla peflifera hcrefia di Lutero,& defuoifeguaci, a gr an camino
a in Italia fi vtnne, tratto da iniquo penfiero non pure di diflrugger Roma , patria
?l comme a tutte le nationi,ma di dare indcgnamentc con le fue mini al Vapa mrr-
te, con vn cape/lro d'oro,clj egli per impiccarlo portaua con cffo lui. Queili,giun-
Ç. JC in Italia,quando piu fperaua di condurre a fine lafuu peruerfa & maluagia o-
t -^^^pfinone.quail.cbe dalla diuinagiuHitia fofjc percoffo, paralítico cadde,& pcrciò
diuenne non atto alia battaglia . Ma non mancarono ultri capitani barbari,tr a
f f * -3 fidPktgifiti, che tratti dal medcfmio odio3 & daliingordo defidcno dei guadagno
^ temero vnito t effercito Tedefco, per condurre afine quella iniqua , & feelerata
‘ ^ imprefa. ^Aggiunfe alie coflor forge le fuc vrfCapitano molto ej]ercitato nclle im- * 2>0XUC
\n I pr efe delia guerra y& a tuttoquello effercito ft fe duce,& dopò molti rauolgimen
ú da lui fattiycon camino, fuori dogni opinione veloce, a Pomafe nandòJaquale
ritrouò di pocbijjima gente d’arme jornita. Tercbc y agchora chçjlTapa bauejfe
bauuto di queflo effercito contegga,non dimeno,jfdu'itTüo egli creduto alie parole
dalcuni potenti Signori3dal cui volerc gli paru ere quefla gente pendeffe,bauea
data licenga quaft a tutte legenti d''arme3ch’'egli ft ritrouaua bauere in Roma,per
fua difefa . Queflo accrebbe al Capitam de i nemici,& a tutto il campo l'animo
di ajfalirlo yconferma fperanga della vittoria. Hauendo adunque il Capitano
:> jãnaggiore a difei di Maggio flefo i ejjercito intorno al borgo difan Tietro, & vo-
■> sile n d o falire il muro, per dar poi faff alto alie antiebe mura di Roma,& farft per
> effe la via ad entrare nella Citta;egli; come io credo,per voler diuinofe ne rima-
fe morto, dal coipo di vna palla di archibufo , che ilpercoffe nel manco lato alia,
anguinaglia, la qual morte nonfu pero coft Jubita , che non gli rimaneffe tanto di
ermmento, & di (pirito di vita,che incontinente egli non fi faceffc auolgere in al
cum panni et a quelli Cauallieri,cbe gli erano piu prejfo, portarecelatamcnte fuo
ri dei campo, acciò che l'effercito non baueffe notitia della fua mone: & veggen-
doft fenga il fuo Capitano, fi rimaneffe dalla incominciata imprefa.Et die quel fie-
ro animo infin mai,chebbe {pirito di vita,cbiarijfimo fegno deifuo valore,Se va­
lore fi puote chiarnare I'ardire, chefi vfii in compire imprefa maluagia . Terche
con quella poca vocc3cbe la morte 3 cbegià il premea, gli conceffe, fece animo a
Cauallieriycbe 1'baucano leuato,dal campo3afeguitdre la prefa battaglia,promet
tendo loro (s'ejji non mancauano afemedefimi) certa vittoria. Dalle quali parole
0, inflammati quei feroci cori, viddero quanto deuea effere in lor dar dire , quando
vno cbe moriua,tanto loro nbaueua aggiunto. Qiiefli Cauallieri,tornati fubito al
l'effercito,fatto animo agli altri Capitari\:& veggendo già ogniuno accefo a quel
'a mal opra,differo a gli altri la morte del Capitano moflrado loro quanto deuea«
a no effere valoroft fe no per altro ,almeno p far vendetta della morte di quel Signo
re,dei quale no bebbe mai tutto il meflitro delíarme nè il piu coraggiofo , nè cbe
f°JfePu4nmator de foldati. Toflo ch’vdirono raccordare la mortefii colui,cbe cjji
"haucgino p vn Dio di guerra,furon di maniera infiamati al sague ct idle morti che
%
~d fyaru(?Ti non tffer degni del nome3cbe tcneano3fe non poneano Roma a tato firatio
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De G li H eca to m m ith i I ^
cbc ft poteffe pienamete dir fatia la lor mala inter,tione:etpienamente vendicata
I la coflui morte . Veggendo adunque i Capit ani cof: accefti loro foldati, che fi po-
teano promettcre di loro tutto quel male, cbc defidcrauano , fatti già accord per
la morte del Capitano loro, lafciarono d borgo, per lapericolofa entrata , che vi
era,et fc nandarono verfo fanto Honofno,ouc le mttra piu ficuramcnte ft potcano
falire,& iuipofla la battaglia, accompagnarono, con la forgo., ogniloro ingegno^j ^ ,
per entrarc nella Città. Et anchora che quellepoebe genti d'armc, cbc in RpmaJtfj*.
ritroturono infteme co Cittadini Romani armati dell'vfato loro valore fi opponcf- ,,
fero a quelfero impeto tratti pin tofto dallegrida de i ncmici, chefoff&foPá* alcuf, ^
no di quelli di dentro veduti,(perche erano inuolti da dsnftfjima nebbia, mandata
com io credo,dal piu baffo centro delTmferno,dal nemico delfhumana generatio-
neperfauorire cof fcclerata opra) & monftraffero, confommo valore, far dire
de i cori loro, nondimeno fu tanta la moltitudine de i ncmici,cbe loro con incredi­
bile impeto venite addoffoscbe non poterono refijlerui. Salite adunque i ncmici le
mura,tra la porta STtém^hàffr la Tancratiana,a viua forgo, fc nentrarono con
tanto furore, & con cof orgógUofo animo,con fi horribile flrepito di trombe,&
di tamburi,& confuono di ft horrendiy & Jpauenteuoli voci,cbe parue al popolo
Romanoycbe tutto il mondofi foffe alia fua ruina infteme aggiunto.il Tapaflqua
le,fuori d'ogni openioncyper bauer piu creduto cbe non gli bifognaua,era Jlato da
tata moltitudine de ncmicifopragutntoyconobbe dal loro impetuofo entrare in d e ­
termine foffero le cofe di Roma,et quanto egli era mal'atto a far reftflenga alia ne
mica forgo; la ondeycome già ne primi tempiyeffendo prefa Roma, & con morta- / '
lità di moita gente arfa, & mejfa a ruba da Franceft yvna parte defoldati,& dei *
la gente Romana fuggendo al Campidoglio fi faluò dalíimpcto nemico , & fu ca-
gione, d\fendendofl,che Furio Camillo creato dittatore, metteffe aferro la Barbã*-»"
ra gente, & liberaffe Romatcoft il Vapa ft riduffecon buona parte dc i Cardinali
& de iTrelati, in Caftello fantodAngelo,& iui inftcuro ft pofe,parcndogli, cbe
effendo egli capo di Roma,com’era capo di tutto il popolo Chrifliano,auutniffe do
cbe ft voleffe di reo,faluo lui,ft poteffe dirfalua Roma:& infteme con lei la mae~
fid della religione nofira,malgrado cbe fc nhaueffero i ncmici della Romana Cbte
fa,cbe con tanta ingiuria affalita I'haueano.l nemici,cbe fopra ogni ultra cofa bra
tnauano di bauere il Tapa,congli altri capi della Chief:,nelle meni diedero al Ca
fiello lungo, & terribile affalto, Ma poi cheft videro nonpoterfuperarla forteg^
ga del luogo, fatteui le tringere,& lafeiata buona cuflodia mtorno al caftello, ft
voltarono confierijjimo ammo,alia ruina del popolo di Roma.il quale,pieno dtin~f* 9 ..
credibile ffauento, ejfendogiàflati morti que Romani,che al barbarico furore/5>
erano oppofli con coraggiofo animo,non hauendo (peranga alcuna di foccorfo , co*
me fuori difeft ftaua . fapeano i miferi altro chefarft, cbe come la loro vlti-r
ma horafojfe vcnuta,attedere quello,che di loro voleffe difporre la molta rabbia *
delfinfinita gente Tedefca,& giudicauano quelli felici, cui per loro felice deflino
era auuenuto di morirft fotto le mura di Roma,virilmente cobattendo,& cqme cq> ’
loro che di roba nofaceano già ftima,ft haurebbono recato afomma fclicffii,ejjcrt, *
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P a r t e P r i m a * 3
rirnafi fftogliafi ctogrii loro hauere,et cbe non foffe piu oltrc la cofloro ira procedit
ta, laquale non fu punto meno terribile di quello, ch'effi,con infinito lor cordoglio,
imaginata, la fi haueano , Tercbc , poi cbe i foldati fi furono leuati delfafjddio dei
CaflellOyfi(parfe la lor quafi infinita moltitudine per ogni luoco di Roma. Tron.x-
. rono coftorfu leportc de i Valagi tutii i vccchi padri,& le madi i di famiglia,ci)e
per la morte de loro valorofi figliuoli,che per la patria ,ncll' entrar e de nemici
, ce&attendo erano flati vccifi,& per la miferia delia cittâja quale vcdcano mani-
^ fçfa.CKqnnjnuolti in lagrimeuole habito) offerfero loro le cafc,et l'baucre,& ver
''yfjando hmarijfime lagrime da gli occhi, con pietofa, & miferabil voce, addiman-
darono mercede, & pregarono cbe almcno lor filue rimancffero le vite dal furor
loro, & quelle della lor gente, le quali voci non pure non mofjero a compafjione,
od a pietà i crudeli animi de ifoldati, ma non altrimcnte gli acccferoychefe bauef-
[ %+fero fenúti i fuoni delle trombe, & de i tamhuri, cbe gli baueffero inflammati alia
f battaglia . Cofloro adunque , per natura fieri, fitti.avxbc non.g'tr dalla vittoria,
ma daliira, conceputa per la morte dei loro Cagijfdno fpm feroci, & piu crude­
li, fi diedono a fare le maggiori crudeltà, & i mâggiori fira tij, cbe mai cadeflero
' in animo d’huomo, Tercb'eJJi non perdonarono nè a Jeffo, rtè a pcrfona,nè a ctà,nè
a grado , nè a tempij, nè a Sacramenti nè aliifteffa religione del Signore , & pe-
entor noHro. Trima,pigliati coloro,ebe su le porte ritrouaronofm babito lugu-
J re,cbiedere loro mercê, entrarono nelle loro cafe, & tolfero tutto quello , cbe in
ejfe ft ritrouaua, & di cio non contentandofi,fatti i Signori delle cafe prigioni,con
ogni fpetie di tormento, & di crudclta,cercarono di piii hauere di quello,c'bauea-
no prima hauuto . "ígè a quefio termine flettero contenti i crudi vincitofi,Ma ncl
rjjik^to de i padri di famiglia, & degli altri huomini,cbe prigioni, & legati te-
eafto, ficeano forxa allc lor dome . Vcdeua il marito tor Cbonore alia moglie,
il pa dre violar lafigliuola, il gio la nipote,\l fratello la forella,& non potean lo­
ro, non pur co fatti dare aiuto, ma nè anchefu lor conceffo piangcrc le loro rnife-
»•
riefle quali nondimeno erano tanto grani,cbe ne baurebbon potato piangere le pic
tre islcffc . iQui non giouò grandegga di flato, non nobiltà di famiglia , non pre •>
gar delle giouani,non lagrimar delle madri,cbe in ogni parte erano chiufe le ercc-
chie allapieta . I'cdeuanfi le figliieole , con le braccia aperte , corrcre ncl feno
delle mifere lor tnadri, & le afflittc madri fcapigliate bmolgcrfi le mam &■ ncl-
le barbe, & ne' capclli de Soldati, & cercare con ogni lor for ga di defender le fi-
»>J>
.■•V.

'hi figliuolcygr molie volte, fatia la lor lufjuria, vccideuano quefle, & quelle ne
*%li occbi del padre,& del marito, cbe prigioni erano, ne i quali tanta fu la forgo,
del dolore,cbefenga potere hauere lagrime a piangere,o voci a gridarc,fe ne Ha-
uano, come mute, & infcnfibili flattte di pictra, a vedcrc le loro Jfiagure. St v i
jfitrq&dçtfe madri Je quali non potendo vedcrc le abomincuoli ingiurie, fatte alls
^figlino!e loro,*ft coccurono colic dita gli occbi del catto; alcune altrc nelle ofeure
f * ' . v . .' ^ 3
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Vi D e G li H e c a t o m m it h i
gvottc de i monti fi fuggirono,le quali,non vi effendo pofcia cbi Uro porgeffe aitt-
to, di fame, & di difagio vi morirono . T\lè folo fimile fpetic di disboneftà nelle
private cafcauuenne,ma ncmedefimi tempi) d'Iddio ,pcrcbe,effendofi iui alqitan-
ti gentilhnomni colle lor fimiglie riddottijperxndo dal magno Iddio qiielfaiuto>
cite fi conofceano non potcre hstucre da alcknproticdimcnto humano.Si pofero que
f deruti a volemi cntrare,ma poflifi alia difefa que Romani,chc iui erano,diedo-* > ’S *
no chiariffhno fegno del valor loro }p erchc prima che pot effero que maluagi entra -~'c' 1
rc , nc vcáfcro vna huona qnantita,maparca che quanto piu ne morieprpopianto,
piu crcfceffe il numero loro . Vincendo adunque lagran moltuudinc ii moCtVva-i i
lore di que poebi, che alia difefa ft erano mefji,vi entrar ono i barbari impetuofi ;
mente, zv quantunque anebe grande f iffe U vccifionc, che di loro nel tempo iftcf
*
fo fecero i Romani, nondimeno non potendo efji reftfler e alia qnaft infinita moltitit
dine de nemici,furono al fine, poco meno che tutti morti; la onde entrati i rnalua- r,
gifra le donne,qVhfi r accoli ç fi erano, tratte le giouani delle braccia deIle miferi \ y"
madet, come fpregfgafWttla religione, & all'iflefj'o Signore Iddio nimici,ft$
quegli altari, ouc confomma rTuerenga già fi cclcbraua.no dafantijjimi bmmini i .
diuini ficrifici), fecero fatia la libidinofa lor voglia. T ra quefii cofi fieri, & m\-
ferabili accidenti, vi furono de i padri danimo veramente Romano , i quali, piu
temendo la maccbia dell'honore che I’borrore della morte,non volendo vedere cofi,
malamente, & cofi vitup crofiamcnte menaee il lor /angue, pigliarono le lor figlY
uolc, & con gli acuti coltelli le fuenarono , dicendo ad alta voce. Toi cbe anco-
l'bonefla delle donne non èfalua,ne i tempi) de gli Iddij immortali, vinea la duret.
f i ncccffità della Fortuna lapictàpatcrna , & rimanganft le virgini Romane ficu -
re dalla vili ania, fot to il gouernode gli infelici padri loro , con quel modo mefiia-
re ch'effi a dishonore lepoffono fottrare. Quefio veggendo lemadn,mof]'e nn&Sep-*
fe dal mcdefmo defio dcll honore, & non reputando la morte pena a cofi fatto
tempo,ma grandiffimo dono,offcrfero volontariamente i petti nudi a loro mariti,
»•
& prcgarongli, chc le vccideffero, le quali vccifefi valorofi hnomi ni raccolti in­
ferne i corpi delle figliuole,& delle mogli,voltar onofimilmente i coltelli infe flef
fi, & fopra le lor donne morti fi caddero . Ma non baflò anco la morte, che fito-
le effere vltimofine delle miferi e humane , perche quei corpi fanguinofi, & fen-
ga punto di fpirito, nonfofl eneffero quelle medefime ingiurie, che foft encano i v i
ui da quella/celeratagente,priua d'ogni humaniú . Nèfuronpiuficure le mona­
che ne loro monafi eri), chefi fuffero fiate le altre donne,nelle priuate cafe,ouero
nc fieri tempij , ouc f i erano fuggite. Terò cbe cofloro, fpreggatori di ogni bone»^~
fio cofiume, & de gli ordini de fxntiffmi padri nofirifintrodutti ad honore d’Id-*
dio, entrarono, come Lupi arrabbiati,tra quelic rcligiofe vergini, quafi tra tantb s ,
innocenti agnelle,& con ogni fpetie di disboneftà fi pofero a violare i loro,per a-*
dictro honefliffimi corpi. TSfèfolo i maluagi ne corpi delle donne, ma in quegli
anco de gli huominifceleratamente operauano. Vedcuanfi que canuti veccbi,l'a-
fpetto de i quali erapieno digrauità , & di reucrenga , & che diangi djfihmnw,
Auttorità erano flati in Roma, flati da.ognmo, & pcrlà lor vtrtu, ^
erano stati
P a r t e P r i m a » 4 ,
per/o fennolcro, eí^ per logrado riueriti,& honorati,da coftoro vltupcrofamen-
Yefcbemin,dr menati,come per giuoco,per tutta Roma, 'bjêgli Hud'i] delie uuq.
7tearti,nê la matura età,nè la riuerenya della religione poterono tor gli huomini
da cofi fatte vergogne. Tarot veramente (be quella Cittd,chc Jolcua offerc vin-
eitrice di tutte legenti,la fede degli honorati trio n ff albergo della gloria , dr U
*s
B
-
1 vero nido della vera religione, foffc flata a que maluagiferbata,perche alyajfero
ipiupregiati huomini, che in ejfa ft[offero, vn vituperofo trionfo alia infamia
tf&jil,dfshonore. Mapoiche fit fatia la crude!tà di cofloro in quella qualitàdi
géhttyChe già fi è detto , Si diedero a Pgargerc il lor furore foura le cofe diuine.
* Terò ch'ejji, nimici della vera religione,entrarono nolle Chiefe d'lddio, & tolfc-
2*3* ro di fit gli altari le imagini di Chriflo, dr quella della Madre v orfine, dr de gli
altri [anti,dr altre ne bruttarono : alcune altre fecero in fchcggis,et narfiro mol
te, St a quelle,ebe ne muri erano dipinte, quaft che fentimemo hauejfero hauuto,
\y dauano, non altrimcnti, che feGiudei oTurchi foffero flati._ di rnoltc penoffe,
€olle loro federate arrne. T ra que ft e imagini mai rncnate,ve ne f t vna del­
la Vergi ne, appreffo la Rotonda , che anchora vi ft vede , laqttalc , da vm di co­
i l oro percojja, mando dalla ferita miracolofamente grandifirna quantity di [an­
gue- Come ch'Iddio,nella imagine della Madre del fiuo Fighuolo,volef]'c chiara-
mente mofirare, che anco cofi fatte imagini, ofehernite, o con poca riuerenya
1temte,toccano infino riel Ciclo la fita diuina mente, non per le imagini nò,rna per
verier egli, come conofcitore del vero , & dei con dcgli huomini, che eff'enon fo-
no fouerchie nelie Chief,ma vi ft anno digniffimamente, come,che fiano quaf mu
te voci,che diano tejlimonianya della Santa vita di quelle beate anime, dclle qua
[ Tcffc fbno imagini, dr con tal modo dejhno i mortali a feguitar le loro veflifia,
- * pcfStncritar
1)C , come ejji, la patria cclefie, & per far chiaro vedcre, che tali ima­
gini fbernir non ft poffonofe non con inginria di quelle Sante anime, dclle quali
rapprefentano la forma,non per effere adorate, come Iddio da noi ft adora , ma
*•
per rinfrcfcar la loro memoria ne i corpi noflri, d r chiamará ad haucrgli in quel
la riuerenya,delta quale gli ha fatti degni la fanta lor vita , per cui net cofpctto
d'lddio ft fl anno , come noflri auuocati. Totea qucflo , rnarauigliofo miracolo
far reflare ogni f celerato animo , chaueffc in fe hatiuta qualche ficintilla di ragio-
7ic,dal procedere pin oltre nel far male. Ma coftoro non huomini, mafierc, d r
non mono nimici d'lddio,che dclle genti mortali, bramofi di far fiempre peçgio, cn
trarono nolle fagreflie de i religioft, dr tolfcro di effe tutte le vcfii,& tutti i vaft
the aficrifui ft folcano vf\re,pcr bifoguo de [aeramenti,da quel fanti huomini,et
h di quelli veflitifc nandarono a gli altari, d r come fc facerdoti foffero f la ti, con
t quelle ill effe n:artierc , d r colle cerimonie, che con ogni riuerenya ft folcano v-
* \ fit re in honor e d'lddio Cr a beneficio di tuttoil popolo Chrifiiano , in vitupé­
rio della Santa Chic ft, come miniflrt del demonio ,/pargeano, in vece dclle pre-
ghierc diuote , aI Cielo bcflcmie crudeli/fime , Le reliquie de i corpi fanti trafj'e-
^ro d&igrecioft v aft , ne i quali erano , d r le gittarono per le firadc , le quali ft
v+jarebbono Uet tut to perdutc , fe i miftri Romani accoltc non le hauejfero, dr
/* '* - ** » ' 4
D e G li H e c a t o m m it iu
quanto meglio hauean potato , nafcondendole, riucrcntementc conferuate, accio-
chc, ccffato qitel tumulto, potcfjono lordargli honori , che loro fi debbono. Qjic-
fio male operare di tali b nomini, que sio fchernire,& mal trattarc leperfone re-
ligiofe, & vltimamente quejio non hau ere in adama flima le cofe diuine,et ffireg-
7 ar gli ordini deita Católica Chiefiy banca fat to, chc in l\oma,cbc folcua effere il
nido di tuita la religione3 & quafi la terrena cafi d’Iddio 3 non fi vdiuanopiu nè . { >
iricffe, nc officij3 nè proceffioni ,nè diuotepregkiere 3 corne per I'adietro nolle cofe
auuerfe fi foleano vdire. Ma, in lor vece3 rifonauano, per ogniparte delle Cittâ.
parole dishonesie3 maledittioni crudeli 3 abominenoli beflcmie , meJcotaiPdoiiex
grid*3 & con i lamenti della mifera gente Ppmana. Ora quantunque gli buomini3
le donne, le cofe humane, & le diuine, folfero tuite inpreda a malfattori,& tjji
haucjfino fpogl’u te le cafe, i tempi],& leperfonc di modo3 che vna gran parte de
gli lmomini, cjr delle donne Romane fcacciate delle lor cafe , malamente veflite,
fcn%a coperto, fgne ftauano alfereno,& al Sole3non rimafe però fatia I’ingordig- i
gia di qnefli rei, Tcfctftlffi. frrmfmandoft 3 cb'oltre le cofe rubate,ve ne deueffero
cjjcre dcll'altre,chaueffcno oftTuerrate, o altroue nafeofe i I{owani3& perciò al­
ie lor mani non (offero venute ,cominciarono a minacciarc alia mifera gente 3 che
fe non infegnauano loro le cofepreciofe, ch’afcofe haueuano , arderebbono tutte le
cafe loro,& dicendo i mefehini3che niente altropiu loro era rimafo 3 che la mife­
ra vita loro, fi pefero i crudeli ad appicciare il fitoco in alcune cafe di Ppma, m i^
nacciando di ardcrle tutte,oue cjfi non palefajfcro loro le nafeofe ricchcgge. Ma,
poi che videro,per lo incendio delle cafe,non fi muoucre gli afflitti a fcoprire loro f
cofx alcunafimife lamala gente amoltopiu crudo , & amolto pin abomincuo- -
le officio. Terche non hauendofi infino allbora queimaluagi tinte le maninpl
fatigue deipiccioli fanciulli , vollcro vltimamente vcdcrefe forfe I'incrudcfiiite it%~
quefte hmocentiffime anime poteffe indurre i padri,& le madri a moflrar loro no
ue ricchcTge. La ondefidutta la moltitudinc dellegenti prefe in vn luoco,come fe
«*•
vnagreggia fofj'e Hata,differo loro con fiera vocc,pr con minacciofo vifo,chc de*
ueffero manifeflare loro i nafeofi theford che altrimctc fi difponeffero a vedere tut
ti i lor figliuoli piccioli fubito vccifi; & rifpondendo i cat tineIII, che crano ximafi
cofi priui d'ogni cofa,che piu non auangaua lor cofa da potcr fcoprire fenon legra
ui lor miferie, Traffero [non que cani i coltelli,& fenrp pietà alcuna , (oime cbe
tni trema la mano afcriucre cajo fi horribile) fpreggati i preghi de i padri, & i
pianti delle madri, che baurebbono piegate lepiu alpeitre , & le piu feluaggie
fierefi pofero,co ferri nudi in mano,tra quclla mifera turba & trahendo i fanei id*-
li dalfeno, & dalle poppe delle madri,& dalle braccia de i padri, ncfucnaronoX
alcun\,alcuni percofero col capo al muro,altri,a guifa di palie rotarono in aria,etL
molti negittarono nel Teucre,nd qualcgià alcune madri,per non veder coftficro*■«
flratio de i loro figliuoli f i erano volontarlament c,co fanciulli in braccio ,gittate,
& moltevi furonOyche di cofi ardito core non crano,lequali, quantunque nobili(fi
me,gittate.fi ginocchioni inniigi a qacfla fccce abucmini ,cornefe g/adiffimiSigno^
ri foJfcYoflati,chiedeano loro difpecial graiia,che,lafciati i fanciuHi viuJwrovc ^
t ' ddcfjh ^ f
) ' % r? k
P a r t e P r i m a . $
cidcffcro.Ma vane,& non profitteuoli furon le lor preghiere, perche non ft rima-
feroperciò gli fcelerati dal lor crudele officio, & videro queflc, non meno cbe le
altrcfi loro figliuoli,per mano de i crudeli micidiali, miferamente vccifi.Fula nuo
ua cmdelta di cofloro cofi plena dborrore', & cofi miferabile ,chc non pur di plan
ti & dl lamenti nuoul diede a Romani doh r oft capione , met fe loro parere ,cbe
tutte le altre feiagure,/offero flate, appò quefta,]placenoli. Ma neila horribile for
t* * ‘’JiLna tanto furono que pargoleti meno de i lor paciri, & delle lor rnadri, infelici,
imanto per la picciola etci non conofccano la mifcria,nclla quale fi ritrouauano,et
tionbfàueüano delle angofeie de ipadri,& delle madri loro alcuna cognitione.Toi
chela nialagete hebbe fatto si ratio di molti di qnc tniferi funciulli, & videro no
ne hatterc potato trare vtile alamo,fi rirnafe dal proceder piu oltre in cofi mal o-
pera, lafeiando nondimeno i cori de ipadri, & delle madri, cui rimafi erano i fi-
-| gliuoli vini pleni di tanto timore,cbe parea loro ch'ogni picciolo mouimeto,cbe fa
: * ■*** ceanogli/celerati,foffe da lor fatto,per vccidere gli altri , chegfiui erano rimafi.
Or non baft undo loro ihauerc incrudelito ne' viui juoUero anco,che la loro fierce-
go. ft ftendeffe foura i morti, perche verfo le fepolture voltarono il lor furore, gr
V apredolc,& trahendo d'cjje I’offa de i morti,cominciarono a cercare,fe forfe indi
poteffero hauer qualcheguadagno, & pofeia cbe molte rihebbero aperte delle pri
uate, ftpofero a rompere quelle de morti Tontifici, & ritrouando nelíoffa delle
i ffiita di alam Tapi anella di molto valore,non ve ne rimafealcuna,che da loro od
aperta, o rotta non foffe,il che fu cagionc, che nè anco negli duelli ft rimaneffe-
, ro in quiete l'0jfa di quei morti,che già,per lo fpacio di molte centenaia dyanni, e-
rano vfeiti de trauagli di quefta vita. Toi che cofloro negli huomini,tie le donne,
p i grandi,ne i piccioli,ne gli edificij,ne i fepolchri,nelT imagini,& (per dir bre-
ej mlle cofe mondane,& nelle diuine hebbero sfogata I'ira loro,non vollero,che
parte alcuna di Roma ft rimaneffe,che non fentiffe la lorfuriofi violenga. Sjfen-
doui adunque rimafi alcunipalagi, oue ft era ridutta di molta gente,colie robbe,
i quali nel cofloro maggiore impeto erano rimafi ficuri dal lor furore,per cortefta
di alcunigentil Signori,che a cofi fa ttegentipoteano commandare. Quantunque
volte veniua noia a coftoro lo flar fenga far m ale, come haueflero a dare il pri­
mo affalto alia terra, aftuon di fuffoli, & di tamburi, in bella febiera , colle ban-
dicre fpiegate fenga curare nome di Signore , nè commandamento fa tto , nè pena
impofla dauano I affalto a queflo Talagio, & a quello, combattcndo co medeftrni
della lorgente, che dentro ft ritrouauano alia dijfefa , & fe forfe nbauean vitto-
. Wia,come talhora auuehiua poneuano le cafe a ruba con quelle ifteffe cnideltà,col-
e quali haueuano diftrutto il refto della terra. Onde non paffaua mai giorno,che
la cofloro maluagità, non porgejfe a Romani noua & mifera materia di dolore.
Stando in quefii termini Roma nongiorni,nèfetúmane,ma mefi, vi fopraggmn-
fe anco ia guerra del Cielo. Terciò che Iddio , giuflifftmo punitore delle mal'o-
*prc conduffe quefta gente cofi all'eftrcmo del viucre , che non haueuano cbe man-
^ .viare^ Tercbe effcndogià da effi flato confumato ciò,ch'cra in Roma, nel con-
' ■tdfado, & l)aucTido lor tolto Iddio di maniera lo ingegno , cbe ft erano dati a fare
•** . violcn-
y
<
> D e G li H e c a t o m m it h i
violenga Acoloro,che cCaltro luogo portauano loro le vittuagTie,non v\ era piu al
cuno cbeportare ve ne volcf[e,onde dopò cbebbero mangiati i caualli,gli afini, et
inftno i cani, & legatte,& i topi dclle cafe,fimife la piu minuta gente a man-
gure di quello (cbc cbe fi foffe) cbe le fi param auanti, pur chefi penfaffe di po-
terne bauere qualcbe rifioro.La onde molti di effi erano vcnuti coft afflitti,cbe no
pin hnomini p'areuano,ma ombre. Da quefia fame,perche meglio foffepunita la •v
cofioro maluagitâ,nacque tra loro vna pcfhlenga coft grande, che non era flrada -
alcuna in Bpma,che non fi vedejfe piem o d'huomini morti, o d'inferm'^a^ mor tev >
Ma era tanta la coftor mollitudine,che non parea che, per morte , il lor mMefd'
fcernajfe . Ttyn domaua pero coft la fame, &■ la peflifera mortality i loro fieri
animi,che nonfaceffcto i medefimi delitti,& le medefime mal'opre, che prima fa
ceano,percio che veggendofi quefii[celerati coft morire,fatti piu ammofi nella de
Iteratione, & nella morte medcfima,con quelle forge,chaueano andauano tai'ho
ra,ingran num^o-AdaJJ'aliYeqitalche cafa con animo,che tutta poma finfem e co c
ejfo loro,deJfe I'vltimo crollo. era cofii marauigliofa il vedere,che anchora che
alcuni di loro fantiffimiparcfjfono,non coft to Flofiponeano intorno alle cafe,cbe,o
lofangue,che ft commonefie, o cb’Iddio,già mofo a pietà de miferi l\omani ,volcf
fe,che la loro iniquità,nel far medefimo, foffe punita, & rimanejjero i lor corpi
non diròfcpolti,ma preda de i can’t, & degli augclli, ne i confini di queila terra,
cb'ejji cercauano di minar del turn, piu della metd di loro, ad vn tratto , mon
fe ne cadea.Ma fu non meno nociua la pcfiilenga a fiomani, ch’ella fi foffe a quel-
la gente. Terciò che non altrimente cominciò a flendere di cafa in cafa il fuo vide ,t
no, che noi ve^giamo nellc piagge, quando ft fanno le publiche allegrerqge , fien-
derfi il fuoco fit la poluere,vcrfo quclla ffietie di bombarde,cbe code fi chiamaffl*
che, dato il fuoco alia poluere,toflo che nc tocca vna di loro , quaft in vn rrmver^-
to, perdono tutte lafiamma,& dando il bombo a terra fe ne cadono.Ora in quefii
graui pianti,in quefie acerbe gridafin quefii affieri horrori,in qucfli ffauenteuoli
inccndif,& horribili morti,era per opra di vn benigno, & poffente Signore della
nobiliffima famigl’m de Colonneft, ridotta in vn fuo Valagio in ftcitro vna briga-
ta digentilhuomini,& di gcntildonnc fiomane. La qual brigata fi ripofaua fu la
benignitd del Signore,chabbiamo detto.il quale,•veggedo tuttauia piu incrudelire
la pefiilenga, & conofccndofe anchora non baucretal priuilegio dalla natura,
quantunque foffe Signore, che non poteffe fentire la forga del male,delibero di ri \\
durft a Fondi,terra de Signori Colonneft, molto dilettcuole,la quale,per efferuifi \
tramutati molti altri, era coft piena,cb’agranfatica vipotcua effer luogoper lupb*-
& per la fua famigiia . Ter tanto veggendo egli di non potcr condurre con effy
lui quclla nobile brigata, prima che ft par tiffe,difie loro , che mentre egli ,fenga
pericolo della vita, bauea potato effer con loro in fioma, volentieri vi era flatoç,"^
ma cbe poi che la mala quúi tà del'daer e corrotto era ta lc, che lo flare in Foma
non era ad aliuno ficuro, eglifi era deliberato di andarfi a Fondi,& iui flarft in-'
finn a tanto , che le cofe piglia/fcro miglior ordine, d) allbora non haucuam^Ef
che molto gli incrcfaua, cbefuff'e tanta la moltit udine dclle gentifebe a qúclTucfi* .
go ^
P a r t e P r i m a . 6
go ser ano ridutUych'egliyCon effo Ini, nongli poteffe tutti condurre3 the non mono
volentierilafeco glibaurcbbe3cbe gli ft haueffe hauuti in l\oma. Mu 3 non pot en­
do ciò fare3non era però per mancar loro della fua cortcfia3percbc conofccfferofm
quefla fua partenga3qucl buono animo verfo loro,cbe mentrc erano infume flati
haueano pronato, St perciò difponeffcro cjfi di loro quel,cbe loro pin piaceay cb’e-
gli non verrebbe lor meno, per quanto ft flcndeffcro le forge fue. I\cngratVo la no­
il brigat a il benigno Signore 3per la cortefe offerta. Tofcia , riflrettifi tutti in-
jbeme j i pofero a penfar quello3che di fe fleffi voleffero difporre , <&• sii quefla de-
'lwcratione3furon varie le openioni, la quale varietà facca dubbiofa la rijolutio-
ne intorno a quello, cbe ft hauefje a fare. Etpiu d'ogni altra cofa , metteuan la ri­
fo Iutione in dubio alcuni veccbi, & alcunc Canute donne 3 cbe deliberati ft erano
di non volere fourafl are alia ruina della patria loro3&r con la fua caduta morirfi.
Ter la qnal cofa vno di loro3cbe Fabio bnuca nome,cbeper la matura cta3& per
la cortcfe fua natura3& per lo faggio parere3era di grande ejggtmita appreffo tut
tigli altriy cbiefe lieeng.: di ragionarc , & ottcyuttala3 cofi comincio3a dire . Io
nonfo quail debbano ejfere le ragioni3cbe poi che ce nojfre ft cura3 & bonefla oc-
cafione di partirei da quefle miferabili3& lagrimeuoli mine della infelice patria
nojlrdy vi vogliamo reflare. Certa cofa c , cbe da noi non pub bauer l\pma al-
cunfoccorfo, nê per le forge nofíre3 nê per lo noflro conftglio 3ft perebe le for­
ge fon fouramodo deboli3 ft perche il fuo infortunio ègià al termine giunto3
cbe non pur il noflro 3ma qualunque alto fennoftrimarrebbe alfuo vtile infermo.
La onde non so vedere3 cbe cofa altra alcuna ci debba voler far rimanere in effa
che il volerla vedere tutta via ne i dolori 3ne gli ajfanni, negli Jlratij3i quali hog
giaayi Con tali3cbe ft deurebbono offerire lagrimeuoli a i noflri iflejji nemici. Ma
Tbepiocchegga farebbe la noflra3 a voler qui rimanere3per giunger doglia a do-
glia3 & miferia a miferia 3fenga alcunprò nèdi noi3 nè della patria ? Etpoflo
che da alcuni ft dica3cbe tanti 3& tali fonoflati ipaffati dolori 3 chepiu non ci de-
urebbe offender cofa alcuna3per triila3& miferabil3cb’ella ft foffe3come cbe i no­
flri animi deuefjero bauerfatto vn duro callo nelle angofeie3che vedute, & fofle-
nute habbiamo. loper me 3 anchora che per I'adietro infinito dolori foflenuto mi
babbia3nonfono però cofi mutato da me medeftmo3nè cofi mi ft c indurato l’animo
cbe non mi ft offrano tanto piugraui 3 & acerbe le afflittioni de i parenti, de gli
ttmiciy & della patria tutta3nclla quale fon nato 3 nutrito 3 & infino a quefia eta
crefeiutOy quanto io le veggo piu andare a lungo 3 & offerirftmi ogni gioruo piu
raui. Sicbe3per vfeire vna volta di quefle3 non dirò intolerabili3 ma 3 a chi per
rproua non le fentiffefineredibili tribulationi3& perche non paia3che quit ci rcflia-
mo 3per pigliarci diletto di vedere andare la patria nolira tutta via di male in
Reggio 3mi par bene , che vinca Copinione di coloro 3 c'banno prefa rifolutione di
uindi partirf t . Ma oltre3cliegli è bene, egli è anco neceffario . Terchc boggi-
mai la malignità della peftilenga tanto oltre ft eflende3cbe non debbiamo noi pen
\r fd i r\Qp hauerla al fine come gli altriy a fentire.Et quantunque mold de i vec-
fjthiycbe tra noTfono dicano3che non voglionofouraflare alia morte di quelU Citta3
•‘%i% * . ' cb'cjlatd
D e G li H ec ato m m ith i
dfè flata la madre loro, ma vogliono con efjo lei tra lefue mura morirftflo rriifti-
mOycbc non fla da accettare il lor parere, da chi è di qucllo alto fpirito,& di quel
gencrofo animo,cbe fuol dar quefla madre a fuoi flgliuoli, St ejji ancbora fl vorra
no moflrar degni di effer nati,di lei, non lafcieranno, che la veccbia età leui loro
del core la magnanimità, cbefuole effere a I^pmani in ogni flero accidente, & in
ogni loro etd, natia. Et non pur non vorranno,cbe il pu^go de i corpi morti (dal
quale ègià Flato, corrotto I’aer si, che nolpojflamo riceuer noi fenga pcricolodi ’
mortejleui lor di queFla vita,ma la fl vorranno fcruare a migliore Jperan ^ tefyr*
a migliore vfo. Io, ancbora,cbe mi vegga carico danni, quant'ahuno altro , cbe '
qui fl ritroui, nonmi voglio però cofi defperare,nè porre per cofl perduta lafalu -
te di ]\oma,giaper opera diurna (come credo) fattacapo della Santifflma religio
nc Chriíliam, cbe non voglia fperare qualebe benc,&percio ferbare a piu itet a
fortuna,queflo poco di viuere, che mi auanxa,& non voglia piu toflo penfare di
vedere riflmcitatls^atria mia dalle piagbc, delle quali 1'hanno qucFti crudeli fe*
rita,cbep erfuadermi,ch’ella ne deflba effere da i lor coipi dei tutto morta. Cbe fe
bene,per gli peccati noflri (clfaltrimentc penfar non fl dee) la giuflitia d'Iddio ci
ba lafciata venire addoffo quefla temp eFla,voglio nondimenofperar nella fua cie
menga,ch’egU con sipietofo occbio ci riguardera, che in picciolo (patio di tempo
potremo veder Rpma,fe non nclpriFlino Flato, almeno in molto megliorcfln cbe
ella hora non è. Tarmi adunqueebe effendoci offerta quella occafloneja quale fe
infln nel principio di queFla minaci fi foffe offerta, per non vedere gli flupri, gli
adulteri],le morti,gli incendij, leruine , & gli flra tij, che inflno adhora veduti <-
habbiamo, pigliata 1'bauremmo con tutto il core, non la vogliamo hora, come nc*
mici di noi medefim,fuggire, ma, come conofcitori dei bene,che,a noflro bçp&sii m
offre la diurna bontà, pigliare la ci debbiamo ; Si per potere , col tempo, tortare*
a riuedere in buono flato quella patria, chora in cofl dolorofo, & cofl mifero veg. „
gtamo; St per non ci lafeiar qul morire, comefe tante beflie fofjimo, fenga ragio
ne, & fenga difeorfo alcuno. Tcrche altrimcnte f acendo, partito che ft fla que­
flo Signore, fotto la cuiombra flamo flati fleuri inflno adhora cfogni violenga, di
ogni difagio,faremo coflrctti a fentire il furore dc foldati ><& lagrauegga della
famc,& quando Vvno,&I'altro di queFli ducmali ifehifaffimo, ilche è malage*
uole a credere,non ifehiferemo noi quello dellapeflilcnxa, laquale folo con I'allon
tanarfl,fl pud fuggire.come ci bamoFlrato,che fl deefar, queflo Signorefxlquale \\
non meno è figliuolo di quefla Madre,che ci flamo noi,Et cio,con talc effempio v .. I
facendo noi,& qul morendocifenga vtile,fen%a honore,fenga fepoltura , non
uremo altro fatto,cbe dato cbiariffirno fegno ,clfogni noflro valore,ogni noflro co~‘
ftglio fla flato dall'auuerfa fortuna di maniera oppreffo, cb’clla habbiabauuta di
noi vittoria intera, ilche quanto fla difdiccuole, oltre ogrialtro rifpetto , a qkell<*^
honorata opinione,chamo fempre hauuta dinoi i noFlri Cittadini, voglio , chefi
rimanga nel clifcretogiudicio di coloro,cbe tra noi, piu che niuno altro, fono Flati,;
valorofl,&figgitenuti,& fatto qulfine Fabio ft taagye.Tiacque t.inm
gior parte della brigata il parlar di Fabio,cbeigiouani tutti, ct lègiouanc corryti*
4 • ciarono
A G l I H e CATOMMITHI 7
ciarono cofi affettuofamente a pregare que' vecchi, & quelle attempate donne,
c’haucano deliberato di volerfi iui morire che, vinti dalle color pregbiere non me
nojche dalle ragioni da Fabio adduttejconformandoft col volere degli altri,tutn,
di comun confentimento,fi rifolfero di partirft di l\oma3 & percbc nel contado e-
ranogiâ le cofe a peggior termine ridutte3che non erano nclla Citià3deliberarono
di lafciarein tutto il paefe Romano, & la Italia fmtilmente3& girfene a Marti-
Ifiligid arnefe de Rpmani3& iui tanto dimorare3che la mifera lor patria meglior
a'* * 1 formaprendeffe. La onde3fatta quefla loro deliberatione nota al cortefe Signo-
^rd,chtfi era loro cofi amoreuolmente offerto3 egli prouideloro di due grandi3 &
bene agiate naui, & efjcndo effe appreflate a Ciuità vecchia3la nobile brigata in
veneri mattina3co taiuto di quel Signor3vi fecero condurre tutto quello che fi ri-
trouarono hauere . St data loro dal Signore fidata guida per ficureg^a delle per
^fone,et delle robe3poco appreJfo,tutti infieme la fe nandaron per entrar la Dome
1 nica mattina in naue,et diriTgare3col nome d'Iddio verfo Marfilij. il loro camino.

y^C O M IN C IA LINTRODVTTIONE
A GLI H E C A T O M M I T H I ,

N E L L A Q^V A L E S I D I M O S T R A , C H E S O L O ,
fra gli amori humani, è quiete in quello , il quale è fra marito, &
moglie, & che ne’dishonefti non può cflere ripofo.
I kA' diueniua giaUo3et vcrmiglio il Cielo,per lo vegnente So­
xm~.
le 3 nelle parti <fOriente , che al noftro Emifpero menaua il
giorno della Dominica, quando la nobile brigata3che tolta fi
era dal romore,dagUJlratij3& dalle morti, di cb'era tutta
piena, come dicetnmo, la Città di Roma3 leuatafi da dormi-
* re ,& acconciatafiper lo camino 3fe nandò 3feeondo I'ordi­
ne datole, alie Jgaui, &giunta al porto , i gcntilkuomini 3& le gentili donne
mi nclla Naue, per loro appreHata ,fe rientrarono, & il rimanente della loro fa-
miglia entrò nell'altra , & date levele al vento , che profperamente foffiaua :
tominciarono il lor viaggio, & pajfando il tempo con varij giuocbi, & con va­
ri) ragionamentijvenuta Fhora del definare, meffe le tauole3fi pofero a mangia-
re, ç£r finito il definare, chi fi pofe afare vna cofa3 & chi vnaltra, & chi poflafi
la manofotto laguancia fi mife a dormire , Ma Tontio , *Aulo, Maffimo, Flami­
nio , Quinto , Sempronio, Curtio, Flauio, çjr Lucio, che tra gli huomini, vie
fià de gli altri eranogiouani, ritrouandofi in quella T^auefra alcuni vecchi gr a-
JSÚ, & alcune donne Canute, & feuere & tra giouane maritate, & in parte ve-
doue3nobili,& boneflijjime, fi vedeano tolta dalla grauità, & dallafeuerità di
fyegli, et dallboncflâ di quefie,quella libertà>cbe nel motteggiare,& nellofcher
' fu0^e e$ crProPrta a S&huomini3neÜagiouane etâ.Ver la qual cofi,fingendo
di voter da? agio a gli altri,dalla Barca,oue erano,paJfirono nell’altra3et con-
dujfero
■>
D ell ’I n t r o d v t t io n e
duffero con effo loro Fabio3ilqmle quantunque fojj'e graue di eta,& di molto con
figlio,cra nondimeno tutto foUaggeuole,& non mono grato allagiouentu,cbe i gio
uani medefimi. Coitoro adunque3poi cbc loro panic di effere in liberta, effendo
effi non rneno fefteuoli,cbe fiientiati,cominciarono a riderc 3 & a ficbergare infie-
me3& a fare dc piaceuoli giuocbi3ccrcando di pajjarc 3convarie giouanili manie-
re 3la noia della nauc. St pofeia cbc buona pegga in fiimili trafiulli furono flati,
VontiOyche tutto gentil era,volgendofi verfo i compagni,diffe loro, per dirui if ye
roycompagni miei3non so pin bomdi che far ci debbiamo, poi cbc}ouc noi foleuamo
& dangare,& caualcare,&gioilrare,& armeggiare, & darci a prend£reuvc -
•.J> ■
celli3& a cacciare le fiere,quando voleuamo ceffare dalle fatiebe degli ftudij no-
flri3& pigliarci qualche diletto,bora fra le [ponde di quefla naueci bifogni itarc,
come pngwni3& certo3per quanto a me nepaia, altro bora non è in noi,che poffh
far libero ilfuoofficio3cbegli occhi,& la lingua3Ma da quelli poco dilettopofJia-^&SH
mo bauerty noi^yedcndo fuori di queflo legno, altro che ciclo, & aequa. La onde
folo dalle noílre litigue ci può venire qualche alieggiamento. Tercib io giudicbe-
reiycbefojfe bene ( quando anco a voi cofi pareffeJ cbe jpendejjimo queflo tempo,
che ci auanga infimo a[era, inftuellare di qualche cofa piaccuoleja quale poteJJ'e
effer grata a tutta la brigata . Lodarono tutti i gio uani, & Fabio fimilmente, il
parlar di Tontio,& fu fubito detto,cbe ft deueffepreporre di cbc cofa fit bauejfe a
fauellare. M libora tutta la brigata verfo Mulo volta conofcendolo di gcntilifji-
mo fpirito, & di pronto ingegno, diffe, a voi tocca, Mulo, quefla imprefa , perb
flatc contento di proporei la materia de ifuturi ragionamenti. Queflo nonfarò
ioydiffc egli, cbe non farebbe conueneuole, che ritrouandofl qul & piu maturi,^ -«.--jjg
piu eccellenti nclle difiipline,& piu pratiebi nelle cofe del mondo, che nonfonyjo,'
volejfi dar loro il modo di fauellare, Oltre cb'e mal il venire ad vna pumiee per
hauerne deíCacqua; non vi auedete voi quanta inopia io tengo dogni licore , che
poteffe amorgarein voi la fete di cosi nobile defiderio, quanto è di hauere gratio-
fa materia di pariare di cofa degna di voi ?fia piu tofto quefla imprefa di Tontio,
che, prima di ognuno ci ba chiamati a. queflo fare , il quale , per I'abondantxa del m
fuo diuino ingegno,& per la varietà delle feienge , ouc egli lodeuolmente difienfa
ilfiore degli annifuoi, fl fcopre marauigliofo a tutti noi. Mllhora, diffe Tontio,
certo cbe moflrate, Mulo, di effere vn buon Loico, quando volet e, chefra le altre
cofe addutte da voi, la giouane eta vi lieui queflo pefo,& il volcte imporre a m e\\
che,per auuentura3di minore etâ fono, che voi nonfete. Ma 3fe cofi fi dee proce- MI
dere, non veggio io qui perfona alcuna 3 cui fi dekba piuragioneuolmente queflb* 7
officio dare, cbe a Flaminio,del quale non è il piu giouane tra noi. Sete,permia
fe3molto accorto,Tontio,diffe Flaminio.,fe vi pare,cbe debba io effere atto a quel-
lo , al quale voi non vi tenete [officiente . Non vi auedete, cbc cib farebbe da
1officio di Capitano ad vn valet to? & poco faggiofarei io,fe mi appigliajji a quçfi
lo , come piano, & ageuole, cbc v o i, come afiro , & malageuole rifiutate. Ai& JI
perche non s impone cib a Maffimo ? ilquale è ornato d'ogni virtu,cbe ajgentil'an$\\
mo fi comenga ? Non rimferei io, queflo rifpofe MaJJimo,perfartli piacere,qu<- f i *>
flirtq, *
A G li H e c a t o m m it h i 8
tunquc non mi conofca tale,qu-:lc mi moflra Flaminio,& quale bifognerebbe cb'io
foffi, douendo faurllando fodfsfare a cofi nobile 1rigata, s io non vcdtjji, cbe cw ft
darebbe molto piu diceuolmente a Fabio , cbe a me, pcrche egli, & per la grain
c tà ,& per la molta efberienga delie cofe de! m ondo , ctiegli hapoco mcno , ibe in
ogni parte cercato,& per lo (ho ecccllente ingtgno ,non potra proporei fc non cofa
degna di lu i,& cbe ft a per pi acere a tuiti noi. diffe Fabio ,a me non ft dee dar que-
JflOgefo, MajJimOyCbepur troppo graue i'be io[id le ffalle, hauendoui ami fejjan-
tq . Strano cj Majjimo, cbe in quefla eta, vogliate, cbe io fia aggrauato , perche
giouani vi ripofiate. Deono darfi ipefi a pin giouani, & non a vcccbi, come
io. Toccberebbe dunque quefla [orna a Flaminio , diffe Majjimo ,fe la vofira ra-
gion valcffc. Ft perche non dec ella valere f foggjunfe Fabio. Ter miafe non la
^Mffuggirete,Flaminio,diffe Flauio3 pofda cbe anco Fabio ha accennato,ch'ella a voi
t_~Itf0firdia . Sara ver amentc bene,cbe ci compiacciate replied ognuno,ebe fe v o i , Fla-
m minio, per vofira cortefia, non raccbctate quefla ter,gone , la veggiamo andare in
infinito . Troponcte di gratia,foggjunfe Flauio,ciò cbe vi èpiü a grado,cbe ognitn
farà contentodi d o , cbe voi direte , cbe sò io , cbe non potrete proporei cofa cbe

r
,

non f ia , come v o i , tutta fejleuole , & oltre la gentilegga , cb'io conofco in voi
natia, mi ègrande argomento , cbe cofi debba effere, il vedere , cbe ognuno inchi-
na a v o i. Jgon voglio io g ià , diffe Flaminio, per tanta cortefia , cbe moflrate
vfarmi,fcoprirmmt men cbe cortefe. Terò,piü per fodisfarui, cbe per fofficienga
ljrr^ L cb'io conofca effere in rne,fon contento di fare do,cbe volete, intorno a cw,rna con
quefla conditione,et non altrimente ,che Fabio fia pofda il primo, cbe ragioni del
opofla materia. Terche io mi rendo certo, elf egli colle fine parole , potrà far
vedere ad ognuno di voi,cbe fe io for fe farò mancato in qualcbe parte, nel dargli
argomento lodeuole di fauellare,egli colfito ingegno,farà degna la mia propoHa
,di tanta vdienga. Non volta Fabio accettar quefio carico dicendo,cbe quefla era
vie maggior foma della prima. Ma aflretto da tutta la compagnia,egli fu di me-
fliero,cb'egli fojfe contento di quello,cbepiacque a tu tti. Et attendendo ognuno
do cbe Flaminio doueffe dire,egli con allegro vifo,verfo Fabio riuolto, diffe. Vi
voglio far ringiouenir,Fabio a quefla volta perpremio delfbonore, cbe fatto mi
bauete,coll'impormi il carico,cbe pur voftro effer deuea, <&• qui ripofatofl alquan
to diffe. La materia della quale hoggi fi ha da ragionare,voglio Fabio,cbefia di
\A m ore,& voglio,cbe ci moflriate come in *Amore fi poffa hauer quiete. Ora ve
dete,fe diportandoui per fifiorito campo,quale è quello d'Mmore, potrete a guifa
■’i
di Serpe,lafciare il veccbio cuoio,& riueflirui della verde età, cbe già fe ríè fug-
gita. Bella, & lodeuole materia ci bauete data di fauellar, Flaminio, diffe Fa-
b\o,ma tanto da fe ampia,cbe non vn giorno, ma nè anebe vna età ci baflerebbe a
nirne afine. St dubito, cbe chi voleffe di do dire a baflanga, one volete voi cbe
ringiouenifea, volendo afcoltar voi , & poffendo baflar io ad ifporre il tutto ,
iuerefle voi poco men veccbio di m e. Ma cbe Mmore è queflo di cbe pare a voi
ii \ ^ b e fi ragjfini ? ditelci, perche la cofa , fignificata per queflo nome, tanto oltre
:>
tflende i termini fuoi fs’io forfe non mingam oj cbe comprcnde tutte le cofc ama-
* b ill, flano
J A 0
D ell ’I n t r o d v t t io n e
blUi f mo die diume,ofiano humane, fecondo i gradi loro, Tcrlaqual cofa volen
tlou: hi hor mojlrarcyfecondo la propojla voflra, oue pojjd effer quiete in timore i
bifognerebbe incominciare infin da queila prima confitftone delle cofie, onde egli, t
come c opinione de Filofofi,primo degli huomini, & degli Dei ft nacque , & po~ *
fax fcorrere per tutte le cafe & eterne,& caduchc,& con queflo modo,parlarui f<
di tutto ciò,che è da noi amato,&• rifiutando i falfi amori,quali tra i veri,pià age '
uolmentc,ch'altri non crede, ft mcfolano,moftrari*i quale è il vero. Et pcrò a çg* J
che il nojlro pariare fia piu piano,& piu conueneuole; bora qui tra noi,& che ci
poffa baftarc il tempo,che ci attanga nel giorno dhoggi, rifolueteui di cbc qttalítâ -4
d'Mmore volete cheparliamo. Voglio,diffe Flaminio,che ft lafcino le contempla ■
1
tioni, <&• lefottigliegge, che voi ditet chefono intorno ad,Amore, a maggiori Fi-
lofofi,& apiufottili ingegn\,& a migliore occafione, & che riflringendo lafita .1
ampicggdydi quello amorf i parli, che conuiene a quefli tempi & foggiace afenf t ^ w ® *
noflri, & di giaznojn giorno nella vita ci occorre. Et coft, trahendo voi timore ‘
dalle cofe diuine allc humane,farete in quefla parte quel che gia fe Socrate della 1
Filofofiaflaquale egli tiro dalla contemplatione delle cofe eterne, a coflumi,dr al
la vita ciuile. Ter queflo adunque lafeiando gli altri amori da parte ,voglio che
quello,di che hattete a ragionare,ft riflringa, all'amore che è tra gli huomini, eir
le donne,ncvoglio che ne parliate con quel modo, col quale molli che fa giudicio
mio) ft fono dimenticati effere nati huomini,pariato ne banno, & vogliono, che
folo col mirare coll'vdire,& colla mentefi debbano godcre le bclleggc di chi ft a-
ma, & nonpiu la cereare, che io,per me,non mi flarei mat contento a quefli ter
mini, ma montati quefli fcaglioni, nonprima rimarrei di fdire,che me ne vorrçi
afeendereall'vltimo,ch'altrimente non mi terrei to mat di hauer queila quictej,& ' -
queila requie in amare, che io ccrco che voi ci infegnatc,& che defideranofperlo
piu,gli huomini, & le dome ne' loro amori. Lafeiando che quefli altri ft facino
delle fauole,ch'cfli fteffi vanamentc fifingono.MÜhora Totítio,cbc benfapea,cbe y f
Flaminio amaua donna d'alto valore, ma duretta pin che akortefe amante nonfi
conuerrebbe , & ch'era tenuta da lui poco conofcitrice dell'amor fuo , volendolo
motteggieuolmentetoccarefi volfe verfo di lui ridendo,& diffe,che bifogna,Fla~
minio,cfurjfatichate Fabio intorno a quefla quiete ?infegncrollaui io ,fenga tan-
m
ti giriygodeteui di chi voi amate, & hauretc la quiete che ccrcate , confine de gli
ajfanni voflri. Mrrofsi a queflcparolealquanto Flaminio ,fappiendo ch'egli gli\\
proponea cofa, quafi impoffibile,Ma eflendo egli ficuro, che nientcpiu felicemen- ]
te amaua Tontio,che egli fi amaffe, quafi checollafua medefima arma il voleffe 1
ferire,diJfe,io mi credo Tontio, che dictate vero, ma percbe io fono anchora gioua
netto, & dipoca fterienga, ho bifogno coft in quefla come in molte alrre cofe, di
W
duce che miguidi,fizte ch'io veggia voi godere dc voflri amori,& io,fcguendo if*
voflre vefligia,potrò forfi riirouar via digodermi del mio. Ma a voi non tocc/t a
hora a tagionarefll luogo è di Fábio, pcrò iiica egli, & voi tácete. Kifero alquamA
to tuttygli altri al motteggiar de i duo giouani, & pofeia dijfc ognuno a Tontio, J
ragionc di voi fi duclc Flamhúo,pcrò lafciatc che Falio, come egli dice, fme Ur) ' ]
1 . g reffi*
A Glí H eC A T O M M IT H I 9
& ciò detto, tutti ft mifero ad afcoltarc ciò, cbc Fabio volcffc dire. Et egli cofi co
trúnciò; Terche da quello che detto hauete, io veggio Flaminio , cbe mi accennate
ejual vorrejle voi chefoffe la quiete voflra in .Amore,& ui hò veduto in vna me
defima opinione con Tontio. Voglio cbefiippiate,cbeper goderft 1'htiomo, nel mo-
g do,che mi pare cbe voi intendiate della donna amata , nonfi troua quiete , & f e
voi credete cbe cofi fia, vingannate molto. Bifogna prima vederc chi ft am a,&
fe quel defiderio, cbe fi ba dcüa cofa amata, vienc da honeflo , o da vano defire,
cgli pojjd effer detto piu tofto furore infano, cbe amore, & a qual fine fi a-
•»:'* m l & conche mego fi procede a goder la cofa amata, & fe fi hàpoílo il core o-
■ uefi poffa bauer quiete, o nò. Terche effendo tre cofe comprefe dal volgo fotto il
-JL.fnome dtim ore, ciò ê tim ore, Cupidine3 & appetito ,fono cjjctra f e , quantun-
que vicine elle fi fiano tanto differenti,che quello è diuino , il Secondo humano, il
x WÊíquale non è altro, cbe l'appetito regolato dalla ragione, il tergo ê filueflre, & di
**animal bruttofil quale c in tutto dalla ragione lontáno . ciò fu cagione, cbe anti-
* camcnte Scopa, eccellentijjimo Tittore appreffogli Atbeniefidipingendo quefle/
tre pafjioni de gli animi noilri,fotto feminante humano faceffc loro di afpetto tanf

r to difjimile tra fe, ch'era vna marauiglia il vedergli. Et Tlatone, il diuino, affi-
migliò i due appetiti a due Caualli, da i quali foffc tirata Íanima noflra , mentre
ella è portata da queft o corpo,nel quale è rincbiufa, fingendone vn domo,& vbi
% diente fotto il freno della ragione,cbe qitafi vno diuturnedon,come duce gli fopra-
flaua. L'altro sfrenato, & befiiale, che non curaffc il freno, coi quale il rettore
Ü il reggea, ma cercaffefempre di traffortare I’buomo fuori dei diritto camino, a
trabocchcuolc precipitio . Retornando adunque al noftro ragionamento , poi cbe
<itfifete riftretto ait amore de gli huomini, & delle donne, & cercate cbe tbuomo
in talft amore troui quiete . Sono delle donne,che fi amano, quanto alia vita , &
a i coftumi varie le conditioni,perche, o cbe gli buomini amano donne dishonefle
indegne veramente dei nome di donna,od altre donne , che che fi fia la conditione
loro,o le mogliere ifteffe. Et per quefta cagione , bifogna vedere in quale di que­
m fle forti di donne poffa effer vero amore,& poffa bauer quiete vnbuomo,ch'dmi,
& come fi dee amare, per poteruift ripefire . ^A quefle parole difje ^iulo,vole-
te voi,Fabio,che i religioft,& religiofe fi comprendano nel numero di cofloro, di
cbe voi ci ragionate ? o pur volete di loro in altra parte dirá i per cbe a me pare,
che quelli fiano huomini, & quefle donne, & quefle non fiano meno atte ad effe­
re amate, che quegli ad amare. Et volendo voi ogni forte damore abbracciar e,
% cbe fia tra gli buomini, & le donne, tra quali non fla confanguinità,o parentella.
che di tale amore non parliamo in queflo luogo,non bifogna ( per mio parercjtra-
lafciar,cofloro. La religione .Aulo rifpofc Fabio , èvna offeruanga fopranaturale
i. C ierio la maeflà diuina,per megp della quale,1'anima humana,feparataper lo pec
/cato dal fuo Fattore,a luifanamente fi ricongiunge, & tale offeruanga, non per
filtro , èdetta religione, fe non perche ella di nuouo con Iddio ci lcga,& fa fprcg:
'%are, a coloro tutte le cofe mondane, che oltre quella commune religione, per la
iSfauale tutti CfoHfliarfâfíXpodetú , a quefta 3 oda quella fi afiringono , & viuo-
/?' R.o
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B
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*
D e l l 'I n t r o d y t t i o n e
no in qirefla vita , come fefuori del mondo viueffcro. Etperò , quantunquc fiano
Ic monache dome, & i monachi huomini, & inuagbiti delle lor bcllegge amino ,
& fiano am ati,il caldo del loro amore da altro fuoco proccdc,che dal mortale,et
terrefie,del quale Flaminio viiole che ragioniamo . Tcrcbe,tocchi cofloro da vU
ui raggi della diuina bellcgg^a, che ne corpi degli amati lucono,pcr quella che iui
vedono , fi fanno ageuolcfeala a falir e al vero fonte di ogni bcllegjça . onde cono-
fcono effere difeefa quella inferiore, che in loro hà deft ato defio di amore, perla
quale falendo da vna,alPaltra , quafi per gradi 3filgono tanto alto 3 che piu oftfe «
ad huomo mortale formontare non lice. Ft accefi quefti beati Jpiriti dal fuoco dèl %
diuino amore3che confuma ciò che fi ritroua negli animi loro di mortale3 & eter­
no, da ogni feccia purgati Je pure menti loro, quafi vittime immaculate, facrano \ $
sii I'altare della fede,col mego delle fante opere, aWimmortalc Iddio, & fatti fol
vaghi della diuina bcllegga, & in cjfa contenti, conofcono chiarament c,& il fan
no anche conofcere a ciafcuno di noi, che da gli affetti caduchi diriggare vuolgli *"
occhi delPintellePto id vero bene, che quanto è qui tra noi, leuatene le anime no-
fire,che non pure immortali, ma diuine fono,èfumo & ombra, & palefe vanitd,
& perciò fuggono le pajjioni di qucfli amori, de i quali noi fiamo per ragionare,
come coloro , che conofcono chiaramentc , che quella mente, che fi aflienc da gli
impeti de i fenfi; che ci deflano ad appetiti bajji, & caduchi, & in pur a caflita fi
viue, è fempre congiunta cogli .Angeli,mal grado del corpo , nel quale, quafi in
ofeuro carcere fi ritroua rinchiufa . Ft fi perfuadono quefle fante, & felici anime
che fia cofz piu beata Pauicinarfi, qui viuendo, alia purifjima vita degli ringed
che co congiungimenti del corpo,alii quali ci im ita , come a fine a ciò determina­
to , Pamore humano, far maggiore il numero de i mortali. Ft effi, che non ad af*
trofine fono tra not che per infegnarci come poffiamo farci amici dIddio, con *
Pali dei penficro, algar ci al Fattor noflro, coi menare tra noi vita fanta,ci fanno <
conofcere, che fc ben fiamo alie donne nojlre per legitimo nodo congiunti,dec non- >/*
dimeno tale effere il viuer noflro, cbe noi ce ne viuiamo con loro,non per hauerne
lafeiuo piacere,ma quafi ch'a loro congiunti non foffimo. Appena hebbe finite que
fle parole Fabio,che Tontio,con modeflifjmo rifo, verfolui voltatofi,diffe. Molto
fauorite quefla forte d'huomini, & di donne Fabio,& fe voi deuefle effere giudi-
ce fra noi, io temerei, per dirui il vero, che Poro, & Pargento baueffegiuocato,
perche, contra la commune opinione, a loro faitore defle la fentenga. Dturebbo-\
no bene effer tali,quali voi vingegnate di moflrarglici, i religiofi, ma fono altri-
mente. Et già fono cofi manifefle le lor lafciuie, & di eff efono cofi piene tutte le
cane, de i nobili ferittori, cbe io mi credo cb’efji fi vergognerieno di lor medefimi
Ce v i vdiffero, a lorfauore, cofi pariare, veggendofi tanto lontani dalla vera imet
gine della religione, che voi lor proponete,Nello fpecchio della quale mirandoft,fh*
conofcerebbero a lei tanto contrari, & per ciò cofi fo g g i, che come Ifigrciffo- ,
fpecchiandofi nel puriffimo fonte, nel quale vedeua la fua beUiffima im agine,vin ^
to dull'amore di fe medefimo fe ne mori, fi morrebbono effi, per Podio di loro iflef-%
f i . Fabio, cui increfckua che cofi Tontio fiweUaJfe3a danno de religiofi. M ifeu tf
MfpJb V
A G i l He c á t o m m i t h i iô
mi, diffefe té COflor o orationi, & le lor btionc opere, non andaffero nd coffetto
' dlddiOya beneficio nofiro.Le fcritturc Vontio,che male di coflor diccm.fono fcrit
te contraglifeeleratiynon contra ibuoni,dc quali feelerati no voglio negario, cbe
alcuni non ve ne ftano, i quali,datifi inpreda al folle dcfio , & all'appctito irra­
tionale (lafeiandofi vincere alie tentationi, le quali piü poffenti, cbe non cifarcb-
bebifogno, ci iien fempre al fianco il ncmico dell'bumana generationeJ lafeiano i
■” à-sntierifanti, & I'opere buone, & alia lafeiuia fi danno. Ma non c micafPomio
diceuoleper alquantiy cbe ft ritrouino rei, e-r maluagi, tra migliaia di buoni, &
* "~+fantiyft debba di loro pariare men ebe riuerentemente. Ft quefla colpa ft de piü
s toflo dare alia conditione delle cofe mortali,et alia fragility humana, cbe a religio
' fi confcandolo delle religioni, nellc quali que tali ft ritrouano. Tcrcbe quefto fta-
to,nel quale viutamo, non confente, cbe fta cofa alcuna tra m i, cofi da ogni parte
pcrfettayche ellanonfi poffnin qualcbe parte riprendere. F.tpojlo amo cbefof-
m fero tutti fcelerati fcofa cbe nè credere, nc dirft dee, per la quafijnfinita moltitu-
dineychein ogni luogo ft vede degli buomini fanti) voglio cbe fta tanto il rifpetto,
cbe portiamo alie cofe, lequali bannofeco nome di religione, cbe gli ft imagini amo
tali,quali effer deurebbono,et perciò gli lafeiamo fuori di quefii nofiri ragionamt-
ti, Saluo fe hauendo noi a ragtonare d\Atnore,no confentijfe Flaminio,cbe di quel
ragionaffimoycbe è il proprio di quefla beata gente ,dcl quale amor fmellandoyve
drebbe il noflro Flaminio quanto egli erra,a non credcr, cbe la vera quiete d\A-
more,in quelle tre cofe fiafdi cbe egli pur diawgi ci fe mentione.Quefto c il parlar
de i vecchiydiffe allhora Flaminio,alquanto fdegnofetto,i quali non ft volendo rac
cordare deffere ftatigiouani,vogliono far veetbi i giouani auatigli anni, come co
loro cbe altro no potendo ,ftpafcono cTldee,& di fecondc intentioni. Sia quel f ne,
et qmlla quiete la voflra Fabio,cbauete hoggimai piu bifogno di fedcr,che di cor
rerCyCt a noi infegnate di ritrouar queffaltra, la qual vi dimandiamo, & non an-
date piü in (pirito,cbe vi raccordo,fe piü vfeite de termini datiui, ne porter etc la
pena. Non vi adirate Flaminio diffe Fabio,cbe io pofcia,cbe coftretto fono a dir di
cio quel cbe volete,mi sfor%ero a mio potere,di compiacerui. Et quefto detto, al­
quanto fopra fe ftette, etpofdafe fegno di voler cominciare a dire.Quando.Aulo
diffe,Deb diteci,per voflra fe,Fabio prima cbe piu oltre pa(Jiate,fe cotefli ffnri-
tali banno forfe cofi il corpo per nulla cbe lo ffrcTgzino ajfatto, & no nc vogliano
fentire alcun piacere, come fe indarno egli foffe lor dato f Fabio allhora riff>ofc,di
ciò *Aulo,non par lerei io piü per non incorre inpcricolo di diffnacerc a Flaminio,
il quale con pena dian^i (come bauete potuto vdirt) mi ha interdetto il ragionar-
ne,fenon kauefft da lui ampia licentia. Vero one egli nol confcnta, non vi poffo io
rifpondere. _Aulo allhor,con dolce fembiante, fta tanta diffe Flaminio, la cortefta
V o flra , cbe poffa Fabio di ciò dime il fuo parere. Dicalo,rifpofe Flaminio percbe
$Jpoi ch' egli dee parlar d'effetto, cbe nonfta in tuito fuori de corpi, mi potreb-
■f be ciò effere di qualcbe profitto. Fabio allhora cofi fcguifo,^Amanfi,^Aulo, i reli-
.ftg io ft tra loro, come cclefli perfone,& diuinc, & non con qucllo appetito , cbe f i
(Fâeftderare a mondani buomini queUo,che non è, in quanto alfbonefto, ragioneuo-
/

£
f\

D e l l ’I n t r o d v t t i o n e
le, atv^fe il coniucono a fine, c a loroficjfo cagion di pentimcnto,& arreca infix*
win alie donne vanamcnte amate , Ma quefii religiofi amano quello , cbe vcra -
mente è I'huomo cio cl''animo,& non la fioglia, nella quale egli è inuolto,nonper
altro,fe non perche, mentre egli vine in quejla vita, babbia dall'inuoglio morta-
legli inftrumenti, co quali,ad vtile de mortali pofifia mettere in opra la virtu fina
de i quali infir umenti ,poi cbe I'animo dal vel mortale èficiolto,non ha piu bifiogno
alamo, percio cbe egli piu non è nell'opcrare,ma fiolo alia contemplatione attejvic
& di qtiella pienamentefi contcnta,però cbe la contemplatione èfiola dell'intellei-
to, come propria fua operatione,alia quale,poi cl) egli dal corpo èfeparato, no ba?" i
bifogno d'altro, cbe di fie medefimo. limando adunque i religiofi I'animo , & non
il corpo,come per proprio obietto del loro amore non cercano di godere con quelli *
fentimenti, cbe come terreni, chiamano I'huomo alia parte peggiore , & net cor- ,
po quafii in vnamajfiadi terra ,fiermareil fianno . Ma con lamente, la quale ce- ■
lefie da Iddio babbiamo,per mego del bello cbe fi offire all'occbio per l'obietto,&
all'oreccbi per le voei, penetram al buono , la fiede del quale è ncll'animo , & fit-
tiano il loro defiderio nella confideratione di quella bontà, la quale conoficono ta - -
le, cbe la giudicano il fine della bellegga, Ft fie diuino defiderio di commuttarc gli
animi loro,o di vnirgligli tocca, altro non vogliono dal corpo, cbe il bacio,per lo
quale fianno ilpajfiaggio infieme gli animi di amendue, & di celefie , & indijfiol-
lubile legamefi congmngono infieme. Qui Flaminio, contcner non fi potendo,
oime dijje ,fie potefii io hauere vn bacio dalla mia dolce nemica, non mi curerel
10 di cercaredialtra interna bcllegga, penfiandomi io di bauere certijfimo pegno
di potere condurre molto piu oltre i defiderij miei, & finalmente, compiutamety
tefatiargli. Vancggiate , Flaminio, foggiunfe Fabio, già vi hòio moflrato,che'
11fine di quefle beate anime, non è il fine cbe voi (pronato da giouanile appetito,
gite cercando, angi nel bacio finifice il defiderio loro , quanto s'aperticne alle par- ^
ti del corpo , & è non altrimente tra loro cibfegno di honore , & di riuerenga,
per pariare delle cofie humane, cbe già fioffe egli apprejjo i T erfi, come ci infiegnx
Xenofonte , i quali riceueanoi lor maggiori col bacio, & cofi moflrauan fiom-
mamente honorargli, il qual coflwnemipare, cbe boggi di fia paJJ’ato nel Tic-
monte , & nella Francia, fen%a pregiudicio alcuno deliboneft a . Ma, per cbe il
parlar di ciò, è Ionian dalla materia dataci, mi pare hoggimai tempo di entrare ,
nelpropofio ragionamento da Flaminio, poficia chò fodisfatto a quanto ^Aulo mi \
baueua cbiefio, & queflo detto cofi comincio. Negare non fi può,cbe a conficrua- Vv'
tion della fie tie humana, nonfia neccjfario i amore delihuomo, & della donna,
& non puriamor fiolo , ma i congiungimcnti dc i corpi, a i quali la natura ift ef­
fit, non ad altro fine, cbe alia propagatione ( per cofi dire) atti ci ha fiatti, come
veggiamo, perche fiefiolo la mente, lifiguardi, le parole, & i bad contentajjin^
ne loro amori gli hugmini, & le donne, efii infieme coliamore, verebbono tofiq Vj
mcno,& quindi auucnne,che i piu faui pofiero due Veneri,et duo Mmori, de i q u a \fi
li la prima venere, & il primo Mmore,c intorno alia confideratione della femplUfa
ce bellegga, gli altri due ci defiam a defiderio di moltiplicare quella bellcgjarfififi
corpi,

' ’ ' I
A G li H e c a t o m m it h i II
corpi,& nemuitano al diletteuole congiungimento , onde nafcono ifigliuoli. Ef
fu di mcfliero, per quefla cagione , alia maeflra natura ,o d a quella Juprema in-
telligengx, cbe la regge porre in noi tap petito, il quale nafcendo da fenjl mate­
riali y non altrimente alia generatione ne inuitaffe, cbe la ragione all'amore, del
qual difopra dicemmo,ci inuiti. Ma perche c/fa Natura,come faggia producitrice
de gli effetti fuoi,chefono i fini di tutte le cofe create }& p e r cagione de i quali ells
adpperar ft moue, conobbe, che non ejjendo I'appetito, cbe da i fenfi del corpo ba
it fuo principio, potentia, ofaculta cbe nefaceia differenti da gli animali, cbe fon
***priui di ragione, potrebbongli huomini yfeguendo foi lu i, diuenir fere feluaggie,
voile cbe in quefla necejfitd di conferuar la fpetie, con la generatione de gli buo-
mini parti colar i3 che indiuidui fon detti da Filofofi, I'appetito ne baueffe il confi-
, glio compagno, acciò ch'egli colla ragione eleggeffepiü quefla cofa,chc quell'altra
che dall'appetitos ond'ha principio il configlio,& la elettione, li fia propofla. Il
qual configlio non ejfcndo altro, che vna via diritta , che, col mego delia elet­
tioney ci conduce a confeguir quel fine, per lo quale fiamo flati moffi ad elegge-
re quelloy che meglio ci pare, qualunquc volta la mente vfi l officioJuo,& non le
faceia forga, firano defio3a benc cleggcre,& a ragionemlmente amare ci indrig-
ga.Et non pure a bene amar ci moue, ma,con quella maggior quiete, che poffa ba-
uer I'huomo in quefla vita, ci fa poffeder la cofii amata. Ter la qual cofa io tengo
fer mamente, chefolo in quell'amor fia quiete f fiando fu la materia propofla da
Flaminio) che da configlio , che bene elegga procede. Terche in tal amore Vap­
petito è regolato dalla ragione, ponendogli ella,& freno,& legge a nonpiü oltre
pjiffare,che conuenga a termini del conueneuole,& dell'boneflo. Et perche io non
f0^ m ^ vegg° amore tra noi ( pariando di quello,che a generare apperticne) che non fix
~ ~ tuttoiiell'appetitofe non quello, cbe è tra marito, & m oglic;ioflim o,fengaal-
cun dubbio, che nell'amorc, di che noi parliamo, non fia quiete, & ripofata vita ,
fenon in quello,che i mariti & le mogliere, con que' megi , con que' rifpetti, con
quegli auedimenti, con quella elettione, & finalmente con que'modi infteme con-
giungc, che dee cercare il fenno, & la prüdenga altrui , con defiderio di honeflo
ripo foy per quietamente viuere in quefto flato mortale. Et però, conchiudendo,
io dicoych efolo quell'amore dalla ragione procede, il quale ha fine il matrimonio,
& che quefla è la quiete de i v e r i, & faggi amanti, accoppiati, per refrigerio
delle loro amorofe fiamme, con faggio difeorfo , & con legitimo nodo. Terche
anebora che cofloro,che col megp dei configlio , & della elettione fono diuenuti
I amanti,<&amati,& pofeia mariti, e£“rnoglie, fi dianoper naturale inclinatione,
I & per necejfitd del generare ad honefli congiungimenti del corpo, nondimeno iui
p nonfi fermano yfenonin quanto è loro bifogno, per generare fimili a f e . Mapaf-
f fitno col penfiero alle virtu dell'animo,doue hannopropria fede,infieme colla bon-
'fid, le vere bellegge,& con difccrncuole occbio confiderandole,vie pin per quelle
fft amano,& fi legar,o ir.fieme, che per la vaghegga de' corpi, & cofi di vie pin
fiobil dbopafeono le menti loro,che non pafeono ilfenfo colie qualitd del corpo, il
C a v a le ,quanto iffe,folamente alle cofe efietiorigli cbiama. Leuatone adunque que-
* > ■* • B 3 *
it D ell ’I n t r o d v t t io n e
flo amort, chónetto, gr ragioneuole chiamiamo,dafim o altro,che a, congiungU
menti apertcnga,è folo del fenfo, & dell'appetito,& non pub efferefenon con pen
timento di chi ama,& con infamia della donna amata ,fta ella maritata gr ami
disbone ft ament e altri chc il marito , oft a vergine, & non ft pongafineil matri-
monio, o vero ft a ella dultra qualità. La onde, one il maritale amore & huma-
namente ú fa viuerc, gr huomini ci conferua , & ci fa la (fietie nofir a canhono
re, & lodeuolmente confernarc,tuttigli altri,come lafcim, & dishonest,
farm ci farmo dmenire dbuomini f e r e . Tontio,chc b m m pc%£a hauca t atint a,
rompendo il fuo filcntio, diffe. Voi ci ragionate Fabio di queflo amare matrimo-<
niale,come egli haueffe vn priailegio dal Cielo,che chi a lui ft appigliaffe nulla po
m f teffe fentir dimoleflo, o difaflidiofo, ma per mio parcre, è altrimente,<&‘la pro

----------- ci dimoftra,cke qui non è queda quiete, gr quel ripofo, che voi cereate S~pcr-
fuadcrci. Ft mi fouiene,a queflo propofito, di vn motto,che pofc già vngentUhuo
mo maritato alia entrare nelívfiio della fua camera,volendo fignificarc ad ofnu^
no, quanto fojfe rnal contento della fua moglie, quanlnnque ella nobilmente foffe\
nata , & quanto altri ft deueffe guardar di entrare in fimile inciampo; il mottos
era queflo, Non vi entri chi non vi è, chi vi ò» vi ilia . N fpu r qucfii di
tal’opinioneft ritroua nel mondo, ma ve ne ha le migliaia,cui pare di haticr tolto
il fajfo di Sififofulle (f>alle,ad hauerprefo moglie. jfê ciò mi pare finga ragione,
ritrouandofi fintto,che tanto è maluagia la natura delle donne, che non pure ad,
altri,ma alpadre ifleffo vengono a noia, gr per non le bauère in cafa/ianno pre*
mio ad vnojlqual prémio è la dote,che glide lieui de gli occhi. Ftfe cofi è , come
ft pub altri procacciare di quiete, togliendofi a lato cofi fatta noia ? & mi cred£
10 che per quella cagione, diceffe Menandro , che meglio era fepdlire le femine f
che pigliarlefi per mogli. Oltre che mipar Fabio, che tra molte cofe, che qtei ad-
dur vi potrei,di due non vi raccordiate,chc ne' libri,che per le mam hauete ft leg
gono,l'vna,che Mitione appreffo Terentio, fit reputa felice,per non bauer maipre
fa moglie,& Demea infeliciffimo ft tiene,per hauerla prefa. Üultra,che Diogene
11 Cinico configlia igiouani,che ncllagiouentu loro nonprendano moglie ad alcutt
modo, & che venuti efji a matura età, non la prendam ntai, Ilche altro non ci
vuol figmficare,cbe I'huomo moglie non prenda il alum tempo , le quali cofefono
in tutto contrarie alia opinione voflra, Tcrche,fi fojfe la quiete dell'buomo il fop-
porre il collo a cofifatto giogo, Mition nonfitgiudickerebbe felice per efferne feiol y
to , nè Demea infelice,per efferui legato. Nè Diogene ci conforterebbe a non le*
garci con donna. Ft tenea tanto lontano dalla quiete il matrimonio Mlfonfi Re d i
Napoli, chefolcua egli dire, che a volere chefojfe pace fra marito, & moglie*
farebbe di bifogno che il marito foffe fordo, & la moglie cieca ; mofirando a que­
sto modo, che il pigliar moglie non era altro, che entrare in vno intolerabile trant.
uaglio. Ft cio detto,Tontio fi tacque. .Allbora Fabio, che attentiffimamente
fcoltato I'hauea, diffe. Tontio, egli è voflra gran ventura,che fiate in luogo
nm fon donne che vi afcoltino, chefiforfi vi vdiffeno cofi di lor faucllare,vi
rebbono inguifa nemicbe, che a granfatua potrefie pin mat racfUiflar la gra
. loro. Ma *

.
-I -*/ * - '
A G i l H e CATOMMITHI ia
loro . Ma rlfpondendom, dico cbe non è cofx nel mondo cofi baonx, nè cofi Junta,
the nonhabbiale fixe contradittioni,Et non ritroui alcunifi quali o per ignorant*,
c per malignità, o per dcfiderio di contendere, oper vitio pxrticoLirc , non le dix
biaftmo. Ma èben cofa da buomo prudente, tra la v arieta dellc opinioni ,fxpe-
re vfare^cçn diritto giudicio, la clettionc, laquale (come diangi diccnmojproccde
da conftglio, gonernato dalla ragione . Et cofi appigliarfi allc buonc & lafciar le
1! rce, come ree fon quelle,cbe voi ci bauctc addutte, & molte altrc cbe fi leggono
appreffo Greet, & a Latini auttori; e-r appreffo a noftri anco , in biaftmo delle
& jtm+donne, nellelodi delle qualipotrei io entrare, & correrc vn lunghijjimo arr'ing9
* fe elle dafe tanto degne di loda non ft mojlraffero, cbe non banno bifogno d'aiuto
' altrui, per foflehere quell'honore, di cbe elle ft vanno alticre, oltre cbe la breui-
1 ;, t ta del tempo ad accorciare piu tofto il ragionamento ci cbiama , cbe ad allungar-
lo . Terò venendo alle cofe addutte da voi, Dico cbe gli auttori, eke il matrimo -
nio dannano, tra vn migliaiochc danno ragioneuole loda,fono i poeti,&ffiectal-
* , mente comici & tragici, i quali molte volte introducono perfonc lequali adduco-
no cofe a loro propofito , talbor perebe fiano accettate, & talbor fupgite, & tra
quelle da effere fuggite per non le fcorrere tu tte; fom quelle due, eho voi ciba-
uete addutte,Cvna ch'èmegl\o fepellire ledonnecbe pigliarlc per mogli, laqttale,
pcrcbe è crudele, & inhumana,non merita altra rijfoHa fenon, cbe ella non pu­
re dee effere leuata de gli animi degit huomini, ma de i libri anchora , con tutte
le altre a leiftmili; come è quelia, che voi dei Re ci bauete addutta,& cbe il pi-
gliar moglie è torft appreffo vna infirmità incurabile,et che ciò ê entrare in vn té-
peflofo mare, con pericolo di morte,angi con certegga di naufragio , & altrefí-
*1 mili ciancie vane in ttttto, & introdutte a danno de gli huomini da male menti.
V Üaltfa è quella, che tolta hauetc da Tragiá,cio è che i padri, odiano la maluagi-
td delle figliuole, pagano vno dandogli gran dote, cbe di cafa glide lieui. Et chi
^ è íofifioico, Tontio, che quefio creda ? & non veda tiò ejfcr detto da maligna
' perfona «*Et che maluagità può egli effere in vna virgmellafoen nata, £r ben nu­
trita, & pura piu che vna candida colomba?& che odio può hauere la caritâ pa
terna verfo tal femplicità ? Laperfona, Tontio,nellnfauola introdutta,chc fcorre
a ciò dire, vi può moflrare che fede fipoffa dare adettifuoi,& che amore infini­
to,cbe porta il padre alia pulcella, & i'humamtâ,cbegli prepone col fare paren
tadi & amicitie, la conferuation non pur della (pecie,ma delle cafe,& dellc città
gli fa prendere cura di maritarla, non odio, cbe le porti, 0 malignita,che ft ritro-
|* | •ui nclla giouane. Ma quefta è cofa da fe cotanto piana cbe non fa mefliero di al-
firament e queflionarc. Mile auttorità, c bauete addutte,Ivna di Terentio ,1'altra.
del Cinico,contra quello cbe io hò detto, voglio che veggiate, che nonfolo me ne
<XÍcordo*ma che piú ageuole mi èil rifponderui, che non penfate. & con quefta ri-
yjftofta f mi terrò di battere pienamente fodüfato a qualunque altra auttorità, cbe
f in contrario ft poteffe addurre,perch e effendo elle nate da vn medefimo principio,
*può anco lor baflare vna medefima ri/pofia. Et venendo a Mitione, dico che e-
) 0 i èfimiU a 10lor , che sifliwano effer nati a fe fo li , & per ciò dandoft alle va-
, -v , S 4
D eli/ I n t r o d v t t io n e
riità,& ad vna terta matúera di vita,che loro pare ottima,& nel vero êpeffima,
niuna cura hanno delia pojlerità, Mangiano quefli ta li, beono, giuocano , amatio
lafciuamente,fuggendo il conghingimcnto legitimo dei matrimonio, & tali altre
cofe nelia vita lor f'anno, di biafimeuole effempio, & menandofempre pejjima vi
ta,par loro di hatter pienamentefodhfatto a quello cbe a ben viuere appertiene.
Stnondimeno nonpuò effere cofapeggiore alia conferuationc della fpetie,della vi
ta di coftoro . Cbe fe cofifatta opinione sinduceffero neti'animo tutti gli buomi-
n i, la jlirpe humana, con quanto è vir luofo nel mondo,s efWnguerebbe affat tiffin'"
picciolijfirno corfo di tempo. Ft peròdiffe Focilide , molto prudentemcnte, cbe*.
dee Fbuomo , cbe voglia meriteuolmente effer tenuto buomo , dare alia natura
quello, cbe a lui dato hà la natura, cio è cbe come egli c itato generato , coft dee
ancb'egli cercar di generare, percio pigliarfi moglie} la qttal cofa nonfolo confer
ua la fpecie, ma di giorno ingiorno l aumenta ,con grandijjima contcnter^a de gli
huomini,& delle dome a lor maritate. Tercbe quantunque fi veggano mortally
par lor participare delia immortaliú coi generar figliuoli,ne quali anebe dopb la
morte,in quella migliorguifa cbepuò effere nella nofira mortalha ,fi conofiono
rimaner viui, & p er quefla cagioney èloro la vita foaue, & la morte meno [pia
ceuole. Et fe Xerfeypoi cb'egli bebbe ragmate tante migliaia di miglion d'buo-
mini a deflruttione della Greciay pianfefopra leffer cito fuo, confidcrando ch'oltre
10 Ipatio di feffanta anni, nonnedeueffe ejferepure vn viuo, quanto ci bauremo a
doler noi,fefeguendo tale opinione, quale era quella di Mitione,fi baueffe a rifol
uere in nulla, come foffe da nulla, la natura humana y colla vita de gli buomihi,
ebor ft ritrouano nel mondo f* Mifero , & lacrimcuole penftero y da non detttr
nafcere in animo d'buomo, cbe viua tra noi, come buomo fra gli huomini. pe%i
che quefli tali fi poffono cbiamarc micidiali de figUuoli de nepoti, deftyutto- ■%
ri delle loro famiglie, nimichi della natura, & della patria : perche gli huomini
fono le città, non le cafe,non i palagi,non le torri,non le mura , le quali, in quan­
to a ioftoro,fono da radicefuelte, & da fondamentigittate a terra,nèfenga in-
giuria del creatore dei mondo; & percio fu opinione di alcuno antico che non fia
minor male fa il enerfi dal matrimonio, per non generar figUuoli, che /ia effere
micidiale de gli huomini nati. La qual cofa confiderando quei religioft, ckcfciol-
ti da gli humani affetti,fono venuti, per diurnafpiratione, poco meno che angeli
eelefli, & hanno fatta cortefe offerta de gli animi loro all'etemo Fattorejlandof»
tra noi,come effempio dell'amor diuino,non biafimano il matrimonio , nè cer cano
di diflornar gli huomini da cio,ma dicono, cbeil Creatore dei mondo fece il ma-
fichio & la femina, & gli congiunfe nella pudicitia dei matrimonio,per aggrandi
re ad honorfuo la generatione humana, & percio commando a primi due,da qua
11noi altri difeefi fiamo,che creficeffero, & moltiplicaffero, riempiendo la terr
Ver laqual cofa come cercano di diflornargli dalla biafimeuole luJJuria,coft m u i t a *
no gli huomini al matrimonio, & gli vi cbiamano; fi perche la fpetie humana jtfr'
conferui,fi percbe indi poffano anch'effi hauer de gli altri, che a loro fuccedano tra \i
mortali,delTifleJfo diuino amore inflammati,a foflcntameto delle religioni, le qua^y
liandrelr *'-V
A G li H ecato m m ithi
liandrebbono,infieme co gli buommifm nulla . Or vegnendo a quefche diffe De-
meat T^onfapete voi Tontio , che anchora che il marito debba effere legge ulla
moglie, & ella leuatene le cofcfo T ^ id r disbonefle yil debba fempre complaceret
è flata nondimeno antica opinione depiü fauijtcbe non dee nè ibuomo,nè la donna
giunti per matrimonioyhaltere ajfetto alcuno cofifuo proprio 3 che non I babbiana
infieme commune ? dr non ft dee ffetialmente ibuomofermare ne fuoi voleri, d r
ftarfi cofi oflinato nellefue opinioni3che non voglia mat piegarfl a co/ay cb'alla fua
donna piaccia, Ma cercbi di flarle non altrimente fopraycbe fl flia vn fiero Tirart
^0,jio sitfudditi fuoi, tenendola fempre in duro timore. Ma come dee offer fempre
beta la donna nel cofretto del marito,dr conformarft col voler fuo,cofl anco con-
uienech'egli fta verfo lci,fl cbe,con dolce amoreuolcg^a,menino i giorni infieme.
Etgli anticbi,Tontio,ne facrifleiy che faceano , benebefoperfliofamente ,aqnclla
deita di Giunone,cbefouraflauaffecondo la loro opinione,a matrimonij,molto gen
tilmente cidimoilrarono , cbe nulla di ffiaccuole deueua effere tra fimili perfo­
ne . Terche dalle vitime ch'a lei il faccrdote facrificaua y leuaua egli il fele , dr
dietro I altare ilgittauay come voleffe egli y con quell'atto dircymlla ft dee porre
di amaro tra la dolcegga del matrimonio . Et quindi fl legge, che non è v ita , nè
migliore nèpiu foaue di quella , nella quale fl conuengono infieme marito dr mo-
glie,fen%a riffa,drfenga contentione. Ma per lo contrario fe il marito vuole ef­
fere tuttauia duro, dr (fiiaceuole,dr affro,dr di{pettofo,& voglia tenere la mo-
glie comefoffe vna agnella fotto il lupo ( la qual cofa non è altroyche vn fele ama
riffmo che inacerbifce cjuato di dolce puote effere nel matrimonio) è come Demea
infelice. Ter cbe comeft può comprendereda T erentio egli ,cb'era tut to affreTja
vdr tutto auaritiay la quale come fapete, è radice di tutti i mqli , d r non volendo
mutaç naturaynon potea non hauer dalla moglie,che forje gentile, dr cortefe era,
fe non noia 3 dr diffiacere. Et tali fono tutti color che a lui fimili fono. Bifogne-
rebbe dire a quefli tali quelloy cbe diffe a Xenocrate Tlatone , veggendolo pin del
I' conueneuole runidoy dr'feucro, cbe facrificaffcro alle gratie, accioche da eff?pi-
gliaffcro tanto di benigno, che non baueffero, colla auflerità loro y a tormentare >
chi con loro ft dee viuere, dr morire . €t fe benignamente gode il marito la mo-
I glie fuay ella allettata dalle caregge, dr dalle piaceuoleg^e del marito non pub
non effergli benignay non effergli cortefe,con commune quiete,d r con contente7Xa
i

jceierata, ct>eJt fojje it vioiaregli aitan aegu laaij immortalize mi aa nwa ttu
ft febe diffe Diogene, il Cinico, Si perche Soloney cbeJaggiofu , dr modefto y non i-
fchifo il pigliar moffie, et generar figliuoliydr non lodb puntoThalet eycbe ciono

#
D ell ’I n t r o d v t t io NE
il detto fuo,& Ufa da nulla . Oltre che egli, huomo di vita foZga,& /p orchi[fi­
ma, non conofccua altra quiete che quella, ( & dirò ciò cón riucrenga de gl i orec-
chi vojlri) la quale ha il porco nelfango9& nel letame,che non fu egli meno /por­
co tra gli huomini, che fi fta tragli altri animali il porco: et però non miram egli
a quelloyche al ben ciuile,& alTboneflo viucre fi ricercaua, & era vnodi coloro,
che foglion dire, morto duo farò, cada fuoco dal Cielo , chc arda tutta la terra.
£t quanto fo/fe da biafimare frmile opinioni i/rnoflro Licurgo3che le leggidiede a
Lacedemoni]3però chc non voile, per dimeto di publica leggc,che a certi gMocfnff
i quali .in que' tempi f i /aceano,oue i fanciulli nudifii effercitauano al cof/b,interne*
ni/fero coloro3che moglie non hauea prefi.& cffendo appreffo a que'popoli intro- ■
dutto3per lodeuole coilume,che qualunque volta i giouani incontrauano gli huomí VI
ni attcmpati face/Jino lor riuercnga; ejfendo Dercilida valorofo capitano 3& in-
' contrandofi in vn giouane3 & non gli /acendo il giouane,come a canuti fi foleafar
riucrcnga/l riprefe Dercilida,& Ugiouanc, fappiendo ch'egli mai non hauea pre
not-n^ fo moglie : non ti honoro3rifj>ofe3 pcrche quando io foro veccbio 3 non laja tu alcu-
no3che mi habfiia adi honorare. Ter cbiudcre adunque lincominciato ragionamen- «% .
to potete dalle cofegiâ dette ageuolmente comprcnderechenè piu lodeuole manie-
ra d'amore,nè maggior quiete fipuotc hauere amando3che i effere legato per ma­
trimonio che chi fugge di accGppiarfi ffie forfc non è tocco da Jfurito dàuàno) è
degno di gran biafimo. Sia come vipiace, quanto a gli buomini yfoggiunfie Ton-
tio,che con mirabile attentione haucua vdito ciò,che Fabio detto hauea3 contra le
tofe addutte da lui,che farà Fabio fe l'huomo sabbattem donna, chefia come vna
ficra i o come vna furia infernale i la quale non folo non /ia .amoreuole,ma tutta -
um fi flia fu leafpregge3& fuil fare,ogmeofa a tormento, &<ad affannodel n tl\±
*. r í rito, come fi legge della moglie di Socrate, della quale il diletto maggiore $ra, ■
fempYec/ftre contraria al volere di queifaggio prudente huomo3dal quale,co-
tne da fonte fano vemte tuttc It maniere.del viucre nude. Fabio 3intcfo ciò, che f
gli opponeuaTontiofiette alquanto pcnfofofonmfe, poi di/fe . Bene ècofaTon- •
tio 3itpigliar moglie,che vi btfogna vfire il giudicio,& non fi dee lafciar ihmmo
m pre da aitappetito >nèdee pigliarfi ognuno cgni donna per moglie, odogni dona
ognifmomo per maritoiNc dcono nè qucfie3nèquelli lafáarfi appannar gli occln o
da cupidigia di roba3o da grandegga difangue, o da bellcgga di corpo, o da altrc
conditioni}chefiam prima confiderate, che le nature, & le qualitx dede perfime3
con cui,con perpetuo legame,fi deono congmngere.Ma fi dee piu qui 3 cheinniuna
altra cofii pigliare la ragione,& il configliopcr duce. greon difccrncuolc occhio,
confiderarc la qualità, le maniere3 la vita , i co/iumi, de gli buomini,& delledm-
ne,i padrije madrije firmgliejc anticbita3& le qualità loro3& l'altre fimtili to­
fe y le quali fono comefegni manifefli delle nature, & delle vite altrui; <&- quedi,
che non a cafo, o per vanitd, o per cupidigia,ma con fano di/corfo far amo infieryg
giuntijviueranno in quella quiete , & in quella vita tranquilla , della quale io' vH
ragiono, & non bauranno luogo tra loro que romori, & quelle difeordie, di che
voi mi ragionatc. Nafcono,Tontio,tragli fciocchi3& tra i fcmpliti, mal notify
&
/

A G II H e c a t o m m it h i - !4
& milnotriti quefli romori,non trci i faggi, & tra gli accorti, & nobilmente al­
ienati. Tercbe coflorò, hauendofi già, confxno giudicio,fcielte quelle donne , che
deono effere, quanto alio amare,il termine de defiderij loro ,fe tromno coft alcis
na ingrata ineffe,& che lorofpiaccia,non con villanie,non congrida,nGn con bat
inure,come gli fcioccbi fanno,cereano di corrcggcrle , Maguidaú dal lume della
ragione, eonftderano trafernolto prudentemente,cbe come fono di fejfi diuerft,&
di ditterfe famiglie i mariti , & le moyfierc cofi fono anco di diuerfa natura, &
nm*apprefi diuerfl coflumi. Tcrcbe non ft vine in ogni cafi ad vn medefimo
?*&nodo,et ciuicne delle famiglie quello ifleJfo,cbc delle città veggiamo auenire.Cbe
come ogni città ha leggi,& coflum’’, cbe nonfono gli ifleffi,colie altre,cofi anco le
cafe,che ft poffono dire ragioncuolmcnte picciolc citta,banno i lor modi, & i loro
Coflumiparticolari,co quali alleuano, & inflruifeono i figliuoli, & le figliuole,et
reggono tutta la lor famiglia . La onde bifogna cbe il marito a coflumi della mo
glre ft pieghi, & eUa a quelli del marito ; & con maeflreuole transformatione,
Fvno nelFaltroft conuerta;& dee Fhuomo,comepiu prudenje,con molta deflreg
%a cercare, cbe la dònna apprenda da lui tal maniera di vita, che p offano genera­
re ottimi figliuoFi,eiviuere infieme con pace perpetuatet chi cib non cerca di fare
è tenuto d'.Ariflotcle fpreggatore degli Iddij immortali;ct il medefimo,molto prtt
dent em ente diffe. cbe i congiungimenti de i corpi deono procedere dall'amore, &
che tali congiungimenti banno per fine Famicitia,cioè vna vera vnione de gli ani­
mi . Ilchefacendo il marito,& la moglie, téngono tali modi infieme , cbe inJpa-
cio di poco tempo; forio come vn anima fola,cbe in dm corpi ft viua. Tfle mai ri-
trgua Fvno nedaltro cofa,che fpiaccia j & ft pure per la fragilità humana qual-
kbè vna ve ne bàfüche di rado auiene ,fra perfone ben nate , & ben notrite, &
• eJbffft flano infieme con giudicio congiunte,con tanta amoreuole%£a la leuano,cbe
fra loro non èpure vna parola,che benigna non Jia . 7^è di Socrate,di cui voi Fcf-
fempio ci bauete addutto,qu\ bifogna fauellare,perche tale hebbe egli la moglie,
quale la voile .. Tarendogli di trarre dalla moleüia di lei tanto profitto,che fi fa
ceffe piu. atto a tolerare con patienga le cofe (piaceuoli,& noiofe, cbe incontro gli
Veriiuano di fuori . Et facea Socrate quello, cbe dicea Varrone, cbe il tolerare la
moleftia della moglie, quando ella fia tale ,fa diuenire Fhuomo migliore. Difpo-
fio adunque Socrate afffrire la ritrofta della moglie, nulla curaua cib, eh'ella ft
diceffe,per venirnc a contefa, della qual cofa marauigliandofi akun fuo amico,&
iimandandogli, come eglipoteffe tolerare il garrire, & legrida della moglie; gli
chiefe ancb'egli, cometoleraffe le noiofe grida delle ^im trc,& delleTapere,cb’e-
gli haueua iri cafa; rifpondendogli colui,che fe romorigli faceano,gli dauano Fvti­
le delle voua, cbe gli parturiuano ;gli rifpofe Socratet & io ho dalla moglie mix
il firutto de i figliuoli, & pero tanto piü la debbo io tolerare , quantofono da piu i
jpSjZfi della mia donna , cbe quelli delle tue augelle, con laqual lijpofta moftrb il
m.iggio buomo ,che nonft deeper ogni cofa,che la moglie facáa, o dica, venire con
fffo lei a contefa, ma con toleranga vincere la fua natura. M a , parlando de gli
:$trij che non nTirano a quello,a che miraua Socrate, vi dico, Tontio, che fealtri
f . . ncl
D e ll 'In t r o d v t ti o n e
nel pigliar moglie,fertierà il modo, & gli auertimenti, che detti babbiamo,nonfi
abbatterà fe non in ottima mogliera. Et feforfe tal tbauercL,cbeportifeco dell'a-
cerbetto,& dei duro : la cortefia , & la benignità, ch'egli le vferàper ridurla al
dolce, & aWhumano, la farà picgbeuole allefue voglie. Ala vi fono di puelli,che
duri, & afpriyfenga mouerfi punto dalla natura Iero, vogliono ammollire la du-
regga delle mogli, & tanto piü le inafprano, quanto effi piuafpri loro fi mofira-
no . L'bumanitx vince la duregga,& non 1'orgoglio. 'Uolete voi creder, Tontio,
chefe iarte, & Cingegno de gli buominifa miti, & piaceuoli lepiu feluaggiz fe-
re, & gli animali piü alpcttri: onde doma gli orfi,& i leoni,& vfa al freno ife>
rod caualli,& algiogo i robufli tori,non poffa egli ammollire vna donna, & fop-
poria alfuo volere <*Effendo la donna da fe molle,& piegbeuole,& arrendeuole,
& nata alia pace,& alia compagnia non meno,chegli huominit Credo io,che mol
to singanni cbi cio crede. Et molte fiate , penfando io meco fopra cib, bo bauuta
per cojh certiffma,che buona moglie nonpuò diuertir rea nelle mani dhuomo pru­
dente,& che eili la rea Çprefupponendo in TeTT{jonelía Ja quate farà temprefal-
ua nelle mani di faggio,& diaccorto marito) pub fare,fe perjciagura forfe ve in- *"
cappafdiuenire buona. flojlrandolegentilmente cib,che ella declare^ per quie-
ie, & contentegga commune, Talífõnote donne, Tontio , per rijiringcre iltutto
a põcJãéoxrole,quali ie farino flTfuommi.Y?' saltrimcnte auiene, ciò procede piu
tofo dat poco coriofiimento dal pocof upperf i reggeredelfhuomo ,che dalla don
na.ajui dee c?H confirmo,& con modcjtia imporre & freno',& leggc,Et non la-
fuafe,d)ella,mcno dilufp~?rfi‘ttaf?li fourailia , come gtd fu coSiume app rejfogli
Sgittij.Eti f e di Terfia haucano per jcrui i fg liuofi, & tüW gluiltri huominilo-
fò ffffÕJciaponeano fe tut ti in podcjtd dcUcmoglicre. Et tale forfe deueua ejjap*
~xcolui,che pofe \lmotto,dci qualdijopra dicejte,fu Tvfcio alio entrar della camera*
St fe queili tali, per fap erfi mal reggere , & malvfar fe medefimi nel gouerno
delle donne loro,fi dorranno,o dolgono di hauerprefa moglicreJoderannofi, & lo
danfi coloro,i quali piü flimando i coflumi, che loro, hanno fempre la ragione per
duce in eleggerlcfi, ingouernarle con talprudenga , ctielle diuengano altri fe.
Et quefii, Tontio, comfcono ejpreffamente, che Ihauer prefa moglie., è hauere con
lorogratiffima compagnia,che lieui loro il tedio della folitudine, che gli confoli in
cafa,che con defiderio affettuofiffimo gli defideri fe fon lontani, che con licto vifo
gli raccolga,quando ritornano,che loro êgrata,& foaue nella gioucntu,& a gran
folleuamcnto nella vecchiegga, cbegli confola nella infirmità, & nellafanita gli
conferua licti,& contenti,& taleintutto il corfo della vita loro fi moftri,che pof
fano partire, come con altri fele g io ie,g li affanni, le contentcgge, leangofeie, i
pianti, i rifi, i trauagli, ifolaggi, il leggero, ilgraue, il dolce, & lamaro di que-
fia vita, & chefinalmentefeco brami viuere per tutta la fua vita, & feco moui-
A G LI H e c atom mithi. l£
gentilhuomo Tarmcfano,entrar ono alcuni occulti fitoi nemici vna notte cclatame
te nella camera, one egli era collet moglie, nel ictto , & pofligfift atorno colle col-
t ella,gli diedero due ferite in vna cofcia,onde egli mando fuori due gran grida.La
moglie,cbe a quello affalto poteua cbieder mercê a gli affalitori, & lafeiare il mx
rito in podeftà de nemici, ofottrarft a colpi,non pure non fè nè I'vno nc baltro,mx
fengadir parola, o mandar fuori Jlrida, ondc poteffe effere conofciuta donna ,amx
do pin cbe il marito vino rcflaffe, cbe ella, ft pofe ella one il marito era inguifa3
'\b 'e g ,* dal lato di dietro del Ictto ft gittb tacitamente in terra, onde fu ella 3faluo
marito 3 vccifa3 & i nemici credendo di haucr fempre pcrcoffoil ncmico fperò
cbe nonfapeano3 cbe la moglie con effo lui ft fojfe) poi cbe pin non I'vdiro 3 doppò
le due primegrida3nê trarfiato3nè madar fuori alcuna voce3 il credettero morto3
& via ferí'andarono:& egli pofcia,pianta dcrottamente la fedclijjima moglie,ct
fattala borreuolmente fcpclire,fe contra i micidiali della morte di lei degna ven­
detta. Ter qucHc cagioni adunque potete vedere3 quanto ft a vtile il matrimonio
a gli buomini,& cbe quello cbe infin da principio3vi diffi,è vero3ciò è cbe in que-
flo amore3fol degno d'buomo ciuile ,è tut to quel bcne3tiitta qttclla pace3tutta quel
la quiete, cbe maggiore puo hauer Ibnomo in qucfla vita. Et parò non fenga ca-
gione a ciò ci inuitano le humane3 & le diuine leggi; la natura ciò ci infcgna3a cio
ci alletta l'boneflà,a ciò la conferruation dclle famiglie3delle republiebe ,dell'buma
na generatione ci cbiama, Cio adunque confidcrxndo già i popoli di Thracia,qua-
tunque barbari, quantunque piitdi tuttele altregenti feroci3nonfoto non fuggittx
no il pigliare moglie, Ma oue gli altripopoli non lepigliano fe non colla dote, ejji
m grandiffimo precio le ft comperauano, come quelli, cbe conofceano, cbefoltre,
he non dee effer cofapiu grata all'huomo, cbe veder di fe nafeer tale cbe nonfolo
apprefenti la imagine del corpo del padre3 ma I animo isieffo,fi cb'egli ft vegga ,
dopo la morte3 quafi in vn altro sè rimaner viuojla moglie è il temone della cafa,
come dice Menandro3 & il foHegno dell'buomo , pin d'ogm altro tranquillo ,piu
'ogni altro amabile3piit d'ogn'altro ft curo, & finalmente piu d'ogni altro lieto et
felice. Taccuafi già Fabio. Quando Tontio, verfo lui volt atofi,gli diffe. Benche
io vi poJJi addurre3Fabiofm contrario3 & ragioni3& effempi contra gli addutti
da v o i,& moflrarui cbe i veneni ne' cibi, & i coltcili fi fono (fieffo ritrouati poHi
dallemogli ne' maritali le tti, Tgondimeno, io vi voglio concedere, cbe la quiete,
della quale voi3con tanta efficacia3ragionato ci bauete,poffa effere di quegli buo-
miniycbe mogliera ban prefa,Ma non poffiamo noi altrigiouani3& cbe da tal no-
ydo ci trouiamo fciolti, hauer quiete nell'amore di quelle dome, le quali, hauendo
già lafciata 1’boneftà fenga ingiuria alirui, danno per pregqgo,co corpi loro piace-
re a coloro3 cbe amandolc a lor fi vanno f a me pare (ftami lecito dirui quel cb'io
flifho) cbe non ve ne intendiate, saltrimente credete . Et a cofi credere mi muo-
•;*>., be tali donne fi hanno qualunque volta 1'buomo le vuolc, & queflo è vno a-
morCyChz non è cofi f'ermo,cbe nonfi poffa tramutarlo ad vrialtra,& hora di que
J la , bora di quella compiacerfi l'amante, come piu gli è a grado : & f e 1'appctito
i (fconferuar la ffccie, ci dee fare (come voi detto ci bauete) gimgere alie donnes
D ell ’I n t r o d v t t io n e
mco col mcTO di quefle ,po(Jiamo non meno generar fgl'nioli, ch'altrl gli ft gene­
ri colie mogliere,& cofi conferuare tbumana generatione,mantenere le cafe,foe-
correrc alle republichc, non mcno con talifigliuoli, cbe coloro, cbe gli generatio
delle lor mogliere. St ft ha in talc amore qucllo cbe nel matrimoniale non ft ha,
perche one in queflo è cofiretto thuomo dalle leggiChrifliane a nonft feiorre dalla
mogliefmfm cb'ella vine, in queflo altro ft pub egli lettare dalla donna , quando
glipiacc, non vi cfjendo legge cbegliela afiringa. Deb, diffe Fabio ,fiate conten-
to ,Tontiononmindwrreintalragionamento ,chc alTetànúaè poco conue^eitoh
entrarein coft fatto arringo, & forfe ancopoco conueneuolc alia modeflia di qttc-
fla nobile compagnia. .Allhora tutti i piu giouani verfo Ini riuolti, Vfmarrcbbc,
differo imperfeito, Fabio, quello di cbe da prima vi appigliafle a ragionare ,fc di
tale amore non ci faucllafle. Tero acciocbe nulla vi manebi, piacciaui compiacer-
ci , & farci v edere ,fe forfe qm ft ritroua la quiete, cbe ft crede non pur Tontio,
tna quafi tutta la giouentu,di tali dome vaghiffma. Io volcntieri diffe Fabio,mi
afleneua dal ragionare di dome tali, perche, oltre cbe civ, all'eta mia forfe difdi-
ce, non ft potendo pariare a ben de gli buomini fenon con biafimo deffe, nonvor-
rei effere riputato maledicente da coloro, cbe lafeiando I'boneflo amore, a qucslo
lafeiuo, & dkhoncfio ft appigliano. Ma pofeia, cbe pur volete, ctíio ne fauclli,
perfgannarui,Jigliuoli,flandom su il vero, il quale mi piglierò per fondamento
del mio ragionare, ne diro quello, cbe mi detterâ la ragione,atto a difiornarui da
coft fatto amore. €t pofeia, cbe io non hò mantello, onde minuolga , & cuopra
il capo, come fecegià Socrate, ve ne ragionero con gli occbi, fenon chinft ,almcn
demcfji, per la vergogna, cbe mi fento venire dal core infin nel vifo,doucndo ra­
gionare di coft forego, qualita di dome, quale è quefia della quale mi chiamate a
fauellare. Dko admque, per rifpondera vai Tontio, cbefe penfi.te di pêtere ba
Mere in fimile amor quiete, ve ingannate molto . Imperocbe qual quiete ft pub
egli bauere, con quefle disbonefle, cbe indegnamentc dome ft chiamano f* 'Ffiu-
na certo a cbi diritto mira, Trima o cbe quando altri va a loro, le ama , o no,fe
non le ama, nonfe ne ha da ragionare punto, perche cfuori de termini dated da
Flaminio. Scgli le ama, ama cofa cbe non pub effer fu a , effendo a ognun com­
mune quefia fecce di dome, nata tra le buone, come le lapole, & le orticbe fra
Iherhe migliori. La qual cofxnon pm effere altamante fe non di grauiffima no-
ia; chefo io , cbe non è vgual dolore , nel mondo, a quelle cb'altri hà,fe vede la
cofa amata inatirui mano. *Aggiungefi a queflo ch'egli ama ta li, cbe non credo-
no, nèpojfono credere,d'effere amate,perche confiderando elle I'dbomineuole lor-,
dura, nella qual viuono, & la mala conditione loro, iflimano , & non fengaca-
gione, cbe non poffano cff.erc da alcuno veramente amate.La ende armate di fro-
de , & dinganni,pongono tale afjedio intorno a cori di coloro, cl>e effe di lorcrco-
nofeono acceft, fingendo amargli. cbe non epofeia lo f ageuole lo f c io g lic r f e n .
_ %ie voi v i f l imate^ auiene a qualunque buomo , cbe da effefta predb-, & to
uar fe ne vbgluTfquello cbe noi veggiamo auenirc a femplici attgeHixcbe fon su la
pania colti al vifco, i quali, quantopinfcuotono taliper liberafft, & volarft^Z,
/
/

A G li H eca to m m ith i lê
ijf editi, tanto piu lc vinuefcano i miferi. St cbepena fia 1'effcrc fatto mancipio
di femina,cbe non am i,& tutta flata ti cmpia il core di velcno, fingendo amare,
dicalo chiprouato Pba; altro non è ciò cb'effere non diro nelle angofcie, & ne gli
ajfanni, ma effere vino in vna continua m one. Oimc, troppo lacciuoli banno
quefle malmgie donne in ogni parte tefiy tanta è la loro inganneuolc mae(lria,cbc
fe coloro, cbe fi pongono ad amarle,fuggono vno inganno3 elle gli f anno incappa-
re in died, bora gli luflngano, hora gli fdegnano, hora gli lodano3bora U biafima
o, hora confinti3 & breui rift gli aliegrano 3 bora con v e r i, & lunghi fdegnigli
entano. Onde i miferi amanti incerti di fe medefimi 3 come foffero chiufl in
un cieco & intricato laberinto3fi aggirano quà, & là,perritrouar Pvfcita , ma
quanto piu cercano da lor partirft 3tanto mono ritrouano la via . St temendo fem-
pre I'buomo 3 (come dee femprc temere,ft fatte donne amandoJ frodi 3 & infldie
cbe pace, & quiete può egli bauere ? Üamore di tali donne, ê a gli amanti,Ton
tio come quel faffo, cbefingono i Toeti, cbe ft fia nelfinferno continuamcntefu il
capo di Tantalo , ond'egli temendone il tomo,fc ne vine fempre in continuo timo­
re di morte . queflofi aggiunge, cbe traggonogli buomini quefle maluagie di
loro medefimi, & di buomini, cbe diangi erano ,g li trasformano elle in animali
fenga ragione, & fanno, cbe come elle niente altro banno di doma , cbe il vifo,
cofi e(fi non banno altro d'buomo , cbe la faccia & molte fiatc perdono anco la
fembianga dell'buomo, Come fi legge di Circe appreffo Homero , dalla quale
furon mutati tutti i compagni di vliffe in foggi animali. St appreffo Vergilio
la medefima mutò T ico, f e d Italia , in augello dei fuonome , lafciandogli fa ­
i lo il manto, & i fregi, quafi come trofeo de la fua vittoria, & come aperto te -
<5fimonio della fciocchegga di lu i . Cbe dirò io della deflruttione, cbe vieneda
uefte ree, delThaucr altrui f1della ingordigia delle quali non fenga cagton
'auto,cb'eUefono fimili al mare , il quale diuora ciò cbe dentro vi fig etti, nè
meãfi fatia, fi cbe nulla vi auangi: pero dà loro quanto tu vuoi non appar mai,
eh'ejfe bauuta babbiano cofa alcuna, quantunque inducam 1'hucmo a tal poucr-
} à , cbe fi rimane eglipriuo dell'bauere, della v ita , dell'bonore, & de gli ami­
ci , nèpur effi rimangono di tali cofe prin t, ma di effe medefime , depredatrici
loro. Verb cljelle tanto luflngano coloro, cbe fingono di amare, & loro tanto
buon vifo fanno, quanto ft veggono di poter lor rubare; & tantojlo,cbe manca il
denaio, tantofto ft moftrano elle fenga amore. Et quindi auenne, cbe andando ,
già buon tempo, vn noflrogentilhuomo attempato, il quale era tutto fefleuole,ad
A vna di quefle lupe,nonper altro, cbe per riderft di l e i: & vegnendogli clla incon
tro co le braccia aperte,in atto di volcrgli baciare il vifo, egli tirandofi indietro,
pofe la mano finiflra sula fcarfella, & con Paltra lepiegò il capo alia borfa; &
f e ãiffe bacia quefla, volendo figniflcare,ch'ella non a lu i, ma conofcendolo molto
riCQoalla borfa, cbe da cmtolagli pendeua,facea quelle careggc- Etper dir il vc-
f n onêhuomoin lor perduto,che nonfia da lor condutto, inficme colla perdita
della riputatione, all’vltima ruina. TJercbe ellc non altrimente amano voi, cbe fi
; Amino le Lupe gli agnelli, \lfine del quale amor è , cbe clle gli flmangiav.o
. viiti-

1 \ ' f .
t N ' \ I
D e l l ’I n t r o d v t t i o n e
w«j,C0 JKC dhiorano voi quefle maluagie, tanto vo ra ci , & tanto aUidefom
del male altrui. T er la quale ingorda cupidigia loro,fono da faggi auttori diman­
date non donne no, ma Lupe,voragini, cariddi, & rapaci arpie. Et volcndoci mo
fir are vnfaggio Filofofola mala natura loro,diffe, ch'elle erano vn mar di mail,
la confufion del mondo, vnaffanno continuo, vna guerra perpetua , vn danno di
giorno ingiorno maggiore, vn naufragio ineuitabile,vno fcoglio mortale,vn vafo
di adulteri],v n albergo di feeleragirii, vn pcfo infuportabile, vn micidial ferpen -
1 te, & fnalrnente ccrta dcslruttione dell'hauere,della vita, dell'honor de glfhuo- f>
) mini. Verb quindi veder potete,F\gliuoli miei3fe con ogni ingegno fitggir le a id
hiate,certo a me par di vedere vninfernalc borrorc3vna manifefla?perditione del ‘
le anime humane, veggendo, vna di quefle lupe3 qualunque volta meco confide-
ro le parole di quel faggio Filofofo ritrouandolc pofeia vere in fatto in coloro3che.
a queHe maluagie ft danno. £' adunque da vfire ogni diligenga , perche a tali
fcogli non percotiamo, nel mar di quefta vita 3 ncl quale ft affogano tutti coloro
rriiferament?, che vi percuotono. Oltre a ci 'ofc voletCy Tontio,cb'apprcffo le aut
torita addutte di quefiigran ferittoriy v i addnea anco ragioni,che confermino quo
i t a mia vera opinione,& che con ejje v i moflri,cbc il defulerio 3cbe mena gli huo
mini ad amare tali donne non è amore3il farò volenticri. Fatte come v i piace3fog
giunfeTontio, quando gli altri il confentano 3 perche, & alle auttorita , & alle
ragioni vofir effort per riffyondere eceellentemente. Mngi non folo il confentiamo3
rifpofero tutti. Ma vi preghiamo Fabio, che cofi facciate3cbe ci fliamo fuuri3cbe
non ci potrete dire fenon cofa che ci piaccia, cbe di proftto ci ft a . veduto Fa-
bio, queflo toman confcntimento , & che ognuno era gid apparecchiato ad afcol-
tare , Egli coft comincib . .Amor non è altro che deftderio di bellegga > & ^ fine '
di Mmore èpojfedere effa bellegga , & di lei fi rimane pienamente contyito civ.
bene ama , St va fempre in compagnia della bellegga il buono , & da queflo non
fi diparte il giuflo, & dal giuflo non è mai diuifo I'honeflo . Ft perb , oue c amo­
re , iuièbellegga, & oue ê ella, le tengono fempre compagnia, come fide feguad
il buono, il giuflo, & I'honeflo. Et ouunque nonfort qucfli infteme, non vi è an- '
co il bello, perche il bello nonaltrimente ft gira intorno al buono, cbe fig iri intor­
no al centro quella linea, onde ft forma la figura rotonda, che circolo c detta. Ora
fiando queflo, che hò prefupoHo come fondamento veriffimo , & acccitato dal
confcntimento di tutti i fattij , che d'.Amorc , & bcllegga ragionato hanno , bifo-
gn adire, che oue non è honeflo, iui non è giuflo , & oue non è giuflo , non è buo­
no, et oue non è buono,no è bellegga : Tcrchc,(ome fe fenga il centro non ft pub fa
re la circonferenga , cofi , fenga il buono , non ft pub ritrouar la bellegga, Onde
paffando da queflo altvltimo termine, ft concbiude veceffariamente, cbe ouenoy .
è bellegga,non è amore.Fer la quale ragione ft dimoflra apertamente, che ejfeaedo\
quefle femine dishonefle , nonfongiufic, & non effendo giuFte,non fon buone ***
non effendo buone, non fon belle; & non effendo belle, fono laide; cir effendo t f ’f
no poffono,nè deono effere amate. Ter la qual cofi quefia paffione difgydmata,ch^
nafee da non ragionenote appetito, colla qualefeguono gli buomlHi quefle ree , dQ
dishonefia, -J
y
I I' /

A G li H e c a t o m m it h l 1 7

dishonefla lafciuia ingamati, non è} Tontio, amore, Ma è piu toflo , come prima
dijji, vno befliale furore. Et come il vero amore incita pregio, & moita Ioda,
come quello,che dulla virtu procede, & a.d opere magnificbe, poco meno, che di-
tune ci defla; cofl queflo infimo, & furiofo dene ejfere vituperato. Tercbe, come si
il vero amorefempre ci cbiama al hello,& al buono, cofi queflo falfo ci cbiamx
al foXZpy & al reo . & cue quello}per la bellegga del corpo, che prima fi o f re a '
fenfi noHriyi quali fono miniftri della mente,pafa a contemplar quella dell'ammo j
ltm%cofl qyeflo nel corpo ft forma ylafciata la parte miglioresa guifa di color che,lafciaj
w^JWncorpOyfeguono l'ombra;&perciò dife Medea apprejfo Erupide,che tali am<f
rifono di grandijfimo danno a mortali. Da quefle parole, come da pungente fli-
moloytocco FlaminioyVeggendoTontio tutto pendere dalla bocca di Fabio chefa-
ueüaua,fen%a rifonder nulla (però ch'egli attendeua, che Fabio tutto qucllo di-
cefey che dir volea, per poter pofcia conpoche parole fodisfare al tutto) non po-
tè non dirty pofcia che Tontio tace3cui pur tocca quefta difcfa , io non pofo non
marauigliarmi, Fabio,che vi conduca non ragioncuole odio , che a quefle donne
portate,a dires che in loro non è bdlegga, Tercbe negate quello , che è manife-
ftifimo al fenfoy meriterefie degnamente I'iflefapena cbebbe Stcficoro, per
hauer biqfimata la beUegga d Helena . Ts[e veggo io , Fabio , molte tra quefle,
& ne veggonogli altri meco, che paiono Angeli fcefl dal Cielo qui tra not, per
pienamente bearne : tanto riluce in loro lo (plendore della bclle^ga . Ondea me
pare, flando nondimeno fu le voflre ragioni, che efendo in loro la beUegga , cofi
eccellentey & fmgolare , come effer la v i veggiamo , vi debbia effere anco moi­
ta bontà i & che fe noi perciò le amiamoy amiamo chi merita I'amor noflro, &
the per queflo3non incorriamo in quel furor,che voi dite, ma che fi pofa direyche
Tamiamo la qtúete,& il ripofo de i mortali, come pur diangi dife Tontioyil quale
in questa!parte ha molto meglio (per parer mio) veduto il conueneuole, che voi,
Fabio,non hauete. Fabio allhoray nonfcorgete dife, Flaminio quello, che adden-
ro in quefti moftri veder bifogrn, Terò che è di mefliero ch'altri habbia la vifla
ídocchio ceruiero a penetrarle oltre la fcorga , ondeUe vanno coperte, per ingan-
narui. Et perche il conofcere quefle tali, non è di picciolo frutto alia giouentu, hò
molte voltedeflderatOyche voigiouani haueflcgli occhi,che dicono i Toeti, cbeb­
be Linceyil quale era di vedere tanto acuto, & viuace,che penetraua,collofguar
doyinfino al centro delia terra, acciò che voi penetrando i corpi di quefle malua-
gie,pote fie fcoprirle affatto dentro,come le vedete di fuori,Ma voi Flaminio}non
dgguTggate la vi fia intorno a ciò, am) pare che vi habbiate mcjji a gli occhi di
que vetriyche fanno ad altri vedere le cofe a rouefáo. Et però efendo quefle don-
^ efo7ge,piu dogni cofa brutta,a voi paiono bellijjimeypercbe in quella prima va
allà prima vifla vi ft apprefentafifa te gli occbi,& fconueneuolmen-
te lochiamate bellegga . efendq ella vnombra ‘di le i, &■ come è molto lontana
'jmradalPefen%a dei corpoy ondella nafee, cofl dalla vera è molto diuerfa que-
fla,laqualeaüa voflra nonfana vifla cofi diletta. Non è bellexxa,Flaminio,oue
non è virtU fj^ euenon è virtjü no puo efere amore,perche egli folo nafee tra buo
"* * ç
\.‘V_ 1
'
D e l u I n t r o d v t t io n b
rii. Qumdi è, che chi vol dare vero giudicio della belleg^a, non dee mir'are il cor­
po folo, ma gli animi, & i coftumi di chi fi offre, & f e v i trouerà animo confor­
me alia belleg7a del corpo, farà quella amabile, & foaue,& defterà coloro , che
la defidereranno ad altro,cbe alia dzsbonefta laftiuia . Ma fe il contrario vi fi ri-
trona, come auiene di quefle maluagie, le quali yfotto la bellegja del corpo , &
fotto alcunefembiange di virtu (come cantare,fonarcy leggiadramente dangarc,
<jr dolcemente fauellare, & qualche amorofa cofetta comporreyonde inpiuftret-
ti lacci ftringano i femplici) afeondono vn bruttiffxmo3& abomincuole animo O n^
de fi può direy quanto è maleyche*tale/langa, fia deftinata a fi maluagio ftgnoie.
Sono Flaminio quefle come i fepolchri,che difuori fono bianchi, lifciyter/ry& po­
liti & moke volte fregiati d’oro, & dentro non banno altro, che puggo, & hor-
rore. Terò,chi ben le mira ,vede che quefla loro fimilitudine di vera bellegga,che
difuora f t vedcynon ê altro , che vn traboccheuole precepitioy& vnpeflifero ve-
k \ leno , compoiio dal nemico delfhumana natura y alia morte di que fciocchi, the
come auidi del mal loro , lo mgoggano,però nonfenga ragione dice a Diogene,che
la bcllegga de dome tali y era vn tofeo mellato, & la dimandaua Theofrailo v-
na froda nafeofa , & vna tacita inftdia . St di qui è anenuto, che ft dice in pro-
uerbio; che di bellegga di meretrice non ft fa flim a; ilche non ft direbbe, fe quel-
la fuffe veramente bcllegga, Tercbe e/Jendo la beüeggga, che qui /parfa ft vede ,
manifeflo raggio della bcltà diuina , »0 » pud ella effere non ftimata , & riueritx
come veggiamo auenir di quella di vna cafla matrona ,o d i vna pura virginella,
nelle quali non men bcllo è l'animo, cheft fia il corpo , & perciò fono hauute dal
mondoy quafi cofediuine, infommo honore, & deftano quefle gli animi allc vir­
tuy & a fatti lodeuoli y & a quiete tranquilla, oue le dishonefte promettendo f
colla loro impudica vag hegga , ripofo , & quiete .fanno impagpggye chi^petftif
disauentura le fegue , &- gli fanno diuenire nemici di lor medeftmi. Et non ban-
no alfine altro ripofo coloroyche tratti da que lifci,et da queiftnti, & lufmgheuo-
li vift,fi danno loro in preda, che ft habbiano coloro,che perduto lo intclletto, fe
ne vanno forfennati fra gli buomint, & non danno orecchie nè ad ammonitioni,
nè a configito d'alcuno. Come fe T a ri, ilquale, fpregrgati gli imperij, & le ric-
ebegge y offertegli da Giunone, & la fapienga , promeff'agli da Tallade , s'appi-
gliò alia lafciuia,propoflagli da Venere, onde ne verne alfine la morte di lu i,&
la ruina di tuttaTroia.Vengono Flaminio da dome taliyoltre i doloriyoltre i pian
ti, oltre leangofeie, che da loro ft hannoy innumerabili,etgrauiffimi, acerbe ini-
micitie,fanguinofe battaglieycertifftme deftruttioni di faculta,d'honore,ct d'intelr
leito, ineuitabili morii,& per dir breueja coruttione de gli animi, & de i corpi
di coloro, cbe amando loro, odiano fe medeftmi, & perdono fe ftefjiyper cercar loy
ro, le quali ffargono loro tal veleno intorno al core,chegli vccidono a quefla vi-
ta ,& altaltra. Terche oue il vero amore è conferuatore di quelle cofe, neUt£fm
li egli è, coft ftrugge queito lafciuo3& dishonefto quegli infelici, che foqfpd* \jjf
miftramenteprefi. Ilche conftderando gli Hebrei, nel tempo , che ilpo-
jloio eletto, non confentirono mai, chefra lorofuffe cytefla forte dt dome pu blic^
mente
A G li H h catom m ith i iS
rnente impudicbe. lAlle parole di Fabio parue ,che fiacquetaffe Flaminio
tenejfeper cofx certa ancb'egU,cbe la vera bellegga fuffe ne gli animi ,& cbe que
corpi cbe chiudono in lor animi pleni di viti], quantunquc fuori belli paiano , fog:
gift debbanogiuHamente chiamare. Ondeparendo a Fabio di baucre fodisfitto
a Flaminio, riuolfeil fuo ragionamento verfo Tontio ,il quale ne attendeua la con
cluftoney & diffegli. Totete effer chiaro, Tontio , & per le auttoritd de pin fiui]
huomini del mondoy & per le ragioni,cbe addottc vi ho, cbein quefle femine non
p vera bellegga, & non vi ejfendo ella, non poffono effere amate, & cbe quel di-
~ Unato appetitoyche a loro mena i fempliciy non è amore , ma cbe è cgli vn La-
fciuo, & beflial furore, cbe fa miferi gli huomini ,non cbe poffano iui bauer quel-
la quiete, & quelripofoy cbe noifinfino ad bora, babbiamo cercato in amore, &
poilo I'babbiamo in quello honefiijfimo congiungimento , col quale fono infieme
accoppiati marito, & moglie. Hora quanto algenerare figliuoli di ejjc.come voi
dicefle per mantcnere la fpecie bumanay vi dico, cbe per impenfato accidente, &
a cafoy nafcono figliuoli di loro. Tercbe I'buomo, (pinto da lafciua voglia , da
libidinofo appetito, cbe là il trajportãya que Ho fine non fi giunge con loro.Et trop
po mifera farebbe I'bumana generatione, fe per mego di tali congiungimenti, de-
ueffe ella effere ampliata , & mantenuta . Tercbe i figliuoli, cbe^uindi nafco­
no y come banno disboneHo principio , coft fono pofeia , come mal nati , il male
ejfempioy & la ruina del mondo, riufccndo, per lopiu,fpiriti infernali in forma
humana. Tercbe,come il buono genera il buono3cofi dal male non viene commu-
nalmente altro, cbe m ale . Et quindi auenne, cbe Solone, il faggio, nel dar le leg )
gi a gli .Atbenieft, voile, per publica legge, cbe i padri non foff ?ro tenuti a notri s
re i figliuoli, cbe di tal congiungimento nafeeano , come quelli, che piu tofto da
^gdisboneflo appetito, cbe da deftderio digenerar figliuoli fojfero nati yoltre che >
e j j e t ê Yeedonne, come vna doccia , che qccolga tutte le brutture, non
pub alcuno piu fapere qual fia il padre de figliuoli, cb'effe par torifcono , cbe fdpT ^
re poteffe , cbiponeffe ilpiè nudofopra vna moltitudine di (pine qual prima pun­
io CbaueJJe. Ma che vado io piü di cio fauellando t Quafi cbe io non ifiirni, che
voi Tontio, piu toHo babbiate voluto contradirmi, per moflrare la virtu del vo-
firo gentile ingegno cbe per pariare a fauore di tali femine,veggo io troppo bene,
ebauete voluto in cio far quello,che fecero già coloro,cbe lodarono la quartana,
la peflilenga, & altre tali cofe, quantunque le conofceffero, per loro natura,non
buone. Solo vagbi di moHrare,cbe tanta era la virtu del loro ingcpno,& la for
%ade i loro ornati fermoni, chepoteano colle loro parole, dar fembianga di buo­
no a quello , che era veramente reo . Q u i, mofirando Fabio , di non volerc piu
oltrc ragionare, Flaminio , non ajpettando, cbe Tontio riJpondeJfc,mi dubito dif-
re , Fabio, che fe voi in quefle dome incappaHe ,farebbono elle di voi quello,cbe
gia fecero di Orfeo quelle di T bracia , per effere Hate allbora quelle dalui,co-
^ ono da voi di/preg^ate bora quefle altre. Rife alle parole di Flaminio tutta
♦vftfflftja. Ma Fabioytutto cortefe,dijfe, s'elle, Flaminio,faceflino contra me im-
eto yflwnBJ/iTXredo cb'elle il farebbono , come quelle, cbe non pu raltri; ma fe
< c 1

i
/ /

D ell 'In t r o d v t t i o n e
mcdefime hanno vccife,toglicndofl quell'honore,cbe dome le facetta e f f e r e ban
no a male di effere tali conofciute, quali effefotio , veggendo <che farebbono come
demonij Infernali, fuggite, toflo cbe altri ajfatto le conofceff'e . Io ffero nondime
no, cbe voi tutti, cuigid bo mojlrato, quanto di vtile vi fia lo jlar lontani da effe,
& cb'è vie maggior ventura, l'effere da loro bauuto in odio , cbe amato , ingui-
derdon della prefa fitica, mi difcndcrefle dall'ira loro . Maffimo ridendo diffe,
Totrebbe effere, cbenoi altri, ebabbiamo accettata la buona intentione voflra,c6
cui ragionato ci bauete, sarmaffimo alia voflra difcfa,Ma fe vifoffe folo TantiQ,
eSr Flaminio, credetemi,cb'agran rifehio viporrefie,a fperarc da loro aiuto.Tftr*'
chegli veggo io tanto accefi a fauorir quelle dome,cbe voi biafmate bauete , cbe
temerei molto,cbe ambidue, in vece di defenderui, contra voi non le accendeJJ'e-
ro. Tontio allbora diffe, Maffimo, ve ingannate cbe rifponderò io per Flaminio,
& per me, percbe non mcno, cbe voi faremmo pronti a difenderlo. Tercbc ci ba-
flerd, per vendetta di quanto egli ha ditto, contra quefle mefebine, cbefono il ri-
fugio di noi giouani,cbe io rifiutando le ragionifue,con piü euidenti gli moflri,cbc
egli ingannato dalla paffione, è troppo oltre andato nel biafimo di quefle donne,ct
detto ciò, volgendo il pariare a Fabio, coft fegui. Non voglio Fabio, chele voflre
lufmgbe,& il volermi darloda di acuto ingegno,mi faccia effer intorno ciò di vn
medefimo parere con v o i, Tercbe di tali dome non bò io pariato, per volere mo
fir are,cbe cofa rea fia buona, ma perche io mi ftimo, cbe fia bene I'amare,& cbe
fia ageuole fuggire le loro infidie, pure cbe vi ft adopri lo ingegno ,fe forfe clle ad
vfarle fi deffero. St perciò non voglio,cbe le ragioni voflre cofi ageuolmente mi
vincano come penfate, angipofeia , cbe vi èpiacciuto di por mano alie auttoritd,
& a gli argomenti ,fono appareccbiato,non folo a riffonderni, & a feiogliere le ..
ragioni voflre, ma con vie migliori,&piü efficaci, moflrarui,cbe fete vi^lonta^ rasa
no dal vero cbe non vi credcte. St efjcndogià Tontio per raffumere ciò cbe Fa*
bio detto baueua, per dargli lerifpofie. Flauio incontinente v i s'intcrpofe, &
diffe. QueHa non è cofa cbe meriti, cbe ne vegnate a tengone con argomenti,pe-
rò cbe a me pare,& dee anco (per quanto io ilimo) cofi a voi parere, cbe deuen-
dofi ragionare di ciò, fia molto meglio con qualche effempio parlarne, cbe lo en­
trar ne in queflione. Tcrcbe mi pare,cbe fi debba procedere nelle attionidegli
buomini,per fapere Jefon buone, o ree, cogli effempi,tolti dalle cofe cbe auenute
fono, di maniera,cbe la cognitione di quelle cbe fi banno a fa r e , per dirigggarle a
buono, & a lodeuol fine, nafea dallo fpecchiarfi nelle cofe paffate, le quail dan-
no marauigliofi amaeflramenti in quello,cbe far fi dec a chi maturamente lecon- i ■
*%
I
at
ftdera. Ft perciò, acciocbc ft poffano quefti giouani appigliare al vero,non vi ef-
fendo cofa, cbe piü faccia fede apprejfogli huomini, cbe gli effempi (percbe efji *
foppongono, quafl infatto a gli occbi altrui il vero, di mode cbe,cbi,cogli effeva- Z
pi ft regge, nelle cofe,cbe fi dcon fare,puo quaft dire di farle due volte, & petgfl
effere quafi ficuro di no poter e errare) fia bene,cbe ognuno di noi intorno allapjuf''..
fente materia adducafin vece di ragioni, effempi di cofe auenute, chpjdA^potrd
ogniuno di noi molto meglio trarnc il vero,cbe da fil^ogifmi o da ctitriargorpenti^
- cbe S
A G l i H e C A T O MMI T H I - 1-9
cbe dall'vha, & daltaltraparte ft poteffcro addurre, i quali piu toflònelle fciett*
%e vogliono,che in tnoHrarc quelle cofe, le quali banno piu bifogno della efperien
%a,cbc di argomenti, come fon quefle , di cbe ft è ragionato infino ad bora tra noi
intorno a quefle dorme, contra le quali ha fauellato Fabio, & per le quali contra
lui Tontio armato ft era. Certo cbe molto bene dice Flauio foggiunfero tutti i com
pagni. St differo, non v i è cofa tanto da fe rea, la quale babbitt vn gagliardo di-
nditore,come fete v o i, Tontio, cbe non ft fcuopra, dijputando, fe non in ejfetto
udfl&no in apparenga buona. Magli effempi di vari) auenimenti non pojfono in-
Jgannare, angi fanno certa fede del buono, & del reo. Cofi adunque, di commun
rere3fu concbiufo, che ciafcmo recitaffe qualcbe cafo intorno a qucsla mate-
t, che a lui foffe,o ad altri accaduto, & cbe foffelecito a Tontioy di dir ciò cbe
pareffe in contrario,& a gli altri di riff ondergli, fenga argomentarc:ma amo
reuolmente3 e*r domeflicamente fauellandoy come fra amici fi conuiene.Fatta que
- ft a deliberatione, per non torre il fuo priuilcgio a Fabio, che già dato glibauea
Flaminio, fu determinato ch'egli, prima ddognuno deffe principio a ragionamcnti,
dr pofcia fbguijfero gli altri,fecondo Idordine, cbe difopra nel raccontargli,quan­
do in quefta naue ft diffofero di venire y noi ponemmo. Et cofl ognmo ft mife ad.

Cl N O V E L L E
-< /^ \ TL. T A I nr T * m
iXN i O R N O A GLI A M O R I
SHONESTI DE GIOVANI
verfo le femine impudiche,
L E Q^V JL L I V f O V E L L E S O N O TEK
Introduttione a gli Hecatornmitbi.

F R I N E , ET C A L I E N E S O R E L L E A M A N O T I T O , ET TA -
laffo fratelii; Frine hauendo a faftidio Talafl'o s’innamora di T ito, & in vece di Ca-
liene con lui fi giace. Caliene conofce 1’inganno , & ne viene i parole colla foreila:
cila adirata 1’auelena, & n’è data la colpaiT itoj fi manifcila, che Frine era la mi-
cidiale, è aflòlto T ito, & ella è condannata.
A I.
e aideta mia y come pur diangi vi
do è nata dalia propofta , che ci
pur vi è paruto,ch'io fia il primo ,
nermi tra voi giouani,ad v til vo-
lonarui, & potraui per auentura
a maniera canuto , perche la bianca barba potrà ac-
r *>

1
D ell 'I n t r o d v t t t o n e
crefccrfede, nel coftetto voftro,allc parole mie,come cbe do agcuolmente vipof-
fx far credere, cbe w per la lunga ijperienga dcllc cofepajjate babbia potato ve-
dere quftche cofa piu,cbe voigiou.ini non banetc veduta , la quale videbba ejjcr
di qualche profitto; dlro aditnque dclle dornie, boggi cortcgiane cbiamate ,fe noi
pur donne le vogliam nominare, & dc i pericoli,cbe auengono a coloro,cbe ft dan
no ad antarie. K(on già, perche io mi penft poterc in vna nouella di do fauellar-
ui a baftanga, perche fe tutte le lingue, & tutti gli ingegni,chc fono , & cbe mat
furono, & cbe anebe far anno, infteme ft gumgcffino, & queftift dcflbno,coiUQgni ft ^
ftudio,a raccorre tutti i vitij di qttefle ree,& quello a narrarle ioftimo,cbe faWtr, x
be impoj]ibile,cbefolJino mai appieno deferitti o narrati, tanta, & coft fatta co­
pia ve ne hanno,che certamente tanto puote in loro lafteregga,cbc nell’animofer
rano, & Íappetito,cl) è in loro di male operare,cbe il men male,cbe facciano,è il
non tenere fede,et lo ingannare ,cbe quefto è il proprio loro. MaeJJe non per dona-
no nt a fejjo, nè a perfona, nè banno cura di pietd, o di religione , & non temono
Iddio iftejjo Facitore, & Gouernatore di tutte le cofe , per rimanerft contente de
difordinati deftderij loro,come la prefente nouella vipotra inparte moftrarc.
FV N 0 , ft come bo pin volte vdito dire, in Bologna,madre de gli ftudij
delle buone arti,due meretrici di Tuglia,di corpo ajjai belle, & gratiofe, quanto
a pari loro ft comeniua, & piu di tutte le altre ad infecare gli huomini accorte,
onde mold ne tirauano allhamo , coprendolo di luftngheuole cfca; fra li altri,cbe
la ingoggarono vi furono duefratelli Siciliant,giouani riccbiffimi, de quali Ivno
era detto Talajfo, I’altro Tito; Talajjo cbe il maggtore era, s’innamoro della mag
gtore,cbe Frineft nominaua,& Tito della minore, la quale bauea nome Caliene. i
Etgodendoft i due fratelli le due foreUe,piu di tutti gli altri,cbe a loro ft andaffe-
ro, molti giorni per amor loro , in Bologna ft ftettono. Mentre, cbejofi legofe ojl-
dauano , aúenne cbe Frine conftderando vn giorno le maniere di Tito, zft veggen *
dolopiugiouane di Talajfo, & parendole cbe fteffino molto meglio legarabe Jot- ;
to quello, cbe fotto quefto, & perciò deueffe molte piu miglia correre, cbe queíli J
nonfacea, ella di Tito ftranamente ft acccfe, & comnciò ad hauere in dijfetto,
cbe la forella lui pojfedcjfe . St prima con ogni ingegno ccrco di porle in odio Ti­
to, & di difporre ilgiouane, cbe fdegnata Caliene,amaffe le i. Ft perciò, la mal-
uagia non lafeiaua cofa a fare, cb c’da penfajfe, cbeJenga dare difc fofpctto , fojfe
atta a faria contenta di queflo fuo feelerato appetito . Ma nongiouando nulla,co­
fa cl) ella ft facefje, per cornpimento del fuo deftderio, & ardendo ella piu di gior­
no , in giorno di Tito, maluagiamente ella pensò d’ingannarlo, &■ parimente la
forella fua, con tale aftutia, cbe fqtto le veniffe di giacerft con ejfo lui, & di pie-
namente goderne, malgrado cbe fe nbauejje Caliene. Ft riuolgendoft molte cofe{
per r animo , al fine ft rifolfe, cbe s’ella in luogo della forella, potejfe effer con %i- «
to ft cbe egli non fe ne auedeffe, le auerrebbe, ch'ella compirebbe la fconuenncol*
voglia fu a . Ft coft deliberataft, nonfapendo ella da fe trouar modo al compimeri
to della fua libtdinofa voglia, chiamo vna fua vicina vecchiffima era -
ftata , infttn cbe le forge I’erano baftate, vna delle piu federate míretriufche ‘
. » ^ ^ mala y - "l
"•V

A G lI H e CATOMMITHÍ i(j
mala vita mcàfojje nel mondo . Et pofcia , perfarfi di vacca'afina fccmc veg*
giamoper lo p ià fare a quede tali) veflitafidi bigio, come fe Santa Chiara ella
fi fojje fla ta , ad altro non moflraua di attendere,che a cofe diuine, & vifitando
Chiefe, & altari ,pigliarfi le perdonange , & lc f.ante Jlationi, & colla coper -
ta di fimili opere, ella celatamente non attendeua ad altro, the ad 'meanti, a ma-
* lie, a ftregamenti,& ad ogni altra fpetic di male , poffibile a farjiper donna [ce­
lerata . Erine adunque venuta afc cofiei,come fouentc vifolca venire,per vfar-
Uigiouaniper megana, le aperfe il[no defto, & le chiefeaiulo ta le , cticllapo-
f ^ je c o l fuo mego , quando altro partito non le veniua innangi, goderji di Tito.
Etpromifelcgran don't sella ciò confeguiua. La mala vccchia tutta alle male
opere ,perm alvfo piegbcuole, la conforto piü chcpotè,a u+lafciare cofi a fare
che le poteffe effere dipiacere, con tali parole.Trine, io ti hò fempre comefigiiuo
la dmata, & fallo Iddio , che non è cofa nel mondo , che per to non baucjji ,'ntfino
adhorafatta . M apoi, chora ti conofco di quello ammo di cut non pure datcrie-
no effere le p a ria te, ma tutte le donne,fe bauejjino punto d'ingegno , molio me-
glio ti voglio , che prim a, & affai piu fonper effere pronta a tuoi piaceri,da qni
innangi, che da qul adietro, nonfono fla ta . Molto adunque lodo il tuo defiderio,
figliuola mia, Terche amepare, chepoi che donna del mondo ti fei fatta , da ta­
le anche ti viu a, come da monacha ti deuredi viuere, quando cofi femplice tu
foffi flata , che monaca te ne fofji ita . Terche dee feguire ognvm quclla arte, a
cut egli ft è dato, nè maipuote effere altri biafimato, s'egli fa quello , che all'ar-
te fita sappartiene. Mipiace adunque, poi che ad effere donna del mondo ti fei
data, chefi ti caglia di te medefima. che tu ti poffi amouerare fra le fauie. Che
pagpte fono quelle, chefanno riffiarmo di que piaceri, a i quali le ha fatte atte
ajujtura quando la buona ventura loro glide apparecchia; pur troppo toglie al-
e dôWie uvecchiegga fenga cloelle nella giouanegga loro vengano fearfe afe me
defime di quello che lor piace, e£“tanto piü deono effere le donne follecite dc tra-
,:fiulli loro,quanto,che per pentimento,che lor foprauenga , non ne poffono hauere
f f *riftoro, come dimoltealtre cofe fih a . ^ingiil vederfi veccbie , & condannate
f a darfi coifarcolaio, o colla conocchia fulla cenere, a farfuoco alle pentole , &
I effere venute a faflidio infino a topi delle cafe, è loro di tanto rimordimerito , che
lor duole ritrouarfi viue. Et io figliuola mia, te ne poffofar fede , non perche io
,i mai lafciajfi di far cofa, che mi veniffe in core, di qual conditione ella fifo ff ?, ma
perche mincrefce, che molto piü non fei, di quello ch'io mi ritrouo bauer fa tto ,&
-S feio potefji vn altra volta ritornar giouane corne io mi vcggo venire ogni gwr-
nopiü vccchia, io ti fo dire, che io mi porrei tutti i rifpetti da vn de lati ,pure che
poteffi compire qualche mio penfiçro , & non haurci da dolerrni di baucrmi fatto
*rifyiarmo di quello,mentre, che fòjfi giouane, che p o i, defiderandol vccchia , nol
efji hauere, che pofcia, che noi ce ne debbiamo ire a cafacocente , nel fuoco
ace, come dicono quefli fpiritali, egli è bene , che di qua ci pigliamo , per o-
ci ojferiffepiacere. Ter conchiuderla adunque ,fono pronta a darti
~she tu ti goda di quedo tuo amore. Jgé a miglior per fona di me
. i . c 4
'» -SgSs

' . I
D ell ’I n t r o d v t t i o n e
poteui tu venire. Et voglio, che tu tenga quello iftcffo modo,cbe to tenra a giacer
mi con vno mio cognato, quando io era giouxne , ilqual dirotti tofto, ctiio ritorni
col rimcdio. Et cofi detto, andataft a cafa, prefe vna guafladetta di acqua allopia
ta ,& gliela porto . & diffele,vcdi difar here di quefta acqua a tua forella quan
ta capircbbe vna noce, Ella, tantoFlo, cbc bcuuta I'baura , ft adormenterd di ma-
niera, che fuegliare non ft potrà,infinopcr died horc,et queflofatto,tuporrai lei
nel tuo letto, & tu nel fuo ti andcrai,etvcncndo ad ambc voigli amanti vojlri di
notte albuio, (tome fo, che vivcngpno) credendoft Tito effere Calicne, ft giacerd
con effo teco,& TalaJJo con Calicne, credendo , cb'clla fia tu, perche fete tra vdfy ^
cofi ftmili di corpo, & di voce, che leuata cbe ne fia la lucerna, malageuolmcnte $;
potrefle ejjcr conofi$t£ vna dall'altra.Tiacque a Frineil configlio della ribalda 4
veccbia,et datale quella mercede cbe le parue conucneuolc,pigHojfi Iacqua & Ia \
fera ifleffa,entrando ella nella camera, & fchergando co Caliene, poi cbc rifcal-
date ft furon,finfe Frine,cbe lefojfe venuta fetc:& inuitata a here la forella ,fe
n'ando per acqua frefca, & pigliatine duo biccbieri,pofe in vno tanto delbacqua,
cbe le hauea data quella veccbia,minifira del Demonio, quanto da effa I'erafta-
to detto,& bemta facqua,fendo ambc affife fu il letto, Calienefopraprefa da gra
* uijfimo fono s'adormento, non altrimente, che sellafoffe Fiata priua di vita,Fri-
neffogliatala, nel letto la lafciò, & ellafenandb nella camera di Calicne,infor
mata prima la Fante di cafa,cbe molto piitamaua Frine cbe Caliene, di quanto ft
deuea fare. In queflo mego vennero i duo amanti , & l a Fante dift'e a T alafjo,
cbe Frinefe tiera it a, per quella notte fuori di cafa, & cbc per cib non poteua ef­
fer con lei,& che Calient fen era ita nel letto,& attendeua Tito. Talafj'o,quefto
intefofenc parti & vi lafcioTitOyil quale , andatoft alia camera di Caliene con
Frine ft giacque credendo di giacerft colla fua amante, nonfenga infinito pnaceye * ^
di Frine, Ma temendo clla , cbe il piacere nonft riuolgeffe in ajfdnno , ji eta Tito ^
conofciuta fojj'e , finte fuefacende a ciò opportune,dati mille bad al giouxne,del-
le braccia ,poco innangi al giorno, gli ft leub,& fenvfci di cafa, & fattogior - 4
no s piabiato l'vfcio,fe fembiante di venire di fuori,& ritronato Tito nel letto,'**
cbe anchora leuato nonft era ;gli dimandò oue foffe Caliene, ella ft è auanti lo
epparir del giorno, leuata riffiofe egli, ma cue ft ftagita , nonfo, & finiQ Frine -f*
ccrear di lei, monftrò di baucrla ritrouata dormire nelfuo letto; & motteggian•
do con Tito ,g li diffe , Hauetc cofi ajfaticata la gitimenta al corfo quefta notte,
cl) ella non ba veduta I'bora, che vi ft fta leuata difotto. quefle parole rife T i­
to , & diffe. Ter miafede nonfard clla, cb'io non corra vna altra pofta, auen-
gane cbe pno. St leuatoft dal letto, undo oue era Caliene , & a canto le ft corri•.
cb,& fcojfala alquanto, la fe rifuegliarc,& rifuegliata, cl) ella fu ,le diffe Tito, < I'
fete bene dipoca lena,fe per cofi picciolo fpatio, quanto fu quello,cbc quefta
te correfte/fctc ftata di maniera ftanca, che mi vi fa te leuata di fotto , per venir
qui a ripofarui. Caliene, a quefle parole, rcFib picna di marauiyjia , & diffeglb;
comefono io slata quefta notte con voi f Egli mi pare,cbe bierf r a qui mjjfirlcafli
& tutta quefta notte mi ci fia giaccmta. cui Tito diffe , credo rffe%M)effatc , j
* non so
A OLI H e C A TO M M ITH I 21
nonfo io fe tutta quefla notte,quanto ella c flata lungay ml hoprefopla.cn di vo it
chefogni fon quefli,cbe mi volete dare a vederc ? difje Caliene come pub egli effe
re,cb'io f a flata coft infenfata quefla notte,che mbabbiate hauuta come ditCyfem
pre nelle brdccia,& non me ne f a aueduta f Deb chiamifi la fante di gratia , dr
dimandianlc come fia ita la cofa. Chiamift diffe Tito,Cbiamata adunque la Fante,
• ** che d'ognicofa era molto bene informata , & tutta intenta a compiacer Frine ,
perche,per tenere celato queflo ingannot buono vtile ne trabea; le diffe Caliene,
fongiàio fa ta quef a notte con Tito,no f Mngi qui, one hierfera m ipof fon
J 'S-.

" 'flata inf no ad bora i M cui la fante, fat to vn buon vifo, diffe. Credo io Madonna
chcfognate veggbiando; che farnetiebi fono quefli f Tfon fo io, che io bicri vi a-
iutaiy a fera ad andar nel let to, & vi.pofl a canto a Tito f*dr che poco innangi al
giorno, fete venuta nel letto di voflra forella f*che fanotte fe nera ita a dormir
fuori di cafa, dr èpur teflè ritornata ? Furon le parole molte , ma alfine la cofa
V' refib,che Tito,che con Frine tutta la notte era fla to ,ffo f cgiacciuto con Calicne.
Et cof effendof fa ta ella a digiuno, ne rimafe pafeiuta di parole . Taffarono al~
't
cuni giorni,prima che Frine voleffc efferepiu con Tito, dubitandof i , no il troppo
tentar la Fortuna, le poteffe ritornare in danno. Ma venutale vnalira volta vo
glia di lui, perche buon caualliero ritrouato I'hauea, penso nuoua aflutia, perche
*Maforella non fene auedejje, & Talaffo, non f fdegnaffe, dfella tanto (peffo le ft
toglieffe,& percio la lafciaffe, dr fofeanco cagione,che Tito ft leuaffe da Calie-
|> I ne, onde ella perdeff'e advn tratto, dr I'vno, dr laltro . T er la qual cofa , data
di nuouo a bere a Calicne facqua alloppiata, lapofe nelfuo letto, toflo ctiella
adormentata , & ella in queilo della forella f undo . dr venuti i duo amanti
'vedete corne da vna cofafconcia ne nafeono molte) fe che la Fante meffe Talaffo
-1- letto conCaliene, & credendola egli Frine , comincib a fchergar con lei,
nèper itoja^clfegli farfapeffe, la potè far rifentirc dal fonno. Ma per non effere
iui venuto indarno, cof adormentata, com ella era, la f recò in braccio,& comm
rib a traflularfi con effo lei, mentre che Frine con Tito compiutamente ft godea,
Et cof per tutta U notte fiflettero in f eme,credendoft ciafcuno degli amanti,d’ef­
I
fere flato colla fua donna. Trima,elf appariffe I'Murora Frine ft leub da lato a.
Tito,&Te fit in tanto fauoreuole la fortuna, (benche la mala femina, non era mi-
ca rimafa fenga modo di celare lo inganno, quando cib auuenuto non fofejcbe ven
ne vnmeffo inantii Igiorno a chiamar Talaffo, dr Tito , che andaffero alfhofte-
fia del Leone , che v i era vn fuo cariffimo amico Siciliano, il qual prima , che ft
m partiffc volea lor pariare di cofe di molta importanga, & che non tardaffero mol
to,perche ft toflo, che foffero aperte le porte , ft volea partire per Ferrara, & in
di andarfene a Vinegia. Lcuatift adunque i duogiouani del letto, dr f a ttif amen-
duijeruire alia Fante fenga phi ritornare nelle flange dellc Donne, t of ament cfe
tii jitono di cafa, & fe tiandarono alfho fieria , one era il loro amico. T ra que-
Frine infem e colla Fante, tolfc Calicne, clfcra amora inprofbndofon-
\no [ortatala nella fua earnera,prima che ft rifnegliajjc, la pofero Joura
fe tto , St perche ella haitea bcuuto vn poco piu facqua the le aitre volte.
VICpm,
IF

D E L l ’l N T R O D V T T I O N E
vie pm , cbe non era vfata dorm . Ondc, ritornxndo i duo amanti a cafa, Tito ri-
trouò la fua Caliene ch'anchora dormiua, & dopo molto bauerla fcoffa ,fueglia-
tala ,lacominúò ad abbracciare , & abaciare . Ma Talaffo andatofene verfo
Trine, colla quale fi credea di effer flato la p affata nottc, nonf o , difJe,s'io mi fla
giacciuto quefla nottc con voi viua o morta , perche , per cofa chc io vi habbia o
detta, ofatta mai fuegliata non vi fete : M quefle parole Frinc chc non meno di i.
menxpgne, cbe di feelerate7gga era armata, finfe3che coficlla hauea finto,ma che
piu piacerc haueua eüa hauuto di lui quclla notte, che mai, & quello cbe p i u f c - ^
ra flato caro era , che credendofl egli, ch'ella dormiffe 3pin che mai, I'haueua
morenolmente abbracciata, & pit* diletto , che mai da lei ft haueua prefor Men-
tre che cofloro cofl fauellauano, Caliene rifuegliata da T ito , ft Hroppicciaua an­
chor gli occhi, quando T ito, motteggiando ,le diffe. voi tanto ve ne togliete,
che rimanete di modo lajfa, che nonpotete poila vita. Caliene, cui pure era pa-
ruto nelfomio, mentu, che ft era con effo lei ftato Talaffo , hauendola creduta
Frine , di hauer hauuto qualche folaogp, come auicnc alle volte a coftoro, che ft
•pm
fognano quelle cofe,con gran diletto, che vorrebbono hauere vegghiando , flaua
in ferfe ,fe con lui flata foffe ,o n o . Ma veggendo, che cofl caldamente da lui
le era ciò detto ,fl mife anchora ella a motteggiare con lui, Jfon manco pero di
marauigliarfl tra fe, come foffe flata tanto tenuta dalfonno,che non haueffc pota­
to rendergli i bad, & lecaregge. ^Andopiu volte col mega di quella acqua,tra
loro in quefla maniera la cofiiftfertga che alcuno fe ne auedeffc giamai. Tanto be­
nefapea coprir Frine la fua maluagitâ, hora con queflo , & hora con quell'altro »
modo; In queflo mego tempo auenne, che parendo a Caliene d'effere,come nel v e lJ |J
ro era, ingannata, aggnggo lo ingegno,per vedcre onde ft proccdeffe, cbe gia-fjfa
eendofl ella con vno huomo fdquaie era da lei fommamentc amato c'r^sfcl ajpdrj,
ft pigliaua grandiffimo piacere,alle volte non pin lo fentiffe, che s ella morta fof- ^
fe flata, & riuolgendoft quefla cofa perl'animo, simagmò, che la forella,che gfid
hauea cercato porle I'amante in odio lingannaffe. Ma non prima le voile dire co
fa alcuna, che ft cbiariffe di quello, di che ella hauea fofpctto . Stando adunque
full'auifo vnafera ft auide dclloinganno dell'acqua allopiata,& fingendp dibere,
& non beuendo (perche, portale I'acqua dalla Fantc, diffe, ponla su il ãefco, che
la mi beuerò poi) partita la Fante, fingendo hauerlabeuutala gittb v ia , & po-
ilafi su il letto della forella, & facendo vifta di dormire, cominciò ad attendere
cio che auenir deuea. Ft venutigli amanti,vidde che Frine, in vece di lei, ft gia-
cea con Tito,et Talaffo in vece Frine di ft traftulaua con effo lei,del che ella fu ol~
ire modo dolente, Ma dubitando di quello, c'baurcbbe potuto auenire, s'ella mot­
to rthaueffe fatto a Talaffo, mentre egli era feco,fi tacque, & per quella notte '
anche, benche con fuo fommo difbiacere, con lui ft flette. La mattina,poi che per \ j
opera di Frine i duogiouani fe ne ftirgiti, fenga efferfi aueduti dello ingamofCa-
liene ritrouò la Sorclla, & tutta piena di fuoco, & di rabbiaje diffe lamjgvio:
villan\a,che a rea femina ft diceffegiamai. Et ia minacciò , che s'ellqjpyfmai ft-
mil dciitto commeiteffe,nc farebbemotto a Tito, &. terrebbe modoicbp ft conflo t*
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A G l i HeCATOMMI THI ^ 2 a
fuo merto, ne farebbe pagata. Frine,poi,cbe vide il fito ingano palefe,arfe di tato
odio cotra la Sorella,cbe,fattofiarrecare vna fera mortifero veleno alia vecchia,
the I'acqua data le bauea,glielediede in vn manicaretto, si, cb'ella nonfe nauide,
onde la mattina ft ritrouò morta nel letto .Srano, pochi giorni inangi, cbe Caliene
pigliaffe il veneno,nate tra le i,& Tito alcuneparole, ejfcndoft aueduto cb'ella ad
'■* vn’altro ft dam , Et era egli,per fua mala forte, quella / ’era, nella quale le fu dato
il veleno da Frine,ftato a cafa loro, & bauca detto a Caliene di vcciderla, s'elta
xon colui pin figiaceua. Et, tuttopieno di fdcgno,s'era da lei partito, mentre clle
t'tcnauano . 1Per la qual cofa , andata la fama per Bologna delle minaccie di Tito,
& chc Caliene era morta di veleno , ognuno die la colpa della fua morte a Tito.
Onde injligando la corte quell'altro amante, cbe di Caliene ( malgrado di Tito) ft
godeua,lnduffe Trine cbefcolpar fe conofcea,fe la colpa cadea fopra Tito, a dire,
cbe quella fera, cb'ando inangi alia notte,cbe fu I'vltima della vita di fua Sorella,
ella vide Titogittar non fo cbe ncl vafello,oue era il mangiar di Caliene,& cb'el­
la certamente tenea,cbe foffe ftato il veleno , ond'ella pofeia fe nera morta. Ciò
intefo,fu fubito prefo T ito , & ejfendo egli di natura molle,& deiicato,nè poten-
do refiilerc a tormenti ,fu cojlretto dal martorio a csnftffare tanto effer vero,
quanto Frine hauea detto,la qual cofa, intefa da giudici, fu il mifero innocentc al­
ia morte condannato. Et venuto ilgiorno,che ft deuea condurre Tito al luogo di-
putato, per leuargli la tefla . La fante, cbe sera aueduta , cbe Frine baueua vc-
cifa la for ella,& cbe la veccbia,cbe le hauea dato il primo configlio,lc baueua an
co portato il veleno,moffa a compajfione del mifero Giornne, & coflretta da vno
\ntrinfcco rimordimento , cbe ft dee credere , cbe le fuffe mejfo neltanimo da Id-
iio , percbe nefojjbliberato il Giouane innocente, & la maluagia forella bauejje
ü
M guilderdone <& di quefla,& delle altre fue federate opere, mentre era mcnato
T itlfilw n W w ífifece incontra a fergenti del Todefta,& diffc ioro,nonprocedet-
te piu oltre contro di queilo cattiuello,ch'egli della morte di colei,per cuiaguafla
re il menate,non è colpcuole,& io faro palefe al Todeila il micidiale, pur ch'a lui
rni meniats. quelle parole i fergenti ft rattennero, & mandarono la Fante al
Todeftàj^il quale, intefo come il fatto flatta, n'bebbe grandijfimo piacere, come
colui, cberPlal volentieri vedeua morire il Giouane,cbe gentiliffimo , & nobilijji-
mo era . Et conofcendo,cbc Frine,per lo conftglio della fcclerata veccbia , bauc-
ua auelenata la Sorella,mando fubito la famiglia a cafa di amendue,&le fe pren
dcre, & , fubito , cbe confeffato hebbero il delitto , affolfe T ito, & fe loro dare
2a morte, della quale eran degne. ^4 queflofiero accidente, fatto il Giouane, a
tfueJpefe , pm cauto, delibero feco di mat piunon porre il fuo amore in coft foggo
• 111 ^luogo. llcbe vi prego, cbe facciate anchor voi,figlinoli m iei, acciocbe i perico-
li a[trui vi facciano accorti,cbe quindi bene vederepotete, cbe non èJpecie alcana
dimjale, cbe non fia in quejla forte di femine . Verb fuggicele,vi prego, figÜHoli,
>eUe nonfòno altro, cbe fcogli ,p o fti nel marc di quefta vita , alia morte di not
*mifero colui, cbevi rompc,o cbe tratto dalle loro fallaci lufmgbe,co
igli Jtfgfi d*Ue Sirene, vi inueccbia,
4 l, vico
r* „
/

D e l l ’I n t r o d v t t i o n e

V I C O A M A V N A S C H I A V O N A , ET S E N Z A S P E N D E R ,
lungo tempo , di lei fi gode . Pofcia ama vna Greca , & perde ogni fperanu di
poterne godere, maal fin fi g;ace con effolei, & ne riporta molto vtile.
N O V E L L A II.
V attentijfmamente da tutti e'giouani vdita la nouella di Fabio,
& fu molto biaflmata da tutti la main agita di Frine. Mafu-
ronui di quelli3 cbc differo , cbe non erano le Cortigianc tutte a$:.
vn modo maluagie. Et differo3 cbe de’cafi fimili a queflo,ne tJT<
niano ogni migliaio d'anni vno 3 o due, angi ogni giorno ne ven-
gono difl'e Fabio,& cbi bene con diritto occbio riguarderà per la città noflra, nel-
la quale vie maggior copia ríè, cbe non ft conuiene a luogo3cbe pa la fede del Vi­
cario di Chriflo, dr il nido della noflra religione3vedra, ebepoebe morti nafcono3
poebe ruine di robe3di fama,dbonore,che di qut non habbianoprincipio. Diffe al­
lbora Tontio, cbi ha ingegno , Fabio3può fleuramente3 con quefie, come coll’altre
donne comerfare,auengono a fcioccbi i cafi, cbe voi narrati ci bauete 3ma a pena
c
vi potrei dire , quanto io mi marauigli di voi 3fapicndo c bauete pur let to moltc
m lte 3ch'Vlijfe il faggio3colla radice deltberba,che gli die Mercurio, fuperò in gui-
fa tutti gli inganni di donne tali,cHegli fu di loro fignorc.St cbe Terfeo il forte ,co ■
M prendofl collofeudo di Vallade,vccife Medufa, cbe, per la fingolare , dr maraui -
i ^ gliofi fua bcllcxga,era detta treesformare cbi la miraua infaffo ; per le quali cofe
potete comprendere,cbepnè tbuomo di quefie tali donnegoderft,dr,adoperando ,
ilfenr.o, fuperar tutte le loro arti con marauigliofa Victoria . Ft ar.cbora3cbe pit/' '
toflo a me bora apperteneffc moflrare , cUil ripofo cCamorctuà in quefle tali don.yA '^J
ne3cbe darui a v edere come p poffino vincere,'Ffondimeno,perche Fabio ncflefrnCi £ '
die loro ft è flefo,dr perciò ba moflrato abomineuole il loro amoYe; vofCitffcarif-
fimi compagnt3con cbiaro effempio farui vedcre,ebe Cmgegno deltbuomo fi può co
ft febermire dalle inftdie, & dailarti di tali donne,cbe oue elle cercano altri ingan
nare3 ne rimangono le ingannate. *
V I C 0 3 come credo cbe molto ben fappiate, fu giouane Ferrarcfcjiobile, dr
gentile, ma,per fua natural diffofitione,molto piegbcuole a pigliarfi pidcer di ta­
li donne,ma era tutta via intento ad effere di manicra con loro,cbe ne godeffe,fen-
%a lafciaruidelfuo pelo,o perderuiil ceruello 3 Et con tabarte egli fu conmolte
di quefle,cbe not chiamiamo a noflrt tempi, nonpur cortegiane, ma ftgnore,fen-
%afpenderui molto del fuo. Ora auenne vn giorno cbe gli venne veduta ad vn bal­
eone in campo di Fiore vna cortegiana, ( cbe vferò quefla voce,laquale bora ft v-
f t daognuno3parlando di donne tali) laquale era Scbiauona, di coft vago , \\*
coft gentile afpetto, cbe parea, cb’ella portaffe con effo lei la bellegga medefiyia;
Tiacque algiouane nella prima vifla coflei, dr delibero di volerui porre tutteji ),
forge per effere con lei, Ma prima cb'a lei ft andaffe, diffe ad vn fuo amico 3 cbdf
canto la Scbiauona flaua,queflo fuo defiderio. V amico, cbc m oltob^ew btj^ *_
fccua 3 dr molto amore portaua a Vico, gli diffe. cbe segli foguiuaf^ %

i
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_!

Hi A G li H e c a t o m m i t h i . 2$
figlio, non pure non vi anderebbe,ma lafuggirebbe pit*, cbe le cofc re e . Vico gli
dimandò qual cofa lo (pingeffe a cofi dirgli, non ultra , diffe egli ,fenon percbe la
piufeeleratadi lei non fu in Roma giamai; foggiungendogli ,ch'egli gli potrebbe
contarevn ntigliaiodi tradimenti, m i chc di tutti , quando egli non hauejje facen
day glie ne direbbe vno, cofi horribileycbe s'egli tarn.iffe piu, cbe la fua vita,ellx
gli verrebbe in tanto odio, che non la vorrebbe vdir raccordare. Vico gli diffe,
cbe nonfolo volentieri tafcolterebbe , magli baurebbe gran gratia,per cofi amo-
.Jd^uole vfficio. lAllbora il valent'huomo diffe, ebe'effendofflranamente innamo-
fato di cofiei vn Giouane Tadouano ,d if i nobili coftumi, & di fi rara bellegga,
cbepotea effere amato da qualunquegran Donna, cominciò a tener modo di pote-
Aidfre effer con lei , Et accofiatofi il Giouane ad vna fua veccbia,di tutte le federate
cofe maefirafie dimadò che modo egli deueffe tenere per giungere a fine de fuoi de
fiderij. Quefia veccbia, con certefue fauole, gli cominciò a dare fperanga y &
C notrirlo di quella, cauandogli bora quefia cofa y hora quclfaltra dalle mani. Et
percbe era la Schiauona allhora in podeílà di vngran Signore y ella fi fingea non
gli potere effere cortefe di quelio ,ch'elia era piu vagay & bramofa di dargli,ch'e-
gli di bauerlo non era, perche yella temea tira del fuo [ignore: ma che fi tofloycbe
le fi offeriffe la commodata, il fodisfarebbe appieno. Et cofi, con[guardi,& con
fs0^m
xiancie, facendofdo tutta via piu pregione, il tenea a bada : Et con quefia arte,
fi come ella hauea tolto lui a fe medefimo , gli catio anco dalle mani cio, ch'egli
baueua in Bgma. Ma il Giouane per tutto ciò , non fi auedendo de gli inganni di
rcpfiei, non fi rimaneua di amarla,fperando pure vngiorno di riportarne qualebe
ercede. Toi cbe cqâei a fua voglia, col megp della maledetta veccbia ,kebbe con
rumato quefio Gwume,fenga ch'egli baueffe alcunpro delle fue faticbe,& dei fu»
^ b /vhdpfic£ >{$.gli fe dire che fe gli deffc il core di venirfi a let fulla mega not-
,á-i , te, per quella finefira , cbe gli moflrerebbe la Veccbia , Ella il farebbe contento
dei fuo amore. Il Giouane, cbe farebbe ito per lo fuoco , rifpofe che per qualun-
I que via gli foffe moftrata dalla fua Donna, andrebbe egli ,per goderfi di le i, non
che per quefia finefira, onde fi penfaua di bauere la via molto ageuole, & tenen-
dofi beatojfcpotcffe effere con cofiei ,fen e venne a lei,con vna fua lancia & po-
ftauifopra vna fcala di fune,con certi vncini di ferro tappiccò ad vno Mrpione,
cb'era vicino all'orlo della finefira,cbe gli hauea moftrata la veccbia , €t comin­
ciò il mifero a falire, per entrar nella camera . La maluagia veccbia,che latten-
dea,fecondo for dine datole dalla Schiauona , efjendogià falito tanto il Giouane,
che toccaua colle mani la finefira ,glipigliò vna delle mani, comevoleffe moftra
rre di dargli aiuto,ad entrare nella camera. Et tenendolo ftretto , cominciò a gri -
dare ad alta voce, aiutatemi Madonna,cbe è qui vn ladro,e vuole venire in cafa.
Ilpouero Giouane, cbe fi credette,che la Donna nol conofceffe, le diffe, cbe cofa è
tacete,non vedete voi clüo fon l 'amante di madonna i Tufe' il mat anno,
-g-M&QJ1dia, feelerato, cbe fei, rifpofe ella; & di nuouo cbiamò ad alta voce
.a Schiau&efagridando al ladro,al ladro. La ojjfie il Giouane di ciò flordito,veg-
g^pdQ-..cbe.nulla \ l i giouaua prego alcmo,nè lufnga, per acquctare quefia furia
v • ' infernale
O é

1
D ell'In t r o d v t t i^ ^
infernalefetnendo di quel, ch'auenne3 volea fcendere, wa la veccbia tanto flrctto
il tenne per la mano 3 che allegrida & fue, & della Scbiauona3 chegià sera col
la veccbia accompagnata , fopragiunfe di molta brigata , & 3 veduto cofiui3
ctiera anchora fulla fcala , pendente3 credendolo veramente ognuno vn ladro , lo
prefero3& 3poflo3ctiegli a fua feufa molte cofe diceffe, nulla gli fucredutot ^ ,
angiildiederonellemani al Gouernatore, il quale fenga altrimente parlargli il'fftM
feporre in prigione. Haueua la Scbiauona 3che non era contenta della prouiflo-
ne , che le daua il fuo Signore, nè di quella , che a mold altri con mille inganni,
robaua , / otto ffetie di amargli , fatto rubarc a vn vicino vn bucato di panni lin'd* _
fottiliflimi di molto preg^o, i quali nhaueano fatta querela al Gouernatore, &
ríincolpauanola Scbiauona, M a,per nonvi effer forfe quegli inditij, che vi era-^t
no di bifogno , o pure il Gouernatore temeffe il Signore 3del quale coflei era don­
na ( che vegghiamo fouente auenirc, che ilfauore dc i grandi huomini fa pregiu- »
dicio alia ragione 3 & fpetialmente fe vi s interpone amor di dome) non era piu
oltre proceduto . Veggendo adunque coflei prefoil Giouane 3prima 3 che il gior-
no appariffe ,fappiendo 3 poi che allapouertà il mifero eragiunto3 teneua a pigio-
ne vna camera 3 oue tutto folo ft ftaua, la quale era a terreno 3 & che per effere
le finefire collegabbie di ferro 3 non fi cbiudeano,vi mando ella fubito la Veccbia,
& gh fecegittarc nella camera3per vna delle fineflre,fopra vna caffa3che vicina
vi era3alcunipanni Uni dello imbolato bucato da lei.Tofcia la mattina,fatti chia-
mare a fe que' vicini Signori della roba,cb'eraftata lor tolta3diffe3chc potrebbe ef­
fere ageuolmente,cbe il Giouane3cbe lei rubar volea,fofl'c flato quegli 3 che le fue
robebaueffe hauute,&,con quefle parole3gliJpinfe al Gouernatore3il quale,vd\t&$ *.
laccufa, che gli dauano coloro. Trima egli addimando, to, che cojf. Thaueffe mojfo ad^tfé
andare alia Schiauona3con tali fcale3 & con tali maniere 3 ctiefojje tenuto vn la­
dro . €t dicendo egli3ch'ella ve Vhauea fattogire,&pofeia cofi rrfuwe^Trit^ato, w (
nonfu creduta cofa alcuna, perche non haurebbe mai potuto cadere fin core huma- **
no3che bauendolo coflei fatto afe venirefl'baueffe pofiia voluto condurre a coft pe / , ^ ^
ricolofo paJ[o,angigli diffe il Gouernatore3 tu fei vn maluagio >nè le tue memo - i 'J*4 I
gne ti varranno.Non hai tu anco imbolato vn bucato a quefligenúlbuomfiii? Bfma |
fe a quefle parole il giouane comeflordito ; & diffe al Gouernatore 3 cdffie v i paio ^ (
forfe io huomo da commettere ft miI delitto? & marauigtiomi di quefli gentilhuo- ^
mini (però che gli accufatori vi erano prefenti) che mi diano quefla colpa. 0 den-
do ciò coloro3 cui flati erano rubati i panni, pregarono il Gouernatore , che man-
daffe alia coflui camera3percheleggiermetepotrebbe auenire che scgli foffeil tnal
fattore 3haueffe anchora di que' panni in cafa. Il giouane3che ft fentiua innocente, \
& che nullafapea di do, chefatto ft haueffela Scbiauona ,fi mofir ò di queflo fo~
pr amodo contento. Et diffe al Gouernatore, che fe ritrouaua3 ch’egli hauejfe nul­
la di quel di coloro3 ch'egli ne voleua eff?rc impiccato per la gola. ^indati acTun-
que i Sergenti infieme con coloro,che ft doleano alia camera del Giouane,& ritro*
uatigli i panni lini 3 gittatigli in cafa dalla Veccbia , fubito gli conobberot tlTglt
portarono al Gouernatore; vedu.igfi il mifero Giouane, non fappiendo altro che
t & — - f iir f lr '- k
f
I
A G li H ecatom m ithi 1 4
farft, cbe dolerfi della fua mala ventura,conofcendo , cb'egli fleffo bauea data la
fententia contra f e , rimafe poco tneno che morto . il Gouernatore dettagli la mag-
giorvittania del mondo, life rlmenarepregione,con animo di farlo collare, & di
frame il vero, Ma egli bebbe in ppma alcum amici,cbe non ft pojfcndo perfitade-
M jp
, . *fÊ/e » cb'egli che cojlumato era , & virtuofo , ft foffe indutto ad imbolare laltrui,
fenga lafciare piü oltre procedere la cofa; pagarono la robba a coloro che ft dolea-
“ no, & il traffero di pregione, con bando però, cb'egli non bauejfe piii mai da la -
:il^ m g jcia rfi ritrouare in I{oma fottopena di effere impiccatoper lagola . jQueflo fu il
fine dell'amore, & della fede del pouero giouane collafcelerata Scbiauona. Et do
X ^ ^ mi fupofcia detto infecreto dalla rea Veccbia , cbe di tutto il male era ftata mini-
' j f r f t r a . Etperciò, dijfe il valent'buomo, Egli mi pare, cbe il meglio, cbe tu ti pof-
ft1f are >ejJlc0 >fia d lafciare la pratica di cofiei , perche effer nonpuò3cbe feguen
Z dola,tu non te ne rimanga 0 tinto, od arfo : Vico3 ciò intefoyringratiò I'amico del-
j^dWioreuoleTgta fua . Ma diffegli di non voler per ciò reflare di effere con ft bella
creatura3come era la Scbiauona,& cb'egli era il cogTone,atto a dare 1ambio,&
il trotto a cofi fatte Giumente. Et ritrouata la Veccbia, della quale la meretrice
fi feruiua3 comincih ad effere con le i,& a pregaria a porlo ingratia della fua Don
^na 3 & afar si3 cb'egli ft poteffe goder di lei3 & ft moftraua tutta via molto ric~
to, & lefaceua mofir a di molta quantità di danari3promettendole di volere, che
non poteffe non altrimente difporre I'amata Donna 3 cb'egli ifleffo ft faceffe 3 pur
cbe ft conofceffe effere amato da le i. La Scbiauona, cbaueua intefo coflui effere
mmolto ricco, comináò d tentare 3 sella gli potea trarre danari dalle mam 3 & pa -
t Jffcerlo ( come facs^molti altri) di vento. La onde monfirandofi molto vaga3che
%~Uico l'amafJe3<gjr4&xlogli anch'ella qualchefegno d'amarlo; quando le parue di
” bajyerlc^^iif^egato , cbe leggiermente non fe ne poteffe fciorre,fe che la vec-
chia gli dimandò a.fuo nome venticinque fcudi3per feruirfene in vn fuogran bifo-
gno. Vico diff'e allbora tra fe3 io non pago le mie vetture inangi tratto. Et volta -
Í 7 alia veccbia 3 le diffe 3 cbe non pur venticinque fcudt3 ma chegliene darebbe
i
quanti n bauea, quando la fua Donna, Imagine della quale egli tenea fcolpita in
jj mego il co h jl voleffe compiacere dife. Veduto la Scbiauona vna3et due volte che
s I coflui, non mangiando,non volea pagare ilpajlo, & bauendo intefo dalla veccbia
I la quantità de'danari,ch'egli baueua, & I'amore,cb'egli moflraua di portarie, &
legran proferte, cb'egli le faceua, s'auiso, cbe s'egli veniffe a le i, onde ella il po­
teffe, come gli altri, incfcare, monflrando di amarlo, ne trarrebbe molto v tile ;
jh a vi so dir'io, che la capra bauea ritrouato ilfale. Fatto adunque vna notte la
^•Scbiauona venire il giouane a leiftl compiacque difemedefima , eJr egli ,facen-
' iole vngran numero di promeffe, fenga darle nullaje ne p a rti. Et nutrendo pur
ric* coftei, (la quale per non voler perdere la mercede del dato,gli era (mal fuo
rado cortefe) di larga fferanga , col dirle, cbegliene darebbe tanto vn giorno,
ÍPll&&C£Ímarebbe contenth,traflullofJi moltigiorni con effo lei, fenga darle nul-
i , Ma donaua egli nondimeno alia veccbia, q^ali»tque volta andaua alia Schia-
rn a ;qi4alfbe cofuaia ,folammteper ferrare la bocca alia cagna , che non le vie -
' toffe.
D E L L'I'NTR. odvtti o n e
tajfieycoiràbbaiare la entrata. Co quali doni egli appocoyappoco fi hauea di manit
rafatta fua quefia veccbia, cbe molto piu flimaua quel poco guadagnOych’ellafix- f i
cea con luiy che il moltoy chc nc 1)aucjfie potutofar la Schiauona yfiappiendo, che
di quanto nbauejfetratto la Schiauona , o poco , o nulla nhaurebbe ella hauutoy
per la qual cofa yfie bene ella fi dolea colla veccbia y ella la riprendeuay & gliene
diceua maley dicendoley cbe coilui era vno di coloro y che non donaua yfe non vna
volta y ma cbe in quella egli auan%aua i doni di died de gli a ltri. Condnouando
'Vico I'andare a cofleiy auenne, che tregiouani Homani di gran parentadoy i quali
haueuano molto fpefio y & pocogoduto di leiy & alia fine fi vedeanoficherniti y
voleanofar villania, onde temendone molto cofieiyfcoperfe do a Vico y raccotnan- mM‘T -
dandoglifi quanto piu potè3<&feppe. €tegliy prefix I’occafionc ojfiertaglifiy difife,v,*J
che non dubitaffie, cbe oue bifiogno gli fiofifie venire all'armey per jua difiefiay non vi
penfierebbe punto . May che gli daua I'animo di acquetargli fien%a altra briga, to-
fioycb'cgli mofirajfie loro il vifio. Et cofi auenne per deflrc manierc y ch’egli ten-
ne in rappacificare que' Giouani con la Schiauona. Verb, ch’egliy che vedea, Che
cofiei era donna del mondoy<& nonfi contentauadi vn o , non haucua egli a male,
cb'altri fpendeffiey& egli non meno delloffender altrui figodejfie,che quegli mede-
fimOyche fpendeua. Tornarono adunqueper opera di Vico igiouani alia Schiauo­
nay& per quefio vfifido non era egli meno caro a lei, che le fiofifie alcuno de gli al*h
tri. Comindarono i giouani a (pender largamente, & perche pareua a quefliy &
a quetta, che vico fioffie quegli, che gli mantenefje infieme ingratia, era da loro,
eJr da lei parimente amato. Egli qualunque volta era con le i , monfiraua, chc ella
fiarebbe in gran pcr.colo, s'egli non le manteneua coloro amici y Toficia a gli altri
monfiraua , ch'cgli fiolo era cagione, che la Schiauona gli hlM Te carl. Et cofifi,dp
trattenendofi con quella y & con queftije negiuagodendo aualijruijpefie. Q u a-j
lunque volta egli era con lei fimulando con quefia fimulatrice, jmfirhi?dmhonba~
uere altro bene che leiy & perche appieno ella fid credefife,diceua bene di lei a tut-
ti coloro y ch'egli fiapeua, che glide potean rifierire. Erale largo di tutti que fier^ ,
uigiycb'ella gli imponeudy oue non gli bifiognajfie (pender il fiuo , la difiendeua, & ’ 1
dificretamentey& con gentileg^a da chi le volea far villania , cercauafdrfi amid
coloro,ch'egli conoficeay che gli fiofifiero piu cariy & moiiraua gentilmEhte, d'effer v
cagione, che que' tali I'amajfiero y Et talhora le donaua qualche cofietta vaga 3 & ^
gentileyma non di molto prezgp; & moftrando o di hauerlafatta venir di lonta-
nOyO di hauerla hauutaconfiaticay o ch'ella fioffiecofia , chepoche altrenhaueffieroy f
glide facea parere vna delle piu care cofey ch'ella haueffie da alcuno altroy & cofi
fie ne giua fiollaTgando con lei, confimile arte. Egli ne' comiti, che perb faceano
gli altri yfi moflraua gratiofio3 diccua alle volte qualche mottoyonde ognuno ne. pi ^
gliaua piacere. Etfiefiorfie dalla Schiauona era detto nulla di gentiley il cher.> J
dimeno era di radoy perb che poco di buono potea venire da cofi mala donnafi - ^..
fiommamente la lodaua3& la fiacea parere a chi vi fi rqtrouaua3ch'ella fioffie vjcvfi\
di bocca ad vna delle tre Gratie. Ter queHi adunque, & per altri fim tnnoài ,
egli era tanto grato alia SchifltiffiSjcbe nonpure ella non gli cbiedea piu cofia alcH
I ' . na,rna

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^ A G li H eca to m m ith i 2$
, :<L m,ntà temea molto,ch'egli non la lafciajfe, & , oue egli ft hauejfe voluto torre ds
lei,non baueua ella cofi cara cofa,che data non glide hauejfe. Ma il Giouane gen­
tile, cut baflaua godere la cofa amata tfenga fuo danno , non voile mai moflrarft
mien che cortefe.Seguitb moltigiorni Vico queflo amore. Et poi,che gli parue ba­
ft* 9*uerne afaigodutoyritrouata colorata occafione, con cofi buona fodisfattione dalla
^^M ^Schiauona ft parti, che non gli negb ella m ai , I'andarui a voglia fu a . Tra queflo
^^%mego tempo il Giouane,al quale era aggrado mutarpafio alfuo Jparuieri, s'inna-
orb di vnaltra Cortegiana, la quale, quantunque fojfepiü giouane della prima,
ro« era perb ne gli inganni meno amaeflrata,cbe ft fojfe quella altra; & anchora,
í cbequejla nofojfe ,come la prima,crudele, era ellaajfai meno piegheuole a lafciar-
i vincerper cortefta; inuaghito adunque di cofiei vico, comincib egli a tentarc di
orre la fella a queffaltra ginmenta,& veggcndola ad vnajineflratalla quale el
la ft Jlauaypcr inuaghirc queflo, & quello di lci3la falutb,& ella altrefi lui: & ft
tnifero a ragionare inflemc,& dopo alquante parole dette,& dall'vna & dall'al-
vyVolendoft il Giouane partire la pregb3ch'clla il volcjfc cofi riceucre per feruito
re ycome egli volontariamcnte Is ft daua,& la riebiefe ad cfler contenta, ch'egli le
baciajfe la mano.CofleiyCbe a flmili maniere di fauellare era atteggaydijfe di accor
lo non per feruitore , ma per fuo fignore , ma cb'allbora nolpoteua compiaccre di
quanto egli cbieflo le baueua}& che altra volta offerendolefl il commodo , & di
quelhycbe dimandato le bauea, & di qualunquc altra cofa maggiore, che per lei
ft potejfe , gli farebbe piu, che cortefe. VicOycbc ben conofcea I arte della malua-
gia, moflro crcderle cib, cb'ella diceua , & ritrouatala vnaltra volta medcfima-
mentc alia fineflra3Jlittalc riucrenga, le di{fe,che piu nol voleffe flruggere3et f o f
fc contenta di atuflfjr^li quanto ella bauea promejfo. Coftei, che fapea, che tanto
piu le cofeft brfynano3quanto piü fono vietate,& tanto piu ft fpende per goderleft
quantopiU ai loro ft aumenta il deftderio3 non men, che prima 3faccndo la fchifi ,
gli negb quanto egli le chiefs. Il Giouane , che non meno conofcea I'arte della in-
í g anna trice, mella vfare la fapejfe per ingannarlo, ftmulando non conofccre la fua
ft
^^aflutia , con amoreuoli preghi inflaua , cb'ella non gli voleffe effer ft dura , nc cofi
* auara di fe, cbe nongli voleffe conciedere, ch'egli le potejfe baciar la mano. per-
^ cbe a lui cibfarebbe fegno , che non le fojfe difearo ,ch'ella I'amajfe, & a lei pegno
certijjimo della fua fernitü verfo lei. Mentrc I'vno pregaua3 & I'altra rijpondeua,
“ Sccotiyche la Madre della Greca3 perb coflei Cipriotta era3donna fcaltrita,saltra
f mai ne fu al mondo,ft fece ad vnaltra flneflra, & con voce fpiaceuole, <&■ orgo-
liofa dijfe a Vico. M che ti flai tu tutt'hoggi a gracchiare, per la contrada impor­
tuno I & faftidiofo? & pot voltataft alia flgliuola, le diffe, che non ti leui tu que-
ffta feccaggine da gli oreccln I & non ritorni in cafalSpi acquero al Giouane quefle
parple,quato altra cofa piu gli baueffe potuta ffiacere, & rifpofla alia mala vec-
cjvacome gli parue yche ft conueniffe,indi tutto fdegnofo ft parti.Et imagiuoJJi,cbe
tto p jje /a tto ffi come ncl vero era) da quefle femine,accioche quanto piü cruda Ji
Ijc’oprijfe la Greca tanto piü egli deuejfe jpender per acnjJRflaria , Ma tanto haueffi
tu fiatoydijfe trafe Vico, quanto tu mai fei,peflfitfieTevn foldo del mio. Et,rifcal-
r \ D

7J
D ell ’I n t r o d v t t i o n e
dato per la ingiuria , eke gli baueafatta la vecchia , delibero, con leggiadra via
farne la vendetta, Et ritrouato vn[no amico nobilifjimo,& molto ricco,che Cec*
co era cbiamato, & altra volta era flato con coftei, & lera caro,per lo molto
fpendcr,cb'eglifacea, gli narrò l'oltraggio,ch'egli bauea riceuuto;& il pregò,cbe
volcjje effere contento3cbc perfuo mego la Crcca gli veniffe nelle mani.Si cbegia
ccndof>* con effo le
. i,. clla conofceffc,cb’cgli
J ° cofi
J benefapea
J 1 vccellarc
---- / --- £> * 7 ^ ^ ^
alle quaglic,
-----
comella a fparuicri.Cecco ,che coflei non amaua3ma folo a lei per traflullo ft gina
come vigiuano de gli altri anchora 3fu contento di compiacerlo , fpetialmente j
veggendolo cofi grauemente offefo dalla importuna vecchia. Et diffegli,troua
Vico, il modo di fodisfarti,che me baurai pronto a fare quanto ti fie a grado.Vico V n
gli die il mo do, & Ceccofe ríandò la fera a ioftei3 & con effo lui la inuitò a cena. t ^
& a dormire. La Crcca3 che mai non vi andaua3cbe non ne portaffcpicne le ma
ni a cafi,accctto lo inuito3 Et venuta la fera a cafa di Cecco nohiliffimamente ve—-
flita andò. Ouc fu horreuoliffmamente accolta,& venuta Pbora della ccna,Cec
co mottegiando, & febergando con lei andò a tauola, oue erano dclicatifjimdvi-
uande3 & la fife federe appreffo; poi cbebbero cenato, effendo Pbora già tarda3
Cecco accompagnò la Greca difopra nella earnera3 oue egli folcuagiaccrc con lei3
& fattala fpogliare, dr entrare ncl let to 3finfc egli baiterft difmcnticato non fo
che difotto3 dr le diffe3 cbe non le f offcgraue3cb'egli fin giü fe ne giffc3cbe di pre-
fente fe ne verrebbe a le i. Fu contenta la Greca, onde andato Cecco a Vico, cbe
già in vn altra camera l'attendeua,infiemefeco difopra il conduffe, con vnfimi-
glio3che vno torebietto portam, per far lor lume, Etgiunti alia camera , volen­
do il feruitore entrare; vattene giugli diffe Cecco con quel lume, cbe non voglio
io,cbe qm cntrofia altro lume,cbe gli occhi dellamia Donneditferuitore fi ritir(>fy
dr Vico ferrato I'vfciofm vece di Cccco fe ríentrò nel letto co*llTbreca;dr recata-''
lafi in braccio,fenga dirle parolas fi die a goder di lei. St poi, cut dft tuè volte in
fu hebbe fcaricata la balcflra, le cominciò a pariare . La Greca,cbe fi penfaua ef- *
fer nelle braccia di Cecco, fi per effer flata imitata da lu i, franebe per bauerlcu,
vdito pariare al chiuder della camera, rimafe come flor dita,et cominciò a doleffi * * * .
di Cecco,cbe cofi ingannata Pbaueffe, Vico dopo molt e p arole,datil e mille bad,le
difje. Tanti, anima mia,ch' tim ore aguggj ad altri lo ingegno , pcrcbe i fuoi fe -
guaci figodano dellc cofe amate ? Qitello, che io nc con prcgbi, nè con feruitu, nè
per alcuna mia natural dote,ho potuto baucr da voifmfino ad bora, tim ore mof
fo a compajjion di me, me I’ba fat to ottcncrc, voftro malgrado. Ma ditcmi,vita
mia,s'Iddio vi faceia contenta d'ogni voftro defire, duoliii forfe effere nelle brac­
cia d'vno, cbe piu,cbe fefleffo vi ama,dr cbe vi ha eletta per folo bene dell'animi^
fua s5Mllbora la Greca,che vide, cbe quel,cb'era non potca non effere, faccndoi*^
fe della necefita legge gli riff ofe,cbe certamete clla vcdea,cb'cgli l'amaua,€j cbe
non era flata a quell'hora ad aiteclerfenc, Ma che folo le dolca, cb'egli, con ingan- /■
no baue/fe voluto quel da lei,ch'clla gli era per dare volontariamente.
ebe gli era piacciuto volar U piu toflo cofi,c!/clla cortefcmcnte gli ft dffjefi con'
tentaua di quanto gli era JfaioT^yado.Soggiungcndogli,cbe I'amore,cb'clla cono
I . fc a , >
A G li H ecatom m ithi, 26
fcea,cljegli le p or taua, g lid e hau ea cofi obligata, cbe fi era ella fatta fua,per tut-
to il rimanente delia fua vita,Cosi,rappacificatifi inferne, cominciarono di nono a
- fo la g g a rfi,& prima,cbe appariffeilgiorno,rinouarono piu volte gli abbráccia-
mcnti.Venutoilgiorno fi Icuarono ambidue del letto, & ,p o i, cbe con confetti &
p * ;jfri)reciofiJJimi vim fi furono riflorati delia fatica delia notte,venutc già le fanti dei-
Creca,ella fi mifie in p unto,(& a cafa fe ne ritornò, fenga vn danaio , ma molto
f ^ b e n carica di promeJfe.St narrato alia Madre f ia quale fi crcdea, cbe la Figliuola
í!
j l ç deuejfe portare a cafa quantità de danari) ciò ch'auenuto lefoffe,ella fu per mo
+rirfidi dolorc,T oida fefteffa racconfolata,le diffe. Lafcia figliuola, cbe gli ti fa ­
ro cofiar tantOySegli forfe fi vorrà pigliare piu piacere di t e , cb'egli íleflo paghe-
~'à laingiuria,che riceuuta babbiamo; sò ben cbe tu fei ta le ,& neU’ajpetto,& nel-
a m orbidegga,& nel dare piacere a vnbuomo colla tua perfona, cb'egli non farâ
w
p e r quefia volta fatio di te. Come fatio diffe la Giouane; v i giuro , Madre mia,
■blegliper queíia fola notte,cb'è íiato con meco,ègià condutto a tale,cb'è piü va-
\Õüi m e,cbe non fu mai finciullo dellepoppe della mamma fua ; Mentre elle cofi
infieme ragionauano v i foprauenne F ico ,& toflo cb’egli toccò la porta gli fu aper
to,M a, fubito cb'egli fu difoprafia Veccbia fi cominciò a dolcre dell'inganno fatto
da lui a fua Figliuola.ma egli tacete le diffe, madonna,che fe io non baueffi animo
difare , cbe v ie piu v i baueíle a Iodar di me , ebora non v i dolete, non farei ri-
tornato a voi. Que fio inganno,propoítomí da Mmore, vipuote bauer mofirato,
the fopra tutte le cofe dei mondo amo la Figliuola vofira, & cbe, per la fua amo-
reuolegga vfatam i,le mi fon fatto feruo . La Giouane, fingendo di riprendere la
M adre,le dicea ,^Q ete Madre mia , cbe Vico è vn gentilbuomo da bene, & egli
~varà s i , cbe ci lodeg£?io di lu i . Si faro certamente, rifpofe egli,fxrete quel, cbe
" *vi fi dee, Ce velj& rcte, replico la Madre. Mngi il far ò,difs’egli, nè per altro fono
_:m io qu ilh e per pigliarmi ordine di effere altra volta con lei,s ella ncfarà contenta,
& per farle vedere,col tempo,cb’io non fono ingrato a chi mi fi moflra cortefe.Sa
g. ella contenta,rifpofe fubito la Feccbia,fe le darete venti feu di, ma altrimente
ív
Jò_ . Ts[on pur vcnti,foggiunfe Fico, ma ciò,cb’ella vorrà , le darò io fempre vo ­
lenti cri, Ma cbe ben gli parca ílrano,ch'ella vfajfe quefii termini con lui, comeel-
y la il conofceffe fipoco cortefe,che non foffe egli per fare quanto era giufio,& dice-
uole verfo Donna tanto amata da lu i, quanto poffa effere donna amata da huonfo.
La Fcccbia diffc,ciancie non fi (pendono, v ic o ,fe volete effere colla Figliuola mia
recatcne quel, cbe v i bo cbiefto,fe non reílateuenc a cafa. Fico tanto lufingò <£r
1a Giouanc,& la Fcccbia, & fe lor copia di tante,& ft largbe promefie,cbe furo
oanco contente, cb’egli vn altra volta vi andaffe.Cofi fermato I'ordine,v i andet-
te , & tutta la notte ft fiette con lei, con fommo piacere di ambe le parti. Ora ncl-
Van^are, cbe f e Fico alia Greca,s'incontrò in v n o , cbe cercaua di lu i, il quale gli
uqnta fiorini d'oro , cbe gli veniuano da cafa , & e g li, non volendo ritor-
Á re a dietro, gli porto con çffo lui, la vcccbia , cbe dallajinefira gli bauea vedu-
dare i (tanari,metre Fico, et la Giouane,già fatti lãgfudi per lo giuoco amorofo
ranfommerfi inyrofondofono,tacitamete v c f f 'f f f c tto , & confidcrato bcnc,co-
D
D e l l ’I n t r o d v t t i o n e
me ogni cofa flaua, leuò della fcarfella la borfa a Vico, & pofcia rhnejjatd m,on
de tolta I'hauea, fenga punto mutarla, fe tie andò tutta contenta a dormi-
r e . Vico , Icmtoft la mattina, & vcdute le cofe ne' termini, ne' quali la fe­
ra egli le bauea lafciate , fenga fofpctto alcuno , prefi i fuoi panni, & velli-
tofi, & cintafi la fcarfella, come folea, fenga auedcrft di nulla,dati mille bad al-V
la Giouantyft diparti. Tartito Vico fa veccbia diffe alia Figliuola,come a Vico ha^
uea imbolatii danari,& ne rifero affai tra loro, dicendo la cofa v à ,& và,egli la
ci fece a noi,& noi Ibabbiamo fatta a lui,(laremo a vedere d ò ,ch'egli ci dirà. Sòx
bene io diffe la veccbia,cb'egH nonprouerà m ai, cbauutigli habbiamo,faccia cio \
vuole cbe tanto fiprò io dir nò,quanto egli s i. Vico non prima fi auide dc danari
toltigli, cb'erapaffata terga, Ma poi,che fe ne fu aueduto, quantunque conofcef-\ <
fe cbe in cafa della Grccagli erano flati told, <& tencfje per certo , cbe la Madre i
imbolati gliele haueffe,giudicò nondimeno cbe il fare romore di do colle femine,no •
farebbe altro, cbe dar lor (paffo, & chiudere afe la flrada alia vendetta.Etanda % _t .
to a cafa loro, diffe, chegli doleua inftna ali'anima, non haucr dad alia fua Donna
la fera paffata que danari,ch'egli bauea portati con efjb lui , per farglicnc dono, ■-j
& cbe tanto foffe flato il piacerc,con cbe ft era Hato con lei,cbe fe nc foffe dimen *
ticato.Tercbe effendo in bancbi,<& racordatofi di ciò,volgendogliele portare, po- \
flafi la mano alia fcarfella,bauea ritrouato ,cbe gli era Hata imboiata la borfa. Et " <
che nonfapea,come do baueffe potuto effere,fe non cb'effcndofi egli meffo tra vna i
gran mollitudine diperfone, per certa briga, ch'era nata in piagga tra due I\oma
ni,s'bauea veduto appreffo vno,c'bauea,fotto finta grauità, no molto buona aria.
Et fi credea certo,che egli leuata gliele baueffe. Ma , cbe per molto , che ccrcato Jf ,
n'baueffe,no Ibauea mai faputo ritrouare.Si moflrarono di cjfcjfaolto trifle le Dorff
ne , & differo male a quel maledetto, cbe imbolati gliele haueal & molto fu lor* "
caro, cbe Vico (fecondo, che loro parea) non ft foffe aueduto, cb ellcnof offero ft a- r - .-
te le imbolatrici. Vico, pafcendole di promeffe, & dando loro a vedere , ch’egli
afpettaua buona fomma di danari da cafa, & moftrando loro fopra do lettere ,fe^
negiuapaffandoil tempo colla Greca, donandole qualche cofa,piutoflovaga,cfrb ^
dipreggp. Et attendendo con tal maniera di poterfi riflorar del danno , & infie-
me vendicarfi dell'oltraggio,finfe vngiorno voler dar danari al fcruitore,per com
perar robbe, per bifogno della cafa , & trabendofi la borfettafuori della fearfel­
la, ne traffe infieme feco v n preciofijfimo rubino, & dad duefeudi al feruitore ,
finfe voler ripor l'anello. Ma la Greca, la quale bauea gli occbi di Linceo,diffe,
che anello ê coteflo, Vico mio caro, lafciate di gratia,che io lo vegga:vedete lui,
diffe il Giouane. Cofieipigliato Cdnello in mano,il comindò a mirar con tanta ma
rauiglia, pero cbe egli era belUJfimo, cbe fi credea di vedere vna delle fi » r?c fU
Cielo, cbe in quell’oro legata foffe. Et dimandollo,che fare ne voleffe. Egi -i
fe,cbepofcia cbe tardauano i fuoi a mandargli danari, il volea vendere yp e rjóp-
plir aUefue bifogne; dimandogli la Greca quanto egli vale a , rifpofe V iccrf cb«
ne bauea potuto hauerfi^ vphe cinquecento fiorini, ma cbe mai non l%auea vo­
luto dare. Tercbe egli mòltò fifi^jalcua, la Greca fatta vaga'della gioia , diffe
~ ’ serto j
a Gli Hegatommithi 16
certo, Vico, quando me nc vole fie far qualcbe derrata, & il Rubino foffe cofi
buono,come egli mi ft ifiuopre bello , il comprerei volentieri: Il Rubino ê ottimo,
rijpofeegli, & , duolmi di ritrouarmiin bifogno di danarfchc,fe ciònonfoffet ve
ne farei cortefe dono,per lo ftngolare amor,cbe vi porto; ma pofcia,cbe voi lo vo -
gif A lete, v i voglio lafciare dugento forim di qucllo , ch'ei furã ftimato . Datelo dif-
fe »di gratia, al voitro fcruitore, & a mia Madre, & fe n'andranno ambidue in-
'fem e afarlo vedere. Vico , cbe fapea, quanto gli era fedele il fcruitore , glide
, j- die» & ella fe cbiamare la Madre , percbe veggendofi fa re , in poco tempo , cofi
at granguadagno, non voleaperdere L'occaftone; & le diffe, cbe volea cornperare
p Rubino, & cbe volefje effere contenta di andar e inferne, col feruitore, a far-
' _V */ lo vedere. Cbe cornperare s’ diffe la vecchia , egli te ne deurebbe far libero do-
•j)'
o no. Mi vuol bene lafciar dugento fiorini di qucllo,cbe far a ftimato,riff ofc la Gio-
* uane. la Madre,cio intefo,non men lieta, cbe la figliuola , delguadagno , porth il
a
Rjibino a gli orefici,de quali non fu alcuno,cbe non ft marauigliaffe della beUe%%a
cl \
>della gioia, & tutti ad vna voce la ftimarono piu di feicento fiorini, & differo,
Cbe da tutte le bore fe ne trarrebbero cinquecento; & ciafcuno di lor diffe,cbe fan
pre glide darebbe. Ritornata la vecchia a cafa , diffe cbe I'anello era flato ap-
preggato feicento fiorini, ma cbe, volcndolo vendere, fenbaurcbbero fol cin-
■quecento. Et io,diffe Vico,ve lo voglio dare,vita iriia ,p e r trecento. Ter cbe vo-
glio , cbe vi pojfate raccordar di m e. Et certo, anima mia non era quefto Rabi­
no da altriycbc da voi. ^Ando la Greca per gli danari, St Vico,giuocando in que­
fto megp gentilmente di mano, come quegli, cbe troppo bene il fapea fa r e , afco-
V.fc'Vife, fe il vero , & diedegliene vn falfo, cofi ftmile al vero , cbe folo da vn ben prct-
maeftro fare&cgjiato conofciuto. Tolto, chebbe la Greca il Rubino refe
* •>molte gratie a fftcb ! dijfegli, elfella gli era per effer fempre obligata.Egli le
riffofe', cbe ciò 'era nulla , appò quello , cb'egli era per fare per l'auenire.Et,poco
diipoi, finto,cbe gli f offero ventite lettere da cafa, & cbe perciò gli bifognaffe por-
A in camino per Ferrara, andò alia Greca , & fattele, doppo I'cfferft follagjato
p mna pegga con le i, molte careige, con molteproferte, prefe licenga, & mon-
' tatoa cauallo,a Ferrara fe ne andò. Le buone femine,reflate delianello molto con-
'etente, il ripofero, come cofa precioftfjima, Et dicea la Vecchia a Carmente, che
• tale era il fuo nome, Deb ci aueniffero ffteffo coftfatte aucnture,Fu la mala no tte
I f tpcr Vico quella , cb'egli, in vece di Cecco, teco ft giacque, egli ft è partito , come
Khadetto , per ritornare : ma ritorni, o no, ci ba lafeiato tanto del pelo, che ben ce
ne poffiamo contcntare. Mppena era paffato il mefe, cbe , faccndofi vna folenne
feila da alcuni Giouani a dome tali, vi fit imitata Carmente . Et ella , per com-
\parire la piu d'ognaltra borreuole,mando per la Madre ad vno orcfice il Rtibino,
Jperjarlo legare da poterloft porre in fronte . L'oreftce, vedutolo , & fappiendo,
la Greca era vna dellc famofe cortigianedi Roma, diffe, che vuol far voflra
tudlaltifiuefto'betro ? Come , diffe la Vecchia , cb'egli è vn vetro ? L'hauemo
comperdto cinquecento fiorini ,feteftate ingannate, difte egli,non ne val due. Ri-
mafe a quefteparole,come morta la Vecchia^pdmirtfane a que Gioilieri,a i qua-
J . . V V 3
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D ell 'In t r o d v t t i o n b
n ella tbauea prima mofirato}molto ft dolfe di loro. €ffi,vcduto il vetro , differo,
che quel non era. il ftubino,cb'ella loro moflrato hauea, quantunque ft affimigliaffe
marauigliofamente al buonOycb'cllagia loro moftro. ^Andb la Veccbia a cafa,pie-
na di tanto dolore,quanto non fipotrcbbc ifprimerc con lingua : & cio detto alia
Figliuola,ella a tal nonella,fu per morire . Er conofcendo, ebe tanto hauea fapnto ^
vn Giouanc Fcrrorcfc,quanto due falfe Grecbe,fommamentc dogliendoft tra loro, ^
diceano fouente,Cbi ha afar con Fcrrarefe,Impara alle fue fpefe : & cofi rimafe- **.
ro trifle,& dolenti,col danno,& colic bcjfe . La onde veder ft pub, ebe quantun
que la Schiauona,& la Grcca foffero due dellepiu fealtrite meretrici, che fofj'cro
in ppma,furono nondimeno vinte da Vico, L'vna con cortcfia , & I'ultra con aftu-
tia,vincendo lo inganno coll'inganno. Et moflrb coftui,cbe fe molti altri erano fla bS
ti da quefie due preft, egli hauea coft prefe loro, ebe tiera rimafo vincitore ; come,
ft rimarranno tutti coloro,ebe Lingcgno vferanno in tali amort.

LA N I N A A M A V N S I C I L I A N O , E G L I N O N L’A MA ND'O, \
f! & fingendo amarla,le confuma ciò ch’ellaha, & l’abbandona -, ella finalmente lo ii fa
in guifa prigione, chevienea tanto difpregiodi fe medefinio, che fi contenta ftaifi
con lei, apiu vili officii della cafa, & infelice ii viue.
N O V E L L A I I I.
I N I T ^ i , ebebbe la fua nouella Tontio,diJfe ^4ulo,bauete,Ton
f tio,poco guadugnato ,per mio parere con queflo voftro Vico ,fa-
&
" K v S pete che due coje fra I'altre fono tenute pcjfimc tra mortali, l'vna
y j á C l ê il fingere , I'ultra lo ingannare : & non dimeno hauetc fatto
c*'—_i queflo voftro Vico maeflro eccellcnte ncll'qf^hf, & nell’altra dVff
quejte due biaftmeuoli cofe , & , come egli haucfje apparata Iqmoralitâ di So- m
crate, o la diumitd di Tlatone , il giudicate degno di loda. baiictclui folo
moflrato degno di biaftmo in quefta voftra nouella,ma Cccco anebora , facendo-
lo diuenire di nobilifftmo , che egli era inftdiatorc ad vna femina , la qualefe beja .
per la fua mala v ita , era degna di fcorno; non era però cofa degna,cbe vn gentil*' “
huomo 3non offefo da le i, angi, che di lei il compiaceua, le ft deffeafare oltrag-
g io . Ma lafeiando il dir di Cecco , vi dico che vico è da effere doppiamente bia•
fimato 3 Trima per bauere indutto vn gentilbuomo, a fare contra la Greca quan­
to ci hauete narrato, Tofcia hauendola egli (per dir voce conueneuole al misfat­
toJ truffata anco , col darle il falfo l\ubino, per lo vero . 7\(ow credo io g ià , che
v i fta alcuno di not , ebe voleffe diuenir tale, per goderfi di qualunque tra que-
fie femine è la pin bella, fe bcllcgga perb puote cfjere in alcuna di loro, delle qua’A
/; non è punto meno foggo I'animo, che ft fta il corpo, fottopofto dd ogni fceleragi
ne. Ne mi credo io,cbe il voftro nouellarc babbia fatto venir voglia ad alcun di
mi di flarft con coft fattc donne, per deucre effere in tal modo di loro vincitore
*Ffgn ho io detto queflo, ^Aulo, riffofe Tontio, per voler perjüaãcre'acTafcum
voi,che feguiti tali femuhmèperche io ve ne voglia far venire appetitcfcomc voi
dite 3chepur troppo babbMmf&rftello in noi3 che a cib ci inuita\ fenga, eb'altri
/ * • ** viag- —
A G li H e c a t o m m i t h i . 17 •
vi aggiungaflimolipungenti. Maperche 3quando alcuno di noiyflanco dalla mU-
ta crudeltà di qualche donna, che figoda delle noftre pene , è coflretto3a ritroua-
re qualche requie afuoi m artiri, ire a sfogare con vna di quelle tali la conceputa
A ambafcta, ciafcuno di noi ft moftri piu tojlo ad cJJ'e vn Trotco 3 cbe noi prouiamo
• loro Circi, 0 Mcdufe, ft che quelle cifacciano diucnir f ie r e ,& quelle infenftbili
Et lo ci poffono moUraregli amori finti di done, il quale non nellapropria
v ;&forma3ma infimulataft andò alle dome3ch'erano pin amate da lui. Etyper rtffion-
dere3Mulo3a quanto bauete oppoflo, Egli c ver, cbe il fimolare, & lo ingannare3
da fe3è male3nè vi ft dee appigliare alcuno3fe non gli ègran forga. Ma quando il
tempo3 & gli auenimcnti delle cofe il ricercano 3 io non pure ilgiudico male 3 ma
t lo flimo v irttt . Solone3 il Greco3 per fingerefe fcioccoffu di molto vtile a fuoi cit
f^ ta d in i; & Bruto il Bpmano,col medefvmo modo 3 leuo ilgiogo della Tirarmia alia
H cittã di T\pma3& lapofe in liberta. Licurgo3 coll'ingannare i Lacedemonij 3 dan-
Jo loro giuramento 3 di offeruare le leggi3 ch'egli lorobaueua date 3 infin 3 ch'egli
nella patria ritornaffe3& non vi tornando mai3 con molto vtile de fuoi Cittadini,
. cercò di fare le fue leggt perpetue; & ,per non andare moltiplicando ne gli efjem-
; dicoyche chi habita conchi ê finto , 0 con altro di cuifitema , & non finge 3
fempre col peggio ft rimane. Et perche,tali fono quefle buone creature3& di loro
babbiamo piu bifogno 3 cbe forfe non penftamo3fe vogliamo hauere ne loro amori
ficurexx^ifi deono con effe tenere quegli iftejji modi 3 che noi veggiamo , per lo
piuytenerfi tra cortegiani nella città noflra3 i quali, nonft fidando ivno dell'altro,
fappiendoy ch’altro non regna nelle corti3 che inftdiefotto finta verità 3procedono
Ivno con I'altroson I'animo finto , non crede mat I’vno all'altro cofa, che egli di-
,fw-*>'-ca3 quantunque eglfft moliri in villa amico 3fe non ne vede I vtile ejprejfo : & 3
'7 come I’vno amafje I’altro3ft fcuoprono infteme piaceuoli, & cortefi in quelle cofe3
«■che loro nonfon di danno. Salutanfi volentieri I'vno I'altro 3 ma oue veggono3
che la fortuna fin qualche cofa benigna loro ft moftri 3 inganneriano fuo padre 3non
te altri. E t , per dir breue 3copronft il vifo co la fittione 3come con vna ma-
Jchera, perche f acendo ciò3ch’effi vogliono 3per loro commodo, non habbiano ad
anoffire . Et credo3c'hoggidi il mondo auedutoft 3 con che maniera ft debba reg-
ger I'buomo nell’efjere con quefle donne publiche, habbia lor dato conucneuolmcn-
te nome di cortegjane, quaft, che ci habbia egli voluto moHrare,che il fingere con
effe 3 che fon tutte finte 3fta il rimedio di ripararft dalle loro inftdie. MllhoraFa-
bio nonfoUenne3 ch'Mulo 3 ch’era in atto di contradire a Tontio , gli rifpondefje.
Ma gli diffe egli 3Et che quiete hebbe3 Tontio3 quello vofl.ro Vico in tali amort,
rfendo egli fempre flato su iingamare 3 & suil ftmolare ? nelle quali due cofe,
non è 3 nè puo effere ripofo y in modo alcuno . Ma , lafeiando queflo da parte, pot
Ih&proteílafie nelprincipio della nouella3 che folo voleuate monftrare3 cbe que-
~ poteano vincere; vi dico,che buonfu per lo vollro Giouane, ch'egli con
IGreca, &Ton vna Schiauona ft appigliafje. Se fi fofft?egli incappato in vna
'Spagnuolay od in vna iqapoletana, hauremmo veffttufjchc il fingere coll'vnay &
Ijúngannare coh'ultra , non gli baurebbe gidhato , ad vfeirne ft curo; Flaminio3
.: * . , \ D 4
\ ^
. \
D ell'In t r o d v t t io n e
the ft pigliua placere di parlar con Fabio,gli diffe. Delle Spagnuole non vi vogllo
id dir cofa alcana, Fabio , tna lltaliane nonfono coft crudeli, come voi v i crede•
t e . Tanti coft diffe, Fabio,poi, cbe voi vi vedete effer amato da effe , Ma non a-
uiene coft ad ognuno. Nongid a fhnili a voi,foggiunfe Flaminio,cbe folo con que-
fta voftra bianca barba,& con quefle voflre crefpe del rancido vifo fate lor pau-
r a . Rife la brigata alle parole dclívno, & dellaltro; & poi ripigliando Tontio
ilftto pariare, Credetelo a me, diffe come diangi i’ dicea,cbe tale è la medicina di
quefto male. Non è rifpofe Aulo, & poi,cbe il mottcggiare di Fabio & di Fla- >
minio ft è trappo flo a quello,cb'io voleua addnrui,contra quefta voftra opinione,
intendo di narrarui vna nouella,per la quale vedrcte, cb'ancbe color,cbe fingono
danno alfine ne lacci a lor teft,& cjfendogiâ ognuno appareccbiato ad afcoltare, ^
egli coft comincio.
I N R I M I NO, nel tempo,cbe n erano ftgnori i malatcfti buomini,ct Signo
ri di molto pregio,& di molto valore nelle cofe della guerra. Fu gia vna cortegia
na detta Tftina la bionda, maeftra in tutte quelle arti, cbe conuengono a donne ta
li, per far venire al nido di effe quegli vccelli,a i quali effe cercano trar le pcnne.
Ma comeauiene alle volte,cb'elle,per vendetta (come io credo deftinata dallagiu
ftitia diuinaj degli oltraggi fatti ad alcuni,cbe amate le banno in amare lafeiua-
mente tanto impaggano ,cbe gittano dietro ad vno quello, channo rubato d mille;
ella fe innamorò ardentiffimamente di vn Sicilianoftil quale non altrimente era va
go delle donne,cbe ft fta il cane delle magnate. Et oltre cio, egli era tanto auaro,
chefe foffe flato pin ricco di Craffo,&diMida, non haurebbe dato vn danaio ad
vna donna, per bella, cbe ella ft foffe flata, quantunque amata la baueff 'e,per go-
at)
derft di lei. Innamorataft adunque Nina di coflui, cb’era di prftura contraria a ft-*
mili amori,& fcarfo nello fpender pm che ilfiftolo; tanto operò, che verme a no- ~ """«Sá»
i

titia a coflui, cb'ella non ritrouaua requieper lui. La qnal cofa intendendo il Sici­
liam, & fippiendo cbe cofiei poteua (pender molto, rnoftro aneb'egli di effere tan
to vago di lei,cbe non bramaua egli altro,cbe ritrouarft nelle ftte braccia.FJ faev}r ,a
dolo Nina a fe cbiamare, egli di fubito vi ando, & fu cortefe a lei di cio, cl) ella
voile da lui. Continuando cofiei nel fuo amore, & effendoft già fatto il Siciliano
Signore non pur di lei, ma di quanto ella bauea, la condufje a termine, prima che
giungeffe alfin dellanno, cl) ella rimafe, & fenga roba, & fen%a alcuno amante.
Come colei, che a tutti haueua data licenga,per lo arnoü,Wella portaua al Sici- *
liano. Coflui, cbe fempre, fenga punto amaria, finio haueua di bauer caro la -
mor di lei ,poi, che vide confumato cio, cbe la mal configliata Nina , haueua in
cafa, & cbe non potea piu fperare di leiguadagno alcuno, onde egli, fatiando la- ,
fua cupidigia,viueffe alle altrui fpefe, licto fra fe di hauere [corticata quella bar-
bicra, che foiea radergli altri, & efferft lui folo ve flito di quello di cbe ella ha-
uea millaltri fpogliati; prefe vngiorno materia di venire in ira feco, frdettglç*
la maggior villania del mondo,fe ne vfti della camera, pcranSarfeneC'La&y r- ú~
ra Nina il feguitò inft no ityjggrgafiangendo & con ftngbioggi, <& con lagrime* '
pregandolo,che non la voleffe ablXidoiiare, ma tuttofu in vanV. Ter cbe evil
che
i
t
A G li H ecatom m ith i 28
cbe amata mai non íhauea , ma fologli era ft ato caro íhauer fu o , quello confu-
mato,nonbauea piu cofa in cafa Nina, cbe ve lo deueffe tenere. Terò, confermo
propoftto dipiu mai non porre il piede,non dirò nelle coílei cafc,ma nè anche nel
la contrada, lafciatala plangendo, & gridando , via fe nandò . Fjtornatx Tfbta
Hm» nella ftta camera tanto dolente quanto niuna altra femina giamai, cbe ftfoffe da­
ta ad amare huomo, comincib a dire plangendo3 ^íi3 mifera m e, one fono lo giun
ta3 oue bano allogata la fperanga mia in cbe ml fono lo perduta «*in vno,cbe non
t ml ama i l l quale, pol cbe mi ba confumato 3 ciò3cbc io baltea ~3 confumx hora me
■ftefja. Ma pofcia, cbe nel conúnáar ad amar coftui, lo mifera , coft vfei fuorl dl
me, cbe lo, la quale foleua bauere in terra vittoria di quxlunquehuomo , cbe di
• me godere volejfe, mi fon fatta, per mix mala ventura, ferua di coftui, Ma corn-
ifcejfe egli almeno I amor mlo, cbe ogni perdita fatta , ml farebbe dolciffimo gua-
< dagno; perche la magglor mia perdita, è flata hauer perduto lu i. Et effendo co­
ílei di notte, & di giorno col core, & coli'animo col Siclliano, dijfireggaua non
pure tutti gli amanti, ma fe medefima,nè ad altro attended, nè ad altro penfaua,
cbe a racquiftare il coitui amore. Dalialtra partegodendo il Siclliano il guada-
gno,cbe con lei fatto hauea,ft ridea delle lagrime di Nina , & defuoi ramarichi
ft pigliaua piacere; neper preghi, od ambxfciata , cbe gli foffe mandata da le i ,
non piü ft piegò mat, cbe fe foffe flato di marmo . Coftei, del tutto impaggata ,f i
•cominciò a penfare ogni poflibile via diracconciliarft con quefto crudele , & vn
giorno meffaffi, come deffterata, tutta fola in vna camera , fouenutogli, cbe egli
folea fopra modo lodare i fuoi capelli, pigliato vn paio di forfice le ft tagliò tutti
inftno alie radici <&■poftigli in vna coppa doro, cbe vn gran ftgnore, cbe con lei
‘ giaciitto ft era, p&cbi di inangi donata le bauea,gli diede ad vna fua donna, mol-
to in fimili feruigi decorta , cbe con quel miglior modo , cbe le ft offeriffe gli por-
’ tajje al Siclliano. Etgli diceffe, Sdla 'Nftna, cbe i capelli fono ftngolar bellegpgx
delle dome, & cbe fra i belli di quefta terra, i fuoi nonfono tenutigli vltimi,<&‘
,
^jgfeordxndofi, cbe voidi ejfi vi foleuate pigliare gran piacere & molto lodar-
,
gji; ella poco filmando il parer laida ad ognuno ,fenga capelli, come colei cbe ,
non cerca ad aim piacere, cbe a voi ve gli manda , & pregaui, cbe vi piaccia di
,
qui conofcere sella merita forfe effere fdegnata da voi, 0 cbe coft la confumiate
come bora fate, ^cro vi fupplica la mifera cbe non vogliate pin traffigerla an- ,
■gi, cbe conofciate,cfMk^i}aja altro bene al mondo,cbe voi. Et quando pur f a ­
te difpofto dèffere coft lontano da ognipietd , ( cofa però , cbe non deurefle mai
fare) & coft mal conofcitore delíamor fuo , cbe perfeuerar vogliate nella voflra
? duregpga , ella inftno ad bora vi fa fapere , cbe vi manderd finahiente il core
in quefto ifteJJ'o vafo, contenta difarui veder collafua morte, cbe non baneua al-
frogde la vita , cbe da voi. Et leuandoleui vo i, ft contenterd, cbe ne reflate
.jcorUcntp, veggendola morta ,penfandoft cbe forfe coft potrebbe deflare In voi
jqueiíàpietd, coe vtiTa non bapotuta ottenere dalla voitra duregga; fcpursvor-
rete effef*ffrnto crudele, cbe vogliate, cbe tale fia il gulfrdon delíamor fuo, qua­
le deurebbe egíwfjère non pure verfo vna3chvvi xMccpiu,che la fua vita,ma ver
^ \ Co vna
D e L L ’I N T R O D V T T I O N E
fo vna capital nemica vofira. Ojferti dalla mcffaggiera i capelli al Siciliam
oltre leparole di Nina , aggiunteui anch'ella da fe, quelle, chela paruero come-
neuoli in cofi fatto vfficio , attefe qucllo, che il Siciliano diceffe: Egli non pure
non ft moffc per lo dono, & per le coilei parole; ma del tutto ridendoft, le diffe.
Tiacemi, che Nina babbia (fegpgati que lacci,con che mi hauea legato, nèpoteux %
ella mandarmi fegno piu cbiaro della mia liberta, che quefti capelli, ondcgià mi
lego. Mapercbe io non le voglio dar danno in queüo,che nonpuò effer d'alcuno v -
tile a me, & a lei di molto , poffendo ella con quefti ifteffi legare altri, come già.
legò me,ripOYtatele i fuoi capelli,& ditele,ch'ella cerchi di prendere altri con que -
flo laccio,che io migodo d'cjfcrne fciolto. Stfepure ella vorra diuenir fi fciocca,
che mi mandi il core, corne mi dite, mi riffiarmerd la ffefa , p er quelgiorno , di -
dar paflo al mio (faruiero . TNe per cofa che colei le diceffe, ella potè altro hauer^
da lui. Serimaneffe di ciò dolente 'Elina,non è da dimandare, poco manco, cheat 3B»
ritorno della fua donna, poi,chebbe intefa coft dura riffoila, non ft vccideffe. Ma
pure, piu defiderofa,che mat, di rihauer il fuo amore,ft dic ad attendere ,fe forfe
amica fortuna leparaffe inangi via,'ondella poteffe condurre alfine,quefto fuo at
dente defiderio. Etecco, nonpafsò I'anno,cb’ella fcppe,che coftui,quafi,ch'egli na *****
turahaueffc mutata,era inamorato divnagiouane fipmana,clSera in Pennine, che
perpreggo ft daua a chi godere ne voleua, & che il Siciliano per lei ft ftruggea.
Ma ella punto lui non curatta, fappiendoper fama quanto poco guadagno tali don
nepotcano far con lui. Toi, che Hina, hebbe ciò intefo, per acconcia via,fe fape
re al Siciliano,che quando egli confentiffe, gli darebbe il modo di godere della J\o
mana. Il Siciliano,cb'altro non bramaua,incontanente lefe riffondere, cl) egli era
preito ad vdirla, qualunque volta ella voleffc, Tiacque ciò a'4í<lina , & paruelé^ y
poter di nuouo ageuolmcntc prender coftui,per la qual cofa diede ordine di effere y *9
con há in cafx di vna fua vicina,che neltane del prender gli huomini era eccellen
te maeflra. Entrati adunque nella cofiei cafa il Siciliano,& la 'Nina, eír riduttift »
amendue in vna camera; ella cominciò domandare al Siciliano il fuccejjo di qu^fy^ , /
fuo nuouo amore,egli le diffe appieno il tutto, & alfinele conchiufe, c h e f e p i e t a r*
non le daua aiuto per opra fua,egli inpicáol tempo fe ne morrebbc.AÜhor ,piglia
ta occafionedipariare dife 7sfina, lafciatifi cadere i capelli, chegiâ in parte cre-
feiuti ler ano, giu per leff alie, colle lagrime a gli occhi, & corpvocc da fmghiogg
gi interrotta coft cominciò a dire. .Ai Siciliano, &^hm&tápenfate voi,che deb-
ba effere quella di quefia mifera,che fenga ff crar mai da voi pietà ; con tanto fuo
dolore, tanto tempo vi ba attefofct quanto piü ha ella moflrato amarui,tanto piu
voi le vi fete moflrato a(fro,et crudelef ,Ai mifera & infelice m e, ch'error com^L-
mifi io mai verfo voi,che cofi me dcuefle traffigere,coft confumare,comc fatefvoi
forfe errore giudicate, ch'io babbia fatto voi fignore non pur di me,ma dognl *nio*-
bauere,& io errore il gindicherei ,s Amore non nc foffe flato cagione. f j a a ente-'
fio errore,quando ciò pure a voi errore paia, altra ammcnJàJi comentajclje queà
la,che voi infino a d lm \d a ta gli hauete. Ben veggo, Siciliano,che itt c lo picto s*
fo dcmá m di, vi appam tbiàVtvendetta delia crudcltâjClivfrCa mi hauetewt/i
/* grans-*Sà
A Gli H eca to m m ith i. * 9
gran tortofacendoui innamorare di tale,cbe vi confumaye.t figode del mal vofiro
come voi vi godete del mio;et bafatto mequi venire yper darleuijielle mani.Et cer
toys'io non vi amajfi come faccioy mi deurei tencre a gran gratiayche mi fi fojje o f
ferta coft bella ventura, di pigliarmi vedetta di chi mi ftruggeycol darlo nelle ma
ni a cofi crudel femina,quale è qnefiaychc vi fdegna.Ma tffendo io fcurayquando
da me ft operi quello con cofleiy cbeagrado vi farebbe ych'io opcra fji y vi andrefie
fotto I'Imperio di vnaycbe non pure farebbe di voi quello y cbe voi fate di me; ma
vi farebbe, come molti altri ha già fatti voddereymifento mancare il coreyno per
chefio non f a contenta di ogni voflro piacere„ma perche io veggoyche il fodisfar-
ui in ciò, è darui certa morte. Et debbo effere io quella Signor mio caro, ( & gitto-
JgH nel dir cofy teneramente piangcndoje braccia al colloj che vi dia ncllc mani a
^ th i vi flrugga? a chi vi confumi, & finalmcnte vi vccida ? *Ai a che [ei tu gitm-
*ta pouera 7S{ina,cbe per fare cofa che piaccia a chi tu fopra ognaltra coft amiy ti
conuiene la condurlo;oueygiunto,ch'egli fia,ne dei tu per fempre effer dolente, &
egli morto ? Ma cof vuole il Siciliano ,& cofi f a; io mifera anche con lui me ne
morroyma di me non mi dorrayche vitier poco mi curoyflando in ira a lui; dorram-
di luiycbe pinche me amoyche in mano di cof afpra fera finifea i giornifioi;et
ntfh habbia voluto viuere nel feno di coleifia quale tp e r [pendere la vita fua,per
[eruar lui. Ora mentre ella piangendo , & finghioggando cof dicea y tntta sera
abbandonata fu il collo dei Sicilianoybagnandolo delle amare lagrime y che da gli
occhiyquafi da due fonti yl e cadeano. Mentre le cofe y cof paffauano tra cof or due,
foprauenne la Donna fin cafa della quale erano,& fingendo ella di non fapereyche
ciò dir fi voleJJeyvolle intedere qualfofje la cagione de i pianti della afflitta Nina
f p p o f e i a che intefa, l'hebbe3mofirandofi tocca da fubita compaffoney riuolta ver-
fo 'il Siciliano gli diffe. Ovme, qual duregga è cotefla vofira ,gentilhuomoyche pof-
K fendo voi medefimot & quefta Giouane faluareyche non ha altro occhio in tefla,
che voi vogliate ad vn tratto vccidereyet voi3et lei? Et perche fe potet e effere voi
cpt± effo lei contento yvolete effere piu tofto con quefta fiomana, che vi ha in odio,
e-r del tutto vi fdegna,come fe le fofie nemicoy col rifehio della morte ? volete voi
Iforfe effere cofi fuori di voi, che proponiate I'odio di vna, che vi vuol morto, alio
Mmore di quefia afflitta Giouane ? la quale fe morto fofie , vi vorrehbe ella mo-
rendo poter ritornarviuo $ Teròy Gentilhuomo, habbiate mercê di quefta poue-
\agiouaneyGibuane^Ifrft(rvcara ad ogni gran Signore, & vogliate homai cono-
fcereyche differ enga fia da chi fopraogn ultra cofa vi amx, chi fopra ognaltra
cofa vi ha in odio, & qual debba effere la mercede dellvna y & dell'ultra. Gime,
*' conofcefie quefia Fpmana, come la conofco io,come la conofcono gli altri, ch'el-
a ha condutti all'vltima ruina ynon nefarefie cofi vago, come fete : & conofeere-
efts quefia pouerellay amandouiycome ella v i amay a gran ragion fi duole,che
4 Içivi tpgliate,& che ccrchiate di darui inpredaya cof crudel fi era , La quale è
itanto inferiore ai ôèlíegga a Nina , quanto in crudeltà ella auanga ogni crudele.
*iangencftHtdunque da vn Into TS[ina,&pregando dall'.Utro la buona feminaytan
to fecero, & differo tantoych'ammoUirono quef. core,chepur diangi era cof duro>
. ' &' nhcb-
5 Dfet^lNTRODVTTIONè
gr rikcbbero idtvittoria,cbe leuatafi egli del tutto del core la Romana,-confifal-
ri
di cbiodi vi affiffè Nina , che indi non la potèpià m á Unare . Et quanto di bene
baueua egli nel morido era in colei, il nome della quale non poteuaegli prima vdi -
re, fe non confommo difpiacere. Dopo alcun tempo , venne il Siciliano a, Tsflnaa
fommo fattidio, come, per lo piu,veggiamo auenire in quefli amori,che con tanta
fatica,& con tante angofeie fi guadagnano . La onde,ella cominciò a trattuUarfi
Con altri giouani,& dijpretççare non meno il Siciliano, ch'egli lei fprczjçata fi ha-
uejfe. Etegli,già fatto di lei mancipio, perlo contrario,iamaua piu,che la luce
degli occhifuoi.Et non lafeiaua cofa a fare,per mantenerfi nella fuagratia. Et po­
tto, ch’clla il proucrbiajfe ftranamcnte,&gli faceffe vedere, che muria ttima fa ­
cta di lui; facendogli hora vna ingiuria,& hora vri ultra,perch e di cafa egli le f t f
leuajfe, il rnifero nondimeno, per quanti torti riceuea,non le fi fapea leuar di cafa.*•
TarendofLi di fare grandiffimo guadagno,qualhora la vedeua, o lepoteua dire v -
na parola, Ma, rtfna,che quantunque fojfe di pefjima v ita , non era pero di fi cru
dele animo; che voleffe moflrare d'incrudelire affatto contra colui,ch'ella tanto ha
ut amato,il toleraua,quantunque con occbio torto fempre il vedejfe nella fua cafa,
nella quale egli fi ttaua, come fojfe flato febiauo di le i, riceuendo ogni giorno non
pure dalle fanti,ma da gli altri,che a lei fi andauano,mille ingiurie, & millefcôr*
ni; & già fi era cofl inuilito quello animo , chefoleua efjere cotanto altiero, che
non pure,non ne diceua a leiparola,ma non ne faceua altrimente rifentimento con
alcuno,che fe in vece delle vilianie,ch'egli riceueua, fojfe ttato honorato, & dopò
lunga feruitu,& molta toleranda, vifloftutta viapiu fcbem ire,& piu oltraggia
re,de(peratof alia fine di poterfi piu maigoder di Nina,fe ne viffe mifera , & in­
felice vita,nè gli giouò punto o tcjfere flato di mala natura contra le donne,o tha^
uerft armato difittione con Nljna, perctiella nol facefle il piu rnifero huomo , che
viuejfe nel mondo.

A F R I C A N O AMA F I L E NE, ET E L L A M O S T R A D I AM
Jut, fanfi donnnfieme, dapoi vengono a contefa, & al torfile cofe donate. Filene,
fingendo volerfi vccidere, racchetta Africano., & reitano in xoncordia pex alcun tetn pof^
£
polcia alia fine, come gli aicri, lo fdegna.
N O V E L L A IIII.
3 V LO , finita , ch’egli hebbe la fuhrdi&títffroltatòfi ridendo ver
7>
fo Tontio gli dijf?. rUoi, che vole te,che il fimulare fla il compen-
fo di effere con tali donne ficuramente; ditemi, v i prego, chegio-
uò al Siciliano 1'efferefcaltrito ? maeflro delle fittioni ? gr iha V
uerfl cof leuata Nina del core, ch'era qu.ifi impojfbile cofa a /
der e,ch’ella piu mai vi deueffe hauer luogo f*Tarui, che fappiano ritrouaTlf" /
quefle maluagie di porre in cat ena,come fchiauo,chi fciolto^ r libero eflçrfiyçn
f it1Non vi fate,, Aulo,coii vincitorc rijpcfe Tontio,di que$faba ftaglia, Torch r,
ieffempio del Siciliano,crtcui ragionato ci hauete,non mi dà punto dffâia . T r t c
che,chifia mai coflfcÍGCco,cb’eJJcnAp inf ermo voglia andare ahiemico per rijg0\ f
K e diOT
A G li H ecatom m ithi 31
dio ? certo, che to mi credafniune. Etpofto, che il nemico da fc ft offcrifca di dar-
glide, comepuo egli maipcnfarc,cbe non vi fia fotto il veleno? Il Sidliano,a con
chiuderlad, fi gouernò da fciocco d r dafcioccogli auenne, non fapcua egli quali,
d r quante ingiurie hauea fatte a Tofina? d r cbe la donna per natura è fopra modo
defiderofa della vendetta * La onde deueua egli credere , cbe offerendoft a Nina
occafione di rendergli il guiderdone delle riceuute ingiurie da lu i, ella non I'ha-
urebbe trallafciata. Seadunque voile egli aprirgli occbi a gli altri,per far fe cie-
coyfuo ft fia il danno; Maforfe, che voile Iddio, cm piu ,d'ogni altra cofa ,fpiace
,Ibuomo ingrato, cbe la ingratitudine di coHui fuffc per queflo modo punita , d r
ijjfc *hidi haue/Je egli la penna, oue hauea commeffo il peccato. Qual mat ft v d i, cbe
)fujfe piü ingrato di coflui ? non lodo io quefle affrcgge, oue il bifogno non le chieg
i ^ ^ 'c g a , nè mai loderei io quefli tali,fe bene ne reflaffero vincitori. Coloro,Mulo,me-
ritano loda,che flando tutta via fugli auertimenti, fe riceuono cortefia,con corte-
'fia rifpondono ; nonfit dando però a modo alcuno in preda a quefle tali,dr fe cono-
fcono, ch'elle vflno inganno,dingamo le pagano. Come vedemmo far Vico colla
Schiauona, d r colla Greca . Ma quefli era vnafiera informa humana , Et però
It degnOycbe ne hauejf?il meritato cafligo. JJon gioua cortefia,diJfe a quefle pa
ffile Majfimo, con queflefcortefifjime, cbe fono comefcogli mortali, nel mare di
^ q u efla vita. Ter che,con quefle tali ogni cofa ft perde; d r guai a quegli huomini,
cbe fi danno a farpruoua di fe, con quefli moflri, perche auiene loro , fe nonfern-
pre, almeno per lo piu,come aueniua a coloro , cbe andauano al labirinto in Cre-
t ta,per vccidere il Minotauro,che non cofi toflo v i erano entrati, che od erano vc-
cifi,et diuorati dal moflro,od erano fitori di fperanga di potere vfcir mai dalle in-
^Jfricatc cafe. Vinconft quefle Tontio, per dire ilvero,come fi vince la peflilen-
^ ga,fuggendole, d r il maggior guadagno , che fi poffa con lor fare , è ch'elle fi di-
Jpongano ad hauerci inguifa in odio,ch'elle non ci vogliano vedere . Et che niuna
í
cortefita poffa con quefle dome; vi farà manifefio nclla nouclla, ch'io mi apparec-
* di raccontare.
^ * F I L E N E nella noflra citta, non ha guari tempo, fu giouane tanto bella del
corpo, quanto alcuna altra di mala vita, chefojfe ne tempi fuot; ma quanto piit
delle bellegge di fuori era abondenole, tanto era ella piupoucra di quelle dell'ani-
Sfc
I
gmOyfi come colei abefi era del tutto dattaafare del juo corpo dishonefloguada­
gno ; d r pojtòfcheW^^rm anni fuoi bcllijfima ft fcopriffe, non fu però molto a-
uenturata nella fua piu'giouane etâ . Terche andata alle mam di vn vecchio ben
di feffanta anni, confumh buona parte della fua giouanegga con lui,Ma quefli,im-
[pag^ato del cofiei amore, jpefe tutto do, ch'egli haueua, in mantenerla, d r in e-
fflrema miferia fe ne mori. rNfgiouo a lui punto I'effer vecchio, d r pratico delle
tèl mondo,nè ch'egli haucjfe hauuta vna, quafi fandulla, con efl'o lui,la qua-
tcojra non baueua^apprefa Carte dello ingannare, perche non vi lafciajfe non
il pelo , ma ogriifuo ingegno infleme coda v ita . Morto quel vegliardo , co-
núncio e lT id a r ft publicamente, a quanti giouani volcano pigliarft placer e di
JeLf orf c Per riflorare con mold quel tempo,Ofella fi conofcea di haucre con quel
- vecchio
v
>
D e l l ’I n t r o d v t t i o n e
veccbio perditto. Ma con tutto do, quantunquc ft sfor^affe di adcmpire la libidu
nofafua voglia, & in do contentare il fuo lafdiw appetito, viueua nondimeno in
gfandijjima pouertajin modo,cbe poucramcnte m.mgiando , dr poueramente ve-
ficndo,non era ricca d'altro3che di giouani, non diro nobili3 ma di qualunque for
te3i quali aliafua sfrenata libidinefodisfacejfero. Tercbe effendo clla3 dr bella,
& giouane moitem defidcrio in mold gionani di goderft di lei. Taffato alcun tem
po3conofcendo ella3quanto fojfe dura cofafoflenere il difagio3datafi a comerfart
con alcune veccbie, che publicbe donne erano Jlate; imparò di leuare la lana, in-
fino alie radici a montoni, che con lei cogggare voleano. In quejlo mego tempo ft 4 i
[coperfe vn Giouane bello3valorofo, ricco3 dr moltopro della perfona, ebe di lei '
fieramente fi accejfe. Coflci3cbe fe ne flaua, come ilNibbio alle bufecchie,vedu\ ^ ^
to coflui vaneggiarc per lafirada 3poi che le parue hauerlo tutto fra gli artigli3
gli fi pofefotto3 dr tanto piacere difegli die3tanto ben lufingareil feppe , dr coft*
farlofi prigione3 che in menoJpatio d'vn anno 3 di riccbijjimo , che egli era , dt-
uennepouero; & arriebi lei di maniera, che compariua borreuole alle chiefe^Uc,
plague, quanto alcuna altra donna ( mercê de corrotti cojlumi) della nofira cittd.
Etpofto, che colui fojfe flato verfo lei corteflffimo31'haueffe hauuta cara, quanto
I'anima fua31'hauejfe leuata dalla vil feccia del popolaccio,dr fattala, tra le p'a-
ri fue3di molto pregio; toflo, ch'egli hebbe confumato quanto di bene haueua, la*
[ciò la maluagia di amarlo, dr [degnando luiffi diede a fare d’altri nuoua rapina,
dr perche parue3che infieme coll'hatterc3 crefceffe in lei la bellegga del corpo 3 dr
infeme la leggiadria, mold giouani nobili3di lei, fieramente fi accefero. Et qua-
fi, che nonfojfe altra donna di fimile vita in Roma , che coflei; fi ridujfero infie­
mefei de primi giouani, dr depiu riccbi della cittd 3 dr conuenudfi colla malua**
gia la pofero in vna cafa riccamente, dr nobilmente ornata , dr facendola Jenti­
re, dr di molto largamente tutti donandole, dr tenendola tutta via fu i cand,dr
[u igiuochi3&[uipiaceri della vita , la fit godeuano vngiorno per ciafcuno , Ma f
nulla giouò, cortefa,car e7gtc,o amor de i giouani, perche coflei 3fata d'ogni bfut y
tura ricetto, non ft voleffe complacere di chi le p arena, o nobile 3 o v ile , cb'eglijt
fojfe. Et riprendendola di do que gentilbuomini, che con tanta Jpcfa la mante-
neano,dr volendola pur frenare; ella venuta con effi in ira, gli fdegnb di tal mo-
do3che non gli voleua vdir raccordare. La onde, dopòvn lu ngpdr largoJpende­
re, fit loro di meftiero partirfene col core trafitto fiPT&dBH^ptOYo, \jho',che per Jo
pranome.Africano era detto, cognome3che al fuo proprio nome fi confacea3di co­
flei fieramente sinamoro, & perche egli era nobile, dr di manierc ajfai gentili>
dr nello fpendcre largbijfimo, ilcbe3fopra ogni altra cofa, alia fcelerata piac ;*.v
ella fc Jcmbiante di caldamente amarlo, dr perche egli pin d'ogni altro " f-i .
feiaua venire ; dr con accoglicnge fi grate il riccuca, che parcua a liti, cfiejqúa-^
lunque volta egli era con lei, fioJJ'e tra quanti diletti, dr -
ccjfi ad buomo mortale! dr per le accoglicngc grate, ebe coffagFijãcca ,perclr
egli molto care le comp craita,era egli d'opinione, ebe non fojfe poffilnTe, c'buort' 1
fojfe pin amato da donna, ch'egli fifife da Filcne. Et tanto pii) f tl crcdcua il rfgi- ^
/ - • p h r ,J : r - 1 1

i
A G li H e c a t o m m i t h i . jx
p/ice , quanto ella gli dicea fouentey minima, & vita mia y lo non ho altro bene
al mondo che v o i , voi fete il core del corpo mio , nè mai ho rlpofo ,fenon quanto
mi ritrouo con voiy & mefcolaua quefle parole con mille vczgi , & con mille lu-
finghe tutte finte, & tutte falfe; le quali nondimeno il Giouanecui gid per I'of-
fa era Jcorfo I'amorofo velcnoy riputaua veriffime, & procedere da amoreuoliffi-
ma ajfettione . Et quanto piu ft fentia ftruggere dalle amorofe fiamtne, tanto piuy
egli daua a Filene ciòych'ella gli adimandaua y & fc non foffe Jlatoych'cgli bauea
padre , & nonpoteor di tutte le faculta , a fua vogliaydi(ponerey egli far ebbe fla­
to da coiiei non par tonduto, ma fcorticato. Onde nonfarebbe a lui piu rimafo di
quella y che a due primi y iquali in lei ft perdettero ,fi rimaneffe . Mndando in
tf* %cotalguif\ tra lui & lei la bifogna , auenne vn giorno, che africano notando nel
Kgolfo de' lafeiui piaceri y diffe . Deb ditemi anitna mia y quando fra tutti gli a-
manti v o ilr i , hauefle a far fcielta di vno y che vi foffe piu di tutti gli altri caro,
uale farebbe quegliyche voi proporefte a tutti gli altri? Mile quali parole rijpo-
V » fe Filene. Deb, Signor mioyche cofa è cotefiayche voi mi chiedete non vi auedete
voi che tutti gli altri ho io per nullayappreffo voi? & che non folo quanto di bene
i ritrouo hauere al mondo. Ma perche o jingete} o non vi accorgete, che cofi è>
i'io vi dico ; voglio che fappiate y che Filene y non folo a qualunque altro a-
'ante , che ella habbia,vi proporrebbe. Ma quando vn I\e , vno Imperatore
cercaffe compiacerfi di le i, & voi la vi volefle , ella non farebbe flima nè del-
I'vno y nè dell'altro y per quanto vtile le ne deueffe venire y per compiacer v o i.
Quefle parole piacquero molto ad Mfricano, come a coluiy che plena fede lor da­
ua 3 & le refe infinite gratie di queflofuo buon voler e . 'Nf prima ft partirono
*t£a queflo ragionamento y che Filene dono ad Mfricano y inpegno dti fuo amore3
& della fua fede, vna belliffima ffiada y tutta meffa ad oro y con mirabile magi-
flerio, la quale era flata per I'adietro di vn certo gran capitam y che a lei3permc
moria del fuo amore y altrefi lafeiata I'baueua ; & Mfricano donò a lei vna gran
mtfaglia, & di molto prezgOyOue egli era per mandi vn grandiffimo maeflro
X : effigiato y cofi naturale, ch'altro non gli mancauay che lo (fiirito, ad effere viuo.
Dopò queflo paffarono alcuni giorni y St effendo a leigito Mfricano y le chiefe,
ch'ella voleffe effere contenta y ch'egli la vegnente notte con lei ft fteffe. Filene,
chegià haueua itr^fbda vna fua ruffiana , che vn mercatante y che quel giorno
eraarriuaief,& erct^tmf^vufi I'altro y ledarebbeventi fiorini , sella il volea
ompiacere di fe quella notte; riffiofe ad Mfricano, che ella non ft fentia molto be
tr & che ilpregauay che quella notte la voleffe lafeiar ripofare, accio . ch'ella
iu non infirmaffe; ma che I'altra p o t, s'ella forfe meglio ft fentiffe yfarebbe tut-
ru a. Il Giouane y che veramente l’amauay per non ejf'erle difeomodo y creden-
ciò ch'ella detto le haueay foffe vero fe ne p a rti. Quefta Mrpia fe la fe­
te venire il mcrcatantcr & con effo luiy che per quella notte compcrata I'ha-
' >fi g i^ c q u e tr a a Filene vna altragiouanc v\cinayche ftflruggcapcr Mfri-
o quaflmftque egli la flegnaff'c, & ft flaua tuttauia attenta yfc cofa le ft offe-
ffà yper la quaie ellapotejjeporre Filene inpodio ad Mfricano. Et hauendo el-
_ , la intefo ,
/ / I /

D ell'In t r o d v t t io n b
la intcfo i che Tilene hauea negata a lui quclla notte, per dar/i al mcreatante,cht
comp erat a Thauea ; toflo , che apparuc t*Alba,fecc intender il tut to ad .Africa- ^
no , penfandofi, che ciò il potrcbbe indurrc a tanto flcgno,ondc deucffe lafciar Ti- £ '
lene, & amar le i. ^Africano, ciò intcfo , fenti grauifjimo dolorc,&fofpinto dal- ' 4
lira, tutto crucciofo incontancnte a cafa di Tilene fc nandò , & v i arriuò a punto )
che il mercatante3 che di cafa vfciua chiudeua Ivfcio , <&• poco manco, che non lo
offcndefje. Ma confideratOy che Tilene era da incolpare, & non lui, il lafciò an- J
dare; & picchiato alia porta, & entrato in cafa, con vifo tutto turbato, aleife .
n'andby & le diffe . Tu non ti fei fentita males maluagia,quefla notte , agiacer-
ú con altriy che con meco, E‘ egli, Tilene, quell a la fede,che tu mi bai data f*fond'
quefte le promeffe fatemi f“Quefti, con cuigiaciuto ti f e i, non eragià, nè I{e , nèk. ^
Imperadore, & pure egli da te è flato propoílo ad africano,che tu diceui pit* di f->1 ^ . )
ognaltro
A GYi n l huomo
r f amare,
r r * & haipiu Jlimato
f i l m A t n venti ffioririi,
i n v i + t i r ch’egli
W e n l ' i Adato ti /i/f
/*fy\ t-t ha/( pero
* * ‘ »

the f ultra Giouane il tutto gli hauca fatto fapere) che tutto quello , che ad hono-
reuolmente mantenerti,«Africano ti ha dato in tutto I'anno , Ma coft mi leui Id-
dio delle tue federate mam,maluagia, come piu mai tu non mi ci corrai, poi, che
ti conofco piu d'ognaltra donna ingrata, & nata folamente a gli inganni, & alle
menxpgne. Mi viene in animo di leuarti ciò,che mai ti diedi: mapoflo, che cicha
'‘I]!!; mia gentilegga non confenta , quantunque la tua cattiuitd fei meriti : pure io ndh f
'Isii ti voglio lafciareil mio ritratto, poi che mi fei mancata di fe d c , & egli ti fu da­ SK
ii to in pegno della fede, & dell"amor mio, che coft, come io voglio effer fuori di ft
sleale, & perfido core, come è il tuo, voglio anco leuarti de gli occhi I’imagine
3 mia : Tt coft dicendo , ft auentò alia medaglia , che donata egli le banea , & clla
appefa alio fpecchio tcnea,per leuarglile. Tilene, come volcffc moilrare poco
rarfi,ch'egli l'amaffe,o non,per.fando, ebe moflrandoglifi afpra , piu affiigercbhe
il Giouane, & il farebbepiu riguardeuole altra volta,a coft dirle, gli figit to al­
le mani, & gli diffe. Tofcia Mfricano , che quefto giorno ha ad effer Tvltirno
del noflro amore, & tu il tuo ritratto, che per fegno d'amore mi defli vuoi tqr-
miyvoglio anch'io la (pada,che ti diedi allbora p pegno del mio, v à ,& recaiam ,
che tantofto, che data la rni haurai, tifarò vedere, clno non fon tanto vaga , ba-*
uerti inimagine dinangi a gli occhi, come tu ti iftimi, & che tupuoi foffrir di la­
fciar me, io anco non mi mono, fe io te lafcio . ^Allhora lAfricsno diffe , M. gran
dishonore mi terrei, bauer cofa appreffo me, da hft&ètáãgie mam port ami. Et
ciò detto, quinci partitoft col fuo fam\gl\o,fe nandò a cafa , & pigliata la (pada,
glideportb. Et diffe, Eccoti la tua fpada,rea femina, piglialati, che io mi piglie-
m
ro il mio ritratto; & pentito di hauerti vnqua veduta, per leuarmiti in tutto
core, me ne voglio andar tanto lontano, che non voglio, che pure il tuo nomr^
venga alle orecchic . Tilene, inftno a quclThora ft haueua creduto,cheIq^Ha-y
ueffegir dagiuoco, ma poi, che le paruc, ch'ella andaffe dadouero,
mente auenijfe, che ella diuifato non ft hauea; temendo pePioTrnolto v.JtèyCH '
trahea , cb\Africano non Iabbandonaffe, fingendoft fopra ogrialtr<2%ifera fa\
parole 3cb'egli dette le hauea ,prffe in mano la fpada, & la rraffe fuori dr
• o
A G i l HeCATOMMITHI. 33
dero,& chiamate le lagrime fu gh occbi,le quail a fua vo'glia vi veniamo,con v 9
ce lagrimeuole coficomlncib a dire. Conucniuaft Africano,vita della mux -vita f a
taglientc [pada piu alie valide mani voflrc, cbe alie mie,cbc tenera fincinlla fo-
no, & auegga piu nc piaceuoli gfiuochi d\Amore,che ne gli horrori dcllc[anguino
fe battaglie. Tie per hauerla la vi cbieft giamai,ma per vederefm cbe Iflima era-
no appre/fo voi le cofe mie; Hora lami bauete pur portata, non per altro , cheio
mi creda, cbe per vederla tinta del mo f angue, cbe fe cara la vi baueflc tenuta,
come cofa, cbe io donata vi haueua, & nonfofte flato vago della morte mia ; v.è
rm ^ fn ie parole, nè mie ire, quando anco vere die coft foffero f a t e , come furo finte,
, -4 ‘^Jperfar prona dell’animo vojlro,la vi haurebbon leuata giamai, come le voHre a
'fSX (anchora,cbe io cofi vi vedeffe accefo dir a, cbe io ne tremaua della paurajnon
' mi banno potato torre la voflradolce imagine, mercê del mio fcdele amore . La
^ ^ ^ .iju a le ho io pur tenuta, per haiterui cofi fempre in imagine art.rati gli occbi, come
vi tengo viuo fcolpito nel core. Et nel vero, nonfo, a cbe io mi tenga, cbe come
difperata,per fatiarne il defiderio voflro,& trar me mifera di tanti tormenti,non
% ^ 'W cacci tutta quefla fpada nel petto infino alíelfe. Ma I'bonor voflro , a me non
x^ y ^ ^ p o ,c b e la mia vita caro, da vfficio cofi foggo mi ritragge, miccio,cbe mai non
> -^%po[fa dire, Ecco corne africano ha data la morte ad vna, cbe I'amaua via piu,
hhegli occbi fuoi; & per raeglio bo tenuto rcnderlaui, non tinta del mio fmgue,
** ma bagnata di lagrime, & accompagnata del cor mio, per farm vedere , cbe voi
cofi voflro nonfete, come iofon v o flra; & pregoui Signore mio, cbe vogliatc
conofeere lafede, colla quale vi amo, & ammoHire ft la dureggga del voflro co-
r$, cbefe io vi bo offefo mi perdomate, & vogliate porfine alio flruggermi, &
\al confumarmi. Ma quando pure mi vogliate effere nemico, & piu appo voi pof-
(*&*!'■ fa vna notte, cbe mi vi fon tolta,cbe mille, cbe mi bauete bauuta a voglia voflra;
& per cw non mi vogliate render la gratia voflra , pigliate voi di gratia , que-
ft a fpada .Africano, & colle voftre mani cacciando di quefto corpo lo flanco fpi-
, p.igateui dell'onta , cbe vi tenete bauer riceuuta da me , cbe morendo io nel
voflro cofpetto, eir di voflra mano, mi mono piu d'ogni donna contenta ; & coft
tutta via piangendo, porta la fpada ad .Africano, gli ft voile lafeiare cadere ad-
doffo . Ma il Giouane adirato indietro la rcfpinfe, dicendo . Va porgi quefle la-
r.rA i rime & qygfti- q rbi ti èpiu a core, cbe non ti fon io, cbe non voglio,cbe
pià mingdnni 'tuo mcmfifêrtibiante, tue lagrime, o tue inganncuoU parole . File-
He , a quefle voci, riprefe la fpada, & diffe piangendo.Quefla mi defti Africano
JP Wtkc mi vccideffi, & perche , tu ti pofti andare della morte di vna tua amante
èHtiero, vcciderommuvaga piu tofto dipiacerti morendo,chc viuendo efferti a no
tyffftjiuefto dettofquarciatift i panni dal petto , & poflo il manico della fpadafu
lll£ 1U*W0, & la punta verfo la ftniftra fua poppa; e*r dicendo,ccco,ch'\o ti conten-
Jp ^African o; fr.femKvtnte di volerft git tar fopra , & trafftgerft. Hauca coflei
D e l l ’I n t r o d v t t i o n e
U parte di le i , cbe foleua efftre le fue delitie, & il fuo maggior diletto, non pote
foslcnere, clfella fin oltre ft andaffe. Ma come fnon di fe, credendo veramente,
cb'ella vcádcr ft volcjje , lx prefe a traucrfo% et con lei piagcndo le difje.^ii anima
mia,cbe vi voletc voi fare?La malitiofi fiibito,come foffe tramortita,gli ft lafciò
cader rouefcia nolle braccia,& bauendo il feno tutto[coperto,et il vifo tutto di lx~
grime molle, cercaua d'inuxghirc il Cioiixne di fe,piu cbe mai. Et, dopo alcfuanto
fpatio, finta di effere infe ritornata; cimc difje , pcrcbc nonfono io morta in que-
fie braccia ? poi, cbe il mio Mfricano cofi indcgnxmente mi fdegna . ^Allbora il
Cioitane, apprcjfxta la bocca a qnella della finta donna, & baciatela , angi File*
ne diffe, piu cbe m a i vi a m a 3 & vi tien cara,pero poncte fine alpianto., & al do
lend ft cura, cbe fete neilt braccia aà vno, cbe è phi voHro ,cb'egli non c [ h o . C o-'''
ftei, fingendo d i efferft alqitanto racconfolata, Deb, cAfricano, diffe , non v i ven-
ga pin voglia di cofifieramente affalirmi,fe mi volete viux, cbefe ultra voltàxt a i \
mi vi mojhafte, qual moflrato mi vi fete bora, a refiflerui pin non baHcrieno le
forge m e. jL cui rifpofe egli. Fie queflo ívltim o giorno, Filene , cbe piu vi bab*
biate per me a dolere. Ft cofi detto inficme ft rappacificarono, & con diletto amr
rofo ft traflullarono infteme. Ft ft rimafe cofiui, ebauea fatto pcnftero di piu
non volerla vcdere phi, cbe mai, prigionc di Filene. La quale tanto poi feppe,fj%
i
dire,& fare,che qaantunque nell’aitenirc, difponcfje ella di fe medefima a voglia>•
fua, non pure, africano non venne a contefa con lei; ma a lei fu lecito far di lui
quello ,che piü le piacque,non altrimente xcbe s'egli vn picciolo fanciullo ft foffe fix
t.o,& tutta via bauejfe temuto della sfcrga. Ma con tutto ciò quefla maluagia ha
uendogià tratto da lui, quanto trar ne potea,voltò finalmente L'animo altroue,(iL
fi rnife ad andar per lo mondo,dietro alia quale effendoft gito Mfricano,& non la
potendo, nè con preghi,nè con ambafâatc, nê con cortefta,nè con dom piegare,tut
to dolente a Rpmxfi ritornò; & prima , cbe la fi potefje leuar dal core , vifjeper
molti mefi in grandi(fima pena.

P A N F I L O A M A N E A , V S A O G N I I N G E G N O PE R . G O *
deríidilei, dia lo flratia, intratenendolo con ciancie , vengono a giuocare iniiem e,
&ginocanoIe
o. _•-------- i, lorvite. vince Panfi.lQ,ellagli dà a vedere , chenon l’ha vinta, onde
fe n e refla pafeiuto di veneo .
N O V E L L A*trtsÇ3&~±ét '*•»•**•*}* .
0 I che M a ffimo bebbe finita la fua noucllx , voltatofi verfo Ton-
tio, gii difje, che dite bora, parui cbe il fenno , la vecchiegga, la
cortefia il valore, il fermo penftero difuggir loro, bafli a faluar-
ci da quefle furie ? Kftn vi è ft acuta, o ft fuegliata mente ,Tom,,/-
tio, che f t p offà da lor difendere , quando elle banno concffifKal
trial loro fieccato, perche elle ft mutano in tante forme , Cgvfrno tanta va ried
d'arme, cbe I'buomo alfine (per valorofo cb'egli ft fix ) ne rcfl'a perdente. €lle nel
megp dei dolori ridono,piangono nolle a lle g e cgje >ft t urbano tic pi a c m , f t moflra£
no confolate negli affannifotto la bcniuolenga celano l’odio,zx [otto lodio I'amAj
rcyfotto
A GLI H e CATOMMITHI . ?4
rCyfotto lx fede nafcondon lo inganno, nclla crudeltà fi fingono pietofe, <&• nclla
maggior voglia , c'banno di viuere fi fingon mortc. Comefe coflei verfo Africa
t no, il quale, vinto dalia fimulata apparenga di quefla rea,cbe finfe di volerft vc-
cidere,depoflo ad vn tratto ilgiuflo fuo fdegno, & rotto il fermo propofito, c ba­
nco, fatto, di volerla lafciare3tutto infua forgo. rimafe,per legran trasformatio­
ni, cbe in picciolo tempo fe coflei verfo Africano .Voleua a ciò ri (fonder Tontio,
quando, prima cb’egli cominciaffe, Flaminio con leggiadra prontcgga, diffe,Maf­
4frl firm, coftmi vegga vna volta verfo me, pietofa chi miconfumx,comenonfo,che
I qui ft pojfa reffonder Tontio. Ma lafciando a lui queflo carico , vi dico (Ibe de gli
.:f*~ altri amanti di coflei non vivoglio dir nullajcbe non accufo Africano, s'egli ne re
*ftò vinto,folo mi merauiglio , chepoteffe effere tanto coflante, cbe lafciajfe, cbe
Filene, non dirò alia fine di ciò, cb'ella diffe, ma nel cominciarc , non le fi arren-
deffe. Il moHrarc quelle mammclle fu bene altro,cbe ifegni defle piagbc,cbe mo-
v firauano ifoldati fiomani, quando volcano indurre compaffione dife, ne gli animi
de gli huomini; credo io, cbe a vcdere quell'atto di Filene,Marte,nclfuo maggior
furore, farebbe funafo vinto. Ma per dir di me,voi mil banete tirate pin volte le
^(fflfap'ime iufinfit gli occhi, afcoltandom. Ma, cbe dico io di me ? cbe fono anchora
^ m fim ciu ü o i5bo veduto Fabio ifleffo, buomo di feff'anta anni, & cbec Flato il pri
yfiio guerriero ad entrare in campo contra quefle dome bauer compaffione di quel-
la mifera, Ft segli fi foffe cofi con Filene ritrouato come vi fi ritrouò Africano,
nonfo come egli fi foffe flato afegno. Diedero da ridere a tutt'i giouani le parole
i " di Flaminio & Fabio altrefi rife, dicendo,marauigliauanii Flaminio, fe anco non
mi voleuate mordere, Ma poi che mi fono aueduto, cbe conofcete,cbefe bene ho il
■'Capo bianco,potrei hauere qualcbe cofa di vcrde,viperdono quefla dentata , che
.y* a data mi bauete.Ma vi faprei ben dir io,come nefarei rimafo vincitorc, & ella ne
farebbe reflata perdente,s’iofojfi flato Africano. Ma perche lo vi faprà ben mo -
flrar Tontio, & ciò a lui tocca,non voglio io piu in ciò tramcttermi. Allbora Ton
fio, ben fatte,diffe Fabio, & io I'vfficio mio faro compiutamente. Ft dico,ch'A-
fricano poi,cbe di lui folo vogliamo pariare,poco prudentemente fi reffe; perche
qual necejfità lo induffe a ritornarfi collafpada a coflei,no gliela fapeua egli man
dar per altri,et fe bene non baueffe bauuto il fuo ritratto,cbe nhaurcbbe egli per-
duto? Gli fit ben *o/ro peggio. perder fe medefimo vim,per ribauerne la fna mu­
ta imagmd’fS'egli jifitki&fre pregione, & lafeiarfi porre i ceppi a piedi, nonpof-
èffiamo accufare altri,cbe lui.Egli è molto piu ageuole,Tontio,dir quefle cofe , chc
farlc; diffe Quinto,entrato quefle guerricre ncllefortegge , pigliano iguardiani,
& tolgon I'armeagli armati; legam gli fciolti,& fannoferuigli huomini liberi:
* ondirò coli'armi,cb'vso Filene con Africano,ma con vna fola lagrimmcia, cbe
_ o da gli occhi. Allbora foggiunfe Flaminio,non dirò io colie lagrime,Quin
to.che non conofco iopuomo,cbe a quefle arme fifleffe forte, & non ne rimaneffe
~ol peggio.Ma è da marauigliarfi fommamete,cb'elle conlo flruggerci.col beffar-
i,col fafftifl traggi o, cipongono le catene intorno,& ne fanno loro fchiauccome
oumafebe dirui mi appareccbio vi potra far conofcerc apertamente.
E 2

7 \
gub \

Dfi i l ’I n t r o d v t t i o n ê

FV IN C apua v n G io u a n e , c h e T a n filo b a tte a n o m e , i l q u a l e f i era m en te f t


in n a m or ò di v n a C o n W ia n a , che N a p o lita n a e r a , & N e a f t c h ia m a u a . Laqua*
l e , anchora che f i f o j f e d a ta alia d ish o n cfla a r te , della q u a le b a b b ia m o infino a d
h o ra ragionatO jfe tie fta u a p c ro coji in co n te g n o ,c h e p a re u a ,c h 'c lla fo ffe L u c re tia
R o m a n a ; S t p r im a ,cb’v n o Icp o tcJJcp a r ia r e ,fla u a a lm e n o p e r lo (p a tio d i due m e
fly & bifognaua v fa r e v n centcnaio di b a u e r p o i d i g r a tia , e l f ella v o lc fi
f e v d ir e d ie d parole; & si p ro u erb io fa m en te ri/pondeua che bifognaua cjferle te -
nuto; com e f e bauefje data cortefiffim a rifp o fta . O ra, dopò lungo b a u e r p e n a to , ^I
h eb b e g ra tia v n Giouane, nom ato T a n filo , cbe p e r lei co fi a r d e u a , che era tu tto 4
fuocOy di effere introdotto a lc i,la q u a lc , come fo ffe fla ta v n a R egina,I'accolfe,ren **
dendo a ltiera m en te a l G iouane il f a l u t o , c/fegli le d ie d c . jQ uefli fefp o fe I ’a m o r ; ;
fu o , & la pregò a vo lerlo cofi accogliereper fu o , corne egli libcram cnte tu tto le w
f t daua , Ella bauendo già intefo,cbe il Giouane era m olto ric c o , & che ne potreb*
be tra rre m o lto v tile >con v n certo m o d o , m o ílrò , che non le fa r ebb e difiaro lo JT
am or fuo . S t continuando T a n filo band are a N e a , & fa tto le fi alquanto d o m e-
ilic o col donarie largam ente ,fc n g a bauer e altro da lei , che ciancie , f i diedc a
,

che a l mutar d'vna tauola,o nello acconciare di vno fcacco ,g U veniano toccbe le
cílrem ità dellc dita di N e a . Sr a cofiei di corpo belli[fim a , & batted, p e r natu -
ra l fua dote, vna certa viua fo r ifi n eg li occhi, che qualunqtte v o lta g li drixgaua
intent ament e verfo alcuno, non pure to infiammaua, ma lo flruggeita , il che era
cagionc, che chi per lei ardeua, foffe coflrctto a tolerare quefle fue noiofe rnanie
r e . Nutritia adunque N ea, co focoftfguardi, le viuacifiamme,and'egli auampa *
ua, nel core di Tanfilo . La onde, egli non fifapea da lei leuare. £ t talhora m ot -
teggiando, & pgnificandole,coft alia sfuggita,1’amorfuo,parue vn giorn o, ctie-
gli fi haueffie acquifiata tanto di baldanga, appreffo l e i , che nelgiuoco, le diffe. .
Madonna, io fon tutto voflro , talmente da prima mi v i d e i, che non ho piü cofa
in m e, cbe f i poffa dire veramente mia , fenon le p en e, cb’io porto , per troppo
amarui, & però vi prego ad bauere di me pictà. Nea fu bitogh riffofe, habbia-
te pur voi pictà di voi sicJJ'o; Tanfilo, & fe il tropgo amarmfçmi ofende , ama -
time meno, & cofifar anno minori le vo ilre pene; tfk &p e f m e f nfift v i flringo
a tanto amarmi , che I'amorvi dia danno. "Non poffo non amarui quantopiü pof-
fo . Madonna, difi'e il Giouane, & quando io ilpotefii non voglio, perche io mi ho
eletta voi, per fine de miei defiri. Riffofe ella, & cofi volendo voi, non v i dolete
fenon di v o i, fe vi viene in affanno ; & con quefio p affarono molti giorni, che il-
Giouane altro non hebbe. Ma ardendo pur Tanfilo, & nutrendo il fuocçf ranui
cofiei,alla quale piaceua marauigliofamcnte,perche largan^ntefpendeua,Lamar
del Giouane, auenne,che vn giorno giuocando infem e a fcaccbi , Tanfilo f i lafciò
vincere piü di cinquanta fiorini d'oro, anchora cb'egli ne poteffe vincere molti
N fa . Della qualcofa ella aucdutafi, le difi'e, Tanfilo, per quanto"a-'mefti*

w
* ■
/ / /

A GLI He CATOI UMI THI 55-


pala voi, nonfete venuto agiuocare hoggi con eflo meco; ma ,fotto ffetic di giuo-
coyfete venuto a comperarmi. Ma io non mi vi voglio vendere3oltre3cbeper mol
to oro3 che ne fpendefle, non potreftc comperare il pin picciolo pclo ,chio habbix
addojfo . ,Allbora il Giouane, fofpirando, diffe, non miHimo io 3 Madonna 3 che
v i penflate,cheio ml fia cofi femplicc3 che creda 3 che quello, ch'appreffo voi non
p m fare vn fedcle amore3 il poffa giamai fare nè oro , nè argento 3 fi che non ho
giuocato, per comperarui 3ma ho perduto 3 perejoe cofi ha voluto la. ragionc dei I
giuoco. Egli è ben vero3che quando io mi fperafji poteruiguadagnaregiuocando
cofi come vi pare, che coi perdere vi habbia voluta acquiflarc, vi porrei vie pii*
cura3chora pofla non vi bo,& non mi haure fle a riprendere,ch'io mi haueffl la-
* fciato vincere. Terche, mi dice il core 3 cb'timore mi farebbe tanto benigno , &
cortefe, che ne reftafle voi perdente, & quiui fofpirando fi tacque. .A qtteflcpa-
> role ridendo Tflea, diffe,Tgon crediate Tanfilo di potermiui guadagnaregiuocan-
L -do, che quando conofcefji ancliio, che vi baueffe ad andare altro, che parole 3 &
• danari, vi afficuro, che non ne haurefle la derreta, chc vi penfate ; angi vi dico,
che ne refler efle col peggio, Motteggiando in quefiaguifa Nea, & ridendo Tan-
'lo, diffe egli, vi foffe pure a grado, vita mia , porui a queflo modo a rifchio , fe
Jo non facefji pofeia di voi acquifto, vorrei,che mi leuafle ogni fperanga di poter-
iii godere. Et fapete,foggmnfe ella,che farefle prino della piü dolce cofi, che fla
nel mondo. Et cofi mi credo, rifpofe il Giouane. Et percio vi porrei tanto maggior
cura, per non ne far perdita . Dopò quefli motti, diffe la Donna, & che vorrefle
voi porre fu il giuoco, per vincere me r1Et egli, diffe, pofeia, che io conofco , che
■(corne voi ditejmolto oro non agguaglierebbepure inpreggo di vn voflropelluc-
cio, quando vipiaccia,cbe vi giuocbiamo, io giuocherò me contra vo i,& cofi ve-
drajji, s/o mi vi fip rò guadagnare o n ò . La Donna afluta, fattogià difegno, out
coghere il volcu.i, accettò il partito, dicendo ,fe vi pare,che cofi la cofi bene flia,
_ ; & chc pofflamo fare entrambi queflo di noi, come di cofa nofira; giuochifl di gra
da, (gr fe cofi mi vincerete, fatene di me la voglia voflra , che ne firo contenta,
fenga fame parola . Ma fe voi ve ne reflerete perdente, come fon certa , che a-
uerra , voglio anch'io cflere in liberta di far di voi d o , ch'io vorro. Oltre , che
mat piu non voglio, che mi follecitate a cofa alcuna. Haucndo cofloro cofi patui-
to infieme^poflhgli fcacchi a I'ordine, ciafcuno (feffl cominciò ad agguggar lo in-
gegn0,pdnreflarvnf&t; anfilo, per non lafdarfl vfeire la ventura dclle ma­
ni, Nea per I'honore della v it tori a,c\) ella benefipeua, che andaffc il giuoco,come
ft volcffe, non eraperòper hauere il Giouane piü da le i, cl) egli fl baueffe hauuto
inflno allbora . Conchiufo adunque,che nefoffe finita la pofla a tre giuochi,auen-
>ne,che i due primi furono vinti dalla Donna ,fcnga che il Giouane ne vinceffe al-
^flellã qual cofa era egli molto dolente, & tanto piü crefceua il duolo, quan­
to elLcigli daua granjjoia,col morderlo, & col motteggiarlo, col dirgli, ecco, co­
me inflno if giuoco vi mo (Ira , che non fete cofi da me; vi fo dire io , chc a que-
fta volta^rffognera , chc refliatc di pin moleflarmi , & fe nol farcte effendo voi
fl pffifione 3*io v i porrò altra catena intorno, che non vi ho pofla inflno ad
5
E z
D e l l ’I ntrodvttione
bora j & il Giouane. ferny rifpotidere nulla a ciò, tutto manlncomco ft flaua. Finl
ti I duegiuochi, fi comincio il tergp , & Tanfilo v i pofe tanta cura , con tanto in-
gegnoy clfegli fel vinfc, & vinfc dopò queflo I'altro . La onde, ejfcndogia le cofe
del p a ri, egli,cbe infino all'bora hauea tacciuto,come,che da vn lungo affannori-
bauuto fifojfe , riuoltatofi.con vn caldo fojpiro a Nea, le diffe. Spcro,cb'.Amove
mi farà tanto fattarcuolcy c Ijc in breue conofcerctc y cbe mi bauete rimprouerato a
tortoyche io non fia degno di v o i. Ma fe vinco ioy non vi voglio già fare la ver-
gognaycbe bauete voipromejfa a me di fare yfe mi vincete . Et ordinati di nuo-
uo gli fcaccbi, parendo al Giouane vnhora mill'anni,cl) egli ne veniffe alfine,(pe- v•*r -
ran done la vittoria , comincio ad opporfi a tutti i trattati della Donna, fi accorta- 1$g|^; -
mente y che in poco (patio le dette fcacco matto . Et coft ft rimafe vincitore . On-^
dc diffe a N ea. Madonna, non vific pin lecito rijiutarmi y o victarmiui y fe non i***
volete mancar difede . Mancar di fede non voglio io y diffe ella y bilbor a Tan
filo, ciò vdendoy fattolef prcjfo, le voilegittarc le braccia al collo; & prender*
ne vn bacio; Ma la ingannatme il rijpinfe y dicendo y che voi far Tanfilo ? come,
che voglio far f1 diffe egli y nonfete voi per ragione delgiuoco y mia f* Êt per r a v
gione delgiuoco y nonfono io vojlra y rifpofc ella . Come no ? foggmnfe il Gioua- «
ne y & che ragione bauete voi di termini, & non mancar di fede $ GiufliffimaA ‘j
rifpofe ella, nèmi voglio partir dalgiuoco , & fe non vi conchiudo , che nonfond zh
vojlra y & cbe non mi bauete vinta, voglio, che il danno ne fia il mio . Quest a
firebbe bene vna bella cofa a vedcre, per mia fe, diffe Tanfilo . La vi vedrete rjjP
cofi cbiara, ripigliò ella,cbe voi fleffo ne darete la fententia contra v o i. Vegga-
f t , cbe riba ad effere diffe cgli. bilbor a comincio ‘E lea. Ditcmi, per I'amore
cbe moflrate portarmi, quando altri giuoca, deuc egli giuocare del fito , o pur df** ;>
quello di colui, col quale egli giuoca, Del fuo rifpofc Tanfilo,.AppreJJo, non dcue
effere vgualc il partito , diffe ella di amendue le parti ?fi cbe tanto poffa perder STS,
I'vno, quanto I'altro. Si, rifpofe il Giouane . Et quando quefle cofe non fiano tra
giuocatori, ilgiuoco non ifla bene; diffe la Donna, N o, rifpofe cgli. Et qitegli,
per cui far anno mancate quefle cofe, non fi diva mai vincitore del giuoco , repli­
co la Donna . -No rijpofe Tanfilo . Or, ripigliò Lgea, veggjamo vnpoco fe cofi è
ita la cofa fra noi. Trima , hauendo voi giuocato voi contra me, bauete giuoca-
to del mio, & non del voflro . Nè vi voglio addurre in ciò aljip teflimonio, che _
v o i. Non mi bauete voi, per adietro detto, che feteVfíb, & cbe non tilt voi cofit ,s*'
alcana, la qual fta voftra f Etfe cofi è , come voglio credere,che fia,voi vi baue­
te giuocato il mio, & non il voflro . Et cofi da quefla ragioneypcr confieguente,
concbiude I'altra, cbe non hauendo voi meffo fu ilgiuoco altrotanto contra me,
quanto vaglio io, non bauete potuto vincer me. Etper ciò nonfono io voflro,,ma-f,,
mia, & altrefi voi mio, come prima,poi cbe dato mi vi fete, fe forfie rionffift
to mentitore in ciò, cbe altra volta mi bauete detto. Laqi^alcofa quando fojjc
& non mi vi fiofle dato da fenno , io vi dico infino ad bora, ebauendomi voi cofi
beffata, non vi voglio per amante da qui inangi. Tcrcbe ad buam bufiardo, come
farejie voi, fie mancasle della parola voflro,, non fi conuiene hattire donnh leatfj _
• cbe
A G li H e c a t o m m i t h i 3
che Fami, comeforiio . Rimafe Tanfilo a quefle parole, come fuori di fe, veggen-
dofi poflo, tret la Jpica, dr la mano, cofi fatto impedimento,nè feppe egli dire al-
tro,fe non, queflo fi dcueua dire nel principio delgiuoco. Et voi vcl deueuatepen
fare, dijfe ella, So pur ioebe nel principio, v i dijji, che fe poteu.imo fare queflo
i; v di not amendui, come di cofa noflr a,ú giuocaffmo . Stfcvoi fapeuate,cbe voflro
non erauate, ma mio3perche vi proponefle voi a giuocare 3 con vna cofa cofi pre­
ciofa come Jon io Mllkora dijfe egli, Madonna a mepare3chefapiendo voi quel-
lo3che iogiuocaua era voflro, dr hauendo voi confentito, che ft giuocafje3fi deue
K Aprefumere3 che voi ne fa te flata contenta, Et che anchora, che iofojfi voflro,co-
me nel verOy& era3&fono3v o iv i hauefle voluto preftare me a me ftejfoypcr fa­
re la partita, come f v e d e tutto di auenire tra giuocatori. De quali I'vnodaal-
%*** I'altro del fuo perche egli pojfa giuocare. Et flando queflaprefianga , mi haurci
V # giuocato del mio, dr non del voflro: dr per confeguentefarefte voi mia. Idea a
■ quefle parole 3prontamente dijfe. La ragion non vale Tanfilo mio,che non ft pre- 11
0**, * {la a chi non chiede , che gli ft prefli. Ma faui,di Jpetial gratia, conceduto, che
:%*., tutto queüoyche voi dite f a vero; rendetime voi ciò che io v i ho preflato ,mi ver-
*s£pte a render v o i, dr cofi diuerrete di nuouo m io, dr non io voflra . Ouero,
^ r ^ . ’ \che volendo io me per me dr lafeiando voi a v o i, vi rimarretc dimio ,che
'* -"fm prima v i erauate, vo flro , Et c o f , per conchiudcre io mi tengomeperme ,
Í dr voi lafeio a v o i. La qual cofa non-vi dee effere punto difeara, che con altra
- - * donna, che habbiate voglia di vincere , potrete vn altra volta giuocarui alia f -
cura. Veggendo adunque Tauplo, coflci vie piit fcaltrita,clfegli non era, fe tra
~Eepenfero di donar quello,che non poteua vendere. Et dijfe, Madonna,Toiche mi
*f‘ ' hauete vfxtaquefla fofiflena, f a di gratia la vittoria voflra. Et fe bene baueffl
fatto io nuouo acqitiflo di me, mi vi dono anco, dr piacemi p o i, che altro non ho
5* ^ giiadagnato in quefla contefa, chabbia almeno conofciuto , che non mi hauete in
tanto fdegnato, che vi èpiacciuto hauermi hauutoper voflro per I'adietro; dr che
non mi volendo perder anchora, mi habbiate riebieflo, che mi vi renda cofa , che
mi da pur qualche (peranga di premo del mio feruire perche efflendo voi non mo­
no gentil, che bella,fo che non confentirete, che cofa che voflra f a , f ia fempre in
doglia,pcr troppo amarui;dr che difedele amore come è il mio, f a ilpremio du-
* rolanguipe, dr fl^gnente la morte . jqongiâ, rifpofe Nea , che faremmo trop­
po gran pêrdita il mondo dr io,fe cof bello,dr cofi leggiadro Giouane, come fete
voi in queflo fore dcll'etafe ne moriffe.Terò vi prego, Vanfl/o, che quaFhora vi
fentirete maleflo mi facciate flipere, che per mia cortcfa, vi manderò il medico,
pagbcrò lo fpetiale,perche non vi moriate di difigio.St cof dettofi leuò di la,one
fe ne entto in vn altra flanga one altra gente I'attcndcua ; dr piu che
^ j^riwfcio il Giouane di lei accefo,dr poggio contento,inuolto in millc lacci.Cof re
tJfandof il mifero prifione di colei, che f notriua delle flue penejin attendendo vn
^Z*orn°,ck£Jipnvenne dopbmef, dr anni,proud che f mill dome, non pure colie la
WggF'flffgW preghiydr co fofpiri,dr col darft a cln le am a,f fanno donne di chi f
■‘"p* a loro, ma anco colle afprcgt(c,dr co tormenti,f fanno gli huomini ferui .
£ 4

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7 /
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D e l l ’I n t r o d v t t i o n e
L A N E A E‘ A M A T A D A V N ’A S C O L A N O , E T C R E D E N D O
ella far guadagno con lui, col farfi dare alcune monete, il compiace di fe, & egli íí go,
d e d ilei, Stlalafcia fchernita .
N O V E L L A VI .
E T fT fyE parlaua Flaminio, ognunoft dolcua della forte dique
giouani, cheaper lorfiero dcHino, fi dauano ad amar cosleiy & poi3
cb'egli fi tuque , diffe Mulo . Tarut , Tontio , cbe la cofioro poten-
%afia maggiorc di quello , cbe voi vi credete ê Deurcbbe pur baft a-
re la cofteifuperbia, a ftacciare da fc tutti gli buomini nondimeno con quello, \ <£)j&
cbe da lei gli dcucafar fuggire , come da vna vorace lupa , gli condnceua alia re-
tejion ahrimente ycheycol falfo fuono,v i conduca I'vccellatore la quaglia . N onvi^
marauigliate, ^iulo3diffe allbora Sempronio,fe eJJ'endo cofteiycome la ci bà deferit
ta Flaminioybellijjima di corpo yella era fuperba , percbe la fuperbia fegue la beU
lexjgãycomc I'ombra il corpo . N época forgo. ba in sê quella femina , a farfi do- ’ m,
na degli altrui animi>alla quale ha data la natura , con larga mano eccejfiua bel-
legga3& ilprouiamo ogni di piu , cbe non vorremo . La bellegga , diffe Tontioy -j*
è ad ogni modo marauigliofo dono della natura; ondeft fuol dire , chi Iddtofe bcUjf
loytion fe poucro,& ba vna donna bella gran potere ad enirarc nelle altrui menti* ^ ■,i
-L _ rr. ella
>a. non però tanto puo , chepoffa
Ma _»». tr arre
-.....gli
_/: buomini
/__ j: s. .5
di è , sn_i__ a.,d,r/OV\|i
ftendendo c gli
buomini, cb'altro babbiano d'buomo, cbe la fembianga . Non fora ( per vnio pa- . 'w ,
rerej graue adbuomo faggio Fvfare qualcbe maniera diferuitiiypergodcrfdi
bella donna. Ma non ve ne ritroucrcte però alcuno3cbc3 quando fi vedrà if ere in-
cappato in donna , come quefia difcortefcy non la difprcgi affatio . Ma voi mi vo ^
letc dare certi vccclliper effempio3cbe fe ne vanno allaimbcccata , come il Tordo**
al GincbrOy Forfcycbe vi bò detto io , cbe non vifiano degh fcioccln , Ma di quefli
tali non ci bauete voi a pariareypercbe cio efuori di quello , cbe fi è da not propo-
flo. Vi baurebbe voluto il mio Vico, a domare quefia befliay & haurefte veduto ,
s'egli le baurebbe faputo dare ilpaffo;& vorrei , cbe a me bora toccaffe di nouel-
lare , cbe vi direi pure vna beffa , cbe fu fatta da vno M.[colon o a cofei , mentre
ella fiflaua in Roma. Ma percbe quefla cofa non è meno nota a Quanto , ch'ella ft
fiaam e y egli mi fara gratia di raccontarlaui. Ft vedrete fequcfli , ft lafeio,
come Tanfilo flratiare , o pure s egli feppeporla fella aUajgjjimentfy & farfi.
pagare, per hauerle infegnato I'ambio. Mllbora difie Quinto [non vi ftoffo far me
go di cofay cbe vi piaccia , Tontio , Verb , anebora cbe io baueffi in animo di dire
vrialtro auenimento mi appiglierò a quello, chcpropoflo mi haucte,& queflo det
tOyCOsi comincio. V)
L N F M- y nelfiore della fuagiouentu ft flaua , in Roma, come pubjaferv
alcuno di voi,& hauea vna madre la piu fcaltrita3& la piu feelerata fbnm£Tlf f f
mai foffe. Ft percbe la figliuola era , come vi bà detto Fl^giinio , moIto bella di
corpo3 ella era , ne primi anni della fua giouanegga, da molti molto amata . M^
nonft fipeua vendere con quella riputatione , colla quale pofeia ft vendette inCa -
pua} opure} percbe i Romani ,fono di maggior fenno, cbe i Captum rwn)ono ’j f
?! •#

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A G l i H e CATOMMITHI 37
fapeano comperare a migliore denata , the quefli non f accano. Tragli amanti di
coflei, vifu vno, il quale ft chiamaua Luchino, cbe d\Afcoli era ; il quale ft pote-
ua amouerare tra coloro , che vogliono viuer hene, & fpender poco ;ofe forfe
banno a fpender molto , cercano (pendere di quello d’altrui. Quefli adunque , in-
vagbito della coflei bellegga , non miraita ad altro , che attendere fe potcagode-
re di lei yfenga pagarne vn picciolo. Ma fentendo egli effere fuo coflume , di di­
re a coloro , cbe con let ft giaceano, cbe quel poco , che le volcano donare 3glide
donaffero in oro , perdette la (peranga , La onde ft diede a compone verfi di va-
Ll.' A rte manterei afembianga del Tetrarca, come quegli che di acuto, & di gentiliffi-
'*mgK tno ingegno era ; & recitando a coflei quando vn Mandriale,& quando vn fonet-
__ to3 & quando vna cangona3 & quando vn’ultra cofa a fua lode compo(la,lepro-
metteua, s'clla di lei il compiaceua3 di allogarla nel feno della immortalità. Ma
era di tal natura coflei3 che fe vi foffe ito il Tetrarca accompagnato da Mpolline,
■& dalle mufe, & non vi foffe ito colle mani piene 3 non gli baurebbe moflrata
Vvnghia di vn piede. Et proponcua I’vtile di vno feudo a quanti bonori,ella hauef-
} fe mat potuto baucre3 & viua 3 & morta; veggendo adunque coLlui 3 cbe non gli
*gwuauano le fue rime, & cbe il cantare a coflei era cantare a oreccbi fordi. Voltb
r \lu ingegno a volerft godere di lei 3 con quel manco fuo danno3 cbe gli foffe poffibile
& piü tofloguadagnare feco 3 che darle nulla del fuo 3Haueua in quel tempo Ta­
pa Leone3 nato alia grandegga, & alia magnificcnga, fatto battere alcune mone­
te d’oro, che valeano died ditcati I'vna 3 le quali p iü , cbe per lo prcg£o,eran ca­
re a chi le haueua 3 per la beilegga 3 & fineggga loro . Tsfel battere quefle mone-
_ te 3 prima 3 ebaueffero flump ate i monatieri quelle d’oro3 ne haueano fatto alquan
tc dirame3per mofira . Et p erche I'Mfcolano era Ioro molto amico 3effi gli nba-
ueano donate tre di quelle di ram e, le quali egli fe con tal maeHria dorare 3 cbe
' pareano veramente d’oro; & effendo egli vngiorno ingiuoco con Nea 3lefe mo­
fira di quefle tre monete, la ftampa delle quali era nuoua, & non erano le buo-
L neanebora in mano di m old. Toilo , cbe coflei le vide 3 le piacquero efirema-
mente; & dijfe 3 quefle fono molto belle monete 3 Luchino 3 cbe vagliono elleno ?
rifpefe egli diece ducati Ivna, puote egli effere ,foggiunfe Nea 3 che tanto vagli-
not Tanto, & non mcno 3 diffe Luchino . Cofi è diffe la Madre di Tfea 3 cbe ne
-4 • • vidi comperare hjgri vna a meffere M ttilio . Valcrieno adunque quefle tr e , diffe
I Nea 3 trenta ducatif Tanto appunto rifpofe la Madre.Et bene farebbe Luchino 3fe
tanto egli ti ama 3quanto dice di umarti 3 a dartene vna tu il compiacereili
di te. Siypcr fe mia 3 Luchino, vel potrefle voi fa r e , replico Tslea. Tfpn compro
tanto caro il pentirmi rifpofe egli,Et che vi baurefle a pentir voi di effereflato co
effqjneco } per quanto vale vna di quefle monetdrifpofe ella. No mipentireigia,
~ytnfo 3 di effere flato con efj'o voi 3diffe il Ciouane 3perche farei flato con
gu&ktdjf jaquale io c&io fingolarmente.Ma bene mi pentirei di bauerci lafeiati die
iweggiqmo^voi v i datead ognunoper vno ducato alpiü, & bora,in ricompefa delle
tyiuenne rume comp oft e a vofiro honore, volete, cbe ve ne dia died , cbe ve ne de-
reft evergogntre, Deb febbre vi venga3diffe la veccbia, cbe dubitate voi di non
• vi baucrc
D e l l’I n t r o d v t t i o n e
vi hauere a venire tante jiate a Islea, cbe vi fcontiate vna di quefle monete ? vo-
glio ioyche glide diate.Non pago I'bofle, diffe Luchino ,fcnon dipaflo inpafto ;fe
voletc vno dueato , corne il toglicte da gli altri, il vi daro anclfio; & yquando va-
gliate vna di quefle monete3la vi lafcieròy& voi mi renderete none ducati. E’fa~
vanno tre ducatiychc Le lafeierete diffe la veccbiay Et tre fiano foggiunfe egli , cbe
per laprimavoltaycbe iomi debbo cffcrecon le i , non vi voglio guardare fopra. ■ r
Ety con quejle paroleyprefa Nea la moneta in mano yfe cbe la Madre gli die fette f É
ducatiyet ripofe la moneta; & gli ifeonto gli tre col dargli piacere di fe medeftma. f My
Himanea contento Luchino a quefto termine y Ma le due Donne yfattegià vagbe% ^^kr.
dclle altre due moneteyilpregarono a lafciarglicle y cbe glide camberieno in tanti
danari,Luchino ychevedea, che moltopin gli apparecchiaua la ventura y cbe difc~
gnato non hauea, quantunque non vedeffe I'bora didargliele; diffe nondimeno,
di non volerc} perebe le fpenderebbe egli nella fua terra y per dodici ducati alme-
no.Dcb voglioycbe le mi lafciate3caro il mio Luchino,di/Je Islea, ^4llhora,diffe Lu
cbinOyle mi dimandate ft cortefementeydolce il mio bene , cb'io non poffo nondar- ,
leuiy cbe voglio proporre ad ogni mio vtile il complacenti. Bene fate , foggiunfe
laveccbia,guadagnerete voi forfe anco altra volta con noiySi a lafciarui del pelo^
foggiunfe egli; & , con quejle parole, date loro le monete, ellcgli dierono tanta^
moneta. Et cglifdati alquanti baci alia Giouane,ft parti da lei. T oJioych'egli f t 1' ' ' "^0*
fu partito,'vennero a Idea mold altri Giouani y a i quali ella le monete moflròy& .
diffe,che Luchino date glide bauea,pcr bauerfi goduto vna volta di le i. Tenfan-
dofi la maluagia di poter fare con qucjla fittione y cbe coll'ejfempio di Luchino y o- ’foff'v’
gnuno in donarie diucnijfe pin largo. Ora non conofcendo alcuno di quo giouani le
monete falfe ( però cbe tali erano,che appena fe ne poteano attedere i buoni mae- '
flri) & fappiendo yche Luchino non era de’piü riccbi buomini del mondo , non fu
alcunoyche nol teneffe impaggito yveggendo, cb'egli bauca dato ad vna femina del
mondo quelloyche non le baurebbe dato vno de primigentilhuomini di Bpma , La ‘
onde,egli era per Bpmaycome a dito moflrato. Etycffendogli flato meftiero3per al
cunefue bifogne di andarft ad .Afcoliypcnso ognunoycb'cgli yvergognandofi di fe me
defimo fe ne foffepartito. Ma nonpafsò moltoy che Islea tnandò alcuni danari ad
vn banchieroycbeglideferbaffey tra i quali vi erano quefle tre moneteje quali co
nobbe effere falfe il banchieroy toflo cbe le vide. St diffe aliaJtfadrc di Nca, cbe »
portate glide hauea,a che fine voletc voi porre quefle falfe monete in banco ? co-
me,chefono falfe?diffe la vecchiayfi fonoyri(pofe il banchiero,non vagliono tutte e
tre vno ducato,M quefle parole la veccbia rimafe fi florditaycbe poco manco, che
non cadeffe morta; & andatafi a cafa tutta mariwcoriwfay& dolente,raccontc il
tutto allafigliuolaja quale venae in tanta ira-coc gittaua fuoco per gli %chfc ' -
maledi mille volte Luchinoy& fe ycbe credutogli haueffe fi3ch'cgli folo^comSf^^.
arte le haueffe portato via quello3cbe molti 3 in vari] tempi+non le haueano dato. .
Diuulgoffi queflo fatto per fioma , & one prima era flato tenuto fciocco Luchko*?
fu egli tenutojfaggio,& accorto,& Nea fciocca3& male aueduta, &Jhni(e a
cumgiouani la cofa in cangona,dicendo ; vnMfcolano ba rafa La*Nea TNapolcff?
1 na
/
/ /

A Gli H e c atommithi. 33
nci; nè f poteua ella per luogo alcuno di l\oma volgere , cbe non le veniffero que-
fle voci alle oreccbie.La ondc,vcg\gendofi effere venuta fauola dc fanciulli fi partly
& fe ncind'o a Capua,oueviffe tiell’alteregga ebauete intefa da Flaminio.Facendo
portar’a tale la pena del peccato di Lucbino, cbe forfe mai conofciuto non L’bauea.

m S A V L O A M A. N A N A , E L L A F I N G E A M A R L O , E T D I SE
il compiace; fi d i ella ad vn lordifsimo Tedefco, chemolto prezzole promette , Saulo
A la fdegna, & parimen te tutti i nobili giouani, onde è coftretta vfeirfi di Roma.
- §w.mf N O V E L L A VII.
' mm- '*' 1 1 <A C Q j f E a m olti, cbe Lucbino haueffe a Nea moflrato , cbe I
=: quando vengono afaflidio aglibuomini le cattiuitàdi cosifatte
femine,effi le trattano ,come die meritano.Ma,fubitoschc Quinto
hebbe finito di dire,diffe Sempronio gni marauigliaua benio,fe co
I Bei faceaguadagno con vno ^tfcolano, chi la fa, vi so dire io, ad
0huomini tali, lapotrà fare anco ad altri. ^iulo,tacendo gli altri,dijfe, potetc ve-
r- dere, cbe, ad vfeirfaluo da queBe rce, bifogna diucniir barattiere, 0 in altra guifa
mal’huomo. Magnon è egli meglio le Barft da lor lontano,cbe far cofe firnili, dif-
fV diceuoli in tutto ad ogni animo gentile s5 Ditemi di gratia,per qual cagione deuea
coft portarft con Lfea Luchino } cbe gli baueua ella tolto delfuo ? Non era ella don
nadife ? & fe non gli ft voleua dare,fe non la comperaua,che ingiuria gli faceua
ella $ non so lodare coft fitte manicrc. Qjfinto riftofegualeano piu i verfi, cha-
uea compofli Luchinofin l*da di queila carogna,cbe cio cl? egli mai le haueffepof-
futo to n e ; & ella,cbe d’infinito obligo le deueua effer tenutagnon gli deueua eJJe-
re difeortefe di quello,ctiella baueua in vendita a tutto il mondo, pur cbe vi foffe,
chi comperare ne voleffe . Mi marauiglio di voi,ri(fofe ^iulo,volete voi,che don
na maluagfia,come era coüci,& come le fue pari tutte fono,credeffc a chi cercaua
di farle honorefcriuendo.Sapeua ella troppo bene,cbe quanto egli pin nefuoi verfi
la lodaua,ejfendoda ogni Ioda lontana,tanto piu crefccua il fuo b\afimo,et cbe gli
honori fattile da %i feriuendognon erano altro,che vn cbiariffimo (feccbio nel qua
leclla vedeffepiu aperta la fua vergogna,&fi conofccjje fommerfiz nell’abijjo del
la infamia,& della disboneBà.Sete bene ^/iulo nemico a queBe mifere,diffe Cur-
jio,ad ogni modo ne deuete hauere rileuata qualchc maggata da loro,cl? ancora vi
duole. Non mi fecero mai riff ofe ,Aulo,fimili femine tanta forga,cbe pure mi fa-
cejfero porre I’vn piede innangi all’altro.Terche le lor lufinghefle lor finte gratie,
& i lifei loro; miparuero fempre voci,che mi diccfferognon ti fidar di not,cbe fc-
tradito. St coft il maggior guadagno, cbe io mipenfaffi poter far di loro,fu il
le,come i nemici fi fuggono. Si cbe ,per mio riffetto , non ho detto quanto
to*,ma perche non pofjo fe non dolcrmi della mala forte di coloro, cbe o,fe-
Hendole pdono I’ingcgnOyO voledofi leuar da loro trafeorrono negli errori, in cbe
eggiamO'Cifcre trafeorfo Luchino, il quale ,non volendo diuenire preda di Nea,
iucTfinerupgitore de beni di lei..A queBo,dijfe Tontio,gui detto lovi bo,cbe lo in-
bgfimnare *chi prtnde diletto di fare jrode ad altrifi virtu, c> t:on vh Ter
D e l l ’I n t r o d v t t i o n e
non mono le leggi emit,che quelle della natura lo ci concedono.Ma fc vcnfete reft
{pigoliftro, chora vi vogliatcfoprirc vn biggoco tra not, non vi voglio pcro io
concedere,che Luchino degno di loda non foffc, a fare,che quejla Lupaimparaffe
a dolerf y chc le fofe f a to tolto yfotto fpetie d'amore, parte di qucllo,che fimulan
do amore, ella haueua tolto a gli a ltri. Et qui, rifcaldatoftTontio moflraua di
deuere bauerc lungo fermone foura cio. Quando Sempronio diffe, deb lafeiate chc
io vi racconti vn cafo auenuto ad vna di quefle cofi fatte femine,con vn gentil gio
uane della nofr a Citta,chc a faiiore delle vofre ragioni, potrete veder, Tontio, ,V
chc i giouani pojfono follaggarfi confimili donne,& leuarf dalle lor mani, forgo,a
trafeorrere in alcim dishonore. Detto ,cbebbe ciò Sempronio , ognun comincio
mofirarf z/ago di vdirc, & egli cofi die principio a quanto hauea propoHo.
/±gp N è alcano di noiyper quanto io fiimofil quale non habbia cono/ciuto Na­
nay cofi detta, nonpercbe ella f a picciola dellaperfona , ma per mofirare la flu
fconuencuole ,& nonproportionata grandegga,con vocc di contrario fentimento.
Quefla di cafa Mrragona fi fa chiamareyquantunqueio intenda, ihe di madre v i *
lijjima 3 & di quella medefima vita, che ella è, in alctmc paludi f a nata ,fenga
che la Madre le habbia maxfaputo dire, chi fuo padre f foffc. Venuta ella aditn*
que nella noftra Città, oue bora le pari a le i, per lo mal cofiume del nofro feco-
loyfono in piu abondanga, che non f conucrrebbe, f die a faregiudagno di fe d if
honefiar,iente3allettando i giouani,con quegli adombraú colori di virtu,di che di-
nangi dicemmo. Et non pure trabeua cofiei a fe i giouani, con fm ili a rti, i quali (\S t
per lo piufono di poca Icuatura, ma cofi toglieua ella H fenno ad alcuni huomini L+0
maturi, e fcientiati,che col prometter loro di lafciarli goder di lei,qualunquc vol
ta dangaffero, mentre ella toccaua il leuto, faceano fealgi la rofna,o la pauana .
o quale ultra forte di ballo piu Cera grata, & pofeia beffandogli, gh lafeiaua del­
la promeffa fcherniti. Ora tra molti,che per lorficra ventura erano incappali ne
cofiei lacciyvi fit vn nofiro Romano, che Saulo hauea nome,belliffimo,& corteff-
fm o giotianc,&de hem della Fortuna rnolto abondcuole. Qjtefli era cofi inuaghi
to di coftei, ebenon miratta piu oltre,cbc quanto ella era lungf, come fb ife flata
cofi nobile, come era viliffima,& cofi bclla come era di vifo non piaceuolefl qua
le, oltre la bocca larga,& le labra fottili,era difornata da vn nafo lungo,gibuto,
& nella efirema parte groffo>& atto a porre fommo difetto in ogni bella faccia „
s'egli tra le guancie vi foffc pofio. La qual bruttegga il mifero non conofceua,ha-
uendogli appannati gli occbi quelle arti,colle quali habbiamo detto ,ch’dla tendea
lacci a quefio,& a quello. St quantunque il Giouane fpendeffe tljj dl j ella
affai, cliCLT JUTJCll•
nondi
meno lo motteggiaua fconciamete,come, che lo fdegnaffe,nc mat’■gli gli fi daua,fe pri
daua,fepri- / ;i ,VS
manon gli facea fentirc mllle angofcic. Ma era cofi tratto fuorii di fe il Giouanei f *
che non mancaua di amarla,& di latte le ingiurk rirnaneua eg!li pagb^feZTXfiyt 4
te poteua effere con lei. Ora voile il Cielo,f come io mi ifiͣno,cbc quello,che non
bauean potato fare tuttigli affanni, & 1 torti, ch''ellafuori di regione, gli facea
pe rcheegli ft togliefe d'amarlafl ficcfjc fmalmcnte vn fubito,& ?utju(jimo fde&à
gno. Era in Roma in quel tempo vn Gianni Tedefco , rnolto rieeb , il quate haitc
* tutta
/

A G l I HeCATOMMI THI . 3 P
tutta la fua politegga 3nclbhauer fcmprei panni 3quantunque horrcuoll, pieni difu
cidume di varie maccbic digraffo , di olio, di mucofdrdi altrc fimili bruttu-
resale chefe nefentiua il puggo lotano vn miglio il quale ft inamoro di lei.La Ma
dre di Nana , tratta dalla cupidigia del danaio 3 bauendo intcfo 3 che cojlui jpafi-
maua per lafigliuola3tanto opero con lfiana,dr con Ini 3 che promeffole vn cente-
naio di fcudiper notte , sella ft vole a dare a Ini mtta vna fettimana intera , fenga
darft ad altro amante 3 ella accettb il partito . Et lafciati tntti gli altri amanti,et
V Saulo iflcffo 3ft diede a Gianni, il quale haurebbe mojfo lo Jiomaco alia pin laida
afemina, che mat foJJe.Data adunque il Tedefco vna buona arra a Nana: appreflò
vna Dominica di [era , vna cena3fenga riffiiarmo alamo di finfa 3 in cafa di lei y
dr vi ando con vn fuo ragaggo , non meno pieno di vntume 3 ncmeno puggolcnte
di lu i. Toflift a Tauola , ft porçp nella cena cofiui di maniera 3 & flarnutemlo 3
dr trahendo rutti3& mungendofi colla touaglia il nafo3 che Nana comincio a pen-
t tirfi di hauerloui fatto venire; dr ft penso di non poter mat tolerare 3 che coft
9fat to buomo le ft appreffaffe.Ma pure parendole, cbe bo dor del guadagno deueffc
* I temperare quanto di lego , dr di puggo hauea feco il Tedefco 3ft difpofc a vole-
re tranguggiare coft noiofo boccone. Venuta bhora dell'andare a leito . Voile il
Tedefco , che Nana foffe la prima, che vi ft corricaff?tutta nuda . Et pofeia , t he
'\&f' mirata I'hebbe buona pegga 3 poflofta federe fiilla fionda del letto, porfebv-
( \ \ ^ na delle gambe al ragaggo , che gli traheffe la calga 3 dr nel trarla y il tiro egli
gin del letto 3 dr diede su il terreno 3 colie natiche3 vna granpercofia , dr perche
ciò pin non baueniffe 3fecondo il fuo coflumc 3f t f e trarrele calge coft in terra ,
dr co piedi Jcalgife nandò verfo il letto; dr , nel volerui entrare , venutagli vo-
glia di diporre il pefo del ventre,ft voile chinare iui, vicino al letto3 dr fcaricarft3
il cbe veggendo Nana diffe3Deb non fate3 di gratia 3gentilhuomo 3 che io chiame-
ro la fante m ia , cbe vi moHrera il luogo3ouepotrete agiatamente compire il bi-
t fogno voflro . Io ciò , diffe egli faceaper auangar tempo; dr perche io fono coft
vfato di fare a cafa mia3ma fenga chiamar la fante,ditemipure oue ê il luogo, che
fenga , cl) altri lo minfegni 3 ilfentirò benio colnafo 3 Moflrogliele Jfaru , dr
il Tedefco coft fcalgo3 come era , andò oue era vn chiaffolino, dr 3poflofi al luo­
go , compi ilbifogno fuo3dr indi fe nandò al letto tutto lordo 3 dr coricofi a canto
jt Nana. Haueua cofiui, fra bait re fue politegge , coft lunghe le unghie di piedi
dr delle mani3 che parea nato di vn Grifo . La onde con quelle toccandole le gam
be glide pungea,con quefie nel toccarle il petto tutto glide graffiaua 3 dr effendd
nelgiuoco amorofo con lei 3 mandaua vn fiato dallo flomaco alia bocca,cbe induce
ua a faftidio di sè medefima quella mifera . ^illa qualeparue quella notte lunga
iàdj vn annoydr mille volte tacitamente pregò il Solet cbe fi auacciaffe a condur
o giorno . Et non ft tofio fi moflrò I'^llba , ch'ella fe nvfii del letto d r
vtlafciòil Tedcfco, ilqualc, dormendo, fir epitofame nte rnffaua . E t, anda-
afi allcj. Mgdre, le difjc hò maledetti flà notte mille volte que cento feud),cbe mi
hà dati quefip malcdetto Tedefco , il quale è tutto , come vn monte di letatne. Ia
'nfijonpiàmaiplr[oftenere, ch'egli mi venga a lato, & pin tofio mi cleggeriidi
• deuermi
D ell ’I n t r o d v t t i o n e
dettermi morbe mif r a , chef armi vnaltra noite , non ch’vna fetfmana intiera,
con cofhú. La madre defiderof.i del guadagno, & poco curante la ttoia della fgli.
uolajc comincib afar rumore,& dirle , chc non ft conneniua a fue pari volcre ef­
fere cosi fchife, & cofi cafcanti di veggj y & che deueua ella fempre con coloro
pin volenticri giacerftyda i quali ne traheffe pin vtilcy& ch eycento feudi per not-
te , non ft ritrouauano da ognuno . Lc parole fitron moltc , ma con quanto fep-
pc fare,& dir la vecchia, non la potê max difporre, ch'ella pin con lui voleffe effe­
re . Rifuegliato , che fii ilTedcfco , Nana confue ciancic gli diede a vederc yihe
Vera fopragiunta cofa , per la quale non conueniua , ch'ella co gli huomini ft fief
f e , & che y per otto giorni almeno , Iera bifogno ftarfene da lor lontxnxy & ’"***'-*
pero il pregaua a non volerfi venire a let fra queilo tempo . IlTedcfco, cheyagui
fa del porcoyera aueggo di ftarfi di continuo nelka lordura , baueayfentito non me-
no di difbiacere della politegga di coflei, che fi haueffe ella fentita della fua flonia- ^
cheuole pugga . Ter la qual cofa non fii malageuole cofa a Nana , il fare , chi- "s
gli fe ne partiffe, per pin non vi ritornare . Et, quantunque ella & con acque odo*\i$1%
riferey& con faponetti mofeatiytutta ft faccffe ftropicciarey & lauarc non le par- '
ne mat di efferft purgata a baflanga dalla ftomacaggine y ch’ella hauca contratta,
con I'effcre flata con colui. Nè pure cosi parue a lei fola, ma a tutti quegiouani,
che a lei foleano andarf i . Terche efji, poi chebbero intefo y che il Tedcfco y che a V*
tutti era abomineuole 5*cragiaciuto fecoyvenne loro incredibilmcte a noia, & tra <i
tutti a Saulo , conftderando a che I’bauea condotta la cupidigia del danaio . On-
dc la si lend inguifa del core , che fè fermo propoftto di non voler e effcrc piu max f
con lei. Ora vedutafi Nana da ognuno abbandonata , & non giouarle cofa alcu-
vay che ft faccffe di quelle , chc foleano effere cosi care a quegiouani, per riclna-
margli a fe,perche ad ognuno di loro parea, che andandoft a lei y denefje incappa-
re nel puggo del Tedefco. S'imagino ella,che fe poteffe richiamare a sc Saulo y dal ]
quale parcua a lei,che tutti gli altri p endeffero ,potr ebbe effere, come prima, cara
a ciafcuno.Etycon queflo difegnofil mandò per la Madre pin volte a chiamare. Ma
egli,chc,per lo sdegno concepuro , per la viltà dell’animo di Nanayfivedeayfpeg-
%ati i ceppiyetrotte le catene,ridutto in liberta no fi voile max picgarc nèapregbiy
ne ad ambafeiata si,che vi aniaffe.Vcggendo aduque cllay che I'era mancato ogni
vtiley & ch’cra rimafa fenga quella riputationc , che diangi ella tenea confommif
tontegnoyattcfe tanto Saulo , che il colfe in cafa di vna fua vicina, il quale non cost
toflo la vide , ebefe ne voile partire. Ma elix tanto fece , inficme con la Donna , >. .
in cafa della quale egli era , che il fermo , pregxndolo caldamente y chc ft degnaff’
dtafcoltar quello, ch'clla gli volejfc dire. Ma rifpofc il Giouane y ch’ella fi ne po-j
tea rimanereypcrche era ella per perdeme ad un tratto il tempoy& le pawaia+^4 *
re , dalla Donna della cafa , pr da Nana ripregato , egli ft piegò ad afcolTâi.'*,
& ella cosi comincib, Saulo , non mi haunigia max pinf?toy chc v o i , chcfolet&f
ejfere tamo , per natura , cortefe , & gentile, bora vi fofie a me rnifa a fiopertoi^
cosi dura, cosi appro, she la fedc colla quale tanto tempo vi bp
ardentif-
\ G L 1 H ECATOM MI T HI
ardeniijjtmcimcntc 3 non kaucjje
baucffe potato apprejjo<voi 3 eke deueapotcrc
potuto quello apprcfj
prejjo gentile fpirito , Ma pofeia , cheio pur veggo , che cosi è flato , nonvo-
glio dire 3che mincrefca di hauerui, co/i fede3amato } che do mat nonpo-
trebbe venire dalla bocca rriia . Ma voglio ben dirui3 quanto ft a rnifera la condi­
tione dellepari mic 3 & quanto poco cigioui amore 3 & fede 3 quando voi di m e ,
laepuale moflrauate tanto amare, cosi poco conto tenete , che nè placere riccuuto
da me,nè ambafeiate mandateuiynè preghi3 colle mie lettere portiui3 piu volte nè
1’bauermi fpogliata deltanima ifleffa 3 & donatala a v o i , hanno potuto piegare
Vanimo voftro , fenone ad amarmi , come prima moflrauate amarmi 3 almeno a
non mi effere crudele , & a non mi sdegnarc s i , cb’io mi poffa dire abbandonata
dalla piu cara perfona 3 ch'io mi fia mai per hauere in qnefta vita. T erò , Signor
* mio 3fe puo nulla ardente amore in gentile animo 3 vi prego , per quella cortefia ,
che io hò fempre conofciuta fingulare in voi 3 che vi bafli effn .rui portato infrao ad
hora cosi rigidamente con ejfo meco , & che homai vipiaccia 3hauere quella pie-
■, tà dime 3 che alia nobilta del fatigue voflro 3 & alia fcde} colla qual vi amo ,fi
t' conuiene. Etyqueflo detto 3 dirigjf) gli occhi nel vifo di Saulo, per accompagna-
re di manicra gli fguardi colle parole3che quelli f'offero in aiuto di que fle , & que-
fle aiutaffero altresi quelli. Tercbe 3 quantunque nelle altre parti della [acciit,
V> non foffe3 comehabbiamo detto3bellegga3 erano nondimeno gli occhi ladri ne mo-
umenti loro 3 con vna certa forga viuace 3che parea 3 che gittaffe fuoco ne gli al-
* ^ trui cori. Et per queflaxagione 3 Saulo, cui per proua nota era la forga de gli oc-
p chi di coflc\3 come quegli 3 che troppo ben fapea} che indi Mmoregli bauea auen-
tatele faette 3 onde rihebbe traffiffo il core 3 & le faci onde nera poco meno 3 che
incenerito; fifsògli occhi in terra, & fenga guardaria nel vifo 3 cost le ri(pofe .
Tfanafono flato lungo tempo in queflo errore3 che in te foffe amore , & fede , &
di tanta forra fu in me quefla credenda >che tidiuenni f'eruo , & fui coflretto ,
’’ * a tolerare patientemente 3 tutte quelle ingiurie, le quali 3 mentre io fui fotto il tuo
imperio , tipiacque di f armi. Ma tu hora mi hai tolto queflo penfiero . Et 3fa-
cendomi conofcere il vero , mi hai dei tutto sgannato3 quando 3 rifiutando tu me3
& g li altri giouani 3 che infteme meco vitter ti faceuano da gran Madonna , ti fei
data al laido huomo 3che ti hà fatta diuenire, non dirofchifeuole 3 ma odiofa a i
Qgnuno non meno3 che tu ti fia diuenuta a m e . Queflo tuo atto mi hà chiarartien­
te moflrato , Nana mia 3 che non rifbondi con amore a chi ti ama , nè confede a
chi ti èfedele3ma che puo piiiappo te fvtile del danaio3che tutta la fede 3 & tut-
... ■ to humor del mondo, Terò non t'ingegnare bora , conquefle tue finte parole 3,
/ 'V. di farm cred e\e 3 che fia in te quello3cbe ti*, cofatti3da te flcffa3 hai moflrato 3
) - non vi è.Etpofeiaychc tu flirna hai folamcnte fatto delguadagno 3 & per que-
ti fei fottopofla a cofi purulente corpo , che non ne vine vnaltro a lui
^ f^pari, attienti a colui3psr lo quale & me3 & tuttigli altri tuoi amanti 3 con tutto
ÇFJjuellOyCbe gd horreuolmcnte viuere ti dauano 3fprcgrafli. Nc dame ajfcttare
~Kpiu cqrtefia alcuna3che benche io mi fia fempre ingegnato di effer cortcfe , per
^kiiS [come tu flcffa hai detto) farmi conofcere}nonfci tu bora quella , nclla quale
^2** * 10 debba

>>
D elu Tn t r o d v t t i o n e
h dcbba vfarla. Et tanto erra colui,ch'vfi cortefia verfo chi non riè dcgno,quan­
to,chi cJcortefe, a chi non merita f t non cortefia . Di te non conobbi io rnai , Na­
na,nê la pin ingrata , nt la pin slcale, pcrògoditi di queste tue d oti, & non pen-
fare di pin ingannarmi. Che mi hai sbendatigli occbi inguifx , che ti ho fcopcrta
inf no alie radici del core , & veduto quello , che inf no ad hora i tuoi inganni mi
baueuano celato. Taccndof già Saulo , & veggendo, cb'egli non hauea algati I*
rnai gli occbi verfo lei , perdette Kftna quaft ogni fperanga di poterio piegare. ^
Ma poftia cbefilo , per cib fare, ella era cola andata , non voile venir meno a sè
tnedefma , in quanto cliapoteua, onde cost gli rifiofe . Troppo gran cofa è Saulo:>
foftencreil pcfo della pouerta, & ,percbe voi prouata non I'bauete, nonne po- V*'-»'
tete fargiudicio . Ma io , cbe L'bo prouata , &prouo , e-r cbe non volcua per
ia m o r, cbe vi porto, cbe le vo fre faculta fupplijfero a tutti i miei bifogni, i qua­
li erano , & fono maggiori >cbe voi non iftimate , a queflo I edefco; tal quale
%
egli è , per quella notte, mi diedi, non per farui ingiuria , non per maneare di
amarui, non per moftramiui ingrata, & sleale , come voi mi rimprouerate; ma,
perche con minor vofro dannopote(f , poftia ejjerecon effo v o i. Q u el, ch'io mi
fiimai di fare ad v tile , & a ben vofiro , lo vi bauete voi recato a danno, & a
male con tanto mio difpiacere, cbe non so, come non mi muoia dcll'ambaftia . Et .:s-
s'io mi baueff potato imaginare, cbe cib vi deuefle effere tanto molefio , quanto
io veggo,cb'egli vi è,voglio,cbe crediate,che piu tofto baurei fpreggatto tuito I'v- v>
tile del mondo, che baueff voluto caderui in difgratia. Mafia pur cib cbe pub,
non [arete rnai, Saulo , con tutta la forgo, vofira , & con quanta aftrcTgga mi
fiprcte vfare,cbe non mi fate folpito nel core . Et vorrei poterloui moftrar cosi
nudo , come nuda vi mofiro la fronte . Cbe fono feura , cbe farefle chiaro veg-
gcndolojcbe non faccio cosi poca flima della fede, & dcll'amore , come voi mi di­
te,ch'io faccio. Saulo a qucfle parole , fenga aftettare , ch'ella piu oltrc f giffe.
"Nana, difife,gli inganni tuoi mi fono bormai cosi palef, cbe non vipuoipiu far co-
perta, che gli mi nafeonda. Verb non voglio cbe tu ti creda di darmi,colle tue fin­
te ciancie,a vedere, che quello, cbe tuo vtile fim asii, bora, cb'egli ti è ritornato
in danno, f a (lato da tc fitto per vtil mio. ISft bifognaf cbe tu bora ti refugga al­
ia pouerta , per ifeufarti,perche , anchora, che io tanto non tidejf , per ciafcuna
notte, quanto, per quella, ti diede il figgo Tedefco,nella quale ti gi icefli con lui >>
non mi cbiedefli perb tu mai cofa , cbe non te ne f tjji, a tua voglia cortcfe, che
non ti laftiai patire giamaivn minirno diftgio . Or quanto all'bauerrni fcolpito
nel core , & cbe tu brami, ebe io tel vegga , perche io ti poffa credere , cbe tu mi
ami ;T i dico , che quando pure cosi fofj'e, come fòn certo, cbe è altrimente , io .'
non potniveder cofa, cbe mi potef'e effere dipiu diftiaccre, cbevetknniijf
cosi abomineuol luogo fcolpito , quanto è il cor tuo , albergo di tutte fa-fcelf-^ * •
ragini, & di tutte le inf die; & f t pur cost c , cbe fcolpkotu mi vi tenga,
ft] tanto bramofa di farm; f acerc , come ccrcbi bora di perfuadermi , j l maggio
re , cbe tu mi toft' firce , c , cbe tu licui, non 'dirb del core, perche s% cJfcU^non g \
vi c j la imagine mia, ma,cbc cosi mipongbi in oblio, cbe non rimanga pure inle- v
la memo- f
A G lx H e c a t o m m i t h i . 41
ta memória dei mio nome.Mllbora3veggendo cofiei Saulo vie piu danimo Ppma-
nOjch'ella mai flimato non fi baurebbe3fe ne rimafe come confufa . Ma ricorren-
do a follaggf, cb'clla, alie voltc3gli bauca dati dijje , Saulo , poi che voi cofi i'a-
mor mio3& la mia fede fprezgate, racordateui almeno , con quanto piaccre alle
volte voi fete flato con meco3 & con quante caregge, io vi bo accolto , qualbora
venuto a me3fete; poffa queUo3cb'allbora di me vipiacque3 tanto bora in voiyche
cbe del tutto non mi (preTgiatc , Cbe vuoi tu dire de piaceri, che mi babbi dati ?
diffc egli 3 in cbe ti fono io per do obligato t io voglio lafeiarper nulla 3 cbe carl
çomperatigli babbia3 Tu ne dei effer tenuta a mc3 non a te io3cbc certo , cbi ft di-
ffone apigliarcofa indegna di fe3per piaccre a cbi la porge,ft afringe di grandif-
fimo obligo cbi glide d a . Et fe allbora , cbe ingannato fui da finta apparenga ,
mi parue di far guadagno3bora3 cbe ti bo veduta al viuo,& mi bo leuato quel ve
lo da gli occbi, col quale tu gli mi appannaui3me ne ritrouo hauerfatto tanto dan
& noy cbe ilfrutto di tutti que piaceri non è altro , cbe ilpentirm i, cbe io mai foffi
,, cofifuori di me3cbe coglieffi vil frutto da cofi inutil pianta . Si die Tfwa allbora
alie lagrime3 le quali ella fi tiraua fugli occhi a voglia fua , &• con voce dirotta
cofi cominciò a dire; Saulo3 Io deurei ad ogni modo ancb'io effer licta , di bauerui
bora meglio conofciuto3 cbe vi conofcejfigiamai}& deurei perciò lafeiar di amar-
* ui. Ma minerefee di non effere del core3 cbefete v o i,& cbe I amorcuolegga mia
f a tanta, cbe quanto piu mi flegnate, ella tanto piü mi coflringa ad amarui. Ma
pofeia cbe voi fpreggate & fede3 & amore3 & pregbi 3 & lagrime yfarouui ad
ogni modo pienamente contento , & m i fottrarò all’angofcia , che mi tormenta,
perebe ella è tale 3 che molto non andra 3 cbemenevedrete cofi oppreffa , che v -
feirò párimente & di doglia3 & di vita. Et quando pure non voglia la forte mia,
che di dolore mi muoia 3il che fouente fuole auenire a gli afflitti; vi dico, & vo­
glio, cbe fbabbiateper certo3 cbe io 3 colla mia ifleffa mano , mi trarrò di quefle
, ****
pene. Ma prima 3 che do fegua, io voglio renderui tutto quello, cbe mi ritrouo
bauere bauuto da voi3 acciò cbe vi rimanga fempre appreffo 3 per teflimonio del­
la mia morte. Voglio ben io pregaruiyfappiendo voi3che per voi mono, cbef a ­
te contento almeno difar dar fepoltura alle mie morte membra3 acciò3 cbe io pro­
ni 3 almeno morta , quellapietà 3 cbe da voi non ho po tuta ottener viu a ; & ciò
cfetto fi mife dirottamente a piangere. Saulo, cbe troppo ben fapeua , cbe tutto
do non era altro che veleno, con cui cercaua cofiei di vcciderlo , fe forfe egli fel
beuea, bauendofigià armato il core di quemafebi penficri,dei quali ellagiàglie-
le fpogliò, nulla curando le finte pregbiere, & le fimulate lagrime , cofi rijpofe.
, ■^ T u ti credi, Nana, col dirmi cbe tu ti morrai di dolore, 0 cbe tu fleffit ti vccide-
1 ra ri , difarmi mutar penfiero, & riebiamarmi vnaltra volta a que lacci , ne
qualigiâjninuolgefliy & hora fla Dio mercêJ me ne ritouoficiolto ; ti dico, cbe
>^^non mifarefli muouerejunpafjò , perche ciò nonfeguiffe . Si perche ?ni parebbe
* v&*vommettergran fallo, ad impedire il gran guadagno, ebefarebbe qucfla eta ,Jc
+?\.perdeffe talmoflro, quale tu f e i: Si perche l'effere a te maluagia pietofo ,farcb-
~*be ejjer crudele a mille giouani 3 cbe tu colla tua maluagità vccidcrcfli altbono-
D eli/ I ntrodvttione
YCi & alia virtti, affoghereHi nelTabiffo della infamia, Ma mi duolc y the cofifi*
ra vano, & finto qucHo , come tu fiei tutta vanay cj" tutta finta. Tury quando ha
ueíti tanto di lume di ragionc, chetu confidcrajji teco, quanto èil danno3cbeper
le tue cattinitx , necne da te y íhumana generatione , & tanta pictà ti toccajfe il
core y cbe ti difponejji alia meritata morte , per volerc a queflo modo por fine al ^
commun danno, io ti dico che anchor cbe tutto biafimo , vitupério, non man-
cherò di lodarti in quefla partey parendomi, che folo in cofi lodeuole at to , ti fofii
moHrata donna. €t io tanto maggior piacere ne hauro, quanto conofccrò tc,pcr te ^
medefima batter fatta quclla vendetta degli oltraggi, che ci hai fatti 3,che deue-
uamo far noi,con ogni diligenga. St quando voglia Iddio fper fua clementiaJ che'
tu queíio faceta, non è che tu cerchi fepoltura da m e, chiedila pure a colui y nelle
cui braccia3& nel cui letamey ti fei fepolta viua, clfegli tal la ti daràyqual tu me
ritata 1'hai. Et quando anche que Hi te ne foffe fearfoy non è che tu ti dubiti pun-
toy che i nibbi, & gli auoltoi ftano mai per lafciar di gittarfi a cofi fatta carognay
& non ftano per darüi nel lor ventre degna fepoltura di t e . Ma perche nonfa -
vai di tanto coreyche colla tua mortey tu vogli liberare il mondo dal dannoycheglid
daiy & dalla vergognayche tu gli fai ; non voglio, che tu mi renda nulla di quelloy
che dato ti hò che quantmque tuy cffaminando la tua confcienga , ti conofchi non
hauer meritato da mey o per fedey o per amore, cofa alcunaypure voglio ioycbe tu
lo ti tengayper mercede di queUo y che dalle tue cattiuità imparato ho nella tua
fcuola : ciò è di conofceregli ingannidellefemine fimili a te, & che diffcrema fia
da voi maluagie a Donney che per altro ftano Donneychc per fottoporft a gli Into-
mini. Il che fard cagione ( & di queflo ti voglio hauere moita gratia) che haura
dole apparate tutte da te folay non vi farà piu mai alcuna che al trabochcuole pe-
ricolo mi conducay al quale tu conduto mi haucui. Et queflo detto ,fenga afpettar
piü nèpregoy nè luftngaych'ellagli porgeffe ,fe ne vfâ della camera, tutta fconfo-
lata lafciandola. Ella y pofeia che ft vide in tutto Jpreggata da Sauloy&hauendo '>
già vedutoyper chiara prouayche il coHui effempio hauca sbendatti gli occhi a tut
ttgli altri Giouani Romani inguifa y ch’era da tuttipoco mcno, che come nemica
fuggitay tardi pentita della fua ingordigia3fe ne vfu di Roma; & ritornatafi alle
paludi, nelle quali ella era nata yft dolfe y per alquanti meftydi fe medefima, cbe
fdegnati i nobili3ft foffe fottopo Ha a laido huomo. Tofcia, indi vfeita y hor qua,
bor layfacendo di fe dishoneflo guadagno và confumando la fuagiouentu >
laquale logorata da gli anniy non dubito punto3clfella nonftaper fare
in vno (pedaley pergiuHitia diuinay picna deltincurabile male,
quel fine 3 che merita la vita , clfella ft viney & la fua
mala natura y la quale mai ad altro non attende ,
che a nuocere, & a far male a tutti coloro,
che ella inuolge ne lacci, che ella
badi continuo fempre tefi y * <
anuona preda .
A G li H e c a t o m Mi t h i . 4*
L I N D A SI D A A P A R D I SE D I S H O N E S T O G V A D A G N O ,
Piglia alquanci(irappi da vn Bsrgarnafco, che con lei ligíace . Quefti cerca con ingan-
no rihauergli, & egli jcheficredea fchernir lei, fenerimanecol danno & fchernico.
A
f N O V E L L A VIII.
5 M C EV M già Sempronio , quando Tontio ingagliardito per la
raccontata nouella; voltatofi verfo Fabio, & verfo .Aulo, cbejt
taceam , diffe loro, che direte bora voi f Saulo ha pure3fenga in-
ganno, ma folo con faldo , & fcrmo proponimento vinti gli in-
ganni della Jfana , & è vfcito Saulo delle fue mani. Il coftui
fennohapur mojlratoy che quando quefle femine hanno a fare con ta li , quale
era Saulo , effe rimangono tali , quali fono , &1gli huomini, buornini. lit quin-
di volto a Sempronio , gli dijje, vr dee haucr gratia, per mia f e , Sempronio ,tut-
ta quefla compagnia, pofcia she voi3 colla voftra nouella3 bauete mofirato , co­
me , col fenno , f vincono le pari a cojlei. .Allbora , diffe Fabio, & che crede-
te voi3Tontio, cbe qui manchi, che rijponderui, rengratiate Iddio , cb’io voglio,
che Sempronio fe ne refli con quejlo honore, chc,fe ciò non fojfe 3 vi farei vedcre,
cbe bora fete a peggior termine, cbe fofle mai, Deb dite 3 di gratia, riffofe Ton­
tio 3 cbe s'io non vi raccbeto, non voglio piu, in tutto boggi 3 dir parola. Volen­
do replicare Fabio , diffe Flauto , Toi cbe Fabio ba detto 3 cb'egli vuole, che
queílo honore fia di Sempronio, lafciangliele fenga queflionarne 3 Si perche egli
il v a le , Si perche chi volejfe tirare ogni cofa in dubbio, poche firebbono quelle
cofe 3per veriffime, cb'elle fi foffero , cbe non ft rimanefjcro dubbiofe negli animi
altrm, il che tanto piu auerebbe nella materia 3 cbabbiamo per le mani, quanto
cila è piu varia , & èfondata fopraperfone 3 le quali hanno la mengogna per la
maggior virtà loro . Ma lafciando quejlo honore a Sempronio3deuiamo non dime
>• no tutti it;feme credere3 che come vnfiore nonfa fede della Vrimauera, cof vno
folo di quefli auenimenti, non ci deeperò tanto affcurare3 che non temiamo i peri
coliy ne quali habbiamo veduti incorreregli altrigiouani3dellefciagure de i qua­
li boggi fi c fauellato; & io3 con vna breuc, ma piaceuole nouella, vi farò vede-
re (fenon m'ingannoj cbe queflefanno come il carbone3 ilquale accefo abbrnfcia3
çjp fpento tinge .
L I N D .A fu vnagiouane della noflra Citta,di fangue affai gentile,ma di ani
mo impudico, Cofiei,per natura lafciua, non voile mai prendere marito. Ma po-
cofiimando I'honore della famiglia, nella quale ella era nata, effendo vaga di vi­
jo, & rutta anenente, accefe di fe molti giouani nobili, & follecitandola aleuni
con preghi, altri con doni,& chi con vn modo,& cbi con vnaltro; clla, pofpoftct
offti honefid, & yaga della moltitudine de gli amanti, <&• del guadagno, ch'clla
Jpehfaua f ir di fe maleftp; a, cominciò a porre il corpo fno in feruigio di quanti di
com9lacere fi volcano . .Auenne , in fpatio di poebiffmi giorni,cbe,per la
>larga abonaangq , cl) ella di fe faceua , venne in tanto difpreggio alia nobiltà 3
.' 'ckc come cofa fchifeuole, tutti la fuggtuano. Laonde ,ella , giàaucggaa non
^ * F i
w
D e l l ’I n t r o d v t t i o n e
fare riffliarmo dellecamifue , non potendo ejfere co giouani nobili ficominciòa
Jòttoporre av'üi,& apigliarficonloro quel tr afullo , del quale clla era piu va-
ga.Tarendole,cbe poca fojfe la differenga fra nobile,et plcbeo,pure cbenon ma-
caffero del corno, onde efjipoteffero coggare con lei, la quale di tutto quello, cbe
daloro fera dato,fi appagaua,Ma effendo finalmente venuta in difpetto ad ognu-
no, lerano fatti di slrarii febergi bora da queflo,& bora da quell'altro,& temen
do di non effere vn giorno mol trattata, vide, cbe lefacea mefliero, cb'clla bauef-
fe qualcbuno, cbe la fua difefa ft pigliaffe . Sra fouente feco vno di quegli Soberx
rii, cbe fi flanno, tutta via, colla fpada al flanco, al ritrouar brighe; & ella a lui
ft raccomandò, pregandolo, cbe la fua difefa prendeffe . Et egli, cbe già di lei fi
era marauigliofamente inuaghito , le promife di fempre bauerla in cuflodia, pur
ch'ella gli promettejfe di non fi dare ad altri, cbe a lu i. Tarue a Linda graue il
promettergli ciò, conflderando di quanto piacere ella ft rimarrebbe priua ,fe [o f
fe coflretta a flarfi fempre con vno folo, oue con molti fi folea traflullare . Ma
vinta dal timore, cbe la premea, ft rifolfe a flarfi con colui, come sella fua Mo- I
gliera fi fojfe flata, Sra pouero lo Scherano, Onde Linda, cbe da molti foleua ha
uere molto inpoco tempo corriincio bauer difagio di molte cofe,& (fetialmcnte de
panni difeta, da veftirfu Muennc, in queflo tempo, cbe vno di quelli,cbe vanno,
coliefacca infpalla, vendendo merci per la cittâ, il quale era da Bergamo, s'inna-
ghi di coflei, & effendo egligiouane, & di ajfai bella prefenga ,f i penso, cbe fe
la tentajfe, glipotrebbe veriir fatto di goderft di lei, come a molti altri era aue-
m to , cbe di lui non erano nè piu nobili, nè punto piu ricchi. Mucdutafi coflei,
cbe di nobile cittadinafi era fatta vna Lupa, cbe il Bergamafco era inuaghito di
lei, nuttriua il fuoco in lui, con lafciuijjime mariiere. St non andòguari, cbe ba-
uendo ella bifogno di yendado di farft vna vefie chiamo il Mercatante in cafa.
Quefli, veduto ciò, ft tenne beato, Ter cbefeco fi pensò, cbe quindi gli fojfe a-
perta la via al compimeto del fuo amore, et entratofene in cafa, tutto licto riandò
a le i. La quale con quo modi, cbe gli baucua infegnati la fua lafeiuia, comincio
a mettere il Giouane, in vagberga, & a dargli quafi ficurtà di bauer quello,cbe
ella fapea, ctiegli da lei defideraua, & doppo alquante motteggieuoli parole, v-
fate da vna parte, & dalL'altra ,g li dtjfe Linda, cb'clla hauea bifogno di dodid
braccia di gendado negro, & cbe I'bauea fatto chiamare, per vedere s'egli ne ha­
uea, cbe le piaceffe. Il Bergamafco,cbe in quel punto baurebbe voluto bauer pie
ne le fcatole di drappi cToro, per poterfi guadagnar I'amor della Donna, nella
quale egli hauea meffo allhora ogni fuopenfiero, Toflo rifpofe, cbe rihauca del
piu bello, & del pin flno, cbe fujfe in tutta farte . Et fciolte le facca, ne trajfe le
fcatole, dclle quali tolfe vna peggt di gendado del piu bello, & del migliore cbe
vi foffe. Linda moflrb, cbe molto le piaceffe , & fe nefe tagliar tanto , quan*
to era il fuo bifogno. Tofcia forridendo , gli dimandò, quanto valcffe . Vale I'a­
mor voflro, cliffe il Bergamafco, pur cbe vipiaccia degnarmene. La maluaguC',
ridendo, diffc, tu ti puoi effere aueduto prima cbe bora, cbe tu non ml fei difearo. .4
Ma fe tu ne defidcri piü ccrtcgga,cbiedi ciò, cbe tu vuoi, che tanto haurai tu da
me
/

A gli Hecatommithi. 43
me, quanto io ti potrò dare, *Afficurato il Bergamafco dalla larga promeffa fat-
tale , Madonna, diffe, it maggtore, & il piu cbiaro fegno,cb'io pojfa baucre dalla
eortefia voflra è, che voi cofi infatto mi vogliate far partire da voi contento, co­
me me ne danno larga promeffa le parole voflre. €lla, cbe fcaltrita era , Trop-
po, diffe, mi chiedi. Troppo non cfoggimfc cgli ,fe mi amate, Madonna,& fe
vi pare hora troppo, io mi offero a pagarui quello, cbe vi parrà di auangare me­
co , con tutto quello , cbe io ho nella bottega mia . Slla allbora tanta è , diffe, la
vfl cortefta tua, cbe fe nonfoffe il timore, ch'io bo di colui ,fotto la mano del quale
bora io mi ritrouo, non mi ft opponejfe, io non ti farei niego di quello, che tu mi
KL chiedi, ma mifarebbe egli grama ,fc mai Jap ejfe, cbe teco io foffi (lata. St onde
volete voi, ch'egli lo fappia rifpofe il Giouane,fiamo qui foli noi due, fo io , cbe
’v voi di do non gli farcte parola, nê io fon mai per mouernc lingua. Verb vi prego
anima mia,cbe non mi vi vogliate torre con qxcfla vana feufa . ^Allbora Linda,
cbe piü bramaua di effere con lui, ch'egli con lei, quando, diffe tu mi prometta la
■ fede tua, di non ne parlar mai ,farò contenta di compiaccrti, Lepromife egli con
■Am giuramento di tacerft non altrimente,cbe fe foffe nato mutolo.Et al fine,Linda pen
so di pagargli il gendado col dargli piacere di fe, come compiutamente glisle die,
difegnando di bauere dalla coflui bottega, tutto quello, cbe le veniffe in penftero.
Ora effendo quefla Ipecie di Bcrgamafchi,per lo piü, attarijfima,(Perche par ten­
doft dalla patria poueri, vanno, con molto difagio trafficando, & con rifpiarmo
incredibile, fi viuonq) partito, che ft fu coflui dg Linda, cominciò a conftderare il
preggo della roba, cbe data le haueua , & ft penti di bauere , per goderft di lei,
cbe donna del mondo era, tanto allargata la mano. Et diedeft a penfare,come egli
potejfe ribauere il fuo gendado, & cofi fenga bauer Jpefo nulla , hauerft goduto
del fuo amore. Onde, la fera di quel medeflmo giorno , ajpettò tanto in luogo oc­
culto di Drudo di Linda, cbe il vide entrarc in cafa; & effendo di Luglio , attefe
che ft appareccbiaffe la cena , come egli fapea, cbefolean fa r e , auanti la porta,
per bauere alquanto di Ora, che temperaffe I'arfura della ftagione. Sttoflocbc
gli vide a tauola ,fe nentrò egli in cafa, & volto alia Donna, le diffe. Madonna, I
io fono venuto per gli denari del gendado, choggi a vejpro v i diedi, & forfe egli
non è fecondo il dèftderio voflro,acciocbe lo mi rendiate. Linda,quantunqus col-
1# alia fproueduta, come fcaltrita, voltaft verfo il Drudo, per feruir, diffe, mia
comare Lena, haueua tolto il gendado, cbe coflui cbiede, ma non l'èpiacciuto,&
pofeia, diffe al Bergamafco, ch'afpettaffe, cbe glide porterebbe. Et partitafi tut-
ta piena di rabbia, penso di non voler lafeiare la ingiuria, ch'egli le haueua fat-
ta,fenga diceuole vendetta; & voltatefi , in vn momento di tempo , mille cofe
per lanimo, tutte maluxgie , & tuttefederate, delibero di fargli non foloperder
itgendado, cb'ella haunto bauea, ma ciò ch'egli chindeua entro le fcatole. Et cofi,
piena di mal talento, pigliato in mano il gendado,vimolfe dentro vna focofa bra
gia, & ritornata al Bergamafco, cbe I'attendea, collafcatola aperta , con riden­
te faccia,come fe turbata nonfoffe, il gendado, diffe, è queflo ,fe tu hai roba mi-
gliore, portane dtmane , cbe non venirai indarno. Il Bergamafco, che ad altro
F 3
D ell ’I n t r o d v t t i o n e
non attended , che à rihauere quello , cbe dato Ic hauea; io non hò diffe meglio di
queflo3Mado7ina3& ycbiufa la fcatola, & pottala nelle faced , le ft leuò injpalla,
& 3con la maggiore allcgrcTga del mondo , via fe n andò,parendogli di bauer fat
to ilp iu b eltra tto , chuomo alcuno facejfegiamai, cbefeberniffe femiha. Ma
molto non durò la fua allegretto. 3percbe 3 andando egli per la terra , la bragia ^
che nel gendado era inuolta, cominciò a ftendere le forge fu e , la ondepaffando il
fuoco di drappo 3 indrappo : & aiutandofi I’vno I'altro adincenderfi, giunfe'd
ftioco al fondo della fcatola , & daquella pafsòad vn a ltra ferò , cb'elle erano
tutte Lvna fopra I'altra compoile, & non molto ando, cbe il caldo peruennealle
fflalle del Bargamafco,Onde egli fentendo il fuoco 3 & veggendo il fum o3pofle le
facca in terra 3 & aperte quelle che fumauano 3 cbe tenute hauea dietro le fltalle,
ritrouò 3 cbe quanti drappi egli iui entro baueua . erano tutti confumati, & fubi-
to ft auisò quefetiera; & vide il mifero 3 che la fealtrita meretrice ft era troppo
piu , che non conueniua 3 vendicata della riceputa ingiuria 3 & che molto meglio
gli farebbe ftato 3 hauerle lafeiato quello 3 cbe dato le hauea, chauerlofi ritolto
con la fraude 3che pofeia gli era ftata dicofi graue danno. Rimafero adunque,
& egli» & eUafeberniti 3 ma ella 3 che tutta era libidine, hauendo hauuto piace-
re col Bergamafco, & contenta in parte la fua lafeiuia 3 poi che ft vide bauer fat
ta piena vendetta delíoltraggio 3ft tenne di non hauer perduto nulla 3Ma il Ber­
gamafco , pieno d'inftnito cordoglio 3fe tie rimafe poco meno che del tutto disfat-
to : & fu prejfo a morirfi di ajfqnno 3 non hauendo ardire di dir cofa alcuna con­ Wi
tra Linda, temendo che UJuo Drudo non gli toglieffe anche la vita .

G I N E T T A A MA MES S E R G I A N N I DA B V D A , L’ I N D V C E ,
con inganni, a voler dar morte alia mogliera, ella, vedutoil pericolo,fe ne fugge ; Dop-
poalcun tempo ,il Marito conofce l’innocenza della fua Donna, & Ginetta maluagia,
■ jf Sc con Comma fede feco ii viue.
N O V E L L A IX .
f'»-
T T E N M fipotrebbe dire quanto ride(fe la brigatadi quello,
ch'alla dishonefla Donna , & all’auaro Bergamafco era auenu-
to 3 & parue ad alcuno , che la lafeiuia di quella impudica fojfe
flata degna di cofi fatto fcherno, & che anche I'auaritia dello
ingannatore meritaffe il riceuuto danno. Ma fu da alcum altri
detto , che quantunque le donne di cofi rea conditione, flano degne di ogni tnale3
non èperò vfficio di bello animo , quando altri a loro volontariamente ft va3 vfar
verfo loro atto , meno che cortefe , non hauendo fpetialmente da ejfe cagionedi
far loro ingiuria, & cheselle3 ingannate da tali , nefanno conueneuole rifenti-
mento3nonft hanno ejji da dolere 3fe non di fe medeflmi. Taceuafi Tontio afdSl- r'
tando quello, che gli altri diceuano , del che marauigliaqfloft Mafflmofdiffe, che
marauiglia è cotefla, Tontio , che voi, chefolete cjfere cofi pronto a faueUare bo­
ra ve ne refliate cofi mutolo f Mi taccio rifpofe egli , non perche io rton habbia,
she dire afauor di Linda, quando volejji entrare in queflo arringo, ma perche mi
pare,
A G lI H e CATOMMITHI. 44'
pare,che la cofa fia paffata tra Zingaro,dr Corfale, come ft fuol dire . Ha potts-*
to conofcere il Bergamafco, & I'bapotuto anco far conofcere ad altri, che dal ms
le operare non ft pub ajpettar fe non maljinc . .Allbora diffe Lucio, dr percib,co-
me il Bergamafco non bebbe dalla fua infidiofa froda altro, che male, coft male ft
dee fernpre ajpettare dalla mala vita di quefle maluagie.Et pojlo che i caftfinfmo
ad hora narrati, poffano fare ampia fede di cio,fon nondimeno per adduruene bo
ra vnOfCbe vi farà marauigliare ad vdirlo.Et quindi vedrete,cbe nonfolo gli buo
mimdeono apparare di faperle fuggire y quando per lor mala forte le amano:ma
quando fono anche da loro amati, fengaycb'ejfi punto ad effepenftno .
F V I N Buda , nobilijfma città dell’Vngberia, vn riccbiffmo gen tilbuomo,
d r di alto affarey il cui nome era Gianniydella famiglia de Clementiyil quale,con-
tra il voler e de fuoi parenti, prefeper moglie vna Giouane T urea yfattala perb
prima batteggare, nella quale era flato lungo tempo innamorato , mentre cb'egli
era in Coflantinopoliyper alcune fue facende; dr poflo,chella foffe dá parenti del
Marito fommamente odiata, come da coloro, i quali baucano in odio la natione de
7 urebi, dr da parenti di lei non meno,come da coloro,cbe la vedeano mal volen-
tieri Chriftiana, nondimeno il ftngolare amore, che le portaua il Marito , le face-
ua parerc ogni cofafoaue . Stettero alquanti ami Meffer Gianni, dr Madonna
Filaretta, ebe coft era nominata la Giouane, in Buda, in tranquiliffma pace, dr
in fomma concordia. Muenne, cbe a Meffer Gianni fu di mefliero girfene a Vien­
na , per certe fue bifogne; dr hauendoui a flare alcitni anni, menofeco la moglie,
laquale tanto piuvolentierivi ando , quanto mal volentieri vedea da lei par-
tirft il marito, d r fi conofceua effere mal veduta da .gli altri parenti in Buda •
Sipofero adunque amenduni colla famiglia, in viaggio, dr effendo vicini a'Vien­
na, a duc giornate,alloggiarono vna fera in vna bofleria, cb'iui ft ritrouo. Jgella
quale era vna dishoncjla fante dcll’boflefil cut nome era Ginetta,che ft vendeua a
qualunque di lei complacere ft volea. Coflei pofegli occhi addoffo a M.Gianni,dr
fcoprendolcft egli belliffimo del corpo, & tutto gentile, d r cortefe, ardentijjima-
mente di lui s innamorb, Ma , hauendo ella comprefo, nella bofleria, che la Don-
na,chauea Meffer Gianni con effo lu i, era fua moglie, dr ch'era da lui ftngular-
mente amata, d r percib non le verrebbe fattogoderft di lui nelCbofleria,comego-
dere ft foleua ella di molti a ltri, non folo non voile fargli cenno, onctegli ftpoteffe
tfuedere, ch'ella I'amaffe, ma ftguardb di farglift conofcere, Non rimafe nondi­
meno d'informarft diligentemente chi egli ft foffe, d r ondeveniffe, d r oueftgiffe.
Ft,hauendo il tutto intefo ,fubito feco pen so cio, ch’ella deuea fa re , per compire
il fuo difordinato appetito . La mattina,per tempo , Meffer Gianni colla Moglie,
dr co gli altri della famiglia, ft pofe in camino, d r in termine di due giorni, ft ri-
troub in Vienna . Ft iui, pigliataft vna cafa a pigionc, coromcib a darft ad ifpe-
dire quelte facende, per le qualiyi era andato . Mentre le cofe ffauano in quefla
✓ - 'guifa , Ginetta, cut non era vfeita del core I’imagine del Gentilhuomo, lafeiata la
hofleria,fc Ae venne 3 tutta fola , in Vienna, in habito coft honcilo, chepareua la
ifteffa caftità 3 dr tereb, con ogni fiudio, di acconciarft per fante di Madonna Fi-
* * 4
Vi '
D E L L ’l N T R O D V T T I O Nf i
laretta . La, quale ( ingannata dell'habito,come habbiam dctto, honeflijjlmo ,dal
vifo , tutto aUa modeftia compoflo, & dal pariare cofi manfueto, & coft buma«
no,cbe fe da i panni,dal vifo, & dalle parole fi baueff'e douutagiudicar la quali-
td della perfona, poteuafi agcuolmente credere, cbe quanto di virtupoteua effere
in vna giouane , come ella pouera , tutto in lei foffe raccolto) la tolfe in cafa. Ft, v
per effere morta in Viennalafua cameriera, fcoprendofi fin proccffo di tempo,
Ginetta tutta gentilcfca, voile, cl) ella, apprcffo lei, net luogo della morta fucce-
dcfjc. Cofcei, nd feruirc la Gentildonna, & Meffer Gianni altresi, vfaua tan-
ta diligenda , & tal gcntilegga , cbe era da amenduni fingolarmcnte, amata •
Ma,bencbe foffc di fommo placer e a coflei, f effere amata dal gentilbuomo. Non
dimeno , non conofcendofl amare a quel fine, cl) ella defideraua, non ne rimanem
del tutto contenta . Ft celando ella il fuoco ncl core, il quale tanto piü crefceua,
quanto piu chiufo ft flaua;& ,'imaginandofi via di poter condurre i fuoi dcfideri] a
fine,ft rifolfefra sê 3 cbe , sella nonponeua in tanto odio la moglie al marito 3 cbe
egli olaft fcacáafje di cafa, o la vccideffe, non le verrebbe fatto il fuo penficro,
Ft,sà quefto proponimento fermatafi, volto tutto í animo alia ruina di quesia po-
uera Gentildonna . In qucfto megp tempo haueua feguitato in Vienna Ginetta
vno fuo drudo, il quale hauea nome Rjnguggp; & , tofio , cbe coflei Cbebbe ve-
duto, gli diede il modo di potere , effere con le i . La qual cofa le venne fatta di
leggieri 3perche Meffer Giami3per le facende, cbe dicemmo 3fc neflaua , per
lo piu yfuori a cena, & non veniua a cafa, ch'era paffata la mega notte. Onde
Madonna Filaretta 3 con tutto il rimanente della famiglia , fe nandaua a dor-
mire, & » Meffer Gianni f i teniua la cbiaue della porta 3 onde ,fenga dare m
difconcio ad alcuno , fe ne entraua in cafa afuo piacere, con fuoi feruiitori, cbe
egli bauea con lui. Ejfcndo adunque Ginetta , & Fj^guggo vna notte in-
fieme , ella gli aperfe il fuo deftderio , & gli fe vedere quanto di vtile egli 3 &
ella ne trarrebbe3fe poteffc ridurre qucfto gentilbuomo allefue voglie. Ifingng^
go 3 cbe non meno maluagio era 3cb'ella feelerata fi foffe 3 tratto dalfvtile, cbe
ncfpcraua, dijfe, cb’era pronto a fare quanto da lei gli foffe, a commune vtile ,
impoflo. Dato adunque a ciò quelíordine, cbe lor parueil migliore, Bjngugxp
fe nandò, e-r Ginetta cominciò ad attendere il tempo, atto a quanto ella inten-
dcua di fa re . Et auenne, cbe, indi a poebi giorni Madonna Filaretta voile anda-
re ad vno monaftero di dome di fiwtijjima v ita , cb'era in Vienna,al quale ella Jo
uete ft foleua diportarc, fi per la fantitd dcllc dome, fi anco percbe 3 effendo ella
inquella terra forefliera,non conofceua molteperjone, colle quali potejfe honefla-
mente comerfare. F t , bauendo ella vngiorno dato ordine di andare al monafle-
ro , Ginetta, per non andar con lei, ft finfe amalata; la Gentildonna, cbe piu fa -
mam, cbe gli occbi fuoi, per non le dare difeontio, menate feco le altre fue domtet
la lafeio a cafa, & andojfi alle monache, Ginetta, veggendo il Gentilbuomo in
camera tutto folo, a luife nandò, & gli dijfe, cbe, quando non gli foffe graue'
afcoltarla, ella gli direbbe cofa, onde agcuolmente potrebbe egli conofeere, con
quanta fede il feruiffe.Meffer Gianni, dijfe, ebe volcntieri fafcolterebbe. Hauuta
Ginetta, ^ ■>
/ / / /

A G l i H eC ATOMMITHÍ * 45
Ginettadal Gentilhuomo licenga di faueüare, voile anco cb'egti le aHringeffc lei
/ ede,che men non baueffe a pal efar e a perfona , baueffe intefo ciò, ch'clla ft
appareccbiaua di narrargli. Meffer Gianni, fattogid vago di vdir quello, efre
deueua fare d pin dolente buomo del mondo , anche la fedele die, t/i iwai wowla
manifeflare; Mfficurata Ginetta,gli diffe prima ,che finerefceua oltre modo a de-
uergli dir cofa , cbegli deueffe effere di fommo difpiacere, ma che la fede, colla
quale ella lo feruma, & il defiderio , cb'ella hauca della v ita , & dell'honor fuo ,
,2,1c
I'aflringeua a palefargli quello, che tacendo , I'arrecaua fomma vergogna, & pe- f
ricolo della vita . Etydetto queflo,il dimandòys'egli fapeua, per qual cagione, Ma­
donna andajfe tanto volentieri , & tanto fouente, a quelle monache. Meffer
Gianni le rifpofe, che no. Ma,che penfaua, cb'ella vi andaffeper amore, cb'ella
portaffe a quellefante donney & p e r diuotione, cb'ella baueffe in quel luogo. Et
io , diffe ellay ( benche con dolente animo) vi dico ych'ella vi vd, perche letfi ridtt-
ce vnfuo amante, coi quale clla figiace y qui in cafa mentre che voi vi flate fuo-
vi la fera; & egli dà ordine di venire a leiy qualunquc volta ella vd a quefle mo­
nache; e*r ioil vi sò dire, perche, mi bifogna effere quclla , cbegli apro la porta ,
il conduca a lei. Se quefle parolefurono acerbe a Meffer Gianni}non è da ad-
dimandare, poco mancò, clfcjrfijÊpnne cadeffe morto, per 1'affanno , che nefen-
19 f i . Ture ribauutofi, & p/fretmogli ciò quaft impoffibile; con mal vifo diffe a Gi-
iíli netta , tu te ne menti ,fcelerata , cbe fe i, & non sò a che mi tenga, cb'io non ti
vccida . Non conofco io Eilareita prima che tu ; Non v i adirate,fignore, diffe el-
i a , che v i farò vedere , che, f é bene prima di me la conofceee,non la conofcetepe­
ro megli di me. Ella fi è andata hoggi alie monache , per far venir fla notte a fe
l'amante: & piu vi dico, che Valtra volta, che furono infiemey diedero ordine di
vcciderui, & quefla è flata la cagione,che mi hd moffa a parlarui di ciò,che non
farei piu mai flata contenta, s'io fojfi flata confapeuolc di taj cofa , & non ve ne
haueffi fatto motto prima , che il cafo foffe auenuto. Et perche vi aueggiate ,
te ad vn tratto, cb'io dico il vero, & liberiate voi dalla morte y voglio, quando v i
piaccia di effer chiaro dei vero , che quefla fera vi fingiate di non venire d cafa ,
vi nafeondiate tra que muri rotti, che fono a canto al voflro giardino , & io
v i farò vedere la voftra Filaretta, che voi tenete tanto fedele y tirarfi per l'v-
fcio di dietro, coi mezp mio, famante in cafa , quando far anno infteme,
io vi aprirò tvfcio dinan%i3& farò che nelpiü bello y gli corretenel letto , ad vn
tratto. Voi fate pofeia dell'vnoy & dell'altro ciòy che meglio vi p a n d ; & fe que-
•: m flo non v i farò io apertamente vedere yfon contentaycbe facciate di me tutto quel­
lo y cbe di rea femina far ft dee. Meffer Gianni, che cofiei fi offeriua pronta , di
fargli porre le manifulle voua, diffe di fare quanto ella gli hauea det to; & dima-
ãolla, chi coftui fi foffe, che veniua a Filaretta. Ella diffe , che non fapea, chi
egli fi foffe, ma ck'erqgiouane,& , per quanto ella potea conofcerc, molto ricco.
■Conchtufoadunque quanto tra loro ft deuea fa re, prego Ginetta Meffer Gianni,
che, venuta la moglieynon le faceffe coft mal vifo, cb'ella fi aucdeffe di ciò,& co-
fi la cofa no baueffe effetto. Meffer Gianni promifc di far st,cbe non fc ne potrebbe
* lamoglic

fit
D ell'In t r o d v t t i o n e
la moglie auedere. MLppena, era finito il ragionamento , che ejjendofi giâ fattq
fera. Madonna Filaretta ritornò a cafa, la quale,bcncbe egli fofi'e d'animo fello-
nc, fit dal marito amoreuolmcnte accolta confimbianga di allegro vifo . Et fla-
tofi alquanto con lei, le dijje, che per cofa di molta importanda , non era egli per
venirfi a cafa quella fera, cui la Donna rifpofe cbe già non le piaceua,cb‘egli a ca-
fa non veniffe, ma ebauendo pure deliberato cofi, quanto piu. toilo fiandaua, era
tanto meglio, perche I'andar di notte non era molto ficuro. jQui fi v id e , quanto
animo picno di foffetto , tragga in mal Jentimento quello , cb'a buon fine èdetto.
Xfuefle parole3 le quali haueua dettate alia Donna pura fede, dr amor fingolare,
qggiunjero vie maggior fofpetto al Marito, penfando, cbe foffero dette da lei, per
leuarlofi toilo dinangi, dr ejfere colíamante . Ter la qual cofa le rifpofe,cbe gli
piaceua difeguire il fuo configlio3ct vfeitoft con due feruitori fuori di cafa, poi cbe
fu andato al quanto attorno , ejjendofi già fatto iaere ofeuro, fi pofe in aguato,
oue era dato I'ordine, & fi mife ad attendere quello, cbe deuejfe auenire. Hauea,
concbiufo Ginetta con Ringuggo , che quella notte fe ne veniffe a lei, ma veflito,
dr accompagnato di modo, che fi potejfe ageuolmentegiudicare, cbe folo iui ve~
nijfe per Madonna Filaretta. Qucfli,bauendo pratica di alcuni Hebrei,fi fe pre-
flare ccrte vefii riccbe, & borreuoli, dr toki cmdfo lui, duealtri feelerati, co­
me foffero fuoi feruitori, fi pofe in punto, per <nm$H&a quanto era ordinato. Ora.
non ajpettando la Gentildonna il Marito a cafa , cenò vn poco piu per tempo che
non era vfata, dr laffa dal viaggio delgiorno, poco apprejjo ,fe nandò a letto,
dr infiemefeco vi andò tutta la famiglia. Ginetta toflp, cbe vide addormenta-
'I ta la Donna, fi vfadella camera dr venutafi atl'vfcio,oue era afeofo Meffer Gian
til, dr oue Ringuggp attendeua la maluagia>iaperfe pianamente,al quale appref­
fatoft il maluagio, dimandò cbe facejfe la fua cara Filaretta . Riff ofi Ginetta,cU
la vi attende,dr parle vnbor.i mille di bauerui nelle braccia. Ft l'vno,dr ialtra
di efji ciò dijje, confi jpedita voce, cbe Meffer Gianni, dr i feruitori poterono ac-
conciamente vdirgli. Doppo tali parole, ella tolfe dentro Rjnguggpjl qualeynello
entrare, die licenga a coloro, cb'erano con lui; dr diffe loro, che verfo il matti-
no, ritornaffero per lui, accio cbe fi potejfe partire dalla fua Donna prima , cbe il
Marito ritornajfe . Il che confommo fuo dolore vdi Meffer Gianni, dr appena fi
rattene di vccidere Rjngugqgo, Ma lafperangadi coglierlo infieme colla Moglie,
dr vendicarft ad vn tratto dtamendui, il fe fopraflare, infimo a tanto , che Ginet-*
ta gli veniffe a dire, cbe foffero infieme. La fcelerata,dapoiche fi fu col Dru-
do, buona peggq, follaggata, fe (pogliare Ringugqgo in camifcia, dr porfi i pan­
ni in collo, & il fc apparecchiarfi in luogo , onde all'apparire di Meffer Gianni 9
fi potejfe agiatamente, da vn muro alquanto diroccato , gittar nel giardino, dr
indi fuggirfi di modo , cbe il Gentilbuomo il potejfe vedere, ma non conofcere.Fat
to quejlo Ginetta fe nandò alia porta , dr I'aperfe a Meffer Gianni, laqual però,
nonfenga qualcbe fi repito, aprire fi poteua. £t diffe a Meffer Gianni, cbe i duo
amanti haucano fiber gato infieme vn peggo prima , che fi foffero corticati, ma
eke allbora erano nel letto infieme. Sgli, entrato cofuoi duofa m g li, dr difpo-
t fligli in
A G li H ecatom m ithi.' 46
fligli in varij luoghi, come piu gli parue in acconcio yprefo mdo tl coltetto in ma­
nofe nandò verfo alia camera, one era la Mogliera, Ringuggpyfingendo di hauer
fentito il romore della portaycome che allhorayallhora vfciffe di camera della Don
nayfe moftra di fe a Meffer Gianni, & come impauritoy con tutti i fuoi panni in
colloyft gittò nelgiardino y ft diede afuggire; & Meffer Gianni y & tvno de
feruitori gridando ad alta voce, traditor tufei morto , lo ft rnifero afeguire, per
dargli morte. Ma RinguggOycb’era bene ingambe, & haueua hauutogran van-
taggio nel corfo, come coluiy che deflro3& lèggierijjimo eray prefo vn falto ygit-
U>fji oltre il muro delgiardino fu laftraday & in vn trattoy aitato dalíofcuro del­
la none yft dileguò da gli occbi di coloroy che il feguitauano. Madonna Filaretta
fentito cjuejlo romorey nonfappiendoycbe ciò ft foffe y tutta fmarritd y del letto le-
uoffiy & quafi tremantei vennefu I'vfcio della camera yper fapere la cagione di
cofi fatto tumulto. L’altro famiglio , ctiera rimafo in cafay & hauea pietà delict
Gentildonna, toflo cbe la videy le dtffe il tutto y & la conforto a fuggirfi prima,
che Meffer Giannigiungej]eypercheyfe la ritrouaua in cafayegli3fenxa alcun dub-
bio3In vcciderebbe. Madonna Filaretta, che nonft fentiua di ciò colpeuole y non
voleua fuggire. Ma veggendo, per gli lumi,cb'erano già flati accefi in cafa da
tutta la famiglia3 ritornar Meffer Gianni col coltello nUdo in mano , & vdendolo
direy ad alta voce3Mhi feelerata Moglieray Mhi maluagia Filaretta, queilofia
tvltimo giorno della tua feelerata vita y io beneti pagherò delToltraggio3chcfat­
to mi baijfe nefuggipiena d'infinito timoreyet d'incredibile cordogl\oy innangi che
egli arriuaffe alia camera. Veduto il Gentilhuomo che la Mogliefuggita ft era, ft
confirmo nella mala opinioney che Ginetta, falfimenee gli hauea, nell'animoy im-
preffa. £t voilefeguirla per laflradayma tutta lafamiglia gli ft fe incontro, &
tanto operaronoy con vna ragtone3& con vn ultray & col moflrargli gli infortu-
nij ychc gli potrebbono auenirey o ritrouandolay il che non credeanoyper effer Cae­
re butOy o non trouandolaftl che piu toflo ft prefumeano3 che infeguirla, non andò
piu oltre lira fuay Ma fe benefermo propofito dipiu mat non la volerefeco 3 rrix
fe egli mat la ritrouaffe di vcciderlaycollefue mani. Fimafe Ginetta di queftofat*
to contentiffimay Ft tanto ellafeppepoi Ittfingare il Gentilhuomo y che inproceffo
di tempOydiuenne Donna di lui3& ditutto I'hauerfuo . Madonna Filaretta, non
hauendo in Vienna, nèamici3nè parentiyoueft poteffe ridurre3 poteffe tentare
difar conofcere il vero a Meffer Giamiysimaginò ch'egliy con quefto colore, ha-
ueffe cenato di vcciderla, per leuarlaft de glioccbt, come ch'ella a noia gli foffe
venutUy per ItrfdegnOy cbaucano tutti ifuoi , ch'ella gli foffe moglie . Ft fnor di
mifura dolente3la mattinay per tempo3ft vfei di Vienna , & non effendo ardita
di tornarft in Budaynê meno dinuiarfi verfo Mfuopaefeyfappiendo thc3& nelTvn
luogOy e£r nell'altroyper le ragionigià detteyera grandemente hauuta in odio, an-
dofji in cafa di alcuni cofrtadiniy & iui ( fengafar lorfaperey chi ella ft foffejfi ve
ili dipoueriffimo babitoy & fe nandò ad vn caflello y il quale tiene quaft il mego
delviaggio fra Buda, & Vienna, & iui tanto operò, cbefu accolta da alcune
[ante dome in vnoMonailerio. era vfata di andar fouente a quefto monaflero la
' Mogliera
%
I i /

D e l l ’I n t r o d v t t i o n e ’■#11
Mogliera del Signore del luogo, Onie non vi era monaca, che da lei nonfofle mol lip. il
to ben conofciuta. Mndataui adunque vngiorno la Gentildonna 3 (fi vedutaui
Madonna Filaretta, voile fapere, chi ella fi foffe, Et ella , confidatafi nella bon - t '■ f u
'•\\\ ’■ ii
ta, che le panic di conofcere ncll'aria di quella Gentildonna; tiratafi in difparte,
ej
con vn mare di lagrime, le narrò tutta lafortuna3dal di, cl) ella fi vfci di CoLlan- ti
tinopoli, infino a quello 3 che Meffer Gianni Lhauea voluta vccidere. La biiona
Donnas che digranfenno3 (fi compajjioneuolc era , hebbcgran pietà della cofiei t ur
fciagura, (fi la conforto afperare in Dio , (fi ad hauer per ccrto3 ch'egli3 che mat c
non abbandonagli innocenti3 per fua bontâ 3 darebbe a gli affanni fuoi quel fine3 r
che alia fua innocenga fi conuemua; (fi le dijfe3ch'cra prefiiffima, quando lepia- ,^ÍÊL J
ceffe3 di far chiamare a fe Meffer Gianni, & a fuo potere3 rappacificarlo con effo n
.
lei Dijfe Madonna Filaretta 3 queflo defidererei fopra tutfole cofe del mondo s Ç
Ma perche io lo tengo3per hora3 impoffibile(tanto veggo contra me volta la ma­ '•ill t
la ventura) rendoui quelle gratie,ch'io poffo maggiori3per queflo voíirobuon vo 'vili c
lere, (fi vi prego3 che poi che io ho hauuta tanta fede in voi, che mi vi fon mam- m
feflata,& vi ho aperta la cagione della difauentura mia,la quale ho celata a tut -
te queile altre madri, ella in voi fola ft flia ft3 che non ne dictate parola con per- m
fona(infino a tanto^h’Iddio, conofcitore della innocenga mia, aprirà qualche via \h
di farm conofcere a Meffer Gianni quella fedel mogliera3cheflata gli fono,(fi fa
rbfempre, infin ch'io viua. La Gentildonna, come cortefe, che ella era, le pro-
wife di mat non ne pariare, fenon in quanto lefoffe agrado (fi in acconcio defat-
ti fuoi. St volendofi ella partire la raccomandd efficaccmente a quelle monache,
,
(fi non manco ella di moftrarlefi, nefuoi bifogni cortefiffima. Fra queflo mego
tempo3 la maluagia Ginetta fi godeua di Meffer Gianni. Ma non contenta di lui,
bramofa di goderfi anco di Bfiiguggo, fenga foff>etto,operò tanto con Meffer Gian
ni, ch'egli, fenga fapere chi Bjnguggp fi foffe, il tolfe in cafa, afuoi feruigi3& el-
,
la con lui tanto fegretamente fi trafluUaua cbealcuno nonfe ne auide già mat.
Stetero infieme Meffer Giarihi, (fi Ginetta quattro anni,prima ch'a Buda andaf-
fero, fenga poter mat fapere, per molto che ne cercaffero , che di Madonna Fila­
retta fifoffe. Finiti i quattro anni, (fi ifpedite da M. Gianni tutte le fue f acende,
delibero egli di ritornarfi a Buda, (fi con Ginetta, (fi con Bjnguggo, (fi congli
altri feruitori fi mife in comino. Ginetta, che gú fi erafatia di Meffer Gianni (pç-
rò che le meretrici non amano alcuno, & tanto con coloro , che elle moflrano di
amare,fifianno, quanto in vn modo, o in vn’altro poffono fare la loro libidine, $ ■p
la loro ingordigia fatia) & mal volentieri fi partiua dellcfue contrade, per an -
,
darfi a Buda delibero infieme con Kinguggo, tofio che il commodo lor ft ojferiffe,
di fuggirfi, (fi di torfi tanto di quel di Meffer Gianni}che agiatamente fi poteffe-
ro viuere. Effendo adunque Meffer Gianni in camino3con tutta la famiglia,giunti
chefurono ad vna hofieria, cb'iappreffo il caftello, oue dj.cemmo, ch'era Madon­
.
na Filaretta, doppo cenna Meffer Gianni, con Ginetta, fe n’ando a letto Slla, poi
chefenti Meffer Gianni profondamente dormire,leuataglifi pianamente dappref­
fo, prefe quelle robbe del Gentilhuomo, cheptu lepiacquero ( tome colei,ebauea
< il turn
A G LI H e c ATOMMITHI. 47
il tutt&in ciiflodia) & 3infieme con Bjngug7p3fe nc fuggi deli’bofleriafle porti del
la quale non fi chiudeuano mai nègiorno3nè notte3per la mollitudine de viandan
tiycbe vi capitauano a tutte le bore3 nè fi guardaua dietro a perfona 3che vfiijfe,
effendo jempre libero I’andare 3 & il venire ad ognmio. Staua vn famiglio a can
to la camera di MeJJer Gianni 3 il quale 3 bauendo fentito alcuno flrepito 3fi le-
uò y & veduto I'vfcio della slanga del Signore aperto 3 cb’egli la fera hauea fer­
rato y entro nella camera, pervedere 3 che do ft volefj'e dire. Meffer Gianni,
ch’allhora ft dejlòyil farti; & chiefegliycbe andajfe egli facendo. Il feruitore gli
rifflofe, che alcuno flrepito , cb'egli bauea fentito3 & I'bauer ritrouato aperto
I'vfcio della fua camera 31'bauea fattoiui entrare. Meffer Gianni3cio vdendo ,
non fi ritrouando Ginctta appreJ]o,venne infofpetto3 cb'ella non ft foffe fuggita ,
& cbiamatala vna3& due v o lte , & fattala cercare per I'bofieria , & non la ri­
trouando 3nè ritrouando altrefi Kingunggo, & yveggendoft mancare molto delle fue
cofe pin care, & piupreciofe3conobbe, che coftei con Pfnguggp fe riera fuggita.
Et fubito mando defuoifamigli a luoghi 3 & a pajfiy oneft penso3 che cofloro po-
tejjero efjere coltiy acciò che foffero prefi . Et 3 fattoft giorno 3fubito entro net
caftcllo 3 & andatofi alpalagio del Signore 3picchio alia porta della anticamera,
one egli ftaua3& fattogli ijporreil cafo fuo , & cia3 che egli voleJJe3 lo fece il Si­
gnore a fe venire & intefa da lui la cofa3 impofe al fuo Capitanos che , infeme
con gli altri foldati , andajfe a cercare di cofloro 3 & gli prendejje3fe for fe gli ri-
trouaua, accio che il Gentilhuomo baueffe le robbefue3& i malfattori lapena del
lor delitto.Mentre3 che i Soldati erano andati a cercar di cojloro 3 ft rnife il Signo­
re del luogo in ragionamento con Meffer Gianni; & dimandandogli chi egli fi fof-
fe3& onde veniJfe3Et egli rifpondendo ad ogni cofa3ejfendoui prefente la Gentildo
na , moglie del Signore 3 ella intefe ageuolmente3che quefli era il marito diMad-
donna Filaretta. Et f mife ad attendere ,fe forfe cofa le fi ojferiffe 3 onde il potef-
fe rappacificare colla fua Donna. I foldati 3 ch'iti erano a cercar degli imbola-
tori 3 fiurono appena difcofli dalla porta del Caflello a vn tiro di areo , che vi­
dero vna moltitudine di contadim, che, ad inflanga de feruitori di Meffer Gian­
ni y baueano prefi cojloro 3 & gli menauano al Callejlo. Il Capitano gli fi fe da­
re legati 3 che gli hebbe3gli conduffe inangi al Signore, il quale conofcen-
dogli colpeuoli 3 & per la confeffion loro 3 & per lo fu rto , che ft ritroub nel-
le lor mani 3fatte rendere le robbe al gentilhuomo 3delibero fargli impiccare per
la gold . S t, fattili porre infeme in vna prigionc 3 co ceppi apiedi3gli fe cuflodire
diligentimente, nè voile 3 che meffer Gianni ft partiffe 3 infin, che nonfoffero co­
floro condutti a morte. La Moglie del Signore 3 ch’era gid fatta vaga di rappaci­
ficare il marito con Madonna Filaretta , intendendo 3 che coil or due erano fla ti3
lungo tempo, con Meffer Gianni. Mando vno de fuoi piu Jidati,bene informato 3
aUaprigione, per vedcre fe forfe intendere poteffe egli da loro cofi3che le agcuo-
laffe la via a quello, cb’ella intended di fare. Giunto là il meffo, & }f entendo i due
prigioni ragionare infeme , molto lagrimcuolmcnte 3prhna che Jaceffc lor motto 3
fipofead vdire ci93 che diccano . Et vdi Ginctta , chc> piangendo 3 dicata a Ifin-
D el L’ I n t r o d v t t t o n e
gu%^o,l\ingMZgpJd giuflitia d’Iddio, la quale, come aiuta chi bene opera j cofi no
Infeta misfatti fienga la diceuol pena 3 hâ permeffo , chc cw cl fia auenuto, per la '
grauc ingiuria 3 ebe faccmmo tu , & io a Madonna Filaretta . Non era già fin
tutto il Reainc di Vngheria , nè la pin bonefla , ne la pin fanta donna dl le i3 &
nondimeno noi ftmmo cagione, fingendo tu diglacerti con cfjo le i , eir dando io
malignamente cio a vederc al Marito , di faria mal capitar e3 ebe fafji Iddio , ebe
di lei fia auenuto3& forfc e mal capitata per lo nnflro inganno , la mifera Donna,
digtvffma d'ogni honore, & d’ogni bene. Ft noi , per tal diletto faremo dati qui,
oue mem il penfanamo3 al Manigoldo, ebe neguafli. Conohbe il meffo dalle paro­ y*
le di coft c i3 quello , per cui I'bauca mandato alia prigionc la Gentil donna, onde
fenga dire a prigioni cofa alcuna , rifcri alia Donna, tutto cid> eh'egli baueua inte-
f o . Fu di ciò ella nwlto contenta , parcndole, ebe foffe bomai giunto quel tern-
po y ebe Madonna Filaretta , confomma letitia3 vedcjje il fine degli aff'anni fuoi.
Il ebe Lera tanto pit) caro , quanto ella ft conofcea dcucre cf] ere quella , ebe 3 dal
dolore , a coft grande allegreggga la conduciffc. La onde , cfjcndo la [era feguen-
te il Signore y Meff'er Gianni3 & ella a tauola, & di varie cofe ragionando tut -
ti è tre infteme, il dimandò la Gentildonna , s'egli haueffe moglic , egli diffc , ebe
non fapea 3 ebe riff>ondcrle3 ma cbegiâ I'bebbe 3 & ebe I’amaua fopra tuttc le cofc
■U
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del mondo, & cl) ella , perguiderdone di tanto amore,gli bauea rotta lafcdc3po- ■
nendofi fotto vn 'adultero 3 & cb'cfjcndoft ata ritrouata da lui nell''adulterio , te­
mendo cl) egli non la vccideffe ,f e n’era fu g g ita , & da indi in pot 3 non bauea fa -
puto , ebe di lei ft foffe auenuto . M.llhora , diffe la Gcntildonna , vi far ebb c egli
caro bauere nouella di lei?ft ccrto3ri{pofe egli 3 quando io mi crcdeft intendere3cbc
ella haueffe fatto fine degno della fua mala vita . Ftfe conofcefte fog giunfc la Gen
tildonna , efferui atorto adirato colla moglic vo flra , nonvi far ebb t egli caroil
ritrouar/a , & bauerla , come prima 3per bone(la3 & per amorcuolc?Qjgcfto ef­
fer non puo yYifpofe Meffer Gianni. Kitromre la potrei forfe ( ebe cofi Iddio mi dia
gratia , ebe non ne habbia mat altra nouella, elfella fia flata mangiata da Lupi)
ma pudica 3 & fedele non mat perche io bò veduto , cogli occhi miei3 la fua mal-
uagita;& qui le nano tutto quello, ebe auenuto era quella nottegbe Ginetta , &
Bfnguggo g li ferono lo inganno; & yfoggiunfc 3 farebbe flata cofa maranigliofa ,
s'efjendo ella nata Turcat & io Chrifliano , me haueffeferuata la fede . lib ora
difj'e la Gcntildonna, Meff'er Gianni3 voglio , chora veggiate quanto altri s'ingan
na 3 & quello 3che fa fare la rnaluagitâ altru i , a danno degli innocenti, <& quart
to il voflro troppo credere a chi non ft dcuea dar fid e3 v i ha fatto errare. Et quin-
di 3 riuoltatafi verfo il Marito , il prego a fircondurre alia prefenga fua Rjngug^
,
703 & Ginetta acciò che Meffer Gianni conofeeffie3 a quanto torto 3 egli 3 haueffe
cofi mal trattata la Donnafua, & quanto gli deurebbe ella effere caraffe viita ft
ritrouaffe. Fece incontanente il Signore condurrc a fe glijiclerati. Et giunti al
cofi)ctto di lor trCjdiffi loro la Genúldonna 3Tcrcbc Meffer Gianni,pcr opera vo-
,
fir a,vo He vccidere la Moglic 3 come adultera & infcdele 3 voglio faper da voi , r*
come la cofaft ilia. i t auertitc a non mi dir cofa3 che menoj cbv vera fia3perche
t vidiiOt
A G li H e c a t o m m i t h i . 48
vi dlco , per parte del Signore, wio Marito, cbe nonfete per fuggire forte alcuna
di tormenti, perche fe n'babbia à trarre il vero . M. quejle parole, rh.iafero ficr-
diti i duo maluagi, 1quali fermamente credeano, cbe altri, cbe cfji di cib non fap-
peffcro cofi alcuna. Conofcendo adunque Ginetta , dalle parole della Gcntildcn-
na,cb'cüa il tutto fipcua , effendo femina, & molto pin timida di Ffqguggp, tut-
ta tremando , difjc. Toi,cb'io non bò pià Jpcranga alcuna di falute, pcrcbe i mar
tin non mificciano morirc moltefiate , oue vna fola morir mi dcbbo,dirb la cofi
appunto , come ílà , bencbe nonfenga mio gran cordoglio , Cbe pofio, cbe allbora
w ( per fatiare il difordinato defiderio, cbe mi fpingeua a trouar via digodermi di
Meffer Gianni) mi dejfe a porgli la fua Donna in tanto odio,ch'egli fi diffoneffe ad
vcciderla . Hora confuierando , cbe lagiufiitia diuma , per cofi grauepeccato ,
mi ha condutta al mifero punto , alquale condutta meritamente mi veggo, vor-
rei ejfermi rimafx di fare oltraggio a quella Gentildonna , della quale non credo,
ebe la piu faggia , nè la piu boneHa , nè cbe piu amaffe il fuo marito , ft vedcjfe
giamai. Et fpero , cbe, in queflo mio eflremo punto , tanto mi babbia a giouare
il confcffar queflo peccato , cbe rendendo quello honore,a quejla Gentildonnafcbe
cbe di lei fia) cbe gid confraude,& con inganno le tolfi, contra ogni ragionc, pof-
f t meritare men graue pena il mio errore apprefjo Iddio. Et, dopo quefle parole,
narrb tutto il fa tto , come appunto ordinato I'baueua. Il Signore, vdendo coftei
tal cofi dire, rimafe pieno di tanta marauiglia, di quanta egli mxi fi rimaneffe,
per cofa ch'egli vdiffe marauigliofa. Et Meffer Gianni, per pietâ della fua Don­
na , fu occupato da tanto dolore, cbe nonpotè contenere le lagrime . Mllbora la
Gentildonna moglie del Signore, laquale baneagio, fatta venire in cone Madon­
na Filaretta, toflo , cbe il meffo detto I'bebbe, quanto bauea vdito dalla Ginet­
ta,& celata la bauea temta in vna camera, finto di voler far non so cbe , fi le-
ub da tauola, & andata per la Donna,cofi in babito dimeffo , come clla era ,fen-
ga dirle nulla di Meffer Gianni,nè di cofa, chefoffe auenuta, la conduffe oue era-
no tuttigli altri, & ,poco meno, cbe piangendo . Eccoui diffe Meffer Gianni, la.
voflra honefia,& fedel Moglie,vedete, cbeguiderdone ella ha bauuto da voi,pc-r
hauerui piu , cbe gli occbi ,piu chela fua vita amato ? quando per le parole, &
per la maluagità di tai due feelera ti, ella ê ft ata coftretta, per fuggir lira vo~
Hra,ftarfi feonofeiuta tra le noftre monache quattro anni, nell'habito in cut la ve­
dete bora . Madonna Filaretta viflo, fuori d'ogni fuo penfiero Meffer Gianni,
& vifta Meffer Gianni la fua Filaretta , furono ambedue da tante lagrime oc­
cupati , cbe nè I'vno, nèlaltro potè formar parola . Et Meffer Gianni,conofeiuto,
a quanto torto , egli haueffe cofi mal trattat a la Donna fua, vinto da grandijjima
■V» vergogna non ardiua diguatarla . Ma la Moglie del Signore , cbe non vedea l'bo-
ra , cbefinijfero i dolori dell'vn a, & delialtra parte, prefix Madonna Filaretta
per mano,la diede alfuo Marito,dicendo. Vi giungo di nuouo legame infieme Mef­
fer Gianni colla dona voflra , & defidero , cbe con piu felice auenirnento vi vi-
uiate queHo réfto di v ita , cbe vi auanga, cbe per I'adietro non vi fete viuuto .
fm Mllbora Meffer Gianni, & Madonna Filaretta fi abbracciarono, & baciurono
amo-
< -J*
D e l l ’In t r o d v t t i o n e
amorcuolifjimamente, d r cbiefe perdono il Marito alia Moglie di quanto egli, in*
gannato da que rnaluagi, baueua fatto contra lei. ^4.1 quale ella diffe,non conoflco
io torto alcuno da v o i, Marito mio caro ,folo, di quanto mi ê auenuto; accufo U
mia mala ventura , & la raaluagità di queili due ribaldi ( cb'clla già baueua in
tefo dal pariare dc i circonflanti, come la cofa foffe paJJ'ata . ) Ma pofeia, cbe (la
Dio mercê) è fattapalefe la innocenga mia , ç vi truouo v'mo, & in buono fla­
to , [on per efflenti quella Filaretta , cbe flempre vi f u i . 11 Signore veduto quanto
felieetnente era riufcito quello,cbaueua operato la fua Moglie, molto lalodò , dr
del tutto rimafle contentifflmo. T o i , volendo egli, cbe a crudelifflmo fupplifio
foffero condannati i dui rnaluagi, Madonna Filaretta , la cui benigna natura non
non bauea potuta mutare baucrfità de i cafi fluoi, percke nulla fuffle di turbatam
tanta flita contentcTgga; dijflofle, co fluoi prcgbifil Signore del luogo, d r il Marito
aperdonare a qtte maluaggi, d r nonflolo volea, cbe perdonato lor foffe, ma che
foffero mefji in liberta , il Signore nol conflenti, Non perche , non volcffle compia-
cere alia Donna, la quale gli pareua degna d'ogni gratia , Ma percbe effli, altu
volta,non noceflcro ad alcuno, d r gli altri feelerati 3 dalla cofloro liberta,feglic-
leconccdca3 non pigliafflcro baldanga di commettcrccoft graui ccccfji. Furono
adunque Ginetta,dr Bgngwzgp condannati a perpetua pr\gione,a pane ,d r acqua,
il cbe fit loro carijjimo 3 come a coloro 3 cbe a(flcttauano3pcr gli delitti loro , cru-
deliffima morte, dr Meffcr Gianni, colla fua Donna3fi rimafle piu 3 che mat con­
tento , con flodisfattione non pure del Signore, dr della fua cortefiffima Moglie 3
ma di tutta la corte. Ft, pofleia, cbe furono fla ti, per alquanti giorni, col Signo­
re del luogo infcfla3dr in piacere, prefla da lui liccnga, a Buda fle ne ritornarono,
ouevifflero tuttiglianni loro in tranquiliflflma pace.

VN G I O V A N E F E R R A R E S E A MA V N A C O R T I G I A N A IN
Eadoa, & ella lui,laqual gli fa conofcere,che per troppo amore th’ella gli porta, nó gli vuol
compiacere di fe , & egli conofciuta la bond della D onna, le prouede, che fantamence ella
fi viue.
N O V E L L A X.
.A marauiglia3dr lapictà , chcnacque nc gli animi degli aflcol-
tanti 3 mentre 3 cbe Flauiola flua nouclla nano, fu ta le, cbe, a
VI fatica ft potè conofcere qual delle due foffe maggiore . Era a
ciafcuno di gran marauiglia 3 cbe vna donna fojje tanto feelera-
ta3quanto egli bauea moflrata effere flata Ginetta, Haueua font-
ma compafjione ognttno a Madonna Filaretta 3 veggcndola ingiufl amentefimal
trattata, Ma accrebbe ad ognunofommamente la marauiglia il vedcre, che Ma ^
donna Filaretta , in vn punto coft ogni pafflata ingiuria ponef'e in oblio, cbe K(.
potendo far dare degno fupplicio a colpcuoli 3 pin toflo gli volcffle film , perdo- £
nando loro la graue ingiuria 3riceuuta 3 cbe vedergli morti.Et vi furondi queili 3 '•
cbebiafimarono tanta bontâ. Varendo loro , cbe mal foffe, cbe perfonetanto f
federate ft lafàafjero rimaner viue. 'Jfle vi mancaronp alcuni, cbe molto Ioda- >
rono
A G li H ecatom m ithi. 49

CO*
rono il Signor rs del luogo, il quale,poi cbe ft dijpofe a lafciar loro la vita, per pi a
u cere a Madonna Filaretta, baueffe condannato i rnaluagi in eslrcma , & mifcra,
in vita a perpetua prigione y giudicando, cbe non minore compimento di giuflitia fix
vna continua, & dura cattimtd, cbe vna fubita morte. Ma, poi cbe affai tutta,
U
& della bontà delivna , & della maluagita de gli altri due y & della giuflitia.
cl-
del Signore bebbero ragionato y diffe Tontio, fe come è flata vaga , & bcllayFla
ltQ
uio y la nouella voflra , baueffe cofi moflrato , cbe Meffcr Gianni non fi baueffe
dr potuto difendere da gli inganni di Ginetta, io fenga alcun dubbio mi terrei vintoy
;io Ma. perche ella non ba moflrato, a chi bene intefa ihay altroy cbe Ginetta feeler a-
on
t i tayet Meffer Gianni fempliceynel credere piu in vn punto ad vna femina, cbe a fc
m K , tteffot & alia bontà , & fanta vita della fua Donnaja quale,per lo ffatio di mol
ito ti anni,haueua egli conofcinta da bene, e-r fedele; non mi partirò io dal mio primo
:he proponimento, & credero, come prima, cbe i faui non diqno intoppi. Tub bene
in­ bauer giouato il voflro ragionare a coloro, channo moglie, col moflrar loro, cbe
tro in cofa di tanta importanga , di quanta è mettere I’honore della fua donna a rif-
He­ tbio , non ft dee I'buomo lafciar vincere nè all'ira 3 nè all'altrui falfità. Toteua
rn Meffer Gianni parlar con la Moglie,<&- non volere,per parole della maluagia,fu-
'<«, bito vcfidcrla . Ft porto ferma opinione, cbe segli baueffe cibfatto, faria rima-
rii- fa fcoperta la menxpgna della mentitrice per la verità, che le haurebbe detta la
on- moglie, che troppo luce da fe il vero. Ft quefto detto attefe do, che Fabio voleffe
ie, dire, il quale diffe. Io non voglio ventre bora in campo con voi,Tontio,Baftami,
no- che Flauio vi babbia fatto v edere, cbe I'ingegno di quefte Donne, o per dir me-
no, glio,la lor malitia è tanta, che nonfolo vincono coloro cbe ad effe vanno,ma anco
chi non ba penftero alcuno di loro, ^ingi non ha egli,diffe Tontio. *Allhora fog-
giunfe Fabio, il troppo deftderio, cbe è in voi, Tontio, di queflionare di ogni cofa
[N non vi lafeia vedcre,che I'hora è tarda, & che poco piu cbe meniate in lungo il vo
uol firo rag:onare, hifognerà,cbe Lucio ft taccia,perche nonpotra egli bauer tempo di
ella dire la fua nouella-, perb fie bene,che lafciato il contendere >ci poniamo ad afcol-
tarlo. Toflofi adunque,a quesle parole,ognuno in attentione, Lucio cofi comincib.
.A M E p are, cbe boggimai habbiate, [ulla propofia materia, tanto ragiona-
cl­ tOyche io ficuramente mi potrei tacere. Ma perche mi parerebbe,male,poi che voi
ip, a fvoflra mercê) in queflo honorato numero mi bauete poflo,non feguir I'ordine in-
ia cominciato, io faro cib ,che vi piace. Etu qantunque io babbia ad effere quegli io,
cheil ragionamento ciboggi conchiuda, non voglio perb, cbe alcun di voi, per co-
ra-
fa,che io mi dica, ft fermi nellafua opinione, o la lafei, cbe fe fon bene io per dir­
m-
ui vn cortefe, & forfe, per dir meglio, pietofo atto di Donna non bonefla , non è
ml
percio, che mia intentione fia , voler ui Iodar quello , che da fe ,ê degno di ogni
Mi
biafimo ; cib è I'effere tale, quale è qucfla, & quella,cbe ad arte coft biafimcuole
cbe
f i dà, per far di fe cofi disboncflo, & abomineuole guadagno, ma perche ft cono-
do­
fea , che quantunqueivitij ftanocomein propria fede , negli animi di queEli
lii., ta li, ft fcorge pero quando la neccffita a cib far le conduce , in alcuna d'effe,
nto
( quafi vn raggiv di Sole tra molti nuuoli) qualebe ff into di bontà,il quale (per
dil‘ G
/

41
D e l l ’I n t r o d v t t i o n b
quanto io Jl 'imo) non dec meritar men loda, bencbe da rea Donna proceda, ctayf«
meriterebbc vitupério in vna honcfla pcrfona biafimenole vitio.Ter feguire aduit'
^mc I'ordinc incominciato, & per piaccre a voi tutti,Dico ctiera in Vadoa nonha J
gnari di tempo, vwa giouane cortigiana, cbe per effere fopramodo vaga , & gen-
ii/fj e-r di ogn ultra, di fouue dimeflichcgxa , & di dolce amoreuolcgga or­
nata, era da ogntino cbiamata Melina la bella, cofiei per le fue qualitd rare in
Donne ta li, era da molti amata, & clla a molti conccdeua il traflularfi con eJJ'o
le i, Fra quefli amanti, vi f t vn Giouane Ferrarefe, nomato Licio di x v i j in
x v i i ] anni, bello, & nobile, al paro di qualunque altro,il quale ft caldamente
l'a?naua,chc fe ne fentiua flruggere, & miferabilmente confumare. La onde egli '1»'
non lafeiaua cofa alcuna a fare, acciò cb'ella I'amafje , & ne poteffe a fua voglia
%.
godere. Melina, cbe non mem era acccfx del Giouane, cbe egli di lei fi fojfe, gli
era larga di febergi, di bad, di abbracciamenti, di caregqge, di accoglienge, &
di veggi zlie pm, cbe adalcuno altro , cbe a lei andaffe. Ma per cofa , cbe le di*
ceffe, o facejfe il Giouane, nol volea ella compiaecre di fe : la qual cofa gli era ca-
gione (Cinfoportabile dolore, <&• penfandofi egli, cb'ella voleffe da lu i, come è co-
flume dellepari a lei, altro, cbe ciancie, comincio egli a volerle dar danari, &
pregaria, cbeglie ne ebiedeffe quanti ella voleffe, percbe bauea deliberato, cbel­
la non meno fojfe donna di do,cbegli haueffe, cb'ella di luifi fojfe. Melina non
! pure non voilepigliare cofa alcuna da lui, ma di quanto ella bauea gli fe largbif-
firna proferta, z? gli dijfe,cbe affai le farebbe da lui dato, s'egli còfi di core I'ama
ua, come in vi/la moflraua d'amarla; & pregollo, cbe non fi lafciajfep atire difa
gio di cofxydi cbe egli poteffe effereferuito da le i. Il Giouane, cbe lei piu di qua­
lunque ultra cofa defideraua, diffefio non vi faprei dimandar cofa, la qual piu ca­
ra mi deueffe ejfere,di voi Jleffa, & fe bene tutto il mondo mi defle, & voi mi vi J
toglicfle, come fatte, non mi parrebbe hauere bauuto da voi nulla, perchc bo po-
flo in voi tutta la fomma de i deftderij miei. Si, cbe,femi volctc fare il piu con­
tento huomoy cbe mai fojfe, fatte, vi prego, cbe quafi vn nuouo I antalo,tra frut-
ti, & I'acqua non mi viua, fenga poter mai nè di quelli, nè di quefta guff arc. Ml-
Ihora diffe Melina, Camore, cbe vi porto, Signor mio, & la compaffionc, cbe
io bo della voflra giouenegga, mi vi fa negare quello, cbe quando I'hauefle, non
fare fle però piu contento , di quello, cbe vi f a te ; troppo giouane fete anchora ,
da fare coft gran faticbe : però cor mio, pigliateni di me quello , cbe fenga , cbe
perdiate nulla del voflro, vi puote effere da me concedutto. Con qucfle,& altre
fimili parole , mando ella via piu volte Licio ,nè potè mai piu oltre hauernedi
quello, cbe inftn dal primo giorno egli haucua bauuto. La onde veggendofi tutta- k .
uia il Giouane dal fouerchio amore, quafi neue al Sole, confumare, nè conofcen-
do altro rimedio al fuo male, cbe o goderfi de Melina , o leuarlafi in tutto del co­
re ; ft difpofe vn giorno, o di volerla lafeiare, o di goderla; e r andatofene a lei,ft
die pur, come prim a , ad abbracciarla , & a baciarla, & con quella maggiore
amoreuolcgga, cbegli fapeua,a farle ve ggi,& volendo effer finalmente con lei,
Melina nol confenti, angi di prefentegli fi law dellc mam. M queflo atto, il Gio­
uane

im b
A G l i H e C ATOMMITHI. 5°
udne fdegnojji, dr le diffe. Melina, mi duole fopr amodo, che vi piaccia diflrug-
gerc, cofl flranamentes vno chepiu, che fe fleffo , vi ama : dr che la voflra du-
tegga fia cagione, che ioper non mi monre di fouerchio dolore, lafci v o i, la qual
tanto amo, quanto poffa amar fmomo donna alcuna; dr voi vi pcrdiate vn coft
leale amante, come io vi fono, Ter la qual cofa,fatio boggmai di odiar me fleffo,
per atnar voiy voglio quinci partirmi piu toflo, dr voi lafciareyche la voflra cm
delta, fenga alcun proy miferamentc mi confumi. Tuote egli efferey Melina,che
la forte mi fla cofl nemicay che voi, che fete donna del mondo, dr fete cortcfe a tal
di voi, che nonfarehbe degno di effare m o famiglio ( non vi /piaccia, che io vi di
ca \l veroj & punto non vi ama, habbiate me cofl afchifo y che tanto vi amoyche
non dcgnate compiacermi ? Ha fla quanto vi place, quefle fieno le vltime parole,
che dido piu hauero con v o i; quando dura ve ne vogliate flare , per non mori­
re amandoui, io ve ne chieggio I'vltimo commiato. Melina, che able parole del
Ciouane ,fentiua efkremo dolore y cofl ri/pofe, Io ritornero a dirui quello, Signor
mio , che piu volte vi ho detto, cib è, che non voglia diflruggerui y o di confumar
ui, fche il core, col qual vi amo, cio non potrebbe fofferirmi,J ma il grande amo­
re, che io vi porto, d r il defldcrio, che io ho del voflro bene ( s io vi dico men
che il vero, prego Iddio, che mi vi faccia venirein tanto odio, quanto veggo,
the mi amate) folo è cagione, chio non vi dia quel compiuto piacere di m e, che
voi deflderate, & cheio volentierivi darei, quando veramente non viamafji.
Et quello lo vipuo fa r chiarumente v edere, che voi mi nmprouerate, cib è, che
dandomi io a chi mi chiede, a voi non mi torrei, fe il gran rijbetto,cho al ben vo­
flro, non me ne ritrahejje. Il Glouane le diffe, fa te , duo ne fappia la cagione,
„ che fe altro non veggo, che quello, che inflno ad bora mi bo veduto, non vogho
credere, che altro, che dilettanti del mio male, mi vi faccia moHrare cofl jpiace-
uole . Melina a quefle parole diffe, troppo lungo farebbe. Signor mio, fe e/porre
io vi voleffi quello, che mi cbiedete, oltre,cbe voi non baurefle maggiorpiacer di
me, quando pienamente narrato lo vi haueffi; perb vi prego, che non vi (piace a
di [Ianti contento a quanto vi ho detto .Licio fatto and) egli vago di fapere qticfla
cagione, per la quale Melina nol volea complacere, comincib, a flringerla } per
quello amore,cl) ella dicea di portargti, quantunque egli il contrario credeffe,che
gliene eleffe tal fegno,cl) egli flpoteffe fgannare,d r inditrfl a credere,che vero foC-
fe cib, ch'ella diceua. Melina,che veramente il Giouane amaua , dr defldcraua
dargliene tale teilimonianga,ch'egli ne foffe ccrto, doppo vn grauiffimo fofpiro,
cofl comincib a dirglt.Terche Licio vifla piano, che feffermiui tolta, inflno ad ho
ra, non è flato, fenon per lo grandiff mo amore,cluo vi porto, quando voi mi dia-
te la fede voflra, che cofa, che io vi dica, nonfard mai riuelata da voi, vi narre-
rò la mia flera ventura, anchora che, feuga molte lagrime, dr infindo dolore,ra
inentare non me ne pofla . Et narrata, che la v i haurb, vi faro toccarc con mano
'quello,che voi non mi volete credere, dr fepofeia vi par era di voler e effer meco,
farb pronta a fare quanto voi vorrete, per contentarui,Licio la fedc le diede, dr
clla j tuita via plangendo , cofl comincib. IoMcffer Licio, che a queflo mife-
• G 2
D eli/ I ntrodvttione
ro3& infelice partito fon condotta , non fono nata della vilfcccia delpòpolaccw 1
ma di padre3 & di madrc 3non pur nobili 3 ma fignori. 11 cui nome, & la cutfa-
miglia mi taccio:percbc , per la mia mala vita , non fi maccln lo (plendore di cofi
nobile gente}comc c quella3dalla quale, & per rijpetto del padre , & p e r puello
della madrc 3fono dijccfa: & fui da loro nobilmente, & riccamcnte nutrita3 &
era io alpadre3 e-r alia madrc mia tanto cara3come colei, la quale era loro v ni­
ca figliuola femina 3 cbe non vedeano pin oltre3che quanto io era lunga. Ora men-
tre3che io era nellc paterne cafe3effendo già peruenuta alia eta di tredici anm3poft
f per mia mala ventura J gh occbi addojfo ad vno de primi giouani della mia t&r-
ra3& cofi ardentemente di lui me innamorai, cbe era in lui folo quanto di bene io
baueua nel mondo3& mi fit in tanto cortefe *Amorc, cbe ad altro mai , cbe al mio
male no fu piegbcuole3cb'egli-altrcsi di me fi accefe, & erano gli animi noflri cofi
conformi3cbe non vi mancaua altro 3cbe il confentimento del padre 3 & della ma­
dre mia3afare3che io fua moglie diuenifi.Ma3 defiderando ejf3fecondo la lorogra
dexga maritarmi3no vollero mai acconfcntire, cbe il mio dejiderio bauejfe effetto;
& buon per mefe mai haimto no ibauejje,& mi fo/Ji io appigliata al configlio de
i miei maggiori.Ma paredomi>cbc no fojfe buomo al mondo, con cm piit ebtenta mi
deuejji viuere3cbe co coflui3cbe3alla miferia mia>mi baueua propojlo la mia ficra
forte3haueua potto in lui3ogni mio bene3&folo attendeua , cbe il Ciclo mi facejfe
contenta di quejlo mio defiderio . Mentre , cbe le cofe in quefla guifa fiftauano,
auenne, cbe fit fatta vna congmra da certi giouani contra il Signor mio padre,
nella quale parue anco , cbe queflo mio amante bauejfe parte 3la quale fcoperta3
furono tutti preftyGli altriyconfe(fato il lor delitto 3 tutti f 'urono crudelmente mor­
ti , Ma il mio amante mai, per a(pro tormento3che gli. fojfe dato 3 non voile con-
fejfar cofa alcuna3anfi, con forte animo , dicea di non effere di tanta fceleragm
confapeuole.Ture, effendoui manifefli inditi)3ch'egli era de congiurati, era com­
mune opinione 3 cb'egli anchora3Jinalmente, deueffe di mala mertemorire. Ei
tanto piu, quanto il rmo padre3come quegli, chauea la cofa per certa ,già leuata
gli hauea tutta la roba.Di quato dolore ciò mi fojfe3chiuquc3 veramete ama il puo
te ageuolmeteconofcerefenga cb'io il dica.Volgedomi aduquemolte cofe3 per I'ani­
mo venni in ferma opinione,cbe,s altro no mi deueffeperfuadere, cbe il mio amate
no fuffe decogiuratij!dmore3cb’egli mojlraua portarmi,& cbe io a molti fegni ba
uea moflrato di portare a lui,mi deuea fare ampiafede,clj egli di ciò non fojfe col-
peuole,Terciò moffa da quejlo penfiero ,mi dcliberai,di proporre la vita fua a tut-
te le altre cofe del mondo.Onde iogli feci dire, per acconcia via , dafidata perfo-
na3che s'egli voleua effere mio marito, coniio defideraua di ejferefua moglie 3 mi
daua il core di trarlo faluo di prigione;egli mi fece rijpondere, cb'altro non brama
ua3& chela duraprigionc, o lapaura della morte 3 la quale fi vedeua auantigli I .
occbi , tanto non laffligeua 3 quanto egli vedeua , cliera per perder me, colla fua
vita.lo mifera, a cui leuato hauea lo ingegno il troppo amore, a tali parole diedi
quellafede, cbe ft dee dare a detti de leali, & fedeli amanti, giudicando dal mio
I'animo fuo; & cofi, corrotti iguardiani della prigione, con qftantita di moneta s
po/i
A G li H ecatom m ith i. 51
ioft in liberta l''amante mio3& 3fattami da lui fpofare , pigliato tanto di quello di
miopadre , quanto forfe non ualea quello del mio Marito , che gli era flato tolto,
ç>r quatito ioforfe non baurei bauuto per mia dote, infteme con lui me ne fuggi,et
perche non ci parea d’effer ficuri in luogo alamo d'Italia,delibcrammo andarcene
in Francia,& mutatici habito, & nome,accomatcmi le cbiomefin guifa di ragag^
Zp veflita , ambidue ne pigliammo il camino verfo Marfilia, F t, quantunque a
me,alleuata nelle dclitie fignorili, fofje duro I andar con tanto difagio , quanto io
foflenni nel lungo viaggio, nondimeno I'amor grandey cb'io portaua al mio marito,
mifacea piu facili I'erte dc i monti cb'ad altri nonfono i pin deletteuolipiani.Giun
A * . ti y che fummo in Marfilia s per andare indi in Francia3parue a mio Marito y cbe
ci fleffimo quattroyO fei mefi fu I’hoft aria , per attendere yfe forfe ne perueniffe a,
gli orecchi, che fi haueffes doppo la nofira partita, fat to ,0 detto mio padre . Io
infelice, cbegiâ era fatta cieca,& cbe pin toflo baurei penfato, cbefoffe mancato
il Soledi dar la luce,cbe il mio Marito della fede,non temendo d'inganno, fui con-
tenta di quanto a lui piacquc. Stati adunque , cbe fummo fu I'bojlena alquanti
mefiylo sleale Marito 3 dimenticatofi ognipiacere, che fatto iogli bauejfi, & po-
ftoin oblio I'amor fmgolar, elfiogli portaua , veggendomi vna notte profonda-
mente fommerfa nel fonno}tolfe ciò3che io bauea meco dipregio 3 & tacitamente,
fe ne fuggi3& me lafciò ( Vedete, cbefir anoguidcrdone io bebbi della mia fede)
pegno airhofle per vinticinque fiorini d'oro, cbe debitori gli erauamo3 per le fpefe
da lui fa tte d . Deb perche non mi vccife egli prima3cbe cofi lafeiarmi ? cbe , mo-
rendo per le fue mam 3nelfonno}mi farei morta felice, Ma credo, cbe ad huomo
di fi vile animo non diedeil core di fare 3fi nobile atto. Io la mattina rifuegliata,
,gittatf Ic bracciaper lo letto, & non vi ritrouando lui , mi leuai fubito , & veg-
gendo la camera vo ta , cbiamail'bofle3 & gli addimandaiyche ciò ft volefje dire.
F.gli mi riffofcyche colui,clfera cpn mecofe ii era partito ,<& gli mi bauea lafiiato,
per vinticinque fiorini d'oro,pegnoper 1'auanTo delle (f>efe3cb'egli ad ambi noi bar
I >v uea fatte . Non sò,Licio 3 come allbora 3 dei tutto morta3 non mi cadeffi 3 tanto fit
il dolore, cbe il core mi traffiff?. Ma i pianti, i lamenti, le grida furono grandi 3
Ft veggendomi mimico il padre, per baucr faluato colui, clfabbandonata mi ha-
ueua, & che io credeua, cbe deiftffe effere ilfoftegno della mia vita 3fol la morte
bramaua,per rimedio de miei mali . Ma veggendo io 3 cbe nulla migiouaua chia-
marla,& ch'ella tanto piu fi allontana da i miferi, quanto effi con maggior defide-
vio la cbiamano ; &>cbe il molto dolermi nulla leuaua del mio male : porftall'bo-
fle affettuofiprcgbi,percb'egli haueffe pietà di me , & cbenon voleffe flratiarmi,
L 0 pormi a fare mercatantia dei corpo mio . Ma , cbe piü toflo mi teneffe per febia-
ua,ch’io non era per fuggire forte alcuna di fatica , pure cbefalua l'boneft â mia,
■eglifi contentaffe cbe io il feruiffi.Ma cbe mi val'fero,mifera mc, le lagrime, & le
preghiere , & il voler farmi febiaua a coft vilperfonafllaurci ritrouatopiu mol­
le vn Diamante, che non ritrouai lui. Impcroche mi rifpofe, clfcgli era bofleper
gttadagnare;& cbeil tener,per falucgga del(bonefla m a,vinticinque fiorini d'oro
fopra me 3 non era a lui d'vtile alcuno; & alfine mi diJ]c3clfio mi difponejfi a com-
* G 3
D e l l ’I n t r o d v t t i o n e
piaccre di me, a chi era a grado a lui, perche,cfJ'endo io d'altra voglia, per rifca-4
tame fubito il fuo, mi vendcrcbbe,ad alcunc Calee di Mori,che indi poco lontane'
ft ritrouauano; queflc parole mi traffijfero il core, & flando inforfe di me mede-
fima, non fapcua, che mi fare, Io non ardiua di palefirmi'all'bofte, per rifpetto
del bando, che mi era venuto alle oreccbie,percbe il padre mio baueua promeffo,
di dare died milla fiorini d'oro, a chi gli mi daua morta nelle mam, & vinti a chi
gli mi daua viua.Non volcua confentirejo mifera al mio dishonore,parendomi di
fare grauifjimo oltraggio non folo a me, ma (t tutto il nobile fangue mio. Mentre,
che quefli penfieri mi andauan per la mente,I'bofle, con mat v\fo,& con fiera vo
ce,mi fife incontro & mi diffe, Buona Donna, per me non fa di flare a bada , ap-
PH
pigliati a qual tu vuoi de due partiti,che ti ho detti,& non i(perare,cb'altro ejfer
poff'a di te. Veggendo io, Meffer Licio,la mifera conditione , nclla quale io mi ri- \
trouaua,per lo mio meglio, mi eleffi flarmi con I'bofle, & piu toflo iui fare il fuo
piacer e, ch'effere ifehiaua in Galea, tr a genti difedc nemicaalla nofir a, one perb
la mia boneflà nonfarebbe flata falua . Haucndo adunque , in quefla mia grane
miferia, eletto de flarmi, con I'bofle, mifu bifogno bora a queflo,& bora quell'd
tro fecondo il piacere dell'hofle, dare dishoneflo piacere del corpo mio, con tanto
mio dolore, con quanto nolpotrei con mille Ungue narrare: & mille volte io ma-
ledi la giouanegga mia, & mi dcfideraipiu fog&t di qualunque veccbia vigga,
& rancia. Taffato vn mefe,auenne,che vn Signore Francefe a quella hofleriapcr
uenne, & feruendogli io, mentre egli mangiaua , cofi s'inuaghi di m e, che voile,
cb'io, con licen%a dell'boLie, mi dormiffi quella notte con lui. Io andataui, & pa■
rendom\,cb'egli gentilhuomo,& cortefffimo foffe, & che fi confaccffe molto be­
ne con I'eta mia, tacendo di cbe progenie io foffi, gli raccontai gli affanni mici,&
la mia mifera, & infelice feiagura, & il pregai, ch'egli ,per la fua nobilia , &
per quel defio,che ne' primi congiungimenti, era in me nato di lu i, mi volcffe da
cofi foTgga vita leuare; il cortefe huqmo , moffoa pietà di me, mi chiefe all’boile,
& pagatogli quello, in che ft conuennero infieme, mi condufje a Tarigi, di cib mi
tenni io molto contenta, & ne refigratie a Iddio con tutto il core . Ma non effen-
do fatia la Fortuna di bauermi, inftno allhora, cofi fieramente trattata,fe , cbe in
quefla mia nuoua allegreiga, mi auenne quello, cbe ft fuol dire il prouerbio, cbe
vfeendo della padella,me ne caddi nelle bragie,Nonperche-il Gentilhuomo non mi
teneffe fede, ma, perche egli mi diè piu del Francefe,che di meflier o non mi era,
Ter cbe, in poco meno di vnanno, tutta mi ritrouai impiagata,ccn tante doglie,
che non era in me altro difano, cbe la mente, la quale mi credo , che la rea forte
mi baueffe ne fuoi termini lafeiata; perche,confiderando piu d’hora in bora la mia I
mifera conditione, piü fempre, da me ntedefwia, mi affligejji, & maggiormen-
te mi tormentafji . Non reftò perb il Gentilhuomo, con ogni poffibile argomento,
di cercare, cbe mi foffe renduta la fanitd mia. Ter che, cbiamati deprimi mediei
di Francia, mifeft diligentemente curare , che anchora , cbe del tutto non mi fa *
naffero fTerchefempre fono flata in qualcbe parte, cagioneuole della perfona)
mi riduffero nondimeno nel termine, che mi vedete, & me ne flo ftcura , che fe
A G li H ecatom m ithi. $1
hton mi fi foffe oppofla di nuouo la rca Fortuna , la quale pur tutta via per fuo
J giuocdmi haueua eletta,egli mi haurebbeproueduto di maniera,cbe non mi fareb
be flato bifogno pormi in mano altrui, per viucrmi. Ma appena io mi fui del let
to leuata , cb'egli, fopraprefo dagrauijjima infirmità, vi fi pofe ; & indi a poebi
giorni , occupato da fubita morte fenga poter dir parola muna , / e ne pafsò a pin
^ felice vita, nè altro bebbi io del fito, cbe il male,che nclla perfona mi rimafe^er-
che,lui morto fi fuoi parenti,ch’erano pcggiori, cbe cani arrabbiat\,via mi fcaccia
rono, come s'iofofji flata loro ribella . Ter la qual cofa ritrouandomi io iui femi-
to WA,fola3pouera, inferma, abbandonata da ognuno , fenga alcuna (peranga di am
toy per non mi morir della fam e, mi diedi ad vno fcbolare Italiano , cbe in Tari-
% gift ritrouanay & era per partirfi per I talia,& raccomandandoglimi il pregai,
a volermi menar feco , <& tormiy dalla gente di quella cafa barbara, & crude­
le ; Tarendomiy cbefotto quel Cielo, fotto il quale io era nata , quantunque fiera
mifoffe la forte,la deueffi nondimeno mengrauefoflenere. Totraui Meffer Licio
baftare, quanto ft ê , inf no a qui, da me detto delle miferie mie ,nèio dcurei piu
oltre ftendermi 3 come colei3 cbe mi deurei vergognare, di andarmi rauolgendo
per le vergogne m ie. Ma pofeia , cbe tanto oltre fon proceduta , & vei colui mi
parete3alquale mi debba tutta dimoflrare, non reflerò di narrarui il rimanen-
te delle graui feiagure m ie, acciocbe pojjiate vedere3 cbe quando la fortuna ft dà
ad afjdlire vna perfona mifera , ellamainon ceffa yinftn cbe nonne ba hauuta
intiera vittoria. Lo Scolare adunque mi conduffe in Tadoua 3 oue bora fono , &
non piufedcle amante mi fuy cbe mi foffe flato il primo leal marito . Tercbe,ft-
v tio cb'egli ftfu di me3 toltomi quel poco , cb'io haueua 3 cb'era ben poco, qui mat
fana3 & in eflrema pouertà fola mi lafeio . Oue pot, per non morirmi in fommo
difagio, fono flata coflretta a far foggo guadagno di me medefima3con quefo dif-
bonefto modoy cbe voi vedete . Cofi io3mifera me3 cbe attefa la qualità del mio
legnaggioypoteua effere vna delle piu nobili, delle piu riccbe 3 & forfe delle piu
felici dome dell'Italia, in pouertà, in miferia, in ignominia fon viffa 3 & vino in-
fno ad bora. Ft conofco cbe di tutto ciò è flato cagione, il non bauere voluto fe-
guire il volere del Tadre mio3(come era ilgiufloj & il mio cieco amore3 & I'al­
trui poca fede . St vi giuro, per quello amore fingolare, cb'io vi porto, cbe mille
volte,& piu, meco mi fon doluta d'effere fa ta coflretta ad vfare cofi danncuole
arte, & a complacere di me certi nobili giouaniyveggendoycb'efji ft poneano a ri-
febio de incappare nel male, in cb'io mi ritrouo. Ma perche, infino ad bora , non
ne bo amato alamo di core, non ve ne bauendo alcuno,cb'io babbia conofciuto,che
veramente mi ami, non mi fon meffa a rifebio (fatiagià di prouar la fede degli
huomini) di palefire ad alamo quello >cbe a voi bora bo palefato,tcncndo per ccr
* tOychcfe altri baueffe fiputo, qual fi foffe la perfona mia , farei flata da ognuno,
& degnamente rijiutata . Hauete intefo Meffer Licio, inftemc colla miferia mia,
la cagione^percbc tolta mi vi fono infino ad bora , & da voi potete ageuolmente
hoggimai conofcere quello,cbe da principio vi diffi, cbe non altro,cbc I'amor,cb'io
* vi porto)& la cohpajjionc, cb'io ho hauuta di vo i, mi vi ha fatta moflrar tale,
* G ^
D ell'In t r o d v t t i o n e
quale mi vl fono moflrata , Horn fe v i bifogna piu efprcffo ftgno dell'amor m h l
verfo vo'i, di quello,c'bancte baunto, &■ vogliatc, chc cid fia I’cffcrc con ejjo me*\
co, tutta fono pronta a compiacerui. Ma bene vi configlio , angi, v i prego ,pct
quello amorc fincero, che io vi porto, per quello,cbe voi moilrate a me porta*
re, che voi nonfiate mono a voi flejjb pietofo,cbe io flata vi fla ,& contentandoui
cbabbiate baunto infino a qui da me, quanto ficuramente bauete baunto, tanto di
voi vi caglia, chc pin oltrc non ccrcbiatc. 0 immenfa, & ineffabile cortefia, non
da meretrice nò,ma da nobilijfima Donna; vorrei conofcermi ta le , cb’io potejfi la
feiare di fi nobile atto degna memoria . Se di tali cortefie ft ritrouajfero, nelle li­
tre, baurcbbono,pcr auentura, fnggiti i biafimi, cboggi, & non fenga cagionc,
lor fi[on dati . ll Giouane, cbe attcntifji mamente tutta quefla bifloria baucua a-
fcoltata , & per gran pitta ,cb'cgli della Giouane, baueua bauuta, mentre elk
lagrimando parlaua , pin volte, colie lagrime fugli occbi, con lei ft era doluto,
finito cb'ella hebbe di ragionare , egli la rengratio affai dell’'amoreuole fegno,
cticlla moflratogli baucua; & le diffc, cbe da lei non glipoteua effer dato mag•
gfiore argomento di cjfcre altamcnte nata,cbe quefla fua fomma cortefia.St appref
fo efficaccmente la prego, cbe fe ella conofceua cofa in lui,di cbe valere fi poteffe,
non nefaceffe rifpiarmo,ctiegli era preflo di (pendere & I’bauere, & la vita in
fuo feruigio. Melina,cbe in lungo traflullo della fortuna, infino allbora, era flata,
penfandoycke fofle venuto il fine delle fue rnifcrie,&parendole che il Giouane di
core le ftfoffe offerto, & per ciò ella ft poteffe promettere ogni cofa di lui, cbe ad
vtile,<& ad honore le deueffe cfferc,fortcpiangcndo,gUfigittòapicdi,et cofi dif-
fe.McJfer Licio, tantoflo cb’io vi vidi,et cbe Mrnanti diuenimmo,mi panic,cbe Id
dio navi baueffc mandato inangi,per foleuamento delle miferie mic, & perccrto
fine delle mie angofcie.Et mi banno pofeia confirmata in quefla opinione le largbe
& amcreuoli proferte ,cbora fatte mi bauete, confomma dimotlratione di vera­
ce amore. La onde è auemto,cbe l’amore, il quale come a fcdelifjimo amante, vi
portaua,c hoggi a tal condutto,chc comefratello vi amo, & ardifeo di ebiederui ,v's'»'*3k
aiutOyin queflo mio eflremo flato,nel quale io mi ritrouo.Hauendo voi dunque po
tuto cor,oflere dal parlar mio quello,cbe a tuttigli altri infmo ad hora,mi fon fem
pre ingegnata di nafcondere,et quanto io fla flata indegnamente trattata,et quan
to contra mia voglia io mi tenga quesla vita,per quella fferanga, cbe la nobilta
voflrx,& voflxre virtubanno in me deflata: vi pr ego, di gratia in fingolarpia
ccre,cbe vi piaccia porgermi conflglio,et aiuto tale,cbe da quefla biaftmeuçle vi
ta,nella quale già died anni fon flata, leuar m ipojfi,& viucrmi.Jenon nobilmcn
te,come baurei fatto, fe la mia fciagura, & gli auerfirij Fati non mi haueffero a
i
ciò condotta ,almenofuori d el puggo delia clishoncftx , per inangi boneFtamente
mi viua. Deb fatte,viprego, cbefe Caltrui infideltà , & I’altrui poco amore, mi
hxnno fatta la pin mifera,& la pin infelice donna, del mondo , bora la voflra fe­
de, alia quale mi fono,con tanta fperanga, affidata, mi confoli f i , cbe come vi bo
eletto per porto della rniafalute,cofl per voflro megp la mi ritroui, che non pure
farcte cofa lodeuole appreffo Iddio, & apprefjo cbiunque il flxprà, ma di tanto
1 obligo
O-
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A G li H ecatom m ithi. ’ 5 ?
obligo mi vi flringeretc, che non folo mi conofcerò hauere bauuto da voi Ibonore,
■z/ii,?iftejja; & a voi,doppo lddio,vie piu,che a neffuno altro,mi terra eter
namcnte obligata.Üiiíbora il Giouane,da interna pictà commoffo, le diffc , che il
meglio}ctiellapotejje fare ,firebbe proitar la pietà del padre fuo,cbe gli errori de
figliuoli non rompono pcrò cofi lo Tlretto legame del fangue, & della natura, che
è fra padre eir figliuolo,cbe alia fine non poffa piu I'amore%cbe qualunque oltrag-
g ib . Diffe Melina, Ml padre mio, Mejjer Licio, quando pure egli fofje viuo,non
ardirei mai di moftrarmi, non tanto per I'oltraggio, cb'iogli feci, quanto per la.
vita,c ho tenuta . Ma egli fe ne morite primay clfio ritornaffi io Italiay & lafcib
2 * » , fuo berede,&fucceffore vnfuo nipote, alquale egli comife y cbe fe mat fentiffe di
me nouellay quantunque io andaffi mille fiate a cbiedergli perdono y non mi acco-
glieffe mai, nè mai mercede alcuna mi vfaffe, ma lafciandomi la vita , la quale
egli mi donauaymi fcacciaffe, come nemica, di tutto lo flato fuo . Et quando altri-
mente faceffefil priuaua della Signoria, & lafciana tutto il fuo alio Imperatore,
perche altri non gli era rimafo del paretado noflro,morti gli duofigliuoli mafcbi,
cbe queflo fuo nipote. 11 quale , quantunque babbia Japuto me effer viua,& nel
la infelice, e*r mala vita,cl) io fono y o per la commiffione delTauolo 3 temendo di
non perdere la heredità y o per auaritia ( il che piu tofto mi fi lafcia credere) mai
non fi è moffo a pietà di meyft che non è piu da penfarey cbe da miei mi fta per ve­
nire mai bene alcuno. Licio allhora meglio èy diffe, che vipigliate marito, Ter-
che, effendo già died anni,che del voflro slealefpofb non bauete bauuta nouella >
fete, come hò vditodirey ridottaycome primay in liberta. Queflo non credo iogia,
cbe fta veroymayquando vero foJfeynon piaccia a Iddio,diffe la Donnaycbe queslo
io faceia mai. Si perche, effendo inferma della vita, come fono, & rendendone to.
le il mio marito, quale iofono,non folamente, non mi piglierei folleuamento alle
miferie, ma vie piu grani le farei, ft perche tanto male mi ê auemto dall'effermi
maritata , cbe piu non mi voglio porre a fare in cib proua della fortuna . Ter la
qual cofagià fada del mondo ,fono inpenfiero di farm Monaca , & in feruigio
d'Iddio, in amenda de commeffi errori, finire tutti igiorni m iei: cofa che fatta
io baureigià mold anni, fe haueffi cofi ritrouata perfona, della quale mi foffifi-
dat\t, come di voi mifido . Ifon mi conofcendo adunquefoffidente da me, a com-
^ pire queflo mio boneflo deftderio,fenon fono aiutata da voi; vi prego , di quinci
leuarmi ,percbe, effendo io qui conofduta, per ta le , quale il mio acerbo deftino
mi bà fatta effere, non trouerei monailero, cbe mi pigliaffe. Et oltre cib, voglio,
cbe vipiaccia,di dire là, oue mi condurrete,c\no fono voflra forella, & cofi, piu
* ageuolmente, mi vend fatto quel, cb'io, ad honeflamente viuere, vie p iu , che
qualunque altra cofa, defidero. Lido, in cofi boneflo defiderio, non le voile ve-
nir meno, angi,datale lafede, di tanto fare, quanto ellagli hauea cbieilo; le fe­
ce ridurre tutto il fuo in danari, & tolte con effo lui due Donne veccbie in com-
pagnia, a piacenga la conduffe; iui, dicendo , cb’ella gli era forella, fe dili-
gcnga di porla in vn fanto, & ricco Monafierio , & diffe alle donne, cb'effendo
la Giouane alqudnto difagiata della perfona, per male , cb'ella hauea prefo dal
latte
«M
Üãã
D e l l ’I n t r o d v t t i o n e
latte della Balia, infen nelle fafcic , egli vole a dare loro mille & cinquecento fw
rim d'oro ( che tanti fen erano tratti di quel, chauea vcnduto Melina) accioche, ■
fenga difagio del monaftero, file nepotcjfcro fouenire a fuoi bifogni. Lefante Don
nc, dlmandata la Giouane del fuo volere , & trouatala ben dijfeofla a quanto di-
ccua Licio ytratte della quantitd del danaio , & dalbuon voler della giouane,
tra loro amoreuolmente l’accettarono,oue ella tutto il rimanente della feta vita fern
t ament e ft viffe . Nè il giouane mai, mentre ella vijfe, ft vide fatio, in quanto
per luifepotè,di farle placere.
0

N O N fu alcuno , che, vdita la infelicita di Melina , non leportaffe compaf- 3&V


fionegrandiffima , & non biafemaffefopr amodo lo infedel fuo marito.Toi, che nè
I'alto legnaggio della Donna , nè la feua belleopga, nè la giouane età , nè I'haucrla
Imgamente amata , nè I'iHejfa vita da lei in dono hauuta , nèfinalmente la fede
del matrimonio 3 col me%o della quale gli s'era la mefeebina legata , baueanpo-
tuto rimouer lui, da fare cofi vile atto; vero è che fu detto3cbe rade vo lte, o non
m ai, ft vede felice auenimento in quelle cofe , le quali fon fatteda figliuoli, in
oltraggio de padri loro. Ma 3pofcia cbe fopra ciò ft fu alquanto ragionato, dif-
fe Flauio, certo, Lucio 3bene dicefle, che non uoleuate, cbe alcuno pigliajfc ar-
gomento dal voHro ragionamento dijermarft nellafeua opinione,pero cbe vi cono-
feeua te deuer ragionare di Donna, che pm giufeamente Reina dcuca eff:re 3 cbe
tale quale la fece effere la inf delta di quel malliaggfio. Ter che ebiararnente ba-
uete moHrato , cbe nè la poca fede dell’infedele htíomo, nè argomento alcuno di
ncmica fortuna3potè far cofi tnutarc animo alia infelice Donna3 che, quando foc-
cafion le feojferfe 3 ella non dejfe fegno manifeflo , della feua nobil mentc , Con­
fer mo ognuno il pariare di Flauio. Ma Tontio diffe3 non mi voglio io opporrea
queUa vera fentenga , che troppo è vero,cbe la nobiltà delíanimo altrui, è mag-
giorc di tuttiglisforzj della fortuna:ma ft pub ben dire 3 che la nouella di Licio hà
piü toílo moflrati i danni, cbe fono auemti a Melina , ctiella ad alcuno di danno
fia mai flata . Come non è ella Flata di danno a molti ? dijfe Mulo , bauete male
aucrtito cib ch'ella dijfe a Licio ; eJr qui voleua Mulo entrare in contcfa con Ton­
tio . Quando Flauio, dijfe, non vi auedete voi 3che il Sole ègtà tanto declinato,
chefon diuenute rojfe le parti delioccidente? però è tempo di por fine al queflion
re. St mi parerebbe3quando pero anco a gli altri cofi paia3che collafoauita di qual
che canzone 3 fi raddolcijfe i'amaro 3 cbe ci banno lafeciati nell'animo i miferi caji
della Melina 3 & con tal recreatione ce ne andajjimo inftno al porto, oueè gid la
barca gionta, dalla quale ci dipartimo. Mllbora tutta la brigata dijfe, che cofeft
deuea fare, come Flauio bauea detto. Ma ejfendo nata difeuta, cbi deueffe effere
quegli, cbe canta(fe3fu finalmente detto3 cbe Fabio f offc qucgli 3 cbeimponeffe la
cam’ona a cbi piit gli piaceua . Et egli, volto verfo Flaminio , non f arete , dijfe,
ch'io non mipigli vendetta della ingmria , cbe mi facefle, quando volefle , cbe io
vecchio , & hoggtmal piu fecco legno , cbe verde prendtjji carico di ragionare
d'Mmore, & foffi ii primo, che ne faucllaffi. Tero voglio t cbe voi qucgli vi fla­
te, cbej
A G l I H e CATOMMITHT. 54
te , cbe , con vnci delle voflre cangoni ci conduciate al porto. Ricufaua con varie
ragioni Flaminio di cio fare,quando, voltatifi tutti i compagni verfo lu i, differo,
fe fojfc flato cofi atto Fabio alle cofe ã Elmore,come fete voi Flaminio,alle cango-
ni, non ft baurebbe egli recato a ingiuria , cbe Ibauefle fatto faneilare á.Amore.
Verb, fenga porui piu al niego di ciò,piacciaui di compiacerci cantando . Cantan­
do non giâ fon ioper compiacerui,ma fl bene plangendo,rifpofc egli,perche non bo
10 rime d'altra materia,che d'^Amore, le quali, infelici, <gr lagrimeuoli, portano
con effo loro la qualità dell'animo mio, rendendo teftimonio quanto io mi habbia
flmpre da doler di amore,per la duregga di colei,della quale egli mi ba fatto fog-
getto. La quale si lunga fchiera di dolori mi porge, cbe tutta dolore infoportabile
è lamia vita . Ft perciò,come io volentien mifono nel ragionar d’koggi tra voi
trappoflo,cofi bora haurei voluto , cbe mifofje flato lecito il tacermi, S? per non
noiarui col narrare le mie afflittioni,Si per non rinfrefcare in me,co verfl miei, la
memoria de i miei martiri. Ma pofcia,cbe cosi v iè a grado,cbe ft faccia,vinca la
riuerenga,ctiio fon tenuto di portare alia amiflà di cosi cart compagni, come voi
mi fete : &,ciò ditto , diè principio a quefla cangone ,•

Perche fi difacerba, Perfuggirmidalei, fuggirdalui?


Piangendo,l’aipra do glia , Laffo che fon ? che fui ?
A chi ha d’ogni gioir l’anima priua. Nullaè piu in medimio,
Dior quanto fia acerba , Senon la dogliagraue,& l’angofcia afpra,
La cagion che mi addoglia, Che d'hor’, in hor piii inafpra.
Et come, con la morte, amando io viua , Chi gode del mio duol,quanto è piu rio,
E t, con voces! viua , Et mi è piu cruda ognhora ,
Sfogherò il mio cordoglio , Perche non viua mai, nè mai mi mora.
Che fi vdiri per ogni luoco colto , Pena crudele, & dura ,
Et per qualunque incolto Cui non hebbe l’lnferno
Quanto a ragion d*Amor,laffo, mi doglio. In tutto il giro fuo fimil fra l’ombre,
Pofcia, che a si gran torto, Che fonoinquella ofeura
Son,mille volte il di,da vna rea morto . Stanza di pianto eterno
Amor dunque ringt ati Del fenfo d’efta vita l’alme fgombre,
Chiunque ha da lui pace, Nè cofa è che le ingombre
Io non, perche mi ha priuo d’ogni bene, Perche pena maggiore,
Poi chevuolchemiftrati Soffran, che fi conuenga a fpirti fciolti.
Vna fiera rapace, Ma a me non fono tolci
Senza hauer di mercê punto di fpene , Ifentimentihumani, ond’a tutt’hore y
Chele miegioiein penc Per mia fpietata forte,
In quel punto conuerfe Senza poter morir , prouo Ia morte.
L’empio, che ne’ begli occhi afeofo s’era, Quante volte mi dolfi
Di lei, c’hora è si fiera, Del Cielo,& delleStelle?
Et allhor si benigna !ami offerfe, Quante chiefi pietà, quante mercede? ,
Che me , a me fteffo tolfe , Quante la lingua fciolfi
Et quanto hauea di allegro , in dolor voile* A pregar leSorelle,
laffomenon mi accorfi Che fandi no?, noftromal grado, prede.
Prima effer di me fore , Che non teneffer fede
Che mi ccmobbi giunto in forza altrui. Alamiatrifta yita.
Per qual bofeo non corfi ? Ma troncafferoilfilo, onde ella pende?
Perqual folingohorrore? Ma Amor , che folo accende.
Che
T ell' I n t r o d v t t i o n e
Che fia la graue mia pena infinita , N on fon, non fon piu quegli , i
Le fa diuenir forde Ch’io mi dimoftro in vifta, \
A le mie voci.Sc del mio male ingordc . Che trasformato mi ha la Circe mil.
Felice chi il cor hane N è , perche, oime, rifucgli
D l adamantino finalto. Talhorl'anima triila,
Si, che non tema le coftui faette. A contcmplarquanto è crudele, Si ria
Q ueili hor non fpera hor paue , C oil ei, che cosi pia
Pei amorofo ailalto, Le parue, Sc cosi humile,
N è sè in oblio, per alcuno altro, mette Quãdo Amore,écro gli occhi fuoí riftrecco,
Le fue voglie riftretce Lo firalmi auentò in petto.
N on ha fotto altrui legge , Et mi fe hauer,per lei,me íleilo a vile,
N è fprezaa il meglio,&il fuo peggio chere. La poffofar men vaga
Qual mio poco fapere Di chi in vita mi tiene, e a mort'impiaga.
Andar mi fe fra le amorofe gregge? Coíi vopo mi è ieguir, per fier deilino.
Per viuermi mai fempre Chi del mio mal fi ride.
In cosi crude, & dolorofe tempre ? Et mi di mort’ognhor, nc mai m’ancide.
T E N D E F i A N O ancbora dalla bocca di Flaminio tutti i compagni, p m
th'egli,nel mojlrare di raccontare i fuoi amorofi affanni,baaeua il loro amaro,col
dolce delle fuc voci ft ben condito,che malagcuole era il conofcerefepiufojfc I'amo,
ro,cb'egli fingeua, effer cagion della fua doglia , o la dolcegga delle fuc cantate ri­
me . Quando Sempronio difje, vi doletc, Flaminio, a torto della Donna vofira ,
Tercbeso io, che tutto quello,cbepuote baucre vno fpirito gentile,da bclla,& bo-
neiia giouanc, I'bauete voi dalla vcflra, cofi bonefliffima, come bcUifjima, & fe
forfe la fua boneflà vi c cagione di queili ramaricbi], è,cbe troppo ardente appe­
tito vi fa piu bramar e di quello, cbe 1’boneflâ altrui, vi puo dare; & fe ciò a co­
fi dolerui vi mena , dolctcui di v o i , cbe non fapete amare, er non fapete a quai
termini contenti fi fiianogli honcfli amanti. Korrete anco voi ílarui, rifpofeFla-, ... fl
minio , fu fogni di Fabio , volendo , che gli amanti fi pafebino di vento , .Altro ci
vuole y Sempronio, ad ejlinguere ardente fiamma in accefo core; v o i, che feli-
cernente vipoffedetecbi amauate,non credetegli affanni a cbi languc,& con que-
fte amoreuoli,& matteggicuoli parole arrinarono a Talamonc, ouegià eragion-
ta Faltra brigata, & tuttiinfieme, fe nandorono alquanto per diletteuoli luo-
gbi a diporto; & effendol'bora della cena, apprefiate le tauole , fi pofern a man-
giare con gli altri nobili di quel luogofi quali già erano flati auifxti, della loro ve­
nata, <$r non haueuano trallafciata cofa alama, cbe loro fuffepamta atta ad ac-
corgli borreuolmente.Et entrati, doppo cena,in vari ragionamenti, le donne, cbe
nclla prima naue eran rimafe, vollcro fiperc come i giouani baueffinofebifata let
noia di quelgiorno, poi cbe erano flati priui dcloro vfati piae eri,cbe foleano ba-
uere in terra:& intendendo, cbaucano pajjato il tempo nouellando , Diffe Liuiet>
Ter mia f e , cbe molto meglio bauete voi fatto,che noi,cbe ci fiamo flate tutt'hog-
gi come melenfe, & fonnaccbiofe , f i , cbe non ci c maiparuto , cbe fia venuta la
fera , tanto ci è Flato incrcfcieuolc qucflogiorno. Ma, fe qucflc mie compagne, &
quefli altri nofiri buomini far anno dei parere mio , non vi lafcieremo dimane par­
tir da noi, & ci piglieremo anebe noipiacerc dc voflri ragionamenti, Furono le
dtregiouani, & gli buomini altresi, del parere di Liiita , & fu concbiufo, cbe
A G li H eca to m m ith i. $$
Jil fcguente giorno, doppo deftnare fi ragionaffe di qualcbe dilctteuole materia,cbe
***** porgeffe ad ognuno vtile3con bonefio dilctto . Fatta quefla conclufione diffe Ton-
tio , ftamo ben contenti, Madonna Lima 3 che cofi fia : ma vogliamo anco 3 cbe
\ voi coüe voflre compagne, ci aiutiate a nouelXarc. Sete tutte o maritate 3 o ve-
doue , & tu tte, come noi, giouani, & anoi cbimoglie , & chi per fanguini-
i • V tà congiunte , però non fie difdiceuole , che, a parenti, & a mariti vofiri Ic-
*
uiate parte di quefla fatica. Troppi faremmo 3 diffe Liuia, fetu ttiin vngior-
no haueffimo a fauellare, & vngiornononcibaflerebbe 3 Terò mi par bene,
^ ** cbe voi vi fiate quelli, cbe coft dimane a not, come hoggi tra voi 3 ci nonelliate.
perche non voi tutte , Liuia f*<& noi taciamo , rijpofe Flaminio . Quiui cor-
jt#** fono piaceuoli parole affai , fraigiouani , & fra le giouani, Ma chiefero i pi it
maturi3cbe tra quefla compagnia erano3chi ilgiorno paffito era flato fra gioua­
ni lor capo, Bjffofero tutti, ad vna voce3Fabio,differo effi, quegli ft fia3anco egli
CQ che quefla queflione finifea. Confenti ognuno,cbe coft foffe 3Ft Fabio3 rengratiati
Cl igentilbuomini dell'honor fattogli 3 d’iff'e; Sono qm Horatia, Liuia , Tortia, Vir­
u ginia , Celia ,Fuluia , Giulia,Lucretia, Camilla, & Cornelia 3 lequali fono died
fi- honeftiffime,& cortefifflme Giouani, & fonui altri tanti giouani, annouerandoni
t3 me (cbe p o i, ch'effi la lor mercê nel loro numero mi banno poflo , non mi vo-
0- glio vergognar diflarmmi ( cinque di quelle3& cinque di quefli diman ragionera
fe no , & I'altra parte ft flara ad vdire.L'altro giorno, pofeia 3 coloro , ebauranno
c- afcoltato ragi oneranno,& coft ( piacendo però queflo ordine a gli altri) infin cbe
0- faremo , giunti al fine del viaggio,fi nouellerâ.Et coft ft faceia, diffe tutta la briga
ai t a , Ma chi banno ad effere coloro,foggiunfe Giulia, che coft da vna parte, come
a-._, |j aWaltra diano di giorno in giorno , principio al nouellare, & ad ordmatamente
ci feguire f ditelci,Fabio3acciò cha fappiamo come,per innangi, ci habbiamo a regge
>i- re.Dicida pur queflo altri3 rijpofe Fabio, Non ne lafeiate in queflo difordine, re­
e- plico Giulia,cb'effcndo voiftato eletto da quefli noflri Tadri,per componitore del-
n- le diference nofire, nonfenga pregiudicio deWhonor voftro, potrefle coft lafciar-
o- c i . Ho giâ finito I’ufficio da loro impoflomi 3 diffe Fabio, però faccia quefla par­
n- te vnaltro. DehFabio , differo allhora que maturi huomini, con certiffimo fem-
e- biante, compiacete Giulia ,ft perche ella il vale ,fi anco, perche a noifarete co-
:c- fa grata; farò quanto vi piace 3 rijpofe egli,poi che tutti di tale animo fete 3 Ma
be perche niuno ft habbia a doler di me,voglio che fe ne traggano leforti; T raggan-
U f i , rifpofero tu tti: & , do detto ,fifcriffero i norm de Giouani & ddlc Giouani
a- altrefi,& fi pofero tutti in vn vafello : & chiamato vn fanciullo , che gli trahef-
d> fe,Furon tratti con queflo ordine.Quintoprimiero nvfci 3poi MaJJimo, doppo lui
Horatia , la quarta fü Liuia,& il quinto Sempronio, & a Semproniofegui Tor­
S"
u tia , il fettimo fu Curtio, I’ottaua Virginia, la nona Celia, il decimo Flauio .
Trattine quefli diece , Fabio fefermare il fanciullo, & diffe, dimane quefli died
\ Y
r- , > ragioneranqp , fecondo I'ordinc, che loro hà dato la forte , il quale fi feguird arr­
le eo per I'anenire nelle materie3 che faranno propofle . Et 3 queflo detto , impofe al
be fanciullo 3 cbe feguijfe a trarne gli a ltri, acciòchegli altri gfiorni, fen%a trap-
* p o n tif f

%
D ell’In trodvttione
i'f outfit qucftione alcuna , tranquillamente , ft deffc principio al ragiomre. Ú
fanciullo ub'idicnte , pofta la mano ncl vafcllo, Tr affe prima Giulia, poi LuX
cio , dictro a Lucio vcnnc .Aulo , doppo ^Aulo Vontio , poi Fuluia , /èew
/e; Lucretia , doppo vfci Cornelia , & pofcia Flaminio ,lui fegui Camilla ,&
Vvltimo fu Fabio . 11 qual diffe , bene ijlà ccrto , cbe , poi cbe , nel ragionamen•
to pajjato , mi comtenne effere il primo, non pure dirnan mi taccia , ma anco I'vi­
tima, volta mitoccbi ncll'altro giorno. Siragionerà adunquedi mano , in ma­
no > infino al fine del noslro viaggio , fecondo I''ordine, cbe ci hà dato la forte,
F t, pofcia cbe coft bebbe detto Fabio, ft credette cbe nulla piugli deueffe effert
impoflo. jQitando i Giouani, fatti vagbi dell'cjfcre retti da lu i, gli differo, Fa- <
bio , il voflro fapere fa , cbe tutti di commune confentimento vogliamo , checi
fiate fempre capo in qneflo noflro viaggio, & tutti non altrimente vbidir vi vo­
gliamo , cbe fe noflrollevifoHc yperòvi pregbiamo ad efferci cortcfedi quan­
to viebiedemo. Nonvoleua accettare Fabio quefto pcfo, Ma , furono tanti i
pregbide Giouani, & dellc Giouani parimente , & de gli a ltri , cb'egli accon-
fenti a quanto lor piacque. St refc lor moltcgratie , cbe I'hauejfcro tenuto degno
di queflo honore. Stando le cofe in talguifa, diffe Flaminio , vi fete dimcnticato,
Fabio, di porre ordine alie cangoni. Tercbepoi, cbe paruebicri cofa conuencuo-
l e , cb'alfine del ragionamento,fe ne diceffe vn a: ml pare anco,cbegli altri gior-
ni nonft debbano rimanere fen%a queflo honore,ejfendo (pccialmente qui queflem
fire gcntUijfime giouani, maeflre di canto, comefapctc. Cibcffate, Flaminio,
differo le Giouani, conofcendoni eccellente in quell a arte. 7sJon vi beffo , per mix
fc, riffofe egli, ma dico veramente quello,cbe anebe voi fapete, cbe cofi è, ma la
modejlia voflra vi fa coft dire; Fabio allhora,ordinò cbe ft faceffe,come bauea del
to Flaminio, & cbiedendo ognuno dell'ordine,che ft baue/fe da tenere; diffe cgliy
cbe di giorno ingiorno importebbe le canxpm, come gli parejfe meglio. St efjen­
do rimafo ogmno contento di queflofuo volere , moltifi erano leuati per andarft a
dormire. Quando .Aulo diffe, molto male è , ch'effendo anchova nonmolto di not-
t e , alcuna dtquefle giouani con qualcbefua canxpnetta non ci confoli prima , che
di qui ci partiamo. Male è certo , diffe Fabio , Et quindi volto a Virginia , vo-
glio , diffe,che voi quella vi fiate, cbe ci f acciate quefla gratia . Si per la dolceX,;
%a della voce voflra,come per la qualità delle cofie, che fiolctc cantare. 7 sJon co­
me tale, quale voi mi tenete, diffe ella, ma come vbidiente, non mancherb di
comptacerui; Voi che , baucte voluto , cb'io fia la prima , cbe conofca la voslra
fignoria. Ma vi prego anch'io,cbe mi fita fatta gratia, cbe Flaminio mentre io can
tero,accordi la viuuola fua colla mia voce,accio,che egli colla foauitâ del fuo fuo-
no, fopplifea a quanto manchera la voce mia. Lfongià per queflo , diffe Fa-
bio , cbe v o i , da voifleffa ,fete troppo atta a fodisfarci, Ma perche come com­
placete voi noi,cofi voglio , cbe voi fiate compiaciuta. Verb farete contento, Fla­
minio , difonare, mentre cb’ella,con foauc voce, ccrcbera di delettarci. Flami­
nio , preflo ad vbidire accordb la viuuola, cr pofiofi a fonare. Virginia, con dol-
ciffima voce,coft cominciò :
Vorrei
A G li H e c a t o m m i t h i , 56
orrei la voce alzar tanto, & Io ftile , Hor ho piacer si raro *
'4- Che quel, die in me s’indonna Che di dcglia prouar piu non pauento.
\ Piacer, quinci fi vdifie in ogni parte. Non credo io, g ii, che quanto al módopiace
!« Si che fapefle ognun quanto mi è grato . ( Pur che il vero fi fcerna )
'? Chi face al fragii mio ferma colonna. L’ardore agguagli d’amorofa fiamma,
n- Ma, pofciache 1’humile Che defli in cor gentil cafto defire,
l. Mia voce non può gir di parce,in parte, Perch’indiegli ha diktto,e gioiaeterna
A Sappiailmio dolce ftato Duce è ala veta pace
a- Qualunque viue q u i, fpirto gentile. A m or/e de l’honefto alert t’infiamma ,
e. Come m’ingombro ileor doglia, Sctormeco Et bene il pofs’io dire,
re Allhor, che,com e Vite Poi c’ho,quanto è di ben, da la fua face.
Che fia fenza Olmo , trifta io mi giacea, Et chi di luifiduole,
ci­ C osi, giunta hor, con faldo nodo, & caro, E’ch’egli non sà amare , &piu oltre brama
ci A chi par, ch’a gioir fempre m’inuite, Di quel, che fi conuiene
'O- Altro che ben non fento , A chiilgiufto, Scl’honefto,amando,cole.
Et fe gii poco lieta i' mi viuea.
is­
ti i
F EC E I{p manifesto le rime di Virginia. , quanta ft a la gioia di honefla gio-
in­
uanejaqual poflohabbiatuttoil fuobenein quelíhuomo, con cui debba effere%
no con legitimo , & indiffolubil nodo , legata , per tutta la fua vita : Ma poi che fu
o, I'animo della Giouane,& la fua cangone da ognuno lodata; diffe Fuluia , fia bene
40-
Fabio prima che fi vada a dormire , che ci diciate qual debba effere Fargomento
or- dei noueüar di dimane , accioche vipoffiamo penfar fopra quefla notte , &
no nonfiamo coiteJprouedutamente. TS(pnvoglio , rifpofe Fabio, che di­
°' mane alcuno fia ajlretto a quefla , od a quelTaltra materia:may
iici checiafcuno ragioni di quella, che piu gli piacerà . Bf-
U maferogli huomini >& le dome parimente conten­
let ti di quanto piacque a Fabio ; & , effendo
li, Fhoragia tarda , tutti alie lor
m- flange fe nandarono.
let
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LA P R I M A D E C AI
D E GLI HECATOMMITHI
N E L L A QJV A L E S I R A C I O N A U I
quello , che piü ad ogniuno è a grado.

ügÜ 0 ST 0 cbc P.Aurora ft tnoflro nelle contrade dell’Oricn


te, la nobile brigata rifuegliatafi, & poflaft tuttajid
ordine, mandato ad auifaregli buomini dei luogo , nel
quale volea la fera pofarfi,entrò in nane. Et ritrouata
tutta 1'onda marina in tremolare , vollero non a vella,
ma coi rimorcbio folcare il mare 3 & infin che venne
ibora dei definare, ji trattennero cbi con giuocarea
tauole , & cbi afcaccbi, & cbi fac endo vna cofa, &
cbi vn altra; Etgiunta cpefu Ibora di terga, con deli
cati cibi fcacciarono la fame. Toi che fu finito il definare, & bcbbero di varie co-
fe infieme ragionato, voltofji Fabio verfo Quinto, &glidiffei; Tempo ê Quinto,
cbc diate principio a ragionamcnti d’boggi: & egli , tutto cortefe, cofi comincio.

L I P P A I N G R A V I D A D I V N S V O A M A N T E , T E M E L’IRA
del padre, & de’fratelli; partorifcedi nafcofto, in iu fa ripa d’vn flume, vn figliuolo ma*
ichio, &illafcia fopra vn Placano, caccolto da paftori, & nutrito: & fatto huomo, libera
la madre dicattiuità, feiiza fapere ,ch’ella madre gli fia; Poi ,conofciutala , fa che il Pa*
dre la Gprende per moglie, & la pone in gratia de tuoi, & viuono infieme vita felice. !•4»»
N O V E L L A I.
ON 0 S C E N D 0 M I deuere effere quegli io , dal quale haucf
fero principio i ragionamcnti d’boggi, mi bo riuoltate molte cofe
la paffata notte per l animo, prima cb’io mi fia deliberato di qua­
le dcueffi dire: Et poflo che mi fia vcnuto in mcnte,che Ic cojr hu­
mane deono bauer principio dalle diuine , Nondimeno confidtran­
do, che i noflrl ragionamcnti fonopiu toflo introdotti, per leuarci piaceuolmente
la noia della nauc, che per pariare di religione, o di diuinità , non mi è paruto di
voler trappor nome di tanta maeflâ, trà le nouclle nofire ; & per quefla cagione
mi fon deliberato di volere piu toflo fauellarc di quello , ch'appartiene alia vita
humana , che entrarc ne' ragionamenti dclle cofe celesli, le quali altro tempo,al- \
tro luogo , & forfe anche altre occafioni, che non è quefla , Chora a ragionar ci
chiama, ricercano ; laonde ho giudicatomcglio , che il comineiamento delle no*
fire nouelle, nafca da quello , che rnolto importa al mantcnimento delle rcpubh-
che , & alia felicita ciuile. La quale ê la conferuation delle megfiori republi- X
che , Ft pcrche non c cofa, che piu conuenga al ben viuere de gli huomini, chela
vbidicnga de ifigliuoli verfo ipadri loro : ho per,fato effere cofa conucncuolc , il
tnofl rare
s
< 4 D eca Prim a. 57
*rnofirare Pamore di vna giouane, che di nafcoHo del Tadre,ad vn fuo amante ft
jH • diedc, accioche, veduti i caft, c/?e leauennero per queila fua difubidicnga, ft com
prenda quanto fia benefit nonfi partire dal configlio de i Tadri, gli occbi de i qua
li fono ifigliuoli, pcrchc fono da loro vie piu amati, cbe la propria vita. Et ciò vi
% narrerò io tanto piu volentieri, quanto vedretc il figliuolo nato di coftei, di cui
fonper fauellare, gratiffimo alia Madre, & moHrarglifi miglior figliuolo verfo
lei,cb'ella figliuola, verfo il padre fuo, non ft era moftrata , mentre fu pulgella;
bauere ridutti a lieto fine tutti i difconci, cbe per I'errore della Madre, erano aue
u^i; dalla qual cofa vedretc anco,cbe talhora da quelle cofe, cbe fconueneuoli pa
iono, per cagioni, a noi mortali occulte, fono la quiete , gr tranquilità delle mi-
gliori, & piti honorate famiglie,
D E V E T E adunque fixpere, cbe in Cremona, anticbijjima Città di Lombar­
dia, fu vna giouane di nobile parentado, il cui nomefu Lippa, la quale ejfendo ri
tnafa fenga madre, fotto il gouerno del Tadre de Fratelli, s irihamorò di vn
Ciouane della Cittàúl quale quantunque foffe vago, & ricco, nondimeno, per ef­
fere egli di vil conditione, era poco appreggato dal Tadre , & da i Fratelli della
Ciouane. Ma quanto effi lo [fireggauano, tanto era egli amato da lei. Ter che
ella lo ft haueua eletto,per fine di tutti i defiderij fuoi. Ft tanto piu I'amaua,quart
to piit il Tadre, & i Fratelli, le toglieuano la fperanga, che per marito ella bane
re il deuejfe giamai. Haueua il Tadre in cafa vna Fante, della quale fifidaua e-
gli, & perciò tbauea meffa algouerno di quefla figliuola, Ma haueua. egli data
( come ft fuol dire) in cuflodia Pagnella ad vna Lupa, o la Latuca in guard}a a
» Tapere : perche cofiei,che ft fingeua pudica in apparenga, era in fatto dishone-
%tm^ifiima:ma coft celatamente, compiua la fua lafciuia, che niuno della famiglia a-
uedutofe riera mat. Coflei, follecitata con doni & con promcffe dal Ciouane,
cliamaua Lippa, cominciò aperfuadere alia Giouane , che non fcjje nemicã di fa
medefima, dicendole, che tanto ft hauea di queflo mondo, quanto aitri je nefave-
ua pigliare;& ch'erano da effere tenuti fcioccbi coloro,a i quali il Cielo, od il p m
po offeriua occafione di poter contentarft,& godere,& la ft lafciauano vfcir del-
le mani: Et perciò, ejfendo ella innamorata del piu bel Giouane della Cittâ (]per­
che era il giouane quanto alia forma , che di fuori ft vedeua , belliffimo) deueux
conofcere la gratia che Iddio fatta le haueua. La quale non era delle minori, ch'e-
gli concedeffe alle dontte, hauendole meffo inangi coft vago Giouane, cbe tanto la
amaffe. Et ch'ella moilrerebbe di conofcer coft raro dono,& il benfuo , sella di~
■Jr (poneua il Tadre,& i Fratelli a dargliele per marito. La Giouane, femplice, cbe
L t quattordici anni non pajfaua,& tutta ardea per lo medefimo Giouane di amoroft
fiamma; Oime, diffe che nonfono flata io a quefla bora,a tentarela fortuna mia,
)• Ma il Tadre, & i Fratelli portano tanto odio ali'amante mio , per non effere egli
nobile,come noi fiamo,quanto io gli porto amore. Ter cbe dicono , cbe conuene-
X uole non è, ghe io, nobilmente nata, & con la quale cercano fare vn parentado,
degno del lorfangue,fia data per mogliera ad vnplebeo, quantunque egli ricco ft
f ia «, Dicendomi cbe non le ricchegge da fe, ma la virtu (lequali nondimeno va-
• Tar. Trima U
D b G li H e c a t o m m it h i
gliono hatiere la, fortuna compagna & la lunga JucccJJione in vna famiglia «tel
huominivirtuoft , è flabile fondamcnto alia vera nobiltà; Ma 3 anchora che 10'
vegga y che coft è 3 come mi dicono è miei3 nondimcno non manco io , qualhora
mi vienc in acconcio3 di tcntare la fortuna . Ma non accade mai ragionamcnto di
cw3 che il Tadre 3 & i Fratelli non mi dichino male , & non vengbino quaft al
batterm i , Onde io flitno piü pojfibile ogni impoffibile cofa3 che mai fipieghino il
Tadre 3 dr i Fratelli a voler conJentire,dftgli mio Marito diuenga. Ft qui ft wi­
fe la Giouane a lagrimare , chiamando fciagura3 dr infelicita quelloyper cui la
Fante I'hauea chiamata felice . Mllhora la Fante diffe 3 Non ti bifognam tante
lagrime Lippa > a te Ftà ilpigliar cura di te medefima vie piü3d ia l Tadre, od a
Fratelli tuoi3 i quali3per auentura3poco penfano a maritarti: & con qucflo vo­
ler àarti ad intendere, che ti vogliono dar marito nobile3ii lafcieranno imecdna-
re prim a , che ti maritino : dr potrebbe auenire 3 che tu 3 in queflo megp , te ne
morrefli, & yffi fe ne guadagnerebbono la dote , fenga 3 che tu hauefji mai pro-
uate chenti 3 & quali flano le dolcegge del matrimonio3le quali fono indicibili3
tanto auangano ogni humano penflero. Dunque farai qnello 3 ehe al tuo vtile ft
conuiene ,fe pofcia ck'ejji, o troppo auari, o dei tuo bene inuidiofi3 o non curan­
ti il tuo maggior diletto 3 queflo Giouane non ti vogliono dar per marito3tu3da te
lo ti piglierai 3fenga guardare tanto nobile, od ignobile. Lippa 3per dirti il ve­
ro flamo tutti nati da vnprimo Tadre3& da vnaprima Madre, et tutti flamo v-
gualmente nobili3& v i l i : dr cio ci moflra il nafcere3& il morire . Quefta diffe­
r e n t ha pofta fra gli huomini I'ambitione del mondo 3 non la natura. Si che pi-
gliati il tuo amante: & 3prefo che tu lo ti haurai 3firâ egli tuo . Etfeejfi ne ri-
maranno mal contenti, tu contentifjima ti flarai con lu i . Egli ó in tua mano ,
Lippajarti contenta:però non ti dei ftare3come neghittofa, tra le lagrime 3 dr tra
i fo(piri:& fepur flar vi vuoi3 come infino adhora Ftata ti fei 3 non ne dei dar coi­
f a ad altri 3 che a te medefima 3 che la ventura pigliar non ti vuoi 3 che Iddie
ti ha appareccbiata. La Giouane foggiunfe 3 ‘Flpn è cofi m mia mano cio ■ 3 come
tutt'iflimi. Terche il mio amante 3ama non mem la dote3 la quale fperarebbe e-
gli haucr molto grande da m\ei 3 qualunque volta gli mi dejfero 3 cb'arrii egli me :
& 3per quefta cagione3anchora,che iogli mi fla offerta nella maniera, che tu dit­
to mi hai3non voile egli piegarfl aprendermi per moglie 3 fenga il confentimento
de miei, dr con fleura promijjione della dote. Onde non veggo io 3 per que­
fta v ia , modo alcuno di poterio far mio; la Fante, quinci pigliata occafione di
fauellare 3 a fauore del Giouane 3 dal quale ellatraheua molto vtile. Io hò3
diffe 3 molteflate Lippa 3 vdito dire, dr veduto anche 3con I’haucr compiacciuto
vna donna di fe ad vno amante 3 ft ha ella aperta la via a diuenirgli moglie:
feròy pofcia ch'eglicio da te brama, come piu volte mi ha dimoftrato :io cre­
do , che non farebbe fenon bene, che venendoti Voccafione 3 il compiacefli di
t e . Et come andrebbe ilfatto 3 foggiunfe Lippa 3fe io ingrauidajji ? dr egli po­
fcia non mi voleffe ^ So io 3 che tal farebbe il furore de miei 3 che infino ad bora
( fe ciò aueniffej mi pare di veder nudo il coltello in mano al Tadre3& a i Fratel
. Hyper
D ec a H i m a.‘
lljper Ifuenarmi. Ogni cofa ha rimedio, mentre altri viue , foggiunfe la Fante :ti
diròprima, che noningrauiiano tutte ledonne, che con glibuomini ft congiun-
gono : & fe pure ingrauidafli, nonfarcfti la prima, come non farefli anco Iv iti­
ma , che a do pigliaffc partito : credi tu forfe, che tutte le giouani, che vanno ct
marito, vi vadanopolgelle ? tanti ducati haueffiio, Lippa, quante ve ne vanno,
chamo partorito vn paio di figliuoli, & fonno maritate per vergini. Lc faggie
nonfiannoper ciò, di contentarfi. Ma nonvoglio io creder mai, che il tuo aman­
te fiaperejj'ere vno di quelli,che poi che tu fojjigrauida di lu i, ti lafciaffe; angi
a do fared perfuado, perche quindi tu ti apparecchi la via, a fare, ch'egli ti
f prenda per moglie, & che perpetuamente godere lo tipojfa. Et,effendo piu vol­
te ritornata la Fante a fare il medefimo ragionamento con Lippa, non prima cef-
so, che venuto lo amante a ragionar con la Giouane, a tempo che nè il Tadre, nè
i Fratelli erano in cafa , fatendo loro fcorta la Fante egli colfe il frutto del fuo
amore non pure vna volta,ma moltc,con piae ere <£ambe le parti fTTqual piace-
r e , come fu dolce nel principio a lippa,le diuenne pofeia tanto amaro, ch'ella al-
tro non attendeua, che la morte, per rimedio del fuo affanno. Tero ch'ella ingra-
uidò , & l'amante, poi che di do sauide, per terna de i Fratelli di le t, coft fe ne
diílolfe , chepiu mai non andb,oue ella ftfoffe. Ma ragionandola inifera colla
Fante., la pregaua a porgerle quel foccorfo , di che ella fi era moflrata coft larga
ne ragionamend ,fa td con lei, fopra d o . La feelera ta , nonfappiendo altro,che
farfi le diffe, che il rimedio era quello , il quale molte altre in firnilt caft foleua-
no fa re, ciò è, ch'ella ft fconciaffe, & a queflo modo fi fgrauidaffe , & ft leuaffe
d'ogni pericolo, & ch'ella a ciò haueua ottimo rimedio. La giouane, che dop-
I po il primo errore commeffo, per inftigadonc di colei, non voile, che fuaperfua -
ftonela conducejje queil'ultra volta ad errore vie peggiore, che il prim o, onde
ella diuenijfc micidiale dei proprio figliuolo , & i l faceffe prima morire , ch'egli
fojfenato; rifpofe , che ella, per faluarfe, non volem vccidere il figliuolo, che
N * ' oltre, che ciòfar ebbe fare ingiuria a. Iddio, potrebbe anco effere di tanto difpia-
cere a cbi generato 1'hauea, che glipotrebbe ella venire in tanto difpetto,che piu
non la vorrebbe vdir raccordare, conofcendola tanto crudele,che il proprio figli­
uolo hauejfc vccifo . Et qui foggiunfe, Tofcia, ch'a cio condutta mi hai, tuo of­
ficio è ,d i fare, ch'egli coft mi prenda per moglie, come tu fperanga me ne defit,
qualunque volta a quellatto veniffi, al quale mi hai tu condutta. Et tigiuro,per
l'affanno, ch'iofofiegno, che oue ciò nonfocceda, sauiene, che il Tadre, od i Fra­
telli miei s'auegghino, ch'io fia grauida, iofola non ne por terò la pena , ma te ne
t vêrrai tu anebora, con effo meco, a parte,pcrche io loro paleferò, che tu,quclla
ftatãfeiyche per mia fàagura,a ciò condotta mi hai.TenfoJJi la Giouane, conque­
4> s t parole, di fire aggnggare inguifa 1'ingegno alia Fante,ch'ella, per non corre-
r re vno iflefib pericolo con lei,non deueffe lafeiar cofa afare,per difporre I'amante
Mj ad hauer tata copaffione di lei,che come ingrauidata Fbauea, coft per moglie la ft
prcndeffe.Ma auenne tutto il contrario,pche ella,chepiuvolte, il Giouane tentato
A banca,che Lippaper moglieprendeffe, & vedea, ch'egli, auaro,piu bramaua la
H 2
rlf
D e G li Hecatommithi
roba,chc U Bonna, venuta in difperatione dife me defima, vna notte eelatamen« f
te fe nefuggi. La qual fugga fu, di tanto dolore alia mifera Giouane, cbefu per
morirfene dell'ambafcia. Ma fatta dalla necejjità defla, alia fua filuegga celo con
lo flringerfiil corpo, con fafcic, & con altri argomenti, la fua grauideggain
guifa , cbe alcun nonfe ne auide. Fra queflo tempo, undo il Tadre,colla famiglia
in contado ,fenga efferfi aueduto di cofi alcnna , Ft haucndo nelle fue cafe vna
caftalda da bcne,& piu tojlofcmpliciotta , cbe no , qualunque volta andauano
alia Città il Tadre , & i Fratelli, lafciauano la Giouane fotto la cuflodia di que-
fla buona femina . Ejjendo adunqne andati tutti a Cremona , per loro bifogne,
fenti Lippa g im toil termine dei parto . Ondeia mifera ,fentendofi traffigerea
dolori, finfe voler gire ad accorre viole , in vn campo, non molto lontano dalla
cafa,& vicino al To: & la Caftalda. veggendo il fanciullefco defiderio della Gio
uane, fenga altro penfare, ve la lafciò andare. Lippa , cola giunta, fatta dal bit
fogno fortFfpfy audace, da fe fola parton vn figliuolino , il piu bello , & i l piu
veggofo, cbe in-quella etd foffe veduto giamai, fenga, cbe perfona fe ne auedeffe.
Ma pofto, cb'ella contenta ft rimaneffe di efferfi Uberata ad vn tratto dei perico-
lo,cbe le fopraftaua , per lo conceputo figliuolo . Le arrecaua nondimeno infinito
dolore, U nonfaper, cbe far ft del Bambino . Onde, ft ando in dubio di fe medefima
alia fine vidde cbe fera di mefliero lafciarloin arbitrio della Fortuna, & cofi
toltegli quanto meglio potè, le fuperfluitâ da torno , cb'egli feco dal ventre di lei
fi hauea portate, lo inuolfe in alcuni drappi, cb'ella di nafeofto bauea to lti . Ft
nello inuolgerlo in que panni, v i vide,fopra 1'bumero defiro , vna gran macchia
vermiglia, come fon quelle, cbe le dome chiamano rofe, cbe egli fi bauea dal cor
po delia madre portata, fimile a quella,cb'ella anebora, hauea nel medefimo luo-
g o , cbe fi (pargeua inftno al petto . La qual ella tenne per fegno datogli dalla na
tura alia infelicita dei figliuolo , & a quella di lei . Onde recatolofi in braccio,
diffe, piangendo , Quanto rniferi fiamo tu, & io,figliuol mio : Io per la crudel-
tà ,o per dir meglio , per I'auaritia del padre tuo, il quale quantunque mi bab*
hia tolta la virginitd mia, onde tu natofei, & habbia veduto il pericolo, nel qua
le mi ba lafciata, dapoi, cbe ti bo conceputo, nondimeno mirando piu 1'auaro alia
dote, cbè’alia vita mia, non ft ba mdt voluto piegare a cofa,che ficura per me f ia
flata . T u mifero, per lo timore della tua mifera Madre, la quale temendo la
morte, & piu cbe la morte il dishonore dei mondo,è coflretta a quifolo la/ciarti,
fotto peri coli infiniti. Ma ifcufimi, Figliuol mio, appreffo te ,& apprejfo Faltif-
fm o Iddio la neceffità alia quale mi ha ridotta, per fiera ventura , la femplicità
mia, & il malttagio configito della mia Fante. Bene io prego la diuina bontà,
cbe, sella riguarda con pietofo occbio gli afflitti, habbia tanta compaffione di te,
cbe non ti lafci inpreda a i Lupi, od a gli augelli: ma ti accolga, fotto il fa-
uore della fua infinita mifericordia , & ti ferbi a miglior forruna , cbe non i
quella, alia quale la tua infelice madre piangendo , & mal contenta ti lafcia. St
qui, ver fando da gli occht vn mar di lagrime, & firingendoft al petto affettuo-
famenteil bambino,datigli mille bad, et copertolo di viole, ilpofe fopra vn tron-
* co di vn
D e c a Prim a. i 9
co di vn Tlatano, cerain riua a lfiu m e,& lauatofi nelfiume, & àccolte alquan
te viole, & poHelefi ingrembo, plena, digrauiflimo dolore, a cafa fi ritornò. M-
uenne, che paffando per quel luogo alcuni pafiori, i quali a Mantoa fenandaua-
no,fentirono la voce del Fanciullo:Vno de quali algando gli occbi, & veggendo-
lo fu quel tronco, nè v i veggendo per fona, che afita cuTtodia foffe : moffo a piet J
di quella età teneriffima : lo fi prefe, & a Mantoa felportò , dandoglva poppare
nelviaggio vna capretta, chepartorito haueua,per metterlo nello/pedale ouegli
altri bambini, cofi di nafcoHo nati, fi foglion mettere. Magiunto che egli fu a ca-
ritrouo la moglie,che quando fi dip arti haueua lafciata graüida tutta lagrimo
''***?* * fa , & dolente, perche Vera morto vn figliuolino, ch'ella, otto giorni auanti la ve-
nuta del marito, haneua partorito : M l V aflore fu graue ritrouare il fiuo figliuolo
m orto, M agli fe parere affai men graue quel cafo, il bambino, ch'egli feco por­
tato haueua. Et confolando la moglie. Ton fine, le difje, allè lagrime, pofcia che
fe Iddio ci ha tolto il figlinol noflro, ce ne ha egli parato vnaltro,col quale riilo-
riamo 1'hauuto danno : & queflo detto, le porfe quel fanciullo,ch'egli di fu il Tla-
tano haueua tolto , dicendole come ritrouato Ihaueua, & portatofel feco ,p er
metterlo alio Jpedale . Et per leuare lagelofia alia moglie , nellaquale haureb-
be potuta cadere, gliene fe far teflimonianga a gli altri pafiori: Et poi le diffe,
che volea, che in vece dei fiuo ella il notrifle; dicendo, cbi fa fe Iddio qualche buo
na ventura ci apparecchi coi mego di queflo figliuolo ? La Donna, conformandofi
coi voler dei marito, prefe il Fanciullo con lietiffimo vifo, & vna delle poppe gli
p o rfe. Et egli, come di quella occafione, che il Cielo gli porge a , fi voleffe fer-
uire, non altrimente la prefe, che sella fita madre fi foffe flata. Il che molto piae
Ü* ii jque a quella buona Donna, la quale continuo in alleuarlo , con molta diligenda*.
Et , effindo crefciuto il Fanciullo alia età di quattordici anni, fra g ii altri figliuo-
li de pafiori, tale fi moilraua, che pareua, ch'egli foffe di tu ttigli altri Signore.
» V
La qual cofa, quantunque a gli altri pafiori fpiacejfe, era ella nondimeno gratif-
fitma a colui, che alleuato lo fi haueua : & Muenturofo 1'bauea nominato, auifan I!
dof i, che crefcendo cofi in valore quel figliuolo , & i n prodegga, come infino a
quell'bora egli era crefciuto, potefle venire atto ad a ltro , che a cnflod\r gregge.
Ora paffando vngiorno cola, oue il giouane era , coi p a llo re, a culi odia delle
g re g g e , vnagrojfa banda (Tbuomini dCarme, s'imaghi egli cofi di quel mefliero,
che dimandò al capitano , s'egli volea, che con effo lui fe ne giffe , il quale , veg-
\A gendolo di buona aria, gli domando come egli haueffi nome : & rifpondendogli,
L che Mnenturofo f i chiamaua: prefe il Capitano dal fiuo nome buono augurio , &
diffe, che molto volentieri infiua compagnia lofi prenderebbe. Il Giouane ando
a l T aflore , il quale amaua come p a d re, ( quantunque eg li, per quanto alcuna
vo lta ne haueua vdito dire a lu i, & alia moglie, fapeffe,che figliuolo di loro non
era , ma, che egli di fu il Tlatano tolto 1'baueaJ & gli chiefe licenga di andarfi
X con quel Capitano, G lide conceffi il T aflore. Et Muenturofo cintafi la ffa d a ,&
y
prefavn'hafla in mano , fi mife in camino con quella g en te, <& in poco (patio di
tempo , nelle cofe delia guerra diuenne cofi efferto, & cofi valorof o , ch'eflendo
■ * Tar. Trima H 3
I I /

D e G li H e c a t o m m i t h i
fendo morto il Capitano di que foldati, fu,di commun confcntimento del GeneraleA
dr de gli altri maggiori del campo, cletto in htogo del Capitano. Muemefln quel
tempi, cbe fit fcacciato dello flato di Milano il Moro , da Francefi riel campo de i
quali era Muenturofo,colla fua gente,<&fu prefa infitme con alcunc altre dome,
la Madre di Muenturofo,dr il Tadre,dr i Fratelli di lei. Ft efflendo flata diuifa
tra foldati la preda, era ella venuta in parte ad vno huomo d'arme, il quale era
nelta eompagnia di Muenturofo, Et era da lui molo afbramente ailrctta,a rifea-
tarfi,con quantita di danari. Mentre, cbe ilfoldato era alia Donna incredibilmen
te moleHo ,foprauenneil Capitano, dr veggendo la Donna, tutto fopra fe Ftettf.
Ter che vna occulta virtu, della natura ,mofle I'animo fuo ad bauere pitta della
Madre : quantmque , egli per tale , non la conofcefie . Onde la tolfe delle mani
al foldato promettendogliycbe non mancherebbe di fare, ctiegli ft rimarrebbe con
tento. Temeua Lippa, dinon effere vfeita di vn male, dr andata ad vn peggwre.
"Perche ella ft iflimaua, che il Capitano I’baueffe leuata delle mani di colui,per vo
lerne egli trarre tanto maggiore vtile , quanto ella conofcea , cbe il fuo grado
era maggiore di quello delfoldato. M a, MLuenturofo, vedutala di mala voglia,
la conforto a Hare in buono ammo , dicendole, cbe bene fferaffe, percbe egli non
era per lafciarlepatir difagio alcuno : dr toflo, chefojfero finiti i tumulti, egli la
venderebbe a fuoi, Si deflò, a queHeparole, in Lippa vna viua fperawga , dr fi y
fenti toceareda vna affettione tanto grande verfo lu i, cbe rimafe marauigliofa,
Percbe ( quantofonopotenti le leggi del fangue) fe bene ella fi conofceua obliga­
ta ad Muenturofo,per lo ricemto beneficio, fentiua però,cbe la affettione era vie-
maggiore dell'bauuto beneficio, Jgè fi fapeua ella imaginare qml fofl'e di cw la ca
gione . Standofi adunque Lippa, nel furore dell'armc , con Sducnturofo , dr egli■
con lei, voile egli vn giornofapere da lei, chi ella fi foffe. Percbe, nel metterfi
la Donna la mano nel feno (come fouente veggiamo far le dome) gli venne vedtt-
ta parte della macchia vermiglia , ch’ella baueua fulla defira ffaUa, dr verfo il
u
petto le fi Hendeua. Ft dijjele, donna, mi farâ caro,che v i piaccia dirmi di cbe
gente voi fiate nata; la Donna alia fua dimanda fi rnoHrò molto cortefe, dr nar-
randogli ella il fuo parentado, conobbe il Capitano, cb'ella era difeefa da nobile
r
legnaggio. Pofcia la ricercò,fe maritata, o pur vedoua foffe, perche la etâ,nella
quale egli la vedeua, non glide lafeiaua credere vergine. Tfè vedoua fono, nè
maritata, rijpofe ella, ma fono bene la piu infelice Donna, cbe mat tra mortali
nafcejfe. Et percbe? dijfe,viflimate voi forfe cofi mifera,per effer nellemiema
ni ? come vi paia di effere nelle mani di nemico ? Ma flatiui ficura, cbe non fono
io per meno amoreuolmente trattarui, chefe madre mi fofle. Vennero allhora al­
ia Donna, per tenerezga, le lagrime fugli occhi: dr diffe troppo ciecafarei, s’io
i: non conofceffi Pamoreuoleg^a voflra ; Però, non daWeffere nelle mani a voi vie
ne la miferia mia, ma da piu alt a, dr piu trifla cagione,la quale mi apporto que-
fia miferia, nel piu bel fiore della giouentu mia. Et quale fit quefla cofi graue ca-
gione ? dijfe egli. flifpofe Lippa ,farebbe troppo lunga Fbifioria tie gli affanni
miei ,fe da principio narrare la vi volejji: oltre cbe non fenza mia grauijjirm
■* ambafcias
I D e c a Prima.
\ )tmbdfàa, nil potrei undare rauolgendo fra le miferie mie. ^iuenturofo, fatto va~
* go difaper quello,che la Donna bauea ricufato di dirgli, voile, ad ogrii modo,che
the gli narraffe la cagione delle afflittionifue. Et ella, vinta da molti pregbi del
Giouane vuole,diffe, la cortefia, cbe mi vfate,c\iio non vi faccia niego di cofa cbe
falua ibonejlà mia, vi fia inpiacere. Vero fe bene iofo, cbe il narrarui gli acci-
> denti miei non mi è per effere di alleggiamento alcuno, pure vi narrerò, infin da
principio, la mia mala fortuna . La quale ho,infin a quefto d i, (bencbe grauif-
f fima ella fta flata) tcnuta cofi afcofa in me fleffa,- che folo io , & chi riè flato ca-
fgione, & non altri, iha faputa mai. Et qui gli nanò,tutta dolente, cio cbe nel-
1 lamore iera auenuto. Etgiunta a dirgli dei figliuolo , cliella bauea lafciato fu i
Vlatano, mando fuori dolorofifofpiri, accompagnati da molte lagime, & appe-
napotè ella bauere tanto di fpirito, cbe dire glide poteffe; & detto cbe gli bcbbe
foggiunfe. Io fermamente mi credo, cbe non bauere fatto il volere dei Vadre rriio
& ihaucr meffo a tanto pericolo ilfigliuolo fta flata principal cagione di tutte le
miferie mie, & ancbe dell'effer flata prefa,come bora mi ritrouo. Defiderofo ilCa
pitano di fapere, cbe fatto fi haueffe ella doppo il parto la dimandò , sella pofeia
fifoffe piü maritata.~NÒ,rifpofe eUa,percbe quantunque il Vadre,et i fratelli miei
mi babbino, piü volte, voluta maritare, io mai non bo voluto lor confentire, ha-
uendo nelíanimo mio fermo di volere, cbe colui folo, di cui nacque quel figliuoli-
no,& al quale con [peranxa di effergli moglie mi era data, fch'altrimente non mi
farebbe egli mai venuto a latoJ fi poteffe dar vanto di efjcrfi flato [con meco , nè
mai, infin cbe mi durerà la vita , fon per congiungermi con buomo alcuno , oue il
Cielo non mifaceffe gratia, cbe di colui diueniffi; cbe quantunque habbia moftra-
j o poco amarrriifio nondimeno anco molto amo ,fe non per altro, per quelfigliuo-
lo almeno, cbe di lui generai, il qual figliuolofe forfe ê viuo,& fe per felice mio
de(lim,potcffi vna volta vederlo,quantunque io mi vegga effer lapiu mifera don
na,cbe mai nafceffe, mi terrei feliciffima. [Auenturofo, il quale haueua vdito di­
re a l v aflor e, & alia moglie di ef]o,il modo, coi quale egli era loro venuto alie
mani,& bauea veduta quella’vermiglia maccbia fu il petto alia Donna, fimile a
quella, cb'egli fapea di bauere, & conftderando il molto affetto di lei verfo il ma
rito,& il grande amore verfo il Figliuolo, molto trafela Iodo. Et venuto in opi­
nione ferma, cb'ellafojfe fua Madre, per piu certeg^a kauerneja dimandò,quan­
to numero d'anni era fcorfb, dal tempo,ch'ella partori, infino allhora. Et ella,tan
to,rifpofe, cbefe il mio figliuolo foffe viuo , farebbe dell'eta di venti anni, come
mi pare, cbe fiatevoi; Ma faffelo Iddio, s'egli è viuo, cbe da quelgiornp a quefio,
non ne ho io mai faputa nouella,Ma l'bo bene io fempre bauutofiffo nel core,et bo
fempre diuotamente pregato il Signor Iddio,cbe non gli mancaffe dei fuo aiuto,po
feia cb'egli da me no poteua bauer foccorfo alcuno. .Auenturofo allbora le difje, et
fe v i veniffe queflo voflro figliuolo auanti, conofcereflel voi f* Come vorrefievoi
eb'io lo conqfceffi f rifpofc ella sappena, nato ch'egli fu, bebbi tempo di vederlo,
\ credo \o,cbenol conofcereflife forfe no mi aueniffe uedergli la defira fpalla.Et per
cbe la defira [palla piu,cbe la finifirat foggiunfe cgli;pebe, difje ella c bauea fulta
H 4
D e G li Hecatommithi &
defira vna macchia vermiglia3che no altrimente glide copriua infino al petto 3cht y f
ml copra vna fimile la mia.^Allhora .Aucnturofo 3cbe ben fapea, cb'egli quel fegm
v i haueua3& haueua anche veduto il fuo a Lippa3aperte le braccia3verfo la Ma­
dre andòsin attò di volcrla abbracciare,Et ella3dubitado3cbe le piaceuole%ge3infi-
no a qucl giorno3vfatcle non f offero procedute da libidinofo defiderio3 (pero, cbe >i
ella nonpajfaua trentaquattro anni3& era di nobile 3 & gratiofo ajpetto) & cbe *
il lungo fcrmone in cbe egli ibauea tenuta3foffe flato perpigliar modo di darfinc
alia disbonefla voglia:venuta nel vifo 3 come difuoco , gli pofe la mano al petto3
&■ rifpingendolo; Mhi3diffe3 Capitano oue lafciate3che lafciuia vi meni ? quefiejw
fono lepromijJioni3chefatte mi hauete:pregoui3 cbe vi fia raccommandato ibonor'*
mio.Egli,allhora3Madre mia 3dijfe,non conofcete il Figlmol vofirotSono io quegli3
perlo quale3infino ad bora3cofi dolente fete viffuta: & cbe da bora inanfi 3 vi bâ
da far rimaner contentijjima. Et, cib detto 3fcopertofi 1'bomero dcftro3 le moflrb
Ufegno3cb'ella detto gli bauea.Non fi potrebbe pienamente dire, quel fojfe la leti
tia di Lippaja quale credendofi di effere infor^a di vn nimico,fi vide effere in rna
no di fuo Figliuolo,Le occupo coft iallegrex^a il core3cb'ella3per buona pegga,non
potè formar parola.Ma pofeia cbe fi rihebbe3voltatafi verfo il Figliuolo ; Ringra-
tio dijfefmfinitamente la rnaefla diuina3chepiegandofi alie orationi mie,vi ba3per
fua bonta3a queflo flato condotto3& me tanto ferbata 3 cbe gratia ho hauuta di ve
derui: & 3auengami cib3che fi vuolefxo non pojfo piü morir fe non contenta . Ma,
come bauete uoifFigliuol mio3ad efferpoco tenuto alia Madre voflra3pofeia cb'el-
la3ouenutricare3& alleuar vi deuea3 vinta dalla necej]ita3vi pofe alpericolo del­
la morte 3 cofi io mi vi conofco tanto piu obligata 3 quanto.la bontà voflra è tan-
ta3cbe3non confiderando voi la mifera forte 3 nella quale io ui lafciai3 & la infeh^,
ce conditione3 nella quale hor mi ritrouo,per Madre mi accogliete3non altrimente,
cbe fe ajfettuofamente nutrito io vi bauefii. St qui,abbracciato il figliuolo3per la
molta letitiaplangendo , buona pelagiipendette dal collo. Finiti gli ajfettuofi,
& pietofi abbracciamcnti, & le congratulationi; dimando Muenturofo,cbejii fuo
"Padre foffe.Slla, dijfe3di non ne fapere altro 3fenon 3 ebaueua intefo cb'egli an­
ebora era in mano di alcuni foldati prigione, come vi era anco il Padre , & i Fra-
telli di lei. Egli, poi cbebbe cib intefo 3fe cercare tra foldati di tutti loro 3 & po­
feia cbe tutti ritrouatigli hebhc3fi fe conofcere per figliuolo a fuo Padre , eír mol-
to il riprefe,cbe per auaritia3foffe flato cagione di tanto affanno alia Madre fua,
la qualepotcua effer degna moglie di qualunque gran gentilbuomo 3 & cb'egli ft
dcuca tenere di bauere hauuta ampia dote da lei3poi ctiella il degnaua del fuo amo
re Et3dal Padre riuolto al fuo ,Auolo3& da lui a Zij, narrb loro, come di Lip
pa foffe egli nato . Non fapre; ben dire, qual foffepiu in cofloro 3 o la maraui-
glia d'intendere 3 cbe Lippa, già tanti anni hauejfe partorito quel figliuolo, &
niunodi loro mai non fi fojfe aueduto nè delia grauide%ga 3 nè del parto 3 o pure
Lallegregga di vederfi non pure amico 3 ma Hretto parente colui3da]. quale ejfi te-
meuano ogni male : ma l'vna3 & taltra fu fuori di modo grande , & oue prana,
fpinti dafiero fdegno, baurebbono fatto molto male a Lippa jfefifojfero aueduti
del
D eca P r im a - 6 i
del fuo fallo; refero allbora gratie al Signor Iddio, che cio baueffe lafciato aueni-
re, per vtile commune, & videro, chenelle fecrete diffiofitioni de Cieli ,fono
celate ,fpeffe fiate,cofe, che fe ben moflrano, nel primo afpetto , portar qualche
difoncio, riefeono pofeia,quando altri mono ilpenfi,a molto bene. Ejjendo adun-
qu e ridutte le cofe a quefto termine , voile *Auenturofo , cbe fuo Vadre inpre*
fen^a dell'^Auolo , & de Zij ffiofaffe Lippa, E t, ciòfatto , voile, che tut to quello,
f che ioro era flato tolto ,fl de beni flabili, come de mobili, foffe loro interamente
reíl jtuito , Et finite le guerre, tutti inflemefi riduffero a Cremona, & menaro-
i natu tti i lorgiorni infieme felicemente, con incredibile allegrer^ga del Vaflore ,
* cti\Auenturofo nutrito haueua , & della Moglie altrefi, i quali tolfe ^Auenturofo I
' dalguardare, & condur gregge, & gli voile fempre bauere in cafa con quello
bonore,cbe vi hebbefil Tadre,& la Madre propria.Ma,anebor che fuffero di tut
ti grande le allegre%ge,fu nondimeno fopra tutte le altre, la contenteyjta di Lip­
pa incredibile, St percio refe, con diuotifftmo cuore , molte gratie a Iddio , il
quale, nella maggiore difauentura, in ch'ella era,quandoera fuori di ogni fferan
ga di potere bauer bene, perlo mego di Muenturofo fuo Tigliuolo,voile che fi ri-
trouaffe cofi in ogni parte contenta.

VANA S’I N N A MO R A DI VN SVO VI LLANO, ET ES.SEN-


do il maritoandato alia citta,fi giace feco ; il marito,uerfo la meza notte, fprouedutamen
te fopragiungej ella afcondeil uillano, il quale da fe fteflo ii palefa, & ella accortamente
fi fatua.
N O V E L L A II.
V BfO 'EfO tocche ad vn tratto da fdegno, & da compafflone le
afcoltanti Donne,mentre narrò Quinto il cafo di Lippa . Et fu cq a- V
gione dello fdegno loro il ve dere, ch'vnhuomo plebeo baueffe cofi
fdegnata vna nobile Giouane : Et, alcune di loro differo , cbe non
,w ________ era marauiglia, s'vno vilmente nato non banca faputo vfare atto
cortefe in amore,il quale amore bà la fua fedenella nobiltà,& dal quale folo fono
■*%
accefe le nobili menti ad opere honorate. E tipiii fauij differo , che è quafi proprio
alia maggior parte di queplebei,che la cieca Fortuna, dalla feccia deipopolaccio,
a qualche grado bà algati,od bà arriccbiti,gonfiarfi inguifa ne gli honori, 0 cofi p-
derfi nella copia,0 nella cupidigia di bauerfempre piu, chefdegnino non pure i pa­
ri loro,ma i molto maggiori di loro, <&• (fcffogli habbiano per nulla, quantunque
fingolari benefici riceputi ne habbiano. Ma moffe tutti a gran compafflone Lbaucr
veduta quclla mifera Giouane a fi mal termine condotta, & poterono appena con-
tenere le lagrime , quando vdirono, in che guifa ella era flata coflretta a lafciarc,
fotto cofigraui pericoli, il parto fuo , & tutte ad vna voce differo male a quella
feelerata Eante, peropra della quale la femplice Giouane fi era fottopofta a qttel
vile huomo. Et differo, che fotto molti pericoli rimarigono quelle Fanciullc ,le
quali, morte le Madri loro , rcflano fotto ilgoucrno del Vadre , & de Fratelii.
Tercbc effl, intenti alie bifogne per lo mantenimento della cafii,nonpcfjono bauer
• quclla
quella cura dellepolgelle, chamole dome, chefono lor madri. Tit, che fecffi al-
tre donepigliano al lor gouerno,sincappano alle volte in tale,quale ft mofirò que
fia maluagia vcrfo Lippa;& però differo,che faceano gran fenno coloro,che no ft
fidauano d'ogni femina,per darle la cuflodia dellefanciulle loro . Bfmafe nondime-
no tutta la brigata fopramodo contenta,veggendo ogni cofa ridotta a coft tranquil
lo flato. Toi che di ciòfu detto affai, Majflmo, chefeguir dcuea coft ctwninciò.
L E lodi,che io ho date tra me medeftmo a Lippa>per non hauere ella mat volu
to mantarfl fenon prendea colui, cui diede il fore della fua virgini ta , mi fanno
altrotanto biaftmare vna rea moglie, laquale effendo affai nobilmente nata, &
giunta ad buomo di bonefla conditione, non pure non gli feruò fede : m a, guidata.
da dishoneflo appetito ,ftpofe vilmente fotto vn fuo villano,co?ne da quello,ch'io
fon per narranti intenderete.
I N Eflnini citta della Marca feta ( come difopra ft è detto) flgnoreggiata dat-
la an tka,& nobile famiglia de flgnori Malatefli, mentre la fortuna fauori la lor
virtu,& il molto lor valore, fu vna Giouane nominata Fana , di affai bonefla fa
miglia,maritata in vnvaghiffimo Giouane, il quale flngolarmente I'dmaua. Era
coflei di bellijjima prefenga, & di maniere gentilefehe: ma vie piu lafeiue, che
ad bonefla donna non ft conueriiua,& era tanto bramofa dclThuomo, che non pu­
re de vno nonft remancua contenta ,m afe diece ne baueffe hauuti, nonftfarebbe
faúata.Ma la tema, ch’clla hattea del marito, il quale come era di afpetto bellijfl-
mo,cofi era di alto cuore, & deftderofo dell’honore, quanto altro buomo della fua
conditione,poneua freno al fuo lafliuo dtftderio.:tcmendo,cbe s'cgli di cofa alcana,
men che bonefla, ft aucdefje le tie.farebbe portare afprijflma pena : & quatunque
queHo timore lafacefle flare alquanto fopra di fe , non era perciò, che la mento#
nonfoffe la medeftma , & non baueffe l animo tutto intento a compirc pienamente
il fuo volere , qualunque volta la occaftone le ft paraffe auanti. Etbenche ve­
deffe il marito bramofo d'honore ,& f e in pericolo della vita qualunque volta per
men che bonefla tbaueffe conofciuta,non era nondimeno, che con quanti huom'mi,
ella vedea , che le piaceffero, nonft baueffe voluto congiungcre, ogni vo lta , che
la commodita vi baueffe veduta,fenga alcunpericolo. M a, ftmulando ella flm-
ma pudicitia nel cojpetto del Marito ,g li daua a vedere di effere di lui non altri-
mente innamorata, chefe pure allhora L'haueffe cominciato adamare, Della qual
cofa il Giouane, ingannato dalla fittione della flmulata Donna, fe ne rimaneua
tanto contento , quanto foffe alcuno altro gtamai, che con donna ft ritrouafje con-
giunto. Mentre che coflei tutta fiata era in penftero di fatiar e la fua libidine, &
il Giouane in ferma opinione, cb’ella foffe la piú ca(Ia donna del mondo; auen-
ne, che effendo il Giouane colla moglie andato, per fuo diporto, in villa, anda-
ua egli fpeffe volte, alia città , & ft ritornaua in contado alia moglie , con molta
fua fodisf.attione; ora effendo il grano fu l'ara per mondarf t , quegli, chemeti-
tore eraflato,il quale era caflaldo del Giouane, ft affaticaua a git tarf il grano al
vento , acciocbc le pule neportaffe, & il grano fe ne rimaneffc purgato. Era del
tnefc di Luglio,nel quale il fole tato ardeti mada i raggifuoi, che a molti fono mor
tali,
D e c a Prim a. 61
ta.li.ll Caflaldo adüque,che,& per la fatica durata3& p e r l ardente arfura, ft fen
fiua fiaco3 ft riduffe coft fcal%o , & in camifcia3come era3fotto iombra di vna
quercta aripofarft3per riflorare leflanchemembra : & pofeia, ribauutoft, ritor-
nare piii gagliardo a finire la lafeiata fatica. Mentre egli in ripofo ft slaua , ft
adormento Jotto la querela , & ff irando vna Orafoaue, gli ftriuoltò il cami-
feionefopra la te íla , onde effendo egli pieno divino, & molto membruto per
natura , moflraua quelle parti, cbele donnefingono veder con gran vergogna
nude ne gli huomini, coft ritte , & gonfie 3 cb'era cofa marauigliofa a verdele ,
itaqto erano elie fori dell'ordine de gli altri huomini. Quefte veggendo lalafci-
lUa Donna, parendole effe marauigliofe rifpetto a quelle del fuo marito , non
fapeua leuar gli occhi da mirar le , Ture temendo 3 cbe nonfopraueniffe od il Met
rito , od altri , cbe gli riferiffe 3 con quanto auido occbio ella coft fatta cofa mi-
raua , cbonefla donna baurebbefchifatodi veder e ; indi ft tolfe3 ma ciò porto co-
fi impreffa nella mente , cbe folo bramaua di poternefare , con qualche mantera,
proua : & daquelgiorno inpoi fit diede clla a fare varie caregge al Viliam 3 le
quali, anchor, cbe [offero tutte diriggate adkboneilo fine , copriua ella non-
dimeno,col moHrare 3che ciò facea , perche egli, con piu diligenda , a bene­
ficio commune della cafa, bene cuftodiffe, & purgaffe il grano . M afrafetene-
ua felice la mogliedel Caflaldo 3 cui foffe venuto inforte vribuomo tale . Leuofji
il grano difit l'ara3& il Marito il condujfe alia citta3& raccomandata la cafa al­
ia Mogliera 3diffe di non effere di ritorno per quella notte, per alcune btfogne ,
ctiegh baueua da fpedire nella cittd. In quelmedefimo giorno bauendo intefo la.
moglie del Caflaldo, cbe vna fuafor ella3la qual ft Jlaua in vnaltra villa , lonta-
va forfe diece miglia,baueua , partorito, con licenda del marito , colàfe nandò ,
'onde ft rimafe folo il Caftaldo3& la Madonna3la qual cofa fu molto grata a quel-
la dishonefia, penfandofi, che foffe venuto il tempo, nel quale ella 3 come hauea
defiderato,poteffe prouare fe con mtglior corno coTgaffe il Caflaldo , cbe il Man­
to . La onde venuta la fera3& effendo non fo che defebetti rottiper cafa, il cbia-
mò3& fece ella loro, mettere i piedi-di legno di noce, cb’egli colla fua fcuricina ,
che di dietro teneua,puli3& rafettò molto bene 3 pofeia fi feee almedefimo por­
tare vn facco di grano groffo peralcuni polli, ctiella notriua in cafa , il quale vo­
tato , riposò ilfacco in vnarca3cb'era nella camera di lei vicino al left o . Et 3 oc-
cupandolopofeia in altri feriãgi per cafa 3 fifece tagliarc alcune legne, per ap-
preflare la cena 3& mentre egli ciòfacea , comincio la Donna a fcherxar con lu i:
<&3con varij motit, a tentare il fuo volere, Il Caflaldo, che roggp fi conofceua,
non ft baurebbe mat penfato ,n è ft baurebbe mat creduto, cbefojje venuto defide
rio di lui a Madonna, quafi battea , per male, cifella coft gli deffe noia , Ture ,
veggendo la continoare in tentarlo 3 comincio anel] egli arditamente a motteggiare
con le i. Onde effendo ella calda del contadino , &fentedo egli tal deflarfi3cbepri
ma dormiua^le diffe3Madonna3Madonna , quando voi non vi fofle quella , chefe-
te3vi farei bene vedere a cbe vi riufcirebbe la noia 3che datamibauete , & cbe
tutta via mi date.Et chefarefti tu? difsella, vorrefii tu forfepor mano 3 aila feu-
D e G li H e c a t o m m i t h i 1
ricina, che dictro I'hai * io porrei mano ad altro, rifpofc egli, & vi farei di lotto \
vcdere , chora tal cofa è ritta , che fiJiaua bajfaprima, che voi cofi mi tentafle, J
corne tcntato mi bauete. Et che vuoi tu dire, diffe ella ridendo, fa che meglio t'in­
tenda y Non mi vi potrei picnamcntc fare intendere , diffe cgli ,fenon fi venifTe
aliaproua, & a cbeproua, vorrefli tu venire ? diffe ella, bora non mi datepiii
noia riffofc il contadino , chc non mi facefte, o dire, ofare qualche fciocchexga, j
& vi facefji prouare, cbe cofa importi,cbc vna donna bella come voi, dia noia ad
vrihuomo, quando non ha la moglie a cafa, onde poffa sfogare I'impeto, che egli ___
fente, per lo Jiimolo della carne. La Donna allbora non potendo piu tolerarç,
dimora, gli diJfe,vogliOy il mio Caflaldo, cbe la noia,che data ti bo ti riefca a pia ‘ w *
cere : pofeia cbe ti veggo cofi buon compagno, coft come tu fei folo,cofi mi fono an '
chorio fola : come tu fei fen%a moglie hoggi, cofi fono ancb’iofen^a marito ;
& tigiuro ; che quefto motteggiare ebabbiamo fatto inficme,ha deflato il mede-
fimo dcfiderio in m e, che egli ba deflato in te : & fe ci foffe il mo Marito , non
meno gli darei io cbe fare , the tu, cbe fare darejji alia tua moglie. "Non afpittò
il Contadino, chc la Donna finijfe il ragionamento , Maprefo ardire dalle parole
di lei; Et cbe fappiannoi, diffe,cl) Iddio non ci babbia coft lafeiati quefla fera fob,
foli, per cbe infieme ci accoppiamo ? Il credo anch’io , diffe ella : & oue tu non ti
baueffi ad andar vantando, di effere flato con effo meco, ondepofeia me nefeguif
fe danno, & vergogna , potremmo effere infieme coft fegretamente , cbe niuno
mai nefaprebbe cofa alcuna. Io vigiuro, diffe il Caflaldo, che piii toflo mi trar-
rei la lingua, che di ciò mandafji io mai fuori parola . Tenfate voi Madonna,che
*»-
fe ben voi voflro villano mi chiamate, chc io fojji mai tanto villano , che in vece &
della cortefia, che mi vfafle , io volejji, che per mie parole, danno ve ne auerif-
fe,omale,o dishonore ? Ionol farei già m ai. Et ella, me ne darai tu , diffe , la
fede ? an%i fi rifpofe egli, & vigiuro di rimanermene contanto filentio , come fc
mifo(fi nato mutolo; & ciò dicendo,con quella fua nera,& ruuida prefe alia Don
na la molle, & candida mano: & ftringcndogliele diffe cofi fie , Madonna, fenga
alcun fallo, come detto vi ho . Ella, diffe, non voglio , che tu in vano la fede da­
ta mi habbi: & ciò detto , gligittò le braccia al collo,& datogli vn caldo bacio,
Jlefe I vna dclle mam a quelle parti, che tanto i'altro giorno I'erano piacciute,
ritrouatele non meno gagliarde, & ardite, cb'clla illimate le ft haueffe , non le *>
panic efferft male apprefa, & non potendopiiipatire Lindtigio, effendo gia cum- r
figli vfei, & giuocando anco il Caflaldo di mano, gittata la Madonnafopra vna
panca,fi diede a follaggarfi con lei, con tanto piacere della Donna,ch'eUafe nefen
tiua ifuenire. Tofcia effendo I'horagia tarda, fc nandarono a cena, & indi a letto
oue entrarono di mono alia lotta,& da tre volte in fu , ritornarono ad affalirfu
Eranlvno,& I'altra giâflancbi, onde,perriflorarfi a nuoua batlaglia >fi mifero
per voler dormire, e-rfubito cbe il Caflaldo fu fciolto dalla donna fi adormento.
Et ecco, effendogiâpaffata lamela notte,giunfeil Meffere. Onde la Donna,che
fc neflaua ttitta via col cor tr emante, & per ciò non dormiua-anchora, fenti net- >
la u ric il ealpeslio del :auallo , & toccando acrcmente il Vilano, ch'appreffo
' Cera ,
D e c a p r i m a .
ter a., dr baueua a buona cauiglia Legato I'afiino ; fentitii dijfie il calpcsho di q u.c
audio ? credo , che ft a il Marito mio , che dalla città ritoraato fia . Haucua ap­
pend ella finite di dirquefte parole , che il Marito picchiò I'vfcio , dr dijfie , apri.
Mllhora la Donna, tutta plena di paura ,dijje al Villano, che, anchora tutto fion-
nacchiofo ftftaua,che faremo not f*luogo no ci è,onde tu pojfi vfiiire , ficno I'vfcio ,
per lo quale il Marito mio deue entrare : dr ,s egli qui entro ti ritroua,occidcrà te ,
O me ad vn tratto,dr me ne rimanònonpur morta,ma vituperata. Il Villano,
he robufio era dr gagliardo; Me non vcciderà egli dijje, nè anche voi fe vi vor-
rete fiuggir con ejj'o mcco : ecci la Jcurichiç, ch'adoprai nel tagliare le legna , scl-
*la non mi vien meno,me,dr voi ne trarrh io falui.Oime,foggmnfe Vana , che, vc-
nenfio teco, mi rimarreila pin vituperata do;:::a, che rnaifiojfie nata nel mondo.
Mentreella in quefla angofcia era , il Marito picchiò di nuoi:o}&ella,non fiappie-
d o , che altro partito pigliarfi,per fuggire il pcrkolo, efifiendo a canto il letto Par-
ca,oue il Villano bauea vuotato il grano perglipolii; Entra ,g li dijfe ella , quà
entro , cbe non ti vegga egli , In queslo me%p Iddio á porgerà qualcbe Joccorfio ,
dr tcntero io di trarre della camera il mio Marito ft, che tu habbia agio digirte­
ne acconciamcnte:& con queile parole, fatto nafeondere il vile adultero, moflran
dofi tutta fonnacchiofa cofi in carnificia,come era,andò ad aprirc al Marito, d r difi-
feglifiio era cofi profiondamente fommerfia nel fonno,che appena vi hòfientito : Mat
cbe domine vi fid andare a quefla hora a torno s?a rifichio che vi fiofie incapato in
qualcbe flrano accidente, fiono lunghi i giorni, come la mala ventura, non v i ha-
uetepotuto ifpedire tanto a tempo, volendo pur venire in contado , che di giorno
fia te potuto venire.Guardate, vi prego , di metterui in camino a fitmili hore, che
non mifacefle la mal contenta. Io, per dir vero, pin non vi afpettana, d r andata
h i era a dormire, d r buono è ft ato , che rifuegliata mi fiono tofto , chauetetocca
la porta.Ma,poi chefiano fietegiunto ,fiiateui il ben venuto. Il Marito, mofifio dal­
le parole della moglie,dijje,che non era gidjuo coflume, come ella ben fiapeua , an­
dar di notte, dr cb'ejfiendofi Jpedito per tempo nella cittd, dr non hauendo p enfie-
f o di ritornare in villa,fu cauato della terra da vn fiuo amico, il quale bauea non
jfo che briga con fiuo firatello , perche egli componefifie le lor dijferenge, dr che vi
era volentieri andato. perche, fira loro non fcguijfe qualcbe male : E t, accorda­
n t era ritornato alia città,ma,ritrouate le porte ferrate ,fie n’era poficia venu­
to in contado,fiuori d'ogni fiuo penftero. Maledi mille volte firafie tacitamente la
Moglie y con mal animo , colui, che fiitori della città menato I'haucua . Il Marito
le dijje,che anco cenato non bauea, dr la fiollecitò ad appreftarli la cena. Si mi-
fie la Donna ad appreftare la tauola,hauendo tutta fiata il cor tremante, dr cofi
mettendo ad ordine hor quefla cofix,dr hor quell'altra, cercò con ogni induflria di
fare vficire il Marito tanto della camera, che dejficjpatio al Villano di vficire, dr
andarft ad appiatare in qualcbe cantone. E t, veggendo vltimamcntc, che nulla
giouaua,pensòcbe il cauallo,fiul quale egli era venuto, il potcjfe fare vfiiire quin-
d i; dr dijje,dr che volete v o i, Marito mio, laficiar cofi il voftro cauallof*potreb
be egli ejfiendo caldo rappigliarfi, non vi fii hauendo altra cura , però, poficia che
• lajcuto
^sssaÊÈtÊÊÊÈMÊM

D e G li H e c a t o m m i t h í
lafciato hauete ilferuitore nella città,nonfia fe non bene,cheprocuriamo ] che m&
le non gli auenga. Mllhora diffe il Marito, buono è il tuo ricordo, però prendi
il lume, e*r viene con ejjo meco, Ifon fu lema la Moglie, poi che vid e, che ilfito
atufo haueua hamto felice effetto. Tcnfandoft che, mentre erano ambidue occupa­
ti neü'adagiar c il cauallo'il villano ft dcueffe vfeire, & ella rimanerft ft cura, Ma
il Toltrone, fianco della fatica del giorno , & da quella della notte, mentre che
la Donna era flata occupata neferuigi del Marito, ft era coft profondamente adlfr
mentatOyche nonfenti quello, chefatto ft foffe , & nclTarca ft Hettc, corns fe fo-
pra vno agiatijjimo letto ft foffe corricato. Stettero il Marito , & la Mogliepo
co meno,che vnhorafmtorno alcam1lo,onde tenne per certo la Donna, che il V il­
lano fene foffe ito alia fuaftan^per la qual ct>fa contenta, come colei, cuipajrea &
di effere fuori d'ogni pericolo , fen: torno tuita lieta col Marito alia ftanga <& t
apprefiata compitamente la cena , ctnb anche con efjo lui & pofeia infteme ffe.nti
i lumi fe n andorono a dormir c.Ma non molto Hettero nel letto, che il Villano dor
mendo,cominciò,a ruffare con tanto romore,che ft farebbe fentito lontano vn grof
fo miglio, non che da quelii, cb’awio nel letto . Il che fentito, il Marito diffe alia
Moglie , fenti tu quello firepito f cheèeglilDeue effere, diffe ella il cane del Ca-
flaldo,& ft credeua,cbe coji veramente foffe, iilimandofi, che il Villano fe nefof-
fe andato. Ma,fentendo il Marito pur continouare il romore, egli mi pare a im , #
diffe, che cane quefli, ft fenti la Donna, a quefla voce, pungere il core dc aentiffi-
mo coltello , & conofccndo ancb'eUa, che quegli il Villano era,o maladetto ftj tu,
diffe, tra fe, con tuttala tua cafa, & poco mancò che non ifttenifje la mifera , per
tambafeia , che la traffiffc . Il marito tutto con I'animo fofl>efo,algata la voae^chi
èlà ? diffe,non odi ? chi fei tu ? fueglioffi il villano, a quejla voce, & ritrovatoft
nell'arca tutto fonnaccbiofio isbadigliando,fono io diffe, Meffere, che volete v-ei da
me , La Donna vedutafi a cib condutta , prefefubito partito allafua falucgga,
& che fai tu itti ? diffe,Malmglo, & a che fine fei tu venuto ? & quindi tOjHo n-
uoltafi al Marito , diffe, Marito mio , quefio feelerato ,fapicndo , che voi mu ci
crauate,ft era qui afeofo per darrni morte, & via portarfene cib, che ci habhiamo
di preggp.Ma hogratia a Iddio, che vi ha fatto ritornar tanto a tempo , c'baucts
impedito il fuo mal penftcro; &glicne daretc quelgaftigo,di che egli ê degno, pi
gliatela voflra ffiada, & io piglierb quella hafla , che qui al letto baHcte,gr vcci
diamo qtieflo ribaldo . Sra buiol'aere, & nella camera non ft vedea lume , Onde V
fentendo il Villano , che di vile animo era , & come fiordito ft flaua , che la Don­
na flimolaua il Marito a dargli morte,perdette, infteme coll'ardire, la voce, fen­
tendo egli, & quella,& quefligridare ad alta voce ; Traditore ti pagherb , come
tu meriti, & msnatè le armc , in varic parti della camera , & ffccialmcntcfotto I
la lettiera,oue la Moglie hauea condutto il Marito, fingendo che là fotto egli foffe
appiatato, ponendoft ella da canto, oue era I'arca, & il Marito dall'altro, & tut­
to cib percbe egli non vi ft appreffaffe al Villano, mille volte era venuta la parolair
fullelahbra per dire , che Madonna I’hauea fatto iui nafeondere, ma, temendo la / ,
morte fe tier a Hato cheto, & fentendogli ambiduc occupati intorno at letto , vide
darff
D e c a P r i m a 6 ~\
darfl agio a poter fuggire : & come , qticgli che bene fapea il coflume della ceifa,
f Svfà di la entro. St nell'vfcirc die inguifa cCvrto a Vana 3 che la flcfe in terra
quanto era lunga; Et ella difle, oime Marito 3 che queflo ribaldo mi ha percojfa,
& fton morta,corfe il Marito alia Moglie3 & il Villano aperto I'vfcio, fe ne fug-
g i . La onde 3 hauendo fentito aprir I'vfcio il Marito 3 dietrogli corfe col coltd-
10 in mano , per dargli morte 3 inflno nel cortile: & , nol ritrouando 3perb che
illano bene ingarnbe era, & flauafi ficuro nelle tenebre della notte 3fe nc ri-
i-- tornbincafa. La Donna in queflo mego accortaallo fuo fcampo, haueagittato
'Ja fcuricina, che la [era hauea ripoflo il Villano 3 quando ft jfoglib 3 a pie del
i» letto , neIfarea : & pofeia, riduttafi alia porta 3 comincio a gridare 3 tagliate a
pe'Zgi queflo maluagio 3 mamgoldo clo egli c . Coft lddio mi guarda 3 comeegli
è degno della forca , alia quale voglio, che il f acetate condannare 3 fe forfe nol
giungete v o i . pitornatofl il Marito tutto affannato in cafadomando la moglie
fe forfe ferita ella fo ffe,& dicendo le che nb3men mal difle egli poi 3 chetii fei fa­
na.Ma che tipar Moglie m a di queflo maluagiohhe me ne pare eh,difle ella,Tu£
a to quel male, che di [celerato parer mi debbe. Non deurebbero i Mariti mat la-
feiar le lor Donne ne folinghi luoghi della villa. Che fappiendo flmili ribaldi3che
noi di natura timide fiamo3et deboli pigliano ardire3 & ft armano alia noflra mor
tc.M che mi farei io flata condutta 3 angi,per dir megl\o,a chefaremmo flati con-
dutti 3 amenduniyfc ilruffare di queslo traditore non cel facea fenfire f lo fon cer­
tamen te fleura 3 chefe, per noflra malaforte3 ci addormentauamo, egli rivccide-
ua entrambt. Ma il Signore lddio,difenditore degli innocenti, ci bd voluti aiuta-
e,pot ch'egli fteflo ft è palefato3per la noflra fxlute. Il Marito, credendo 3 che co­
ft appunto la cofa fofl'e ( & chi creduto non fhaurebbe ?) oue difle ft potcua egli
efftre appiatato coflui f Non so io,rifpofe ella, accenderemo il lume, & vedremo
fefbrfepoframo vedere oue egli afeofo s'era:&, con quefte parole accefo il lume,
videro aperta I'arca, Onde to flo la donna difle egli era qui quel ribaldo 3 Marito
mio vedete3chef celerato huomo , Tofciaguardatiui dentro,& ritrouatoui la feu-
ricina,ch'ellagittata vi haueua, la prefe in mano3 & dijfe : mifera me3 vedete fe
queflo traditore hauea fatto difegno di leuarmt del mondo?& pofiia trouatoui an­
co il facco:vedete3difle3fe f animo fuo era di leuarci quanto di buono qui haueua-
mo?voglio3difle, che dimane alio fpuntar delgtorno ve ne andiate al Todefld con
quefti inditi), accioche egli habbia ilgaftigo, di che egli è degno. Il che hauendo
egi) detto di voler fare3chiuft gli vfci3fe ne andorono a dormire. Et la mattina ,
per tempo 3 leuatofi il Marito fe nandb a Bfmint al Todefta,&pofeui la querela.
11 Villano,ch'appiatato ft era in alcttni cefpugli dietro la cafas haueua pienamente
i intefo cib3che detto haueano infteme3& la mattina3poi chefu partito il Marito3 di
fubitofe ne ando alia Donna fegretiflimamente , & di lei ft dolfe3che in talpert-
P-colo fbauefle meflo. Etella meritaui 3gli difle3 di effere tagliato a peg^i, & qual
, farebbe flato quegli 3che,in ftmil cafo ft fofl'e addormentato 3 & nonfe nefuffe fug-
c^e ian*oagio 3io dato tenehauea ? Ma ringratia lddio , & I'auifo3 che
mi venne in coft gran bifogno,<gr che non menai ali'arca il mio Marito, accio ch'e­
gli
D e G li H e c a t o m m i t h i [
gli ti fuenaffe3dormiglione infenfato 3fonpericoli quetti da dormirui fopra? M.a
cofa infin qui è paffata molto . Bifogna che3per tuo bcne3 & rmo 3 tu quinci ti par$I
ta 3 & perche tu tipojji partir contento 3 & fenga danno3tê3gli diffe3 quefti fiorjr
ni d'oro 3 & vattene in Lunigiana 3 onde tu f e i. ll Villano viftoft dare tanto 3 che
fi rimafe contentijfimo, ritornò vnaltra volta3 afcaricar la fomma con la Madon
na,per pigliarne 1'vltimo commiato via fe nandò. Et il Marito 3 fattolo bandirt
per maluagio3colla fua Donna fi flette , tenendola non meno borieíla , ctíegli
teneffe prima3ch'ella non fi vile adultero fi congiungeffr. *V
*

SI RI T ROVANO TRE HVOMI NI 1NSIEME, SENZA HAVER


altro che mangiare,che una picciola fchiacciata, fono a contefa di chi ella debba effere;con
chiudono ch’ella fi fia,di chi p u nobil fogno fara,deere, l’uno, ch’era foldatolafciagliaU
cri due celia lor fapienza fcherniti.
N O V E L L A III.
V biaflmata incredibilmente dalle dome la dishoncBà della U-
feiua moglie, eír Jpiacque lorot che non baueffe dal marito guider-
done conueneuole al fuo gran misfatto. Ma parue bene a gli huo•
mini, cb'clla molto aflutamente baueffe ifcbifatto il pericolo3cbt
le fopraBaua : & differo alcuni3cbe Le donne troppo benefapea-
no j oueil Diauolo teneua la coda3Horatia3cui toccaua di fauellarefarebbe , dijje
morto Maf f mo , segli nonft daua a dir mal di qualche donna. Tsfon ha mat bene,
fenon quando addoffo egli ci flà . Et oueydiff?egli3mi poffo flare io meglio 3Hora-y
fia3che fulle donne 3 le quali fono la piu dolce cofa del mondo, maffimamente qudn
do fonOyCome voi belle ?* Mi marauigliaua foggiunfe eUa3s'iopotea dirparola3che
vo i non la piegafte a male3fcte troppo piu malitiofo 3duo non credea. Et non Coa
che mi tcngaycbauendo io hora a fauellare3non vi mottriycbe tanto pocafcde e ne
gli huomini verfo le donne , che selleno talhora ginocano con loro del pariy non è ^ _ *.
da marauigliarfene punto 3Ma non voglio io farui arrofeire, come voi bauetefat ’■P
to arrofeire noi, col narrarei gli atti dishonefti di quella maluagia , Verb lafcian- 1
do flare il ragionar di ciò, vi voglio con vna breue nouella moflrare, che molte
fiate la fapienga altrui vinta ft rimane da vn naturale accorgimentoych'altri ,fen-
%a tanta profondità di feienga , fa deflo a quello 3 ch'egli far debbe , & anchora
che il pariare ydclle cofe che a dir mi apparecchio3poffa forfe parere piu alto , che
a Donna ft conuenga, non mi voglio nondimeno rimanere di narrare tutto quello,
che mi riferi vno di quelli3 de quali nella nouella ft fa mentione , mentre erauamo
in cafa del Signore Colonnefe3onde ci ftamo partiti. ;
TfE LLyA miferia della noBra Cittâ 3 che noi lafeiata ci habbiamo a dietro,
foprauenne3doppo le altre fue infelicita, la careflia del viuere y che noi fappiamo,
onde felice ft potea dir quel Romano 3c baueffe,non dirò da fatiarft la fame, ma pur
re poteffe bauere qualchepoco di cibo di qualunque forte egli ft foffc3perfoflentar
fr.Verò che la moltitudinede i maluagi Soldati, haueano cofi confumata ogni co-f.
fa upperúnente al viuere humanoy che nulla piu vi era rimafo, fern n quello, che *
di fl*Q°
/ Deca P r im a . $
fi fuorívéniua, portato da flraniere genti, auide dei guadagno, il qual tu tto, ó
;on danari,o a viua forica, era occupato da Soldati, toflo cbe compariua. *Autn-
ne in quefla graue, & eHrema miferia , cheft ritrouarono tre Gentilbuomini in
vna cafa,de quali 1'vno era Filofofo, 1'altro Mflrologo, ivltim o Soldato, i quali
in quella cafa tanto di farina trouarono,quanto poterono fare vna picciola fcbiac-
,da effere cotta fotto la centre, La onde effendo tutti è tre molto flretti dalla
ame, & parendo lorof cbe non foffe baiieuole quel cibo, per vn folo,non cbe per
^ ju tti è tre, venuti tra loro a ragionamento, conchiufero, cbe meglio era, cbe vno
folotutta la fi baueffe, ch'ella foffe inutilmente diutfa fra ere. Ma poflo cbe tutti
ut conuenijfero in queflo, erano nondimcno tra loro difiordi,qual effer quegli douef-
:oft
aU fe, cbe tutta la fchiacciata fi haueffe a mangiare. Tero ebe il Filofofo dicea, cbe
ella a lui di ragion fi deuea dare, perche egli era piü nobile degit altri, come co­
lui , cbefapea tutte lecofe della natura: Ma\l'\Aflrologo , cbe in cofa alcuna non
fi tenea minor di lut,fe la nobiltà diffe na/ce dal fapere , dcuefji queflo cibo a me,
/* non al Filofofo : Tercheoue egli appena arriUa alia cognition delle cofe, cbe fon
fotto la Luna, per natura mutabili, Io trappaffo i Cieli , & me ne vò di vno , in
vno a mio dip orto, flandomi fulla cognitione delle cofe eterne, le quali fono fem-
pre le medefime, & fempre ad vn modo fi flanno. Il Soldato , cbe fenti cofloro
pariare di cofe tanto alte, & eccellenti diffe fra fe,fe la cofa fi dee, per tal cagio-
ne ottenere, io fengq alcun dubio nefiongia dei tutto fu ori. Ma quantunque egli
non fi conofieffe atto a potere con ragioni fuperare que due, non voile nondimeno
ancare a fe medeflmo, come il difcorfio naturale gli dettò, cofl cominciò a di­
re . Io fon flcuro,che io opporre non mi faprò con argomenti alie cofe dette da voi
perprouare la mia nobiltdja quale non tengo in parte alcuna minore della voflra
fe bene io mi fono apprefo ad adoprar la (pada, piu toflo, cbe a volgere i libri del-
le ficienge, delle quali voi fete maeflri. Le quali ficienge non v i varebbono nulla,
Jv fe la fpada non vi difendeffe dalle ingiurie, cbe vi farebbono i maluagi, fe di noi
non temeffero, T^oifiamo quelli, cbe v i diamo Potio alie contemplationi , & v i
1 facciamo viuer quieti: fiamo quelli, per virtu de quali ,f t mantengono le leggi,
& la vita ciuile: & breuemente è da noi conferuato tutto quello,cb’è tra gli huo-
mini di vtile, & di honeflo, le quali cofe ,fe fieno da voi con diritto occhio confi-
derate, vi far anno giudicare, cb'iofono di tanto maggior pregio d'ambidue voi,
quanto il conferuare auanga tutto quello, cbe fenga il conferuatore fe nandrebbe
in nulla. Effendo adunqne la contefa a queFto termine ridotta, & tenendoft cia-
‘M fcuno di ejji piu degno de gli altri, non ft veniua a fine della tengone, & pur la fa
me tutti e tre flimolauagrauiffimamente. Ter la qual cofa il Soldato,cbe di viua-
ceingegno era : & come piü giouane de gli altri maggior defiderio di mangiare
hauea; diffe, già apparono le Helle in Cielo; & la fchiacciata non è anche cotta:
'Tero a me pare, & credo cbe cofi anco ad ambi voi debba parere, ch'ella ft met-
ta nel fuoco a, cuocere, & ciaficmo di noi fi vada a dormire, & ella di quel di noi
fia, cui fieconccffo dal Cielo di fare fogno piu bello. *Alla propofia dei Soldato ri
fero tra fegli altri due, come fbaueffero per vnoficioccoiveggendo, ch'egli arta-
* Tar. Trima I
I
D e G li H e c a t o m m i t h i
tamentc bauea d o propofio, $omc ch'egli fi penfaffe di poterfi fingere fogno alcuJfi.
no, cbc auangaffe loro. I t jiandofi fra loro fu uri, cbe ad vno di loro due dcuefffl
toccare il cibo,fi mifero inferne coi foldato a fingere di dormire, tu ti in varia
f l.m

ge, & 1'vv.o & taltro de git fiicmiaii finfe di bauerfi fognate dormedo le uu* mu
ramgliofe cofe, cbc m:a fi vdfiero . Ter cbc il Filojofo diffe , di hauer veduto in
vifione il Maestro delia natura, trar fiwri di tjitella confufa mafia , (ihe cbkmii.
no Chaos, per efferui it mejiuglio di tutte le cofe, cbe fi deuean creare) con heifij-1
fimo ordine inito qtu lio, cbe mi ctitro era confufo , & dare alie femplki cofe let
lor qualità, & hifi eme i for determinati luogbi, e ) le lor fedi, & cbe amfwra
ch’egli baucffe veduti que quattro femplici corpi,áò è Foco,.Acre,^Aequa, Terra,
trafe di natura contrary, gli haucua egli nondimeno veduti difpotrc inguifi, per
la creatione di quanto fi haucua a prodicere,cbe nella generatione defle cofe,fi vni
nano amicbeuolmcnte;& narrata loro la creatione di quanto èfenga anima,fufe
alie fo(iange animate : & diffe, cbe ne vide fare alcune infenfibili , & fenga mo-
umento alcuno da luogo, a luogo, cbe loro natural fojfe, altrefcnfibili, ma di po­
ta forga, le quali erano poco differenti dalle piante, & dall'herbe, & altre ani­
mali perfetti, cb'erano & fenfiibili, & mobili: & qui fi die a difcorrer e tuite le
nature de gli animali, tanto chegiunfe alfhuomo : & diffe, hauer veduto il Fau­
tore eterno bauere a lui dato ffinto,& intelletto diuino, & non pure hauerlo fat
to Signore di cio,ch’egli creato bauea, ma datagli podeflâ di poterfi fare, tol lume
della ragionc, poco meno cbc diuino : & datagli auttorità di formar leggi,& or­
dini, to quali non pure egli fapeffe reggere fc medefimo, ma le famiglie , g? \ po- (
poli ,&■ moftrar loro la via di viucre coti Ioda , & finalmente di acqu fturji vi~ '
nendo tranorTempi ter no honore, & nel Cielo,faoltt dal carcere terreno,tra bea
ti eterna,& felicijjhna vita. Il Soldato,vdite quelle,& altre maruuiglie «the il
Filofofo raccontò intono alie nature di tutte le cofe, le quali, per non andar trap- i
po in [ungo, mi t accio,diffe; Non so, Mef]erc,fe queflo altro camp agno fi 3 per a-
u angarui di tanto, ch’egli fe nbabbia ilpregio, Betiiffimo è terto que sio vafro fo­
gno: a me pare,cbe mentre hauete dormito,la Kfitura iflcffa fi vi ft a tutu Pieria-
mente mofirata,& vi habbia fcoperti tutti i fecreti jnoi; & ciò det to, attefr vui
le, cbe D l Tirologo chr fi volejfe, Il qu.de, toflo cbe vide , cb'a lui toccauc ■- vel
ta, diffe, Tanto mi credo io , cbe debba parere pin bello U mio fogn oqu *ntó lo
fi:orrere le cofe celefii, porta fecopiü grandegga, & piii nobiltà, cbe u .A:re noti­
tia defle cofe naturali, da fe corruttibiliglmcno ne particolarfouc etern: ,) r im­
mutabili fono le celefti. Et qui diffe di effire fidito dalla Terra alia Sfcra ddt.Ac-
qita, & pnfeia a quella dcll’.Aere, & p affata qiu lla del Fttoco effer fabto al cer-
cbio della Urna, il quale,come era il primo di tutti i corpi celefii ai fire in sit,erA
f vitimo di tutti allofcendere datio fellato a lui, & hauer veduta effa luna ofiu-
rijjima, ma riceuere lo fplcndore dal Sole : gr cbe, fecondo, clfclla era pi/blon ta 1
na, & pin vicina a quel lume, cofi l'bauea veduta moftrarfi bor piepa , bor me­
I
ga, hora cornuta. Et indi effer paffato al Ciclo di Mercurio , ejr pofda a qucllo di / Á **
Vcncrc3& da questo alia Sfcra del Sole 3 & gli parue , ch'egli fojfe non toccbio
■ detV
V
D ec a P r i m a 66
'el mondo, ma il core dei Ctclo, & il vero fonte di tutta la luce:& vi aggimfe,
sbel'bauea veduto [correr e ,per via obliqua, per dodici moflruofi fegni , per [arc
a noi il riuolgimento degfi anni, & quindi effer puffato one ba la fede fua Marte,
Jlella furiofi, come quell a di Clone, cbe fopra dl lui flana , era tutta benigna , &
corteje . Et pofeia ejfcr it o alia tarda flella di Saturno,da fc melancólica , & tri-
JlçSL& oltrc tutte quefle Sfere, cfferc alia ottaux [alito, doe detta il primo niobi
cbe comi ene in fe tutte le altre : & non tronando [opra cffa altra Sfera, vi-
e , cbe vana era Fopinione di coloro cbe oltre I'ottaux , nc poneano vna altr-a ,
cbeyell'vfji cio de i m oti, [aceffe quello, cbel'ottaua [a , la quale haueua veduta
ornata diflelle lucentifjime, in efjafifje , & flabili, & non vagbe , & erranti,
come le [ette dette difopra , baucrla veduta con velociffimo mouimento fcorre-
re nello fbatio di ventiquattro bare dalíOriente , all'Occidente : & quzntunque
le altre per contrario mouimento ft volgeffero, & fof[cro tardc a compire il loro
viaggio: erano nondimena da qucfio ottauo Cielo condone ncl medefmo termine,
con eJJ'o lui dalfOrto , alio Occa[o, & cbe qucfio era cagione , cbe anchora cbe il
Sole non compifca iljuo corfo fe non in ifpatio di vno anno intiero.gr la. Luna di
vn mcfe,& gli altri planetti[ condo il loro tempo, fuff to non diraenn rapiti tut-
ti inferne fecondo il moto dell'ottauo Cielo,& il Sole ognigiorno ci nafeeffe, & ft
lmilmente ci mancaffe ,et nafeeffe ,et mancaffc parimente a gli al>ri,cbe fotto noi ft
ftannOyEt cbe dalla contrarietà di quefli mouimenti de i corpi celefli, haueua egli
fentito nafccre vn [nono pieno di tanta harmonia, gr di tanta foauità , cbe finale
’ion[ potea fentir fra noi, con quanta induflria vi fapeffero porre , & con voce,
co flromcnti, tuttigli buomini del mondo.Etfoggionfc,ch'egli mirando dali'al-
tegga di quel Cielo, dal quale erano contenuti, & rapiti tuttigli altri, alia terra
qua fi fi vergogn'o d’efferui nato, veggendola eff'erc come vnpicciol punto appref-
^r[o alle altre Sfere,delie quali fi è ragionato , gr cbe ft era marauigliato , come i
■mortali per cofi poca cofa veniffero non pur a tentione, ma a fanguinofe battagile
I però che tutta la circonferenga della terra gli pareua di la [u vie minore di vn
grano di miglio,& cbe ebiedendo la sit la cagione, per la quale pareua a gli bita­
mini qui a baffo tanto prande la terra : gli fu riffmflo , cbe ciò aucniua peri he noi
ci poneuamo fulla pupilladell'occhio quel picciolo corpo , il quale nc occupa ltd
toft la villa, cbe one egli è quafi nulla, ci parcua grandi[imo, Et difeorrendo va­
rie altre cofe intorno a i mouimenti,& alls nature de i pianetti,no men belle, cbe
marauigliofe, le quali troppo tepo ricercberieno a raccontarle,pofe fine alfuo ra-
gionamento. Il Soldato, qiuntmque non baueffc riuoltc tante carte , quante ad
apparor quello,che gli altri baueano moflrato di [aper e, co fogni loro, gji [treb­
le flato niefiieroycra nondimenopiit fcientiato di loro in qucfta parte, Onde men-,
treche que duc, narrauano le rnarauiglie , & effo le afcoltaua , ft era rifo di taJj
. JjgSjfrville volte fra fe. St tacendo gia l’\Aflrologo, diffe. TSfel vero,a granrif-
cbio mi fono ip poHo,coll'cffermi meffo afar prona coi rnio fogno,con quelli di coft
\ gf sn r'-1;efh i nel Capere , come voifcte, & mi deitcua Ia voflra fcicn%a ageuol-
' rnentt mojlrare, chefiando voigiorno} & notte nolle contemplationi, non vipo-
I 2
D e G li Hecatommithi
teuate dormendo,fognare altro, che cofe marauigliofe , ejjendo vero quello , cbojf Tg|
vdito dire, cbe il piaceuole forno rapprefenta alia virtu fantafticd , cui formo norm v á
lega, quello, cbe altri ba trattato ilgiorno veggbiando, Ter la qual cofa, deue- .Í
m io, infinda principio, lajciarui vincitori, cbe mi poteua molto bene imaginare
fenga venirne in proua,cbe io, aueggo alie battaglie, & che nonmaneggio altro TWé
cbe fl>ade,& lancie, & che nonfon mai gito piu alto di qucllo,cbc mi habbiapor-
tato il mio corfiero, non era atto afognarmi altro, cbe cofe terrene , e*r matétfmkf
l i . Ma poi cbe cofi ci fiamo conuenuti infieme, & patuito bauemo , ctiognuno^K
narri il fogno fuo, per non voler partirmi daltordine dato tra noi, non vogliq ri- \
manermi di dirui quello,cbe nelfonno m ifiè rapprefentato. Mentre adunque,cbc
io infieme con voi mi era meffo a dormire nella mia ftanga, mi fon fognato, ctíera t *
flato meffo da rumici afjedio alia mia terra, Ondc mi era flato bifogno prender |
larm e, & montare a cauallo,per difefa della patria mia : & doppo Ibaucre ba- ^
uuta, co gli altri miei Soldati,& Capitani vittoria de nemici, miparue nel ritor.-
narmi, tutto lieto dei felice auenimento, a cafa, cbe mi fi parajfe innangi vna no­
bile Dongella, tutta dolente, & fcapigliata , che con lagrimeuole voce, mi clue-
deua foccorfo contra vn o ,il quale di lei fi era imamorato , & non potendo veni­
re alfine deifuo amore, per lhoneflà della Donna, I'baueua accufata al magiflra ' ^
toper dtshonefla, onde era di bifogno cb'ella o fojfe condannata alia morte ,o
che ritrouajfe vn Caualliero, che la difendeffe da coflfatta accufa. Et mi parue
che io, moffo dal pianto della mifera Donna , & dalla ragioneuole cagione, per
la quale eta mi chiamaua, in aiuto dellafua honeflâ , me ne andaffi alio ftecca- (
to contra I'accufatore , & i u i , meffo mano all'arme, doppo lungo trauaglio rt*-
portajji vittoria del mentitore, & ferbaffi I'honore alia innocente Donna :& cbe
pofcia ritrouandomi, dr per la fatica durata in difenderla , & in feruare il fuo
honore alia vergine, a torto accufata, molto flraco, & afflitto, per riflorarmi
alquanto, me ne andajji alia fchiacciata, & la mi tnangiafji a foflenimento del­
la mia vita. Queflo è il fogno mio, dijfe il Soldato . Il quale fe bene è da mol­
to meno, che non è quello di niun di voi, lo vi ho nondimeno voluto narrare, non
per agguagliarlo a voflri, ma per farmiui conofcereperditore . Et però io me ne
voglio rimanere da parte, & lafeiare, che voi fra voi due determinate,qual di
voi fia piü degno della fchiacciata, & quello di voi la ft habbia, che vi conuerre-
te fra voi per la eccellenga delfogno. Finito, chebbe di ragionare il Soldato-,
gli altri due, veggendo, ch'egli, come perditore , lafeiaua loro il conchiudere
chi la fchiacciata pigliarfl deuejfe, furono tra loro a contefa , volendo moflrare
rvno di meritarla piü dell'altro. Et doppo molto hauer detto, & ridetto, ft rifol
fero, ch'ella tra lor dueft partiffe in parti vguali,parendo loro di hauere afjai gua
dagnato,poi-che il Soldato,per fentenga data da lui contra fe flejfo ft fojfe rimdfo
fuori di fperaga di deuerne bauere parte veruna,et cofi fe n andarono alia *fMfito
oue la fchiacciata era flata mefj'a a cuocere,la quale cenere, era acconcia in quel-
la medefima maniera,nella quale era quado a dormire fe nandarono di commune
concordia, rengratiando il Signore Iddio, chauejfe indutto il Soldato, che potcua
I * D e ca Prim a. 67
torflogm to fuper forget, aflarft contento di quello,che laforte glihauea dato.In
? que flo Urco lodarji di quello, ch'era auenuto , pigliò 1'vno vn baflonetto : & ten­
tando di trarre la fcbiacciata delia cenere,doppo molto hauerfrugato,quà,& Id,
<*r non la vi tronando, voltatofi verfo 1'altro , lafcbiacciata non vi è , dijjc egli ,
Come che non vi è ?diffc quelíahro, la vi ponemmo pure , & la cenere non era
ijnto moffa da quel, in che la iafeiammo, quando a dormir ci andammo; cbiama-
mo ambidue tutti cruccioft ii Soldato, & differo . Come slà egli ciò,Soldato?la
' * fcbiacciata non vi è. Come che non v i è t diffe egli, Tgpngiâfoggiunfcro gli altri
duc, la dei tu hauer mangiata. Non hauete voi,foggiunfe il Solidato, ritrouate le
ceneri, nel termine,in che voi le UfciafletSi bene, rtfpofero gli altri, ma nongiâ
v i ritrouiamo quel,chefotto lor fu meffo, perche tu leuato thai: & fe dormito h»
io, come voi,come la pojjo hauere hauuta rijpofe egli t Ma vi dirò quel ch’io fento
intorno a quefio fatto. Nonfarebbe forfe maraui£lia,fe oue voi vi fete diportati,
tol£ali delia fantafta collâ, oue nonft bee,nè ft mangia , tgr effendo io flato in ter­
ra, come vi ho detto, mi fofji imaginato coft il vero dorrnendo, nelle cofeterrene,
come voi mi hauete voluto dare a vedere di hauerlo veduto nelle immortali, &
nelle celcfli:& oue la voflrafottile imaginatione ha condutta la mente voflra al­
ia menfa delle cofefoblimi,ouc marauxgliofamete vi hauete goduto,coft mi hauef-
ft ancb'iofm queflo luogogoduto, di quel cibofil quale,quanto al corpo,deueua ef­
fere di vno di noi, & come voi vi hauetefatiata la fame dell'animo a quella ricca
menfa, coft io bauejjihauuto da quefte ceneri,come materiale, & di nofottile m-
v %egno,conucneuole cibo alia miafame. Ma come ciòfi fta flato, non vi faprei bene
*«o dire,fol queflofo, th'eff'endomtfognato di hauer mangiata lafcbiacciata,coft ri
trouOycbe nel vero è, et voi vero altrefi vel ritrouate. Conobbero allhora que duo
troppo bene,chefcherniti erano flati dal Soldato:et ctiegli,fenga hauer voltati li
^«bri,od apparatefcienge,via piu di ciafcun di loro hauea fxputo in queflo cafo, con
^ quanta ejji fatica haueanfatta negli fludij.St hauerieno ambi due sfogata contra
lui la conceputa ira,per lo riceuuto fcherno:Ma no conofccndoft da ciò,effcndo ejji
frnga arme,et egli armato,& efji deboli ( la fame,et egli piü,che prima gagliar
do, per lo riceuuto cibo,fe ne rimafero coi danno,et collepeffc,conofciuto tardi,che
nelle cofe dei mondo,altro ci vole chcflarft tutta via fu le conteplationi,fenga pie
gar l'animo a quel,che far fi debbe;et che coloro3chc coft fanno,quadopofciapro-
ueder non vi ponno,s'aueggono chefani poffono effer chiamati,maprudeti no mat.
VN G I V D E O , I N HABI T O DI PRETE DA AD I N T E N D E R E
ad vnoauaro di volerglifar ritrouare vn Theforo,& pofcú fchermcolo lafcia.
N O V E L L A 1III.
IS E Bfl) le Donne par'mente,et gli huomhii vedutafa fluita del-
tacorto Soldato. Et comhiufcro infume, che (pcfjo piu vale l'ha­
uere fperienga delle cofe dei mondo , che lo flare tuita flata fullc
contemplationi. Et fu detto, che auiene fptfjo a tuli quel, che gid
auenmeiTalete yil quale mentre fl fi ana tutta via co gliocchi
* Tar. Trima 1 2
De G li He CATOMMI THI {■
intenú-d contemplare i moumenti del Cielo, & i l corfo deUe fleüeynoft abbajJhii-tj I
do mat la vitta alia terra, nel voler mutare il paffo, cadde in vna buca,cHegli bè
ueua inanft a piedi, come egli foffe ttato cieco. Et effendoft ognuno racchetato >
diffe Liuia, la quale fapea cbe il Marito di Horatia fra que Giouani, cbe fauella-
uano, molto ft ejjercitaua in opere di caualleria, Hauete bauuta ragionc Horatia
di far fauore al Soldato colla vottra nouella,ma s'egli I'baueffe bauuto a fire.çgn
due di quettt nofiri Giouani, non baurebbe forfe lor fatta la beffa,di che ragiomi-k
to ci hauete 3buono fu per lui3che egli ft abbattette in que due mclenfi, cbe fefof­
fero flati de nofiri 3 fe ne farebbe il Soldato per auentura rimafo digiuno . Rife la
brigata alle parole di Liuia,pofcia, deuendo ellaftguire l 'ordine del noudlare.dif-
fe :mentre cb'Horatia ha fauellato 3 mi fono andate molte cofe per la mente, le
quali nonfarieno flate lontane da quello3cb’ella ba detto : Ma 3poi che non fono
aftretta a pariare piu d'vna cofa , che di vnaltra, & poffo liberamente fcorrere
per queflo campo3ve ne voglio io raccontar vna3la quale3come fu vcra,cofi potrd
moflrare, quanto bifogni ,-ch'altri hoggidi ft moftri accorto nel mancggio delle
cofe del mondo , Et quanto poca fede alle volte bifogni dare a buona prcfen%a >a
graite habito ,& a matura etâ, di chi ft offerifce da fe a voler fare vtile, a chi non
glide chiede. Et potrete parimente vedere3 che I'auantia, et la troppa ingordigia
deü'bauere,ffieffo è cagione3ch'altri3credendoguadagnare3 riceue no legger dano. v
F V I N Imola,Città fottopotta all'lmperio della Chiefa3vno che Giacomino
haueua nome3 il quale, quantunquefoffe afiai abondeuale de bent della Fortuna,
haueua nondimeno tanta fete di aumentare le fue faculta, cbe flando d i, & notle
fu quetta fantafia ,ftffruggeua nelpenfare 3 come poteffe piu arricchire 3dandà ’
chiárifjimofegno3 che tantopiü in lui crefceua il defiderio delfhaueve, quanto piü
crefceua la roba. Era il coflui defiderio coft manifetto ad ognuno, che non era huo
mo netta Città, che non I'baueffe per lo piu auaro huomo, che foffe mai fra quella
gente. Et effendofi fparfa quetta fama per tutta la Romagna 3 & indi inftno nclia
Marca, vn Giudeo Marchiano , il quale, oltre ch'era ribetto della fede Chrittiana
come naturalmentefon tutti3erafeelerato fuor di ogm mifura ,& in fartruffe mol
to accorto : ft delibero di voler tentare la fua fortuna, & di vedere fe col promet
tere a Giacomino difarlo arricchire, poteffe egli trarne moltoguadagno. La on-
de, pigliato vn venerabile habito da prete, & vefiitofene, & attaccatofi vn fuo
■breuiario a cintola, ad Imola fe n'ando. Era egli di afpetto graue , & con barba
lunga, & canuta, Onde moflraua di effere tut to bontà : & aggiungeua a quetta
naturale apparenda moita riputatione, l'habito, di che egli veflito ft era ,
tal che p arcua,che foffe vn Socrate,od vno \Ariflide,& nonfarebbe flata perfona
che no haueffe data piena fede alle fue parole,oue egli di quello no gli haueffe par-
lato ,di che voleua pariare con Giacomino, cui I'auaritia appannaua gli occhi del-
Vintelletto. Vemto adunque cottui ad Imola, cercò d'intendere qual foffe la Chie* 'S'-
fa,oue Giacomino ftfolejfe ridurre : & hauendola intefa, cominciò a frequentaria
fera,& mattina, fingendo incredibile diuotione ■:pigliata amicitia dique religio- ff'm
ft dilà entro, come benefoffe egli ttato vn fantijjimo facerdote, non lafeiaua, che
ft cek*
r
D e c a P r i m a - - <58
üebraffe ttê mef f a, nè officio, al quale egli non foffe prefetite. .AUefifiè, the Gia
comino, veduto coftuipiu volte, con tanta affettione glipofe gliocchi addoffo che
tuttaardeua di potergli pariare, per fapere chi egli ft foffe.Et venendogli vn gior
Jt‘ |po in acconcio gli dimandò,chi egli era, cui rifpofe cgli,ch'era vn Sacerdote,ilqua
le,inflammato dell'amor d'Iddio, & hauendo in odio legrandczge del mondo, ft
fgsfe&fcito della fua patria, oue egli agiatamente poteua flare,come quegli, che di
bentrate di beneficij era molto abondeuole, & defideraua di hauere in qualche fo­
d it ario luogo vn ridutto, oue egli, attendendo folo a fue orationi,et alia falute del
I'anima fua,fe ne poteffe flare, come vn Heremita,lontano da gli Jlrepiti del mon
do, & ch'egli per do non cercaua premio alcuno, perche egli ft era difpoflo a vo­
ler viuere di Limoftne . Era coflui, prima che ad Imola giungeffe, andato in ha­
bito di pellegrino,ad vn luogo,che di Giacomino era, non molto lontano dalla Cit-
' tà, & vi hauea vcduta vna picciola Chiefa, la quale ritrouo fenga T rete,& in-
tefe ,che do era,perche Giacomino nulla gli volea dare,dr oltre do hauea,il giun
tatore,con tanta diligcnga difcorfo tutto quel podere,che non vi era non dirò arbo
re,nè flerpo, ma nè herba,nè Zolla,ch'egli non nefapeffe rendere quel cento , cl: e
kaurebbe renduto segli Signore ne foffe flato. Tofto che Giacomino intefe, ch'egli
fenra falario poteua hauere il Trete , algo le orecchie, dr gli parue vn'hora mille
di proferirgli la Chiefa fua. Ondegli diffe, Io fonfempre flato, et fono molto ama­
tore degli amici d'Iddip:& conofcendo che voi fetevno di quelii, non peffo fare,
che non vi ami fingolarmentc ,d r che non cerchi di fodisfare a queflo voflro fanto
kfidcrio.Terò ritrouandomi io hauerefu vn mio podere vna bene agiata,mafic-
viola, Chicfetta,con affai conueneuole habitatione,alia qual Chiefetta ft aduna gen
te moita il giorno dclle fcfie,& fanno tutti buona offerta al Sacerdote, et ancb'io
gli porgo,pcr mia diuotione, quando due,quando tre quattrinija vi offero a ferui
ia f rgi vo flri: & come io mi iflimo,chaurò ritrouato buon religiofo, coft vi ajjicuro,
che voi ritrouato vi haurete ottimo amico. ^Allegro il Giudeo di hauer hauuto , al
k frimo ragionamento cofl buono incontro; diffe,Meffer,poi, ch'io veggo la bontà vo
flra,dr vi conofco amico de ferui d'Iddio,oltre quel,ch'io vi ho detto di mê,vi vo
glio aprir anco vn fegreto,che a beneficio di chi ft habbia ad effere,mi ha qui con-
dutto,Oue voi la fedc voflra mi promettiate,di non palefarc aperfona coja, che
-io vi dica , Giacomino gliele promife; Allbora diffe il Maluagio , vi ringratio
prima della Chiefetta, ch’offerta mi hauete : dr credendo , che debba effer luogo
fecondo il defiderio mio , baccetto volentieri, dr mi porterò di modo , c'haurete
,da me vtile feruigio, & per voi, dr per le anime di coloro,che a quel luogo ver-
ranno.Qu.anto al fecreto di che vi bo detto, Quantunqueio mi habbia tratte dop-
4^* po le (palie tutte le cofe mondane : perciò, per viuer in vita folitaria, habbia la-
feiato tutto bhauer mio , nondimeno banimo prontifflmo a giouare ad aliri: dr
>v ffe bene io veggo , che poca roba bafla al viuer mio, per effermi data a quella
maniera di viuere, che mi pare atta a condurmi a vita eterna , alia quale ci ha
\ aperta la via il I{edentore della humana generatione , fo nondimeno , che colo­
ro hanno bifogno di molto, cheft danno alia vita ciuile, dr pigliano Moglie, &

x
. D e G li H ecatommithi
generano figliitoliyper far de ferui a Giefu Cbriflo redentor noflro : Et credo, che
quegli fu opera gratijfima a Iddio, the loro dà aita.Et pcrò,effendo giâ buon tepo,
cbe,prr r cuelatione diuina,bò conofciutoy cbe in vna delle ville di quefla terra fii
nafeoflo vngran tbcforo,nn fono io ridutto in quefla città, per vedere , s io potef-^
fi far queflo vtileal poffefjore di coii fatto luogo ; l\Auaroycb'vdi coflui far men­
tione di Tbcforo , volto fitbito ogni fuo penflero a vedere ,fepoteffe effere egli^r.o. .
luiy.il qu ü toccajfe cofi gran ventura:&, fu queflopenflero fermatofi , difle. Vt^\
haurebbe nui dato lo [pirito , Meffere, contcgga dei luogo, oue è nafeoiio que-
• flo Tbcforo 3 fi cbe diuifxr meifapefle f* Quando v o i , rifpofe eg l i , mi prometêia-
te di non ui trappore in luogo, cbe fla d a ltri, lo vi diuiferò tale, quale lo mi mo-
flfo lo Ifirito , ffon crcdiate diffe, I’^Auaro, cbe io mi tenga cofi poca iflima dTdi r
dio y & delí'anima miaycb'io voleffl darmi ad imbolar l'aitrui: flaffi pure ilThc* i
foro di chi fard il campo , & godaft egli la fua ventura. Il Giudeo, ciò intefo , cor
mincto a difcorrergli il fito del luogoy& confini, & la qualitd de gli alberi , & U
forma della cafa non altrimente, cbe segli nhaueffe hattuto il difegno inangi, &
tra 1'altre cofe gli diffe; Cbe, quafi nel mego , v i era vn Tero mofcatello di eccef-
flua groffegga > & cbe tale egli era venuto per dare inditio del Tbeforo, cbe in
quel campo , oue egli era crefciutOy fi ritrouaua. Vdendo adunque Giacomino co-
f t apunto diuifare Ic cofe fue ad vn foreftiero, che gli f i credea, che mai in quel
1 i luogo flato non foffe; die non minor fede alie fue parole , cbe data haurebbe ad
vn Vangelifla. Et fi fece vnaltra volta diuifare il luogo& replicandogli lo in-
gannatore tutto quello , cbe prima gli hauea detto , Giacomino, pieno dineredi-<
bile allegreggaydijfe, Meffere il luogo, cbe in vifione veduto bauete, è il mio, &'
è quellOycbe èpoco lontano dalla chiefctta, cbe diangf bò detto di voler darui a go
dere.ll Falfo buomo , moflrandofi pieno di vna incredibile contentctega,diffe,Grx
to mi farebbe flato bauer fatto queflo piacere a qualunque buomo , ma deuendd
egli cadere in v o i, cbe fete tanto amico dTddio, quanto vi conofco, nefento tan­
ta contentcgga , quanta fe il Signore Iddio mi baueffe cbiamato alia corte dei Cie
lo . Ve ne potete bene raUegrare , foggiunfe Giacomino, perche non poteua cade­
re quefla ventura in perfona , defla quale piit ne potefle difporre a voflra vo-
glia j che voi vi far et e di me:perche,ritrouato ilTbeforo,voglio, che ne habbiaie
tutta quella parte, cbe voi vorrete . Sia egli pur tutto voflro, diffe lo Ingannato-
re,nonbo io Meffere lafciato Chauere mio , per voler pigliar Caltrui. Diffe l'A-
uaro, cbe fi bd egli à f a r , Meffere, pergodere queflo Tbcforo ? Non so io anebo-
ra,rifpofe lo ingannatore. M a, pofeia, cISa voi pare, che il luogo diuifatom fia il
voflro , ce nandremo foli foli oue egli è : & io , difeorrendo coll'occbio, vede­
ro, s'egli fe conface con quello che in vifione mojlrato mi fu : confacendofi,fa-
temo pofeia quello, cbe ci infpirerd ladiuinamaefld. Iiiffofe Giacomino penfa-
teui di bauerlo veduto, che l bauete voi non altrimente defignato, cbe s'eglica­
fe voflro ft fojfe,come egli è mio.Tia cerni ,che cofi fla, foggiunfe egli, ma mi ème-
fliero, cbe io il vegga, fi per mia fodisfattione, fi perche bifogna, che io fia nel
campo a fare le orationi, cbe in fimili cofe ft foghorn fare , acciocbe piaccia a Ld->
dio <ü
(
D e c a Prima. 69
dio di difegnarmi detcrminatamente il luogo,oue il Theforo è nafcoilo.Tero,quan-
do vi parrâ tempo , cold ce riandremo , eir quando il voflro podere cofi fia quel-
loycome a voi pare,& come io dcfideroychc jiay one tanto bene ftd fepolto; vi di*
to infimo ad hora ycbefar ete il piu felice huomo di quefla contrada. E t, queflo det-
to, conchiufero tra loro, che allhora di veflro fi ritrouajfino nella Cbiefa, & in-
nandaffero alia villa; venuta l'hora,il Giudeo fi ridujfe nella Cbiefa : &,in-
, di a pocOy fAitaro, chey trano dalla fperanga, dei guadagno y tutto gongolaua, vi
fi auento,& doppo ifaluti y fi pofero in camino : & poi che furon ldgiuntiy com-
mifc Giacomino,il quale foleua viuere miferiffimamente,che fi apparecchiajfe vm*
fontuofa cena,& tanto fi trattenne, hora con quefio ragionamento,hora con quefio
*ltro,ctiellafu ad ordine : &,meffe le tauoley data laequa alie mani y fi pofero a
tauolaja copia della quale quantunque fojfegrata alio ingannatore,finfe egli non-
f dimeno,che non lipiacejje , & facendo lo fpigolifiro, dijfe y non deueuateper me
far quefla (pefafio mi contento di pocoybaflaua a me vna infilatuccia , con vn po­
to di pane, che fono nemico di quefle fiuperflmtd; Queflo èy difje Giacomino , il
noflro coflumeynon vi fi ègiunta cofa alcuna di piu, per rifpetto voflro nroppofat
te,dijfe il Giudeoy& appunto vi fa mefliero di vn Theforo,a poterui durare. Men
tre mangiauano la moglie di Giacomino, che Cornelia haueua nome y & era Don­
na di viuaciffimo ingegnoyvedutc le caregge, che faceua il Marito a coflui, finita,
ia cenaygli dimandb,chi egli fit f offe. É,ri[pofe egliyvno amico,d'Iddio, il quale ho
tOyveduta la fiua bontafinuitato meco a cena,& dimane adefinare, pofeia fe nan-
^ erà.Bene fia,dijfe la Moglie.Venuta la fera,diedero ordine il Giudeo, & l^tua-
ro di effere la Mattina,pcr tempo,fu il podere & fcorrerlo,per ritrouare il luogo,
oue il Theforo celato ftaua,& pofeia andarono tutti a dormire.Giacomino, effendo
colla Moglie nel letto, non ritrouaua luogo, nè poteua pigliarfiinno, & gli pare­
lha,che mai non deueffe venir quell'hora,che il Sole (fiuntajfe ali'oriente.Delia qual
cofa flando marauigliofa la Donna , il dimandb, fe forfe gli foffe auenuta cofa in-
crefcieuole,cbe gli dejfe noia,onde non poteffe pigliar ripofo; Nulla di moleflo mi
i auenutoyriJpofe egli,angi di queflo mio non dormire,è cagione molta allegreiga,
& che è egli cio f*dimandò la Moglie,lo intender ete poi, rijpofc egli,Non fi aeque-
tò a cib ella, angi, come è natura delle dom e, venuta fommamente defideroja di
intendere il tutto, tanto fece in vn modo,& in vn'altro,cb'egli le narro tutto quel
lo , cb'era flato trattato, tra lo Ingannatore, & lui . Cio vdendo la Donna, co­
me prefaga delíauenire. Deh, dijfe, Marito mio,guardateui, & non gli credia-
te nulla, che queflo ê vn Barro, & egli vi gabbera, & io , toflo che fia dimattina
vfeita dei letto fil voglio mandare allamalhora,egli ê miniftro dei Demonio coflui,
non amico d'Iddio , come voi vi credete,mifera m e, come vi lafciate voi fare in­
fa m o a queflo maluagio. Sdegnoffi a quefle parole Giacomino : & , con animo
^turbato, le dijfe. Se voi fo fle cofi fciocca, 0 pur tanto ardita , che dicefle a que­
flo huomo parola men che amoreuole, vi farei cofi trifla . ^Lttendcte,col mal an­
no, alia conochia,& alt ago, & lafciate a me la cura de fatti miei. Cornelia,che
vide falito il Marito in tanta ira, non ajfdipiu mandar fuori parola, ma fi rima-
Jetutta
de Gli Hecatommi thi
fe tutta plena, di timore , che non foffe il Marito a qualcbe m alpartito , giuntoda i
quel mdbuomo. ^lll'apparir dell'Mlba fu in pie di Giacomino , & andojfi al Giu- “
deo , il quale non meno follecitodi lu i , fteragià vcRitoy & fe nandarono ambi-
due foil ncl campo : & yfcorfolo tutto vna , & due volte , dijfe il Fraudolcnte, (
MejJereyqueflo è appunto il luogoycbe mi fu moflrato in vifioney vi vnol fare con- '
tentiffimo Iddio , mercê della vojlra fanta v ita , Bjmanete chefacciamo oratifgit^
a fua Maeflà, cbe degni moflrarci la fede , oue quefio Theforoflà nafcoRo. Êt,
queflo dettOy voltofi aliOriente, & inginoccbiatoft y& fatto inginocchiar Giaco-*
m\noymoflrò di pregare Iddioycbe il Theforo gli moslrajfe. Tofcia, leuatofi in pie-
d i , prefe per mano Giacomino y& gli dijfeyMejfere, ogni cofa ci vicne a pelofot-
to queflo Tero mofcatello è il Tbeforoyma v i bifogna grande ingcgno, & parimen
tegran diuotionea trarnelo . Ladiuotione in me non manca , dijfe Giacomino, /o,
ingegno lafcierò io vfare a vo i:& ,in quello,che mi commanderete, cercherò io di
aiutarui M a vedete fe la buond ventura mi ha guidato , egli èpoco piu di vn mc-
f e , cbe , bo comprato queflo luogo y & mi è coflato due rriila ducati. FuqucRa
vnafprap untura al cuohdello ingannatoreypercbe gli parueyche bauendo Giato-
mino tanto (pefo,poteJfeegli jperare di trarne poco vtile.Ma, fimulando allegre!g-
%aydiffe, Qjuefle fono delle gratieycbe auengono a gli amici d'Iddio. Solo ci auatrga
cbe ci diamo ad ijpedire quello y cbe ci fa di mefliero.Et cbabbiamo a far noifdijfe v' ^
GiacominOyNon so fe vi babbiate perfona alcunayrijpofc il Bugiardo , fi data in ca-
faycbe fla atta a cauare oue io le moflreròy a n y s i , dijfe Giacomino , Io vi b'o vn ,
feruitoreyebe, hapiti di venti anni, che egli flâ con cjjo meco y & è di tanta fcdcx, #
che mancggia egli tutto il m io,& me ne rende f'cdelc,& minutijfwio como.
fli è di buon nerboy& potra egli ballare a quanto vi bifogntrà. Ciò vdito , lo In-
gannatorc fece appreflar due torcbi , & j'atta pigliarefmtorno alie due borey vn.i
vanga al feruitore , cbe Bernardino bauea nome yfe nando mfleme con Giacomino'
al campo portando ambi due gli torcbi acceft in mano ycomc fe andajfero a pren­
dere vna reliquia fanta. Giunti che furo al campo yfece fare lo Ingannatore ap-
pie dei Tero vna buca tanto profonda y cbe vi entraua vn buomo, & tutto vi fl
poteua agiatamente nafcondere,Cauata la buca v i entro dentro il Mentitore : &>
con fue a r ti , flefe non sò cbe intorno al fondo della buca , cbe parea cbe quan­
to fojfe Rato di Theforo nel mondo, tutto ini foffe raccolto . La qual cofa veg-
gendo Giacomino , fu egli ad vn tratto pieno di allegrezgga, & di marauiglia
vncrediiile, & fi tenne ilpiu beato buomo y cbe mdi nafceffe. Et dijfe , che
fate v o i , MejJ'ere , cbe non ci porgete fuori queflo Tbeforo t Bifogna foggiun-
fe egliyche ci fla moflrato, come fl bà a fare a poterio haucre; percbe non vfan*
do noi quegli ordini, cbe in ciò conuengono , quclii jp iriti , channo cura di condur-
re fimili cofe , cbe fon fotterra , da luogo a luogo , cofl di queiio voflro campo
lo trarrebbono y come di altri 1'banno (peffo tratto,& finalmente afejcuigio voflr<ff\
qui condutto,perche i Tbefori quando fono in terra , tutti fono in podcRà di jpiriti
ta li , cir voi ne rimarrefle priuo,percio bifogna vjar modo, cbe fl tolga loro ilpo- f l
ter ciò fare y & voi rejliate contento, Et come Iddio ci bà moflrato il luogo , ci
dani
r D ec.a prim a* 70
data egli anco, perfua bcnignitâ, ilmodo 3 comejrarre il dcbbiamo. Et queflo
* detto pojloft ginocchioni, & fattoui porre Giacomino altresi 3 col Famiglio , mo-
flrb difar orationi a IddtOyche gli reuelaffe cio, chefar /i deueffe. Ft fingendo di
cercare qua , & la >ft traffe celatamente della manica vna picciola olla di rame y
& moflro di hauerla ritrouata nella buca 3 & datala di fubito a Giacomino 3 dif-
feüiacciaui di vedere 3 che cofa qtú dentro ft ritroua3Sra I'olla coperta fmilmen-
tedi copercbio di rame3 & era , comefoffe flata mill'ami in terra , tutta coperta
J di ruggine verde , & vi era cofl flretto il coperchio3cbe vi durògran pena Giaco
mmo a fcoperchiarla. E t , apertala 3viritroub dentro vna medagiudi rame
dorata , la quale bauea da vno de lati la imagine di Cefare Muguslo 3 con lette-
retail , Parento; &dall'altro vi erano quefle parole , Centum Dabunc
Mille. Tratta Giacomino la medaglia 3 laporfe alGiudeo , che mat non ft era
* moflo di gmocchioni: & egli , bauutala 3 & 3 lette le lettere3 diffe, Mejfere,
quiè ilTheforo , che fu già di Cefare Muguflo , il quale fu Signore di tutto
il mondo , Tenfatevoi quanto egli dene effere grande. Lelettere>che fono
dal lato della imagine, dicono, che bifogna vbidire : & , quelle che ft ritrouano
nell'ultra parte promettono a qualunque huomo, porra qui cento ducati, che ne
trarrà m ille , cofl adunque non ve fe ne pub porre meno di cento , & pofliue-
gli ne trarremo fubito mille , & poi vi porremo quelli, che tratti rihanremo ,
& tantofeguiremo 3 che fe ne trarrà tutto il Theforo , il quale io vriifiimo 3
che debba effer infinito; & fatto ctò fivfci della buca 3 & vfcito che egli fit,
\ f e vedere a Giacomino 3 che fegno alcuno di Theforo nonvi erarimafo; onde
,diffe y non vi è , Meffere, ultra via di hauere vn foldo3 che quella , che ci è fla­
ta moflrata dallamedaglia» la qnale farete contento di rendermi3con Volla 3 accio-
chcyãl noflro ritorno 3 la ripontamo onde I'bb tolta. Giacomino, che fenú3che bi-
tjognaua por mano alia borja3flette tutto fopra fe ,& diffe3 che vi penjerebbe , &
pofcia la mattina ft rifoluerebhe. Et con quefla rifolutione ft partirono del campo.
Et nell'andare a cafa3diffe lo Ingamatore, quefla è cofa da non vi far fopra mol-
topenfiero3& fe io cofl mi haueffi penfato3al mio venire in qua , baurei pigliati di
que dinariyche hòlafciati a miei parenti3cento ducati 3 per farui compiutamente il
feruigio.\Arriuarono con quefli3& altri ragionamenti a cafa3& tnifero a dormi­
re il Giudeo. Et pofcia Giacomino 3 & il famiglio fe ne andorono di nuouo alia btt-
cãyCon animo di trarne tutto il Theforo>fe lo vi ritrouauano, & lafciarne colui col
le beffe. Magiuntiui 3 & non vi ritrouando cofa alcuna 3fi rifolfero3che cofl bifo-
gnaua fare3 come colui lor detto haueua. Ma non hauendo Giacomino fenon fct -
tacinque ducati 3 diffe al feruitore 3 come faro io , che mi fono folo auangati da
quefla compra ducatifettantacinque3 & cento ve ne bifognano ? Bernardino , fat­
to deflderofo d'entrare a parte di queflo guadagno 3 diffe, Sapete Meffere, che io
*hò venduto vn paio di buoi venticinquefcudi, quando vi piaccia che io venga alia
'parte del guadagno }io gli vi darb. Contentoffi Giacomino3 che per la prima fiata3
che ft traheflero i danarijne baucffe la rata 3 & pofcia non piu. Fatta quefla con-
clufoncyfe nandarono a dormrey & Giacomino diffe alia Moglie, dimane mi vc-
drete
D e G li H e c a t o m m i t h i a
drete il pià ricco huomo di queHo p a e f e v o i farete la piu contenta donni, chef 4 . \ s
mai foffc ad huomo congiunta. Dehvoglia Iddio,diffe ella,che no rbnanga lamed
contenta,et queflo maluagio non impouerifca voi,fe veduto hauefle qucllo, chc ve
duto ho io, cofi non direfi e; diffe Giacomino,voglia lddio foggiunfe ella, che benef
veduto habbiate, ma vi faranno fatte vedere le marauiglie , & ve ne rimanett
ingannato . Leuatofi Giacomino, la fiaattina fe nando al Giudeo, inficme con Ber­
nardino, & gli diff ero, che i cento ducati erano a Imola , & che però bifognàuTf >?•
che alia Città andaffero per ejji. ll Giudeo,che fi era aueduto della accorteyga dei
la M oglie di Giacomino, & dubitaua, ch'ella non rompeff'e lo Hame alia fua (fla;
diffe, ben è, che fiano ad Imola, perche,ad ogni modo,fe qui ben foffero, bifogne*
rebbeportargli alia Città, per copimcnto delle cerimonie, che vi vanno , però me
nc verro and) io con effo voi. Et cofi fi mifero in v ia ,& giunti alia Città fpofe Gia
comino infieme, con queBi,che gli huuea diti il ferultore,cento ducati, çfir andati E-: H
a cafzgli moflrò al Giudeo,il quale nongli fi tenne men cari,che fe nella borfa ha
uuti gli haueffe. Mando fubito Giacomino il feruitore in dietro ad hauer cuflodix
al luogo, veduti i danari, diffe il fraudolente,bifogna,Meffere,che fu vifacciamo
dire la meffa dello Spirito nuouofanto,pofcia che gli poniamo in vn vafello di ter-
r a ,& che difopra vi poniamo terra, che fi tragga difotto vna botte o i vna Tina, m
& il copriamo di velo. Et quefio diffe egli, perche, effendo in cafa,haueua egli,iú[
vno giro docchio,difcorfo turn cib, che deuea fare, per condurrc il fuo difegno ad
cffetto.Doppo quefleparole,partitafiilBugiardo, fe nando alia piagga,fingendo
di volcre ire a fare orationi,& entrb in vna bottega di vn fornaciaio,et adocchia ()
ti due vafelli fimigliantijjimi, ne prefe vno er diffe Maeftro , te quefio altro,
riferbalo, che hora hora mc nc verro per effo. Et ritornato a cafz,infieme coli'^4-
uaro,fe nandò alia bottega , & glifè comperare il vafello , & pofiia andarono
infieme alia Chiefa, il fece il Giudeo fpruggare a Giacomino di aequa benedet *
ta ,& pofiia poHiui i ducati, pofe egli fleffo i danarifu Ealtare fatta dire la />
meffa, Giacomino cofi gli ritolfe, come pofli glide hauea, & fe nandarono ambi- '»1
due infieme a cafa, & poi c'bebbero definato, diffe il Bugiardo, datemi, Meffere,
tpue danari, che gli benedica. Cofi meffoil vafo fu la tauola ,- fi pofe il falfo Giu­
deo ginocchioni dirimpetto ad vn crucififfo , che in quella flanda era :et bisbigUan
do, fe fui vafello vn migliaio di croci, attendendo pure, che Giacomino glileuaffe
glioccbi da doffo fi, chepoteffe fpedire U fua infidia : ma tenendouipure 1'^Auaro :
gli occhi intenti,temette molto, che ilfuopenfiero riufiiffe invento. Lafciando a-
dunque di far piu croci, diffe il Giudeo, pigliate , Meffere , la terra, ch’io v i difi
da porre fopra il vaffello, che la benediro: & come fi dee, la v i porro io fopra,
toHo che data la mi haurete; Giacomino, mcuatolo nella volta dei vino, piglia-
tela voi, diffe; Il Bugiardo fi fenti traffigere, quando vid e , che nê anche queíio
gli gfiouaua, al compbnento deifuo defiderio. Et prefa egli la terra con tnolta d!"* ^
ligcnga la pofe fopra i danari,con altretante croci,poi diffe, Meffere ci bifogna il
velo da coprirlo, Haueua egligid difegnato di farli pigliare il velo , che pendeua r ,* f i
da/ crocififfo,cbe dicemmofgr far qui fine a quanto defideraua; diffe Giacomino3
ã ftoam I
HÍ D e c a P u m a . 71
mo dimenticati di comperarlo3& lc dome fono in villa , non sò io come ci faremo3
bifognerd andare a comperarne vn o . 11 Giudeo , diffe fie buono quello, che pende
dalla croce, pigliatelo adunque, & datamelo. Giacomino >eta, infino allho-
SM, nw* nowhaucua leuati gli occbi dal vafello y oue i danari erano , & hauea
\ / <mille vo lte , colla fua diligenda , traffiffo I'animo del fraudoleme , volto , per
fua mala ventura, le (palle alia tauola , & audit a pigliare il velo. L'Inganna-
f fWe3che,doppo hauer molto penato, haueapoflo in quefloatto il fine della fauo-
la3viftofi dar tempo,non ne per dettep unto,a feruirfi ,della occafione:&, in quan­
to Qçcbiofigiraycon molta dettrcgga giuocò di mano,& poHofi nell'vna delle ma
V niche il vafello youe erano gli fcudi 0 ducatiyche gli vogliamo dire,ne trajfe I'altro,
il quale haueua eglipieno di pcggi di piombo,& copertOyCome I'altro ,di terra,&
lo pofe fulla tauola,& venuto Giacomino col velo3 il lego diligentemente ,& p o -
P^fcia glide diede; & diffegli, riponetclo infin 3 che ce nandiamo al Theforoy per lo
quale deuete effere fopra tutti gli huomini contento . Trefe l\Auaro il vafello, &
chiufolo in vna caffa,entro in ragionamento con lui,di queflogran dono3che gli ha
uea fato Iddio; & diffe di volergli effere eternameute obligato 3per coft gran cor­
teft a . Et flatoui alquanto 3 diffe il Barattiere3 altro piu non ci auanga 3 che fare >
fenon andarcene al Theforo. Io 3 con voftra licenga, me ne voglio ire infino alia
A hiefa,a render gratie a Iddio , afpettatime3 che,di fubito 3farò qui a v o i , andate
*H - diffe Giacomino 3 io vi attendero in cafa, ll Barattiere, pieno di molta allcgrcgj
•gaytofloychebbe ilpie fuori della porta3fe nandò aU'hoiieria, & prefo vn caual-
vfciagran camino fuori della cittd:Tofcia3che Giacomino I'bebbe buona peg^
\ a afpettato 3 & vide 3 ch'egli non ritornaua 3 rimafe tutto fopra dife 3 & ritro­
uandoft in cafa folo , perche 3 come dicemmo 3 hauea rimandato in villa il ferui-
torey f e nandò alia chiefa, & non vel ritrouando 3 ando aliapiagga, & girando
\ éL. \gli occbi in ogni parte3& nol veggendo3venne in penfiero, ch'egli da fe ft vole(fe
l/t ' trarre il Theforo. Ma , tutto fdegnofo 3 non ti verra fatta diffe ; & , andatofene a
cafxypigliò il vafelloyche nella caffa hauea ripoflo3 & lo ft pofe nella manica
montato 3 a caualloyfpronandolo a tuttabriglia3fe nandò,quafi in vn momento di
tempo, in villa , & dimandòfe forfe colui fuffe flato iui veduto3che la fera auan-
fe
ti hauea cenato con lu i , gli fu rifpofio che nò . Egli, chiamato Bernardino , diffe3
co(lui ce la vuol fare, ma nonfardgia egli3 Tercbe 3pofcia che ho io tutto f ordine
fcopertOygr sò come il Theforo ft debba hauere,voglioy che tu3 & io Id ce n'andia-
mOy& fuori lo ci tragghiamo. ^tndarono adunque Bernardino 3 & Giacomino in­
ferne ,poi chebbero cenato, ejfendofigid fatto I'aer buio, & hauendo portati con
cffo loro due torchiydatone vno in mano a Bernardino,il fe fcendere nella buca, &
'V* egli cominciò a cercare del Theforo : & , doppo molto efferfi aggirato qua, & ld3
non vi ritrouando cofa alcuna , rimafe come flordito, nonfappiendo egli fleffo che
9 f dire. Et vfcito diffe, queflo ribaldo fatta ce I'hd, egli ê quâ venuto prima di me
ê 'M T nafeofamente, & ci hâ tolto ciò,che ci era . Diffe allbora Giacomino, buono è per
/ ^j gl not, che non gli hò dati i danari nelle mani. Et ouefono? diffe Bernardino , tutto
aff'annato, fono qui, diffe egli , & con quefte parole, tutti mefti fe nandorono 4
f * caf a
i .
D e G l i H e c a t o m MIT h i ' ff
caf.i. V emit a la mattina, diffe Bernardino , Mejjerc , poi che la cofa del Tkeforo j ^1 I
r iía a i/ofo, fi .re contento rendermi i miei venticinque ducati, che prcflati io vi JÊ V
ban ei ,poi he due , the ntti gli hauete. Folentieri diffe Giacomino , Etpigliato
it lent) di fopra il veio , cbf vi era, & r'moltollo fottofopra : & , troita-
to hi ec ddforo il ptomboTfu preffo a mwirft diddqlore. Ft non potc non tenerÁ
ft,che non m >nd.<j]efuori vngrangrido,or non diceffe,fiamo flati affaffinati da o- '• . .
giu band i,Bcrnardino,da pactio ribaldo , che oltrc thauerci egli tolto il Thejofiff % \
t ‘ ha i.nboUui anche i dan:<ri,& mojlrandogli it plombo;vcdi,diffe,come ci bàtrat WdA
diVetc par fiato afjcjjinatc voi foto , diffe Bernardino , che a voi dati bo ip U
j an.i] on a lui. Se vi hauete lafeiato aggiuntare voftro fi ft a il danno , Mtngfl
f ir a e f t pur tuo , per la rua parte, foggmnfe Giacomino , che deuendo tu Hare at
guadagKo,dei flare anco al danno , Non diffi io di si are al danno , ripigliò Bernar- ■
ditto,ma folo alt v tile,& fe voi vi hauete lafeiato far froda, ne debbo io portar la %}gt. •;4fjí
penatport'atelaui pur voi: & dicendo hora I'vno , & hora I'altro , con vote affai
gagliarda, peruenne il romore alle orecchie di Cornelia, la quale dubitando , che.
qualche male non aueniffeje nando oue efji crano, & domando della cagione del
legrida : E t, volratofi verfo lei Bernardino,Haucua io,diffe,Madonna, venticin­
que ducati,&■ bogli d.iti al Mcffere,per che gli accompagnaffe con feftantacinque
fuoi ft, che nefacefje ecutopper trarne vn Tbeforo ,cbe gli hauea dato ad intendere,
cUerafotto il Tero mofcatcllo,colui che qui I'altra fera ceno , & f i bà egli lafeiato
in guifa vcceHare , che colui gli bà dato , in vcce de cento ducati, cento peggi di ^ ,
piombo,& vuole,rhe io me ne ilia ncl danno de i venticinque ducati, che preflati
gli b e. Tarui egli,Madonna, queflo ragioneuole ? Mrrofsi Giacomino alle parole^
del fer nitore , & raccordandof di cib , che la Moglie dettogli hauea , firimafe
iux rnutolo intutto . Mala Moglie, cio intefo,voltoff verfo lui, & diffe ~Gjtcfie
fono Ic covtcnU7>7c,c.he mi voicuate dare chequeft o c il Tbeforo , ondc vi fete ar-
ricchireiNon vel dijji io ? chriflianaccio, che voi vi fete 1 buono far ebbe flato , cbe / A*
creduto mi baneflegofift trattano gli auari, voi colla voflra auaritia ci fate pa-
tire mille difagi. per ci v angare, & pofeia gutate i ducati a ccntenaia ? meritcre-
fte che vi baueffe egli portato via gli occlnfcioceo che voi fete; Mentre cof dicea
Cornelia,ccco cbe venae il Lauoratore , & diffe ,M e ffe re fü hi erfera , per quan­
ta ho veditto , cauata vnabuea a pic del Vcro mefl niello da n<>sò chi , ■& bora
bora f t-è egli sbarbato del tuCo,<fr quanto c lungo fl cfltfo su il terreno.Cio fente
do la Moglie,queflo altro guadagno baurcte fdtto gli diffe,era quefii il piu bel Te
ro,c roll'c in pacic,& c venuto vn ribaldo dq cafx del Detnonioa farloui m
sbarbare. Et, entrando da quosic parole in nitre , fopragiunfero gli altri di cafa
&,■andando queflo fatto da queflo in quello f (parfc la cofa per tutta la villa , on-
de ognuno , ridendeji della quo follu Liyt Cr.l I ft ■iandarono tutti Giacomino daila me-
gruta,perche il vafello , ton che egli fu gabbato , era vno orchtolo, che rnegetta ff* ^
dictanda. Mofe i it e il fernitore a Giacomino , per bauere I ____:i venticinque
___ ducati
perflati: & è anebor a manti al Gin dice ne io voglio horagiudicare, se fu ha b
utre a ,/• b.i u nb,ve t che è caja < da
1 effere dei if: da legifi i.
Pifti t
D e c a P r i m a T-
P 1 S T I E* D A N N A T O P E R M I C I D U L E , E T G L I E ' L E V A T O
r>tco l’hauere,& (on promcTsi prcmij a chi i'vccdc,c> \nu->il da nelie mam delta giuiticia.
Egli li fa offerire à Signori,& libera la fam iglia da chiagio, & ic ca pericoio.
N O V E L L A V.
IN I 7 aA , chebbe Liuia la fua n o v e lla , Fulvia, che tra taltre
gitfuani e r a p u t a r d it a ,f a r e b b e t a l b o r a b e n e d iff e , t h e i m a m m o n
te n e fje ro l e lo r d o y n e cofi f e n g a f e n n o , ch e non v o ic f jin o l o r e r e -
d c r q u e llo ,c b c l a r a g i o n l o r d e tta a b e n commune: & conofceff'cro,
c h e la n a tu r a ,q iíá f i p e r n o H ra n a t u r a l dote cl b a d a to d i p r e u e d e -
re d male p rim-a, ch'auenga. Et di fkrlo anche,foggiunfe Flaminio. Non vi voglio
rifpondere , come meritereHe , ripigliò Fulula . Bafta , chcfi f a p e r cofa certa ,
r çbe tuttoil bene del mondo viene da noi; & forfe fi potrebbe dire, che fe pay i V’ fJ

da male alcuno fiamo cagione, altro non facciam peggio ,che generar ftmui a
voi,che fernpreplate su il prouerbiarci. Fife tutta la brigata alia pronta rifpofta
di Fuluia.La (jual, ritornando al[no primo ragionamento , diffe , Se 1'M.uaro ha­
lteffe credutoalla Moglie , non haurebbe egligittati via i danari, come gli g it to .
Ma fu forfe giuHo voter d’lddio, che I'auaritia cofi gli appannaffe gli occbi eh'a
]ue fpeffe apparaffe , che , il voler pin del conueneuole fa fouente perder a queHi
ingordi quel, cheejji panno.Ma bene mi è increfciuto del pouero feruitore, che cofi
perdeffe il fuo. Non credo io già,che non fia egli p rihauerlo,diffe Flauio, o per gin
\flitia, o per pieta. Ter che non era conueneuole, elfegIi pouero deftderafje qual-
ch'vtile. Ma conueneuole già non era, che queflo ricco impaggaffe come fe , per
piu arricchire,nègli fi deurebbe hauere vn rifpetto al mondo, angi deurcbjbejji e-
gli vergognare a lafciarft cbiamare,per tal cofa, ingiudicio , debbe egli effer que-
Jii vno di quellijchepiu flimano vn foldo,cbe tutto I'honor del mondo. Toi che fo~
~pra do fu detto affaifToccando a Sempronio di fauellare,egli cofi cominciò. t
1 0 M I credo,gentilijjime Giouani,di deuerui narrar cofa,molto conforme al
la voflra honeflà,& che per ciò vi debba effer vie piu grata ,che non fu la nouel-
la della dishonejla Vana , raccontatam da Mafjimopur diangi; dcuendoui io di-
moHrar I'amore fingolare di Marito , & Moglie, & tanto effere flato il dcfideúo
del fedd Marito di liberar la Moglie da d i f i g i c r d i foccorrere all'honefia della
f ig liu o la ,n a ta di a m b id u e l o r o ,c h e b b e p e r n u lla la v i t a .
N E L L M. c it tà di V e n e t i a , la q u a le h o g g i di ê n on m e n o la m e ,< * f f a in t c d 'f ta
H a ,ch e f t f o f f e a t e m p i a n tic h i K o r n a ,f u v n C itta d in o , ch e Tifh h a u e a n a m e , b u o -
m o v a l o r o f o & d i g r a n c o r e , i l q u a le n o n p o te a f ò f f e n r e , ch e g l i fo ffe f i t ta h t-
g i u r ’t a ,& J p e t i a l m e n t e n o lle cofe a p p a r te n e n ti a ll'h o n o re , H a u e a q u e fti v n a <' >
u a n e p e r m o g lie , d e tta E u g en ia , la q it.d e era d a lu i fo m r n a m e n te a m a ta ,V irj -’r a
,, "Jla ( co m e t u t t e le m o g lic r e d e b b o n o cfj'ere) f e d c lijjim a a l m a r i t o .D i a , le t s in u a
m o r o v n m e r e a t a n te R i m in e f e ,g r r itr o u a n d o ji e g li e ffe r ric c b if}im o ,p e n fa u a , con
la r g b i d o n iy p o te re i n d u r r e l a D o n n a a c o m p ia c c r lo .E t q u a n tu n q u e c l l a g l i tc g lie f -
f e o g n i ( p e r a n g a ,E g li p e r o non f i l e u a u a du ll a im p r e fa ,o n d c f e nc rim a n c a V D o n ­
na t u t -
I
D e gii Hecatommithi
na tutta dolente3parendole, che ciò non poteffe efferefenon con pregiudicio dett'bo-
nor [ho , II Marito veggendola ilartrifta3oue ella foleua effere tutta lieta3 & fe-
Jiante, & (petialmcnte quando era col Marito, velle fapere la cagione della fua
tnaninconia , Et ella , che conofceua il Marito ft vago di lei , che non era per pati*
re, che altri non pur l'amaffe3ma poneffe in lei deftderio alcuno, non ardiua dipa-
lefargli ciò, temendo, che non ne aueniffe qualche flrano cafo 3& ft fingeua ca-
gioniyper le quali il Marito, s'acquetaffe. Ma cgli, non dando lor fiede, poi che
pià volte amoreuolmente ricercata I’bcbbe, &*ft vide di non ne trarre altro , che
fittioni3& foie y alia fine; voltatofi3con mal vifo, verfo lei3le diffe , o che turri di­
ca volontariamente la cagione di queíla tua máninconia , o che ti fiia ficura , che
non mi ti leuerò da torno 3fe v i pongo le mani3the tu perforga la mi dirai; la Don
na , veduto il marito in ira , & non volendo prouare, con che maniera egii lafa-
peffe sfogare, Gli diffe, ll mio non vi dir quello , che voi mi addimandate , non
procedeua fe non da buon riff etto. Ma da poi che purefapere il vi volete , non vo-
glio confentire3cb’dltrui colpa mi facciaprouar lira voHra.Eene vi prego per I'a-
mor , che vi porto 3 che vi tempcriate in guifa, che, per quello3che io vi dirò, non
tie nafca fcandalo alcuno . E t , quello detto gli narro ciò, che il Mercatante fa-
cea3percondurla alle fue voglie:& che 3 quantunquc ella gli haueffe leuata ogni
fperanga3nondimeno nonft voleuaegli rimanere di tormentariafill che I'era cagion
di doppio dolore3però ch'ella vedea3che non lepoteua effere di honore la feccaggi-
ne3che colui le daua:&3cheil volerlo leuareda follecitarla, non potea effere feno
narrare al marito tutto il fatto , & che temea di flrano auenimentofe glide nar-
raua,& ch’effendo cofi in dubbiodt femedefima3fc ne ftaua3come cgli la vedea do
lente3 & trifla . T ifli, poi chebbe ciò intefo3 sò io 3diffe la fede tua 3però io non
voglio , che per la coflui paggiatü ti ilia meco di mala voglia , ma che il lafci
vaneggiare, come gli piace , tu apprejfo Tifli quella ti farai , chefempre ti fei fla­
ta . Et non moflrando fcgno alcuno d'ira , dalla moglie ft diparti. La quale flette
'tutta via ingran dubbio3conofcendo la natura del marito 3 che quello non aueniffe,
che auenne.TerocheTiili, ritrouato in Rialto il Bfminefe, gli diffe, che s'cgli non
ft toglierà dal dar noia a fua Moglie , gli farebbe conofcere quanto egli malfacefi
fea follecitare dishoneflamente le donne altrui.il Riminefe, che per la copia, cha*
uea delle richegge, s'iflimaua3che ognuno cofi lo deueffe temere , come molto ric-
co lo teneua ciafcuno:Rifi>ofe3che il voler fuo era libero, & che non toccaua a lui
volergli impor legge3& che deueffe penfare3che la fua Donna non foffe da piu del
le altre 3 & che quando ella il voleffe compiacere di fe} bifognerebbe, ch'egli fid
portaffein patienga, & che non farebbe nè il primo 3 nèilfeggaio , chetenef-
fie le corna in capo : potê Tifli fopportar quefle parole. M a , rifcaldato dell’i-
ra3nc tu piüfolleciterai diffe la Donna rnia3nc a me le cornaporrai tu in capo : &
cofi dicendo rneffa mano al coltello in due colpi Fvccife, & vedutolo in terra fle
fo,me(fafi la via tra le gambe, tanto ft andò aggira ndo di flrada in flrada 3 & di
luogo in luogo , che peruene fconofciuto ad un canale lontano da Rialto , & mon-
tato fopra vna di quelle barcbctte 3che Condole ft chiamano fe fcportare a Ligga-
fiftnas
- D eca P rim a. •’ 4 73
fnfina,& indife ne ando quanto piu to Ho potè3a I\oulgosctiallhoya era ( cone Hi
coriOych'anchor è) arnefe cli Signori di Fcrrara,& indi a Ferrara fe ne pafsò fen-
ga hatter 3pur potuto dire nè alia Moglie , nè a fgiiuoU a Dio. Clo intefo, Euge­
nia fi rimafe la piu dolente donna, cbe mat foJJ'c . I Signori Venetiani , chc co­
me vogliono, che tutti i luoghi della lor clttà fiano ft curl , vogliono effer fi citrif
firm qudhychepttbllchi fono, & ne quail i gentilhuomlnl trattano Ic facende lo-
ror; mojji dal cafo atroce , tolf.ro tutto I'hauere al micidiale ; & non contenti di
queilo,ad effempio ,& a terrore degli altri, il bandirono, fc condo lor dined die

mo. rV[on tanto ,perche gli doleffe hauer per data la roba , eV effere bandito , con
tanto pericolo della vita, da quclla Città, nclla quale egli era nato, rjr i h'cgti cc-
nofceua effere il miracolo del mondo , quanto per bifognargli jh r lonta.no da!la
Mogliera , la quale egli arnaua al pari dellanima fan , & lontano da figliuoli 3
clierano gli occhi fuoi. Ter che quantunque hauejfe cenato di far la venre , iri-
fieme co figliuoli, oue egli era3 nondimeno toglieua a lei landarui il dink to ,cb’el-
la baueua da Signori Venetiani, fotto grauijjima pena. Sffendo adunque eglifuo-
rij fenga hauer cofa alcuna, onde potejfe viuere,fenon quello , che fi guadagnaux
colla ffada , per effere de foldati del Duca di Ferrara 3 non baueua da poter mati-
darc a caft vn danaio, onde la Moglie co due figliuoli I'vno di diece anni, I ultra
di quattordici, in poco tempo3fu ridotta ad eflrcmo bifogno. Ft tanto piu flrano
le parena ilfojferire difagio, quanto Hata era infino a quell'bora tenuta dal Ma­
rito in tutti gli agi. Et al lungo andare3 venne la fua vita tanto Hr ema,cb'era da
figliuoli co pianti confumata continuamente,per mancar loro le cofe neceJfarie.On
de , veggendoji venire digiorno ingiorno piugraue U pouertà addoffo. Scriffe
al Marito , cl) ella homai piu nonfapeua oue piegarfi, & chefe da luinan veni-
ua qualche foccorfo alia vita de l figliuoli (cbe quanto a lei era per foHenere ogni
difagio) temeua molto3 che la Figliuola ,ch'egli da marito hauea lafciata,nori me
' teffe a pericolo la fua honeHà, per ejferle intorno molti Gentilbuomini, con pro-
tneffcy & offerte grandiffime3 & che mancandoleil freno del Tadrc,ella conofcé-
m effer cofamalagcuoUffima, in tanta pouertà, in quanta ft ritròuauano,il tenèr-
la ficura. Furono qucfle parole al Marito tante affre punture, cbe gli andarono a
ritrouare le radici del cuore, & temendo,cbe appreffo gli altri danni fuoi,non ba
Ueffe.anco a veder la vergogna della Figliuola, le refcriffe,che non gli era duro lo
ejfilio per fe,maper effere coflretto a viuerfi lontano de lci,ct da que figliuoli,cbe
eoft erano le radici del cuorfiuo3comc ella era I'anima di lui. Ma pofcia3cbc cofi ba.
• |f : • uea portato la forte,per hauer voluto egli tener conto delíhonor,lo quale gli voile
macchiare il ifvminefe, la pregaua, che come ella hauea fempre viffa vita bone-
Hi(fima,cofi m mantenejfe la Figliuola , acciocbe fi ferbaffc nclla fuacafa quello
honore}ch'egti hnueafempre bauuto piua cuore, cbe la propria v ita . ^ilia qual
cofa ella deucuaftantopiü diligentemente3attenderc,quanto cib apparteneun mol
to a lei>per conferuarfi, in quclla opinione dibonefta, nclla quale ella era fempre
• Tar. Trima K
D e e»L i HflCATOAiMITHX
fi ata, per che non potrebbe non cffere,cbenon ft diceffc,cbe qua I diueniffkla Elglt-
uola, tale anco foffefiata la madre. Et la conforto a fperare, ch'Iddio nonjuei-
rebbe meno nè alei, nè a figliuoli, delfuo aiuto, <&■ cbeloro concederebbe ançhà*
ra gratia,di poter viuere infieme con molta contenteg^a; afficurandola , cb'egli,
tra quefio mego tempo, tenerebbe ognivia,per poteria foccorrere, & moilrar-\
le , ch'egli tenea pit) fiima di lei, & de figliuoli, cbe de fe medefimo. Mentre cbe
la Moglie & ifigliuoliflauano in difagio, & egli in angofcia,fi andaua rauolgen .
do varie cofe per la mente, afojlenimento dellafamiglia fua , & non ritrouando
via di fouenirla piu allbora, cbe la fi haueffeprima ritrouata ,ft dolea di vederfi >
vino . Et ecco , cbe due Ciouani, th'egli hauea fempre bauuti per amici, per la
lunga conuerfatione, ctiegli haueua hauuta con loro ,fimulando di voler dar mar ”f
rito ad vna lor forella,& eke volcano, ch’anch’egli delle noTgc godeffe, il condufi
ferofuori della città ad vn podere, oue fi foleanofouente diportare. Et nonfuron
fi toHo in c & , ebauendo iui i due fratclli compagni, fu prefo, & Flrettamente
legato Tifii. Del cbe marauigliandofiil cattiuello , & cbiedendo loro perebe fa-
ceffero alia amicitia coftgraue oltraggio. Ff(pofero,chepiu demano amare il pa­
dre loro, chelui, Et chc ejfendo eglibandito non pure da Venetia, ma da tutto lo
fiato di quella Signoria, lo voleano liberar dal bando, confare,ch’egli a Venetia
10 conducejfe, <&• ad cjji Signori loprefcntajj'e. Qualfoffe all'horal’animo di Ti­
fii,lo lafeio confiderare a v o i . Sapeua egli certo, cbe nonfi toflo farebbe a Vent- É
tia, cbe farebbe dato al Manigoldo,che crudelmcnte gli toglieffe la vita . Tfè tan­
to ciò gli doleua, quanto cbe ft vedeuaandare alia morte, one era la fua cara Mo- '
gliera, & ifigliuoli, cbe quantunquefapejfe, cbe la fua morte deucjfe efferefem '
pre loro acerba, nondimeno sifiimaua egli, che mengraue lor deuefic ef]'ere,fe la
vdiano, cbe je la vedeano . I Ciouani, tofto cbe prefo I'hebbero , fecero venire
11Tadre loro, <&gli differo , cbe ritrouata haueano la via di liberarlo di bando
& di dargli ancoguadagno di due mila feudi. Il Gentilhuomo , cbefommamen-, •v'T
te deftderaua di poterfiritornare aliapatria, diffe, che delgttadagno del bando e-
gli non ft curaua , Ma cbe affai guadagno gli era il poterfi ritornare alia fua pa­
tria, la qual gli pareua vn picciol mondo. I Figliuoli gli differo, che andaffe con
tffo loro , & gli moflrercbbono quanto egli deueffefare : & con quefle parole il
conduffero nella flanga oue legato ft flaua il mifero Tifii. Et egli differo hauete,
Tadre, ouer ad vccidere qui cofiui, per liberarui dal bando , & portarne la fua
teila a Venetia, od a condurloui viuo, & bauerne, colla liberation voflrajvti-
lepromeffo. Tifii, veduto quel buon huomo , voltatofi verfo lui conforte vifo ,
Tuote egli effere, diffe, huomo da bene, che vorrete acconfentire , che i voilri fi­
gliuoli faceiam coft palefe torto alle[ante leggi deltamicitia , cbe, per liberarui • •
di bando, il quale però non vi impone peri colo di vita, vinduebino, con tanta vo-
fira vergogna o a darmi morte, o condurmi nelle mani al Manigoldo cbe mifero- <Í|P
mente mi gttafii ? bà forfe ad eff".re queflo il premio del mio baueruifempre am*- *
to da Tadre, & i Figliuoli voflri da fratclli, & per ciò hauere affidata ncHe
mam voftre la vita mia ? Il buon veccbio, vditc leparole di T iiii, & confide- '
rata
1*rD .f C Á ' I»1# ! M* A'. ”' ? r *

ràtala fudtniferxa , non potè non lagrimare, eir diffe. Won p'xdecta a Tddió che
fimijflfigliuoli queflo torto ti ban fattoy io acconfenta giamai, ch'egli piu auanti
fi ktada rangi come tu per Tadre mi bat bauuto , coflio non meno per Figliuolo,
tivoglio hauere,che mi habbiagli altri due, che legato ti banno. Et mi voglio
piii to(lo rimanere in perpetuo bando , che max ft poJJ'a dire, cb'io mi fta data a ft
vil opera per liberarmcne. Et, quefto detto ,fciolfe egli colie fue mam il mife­
ro . Stpofciagli'diffe, T ijli, da quello, cboggi ti c auenuto, impara di flartipià
cauto, che infino ad bora nonfei flato, perche potrefli capitare in mano di tale,
'4 v(he non ti farebbe , come hor fono io , pietofo, & anchor che tu deueffi effere adi-
rato contra miei figliuolt, per hauerti poflo nel pericolo, in che tu e r i: pofeia che
tratto te ne hofaluo , loro ejjcr dei tenuto piu toflo , che no , hauendoti efji mo-
Jlrato, come tu ti debba portare, perla falute tua : Etperò ti prego a perdonar
ioro quanto fatto banno, poi ch'altro, che bene , non te nè auenuto, imputando il
tor fallo alia pietà, ch’ejji banno bauuta del Tadre . La quale ha potuto piu ap-
preffo loro, che l amicitia con teco. St difpoflo il Giouane a perdonar loro, gli fie
thi amare , & fer mare la pace infieme,& I'amicitia. T ijli , liberato da tal pe­
ricolo, vid e, ch'era quafi impojjibile , che egli poteffe fuggire di non giungere a
mat fine . St feco penfando al pericolo dell'bonefla della figliuola : & che morto
lui yft rimanca tutta la fua famigli.i in eflrema pouertâ, ft delibero volere ad vn
>' trattovfcir di pena, & far ft conofcere alia Moglie fedeliffimo Marito, & amo-
teuole Tadre alia Figliuola. Stfermatofi su quefto penftero, fe nandò di fubito
a Venetia celatamente. St entrato in cafa ft palesò alia Moglie, la quale, quan-
tunquefommamente I'amaffe, & dejiderajfe ,/opra tuttele cofe del mondo, po­
ter e effer con lui,il vide nondimeno maluolentieri effere a lei venuto con tanto pe­
ricolo . St diffiegli, Io miflimo Marito mio, che voi qui venuto fia te, per porge­
re a me, &■ alia Figliuola qualchefoccorfo, Ma non poteuate voi mandarloct per
altri ,fenga metterui a coft manifeflo pericolo? che fe ft fapeffe,che qui foflejton
-t/t fcamperebbe potenga alcuna humana: Terò Jpediteui di quanto hauete afare,
& par titeui fubitamente, chefe per do danno alcuno vi aueniffe, io mi rimarret
'la piu mifera donna, che maxfoffe. T if li, foccorfo, diffe, fon venuto a porgere
ate , & alia Figliuola , & a prouedere che la fua honeflâ ft rimanga falua, Ma
perche no ho conofciuto alcuno piu. atto a far do,che io mi Jia,ci fon voluto venire
‘perfonalmcnte, & moflrare a te il modo , che tenere tu dei, perche viuer tu ti
pojja colla Figliuola boneftamente ,fuori del difagio ,nel qual'horati ritroui,
eir nel qualtipofe il defiderio della conferuatione del tuo honore, &• del mio.Sol-
lecitaua Sugenxa il Marito ad ijpedirft, perche prima che egli foffe accufato,fi po-
i teffe partire. Tijli, fatta chiamare dalla Madre la Figliuola, toflo che ambedue
glifiurono iunangi coft diffe. Molte cofe, Donne mie, mi bo io voltate per Canimo,
afolleuamcnto delle miferie noflre, nè vi bo faputo ritrouar modo piu acconcio,a
C- fare, che vi viuiate agiatamente, che tener modo,che la mercede, la quale ft dee
'\iare daqiicfli fignori’a chi da me lor viuo nelle mani, venga in cafa noflra , la
qualeife benenon baflerâ afopplire a quanto mi ê flato tolto , far a clla nondime-
^ *i. - • K z
D e G lx H e c a t o m m i t h x
no baBettole a dar ui tanto d'aiuto,cbe non haura quefla nofir a Figliuola cdgione
di porre la fua boneftà in pencolo, per difagio,cb\ lla foBenga. Tero io voglio,
Eugenia, che tu dimane vada a queBi Signori, e-r the lor chiedi la mercê , cbe ft
dee a cbiyfecondo I ordine dei bando, mi da lor vino nolle mani, & che pofdatu
a loro mi offerifea, acciocbe tu confeguifca il premio , & ejji babbiano mè dapo-
terne fare il voler loro, che piu totto cofl morir mi voglio, che mat mi ft pofla di­
re, che la figliuola mia, effendoio viuo, babbi'aperduta quella boneflày ckc io It
hofmftn qui, con tanta diligenga ferbata. Sifece , a quefle parole tutta vermi-
glia nel vifo la Figliuola, tanta fu la vergogna, onde ella fu oppreffá,cbe chh'r
nati gli occbi, & dirottamente plangendo, non potê formare parola, Ma Euge­
nia, cb'ognaltra cofa baurebbeprima penfato, cbe T ifii, a quel fine , foffea lei
venuto, feco fi dolfe di bauere quello feritto al Marito della Figliuola ,cbe feritto
ella gli bauea, veggendo a ft matfine riufcire I'auifofito. Et, verfando da gli occbi
vn riodi pianto cominciò a dire. Dunque, T ifii, debbo io bauere cofl contraria
la forte,& deue effere cofl flero il mio deflino,che iofla coflrctta a vendere il mio
Marito, per v edere il fuo fanguefparfo in terra, per mano del manigoldo, & vi-
uere de danari, co quali venduto I'bauro ? Io, che colla vita mia vorrei rifeat t a-
re quella del mio caro Marito, faro cofl crudele, cbe il darò ad effere vitupero-
famente morto,per viuer io f QueBo nonfiegiamai, voglio piu toflo mor\re,che
mai ft poffa dire Eugenia ha codotto alia morte quel Marito, cbe piu I'amaua, che
fe medefimo : & cb’eUa pià, cbe fe Beffa baueua caro, per ritrouare da viuere
perfe, & per gli figliuoli. Et riuolgendofi alia Figliuola, vedi, Figliuola, diffe,
quanto è mifera la conditione noflra f* pofeia cbe il padre tuo , perche noi viuia-
mo, & tu bonefla tiviua, ft vuolc offerire a volontaria morte . Et noifaremo di
ft fiero core,cbe queflo patiremo mai voglio piu toflo , cbe ci moriamo, che mai
qucBo auuenga . Tu TiBi morrai, perche Eugenia go da ê Oime ,fe pur viuere^
non voi, morianci maritoinfleme, & finiamo advn tratto le miferic, & la vita .
Et con quefle parole, rone da flngbioggi di amaro pianto, ft voile gittare al col­
lo alfuo Marito. Ma egli noifoBenne : & ritiratoft alquanto, diffe Eugenia ,
niuno tuo miefatto ú porge cagione di morire meco , nè di profitto alcunofarebbe
alia cafa noBra la morte tua,oue la mia vi farâ di molto. Terò nonpiangere Eu­
genia,nè tu figliuola mia, & difponti a far tanto , quanto ti bo impoBo , perche
noi vo Undo far voi, io iflejfoa fignori ml anderò ad offerire : a quefle voci alga-
rono le donnej piantl, & legrida. Mentrc cbepiangeuano elle, & Tifii le con-
fprtaua afare vianto egli baueua loro impoflo;auene,che il Capitano della guax-
diaych&a.cafo percolà pajjaua, fenti il pianto , & le flrida & feco marauigliatt-
dpfiyi.be di do volejfe dire,piocbiò ail'vfcio,&cbiefe che gli fi apriffe, perfini
firo auemmcnto,&feiagura incredibile,Ufigliuolo picciolo,cbe difopra era, tira-
ta la corda , non Capplendo quello, cbe ft faccffe gli aperfe cofl fubitamente, cbe
non bebbe tempo Tifii di poterji nafcondere.Entrò il Capitano conalquanti fergi,*
ti,& veggendo iui TiBi colla moglie da vn lato,gr colla figliuola daltaltro, (be
come morto egli foffcjdirottamete il pidgeauo,ji maraw.gllhtcb'egli fofjè flato ta­
to ardito
I
I

D eca P r i m a. 75
fo ardito, cheftppiendo il pericolo, ncl quale era la vita fuafiui ft ritrouaffe : <&
tutto allegro, pcnfandofi di bauere a guadagnare il premo, // deueua a chivi­
no il prcfentauafilprefe, & legategli le mani dietro le rcnejo voile a Signori con
durre. Ciò dolfe tanto afpramcntc a TiLii,cbe pocofu cbe non cadde del tutto mor
to, veggendo, cbe oue egli era venuto perche la morte fuagiouaffc, fccondo cbe di
fegnato haueua, alia fua famiglia, bora deueffe effere ad vtile del Capitano.Euge
nia,veggendo legato il Marito, & la figliuola il Tadre,per effere condutto amor
te,fcorfero in cofi gran pianto, chaurebbero mojfe apietà lepietre. Et pregar ono
vil CapitanOycbe voleffe effere contento,cbe alia corte I’accompagnaffero, accioche
pigtiar nepoteffero I'vltimo commiato.Fu egli contento di quanto chiefero le Don
■». S’ ne. La vnde,veLliteffi di pani bruni,fe nandarono,mercê gridando,infino alia pre
fenga de Signori. Muanti a quali effendo il Capitano diffe loro, Queflo cattiuello,
cbc qut prefo è, è quel TiLli,cbe voi,già tanto tempo,bauete defiderato,perche e-
gli babbia ilguiderdon dei fuo misfatto. lo lo vi prcfento, ft perche facciate cffc-
quire in lui quanto vuolgiuHitia, ft percbe a me diate qucllo cbe promeffo bauete
a chi viuo lo vi prefenta. JQue Signori, vcduto Tifli a cofi mal partito,gli diman-
dorono comefoffe Liato cofifciocco, chefoffe venuto a riceuerc crudel mortef Ma
flandofi egli come Llordito, & non dicendo nulla, Eugenia in pietofiffimo atto cofi
cominciò a dire. Signori vdirete la maggiore difauentura,cbe mat foffe vditofra
mortali. Queflo,cbe mio Marito è ,& padre di queLia mifera figliuola,veggendo
la mifera vita,cbe not mtnauamo, per efferci flato tolto dalla giuflitia di queLia
Magiflrato tutto I'bauer noLiro,dubitando cbe io con vn figliuolo, cbe io haueua
non mi morijfi della fame, & che non pericolaff'e la honefld della figliuola,prepo -
nendo alia fua vita il noLiro bene, era venuto a Venetia, & voleua cbe io lo vi
veniffi ad accufire, & lo vi deffiprigione,accioche I'vtile,che voi promeffo bane-
uate a chi lo vi daua,veniffe in cafa noLira,a foficntamento della v ita ,& per «,~
te di quefta nofira infelice figliuola.Et mentre cb'io ricufaua di voler ciò fa re ja
rendomi il farlo cofa crudclijfima,et cbe io deuejfi venire in odio infino a cam,in r
atto fi crudele,piangeuamo io,& la figliuola infieme lanoLlragran diftuentura ,
Et follecitandolo a partirfi, & flando egli fermo iu queflo penficro , /pronando -c
pur tutta volta ad accufarloui, il Capitano vdi le noLlregrida : & entrato in ca
fa , loci ha tratto delle braccia, & legato lo , & conduttolo a voi come vedete,
& oue egli volea cbe io foffi quella, cbe lo vi deffi, per vtile noLiro, la pietàmbt
hauutagli ho , è Liato cagione,cbe gli è ito fallito il penfiero,<&• cbe il Capitano c
Liato quegli, che offerto lo vi ba ad effere ( mifera me ) mono . Totetc adunem
veder Signori, che miferofine ha bauuta lapietofa intentione del mio Marito,pt
la quale a Venetia egli era venuto , & la compaffione, cbe noi , per cofi mifir >
cafo,apiangere conduffe.St perebe forfemai piu compaffioneuole cafo non vi r-en
' ne innangi, & che foffe piu della voLlra mifericordia degno di qucLlo,fe i pa ^ .
de miferipoffonobauer luogo ne voflrigeneroft cuori,vi prego ad baucr vi>>
noi, & a volere, che f i rimanga vinta la fcucritd della giuflitia , la quale n
afpro fined minaccia,dalla molta clemenga voflra, nella quale babbiamv >
• Tar. Trima K :
/
/

D e G li H egatom m ithi
mbaHeuolea darui tanto d aiuto ,che non haura quefla nofl.ro. FiglmtlfiMgiont
di pone la flta honèílà in pericolo,per difagio,cb'dla foUenga. Verb ÍQ yqglioà
Eugenia, cbe tu dimane vada a quefli Signori, & che lor cbiedi la mercê , d?e ft
dee a chi,fecondo l ordine del bando, mi dà lor vino nolle, mani, & cbe pofciatu
a loro mi ojftrifca, accioche tu confeguifca il premio , & efji babbiano mè da po~
terne fare il voler lorocbe piü to flo cofi morir mi voglio, che mat mi ft pofla, di­
re, che la figliuola mia, ejfcndoio vino, babbfaperduta quclla honeftflyche io le
hòyinfln qui, con tanta diligenga ferbata . Sifece , a quefle parole iMtta vermin
glia nel vifo la Figliuola, & tanta fa la vergogna, onde ella fu opprejfáiohe chhd
nati gli occbi, & dirottamente plangendo , non potè formare parola, 4Ma Euge­
nia, ck'ognaltra cofa baurebbe prima penfato, cbe T ifli, a quel fine , fofjeet lei
venuto3feco ft dolfe di bauere quello fcritto al Marito della Figliuola , cbe fcritto
ella gli bauea, veggendo a ft malfine riufcire I'auifofuo. £ t, ver fando da gli occln
•vn riodi pianto cominciò a dire . Dunque, Tifli, debbo io bauere cofi contrand
la forte,& deue effere coftfiero il mio deftino,che iofta coflrettaa vendere il mio
Marito, per vedere il fuo fangueffiarfo in terra, per mano del mamgoldo, & vi­
vere de damn, co quali venduto I’bauro ? Io, che colla vita mia vorrei rifcatta-
te quella del mio caro Marito, faro cofi crudele, cbe il darò ad effere vitupero-
fomente morto, perviuer io f Que fio nonfiegiamai, voglio piü toflo morire,che
maifl poffa dire Eugenia ha codotto alia morte quel Marito, cbe piü I’amaua, cbe
fe medefimo ch'ella piü, cbe fe flejfa haueua caro, per ritrouare da viuere
perfe, & pergli figliuoli. Et riuolgendofi alia Figliuola, vedi, Figliuola, diffe,
quanto è mifera la conditione noflra ? pofcia che il padre tuo , perche nói viuia-
m o,& tu honefla tiviua, ft vuole offerire a volontaria morte, Et noifaremo di
ft fiero core,che queflo patiremo mat ? voglio piü toflo , che d moriamo, che maí
quefio auuenga . Tu Tifli morrai, perche Eugenia goda ê Oime ,fepur viuere^
non vqi, monaná marito infieme, &finiamo ad vn tratto le miferic, & la vitd.
Et con quefle parole, rotte da flnghioggi di amaro pianto, ft voile gittare al col­ Mr
lo al fuo Alarito. Ma egli nolfoflennc: & ritiratofi alquanto, diffe Eugenia ,
niuna tuo misfatto ti porge cagione di morire meed, nê di profitto alcuno farebbe
alia caft noflra la morte tua,oue la mia vi far a di molto . Terò non piangere Eu­
genia,nè tu figliuola mia, & difponti a far tanto , quanto ti hõ impoflo , perche
nol volendo far voi, io ifteffo a flgnori mi anderò ad offerire : a quefle vocialga-
r onole donnej, pianti, &,legrida . Mentre che piangeuano elle, &. Tifli le con-
fqrtaua a fare q u a n to egli b a u e u a loro impoflo;auene,cbe il Capitano della guar-
.dwyche^cafo per cola paflaua, fentiil pianto , & le firida & feco marauigliah-
dofiycbc di ciò yoleJfedire,piocbiò all’vfeio,& cbiefe cbe gli ft aprifl'e,&,peffini
ftro auemmento, feiagura incredibile,il figliuolo picciolo,cbe difopraera,tira-
ta la corda, nonfappiendo quello, che ft faceffe gli aperfe cofi fubitamente, cbe
non hebbe tempo Tifli dipoterft nafcondere.Entrò il Capitano con alquanti fergC„
ti,& veggendo iui Tifli colla moglie da vn lato,gr colla figliuola dall’altro, che
come morto egli fojfc,dirottamete il plagea w , ft marauigliò,ch’egli fojfe fiato ta­
co ardito

-// ,
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/ /

D ic a Prima. ' 1 75
to drdito, chefappiendo il pericolo, nel quale era la vita fuafiui fi ritrouaffe : <&
tutto allegro, penfandofi di bauere a guadagnare il premio,che fi deueua a chi vi-
uoil prefentauajl prefe, dr legategli le mani dietro le renefio voile a Signori con
durre. Ciò dolfe tanto afpramente a Tifli,che poco fu che non cadde dei tutto tnor
to, veggendo, che oue egli era venuto percbe la morte fua giouaffe, fccondo che di
fegnato baueua, alia fua famiglia, hora deueffe effere ad vtile dei Capitano.Luge
nia,veggendo legato il Marito, & lafigliuola il Tadre,per effere condutto a mor
te,fcorfero in cofigran pianto, chaurebbero moffe apieta le pietre. Et pregarono
s.il Capitano,che voleffe effere contento,che alia corte l''accompagnaffero, accioche
pigtiar nepoteffero 1'vltimo commato.Eu egli contento di quanto chiefero le Don
•>. / ne. La vnde,veHiteffi di pani bruni,fe nandarono,mercêgridando,infimo alia pre
fenga de Signori. Muanti a quali cffendo il Capitano diffe loro, Queflo cattiuello,
chc qui prefo è, è quel Tifti,che voi,gid tanto tempo,hauete defiderato,perche e-
gli habbia il guiderdon dei fuo misfatto. Io lo vi prefento, fi perche facciate effe-
quire in lui quanto vuolgiuflitia, fi perche a me diate qucllo che promeffo bauete
a chi viuo lo v i prefenta. Que Signori, veduto Tifii a cofi ntal partito,gli diman-
dorono come foffe flato cofifciocco, che foffe venuto a riceuerc crudel morte? Ma
flandofi egli come flor dito, dr non dicendo nulla, Eugenia in pietofiffimo atto cofi
cominciò a dire. Signori vdirete la maggiore difauentura,che mai foffe vdito fra
mortali. Queflo,che mio Marito ê,dr padre di quell a miferafigliuola,veggendo
la mfera vita,che noi menauamo, per efferet flato tolto dalla giuflitia di queflo
Magiflrato tutto 1'kauer noflro,dubitando che io con vn figliuolo, che io baueua
non mi moriffi della fame, dr che non pericolaffe la honefld della figliuola,propo­
nendo alia fua vita il noflro bene, era venuto a Venetia , d r voleua cheio lo vi
veniffi ad accufare, dr lo vi deffi prigione,acciochel'vtile,che voi promeffo haue-
uate a chi lo vi daua,veniffe in cafa noflra,a foftentamento della vita,dr per do­
te di quefla noflra infelice figliuola.Et mentre ch'io ricufaua di voler ciò fare,pa-
rendomi il farlo cofa crudelijjfima,et che io deuejji venire in odio infimo a campo r
atto fi crudele,piangeuamo io,dr la figliuola infieme la noflra g r an difaucntura,
Et follecitandolo a partirfi, dr flando egli fermo iu queflo penficro , (pronandou
pur tutta volta ad accufarloui, il Capitano vdi le noflregrida : dr entrato in ca­
fa , lo d ha tratto delle braccia, dr legatolo , d r conduttolo a voi come vedete s
dr oue egli volea che io foffi quella, che lo vi deffi, per vtile noflro, la pie tà.chc
hauutagli ho , è flato cagione,cbe gli è ito fallito il penficro,dr chc il C a p i t a n o c
flato quegli, che offerto lo vi ha ad effere (mifera me ) morto . Totetc adunque
veder Signori, che miferofine ha hauuta lapietofa intentione del mio M a r i t o , per
la quale a Fenetia egli era venuto , dr la compaffione, che noi , per cofi niijero
cafo,apiangere conduffe.Stperche forfe mai piü compaffioneuole cafo non vi ven
*ne innandi, dr che foffe piu della voflra mifericordia degno di quefio, fe i prcghi
de miferi poffono hauer luogo ne voflri generofi cuori,vi prego ad baucr ciet a dl
noi, dr a volere, che fi rimanga vinta la fcuerita. della giuflitia , la quale t r o p e o
afpro fined rmnaccia,dalla molta demenga voflra, nella quale h a b b i a m o r i p e p -
• Tar. Trima K z

w . *«
D e G li H e c a t o m m i t h i
pofia ogni noftrqfperanga; & qui, per I'abondanga delle lagrime, & per gli in-
Ti
terroti fmgbioggi, chc le leuarono la vocCyfi tacque. Rimafero que Signori flu-
pefati di cofa tale; parendo lormurauiglia, che Tifli dannatoa morte, per proue- /
t
dere a bifognidclla figliuola, & della Moglie, foffe venuto a volerfi dar lor nelle
mani, per lafciarui la vita : & comeparue loro,cbe infinita foffe la pietd de i Ta g
r
dri verfo ifigliuoli, coft giudicarono , cbe l'amore di Tifli verfo la mogliera fofje
l
flato miracolofo:& fi* queflo, fatto tra loro configlio, temprò inguifa ne gli ani- I
mi loro queftopietofo atto il rigore delia giuflitia, cbe moffi a pietd, & di lu't3 & t
della Donna, & della figliuola altrefi, gli fecem gratia della vita; pofcia fecero^
portare i dui mila fcudi3 & ad Eugenia gli diedero,dicendo. Toiycbe tu queUa ti
r C
deueui effere3che ci accufaffe il tuo Maritoy& egli a queflo fin folo qui era venuto ' t
quantunque fia occorfo cafo3 che cio ti habbia impedito, vogliamo nondimeno,che *l
ne fegua quello effettoy cbe feguito farebbe3fe tupalefato lo ci baueffi. Et percio
vogliamo3 che tu quefti due mila feudi ti babbia, per dote della figliuola tua. To- J
1
fcia3 voltatifi verfo Tifli dif[ero,Etperche non ti habbiamo fatta gratia della vi­ i
ta folot perche tu ti viua3ma perche ti Hi] colla tuafamiglia fiuori dei difagio,nel
quale intendiamo 3 che infino ad hora, tutti fiate vijji 3 ti facciamo anco dono di
tutti i tuoi beniy accioche da buomo da bene , nel tuo primo flato , viuer tu po ffi.
Et percbe non vorremmo3 che vfando tu male la cortefia noflra,ci defti altra vol
ta cagione di far quello, da cbe hora,piu pietofi di t e , che non meritam, aflenu-
t i á fiamo; ti confortiamo a conofcere inguifa ildono3 cbe da noi riceuuto bai,cbe
tu non babbi a prouare , quanto feueramente vfiamo la giuflitia, contra cbi mal
vfa la clemenga noflra, percbe infino adbor ti afjicuriamo , cbe ti farerno paffare
in effempio a tutti gli altri . Tifli allborarefe loro infinite gratie dell'vna , &
delíaltra gratia concedutagli: & diffe3 che non volonta di commettere homicidio
gli bauea fatto dar morte al Riminefe : ma3 cbe tratto lo vi baueano, a viua for-
%a, le disbonefle parole, cbe a dishonorfuo,& della fua Mogliera egli3contra o-
gni ragione3gli bauea dette3nel rneTo della piagga. Ma che per lo innandi, mt-
nerebbe tal vita che meriterebbe piu toflo deffere lodato, che punito. Tiacqucro
a que Signori lefue parole, & il confortarono a coft fare. Ora hauendo Tifli pro
uata infe la clcrnenga di que Signori,& conofcendo,chegli effetti pietofi lor mol
to piaceano, voile anco tentare 3fe potea forfe ottenere gratia per quel valente
buomo, che verfo lui, quando legato ibauea nelle mani, coft pietofo fi era moflra
to . Et diffe, Signori, Toi cbe io veggo tanta effere la bontà voflra3quanta hog-
gi l'bo conofciuta, accioche anco ella vie piii fi dimoflri, piglierò ordire di porger~
ui humiliffimi pregbi, afauore di vn cortefiffimo animo, la cortefia dei quale ba
uendomi feruata la vita, ha data hoggi materia a voi,di far conofcere a tutta que
fla citta la elementa voflra. Et qui narro loro, come bauendolo quel valent'huo-
mo prigione, & potendolo condurre a morte,per rifcatofuo, baueuapiit toflo elel
to di ftarfi nel bando, ch'egli fi ritrouaua , che coWimbruttarfi le mani nelfangm
di chi mai non 1'haueux offejo, voler rifcattarfi. Et poi foggiunfe, che la bontà di
quel cortefe animo, & ilgenerofo atto vfato verfo lui, gli parea degno della cie-
» mcn%a
D e c a P rim a . i 6.
menta loro, & percio gli pregaua con tutto il cuore, a voteirgliene 'effere cortef i'
fi, cbe and) egli a cafafi poteffe ritornarc,acciò cb’egli,aggiungendo gratia,a grx
tia, fojje loro infinitamente obligato. Que Signori, cbefapendo , cbe non molto
grant era la cagione, per la qual colui,per cui prcgaua T ifli , era bandito dal lo­
ro dominio, & cbe tanto tempo egli era flato in bando , cbe fi potea dire, cb'egli
bauejje fofferta buona parte della pena,moJfi dal grato animo di Tifli, perche nui
la mancaffe ad vfare in quelgiorno magnificamente la loro benignitd,fuYono con­
tenti di quanto gli piacque, con tanta allegregga di tutta quclla cittd, cbe non ft
'potrgbbe dtrpiu. Solo parea,cbe il Capitano reftaffemal fodiffatto ,parendogli,
c'bauendo egli prefentato il micidiale, deuejfe riportarne il premio, & non Euge­
nia. Maglifufatto vedere , cb’egli fi ingannaua, per le cagioni giâ dette , Onde
hauutone quel tanto, cbe gli fi conueniua, per haucrlo condotto prigione,fi rima-
fe ancb'egli contento; cofi doppo molti trauagli, il fedel Tifli colla fua bonefla
Donna,& co flgliuolifmercè di quel nobile Senato) viffe contento,& refe diceno-
leguiderdone, alio amico, cbe cofi cortefemente fi era portato con lui.

G I A N N I S E L I N I C E R C A D I V C C I D E R E GA L A S S O C O .
pi, &doppo grande vccilione de fuoi, egli Ii rimane in forza ai nimico, dal quale ha i»
dono la vita , & rimangono amici
N O V E L L A VI.
F R O N O variamente mojji gli animi de gli afcoltanti, men-
tre Sempronio narrò le fciagure di Tifli,& la fua liberatione;^
fu hora, cbe non fi crcdettero mai, cbe le fue difauehture deueffe-
ro bauere cofi felice fine; & fra loro le Donne bebbeno gran pie-
tà d’Eugenia, quando videro, cbe fu coflretta di accompagnare
il Marito coi Capitano, cbe il conduceua alia morte, per pigliarne 1'vltima licen­
da : reflarono nondmeno contente veduta la elementa di que nobiliffimi fignori.
Et tutte pavimente lodarono la gratitudine di Tifli nel procacciare ia gratia dei
valent’buomo, cbe la vita donata gli baucua, Etpofcia cbe fi fu fopra ciò alquan-
to ragionato, Tortia,che deuea feguire il nouellare, cofi cominciò . Come nonfo-
m naturalmente ad altro nati gli buomini, cbe algiouare, & quelli, cbe ciòfan-
no fi mo fir ano veramente buomini, cofi non ê cofa alia natura piü contraria, cbe
il nuocere. Terchc come quello è conforme alia humanità, cofl è que flo piu tofio
dafiera cbe da buomo:& coloro,che alfangue, & alie morti fl danno ,fi poffono
piu toflo chiamare animali feluaggi, cbe buomini. Ma quantunque la cofloro men
te fia fiera, è tanta nondimeno la forga della natura, la quale piega gli buomini
algiouare, cbe anche in coloro , ne quali regna moita flereoga ,f l fcuoprono alie
volte animi cortcfl, & benigni come nella nouella, ch’io fon per raccontarui am-
piamente intenderete.
F V R O N O in ^ifcoli, giâ molti annifono, due, ch’erano come hoggidi ft di­
ce, capi di parte. L’vno detto Gianni Selinifl'altro Galajfo Copi,tra l'vno,& l’al-
K 4
D e G li H e c a t o m m i t h i
tro de quali erano nimicitie capitali :& que ili, & qucgli era feguitato da molta
gente di mala conditione, & fi erano molte fiate aTJujfati infieme, onde neram
nate tra iv n a , & 1'altra parte crudelijjime morti. Ma Gianni fe riera fempre ri-
mafo coi peggio . Terocbe egli nhauea leuatedi molte ferite , & v i erano, tra
gli altri della jua gente,riniafi cfiinti duc fuoi figliuoli. Ora efjendo fcorfo vn gran
numero di anni tra le cofioro nimicitie, fi era 1'vno , & ialtro di ejfi inueeebiato,
per la qual cofa GalaJfo,il quale era maggiore di eta,& cuipareua bauerehauu-
ta cofi feconda ia forte , che bauejfs prefix diceuole vendetta delle ingiurie riceuute
dxl nmicOyfi delibero di voler menar vita quieta, & di non tentar e piü la Fortu
na , della quale egli tanto piü temeua, quanto clla gli sera moflrataper 1'adietro
piit fauoreuole:fiappiendo cbe,come volubile,ch'ella è,rade volte foleua tener fede '
infimo al fine.Et,fatto quefto penfiero>quantunque fojfe Flato micidiale,& malua-
gio,tocco da migliore intentione,fe nvfici di Aficoli,& fe nandò ad vn luogo, ch'e-
glibaueua in contado, lontano dalla città perlofpatio forfede died miglia, il
qual luogo era cotlead vn monte, ouenon fi poteagire fenon per firettiffimo cal­
le,& era la falita crta,& malageuole; e*r menò con lui quattro de fuoi, i quali
gli paruero pii* atti de gli altri a poterfi oporre alio impeto dei nimico, qualunque
volta egli il veniffe ad ajfalire. Terocbe effendo la fua cafa oue babbiamo detto,
gli parea,ebepoebi potejfero baftare,ad opporfi a molti.Et qui, come pentito del­
la pajfiita vita, fi era dato adorationi , & ad vdire i fanti officij, & pocopiu
11
oltre andaua, che dalla cafa alia cbiefa , la quale era lontana dalla fua habi­ ils
tatione due tratti di areo. Ma quantunque Galajfo fi fojfe ritratto dal Jangue, & ■
dalle morti, Gianni ,ricordeuole delle ferite riceuute, & delle morti de due fi- #
gliuoli >vccift in quelle mifcbie,baueuapiu fete di fixngue,che mai,nè ad altro pen
fana mai nè none, nè giorno, cbe ad vccidere Galajfo . Chiamò egli adunque a <•#
fe li due figliuoli,che viuigli erano rimafi, & fecero configlio infiemc di andare
ad ajjalire il nimico, & di vcciderlo . Ma perche pareua loro, che la cafa, oue
egli habitauafojfe tanto forte,chefojfe quafi impojfibile , conbattaglia da mano ,
poteria ijpugnare, penfarono di mettere infieme molta gente,& di affalirlo fuori
di cafa.Era tra que maluagi,chaueua tncjfi infieme Gianni, vno , il quale haue-
ua ajpramcnte ojfefo Galajfo,<&fappiendo,ch'cgli hauea molti parenti, & che,in
vn momento di tempo, era atto a mettere infieme vn numero di malfattori, pur
ch'egli vi ponejfe fanimo,i quali farebbono pronti ad ogni male , ttmeua , cl) egli
nolfaceffe condurre vn giorno a mala morte.Onde delibero di comporre le fue dif­
ference con Galajfo,& Jarlofi amico.Et fegretamente gli fe fapere, chevolendo-
gli egli perdonare,& accorlo per amico,gli reuelerebbe cofa , che gli farebbe ca­
ra,quanto la propria vita,Galajfo do intefo, anchora che non fojfe per creder co-
fa,che colui gli dicejje,perche per maluagio , & per traditore f hauea , nondime-
no penfando, ctiera infuo arbitrio il credere,& non credere quello, ch'egli dicejfe,
gli parue di non poter perder nulla, & guadagnare qualche cofa afcoltandolo. Fi
perciògli fe reffiondere, ch'egli homai ft era dato a tal vita , c hauea remejfi tutti
gli odij,& tutte le ingiurie ; & che,fenga che egli hauejfe chieFlo perdono, egli
( nd

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D e c a Prima. ' 7 7
nel cor fuo perdomito hauea non pure a lui,ma a qualunque altro , cJ?c offcfo Iha-
ueffe:ma3poi3ch'egli perdono gli adimandaua3 egli volentierl gliel conccdeua , & '
era fempre per bauerloper amico.Il Maluagio , afftcurato da coft benigne paro-
le3ando a GalaJJo, & gli diffe ciò > cbe Gianni, & tutti i fuoi congiurati bauca-
no deliberato per dargli morte3 & cbe deueano effere forfe venti ad ajjalirlo3
mentre egli, doppo bauere vdita la meffa,dalla cbiefa a cafaft ritornaua, & nel-
la via tagliarlo a p eg g i3 & nominogli ad vno ad vno tutti coloro 3 cbe fi erano
congiurati con Gianni a queflo effetto. Conofceua Galaffo tutti coloro effere mal-
vua^iy cbe coflui nominati gli baucua, & effere nel numero di coloro, cbe fempre
armati ft erano a fuo danno. Onde ciò gli fc penfare 3 cbe tanto foffe 3 quanto egli
hauea detto. Etfflato alquanto fopra fe3 dijfe3 & cbe vuoi tu cbe mi gioui queflo
tuo auifo f*voglio t rifpofe egli3cbe in due cofe vi giouiflvna cbe vi fia per ciò fer-
uata la vita3Faltra cbefacciatc talprouifione aile cofe vo5lre3che dandoui io tu t­
ti cofloro3a man falua3nelle mani 3 diate loro in vn batter di occbio morte 3& vi
liberiateda ogni fofpetto per fempre . Galaffo 3 cheanchora hauea nell'animo di
quellefementi 3 dalle quali erano nati incendij 3 rapine 3 & vccifioni 3 moffo dal
mortale appareccbio 3 cbe egli intendea farft contra lui 3 toflo dal buonproponi-
mento 3per lo quale ft era ridotto a lodeuole}& quieta vita3ft rnuto al peggio3&
penso di fare di Gianni & di tutti i congiurati queilo ftratio , cbe di capitali rumi­
ci far fi poteffe,& dijfe a coluifio ti ringratio dello auifo3cke dato mi bai , torna a
me dimane3& ft darâ ordine a quanto bifognerà. Tartiffi colui 3 a cui Galaffo non
molto credea 3 & partito ch'egli fifu cbiamò a fe Galaffo vno di quefuoi 3 & il
mando fegretamente a vedere, s'egli potea fpiare cofa alcuna intorno a quanto gli
hauea detto quel Maluagio. Mndò il meffo3 & , informatoft del tutto diligente+
mente3 ritrouò3cbe tanto era appunto3quanto colui narrato gli baueua 3 & il tut­
to riferi a Galaffo fedelmente. Venne al giorno detto il Maluagio s & raccontò
a Galaffo ciò cbe gli auerfarij baueano di nuouo ordinato , & di nuouo ft offerfe a
darglieli in mano. Et comefar ai tu ciò s’diffe egli . Ciò3 rifpofe , farò io in que-
fla guifa . Sifidano dime gli auerfarij voftri 3 & mi banno detto , cbe nell'hofte-
ria qui vicina ft vogliono tutti nafcofamente addunare3& attendere 3 cbe voi dal-
la cafa ve ne entriate in cbiefa 3 & toflo cbe entrato farete vogliono porfi al­
ie porte , & nell'vfcire tagliarui a peggi 3 & m e banno elettoper ifpia di quan­
to vogliono fare , accioche io dia loro ficuro auifo del tutto . Queflo è l'or-
dine loro 3 il qual tutto riufcird. vano , fe voi queilo farete 3 cheio vi dirò. Et
cbe vuoi tu cbe io faccia f*diffe Galaffo. Voglio rifpofe3 egli cbe voi mettiate buo-
na gente armata nella cafa voftra 3 & buona fimilmente nella cbiefa 3 & at-
tendiate 3 che io vi diailfegno cbe cofloroftano giunti, i quali deono effere qiu3
Domenica notte 3 fe io loro dirò cbe venghino 3 hauutovoi ilfegno , venan-
drette alia cbiefa, cffi tutti ft porranno alie porte 3 per vcciderm toflo cbe vfci-
retCy voglio io , cbe fubito cbe effi alie porte fararmo 3 facciate vfcire coloro ,
1 cbe in cafa haurete,& cbe diano loro fprouedutamente ajfalto : & voi pofcia3ve
duti loro occupati in defenderft 3 ve ne vfciate con g lia ltri, cbe in cbiefa ha-
• urete3
D e G l i H ê c à t o Mm i t h i
w e te , & dati'altra parte gli affagliate, & a quejio modo bauendogli in mexo >
gíi conete tuttiad vn tratto, cbenonne fcamperàpure vno , Galaffo , ciòm-
tefo y dijj'c di voter cofi fare , come egli detto gli hauea, & ft mife ad attendere
dò che attenir deueffe , tenendo tutta via de fuoi fede li ad ifpiare qutllo , che gli
auerfarij faceffero . .Ando lo Ingannatore maluagio a gli auerfarij, & di/fc lo­
ro , che Galaffofe ne Jlaua fcnga vna cuflodia al mondo, & difarmatofc tf anda-
ua alia chiefa,& a cafa ft ritornaua fenga haucr punto di fofpetto; & ch'era piu
ageuol cofa Pvcciderlo 3 che vcciderevn coniglio. Credette Gianni ciò, cifegli dif-
fe volea la nottefeguente co venti huomini, cifegli a qucflo fine haueuain *
cafa, andaread ifpedire quanto ordinato hauea. Ma veggendo quello feelerato ,
che ciò era contra 1’ordine dato con Galãjfo , temendo cifegli non baueffe ad ordi­
ne la gente, che deueua porre infieme alia morte di Giannit lo diflornò da ciò fa­
re ; dicendo Gianni , ciò in di di Dominica non fi dee fa re , perche effendo la Do­
minica giorno y ebe alia cbiefa ft riduce tutto il commune, potrebbe jgeuolmente
auenireyche tutta la gente ft armajfe contra te , & oue tu cercajji di vccidere Ga­
laffoytu 1'vccifo te ne rimanefli.Terò facciaffi ciòycome prima ordinato haueuiylu-
ni diyUel quale gli buomini occupati feranno nellc opere loro , eir non v i fie alcuno
che fi moua 3per dará noia. T eme Gianni3 chefedelmente da lui gli fofft' dato l'a-
Uifo y & cofi la Dominica notte , meffa in punto tutta la mafnada , fe ríisndò al-
Ibofleria, & vfando lo Ingannatore per megano 3 lo mando a fpiare in xhe ter­
mine foffe Galaffo. Egli vi andò, & gli diffe ciòyche Gianni batieua fatto & il
conforto a dare iff editione3a quanto ft era ordinato fra loro. Et ritornato a Gian­
ni gli diffe3chefenga vna minima guardia fe ne flaua Galaffo, <& ch'era in p unto
per andarfenea mejfa.Fece attendere Gianni dalle fineflre delThoHeria , che Ga­
laffo alia cbiefa fe riandaffe, nella quale egli hauea gi d meffi piu di cinquanta hi’to-
miniyvedutolo adunque la (pia andare tutto folo alia cbiefa3diffe a Gianni,cbe min
rra piu da tardare la fpeditione . Et egli vfcito3dell'hofteria con tutta la compcr-
gnia3prefe co duefuoi fgliuoli la porta della chiefa , afpettando ch'egli vfeiffe. Ma’
non ft toflo fu Gianni intorno la chiefa3che quelli, i quali erano armati in cafa di
Galaffo y & (lauano ful'auifo 3 per dar loro I'affalto ; vfeirono fuori dicafaim-
petuofamenteygridando carne, carne} amagga, amagga, gli auerfarij veggendofi
affaliti all'improuifo fi fmarrirono alquanto, ma non perdendo per ciò I'arnmo ,
ft mifero yvalorofamente alia difefa 3 &bencbe foffero quegli altri molto piu,
poteano fare qualche cofa memorabile 3fe Galaffo, che in Chiefa era co fuoi com-
pagni 3non li aff'aliua dall'ultra parte. I miferi, vedutifigiunti a mal partito %
deliberarono di morire coraggiofimente3 & menandolemam, fecero ciò 3 che
valorofo huomo farpuote3ne caft eflremi. Ma tanta fu la copia della gente , che
loro adoffo venne 9 cbe3inpoco fpatio di tempo, tutti rimafero miferamente t agita­
ti in peg7i y eccetto che Gianni, il quale , vedute le cofe defperate, toltoft della
mifehia, in vn monte di ficno sera nafcoflo,ma era rimafaI'arma appoggiata al- *
la ChiefayOnde fatta diligenga intorno a morti, & ritrouando i Figliuoli cilinti,
& non Gianni,Galaffo defiderofo di leuare ogni cagione de tale inimicitia, & fuel
* ’ lore
D e c a P r i m a . 78
Iere da radice, tutta la cafa del nemho, fi pofe qua , & Ida cercar di lu i , <?? m l
ritrouando in modo alamo, s'imagino, cbe nelfieno fi fojje nafitoflo , & egli infie
me con gli altri compagni fi mifero a (pingere I'armi bora in quell a parte, bora
in quella,per vcciderlo nel fieno fe lo coglieuano, ma effendo motto alto 3 & mol-
to largo quel monte, & efifendofi Gianni ritirato, nel mego, nolpoteuano cone.
Mq Galafifo, non potendopenfare 3 ch'egli altroue fofl'e 3doppo molto efiferfi afifa-
ticato, commando 3 cbe fofife mejjo fi'uoco nel fieno 3 acciocbe ritrouandoft egli
dentro 3 infieme col fieno rimanejje arfo & cofi da vn lato lo v i attaccarono 3
. Gianni, cominciando già a fientire la forget del fuoco 3 & veggendo di deuere ad
ogntmodo morire, delibero di piutofiomorire per le mani de gli huomini 3 cbe
laficiarfii confumare dal fuoco. Onde per I'altra parte 3 oue non era anebora a n
riuatalafiamma,fenvfci carponedall'aguato . Tofilo3 che Galafifo lo vide , be­
ne illà 3 difife3il Lupo è vfeito della maccbia ; & voltatofi verfio lui difife bora fa­
tal tüpagato fecondo il merito tuo . bilbor a rifpofe 3 Gianni fia di me d o , cbe ti
place, ma fe viuo hò cercato di nuoceni,fij contento , che morendo3ti fia la mor­
te mia di qualcheprofitto. Sappiche da Signori Venetiani bo taglia di due mil-
la feudi, per la morte dialcuni vccifii da m e, Tupuoi cofi viuo comefono darmi
nelle mani loro , & ad vn tratto far ai fatio del f angue mio,& baurai i v tile , che
ti darà la tefila mia.Galafifo,cbe la finiftra mam hauetta auolta 3 ne capelli di Gian
n i, & colla delira hauea algata nuda la (pada 3per leuargli la tefila 3 mofifoda
quefile parole 3 rattenne il colpo 3 & difife, ad ogni modo troppo horreuolmente
morrefli 3feio con la mano mia, ti defifiimortem & però , tu cbe conofciutohai 3 di
ebe morte tu fia degno , ti hat fcielto di morirti per mano del Manigoldo , & io ,
acciocbe nongli fia tolto il fuo guadagno, gli ti darò nelle mani; perche in peggi
ti faccia,come tu meriti. Et do detto fattegli legare le mani dietro le rene, life
condurre in cafa fua 3 & fotto diligente cuHodia vel tenne alcunigiorni 3 delibe-
ratofidi volerlo a Venetia condurre, & trarne ivtile, cbe fiperaua di bauerne .
Ma 3 toccopofda da miglior penfiero , comincw a dire, che bò io bifogno di ven­
dere il fangue di Gianni f5 tolga via Iddio, cbe quefto da me fifaccia, o che io
Ivcciderò colle mie mani 3 o cortefementegli donerò la v ita . Et mentregli anda-
uano fimili penfieri per I'animo molti gentilbuomini 3 che la fdagura di quel catti-
uello baueano intefa > ferififi'ero a Galafifo, pregandolo ad effergli pietofo, che di
do ejfiigli fi terrebbono molto obligati.La onde aggiungendofi apenfieri di Galafifo
lo flimolo di quefili altri gentilbuomini.Eglifeco comincw a dire3 Io nonfeed mat
cortefe atto, in tutto il corfo della mia v ita , come quegli cbefon fempre flato nel
fangue 3 & nelle morti:&, ferrii fi è ofiferta occafione neWvlúmo de miei giorni,
di cancellare 3 con vna larga cortefia, la mala opinione hauuta di me, non la deb-
bo io accettare f1non debbo io bora mofirare , cbe non meno fo perdonare a nimici
miei 3quando lor nuocer po(fo,cbe vccidergli, quando ho I'armi in mano ? Forfe
cbe Iddio mi ha laficiato viuo nelle mani coflui, perche, donandogli la vita,quejlo
- mio atto gli fia cofi grato ficrificio, cbe come io mi era ritrato dal male operare:
& per amenda de gli errori miei, mi era ridutto afolitaria v ita , & mi era daw
• a ll'o p c r a
D e G li H e c a t o m m i t h i
ali'opere buone,coft per quefla opera di tutte le altre migliore,miguadagni lagra
tia di fua Maeftà,fo ch'egli dice/Perdona, & ti farà per donato >Oltre che il fare
in ciò cofa grata al Signore del Cielo ,farò anco piacere a tanti altri grandi buo-
mini^ che per la coftui falute mi pregano3 Et cofi, nel Ciclo mi acqüifterò merito,
& nel mondo beniuolenga, & honore : Et fermatofi fu quefto penftero,fi delibe­
ro di vedere di che animo foffe Gianni. Et fattolofi condurre inangf fgli dijfe,
Giannii quando tu haueffi cofi me nelle mani, come io ho te,che farefli m í j o al-
tro non farei rifjofe egli ,fenon, che poi che ti haueffi moflrato quello, che di te
potejjifire, come tu a me moflrato l'hai,ti farei vedere, donandoti la vita che 'vw
foffi Leone, & non Lupo; Galaffo foggiunfe, cofi fingi tu hora, perche a quefto ter
minegiunto ti vedi, Ma 1’apparecchio, che tu dinangi haueui fatto alia mia mor- \
te, moflraua bene di che animo tu fojfi verfome. Creditu dijfe allhora Gianni,che >
io fia- per negarti,che io non foffi venuto qui per vcciderti f*quefto non fie giamai,
Ma fe venni qui, come tuo nemico, per darti morte, qnando io ti haueffi ridutto
al termine al qual tu hai condutto me, non vorrei mai, che ft diceffe, che raffre-
data lir a , & (Jento quel furore, coi quale foffi entrato in mifchia, io haueffi da­
to morte ad vno, che fi contentaua di hauer da me la vita in dono , & di efferrni
fempre fedeliffmo amico, conriio amico a te farei, qualunque volta la tua corte-
fia foffe tale, che oue ti fon prigione, & vccidere mi puoi, tu mi lafciaJJi viuo in
liberta. Etgiurerefti tu, dijfe Galaffo, che cofi far eili i Dicoti, rijpofe egli, che
cofi io farei. €t fe men che vero ti dico, prego lddio,chc mi ti ponga in tanto odio,
che tu hor hora,fatiandoti del mio fangue,mi tolga la vita.Moffo da quefle paro­
le Galaffo , 'Klpn voglio già, dijfe che effendo tu hora, come fei, da me vinto colle
armi, tu difarmato vinca me di cortefta. Et però credendo,che tu cofi di cuore hab
hi detto quel, chefarefli, come io di cuore fono hor per effequirlo; ti fciolgo , &
libero, dr nonfolo fcaccio dallanimo mio tutto lodio, che ragioneuolmente ti de
uea portare, ma ti accolgo per fratello, & fempre, inftn che mi durerà la vita ,
pur che da te non manchi, farò pronto a tutto quel fare, che da me fi potrà , per
tuo feruigio: & quefto detto, fubito lo fciolfe, & gli pofe l'arme a canto,che leua
te gli haueua, & egli le fue fi fcinfe, & glide diede in mano, & diffegli. Come
io diangi haueua la vita, & la morte tua nelle mani, cofi la mia rimetto hora io
in te , accio che tu fia chiariffimo, che in me non rimanftintilla alcuna di odio,&
che voglio che il tuo volere fia fempre il mio , come fe tu viialtro me ti foJJi, Et
cofi farò io fempre verfo t e , rifjofe Gianrii, colle lagrime a gli occhi, con tanto
maggiore affetto, & con tanta maggiorfede, quanto, che tu volontariamente a
me ti dai, & io da te fono, per tua mera cortefta,comefratello accolto:& tale ti
farò fempre, qual merita,che io ti fia , quefla tua ineffabile cortefta; & nonfolo
da indi in poi furonofempre amici,ma voile Gianni menare il rimanente della fua
vita, con Galajfo,& ambi lafciati i deftderij dei fangue, & delle morti Jt viffero
vdigiofamente infanta pace, infino aU'vltimo di de gli anni loro .

R a if t d -
>, D eca Prima. 79
r a f f a e l o r a s p o N I E' a s s a l i t o d a SVOI NEMICI,
glifa egli preg'oni,& ncl gicK-nOjche'iwn.e.ajio di effere tuiti milerame.nte vcofi.fono da
'lui riceuuti conhonorcuole conuicco 5 & mefsi in liberta, efsi male vfando lacortefia, dt
nuouo fi arnuno contra lui,& fono miferamence morti.
N Ò V E L L A VII.
V la mueUa di 'Portia gratiffima adognuno y & parue maraui-
gliofa cofa y cbe tanta foffe la cortefla di Galafjo , ch'efflendo egli
flato micidiale , & maluagio, donajfe la vita al neniuo, cbe ft
■era armato alia fua morte.Se vi da da marauigliare3 diffe Curtio
la cortefiaycbe vn nemico , verfo 1’altro bà vfata , quantopiu.vi
marauigliarete3fe vedrete vno hauere vna moltitudine deJuoi nemici in fluopote-
re3íqúali erano andati contra lu i , per vcciderlo inficme contuttala famigliay
hauere loro donata la v ita , & hautrgli accolti per fratelli , come dalla nouellay
the fon per raccontarui intenderete.La quale co altro fine ft chiuderà , cbe non bà
cbiufa la fua P ortia , per la ingratitudine di coloro , i quali dcuendofi tenere infi
nitamentc obligati a cbi loro coft cortefe ft era moslrato 3 cercando di nuouo dar-
gli morte3ejji la fi appareccbiarono miferamente .
LiA F ^ i M I G L I t A de J\aJpomfufempre,comefapete3inRauennamolto
nobile e-r rnolto honoratay & dimolta forgatra le parti di quella città : & 3 tra
molti generoft fpirti nati in effit3vi fit vno3cbe I{affaello bcbbe nome3 buomo di al
to cuore3<& dimolta auttoritànellafua terra.Et3ancbora cbe le città della l{oma
gna,per la maggiorparte3ftanodiuife in partial cbe è cagione3cbe ne nafcano mol
te mortiyEra egli nondimenopiu nato aüa magnificenga , & alia grandeg^a dei-
lammOycbe ad appetito di vendettayo di fangue:Ety segli bauejfe coft potuto tor­
re l'animo de nemici dalle vcciftoni come ve ii era la fua natura lontana ( bcncbe
fotto quel Cielo egli nato foffeyoue pareycbe nafcinogli buomini alia vendettaycol
le armi in mano) farebbe fempre flata pacifica3 & quieta Rauenna. Ma 3poilo
cbe non foffe infuo potejre ilmutare gli animi de gli auerfarij, non mancaua egli
pero di dar fegno di queflo fuo defiderio. Maycon tutto ciò , fe ne flaua congii oc-
cbi aperti yperripararft o dallaforga3o dalle infidàe de gli auerfarij fuoi3acciocbe
il fuo effere intento alia pace3& alia tranquillitàynon deffe materia a nemici fuoiy
di affalirloffrouedutamete3& fargli dannoyparendogliy chela via di mantenere
la paceych’egli già haueuanelíanimo conceputayfoffe il leuare a nemici la Jperan-
%a di potergli nuocerej quali egli cercauay con ogni ingegnoydi ridurre a miglior
mente.Ma tutto era vanoypcrò cbe l’odioygià inuecchiato ne gli animi loroyvi ba-
ueua fatto rddhi tally cbe a fuellerle era cofa malageuoliffima y & quafi impojfi-
» bileSPerche oue egli cercdua di mitigargli, ejji haueano ogni lorpcnfiero nuolto
alie vendettey& alie morti.Nê mancauano}con ogni loropofjibil forgo, 3 di tentar
tutto quellOychepareffe atto a compire quato loro dcttaua il fangumofo appetito.
Raffaello, cbe il loro ammo conofceua , non mancaua di vfare ogni adi?erga , in
far cercare cwycbe *nemici faceanoySi per opporfi a gli sforgi loro , quando ..{fa­
lir e il voleffero 3 fi anco „per vedereyfe y in quefli loro apparecebi ,g li ft effer iffe
coja.
D e CÍLI H é c a t o Mm i t h i
tofa,perla quale glipotefjediflornar da coft fattitumulú. ^iuênnecbc, tnentre
pareua afuoi nemici, ch'egli fe ne Heffe,come negbittofo, & che come fi moflra-
ua tutto benigno, coft fe ne fleffe fproucduto, effi fi credettero , che fojfe cofa age-
uole l'affalirlo,et il condurlo a morte con tutta U fani\glia,la quale fotto il fuo go
uerno fi Jlaua: la onde, mejja inficme vna moltitudine di gente dalla parte loro,
lo andarono a ritrouare,& ad affalire impetuofamente. Raffaello, cbe,come hab-
biamo detto ,fulíauifo fi flana, & quanto meno parcach e diciò egli fi curaffe,
tanto maggior cura vi haueua,baucndo intefo tapparccchio de gl i auerfarij,fi era
proueduto di tutto quello,cbegli facea di mefliero, non pure a fua difefa,ma a fu-
perar loro. Con tutto ciò, perche ft fchifaffero gli /Irani auenimenti, che poteano
occorrere,fe ft veniua all'atto di menar le mani,fe,per acconcia via,fapere a ne-
m id, chc do, ch'ejji tentaffero contra lui ,farebbe vanot perche egligià fl era di
maniera proueduto,che il peggio fe nefarebbe il loro, & che meglio farebbono a
rappacificarfi,che a tentar qucUo,cbe non era per riufcir loro in modo alcuno;ma
quelloyche deuea rimouere gli auerfirij dalla male incominciata imprefa,die loro
maggiore ardire a darle fine,giudicando,cbe la paura,chaueffe Rafjfaello del loro,
appareccbioyfaccjfe venire ftmili nouelle a gli orecchi loro, St iflimando,che per
ciò fofle loro aperta al danno de nimici la via,con quel maggiore impeto, cbe po-
terono,contra luife n andarono. Ma bauendo Rgtffaello fatta ncfcondere moltitu­
dine di gente in varij luogbi,cbe ad vn tempo baueffe a circondarei nimici, con-
duffe la cofa di maniera,cbe di fubitogli bebbe tutti infieme nellemarn,fcnga dan
no defuoi:&yfattigli prigioni, gli fe cbiudere in vna torre, & f e dir publicamen-
te, che le volea por il fuoco intorno,& iui infieme ardergli tu tti,nè altrimente ft
credea per tutta ip città,Tercbe,fe bene egli era da mold pregato per la falute di
que mcfcbinfaeqli nondimeno moflraua dinon volere mutarpenfiero, pofcia cb -
elji, non effcmbmlui prouocati s'erano armati alia fua morte, Onde era ferma
opinione di ognuno , che tutti deueffono effere arfi vim in quella torrê. Ee queflo
fingeua di voler far Raffaello,acciocbe quanto maggioreconofeeano il pericolo gli
auerfarij, tanto pofcia conofceffero il beneficio maggiore. Stettero alquantigior-
ni i nemici in queflo terrore,fenga fferanga alcuna di falute. Et,efJendo venuto
ilgiorno, quale bauea detto paffaello di volcr dare il fuoco alia torre,& bauen­
do egligià fatta adunare gran copia di legna,moftrando di voler porre il fuo pen­
fiero in effetto, erano tutti gli amici, & i parenti della parte contraria in gran-
diffima angofeia,tenendo per fermo ognuno, cbe coft appunto deueffe effere, come
vedeanof'atto I'apparecchio.Ma potendo piu in flaffaello la grandegga dettam­
mo fuo,cbe la riceuuta ingiuria,voile qui dare cbiariffimo fegno dellafua magna­
nimity. Et moflrare ad ognuno,cbe è vilta efpreffa , il voler far vendetta contM
coloro,cbe tutti fono in forya altrui. Et cbe il perdonare moHra vn cuore magna*•
nimo , & cortcfe. Terlaqual cofa ,fatto appareccbiare in vna fontuofa falx
vn honorato, & magnifico conuitto, nell'hcra , cbe fi tenea ccrto,cbe egli deueffe
porre le legna intorno alia torre,& dar loro il fuoco,fece aprir le porta ,& p o -
flouifi egli innangi,fece ad vno,ad vno vfcire i nimici, & tutti, comefe fuoifra-
telli
I,. / , P, H Ç A I MA. 80
te//i fofjero flati, gli abbraccio amoreuoliflimamente, & poflofi in mego tra due
di coloro,i quali de gl't altyi cyano capi, tuttigli conduffe nella fala, & con loro ft
jTofe non altrimente a tauola,che fe tra ejjt nonfoffe mai flata cagione di nirnicitia
alcuna ; Di dò marauigliofl.fi flauano coloro, & comefuori di s ê , parendo loro
quefla vna delle mirabili cofi,chefoffe,in alcun tempo , fra gli huomini (lata,&
J i diedono ad attendere a che deuefje riufiire quefla, quafi incredibile, cortefia.
^Finito cbefu il conuito, Rafaello coft loro cominciò a dire . Conofcendo io3valo-
roft huomini, cbe le particolari nemicitie de' cittadini fono le peggiori, & le piá
'ograui, che nafcerc poffano fra gli huomini, come quelle , onde vengono le ruine
norfyure dellefamiglie,ma delle città intere3bo fempre defiderato, cbe le nemici-
t\e,cha meffe tra not la flniflra Fortuna,kabbiano tal fine, che nofolo tra not que
ta ,& tranquilla vita viutamo,ma cbeanco la noflra città, per la noflra nemiflà,
non ft flia in continuo trauaglio. Ft quindi è auenuto,che anchora, cbe mi ft flano
4>ficrte molte oçcafioni di poterui nuocere, & di adoperare contra voi le forge
tnieje quali di quanta importanga flano ilpotete hora conofler e , to non dimeno
fempre me ne fla aftenuto, come colui,che , colla manfuetudine, & colla benigni-
ii ho piu toflo cercato di leuare in tuttogli odij dagli animi v o flri, & farmiui
per ogni via pofjibile amici, cbe con 11armi flargere ilfangue voflro, & leuarui
dei mondo.il qual penflero fe fojfe anco flato in v o i, io fon certo, che già buon
tempo ,ft farebbon leuate tutte le cagioni, de gli odij,& delle inimicitie tra not.
Tercbe come io non pure non vi bo hauuti per nimici, ( come baurebbeforfe volti
to il biaflmeuole coflume di coloro , che vi bauejfi bauuto , i quali non fanno mai
darfi ad amar quelli, da i quali hanno hauuta vna volta ingiuria, come che gli
huominif offero flere, & comefon nati alia compagina , & al viuerc ciuile, cofi
foffero nati alia deflruttione della natura humana) ma ho fempre defiderato, che
mi fl offerifia occaftone,per la quale mi conofiiate voflro affettionatijfimo, Ren­
do hora rnoltegratie al Signore Iddio, che habbia voluto, che vi flate indutti a i
armarui contra m e,& contra lafamiglia mia,accioche di qui mi fi apriffc la via
a farui conofiere queflo mio ardente defiderio di pace , & di effere tutto voflro,
comefe tutti fratelli carnali mi fo fle , Et, perche nulla baurei fa tto ,fe /ofl e voi
di animo contrario al mio,vi prego per la molta virtu vofira,& per lo deflderio,
che ê in me di fempre piacerui,cbe vi piaccia homai conofiere, che, l'effere pace
s
tra noi,è la conferuation delle noflre famiglie,& di tutta quefla città, alia qua­ /
le flame obligati per natura, & fe 1'hauer noflro coft fpenderemo a beneficio della
patria,come infino ad hora a noflro danno fpefo l'habbiamo,oltre il conferuare noi
medefimi, & le facoltà noflrejl che ci dette effere cariffimo,ci moflreremo degni
figliuoli di quefta madre, La quale,come per 1'adietro fi è attriHata di hauer ve -
duti noi fuoi figliuoli, nelle nemicitie p affate, cofi fi rallegrcràper lo innangi,di
vedcrci congiunti con puro, & fratelleuole animo, come io fon fempre per effere
r con v o i, & ciò detto impofe fine al fuofir mone. Gli auerfarifveggendofi in quel
Zip unto, chejfi temeano d'effere arfi crudeliffimamente, coft ben trattati da colui,
dal quale effi merit amentt temeuano firatio crudele. Rifpofiro,cbe cofi grande e-
ra robii-
t Pe G li H ecatom m ith i V \
ra ^obligo-, ctiejfi fi conofceano bauere a tanta cortefia , cbc non fapeano, one de+
uejjero volgcrc Hpenfiero, per poterglifi mofir are in parte g ra ti: ma , cbe clla
fempre ft nmarnbbene gli animi loro impreffa, nètnancherieno mat a cofi fat-
ta benignità , anfi gli farebbono vedere in effetto il loro buono animoyqualunque
volta piacejfe a lddio di ojf'crir lor cofi, per la quale poteffero tnosirare quanto
jofiero defnierofi di fargliji conofcergrati del fmgolar beneficio, ohe ricemto ba
Mano . Ma , cbe in que fio megogli volcano fempre effere non tneno amormoli,
& ajfcttionuti fratelliiCh'egli loro di effere fi foffe offerto. E t, doppo tali parolet
abbraeciatifi di nuouo inf cmefinfegno di perpetua pace ,-prefero commiato tutti, nil!
& fe n andaram per gli fatti loro:Et per alquanti giorni conuerfarom bvrio]con
I'altro , come fe fratelli foffero fla ti. Ma non durò molto quefta loro firateUeuole *,
conuerfationefimperocbeil nemico dell’humana generation?>al quale veniita ntólt
to . v tile d a lle e o flo ro n e m i c i ú e , fiimolò confi acuto /prone gli animi di colors
cm d o t u m h a u e a H affaeU o la v i t a , cb e confiderando, cbe nonfolo erano flati vin
ti co lic at me d a I n i , m a coda c o rte fia a n c h o r x yfi vergognarono tanto di quello,
d i c b e i c d a r f i d c u e a n o ,e b e ji accefero d i tanto odio contra l u i cbe non folo non
g l i b e b b "f o g r a tia del-rice u n to b e n e fic io yCome deueano,& come pro meffo bauea-
nOj.na p m ta s lo .v o r rc b b o n o effere flati arfi,come era flato lor minacciatoJ ebaue
re vedara ta n ta benignita, & tanta cortefia nel loro nemico. Ter la qual cofa9
quaihera ft riduceatio infierney diceanofouente tra loro, non sò come non ci attri-
fiiamo di if]ere vim >poi cbe oue noi ci crauamo armati,con tanto sforgo, per vc
ciders Ifiiffaello, noici veggiamo efferefiat'iprefi d a lu i: & , comefe vili femi-
nuccie ci fuffimo,effere flati minacciati di effere arfi, & a Ifine bauere bauuta da
Ini la vita in dono , onde pofiiamo dire di non viuer piu a noi,ma a Egiffaello , co­
fi, cbe ci dearebbcapportar tanto roffore, chenondeuremmo hauer vifò di appx-
rire fra gli hrnmhn, & fenon tantiamo di ritrouar via,di potergli moflrare, cbe
fe la Fortum,nemkadefitti gcneroft, ci fece allbora, chegli neprefe, dare in
mano , fua, la noflra virtu è atta di fargli conofcere , cbe viepiü di lui poffia-
mo,ci rimarremmo i piu fihermti huomint, cbe viueffero mai. Nè ciò malaçeuo-
le cifarà, perche bauendoci egli tefe infidlc,& non effendoflato ardito di affalir-
ci alia fcopcrta,& venirci contra congiufta battaglia, bà dato chiariffimo fegno
della fua viltâ, & mofiratoci, cbefe noi, già fatti accorti, fuggiremo le fue in-
fidie, & valorofamentc I'affagliremo , cofi fi nmarrà egli vinto dal valor no-
ftro, comenoi fiamo flati per nofir a feiagura cold dalle fue infidie. Et cofi, fat­
ta tra loro quefta deliberatione, piena non pure di mal animo , ma di cfpreffa in­
gratitudine,ft diedero a fare celatamenje nuouo apparecchio , per i/ccidcre Bgtf-
faello , in ricompenfa della v ita , cbaucano bauuta in dono da lui.ll qualc , ben*a
doe ciò conofceffe,<ér poteffe loro de nuouo affalire,& dar lor morte, nonft voile
però mutar di natura, defideranio piu tofto,che ifuoi nemici pentendofi del loro
malpenftero ft vergognaffero di quefta loro fogga , & disbonefla deliberatione ^ :
e l f egli ft deffe a far cofaindegna del fua gentile, &gencrofo animo ,E t p e r d i ­
tion mancaua in ogni cojfa, cbe gli fi offerifee, di mofirarfi loro benigno , & piu ,
T cbe
D ‘E C a P r i m a - Si
the mai,cortefe , penfandofi in quellaguifa dl potergli diflornare da cofi ingrato
proponimento, Ma aueniua quello, chcnexjillarii animi vcggiamo ducnire , per-,
cffe quanto piu egli Ji mosirana lor cortefe, tanto piü in loro crefceua la ing/atitu
dine, & Hdefiderio di nmçergli, Haucu i quefli vn fratello,cbe Stafio banea no-
me,huomo angi feroce, cbe nò, al quale fc ben piaceua vederc it Fratello della be
ipigna, & corteje natur#, cbe egli era, gli (piaceua nondimcno tanto la ingratitu-
'■dine, de gli au.eyfari) , veggendogli venire tanto pin ingrati, & crudeli, quanto
pm il Fratello ft rnoflraua loro piaceuole,& benigno,che delibero di volerft Icua-
Nre ifofpetti da torno, volendo piu toflo, cbe la coloro ingratitudine gli faceffero
' maChtpitare, cbe la tolcranga di Rafaello il facejfe flare, con tutta la J'ua fami-
glia, in punto di guardarfl da loro. La ondc, effcndofi vngiorno i nemici ridutti a
configlio per dare effccutione alia loro mala intentione, Stafio,fenga dir nulla al
fratello , mifeinflcme buona quantità di buomini valor of , & nelgiorno, cbe ft
penfauano leuare dal mondo flaffacllo ,con tutta la fua famiglia , gli ajfaltò , &
tuttigli vccife,dando alia loro ingratitudine diceuole mcrcede.*I

H E R C O L E D A E S T E P R I M O , E' S O L L E C I T A T O D A L R E
di Napoli, & da alcuni congiurati contra lui, al fuo virimo danno, fotco promefl'a di dar-
gli il Ducaco di Ferrara ,che Borfogli occupaua •, egli conofce, !o inganno, Sc fa incap-
pare gli congiurati, ne lacci, ch’efsi a lui haueano teii. P oi, per benignità di Borfo, è la­
xo perdonato il delitco.
N O V E L L A VIII.
0 M E piacque ad ognuno la cortefa di Rafaello,cofi a tutti(pidc
que incredibilmente la ingratitudine deJiioi nemici. Virginia,cbe
il ragionare fcgtiir deuea , cofi cominciò; le infidie appareccbiate
a Rafaello da fuoi nimici,& il loro effere dati ne lacci,cbe a quel
Nobile huomo.baueanotefi , mbanno tomato a mente vno ingan­
no ordito contra Hercole da Ffle,contra il quale egli vsò inguifa la prudenga ,cbe
non pure ilfuggi, ma conduffe gli infidiatori al termine, al quale effi penfauano di
condur lu i, quantunque ne bauejfero pofcia piu felice fine, cbe i nemici di Rafael­
lo non hebbero.
H E B B E Tsfcolò da Stte,che fit fecondo di qucflo nome,fra Signori di Ferra
ra, fpcrò cbe prima ve tier a flato vn altro, Fratello del Tadrc di Tricolo, chc Ni-
colo Zoppo era cbiamatoj molti Figliuoli di varie Dome,.amate da lui. Fra quali
n.bebbe,due d'vna medefima Madre, I'vno cbiamato Leonello, & I'altro Borfo,&
:egli amaua quefli due, fra gli altri fngolariJJimamente.Fra tanti non legitimi Fi-
'’%^*gliuoli,fi tto g ú V ecchio,prefe per Moglie Ricciarda, Fig!iuoIa di Mlcije Marche
I fe di Salucio,della quale bcbbe due Figliuoli mafcbi, Hercole hcbbe nome il pri­
mo,etil fecondo Gijmondo,da Gifmodo Imperatore, cbe il leuò dal facro fonte del
y ■>?. Batte(imo,mentre cçli allogfwin Ferrara, i quali lafciò Fanciulü, doppo la mor-
* 4 i l t c fua fotío ilgouçxno di Leonello . Qgtefli, tratto dalla cupidigia dei Signoreg-
~ glare, occupò loflato, chc ad Hercole Ji deuctta, ver legitima foccrjjione. S t, per-
\ ' k ' *• • Tar. Trima L

V.
%
DE gli Hecatommithi V
goderlo pacificamentc, mandò i due fratelli ,in/quella fanciullcfía etk , a Napoli l
nella corte dei Re. Et egli, maritatofi in vna figliuola di vno de Signori di Man-
toa, hebbe vnfigliuolo, nominato dal nome ddl\Auo, Nicolò . Ma , come il TÒ-
dre bauea lafciati fanciulli nelle mani di Leonello Liercole, & Gifmondo, cofi vol
le la giuflitia diuina,cbe venendo Leonello a morte,lafciafje aneb'egli Nicolò Bam
bino fotto ilgoucrno diBorfofil quale fu il primo Duca in qucfta llluflrif]ima,&\
antichiffima famiglia, & fu contento Leonello 3 cbe per tutta lafua v ita , Borjo (
foffe Signore di tutta la Signoria3 dandogli lafede; di lafciarld pofeia 3 doppola
fua morte3 a Nicolò,'ilquale alleuaua Borfo molto fignorilmente. Et crcfceano
parimente, nella corte di Napoli 3 i due fratelli, cbe Leonello confinati vi Iraueux
in valore , & in prodegga s & in altre virtu degne del loro j ignor'd fangue.
Terche oue Nicolò fi dau.i alia vita lafciua3gli altri due fi effcrcitauano nelle ar­
me 3 & in tutte quelle arti 3 in tutti quegli ejjcrcitij 3 cbe ad honorati Caualien
apparteniuano. La onde, parendo a Borfo3 cbe deueffe la virtii, & il dritto del­
la giuflitia bauere illuogo fuo3 efjcndogia fatti non pure buomini, ma prodi, <&
honorati cauallieri, i duefratelli, gli ricbiamò, dalla corte dei Re 3 a Ferrara,&
mife Hercole in Modena3& Gifmondo in Reggio3 tenendo apprejfo di fe Nicolò in
Ferrara, come quegli3 cbefeco bauea deliberato3 di volere, per quel miglior mo­
do 3 cbe gli fi ojferiua,fodisfare alia fede data a Leonello, lafciando Nicolò fignor
di Ferrara, & al dritto della giuflitia3 lafciando gli altri due fignori delle Cittâ,
cille quali gli bauea mandati. Il Re di Napoli portam grande odio ad Hercole,
perche3cjjendofi egli armato contra il Re,per commandamento di Borfo3 f il qua
le conofcendo 3 cbe il Re non teneua quel conto di Hercole 3 cbe meritaua la fua
virtu ,J fdegnofo ilfe torre dal fuo feruigio 3 ç*r vedutolo nella mifchia , tandò
ad ajfalire con lo flocco in mano , & non folo il mife in fuga, ma gli tagliò vn
gran peygo delia foprauefla3 & via fe la porto. La qual cofa indujfe a tanta ira
il Re 3 cbe non penfaua ad altro mai, nègiorno, nènottc, cbe condurlo ad vltima
ruina : & voltatofi molte cofeper f animo, & tentate molte vie3per compimen-
to di queflo fuo penfiero, & effcndole tutte riufcite vane. Tensò, che gli potef-
fe venir compito il fuo difegno,fe coi promettere ad Hercol bene, il poteffe ingan-
nare, & gli fe dire, per fidate perfone , che quando gli piaceffe, egli gli da•
rebbe, & for%e 3 & modo di fcacciare Borfo di flato 3 e-r ricuperare la fignoria,
cbe gli era flata, a gran torto, fi lungamente occupata. Hercole, cbe conobbe lo
inganno, non sò io diffe,che rifponderuife non veggo teflimonio di cio,per man del
R e,& quando il Re di ciòvi fcriueffe,cbe farefle voí í*ripigliò il mejfaggieri,tut-
to quello,riffofe egli,che mi pareffe atto,a ricuperare lo flato mio,Tennero i mef- ^
fi del Re, per quefle parole,cbe Hercole deueffe accettare il partito, & tutti lie tis — 'J*i
fi partirono. Ma fe ne venne egli fubito al Duca, & gli fe fapere tutto quello, cbe
gli bauea fatto dire il Re. La qual cofa fu molto grata a Borfo : & gli diffe,atten
derete quello,cbe il Re vi fcriuera,Non paffarono molti giorni,che ad Hercole fu-y , *
rono portate lettere dei Rc,fcrittc fui generale, cio è,cbefua Maeft à baueua fen*^
pre defiderata cbe le fi offeriffe occafione digiouargli,& ebe parendo,cb'clla bo-
* w g li
y— .----------- ----------- .
I D e c a Prima. $2
rd gli ft fojfe parata innangi}non era per trallafliarla, qualunque volta egli vo-
, Igffe dare oreccbio a quanto prima, gli hauea fatto dire, d r a quanto gli direbbe
uncbc rapportatore di quefte lettere, al quale egli dcuea preflare quella medcfl-
ma fede,cbe farebbe aliafua iFleffa Maeflà. Trefe tempo a rifbondcrc Hercolc.Et
fubitofene undo a Borfo, d r gli fe vederele lettere fcrittegli dal I\e. Et, appena
Ife baueua lette Borfo,che vnaltro meffo venne a lui per name del Re,pcr le qua­
li Fauifaua,cheft guardaffe da Hercole,perch'egli cercaua torgli infleme lo flato,
& la vita; Borfo,informato già del tutto,diffe alio apportatore delle lettere, ^il­
ia ItijQgaflruitu vfata da Hercole verfo la cafa ^ir agona, ft dene altra mercê, cbe
qnella,che gli vuol dare il voFlro Be, col proporgli la ruinafua, al quale voglio
cbe dictate, cbe auertifca,che mentre egli cerca I'altrui danno,nonft apparecchi il
fuo. Non piacque punto queFla riff oil a al meffo del Re, d r tutto fcornato fe ne
parti.Et diffe Borfo ad Hercole, flate pure di quel cuore verfo me,cbe voile il mol
to amore, cbe io vi porto,cbe flate, & vedrete,cbe io non vi darò mai cagionc di
bauerui a dolere,a ragion di me,nè viuo,nè morto. Il ringratiò Hercole di queflo
fuo buon voler e,d r gli diffe,cbe non credeua,cbe deueffe effere altrimente , & a
Modena tutto contento fe ne ritorm . Il Re, per la riff ofta , cbe gli baueua fat-
ta far Borfo, non meno ft accefe ad ira contra Borfo , cbe contra Hercole fojfe
accefo, d r penso voler fare vendetta delivno, d r dell'altro. Erano nel territo­
rio di Modena oleum giouamfi quali erano molto arditi, dr erano flati con Herco­
le in ‘F^apoli,onde ft penso il Re,cbe coftoro poteffero effere attia dare ad vn trat
to morte ad Hercole,d r a Borfo, però cbe con I'vno, d r con ialtro conuerfauano
molto domefticamente.Ondefece lor dire fegretamente,che fe lor daua il cuore di
compire queflo fuo deflderio, gli darebbe egli nelfuo regno, Caflella di molta en-
trata. Cofloro,poFla in oblio I'amicitia, c'haueano hauuta con Hercole,d r I'effere
vafalli di Borfo,ft deliberarono di tentare queFla fortuna>Et voltatejji molte cofe
per I’ammo,ft rifolfero di poter ciofare,col proporre ad Hercole cofa,ond'cgli ve
niffe infferanga di ricuperare la Signoria, Fingendofi adunque coftoro amici di
Hercole,d r credendogli aneb'egli tali, ft prefero vngiorno commodo tempo,d r gli
differo. Hercole,noigià buon tempo ti habbiamo portata gran compafjione, veg-
gendoti occupato,contra ogni ragione, quello flato,cbe a te, per legitima foccefjio
ne, dee peruenire. Et affettando pure la morte di Borfo,dr veggendo not, ch'egli
tanto piü viue,quanto piu noi morto il defideriamo,dr te tutta via Flarti fogget-
to, oue Signore effere déurefti, Et cbe ei ègranpericolo,che anco, doppo la morte
fua,tu te ne rimangafuori della Signoria, (Terche dei molto ben credere, ch'egli
s vorrcLferbare la fede, che a Leonello diede, di lafciare lo Flato a Nico lo,J Si fta-
* fi Cmo deliberati,quando tu appigliare ti vogli al noflro conftglio,di torre ad vn trat-
to la vita a Borfo 0 verprenderlo, d r far te,come è di ragione,Signore.Hercole,
alle coFloro parole accefo d'ira , fu per dir lor molto male ; d r flacciargli da fe,
♦V '-Ma pofeia penfandi), che quindi gliene potrebbe auenire qualche danno, ft delibe-
írò di volere intendere,a qual modo effi voleffero, cbe queFio diflgno lor riufcijfe.
€t diffe,dr come penjate voi,cbe ciò vi çotcffefatto venire ? Mgeuoliffmamenh
L %
Ti *5 r > ----

D e G li He c a t o m m i t h i !» ...........\ L
te i riflwfero, fidafi Borfo di noi, come tu fa t, & qualunquc volta m i lo inuitiamo
cille no ft re fefle, egli vicne a que tie parti, & ci manda a cbiamarc , accioche iaq-
fieme tcco gli facciamo compagnia>not teniremo via 3 the egli da noflri buomini
Cara prefo nel viaggio : & fe vorrai I'vccideremo , od il porrernó in tan podefia,
Je tu pofeia non ti faprai Signor fa re, tuo faràil danno . Tar m i, diffe Hercole,
cbe molto bene habbiate penfato, eir che cipotrebbc molto ageutilmente venir fat\\
to3quanto ordinato bauete. Ma, perche ilfatto è di molta importanga , vi bijb-
gna penfar ben fopra, accioch'egli felicementeci foccieda . Vcriite dimane, che ci
rifolueremo inficmc alia fheditione. Sipartirono coloro da Hercole tutti liett^/lcu-
ri che nonfojfc loro per auenirepunto meno felicemente la imprefa,cbc penfata let
ft haucjfero. Hercole,cbe tenne quefio ancbe(come nel vero erajmaneggio del fie,
& dubitò,che per ultra via, nol voleffe fare accufxre di tradimento a Borfo , &
addurre cofloro per tcfiimoni,fatto l'aereofcuro,fenga dir nulla a perfona , mon-
tato fu vn velodfjimo cauallo , a Ferrara a gran camino venne : & giunto alia
porta, dimandata laguardia, diffe, cbe faceffcro intendere a Borfo,ctiegli Her co­
le era, & che gli era di mcfiiero di parlargli di cofa importandjfima. Borfo diman
dò cbi era con lui,&dicendogli colui,che non vi era niuno, diffe il Duca, fon con­
tento, ebevenga, & mandati da venti caualieri colla guardia, impofe loro , che
lui folo lafeiaffero entrare, & cofifu fat to. Entrato Hercole nclla earnera,gli dif­
fe il Duca, qual cagione, è queila, cb'a quell'bora a me vi fa venireI le inft die,
rifpofe egli del fie (comio credojapparecchiate non pur contra me,rna contra voi
anco. Ft quigli fpiegò, in poebe parole, cio, che coloro dettogli haueano, & gli
dijfe mi hanno confortato ad eff'ere con loro, a cofi fcelerato vfjicio,non per altro,
cbe per bauere infieme a darei morte . Ft tofio cbe di ciò mi mofferoparola , gli
haurei cafligati, come meritauano, ma ho voluto in queila , come anebe in tutte
le altre cofe me,quel folfire, cbe a vofira Ecccllentia piacera, ll Duca,che colo­
ro hauca per fidelijfimi ,fimarauigliò,cbe dital cofa effi baueffero pariato con
Hercole, & quafi non potè credere,che cofi foffe.Ture, confiderando il volto, iha
bito, il pariare, & l'efficacia, colla quale do Hercole gli dicea, non voile dar fe -
gno alcuno di diffidenga. Ma conbuonvifo, vedete,diffe,quanto época la fedede
gli buomini ,poi checo floro, cbe tanto fedeli fimi fono moflrati, & channo ba-
uuto da me honori, & benefici/ fingolari, & a voi ft fono moHrati tanto lunga-
mente amid,bora con tradimento d vogliono vccidere. Ma perche effi babbiano
mercê degna dell'opera loro.Voglio Flercole, che voi vifinghiate di voler tanto fa
re,quanto effi vi diranno, & di do ch'auenira mi diate di giorno in giorno minu­
to aulfo, promife di cofi fare Hercole : & rimontato a cauallo,accioche niunofit-
pefj'e, cb’egli.a Ferrara foffe íiato, fe ne ritornò di fubito a Modena,la mattina n
tornati i congiurati a ragionare con Hercole, & egli, moflrando di accettare in
buona parte do cb'effi diceano,& dando loro fperanga di voler tanto fare, quan­
to gli proponeano,gli tenea inficurifjimo penftero,cbe il tradimento cofi foffe peg-
foccedere loro,come feco difegnato ft haueano,& tutto quello,cbe aueniua di gi(h
no,in giorno fignificaua a Borfo. ll maggiore de congiurati ,fra quello tempo ,
finfe di
f D eca Prima. 8 ?
^finfe di vo'ere Ynaritare vna fu.i figliuola ,St andò a Ferrara ad imitare il Duca a.
quelle noggcjl quale cortejemente moíirb di accettarc lo imito , St fubito auisò
ner cole quanto egli volea, cbe fi faccffe . Venuto adunquc il di ne l quale i con-
giurati deueano veriirper Borfo, andarono a r'.trouare Hercole, <& differo, dima­
ne alio fpuntar del giorno, fenandaremo tntti infieme per lo Duea.: & vccidendo-
, lo,o dandolouiprigione, ve ne rimarrete voi, come vuolc il giuflo , Signor. Coft
fauorifca Iddio, diffe Hercole, le cofe mie,comefarò,cbe voi ns baurete tanta par
te, quanta nonne faprciie defiderar piu. Hauendo i congiurati la cofa,come per
fatta,nellemani, baueano meffi infieme trenta Cauallicri bene a cauallo , & non
menfrarditi, cbe valorofi huornini, loro famigliari, & loro ordinato , cbe indi, a
tre giorni,fi ritrouaffero nelde campagne di buon porto, cbe ejji farebbono loro in­
tendere, quanto haueffero a fare,Ter lo contrario Hercole (Hi commijjion del Du-
caJ banca feritto a Cifmondo fuo fratello, cbe era al gonerno di Reggio , cbe fatti .11
'i mettere in puntogli huomini d'armc, & i caualli leggeri,ch'egli bauca ,fc ns ve -
K niffe la feguente mattind doppo terga a Modena,& toleffe anco feco, le genti dar
- me,d) erano in Modena, alie quali lafeierebbe commiffione ,cbe bvbidiffero, & a
* camino il flguitaffe verfo Ferrara, acciò clo egli haueffe a fir pigliare ahuni
Hr
congiurati alia morte del Duca, & fua. Dati dalfvna pane , & dall'altra quefii
ordini, Hercole, & i congiurati la mattina, alio fpuntar del giorno ffureno, a ca­
uallo, eir con lentiffmo paffo,fauoleggiando, & mottegiando ft mifero in camino.
lAppena erano arriuati al Finale, cbe fu loro Cifmondo co quattro cento caualli a
torno, & Hercole tratta I'arma del fodero, & auentatoft a quello cbe gli era piu
preffo, & era capo de gli a ltri, gli mife le mani addoffo, dicendo, Traditori,cre-
detevoi ,cbe nonbabbiaconofciuteleinfidie voflre ? appareccbiate alia morte
del Signor Duca, & mia, ma tal nhauerete la pena , quale meritata l'bauete;fu-
rono allhora tutti ad vn tratto prefi, & menati a Ferrara , & condutti entro al
Caflello prigioni, con tal ficureg^a, della morte, chepoco meno, cbe morti fi Jla-
uano. Ciofu moltograto a Borfo: & rimandati i due fratelli al gouerno delle Cit-
tà loro date agouernare, Mando il To defla a congiurati, acciò cbe effaminando-
gli, intendejje,cbi loro mofjo baueffe,a voler commettere cofi graue delitto\ Ft
effi, ( come babbiamo dettoj non conofeendo modo alcuno alio Jcampo loro\,
fenga volcre patire altri tormenti, confeffarono, cbe ad inflanga del Re ,fi erano
difpofli di dare morte al Duca, & cid Her cole infieme con lui.Loro molto male ne
diffe il TodeHà, & accusò la lor poca fede , & molta ingratitudine, volendo ad
inflanga altrui malmenare vn tanto loro benefattore, quale era loro Flato il Du­
ca,& vno amico tanto fingolare,quale era loro flato Hercole, I miferi non feppe-
#! *s^ N dire altro fenon cbe conofieano il loro gran fallo,et pregauano il Todcflà a mo-
uere il Duca,ad vfire piu tofio verfo loro la virtu della clemera , cbe lafpada del
H la giuflitia.Tarue al Duca,pofiia cbe tutto quello,cbe i malfattori detto gli bauea
>*>>^ v intefe dal Todeslà , di flriuere al R e, ritrouandofi bauere i teflimonij vim nclle
mam. Ft coflgli flri(fe,cbegli era cofa marauigliofa,cbe fua Macfta difignaffc de
* 1
ordire infldie cotra la vitaidi due fuoijem toeifl'vno Hercole, et I’altro effo Duca>
4 Tar. Trima L 3
/

D e G l i H e c a t o m MITHI I
áe quali 1'vno lhauea feruito in pace,& in guerrai ,p ià ddii ventim
venti A mn i ,,,latir0 erà
fempre ftato>& era pronto a porre inferúigio di fua Maeflà la vtía^ & lo flato: .
Et cbe queflo rum era aljine altro,che far mal capitare coloro,chefi deflero a tin
tare cofe cosi fconcie, & abom'vieuoli, come fi vedrebbe di coloro,cb’egli, per ef­
ferft cfji lafciati indurre ad opera cofi rea,prigioni teneua; St cbe per ciòfua Mac-
flà farebbe cofi viepiu degna di lei, a degnare di conofcere due talferuitori, pe/;\
.-.glLfüC'

fuoi affcttiona tifirm, cbe come contra nemici, tentare hora vna cofa, & hora vn m
altra a damo loro : il cbe però mal nonfarebbe,cbe ambidue non gli facejjero ve
dere, in ogni occafione, il defidcrio, chaueano di fempre effere in Jeruigio^ di S.
Maeflà. Il Re veduto , quanto Borfo gh hauea feritto; moflrò manifeflamenie ,
chumiltà vince fuperbia : Et feco diffe. Il vero miferine il Duca : Et depotto ad
vn tratto ogni odio, gli riferiffe, cbefe fdegno conceputo,per qualebe ragioneuolc
cagione, 1’bauea moffo ad odio contra Hcreole, & contra il Duca conofeendo bo­
ra la molto affettionc deltvno, & delfaltro : egli non era piu mai,fenon per farfl
loro conofcere affettionatijjimo : & cbc defideraua, cbe il teflimonio , cbe gli ba-
ueff'e a dare il Duca, dbaucre accettato queflo fuo buon volere,foffe la liberatio­
ne di coloro,de quali egli giâ gli hauea feritto, & di ciò molto il pregaua . Lette,
m
cbebbc lc letter e Borfo, diffe, quanto a moílrarfi a me amico il Rg, & ad Herco­
le , lc cofe, cbe allagiornata auerranno , cel faranno conofcere. quanto allvfare
dementa a congiurati, non haucaa io bifogno defuoi conforti, perche già , di coft
fare , bausua io deliberato meco: Ma tanto piu volentieri farollo, quanto nonfo-
lo al voler mio, ma a quello amo di fua Maeflà mi conofco di deuere fodisfare. Et
dei tutto hauendo dato auifo, ad Hercole, & vedutolo dei medefimo parere, fat-
ti condurre afe que congiurati. Meriterebbe, dijfe,la voflra poca fede,& la vo-
' fira ingratitudine , nonfolo , cbe vifacefji dare vna morte, ma mille ,fe a tantex
patirnefofle bafleuoli: Ma voglio, cbe la benignità mia fuperi la maluagità vo-
fira : & voglio, chepoffa piu in me I'openione, c’bobauuta , cbe mi fiate amici,
come voleanogli honori, & i beneficij, cbauete riceputi da me,cbe mi foTte , cbe
il voflro feelerato, & perfido animo,cbe vi fa degni di ogni graue, & affirofup-
plicio.Trouerete adunque hoggi (benebe nol meritiatej comepotendo,come poffo
punirle,fappia lefceleragini a malfattori perdonare. Si pcrcbcfe migliori diuer
yarmo mi babbiano ad effer cari,ft ancofe forfe non ft diflorranno dal male opera-
re, faccia loro portare lapena & del nuouo,& dell’antico peccato;cofigraue, &
acerba, cbegli altri imparino da loro , di lafeiare i v itij, & attenerft alle virtu .
Vi perdono adunque, & vi perdona altresi Hercole il graue errore da voicom-
meffo. Et vi conforto ad effere tali all’vno, & all’altro di noi cbe piu toslo bab-
biamo cagione di amarui, cbe di punirui, Et quift tacque. Que cattiuelli, cbe fa
peuano cbe meritauano crudeliffima mortc,veggcndoft ,in vece di lei, ottenere tal
gratia, furono da tale allegrcgga foprapreft, cbe nonpoterono,per buona peo^ga , •* fc.j
formar parola. Tofeia ribauuúfi, tutti ad vna voce differo, Signore, tali fempre
faremo verfo voi; & tutta Cllluiir. cafa voflra, cbe conofcerete,chepoco menoct*
voi ci teniamo obligati3che a Iddio3pofcia cbe 3 oue Iddio ci ha data la vita , &
v
•' D e ca P ri ma . /T r *4
noí col nofiro pkccato ce tíerauanto priuati, vofira Eccell. la ei conférüa. Et fare-
yngfempr tijfimi a cosi volentieri (penderia ad vtile, dr ad honor fuo,come
,jslla benignamente la ei dona, Cosi defidero,che fia in ejfetto, dijje Eorfo:& fatti-
gli leuare diginocckione,col porger loro la mano , gli abbracciò : doppo alquanti
giorni,gU riptandò alie cafe loro borreuolmente, one furono anco benignifumam cm
da Hercole accolti. Non andò molto, cbe pafsò Borfo da queíla a miglior vita,
tjrfuaffunto Hercole al Ducato con marauigliofo confentimento di tutto il popo-
io : Et il l[e,che dr forte,et prudente conofáuto l'baueua,in tanta ílima íhcbbe,
the Impropria Figliuola gli die per Moglie. Et bauendo mojja Venetiani contra
lui,etper ter ra, & per acque,vna fiera,dr lunga guerra , non gli venne mai mo­
no di opportuno foccorfofmfmo cbe fu fra queila potentijfima l\epublica,& il Dii
caflabilita,dr firmata la pace. Onde fi vide manifeflamente, che il ben operare
nonfu mai fenga mercede,dr che la benignita altrui nonfolo fupera gli odij,dr le
inuidie,ma induce anco i malfattori ad operar bene,et a tnoflrarfi di animo grato,
comedi tale fi dimoftraronofempre coloro, a i quali haueua donata Borfo la vita.

RO PERDE V N A BORSA CON MOLTI S CVDI ,


promette,per publico bando,a chi gliela dá buon guiderdonejpoi che l’ha ritrouaca,cerca
di non feruar la promdTa, & e?li perdei ntrouati denari in caitigo della fua frode.
N O V E L L A IX.
E N V T 0 il fine della nouella di Virginia diffe Fabio. Toflo,che
io vdi nominar Borfo, Io fui ficuro, che tale farebbe ilfine de con
giurati,quale lo ci ba narrato Virginia: Terche egli, mentrc vif-
fe il Tadre, nelle cofe di pace , dr di guerra , & a feruigio de Si­
gnori Venetiani, dr di Filippo Vifconte, d r dello Sforgo,, dr del
Tadre altresi fi moílrò fempre piü atto a perdonare, che a punire , quantunque
fempre foffe di alto,dr di nobiliffitno animo. Fatio poi Duca auangò tanto fe fief-
fo dr ft moílrò tanto di fe medefimo maggiore, che nonpure agguagliò i titoli, et
gli honori degli altri fignori da Efle, ma da Gifmondo Imperatore, & da Tapa
Taolo fecondo meritò di hauere titolo di Duca: Il quale pofcia in queila llluflrif-
ftma , d r antiquiffimafamiglia, è continuato con feliájjima foccejfione infino ad
hora. Et tanta fu la prudenga fua, nel regimento de popoli, & nel mantener-
ft amici tutti i Signori dell'Suropa, che il popolo fuo fempre viffe contento , N i
hebbe mai timor di guerra in que ventidue a m i , chyegli tenne in Ferrara la Si-
gnoria: tanto era egli caro a fuoi, & honorato dalli ilranieri, d r per lo valore
■dr per la prudenga, d r per la benignita, dr cortefe natura, d r per queila inef-
’ ffabile Ubcralitâ, che lo fecevgualea maggiori Imperatori, d r gli algo Tro-
feo alia eternità. Tal che, quantunque egli di non legitimo matrimonio foffe na­
to, auangò di tanto la macchia, che gli impreffe la natura,che agguagliò qualun-
quenefuoi tempi piu honorato ft fcopriffe. Efjendo egli adunque di quel grande
animo ,ch'egli era, voile vfare la fua magnanmità nello jpreggare le ingiurie
piu tofio, che la feuerità in punirle. Ora tacendo gid Fabio, dijfe Celia, varia -
.v I 4
D E G I I H e C ATOMMITHI I V(
mente mofir am è gran Signori le virtu loro , oude e(fendo flato Frbicefco Gon%a- ‘
ga Marcbcfe di Mantoa nelle cofc dcll'arme valor oftjfmo3fune mabpggà.,della g$>*
flitiagiuflo,al pari di qualunquc aliro jignore : & , poflo cbc vi poteffiaddurre
vnolti atti digiuflitia degni della fua virtu , Jdpndimcno rn place di narraruene,
vnopiaceuole 3nel quale vedrctc,chc il non volere attenere le promeffe 3fatte a
Signori3è cagione di danno,& di nonpicciola vergogna . ,%
F IL yA R G 11{0 fuvn Mercatanie Greco da Corfu 3 il quale ft erariduito *lt
aMantoa3doppo I’cffcrfi molto aggirato per la Italia3 ad effercitare i fuoi traffi-
chi3queflo era fopra tuttigli auari,auarijjimo del danado,& quantmquegryp co­
pia ne baucjfc,& di giorno,in giorno ne accrcfccffe il numero3nondimcno egli tan
to piu ne dcfideraua3quanto pi itfe ne conofccua bauere3percbe infieme col danaio
moltiplicaua in lui il defiderio di cio.Muenne,chauendo egli venduta buona quan
tita di robe,bauea mejji in vna borfa quattrocento feudi d’oro3per riporgli3 toiio
che foffe Hato a cafa. Ma mentre,ch'egli era in maneggio di dar fpaccio ad altre
fue merci, gli cadde la borfa : & , fenga chefe ne auedeffe punto3fe ríandò a ca-
fa3 & meffafi la mano nella manica, per frame i danari 3 & riporgli nella caffa,
one moltc altre migliaia ne baueua3 & non vi ritrouando la borfa, ft fmarri mol­
to 3& ritornato per la via 3 per la quale egli era venuto 3 dimandò ft no a cant,
che ritrouaua per la flrada3fela borfa veduta haueano3ma arriuò al luogo3onde
fi era partito, fengapoterne hauere vn piccioto inditio. Ter la qual cofa fe nefla-
ua non altrimente meflo, che fe ghfoffe caduto vno dc gli occhi della tefla. Et de­
ft derofo di ritrouar quello 3 che perduto hauea ,fc nandò tutto affannato al Mar­
chefe,& pregollo,che voleffe fare andare vn bando3che a qualunquegli portaffe
la borfa3cgligli darebbe quarata feudi perpremio dc i danari rihauuti.il Marche
fe3che non meno cortefe era3ctiegli ft fojfe valorofo 3 & prode3fu contento di fa­
re quanto gli chiefe il Mercatante , come quegli 3 cut molto increfcieua del colui
danno . Et coftfu mandato il bando,& promeffo a chiportaua la borfa , quanto
il Mercatante haueua offerto . Haueuala, per buonaforte trouata vna di queflc
veccbierelle,cbe fono tutte religiofe, & ft tengono a conficienda inftno lo fputare
in Chiefa 3 Confidcrando adunque ella3che tenendo i quattrocento feudi ne rima-
nea grauata T'animafua, & che quello3 che per lo bando le era offerto3poteua ha
uere con buona confcien\a,poi che la cortcfia altrui voluntariamente glide daua3
fe nandò al Marchefe colla borfa3& glide porfe.il Marcbcfe veduta la buona fe
minain habito di pouerclla3domandofe nulla hauea di valore,& fe forfe fola ella
fofje.Et dlarifl>ofe,Non bo io altro,Signore,che quello3cbe di giornofmgiorno mi
guadagnofmfteme co vna mia figliuola da marito3perche amendue, & f i l a n d o ,
teffendo,viuedo tutta via nel timore d’Iddio, cl andiamo riparando per le bifiogndr^^ \
noflre3quanto meglio poffiamo.Vdito do il Marchefe,et conofedo la pouertà dellW^ ^
Donna,et che nè anco il defiderio di maritar la figliuola le haueua potuto far tener ‘
qUOyche la buona Fortuna offerto le haueua3et che forfe altri haurebbe tenutofuo^ if* *
fe, come ella,ritrouato Chaucfft3la gtudico molto da bene, et degna di effere aitat
maritar la Figliuola . Et mando a cbiatfiare il Merçaiante 3 & diffegli > che la ^
borfa
D e c a Prima. 8$
borfaeraritrotfeta , & che non rimaneua altro , che offeruare la promcffa alia
bj^ona ferpj^gchc portata I'haueua. Il Menatante contento di hauere ritroua-
Jti i danari, ma mol contento di hauere a dare i quaranta fcudi alia Donna , in-
' contanente fi penso diritrouar via , onde , con colorata cagione , poteffe non
glide dare. Et pigliata la borfa votolla fopra vna tauola , che nella camera
Idol Marcbefe era , Et benche annouerando gli fcudi ritrouajje , che cofi quattro­
cento erano , come dentro tnejfi gli vi haueua * 1qondimeno , riuoltatofl vcrfo
la vecchierella ; vi mancano , dijfe , trentaquattro ducati Venetiani, che inge­
me con gli fcudi erano qui entro. ^Arrofsi a quefie parole la huona femina , &
dijfe y come vipenfate voi Mefferey che fe hauendo io in mano tutti quefli danari,
& poffendonefare il voler mio ,fcn%a che perfona alcuna me ne haueffe potato
dare colpa, gli vi ho portati, vi hauefji voluto imholare trentaquattro ducati,
che vi fofj'eroflati dentro f*& tutta vcrgognofa diffe al Marcbefe, Signore, vi
giuro sü I'anima mia 3 che tale vi ho data la borfa 3 quale ritrouata io tho 3 nè
v i hopúr pofta mano dentro 3 non che ne habbia tratto vn danaio: Ma non man-
(gjndo Filargiro di affermare 3 che nella borfa erano que ducati infleme con git
'fcudi che per ogni modo volea3ch'ellagliele ritrouajje fe voleua hauere quan­
to era promeffo; Conobbe il Marchefe,che quanta era flata la bontà della Donna3
tanta3& piu era la malitia,& laingordigia di queflo maluagio, il quale nonfo-
lo cercaua di maneare a quella Donna,ma volea anco fare inganno afua Sccellcn
%a, volendo non offeruare quello,ch'èlla,fotto fuo nome, hauea promeffo nel ban-
do. Il Marcbefe adunque grauemente ft adiro,&gli parue, chelo inganno, che
vfaua il mal'huomoyfojfe degno digrangaftigo, & fu per leuargli la vita , veg-
gendOyche gli mancaua difede. Ma egli, che I’impeto dell'animo temperaua colla
pruden%a, simagmò,che il maggior gafligo, che poteffe dare al mancar di fede di
coflui ad vn Trencipe,come egli era, farebbe fare, che il fuo inganno in lu i, che
ordito I'haueayfi riuolgeffe; onde diffe all'^Auaro, Et perche, non ci faccfle voi
mentione di quefli danari, quando ci prega fle a mandare il bando * Non vi hebbi
mente,riff>ofe Filargiro, & non me ne raccordai. Sete costfmemorato ,foggiun-
fe il Marcbefe, che v o i, che fateftima di vnpicciolo, non vi raccordafle di ha­
uere nella borfa voflra tanto numero di ducati * Ma per quanto io conofco , voi
volete fare I'altrui vo flro , perche non è.queflo. la borfa voflra, poi che in ejft i
ducati, che voi date, nonft ritrouano : Ma dene ella ejfere quella, che perdete
quello ifteffo giornOyche voi la voflra perdefle, vno de miei, nella quale erano
;appunto quattrocento fcudi,fen'ga altro,& percio quefli danari ft debbonoa me.
\JLt,coft dicendo,ft voltò alia vecchierella,& diffe; Madonna, pofeia che Iddioha
vòluto, che quefli danari ritrouiati habbiate , & che effi non fano queHi, c ha
perduto queflo Mercatante,ma cheflano mieifto ve nefaccio dono,perche voi ma
ritar pojjiate la flgliuola voflra.Se forfe auerrd mat , che voi ritrouiate vn ultra
borfa, nella quale flano infleme co gli fcudi, i ducati, che coflui dice, ci) erano
" nella fua, datigliele ,fen%a mouernevn picciolo. Rengratiò la vecchierella il
Marcbefe, & promifegli di tanto fa re, quanto egli impoflo le haueua. Il Mer-
* catante
' De G n H e c a t o m m i t h i \ \ \
nxttante,conofcendo,cbe il Mar chefe, come accorto, hauea çonofciAfa la fua mali­
tia,& cbe per do male gli era riufcito il fuo inganno, diffe, Signorfano^manche-
rò di dare i quaranta fcudi a queHa Donna,fatte,ch'ella la borfa mi did. Il Mar-
cbefe allbora con turbata faccia gli diffe, non sò a cbe io mi tenga,che non tijaccix
il piu mal contento huomo del mondo,poi cbe cost sfacciato ti veggo, cbe tu vuoi,
cbe ti fta dato quello, cbe tuo non è . Vero vattene alia malbora , non mi far \
piu adirar di quel, cbe io mi fta, quando quefla Donna baurd ritrouata la tua bor­
fa 3 ella la ti darà. Non ardi replicare pure vna parola Filargiro , <&* pentitofi
tardi di baiter voluto maneare di quello, cb'egli bauea fatto promettere ad vn Si­
gnore per publico bando,tutto dolente fene parti, Ma la vecchierella refe tfucllc
maggiori gratie al Marcbefe,cb'ella potè,& fcppe,& tornatafi a cafa tutta lieta,
indi apoco,marito,a ffefc dell'Muaro, la fuafigliuola honoreuolmente.

5 I L L A A M A S I L V I A , E L L A L O S D E G N A , E' M A R I T A T A
a Mario,& Silla,per piaceuole accidence,in vecc dello fpoíb la prima norte con lei fi gia-
ce,& ellacredendolo lo fpofo , fe ne gode ; pofeia auedutafi delloinganno,come faggia
fe ne ftá checa,& paffa il rimanente della vita col Marito honeftifsimamence.
N O V E L L A X.
0 TsfO N vi potreipienaraente dire, quante furono lelodi, cbe
diedero le Donne, & gh Huomini parimente, al Marchefe , &
r f ® quantoffiacejfc I'auaritia di Filargiro a tutti loro. St Flauto,
cui toccaua ivltimo luogo di ragionare , diffe, per molti altri e f
MB—__ 1 fempi ho veduto, che I'auaritia è la madre di tutti i mali , e*r cbe
TauarOyOuc entra lo intcrcjjedi vnpicciolo, non cura nè fede,nè sê mcdefmo per
farne guadagnoy^r maneberebbe in ciò,non pure a Signori del mondo,ma al Crea
tore dell'Vniuerfo,qualunque volta egli penfajfe , cb'vtile gliene deucjfe venire,
al quale peccato oltre la eterna dannatione, cbe gli è deflinata nell'altra vita, dà
anchora Iddio in quefla grauifflma pena. Verb cbe lafeia, che tanto ne gli animi
auari poffa la cupidigia, cbe quello,cb'effl rubano a tutti, gli altri, il tolgono anco
a fe fteffi: onic nella isicfja abbondanga rimangono piu poueri cTogni mendico.

r Ma lafeiando quefli tali nella loro miferia, vi voglio narrare vn piaceuole aueni-
mentOyper lo quale vno amantegodè della donna amata,quando egli quafi in tut­
to ne erafuori di fperanga.
N E L L M noHra cittd fu gid vngiouane,che Silla ft chiamaua, il quale era,
fuori di ogni creden%a,innamorato di vna gentilifJimaDongeUa nominata Siluia,
Ma quantunque foffe di lei marauigliofamentc accc/o,nondimeno non haueua egli
mat potutoindurre la Giouane ad amarlo,come colei, che di vnaltro, che M a r io r i
haueua nome,era ardentiflimamente innamorata,& bramaua per marito hauer-
lo,al quale finalmentc ella fu maritata dal Vadre. Di ciò rimafe ft mal contento **
SiÜa,chç non bramaua altro cbe la morte, La ondc, venuto in differatione di siy 1
medeftmoft deliberò,cbe s'egli non potea goder di Siluia, anco Mario non negoie ** «I
dejjc,Dçuendoft adanque celebrare lç nogge, fuori di floma ad vna vigna di vno
*' de no-
\
E> E G A P R ÍM A. 86
de nottri genti 'búomni, Silia, ebe del luogo baueaplena notitia, mentre tutta la
Cffa neUafala , one erano le donne, co gli buomini in bailo, fe n'entrb
rtella vignãySeniuno il vide,& andò alia cantera,cbe in difparte era}nclla quale
**egli fapea,chefideueano congiungere gli ffofty & Jotto il letto col coltello nudo ft
nafcofeycon maltalento,& con animo di vccider Mario, toflo ch'egli foffe per cor
• ricarfi a canto a Siluia, & pofciagoderft egli di leiyftcuroycbe per flrepitOyche fi
faceffey alcuno deUa cafa nonfoJJ'eper fentir nulla , per effere quella ftanga dalle
altre molto lontana y & deuendo effere foli in cffa amcndnegli ffo fi: & , goduto
ch'egli tibaueffe, di fubito darft morte, penfandofi di deucrfi morir contento, poi
cbeiTfrutto del fuo amore baueffe colto ,cofitrabc dife gli buomini 1'amore di-
fordinato ,coft gli induce a cofè abomineuoli, & te c . May o cbe la buona fortuna
■per minor maleyo le difpofitioni fatali cofi ordinaffero,auenne,cbe Silla,few^a da­
re effztto a cofi crudele, & feelerato penfieros bebbe da Siluia cib, ch'egli piu da
let defideraua. Verb cbe celebrate le noxge con vno honoreuole conuitoyeffcndo
I’horagia tarda fu data la cura alia Gentildonnaydonna di quella cafa , cbe tutta
fefleuole era,di porre la ffofa nel lettoy& pofeia di lafeiarui andare lo ffofo. La
'■Vemildonnaycbe del Giouane fi volea pigliare alquato dipiaccuole giuoco,fe trat
tenere Siluia da alcune fue donne ingrato ragionamento:&yprefa vna fua Balia,
cbe molto veccbia crayma vie piu aitanteycbe all'etafua nonft conuemuayla con-
duffe alia earneray cbe per gli fpoft appareccbiata era 3 & entrataui dentro, non
penfandoycbe iui alcunofoffeyche la poteffe vdireyle ordinò tutto quelloych'ella vo
leaycheft faceffcypercbe ne feguiffe ilgiuoco , ch'ella bauea difegnato di pigliarfi
di Mario. Sillaycbefotto il letto era y tutto quello intefe, cbe alia Balia ordinò la
Gentildonna,& ad attendere ft die cib,cbe auenirnedeueffe.Entrb la Veccbia nel
letto,& fu condotto il Giouane alia ilaugafd qualeycredendoft di hauere agode-
re della fua amata ffofa, fi pofe a canto alia Veccbiay Sllapoflefi le mani ful pet­
..i«t to ypercbe al toccare dellepoppe nonft auedeffe il Giouane y dello inganno yft mo-
fir aua tutta vergognofa, & timiday come fela fpofafoffe flata : Mario, cbe già
era appareccbiato alia battaglia, & bauea I'arme inmano , cercbdi cacciarfi
fotto la nimica y & di feriria gagliardamente : la Balia moiirandofi ritrofa,&
molto paurofa del colpoyal quale era già appareccbiato Mario,fe nevfci fuori del
letto:& aperto l'vfcioychenella vigna entraua yftmife a correre per cffa , & i l
Giouane a feguirla per I'ofcuro della notte y dicendo y Che fuggi tu vita mia ? non
fai tu, cbe iofono il tuo Mario f*nonfai tu, cbe fei I'anima mia ? a cbe non mi lafei
tu cogliere, quel frutto dell'amor mio,cke tanto tempo bo defiderato di cogliere,
& cbe tu tante volte bai prome/fo di darmi, qualunque volta tuo Marito fofji f1
~ *t)eb non mi ti moflrar tanto acerba, cbe tu da m e, come da nimico tuo tifugga :
deb fermati ti prego, & piu non mi flratiare, babbiamo defiderati di effere Ma­
rito, et Moglie infleme,et bora,cb'è giunto quel giorno, cbe tanto tempo bramato
babbiamo,mifuggi, cue abbracciar mi deuretti, & pigliarti piacere di me,et la-
feiare,cbe di tealtresi lo mi pigli.ijJi.La Balia,mofirando di non volergli acconfen
tire, come forda ft foffe flata, fingeua di non vdirepregbiera, cb'cglile porgeffe,
I r &fuggen-
D e G li H e c a t o m m i t h i
& fuggendofene tuttauia,& fcacciandolo quanto piupoteua, ho
bcrc, bor dietro a vnaltro fi nafcondeua, & moltogiuoco fi pren\gua^el.Gio^a-
ne, i! quale per lo buio nòn potea conofcere, qual fojje colei}ch'eglifeguiita:et non '
fappiendone altrofla credeua Siluia. La Cenúldonm , toflo cbe fu vfdta la Balla
del leno, vife condurre la Spofa,acciocbe al ritorno fuo Mario la vi ritrouaffe. €c
effendofi pefeia ella andata ad vna fineflra,che fulla vigna guataua,fi pigliaua in-k
credibile piaeeye, vdendo Mario cofi lufingirc quella veccbiafla quale,fe 1'bauef- ’
fepotuta v edere, gli haurebbe meffa paura, corne sella vna Fontafima fojje fla­
ta . Silia, cbe fotto i! letto afeofoji era, & hauea fentito venire la fita amata nel
letto, fu pieno di molt a aJlegregga, pare idogli, cbe vie megli) bauejje proltediito
■Manorc afuoi deftdcdj ,cblcgli fcco dluifaio non batteua : & fnbito cbe furono vfei
te deiix flanga, e'r heubero cbiufo ivfiio, Ic Donne, cbe la Dongella a letto con­
dona haueano, egli a lato a leifi coricò, & fengq dirparola , pieno di ardentifji-
mo 'defiiderio,colfe il defiderato frutto deltamor fuo. Et tanto fi flette con effo lei,
qu into fi pigliò giuoco la vccchia di Mario : il cbe fu poco meno,cbe il megp del­
ia nnttc. Voi cbe pome alia Balia di bauer dato,coi fuggire il Giouane,tantoJfiaf-
f j alia Gentildonna,quinto le parue baftare,glifi deleguò ad vn tratto degti oc-
chi: gr entrata nella camera, allafineflra della quale era la Gentildonna, cbiufe
I’vfcio, gr di fuore ferro il Giouane, & rifero tanto ambedue le Donne, cbe all'v-
na, & alfaltra doleano le mafceUe. Mario,cbe fermamente credea,cbe qnella la
fpofifojfe flata,cf) egli feguito hauea, fc nandò alfvfcio della flangq nella quale
era entrata la Balia & piccbiò , & incontanente le Gentildonna gli fece aprire,
& fingendo di non [aper quello, cbe auenuto era , gli chiefe , cbe ciò fi voleffe di­
re. Et egli io m\ credo, diffe, cbe Siluia babbia creduto,cb'io la voleffi vccidere,
coi giungermi con Ici, perche, toflo,cbe le mi fono appreJJ'ato,ella fe ríè da me,co­
me da nemlco fuggita, & ha buona pegqga, cbe mi s*èfatta feguir tanto per la vi­
gna, cbe ne fon qu.ifi ftracco : & quando ho penfatodi batterla entro le braccia,
mi fi ètolta dinangi,& qui entro fe ríè venuta, pregouia leuarle quefla ruuidegj'
ga , fi che fla contenta, cbe la raigoda. La Gentildonna ridendo , diffe, non è
tnarauigliagfe lepolgellc, a quefli afjslti, temendo, cbe male lor debba auenire,
cofi al primo tratto febife fe ne moflrano. Io anebora ne primi congiungintenti dei
mio marito, tale mi moflrai, quale quefla Giouane hora a voi moflrata fi è. Ma
non dubitate, cbe verrà ben tempo , cbe ouc hora vi ba fuggito , tanto vi feguiri, %
cbe forfe legambe, tanto non vi bafteranno al corfo . Qgtanto a quello, che hora
a fare á auanga, lafciatc la cura a me, cbe la vi ammollirò, & le moflrerò quel
lo , cbe fare cila fi debba, per compiacerui; Doppo qucfle parole finfe di volerfi
andare alia Giouane,gr difporla, cbe gli confentiffefengacontrafio. Etconqufc' - f
fia fittione mando vna delle fite Donne alia camera delia Giouane, l aquale,fenga,
aprir lvfcio,ilpiccbiò,gr diffe, Siluiay lo fpofo vime, fiategli cortefi . La Gio-'
wane, che9con Silla fino allbora fi era traflullata, cgr ar. chora çli era nelle brac-f^J'
cia, credendofi di effere coifuo Marito , a quella voce rimafeaome attonita ,
nuoltatafi verfo Silla ; adunque, diffe, nonfile voi Mario ? Mifera me, cornefo- *
r re io
. . . . . . d e c a Pr i m a . ‘ 87
cfcc/e altrid Inita in qHe f t a cafa ? Sono io il vofiro Silla , fo%g\unfe eg li , alaurdc. \
Ia via digodermltl fmn&ikdle-moltc'fatuhe , tic i Inn.-hiT
J & gram ciftunni3che3cofi iutínp- (h ;r?o dii^r-ipo, fw iofofferti 3menue vi ho ama-
*' ta . La Giouane ciò intendendo voile s7 \a r-., metterc a roe»ore la iajd . isia
eglhponendogli la mano alia boccx, Ic cbiujc lx vote , eír co» gc.-ivl rnaniera , ;t
*,dijjc y Siluia, nitri, che v o i , io non s.i. , cbe io a hi fix v emtio , e>‘ ,/t -yi u» etc
fardpaffata la cofi di modo3che foil not la eifapremo ,Jènga pregiudicio alamo
dell’bonor vofiro , eir inficmc coll'bonorc la vita ; &■ io ,je non vi tacet e , colle
type mani in quefta Lian%a mi darò morte : il che f arà , che oltre 3 che voi f arete
diuenire micidiale di fe medtfimo vnoycbe vi ama p\u3che Hanima fua3darete ma
teria a tuttà T{oma di dir di voi quello 3che a ciafamo piu piacerà . T?erb viprego
anima mia3che ad oltraggio non vi arreccbiate quello, cbe3 (f into da amorofo rfe-
fio,hofatto ifla notte con voi,m a tutto lo imputiate al molto amore3 cbe viua mi
v i ha fcolpita nel core..A quefte parole fi die la Giouane a piangere ,&■ difje, Cofi
JBf adunque haurà Mario ilfiore dell'honor m io 't cofi figinngerd egli a me3 come a
polgella? Deh Silla3poi cbe nelle vo fire bracelet è rimafo morto qnell'bonore, che
io viuo ho fempre cercato di dare a Mario 3datime quel coltello, con che voi dite
di volerui vccidere,sio grido3che con e(Jb mi eflinguero cofi la vita 3 come il mio
honore cflinto in queilo letto fi rim anc,& voi del vofiro inganno3 hauendo di me
godutOyvi rimarrete contento : Mentre3 cbe Siluia cofi diceua3 Scco,che ambidue
fentonOyCbe Mario viene. La onde S illa, veggendo che con preghi, & con lufin-
ghe no bauea potuto acquetare la Giouane,penfoffi di farlà tacere colle minaccie,
& diJfe.Tofcia,che contentare non vi volett,che io di voi contentato mi fia,toHo
che Mario haurà mefjo il piede in quefla earnera,gli darò morte,lafeiando cbe fia
.
di me,& divoi quello,chepin piacera al Cielo Siluia, che troppo bene fapea ,
quanto foffe feroce Silla>tenne certo,cbe egli cofi apputo farebbe, come hauea det
tOyOnde non volendo porre a rifehio la vita di colui,cui clla hauea piu caro,che fe
- 5a medefima; deh,diffe,ratteneteui, Silla, che io , pofeia che cofi vuole la forte mi a ,
ratterro le grida,& afciughcro il pianto, & queta mi rimarrò JL qucHc pa­ .
1tiffj
, ,
role fi pofe eglifotto il letto ondefe nera vfeito , Et Siluia quantmque, foffz
fopramodo dolente, attefe lofyofo, il quale di prefente a lei fi venue,& a Into tc
f i pofe , Et ricercandola egli per qual cagione ft foffe da lui fuggita,nonfappien-
%
Vf do la Giouane, che d irfi, muta fi flette, marauigliandofi di ciò, cb'egli le raccon-
taua: Mario,penfimdofi, che quel filentio da vergogna procedeffe, fi mijc a tra-
Ftullarfi con lei.La quale, hauendo gid apparato dallo amante quel,the far fi dee,
neprimi affalti d'amore,gli die vie maggior traftullo, che all'amantefatto no ha-
ueua.Sicofi Siluia,che fi credeua denere effere quella notte co vn marito,fi ritro -
nó çon duCiSillãyche fetto il letto era,& fifentiuafare lafefia fid capo , vdendo
gli fp'ofi fchergare infieme,fi monua di ambafáa,ct appena fipotè rimancrc di no
vccider Mario.Mafiippicndo di efferfi di modo portato co Siluia, che \fe\\ma,de
come quella notte era flata la primat che con lei congumtofi era , clla non dcuejfe
eJferelvltima:tratto da quefla f^eranT^ifepero L'ambafcia inficmc3& il fum e*
H it
D e G li H e c a t o m m i t h i
Et,quandofentigliffiofi adormentati, tutto cbeto, dalla camera tró vm ar-
nella vigna,& cofi tacitamente nvfcitte,ch'alcuno nol vide.La G
tina,eff'endo ambiduegli fpofi infiemc,con le maggiori rifa del mom
ro do,cb'ella col me%p della veccbia Balia fatto baueua,et quato placere fi baue,
prefo,coll'hauer veduto Mario porgerlepreghiper arreilarla,& ridurla aliefue n
voglie,il che vdcdo lo fiofo,recatofi quel giuoco a giuoco co lei ne rife, Ma Siluia^ in
cbe fapeua a che per lei quella beffia riufcita era,non pure non rife; ma dijfe, Ma- l
‘donna,fe voi la jflofa vifoHe flata,non sò quato piacciuto v i foffe,ch’altridi voifl e
bauejje prefo fimil giuoco :io per me molto contenta non nefono rimafa, & tacedq, t
pofcia,feco coprefe,onde foffe auenuto, cbe a quello, di cbe Mario quella not te do* V
niâdata la bauca,non feppe dar rifpoila. Et vide,che quindi baueua bauuto lagio
Silia di efferfi co lei, et le parue che il peftero della Gentildonna ad altro fine foffe
riujcito ,cb’ella ordinato non bauea.Ma,come faggia,fimpre fi tacque,& tanta fu
la fua continenga,cbe anchora,cbe Silia la follecitaJfe,& vfaffie ogni ingegno, per
effere altra volta co lei,inftno cb'ella viffe, no voile piu mdi volgere vno fguardo
verfo luiyflandofi coi Marito con quella fede legata,colla quale debbono flare con-|
giute tutte le bonefte Done co loro Mariti.La qual cofa quatunquefoffe graue d Sil
la,nopotè egli nodimeno no lodar molto ilfermo propofito dell'honeflifs.Giouane.
L M N OV E L L M di Flauiofu afcoltata da tutti igiouani con tante rifa,
quando intefero il giuoco,cb'auenuto era delloJpofo,&della veccbia,che anebora,
cbe ne foffe venuto il fine,non poteano refiarfi di rider fu temto da loro mol­
to auenturato Silia,pofeia che si felkementegli era auenuto di poterfi godere dei
lafua amata,Ma le Giouani alie quali era molto [piacciuto,cbe cofi foffe flata vio
lata Siluia,dolfe incredibilmcnte ,cbe il flore della fua honefla,foffe itato coito da
altri,cbe da colui ,coi quale ella deuca viuere tutti gli anni fuoi.Et biaflmo Fuluia
la Gentildonna,cbe a fare fimil giuoco fi foffe data,dicendo ,che ne matrimoni,cbe
cofafantafono,non ftdeurebbono trapporre cofi fatti fch crti, i quali fono fiejje
voltepropofli dal nemxco delibumanageneratione, perche a vergogna delia reli-
gione,nafiano granfcandali. Stfoggiunfe,oltre lofcandalo,di cbe ci ha ragionato
Flauioffe la finiflra Fortuna bauejje voluto,cbe o Mario baueffe ritrouato Siluia
con Silla,o cb'ella foffefuta cofi male accorta,c baueffe dato qualebe fegno, ch'al-
tri fi foffeflato conlei,prima dei marito, di quanti mali farebbe flato cagione il
giuoco di quella Gentildonna ? Verò torno a dire,cbe egli è ben fatto non traporre
vanifiber gi nelle cofi tanto importanti.Vero è bene,cbe,fe iofoffl flata Siluia,&
la forte mi baueffe a tal termine ridotta,baurci voluto effer moglie di Silia,quan-
tunque prima amato non rhaueffl acciò cbe altro huomo,cbe mio marito,nonft ha
ueffe mai potuto dar vanto di efferfi flato con effio meco. Et come baurefle voipo -
tuto cidfar,Fuluia, dimadò Mulofife gm ft era celebrato il matrimonio tra Siluia,
& Mario ? Non ê il congiungimento de i corpi,chc faceia il matrimonio, Fuluia,
fe nolfipete,ma il confientimento de!l'huomo,& della Donna. Or ditemi di gra^
tia,come fi baurebbe potuto far ciò , cbe voi dite,fen%a fcandali, & forfi morti 1
crudeli t Et,per quefia cagione mi parue,cbc Siluia in ciò,pofeia cb'altrofare non ^
! iD eca P r i m a . - •'< 88
cbc fe altn a Irtiprudentemente ft reggejfe. Confcjfoui, ^Aulo 3foggiunfc Fuluia,
I fe dfflmondo^fenza nonfarebbe flata in me,foJJene egli aucnutOyCbe che baucfj'e
voluto lã forte. Et fela moglie di Candaulo, Jge de Lidife ( come mi ricordo hauer
• ~*lctto) dar morte al marito tpercbe a Gigefuo famigliare JoI I'bauea fatta veder
Mc nuda, & pofeia prefe Gigcper marito>perche altr huomo non ft potejj'e mat dar
i vanto di bauerla veditta nuda3cbe fuo marito non fojfe, quanto pin deuea volere
'a- honejla donnaycbe vnbuomo folo ft fojfe con lei congiunto s?voleua replicare, met
effendo la nauegià peruemta a Tiombino3fu meffofine al viaggio3&" al ragiona
mento dij/uelgiorno . Onde tutti allegramentc fe ne vfeirono di naue. One fu-
^rônoeta qifèlli del luogo, che prima erano flati auifati 3 horrcuolmente accolti,
Toiyvenuta thora della cena3meffe le tauole ft diedero a mangiare con dolci ra-
gionamenti. Finita la cena3 Fabio commife a Sempronio, cbe vna delle fue can-
m Zpni recitaffeM qualetpreflo al commandamento 3 accompagnando la voce col
fuono divnfuauiffimo ^Arpicordo : cofi cominciò,
A che tenti piu, Amor, con la tuaface Che in ver me la fa cruda,e in verte ardita,
Deftar nel petto mio nouello ardore , Penfa ellaogn'altra cofa, ch’tlTer vinca.
O Ucuorcaprirmi col dorato ftrale ? Et mercê vfareachiper lei fofpira,
Quel fuoco, quella piaga fol mi piace » Et per lei preflo ha il fin de la iua vita»
Che m’arf* prima,& pria m’apers’il cuore, S’a ciògloria cinuita,
Et cagion fü del mio gii dolce male. N ’haurai victoria piena,
Piu (halt nc face vale , Et me trarrai fuor di si acerba pena,
Poi che chi il mio duol vede. Et,col por fine a gli angofeiofi guai,
Con ira via maggior fempre mi fiede Lei tua foggetta,& me prigione haurai.
Che a qft’vn ghiaccio fono,a quell’vn fmalto, Ma fe fier'ira pur turba quel volto.
Si che indarno mi dai di nuouo aflalto. Che con maniere afpre mi sfida a morte ,
Ti die a vincermi il modo la gran luce E agghiacciar mi fa in fuocojarder ne! gelo,
De gli occhi,oue ha bellezze il maggior pgio, Ti è la poffanza, St ti è cgni valor tolto ,
Indi hauefti l’ardire, indi laforza, Queftafoloa te,ea mefu data in forte a
Nonpuoi tu, fenzaloro, hauer piü duce, Acciò ch’ardefi d’amotofo zelo.
■A ferirmi,a infiammarmi, ( 8t me ne pregio) Per a!tra,fotto il Cielo ,
SeCielo,fit Terra iltuo valor bensforza, Nonmipuoi piu ferire,
M Sol mi ha tutto in fua forza O farmi ardor del tuo fuoco fentire.
Quella,ond’io fono in fuoco, _ Fà, ch’ella del languir mio non fia vaga,
Nè fiãma,o piaganuoua,hapiuin meluoco, Et pofeia a voglia tua m’incendi, c impiaga.
S’indi tu forfe anco valor non prendi, Ferirmi fol, fol farmi tutto fiamma
Non temo, che mi feri, o che m’incendi. Per lei potefti, a cui fimil non vide ,
Via piu felice,& via piu bella imprefa per quanto fi ftendefie, humano lume,
Certo fia, Amore, fit via piü di te degna, Nè di fuoco piu aggiungermi vna dramma
\ Se faijChe il valor tuo proui coílei, Può qual maggior belcade alcri con quide,
Che,d*ingiuita ira , ,8t d’ingiufto odio accefa, E far ciò in vano tua virtu prefume.
Amor perfecto, fit fe fincera (degna, Fi , che muti cofiume
bd Et brama il fin veder de giorni miei. Chi con ben Hero orgoglio ,
)0‘ QuimoftraqueljChefej, A le preghiere mie fatta è vno fcoglio ,
;a — Et quanto vali, St puoi, In van cerchi ferirmi,od infiammarmi,
’* S’vguale al tuo valor Ioda hauer vuoi, Se de bei rai de gli occhi fuoi non ti armi.
a* Inleifpendi la face, fit la faretra, Non fcuoter face piu , non tendere arco,
■tf-j, , ' f ® romP*^ ghiaccio,e il cor di marmo fpetra Che in van le faci auentiifit Je quadrella
rti 1 Cofi fia molle il duro, oncfella è cinta , Scocchi, fenza cofici, d’ambi iibclla.
on
■4'>,r^ • Et fia ilfrenocofi polio a quell’ira, %
F V'
/ /
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D e G l i H e c a t o m m it h i
F V' 'M 0 L T Q, iodata la fede,& la cojianxa, cbe neirira,d?tra vno ar­
moflrò Sempronio in amor e,coi mt%p delia juágwjihjfma can?oHadel .Giom-
ta, Fuluia,che come cortefe,cofi alquanto piu delfaltre aueneuol cera, atjje a Fá­
bio i1Mi aedo Po cbe non fiefe non bene, Fabio, cbe vipiaccia di proporei la mate-i$Ê
ria de ragionamenti di dimane,accioche noi Donne, che di tanta eccellenga d'ingc-
gno non fiamo, di quante [ono quefti noflri Giouani, vi pojfíamo penfarfopra,
apparecchiarci a dirui cofa, chevipoffa meno Jpiacere. Spiacere npn cipuò cofa,* S|
dijje Fabio , cbe da v o i, & dalle compagne voftrc ci venga; Ma perche le. cofe
penfate portano pure con ejfo loro molto piu gratia , ando to tra me penfaua, che /L
benefarebbe, che cofifi faceffe,come voi detto hauete. Et tra me difcdrrertfio i ‘
gion,menti, cbe ft [ono hoggi tranoi fatti, mi pare , cbe la forte habbia voluto ,
cbe ji fia temtotal ordine in parte di loro, che ci habbiano data piaccuole mate-
ria di quello, che dir deuremo per alemi giorni ad auenire. Ter che (quanto a me
pare) la nouella di Quinto, ci hameffò inangidi poter pariare di coloro, cbe con­
tra il voler de i padri, o de maggiori loro , hanno cercal o di condurre afine i loro
amori-yperò dimane di cio fi fauellerà et moflreraffl quali habbiano hauuti fini feli
ci,& quali nò. Et perche p o(Jiate,Fuluia,nonfolo penfare fopra le cofe,che ffiian
no a dire domane, ma fopra quelle di alcunt altrigiorni, mi pare,che come Quin­
to ci propofe la materia, che detfa habbiamo, coji Majjimo ci habbia dato, colla
fiia nçuella,piaceuolc argemento di fquellare delia poca fede delle Donne verfo i
Mariti loro , per 1'altro giorno. Qucflofiè male , rijpofe Fuluia, perche troppa
vergogna fare He a noi, volendo, cbe delia infedeltà delle mogliere, che fede- f
lijfimc fiamo a noflri mariti,habbiamo a ragionare. Flaminio, che piacere fi pi- ,
gliaua di pungere alie volte Fuluia, diffe male ècerto, Fuluia, che nonfiate com-
piaccmta, perche voi for dine habbiate a gua(lare,che ci ha dato la buona ventu­
ra,', e-r io dico ,cbe pofeia cbe, Fabio al cui império ci fiamo volontariamentefot-
topoftijia prefo, per ordine dpi nofiro noUcllareje materie,di che ragionato fi è,
nonfi puòfare altrimente ,fenga pregiudicio della fua auttorità, il che farebbe O
gran fallo : pero bifogna, che coft ft faceta, come egli ha detto. Fuluia, tuttdfde-
gnofetta, marauigliauami diffe.fe Flaminio nonfi opponeua al megUo;gran cofx è
qucfla,che vi godiate tanto & di biafimare , & di vdire da altri i biaflmi delle
Donne, le quali, per auentura , di piu loda fon degne, che voi nonfete;voleua ri
/ponder Flaminio,& in lungo farebbe andata la piaccuole tengone,fe Vontio tra-
poflo non vi fi foffe , dicendo , I'ordine delle cofè dette, & il voler di Fabio coft
ricerca,Fuluia, non defiderio, cbe fi habbia di dir mal di vói, che[ ippiamo trop-
po benc,quanto honore ft debba alle bonefle Donne, & di quanto pregio ette flan
degne. Mà acciochenon vi habbiate, Fuluia, da dolcre,& nonpaia, cbeper le
Donnefolo cio fia detto ,fira contento Fabio , che anco della infedelta dei mari­
ti verfo le mogliere ft parli. Mngi voglio, cbe cofifi faccia, foggiunfe egli,acci.o-
che vegjgcndofi quefte Giouani-efferfuori del numero di quelle ree, cbe la fede non
fern,nib , & vergpgna,& infamia ft gu idagnano, die fi prcgiiio deüa'lóro bone®
ddia f e d c - l o c c f t [reghio alim.fl ddL loro i n.MUi , colla quale con ej -
fe con-

-M
*ff I D-e c a. P r i m a . 8p
> efcc/e a l t n A I m . O tid e F u lu ia y e d r à , c h e , p e r f a r l e h o n o r e , & non p e r a l t r o ,
yè delt r ^ o n d o ^ u e ( l o r a g io n a m c n to . S i a c q u e tò a q u e l l e p a r o le l a G io u a h e , ' &
^ t a b i o c ó f l f e g u l. N e l t e r g o g io rn o f t ra g io rrerà d i c o lo r o , ch e o p e r t r o p p o c r e -
$ l e r c ,o p e r d e fid e r io d e in g a n n a r c ,o d i g u a d a g n a r e , nc è lo ro d a n n o a u e n u t o , c h e
m i p a r e ,c h e a d ir c ia ,c i c h i a m i la n o u ella d i H o r a t i a , (Sr q u e ll a d i L iu ia . Si d a r â
p o f c ia t u t t o i l q u a r to g io r n o a l l a f e d e d e m a r i t i v c r f o le m o g i i ,c t d e lle m o g li v e r
f o i m a r i t i ,p o ic h e l a n o u e lla d i S e m p r o n io ,m o f tr ò l'a m o r e , (Sr la f c d e d i T i j l i v e r
fo Sugenia, materia, ch'io mi credo, che vie piu placerà a Fuluia, che non le
>cr piacque quella di M a jjim o Nè meno deue ella piacere a noflri Giouani, diff'e el-
a * tiftpòjifóijcffârrwnmeno cirifpondonoefi infede,cbcnoi lorrifpondiamo. Ilquin-
> to farà circa gli efctti di cortefia , Ter che la nouella di Tortia, & di Verginia a.
cio ci cbiama non altr‘mente,,che quella di Curtio a narrare della ingratitudine di
ie coloro,che,doppo i benefieij riceuuti^non pure nonft fono mojlrati, come deueano,
n’. grati a chi lorogiouato hauea:ma,con ingratijjimo animo , ban cercato di nuocer
° i loro, nè mai rifinato hamo ,infino a tanto, che non hanno condottoil loro empio
defiderio a [me. Giulia, che inftno allbora hauea tacciuto, Deb piacciaui, dijje
Tabio , che bafli I'bauerci dato I'argomento di fauellare inftno alfine del quinto
giorno. Si perche ouehauete voluto ageuolarci la fatica , col proporei le mate­
rie, di queili cinquegiorni, la ciimporrefleviepiugraue, andando tanto oltre,
perche ci terreile in continuo penftero,quando la memoria ci baiiaffe, & troppo
fi ajfaticherebbono le menti noflre.Si anco perche hauendòft a ragionare di si abo-
mineuole vitio, quale è quello della ingratitudine,ci turberebbe egli il diletto, che
hauejfimo bauuto in ragionare della cortefia . La quale,come è conceduta dal Si­
gnore Iddio a mortali, per conferuation della humana generatione, cofi braman­
m do Sathan di bauere nel mondo miniflri fimili a lu i, i quali altro mai non operaf-
feroyche male,difordini,& ruina nel mondo, mando la ingratitudine ne gli animi
di quefti tali, a deftruttione de gli huomini. La quale ingratitudine tanto (piacque
nofiri antiqui Romani,come a coloro,che furon Jpeccbi di ogni v irtu , che come
Solone,il Greco,non voile dar legge deiparicidio, o vero perchepenfajfe,che cofi
fiero delitto non potejfe mai cadere in animo ad alcun figliuolo,o vero cbe non vo-
lejfe,colla pena della legge,moflrare il male prima,che fojjè auenuto: coftnon vol
Iero i Romani dar nomi a cofi horrendo peccato, per non moil rare, che tra quella
grandegga d'animo, (Sr tra tante virtu loro foffe entrato queflo vitio , cbe Joio ba
luogo ne gli animi vili, (Sr nati della feccia delia plebe,o cbe ft fon dati a mal mo­
do di vita , (Sr cbe per cio nome gli bauejjino voluto dare. Stpoflo, cbe la ingra­
titudine di coloro, cbe tanta cortefia riceuerono da Rafaello, quanta ci mojlrò
‘Curtio,ci cbiami a fauellare di ciò, voglio nondimeno , quando cofipiacciaa Fa­
bio, cbe piu tojlo cifermiamo nella cortefia del Ra(pone,che ci faccia la poco gra­
ta natpra de gli auerfari pafare tanto oltre, che parliamo di cofa si Jpiaccuole.
N.%Ion volea manear Fabio a queItor dine,che i ragionamenti pajfati baueano pro-
poflo,quando Flauio dijfe. Siate contento Fabio, fe non per altro, almeno perpla­
cere a Giulia ,(Sr aqueHe altr efue gentilijjime compagne,cbe piü oltre,per hora,
% Tar. Trima Mi

i
D e G li H e c a t o m m i t h i C
di ciò non fi fauelli. Se vi parrâ, poi cbe ficn finiti i ragionàmenHro vno ar­ í
que giorni, cbe anco delia, maluagità dctla ingratitudine fi babbixqJel.GÍQua-
tutti volcntier pronti a fare qucllo, cbe a voi piü piacerâ . Fü comento rabio d?
quanto vide piacere a gli altriper allbora. Ma diffc , bencbc io confenta ,
ra fia , quanto voi volcte, non voglio nondimeno,cbe ft tralafci il ragionar di ciò , £' tl
cbe prima, cbe fia finito il noilro viaggio, nonfe nc corra vno arringo intiero,ac g r,
ciò cbe fit vegga di quale penefiano flati degni coloro , cbe ingrati ft fono fcopcni
verfo i loro benefattori. Tiacque ad ognuno de gli afcoltanti il parere di Fabio.
Et già fi voleano leuare,quando f laminio diffc , Defidero, Fabio'(confentendolo^j^
noniimeno tutta la compagnia) cbe vi piaccia [ciogliermi alcuni âü&bi, fite* in-
torno al vitio della ingratitudine, poi the voi moffa ce ne bauetcparola mi fon na
ti nel£animo . Diffe allbora Fabio, ft dee riferbar, Fla minio il ragionar di ciò,fi­
no a quel tempo, cbe fi fauellerà de gli ingrati, perche queflo vitio, del quale il
piü abomineuole non è fra gli buomini,non fi puote moflrare conpoche parole. Di
tutta la natura di queflo vitio repigliò Flaminio,non voglio io,cbe bora mi ragio-
niate,Fabio, cbe conofco ancl) io,cbe troppo lungo andrebbe il ragionamento. Ma
foloyche mi moflriate,per qual cagione queflo vitio tanto contrario all'bumanita,
cada ne gli animi di alcuni buomini: & onde auenga cbe quefli tali,quanto mag-
I giori benefici riceuono,tanto piu ingrati fi moflrano a loro benefattori. Volea Fa­
bio,cbe 1’bora tarda gli giouaffe,a non entrare a dir di ciò: &• però diffe, non vede
te , Flaminio , cbe il Sole già fi è attuffato nelfonde ? Et cbe il fuo nafconderft ci
cbiama alia quiete,& non a nuouafatica; allbora non pur Flaminio, ma tutti gli
altri voltati verfo Fabio, differo, Solemo ragionare gli altri giorni infino alie due
bare di notte,& anco piu oltre alcuna volta, la onde lo attuffarfi dei Sole, non ci
dee apportare il fine bora del noflro fauellare.Terò ftatc contento, Fabio,di com-
piacere Flamn\o,& infieme con lui tutti noi altri: viflo Fabio queflo comun vo- I
Iere,firò,diffe, quanto vi place ,pofcia cbe tutti coft volcte . Et riuolgendofi A
Flaminio. Due cofe, diffe dimandate mi bauetc; Ivna, percbe cada ne gli animi *
humani la ingratitudine; 1'altra,perche fluente auenga,cbe quanto vno,di ragio-
ne,è piü obligato ad vnaltro, per ftngolari benefici rieemti, tanto piu ingrato gli
firnoflri. Terfllutione adunque dcuetefapere, Cbe il riceuere beneficio è pro­
prio di coloro , a quali manca qualcbe cofa, & da fe non fono atti a fopplire a
quanto è loro di meftiero, & però è loro necefj'ario , cbe ricorano all'altrui [oc­
corfo. Ofia ciò intorno alie cofe ulla vita appertinenti, come liberare altri da di-
fagi, da pericoli, da morte, Ofia intorno alie cofe dcUa fortuna , come dare , od
effere cagion che fitan dati honori, dignità, gradi, preminenge, & altre cofe tali,
6 vero intorno alie cofe deltanimo , come lo inflgnare le buone arti & le boneíle
diflipline. St dalgiouare ad altri in fimili cofe, nafte la ingratitudine di coloro,
che ilgiouamento riceuono : la femente dei qual vitio êla viltà altrui: 'Percbe
in generofo magnanimo fpirito nonbaurà mai luogocofa tanto maluagia,*
quanto è la ingratitudine. Terò cbefe bene il magnanimo defidera piü tofloil vo­
ler far beneficio, chericeuerlo : pareniogli cbe dal giouare piu honore acquifli
cbe >
1 , .
I : !*,• - D E C A H l M A < V
the fe altrl a l^igioua.Nondimem fe au:ene,perla vicendeuole mutatione delle cé
1 c&i beneficio riccua , non ft moflra meno magnanimo in ciò , cbe I
ingiouafh àddltri. Ft ncferua perpetua memoria,afpettando,& cercando occa•
Jf ?jíonc di poter mofiraré U fu a magnanimità, colla ricompenfx dei beneficio riceuu-
'0 , to:& nongli par mai di bauer fatto tanto, cbe non gli auangj anco molto piu a fa
>ac
ni
r e , tanto ê il defidcrio, cb'egli ba di voler rendere , a ben colma mifura , quelio
io. cb'egli ha riceuuto : Ma il codardo, il vile, & 1'huomo di animo abietto fi vergo-
gna di hauere hauuto bifognodelíopera altrui, & come grato gli fu il riceucre
)lo
il beneficioquando in acconcio gli venne : coft, vinto dalla viltà fua , non fe ne
in­
pttbrrTttfofaWe,fcnon con molto dijpiacerc, parendogli, cbe ciò 1'babbia fatio com
na parere minore di colui, che giouato gli ha . Etoueglicne deurebbe rendere gra- m
fr tie ,lo fi arreca egli a sdegno,&a disbonorc & tenta (coft penfando di acquiflarfi
il honore,oue eterna infamia fi acquiflaj di tanto abba(farlo,cbc oue egli fugià mi­
Di nor di luiyfaccia con la fua ingratitudine, credere ad ognuno , cb'egli di tanto gli
io­ fopraftia, cbe mai non ft babbia feruito di lui. Etcofi, aggiungendo alia dapoca-
da gine dell’animo ilgonfio della fuperbiat sdegna colui, fenga 1'ainto dei quale,egli
■à, farebbe rimafo o diflrutto affatto, o ignorantijjimo fragii huomini. Et queflo fpe- i
\S* ‘ tialiffimamente fi vede in alcuni,che la cieca fortuna, per fua paggia piü to flo,
'a- che per merito loro, ha algati dalla feccia della plebe, a qualebe grado di digni-
?de tà. "Non dico però qucflo,perche io non conofcayche molti fpiriti ben nati,& di a-
ici nimo grande, quantunque inbumile fortuna generati, banno coft la magnanimità
innangi agliocchi,cbe auangano di tanto la ingiuria,che loro ha fatta la Fortu-
lue m na, chefe ne vanno al pari di quelli che da nobilijjimo fangue fono difccfi:& per­
jci cio fono tanto affettionati a loro bencfattori,& tanto pronti a giouare ad altri,cbe
m- a quelli fi tnoflrano gratifjimi,& a quefti volontariamente gioueuoli; conofcendo
vo- effere vfficio del magnanimo volerepiu toflo fare chericeuere beneficio , & fe
ia pure il riceucre,fuperarlo,marauigliofamentc. Ft come quefli fono dignijfimi di e-
mi »■ erna Ioda,et fi mofiranò in quefio modo degni delle dignità, & de gli honori, alie
io- loro virtü conceduti, cofi meritano quegli altro eterno vitupério; & fanno cono-
& fcerfi chiaramente , cbe nonfolo non riceuono alcunfplendore dal grado, in cbe fi
ro- ritrouano , ma a lui fono di dishonore : F t, fra gli ingrati, fono fpetialmente di
ea ogni biaftmo degni coloro, cbe contra i maeftri, cbe loro banno infegnate le
oc- buonc arti, & le fcienge, ingrati fi dimoflrano. Tercbe come l'animo, c la piu
di- nobile parte dcll'buomo, coft i corteft vffici, & gli amoreuoli, & paterni bene­
od fici , chc alTanimo appertengono, auangano tuttigli a ltri: & , i l moflrarfi in
di, ciò ingrato , è auangare ogni fpetie de ingratitudine. Ft danno fegno quefti tali,
fle cbe non fanno fiimadi religione,cbe non curano fede,che fciolgono il nodo della ci
roy uile vnioncjchc fpengono l’amore, cbe firuggono le amicitie, cbe turbano la feli-
:be xita ciuilc, & finalmente, cbe effendo mentitori, fi moflrano ncmici non pure de
ia, * gli huomini, ma della natura, & de Iddio medefimo . Onde, nonfenga cagione,
vo- diffe il maeft.ro di coloro, cbe fanno , cbe la ingratitudine era il diflruggimento
f tip dclfamore. Il quale ejfendo il mantenimento della vita humana,& delia vnio-
M 2
f
»
D e G i i H ecatommithi
. ‘oie
ne 3 cornerfaúone d u d e , deono quefii diflruggitori di tanto CQfoet
m id capitali de gli buoniini.effere fcr.cciati delle citta3 l l fondame^ J e tE ^ L f/. ,
è il dare}& riceucre benefici. Verche ( come aicono i pin fimi) gli buoniini fono J
nati alia compagnia3& non vi c buomo alamo ,cui fi a d benigna la Fortuna , ne4?
si larga la natura dc doni fuoiyche nclla ifieff.i copia de.lc coJe,non habilia dc{[ul­
tro buomo bifogno , St però dijje ragioneuolmente Platone il diurno, che non fia-
mo n.tti JoLimence a noi Fleffi, ma alia patria , a parenti, & a gli amici. Et qua­
li d debbono effere piu amid di coloro , che d fouengono ne bifogni3 ci dano f i ­
dei configlio nelle cofe dubiofe3ci porgono aiuto ne pcricoli, ci illuminano lo inttl-
letto mella ignoranga , & dfanno non folamente viuere , ma bene,dionefTTrrftn•
te3& con dignità corrcre tutto il corfo della vita noitra f* St qual fia qucgli , che
nongiudiebi non dirò mallmomo}ma degno di ognigrauc fupplicio, qualunque fi
niojiri ingrato a cbi l'ha inuiato,& introdotto nelle virtu3 & perdò gli ha aper-
ta la via alie dignità ?facendolo di buomo, che da nulla era , diuenire di qualche
Ftima ?*Chi ingrato a talc ft moFtra , non fi potrà mat cbiamar da bene : percbe,
chi è da bene è virtuofo 3& cbi c virtuofo opera bene, & cbi opera bene non è in­
grato : onde raccogliendo dal primo , all'vltimo la ragione , cbi è ingrato, non è
nè virtuofo, nè da bene; concbiudendo adunque, Flaminio3 la prima parte della
voflra dimanda, Hauetepotuto chiaramente vedere 3 che la v iltà , & codardia
altrui è cagione della ingratitudine . Et che il magnanimo 3 quando l'ordine delle
cofe humane il fa bauer bifogno di cbi gli ha gioaato 3 nonfolo nonfi fdegna di ef-
ferfi feruito dell'opcra altrui 3 Ma per lagrandegga delfahimo , cercain mille
doppi ricompenfarlotal3che giouandogli , fuperi di granlunga,■quanto altri per ,
gioitargli maifece; & in quefla guifa di lui fi moflri maggiore , non coi volerlo
ingutriare3& abbaffare3come i vili f 'anno3i quali non fanno leuarela mente dalla
feccepiclla quale fon nati.Mlla feconda dimanda vofirafi facile la riffiofla3però
che pendendo ella dalla prima, è chiara cofa3che [iíleffa viltà è cagione , ch'altri ,
fi moflri tanto piu ingrato, quanto il beneficio è maggiore. ’Percbe seglifecondo ^
1'obligOjfi moueffe3con diceuolegratitudine3 a moflrare di bauere riccuuto bene­
ficio sigrandc3moflrerebbe di effere Flato tanto minore di cbigiouatogli ha3quan
to il bifogno era maggiore 3 quando egligli giouò:& percio piu toflofi vuole vol
gere al vitio della ingratitudine , che farft conofcere ricordeuole, & grato vir-
tuofamente. Et auietie di queFli tali quello, che veggiamo auenire de debitori,
Però cbe coloro , i quali deono dar poco3facilmente pagano quefebe deono. Ma
molti di quelli3 ebegran debiti banno contratti}vogliono piit toflo fallire3& man
cardifedc , & diuenire nimici di cbi danari 3 o roba ha loro data, che fodisfare
al debito loro; & percio cliceua quel Sauio3cbe fra le cofe3cbe pericolofe fono nel
mondo3alcuna non ve neha di maggiorpcricoloycbe il conferire in vile animo gra
beneficio. Egli è nendimeno cofa degna di animo grande, & di fpirito generofo il
non rimanere digiouare, per terna della ingratitudine altrui, Ma debbiamo vo­
ler piu tofloychegh ingrati fi vergognino di loro medefimi,& fiano moflrati a di­
to dagiudidofiper leflrade3come que vili3.& infami, (be noi3per colpa di tali. «Vfk
man-
D eca Pr ima .
manchiamo dí]quello,cbe ê di tanta eccellenga, nello flato della vita mortale, che
cifa^uenircfimile a Iddio . Hauendo coft detto Fabio , diffe Sempronio vera-
mente Fabio é la ingratitudine ilpeggior vitio, che mandajje mai dalle infernali
■parti il nemico della humana generatione , & non fi dee defiderare altro ,fenon,
che ft fatta fceleragine fe ne ritorni,onde ella ê a noi venuta; il che molto gentil-
mente vno tngegnofo Giouane concbiufe fra il termine di quattordici ver/i, i qua­
li, quando graue non vi fta vdirgli,vi racconterb molto volentieri: angi fle bene,
che gli ci raccontiate difje Fabio , & di queito voler e fur on tuttigli a ltri: &

Moftro, via piu di qualunque altro moftro


Horribil non dirò, ma fozzo, & brutto,
Che, per veder lamore human diftrutto,
Fra noi falilti dal Tartareo chioftro.
Hai ben palefemente a ognun di moftro,
Quale dal feme tuo fi coglie frutto,
Poi chedi lá , doue è fol doglia, & lutto ,
Venifti a conturbar lo ftato noftro.
Torna Moftro infernale, onde partifti,
Iui nell’Acheronte il tuoveleno
Sfoga, fra fpirti malcdetci, & trifti.
Iui verfa Ia rabbia, onde fci pieno,
La rabbia , con la qual turbi, & contrifti,
Quanto è fra noi di lieto & di fereno.

Ttacquero a Fabio>& a gli altri fmilmente, i ver ft recitati da Sempronio,


& pofcia,cbebbero date molteIodial Giouane,che compoiligli haueua, fi riduf-

Il fine della Prima Deca.

Tar. Trima M 3
"X
LA SECONDA DÈCA
D E GLI H E C A T O M M I '■
v
N E L L A Q V A L E SI R A G I O N A D l C O L O R O ,
che, o di nafcoftOjO contra il volere de maggiori loro,
Hanno amato con fine o lieto>o infelice.
I iA' I,Amor a ft moftraua nell'Oriente^facendo la fax
vfatx fcorta al Sole,di varij colori dipim'TJ,quaftthrrX'
brigata leuataft da dormirè, bauendogiâ quclli , a cui
dato era il carico di prouedere, madato alia naue quart
to era di bifogno,per I'agio di quel giorno ,vcrfo il lito,
super le rugiadofc berbe, simio con lento paffo , &
entrati tutti nelle naui, cofteggiando il lito ,feguirono
il lor camino. St chi giuocando a tauole, & chi a fcac-
cbi,& chi motteggiando, & adducendo qualcbc cofa,
attaadindurre boncfto,&piaceuolc rifo,andaronopaffando il tempo inftnoal-
Vbora del deftnare : la quale, poi cbefu giunta,appareccbiarono le tauole,& ap
preflate le viuande,tutt\ ft pofono a mangiare,& pofcia ft diedero a que traftul-
li,& a que giuochi,cbe lor paruero piü attiad ifcbifarc lanoiadel fonno,che
fuole aggrauare doppo il cibo altrui. Et, pajfdtagià Ihora della TSlpna , impofe
Fabio a Giulia,cbe defte principio alpropojio ragionamento; & ella,con dolci(ft-
mo fembiante, cofi comincio.
C A R I T E A A M A P O M P E O , D I E G O , I N N A M O ^ A T O D E T-
la Giouane ,l’vccide. Ella promette didar fi per moglie a chi ledail capo di Diego. Le
moue guerra il Rè di Pòrtogallo ; Diego la difende, & fa prigione il R è, pofcia ii pone
in podeftà della Donna, & ello lo pig’ia per marito . »
N O V E L L A I.
0 vorrei,cbefoffe tale lo ingegno mio,cbe come è vaga, & bella
la materia della quale boggi babbiamo a ragionare,coft le potejji
dariodegnoprincipio. Ma , conftderando la baJTczga del mio
ingegno, & penfando [opra do ft a notte , tra mepiu volte bo de-
-il ftderato,cbe vno di quefli noflri Giouani d'alto intelletto,foffe ft a
to qucgli,cbe moflrata mi hauejfela via , per la quale bauefti pofcia ancb'io do-
uuto caminare. Ma, dapoiche la forte è caduta fopra me,mi fon sfor%ata,quan
to meglio bopotuto^apportarui cofa,cbc del tutto ingrata non vi fia,la quale fe
forfe fcnnera vagbegxa,a ft gentile argomento,gli altri, cbe doppo me diranno^ "**- * ,
foppliranno al mio dijfetto. '
F V' GI kAJ in Ijpagna vna TJcina, la quale rimafa vedoua haueua v nafola^é
Figliuola, cbe Caritea baucua nome, di età di dieceanni, La quale hauea lafciata
il Tadre, doppo la morte della Madre,-vniuerftilc hcrcde di tutto il Regno *
hauea
' I D e c a S e c o n d a- 9a .
bauea data la'fcielta (quando la eta la cbiamaffe a mantarfi) di pigliarfi quel
M.mêOy cbe piu le foffe a grado , pur cb'egli foffe d'alte virtu , & di lodeuoli co-
flumi ornato. Cofiei,venuta, alia eta di tredccianni, s'innamoro di vn gentiliffi-
mo Giouanetto della fua corte, cbauea nome Vompeo, il quale , quantunque non .
fojje pari a lei di Jangue, era di tanto fylendore ornato, per Ic virtu fue, cbe po-
teua effere degno Marito di qualunque alt a Regina.Sgli, auedutofi dcll'amore,cbe
gliportaua la Giouane,& veggendo,cb'ella deuea rimanere herede di cofi nohil
Regno , ft die con tale fiudio a nutrire i l f iioco amorofo, del quale vedeua acccfa
dflui Cafetrj^cb'clla vie pin digiorno , in giorno I'amaua. Et egli, per mo-
’ ftffirfi degno di lei,cercaua di fcoprirleft eccellente in tuttc quelle cofe, cbe cono-
feeua appertenerfi a nobile Caualicro. Ondc non era alcuno tra tutti i Baron: del­
la corte,cbe o in armeggiare, o in caualcare, o in comerfarc,o in atti di cortefiaj
fi fcopriffe degno de piu loda,di lui. Mentre la Giouane amaua coshii,& egli lei,
la inuidia de cortegiani, conúnciò a porre tra il loro amore del fuo vclcno. Terò
che tutti cominciarono a penfare comepoteffno rompere la concordia, la qualpo-
fla haueua Mmore tra quefli due animi. Si perche ognuno , appreffola Giouane,
haurebbe voluto bauerc il luogo di Vompeo , si anco perche, dubitando ognuno,
If cb'egli non diueniffe marito a Caritea, ond'eff deueffero rimanere a lui foggetti,
fentiuano eHrema angofeia. Molti adunque dall'vna, & dall'altra di quesle co­
fe flimolatiffi pofero,con ogni diligenga, ad operare, cbe Vompeo veniffe in tanto
odio alia Giouane, cb'ella nol voleffe vdire raccordar viuo . E t, quando vna co-
f t 3 & quando vnaltra dicendo , a danno di Vompeo, cercauano con ogni cu­
áL ra di porgliele in difgratia. Ma tutto il contrario aueniua, Verche, quanto
piu effi in ciò fi affaticauano, tanto pin I'amaua ella,& I'bauea caro . Verche e-
gli coliefue virtu fuperaua ogni inuidia & ogni mal'vfficio cotra lui fat to Jaqual
cofa veggendo quefii inuidiofiffi penfarono, che la miglior via, cbepoteffno ritro-
uare,per effmguere queTto fuoco, foffe itfarpalefe alia Madre di Caritea ilfe-
*greto amore della Figliuola, & pigliatafi vno di loro, che di molta auttoritd era
apprefjo la Reina,1'occafione del tempo, & del luogo le efpofe, in cbeguifa la cofa-
ft fleffe. Et tral'altre cofe,cbe lediffejefe v edere,che tanto era difuguale Vom­
peo alia ilirpe reale,cbe era cofa molto vergognofa ,che di tal'huomo foffe acccfa
lafua figliuola, non mancando nella Spagna Signori,& Caualieri dignijjimi, &
per grado,& per virtu, dell'amor fuo. Et foggiunfc,cbe, fe per rea forte aueniffe,
che Caritea lo pigliaffe per marito, ella deuea penfare, cbe andaua a pericolo di
perdere il regno. Verche la nobiltà di Spagna mat non confent\rebbc,cbuomo di
fibaffa conditionefoffe lor Re,& loro fignoreggiaffe. Et cbe la pregaua,cbc,&
per I'honor della figliuola, & per mantenimento del regno,non voleffe trallafciar
Jsofa alcuna, che le pareffe atta aprouedere,cbe I'amore della Figliuola , & del
"Giouane non andaffepiu oltre. La Madre,cut parue di qualcbc imp ortanga quel-
lo,cbe coflui detto le baueuaffentigran diffiacere di'eofi fatto amore. La onde
■fenga altro dire alia Giouane,comincio a tenerla fotto maggiorc, & piu diligente
‘cuflodia,cbe per I'adietro non bauea fa tty ; & non la ft lafeiando mai partire da
M 4
/
/ I

G u H ecatom m ithi ,1 '


lato, tolfe la via a Tompeo di conuerfare famigliarmente con lei, dome egli folex
la qual cofa era all'vno , & alíaltro de gli amanti marauigliofamente mqj^Ba.
Era nella corte vna donna, a cm la Madre bauea dato il gouerno della Figliuola,
la quale era conjapeuole deltamove de due Giouani, & percbe le parea , cbe tra* i
quanti erano in corte, alciino non fojfe piü degno dell'amor di Caritea , cbe Tom­
peo , baueua clla fernpre nell'vno, & nell'altro boneflamente nutrito il fuoco, on­ ■
de ardeuo.no amendui, bramando fopra ogni cofa, cbe Moglic, &r Marito diuenif-
fero inficmc, & perebe ciò non poteffe cjj'ere impedito da Jirano accidente , baue­
ua ellafegretamente operato, ebe cbiamando e/Ji tefiimonijgli Idffi immortaliffi 4
haueano tra loro data lafede di congiungerfi in matrimonio . Ora veggcrtitTFco­
il ei cbiufa la via a due Giouani di poterfi pariare, & di effere infieme, come pri­
ma foleano,& cbe Caritea per ciò ft andaua di giorno ingiorno jlruggendo fapien-
do ella quello cbe il Re baueua intorno al maritarf della Figliuola nel tejlamento
difpofto, configliò la Giouane a ragionar colla Madre, & a fcoprirlc non pure lo
amore, ch'ella a Tompeo portaua , ma la fede anco , cbe fi baueano infieme data.
Caritea, accojlatafi al configlio della buona Donna,ritrouò la Madre , & le diffe,
ch'ella s'ingannaua fe fiperfuadeua colla maniera,ib'ella bauea comnciata a tene
re verfo lei di [pegnere quello amore, cbe tra lei, & Tompeo era . Ter cbe quan­
to piü ella le toglieua di potere conuerfare con lui tanto piü in lei crefccua I'amo­
re . Et cbe pofeia, cbe il Refuo Tadre bauea pojlo infuo arbitrio di pigliarfi ma­
rito a voglia fua, ella non volea mai effere d'altro buomo, cbe di Tompeo, il qua­
le per le fue chiare, & reali virtu, le pareua degno di hauer per Mogliera qua-
lunque Reina, per grande cbe ella fi fojfe . Et cbe perciò ella non ft ajfaticajfe in
tormentarla, con volerle torre del core colm,cb'e\la, come infildo Diamante , vi
hauea Jcolpito : & vi foggiunfe , cbe fell Re fuo Tadre bauejfe voluto, cbe ella a
voglia della Madre ,o d i aim, fi bauejfe hauuta a maritare non I'haurebbe egli
mai data la liberta, cbe perlo fuo tejlamento data le baueua. Molto Jpiacqueil
parlar della Giouane alia Madre : & con molte ragioni, cercò di dijlornarla da
ciò. Ma nulla giouò cofa, cbefe fojje addotta in contrario di quello,ch'ella feco ba
uea deliberato . Et pojlo, cbe alle prime aggiungejfe la Madre altre ragioni, ri-
mafe forma Caritea nelfuo propofito, <&■alfine le diffe , ch'ella era defidcrofa di
pigliarfi Tompeo, confua buona fodisfattione, & cbeperciò la pregam, cbe non
le volefie ejfere contraria, angi col fuo proponimento confirmandofit fojfe aneb'el­
la contenta di quella liberta,cbe I'bauea data il Re fuo Tadre , perche altrimente
ella era fermadi proporre la fua deliberatione a quella di qualunque altro. St tan
to piü, quanto eUa,& Tompeo fi baueano data la fede di legarfi infieme con vin-
colo di matrimonio . La Reina, poi cbe queflo intefe , conobbe cbe il fatto non
poteua tornare a dietro, Et cbe per la dijpofitione del Tadre, ella non baueua al-y
cuna cagione di poterii ragioneuolmente riprendere, conofcendo maffimamente
cbe Tompeo colla fua virtu,bauea fuperata la ingiuria,cbe gli bauea fatta la For
tuna in /brio nafeere di bafio flato, fece della dura necefiità a fe fiejfa legge; Et dif
fe Caritea, Toi cbe cofit è ita la bifogna ttja te , & Tompeo , come tu mi bai det- '
to ,è

sf1
I CECA SeCONDÀ.' 91
to, è almeno da dare cofi fegretamente compimento a cio, cbe non nafca fcandalo
nel&egno : percbe, come tu fai, fonogli buomini di queflo Regno per natura al-
tieri, & fefapeffino, cbe tufoSliper pigliarti Tompeo , tutti ft fdegnerebbero di
* hauerlo per lor R e. Faccia.fi come megl'io vi pare , rifpofe Caritea , Diedero a-
dunqtte, doppo qttefle parole, tra loro quell'ordine le due Donne , per compire il
Matrimonio, cbe piu acconcia lor parue a non deflar tumulto. Ma voile la fini-
flra forte, cbe la cofa prima ft feppe, cb'ella fojfe al fine condotta. La qual cofa
effendo venuta a notitia ad vno, cb’era deprimi del Regno ,cbe Diego bauea no-
' Tfie, & çzpJX&lto accefo di Caritea. Non piaccia a Iddio, diffe tra fe,cbe mat Ca-
,r'irÍfFãji accofpi con Tompeo, & cbe Diego a lui ferua. Era coiiui Giouanc di di-
ciottOyO venti anni, ma valorofo, & prode,& di altiffimo cuore, & s'iflimaua,
& per la nobiltd del/ angue, etper lo fuo valore, di effere piü degno di bauer Ca­
ritea per moglie, cbe qualunque altro buomo . La onde, percbe Tompeo non con­
duce/]e il fuo defire a fine,/} delibero di vcciderlo : & fatta queila deliberatione
mando per vn fuo fidatiffimo famigliare vnagran quantitd di danari, & di gioie
di molto preggo a Tarigi, & ogni cofa fe porre a nomc di Tirro da ^iragona in
fu vn banco,cb’egli cofi baueua deliberato di farfi chiamare ,fe gli venia fatto di
vccidere T ompeo, onde gli foffe bifogno lafciarla Spagna.il di adunque delle nog^
ge, attefe quefli Tompeo,& trouatolo, traffe fuori delfodro la (pada, & fatto-
glift incontro con mal vifo,metti mano, diffe alia tua /pada cbe ti voglio prouarc,
ibe nonfei degno di hauer Caritea per Moglie, nè di effermi Signore, non ricuso
Tompeo la battaglia, angi fattoglifi incontro colla fpada , cominciò a difenderfi
valorofamente,& a cercare di offender lui.Ma doppo lungo contraflo,fi rimafe il
mifero morto.Mndò la nouella a Caritea,la quale le fu tanto a(pra,& tanto acer
ba, quanto fi puote imaginar ognuno cbe veramente ami. Slla no volea piu viuer
nel mondo,et folo,per rifugio de fuoi mali,bramaua la morte, per poter congmn-
gere la fua con I'anima di colui,che le bauea tolta l'altrui inuidia. La Madre, &
*moltealtre gran Donne,& Cauallicri,poi cbefu fatto fepcllir Tompeo, con effe-
quie Realije furono intorno a confortarla,et a perfuadcrla adeuer viucre,fcnon
per altro, almeno per vendicarfi di colui,cbe cofi crudelmente le baueua vccifo il
fuo Marito.St tutti la confortauano a prenderfi talMarito,quale cllacredeffe,cbe
foffe atto a fare quejla vendetta. La Giouane,doppo alcuni anni,fatta vnpoco di
tregua col dolore, tutta ft volfe a voler veder vendetta della morte del fuo Tom­
peo . St f 'atti chiamare innangi a fe, tutti i valorofi Caualieri di Spagna cofi lor
diffe. Signori, boggi ha il quarto anno, cbe la maluagitd di Diego,mi vccife colui
cbe io mi baueua eletto per Signore della mia vita. Etpoflo,che io mi foffi delibe­
rata di non voler piu mai Marito ,nondimeno,per effere bramofa,che no ft riman
^ ^ l a morte di cofi cara perfona, come mi era Tompeo, fenga la diceuole vendet­
ta,ho fatto fermo penfiero,cbe quegli mio Marito fi fia, cbe fi armerà a far ven­
detta della morte di lui & vccidendo il traditor di Diego,il fuo capo mi prefente-
* Ya. P^efla adunque,cbe a finire quejla imprefa vi difforiiate,et io vi dò la fede mia
di effere di quel di voi Moglicra, cbe quejla imprefa menard a fine, di dargli il
Regno
D e G li H e c a t o m m i t h i t
1\egno in dote, jl !fine di qiiefle parole non mancarono infiniti,che fi diedero van-
to di condurre afine, quanto clla loro bauea propofio. Diego in queflo mego4cm
po, temendo di qnello,cbcgli haurebbe potuto aiienire,piu tacitamente, cbaueua
potuto,fe nera andato in Francia : & fermatofi in Tarigi,fi bauea fatto cbiama-
rc Tino Tetragona fotto il qual nome banca anco fatto riporre in banco ( come
dicemo) i denari, & legemms, <£rfeonofeinto fi flana . Stette priuo il Rearne
diSpagna di Caualicri per Io fpatio di fci anni,& pii) ; perche,tittti,vaghi di ha-
uerc la Giouanc per Moglie,& il pe ame in dote, fi erano quâ,& là fparfi , cer­
cando di Diego. Tentò, in queflo tempo,il Re di Tortogallo dl b.w çr£^ iteaper !
moglie, non pure vna volta,ma moltc,& bauendo ella fempre ricufato dCvofcr- ’*
•lo, 2gli fi delibero di baucr per forga darme qucllo cbe con pregbi non bauea po­
tato baucrc. Onde, meffa in ordine vna forte, & potente hofle ,fe ne era andato
a porre affedio al Reams di Spagna , & con vna parte delle genti, bauea circon-
dato Toledo , one Caritea , colla Madre fi era ridotta. St fperaua, in pocbiffmo
tempo , baucrc nolle mani, la Donna , & il Regno . Ritrouandofi adunque
in queHo modo affediata la Giouane, St nonfappiendo one piegarfi, per potere
bauerefoccorfo, cbefoffe a tempo, fcco bauea deliberato di morirft pin toflo,cbe
di effere di altro buorno, cbe di colui, cbe il capo di Diego le portaffe. St datafi a
fare que maggiori ripari, cb'ella pote a, per rcfi flere a cofi for te,& fubito impe-
to,plena di tanta angofeia, quanta baftauaa farlenoiofi la vita Jlaua ad afpet-
tare cio, cbe di lei deueffe difporre la fua maluagia forte. Diego, c bauea fentito
il moiúmento , cbauea fatto il l{e, tratto dallo .Amore , cb'egli portaua alia fua
Donna, & tocco anco dalia pietà della T atria, & del Regno,in che egli era nato,
fi delibero di moflrare alia Regina 1amore cb'egli le portaua, col liberare & lei,
& il Regno da quel graue ajj'edio . Et gli parue.di poter ciò fare acconciamentc
fenga effere conofciuto, Tero cb'egli era crefciuto ingranieggga di corpo , & ba­
uea meffa vna lunga,& folta barba, & onefoleua in Spagna andarfe fenga ca-
p elli, ^illboragli bauea molto lunghi ,fecondo cheft vfauano in quel tempo ifT
Francia, & baneua cofi bene apprefa la lingua Francefe, che parea,che / offe na
to, & nutrito tra quella gente.Ter porre adunque in effecutione il fuo nobile pen
fiero,vendettc tuttele gioie,cb’egli baucua:& meffa infteme vna gran quantity
di danari, con liccnga del Re di Francia,fece vn potente effercito :& come Capi-
tano di ventura ,paffati i Tircnei, s'inuio verfo Toledo,oue giunto,cb'egli fu ,fc
per [egret a via,intendere a Caritea,cb'egli era vn Caualiero di Francia , iui ve-
nutoperfoccorfo:gr cbe quando tefofje agrado, ctíegli le deffe aiuto,gli daua il
cuore di leuarle quello affedio da torno, & di por lei con lo flato in pace , fenga
cl) ella haueffe a (fender e vn danaio. Mentre attendea Diego la riff ofta da Cari­
tea , il Redi Tortogallo, cbaueua intefo, coflui effere Capitam di ventura jo f ^ ,
ricercare, cbevoleffe venire al fuo fermtio. Diego , cbe ad altro fine, cheferuir
h i , era in Ifpagna venuto,non volendo dare materia al Re di pigliare diffiden-
ga di fe,fi che gli foffe cbiufa la via a quanto egli bauea deliberato di fare,gli fe t
dire,cbe egli era iui,per accordarfi co U i,quando egli gli faceffe honefio partito.
Or
i D e c a S e c o n d a. 94
Or mentre che il Re, & Diego jlettero nel maneggio delfaccordo, verme la rijpo-
fta da Caritea. La quale gli fe dire, che le parea proprio , ctiegii fojje vn Ange­
lo,mandatole dal Cielo,per darie aita in cofi pericolofo,& efiremo cafo,& cb'el-
*• la era prefia a fa re , quanto da lui le foffe detto a danno'del nemico. Tiacque a
Diego larijolutione della fua Donna : & tenendo tutta viailR e in trattato di
accordarfi con lui, die con Caritea difcreto ordine di quanto hifognaua fare,perii
berarla dall'ajfedio. Stauafi il Re in ferma opinione, che Diego deueffe accettare
alcuno de partiti, che gli hama fatti propone : & non temendo nulla, fiviueux
<JtCuroferrea fojfyetto, comefe nel fao campo Cbaucffe hauuto,Onde veggendo Die-
*gòfchê'iã fltkTegga,cbe di lui fi banea prefa il Rc,fenga hauer max pigliata rifo-
lutione di partito alcuno, era cagione, che legenti fue fe ne Jleffero con poco ordi­
ne, et mal prouedute, fi pensò di poter e hauere indi ampia occafione di diflruggcr
,quel campo. Ter la qual cofa fece vn giorno intendere a Caritea,che la notte fe-
guente fe rívfciffe di Toledo colla fua gente, et dejf'e1'aJJalto alie genti dei Re,per­
che,in quello ifteffo punto, ancb'egli ft mouerebbe,& non cejferebbe dal menar le
inani, chefarebbe fuggire il Re, 0 glide darebbeprigione. Igon manco Caritea di
ejfequire,quanto Diego le hauea ordinato.Et venuta la nçtte,fe ne vfci tacitamen
te,colla fua gente>di Toledo :& accoíiatafi al camponemico, fe darenelle trom­
be, & ne tamburi,& con grande impeto, entrò tra legenti dei Re, le quali ogrii-
altra cofa penfando, che Caritea deueffe vfcire della terra, per darloro affalto,no
eran punto prouedute a far battaglia, Ma quanto meglio poterono, effendo fatto
loro ammo dal Re,ft mifero in mifchia & ecco, che mentre combattea Caritea da
vn canto, Diego dalTaltro impetuofamente fu loro addoffo, onde perdcttero i fol-
dati dei Re di mantera l'animo, che furono con molta vccifiione meffi in rotta.St il
Re„vedute le cofe a tal termine ridotte, fi mife a fuggire, lafciati tutti i Thefori,
& le munitioni inpreda de nemici. Ma Diego, dcfiderofo di fodisfar e appieno al­
ia fua Donna non prima fi rimafe di feguire il Re, che il fe prigione,& lo die lega­
n t o inpodeflà di Caritea, fenga farfi conofcere,chi egli fi foffe. La Donna allbora,
vcduto ilgran valore,& la molta cortefia di Diego , gli fi tcnne tanto obligata,
quanto le parea di non poter maipagare,anche coi proprio fangue,obligo fi gran­
de;T er la qual cofa non manco di fargli tutte quelle,grate, et amoreuoli dimoflra
tioni,che confaluegga dei fuo honore Cera pofjibile, credendolopur tutta via vn
Caualliero di Francia: pero, che egli altro, che Francefe nonparlaua, & fempre
tra Caritea,et lui vi era bifogno di meganofil quale iffoneffe alTvno le parole del
l'altro:& doppo alcun tepo,credendolo ogni altro huomo Caritea, che Diego, gli
die tanta auttorità,ch'era poco meno,che fignore di tutto il regno.Etfeco imagind-
dofi,che infin,ch'ella non era maritata,farcbbefempre fottopofla a cofi fatti affal-
ú^Quale era flato quello dei Re di Tortogallo,giudicò che no potcua hauer huomo,
~**cbepiu meritaffe di efferie Marito di colui,che tanto beneficio le haueuafatto, et
tanta prudenga, & valore dtbora,in hora moflraua intorno algouerno di tutto il
* Regno,St parlatone colla Madre,fi rifolfero tra loro,chefe Caritea, fotto la fede,
non baucjje promeffa fe a coluRche la tefi a dc Diego le partaffe,ella no potcua ef­
fer
D e G lí H e c a t o m m i t h i
fer mcglio maritata ad alcuno,cbe a que flo caualiero : ma differo,che queflo non
fi potea fare,fenon con infamia delia giouane, perche apparendo caualiero,cbela
tefla de Diego le portaffe hauendo pigliato vno altro per marito, moflrerebbe di
effere mxncata di fede. Et che percio era bene penfarui molto fopra, prima cbe *
altro fe nefaceffe. Vcnne il ragionamento delle Donne alie oreccbie di Diego,On-
de egli difloflo,o di voler morite per mano della fua Donna, o di hauerla per mo-
glieyconfidandoft in quello,cb'egli afua faluegga baueua fa tto , ejfendo vn giorno
foie le due Donne con effo lu i, il quale già fingea di hauer prefa parte del parlar
Spxgnuolo,& ragionando infieme delle cofe del regnoyEgli pigliatecomwoda of-*
caftone,cofi loro cominciò a dire. Jgobilifjime Donne, Non altro,clje’defiderit>hi'
piacerui,& di dimoflrare a voi Reina fofferuanga,cbe io vi porto,& a voi Cari
tea la mia fincera fcde,& il mio molto amore mi hanofatto partire di Francia,et
armarmx per falute voflra,contra il Re di Vortogallofd quale vi ho io datoprigio
ne, nel tempo, cbe nonft è ritrouato caualiero, non dird in Spagna,ma in tutta la i
Europa,cbe alia difefa di voi,o del regno voflro,fi fia moffo. St tanto mi è flato
fauoreuole il Cielo,cbe nonfolo bo liberato il regno voflro,& poflol'vna,<&‘ I'al
tra di voi in ficuro flato,ma vi ho anco datopregione quel Be,che forfc ft penfa-
ua,o di farui ferua,o di torui la v ita . Et poflo, cbe quefla mia felice imprefx mi
deuejfe far degno della gratia dell'vna, & dell'altra di v o i: Si, che voi Caritea
non vi deueflefdegnaredi bauermi per marito,& voi Reina di bauermi per gene
ro , Nondimenoparendomi, cheio potrei effere honeflamente rifiutato qualunque
volta io non haueffi adempito quello,che è obligato di far colui, cbe dee voi Cari-
tea per moglie bauere,ho 'anco cercato di farui dono di quel capo , cbe vi ha fatto
puomettere per mogliera a chi lo vi porgerà; & però oue vi piaccia farmi flcu-
ro,cbc dan lolui,vi degnerete di pigliarmi per marito *lo vi prefenterò , in compi-
mento di quanto a fare mi auanga,per ottenerui per moglie. Le due Donne , cbe
già da fe piegauano a quefla parte, toflo che vdirono di poter dar fine, fenga man »*1
car di fede^a quanto era da loro defiderato, alle parole di Diego rimafono tuttt^K
liete, & la Rcina di confentimento della Figliuola, gli diffe, che fe la Giouane
deueua effere mogliera di qualunque Caualiero ledeffe quello, ch'egli bora le
prometteua di oferire, ella tanto maggiormente deueua efferfua, quanto , oltre
il dono del capo,gli erano per quello obligate,cbe di effergli ft conofceano, & che
perciò egli deuefle effere jicuro,che attendendo a Caritea la promeffa, ella fareb-
befua. Diego,in quelpuntojafciato il finto nome, col quale era flato inflno al­
lbora in corte,& lafciata parimente la finta natione : fattofi inangi aüa Gioua-
ne,le flgitto a piedi, & chinando il capo verfo lei cofl le diffe. Queflo è Cari­
tea quel capo,cbe vi hauete,poco meno di died a m i, come capo di vn voslro ne-
mico deftderato,il quale io non come nemico, m a, come leale, & fedel feruoryi^
porgo, per cbiaro teftimonio, cbe io mat non bebbi animo di offenderui; <gf
che il dare morte a Tompeo , nonfu per far cofa, che vi ff iaceffe, ma per non
vederc andare quella Reina nelle mam di vn altro , la quale io baucua riceuu-
ta nel cuore, per foia Donna dell'anima/nia. Ma fe la mia rea forte volefle pu-
/ /
/

D e CA S e CONDA. 5?5
*r, c&e w tenefle offefa da me,.& cbe.ne voleflç fare la,vendetta ,fon contento,
cbcy lafciato ognaltro riffiettòffqççiaiçdimeq.t)eflo.ebe pin vi place , eJr cbe nit
tog Hate Inficme colla vita tjuella teHct, cbe tanto hauete deflderata. , proponendo
au ormi nuo bene il fitre-voi-piemmenie contenta. Egl'i c ben veto, cbe fe lo infi-
mto amore, con cm vi ho fempre, non pure amata, ma honorata, & riuerita,<£r
U deftderio, cbo fcmprc'hauuto de [fiargere it mio fungue a beneficio della vita,et
\HH. della corona vòílra, meritam, cbe one offefovi haueffi mi perdoniate, & mi ri-
mettiatcyiielia gratia voflra, dando fegno di quell'alto,& nohil cuore,cbe piu,cbe
t**tfí{égno fejm jpi face ; vi prego a darmene tal fegno, cbe ogrivno hora vi cono-
'fcà d Cfjuei gtnerofo, & benigno animo, chc vi fete fempre mo£lrata,et di cbefem
pre vi hò conofciutaio. Etciò detto fi tacque,attendendo quello,clj auenir deueffe.
Le Donne, cbe ogn ultra cofa baurebbono primapenfata, cbe quefli Diego foffefla
to , rimajono tuttepiene di marauiglia , & Caritea ad vn tratto fu tocca & dal
molio odioycb'ella portaua a Diego,& dall'obligo,di cbe gli fi tencua aflretta,per
logran beneficio ,cl> ella bauea rtccmto da lui. Etbuona pegpgatra fe slete infor-
fè, quale ella voleffey cbevinceffe de due penfieri, o il dargli morte, o il darglift
per Moglie,d quello la (fiingeua il difpiacere,eh'ella bauea riceputo nella mortc di
Tompeo,a queflo,il parerle di hauere bauuto non pure il Regno,ma la vita da lui.
Et rifolutafji alfine di proporre ilgiuflo ad ogniodio, & il beneficio alia ingturia
coft rifpofe, Diego, poteua il dijpiacere , cbe tu mi facefli fentire colla morte di
Tompeo, cofibora inacerbireTanimo mo, cbe non ti voleffi vedere , & potriati
bora bailare in ricompenfa di quanto to ho riceuuto da te,che dandoti perdono,io
ti leuaffi delpericoloyin cbefei, per gli molti Caualieriyche ti vanno cercando,per
ogni luogOy per dàrti morte, Ma perche fempte è flata mia natura di voler e auan
gate chiunque mi ha fatto beneficiofm rendergliele, non folo voglio moflrarmiti
pietofa, & perdonarti la riceuuta ingiuria, come la ti perdono, ma cortefiffima,
eoi darmiti per Moglie,& farti Signore della mia vita, & di quei i o regno,flmil-
mente. Et cofi,deito, fattolo leuare diginocchioni,ajfettuofamentr abbracciando-
lo per Marito loprefe, Lodò la Madre la rifolutione della Figliuola, & ella an­
chora andò ad abbracciar Diêgo , & ad accorlo per genero: & doppo molte paro
le di cortefia dette daltvna, & dalfaltra parte, diedero ordine alia celebratione
delle nogge, delle quali nonpur Toledo,ma tutta Spagna fu contentijfima.l Caua-
lieri,cbe cercauano di dar morte a Diego, tosio cbe intefero il Maritaggio,delqua
le egli fi era fatto degnOyper lofuo valore, rimafero appagati, & molto ne loda-
rono la lor Reina,che cofi fapeffe rimeritare i valorofifatti,depitegiati Caualieri>
& ttitti, di commune concordia, vennero a riconofcere Diego per lor Re. Celebra
te aduuque conmoltafefia le noTgegrandi,& borreuoli, quanto mai nefoflero al
ne altre; Diego cerco diperjuadere alia Reina,che il Re di Tortogallo ftponef-
f m liberta, la quale veggendo tale effere il volere del fuo Marito,fu contenta di
quanto a lui piacque ; & cofifattafigiurare fedeltà : & riccuutinegli boflaggi,
Vfu rimeffo il Re nel fuo Regno, & Diego con Caritea in alto flato tutto il tempo
della fua vita felieemente ft viffe. %■:
Oronte
D e *G l i H e c a t o m m i t h i
O R O N T E ALLEVATO I N BASSO STATO, AMA ORBEC.
che Figliu oladel Ke di Perfia, la pigfia per moglie,& ainbi due fuggono in Armenia. II
R.e fingendofi rappacificato, gli ricchiama con figliuoli acafa; venuti, che fono, eg!i vcci*
de Oronte, &i figliuoli, &gli ofFerifcc morti au Orbecche j ella yinca da cltremo dolo.
re, vccideilPadre, &poiieftefia.
N O V E L L A II.
0 ME gliafcoltantibebberogran compajfionea Caritca , quan­
do intefero Ut afflittione3cl)clla bebbc per la morte di Tompeo,
& dcjtdcrarono vedere ajbra vcndatta di Diego3ch'vccjfo jhaiit^^
ua, cofi quando vdiron quello ,d/egli infcruigio d$uabortna ha*
____uea fatto , & come fi era mejfo in podeílà, & in arbitrio di lei,
tutti dcfiderarono, cb'ella gli perdonajj'e : & poi che videro , che cofi era auenu-
to , lodarono la Donna marauigliofarnentc.Tofcia Lucio a cui toccaua la voltado•
fi comincio. Toi che Giulia jampia , & lodeuole m ateriach e Fabio ci propofe,
ha cominciata dall'amorc di vna Reina 3 io anchora3da lei non mipartendo 3 vm
pietofiyCt compa fjioneuolc aucnimcnto d'vna infelice Reina mapparecçhio di rac
contarui. Il quale mofirerà in che jlirna deono hauere i Figliuoli i Tadri loro;&
che iferuitori dc i Re deono fempre loro Jeruar lealtd ; & che i Re non deono rom
per lafedc a chi data l'bannotaccioche Iddio non lafei loro auenir quello,cl/auen-
ne a coloroydai quali bora viragionerò. , ., ; , .
S V L M O N E Redi Terfiafu potentijjimo trdgli altri R e ; & per quanto
ho vdito dir pin volte , fit. non meno crudele ,che valorofo : bebbe qucili mold Fi
gliuoli, & mafebiy & Femine di Selina, j'Ua Mogliera, Fern’ma nobilijjima3 ma
put di qualunque altra Jcelerata, Fu ella da Sulmone col fuo Figliuolo maggiorc
vccifa per bauergli ritrouxti infieme dishoneHamente. Rhnafe a coflui di tutti i
Figliuoli, cb'egli baueua hauuti, vna fola Figliuola,cti Orbecche hauea nome. La
quale ejjendo di eta atta a pigliarfi Marito3& p iu d'ogrialtra bellarer a da mold
amata.Era ella al Tadre,vie piu che la vita cara3 & par eua,ch'egli la fomma di*
ogni fua fperanga haueffe allogata in lei3 Non era cofa,che alia Giouanje, piacejfe
pergrande cb'ella fifojje, che non nefoffe appieno dal Tadre copiacciuta.La qual
coja era fouente capione difare la crudeltd del Tadre molto minore: di modo che
fpeffo chi temeua fi rimanea ficuro,& chi era offefo veniua rifiorato. .Accade che
vn Giouanc dArmenia, delta Oronte3 venne alia corte di queflo Re, il quale, an­
choret chefojje nato di Re, & dí Reina, ejfendo egliJlato gittato in vna cajfa dal
la Madre net mare,che di nafcailo conceputo I'baueua 3 & ejfendo capitato alle
mam del Re d'Armenia,Fhauea baffamente nutrito. Fra il Giouane bcUiJJimo3& »
di leggiadre mankre ornato3 & pieno di tante virtu che chi lo miraua,quantun-
que fojje in bafjijfimo ftato,lo giudicaua effere Figliuolo dignifjimo di Re. Ejfeij^n
adunqus coftni venuto alia corte di Sulmone:et hauendola lingua del paefe fanU
gliarijfimay ft fete amici mold Baroni di quella corte,& nelie cofe di caualeria ta 1
le al R ef dimofirò,che gli pineque dipigliarlo a fuoi fcruigi, oue egli riufii tale,
che in memo di ire ami:, crcbbc in tantoprcgiQ3& in tanta autorità appreffo il Re
quuilto
D e C A S E c Ó N D A. " 9(5
quantoalcurialtro, che gli fojfe caro. La qual cofa molti famigliari ,& piu anti-
cb i,& piü nobili era molto noiofz, & fpiaceuole afoffcrire.F.t non mancarono di
quelli,cbe con Orbecche ft dolfero , & cercarono, cb'ella ne ragicnajfe col Tadre,
& gli moflraffe,chenon era cofa degna di lui, & della lunga femini loro, che lo­
ro fojfe propofto buomo non pur (iraniero,ma di baffiffima conditione: per quanto
fe ne poteua conofcere.La Figliuota,quando I'occaftonc le ne verme , fe fipere at
M Tadre le querele defuoi cortigiani. Jilla quale egli diffe, Figlluola , boggimai
' » to conofco quellOyche vaglia piu vn buomo, che vn altro, gr Jo, fra mille,far fciel
^di vm chçvqglia tuttl que mille. Ter tanto sio faccio slim a di Oronte, ebe coft
il Gioúane jichiama,lo faceio,perche egli il valejnc mi da noia,ch'egli di buffo [la
to ft fta, perche l'animo , & le virtu fue, non folo lo moflrano maggiore della fua
fortey ma degno ftgliuolo di ogni gran He; pero dolganft quefti miei, quanto loro
placeyft dolgono a torto, Orbecche credetepiü, che non bifognaua, alle parole del
Tadre, & lodatolot ch'cgli fapeffe coft ben rimeritare, chi tiera degno ,ft parti
tanto accefa del Giouane, quanto alcuna Donna d'buomo ft accendefle giamai. Et
poflo ogni fuo penfiero in coftui, ad altro non aitendeua, cl) Oronte le veniffc ve-
duto che, quantunque fojfe egli flato lungamente nella corte del Tadre, effendo co
flume de Terft, in que tempiyche non andaffino foreflteri, one erano le lor Donne,
non lhaueua Orbecche anebora veduto . Tsfon pajfarono molti giorni,cbe Sulmo­
ne chiamò a fe Oronte, & gli diede vna belijfima Veria, & di grandijftmo preTc
Xpi& gli diffeyporta quefla alia mia Figliuola,& dille,ch'ioglide dono. Jgêper
I altro ciòy fece il He, nonflimando quello, che ne poteffe auenire, che perche la fi-
gliuola conofccfje, quanto degnamente egli il pregiajje, & lodato glide hauejje.
:f Oronte, preHo al comandamento del Re, ando alle flange dOrbeccbe , & le die
con acconcie parole, & ton fomma leggiadria il dono del Tadre. La Giouane fcl
'■'I: piglio gratiofamente,& gli diffe, che ilprefente molto bello era , & a lei molto
grato, venendo egli da Refuo Tadre,ma che I'hauergliele mandato per tale, qua
'le egli era,gliele faceua anco effere piü caro,perciò che molti giorni erano,cb'elU
di vederlo,& di vdirlo baueua defio. Et coft di vna cofa in vnaltra entrando,co­
i, me auenir veggiamo ne domeHici ragionamenti lunga dimora fecero inficmcigr
flnalmente pigliata licenga il Giouane,egli al fuo Signore ft ritornò.Ma,bencbe e-
gli ft dipartiffe,rimafe nondimena I'imaginefua coft fijfa nel cuore di 0 rbeccbe,cke
non altrimente prefente I'bauea, quantunque lontano, che fe auantigli occhigior-
no,& nottele fojfe flato :et riuolgendofi per íanimo le qualità del Giouane,le par
/ ue chefuo Tadre, per molto,che di lui detto le haueffe, fojfe Ha tofcarfo in lodar-
» glide, tanto dipiu le parue di hauerne ritrouato al primo ragionamento, cb'ella
hebbe co lui. Ter la qual cofa,oue prima Lera notofo il nome di Oronte, per l inui-
the i cortigiani appreffo lei deflata le haueano. Hora folo que ragionamenti
reran cari,ne quali Orote raccordato le foffe.Or metre ella era m queflo penfiero,
,k > il Tadre a lei ft vcnne,per via fcgseta,com'erafuo coflume. Orbecche con riueren
%a l'accolje,& hringratiò del dono,cb'egli mandato le baueua:& poi, cbebbero
*S alquanto ragionato infteme,diffe il Tadre, ad Qrbeccbe,che tiparue Figliuola mia
d’Oronte i
*
D e G li H e c a t o m m i t h i
d'Oronte ? Parti ch'egli meriti d’effer promino da me i Parmi,( ,tj ..... , o..... ?.
qualunque honore,ma panni anco fdiroUoui riiiercntemcnte)cbe per lui non deb- w
hiate fiegnar gli altri. i t queflo fu da lei detto, perche il Padre non ftauedcffe, *
cb'clla hauejfe mcjjo il penjicro in lui, eir non le togiiefle Ici via di compire i fuoi
defiderij, s'egli florfle di qualche cofi aueduto fi fojje. Il Re, doppo alcuni altri ra
gionamenti, aliefue ft ange fi ritorno : & in altre occaflom,non rimafe di manda
re alcuna volta alia Figliuola Oronte : Et parea, ch'cgli, come tUtte le altre cofc
dei Regno gli haueua date, cofi anco gli fida/fe. Ia Figliuola. findando adunque
piu fpejfo alia Giouane Oronte, che prima non andaua, poflole vija, vm ainòM^
fa ta gli occbi addoflo , in tanto di lei fi acccfe , ebe tutto fe ne fendtttx Jt ruggere.
Perche come egli era paruto ad Orbeccbe il primo cauallicre del mondo, cofi Or-
beccbe era pamta a lui la piu mirabil cofa,cbe potejje vederc occhio mortale : Et
diuenuto il mifero vago del fuo male, non bramaua egli altro,cbe di potere conti-
nuamente mirare la fua marauigliofa bellegga.Et fpejfo biafimaua la fua fortuna
che tale non 1'bauejfc fatto,cbe poteffe fperare di effere di fi rara donna pofjedito-
re. Ma per tutto ciò, nonfece egli maifegno , onde nè la Donna , nè altri potejfe
venire in cognitione del fuo defio. ^Auenne, che ejfendo egli vngiorno colla Gioua
ne in earnera ,& guatandola intentamente,nothin leialcune dimoflrationi d'inna
morato cuore. Onde ancb'egli cercoacconciamentefade vedere,cbesella era cal­
da di lui, egli per lei ardeua. Continuo queflo amore dall'vna parte, & dall’ultra
molt ofegretamente, in quale tanto piu l’vno,& 1'altro coceua, quanto le occulte i
' famine fono piu ardenti dellepxlcft. Procedendo adunque in quefla guifa le cofe
tra duc amanti, la Giouane , che per la dcboleiqga della natura , men forte era,
fentendofi a talgiunta, che fera di meflier o o palefare le fue fiamme ad Oronte,
omorirfi . Ejfendo ella vngiorno con lui, tutta di nobile vergogna vermiglia di-
nenut.ucon voce baffa cofi cominciò a dirgli. Oronte, fe la Fortuna ti è flata aua-
ra de doni fuoi, la virtu per emendare fonta , cbe cofiei fattati ha,di tanti,& fi
eccellenti ornamenti ti cflata cortefe, cbe oue quella tifcpoucro, & di ba/fo flan­
to , qucfla co fui doni ti ha fatto diuenire il primo caualiero di quefla corte. La
quale, tra f altre, choggi fono nel mondo, non è forfe la men degna. Queflo ba
fatto, cbe come a gli occbi dei Re mio Padre, quantunque Jlraniero, & di nemi-
ca natione, fei paruto degno di effere propoflo,& meritamente,a quanti Baroni,
& Signori fono nellafua corte,cofi anco da me tu fij,Jòpra qualunque altro buo-
mo, amato, come colui,cbe folo mi pari degno(nè credo fenga volontà de gli Iddij
immortali) deucre efferepojfejfore della vita mia : la onde, poflo, cbe mi fia pa­ y
ruto mal conueneuole,cbe io Giouane,& polgella,di tanto alto lignaggio,di quan »
to iofono, ti habbia douuto porger preghi, pure, vinta dalfinfinito amore,che io
ti porto, & non ti potendo far fapere altrimente la mente mia , bo tenuto m§gfxo
tentar via,meno di me degna, in farti conofcere il mio defiderio , per patere effe­
re legitimamcntc tua, che tacendo, miferamcvte flruggermi, di tepriua. Sappi
adunque, cbe da quelgiorno che mio Padre a me ti mando,con quefla Perla (pe­
ro, cbe la Perla le pendem dal collo) infino a queflo, ti ho cofi ardentemente ama­
to} ibs
D £ c a S e c o n d a. 27
touche non fo, come le mie forge fitam basiate a reftflere infino ad bora , a ft grau
fuoco. Et fe I'aprirti hora il mio amore, tanto potra in te, quanto banno potuto in
me le tuc ftngulari virtu , io non dubito p unto,cbe tu no ti pieghi a confemire, chc
ambidue fegati di vincolo di Matrimonio,ci viuiatno tutta la noilra vita congiun
ti infteme. Vcggo infino adhora,cbe ciò non t per ejfere caro al Tadre mio , corne
a colui) cbe non a qucllo, cbe dcurebbe fare riguarderà : ma,tratto dalla aunrhla
& dalla vana opinione del popolaccio, fi vorrd piegare la cue la cupidigia , &
I'ambitione, come ciecofil guideranno. Ma con tutto ciò, par endo m i, cbe non f a
' fona, chephjcdcbba cfjcrc foiledta intorno do di me medefima, voglio pin to­
f o , cbe mio "Padre ft doiga di me, cbe virtuofo caualicro pigliato mi babbia , the
io mi baueffi a doler di lu i, cbe a tal mi dcffc, cbe grato non mi hauefje ad effe­
te , come fo,fenga alcun dubbio, cbe farebbe. Et fpero, cbe a htngo andarc,veg -
gendo egli cbe nonfor.o f a ta fenga giudicio in cieggcrml marito, & cbe fnalrnen
tenon f potra fare , cbe il fatto non f a f a t t o ,f content era di haver te , per gene­
ro , & me per figliuola : Et quando la forte intanto mi fof'e aucrfa,il chc non ifli
mo, cbe I' vno dc due hauefje ad auenire, ciò è, o perdere la gratia del Padre , e il
Regno infieme, operde te : io pin toflo voglio teco viucrm:,cbe degno fei di qua-
lunque imperio fenga Regno, cbe con altrogran Re ,forfepin degno di efiere f -
gnoreggiato, ebe di fgnoreggiare : Et defidcro , cbeanco in tepofja tanto qtteilo
mio penfero, quanto mi promette il tuo valore, cbe debba potere. Et cof detto,
attefe quello,cbe rifpondeffe Orontc. .Andarono incontanente cbe Orbeccbe comin
ciò a pariare , mille penfteri per I'animo ad Oronte, & da vn canto la fede , che
eglidcueua feruare al fuo Signore & I'amore del Signore verfo lui, lo ritrabcua-
no da ciò. Daltahro I’amore della Giouane con ft caldi (proni git era alfianco,cbe
gli faceuaporre iuohlio qualunque ultra cofa, & meno iftimare ciò, ch'era di
11
pregio, cbe le i; & in cièfermatòft, & raccolti infe gli fpiriti,coft rifpofe; Rcin.t
poi ebe per vosira infimut hontà pin , che per mio merito alcuno , quautunque a
voi paia altrimcnte, mi bauete a tanto algato , ebe mi hauete eletto per voiiro
Marito , io nonpoffo, non fare quanto vi piace : vero è »cbe mi farebbe di gran
tontcntegggt, cbe ci intermmff ?il confcntimento del R e , voftro Tadre , & mio
Signore : Ma poi, cbe do non veggo io pofibile, nè voi altreft vel vedctc,per me
non re f era m n ,feguane ciò , cbe puo , cbe il vofro deftderio non ft adempia.
Bencbe fpero nclla bon'd degli Iddij immortali, cbe come ha bauuto felice prin­
cipio il nofr o amore,per me go del Tadre vofro, cof anco haurd felice fine. Con­
> tenta la Giouane chremodo di quefleparole, pensò di non voler lafeiare andare
piu a lungo la cola : Et cbiamata a fc Tamailc fua Balia, & vna non meno arno-
reuole , cbe fi data Camcriera , inuocata la delta di quegli Iddij, cbe i Terfi pen-
JtS&o , cbe a Matri monij fovrafiano , dato ad Oronte vn preciofffmo anello , in
t£ • prefenga della due Donne fi fefpofare, Et mandatele pofeia fuori della camera,
dnppo mille amor o f bad ,fe n andarono al letto , & iui colfero il frutto del lo-
«a * ro ardente amore : /•4a non pafsò molto , che la Fortuna inuidiofa delta hrui be­
ne , tanto di amaro mcfcolò tra la dahegga de loro diletti , cbe in rifpet-
Tar. Trima 'Ef
D e G li He c a t o m m i t h i
to al dolor e, che ne feguiflallcgrcgxa, & la contcntegga fu nulla, Terche Selino
vnico figliuolo dei l{e de Tarti, fc dimandare a Sulmone la Figliuola per Moglie,
Et egli delibero ad ognimodo di darglielc , Ondc chiamata a fc Orbeccbe doppo
molte caregge fa cie, con licio vifo Ic diffe. Egli c bormai tempo, Figliuola mia,
da mefopra ogni ultra cofa amata, che io mi prenda di te quclla confolatione, che y
io ho lungamente defiderata , Terò baucndomiti fatta demandare Selino folo Fi-,
gliuolo dei Re de i T arti, belio & gcntil Giouane , & di grandijjimo Flato , ho
deliberato di darloti per Marito : E t, tenendo per certo , che tu non fi] per effe­
re contraria al voler mio : ma , che tu debba effere contenta di q^ellOj che a
per tuo ben, mi piace, io gli ti bò pro??iejJa , ficuro, che con lui tu tiKcbba Vmere
ccntentifjima . Tame, che a quefle parole foffe traffitto il cuore alia Giouane da
acutijfimo coltello . Ma , celando il meglio , che potè, la fua angofeia , diffe al
Tadre, che Vamore , cb'ella gli bauea portato, & 1'hauca fempre fatta effere di
vn volere con effo lu i, allhora tanto di ardirc Ic porgea, che non la lafciaua ac-
confentirc a quefla fua volontà, non perche clla volejfc effere contraria a cofa,che
gli piaceffe, o vero che non voleffe , ch'egli haucjfe fopra Ici quclla podcftd, &
queIlo Impero,chane re le deuca, per cflerle quello amorcuole Tadre,che l'era fla
to : ma perche tantoflo, cb'ella da lui fi partifje,fcnga alcun dubbio fe ne morreb-
be:& furono accompagnate leJuc vltime parole, da tante,& fl calde lagrimefle
quali non dalla pietà dei Tadre, benche con qucl colore ella le mandaffe fuori,ma
dal confiderare la fua fciagura nafceanojcbe non potè piuoltre pariare.Sulmone,
cheflimo,che ciò procedcjfe dall''amore, cb'ella gli portajfe, molto tra fe Iodo il
fuo buon volere : & baciatala in fronte affettuofamente , il meglio, che potè la
confolò . Et le diffe, cb'ella non era nata per ftarfl fempre con lui. Et che Ic dana
tempo di penfare fopra ciò, quattro ofei giorni, perche conflderando bene quello,
che le conueniua, era ficuro, cb'ella gli darebbe miglior rifolutione . Et con que-
fle parole allefue flange la rimando. Mile quali nonfu ft tofto giunta,cb'ella fe­
ce a fe chiam xre la fua cara Balia,& con mille lagrime,#* mille flnghioggi 1’cfpo
fe quanto il fuo Tadre detto le haueua , & pregolla a darie fedele conflglio . La
B.di x, con qucl modo migliore , cb'ella feppe la confolò : & mentre quefla plan-
gena , & la Balia la confortam : foprauennc Oronte, & intefa la cagione di ciò, l
anebora ch'eflremo dolore nefeniijfe, finfe allegro vifo , & datole vn bacio , <#•
recatalafl in braccio, Mfciugate, diffe, gli occbi da quefle lagrime , come non de-
gne di quel Real core , che quando mia diuenifle , mi dimoflrafte : ripigliate la
grandcgga dell'animo voflro , & non dubitate , che piu ci manchi il conflglio in r/
queflo, che nelle altre cofe ci fla mancato. I{efleremo, anima mia,come anco altre i*
volte fiamo reflati, vincitori della nemica fortuna ; Et cofl,confolata la Giouane,
Oronte a Sulmone fe nando, tocco da pungenti flimoli di acerbiffimo dolore. S.’f a
mone,fubito, che vide Oronte, gli narro ciò ch'alla Figliuola egli bauea detto, % ;
quello, cb'ella rifpoflogli bauea : # conofleaJo, cb'Oronte era bello , & accorto
fauellatore, voile cb'egli aniaffe alia Figliuola , <#' cereaffe di leuarlc quclla fan V
ciuleflca opinione dei capo. MoflrandoleHchc le figliuole non erano nate perflarfi «C
co Tadri

\ ■i

m a:
D e C A S E C O N D A. 5>3
i co Tadri loro,ma per pigliarfl Marito,M. que/io fare fi moflrò Oronte molto pron
, ** to . Etritornato ad Orbrcche ledijjc quanto ilTadregli hauea detto. Etflcom
pofono la riffoHa tra loro . Et ritornando Oronte al Re, gli diff'e, cb'egli con Or-
. ». beccbe baucn.1 fatto quanto eghhaueua impoflo . Et the fi era ella molto mara-
¥ * uigliata, cbe il Tadre fi baueffe penfato cbe appo lei pin dat offer0 potcre leparo -
( le altmiyche le fue. Tare cbe doppo lungo ragionamento,detto gli hauea,cbe dir
gli deueffc, cbefe la pietà,con cbe ella arnana il Tadre non gli fi opponefft?, ella
** ' cerçberebbe di conformarfi col voler fuo . Ma cbe certo egli penfaua, cl? ella final
^ ^ r n e n te farchbe-jHÒ cbe glifoffe agrado. In qnefto rnego auenne, cbe per certi tu-
miilti, cl?erano nati in alcunc città del flegno ,fu di meflicro a Sulmone allonta-
narfi da Sufa, Città Reale, one cghtcnca la fede, per lo fpatio di otto, 0 died gior
n i . Et nel partirft lafcio nolle mani di Oronte il goiterno dcllo flato , & di tutta
la corte. Ter la qual cofa bebbono fpatio Oronte,& Orbccche di pigliare accon-
ciamente partito alle loro feiagure, & ft rifolfono ambidue di andarfene in Mr me
nia . Meffe adunque in affitto, con tutta quella rnaggior deft re %ja ,cbc poterono
le cofe bifognofe al lor viaggio, & tolte alle gioie del Re quelle3 cbe pin lor piar-
quero3 & cbe di rnaggior valore erano , finfono di volcre andare 3 per via di dl-
porto3 ad vn luogo molto vago3 <£r diletteuole 3 lontano dalla Città quindici mi-
glia, oue la Giouane era vfata di diportarfi fouente colla fua Balia, & con pocbe
fue Donne, & con quella compagnia di cortegiani, cbe il Tadre le daua . Giunti
quiui, pigliarono vna notte fei caualli de migliori, & depiu acconci a quanto in-
tendeano difare. Et montatiui fopra Oronte, & la Moglie con due de fuo fidatif-
fimi feruitori, cbe pure d'Mrmenia erano,& a quali era data la curadi quefti ca
^ ualliy & con la Baliay & colla Dongella, le quali erano Hate prefenti al Matri-
monioy verfo .Armenia,per luogbi folingbi prefono velociffimamente il camino ;
& arriuati al Mare, hauendo ini già fatta appreflare vna leggiera Saettia , da­
te le veli a venti fin alto Mare entrar onosnè prima ccff'arono dal viaggio, cbe fu-
rono in Mrmenia:& pafsò tutta la notte dalla partita loro,& pin cbe me70 I'al-
trogiorno, prima cbe alcuno fi auedcf}'e} cbe non vi erano. Tercbe effendo le flan-
! ^ %e deiCvna,& dell'altro chiufe, non era alcuno,cbe ardiffe difar motto. Ma po-
feia andati alle Hange, & non trouandouiperfona, & andati alia flalla 3 vedu-
to, cbe non vi erano i caualli,nè vi erano iferuitori, cbe di lor cura baueano, du-
bitaronOycbeper qualunquefecreto auifo,bauuto dal l{e foffe loro flato di meflie-
rOyfengafir motto a perfona ,ridurft la notte nella Città. Onde, poflifi fubito in
jy via coloro,cbe vi erano rimafl,arriuarono nella Città a fera. St trouato, cbe non
(# vi erano ft auidcro dcllo inganno d'Orontc.Et tutti diffono, cbe molto bene ne era
y auenuto al Re. Toi cbe piu toflo di vno flranicro, & di nimico paefe:fl hauea vo-
t ^,<&iiótofidare,cbe defitoi. Et toflo fpedirono ahum caualli,cbe a gran caminofeguif-
fero i fuggitiui,et commeffo loro ,cbc prigioni gli mcnaffino alia Città, fe forfe gli
* 4?^» M vitrouafferoydiedero del tutto fubito awfo al Re. Gli fu la nouella tato accrba,che
> fupreffo a cadere morto,& bora rimprouerando la rottafede ad Oronte,bora la
loggere77gi,& iljimolato amore alia Tugl\uola3doppo vn longo efferft ramarica-
k X 2
D e G l i He CATOMMI THI
to al dolore, ehe ne fegui,l'allegregxa, & la contenteiggafu nulla. Ter che Selim
vnico figliuolo del Re de Tarti,fe dimandarea Sulmone la Figliuola per Moglie.
Et egll delibero ad ogni modo di darglicle , Onde chiamata a fe Orbecche doppo t • y
molte caregpgefatele, con lieto vijo le diffe. Egll èbormai tempo, Figliuola mia,
da mefopra ogni altra cofa amata, ebe io mi prenda di tc quella confolatione, che £ »
io bo lungamente deftderata , Terò bauendomiti fatta dimandare Selino folo FU. *
gliuolo del Re de i T a rti, belio & gentil Giouane, & di grandijjimo Elato , bo
deliberato di darloti per Marito : F t, tenendo per certo , che tu non fij per effe­
re contraria al voler mio : ma , che tu debba effere contenta di quello. che a fcítj
per tuo ben, mi piace, io gli ti bò pro?neffa , ficuro, che con lui tu tffcbbaViuere
ccntenúffma . Tarue, che a queíle parole foffe traffitto il cuore alia Giouane da M
acutiffimo colteüo. Ma , celando il meglio , cbe potè, la fua angofeia , diffe al
Tadre, cbe l amore, ch'ella gli bauea portato, & I'bauca fempre fatta effere di
vn volere con ejjb lu i, allhora tanto di ardire le porgea, cbe non la lafdaua ac-
confentire a quefla fua volontà, non perche cila voleffc effere contraria a cofa,cbe
gli piaceffe, o vero cbe non voleffe , ch'egli haueffe fopra lei quella podcElà ,&
quello Impcro,chauere le deuea, per cfferle qucllo amoreuole Tadre,cbe Vera fta
to : ma perche tantoflo, ch'ella da luifi partijje,fcn%a alcun dubbio fe ne morreb-
be:& furono accompagnate lejue vitime parole, da tante,& ft calde lagrimc(le :v
quali non dalla pietà del Tadre, benebe con quel colore ella le mandaffe fuori,mci
dal confiderare la fua feiagura nafeeanojebe non potè piu oltre pariare.Sulmone, ■
chcftimòycbe cio procedcffe dalVamore, ch'ella gli portaffe, molto tra fe lodò il
fuo buon volere : & baciatala in fronte affettuofamente, il meglio, cbe potè U
confolò. Ft le diffe, ch'ella non era nata per Elarfi fempre con lui. Et cbe le data
tempo di penfare fopra ciò, quattro ofei giorrú, perche confiderando bene quello,
che le conuenma, era ficuro, ch'ella gli darebbe miglior rifoíutione. Ft con que-
íle parole aliefue flange la rimando. Mile quali nonfu ft toftogiunta,ch'ella fe­
ce a fe cbiamare la fua cara Balia,& con mille lagrime,& mille ftngbioggi Vejfro
fe quanto il fuo Tadre detto le baueua , & pregolla a darle fedele configlio. La
Balia, con quel modo migliore , ch'ella feppe la confolò : & mentre queha pian- ,
geua , & la Balia la confortaua : foprauenne Oronte, & intefa la cagione di ciò,
anebora cb'eHremo dolore nefeniiffe, finfe allegro vifo , & datole vn bacio , &
recatalafl in braccio, Mfciugate, diffe, gli occhi da queíle lagrime , come non de-
gne di quel Real core, cbe quando mia diuenifle, mi dimoElraHe : ripigliate la
grandegga dell'animo vofl.ro , & non dubitate , cbe piu ci manebi il configlio in
queflo, cbe nelle altre cofe ci fla mancato. Refleremo,anima mia,come anco altre
volte ftamo reflati, vincitori della nemica fortuna : Ft cofl,confolata la Giouane ,
Oronte a Sulmone fe riandh, tocco da pungenti flimoli di acerbifflmo dolore.
mone, fubito, cbe vide Oronte,gli narròciò cb'alla Figliuola egli bauea detto,ó**
quello, ch'ella riff oflogli bauea : conofcendo, cb'Oronte era bello , & accorto
fauellatore, voile cb'egli aniaffe alia Figliuola , & cercafe di leuarle quella fan V
ciulefca opinione del capo. Moflrandole^cbc le figliuole non erano nate pcrflarfi
co Ta dri
D e c a S e c o n d a. 98
co Tadri loro,ma per pigliarfi Marito, A quefio fare ft moflro Oronte molio pr on
to . Et ritornato acl Orbecche lediffc quanto il Tadregli hauea detto. Et ft com
pofono la rifpoFta traloro . Et ritornando Oronte al Re,gli diffe, cb'egli con Or­
becche haueuafatto quanto cglihauenaimpoflo . Et the ft era ella molto mara-
uigliata, che il Tadre fi haueffe penfito cbe appo leipiu deueffero potere leparo­
le altrui,che le fu e. Ture cbe doppo lungo ragionamentO;dettogli bauea,cbe dir
gli deuejfe, cbefe la pietà,con cbe ella arnaua il Tadre non gli ft opponeffe , ella
* « c£XSberebbe di conformarft col voler fuo . Ma cbe certo egli pcnfiua, do ella final
^ ^ m e n t e farebbejiò cbe gli foffe agrado. In quefio mego auenne, cbe per certi tu-
m u lti, ch'erano nati in alcunc cittâ del Regno ,fu di mcfiiero a Sulmone allonta-
narfi da Suja, Cittd Reale, one egli tenea lafiede, per lo fixatio di otto, o diecigior
til. Et nel partir fi lafciò nolle mani di Oronte il gouerno dcllo fiato , & di tutta
la corte. Ter la qual cofa bebbono ffiatio Oronte,& Orbcccbe di pigliare accon-
ciamentepartito alle loro ficiagure, & fi rifolfono ambidue di andarfene in Arm e
nia. Meffe adunque in ajfetto, con tutta quella maggior dc(lregga,che poter ono
le cofe bifognofe al lor viaggio, d r tolte allegioie del l\e quelle, cbe piü lorpiar -
.i quero, & che di maggior valore erano, finfono di volere andare, per via di di-
porto, ad vn luogo molto vago, & diletteuole, lontano dalla Cittâ quindici mi-
1 glia, oue la Giouane era vfata di diportarfi fouente colla fua Balia, & conpocbe
fue Donne, & con quella compagnia di cortegiani, cbe il Tadre le daua. Giunti
quiui, pigliarono vna nottefei caualli de migliori, & depiu acconci a quanto in-
tendeano di fare . Et montatiui fopra Oronte, & la Moglie con due de fuo fidatif-
fimi feruitori, cbe pure d'Armenia erano,& a quali era data la curadi quefii ca
ttalli, & con la Balia, & colla Dongella, le quali erano Ftate prefenti al Matri­
monio, verfo .Armenia,per luogbi folingbi prefono velocijfimamente il camino ;
& arriuati al Mare, hauendo itiigià fatta appreflare vna leggiera Saettia, da­
te le veli a venti,in alto Mare entrarono,nè prima ceffarono dal viaggio, che fu-
rono in .Armenia: & pafsò tutta la notte dalla partita loro,& piu cbe me go Cal-
trogiorno, prima che alcuno fi auedeffe, che non vi erano. Tercbe effendo le flan­
ge delívna,& dell’altro cbiufe, non era alcuno,che ardijfe difar motto. Ma po-
feia andati alle Flange, & non trouandoui perfona, & andati alia ft alia, vedu-
to, che non vi erano i caualli,nè vi erano iferuitori, che di lor cura haueano, du-
bitarono,che per qualunquefecreto auifo,hauuto dal l\e foffe loro fiato di meftie-
ro,fenga f ir motto a perfona, ridurft la notte nclla Cittâ. Onde, pofiifi fubito in
r/ via coloro,che vi erano rimafi,arriuarono nella Cittâ afera. €t trouato, che non
» v i erano fi amdero dello inganno dOronte.Et tntti diffono, che molto bene ne era
auenuto al Re. Toi che piu tofio di vno ftraniero, & di nimico paefe:fi hauea vo-
r oftdare,che de fuoi.Et tofio fpedirono alcuni caualli,che a gran camino feguif-
h fcroifuggitiui,et commeffo loro,cbeprigionigli mcnaffino alia Cittâ ,fè forfegli
- , ritrouafferoydiedero del tutto fubito auifo al Re. Gli fu la nouella tato accrba,cbe
* f u PreJJ° a cadere morto, & hora rimpronerando la rotta fede ad Oronte, hora la
' legzercg$a,&ilftmolato amore alia fiiglmola,doppo vn longo efferft ramarica-
.V 2
D e G li H e c a t o m m i t h i
tOyinfcflcffo raccogliendoft, tutto alia vendetta fi difpofe,gr ritornofft a Stifa,p\e
no di tnal talento.Et, poi chc conobbe,cbe i cautdli,che gli erano iti dietro,non gli
haueano potuti giungere, intefo oue erano andati, delibero di mandare ambafci.i-
tori al J{c d\Armcnia,anchcra che [offero tra loro crudeli inimicitie,per battergli
nclle mani. Et gli fc dire, chc egli lo pregana, che non voleffe fauorire cotanto ol
traggio . Che quantunque i Re [offero nimici, non era pero conuencuolc, che nel- n
1
le cofc appertenenti al(honore,gral pregiudicio dclla Corona, & dei [angue Rea it
le , gr fpetialmcntc one loro non ne aueniffe alcuno v tile , fauoriffero i traditori,. I
Tcrchc , oue cio fi faceffc, nonfarcbbonopiii slimati i Re, che quvjunyue pin v i í 0*^*»"
per/ona. Et ciò farcbbc dare ampia materia alii infidi at ori, fotto fpctic di fede, di /
cjfcnderc hor (vno, hor (altro a voglia loro . Ondcfarcbbono i Rc , nclle rocchc i
loro, meno ficuri tra feruitori, chc tra malandrini i viandanti ne bofchi. Et chc t
percio perfuadendofi egli,chc in lui piu deueffe potcre ilgiuflo, che qualunque al- i
tro riffclto , gli addimandana Oronte, gr la Eigliuola , accio che della folia , gr f i
malit agita di qucfla, gr del tradimento di qiicllo , ne pigjiaffe quclla vendetta, • i
che meritaua il lor delitlo. St gli fece al fin dire, che non gli vfciff'e di mente *che i i
per vna rea femina, gr per vn traditore, nando tutta (.Afia fotcofopra, gr ne fu
dcftrutta Troia . Scttin , chc cofi era, il nome del Re ((.Armenia , chc farno buo-
mo era, et hauea tra fc gran piacere, chc da vno defuoi fòffe flato fatto [m il giuo
co a vn fuo capital ncmico,agli ambafeiatori cofi rifpofc :fe quando mi venne al­
ie orecchic la cofi, chc voi hora iffofta mi hauctefthaucjji io/limata tale , qua­
le la Jlima il voftro Re , non pure non canrei a[i curato fulla mia fede Oronte, co­
me afficurato l'ho : ma , o che lo baurci dei l\cgno fcacciato , o che , baucndo ri-
guardojcome egli mi ricorda , al fuo honore, gr al debito mio, glicl haurei man- £jjp
dato infino a Sufa, a riceucrnc diceuole pena. Ma perche giudicai la cofa di altra
qualità, chc non la tienc il Re voHro, fono aflrctto a mantcnergli lafcde , ebe al-
Ihora, per falucTga dclla fua vita, gr dclla Mogli e gli dicdi, gr percio nonpoffo
concedcrui quello, chc a nome del voftro Re mi addimandate . Et che io diritta-
mente habbia giudicato,la cofa lo moftrapcrfe medcfima.lmperoche cbifie que- |
gli,che dal diritto conofcimcnto nonft parta, chcfimil cofi da vn giouane, per fo- .'I
nerchio amore commcffa, confalucgga dcKbonorc altrui, tradimento adimande?
gr giudichi, chc ne meriti ftratio gr crudel morte f certo, chc io mi creda,nimo.
'Tradimento farcbbc egli flato,fe violata gli haueffc Oronte la figliuola,gr lafcict
ta glide haueffc granida in corte ,fcn%a haucrla prefaper moglic , gr ciò farcb-
be flato degno d'ogni fupplicio. Ala hauendola egli per moglic prefa , io veggo in *
ciòfolopeccato d'amore, il quale mi par piü tosio degno di perdono, che di pena.
St fe forfe il voftro Re diccffc,chc il modo,con che egli (ha preft ,fa ogni corne.-
ncuolegga f onuencuolc ; dico chc qucfla cfrale , gr debolc ragionc, nonfa .
chc le forge d .Amore fono piu potenti di tutte le humane ? gr che in poffedere le

xrimente)
VD B 'C A S e c O N T> y 99
trimete) chuômo di baffo flato habbia pigliatavnafui Figliuolu,ptr moglie;per-
che gli antichi, & i moderni teaxpi pqffavo fare ampul, fede, the vie pin contente
fono viffe molte Gtouam d'ERealfangue ? to mariti da meno di loro , ch'altre non
hanno viffo co figliuoli dc pin poffenti Re.Oltre che gli animi magnifich\,et le vir
tii veramentc realty fono quelle cofe,che deono far parer I'huomo degno d*Impero,
non le riccbeggc o gli flati. Et fe pure Sulmone fi penfa, che le potenge, & i Rea
mi facciano altrui I{e : ditegli, a nome mio, cb'egli non ft dolga di qucUo,al qua­
le egli puote, a fua voglia, ageuolmenteprouedere. Verb che hanendo egli quefla
"SU- ffigliuola fengaftiu lafciandola herede del fuo Regno , corne è ilgiuflo , haura po-
feia egli il genero tanto poffente, quanto è infuo arbitrio di poterio fare , EtfeO-
ronte fta degno di Regno, o fia fauio,o nò, non voglio altro teflimonio , che il fuo,
che tale, mçntre egli con lui è viffo, I’hagiudicato, che, nelgouerno dello flato ,
lha fempre a tutti gli altri propoilo. Et tengo, meglio,che egli fi pigli genero,che
I
if

il Regno conofca da lui, che fe ft haue/fe pigliato vno (come forfegli farebbepotu
to auenire,fe daua la Figliuola per nuora al Re de i Tarti) che il fuo toltogli ha-
ueffe. Et io ho in ciò tenuto da molto la fua Figliuola,la quale egli tanto biafima
che piü tofio habbia voluto huomo per marito , che per lei diuenga Re, che vno ,
ebaueffe fatta lei di Reina diuenir ferua, Se bene Moglie ella gli foffe flata . Deh
piacciaagli Iddij immortali,che a mia Figliuola peggiore ventura non auenga ,
che io quando ciò mi aueniffe, non pure non mi dorrei,ma non meno la loderei,cbe
la fua hora Iodi. Bene vi dico,che quando io mi ritroua/Ji in cafa vnhuom fitmilt
ad Oronte, di qualunquenatione,o flato egli f i foffe,io non afpetterei, che nafeofa-
mente mia figliuola lo fi prendeffe : ma, di buon cmrepalefamente gliele darei ,
tenendomi hauere r.iccuuto dal Ciclo vna fingolargratia , quando marito tale le
haueffe deflinato. Ma come mi pare, che Sulmone fi habbia a lodare di cofi fatta
ventura, cofi mi ho io a dolere, che fimili ad Oronte non ft ritrouano nelle corti.
Si che, per conchiudere il mio ragionamento ,direte al voftro Re, che lafeia da par
te I'ira , qucfle cofe confideri, Ter che, fe fieno da lui con quell'animo riguardate,
con cui riguardar ft deono, non fi dorra egli di me, che il fuo Genero,& la fua Fi­
gliuola habbia riccuuti, cofi amoreuolmente come riceuutigli ho, ma mi loderà e-
4
gli piu,chcnon fara fefteffo , che per fi lieuc cagionc, voglia diuenire micidialc
del Genero *(jr della Figliuola , che potrebbono , colle virtu loro, fare ogni gran
fallo di ogni picciola pena minore. €t quando pure egli voglia, che la ragionenon
habbia in lui punto di luogo, & per queflo fi difponga a volgerc il fuo Regno fot -
/ tofopra, tratto dall'impeto, & dalíira , io ne lafcierò a lui la cura , come qutgli,
} cbe non temo, che mi fcacci di cafa, che le forge mie (la Dio mercê) fon ta li, che
, poffono ageuolmente fofiencrc il fuo impeto , & quello di ciafcuno altro Re come
*7*83l i , infimo ad bora ha conofciuto, per luma proua . Ft quando pur foffe nelle
M r difpofitioni fatali, che io deuejfi effere, per cofi lodeuole opera , fcacciato di cafa,
to tengo affai men male far perd ta del Regno, che mancar della fede : Et qui fat-
' ' tofine, die licenga a gli ambafeiatori. Ejjiarriuati al lor R e , gli cfpofero ciò,che
* Scttm delta loro bau^a, & che, fra lc*altrc cofe la fe d e , cb'egli haucua afirct-
Tar. Trima ^ 3
s. D e G li He g a t o m m i t h i
ta ad Orontc,gli vietaua il dargliele. Cio accrebbe molto Vira di Sulmone, <& a
quell'vltima parte dijfe, Non fa egli Settin, che la fade diuieneJceleragine, quan
do da ejfa fono fauorite Icaltrift catimta) Ma fid quello,ch'effer fi voglia , non mi
manchcranno modi di vendicarmi diqueft a ingiuria, malgrado di Settin. €t fubi-
to fe dar bando ad Oronte , & alia fi'gliuola, & a tutti i figliuoli, che di loro na-
fcejfero, & promife non pur doni, ma ftati a tutti coloro,che o viui, o morti glie-
le defferonelle mani. Nonfupcrò alcuno,quantunque lafperangq del prémio-fof-
fe grande, che in ciò volefte tentar la fortuna,Si perche Oronte era alp aridi ogni
altro caualiero pro della perfona, & tenea buona cura di fe , &slella MogHefS
perche temeano il Re Settin, che acerbijjime pene haueua impofte a chiunque pu­
re ardifte dipenfir d o . Is/acqucro tra queflo /patio di tempo, che fu di none an­
ni, ad Oronte di Orbcccbe due figliuoli mafehi, i quali non volendo Oronte Lifcia-
re in ira al loro Muo, non manco di tentare ogni pojjibile via , per piegare a pietà
1'animo di Sulmone, ma tutto fu in vano. Era nella corte vnbuomo antico , & di
veneranda maeflà ilquale haueua nome Maleche, al cui conftglio , come di huo-
mo fiuio,& am or euoliffrmp arente (però ch'egli era nato di vnfratello, del Ta
dre di Sulmonejm olto moit rana di credere il fte.Qttefli portaua gran compaftio
ne ad Orbcccbe, & fentiuagran di/piacere dell’odio,chc le portaua il Tadre, &
perciò non mancaua di vfare ognipoftibil modo, per conucrtire quell'odio nel pri­
mo amore. La onde, egli vngiorno tanto pregò il Ige, tante ragion gli adduffe,
ch'egli finfe di lafeiarft vincere. Et non paffarono troppi giorni,ch’egli mando que-
fto iftcjfo Maleche apportatore della pace ad Orbeche, & ad Oronte: & oltre le
lettere di credenga , & difidanga di fua mano ijeritte, & fegnate del piu fegre-
to Sigillo l\eale,'mandb ad Orbeche vn precioffiimo anello, con cui egli gid hauca
fpofita fua mogliera, & ad Oronte, come afucceffore del fuo Regno, mandb vno
feetro Reale difiniffimo Oro, & ornato di preciofiftimepictre. ^tndb colle lette­
re & con gli doni Maleche alia corte di Settin, & fu egli veduto molto volentie-
ri non pure da amenduegli jpofi, ma dal Re ifteffo . Cercb di perfundere Male­
che a gli fpoft, che veniffero ambi due cofigliuoli a Sulmone,come egli inuitatigli
bauea, Ma Settjn che faggio era,& haueua antiueduto it male, che ne potcua a-
ucnirefiifje ad Oronte,a me non place chefotto quefte parole , tu 'di qüi ti parta ,
perche i Re (majjimamente crudeli, come è Sulmone) coft ageuolmente non rimet
tono le ingiurie,& ne potreíli tu dare ampio eftempio ad ognuno. Tarue ad Oron
te, che Sulmone mancare non gli deueffe. Et con Maleche,pigliata licetigq dal Re
. lafáati i figliuoli & la Moglie in Armenia, in Terfia fe nandò. Oue fu riceuuto
da Sulmone con vifo dipinto di ft molata cortefia , celandoui nondimeno fotto vn
cuore di Tigre. St per quel tempo , ch'egli gli ft mojlrò amorcuole, fpefedi ògni
giorno gr an parte con lui in dolci ragionamenti. Mori in queilo tempo vno
haueua ilgouerno di alcunegrofte Cittd di quel Regno, Onde dtjfe Sulmone di vo­
ler dare quella dignitd ad Oronte,alia qual cofi moftrandoft egli difpoUo, gli dijfe%
il Re, che gli farebbe cofi grata, fe prima , che ftpartijfe ,fcriueffealla Moglie- t
ra di fua mano, che infieme cofigliuoli fe ne venijfe con Maleche,che çgli lo man» „
* I derebbe **
D ECA S E C O ti D A- lo®
dcrebbe pereffa , con honoreuole compagnia, perche flfentiaflrtiggere didefide-
rio di vederela fua cara figliuola, & i nepoti, & (quafi che il traditore di cuor
tticcffej mando fuori per gli occhi con quefte vitime parole alcuna lagrima. Scrif-
fela lettera Oronte, & datala à Sulmone, fi mife in punto , per porfi in camino,
la feguente mattina. Ma lo fece a fe cbiavaare il Re la none, fingendo di voler e ra
gionare con lui di alcune cofe importanti,per certi fubitiauifi, che gli erano ve-
m ti. Oronte intefo, che il Re lo chiedeua, a Imratto fe n'ando, ma appena hebbe
Ujpnifero meffoil piede entro lafoglia della camera Reale, che da due, che dal Re
crudele , come due maflim alia pofta erano flati mejji, fu miferamente prefo, di­
cendo, Traditore tufei morto, & vi fopragiunfe fubito Sulmone . T oft o ch'Oron
te il vide, fl volto verfo lui con forte vifo, & gli diffe , cofi tengono fede i Re,
Sulmone nelle tue parti i Ma Jpero, che quella vendetta, che non poffo fare io ,
farà dal fommo Gioueper me fatta tale , che infino nel Regno di Dite ne fentirò
nouella, Eccomi Traditore, dàfine a quanto tu intendi di fare. queflo non al-
tro riffofe Sulmone, che coftferuanoi Re di Terfiafede a gli affaffwi:& con que-
fie parole, gitatogli vndrappo al colló tencdolo flrettogli altri due,coliefee 'ijlef-
fe mani 1’affbgò, & leuogli pofeia la tefta dal bufio , & fegittare il tronco da
que due malandrini oue quelli di molti altri, fimilmente da lui vccifi, erano flati
gittati. Et la mattina, per tempo, per non dare alcunfofpetto di ciò, diffe di ha-
uer mandato la notte Oronte per le pofle fuori in negotio importantiffimo. Subito
doppo queflo, mandò id feelerato Tadre Maleche alia Figliuola, colle lettere dei
Marito, & vi aggiunfe anch'egli lefue, piene di affettuofa, mafimolata,amore-
uolegga. Dando la Figliuola fede a Maleche,che fuo •gio era, alie lettere dei Ma
rito, & a quelle del Tadre,fl mife la mifera in camino : & non molto doppo l‘ho
ribile cafo di Oronte, giunfe infteme co piccoli figliuoli al crudo Tadre, Furono
tutti e’ tre accolti da lui con amoreuoiifjima maniera in apparenda : Ma , doppo
«tlcuni giorni, pigliatofi egli il tempo ,■diffe àüa Figliuola, che non era piú tem­
po, cbe i fanciulli fi flefftno tra le Donne, machegli voleua alle fue flande, ac­
cio cbcjhlleuaniogli tra Baroni, fi aueggafmo alia vita Reale. Si moflrò tutta
contenta di ciò Orbecche, & diegliele volentieri. Sulmone, hauuti i figliuoli,ft
chiufe con loro nella ifleffa camera, nella quale poebi giorni auanti, haueua mor­
to il Tadre loro : & qttaft due innocenti agnelli, con due acuti coltelli gli fucnh
10 feelerato. Toi tolfe tregran bacini d’argento, che a flmile vfficio,fi hauea fat
11 apparecchiare & pofe irtvno la fánguinofa tefla di Orontc,che ferbata haueua
jiegllaltri i dite fanciutli, co coltetti nella gola , & pofii tutti è tre bacini fopra
vnà tauoldjgli coperfediZendado carmiftno, & mondatofi del fangue, del qua­
le era tutto molle, fe chiamare afe la Figliuola, & giunta, ch'ellafu nella fi an?a
y^éale, come che di fegreto volefje con lei fauellare, chiufe 1’zflZio, come altre vol
te haueua antpfatto , acciocbe niuno vi poteffe entrar e ; & Irdiffe , Figliuola,
qT oi cbe tu dvQronteMiuemfii Moglie, cboggi (sio non mingannojha poco meno di
, 1 died annijiOmaioltrtl'anello,che Maleche'tiporto, non tiho fatto dono alcuno,
er quanto a menepaidjfia flato degno dell'animo mio verfo te.Ter tanto,
K 4
v . D l 0 I I H e C ATOM MITHI
quando tlfia a grado, io intendo bora difartene vno,pcr lo quale tu pofjt ageuol-
tnente conofcere, quanto hora mi piaccia quello, eke tanto allbora mi fpiacque.La
mifera Figliuola,cbe non intendeua le parole del maluagio 'Padre, gli rifpofe.Che
ad afpettare maggiori fegni di paterna amorettolegga, di quclli^ch'ellagia haueua
bauuti, mum cofa la inuitaua, & chefempre ella rimanemfodisfattadiluiftna
pure, cb'ella era per accettare tutto quello, cbe gli piaceffe di 'darie. Deite quefie
parole fra loro, Sulmone prefe la Figliuolaper mono, & la conduJJ'cnell dcame- 1
ra, oue erano le vifeere fue; <#“leuato il Zendado difopra la tefia di Oronte f t â j t * .
corpi morti, le moílrò I’borribilefpettacolo, cbe fotto vi ft nafcornleua,& diffeieTv '; ■
Fcco il dono,che ti offero tale, quale tu meritato I'bai, Quale vi credete voi, Don
ne, chefoffealTbora í animo della infelice Orbeccbe ? Quale ambafàa r qual cor-
doglio vi credete,che I'affaliffef*la mifera a cofi borribil visla fi fend mancaretut
tigli (piriti,tutta impallidi,& fu per cadére morta. Ma rib auutaf i,& fatta dali
la differatione ficura, volto gli occbi verfb ifigliuoli, i quali anchor.i ben morti
non erano, & alquanio ft torceano, verfando tutta via dalle piagbe il fungue, & ,
indi guatando, con lagrimeuol vifo, il crudo tefebio del fico caro marito , rimefje
le lagrime nel fondo del core, chiufe nel petto le grida; & volgendofi, conforte
vifo , verfo il duro Padre , gli dijfe, Fiera cofafopramodomi è il vedere i Figli-
p uoli miei in queflo flato, cbe non pure altri,ma voi flejfo potrebbemouere a pietd.
Ft quello, chepiu d'ognaltra cofa aggrauerebbe il mio dolore, farebbe cbe da voi
dal quale non queflo, ma honore , & grandegga fperar deueano , / 'offero a tale
termine ridotti, a quale gli mi mofir a te . Se la maluagitd della mia opera, alia
quale altro guiderdone, che queflo, nonft conueniua, non mi faceffe con patiente
animo tolerar quello, che a voi piacciuto è di fare de miei figliuoli,& del marito
mio, Ma perche, fe alia grauegga del mio peccato riguardo , non merito io cbe
men dura pena di mepigliate, che del Marito,& de i Figliuoli miei prefa vi bab-
biate, come di colei,che di tutto quello, cbe (piacciuto vi è, prima cagionfono fla­
ta : vi prego, cbe col miofangue, in tutto lauiate la macchia, cb’io f e i, al Real \
fangue, & al nome venerabile del Padre, pigliandomi colui, il capo del quale
bora mi fi offerifee qui con tanto horribile ,fen%a voflro volere , per marito. Ft
ciò detto, caub il colteUo della gola al fuo maggior figliuolo, il quale, non efjendo
ancora del tutto morto , mando fuori ívitimo lamento : alia qual dolorofa voce
vie piu açcefe la dolente Donna a quanto volea fare : & facendo fembiante di vo
lergli dare il colteUo nelle mani, accib ch'egli la vccideffe, a Sulmone fi auicinò.
Il quale tardi diuenuto pietofo, veggendola non chiedergli altro , che la mortes,
dubito(fi uonpaura di lui,veggendofi iui fola, la faceffe cofi pariare. Ft con hete
vifo, le diffe, Stati ficura, Figtiuola mia,cbe io non voglio , cbe tu ti moia , angi
voglio , cbe tu viua, perebe a marito degno di te,ti pofjd accoppiare : & fatfip
left vicino le voll/gittare le braccia al collo. Prefe allbora il tempo la F'tgliuo-
la,& fatta dall’ira,& dal dolore animofa, & dalla defperationeficura, conquan^ !
ta forga haueua , gU cacciò il coltellofotto lafiniflrd poppa : & volgendolo bor '
qua, bor Id 3 non prima il traffefuori * ike il criidele mono cadde. Caduto ch'el
' la lo
H
, D eca S e c o n d a. - IOI
la lo vide traffegli il ccltello del petto : & prçfolo in mano , riuoltafi■verfo lui,
Godiy traditore gli diffe, godi delle tuc feeleratexge, & della rottafede. Era ve-
ramente gran fallo, cbe taper le mani di colei non moriffi, la quale coUa morte,
de Figliuoli, & del Marito, ne quali ella viueua , baucui tu vccifa col fangne de
i quali bai fatiata la critdel fete , cbe tu nb.meui, Et io del tuo mi fono altrefi fit-
tiata,ma (on piu.giufia cagione. MX a cbe mi tengo io, cbe con quefto altro col-
tcllo ( &ACofi dicendo, traffe all’altro figliuolo il coltcllo della gola) non ti fueni,
cofi morto come tu feiypoi cbe il mio figliuolo fuenato mi bai ? acciocbe, faccndo
aell'vno, & deU'altro vendetta , quaft di due morti ti vccida : & con quefte pa­
role y cacciòtutto il ferro nellagola a Sulmone . St a morti figliuoli volgendofi,
& alia morta tefla del fuo Maritoy adargando alie querele la voce, & gli occbi
alie lagrime, cofi cominciò a dire. Ben fu , trifla me , mifero, & infelice quel
giorno,nel quale tuy Oronte, mio marito diueriifti,nè mcno mifero quellOyche voi
Figliuoliydi me nafeefte . Ma di tutti infelicijjimo quefto,nel quale in cofi mifera
formavi veggio,; & cofi lagrimando yfi gittòtutta full a morta tefla : & bora
quefta parte , bora quell'altra affettuofamente baciando cofi fegui, .Abi molto
amato capo, maledetto fla colui cofi morto, come egli t, cbe tale mi ti fa vcdcrey
qual'hor ti veggio. "Perche non puoi tu impetrare, dolcijfimo capo, tanto di Jftiri-
tOy chora aUa tua dolente, & infelice moglie, la quale con tanto deftderio ti cbia
ma, pojji rifpondere vna parola f Perche non ti ritrouo io tale,cbefu quefla hoc-
ca io poffa accogliere Tvltimofiato, colle mie labbra ? & dalla tefla riuoltatafi
afigHuoliyhor quefto abbracciando, & baciandoy diffe. Mbi fedeli foflegni della
mia vitãy vifceredel corpo mio, & vera imagine del mio caro Marito,che debbo
io piu ffierarc in quefta vita, pot cbe voi mi fete tolti ? da quali la mia v ita , e2r
tutte le mefperange pendeano f*Mbi femplice me , cbe alle parole dello fpietato
Muolo voflropreftaifede, Perche non mi lafeiai prima fuenare3non mi lafciai a-
prire il petto3 cbe darui nellemani di quel crudele ? Quale fiero Leone, & quale
ffietata Tigre poteua faredi voi maggiore ftratio, di quello3 ch'eglifatto bat Ma
godetey innocenti animeygodetCy cbe anco con morte degna dcUa fua crudeltà gla­
ce coluiyper cut voi indegnamentegiacete; & da quelle mani, cbe defender vi
deueanOy co gli ifteffi coltelli,con cui vi ha morti,come era dcgno3vccifo. St quin-
di, riuoltatafi di nuouo al capo3 mando fuori quefte parole. Solo mi auanxa, cb'io
faccia leffequie a te3 Marito mio, corne a figliuoli miei3col fangue del traditore,
le ho fatte. Ma quefto m ifitoglie , eff'endo egligtà morto, Ma con tutto do non
ym torra la mia maluagia forte3 cbe in quanto per me ft potra, quefto vfficio an-
çonon ftfimfca ; & cofi dicendo, ando al corpo del Padre , & g li leuo la tefla,
pigliandola cofi fanguinofa, come era3la porto a quella dOronte. St diffe piangen
3 Scco , Orontey cha la tua Donna ti ojferifce il capo di colui, cbe il tuo ti tol-
f e . - St quefto deito, ridnffe infteme ambidui i figliuoli, & il capo del marito, St
gittatkft fopraeffiy come morta, figliuoli miei, diffe: & tu, mio caro marito,for -
nito è boggimai verfo voi dgni mio vfficio, altro piü non mi auanxa ,fenon cbe io
me ne venga in compagmacon ejfo voi$ acciocbe fe tolti mi fete ft ati in quefta v i­
ta , nel-
D e G li H e c a t o m Mi t h i
ta, nelTaltta perfemptevi ritrotti. Terò, Figliuoli miei, & tu mlo caro Marito,
te cui anime forje venute alie miegrida, vanno per quefii luoghi,&godom dei-
la vendetta da mefat ta, riceuetc quefla anima hora afeguiruitutta difpofia. St
pigliato con forte mano quel coltello, coi quale haueua leuato il capo al Tadre y
tutto nel petto inf no ali'Slfa lo ft ficcò, & morta fe ne caddefopra iicapo dei Ma-
rito, & fepra i corpi de morti figliuoli. Srano già andate le vocfdelba-Giouane
tielle orecchie di molti nel palagio . Ma temendo del Re (però che ognurio fapea
quantoyegü era crudelcj niuno ardiuafar mouimento alcuno. BeneftaUãno tutpj
ficurijche da Itti fofjc mal trattata lafigliuola : Ma, poi che ceffavono le voci dei
la mljcra Donnay & nonfentirono perfona, fattafi gia fera deliherarono vedere
che ciò ft fojfe flato . Stpojcia, che vna volta ,& due hebbero picchiato alfvfio,
& non rijpondeua alcuno , ilgittarono a terra : & veduto il dolente fpettacolos
che detto habbiamo, rimafono piem d'incredibile horrore. Sty doppo molte lagri
me ff arfe da tutti,& ffetialmente dalla Baliay & dalla Dongclla, che erano ri-
tornate con Orbecche,jferando di viuerfi con lei tutte contentey i corpi defigliuo­
li, & quello della Madreinfieme col capo cfOrontey con commune dolore di tutto
il popoloypofero infemein vn fepolchro. St il corpo di Sulmone fecero fepelire,
one erano flati fcpoltigli altri Re.Rimprouerandogli tutti,ad vna voce, la fua in­
credibile crudeltd. St coft i due folli amanti hebbono del loro amore mifcro fine,
& il crudo Re del la crudeltdy&della rottafede degno caftigo.

L V R C O N E , RE DI TV N ES I , P E R E S S E R E L A M O G L I E
fterile ,aiieua per legitimo, vno Figliuolo generato daluidivna Gencildonna del fuo
Regno. Il Fanciu'lo è dato dalla Mogliead vn fuoFamigliare, che l’vccida . II Fami-
gliareillafcia ful lito del Mare , eg\i c portato in Babilónia :& è donato al Soldano; iui
diuien prode CaualHero,& doppoalcun tempo,fe ne Vain Damafco a feruigi dei Rè
oue fi giace con vna íorella dei Re ; fono prefi ambidue per effete vccifi jígliè conofciu-
tofigiiuolodelRedi T.unefi, &liberato, prende la donna per tnoglie.
N O V E L L A III.
V CON tanta efficacia da Lucio raccontdta lafeiagura d'Orbec
che, & con tanta pietd da ognuno vdita , che verfarono tutti da
gli occhi vn fonte di lagrime . Et tutte le Donne fpetialmente ,
come piu, tenere, & pià pietofe tanto di compafjlone hebbero alia
mifera , & tanto di dolore fentirono delia cmdeltà vfata verfo
Oronte, & verfo que duo innocenti bambini, cheparue lord , che Sulmone altro
fine non ?ncntaffe,cbc quedo, che per le mani delta FigUuolayegli haueua haiiuto.
Toccaua ad,Aulo Htergo luogo di faueliare, <& eglicoft cominciò , Quântunqttè
iohabbia da continuare la materia propofla, non voglio nondimeno correr per
quello arringo, per lo quale è corfo Lucio, fenon in quanto egli di Re, <^ dii\efni
ha ragionato, che troppo afpera, & fiera è flata la materia defuoifermoni. Nar-
reroui adunque vn pietofo, <gr inferne amorofo,aueynmcntodufjtpxReina,la quar
leAnchora che a perigliofo flato giungcffc, infreme coi fuoadnantk^tiebbe peròal
fine tanta contcntegga. deifuo amore, chetutti ipaffaúsfijamdm dlegregga left
:^,sD e c a . S e c o n d a - to a
mutarono. Ma vogl'io cominciare da cafi auenuti alio afnante, mentre egli >>■■■
Bambino acciocbe fi vegga quanti trafiulli fi pigli talbora di noi la maluagia cv
tuna, & con quanti dificonci ci fono ricompcnfati que pocbi bcni , chc ci [on a n
cc/Ji in quefla mifiera vita.
L URCONE Re di Tunefi bebbeper moglie la Figlino la del Rg del Garbo,
colla quale flete piu di venti anni fienga poter e bauere di lei figliuolo aleuno. 1Jer
la quad cofa differato il Re di poternepiu bauere di lei, & pur defiderofo di la-
fbjare vn fuo figliuolo,ch'a lui fuccedefje nel Regno, con buona fodisfattione della
** '*mpglie, fi giacque con vna nobile Donna del fuo slato, et ribebbe in capo all'anno
vno figliuolo mafichio, al quale pofe name Ligonio . 11 Re lofe nutrire con gran-
difjirno fiudio & la Reina non meno I'amaua , the sella sleffia generato I'baueffie.
i/luenne, cbe appenapafsò I'anno, che la Reinagià dicta di qnaranta anni,singra
m uidò del Re: & paffati i none mefi, partori vn Figliuolo mafichio,la qual cofa fit
J di non minor contentegga al Re, cb'ella fiifiofifie alia Rcina : Ma per tutto cio, non
lafiáò il Re d'amare Ligoniofiuoprimo Figliuolo : la Rcina , poi cl) era diuenuta
Madre, nonaltrimente I'haucux in odio, cbefiogliano bauere le matrigne ifiglia-
flr i: & ouegli fioleua effere piaceuole, & fiargli caregge , comináò ad effiergli
cruda, & fiargli mille oltraggi, della qual cofa , ella era fiatapiu volte dal Re r i-
prefia. Veduta ella la flima, cbefaceua il Re di Ligonio, le parue, cbe il continua
-re di moflrarfi nimica al Fanciullo, le potrebbedmpedire il defiderio, cb'ella ba-
uea di leuarlofi degli occbi,fit cbe il Re non pigliajfiefioffetto di le i: con finto, &
apparente amore coprendo I'odio, cbe a Ligonio portaua, gli fi moHraua affiettio-
natiffima, attendendo nondimeno il tempo, che lo poteffefiar morire. La onde di
maniera fingeua amarlo,cbe non era buomo nella corte, cbe non iflimafifie, cb'ella
P piü amajfie Ligonio , cbe Uproprio Figliuolo , della qual cofia Lurcone rimaneua
molto contento. ^íuemc,cbe al Re fu di meftiero allontanarfi da Damafico, oue e-
gli haueua la Real fede, & Harm lontano per molti mefi.Ond'egli prefo comma
to dalla Moglie,le raccomandò il propriofigliuolo, Ligonio, & tutte le cofie delia
città, <&•fi mije in camino. Non fiu cofi toHo partito Lurcone, cbe la maluagia co
minciò a penfiare il modo, coi qualepoteffie far morire fiecretamente Ligonio, che
* già di tre anni era, fi che il Re non poteffie mai penfiare, cbe ella ne fiofifieflata cagio
ne. St riuoltifii molti penfieri per l'animo,chiamò vn fiuofidato fieruitore, che fiolo
di Ligonio haueua cura, & diffcgli, Brai,cbe tale era il fiuo nome, la tua fiedele
fieruitü verfio me, già molti anni, a molteproue, conoficiuta mi dà ficurtà, cbe co­
me in altre cofie per 1'adietro, cofi hora in vna, cbe intendo di fiare, io mi fierua di
\ te, confiomma confidengg, cbe la tua opera, & la tua fiede non mi vena meno.
Brai, che ognaltra cofia baurebbe prima penfiata , cbe quella,nella quale U vole-
tv£t3k adoperare la crudele Rcina , Le promifie di fare fidatijfimamente ciò, che ella
M g /i imponeffe. ^2 quefie parole gli diffie la Reina, cbe volea , cb'egli, fienga al-
%
> cunapietà, vccideffe Ligonio. Brai, cbe buono huomo era , & amaua molto il
^ Fanciullo , & il fiuo Re ,reHo come fuori difiea fi crudeldimanda . Sts'inge-
gnò con ogni pofjibilc argomenfo, leuarle quefioproponimento dell'animo : Ma ,
ritrouxndo
D e G li H e c a t o m m i t h i
xitrouando egli la crttdcl Donna tutta via piufiera,alfine le diffe: Rcina,mai non
mi darebbc il cuore di commonere coft fatio. male. S$ perghe injino dal primo gior
nOy cbenacque Ligonio, come figliuolo lo mi bo nutrito, Shpcrchc iofò,che il mio
Signore, nbaurebbe infinito dolore, però vi prego , & fupplico a non m impone
cofa tale..A cjuefle parole tanto pia crebbc in lei il defiderio di far morir Ligonio,
quanto ella ritrouo Brjii tutto contrario al[no volere.Ter la qual cofii veggendot
cbe coflui nonft voleug. difforreya quanto ella gli haueq detto. gli diffe ,coh turba­
to vifo,Brai,poi cbe l àmor di vn figliuolo nato di vna disbonejla Donna, comefu i
eoleiy cb'al mio marito di fe compiacquefin tepinpuote , cbe le mie parole ,
miei pregbi non ponno,ritrouerb,cbi flimerd piu me, cbe queflobaftardo. Et col
tempo,ti faro vedere, quanto graue mi fia flato il vederti d'animo tale.Et s'aucr-
11 rà mat, cbe tu di cio,cbe detto ti hoyfacci parola con perfona del mondo, tifarb
prouare quanta fia l'ira,& lapotenga de Re . Braiy cbe Ligonio, come dicemmo,
amaua, confiderando tra fe, cbe quello , ch’egli ricufaua di fare , potrebbe effere
xgeuolmentefatto da altri, onde il Fanciullo ne rimarrebbe mortOy & egli in dif-
gratia della Reina, & in pericolo della vita,fenga alcun prb.Delibero ad vn trat i
to faluar fe, & il Fanciullo, & mantenerfi neU'amoredella Reina.Ft le diffeycbe
egli dubitaua nel principio del fuo ragionare,ch’ella tentare nol volcffe:ma pofeia
cb'egli vedcuaycbe tale pur era la mente fita,non voleat ch'ella do ad altri pale•
fafje, & ft ponejje a rifehio di prouare la fede di tale, cbe forfe non gliele offerue-
rebbe,& cbe percib egli era pronto a fare quanto in cio lefojfe a grado.Tiacque- i
ro alia iniqua Reina quefie parole,& dato ordine con Brat di quanto ft baueua a if
1
fareyla mattina feguentegli die il Fanciullo ,accib cbe I'vccideffe. Brai pigliato Li
f1 gonio ytacitamente ft vfá della Città, & feco penfando varie cofetfi delibero voler
f •' [enegire al Re,gjr cotdurui il Fanciullo. Ma poi confiderando,cbe ènatura dei Re
che la colpa delle cofe mal fatte cada piu toflo fopra gli altri, cbe fopra i fuoi,Aubi
tando di quelloycbe haurebbe potato auenirc yfecib faceffe , cio è , cbe la Reina fi
rimarebbe fenga colpa,& egli condannato mutb propofito : Et flato fopra fe buo-
■na pegga in forfe, delibero finalmente di non volere veeidere il Fanciullo , Onde
il conduffe in luogo folingo fui lito del Mare, & veggendo venire certe Tgaui,cbe
cofieggiauano il lito,dati lagrimando mille baci a Ligonio : & pregandogli buo-
na fortuna ,iui lo lafeib : & diffegli, afpettami qui, & ft nafeofe, auifandofi,che
quelle nauilo deueffero rapire : & come ft baueua penfato,cofi auenne. Il che ve
a .j. duto Brai,coüe lagrime a gli occbi; và diffe Ligonio,& babbi migliore auenimen
to di quello, cbe mi ha sforgato a darti la tua crudlel Matrigna . Tomato , cb’egli
fu alia cone, diffe alia Reina, cbe nonfolamente il Fanciullo era flato vccifo, mx,
chel’haueano le fiere di maniera diuorato , cbefolo le nude offa vi erano rintafe.
di queflo fu molto contenta la Reina, Et per celare la cofa al Marito , fe che BfzK
leub di vno audio fegretamete vn figliuolo di vna Gentil dona,della medefima eta.
eb’era Ligonio, & gli era molto firnile, il quale il giorno innangi era flato fepol-^'
to, & fittolofi portare in caft, finfe la m ittina feguente, cbe Ligonio fo/fe
la noite di fubita morte. Ft moflrandofi luita dolente, fece appdreccbiarc l e ^
ejfequie
I . £1
D i c a S e c o n d a .' ro $
effequie al fuppoflo fanciullo , & fepellirlo realmente: & fubito fe intendere <xl
R e, che Ligonio era morto, & voile, che Brai foffe delle letterc apportatore, ac-
ciò chepiu ageuolmente il Re,che fapeua quanto fuffe amato Ligonio da Brai,def
fe maggior fede a ciò, chegli erafcritto . Fu quefia nouella accrbiffima a Lurco­
ne : & ritornato alia corte,fe fare vn arkca,& fuperba fepultura , & fatto le-
uare il fanciullo,che per Ligonio era flato fcpolto,il quale era già fracido, del/a-
uello, ouc egli era flato mejjo. Lo fe porre confommo honore nella real fcpoltura*
'Vedete flrana mutation della Fortuna.Ligonio realmente nato, & realmente nu-
frito, vien mcnato cattiuo,& queflo altro nato,& alienato p riuatamente,è cbiufo
infcpoltura reale,& da vn Re potentiffimo perfigliuol pianto. Ligonio fu da mer
catanti,di cui cran le naui,condotto in Babilonia,& iui al Soldano per feruo vcn
duto.Tarue al Soldam nel confldcrare il fembiante dei Bambino, cl/egli foffe ,f t
come era,ben nato,La onde lo diede a nutricare in compagnia di vn fuo Figliuolo:
&,veflitolo al modo delia fua corte,fe ferbare que panni, cl/egli baueua indoflb,
quando fu prefo,& quando gli fu venduto, tome fole a fare di tutti gli altri cf/e-
gli compcraua. Crebbe Ligonio, che dal Soldano, cke il fuo nome non fapeua, fu
cl/iamato Norino,in beUeTgpa/m leggiadria,in fenno,& in valore.St pcrucnuto al
la età di quindici anni facea gr an proue di sè in arme, & in fatti di cauaileria.
Ondefentendofi egli valorofo,& pro della perfona, defiderofo di acq uift ar nome,
pregò il Soldano,chefoffe contento, cl/eglife nandaffe in corte al Re di Siria, one
continuamente ft faceano Gio(Ire, Torneamenti, & altri efferciti d'arme. Tiacque
al Soldano I'animo dei Giouane,& mefjolo in ordine di quanto gli facea di rneflie-
ro,con lettere,che al Re di Siria lo raccomandauano,via il mando. Onde fu da lui
raccolto Tflprino con molto honore, egli, in meno di vno a m o , riufci tale , che
non era alcuno tra caualicri,cbe in ruma cofa Zauan^affe.Et perche egli era di bei
lijjimo a(petto,& tutto va g h c? ^ ,& leggiadria: vna Sorella dei Re,che vcdouct
era,ma giouane,& bella,detta a ltile ,tanto di lui ft accefe,&con tanta for%a ri-
ceuette /imagine fua nel cuore , che ft fentiua conftmare dalla amorofa flamma.
St,nonftppiendo ritrouar modo, col quale, con falucn^a del fuo honore potcffe
far fapere a Norino ilfuo amore, inf ermo coft grauemente,cl/ ella era preffo a mo-
rirfl.Voile la for te,che andò il Giouane vngiorno a vifitarlct,& vsò moíte paro­
le in confortaria,& in darie fperan\a della fua fallite :et volendofi partire Ie chie
fe dolcemente,fe ella gli volea comandare cofa alcma,cl/egli a fuoferuigio potef-
fe fare . 7Lpn altro, Norino , rifpofe ella,fe non, che mi amiate, come voi amo:
per lo quale amore,vorrci chora foffe il fine delia mia vita, perche moredomi nel
cofpetto voflrojo mi morrei felice.Norino,che niente penfaua alíamor della Don-
tia,a tali parole rimafe tutto Hupefatto. F.t le diffe, Io bene terrei queflo mio ef-
Jfere qui venato infelice ,fe deuejfl effer cagione di morte a voflra Mlte%nfa. Ma
ta
' qual cofa Reina vifa cosi dire s’Mltile prefagh la mano,& flringcndogliele, con
t voce interrotta, lagrimando gli dijje, 7sIpn altro , che il troppo amarui, Signor
^ 4 ; Soggionfe allhora il Giouane vnque non piaccia a Iddio, che /amore, che mi
let '* ^H^portate vi fia cagiondi morte. Troppo flr ano guiderdone far ebbe queflo alit vo-
. fomma
/
L

D e G li H e c a t o m m i t h i
fomma coriefia,cbe oltre ogni mio merito,ft c data ad amarmi,comandatemi quel pitai
loyche io mi debba fare per la falute voflra,cbe mi vedrete prontiffimo a fare qua rino
to da voi mi fie commeffo. Mjjicurata da qucflc parole.Altile cofifegui,Norino Rec
quello, cbe per mantenimento della mia vita potetc fare è, cbe vogliate,chegiun- R£d
ta a voi per Matrimonio tutto il rimanenie della mia vita con voi mi viua : & fe j non
queílo non fate, frapoebe bore, mi vedrete morta. Norino, lc d/ffe, & come ne /<#
far a continto il Be vofiro Fratello ? ogni volta , cbe vi fia il fuo confentimento, lo tutt
non pure vipiglicrò per Moglie, ma vorro, cbefempre mi fa te cofi Rpina, corge m
bora mi fete.,A qtieilo riff ofe Ml tile, Trima, cbe io foffi maritata , io era tuna* v\:"Â riht
in arbitrio del Tadre, & de Fratelli,& de gli altri maggiorimiei,& allbora pre per
ft per Marito colui,cbe a loro piacque di darme; bora,cb’c morto il mio Marito,fo c b ’t
no io Donna di me,nè altri ha ad bauere cura del miopreder marito, cbe ic,fi cbe Jfa
non bauete in ciò dapenfarc al I{e mio Fratello ,angi fc I amor mio puo quello,ap- do t
po voi,do egli dee poter e : fate contento , vi prego , cbe amandoui non mi moia. cht
1!í Norino (finto dal caldo della giouanegga vie pin, cbe dalla ragione, veggendoji Vei
dimandare per Marito ad vna Reina giouane, & bella : & fappiendo cbe fimili cot
venture vengono di rado, & ratte fe ne fuggono,s altri non le fa prendere :le pro- mi
mife, cbe rifanata,ctiella foffe di tanto lafarebbe contenta, di quanto ellagli chie ere
deua, & farebbe di modo, cbe nefirebbe contento il Refuo Signore , & Fratello ue
di lei. Datafi adunque ambidue lafede , Mltile fe nepigliò per arra vn dolcif f>>
ÍL1_ da
fimo bacio, & Norino fe ne parti. Mltile haunta queHa contenteTgga in poebi
giorni fu fana. F t continuando Norino d'andare a lei, & fchergando infieme do- &
ba
meflicamente, auenne, cbe non bauendone detta parola al Re, egli con lei ft giac-
que,fenga ch'altri lo fapeffe, cbe vna fcdelifjima cameriera di M ltile,& vno fe la
del feruo di Norino . Ma la fortuna , degli altrui beni ncmica ,fe cbe I’inuidia fc
de cortegiani tanto agu7gzp il lume de gli occbi, cbe fcorperfero quello, cbe tra i &
due amanti era flato buon tempo occulto , F t fecero conofcere al Re, quanto poco U
riffetto gli haueffe Norino. Il Re di ciò adirato, penso de farlo pigliare la notte di Hi
I u
quelgiorno, nel qual ciò gli venne a notitia, infieme colla Sorella , & di dare ad
amendue quel cafligo, cbe la lor colpa meritaua. Ma dando ordine il Re ad vn
r
I
fuo capitanodi quanto egli voleua, cbe fifaceffe intorno ciò, Bruno fidatifjimo fer
c
uitore di Norino, cbe a cafo indi paffaua , comprefe ciò, cbe il Capitano fare de-
c
uea, per commiffone del Re. La onde, mefji fubito in punto duo caualli, a Nori­
r
in i nofe ríandò,& gli fe vedere con quanto pcricolo egli reftaua quella notte nella
i
corte, & lo conforto a leuarfenefubitamente. Delibcroffi di fuggire Norino,ma f
IÍ Í i
frima partire non ft volea, cbe nonfacejfe motto adMltile. Il feruo gli fe vede- ,
re, cbe tantoilo, cbe Mltile queflo fapeffe, fi darebbe ella a pianti,& a lamenti, * J
& cbe perciò potr ebbe auenire, cbefoffe primx prefo, cbe egli ft poteffe mette*
re in camino Veduto Norino, cbe il configlio del feruo erafcdele, fe ben gli era %
digrauifjimo dolore il lafeiare la Dona fua fenga pur dirle ivltime parole dipar-
tengaimonto a cauallo, & infieme colferuo, fi p art)fegretamente della Città,<&
entrati in alcuni folingbi bofebi prefero il camino verjò Babilónia. La notte il
pitano,
D eca S e c o n d a. io $
pita.no3cbe commifjione baucua bnuuto di pigliarlo fe nandò alle flange di Tig­
rino, & non Ip vi ritrouando ,finga andare apigliare a ltile , fe fubito faperc al
Re che nèegli, nè ilferuo fuo erano alle lor flange. M quefla nouclla ft pensò il
Re3d) el fofi'c con,Altile. Otide fe mettcre le guardie a certi luoghi, per gli quali
nonpotea nonpaflare Nonno, fe con .Altile foffe flato , acciocbe al partirfi egli
foffe di fubito prefo. Et efl'endo do anco riufiito vano , la mattina fi diuulgò per
tuttala corte lafua fuga; per laqual cofa a ltile , cbe nonjapea , ebe cofa alcunx
it foffe anco per.uemta alle oreccbie di fuo fratello fi pensò di cfj'ere flata dal fuo No
riho fiber nita, & conofiendofl ,f i cofi era, di bauere perduto I’bonore , delibero
per ogni modo di morire. Haueua, per auentura, lafiiata Norinofl'vltima none,
do egli con ^Altile f i giacque, che fu la notte innangi, cl) egli ft fuggiffe , vna fua
fiada a capo il letto della Donna, la quale ella bauea ripofla per dargliele,quan­
do a lei venijfe . Souenutole adunque, nelfuo graue affanno,di quefla, fiada, ella,
che deliberato hauea di vcciderfv, la prefe in rnano , & cofi diffey <Ahipoco fedel
pegno lafiiatomi da Norino del fuo amore, ma certa amenda dell'errore, cheio ho
commejfo, ad bauere piu,cbe non ft conueniua , creduto alia fua fed e, con tanto
mio dishonore. Non andrâ molto, che compiendo io quello vfficio, per lo quale io
credo, cbe mi ti habbia lafiiata colui, che prima, che tu, mi traffiffe il cuore, do-
ue bora fit bagnata dalle lagrime mie,farai tinta dal mio colpeuole fitngue : cofi
fi reftajfe meco morto colui, per cui morto figiace I'bonor mio , & per do mi ha
data mifira cagione di vccidermi. Ma pofiia, cbe cofi vogliono le difiofitioni de
gli Iddij immortali, io per la miafede mi mono, & egli, per non bauerlami fir
bata, rimarrà viuo.Et cofi detto ,fquarciatafi i panni dal petto : & pofla I'elfa del-
la fiada in terra, diriggp la punta alia fmiflra poppa, & fopra vi fi voleua la-
fiiar cadere, per trappajfarfiil cuore. Et ecco, che Nainafuafor ella vi fopra-
giunfe,& la rattene, cbe non fi deffe morte. Et intefa da lei la cagione , cbe a do
la induceuafle diffe, che non poca fede del fuo Marito, ma il grauijjimo pcricolo,
nel quale egli era,per bauere intefo il Re,come le cofi tra lor duepaffanano, iba
ueafatto partire, & ctiella per certo tenea, cbefubito, ch'egli foffe in luogo ficu-
ro,le farebbe con efireffofegno v edere,ch'egli I'amaua . Ma poflo che do leuaffe
' la Ciouane da darfi morte, non lafiiò nondimeno di dolerfl,& di accufar Norino,
che con eJJ'o lui menata non I'bauejje. Or mentre ^Altile piangeua , & Iflaina la
confolaua, venne alia camera di ^Altile il Re lor fratello, che Lamano bauea no-
m c,& ritrouandola colle lagrime a gli occbi, confierovifo le diffe.Cbe pianti fin
quefli,buonafcmina ,piangi tu forfe la morte del tuo marito, 0 pure il drudo tuo,
che fuggitofi è, ti da cagion di pianto, feelerata t è egli queflo l'honore,che tu hai
fattodl Real fangue ? & all'honorato cenere del tuo marito ? Ma,viui flcura,cbe
ne faraipagata da me, come tu meriti. Et s'baura apprejfo tepoco potnto il Real
* fàngue, io ti farò v edere, cbe io ne tengo flima. Ma vogiio prima, cbe tu vegga
t 9 mangiare a cam colui, che infeme teco,è di ft gran fallo colpeuole. ^lltile ,difie-
£-* + rata di piupotere baucr bene , & dal graue dolor punta, nonpotefoflenere , cbe
< oltre le parlaffe il Fratello; & con forte animo gli diffe, Cb'ella era Donna di
,ia^5 F fi mode-
ÜE G l I H e CATO MKlItHÍ
sè mcdefmajiè piu erafotto I'arbitrio altrui,che,come cila fojfe vna fanciuíladx
voleffe riprcndcre , & minacciare; & che tanta farebbc la vergogna della real
progenie, quanta cgli lafarebbe effere,nonperche ella hauejjcfatta cofa t chela
natura infegnata non glide hauejje; & che al primo marito fuo ella tanto hauea
feruato bhonore,quanto era flato conucneuole : & che >fc pofcia ft era ella data
per moglie a chi 1'eraparuto degno di lei,ft doueua cgli coft contentar di ciòycome
elU contentatx ft era dei primo marito,cb’egli dato le haueua . Ma che segli pur
contra lei incrudelir voleua,pofcia ch'ella, per fuá fdagura gli era in corte3far eh-
be cofa indegna di lui,& da lei non meritata. Et che feydla viuattanto loffinglf •
fe il furore,cl? egli ficejje dar morte a Tstyrino, glifarcbbc ella vedere , che meno
temea la morte }ibe non amaua la vita:& che teneua piü del rcalcych'egli non te-
nea . larnano a quefle parole,(pinto dall'impcto deltiraypigliato il coltello in ma-
no,fi voile auentare alia forella,pcr vcciderla. M a ls in a tanto fe , chemandò
via Mltile : &,rimafa fola çon Lamano , vsò tutti que modiyche le paruero mU
gliori, per acquetarlo . In questo me%p venne nouclla, cbeNorino era flato pre-
/ 0 dal Capitano di campagnaycbey mentre egli, fuggiua , incontrato thaueua , &
prigione lo menaua verfo la corte. Il J\ç3tuttopieno d’ira3lofi fè condurre innan-
"git&ydoppo hauergli rimprouerata lafua poca fedeylo fè porre nel fondo di vna
Torreyper farlo la feguente mattina rnoftre. Ma pofcia,meglio configliato,deli­
bero nonprima procedere alia morte del Giouane3cí) egli non fignificaffe al Solda-
no, quanto poca fede gli baueffe tenuto Vorino3& il poco rijpctto, che gli haueua
vfato nella propria fòrclia:et,che perciò era deliberato,far lo3eomc rncritaua, mo i
rire:& mandate via fubito le lettere,fi diffofe ad attendere la rifpofla.Mltile tra
qucfto tempo non lafeiò Dei,nè Dee nelle fue parti,cui non porgefl'e,& preghi,&
voti per faluegga dei fuo marito. Nel tempo, che íiette in Siria Ifprino, auennc
che lddio,ginHo nguardatore della innocewga altrui, & giuflopunitore dclle co-
fe maluagie,fè,che il fighuolo delia J\eina,per lo quale ella hauea dato Ligonio ad
effere vccifòfi mori di lebbre3la qual cofa tanto dolore porft alia l\eina,cbe ?ra-
uifjimamente infermò:&,poco da poi fe ne mori. Lurcone, morto che fu il figli-
uoloyffr la Moglie, veggcndofi priuo,per la moita ctà , di ogni(feranga di pote-
re hatter figliuolíyin lagrime3& in lamenti fi confumaua , onde veniua di lui pie-
ta a tutta ta corte Ta qual cofa veggendo Braiytocco da giufta compaffione dei fuo
veccbiofignore, iflimando 3chcpotrehbcageuolmente auenire, che Ligonio fofj'e
viuoyft deliberò di voler narrare al fle queíloy che infino allbora hauea tacciuto:
& pigliataft vn giorno la occafionc, gli ft gcttò a pie, & ftfecc ajjicurarcfu la 1
fua fede, che nonfi mouercbbe a fdegno contra lui , per cofa , che gli diceffe. St
pofcia che Lurcone afficurato lhebbe, gli diffe ciò, doera auenuto di Ligonio 3per
vbi dire in parte alia fleina, infino chefu leuato dalle m u i, & che , poflo ch'egli
poi mai non ne baueffefentito nouclla,nondimeno èfempre flato di opinioneych'tf-
fendo guelle naui di Babilônia , & effendo Ligonio borrcuolmcnte vcfiito 3 & di y
i
nciilijfimo cfictlo, foffeflato da mercatanti venduto al Soldanoy& che gli dieca"j
I'animoycbefe làfe riandajfero, il ritrouercbbcro. Lurcone, qitantunquc vcdcffç
cgni A u/
D e CA S e C O N D A . ’ 105
fe ognl cofa in dubbio,reflòpure alquanto contento, cbc gli auangaffe qualche po-
co di fpcranga di ritrouare vn figliuolo : €t,fatto fubitoporre ad ordine naue,&
caualli, lafciati fuoi vice l{e, & fuoi armiragli nel Pvcgno, fenga cbc alcuno fa*
peffcla cagione del fuo viaggio, con Brai, & con coloro cbepiugli piacque di pi-
gliarfi compagni nel viaggio : a gran camino fe nandò in Babilônia al Soldano,al
quale era molto ffiacciuto, cbe Fforino fojj'c incorfo nella difgratia del Re Lama-
no3 & volentieri I'baurebbe a\tato,fe nonfojfe flato, cbe gli parea di non deuere
in modo alcuno fauorire chi flmile ingiurie ficeffe a Re:pure per allugare piu,cbe
potea la vita a Torino, bauea tardato alquanto a fcrmere a Lamano :& doppo la
dimora, glifcrijfe, cbe conofcea cbe I'errore era grauc,ma cbe trapponendouifi col
pa d.Amore, gli parea3cbc portaffe qualchefeufa con ejjo lu i. Ma3 con tutto do,
egli ft rimetteua alia prudenga fua, & quanto da lui foffe deliberato3di tanto egli
ft rimarrebbe contento;& quelgiorno medeftmo3cbe arriuò Lurconc,baiiea man­
dato il meffo lettere a Lamano.Oratjfendo arriuato Lurcone in Babilônia3fu rac-
colto dal Soldano horreuolifjimamente . St 3poic’bebbe intefa la cagione del fuo
ejfere venuto a lui, conftderando quello , cbe dettogli baueano i mereatanti 3 cbe
Tgorino venduto gh baueuano, et rauolgendofi per Canimo la fua eta3 vennefubi-
tamente in penftero , cbe colui Norino foffe 3 del quale Lurcone cerc.iua, & diffe-
gli; ditemi, Sire3fevedeflevoi que panni, di cbe era veflitoil fanciullo, quando
vi fu tolto, conofcereflegli voi f*Non io , rifpofe Lurcone, perche allbora io mi ri-
trouai lontano dalla mia corte : ma ben gli conofcera coflui f & moflrogli Erai)
fotto id cuigouerno era allbora il fanciullo,Conofcerogli, diffe Brai.Mllhora il Sol­
dano gli conduffe nel luogo3oue fi feruauano tu ttiipanni di coloro, do egli compe-
raua.Tofto ibe vifu Braiyconobbe le vefli del Bambino,cbe allhora fu tolto,et dif
fe; fono. Signore, cotcflc. Fu il Soldano da gran dolore occupato,toflo cbe cio inte-
fe; & , con meflo v fo y diffe a Lurcone, Egli è il vero cbe il fanciullo, di che quefli
panni erano, fu da me compcrato : & , infieme con mio figliuolo , inflno all'eta di
quindici anni,e flato nutrito, nella mia corte . Ma egli pofeia., per fuo fiero defli-
no , voile andare alia corte dei Re Lamano , Re di Siria , oueper effcrfi giacciuto
con vna forclla di quel Reyê inprigioneper effere veeifo. Etpur boggiy bauedomi
auifato Lamano confue lettere ddgrauedelittoycomrneffo dal Giouane,confidera-
ta la fua mislealtà,gli hò rifpoflo,cbe ne faceia il parer fuo : et hora, cbe il veg-
go efferefigliuolo di cosi gran Re, qual volvi fete,ne fento infinito dolore Tfon vi
potrei diredaquanto affanno foffe fopraprefo Lurcone,quadociò intefe. Ilpouero
vecchio,colle lagrime a gli occbi;debySirc,gH diffc,uengaui pietà delia grane vee-
cbiegjgi mia, & fe cofi ftpiiò fare, perche egli non muoia, & la mia cadente etâ
non perda queflo foflegno,che folo mi è rimafo,non me ne venite, vi prego, meno.
Vennero al Soldano, per la pietà del veccbio Re, le lagrime a gli occbi. Et mando
fubito per varie firade genti,cbe rattencffero colui,cbe in Siria nandaua, feforfe
il ritrouaffero : Toi,per commune confentimento fu deliberato, cbe Lurcone iflcf-
folàfe nandaffe. E t, pigliato dal Soldano il fuo figliuolo , per compagnia , ( al
quale il cafo di TSlprino non menopefaua, che fe fratello gli foffe flato) agr an ca-
Tar. Trirna O

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t>E G li H e c a t o m m i y h i
sè medeftnui,nè piii era [otto I'arbitrio altrui,che,come ella foffe v m fanciuUafx
voleffe riprendere, & minacciare; & che tanta farebbc la vergogna della real
progenie, quanta cgli lafarcbbe cffere,non percbe ella baueffcfatta cofa , che la
natura infegnata nongllcle bauejje; & cbe alprimo marito fuo ella tanto hauea
feruato I'honorc.quanto era flato conueneuole : & cbe ,fe pofeia ft era ella data
per moghe a chi leraparuto degno di lei, ft doueua cgli coft contentar di cio,come
elU contentata fi era del primo marito 3clfegli dato le baueua. Ma ekes egli pur
contra lei incrudelir voleua,pofcia cb'ella, per fua feiagura gli era in corte,fareb-
be cofa indegna di lui,& da lei non meritata. Et cbe fe,ella viuat tanto lo jpingtf-
fe il furore yd) egli facefje dar morte a Torino, gli farebbc ella vedere , cbe mem
temea la morte,i he non amaua la vita:& cbe teneua piu del rcaleych'egli non te­
nea . Larnano a queftt parole,(pinto dalTimpcto delíiraypigliato il coltello in ma-
no,ft voile auentare aliaforelhypcr vccidcrla. MaTfaina tanto fc , cbe mando
via Mltile : & , rimafa fola con Larnano , vsò tutti que modi}cbe le paruero mi-
glioriy per acquetarlo . In qucslo mego vennenoucllat ckeNorino crafta'opre-
fo dal Capitano di campagna}cbey mentre egli, fuggtua, incontrato i baueua , &
u prigione lo menaua verfo la corte. 11 fe,tutto pieno d'ira,tofi fè condurre innan-
•gi:&,doppo hauergli rimprouerata la fua pocafede,lo fè porre nel fondo di vnx
Torreyper farlo la feguente mattina morire. Ma pofeiaymeglio configliato,deli­
bero nonprima procedere alia morte del Ctouane,cb'egli non fignificaffe al Solda-
noyquanto poca fedegli baueffe tenuto Tlprino,& il poco rifpetto, cbe gli baueua
í. 8
vfato nella propria for ella :et,cbe percio era deliberato,far lo,comc racritaua, mo
rire:& mandate via fubito le lettere,fi dijpofe ad attendere la rifpofla-Mltile tra
quefio tempo non Lifciò Dá,nè Dee nelle fue parti3cui non porgcJfe,& pregbi3&
vaii per faluegga del fuo marito. Nel tempo, cbe Hette in Stria TJorino, auenne
cbe IddioygiuHo riguardatore della innocenga altrui, & giuflopunitore dclle co-
fe maluagie,fè,cbe il figliuolo della feina,per lo quale ella hauea dato Ligomo ad
effere vccifo,ft moil di Febbrefla qual cofa tanto dolore porfe alia l\eina,cbe gra-
uiffimamente inferno: & ,poco da pot fe ne mori. Lurcone, morto che fu iljigli-
uolo,& la MogliCy veggendoft priuo,per la tmlta eta , di ogni fperanga di pote-
re bauer figliitoliyin lagrime,& in lamenti ft confumaua , onde veniua di lui pic­
ta a tutta la corte,La qual cofa veggendo Eraiytocco da giufla compaffione del fuo
veccbio [ignore, iflimando ,chc potrebbe agcuolmente auenire, cbe Ltgoniofoffe
viuOyft delibet ò di voler narrare al f e audio, cbe inftno allhora hauea tacciuto:
Iji 'Í & pigliataft vn giorno la occafione, gli figcttò a pic, & ftfece ajjicurarcfu lx
fua frdc, che nonft mouerebbe a [degno contra Ini >per cofa , che gli diceffe. St
pof 'd i che Lurcone afjicurato I'bebbe, gli dlffe ciò, ctiera auenuto di Ligomo, per
vb'uiirein parte alia feina, inftno ckefu leuato dalle naui, & cbe , poflo cb'egli
pot mat non ne baueffefentito nouclla3nondmeno èfempre flato di opinioneycb'£[**
I
fendo quelle naui di Babilónia , & effendo Ligoriio borreuolmcnte vefiito , & di
noiilijfimo afyetio, foffeflato da mcrcatanti venduto al Soldano,& cbe gli dicca^
I'animOychefe làfe riandajfero, il ritrouerebbero. Lurcone, qitantunquc vedeffe VÊÉk
cgni 4 'J

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D E C A s E C o N D a. 105
f t ogni cofa in ditbbio,reflb pure alquanto contento,cbe gii auangaffe qualche po-
co di (fcranga di ritrouxre vn figliuolo : £t,f'atto fubitoporre ad ordine naue,&
caualli, lufciati fuoi vice l{e , & fuoi armiragli nel P^cgno, fenga cbe alcuno fa«
pefjcla cagione del fuo viaggio, con Brai, e*r con coloro cbe piiigli piacque di pi->
gliarfi compagni nel viaggio : a gran camino fe nandò in Babilônia al Soldano,al
quale era molto fpiacciuto , cbe “Nprino fojj'c incorjo nella difgratia del Re Lama-
no, & volentieri I’baurebbe aitato,fe nonfojfe flato, cbegli parea di non deuere
in modo alcuno jauorire chi fimile ingiurie facejje a Re:pure per allugare piu,cbc
potea la vita a Norino,hauea tardato alquanto a fermcre a Lamano :& doppo la
d\mora,gli feriffe, cbe conofcca cbe I'errore era grauc,ma cbe trapponendow.fi col
pa d'Mmore, gli parea, cbe portajfe qualche feufa con efo lu i. Ma, con tutto do,
egli f rimetteua alia prudenga fua, & quanto da lui foffe deliberato,di tanto egli
ft rimarrebbe contento;& quelgiorno medefmo, cbe arriuò Lurcone,baiiea man­
dato il mefj'o lettere a Lamano.Ora ejfendo arriuato Lurcone in Babilônia, fu rac-
colto dal Soldano borrcuolifjimamente. S t , poi dbebbe intefa la cagione del fuo
effere venuto a lui, conftderando quello , cbe dettogli haueano 1 mercatanti, cbe
Tfprino venduto gli haueuano, et rauolgendof per I''animo la fua eta, venne fubi-
tamente inpenfero , cbe colui Norino fof'e, del quale Lurcone cercaua, & dife -
g li; ditemi, Sire,fe vedeflevoi que panni, di cbe era ve flito il fanciullo, quando
vi fu tolto, conofcereflegli voi ? Non io , rifpofe Lurcone, perche allbora io mi ri-
trouai lontano dalla mia corte : ma ben gli conofcerà coftui ( & mofrogli Brai)
fotto H cuigouerno era allbora il fanciullo.Conofierogli,di(J'e Brai.Mllhora il Sol-
dxnogli conduffenel luogo,oue fi feruauano tu ttiipanni di coloro, cb'egli compc-
raua.Toflo the vi fu Brai,conobbe le v e fi del Bambino,cbe allbora fu tolto,et dif
fe; fono, Signore, cotcfle. Fu il Soldano da gran dolore occupato,tofo cbe ciò inte-
fe; & , con mefo v f o , diffe a Lurcone, Egli è il vero cbe il fanciullo, di cbe quefi
panni erano, fu da me compcrato : & , infeme con mio figliuolo , inf no all'eta di
quindici anni,e flato nutrito, nella mia corte . Ma egli p o fe ia p e r fuo fiero defi­
no , voile andare alia cortc del Re Lamano , Rp di Siria , oue per efferfi giacciuto
con vna forclla di quel f\e,e inprigioneper effere vccifo. E tpur boggt, bauedomi
auifato Lamano con fue lettere delgraue delitto,commeffo dal Giouane,confldera-
ta la fua mislealtà,gli bb riffioflo,che ne faccia il parer fuo : et bora, cbe il veg-
go effere figliuolo di ccsi gran pe,qnal v o iv i fete,ne fento infinito dolore Tflon vi
potrei dire da quanto affannofoffe fopraprefo Lurcone,quado ciò intefe. llpouero
veccbio,colie lagrime a gli occhi;deb,Sire>gli diffe,uengaui pietà della graite vcc-
chiegqga mia, & fe cofa ft pub fare, perche egli non muoia, & la mia cadente età
non perda quefio fofiegno,che folo mi c rimafo,non me ne venite , v i prego, meno.
V emero al Soldano, per la pietà del veccbio P[e, le lagrime a gli occbi. Et mandb
fubito per varic firadegenii,cbe ratteneffero colui,cbe in Siria nandaua, fe forfe
il ritrouaffero : Toi,per commune confentimentofu deliberato , cbe Lurcone ifief-
fo là fe nandaffe. E t , pigliato dal Soldano il fuo figliuolo , per compagnia , ( a l
quale il cafo di Tforino non menopefaua, cbe fe fratellogli foffe flato) a gran ca-
Tar. Trim a 0
D e G l I HECATOMMlTín
mino fe nandarono, con Brai, verfo U Siria, mx non poterono cost totto gtmgett
cilia città dei Re, cbe queglfcbc bauea bauute le lettere dei Soldano(pero che niu
no [bauea ritrouxto per via) nonfoffe giunto piu to flo. Ter la qual cofa Lamano,
il quale baueagiâ fat to condannare Norino alia morte , I'bauea fatto dare quel
giorno iítcffo, cbe :l Figliuolo del Soldano, & Lurconeghmfero a Damafco,nelle
mani a fergenti, chef'uori della città lo menafj'ero a tagliargli la tefla; & bauea
pavimente mandato a d .Altile il coltello, imponendole, cb'ella ft deueffe vccidcre,
cbe cib non facendo, la far ebbe arder vim.Tiglib il coltello <Altile : & intenden­
do, cbe Norino era mcnato fuori alia morte, delibero di voler morire con lui . Ft
meffo da parte ogni riff etto di Reina, accompagnata da alcttne fuc cameriere, col
ferro in mano, cbe alia fua morte le bauea mandato il fratcllo , vfei dclle fue flan­
ge, & a Norino, che ancora nella pia%£a era ,fe nandb : & fattaglifi appreffo,
gligittole hraccia al collo , & diffe; ^4bi fignor mio, pci cbe talc deue effere il
fine del nosir o amore, io mi voglio morire con v o i. cui Norino diffe; Deb v i­
ta mia,piacciaui, ctiio mi muoia, con quefla fodisfattione, cb'io vegga voi rima-
ner viua . Vitta non mi poffo io rimanere, li rifpofe ^Altile, ft per effere io, come
v o i, condannata a morte, dal mio crudel fratello. Si anco perche ( quando cio
non [offe) morto vo i, che fete I'anima mia , non voglio put flare in quefla vita.
Ttangeuano della pietà tutti i circoHanti, & i meftdemi, fergenti cbe mai non
haueano conofciuta pietà, non poterono non lagrimare . Or mentre cbe in quefli
termini flauano le cofe, arriuarono, one erano i miferi, Lurcone, & il figliuolo
del Soldano.Ft veduta la moltitttdine della genic,& i foldati,cb'iui erano, ft pen-
farono,chefujJ'ero coloro, (ft com erano) cbe menaffero Norino alia morte. La
onde Brai, (fingendo oltre il fuo cattallo, ft mife tra que fergenti, & andb oue era
il Giouane , il quale megp nudo , fecondo il coHume di quel paefe ft SIana , &
guardatoui fugli humeri, vi vide in lettere „Africane feritto Ligonio . Ft volta-
tofi con vifo lieto verfo il fuo Re, gli diffe, queft o è il v osiro figliuolo, St il Figli­
uolo, del Soldano nonft potè contencre, cbe feefo da cattallo, non I'andaffe ad ab-
bracciare. St diffe a Sergcnti, che piu oltre non procedeffero , infino cbe dal I\e
Lamano altro loro nonfoffe detto,perche quel cattiuello era di piu alto affare,cbe
il lor Renoncredeua. Lurcone , quantnnqtte non bramaffe altro, cbe effere col
Figliuolo, hebbe nondimeno tanto di coftanga , che, in cost foggo atto, non voile,
cbeil Figliuolo lo conofceffe per padre. Il figliuolo del Soldano , lo fe condur-
reincafa, & mando Brai a Lamano , & gli fe faperc ,-che il Figliuolo del
Soldano , & il lie di Tunefi erano alia porta , & defidcrauano , quando non gli
foffe graue , ragionare con Ini. ll Re marauigliofo ,cbe feffero venuti a lui
due cost gran Terfimaggi , & non gliene baueffero fatto paper nulla , rimafe
tutto fopra fe : & con molti Baroni andb loro ineontro, & doppo lerealiacco-
glienre, ll figliuolo del Soldano a Lamano diffe. Signore , il Signor mio Tadrc
tni ha mandato a voflra ^iltegga. col Rc di Tunefi, il quale c qtteflo, a pregar­
ia in fitxvece, che egli voglia effere cortefc di quanto egli, per commune con-
tenteggale cbiederà, Lamano cortefanent e rifpofe, cbeil fie folo era atto ad
. ettenere
rD EC A S E C O N D A* *0 $
ottencre da lui tutto do, cb'egli volea, Ma cb egli tanto piu pronto far ebbe a pia-
cergli, quanto ft conofcca Jodisfare a due cost gran Re , in vn medefimo tempo.
Lurcone allbora fe conofccre a Larnano, ebe il Cattiuello, chc si vdmente era me-
nato alia morte , era fuo figliuolo, & fucccfjbre a lui ncl Regno , & perciòglide
cbiedeua ingratia: far ebb c malageuole cofa il poter dire/] nal foffie allbora pin o
I’allegregga di Lurcone, di bauer ritrouatc il Figliuolo y o la vergogna di Lama-
no, veggendo, in cbe termine vn cost gran Re , banea ritrouato vn figliuolo tull.t
fua città; ma certo fu inejlimabilc, çfir quefla, & quella. Fe Lamano con Lurco­
ne fua fiufa, narrand<gli d o , cbera intern emit o , & al Tadre donò LIcrino.
L’accettd Lurcone, & difjfe , cl) egli contra Norino non bauea fatta cofa , cbe qua-
lunqueaitro Re cosifatto non haHcffc;& fe non cbegli parcua,cbc fi potejfe age-
uolmente renders I'bonor toko allaj'orelh difua ^dltegga ,vorrcbbe (dnebora cbe
Norino fuo figliuolo gli foffie) chc egli, per fua fentenga, fe ne morijfe. Ma per­
che gli parena ycbe, pigliando Ts[orino la Donna per tnoglie, per la quale era con-
dannaio, potejfe effers cancellata la ingiuria, con contentegga commune , egli gli
rcndcua infinite gratis , chc glide baueffe dalla morte liberato , & lo prega na a
confentire, chc f pigliafjc la fuá for cila per rnoglie, & gli offerfe se, il Figliuoloy
& tutto lo fia to a (eruigio di lui, qualunque volta valer fene vo'effe. Tiacquero
molto queste par oie a i atnano, & fubito fe feiogliere Ligonio ( cbe Norino dal
Soldano era flato detto.J Et fatto riccamente y & nobilnicnte lu i , & ^Altile ve-
fiire, gli fe condurre in corte, oue fpofxta, ch’egli bebbe ^Altile y Lurcone accolfe
Ligonio per fito Figliuolo , & ^Altile per Nuora y & f i celcbraronole nosgge ma­
gnifiche , & reali. Etpaffati alcunigiorni, i quali tutte ffefero in folaggi y &
in varie forti di bonorcuolipiaceri. Il Figliuolo dei Soldanoy Lurcone, & ambi-
due gli fpoft pleni di fiomma allegrcgjfii fe riandarono al Soldanofil quale gli voi­
le in Babilónia per vn mefe intero, one fi fecero, & gioflre , & fefle, tornei
magnifiebi. Tofcia Lurcone, ringratiando infinitamente il Soldano deU'alienato
Figliuolo, & de gli bauuti placeri, fi ritornò con tutte le fue genti al Regno , oue
vifjero contentijfimi per tutta la lor v ita . Et cosi la diuina bontà, per cbiaro fe-
gno, moftrò, cbe nè ia incofianga della Fortuna, nè la maluagità della feelerata
Donna poter ono impedire quel fine, al quale Ligonio era Hato prodotto.
O TTAV I O DÃ~FANO AM A G 1V L I A DI M iTj V C l Õ T o N G I AN I,
vá Octauio, per lo ftimolo de’ Parenti, a Napoli infieme con vn fuo compagno; torna
il compagno,& è accuiato di hmere vccifo Otcauio, egli conftretto dalla forza del mar-
torio, confefla di bauerlo vccifo, quantunque vero non fía, è condann.1roa morte; Giu­
lia intefa la morte di Octauiofi aueicna , & feneniore; poch’giorr.i appieiio ritorna
Octauio, & ritrouati ilcompagno , & Giulia morti ,anch’eg!i fi vecide.
N O V E L L A III1.
Imafic ognuno molto contento , cbe cofit licto fine haucfjino bauu­
ti i graui, & lungbi trauagli di Ligonio, & t icendo.Auloj dif-
fc , Tontio tamo hanno auangatc le racccmaic ..cue lie ognl mi a
forga, cbe io volenti cri mi restore} di fnuellarc, per chc d fin
ficuro di non potcre mai gnw gcrh 3 one mi \>rau-
0 2
D e . G li H e c a t o m m i t h i
àegpga delle cofe raccontate. Ma poi, cbe pure and) io in queFla nauefono , voglio
piu toHoybaJJamcnte ragionando,feguire le leggi impoftc, & non mancar all'or­
dine dato , cbetacendo dar materia a qucFta nobil compagnia di biafimarmi; &
lafciando da parte gli aucnimcnti Reali , alii quali non giunge la baffegga del mio
ingegno vi narrerò vn mifcrabilc cafo di duc infelici amanti, il quale fe bene tra
priuate perfone auennegnon portcra nondimcnofeco minor pietàgnè minore vide a
gli afcoltanti, cbe fi Jiabbiano fatti quclli, cbe infino ad bora raccontati ft fono.
O T T A V I O nclla terra di Fanoft'u giouane nefuoi tempi cost gentile,& di
tanta bellcg^ga, cbe tra fuoi cittadini non JiJarebbe di leggieri ritrouato a Ini pari.
QueFto ejfendo di venti anni riniafo fenga Tadre , il quale di tanto nobile f ami-
glia fu3 quanto la quanta di quel luogo paima3sinnamoro ftcramente di vnagio­
uane detta Giulia , Figliuola di Minucio Longiani 3 Donna di baffijfimo Jlato , ma
di maranigliofa beileggga, & ornata di gentili coftumi,& di nobili maniere 3et el-
la non racno di lui fi accefe,ch'egli di lei accefo fifoffe. Ver la qual cofa niuno di lo
ro bauea mai vita nè licta nè tranquillafenon quanto fi vedeano,et Vvno ali'ultro
penfaua.Era quejlo amore molto noiofo apareti di Ottauio,perche cue difegnaua-
no di fare vn grande,& borreuole parentado,temeano,ch'egli pigliandofi Giulia,
non s'inuilijfe. Et percio erano al Giouane digrauiffmo impaccio, & fpejfogli di-
ceano male3di cosi fatto amore.Il Giouane3pcr tutto quejlo3 no fi rimanea di ama­
re cojlei, come quegli3 ch'eletta fi bauea per fido albergo di tutte le fue [perange.
Quejlo veggendo i fuoi parenti deliberarono con colorata cagione di tener modo3
ch'eglifi baueffe a partir da Fano3et andarc in lontan paefe; auifindofi,cbe no ba-
uendo egli 1'oggetto dei fuo fuoco innangi a gli occbi3fi deueffe leuar la Giulia del
cnore.Ma nofapeano certo coJloro3che in coloro3cbe veramente amanognon fi fee-
ma 1'amore per lontananga di luogbi;angi quanto piu fi ritrouano prini di quello3
cbe piu defiderano, tanto piit crejce in loro il defiderio di hauerlo : & ricorrcndo
colla mete alia imagine della cofa amata3 la quale fi ritrouano bauere fcolpita nel
core,accrefcono in mille doppi le lorfiamme. Ora non penfando ejfi piu oltrefece-
. ro venire da Tgapoli letter e di vn fuo parente 3cbe col Re ft aua3 cbe inuitauano il
Giouane alia medefima corte3promettendogli,ch'eglifarebbe con horreuoli condi­
tioni accettato dal Re. I parenti lejjono le lettere ad Ottauio , To i con quante piu
efficaci ragioni poterono,cercarono diperfnadergli,cbein quella corte fi allogaJfes
Si perche in fimili luoghi gli huomini fifanno accorti,et ornanfi di nobili virtü, Si
percbe veggendo egli piu luoghi,& piu coFlmni di genti3tanto piu faggio3& p iu
prudente diuerrebbe. Varue3nel primo aJpetto,queJla cofa grane ad Ottauio3per
lo immenfo amore3ch'egli portaua alia fua Giulia . Ma poi ebe fu itato vn peggo
in forfeyJpinto dalle parole de fuoi, finalmente fi piegò, confiderando tra fe, cbe a
fua voglia potrebbe ritornare. St deliberato ad agni modo di andarui, prima,cbe
fi partijfcffc nando a Giulia : & iJpoHalc la fua intentione, le chiefe licenga .L a
Giouane, a cui fu do digrauiffmo ajfanno, cercò con molti pregbi, & con molte
lagrime di ritrarlo da queFla opinione : & poi cbe fi vide prcgarlo in vano , gli
dijfe Ottauio, appena mi dà il tuore di poter mai tanto ajfanno fojferire quanto
io fento,
1 D E C A S E C O N D A. 107
10 fento, che mi dark la tua partemga. Ala, poi che non ti place, che it nth volet
fta il tuoJo mi sforgero, come colei, che tutta tua jono, che il tuo fia il mio. Bene
ti prego,per I’amor, ch'io ti porto, che tu confidcri in quanta angofcia mi lafci, &
quanto io, tenera Giouanc, fta maPattaa durare a cofi fatta pena . Verb, poi che
pur fei deliberato di andare,ti prcgo,chc non molto ft differifca il tuo ritorno. Io
non ti voglio chiederc , che tu mi ami, nè che tu non vog/ia me porre in oblio per
altra donna , che mi pare, che cib chie iendoti farci ingiuriaal noflro fingolare a-
more. Ft perb ficura, che io mat ad altri,cbe a tè, nonpotrei voltare Panimo mio
cofi tu anchora il medefimo ft] per fare : io folamente ti cheggio,che tu non mi la­
fci lungo tempo fenga te . Et ti raccordi, che con effo teco fe ne viene ilcuor mio ,
ilqualc ti farkfempre fcdelijjimo compagno ouunque andrai; nè piu potè la dolo-
rofa Ciouane,pcr la gran copia delle lagrime pariare. 11 Giouanc,quafi vinto dal
le affettuofe parole della fta Donna, fu per mutare opinione : rna , temendo le ri-
prenfoni de fuoi, ft rimafe nel primo penficro, & il meglio, che feppe , racconfo-
Ib la Giouane, & promifele di fempre bauer la fcolpita nel cuore, & che non paf-
ferebbe Panno, ch'egli in Fano fi ritrouerebbc,ct darebbe iff editione a quanto fof­
fe dimefliero, per pigliarla per moglie : eir accib che men graue le foffe la fu a
lontananga, la confolerebbe con letter e piu fpeffo che potejfe. Et con quefle parole
pigliato Pvltimo commiato, da lei ft parti. Toicon vn fuo fedelijfimo compagno,
che Felice hauea nome, & era gran mercatante di Fano , che per alcuni fuoi af­
fari a Napoli andar voleua, alia cone, con buona quanútà di d a m n , s'inuib.Nd
p affarono molti giorni, ch'ambidue, con profpero camino, vi giunfero. St Otta -
uio, vitrouato il fuo parente, col Eg;fiacconcib. Felice, doppo fei mefi ,]pedite le
fue facende ,fenc voile da Tfqpoli andare in Ifpagna, & dettolo ad Ottauio, egli
non foilenne, che fenga lui vi andaffe. St con buonalicenga del Re,in Ifpagna con
Felice fe ne g i; data ifpeditione Felice la, a quelle altre f acende, ft apparecchib
dirit ornarfia Fano :rna Ottauio fattogid vago di vedere tutta la Spagna , iui ft
voile rimanere, onde Felice fenga luifene ritorno a cafa . Bene ilpregb Ottauio,
ch'egli falutaffc gli amici, & i parenti, & jopra tutti, la fua Giulia : & le dicef-
fe, che non pafferebbe Panno,che a lei fe ne tornerebbe. ^iuenne,per mala ventu­
ra di Felice, ch'egli ft incontro indue malandrinij quali, veduto il Giouane folo:
<& auifandofi lui deuere hauere buona quanútà di dariari, Pajfalirono , pervcci-
dcrlo,& rubarlo. Sgli che di buon nerbo era,& molto valorofb, meffa mano al-
Varme,fi pofe contra loro : & in pochi colpi, vccifc vno di loro , & Paltro fen
■grauemente, & al fine non fi volendo leuare dalla giiffa,fu da Felice vccifo : &
'egli a qiteslo vltimo, non penfando di effere flato veduto da perfona : fpinto dal
' deflino,dic fepoltura in ripaad vn flume, one, nel mcnare delle %ani j fi era riti-
rato ilmaluagio. St. effendo egli del f ingue tutto molle, nel medefimo fume fi la­
tio ; &feguendo U fuo camino, in pochi giorni arriub a Fano, & fe quanto gli ha
ucua commeffo Ottauio. Stpoflo che foffe caro a Giulia hauere hauuta nouella del
fuo amante,per In pui cara perfona,ch'egli baueffe,nondimcno molto le increbbe,
che egli con effo lui, non foffe ritrouato. Ottauio nelle vltirueparti della Spagna,
Tar. Trima 0 3
Dfl C L I H íÇ lT O M 'M ÍTHI
grauemente infermò,per la qual cofa non pole per lo fpatio di v m anno,doppo U
partita di Felice, nè a Giulia,nè ad altrifcriuere coja alcana , Ter la qual cofa i
parenti fuoi,doppo lango afpettare,vennero in ferma opinione3cbe Felice I'baucf
fe vccifo,per torgli i danari,cb'egli con lui portati baucua . Ft accrefccua la loro
fofpitioncfd vedere farcmolti piu traffiebi a Felice,cb'egli prima non .era vfato di
fare , &• parca molto piu ricco di danari 3 che prima non era . La onde3flando in
qiteflo penfiero i fuoi parenti 3 cercarono fegretamente d'informarfi intorno do,
fabi quanto malageuolmcnte ft fchifa la reaforte,quado i Cieli la ci appareukia
no) & auenne , cbe alcuni Salmieri dijfono , di hauer veduto Felice amaggare
vribuomo,& fepellirlo in riua ad vnfiume,nel quale anco sè,& I'arma, cbe tut'
ta Janguinofa era, lauò . Ciò intefo 3 i Tarenti fe riandar ono al Todeftà, & da-
togli qiteflo inditio,& alcune altre congietture,cbe con do fi confaceano 3fecero
pigliare Felice, il quale troppo felice flato ft farebbe,fe mai con Ottauio nonfojfe
gito. Felice non fi fapeua imaginare, per qual fuo infelice Fato , egli3 cbe pur di
qualcbe credito era,fojJe ft fieramente trattato. La fera il Todcjlà lo ft fe mcnare
innangi,& dijfegli, la cagione 3per la quale egli eraprefo; & appreffogli diffe
I'accufa , & gli inditij 3 cbe vi erano,& commandogli,chegli dicc/feil vero . ll
mifero3cbe fi vedeua buuerela mala ventura al fianco>& dubitò3cbefe diceua di
hauere vccifo vribuomo,ft potea confirmare apprejfo il Giudice la morte di Otta-
uioidijfe animofamente di non hauer vccifo cola alcuno 3 & pofeia gli foggiunfe,
cbe lo pregaua, cbepigliajfe informatione di lui nella città, & fuori 3 & oltre
do 3 egli confidcrajje tutta la fuapaffata vita3 cbe ritrouebbe3 cl) egli piu tofio
ft farebbe dato morte , cbe mai fi fojfe dato a fare oltraggio ad vno 3cb'egli ba-
uea non mew caro, cbe sè medefimo. Il Todeflà, cbe,come ft bauea meffo indojfo
la vefla del Dottore3cofi ft era jpogliato d'ogni humanità [ il cbe fanno anco alcu­
ni di cofioro, che in ftmili vffici; fono eletti, parendo loro, cbe quanto piu negli
buomini incrudehfcono,tanto da piii debbano effere tenuti) niuna delle cofe dette
da Felice riguardando, fenon quclla3che la morte, gli apportaua : gli diffe, tu ti
credi, feelerato , di intorniarmi il cerucllo, colie tue ciancie , <&• penfi di potere
nafeonderefotto la pelle dell'Agnello il Lupo ma,per Dio,non ti verrà ciò fatto,
& farolloti dire o vogli,o nò.Et,ciò dettojo diede a fuoi fergenti, che lo collaffe-
ro. Felice nutrito, negli agi,& nelle commodità della vita ,cominciò a chiedere
al crudcl Todeftd mercê,col dirgli,che Lxfun natura non era atta a foflener tor­
mento : le parole, & i pregbi nulla giouarono. Tercbe, armatoft il Todefladi
quella fieregga,cbe vfano coloro, cbefotto colore digiuslitia, fon miniftri di Bcl-
gebubbe nelle nofire partial f t crudelijfimamente tormentare, Onde nonpotendo
il mifero refiflcrui,diffe, cbe egli era vero, cbaucua vccifo Ottauio in ripa a quel
fitme,come diceano ifalm\eri,& non pure vccifolo , ma tolri quanti danari *gH
haueua addojj'o , & perciò bauere hauuto il modo di fare maggior traffiebi , the
prima. I parenti,& gli amici dcllo infelice Felice, intefo qucJlo,non poteuano, a
7nodo alcuno,credere,cb'egli tal delitto haueffe commeffo,La onde,effendo già alio
infelice a(Jignato il termine alia difefa ,fe nandarono a lui,& gli domandarono,
come
D s C A 'SB;C 'O Nib ’ io8
come egli mat ft foff?indotto a commettere costfa.no delitto . Egli diffej comepo-
tete vol credereycbe io anale feelerafine mifoffi indotto mai? La pcna,cbe a torto
mi dà il crudel buomo,niiè irtfoportAbile, & effendomi ella cagionedi millc mor-
ti,mi hò eletto di confeffar'quello,cbe fxtto non bò, per morire fol'vna. Se n'anda-
rono que buoni buomini al Todeftà, & gli fecero fapere qnello, cbe lor detto ba-
uea Felice,et con molte ragioni cercarono di perfuadergli,che ogni altra coja pri­
ma potrebbe effere, cbe quefla. Egli di nuouo fè condurrc a sè Felice, & fenten-
doló negat queUo , cbe già confejjato egli baueua , il voile anco porre al tormen­
to , Onde egli ifpauentato confermò cio, cbe prima detto baueua . I parenti pre-
garono il Todefià, cbe foprafedeffe per otto, o died mefi, di far morire Felice,
cb'efjere non potrebbe, che fra queflo tempo Ottauio non venifj'e ,o dilui non ft
baueffe nouella, che quando paffatofoffe quel tempo, crapofcia anco infuo arbi­
trio il farlo morire : ma , ebe già nol potrebbe ritornar viuo, fe ft effequiffe la
fua fentenga , & ritornaffe Ottauio . Le preghicre furono vane, perche egli di-
cea , cbe fe già erano p affati due anni, dal tempo, cbe ft fapea , cb'egli baue­
ua vccifo qucll’buomo , cbe gli haueuan veduto vccidere i Salmicri, & cbe egli
di hauerlo vecifo confeffato hauea , non ft poteuapiii penfare, che di Ottauio ft
foffe per hautre nouella . Et cost, fenga voler piu altro vdire, lo die nelle ma­
ni a Sergenti, & lo ft condurre ad effergli, come a micidiale, & affaffino taglia-
1a la tefta.Condotto il mifero alluogo del flipplicio,diffe in cofpetto di tutto il po-
polo. lo nonfono colpeuole della morte di Ottauio, angi ftcurofono,ch'egit fta vi-
tioiMa, poi cbe il mio defcino,et I'altrui crudeltà vuolpur,cheinnocete io muoia,
prego Iddio,cbe non mi lafei con quefla maccbia ne gli animi de gli buomini: ma,
per fua clemcngafaccia veder chiara ad ognuno la imocenga mia,etcos\ ft accol-
ga Canima mia tra il numero dc i beati,come iofquatunque per altro peccatore io
ftajqueflo delitto,per cui fan condannato,non commifi giamai. Et queflo detto, fi
diffofe a morire, & coftglifu tagliata latcfla . Giulia iflimando,cbe foffe vero3
■che Felice baueffe morto Ottauio,doppo molte, & molte lagrimeffarfe,et doppo
infiniti lamenti in tanto dolore trafeorfe , cbe non accettando nè configlio, nè con­
forto,tutta a morire di(pofla,maledicendo Felice, et la fua fiera ventura,fi auele-
n ò ,& cbiamando, infino ali'vitimo fiato, il nome di Ottauio, fe nemori. Ottauio
cbe, in queflo rnego , dalla lunga infirmità ft era rihauuto, (pinto dal defiderio di
vedere la fua cariffima Giulia ,paffatiappena quattro mefi, doppo la morte di
Fanofe ne venne. Qual vi credete voi cbe foffe I'a-
tiimo dc parenti di Felice veduto Ottauio ? Quali vi credete,chefoffe rcririffi&Tfr*
chi della Moglie , e-r dc figliuoli di Felice ? veggendo viuo colui, per lo quale a
'quella cru Flato morto il Marito , a queflt il Vadre ? Quali queUi della fua vec-
chia Madre, cbefolo queflo foflegno baueua della fua debole veccbiegga ■Qttali
fhtalrftcnte qudli di tutta la Città,veggendo indegnamente morto cofi boneflo cit-
ãadino, come era FelicefCerto tutti fieramente ft dolfero, ctnon fu alcuno,chegli
\ úcchi terteffe dalle lagrime afeiutti. Ottauio, intefo il mifero fine di qucllo amico,
rctiegli baueua in luogo di vrialtro sè,& la infelice morte dellafua Giulia,cbe g li
O 4
D e G li Hecatommithi
era non men cara,che la vita, & conofcendo tutto cw effere auenuto per fua ca*
gione, fi tenne il piü mifcro,& il piü dolente buomo,che mai viucffe, E t, vinto
da eflrema ambafcia,deliberato di piü non voler viuereffeco fieffo diffe, *Ahi mi*
fero Ottauio,a cbe piü ti dee qucfla vita piacere,cffendo tu da tali dueferite traf
fijjot Cbe penfi tu poter piü maivedcre, cbe ti confoli, cffcndoti tolti coloro,i
quali erano ogni tuo bene ? Triuo tu dunque,per la coflor cruda morte, di tutte le
juauità della vita , non è cbe piü vogli viuere , ma cbe tu anchora vadi toflo a ri-
trouar coloro,cbe ti ha tolti la tua maluagia Fortuna. Et cbe facci contenti i tuoi
parenti di quello,di cbe banno te fatto il piü dolent'buomo, cbe viua,col voler piü
fapere ne tuoi amori,cbe bifogno non era. Et doppo quefie querelle, fcn^a far mot
to a perfona,fe n'ando il mifero oue era fcpolta la fua cara Giulia : & tratto fuo-
ri il pugnale,cbe a lato egli bauea,volto il pariare alia morta Donna; & coft dif­
fe, Giulia, già vita, & anima mia, poi cbe per mia cagione morta tigiacci,et piü
lecito non mi è vederti in quefta vita , voglio venire a vederti nell'altra . Terò
raccolgi quefla dolente anima, in amenda del fallo, cb'io commifi all'hora, cbe mi
lafciai da configli de parenti miei da te dipartire. Et con quefte parole , cacciatofi
ilpugnale nel cuore,fopra la fepoltura della Giouane morto cadde, Qgtefli tre a-
dunque, & dal troppo fenno de i parenti di Ottauio , & dalla crudeltà del fero
Todefla furono a mifera morte condotti, con tanto dolore di tutti quclli di Fano,
cbe anchora inftno ad hoggi,di sigraue, & mifero cafo ft ramaricano.Ma lafcian-
do bora da parte il troppo bauer voluto fapere de p arcti di Ottauio (il quale qua-
tunque nonfta fenga riprenfione,era nondimeno proceduto dal molto amore porta
to da loro al Giouane) cbe direrno noi della dura feuerità delle leggi an%i di chi
le regge I cbe le leggi, dafe, non ad altro cbe a benefono Jlatuitc, & riceuute:&
fe con equitâ,&conprudenrg a,& non confiercxga,& rigorofa giuflitia fono ret-
te, non altro mai, cbe bene partorifeono. Non altro è dunque da dire ,Jenon cbe
farebbe meglio, cbe le leggi non vifoffero , chefojfero da ta li, quale era coftui,
amminiflrate, & cbefolo L'buomo haueffe le leggi della natura per duci, le quali
feguenda, non incorrerebbe giamai in fimili errori. Non sò come la diuina giujii­
tia chefola regge il mondo, poteffe mai tolerare, cbe Felice innocente, indegna-
mente accufito, confalfi inditij prefo, a torto collato, per non effere forte a tole­
rar la penaffoffe da queflo crudel'huomo fatto morire, con tanto oltraggio della
ifleffa giuflitia. Qual farebbe quegli,che poteffe baflare a non fi lafeiar vincere,
per innocente, cb'cgli ft foffe, da cofloro tormenti, épmef*ÊÊÈÊt&Zk
* colla affrex^a de quali i fimili a coflui, affetati dei fangue huma­
no,crudelijfimamente gli buomini affliggono . Vorrei io vedere cofloro a tal ter­
mine ridotti, fotto l'arbitrio d'buomini fimili a loro, per veder fe foffe in efji tanto
di valore cbe poteffero, quantunque innocenti, Har coflanti a coft fattepene üMa
fe i Trincipi dei mondo deffero a qnefli tali il gafligo, di cbe fon degni, & nòn ac-
cetaffero, Io ho feguito t ordine della ragione, cofi mi comandam le leggi, quefla
liberta mi hanno data gli flatuti delia Città,egli non deuea confeffare, & nonfa ­
rebbe flato condannato, & vccifo, & fimili loro dancie, fotto ombra delle quali
tf.
D e ca s e c o n d a. T ;
effii togliono lanima a gli b/tomini,vederebbcfl certo,cbe nonfarcbbero coj. / = >
ti a porre le mani nelíaltrui vitaret conofcerebbero,cbc la dimora,nella mot,
gli buomini, non è mai troppo lunga. La qual dimora fc haucjjc trappofio queji^
crudele alia cffecutione della fua fentenga , non farebbc morio Felice nefirebbono
auenuti i rnifcri cafi cbc vi bò moflrati efjci e aitenuti da quella ingiufla morte.

CICI LI A A M A R I N I E R I , ET D I V I E N E C E L A T A M E N T E
fua Moglie , s’ingrauida di lu i; il Padre la dd nelle mani ad vno, che 1’vccida , il quale le
dona la vitajella partorifce vn figliuolo, Rinieri ritroua, che il Padre 1’ha data ad effere
vcciia ,1’accufa, egli prefo, & cond.tnnacu alia morte; la Figliuula lo libera, & con fom-
maleticia ff gode con R inieri.
N O V E L L A V.
0 N fu alcuno vella nane, a cui non dolcjje dei mifero cafo di Feli­
ce, & non incrcfceffe infinitamente della morte di Ottauio , & di
Giulia, & tu tti, ad vna voce, biafhnarono il crudel Todcfíà.Ma
pofeia , che fifurono fopra ciò molte tofe det te , Fuluia, come da
profondo penfier tolta : Fu, diffefempre bene, cbe i figliuoli vbi-
differo i lorTadri, & credeffero , che gli armi, & la lunga cfpcricnga dei mon­
do faceffe lor vedere , a beneficio de figliuoli, qucllo, cbe efji, & perla poca cta,
& perla poca cfperienga non veggono. Et comc cbe fta bene in ogni cofd cofi fare
è egli ottimo nelle cofc de Matrimoni: corne, cbe ciò fia la maggior cofa,cbe fac­
eia I'huomo, & la donna in quefla v ita . lyla pure quando la gioutntu piu a que-
flo, cbe a quell'altro modo ft appiglia, & non ft fa ciò con perdita dell'bonore,non
deono pero i Tadri tanto fieri moflrarfi verfo lefigliuole, cbe le voglino bauere,
per nemicbe, et percio voglino loro la morte dare, comefe il Tadrc di quefla Gio
uane, del quale fon per parianti. Onde vedrete,cbe oue egli ft credete hauer fat -
ta morirela Figlmola, fl ritrouò da lei liberato dalla morte, prouandola egli mi-
glior figliuola, cbe ella non I'bauea ritrouato Tadre.
F V' I N Imola già da propi fignori retta , & bora ^Arnefc della Cbiefa , vn
Gentilbuomo, ch'Horatio baucua name, buomo de beni della Fortuna abbondeuo-
le, & per la fua gentilegrga caro a tutta quella Città : il quale, quantunque appa
riffe humano in afpetto, qualbora fentiua qualcbe ingiuria , fi.fcopriua tanto ter­
ribile, chefaceuaprouare molto graue Lira fua a chi I’haucua offefo. Lfuefli baue
ua vna Figliuola, fenga piu, il cui nome era Cicilia. La quale era crefciuta in tan
ta bellegga , cbe ft credea da gli Imolefi, cb'.ella foffe la pin bella Giouane di quel
paefe. Et paffando il nome della fua marauigliofa bellegga per tutte le terre della
Romagna, peruenne alle orecchie di vn Giouane cbiamato Rinieri in Forlifil qua­
te era non men bello tra Giouani,cbe foffe Cicilia tra le pule die. Ma come la natu
ra tbauea dotato debeni dd corpo,cofl gli era flata fearfa defuoi la Fortuna, ha-
uendo rigttardo all'bauere di Meffere Horatio. Il Giouane con tanta forgo, riceuet
te nel cuorela bellegga di coflei, anchora cbe mai veduta non baueffe , cbefe ne
fentiua morim. Et ajquanti veniuano di Id dimandaua, shaucan veduta Cicilia,ct
B e G l i H e c a t o m Mi t h i
the bellcTfga era la fua. Et cffendogli rifcrito da ognuno, a cut vcnuto era inforte
di vcderla. ( Tero cbc di rado il Tadrc la lafciaua comparire in luogo alcunojcbe
clla era marauigliofamente bellayegli ft delibero di andarfene ad. Imola per vedcr
la : Et entrato nella Cittày dimandò della cafa di Mcffere Horatio , & là fe nan-
dòy & cominciò ad attendere fe la Giouane gli veniua veduta. Ma per effer , nel
partorire della Giouane, morta la Madrcy la tenea, come habbiam detto, MeJJ'e-
rc Horatio fotto cofi ftretta cuftodia, cbe mat non poneua ilpiefuori di cafayfenon
a meffa y& fotto compagnia di bonefliffime Done parenti fue, per la quaI cofa egli
peno mold giorni, prima cbe gli aueniffe di poteria vederc . Jgpn rimanea però
il Giouane di pajj'arper la iiraday contentandoft, poi cbe pin oltre non potea, di
v edere almen le mura, cbe tanta bellcgga infe elmdeano . Ora eff?ndo di rimpt
to alia cafa del Tadrc della Giouane vn profumiero, il quale haucua vna Moglie
ra attempata, cbc communcmcnte fi fiaua nella bottega: vi entro Bjmieri, & fat
to fembiante di volcrc compcrarc alcune cofet come alcune anco ne compcròyft po
fe a ragionar colla veccbia , cbe "Nafiagia ft cbiamaua, & domandolle, con gen­
I til modo, cbe donne fojjero in quella contrada. Nafiagia fubito gli riff>ofe, cbc vc
n erano afjai, ma cbe tra le altre ve n’baueua vna, cbe alio incontro della fua bot­
tega flaua, cbe pareua vn\Angelo del Cicloy ma vi bàygli foggiunfe il Tadre tan­
ta guardia, cbe radiffime volte fi vedc . Et mentre ragionauano infteme yauenne,
cbe nel paffarey chefe Cicilia da vna camera ad vn'ultra , ella ft tnoflrò vn poco
ali i fineflra : & veduta la profumiera, la falutò, & ella altresi lei. In queflo fa-
luto venne veduta la Giouane a Bfnieri, il quale gia fi era leuato in piedt:& trat
tafi la beretta, le bauca fatta riuerenga. N el quale atto egli piacque tanto alia
Giouane, ch’anch’ella ricenette la imagine fua con tanta efficacia nel cuore y cbc
fatta vaga di mirarlo, non ft fapea leuareda pariare con Nafiagia. Ma foprauen
ne vna fua veccbia Ziay cbe in cafa la riccbiamoy minacciandola, cbefc ultra vol
ta alia fmcslra la ritrouaua, lo direbbe a fuo Tadrey& le ne farebbe dargafligo.
I v4l mirar della Giouane parue a Fjnieri,cbe cic, elfegli haucua vdito di lei , fojfe
fiato vn fogno appreffo il vero, & di maniera in Ini crcbbe ilfuoco,cbe diuentò
tutto flama. Nè mai gli dolfe tanto l'effere nato poucro,quato allhorayTerche gli
pareay cbe segli fojfefiato egualc in bauere a Meffcre Horatio,Cictlia fua moglie
farebbe flata . La profumiera, per la moita famigliarità,ch'eUa banca con quel­
le Donne, & per quella, ebauean le Donne con lei (però cbe mai nonpafjaua fpt-
timana, cbe o Jfqflagia non andajfe in cafa loro, od effe in cafa di Nafiagia, ttfe-
nandoui anco talhora Cicilia) undo a cafa Mcfferc Horatio,& ft mifey come foleet
domeflicamente a parlar colla Giouane. La quale fubito gli dimandò , chi fojfe
quel Giouane, cb’ella veduto bauca nella fua bottega. Ella rifpofe, che non fapea
chi egli ft [offe: Ma per quanto le ne pareua, cb'cgli era molto cortcfe, & genti­
le. D’ffe allbora Cicilia,nonpuò effereycbecon tanta bellegga nonfia accompagna
ta ogni forte di virtu. Marauiglioffi Nafiagia del parlar di coflei, gr diffele,co­
me vi ba egli piacciuto ? tanto , diffe ella , quanto alcuno altro, cbe io vedefji gia-
m ai: & nitfarà molto caro, cbe segli piu di qua ritorna, jntendiate chi egli è ,
& lo
D e C A . S e C O N D A . f ro
dr lo-mi facciate f i p i r e . La buona Donna promife difarlo , dr ft dipart). Ft co­
me le bauejje veduto il cuore, conobbe manifeft ament e, ch'ella era accefa del Cio
uane. St vide, che alle volte piuforga baueua , al primo incontro , vno fgtt.irdo,
dr vna conforme natura , cUaltre volte vna lunga , dr continua feruitunon ba­
uea . Rinieri, deftnato, cb'egli bebbe, alia medeftma bottegafe ritorno : endegli
dimando Najlagia, chi, dr e«7i // fojj'e , Le rtjftofe il Giouane cb'egli era Ki-
nicri Cbelini da Forli. Dirnandato della cagione della Jua veuuta, egli diffe,Ma-
donna3 non voglio 3 ne pojjo celare il vero . La fama tale mi ba portata la gran
belleggça di quefta voflra vicina inftno a Forli3 che io fono flato cojlretto partir-
mi da cafa : & abbandonando tuttc le cofemie , qua venirmi 3 per vederc co gli
occbi quella belleg^a3cbe già buon tempo, bo riceputa3pcr I'altrui voce3nella men
te. La quale bo ritrouata3 al fuo primo apparir , tale, che fe prima io I'amaua bo­
ra, l’adoro. Veramente, dijj'e N ajlagia, io mi credo, che non habbiatc male alio
gato il voftro amore, perche io fim o , che fe voi per Cicilia ardete, ella per voi a-
uampi. Fit quefto molto grato a Rinicri, & pregolla a dirgli come ella cio fapef
f e . N ajlagiagli diffe ciò, che detto le bauea la Giouane ,& con quanta injlairgx
I'hauea pregata cbe le Japeffe dare plena contegja di lui. Rinieri la pregò molto,
cb'clla volejfe fauorire quefto fuo am ore, cbe egli ft porterebbe con Ici di modo,
che no I'encrefccrebbe efferft adoperataper lur.et cbe vergogna alcuna noglicne
poteua auenire, amando egli la Giouane folo per hauerla per moglie. Ft ciò detto
le diede vn anello, ajfai vago , con due mamgiunte in fe d e , cbe alia Giouane lo
donajfe ; & le diccffe,che con quello anello,egli le mandaua il cuore : & date an­
co alia meffaggiera alcune cofettine, lepromife ampi doni ,fe forfegli veniffe in
forte di hauer la Giouane per moglie, come egli Jommamente defideraua.La buo­
na femina gli promife tutta I'opcra fua, Ma ben gli diff r, che deuendo coftei rima
nere herede di tutta la roba del Tadre, era dimandata per moglie da m olti, ma
che a niuno I'haueua egli voluta m aritare, per voler la dare a chi a lui fojfeegua
le in hattere : & che ciò le facea parere quafi impojftbile , cb'egli potejfe hauere
il compimento del fuo deftderio.'Nulla è impojftbile ad tim ore,rijpofe Rittieri,non
mancate pur v o i,v iprego dell'vfficio voftro : dr vedrete , che ^4more a me I'ba-
urà ferbata.Naftagia,pigliatoft tempo atto a quel, chefare intendeua,a Cicilia fe
riandò. Ft ella,non coft toflo la vide,che le domando, sella bauea veduto il Gio­
uane, le rijpofe di hauerlo veduto, & parlatogli anco : dr che bauea conofciuto,
cbe s'egli era piacciuto a lei,non meno piaceua ella a lui,et cb'egli trattodallafa
ma della fua bellcTgra era venuto ad Imola da Forli,p vederla,etmoftrarle quan
to egli I'amaffe. Ft cbe fon'io,diffe,coft bella, Najlagia,che gli buomini s'inuagbi-
fcano di me,alia fama della mia bellc^ga ? Tarmi cbe si, rifftofe Naflagia,.An%i
iú v i dirò piu oltre,cb'egli,ragionando meco, ct della bellc^za voflra,et del gran
de drhúre,che egli vi porta , mi ha pregato, cbe lo vi ratcomandt,& v i preghi ad
amarlo con quel cuore,cb'egli ama voi.Stm i ba dato vn dono, cbe io vel porga a
nome fuo.Ft che cofa è egli djfe la Giouane?Egli è il piu vago anellino,ri(pofe ella
che voi vedefte maitepme vn anellinoifoggiufe ella,cbe vuole egli cb'io nefaccia?
Non
/ I

D E G LI H E C A T O MMIT H I
Non altro rifpofc NaHagia, fcnon cbe lo vi pigliatc per pegno del fine, per lo qua
le egli vi ami : & quale c egti queiioflne ? dimandò ellafdi bauerui per moglie,
rifpofe quando non vi (piaccia. Non mi (place egli a modo alcuno, rijpofe Cicilia,
angjfopra ognaltro mi place egli: & fe bene c vero,d)Cgli, come tu di,mi ami,
nondimeno,cffendo io in podesta del Vadre mio,nongli poffo promettere quel,che
egli ebiede. Ma one ê egli quefio anellinoyche tu di,cbe c cosi vago ? Eccolôui ,dif-
fe Naflagia, mi ha detto, chc con cjjo vi manda il cuore. La Giouane d qttesic
parole forrifjc alquanto, & prefo I’anello lo load rnolto, portando egli con lui fe•
gno difcdc. St poftolofl in dito,come faro io diffe, apotcrlo portare? pigliandoui
chi lo vi manda per marito, rifpofc “Naflagia. Foffe egli,diffe, cosi mio padre con
tento,contio contenta ne farci; & tenendo ft l anello, le diedc and) ella vn gentil
paio di guanti, chc al Giouanegli deffepn ricornpenfa del dono mandatolc:& per
fegno ,ci) clla altro tanto I'amatm, quanto clla lui. Torto quefla nouella Na ft agia
al Giouane, & inflemegli diedeign anti,del qual dono, egli ft rimafe molo contcn
to. St parendogli, cb’altro non rnancafje,a compimento de defldcri] fnoi,fcnon di-
fporre il Tadre di Cicilia a darglide per moglie, tenth tutte le poffibili vie , per­
che ciò feguiffe. Ma ognicofi riufci in niente,per lo poco bauere, cl) egli baueua a
rifpetto Chancre di Mefferc Horatio. Continuando a quefld modo I'amore tra due
Giouaniyfu data commodity a Rinieri diandare ad vna fefla, fulla quale era Cici
lia, & entrato, and) egli in ballo, ft vennealfine al ballo del torchio:& auenne,
per buona forte,cbe riel mutare dc luogbi,ct delle perfone come è coflume di f 'arfl
inflrnil danga, Rinicri prefe Cicilia per la mano, & glide ftrinfe, et ella altrcfl
a lu:,& con bafja voccle diffe il Giouane. Fita mia io ardo, & ella gli rifpofc io
form giàarfi Rinieri, & poco meno cbe inccnenta. St, nclfinirflil ballo, piglian
do il Giouane liccnga, le diffe, vi lafeio il cuore nelle mani;& ella a lui,& io i’a-
nima : & fenga pin oltre poter dire,ft adip'artirono; portando l'vno,& faltra il
cuore picno di drdentiflime fiawane. Fcg gen do Rinicri il padre di Cicilia contrario
d defideri fnoi, et a quelli della figliuola, pcnfofji dipotcr confeguire col mego di
Naflagia quello,cb’egli defiderana. St ragionando vngiorno cam lei,le diffe, Na­
flagia,io veggo la flretta conucrfi done, cbe voi tenete con Cicilia , & come ellaft
diporta, colie fue dorrac in queflo voflro giardinofperh che in cafa del Trofumieri
It
era vn gianhno , ’ilquale, anchora, che picciolo foffe,era it pin vago,che ft ritreuaf
fe in Imolajdr conofco,cbe volendo i/oi,mipotcte dare agcuolmente modo,cbe io
(pofl Cicilia,et la migoda; Tero io vi prego, cbe vi piaccia bauere pietà di me, fl
chefe tutte le alt re cofe mi fono contrarie,voi non mi lafeiate morire affatto,pof-
fendomi acconciarnentc, & fenga biaftmo fnccorrcrc.Nadagia, cbe di ferro non t-
ra & come baueua cominciato it cofloro amore, coft defiderana finirlo, diffe, the
volentieri lofarebbe, quando la Giouane lo confentiffc. Non dubito , cbe aman-
d>mi clla,come so,cbe mi ama,& hauendo voi megana, diffe Rinieri,non fia per
ihCcendcre a cofl honefló fine. Gli p ro m f la buona veccbia tuita la fua opcraiet
r
r
latafate alia Giouane, le diffe, ciò chc Rinicri detto le b.ntena. Cicilia,gid tut-
,
'■‘■sformata nelfuo amante, rifpofc 3cbe pure cbe le foffe a mente la falucgga
del
D eca S e c o n d a. i 11
I
fuo honore, ella era per fare quanto le piaceua. Indi Naflagia a Rinieri fc ne ri-
tornò, & moflrogli, che prontijfma era Cicilia a pigllarlofi per manto , & die-
dero tra loro difcretto ordine a quanto fi deuena fare . 'Non pa.ffarono rnoltigior-
ni, che la Zia, c'hauca la Giouane in cujlodia , fe dire alia Trofumicra , cb’ella il
di feguente infiemc colla fua Giouane, volca girc al fuo giardino.La onde Jgafla-
gia cogli amanti pofc ordine alia celebratione del Matrimonio. Memicro le Donne
a cafa della buona femina, et entrarono ndl'horto ct mentre Cicilia fi giua coglien
do fo ri, de quail era copiofo il luogo. Entrarono le due Nee chic in ragionamenti 1
de loro mercati, & di lino,dr di tela : dr cofi ragionando, diffe alia Itra Nafta-
gia, ch'ella le farebbe vedere vn lauoro marauigliofo di vna tela, cite faccua vna
fua figliuola fuori di cafa, s'clla baueffe chi andafj'eper efa.Diffe la Dona,vi man
deremo la Fantenna: Cicilia,già del tutto informata : Del) dijJe,zia,non vi man
date, che voglio quando vi piaccla, che ce liandiamo a cafa , che mi c fopragiun-
to tanto fonno, che non poffo tenere aperti gli occhi; Deb fia lodato Iddio , diffe
Naftagia non hò io Figliuola mia, da dormire in cafa f Etvoltatafi verfo la Fan
te,vâ, diffe one Madonna ti manda,cbe done dormire hara bene Cicilia . M aid la
Fante, & Naflagia, prefe la Giouane per la mano : & infem e con la fua Zia , la
conduffe in vna earnerat dr la pofc nel letto, dr ferrate le fnefre 3 dr chiufo da
Naflagia I'vfcio della camera, diè la chiauealla Zia della Giouane : Et ambcduc
fe ne andarono nelgiardino, ajfettando la Fante, che veniffe colla tela. Haucua
afeofo la buona Vecchia,poco innangi che le Donne venijfno, in quella camera Ri
nicritil quale, cofi toflo chefenti la fua Cicilia ferrata dentro, fe nvfcl deWagua-
to, & andatofene al letto, prefa I'amantc in braccio, ealdamente la ft frinfe al
petto , & gli diemigliaia di bad , & ella altresi a lui : dr doppo molte caregge
fattefi inferne, la fposo finicri; dr fottofede di matrimonio, coife, con gran pia-
cer fiio, dr della Giouane, il deflate frutto del fuo amore, dr vi kebbero tanto di
agio,che da tre volte infufeorfero le pofte.Terche in queflo tempo venne la Fan
te, dr fulla tela, per opera di Naflagia, hebbero le due Donne lungo fermonc.Et,
ejfendo gia piuebe vejfro p affato, parue alia Zia di Cicilia , che foffe tempo di ri
tornarfi a cafa.Et andata con 'N[aflagia alia camera, nella quale ft era ritornato
alio aguato Rinicri,aperfono I'vfcio, & lefineflretdr ritrouata la Giouane dormi
re, (come colei,che ben cagion ne haueua,per la durata faticajla Zia la rifuegliò
dicendo, vuoi tu dormigliona tutto hoggi dormire f* tempo è , che ce nandiamo a

quiiti non era vcnuta,a cafa fece ritorno. In queflo tempo fu detto a Meffcre Ho­
ratio do, che nel ballo, di che diangj habbiam detto, tra i duo amanti era auenu -
to , Onde egli fe ferma deliberatione,che la Figliuolafiu non andaffe in luogo al-
cuno nèfola, nè accompagnata, dr comincio, ma tardi , a volere, ch'ella dormiffe
nellafua camera. K[on fi guardando però da Tslaflagia, per mego della quale Ci
cilia, di vergine era,diuenuta Donna,che pare, che voglia la forte,che in cofi fat-
ti caft, habbia I'huomo fofpetto di ognuno, eccetto che di coloro , di cui maggiore
lo deurebbero hauerc xSendrono,di do i due amanti ineflirnabile dolore, veggen-
doji
D e G i/t H e c a t o m m i t h i
dofi chiufa, la via al potere effere infteme, pure portando viccndcitolmcnte amba-
fciate Najlagia, pigli.vtano alquanto di conforto gli afflitti . Ma appena. pafs'o il
il mefe, cbe Cicilia, doppo I'efferft congiwnta con Ifinlcri, cominciò a perdere U
mangiare, et fcntlrfi tutta fafiidiofa, il che communico ella con Najlagia. La qua
le le diffe, Figliuola mia, voi faretc granida, Me ne dubito affa'i, rifpofe ella; &
percio io mi fento Li pin mifera Donna ,cbe mat ft congiungcffc con buomo , perche
fe mio Tadre fe n’aucde, mi veeideràfenga alcuno dubbio, gr potrebbe anco aue-
r,ire, cb'egli vcciderebbe Bfinieri, cbe sò io bene , quale c l ira fua quando ft fente
offefo. Confolo Najlagia la Gieuane,&partitafl riferl ogni cofa a fiinieri, ll qual
fubito penso di concurft la Moglie nella fua terra. Ma prima cb'egli hauejje mefe
in panto le proulfioni, chcgli pareano neccjjarie a condurla ft curament e,paffaro-
no al quanti mefi,& il Tadre ft amdeitiquejh mego, cbe granida era Cicilia,&
nbebbe quel dolore, che ft puote hauerc per ficro accidente; ma lo ji cbiufe nel
cuore, <£rfenga voler fapere di cbigrauida ella Ji foffe, volfe tutti i penfleriafir
la morice; ma delibero di non volcre effer qucgUy cbe del fangue fuo s'hnbrutaffe
le rnani. Et cbiamato vno, chc Maltroua baueua nome,fuo antico famigliare, del
quale egli ji femina in dar morte a i hi gli ficeua ojfcft, gli fcoperfe il fuo pcnfte-
ro >egr con poca fatica Cinduffe ad offer quegli, cbe Cicilia vccideffe : & dapoife
ne andaffe tanto lontano, che nonfe ne v diffe nouella ad Imola. Jit perciò gli pro-
miff tanta quantità di danari, quanta gli baflaffe a viuere in ogni luogo. Concbiu
fo I!fat to tra loro, & dato ordine del modo di condurlo a fine . Conduffe M effere
Horatio Cicilia in tentado, fingendo di v clere andarft a diporto:Et flato ini alqna
tigiorni con finta ailcgregga, fo prauenne vn giorno >verfo la fera , lo federate
Maltroua, ton fua Moglierc.,tbc von era punto meno fceli rata di lui. Et andati a
cafa Meffere Horatio, rr.ofirarono d'effere iuigiunti come alia f'pronedata; per ef­
fere maneata la lena a Caualli,che la carrettina tirauano,fli la quale era la Mo­
glie con alcune rebbe. Fu atcolto il Tradiiore infteme colla Moglie da Cicilia con
■Imifiimo vifby non vi cfendo Mejjere Horatio,il quale per fuggire la noia,cbegli
trafflgeua il cuorc,fe ncra ito con vno fuo ffaruieri a caccia alle quaglie. Il qua­
le venato a cafa, & vedutoui il Manigpldo gli fe caregge, & effendo I'bora tar­
da fl pofero tutti acena, & cofi ccnando dimando Meffere Horatio one volcano
andare. Rifpofe la Feccbia, che andananc ad vn paio di nogge, cbe ft ficeano alia
Mafia, tra alcuniloro parenti a quejle parole Cicilia , cbe fuggia volentierigli
occbi del Tadre, dubitando, che non ft auedeffe di qucllo, di cb’egligià ft era aue-
du-o, quanto volentier diffe, vi v e n d ancb'io, fe foffe in piacer di mio Tadre . St
perche non deue egli effer contento s’diffc la veccbia, Tercbe rifpofe Meffere Ho-
-ratio, fingendo di nor volere quel, cbc flmmamente voleuafla tnia Figliuola non
€ vf i t it di andarc a torno. Deb, dijffe, la mala veccbia , che del tutto era confix-
peuole. Folcte v o i, Meffere , cite quesia Figliuola flflia , come vna Memacha ,
fempre fepolta iv afa f Lajaate, cbe and) ella. aide volte ft prenda qualebe bone-
'flo (btlaggc II luo m auc andlamo non è mo Ito lontano, è molto defiro,, & accon-
<io U camino, !a jiaiongc a ddetti a i m i t a farami alie noggge molts pulgcllc no-.
D ec a S e c o n d a. no
hilt, come Gialia, & nhaurb io cuftodia, & gli farò quelia compagnia, cbe fe
Figliuola mifoffe. Terò voglio, cbe mi concediate, cb'dU venga con cj]'o meco,
& col mio Marito, come con coloro,cbe da Fanciulla ce Ibabbiamo alienata. Tu­
re moftrandofi non volcre Meffere Horatio (la mi/era Cicilia , cbe non Japcua a
cbe deucffe riufire,quel, cbe ella fempliccmcme chiedcua) ft raifc a prcgarc il Pa
dre, cbe diciò lefoffe cortefc. La onde pregando da vn latola Figliuola daltal-
tro la mala Veccbia, & gli altri, cl? erano in cafu finfe al fine di rimancr conten-
. to. La mattina fatta vefiirc Mcfjere Horatio Cicilia d'vna ve il a di Zendado Car
mefino, la diede al Maltroua, & alia fcelerata Donna in carretta. Ft /acendo vi-
Fta Meffere Horatio di voler dare in compagnia alia Figliuola vna Donna att em­
pata ; diffe la veccbia, Hauete bene pocafede in me, Meffere , cbe bifogna ultra
I compagnia a voiira Figliuola, quando ci foriio d forfe cbe io non la faprò/entire.
Mof r o il Tadre di acquetarft die parole della malttagia , Ft cofi la Giouane infe­
lice credendoft di andare a placere, fi mife in camino con coloro,cbe la menauano
alia morte. S'inuio il Maltroua verfo l\auenna , & giunto in vn faltijjimo bofio,
fingendo egli, cbe ftfoffefpegTqto vno del legni della carretta; diffe alia Moglie
& alia Giouane,cbe feenieffino, acciocb’cgli il legno rot to racconciaffe. Sccfero le
due Donne, Etpoi cbe Cicilia fu in terra, la prefe il Maltroua per vn braccio,
le diffe, fqccomanda I'anima tua a Iddio, cbe qui, per le mie mani, ti conuien
vnorire. M qttetle parole rimafe come morta la Giouane, & datafi a plangere,
& a gridar forte, .Abi Maltroua diffe ,fono queste le nogge , a cbe condar mi
vuoi dfi trattano cofi le pari mie d Si, diffe lo feelerato,cofi. fi trattano quelle, cbe
fenga riguardo dell1honor delle Famiglie ,fanno qucllo , ebai fatto tit, maluagia
femina, & qui le nogge tifi faranno, cbe ti fi conucngono. Conobbe a qitcfit pa­
role la mifera, cbe il Tadre fi era aueduto del fuo fallo,& cbe perciò I’hauea da­
ta a colui, cbelvccideffe. Ma con tutto óò ,fightò la infelice ginoccbioni amnii
il Maltroua, & plangendo diffe, Io non niego di non bauere errato, ma nondime-
no non offefi io mai te, nè vergogna ti fei, onde tu ne debba far la vendetta. Deb
fe non vuoi pietade baiter di me,babbi almen pietà della infelice creatura,cbe nel
mio ventre fi cbiude; & non voler dar morte oltre a me, a chi non peccò m ai,&
non è anebor nato . Et quindi ngatafi volta alia crudel Veccbia, Mhi madre mia,
diffe, non conjentite vi prego, cbe io fia dal vofiro Marito, a cui io/empre giouai,
come fapete,fi crudelmente rnorta. La fpietata veccbia niente altro le diffe,cbe
fe tuo Tadre non hà bamto pietà di te, vuoi tu, chelbabbiam noi d a morire bai,
pero cerca di non perdere infieme coi corpo, 1anima. Mllhora il Maltroua la pre
fe per gli capelli, & algo la fpada per leuarlela tefla , ..A queflo atto fi moffe a
compaffion della Giouane, quella veccbia, in cui mai non baueapotuto pietà , Et
prefèil braccio al Marito. Et diffe alia mifera Giouane , quando di andartene tan
to lontana tu ci prometta,cbe alcuno non ti conofca, & cbe non babbia a dirgia-
•=« mai cbe tu ti fia, ti faro donar la vita . La Giouane, cui parue , cbe quefia foffe
vna voce caduta dal Cielo, promifele, & giurollc per Dio di cofi fare, allbora la
f veccbia difbofe, benche malageuolmente, il Marito a non la vuidere . Ma cauar
iolc
D l Gfcí :Hb c a t o m m i -t m i
tole la vefie di Zendado, gr tutii qriegli ornamenti , cbe poteano dare ifiditi^fü
nobiltàfialafciò infolacamfcia, La veccbiapure le die vnafitagonelluuiamoltòj
logora, di cbe ellafi v e f li: gr U Maltroua, lafciatala nel bofco fola, gr montxtó
falia carretta via fe nandò, co panni delia infelice Giouane, gr con tutto quello,
che Meffere Horatio a queflo finegli banca dato.Ma appena allontanato sera da
Cicilia died miglia, che foprauemic vna Mafnada di malandrini,cbe a lui, gr al­
ia moglie diedero la meritata morte; gr colla vcfla di Cicilia to!fero loro clò,che
egli bauena bauuto da Meffere Horatio,che fu per pin di quattro milafiorhú d'o-
ro . Ma lagiuflitia d'Iddio fe, cbe poco dapoi, hebbero anci/efji ilguidcrdonc dd-
lc loro federate opere, perche diedero nel Bargello di Raueuna,cbc e y congrofja
gente in campagna, il quale gli prefe , gr gli conduffe al Gludice, one confeffaú i
loro ajfajfnamenti n hebbero il diceuolegafligo. Cicilia infelice ritrouandofi cu-
chi in vna fua cintola, chefotto la camifcia fulla carne portaua , alquante ccnte-
naia difiorini d'oro, gr alquantegioie ( come colei, cbauendoft a fujgire da fuo
Tadre con Rjnieri, bauea già cominciato a pigliarfi cofe di valore, per portarleji
con effà lá) trafj'e fuori due coppic difiorini d'oro, gr tanto ando per quel bofo.
qua, & là , cbe ritrouò la via di ridurfi al Mare: gr mcffafi in vna barca , cbe
verfo coreto fi giua,fi fe porre al porto di Ricanati,Et ritrouata iui vna vecchie-
rella bonefia , gr di fanta vita , ft diede a viuerc poueramente con lei,nomnan-
dofi Ifabella da Tfirne . Taffati i due d l, Meffere Horatio , comináò a fingere
di marauigliarfi, cbe Cieilia non ritornaffe. Et mando vno de Juoi alia Majfx,
oue bauea detto Maltroua dc voler andare alie noggtg >& ritornato il famiglu-
re , gr dettogli, ch'egli nonfolo non era ito collà, ma cbe non vi fi erano fatie
nogge in alam li.ogo , Si die Meffere Horatio , poi cbe hcbbe ciò intefo, a grida-
r c , & a lamentarft , & a darfegno di grandiffimo dolore , gr a malcdir f e , &
la fua mala ventura, cbe ibaueffe indotto afidare la Eigtiuola ad Huorno , gr X
Donna tale. Et meffe a caua.Uo genti, mando quâ, gr làper veder fe ft potex
haiier fentore dei Maltroua . I Cittadini tutti con lui fi condoleam di ^coft ftrano
cafo, gr marauigliandoft pofá.t tra loro, che di colui Meffer Horatio ft foffe fi-
dato in cofa di tanta imp ortanga, mnfapeano, cbe dirft ajtro, fenon, cbe batten­
do fatto Meffere Horatio col megp di coftui mille oltraggi ad altri, bauea final-
mente permeffo Iddio, che ciòfoffc auenuto,per moflrare, che dal male operare,
gr dalla conuerfatione de maluagi > mai nonft raccoglie altro , che male. Ritor-
narono coloro , cb'erano andati a cercare dei Maltroua et differo che in luogo dei
mondo non ft ritrouaua, Ma cbe baueano intefo,cbe nel porto di Rauenna era vna
naus di Mercanti, cb'erano iti ad Otronto , per andare a Coflantinopoli., gr che
teneano certo, ch'egli con cfjo loro fe nefoffe fuggito, gr menaffe Cicilia al Tur­
co , penfando, per effere ella bclliffima di trame molto vtile. Mando ad Otronto
Meffere Horatio , gr ritrouò, che la nane fi era partita già otto gtorni cram.
Onde fingendoft egli il piu infelice Tadre , che viueffe fbenebe io mi credo , cbe
il dolore non foffe in tutto finto) tutto dolente fe ne ílaua. findando coft le cofe
in Imola, Cicilia in cafa de la buona vecchia partori vn bcllijjimo figliuolo, al
quede
D e c a S e c o n d a. ti j
quale pofe notne Rinieri, per raddolcire nel tiome deljigliuolo iidefiderhfcbe U
ftruggeua del Marito, al quale non ardiua palefarft, ft per lo giuramento,con cbe
ft era ailretta al Maltroua , per non fare contra a Iddio , ft perihc u mea , cbe fe
cio veniff'e a notitia al Vadre di lei, non gli faccffe vccidere ambidue,hauendo già
eüa pronata la fuafieregga. Si)parfe il cafo di Cicilia per tutta la Romagna onde
venne alforeccbie di Rinieri, il quale dolente oltre modo ad Imola fe ne undo; dr
:ercò difapere da Tgaftagia , cbe ciòfojfc , d r non veggendo rimedio a ritrouare
'icilia,prefo il pugnale, cb’egli bauea a lato,fi voile vccidere. Ma glide vietò
Ida(lagia , d r gli perfuafe a cercar e della Moglie, cb'ella era ft cura, cbe diligCH-
temente ccrcandone, la ritroucrebbc, dr anco vn di viuerebbe con lei feliccmen-
t# t e . lAppiglioJfi a quefio conftglio Rinieri, d r fenga dare altro inditio, di fe,inte­
rns fo, cbe camino hauea tenuto il Maltroua, verfo là fe nandò. Et doppo molto ha <cr
* ne cercato, ritrouò vn TaJlorello,cbe diffe bauerlo veduto voler efu enare vna Gio
i ;|i uane, cb’egli con effo lui baueua in carretta, d r cb'egli credcua cb'vccifa I'bauef-
j f e>perche, piü non Cbaueua veduta : rimafe a tal nouella tanto dolente Rinieri,
àI quanto nonftpotrebbe dir piü. Et, andando piü auanti, trouò vn altro,cbe gli dip-
fe, cbe colui,cb'era in quella carretta, era flato vccifo da Malandrini infieme con
vna fua veccbia, ma cbe Giouane alcuno non bauea eg/i con lu i. Venne in opi­
nione Rinieri di non andare piü oltre, crcdcndo, cbe come gli bauea detto il Ta -
ftorello, foffe morta la fua Donna , d r füpcr ritornarfi ad Imola,dr sü quel let-
to vcciderft ,ful quale ft era con lei congtunto. Et ecco, mentre egli era in quefio
penflero, vide venire vno, il quale baueua in (palla quella vefle,di cb'era veflita
Cicilia quando il Maltroua la voile vccidere; dr fubito conobbe Rinieri, cb'ella
era quella, di cb'era veflita la Giouane quelgiorno , cb’egli con lei ft accoppiò;dr
dimando gentilmente a colui, onde bauuta egli I'bauejfe, Egli rifpofe di bacteria
comperata in Rauenna in vn fondaco di Giudei. Tregollo Rmteri, cbe vólejfe ri-
t ornare con lui a Rauenna , Egli nefü contento : d r entrati ambidue nella città,
lo menb , là , oue la vefta comperata egli hauea , dal Giudeo intefe Rinieri, cbe
era fiata vefta di alcuni Malandrini, cbe in Rauenna erano flati impiccati. Se ne
ando Rinieri a Giudici, d r a notai di quell’vfficio, d r cercando di quanto bauea-
no trouato , d r faputo da Malandrini, tra le altre cofegli moflrarono vna lette-
ra , cbe baueano rubat a al Maltroua infleme co danari. La quale toflo,cbe ft par
ti egli da Cicilia bauea feritta per daria al primo fldato meffo cb'egli ritrouaua ,
I colla quale auifliua Meffere Horatio di baucre vccifo laflgliuola,come egli com-
'yfleffo gli baueua : Rinieri, pigliata la lettera , dr ruomperata la vefle tutto di-
If: jpotto di voler vedcr vendetta di quella Donna, cb’era f animafua , ando al Tre-
fidente di Romagna,il quale allbora ft ritrouaua a Ccruia : d r apprefentatagli la
lettera fio pr ego anon mancargli digiuflitia . Il Trefidentc, alquale già era vc-
Unto a notitia il cafo di Cicilia , dr fcco flcffo ft bauea perfuafo, the di quan-
to era auenuto dilei, ne foffe confapcuole il Tadre, veduta la lettera , fubito ft
ridujfe in Imola, dfc]lafeguente noite fe pigliarc, d r porre in prigione Mefferè
-Moratio. Et la matting, fattolofi menare innangi, gli dimando , cbe foffe del-
Tar. Trtma
D ^G li H e CATQMHI THI
la Figl'mplajiUa qHaldfmanda,eglifl fenti traffigere ilcuore. Ture, fa tto vnpto
co di buon vifo, tòffe ,che egli piunon ne fapea.,che nefapeffe tuttalaCittà. phnt
ri in queFla alio improuifo vfci di dietro vn letto , one I'baueafatto nafcondereil dt
Trefidente, & fattofi innangi a Mejfere Horatio- d r moftrataglila vefle ictieu
di Ciciliagli diffej Mhi ribaldo veccbio , conofci tu quefiavefid? non deflitttal
Maltroua la tua Figliuola cofi vejlita , perche egli I'vccidejfe Fnonglbdonajh tu
tanti fiorini d'oro, dr tantegioie (cbe del tutto era informato dall'vffiáo\n l{aue-
na3per le robbe,cbaueano confefjato i Malandrini de bauer tolte al M'qltroua)
perebe ciòfacejfe ? conofci tn queila lcttcrayhuomo maluagio,fdr con que/iepa­
role 3gli mofirò la letter a del Maltroua) leggila 3 dr vedrai crudeliffimo huomo3
che lo[celerato manigoldo ha il tuo dejiderio compito, llpouero veccbio, lettala
letter a3veduta la vefla3& veggendoji cofi minutamente narrare il fatto 3nonft*
p e3cbe ft rifpondere3 & come attonito ft rimafe, non pojfendofi imaginare , come
coilui potcffecio fapere; veggendo adunque il Trefidente, cb'egli baueua cofi o-
gni baldanga perduta»fenga dubbio il tenne colpeuole3& gli diffe . Cofi trattano
i Tadri le Figliuole,Mejfere Horatio? ma ne porterete tanta pena3cbe mifero voi.
Il Cattiuello ri(pofe3cofi[anno i Tadri,quando no pojjon fojferire la maccbia, cbe
fanno le Figliuole alia famiglia3col Jottoporfi ad buomini,cbe non fa n lor mariti.
Mllhora dijjeRinieri, al fuo marito ft era fottopofia Cicilia,Maluagio, & era di
luigrauida,dr non d’altri:& fon quegli io,ma rendo gratia a Iddio,cbe nbaurai
il ga(ligo3 nè di vna morte fola3ma di due deurejli effere punito3fe due volte pote•
fti morire,che ad vn tratto bai fatto morire la Figliuola , d r I'innocente Nipote.
Mejfere Horatio, a Rinicri riuolto 3 Vorrei diffe bauer prima, cbe bora, te corn-
feiuto cbe non baurefli bauuto agio da accufarmi, nè mono mal contento per al-
tro3fe non perebe tu rimam viuo3 & ate deueafi piu graue pena, che a me,come
a prima cagione di ogni male. Et far à male il Signor T r efidente }fe non ti gaftiga,
d r non ti infegna di lafeiare, cbe i Vadri le Figliuole maritino . Sono liberi i ma-
irimomj, Mefjere Horatio, rifpofe il Trefidente : nè3percbe le Figliuole fi mariti­
no a voglia loro, deono effere vccife. Et rimife, doppo taliparole3 Mejfere Hora­
tio in pngione,fotto diligente cuftodia}<& fignifcò al Tapa come il fatto flaua.il
quale gli rifcrij[e,cbe glide mandaffe a Roma, Mandogliele, il Trefidente, dr il
Tapa lo fefubito effaminare,dr trouatolo delle due morti colpeuole,fu condannx
to ad effergli tagliata la teFla. Non tanto per punire leffetto della morte , quanto
per bauere condotto quello ajfajjino con danari a cofl f celerato vfficio : acc’w cbe
paffaffe in effempio del mondo [di qualpcna fon degni coloro3cbe alia morte degií ¥ 1
buomini, dr (pctialmente de fuoi3conducono con moneta fimili fcelerati.Sra come
habbiam detto Mejfere Horatio nella fua terra huomo di nobile cafa , dfr digrah
faculta , Onde era digran nome3 dr non fu cofi toflo condannato alia mort>e,sheU
voce fi fparfe in vari luoghi, la onde arrino a Ricanati, aide orecCbie diíÇicilia ; il
che lefu molto graue ad vdire. Etpof.o cb'dla fommamente amaffe Rinivri, inte- " P
fe nondimeno con molto fuo difpiacere , cl) egli tra ft atO'. quegli a cbe il fuo Tadre
>
baueua condotto a morte : & dcliberatafi difaluarlo, (limando, che il fagramen-
to, col
D EGA S E C Ó N T> AÍ! 114
tõi q w tefíera aílrettaal Maltrom ciinon palefarfe,ànqtíefidoçcàfionenon
fóffe da jcruare, & che áòfipotejffftjre1fen^a, -offendere Iddio : pigliò licenga
dallabuona veccbia, & firmfe col fito figliuolino in via , & giunfe a poma quel
giorno appmto,nel quale era codotto Mejfer Horatio al luogo delia giufiitia,Giun
ta adunque Ciçilia nella pia%gqsoue fi dcuea dare cjfecutione alia capitale fenten-
ta ,& veduto il Manigoldo colla (pada in mano, cb’cra per leuargli la tefia. Si mi
re eÜa tra gente & gente, & cominciò a grid ire quanto piu potea, Rqttenete la
ada*Rattenete la (pada fergcnti, cbe more a torto il valente buomo , perche è
viua.cold, & il figliuolo, pergli quali egli è condamato a fimil morte. .A que-
fie vocifi volto tutta la gente, cluui era, & veduta la Giouanc, col figliuolino in
braccio, il quale era il piu bei bambino, cbe vedejfe occbio mortal giamai, per la
compaffione, chaueano tutti di Meffere Horatio, non lafciarono procedere la effe-
eutione, auifandofi, che quella foffe la Figliuola del Gentilhuomo. Giunfe Cicilti
col figliuolino in braccio al palco, oue fiaua ginocchioni, il mefehino colle mani le­
gate dietro alle renefad afpettare il coipo mortale. Etgittatafi al collo al Tadrr,
tAbi carifjimo Tadre, gli diffc, ecco quila voflra infelice Figliuola,mercêcfldd 0
viu aja quale, a coft gran bifogno, porta a voi anco la vita, polio in oblio cbe ’a
bauefledata alio feelerato Maltroua,ad effere vccifa. Eccoui il Nipote con effo lei
per cagione anco del quale erauategiunto a cofi malpartito, perdonatemi, caro
padre, sio v i offeft, & piacciaui hauer da me la vita. Si cbiufero a quefia voce
di maniera intorno al core gli fpiriti al Tadre cb'egli non potè formare parõla al-
cuna: &' di tencreggapiangendo,volentieri haurebbe git tate lebraccia, al collo
alia Figliuola, & accolto il caro Bambino, fe il mifero nonle haueffe hauute lega
t e . Rinieri,ch’era iui,per vedcr leuar la tefia al Suocero,veduta la fua donna vi-
**ua, & il bellijfimo figliuolino nellefue braccia,fubito la riconobbe: & comeim- y*
pagato, a lei fene corfè, & abracciolla iui in publico, infieme colfigliuolo,& elite
medefimamente abbracciò lui. Ter la qual cofa fu conofciuto da ognuno, che que­
fia era la Figliuola di Meffere Horatio, & quefli ilfuo marito : onde, & per la
allegretto,, & per lapietà, vennero ad ognuno le lagrime a gli occbi. Il Capita-
no della giufiitia, fe intendere al Tap a do, eb'era auenuto, il quale, pieno di ma-
rauiglia, fe condurre afe Meffere Horatio, & gli altri, & intefa ogni cofa minu-
tamentejodò Iddio,che coft a tempo foffe giunta la Giouane. Ft riprefa la Figliuo
la,che di nafeofio del Tadre fi fofj'e maritata,& Meffere Horatio,cbe per do I'ha
ueffe.data ad effere vccifa, appareccbiatoil di feguente vn fontuofo conuito, voile
't*The il matrimonio,che tra due amanti ceUtamente ft era contratto , & di nuouo
m l fuo cofpetto fi celebraffe, acciò che vinterueniffe il confentimento del Tadre.
jjp Ilquale lafciatala Figliuola, & il Nepote di tutto il fuo hautre herede, gidfiitio
dehtodttdoifc nandò Monaco, & iui fantamente fini la fua vita. Ft Rinieri, eólia
s A Ciáíia viffirtutto il rimanente de fuoi giorni contentiffimo, & rengratiarono am-
p jp . Indue Iddio,cbi, doppo tante afflitdoni, gli bauejfe ferbati a tanta allegregga.
/ / /

Dl G n Hecatommithi
F 1 A M M A. A M A. FI NEO, ET EGLI L E l ? IL P A D R E D E U )
Giouaneè contrario al loro amore; Fineo vienprefo, & Iegatogii le mani , & i piedi è
poftoin vna barca íblo, nd!a quale c prdb da Coríali; Fugge íimilmente Fiamma dal
Padre, per non vokre altro marico.è prefa anch’ella da CoriaIi,& venducaal Re diTu-
nefi , è meílo Fineo a fuacuftodia jfuggono iníieme, fono rifpimi dalla Fortuna a Tu-
nelij il R e, conofciuto Famoreloro, gligiunge per matrimonio , & gli manda acaiacon
ricchifsimi doni. - a ; ‘•
N O V E L L A VI.
I| L 1 auenimcnti di Ciália,et dl Bjnieri furono dalle Donne con gran '
pietade afcoltati;come haurebbono voluto vcdcr la morte diMef-
fere Horatio , (juando die la Figliuola ad effere vccifa da quello
■ául federate, cofi reflarono contente di vederlofaluo, per opera della
Figliuóla. Ft tutte ringratiarono Iddlo, ebaueffepermeffo, cbcil
Maitroua,& la / 'celerata vecchia haueffmo bauuti da altrifcelerati degna merce
de dell'opere loro. Toi cbe ft fu alquanto fopra ciò ragionato, dlffe Fabio a Lucre-
tiay a vot tocca feguire, Ft clla con cortefiffima manicra,coffcominciò. Cii errori,
cbe tutto di nafeono fra not, fono fouentc cagionetcbegli buomini apranogll occbi
& a ffefealtrui diuenganofiui, & felici coloro fipoffon dire,cbe ft per gli altrui
flrani accidently sduangano3che fcorgono qua!fentiero fia quello , cbe conduce gli
buomini ,fen%a noia a buonfine; & fe tali foffero flati gli amanti,de quali io vi
voglio ragionarCy ilfine del loro amore, quantunque feliee , non farebbe paffato
per gli infortuni, per li quali pafsò prima, cbe godeffmo del loro amore.
F F' IN Genoua vna bclliffma Giouane cbiamata Fiamma, la quale arden-
temente s innamoro di vn nobile Giouane da Sauona, il name del quale era Fineo,
& baurebbero ambidue data boneflofine al loro amore, fe il Tadre della Giouane
non foffe loro flato contrario . Tercbenon ft contentando eglidiquel Giouane"
diceua ffeffo villania alia Figliuola, per queflo fuo amore. Ma per tutto ciò nonft
feemaua il fuoco ncll'animo de due Giouaniffperando pure di potere indurre il Ta
dre di Fiamnna, al loro deftderio. Haueua Fiamma vn fratello valorofo, il qua~
le haueua a male, cbe Fineofeguiffe in amar la fua Sorella , & hauendogli fatto
pin volte dire, cbe ft toglieffe da folleckarla , & nonfe ne volendo egli diftorre,
delibero difarlo da ciò leuare colld ffada in mano, perche, anchora cbe foffe il di
uieto in Genoua ,cbealcuno non portaffe arme , le portauano nondimeno coflor
duCyper effere I'vno, dr I'altro di loro capo di Fanterie. La onde bauendo ritroua
to vngiorno Fineoperflrada, effendo il Fratello di Fiamma bene accompagnato
cominciò a fuillaneggiarlo : Ft eglt,cbe digran cuorc era , anebora cbe foffefore?'
flicro, non potendo foflencre di efferc oltraggiato,gli riffofe, cbe quando foffero
da folo afolo, gli farebbe egli vedcre, cbe non era huomo da patire ingiuriatmay i
cbe Coccafionegli apporterebbe il tepo di farglifl conofcere. Mifc mano atira ffadà t
I'auerfario, mentre Fineo cofi parlaua, per fcrirlo, ma non gli venne ciò fatto’,
perche Fineo prefa and) egli in mano la ff ada, effendo egli prcflijjimo della ma­ #■
no, & de piedi, & bauendo I'occhio viuaciffimo , riparò il colpo, cbe contra lui
veniua, & fen il nemico su la mano; qudli,ch'erano col Fratello di Fiamma,fu-
bito to
. D É C A S É C O N b A» *.>T UT
fc/io /o prefero,& lo diedero in forga al Podeftà. Et effendo allbora grauiffimo de
litto il mettere mano alie arme contra vn Gentilbuomo Genouefe dal foraftiero,
non cbe il ferir lo, fu condannato Finco ad effere morto. Fra egli, per lo fuo valo­
re ,molto amato in Genoua, onde non mancarono Gentilbuomini,cbe fi trappofero
per vedere, che non fi procedeffe contra lui ft crudelmente , & ottcncro , cbegli
foffc.commutata la pena . Et fu condannato a pena, poco men dura della morte.
Terche fattegli legare le mani, & i picdi, lo ferono porre in vna barchetta , &
condurlo in alto marc al tempo di Fortuna, & iui lafciarlo aliimpeto dell'onde,et
de venti. Fu lungamente combattuta la nauicella daliimpeto di queile,& dal fu­
rore di quefti, Et hebbe li miferello, fotto varie imagini,la morte innan?} a gli oc
■cbi.Ma in quello fpauenteuole, & mortalepericolo, non mancaua egli di cbiama
ve il nome della fua Fiamma. Et in quello eftremo cafo , quafi fi pregiaua,che per
i ‘amore della fua Donna, do glifoffe auenuto . Or mentre egli non afpettaua altro,
cbe la morte, cefsò in parte il furore della tempefla. Et ecco fcoprirfi vna fregatct
diMori, i quali erano vfati di andare in corfo, & cercauano fe forfe la temp efta
hauejfe loro appreftata qualcbe occafione diguadagno. Non videro cofi tofto co-
ftoro la barchetta, che super le onde fe negiua a ventura , che credendo di ritro-
'i uarui qualcbeguadagno, dritgarono il corfo verfo quella, & trou.itoui il mifero
’I Giouane legato,e*r vedutolo di bonifftmo afpetto, lo fciolfero, & nella loro frega -
0 ta lopofero fchiauo a menareii remo, inftno a tanto, the par effe loro di farne al-
tro . Era qucHaferuitu grauiffima a Fineo , ma tenendo, chefoffe meglio rima-
I- nerfi in arbitrio de gli huomini, che del Mare, & de ven ti, imaginandoft, che
», viuendo, glipotrebbe anco venire in forte, di vedere, & digodere l 'amata Don-
te I -K na, toleraua quella cruda feruitu patientemcnte. Fiamma ,poi che intefe a che ter
\e mine era ftato meffo Fineo, teme certo, cb’egli ftfoffe morto, & di non lhauere
ft a veder mai.Onde fcrma and) ella di non voler piu viuere,fi diede a penfare qttal
a maniera di morte ella volejfe fare : & fimulando in cafa lieto vifo , come panto
t- non ft curaffc di Fineo,era tutta via sit quefto penftero, & al fine ft rifolfe di non
to •volcre altro fin fare, che quello, cl) ella s'imaginaua, c hauejfe fatto t amante fuo.
p, Era non mono innamorato della Giouane vn Gentilbuomo Genouefe, che foffe Fi-
di ■neo:et simagmò ,cb'effendogli Fineo tolto dinagi ,deuej]e piegar Fiamma adamar
)r lui, et a pigharloft per marito,ejfendo mafjimamente deftdcrofo il Padre di dar-
id glicle. Onde p affati alcunigiorni, doppo il cafo di Fineo, lafcce addimandare al
to "Padre, il quale, parlatone colla Figliuola : & parendo a lui di hauerla ritroua-
r? pronta al fuo voler e, glide promife. La notte, cbe ando innargi alghrnodclle
ro ' nogge chiamato la Giouane a fe vno fchiauo Moro,cl) era alia cujlodia di vna bar
I cketta del Gentilbuomo Padre di leifil qual Moro sera cofi inucccbiato nella cafa
a,
U # * chèndhbaueua ella a temere da lui forga, lo perfuafe a liberarft di feruitu, ft che
u . ybteffe egli libcramente vherft il rcfto degli anni fuoi; et trouatolo a ciò pronto,
\a-> *gli diedi molti danari,et lo induffe a volerla condurre in mare, & fire pofcia di
lui Jf i quel,ch-ellagli imponebbe.il m\sleale,et feelerato Moro,che ft vedeua guada
fe- gnare la liberta,et bayçrc bauuti tanti ianari dalla Giouane, ihc non era per pa -
^ * Par. Prima P 3
t
DÈ O li HECATOM M Itlil
tír difagio mtiitta la fuavita non pure non ribebb egratia alcuria, alia Giouane*
mafe difegno di guadagnar di lei, col condurla al Redi Titnefi, & venderglide
molto pregão. Et con quefla mala intentione,promifeleil Manigoldo di far quan­
to ellagli comanderebbe; vfeirono adunque la Giouanc , & il Moro ,il quale le
cbiaue tencua, della cafa, & entrarono nclla barcbctta : & confccondo viaggio,
fe ne andarono quell a notte a Liuorno. Et ella, cbepenftero haueua molto lontano
da quel del Moro, poi che ft vide tanto lontana dalla patria , che ft penso non de-A
uere effere ritrouata da fuoi, gli difje,che pigliaffe terra : et fmontato cb'egli f o f \
fe della barca, lei fpingeffe nel mare,perche clla coft voleua morire tra I'onde, co­
me credca, chenell'onde morto foffe il /no Fineo.Moftrò il maluagio Moro di vo*
lerle complacere,ma le diffe d ierano anchora troppo vicini,et che foffe contenta,
cl) egli andajfe tanto oltre, che fe ilVadre cercaffe di le i, non potcjfe fpiarne cofa
alcana,Ma hauendo piu volte follecitato la Dongella il Moro,et egli tutta via ad >
dotolefue faitole, venne la mifera in fofpitione di quel, ch'era:Et facendoft giorno
finfe ella di voler v edere non sò che nel mare, onde,fattafi alia ffionda della bar-
chetta,fi voilegittar nell'onde. Ma il Moro aiiuto, che do comprcfc, fubitamcn-
te nel mego la piglio,& non pure le vieto il gittarft nel mare,ma le mani infieme
lelegò,& i piedi, & one ella hauea Ini meffo in liberta, egli come ferua infelice,
fotto il Juo arbitrio lapofe. Et rimprouerando la mefehina la poca fede al Moro,
& sc riprendendo di hatter troppo creduto, rimafe la piü dolente, & la piu mife ­
ra donna,che amajfebuomo giamai. Etpentita dell'errore,quando nulla il pentir-
ft legiouauaje doleua non hauer vbidito al Tadre.Mentre il Moro quanto piu po
tea^fpingeua la barca,et la Giouanc ft doleua; ft fcoperfe vna Saettia di Mori,che
in corfo andauano per lo mare:& veduta la nauicella,a lei s'accoHarono. Et tro-
uatoui fopra il Moro, & la Giouane legata,vollero rapire la giouane, & volen- *
dofi loro opporre il Moro,^li dieron di molte ferite.Et dimandarono alia Giouaac
cbi ellafo/]c,Ma ella non intendeua loro,nèe/Ji lei.St folo,colpiangere,& colgri
dare,daua fegno di effere infeliciffima.Ma il Moro, cbe a morte era flato ferito,
diede a Corfitli,prima cbe ft moriffe,picna notitia di lei. Et fe loro vedere il gua-
dagno, cbe ne poteano fare,vendendola al lor Re. Mon il Moro, & fu fpogliato,
& toltogli cio,che Fiamma gli bauea dato:& col mancar difede, hauendo volu­
to ciuangare,perdcttcfmfleme colla vita, quel, cbe dalla mal conflgliata dongel-
la egli baiteua bauuto, Me/J'a poi la dolente Giouane nella loro Saettia,& confo-
landola il rneglio,che poteano finuiarono verfo Tunefl. 'Voile la forte, cbe gli al-
tri Corfali,che Fineo teneano fibiauo ,s'incontrarono in qucll\,cbaueano Fiamrrfx
onde vennero a battaglia infleme.St queili di Fineo,il quale in quefla 7giffa hau&t
dato fegno di grandiffimo valore, vinfero gli altri, & tolfero cià,cbaueano,omie
la Fiamma, et Fineo in vna ifleffa nauefl ritrouarono.St poflo,cbein queilú e/he «
ma fortuna, foffe caro a gli amanti hauerft almeno vna volta veduti*grarde/fi-
no ambidue di defldeno cfabbracciarft, & di raccontarfl le lor feiagure,nondime- &
no Fineo fe fegno a Fiamma, che per modo alcuno non deffeinditio di conofcerlo,
& coft feceella. Fu Eineo , per lo valore, cbe nella battagliabaueamoflrofia
Corfalf
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torjalífciolto, dr furono egli,& cllafmpoc.ofpatiodi tempo, condotti al Re :jb-
quale,veduto Fineo belliffimo Giouane, dr intefa da Corfall la fua prodeyj^a , lo
voile appreffo di fe:dr vinto dalla giouentu, dr dalla belieyga della Giouane, la
comperò conbuona quantità di danari,dr lafe porre, colle altre fie Donne, nclla
cuba:& tanto pik cara glifu, quanto i Corf a ll, per quello , cbaueano intefo da
gli altri, cui il Moro hauea narrata la qualità della pulyclla , glide dauano per
Donna nobilmente nata. Fineo,appreffo il Re, talc ft fcoperfe , them mem [patio
]di vno anno, I’hebbe cariffimo , d r lo prepofe alia cuflodia della porta del luogo,
in cui le donne cbiufe flauano : oue egli, confuo molto piacere,vedeua ognigior-
no Fiamma, dr ella, con non minorc diletto , vedeua lui. La qual cofa pajfaua
fra loro tanto accortamente,che non dauano a niuno materia di fofpitione alcana,
Eracofiumedi quel Re difar andare agiacer con lui le Donne,cbe egli,per fuo di-
i letto, nella cuba teneua, con quelfor dine cbe comperate le hauea,per la qual cofa
effendouene molte comperate prima, ebe Fiamma , era paffato i’anno , dr quaji
meyol'altro , cbe cbiamata a fe non fhauea . Maauanyandouenefol trc ,fifla-
ua in grandiffmo difpiacer Fineo , veggendo, cbe indi a poco baueua and) ella ,
ad effere condotta al Re; dr gli accrefceua lapena il timore, cl) egli baueua cb'ef-
fendo Fiamma fra le altre, cbe lui erano, bellijjima toflo cbe con lei foffe flato ll
Re, no la voleffe bauere nel numero delle moglie,cofa cbe non meno affligea Fiam
maycb'ella noiaffe Fineo. In queflo tempo aucnncycbe vna naue di mercatanti Sa-
r- uonefi a Tuneft perueme,dr iui videro Fineo , il quale era flato pianto da tutti i
>0 fuoi in Sauona per morto,dr ft marauigliarono come egli iui vtuo ft ritrouaffe.Fi­
;e neo, cbe i mercatanti conobbe, per l'auttorítâ,che teneua nella corte del Re,gli ac-
a- colfe amichcuolmente,& fe lor molto honore: dr doppo le grate accoglienye,lora
i* nanò, come foffe iui arriuato : dr gli domando del Tadre,dr del Fratello, dr di
te tutti gli altri amici, dr ef]i di tutti gli dieron conteyga, dicendoycbe erano fauiyet
ri cbe digran contenteyya farebbe a tutti, il ftp ere, cl) egli foffe vtuo, dr in buono ;!
o> flato. Spedite chebbero i Mercatanti le merci loro, Fineo diede lor lettere cbe le
CL- portaffero al fratello ,dr al Tadre, colle quali gli auifaua,che infteme con lui, era
0, jnTuneft la Fiamma ,et cbe deftderaua torft di feruitu:ct infteme con lui,trarne la
fu­ Donna: dr cbe do farebbe ageuole qualunque volta il Fratello a lui fe nandaffc,
el- Ft gli diede il modo,cbe deuea tenere,perche cio veniffe ad effetto,I mercatanti ri
fo­ tornarono a Sauona,et fedelmente diedero le lettere al Tadre,et al fratcllo;a qua
al- li fkgratiffimo intendere cbe la fortuna nongli foffe flata in tutto contraria. Mife
Fratello fecondo I'auiJ'o bauuto,in punto vna barca con merci da buomini,dr da
tea donne:dr andatofene a Tuneft, ft fece introdurre al Rc;et dattigli alcuni don't pre
ide * ciofi, gH die notitia delle robe cola portate.il Re , intendendo che v i erano molte
he £ 'coje btíle da Donne,lo fece menareper Fineo nella cuba,dalla qual cofa bebbero,
htempOiet agio di ragionarc infteme fenya fofpetto,et di dar mono ordine a qua
to intendeuano di fare. Entrati adunque ambidue nella cuba,doppo I'bauer dona-
& S i alle altre Girouarii molte cofe,diedeil Fratello di Fineo,a Fiamma vna borfetta
belliJfma,oue era vna^ettcra di Fineo,colla quale I'auifaua di tutto quello,cbe fa
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D è O n H ecatoh m i^ K i
ttr difxgio mtiittct U fua vita jnon p u n non nbcbbe gratia alcmfa alia Giouane>
m if e difegno diguadagnar di lei, cot condurla at Kedi Tuncfi, & vender glide
tnolto p reg fo . Et con cjucfta mala intcntione,promifeleil Manigoldo di fa r quan­
to ellagli comanderebbe; vfeirono adunque la Ciouanc , & il Moro , i l quale k
tbiaue tencua, della cafa, & entrarono nclla barcbctta : & confe condo viaggio,
fe ne andaronoquella notte a Liuorno. Et ella, cbepenflero b.meux molto lontano
da quel del Moro, poi cbe ft vide tanto lontana dalla p a tria , che fi penso non de-A
uere ejferc ritrouata da fuoi,gli diffe,cbe pigliajje terra : etfmontato cb’egli fofA^
fe della barca, lei (pingcjfe nel mare,pcrcbe ella cofi voleux morire tra fonde,cor-
me credca, cbe nellonde morto fojje il fuo Fineo.MoHrò il main agio Moro di vo*
lerle complacere,ma le diffe ch'erano anebora troppo vicini,et cbe foffe contenta,
1
cl)egli andaffe tanto oltre, chefe ilTadre cercaffe di le i, non poteffe Jpiarne cofa
alcuna,Ma bauendo piu volte follecitato la Dongella il Moro,et egli tntta via ad I
dotolefue faitole, venne la mifera in fofpitione di quel, ctiera:Et facendoft giorno
finfe ella di voler v edere non so che nel mare, onde, fattafi alia Jponda della bar-
cbetta,fi voile git tar ncll'onde. Ma il Moro attuto, cbe ciò comprcfc,fubitamctb
te nel mego la pigl'w,& non pure le vieto ilgittarfl nel mxre,ma le mani infieme
lelegò,& i piedi, & one ella bauea ltd mefjo in liberta, egli come ferita infelice,
fotto il Juo arbitrio la pofe. Et rimprouerando la mefebina la poca fede al Moro,
& sè riprendendo di baiter troppo creduto, rimafe la piü dolente, & la piu mife ­
ra donna,cbe amajfe buomo giamai. Et pentita dell’errore,quando nulla il pentir-
ft legiouauaje doleua non bauer vbidito al Vadre.Mentre il Moro quanto piupo
tea, jpingeua la barca,et la Giouane ft doleua; ft fcoperfe vna Saettia di Mori,che
in corfo andaitano per lo mare:& veduta la nauicella,a lei s'accoilxrono. Et tro-
uatouifopra il Moro, & la Giouane legata,voilero rapire la giouane, & volen•
dofi loro opporre il Moro,gli dieron di molte ferite.Et dimandarono alia Giouaae
chi cllafoJ]c,Ma ella non intendeualoro,nèeffi lei.St folo,colpiangere,& coign
dare,daua fegno di effere infeliáffima.Ma il Moro, cbe a morte era flato ferito,
diede a Corfali,prima cbe ft moriffe,piena. notitia di lei. St fe loro vedere il gua-
dagno, che ne poteano fare,vendendola al lor I{e. Mon il Moro, & fu fpogliato,
& toltogli ciò,che Fiamnia gli bauea dato:& col mancar di fede, bauendo volu - r
to ciuahgarc,pcrdettcjnfleme colla vita, quel, che dalla mal conflgliata dongel- ,
la egli baiteua hauuto, MeJJ'a poi la dolente Giouane nclla loro Sacttia,& confo-
landola il meglio,cbe poteano,s'inuuro'io verfo Tuneji. Voile la forte, che gli al-
tri Corfali,che Fineo teneano febiauo ,s'incontrarono in quclli,cbaueano Fiamrrfa **
onde vennero a battaglia infieme.St quelli di Finco,il quale in qitefla guffa bauea
dato fegno di grandifjirno valore, vinfero gli altri, & tolfero ciò,ebaueano,onde
la Fiamma, et Fineo in vna ifleffa nauefi ritrouarono.St pofio,chcin queilú eflre ,
ma fortuna, foffe caroagli amanti bauerft almeno vna volta veditú',& ardeffi-
no ambidue di deflderio cFabbracciarfi,& di raccontarfl le lor fciagure,nondime-
no Fineo fe fegnoa Fiamma, cheper modo alamo non dejfeinditio di conojccrlo,
& cofi fece ella. Fu fineo , per lo valore, cbe nella battagliabauea moflro, fa
’• Corfali'
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Corfalifciolto, & furono egli,& ellaflnpoc.o/patio di tempo, condótti al Re :iir
quale,veduto Fineo bellijjimo Giouane, & intefa da Corfali la fua prodex^a , lo
voile apprejfo di fe:& vinto dalla giouentu, & dalla bcüexpta della Giouane, la
tomperò conbuona quantità di danari,& lafe porre, colle altre fue Donne, nclla
cuba:& tanto piu cara gli fu, quantoi Corfali , per quello , cbaueano intefo da
gli altri, cui il Moro bauea narrata la qualità della pulgella , glide dauano per
Doma nobilmente nata. Fineo, apprejfo il I{c, tale fi feoperfe , the in meno [patio
\d ivno anno, 1'hebbe carijjimo , & lo prepofe alia cuflodia della porta del luogo,
in cuile donne chiufe ftauano : oue egli, con fuo molto piacere,vcdeua ognigior-
no Fiamma, & ella, con non minore diletto , vedeua lu i. La qual cofa pajfaua
fra loro tanto accortamente,chc non dauano a niuno materia di fojpitione alcuna.
Eracofiumedi quel Re di far andare a giacer con lui le Donne,che egli,per fuo di­
i letto, nella cuba teneua, con quelíordine che comperate le bauea,per la qual coft
effendouene molte comperate prima, cbe Fiamma , era paffato Panno , & quaji
mego 1'altro , cbe chiamata a fe non 1'bauea . Ma auangandoucnefol tre ,fi f a ­
tia in grandiffimo difpiacer Fineo , veggendo, che indi a poco baueua anclo ella ,
ad effere condotta al Re; & gli accrefceua la pena il timore, cb'egli baueua cb'ej-
fendo Fiamma fra le altre, cbeiui erano, bcllijfima toflo cbe conlei fojfe ílato ll
Re, no la volefje baucre nel numero delle moglie,cofa cbe non meno affiigea Fiam
ma,cb'ella noiaffe Fineo. In queHo tempo aucnnc,cbe vna naue di mercatanti Sa-r
r. uonefi a Tuneft pcruenne,& tui videro Fineo , il quale era flato pianto da tutti i
>0 fuoi in Sauona per morto,& ft marauigliarono come egli iui viuo fi ritrouaf e.Fi­
)e neo, cbe i mercatanti conobbe, per l'auttorítà,che teneua nella corte del Re,gli ac-
3- colfe amicbcuolmentc,& fe lor molto honore :& doppo le grate accoglicnxejora
narro, come foffc iui arriuato : & gli domando del Tadre,& dei Fratello, & di
te tutti gli altri amici, & ejji di tutti gli dieron contexta, dicendo,cbe eranofaui,et
ri cbe digran contentcgga farebbe a tutti, il fapere, cb'egli fojfe viuo , & in buono
o, flato. Spedite cbebbero i Mercatanti le merci loro, Fineo diede lor lettere cbe le
a- portafjcro al fratello,& al Tadre, colle quali gli auifaua,cbe infieme con lui, era
o, in Tunefi la Fiamma,et cbe deftderaua torft di feruitu:et infieme con lui,trarne la
!u- Donna:& cbe ciòfarebbe ageuole qualunque volta il Fratello a lui fcnandaffc.
cT Et gli diede il modo,che deuea tenere,perche ciò veniffe ad ejfetto,I mercatanti ri
fo- tornaro no a Sauona,et fedelmcnte diedero le lettere al Tadre,et al fratcllo;a qua
al-
... f i gratifjimo intendere cbe la fortuna non gli fojfe flata in tutto contraria. Mife
rfa j l Fratello fecondo 1'auifo hauuto,in punto vna barca con merci da huomini,& da
f donne:& andatofene a Tunefi, ji fece introdurre al Re-,et dattigli alcuni donipre
* ciofl, gli die notitia delle robe coii portate.il I{e , intendendo cbe vi erano molte
£ 'tofe btlle da Donne,lo fece menare per Fineo nella cuba,dalla qual cofa bebbero,
d. et tempoi et agio di ragiona rc infteme fenxa fofpetto,et di dar nuouo ordine a qua
to intendeuarto di fare. Entrati adunque ambidue nella cuba,doppo 1'bauer dona­
te alie altre Gktuani molte cofe,diede il Fratello di Fineo,a Fiamma vna borfetta
bellijflma,oue era- vnaMttcra di Fineo,colla quale Tauifaua di tutto quello,cbe fa
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f t ella deueffe, per vfcire, infieme con lui, di feruitu. Tartitifi i due Fratclli, auU
fandofi Fiamma, cbe nonfenga cagione le fojje Flata data la borfctta, quanto pik
toflo potè,fi riduffe infccreto, & apcrtala, vi ritrouò la lettera, & lcttalay reflò
molto contenta di quanto in cjfa ft conteneuay & rengratiò Iddio, cbe per fua pic­
ta, le moFtruffe la via di non rimancrfi ferua, & disboneflamcnte femina ainfe-
del R e. Venne il dipreferitto, & tlla ft riduffe la notte alia fincflra ferrata della 1
fianga, one Finco col fratcllo I'attendcuafi quali con forti tanagiioni, & cvnaitri
argomenti loro,ruppcro i ferri:& tolta con loro la Giouane,fe nandarono alma-
re,& entrarono nella barca:& date le vele al vento, driggarono il camino ver-
fo Sauona,& tenne lor fede il vento tutta la notte . La mattina il Re inteje, la co-<
fior fuga : & tutto piem di rabbia, fece armare alcune naut fottili, & le mando
lor dietro, dando commiffione a fuoi capitani,cbe,ò Fineo prenieffero infieme col-
la donna,& colfratello, & gli conducejfero a lui, cbe gli volea fare arderc tutti
e tre viur.o, non gli potendo bauer viui,gli vccideffero,et gliportaffero le lor te-
fte,cbe le volea far porre su la cuba,ad effempio degli altri. Ma prima,ebe le na
ui ft partiffero, La fortuna, non anchorfatia degli affanni, & dc trauagli de due
amanti, fe leuare vn vento cotrariofil quale,tolta in forgo, la nauc loro,gli rijpin-
fe a Tunefi,con tanto loro difpiacere, quanto fi può imaginare ognuno, cbefappia
la crudeltà dellegenti di quelpaefe. Ma nel cominciare della tempefiafilfratcllo
di Fineo,defperata la falute della barca,sigittò nel palifcalmo:& doppo molti ra
uolgimenti dpiMare,tato feycbeft riduffe al lito:& pien dinfinito dolore,fe nan-
do a Sauona , & porto nouella al Tadre, cbe o la nane fi rimarrebbe fommerfx
nel mareyofarebbe portata dal vento a Tuncfi,oue di Fineo,& della Giouanefa-
rebbe fatto crudeliffimo Flratio.il mifero Tadre,come cbe baueffc innangi il figli-
mio morto,fi diede alie lagrime,dolendoft di effere tanto viuuto, & ferbato a coff*
amari giorni:Fineo,vedutofi giunto a si mal termine fappiendo di haucre a proua
re,fuori di ogni mifura,crudele lira del Re,meffo mano al coltello,ctiegli bauea a -;W
latOffi voile vccidere. Ma Fiammaipigliatoli il braccio,che fin di me diffe Fineo,
morto cbe voi farete ?bo io a rimanermi a fieri fupplici, cbe sò, cbe mi apparec- È,
chierà queflo crudele ? Deb, poi cbe la morte, ci puòfourarre a tormenti tprima, (*ph_
ibe voi vi vccidiate, volgete queflo ferro nel petto mio,& leuatemi, per pietà, \
dalle penc,cbe io mi veggo infino ad bora intorno acerbijjime co abomineuole mor «3 PP
te;& con queFle par ole,nudatoft, lagrimando ,il petto,gliele porfe, percbe egli la
vccideffe. Ma Fineo le diffe, non è , chi temiate di v o i , Fiamma , percbe la vo-
fir a bellegga , la quale è tra I'altre rara , vi filuerà dalla morte, & io folo quFl
farei, cbe farei affiitto, & morto per amenduni. Terò lafeiate me morire, & voi
viuetCjMentre cbe cofi ragionauano,& piangeuano infieme i duc amanti. Entra- ■
rono nella barca legenti,cbe ft erano armate alia lor morte, & legatigli aVnbiduc yt, ,
con duriffime catcne, gli menarono innangi al I{c. Il quale alio apparir di Fiama, A * ,
fi fenú tutto raddolcire, Et con vifo molto men fiero,ctiella,& Fineo diuifato non
ft hauea;Le diffe,ditemi bella giouanc,qual cagione vi bà(pinta a fnggirui da mej
Fiamma,cbegia apprefa bauea la lingua;non defidcrio, diffe, difuggirmi da voi, f*
ma ,
D e c a S e c o n d a» ii7
ma di effere con Fineo, cbegià molti anni bò fcolpito nel cuore, & elettopcr rriio
r marito puello mi bà fatto farey cbe fatto bò:ct quigli narro quanti pericoli 1'uno,
I’altro bauejfero foJlenutiypcr veder giunto nm volta quclgiorno>cbeboncfi.i.-
mente git accoppiajfc inferne; & pofeia gittataglif a piedigli cbiefe humdmente
perdonoyfe offefo fbauea, pregandolo a per donare anco a Fineoypoi cbe lungo, &
i fedelamore, bauea fatto lor cost fare.Le lagrime di Fiamm.i,& H nome
v Are tantopoterono nel cuore del pe, quantunque barbaro , & vf?e7ndiiira crudele,
*Lg^ .-'cb e Firà,& fodio conceputo prima,tutto in pieta,et in compafjione f mutò:et one
^ prima bauea tra fc deflinata agli lim ati acerba morteyfi delibero di vinceret col-
la Jua cortefiay U maluagità, c bauea loro vfata la contraria fortuna , <& fargli,
I doppo tanti pencoli,del loro amore contenti. La onde fattigli fetorre dalle catcne,
% & pigliatili ambe due per mano;trafefi di dito, vn preciofjjimo rubino, et lo die-
de a Fineo,& gli diffe,Vofcia,cbe Iddio vi bà,doppo tanti [Iram anemmenti,man
A dati faltai nelle mie maniy non voglio già effere io quegli y cbe fpenga cof ardente,
& coftfedele amore,o cbe fciolga i legami de cuori vofro. Vero io voglio Finco,
cbe prima cbe tu quindi ti parta,jJ>oft la tua Fiamma,et per mogliera la ti babbi,
& dia ti goda perpetuamente per fuo marito. 'Ffon è da dimadare fe i due *Aman
ti,<Jfaltro non attendeuano dal pe,che la morte ffurono lieti aquefle voci. Finco,
doppoflmucrrendute infinite gratie al pe, fposò la giouane,& per mogliera la fi
prefe.Et il pe, per honorar quelle nogge, fece apparecchiare v t conuito tanto fon-
I tuofo,quanto segli haucfje maritata vna delle fuefigliuole in vngran Signore. Et
volendo doppo alcunigiorni,ritornare i due fpofi al lor paefe, diede loro molti pre
;
m ciofi doni:& con honorata compagnia, gli mandò a Sauona la giunta de quali fu
'V.t ;

non meno tnarauigliofa,chegrata al padre di Fineo,al fratello, & a tutti i cittadi


iMfpifi quali tutti gli teneuano per morti. Mandarono pofeia a Genoua al Vadre, di
Fiamma,& al fratello, a quali parendo, cbe la natura, & Iddio baueffe que due
Giouani prodotti, percbefoffero legati infiemedi matrimonio ,furono contenti di
quanto era auenuto.Etfe nandarono a Sauona,ouefurono accolti amoreuoliffima-
mente,& il padre dccolfe Fineoper genero,& il fratello,per cognato. Et da que-
Jio auenimentofu conofciuto,cbe,anebora cbe la ria fortuna molto trauagli gli aue
nimenti humani,nondimeno egli èneceJfario,che auenga quello,cbe la diuina pro-
uidenga, la quale il mondo regge, bà determinato, cbe auenga .
u
0- D E L I O AMA D A f N E , HA C O N T R A R I O IL P A D R E , ET
x*'1* ^ l a Madrej fi marica Dafne ad vn’altro, è abbandonata nella peftilenza dal Marito
N i Delio
• '4m vàper foccorrerla, le cade morta in braccio, &egli dolente le da iepoltura.
N O V E L L A VII.
JL CE V SI già Lucretia, quando Cornelia diffe Faga èfla­ ,
ta la nouella voftra, ma per tante angofeie è paffata la conten-
,
teTfga de due amanti, cbe già fu bora che io bebbi gran timo­
re , che feffere flata contraria Fiamma al voler dei Vadre , nen
lhauefOecondotta a mal fine infime con Fineo. Or pofeia, cbe a
* ~ m
.\ ’ 1 D e G l I HE t A T O M M I T H I
me foprafiã il péfo di feguirui rioüellado,narrcrò vnpietofo cafo di due altn afaian-
ti, il quale quantunque porti feco la morte della amata Doma , potrà nondimem m
non ejferui ingrato , veggendo tanta effere flata la offeruanga dei figliuolo verfo tc
ilTadre, che anebora cbe egli amaffe ardentifjimamente la Giouane, voile piu to- vn
Jio far legge a fe dei voler di quello, cbe conientarfi nel fuo deftderio. \\ t. . Ik
ct
I N F E RR ..4 R Cittd, benebe piu nuoua di molte altre della Italia,non-
U
dhneno al pari aitutte le altre nobile, & illuflre : fi per la bonta , & perlagiu- i
Jthia de Signori,cbe la reggono : fi per la qualità del fito , pergli fupcrbiTalagi, \ j g-
fa
per i’'abondan%a del paefe,per le virtu & per gli felici ingegni,chein ejfafiorifco fit
no, fu vn Giouane,che Delio baucua nome,di affai bonefla famiglia, & nobilmcn
te alienato da fuoifil quale, effendo appena di fette anni,cominciò a conuerfare fit* ;»g
C
migliarmcntc in cafi d'vn Mefjcr Gianni Mag^p, la quale era poco meno,di rint5 I
petto alia cafa del Tadre dei Giouane. Haucua per auentura quel Gentilbuomo
vna figliuola,molto vaga, & gentile, di anni quattordici, La quale, non sòfeper
i g
It
fi
nome proprio , 0 pure per vna certa vagbeTpq, cbe in lei ftngolar ft fcopriua,
<!
era & da famigliari, & da tutta la vicinanda cbiamata Dafne . ^Auenne ebe t(
eonuerfando Delio con quefla giouane, & veggendo ellail fanciullo tutto genti- G
lefco, cominciò a febergar con lui: & come è cofiume delle giouani, far gli di mol­ fi
te carczgfc, donandogli quando vna cofa,& quando vnaltra . La onde Delio, an­ fi
ebor cbe per la picciola etd non fentiffe le fiamme d^Amore ,fi flaua nondimeno n
volcnticri con Ici; con lei volentieri fcher7p.ua , & fe gli aueniua, cbe la giouane 1
in braccio lo prendefj'e, non altramcnte fe ne godeua , ebe fe foffe flato accolto tra a
piaceri dei Ciclo . Continuando in quefla guifd le amoreuoleTge , peruennt Delio
all'cta di quattordici anni: Et ilfemplicc placere fanciullcfco, cb'egli foleua haue-
re di flarfi colla fua Dafne , in quefla maggtorc etd, tanto fuoco gli defio nel cuo-
re , cbe tutto fi fentiua slruzgerc, & non ritrouando mdi ripofo , fe non quanto
egli era con Ici, procedeua in amarla, & in follecitarla affai piu il rettamente,
& affai piu caldamente, cbe prima , & il fimile faceua Dafne , non meno accefit
di lui, cb'egli di lei fi foffe. €t quel fuoco , che teneuano i duo Giouani chiufo nel f >
petto, fi fecc alor T?adri,&alie lor Madri palefe . Onde la Giouane era guarda- jk <
fit da fuoi con raolto piu diligenga cbe prima, et era vietato a Delio di potere effe- •^ /
re con lei;nèpur cio auenne dal lato della Giouane,ma da quello anco di Delio.Te -fr— *
YÒcbe dubitando il padre, et la madre fua, cbe I'amore cbe conofcea.no ,ch'egli por -1
taua a Dafne noI diflornaffe da gli Eludi di Filofofia , a quali già I’baucano co;
minciato ad, induTppre ,fe n andaronoinfieme con lui advn loro podere, lontano
dodici miglia dalla Città . Et mcnarono con loro vno feientixto maeftro ,aCciòche V
egli lo condur,effe per la via degli fludi ,a quali hauea ddto principio , a loieuole *
fine . Et cofiparue loro, c'bauendolo allontanato dalla cagionc del fuo fttoco , fi ' -U
deueffero fpegnere le fiamme, ond'egli ardeua . Ora efiendo prini gli amanti nUr m Nq1
folo della vfata lor dolce conuerfatione, ma anco di poterfi vederó >rfanafiVoam^W^j
hi due fuori di fc ,& non trouauano mal, nê requie, nè ripofofe non quando Cvno
pot ena intendere qualcbe eofa dell'altiro. In quefio merr\p)clio, come pit) GioutV • >
nc,cb'egli m

vf
/

D bi G A .S e CONDA. n?
■ne3ci>egli era3& forfe menoatto a ref Here allefiamme,che çhiufamente lojbrug
gcano; infermògrauemente, & fudi mcfliero condurlo a Ferrara3 ouc cbiamati I
mèdici 3 & datolo lor ne lie mam , ft attendeua alia fua fallite conogni diligenda -
Ma perche il rimcdio del fuo male non era nell'arte de medici, le medicine non far
ceano profitto alcuno. In queflo tempo venendo veduto a Dafne, (la quale, pe •
la infirmità del Giouane ,fentiua forfe non meno dolore, che egli ifleffo , che lan-
guiua) vno fratello di Delio , di età di died anni:& intefo da lu i, che non erano
in cafi nè fuo Tadrc, nèfua Madre, gli diede vn tnaggolino di rofelline damafehi-
rte, & lo pregoa portario alio infermo fratello , per parte fua, & gli diffe»che
•glide raccomandajfe molto . Il fanciullo come femplicemcntc tolfe i fori dalla
Giouane cofi cortefcmente & amoreuolmentegli portò al fratello. Delio, veg-
'3 gendo il dono, che gli veniua da colei, da cm pcndcua la fua vita , & intefo il fa-
to > Into, ch'ella gli mandaua ,fenti tanto grandijjimo piaccre, che per lo fiutare de
r f o r i, & per volgerfi nella mentc Pamorenolcgga , della Donna ,ft rihebbe al-
h quanto : & fattoft portare al medefimo fanciullo da feriuere, quanto meglio po-
>e t è , con vna fua cara lettera, feritta con languida mano , molto rengratiò Li
ti- Giouane, che , col falutarlo , & col dono di que bellifjimifori, thaueffc rifufei-
)/* tato , & non hauendo altri, del quale egli fi fdaffc, die la lettera al medefimo
fanciullo , che alia Giouane la portaffe. St gli impofe , che non la deffe in ma­
■»o no ad a ltri, che a lei. Ma la fortuna, anco in queHa poca contentegga di
me Delio, voile porre del fuo velcno, Tercheil fanciullo , pocoaccorto, andato
tu alia Giouane fe ríentrò in vna camera ,oue ellaera infieme colla Madre, &
:iiQ andatofene alei , & portale la lettera : tenete, diffe , che v i manda mio fratel­
lo* La Giouane, veggendofi hauere a canto la Madre, diuenne, come vn
ruoco, roffa , & prendere non la voile ;il che veggendo la Madre , la prefa
rella. Et lettala, veduto onde ella veniua , & qitello , che in effa conteneua, f a t­ M
to gran romore colla Giouane, la Hracciò tutta in fua prefenga , & molto ma­
le diffe al fanciullo , che portata glide haueua, & poco meno fu , che egli non
■ncleuaffe alquante dellebuone. Kitornò il fanciullo dinuouoal fratello, &
rda- ÍL come la prima trafeuragine I'haueffe fatto cauto a nol lafeiare incorrere nel-
e f f e - l a feconda , non gli diffe parola del cafo auenuto , Ma riferi, che Dafne ha-
).Tt uca volentieri prefa la lettera, & molto gli fi raccommandaua , della qual
- ^ cofa hebbe tanta allegreg^a Delio, che in breue rihebbe la falute. St bramo-
fodi poter riueder colei, nella quale viueua il fuo cuore , attefe con ognifi-
'tgenga a riHorarft : S t, indi a poebi giorni 3 vfeendodi eajd, f pofe ad
' attendere 3 fe gli veniua veduta la fua Donna. Et ecco, mentre egli fi pro-
cacciaua di foccorfo, gli fu da Dafne mandata vna fua balia .3 la quale gli rac-
'Conto cfò, cl) era auenuto 3 perla poca confideratio tie del fanciullo , & che
w ^yÍStlSàdY€i, <& il Tadre 3 per quefla cagione ,la teneano fotto cofi flrettacu-
lJ§**fiodM ,e!>.ella non era ilata donna di poter porre la mano alia penna 3per i-
Lvtio f a feriu ergli in quanto affanno ella fi ritrouaua. Queila nouella fu al giouane
liotifr *«nt0 3 quampnon potrei iffrimere. St veggendofi efferc Tolta Li
vifla
A
N Dt G li He c a t o m m i t h i
v ifla della fu a D o n n a , .pa/e colla Balia alio ifc r lu e r fi, & a fig n ifica rfi ton
le t te r e quello , che p e r la cuftodia h a tm ta a lla Giouane > n o n fip o te a n o I'v n 1'altro
n a r r a r e ; & cofi, fcriuendofi feg rcta m c n te , & notrendo, colie c a r te >le lo r fiam-
m e j f t pajjdrono lu n g a m e n te : & in ta n ta difauentura ,p a r e n a loro bauergran
refrigerio aliefia tn m e, quando i'vn o potea loggere le le tte r e d elfa ltro . M entrein
quefla m am cra pafi'auano le cofe, haucndo intefo M e ffer G ianni,cbe non era men
te del T a d re di Delia , cb'egli prcndcffe p e r m oglie la fu a F ig liu o la , ejfendo ella
già venuta alia eta di anni vcn tu n o , delibero di v o lc rla m a r ita r e . Onde tit p a r i
é
Ui lò colla Figliuola , & con m olte ragioni, le f e v e d e r e , cbe non era conueneuole,
cb'clla piii cofi j i rim ancfje: & cb'egli già le baucua appareccbiato m arito,degn<t ++%
di lei; hcbbcro inficme il T a d r e ,& la Figliuola, fo p ra c iò , lungo ragionamento, 4 **
ÍÍ ?■
& a lfin e diffe la Giouane cb’ella prega ua il T a d re, di p o te r anebor a /la rfia lcm
tepo conluha cui rifftofc, cbe no era nata p e r hauerfi a f a r e in cafa i l p a d re,e t cbe Í
confidcraffe bene fopra ciò, cb'clla fieffa vedrebbe, cb'egli n o n le proponeua fenon
il jiho bene . D afne, pcirtitafi da In i, col cuorc pieno di a m a rifim a doglia, ritro-
uò la Balia fua : & con lei grauemente f i dolfe di quello , che il T adre le baucua
detto . La Balia, quanto megliop o tè, la confolò: & le diedeper configlio,cb'el­
la faceffe fapere a Delia cio, che il Tadre detto le hauea , col mego di vn a calda,
& affettuoja letter a. Ft cofi ella gli fcrijfe ealdamente, pregandolo, c haucndo
ella tutto il fuo bene in lit?, non volcJ]'e,cbeper effere fempre mal contenta ,fene ' l : :
eindaffe in altrui mano, il che amandola, come egli baueua fempre moFirato di a-
maria , non poteua aneor effere a Ini fenon di grandijfmo difpiacere. Torto la 1
Balia al Giouane la letter a, & alie calde parole di Dafne aggiunfl, ancb'clla tut- j
to quello,che le parue atto a potcre indurre I'animo del Giouane a fodisfare ali'bo,
neho dejidtrio di Dafne,nutrita, & alleuata,da lei. Ma non vi facea meflierUt
di molte parole, perche era pur troppo a do dfloslo I'animo di Delio. Letta adua
que cb'egli hebbe la lettera, & vdite le parole della Balia, Ri/pofe,cbe Dafne era
, I anima fua, & cbe fenga lei non era mai, per hauer bene nel mondo, et chefefof-
fe piacciuto a Iddio, cbefuo Tadre foffeflato di quello animo, cb'egli defideraua,
non haurebbe egli afpettato, cbe da lei gli foffero venute lettere, & ambafliate, k
cbe a quello I'baucffcrofollccitato,cb'eglifopra tutte le cofe del mondo defideram. *
Ma cbe effendo la cofa ridotta al termine, cb'egli ridotta la vedeua, non I afliertb
be di vfare ognipojjibil diligega,perche fl deffe compimento aldeflderio di amen•
du i, partita cbefu la Balia , Delio tocco, angi traffiffo da grauijjimo cordoglio,
ijpofe il fuo defiderio ad vn fuo Tarente, ch’era di grandijfima autorità appreffuf*
Tadre:& lo prego,cb'egli volefjcadoperare ogni ingegnoconfuo Tadre,che dop
po cb'egli fi baueua eletta Dafne per ripofo dellafua v ita , non glielevolcffetor - *
re egli, perche ne baueffe ad efferefempre mal contento . Il Valente fluomo, cui gL
venne gran compaffione del Giouane, ritreuò il Tadre, & gli ijpofe von tut'ta ififci TTf*
la efficacia, chepiupotê, ciò cbe Delio detto gli baueua : & tutte quelle ra g io r# ^ ^
gh adduffe cb'egli feppe ritrouare migliori, per ottenere quanto il Figliuolo
dcr-irsa »Ira Meffer Chriflofano , che cofi Ji nominaua iigPadrc del Giouane,buo- *
mo
D B C A S e c o n D a. IIP
mo attempato , fauio , & prudente, quanto fuffe alcuno altro delia fuacittà
& bencbe foffe amoreuoleal figliuolo, nondimem parendogli di vedere piu là,
a beneficio di Delio, ch'egli non vedeua ,hauea feco deliberato, chela Giouane
non gli foffe moglie. Tiro diffe, che egli amaua fommamente il Flgliuolo, &
segli gli parlaffe ,non gli verrebbe punto meno in cofa , che egli fi conofceffe ,
che gli deueffe effere divtile , & di honore. Ffferi ognicofa il valent huomo
aI Giouane, il quale, benche conofceffe le parole del Tadre amoreuolijjime,
non ffero nondimcno punto meglio, cbe prima. Ma veggendodi non poter e
venire a peggio di quel, chegli era , non voile rimanerfi di palargli: & piglia-
oft bene il tempo , & i l luogo , ffiiegò , con debita riuerenga , al Tadre la fua
intentione , & porfigli que prcghi piii efficaci, cbe potè , per ottencr quello,
cl) egli deftderaua ; vdillo il Tadre molto cortefemente, & pofcia cl/egli tacque,
egli, con vifo tra feuero , & allegro , coft commcio, Figliuolo, io hò molto be­
ne intefo il defiderio tuo , il quale non ti parra forfe tanto ragioneuole, quanto
tu ti flimx, qnalunque volta , tu intenderat le cofe, cbe porta feco queflo tuo ap­
petito giouanile : contrario in tutto a quello , cbe a te pare il tuo bene; & la-
fciando flare , che quefia tua eta , che quaft anchora pot effere detto fandnllo,
non fia da moglie, lafciando flare gli fludi , alii quali fei ottimamente intro-
dotto , i quali condotti, che gli haural a fine, ti daranno riputatione , & ti fa-
rannohauere donna di altra qualità , che non c quefia. Vengo a quello , che tit
di , che quefia Donna ha ad effere la tua quiete : & dicoti, che quando coft foffe,
non haurefli bifogno di porgermi preghi, perche la ti defji. Ma perche io veg-
go quello, che il tuo folle appetito non ti lafeia vedere, per hauerti appannato
lume della mente, ti dico, che il pigliarti Dafne per moglie non è altro, che torti
prejfo vna continua pena. Et conftderando prima la qualità della Donna, è co-
monfiruofa , che tu ad amaria ti sij pofio , perche oue tu fei appena giunto a
quindeci anni, ella non ne hà vno meno di ventidue, La qual cofa farà, che al pri­
mo Figliuolo, che di lei tu hauerai»ella pareràpiu toflo tua madre, che tua mo­
glie : & fe piii d'vno ne parturirà, diuerrà ella tanto vig^ a, che non la conofte-
rai:& cefjato queflo tuo giouanile appetito, ti vend ella in tanta noia, che ti rin-
crefccrà di vederla, qualhora ella ti verrà incontro. Trefi io, figliuolo mio, di età
di quarantacinque anni tua madre per moglie, la quale anchora non era giunta a
n£fr diciotto, & mi pare>che la pigliajfi troppo per tempo, & cb'ellafoffe troppo at-
tempata. Or penfa, chefarebbe di te, quando in quefia tua tenera età, tu cofiei ti
" gliaJJi.Mppreffo le Donne fi pigliano per quiete,& per ripofo delle cafe, Tufai
quanto Dafne malfodiisfaccia a tua madre, & puoi vedere, che delle due cofedi
neceffità ne auerrebbe I'vna , quando per moglie la pigliafli, o che fuffero fempre
tra la "Fluora,et la Suocera romori}et cagione di garrire:cofa che no conuienepun
a quiete, che èfempre flata tra tua Madre, & me, o che tu colla tua moglie
tipartijji da me.St I'affettione colla quale ti hò nutrito,et fopra tuttigli altri miú
figliuoli amato, per mio parere non merita che tu bora in quefia mia vecchicTga,
mi abbandoni, Efjendo fuffetialmente quegli,ful quale, come fopra mio femiffi-
ir y * ' mofofie-
D e G i.i Hj e c a t o m m i t h i
tnofoUegnojrni ripòfa;mi àbbandoni dico per vna donniciuola, la qualeperànon
è, nè la piu bella nè la piü nobile di quefla cittâ, Et qui, quaft colle lagrime fugij
occbife fine.Vinto dalla riuercngaycbc portaua al padre Delio, t t ‘daUapieta,cbt
gli mifero neiCanimo l'vitime fue parole , nonfeppe altro,, che dirft, fenon che le-
uandoglifi cofi cara Donna,gli fi leuaua quanto di bene, egli eraperbauere in tut
ta la fua vita. M.i,cbe volendo egli,che fuo padre era, cbe coft fof]e,voleapiu to-
flo mofirarglifi vbidientcfigliuolo , che addurre ragioni in contrario alie addotte
da lui. Et con queflo fu fatto fine al ragionamento.Mentre baucano ftmiliragiom(jj
menti infieme coflor due , Ter che piu d'vna volta, tentò Delio la fua fortuna, &
fempre ribebbe fimile rifpofla , Meffere Gianni promife la figliuola advrialtn ,
Giouane,& cofi fu leuata a due Amanti ogni fferangq, di poterf t , per matrimo
mOyCongiungerCyil cbe ad amenduefu di grauiflimo dolore. Ora effendogià mari­
tata Dafne,voile la forte, che infieme ad vn paio di nogg^efi ritrouarono;oue beb- i
hero agio di poter e lungamente ragionare. Onde diffe Delio ,Io Dafne ringratio la
fortuna, cbe, tra tanti oltraggi, ch’ella mi bafatti, miè flata hora tanto fauore-
uole,cbe mihaconceffo di vederui, & di vdirui, & dipoteruipariare. Et,po-
fcia, cbe la mia ftrana ventura , & laltrui dureg^q ha voluto , che io vi vcgga
bora in mano altrui, non potra ella però mai fare,cbe con voi non fta il mio cuore,
& io non vi tenga fempre fcolpita nel petto, & nonponga ogni mio (ludio in fem- *;■
prepiacerui:& mi terrò a gran gratiail conofcere, che voi tegnate quella memo­ t ■
ria di me,cbe io tego di voi, et cbefon fempre per tenere,infln cbe io viua.Dafne,
doppo vngrauiffmo fojpiro,cofi gli rifbofe, Delio quanto m increfca,cbe ci fta da­
ta cagione di fimili ragionamenti, lo puoi da te fleffo comprendere. M a, pofeia
cbe per noHro duro, eir ingiuflo deflino , è auenuto , cbe nè io fia tua , nè tu ti fij-j| |
mio, iofono per rimanermene fempre dolente : Egli è vero, cbe volendo fboneflà f*
mia,cbe io fta di colui,cbe mi è flato for%q pigliarmifio ti prego,per tutto quellof«
amore, cbe io fonfempre per portará , & p er lo deflderio , cbe io, hò fempre ve-
^ duto in te dell'bonor mio, coi tuo amarmi, che tipiaccia di non darcal mio mari­
to , o ad altri materia di fo(petto; pcrche tu farefit a me dishonore , & ne per- :
dercfli infieme col tempo la fatica. Son benfempre per amarti,ma con altro defi- i
derio,& ad altro fine,che non ti amaua prima :perche,oue allhor ti amai,per po­
terii hqttere per marito, bora ti amerò, comefefratello mi fo fli. Tflmane Delio,
cbe ci conformiamo colla necefjitâ, nè piu oltre vogliamo,cbe quello che fi conuie-
ne all’honor mio. Lodò Delio Fboneflo proponimento di Dafne , & le refegratie^
dei fuo buon volere verfo lui; & qui f ni il loro ragionamento. Stette la Gioua -
coi fuo marito alquanti mef t , dal quale fu moltopeggio trattata , cbe alia bontà
di lei non fi conueniua, ma con tutto ciò, non potèinlei mai penfiero alcunomen
che boneflo. Tra queflo tempo vriafpra, & crudeliffima pcflilcngq affalYnonpur
la cittâ di Ferrara, ma tutta la Italia,onde nefcgui,p ogni luogo, tanta mortãffâi
di g e n t e , cb'era vn horrore il ritrouarfi nelle cittâ,le quali erano tutte piene o dtm
fermi,o di miferamente morti. In queflo tempo la cafa di Mefferc Cbriflofano coft
iiro.mmente fu tocca dalla peflilentiofa wfcrmitâ, che anchora, che cglifiandaffe
I / /

: D EC A S £ C O H D A« 120
intontado; & vfajfe trnúgli argomenúpofibili a rimedio de glrtnfermi, & a
confemation defini,non potèegli fare,cbe*é$i, & la Moglie, & alcuni figliuoli
non nonfe nemoriffino: cue aneo fit ccíto Delio , ma bebbe tanta gratia da Iddio,
cbefaluo feme vfá.Et nel ritornare,cb'egli fece a Ferrara,tofio cb'eglifu alia por
ta della cittâfgli venne veduta la Balia di Dafne ; alia quale fubito domando,cbe
foffe di Madonna:& ella,obime,diJfe,ne è egli Delio tanto mate, cbe me n efop-
pia il cuore entrata la peftilenganella fun cafa , & il marito fe nè fuggito,gfr
iuil'ha lafeiata folafenga vndiuto al mondo. quefte parole, vinto il Giouane 1
dàpietà delta Dona, pofio da parte tutti que mortali pericòli,ne quali egli era fia
OjCòn tutta la famiglia,& Idhorrore delle morti,cb'egli bauca vedute de fuoi,pre
ponendo il faluar Dafne a fe me.deftmo ,& ad ogn ultra cofa,verfo la cafa di lei fe
ft'ando : & picchiato ch'egli bebbe alia porta, ft fece alia finefira Dafne, cbe fola
era in cafa : la quale , tantoflo , cbe vide Delio , leparue di vedere vn mandato
dal Ciclo, cbe in quefta fua miferia le fojfevenuto a dare aiuto . Ft dalla finefira,
piangedo gli dijfe,Delio egli è venuto quello,che fempre penfai,cbe auenir deuef-
fe,fe te per marito non hauea, cioè,cbe fono venuia la piu mifera,et la piu infelice
dona,cbe mai foffe,et prouo,mifera me,co mio eflremo dolore, cbe bifogna,che al-
trojche leannella,& le catcne dclíoro legbino la moglie,col marito,sella gli deue
ejjer cara. Il mio marito, tofio cbe ha fentito tocca dalla peflilenga la cafa ,fenga
lafeiarmi Jperanga di alcuno aiuto, fe tie fuggito, & mi hà qui, come tu vedi, la­
feiata fola nelle morti, & nel difagio. Delio allbora, moffo da incredibilepictâ,
Nonfiê dijfe, Dafne, poi cbe io qul fono , che vi poffiate dire abbandonata, per­
che fete per hauer da m e, al quale hà infegnato la forte, pià, ch'io non vorrei y di
batter copaffione a gli afflitti,tutto quello,cbe vifia di bifogno . Lo ringratiò Daf-
e,et fopra tutte le cofe, le raccomando I'bonore fuotegli la fede le diede, & anco
ajjicurolla col giurameto;et dijfe,cbe gli apriffe la porta, acciò cbe potejfe falirfe-
rie a let. Non voglio, dijfe Dafne, cbe,tu venga difopra,ma feenderòio a baffo.Et
cjueflo detto, tirata la corda aperfe la porta; entrò Delio,et ella infelice cominciò
afcenderelafeala ; vditeficroaccidente, damouere apietade ogniduro cuore.
Giunta quaft alXvltimo fcaglione la mifera Dafne (o foffe I’aUegregga dbauer ve
duto Delio, pronto al fuo foccorfo, nel maggior bijogno, cbe le haueffe,allargate
le vene,et le haueffefatto correre il fangue al cuore,o cbe le baueffe toccbe le par
ti vitali qualche fcintilla di Tenfiilenga, cbe allbora per lo mouimento del fangue
con piu forga I’baueffe aJJalita) tutta ft fuenne: & come morta>cominciò a non ft
ter reggere. Delche auedutofi Delio, colle bractia aperte le ft fece incontro,&
le dijfe; obime anima mia, cbe eofa bauete voi ?*Dafne, cui I'anima hauea quaft
del tutto 'abbandonata, nulla riJpofe:Ma volgendogli occhi,dalla morte aggraua-
i,vSrJ9iui> parea,cbe egli chiedeffe,con miferabileguardo, dita, Delio, meffala
leHOicb'iui era in vna camera terrena„& fcioltale la vefie dinangi, pian-
endo,& lagrimando dirottamente, tenth de ricbiamarc igià fuggiti fpiriti a lor
vffici:& veggeriddla pure alfine morta,[cioglicndo la lingua alie querele,et ab-
bracciandoLiflrettiimcqtfadiJJe, Qual miofiero deslino,Dafne, mi ba cofiretto
^ bora y
J
Sf
D e G li He Cà TO MtálTHl
hora,cb'io mi Jperaua torti dall a morte ,v edermiti cader morta nelle bracelet Ter
cbe mi ba a tanta infelicita ferbatoil Cielo.Terche no mi ha egli lafciato piu tofio
tra miei morirc,cbe far miti veder tale innari ,quale hor ti veggoi & abbraccian
dola, & (Iringcndola, non fapeuaporfine al pianger-e, & .al lamentarf t . Ture, ni
doppo efferfi doluto ,diffe,Toi,che piu oltre nonpoffo,a tuo bene,anima mia,rima n
ne,che,in queflo eflremo punto, io non ti manchi,a mio potcre,delivltimo vfficio; 'Nk ^
& procuri,cbe queflemembra,già degno albergo della tua nobile anima, habbia- J yA
no quella piu degna fcpoltura,che la qualita di queflo tempo confente,ch’io lor pofi . Vi
fa dare, riferbandomi a piit degnamente honorarie a migliore flagione. Et cofi det b
tOyVefli la Donna di vna biancbifjima vesle : & veduto iui su vna fineftra vn te- fc
flo di vermigli garofani, nefcielfedue de piu belli, & gli pofe nel feno delia mor-'’ «***«
ta Donna, dicendo , liimangan queflifiori, anima mia, nel tuo,già non men bello I
cbe boneflofeno , intcflimonio della acerba memoria, ch'io ferberò fempredite, Ê «
mentre ch'io vitta. Indi pofeia lafece fepcllire in vna cajfa tutta coperta di pcce, 11
infino a tanto,cbe il tempo confcnti, di potcrla indi trarre. TafJ'ato I'anno,la fe le- t
uare della caffa , <& riporre nell’arca de fuoi maggiori, nella quale egli anchora &
volea cbefoffepofio il corpo fuo, acciò cbe infino all'vltimo giorno del mondo ,le
fue ofja ft fleffero con quelle di Dafnc congmnte : & infiemc, al fuono della ange­
lica tromba, pigliaffero nuoua carne, & fc negodefjino ambidue infiemc la gloria
del Cielo . Vi voglio raccontare cofa marauigliofa, i due garofani, c'battea rnejfi
Delio nel feno della Donna, tra la polue, & I'offatch’egli trafj'e della caffa, erano
eofi viui, & cofi frefebi, come quando gli vi pofe, ilcbe veggendo Delio, gli pre-
fe, &fcrbogli nel fuo vigore inftn cbe potc, poi gli ripofe tra le fue cofe piu care:
& gli viticne anchora , non altrimcnte , cbe ft hahia ferbata fempre viua nel
cuore Iimagine della fua cariffima Dafne. ’ ■
P O S S I D O N I O , ET P E R O N E L L O A M A N O G I N E V R A , EL-
laama Pofsidonio, &ha in odo Peronello, il quale è amato da vn’altra Giouane detta *
Lifca, Egli nonamalei, L'fca è promefladal Padre a Pofsidonio, & Gineurafimilmen*
tee promefla a Peronello j & nel rolere celebrare le nozze, per nuouo accidence Gine-
uradiuien di Pofsidonio, & Lifca di Peronello.
N O V E L L A viri.
EN V T 0 il fine della pietofa nouella di Cornelia, lefircmo della J**»
quale hauea tirate le lagrime infino su gli occbi a tutte le dome, !
Flaminio,cbe a lei da man defira era,con dolcifjima maniera dif-_
fe. Mi bd, Cornelia , tomato a memoria la voflra nouella vn ca
in parte a lei ftmile, & in parte no. Simile in quanto gli amanti,
de quali fono per ragionare, hebbero i lor Tadri contrari a lor deftj, Ma nel fine
non ftmile, Tcrò cbe cofloro ( malgrado , cbe fe nbauefje la contraria fortuna^
doppo graue accidente, hebbero boneflo fine a loro amori, Ouc de voílri I'x
tnon,& I'altro fempre ft rimafe dolente.
N S L L ^ i Mirando la, picciolo caflello , ma luogo al pari di qualunque aliro
tenKto forte. Ftfrono due Ciottanidi affai baffa conditionquato alia qualita della
famiglia: ^
D e Ç A; , S t ( J O N. D, A.
^ j jf . V ■ $ *i r • 771 R
tat
I ri? . H . • , , .

famgl\a:ma,quaKto alfbauere, c/i rao/ii piu nobili di loro digran. lungapiu rlc*
cbjffl quali ft mifero ad amare vna Giouane de anni dec lotto piu gentile, & piu cor
tefcyche la fua conditione nonpatiua; De due amanti, I’vno era chiamato ToJJido
nio, & queflo era amato dalla Giouane quanto la fua vita; laltro era detto Vero
t nelfo,da lei, piu di qualunque ultra rea cofa, bauuto in odio,Ma perche quefli era
; »vn poco piu ricco di quello , & di alquanto miglior parentado , il Vadre , & la
-J ii Madre di Gineura haueano deliberato,ch'ella foffe Mogliere di Veronello. Et ben-
if t .. \h e To[fidonio foffe piu ornato di virtu, cbe quell’altro non era, nondimeno la ro-
‘t ba,.cbe communemente è laprima confiderata, da chi, priuo di giudicio, tnifura
DUlei tutte lealtre cofe, hauea cofi appannati gli occbi al Tadre, & alia Madre
i Gineura,chc cofi fi chiamatta la Giouane, i quali hauean piu toflo vn poco del-
I'auarOyche nò,che anchor,che Voffidonio foffe flato il piu virtuofo buomo del mon
dOy Chaurcbbon fempre bauuto per nulla appo Teronello. La onde la Madre , &
il Vadre di Voffidonio, veduta la poca jlima, cbe quelli di Gineura faceano di lui,
baueano aneb’effi tra lor medefimi deliberato, come già ne baucano pariato col Fi
gliuo/o, cbe egli ognaltra donna piu tofloprendcfJe3cbe colei. Quefia deliberatio­
ne de Tadri, & delle Madri loro, fua due amanti di nonpicciola noia , Ma ben-
cbe vedefjero i loro maggiori a loro deflj contrari,non ft feemaua nondimeno in lor
I'afhore. Sperando, cbe deueffe .Amorepor loro innangi, via,ondepoteffero com-
pire quanto deflderauano, Verfeuerando adunqtte in amarft Gineura,& Voffido-
niOyil Vadre della Giouane ft delibero di maritarla, & effendo egli vngiorno,&
la Moglie inftemc, fecero cbiamar Gineura,et4e diffe il Vadre,cb’effendo ella alf-
are: etd peruemta di bauer marito, egli hauea penfato di volcrglicle dare: & cbe per
t nel bene di lei, & per fodisfacimcnto di lui, tra molti giouani, cbe feco bauea confide
ati, gli pareua , cbe Veronello di Lorenzo foffe piu per lei, cbe niuno altro Gio-
ane del paefe, ft per effere egli ricco,& di affiai honefla famiglia, ft anco perche
fapeua,cb'egli I'amaua , il cbe gli facea credere, ch'ella ne deueffe hauer con lui
I tutta quella buona compagnia, cbe poflfa hauere donna da buomo : & doppo que-
fle parole, le domando s'ella fe ne contentaua, Gineura, cbe non poteua cofa vdire
che le pot effe effere pin fpiaceuole, cbe vederft torre ogni fperanga di potere ha­
uere il fuo Voffidonio : & che quando do non haueffe potuto ottenere, haurebbo
della piu toflo pigliato il piu vil’buomo di quel luogo, che Veronello, delibero di non
onne, tacerft quello, che ella ebiudea nel cuore; & diffe al Vadre, cbe come ella erapre
adif Sia ad vbidirlo, in pigliarft marito, cofi egli degnaffe effer contento di non darle
n c, le,cbe le haueffe fempre a difpiacere, & cbe non gli effendo nafeoflo quantopo-
tanti, xo amore ella portaffe a Veronello, & quanto amaJJ'c lei Voffidonio, & egli me-
lifiric ritaffe effere da lei amato, non voleffe mirare,che quelli haueffe vn poco piu roba
tuna cheqmSii perfaria rimancr fempre dolente; effendo maffimiamente le altre qua-
% Voffidonio, a rifpetto a quelle di Veronello, tali, cbe ben ne poteua effere
contrapefato quel poco piu d'bauere,che ft ritrouaua Veronello. Tfon potè la Mx
dre, lx quale era di natura fuperbetta , & tanto baucua in odio Voffidonio,
•altro
quanto famaua laFigliuoia, tolerar qucjle parole; & plena dira , & difdegno
I della
ia: 1& V Tar. Trima

V /
D e G li H ecatommithi
diffe, Egli è ben male,per miafe, che non faccia il Tadre a tuo modo, come tu $
foffi maggiore, cofi habbiamô deliberato & egli,& io, & cofi vogliamo, cbtfu
voglia tuo nò . St non so,a che mi tcnga,ch'io non ti dia la mercê, che ti fi con-
uerebbe, per quefio tuo ardire, beiliuola, che tttfe . Si mife a plangere dirotta-
mente la Giouane : & non effendo ardita di mandarpiü fuori parola, colle lagrU
me, mofirando il voler fuo ,facea riffiofla alia adirata Madre. Il T adre, chepik'
maturo, & piü temperato era, & che conofcca, che gli affctti giouanili dcono c[-J'
feregouernati da piu prudenti con deftregga, & che piupuote appo i giouani k
riuerenga,quando altri la fi sà fare hauere,che I'affiregga, ({ua^ moltefiatcfa
piu inajprirè gli animi giouanili:con piu acconcia via fi diede afarle vcdere, che
quello, cb'egli deliberato haueua,era il fuo meglio, perche effendogli ellafola Fi*
gliuola , & deucndo rimanere herede di tutto il fuo, non penfaua ad altro, che ad
accoppiarla con huomo,col quale foJJeper hauere tutto quel bene,che pub dcfide-
rare amoreuole Tadre a cara Figliuola: & che per cib ella deuca lafciare ogni al
tro penfiero, & appigliarfi a queUo,chycra a lui a grado,perche altrirnente facen->
do,egli non 1'baurebbe per quella vbidiente Figliuola,cbe 1'haucua fcmpre hauu-
ta infino a quelgiorno; & vltimamente le diffe, che meglio penfaffe, perche cfii
ftrendea certo,che appigliandofi a piü maturo conftglio,fi accòfierebbe,per lo fuo
meglio, al parer del T adre.Cintura,da pungentiffimo dolore traffitta, fi partTdd
Tadre, & il tutto fe fapere aTojJidonio. Il quale non nefentipunto minore noico>
th'ella fentita shaueffe; angi motto era piugraue il fuo dolore, perche come il Ta
dre, & la Madre di Gineura voleano maritarlei, perche non haueffe Tojfidonio,
cofi quelti dei Giouane voleano a lui dare vnaltra moglie, perche egli non hauefft
Cintura . St era, per ventura,allhora in quella contrada vna Giouane bella,dal-
la quale era amato Teronello al pari della fua vita , oue egli punto non fi curaux*,}
di lei, hauendo poflo ogni fuo defiderio in Gineura . La qual Giouane parendo <tr
Tadre, & alia Madre di Tojfidonio degna di lui, doppo molte deliberationi, ha*
uea penfato di darglieleper moglie. Stgià nhaueano pariato coi Tadre della Gio
uanè. St haueano come conchiufo infieme il partito , Onde , hauendo pofcia ejji il
tutto coi Figliuolo communicato, egli non con piu lieto cuore afcoltb il Tadre, & ^
la Madre, quando di cio gli ragionarono, che afcoltato hauejfe Gineura il pariare " ■
defuoi. Ter la qual cofa, tutto dolente, tra fe ffieffo diceua, vedifiera congiuntio- «£
tie di nemicbe flelle contra noi. Lifca, che tale era il nome di quell'altra Giouane,
ama Teronello, & in me punto non penfa , & vuol mio Tadre darlami per mo-
glic, Gineura ama me, & il d e l vuol clfella diuenga di Teronello j l quale ella HK*.
tro tato ha a fchifo,quato Lifca è hauuta da me in odio,& tutto fdegnofo maledi- .
Ua Mmore,che cofi male gli volejfe accoppiare. Stando in qucflo termine lecofe, .
il Tadre,& la Madre di Gineura,conchiufero conTeronello ilparentadofgr bifo
gnb,ch'ellafe nefteffe cheta,volcffe 0 no. Ma non potrei gia dire i pianti, & tfâfc
maricbi,ch''ella ffiarfe, & quanto piu toflo haurebbe voluto effere morta , che di
uenir moglie di colui,cIj ella haueua infaflidio. Et fenon,ch'ella fapea, che la fua
múrte farcbbe flata acerbiffima a Tojfidonio, & che forfe anco gli haurebbe data
D ec a S e c o n d a. - 122
5jé friifcra cagione di vcciderfi,fon certo,cb'ella ft baurebbe data la morte. DalTaU
t tra parte Tojjldonio, benchefentijje dclfauenuto cafo, eflremo dolore, non ft die-
t- de a ver far lagrime : Ma come Giouane di molto ardire,& valorofo, bauendogli
u tutta via tim oregli (J>roni al fianco, ft delibero colCarmein mano di torfi quello,
i- çbe ilfiero deftino,& Coflinato volere de fuoi, & di quelli della ftta Donna,con-
iu' ■ tra ragione, gli vietauano. Et hauendo cgligià intefo, cbe deueano andare a ce­
n lebrare lenogge in contado,ad vn podere del padre della Giouane, poflo Ltngo la
k Seccbia, & lontano dalla terra a died miglia, Egli con alquanti compagni, ft po-
u fe in aguato in luogo,ouc fapea,cbe prima,cb'arriuaffero al podere,deueano fmon
y are, & la Giouane, & coloro, cb’eran con lei, per leuargliele,ct via menarlaft.
:'i- ontarono ddunque in vna barchetta il Tadre, & la Madre, con nlquante Gio-
ad uanette della contrada, le quali bauejfero, fecondo il coflume, ad honorar le nog?
le­ ge della Figliuola, tra le quali vi era anco Lifca, La quale andaua tutta fconfola-,
al ta a vedere cbe eolui eb’era a lei caro, quanto il lame degli occbi fuoi,deueffe pi*
en- gliare ultra donna,cbe lei. Era allbora il flume di Seccbia affai tranquillo, , quan-
u- tunque foffe pilt pieno dacqua dclCvfato,oná'era il viaggio alia brigata molto ac-
'gíi çoncio. Ma baueano appena tre miglia caminato , cbe foprauenne di fubito , fuot
fito dogni lor penftero vna plena dacqua tanto terribile, chefe perdere al noccbiera
lú il fodere, & gli tolfe ognt ardire, eJr rimafela barchetta tutta in podere dei fitt-
ihi me. La quale in poco tempo fu condotta,poco piit cbe vn mglio lontana dal luogo
Tá que era Toffdonio in aguato. Quefli veduta la barchetta,oue era la fua Donna 4
iio, coft pericolofopartito, & non fappiendo, chefa rfi, delibero 0 di morir con lei, q
di volerla foccorrere. St effendo molto defiro, & altante sü Taequa, & dandogli
#
lal- valore , & forga il deftderio di faluar colei ,fenga la quale non credea di poter
luere :trattefi, in quanto occbio fi gir a ,i arme, & i panni,& poflo fe perla fua
'mata in oblio,no attefe ricordo,chegli deffero i compagni,per diflornarlo da coft
pericolofa imprefa,Ma gittoffi a moto (vedete forga di fedele amorejet commeto
con ogni preflegga,a diriggarft verfo la barchetta. Sra egli appena a megil f u ­
me,cbe vide Gincura, che piu dogni altra temeua effere vfeita infieme con Lifca
fu laproda per vedere fe forfe feorgeano cofa, onde (fer afferofoccorfo; & mentre
M ambe due gridauano, & ft sbatteuano,abbagliate da rauolgimenti deVCaequa,coft
per mangiunte, come erano,fe ne caddero nelfiume. Tarrà cofa incredibile,quel
la che io fon per narrare, a coloro cbefanno la forga di quel fu m e , quanto cgli,
a* & fuperbo, & fcbiumofo fe ne v à : & incredibile certo fipotrebbe dire ,fe folo
r ± y ° tenga humana vi baueffe bauuto luogo ,nèio , cbe la narro, la crederet, fenon
^ cbe fon ft curo, cbe dittina mano fi traponeffe in que flo cafo , a foccorfo di quefli
ra amanti. Et pietofamente deffe aiuto , & lena al Giouane, il quale (pinto da ve­
race amore , fi era mejjo a manifefla morte, per dar la vita,a cbi era la fua vi-
'Jfendo adunque cadute ambedite le Giouani neliaequa , eir veggendo Tofji-
donio alia fua Gincura quelle blonde ebiorne, ch'ella Imgbiffime baueua, & nel
cadere le fi erano fciolte,fu per Cacqua notare, delle quali timore gli baueuagid
m iff mille lacci intorno il cuorc, non vide Chora di poterui porre le mani dentro,

jm
W
D b G li H ec a to m m ith i
per traria dip ericolo. S'eranJflarfeall'vna,& alfultra delle Giouanele fiddigTif,
c*haueano indojjo , & le altre lor veftiycome vn padiglione fu I'acqua; & ftfofle.
neuano ( quaft due Sirene di cui le parti di fotto ftejjero fott'acqua, & Íaltre fo-
prq) cofigiuntc inftemc, come erano neljiume cadute; ad ejfe giunfe ToJJidonio,
eir data di mano a Gineura, tanto, fe, che amtandole a ftar forte le vcfli, la con-
duffe infieme con I'altra a riua. Ma tutti cofi rotti, & cofi fiacchi vi arriunrono,
che fe non vi ft ritrouauano , per buona lor forte, alcuni Contadini, adognrmodo
tutti e tre farebbon morti: perche effifi pojbno ad aiutargli, & con lor argomen-
ti tanto operarono,che gli tr affero dell’acqua, poco meno che morti, non tanto per
la durata fatica,quanto per la rena,cbe I1era nel corpo entrata,per la quale erano
a tal ridotti,che niun di loropotea pariare, Et tutti dubitauano dimorire:Ma con
tutto do, Gineura ft godeua di morire a canto ilfuo ToJJidonio, & egli altrefi a
canto alia fua donna. Et rengratiaua anco Lifca Iddio, che per efferft ritrouata
gmnta con mano a Gineura,foffe anch'ella vfcila del flume,& fe forfe viueffe,foJ-
fe ferbata a ft lieta ventura, chepoteffe hatter Teronello per fuo marito.I Conta­
dini, mojfi.dalla compaffione,chebbero di quelli afflittijatte venire lor carra,gli
*,vipofero fopra,& condottigli alia lor capana, non mancarono con ogni modo lor
p.ojfibile alia falute loro. Et fecero fapere ad vn lor vecchio padrone,molto inten­
dente delle cofe di Medicina, che cofloro erano nelle lor cafe, & c haueano bijb-
gno del fuo aiuto. 11 buon vecchio, come cortefe, & pietofo, ch'egli era ft riduffe
a cafa i Contadini: & veduti i Giouani ,gli conforto, & gh afficurò della vita ;
& lor diffe,cbe ft credejfino, che Iddio gli haueffe fatti condurre inquella cafa,
perche fojfino, intieramente rifanati. Mentre il buon Vecchio attendeua a rifanar. ,
gli infermi,gli altri ,ch'erano rimaft nella barca doppo mille faceie di morte hauu- y„
te innangj, a gli occhfper lor buon Fato,furono condo tti in luogo, oue ficuramert
tepoterono vfcir della barchetta, & ritornarfi alia Mirandola. Et tenendo il T a ^
dre,t& la Madre di Gineura, ch'ella foffe con Lifca nel flume affogata,fi doleano
acerbamente deltauenuto cajo. KJè meno eranofconfolati, & trifti il Tadre,&
la Madre di Lifca, credcndola ancloejfi infieme con Gineura, morta. I compam di
ToJJidonio, che non I haueano a modo alcuno potuto tenere, che nonft foffe gitta-
to nel flume a nuoto:& che pofeia non fhaueano piu veduto, tennero anch’ejji per
certo , che foffe rimafo morto nel flume,perciò tutti di mala voglia a cafa ft ritor-
naropo. Et dijfono al Tadre, & alia Madre di ToJJidonio la coja come ejfl la cre-
deuano, i quali, dolenti a morte della loro oflinata duregga , nonfapeano ritro-
uarpacc; parendo loro,che coll'hauerglileuata Gineura,per lor cagione, bauejfl^
no il Figliuolo perduto. Mentre cofloro erano tutti in pianto,& in angofcia,co-
minciaronoyper opera del buon vecchio, ToJJidonio, & le due Giouani a rihauerfi
alquanto,& a ragiooare infieme delle paffitcjciagure, & parimente defor.amo
ritonde Lifca conobbe chiaramentc,che non hauea pin a temere, che ella TofsiUtè*'
mo haueffe a prendere. Etche bifognaua che Teronello d'ultra Donna ft prouedef-
fe che Gineura non era piü per effer fna. Et venne in Jperanga, cbepojfendo par­
iare con Teronello, lopotejfe difporre a non riflutar lef, çhe tanto I'amaua , per
ultra
D eca S e CONDA. 125
altra Donna. Cottoro, con loro ragionamenti diedero contecjçad bum f*êccbiò,
& a Contadiniyche quantunque foffirto fu il Modonefc}erano nondimeno dalla Mi
randola,& qui ft conobbero 1lor Vadri,& i lor amori. Onde il vecchio,con vo­
ler degli infermi cbe bramaua.no leuare i Vadri,& le Madri loro dtaffanno ,feee
per gli Contadini medefmi intendere al Vadre di VoffldoriiOycb'egli Chauea in ca-
fa inferno, con due bellijflme Giouani,delle quali vna baueua nome Gineura, &
Íaltra Lifca, & gli fpiegarono tutto il fatto minutamente : poi gli foggiunfono,
cbeVoffldonio,& le Giouani molto bramauano di vedere i lor Vadri, a quali ejji
farebbono andatife ft baueffero potuto leuar de letto.Mentrecbe col padre di T of
^fldonio,cofl ragionauano i Contadini,vi foprauenne il Vadre di Gineura,& indi a
pocoy quel di Lifca : Ft c'w vdendo,furono molto contenti,& ft deliberarono infie
me colle Mogliere, volere andare, oue i loro figliuoli erano. La qual cofa perue-
nuta anco aüe oreccbie di Veronello, <& intendendoycbe Gineura era viua:fl difpo
fe voler gire infteme co gli altri la oue ella era, et come fuo Marito ypigliarlafi.To
ílifl adunque tutti infteme in camino, giunfero a cafa de Contadiniy oue ritrouaro-
no Toffidonio,& amendue le Donne nel letto. Le accoglienge 3 & lefefle tra loro
furonograndi. Ma nonfu però Veronello3 nè da Vojfidonio 3 nè da Gineura vedu-
tojjolentieriy Lifca nondimeno lo vide con tanta fua allegrecgça, con quanta non
I'baurebbe ella potuto vederpiu. Doppo I'efferft rallegrati tutti infteme , diffe la
Madre di Gineurayche poi cbe la Figliuola era vfcita di coftgraue Fortunayet cbe
ft ritrouaua iui Veronello, era cofa comeneuoliffma, cbeft celebraffmo le nogge
in quefla cafa, oue eft haneano bauuta la faluteyacciocbe I’allegrecja foffe in ogni
aparte compiuta. Ft veggendo la Madre di Lifca iui VofJidoniofaluo, volea3 cbe
crlebrandoft le nogge di Gineura; & di Veronello 3fi celebraffero anco quelle di
rVifca3 & di Voffldonio. Mllhora VojJidonio3 turbato in vifo3 Lifca, diffe3 non mi
darcte voi,perche ha voluto il Cielo3che faluata habbia Gineura con pericolo del-
la vita, perche ella fia mia,& chi la mi vorrà torre3la mi tona colle arme in ma
no,& altrimente no. Viglifl Veronello Lijca, cbe lama3& è degna di lui3 quanto
alcuna altra, & lafci a me Gineura3dalla quale nonfon iopunto meno amato,cbe
egli ft fa da Lifca. Si cominctarono tra Figliuoliy & Vadrile parole vn pocopiu
gagliarde, di quello3che deftdcraua il buon veccbio, in cafa del quale erano tutti;
Ft ejfcndo egli molto accorto3 & molto atto a compone le difference altrui,vifla
la contefa , & fappiendo qual fofe l animo de Giouani, cbe curati baueua, tutto
benigno,& cortefe tra loro ft mife,& cof cominciò a dire, Voi cbe queili Gioua•
ni fono flati faluati da Iddio , cbe da Iddio folo è venuta queHagratia, & ba vo­
luto vfare mè per mego alia falnte loro, ritrouando effi anchora in cafa mia, mi
pare, cbe ragioneuolmcnte 10 habbia fopra loro qualcbe podeílà. Ft mi pare anco
__ reffo voi lor Vadri,& lor Madri, mi debba bauere acquiflata tanto di au
tõrttàyCbe mi fia lecito, per beneficio comune, trappormi tra le difference voflre:
& perciò mi fará fopra modo grato, che tutti infleme vi degnate porgermi grato
oxeccbio. Rifpofe ognuno, cb’egli diceffe , chefarebbe benigniflimamente afcolta-
t o . Mllbora il buon v^phto cofi cominciò, Ter quanto io ho comprefo nel tempo,
Tar. Tnma O
.. -a De i B e c a to m h ith i
che iojtyi fiato. alia çura di quejligiouani, & da quello* chora ft è detto In quefla.
vojlracontefa: conofco, che VoJJidonio ha amata, & ama tanto Gme ura, & ef}q
lui, che vorrcbbono phi toilo hauer lajciata la vita tra tonde , che per matrimo­
nio nonfi congiungefjino infieme. Et mi pare, the anco Lifca, la quale, mercê del­
la diuina bontà,qu\ con noi fi ritrouaynon mono ami Teronello, che ji ami Gineura
ToJJidonlo. Et pemciò mi pare, che quandoVeronello ft piegaffe a pigliar Lifca,che
ft congiungerebbono due coppie di gentili jfi mi Giouani, conJi faldo legame, & con 'Vt
tanto amore, con quanto nc fojjero mai due altre congiunte . St quindi voltatoji
a Tadriy diffe loro, & qual poca humanitàfarebbe la voJlra,che volcft.e tone Gi
neura a Vojfidonio, per darla a Teronello,& dare a Vojfidonio Lifca, perche ella
di Teronello nonfojj'e ? ton qucjlo modo turbar tuita quella letitia, alia quale. ^
hannoferbati queHi Giouani gli Iddij immortali ? Quefto,per quanto a me nepa
ia, non farebbe altro , che riuoltare tutto tor dine della natura , zy 10 non vorrei
pi'o toflo hauergli mai rifanati, che vedtre , che aueniffe cofa tanto fconcia , per
non dire abomineuole. Verb fe merita cofa alcttna apprcjjo voi}ia diligcnga rnia
alia loro flu te vfata : vi prego, voi Tadri,& Madri, che non vogliatc apporui
al voler diuino : gy che confentiate, che Ic cafe Je ne vadano per lor dint to fern a
volerle piegare a torto camino . St dóppo ancile parole, riuoltatofi vitimam in-
te verfo Teronello,gli dijfe, Se ilgiuflo, Figliuol mio, può appreffo te quello,tare
di ragione dee potere : ti prego, che non vogli far tanto torto alio amore , chc ti
porta quejla bellijfima Giouane, la quale ba te folo,per fojlegno, delia fita vita,
che la fdegni, gr per ciò la rifiuti, angi la vogli hauerc tanto cara , quanto riccr-
ca lo frnifurato amore, che ella ti porta, che hauer la debbi. Et qual Donna puok
tu hauere, colla quale pojji viuere piit tranquillamcnte, che con Lifca. La pYinx . •«
cofa, Figliuol m nio, che dene hauere il marito dalla moglic c iamore,& la b en im .\
lenga,perche a ciòfoccedono pofeia tutte le altre cofe,cbe mantengono infedeguin
ú gli animi de mariti, & delle mogli. Et one penfi tu di ritrouare vnaltra , che
tanto ti ami,quanto ti ama Lifca? Thrift tu forfe,che quejla debba cjfcre Gineurf
tu ti bigami fe quejlo credi: non vedi tu , ch'ella ê obligata per la vita faluata a
Vofjidonio ? gy per nulla è obligata a te ■T{on vedi, che quando mai non 1'hauef- %.
jc amato fora per Íobligo, onde ella gli ê aílretta, non può non effere fuaêEt vo-
Icndola per moglic, come tu vedi chiaramente, cl/cgli la vuole, non può ella non
darglifi ajjettuofimente. Vero volgi,figliuol mio , il tuo penfier a chi ti ama , gr
flatti ftcuroycbe nonfenga dijpofitione della diuina prouidega ella dee diucnir tua.. w*. zm
\Al fine di quefle parole LÍfca,con doUiffima maniera,et dolcijjimo fembiante voi?
tatofi verfo Teronello gli diffe. ythi Vcronellofolo, gr cari(fimo mio bene,pof-
fa in te tanto il fingolare amore, che con tanta fedc,tanto tempo ti ho portato, &
hora,piu che mai, ti porto,cbe non mi fdegni: conofci, ti prego, che mi btiferb^
to il Cielo a Teronello? gr non ad altro huomo. St quando tu Vcronello, qúPfíV
non vogli,io non voglio piu viuere. Non potê nonfentire gli affettuoft fojpiri,
le calde lagrime, colle quali Lifca accompagnò le vitime parole,il gentil Teronel •,
!o 3 •\ animo dei quale haueua gia tutio commojfo il fagglo ragionare dei maturo
vccchio:
'; ';D e C A ' S e C O N D A . ! 12 4
vejtdno :ma vlnto dagmjla pictà, ando ad abbracciare Lifcd>& pèf fuafeka prt-
f t . Vcduto queflo il fitggio vecchio^ipigliò-U fuoparláre, in queflo modo,dicen
do, Mi paredx comprcndere ,cbeTeronetlo non ft a di faffo3& chc fc voi Tadri, et
Madri, vorretefar quel , chc deuete , ogni cofi haueni diceuolfine. Verb vi
prego , per la paterna bemuolenga , chc io ho moslrata a voflri Figlmoli, in cu-
r argil amoreuolijjimamcnte ,che fi ate contenti,chc rimanga.no infem e giunti que-
gli animi,chc verace amore, & ferma fede,per dluina di/pofttione,hanno infieme
dccoppiati. Furono dette molte parole da Vadri de Giourni anchora, Mapiu dal­
le due vccchie,piii ofiinite per la vèccbie7ga,& piu ritrofe: & per cib mcno pie
g[henoli,come quelle, chc fermatc nclla loro opinione, non volcano altro volere,
.If ebe quello che ft bantam fiffo nclla tcfla. Ma tanto fieppe ben dire il valent huo-
rno, & tanto fit aintato da tutta la brigata,chc con buon.i pace di tutti,fu conchin
fo il matrimonio tra Ghieura, & Tojfidonio,& tra Lifca, & Teronello. Onde fi
celebrarono lendgge in cafixdcContadini,& qucllo, chc non haueano potuto con-
feguir quefli amanti nella felice, & profilerafor tuna,nclla auerfa lo confeguirono
& rhnafono contenti'de loro amort.

LÇ)TERl NGO re d i n ghi lterra v i e n e a m o r t e ,


lafciadoppo fe la moglievfufrutcuamde! R egno, con vna fola FigliuolafanciuIIa j la-
feia in fedeil Regno, &!e Donne ad vn fuo Barone, il quale lo occupa,& m rica le D on-
> nebaflamente js’mgrauidano ambedue; & partorifeono vna vn figliuol mafchio,ralcra
vna femina; Partorifce finvlmcnte la Mogbedel Re, ch’occupo il Regno ,vno Figliuol
>h mafehio, & vna femina .• Per configito di vn faggio htiomo, fono cambiatii FanciuHi}
*' s’lanamorauoiquattroFigliuoli infieme:& percafoauuenuco,il Recredecondannare
x Fig'iuo’i delledueDonne a morte, & vi condanna i fuoi 3al fine conofce loinganno,
10' ‘4 .. *» vuol far morirele Donne, & chilorohadatoilconliglio j ma nella maggiore ira diuen-
m gonoi Figliuoli de.le Donne , & queidel Re mariti, Scmogli.
be IW**.
a? N O V E L L A IX.
IA V' D M T 0 a Toffidonio dagli huomini parimente,et dalle Don
efi . ne vanto di lealijfimo amante, nèfi potcitano veder fati di lodare
<0- ' il buon vecchio, per la cut opera cram feguiti que matrimonij,
on m- che prima pareuanoimpoffibili; & ejfendofifopra cibalquanto
& ragionato.difie Camiila.La varietd degli accidenti del mondo, ci
ua.. >ot dà alle volte tal materia di fauellare,cbe chi no ft ritrouaffe nel fatto, append ere
/ at?**
dercbbe,che le cofc cofi aiienutc foffino,come altri le narra[fc,St pure dal raccon­
iof- '** tato auenimento , er da qucllo 5 chc anefno mi apparecclno didire hora , potrâ
‘ effere certo ognuno di not chc fouente la verità fa fede di qucllo , che parea da
ba- Jc incredibile.
, ^ r'71 EG NO' già in Ingbilterrx vn iIquale hattex nome Lotcringo, & baue-
&■*# tta vna moglie,chc Cherinda fi chiamaua. St vna Figliuola, che fi cbiamaua Ca-
Kiel ria, le quali eranogli occhi fuci tanto fimgolarmentc amana cgli tvn a ,& I'altra.
turo %JI InfermograttementeLotcringo : & non vi cjj'cndo della fiirpe reale alcuno. Si
D G li Hecatommithi
delibcrò che il Regno ft rimaneffe alia figlino la , & I'ufufmtto alia Moglie, infin
cbe la figliuola foffe maritata , & haueffe vn figliuolo mafcbio . Ma veggendo
che rimanendofi le Donne fenga appoggio alcuno potrebbe ageuolmente auemrc,
cbefarebbono fcacciate del l\egno,Egli prima che fi moriffe,pensò diproucdcr lo­
ro, Stfe cbiamare a sè vnofil quale era detto Nicio,di cui egli molio fi fidam* &
gli diffe. Nicio, io conofio, che igiorni miei fongiunti al fine , & chi mi bifogna (/j
paffare all'altra vita , & lafciare la Moglie , & la Fgliuola , le quali mi fono
quelle care per[one, che tu fitly fenga appoggio alcuno }fe io prima che cbiudagli
occbiy non glide ritrouo. Et perche è mio defiderio, cl) efflendo in tutto mancata
la Reale ilirpe ne maflcbi della noftra famiglia, cila viua nellefemine : hò deli- ./tef ll ^
bcratOy tutto il mio Regno rirnanga a Caria mia vnica figlimla , & fi babbia iu-
fafrutto Cherinda , infin che di quefla mia cariffima figliuola nafea vn mafcbio..
Ma perche io so , che rimanendo le Dome fienga gouerno negli flati 3fono quaft
naue, che fia in mare fenga nocchiero. Et mi pare3 che tu debba effer quegli a cui
ficuramente le fid.i3 tra quanti amici io mi ritrouo bauere, hò fatta f 'delta di te,
al quale io dia il gouerno della Moglie,& della Figliuola, & dello flato mio,pro-
mettendomiy che tanta debba effere la fede tua , che tu non me ne debbi venir me­
rto. Nicio, ciò vdendo , refe gratie al Re della buona opinione, ch'egli haueua di
lui. Toi gli promife, & gli giurb di haucre quella medefima cura delle due Don­
ney che fie I'una foffe a lui Moglierc, & I'altra figliuola , & di cercar fiempre di
mantener loro lo flato non altrimente, cheflefluo proprio foffe. Il Re, ajficurato
dalle parole di Tsfiicio, fe cbiamare a fe Cariay & Cherinda, & diffe loro, chefin
tendo , ch'eragiunto iultimo termine del viuer fiuo , & volendo lor proueder d’ ,
vnOy chele diffendeff'e daogni ingiuria ,fi hauea eletto di lafciarle fiotto il goira&h.^'ifi^
no di Nficiofil quale haueffe a reggere lo(lato,& loro nfieme infin a tantosche la'
figliuola foffe maritata , haueffe vnfigliuol mafcbio di huomo di flirpe Reale. ****
Et con quefli parole fiattofi venire apprcfj'o le due dome , ft appoggio quanto me- fi--
glio potè fulla fponda del letto, & prefix la Moglie da vna mano , & la figliuola
dall’altra fi voltò verfo Tflicio, & diffe. 'Njcio, quefle due Donne fono tali ap-
preffo me, cbe I vna è il cuore, & I'altra I'anima mia,St poi che le mi couiene la- ' -
fciarcyio le do, & raccommando alia tua fede. Tortati,ti prego,di modo con lo­
ro, ch’eUefi habbiano a lodare di me, chabbia te eletto per lor ducc',& io, infimo W ^
neUaltra vita,migoda,di bauere a te commefja la cura loro. Tofcia diffe aide don *
ne farete voi, care anime mi,vbidienti a Nicio, & cofi come io lo v i lafcio, voi lo
vipigliareteper vnaltro me . M. quefle parole , piangeano le Dome ypiangeu^* m ^
Loteringo con loro, eir elle differo, che tanto appunto farebbono , quanto egli lor- ^
commetteua, € indi apoebi giorni Loteringo fe ne mori,Et Tsficio ft diede a regge~
re lo flato, & le due Donne, moflrando verfo loro fingolare amore, & intredibif
fede. Ma paffiaronopochi mcfiyche fentita la contente7ja,che ad altri porge CfjfS' "
re Re, & il commandare, & effere vbidito ( pcro che come Re ognuno ibonora
ua, & vbidiua, fapendo l'autorita,che data gli haueua alia fua morte Loteringo)
fu di maniera tocco3dal defiderio di effere veramente Recebe ff>re%gata la feda da
■/ tact
D ec a se c o n ' d a. 125
va a Loteringo, & ognigiurata promeffa,cominciò a penfare di poter ritrouar mo
do,per loquale il Regno a lui libero rimaneffe. Et cereo con ogni diligcnga di far ft
cofi amiche le Donne3 moflrando egli fempre di procurare il lor bene, che potejje
difporre di loro, come piu gli piaceffe. Et ejjendo giàcrefáuta Caria alia età di po
terfi pigliar marito, & parendo a Tdfcio di bauerlc già come legate alie fue vo-
gliepigliatofi vngiorm tempo atto a quanto intendea di fareicomincio loro a mo
firare, quanto malageuole cofa foffe ilgouernare vn Regno , & a quanti pericoli
foffe fottopoflo vno,cbe vn grande Imperio fignoreggiaffe . Et per lo contrario,
quanta foffe la quiete, & la tranquillity di vno flato priuato:& quanto a Donne
jfpiu conueniffe il fecondo modo di viuere,cbe il primo, per effere elle naturalmen-
tc piu. atte alia quiete,cbe al trauagliare:& che percio egli le fapeua configliare
per lo amore,cb'egli portaua ad amendue,et p lor defiderio,ctiegli hauea dei loro
ripofo ,ch’elleno lafciaffero lui infimili trauagli: che, pofcia,che meffo ve lo hauc-
ua Loteringo,gjà non pure a ciò fi era auegzp,ma vi hauea quafi fatto il callo:et
cbelle fi maritafjino ad huomini,co quali menaffero tranquilla, & ripofata vita.
Era eloquente Elicio, & atto a perfuadere a piu faggi intelletti, non che afempli-
ci donne,cio cb'egli voleua; & poflo , che con 1’eloquenga , bauefje potuto piegar
ii gli animi dclle dome alie voglie fue, diede nondimeno in quelputo molto aiuto al
i- fuo pariare, 1'efferfi Cherinda doppo la morte di Loteringo innamorata d'vn fuo
di Getilbuomo,& Caria del figliuol d'eJJ'o.La onde fu cofa ageuole a Nicio 1'ottencre
to da loro ciò cb'egli defideraua :Contentandofi*tffe, cb'egli foffe contento (come que-
en gli, cbe il lor gouerno hauea) cbe a loro amanti fi maritafjino. Fwrono adunque
d’ contente di pigliarfi que due per lor m ariti, & cbe Tficio haueffe il Regno. Ma-
18*.uf adunque le Donne,l'una al padre,cbe di Offoniafluogo affai fontano da Lon
Ia •V . dra CittcL realej era fignore; & 1'altra al figliuolo,huomini nati piu tofto al ripo-
* »1**, fo priuato; cbe al trauaglio delle fignorie, 'Nicio rimafe Re dell'Ingbilterra. Et fe
le.
IC- chiaramente conofcere, quanto male fi ferui la fede ne maneggi de Regni, quan­
)!a do ad altri viene occafione di poterjene far fignore . Era itato lungamente con Lo­
teringo vn Confiiglieriy che Emonefi cbiamaua , buomo faggio 3 & di molta e(pi-
'P“ rienga nelle cofe dei mondo : il quale amaua con tutta quellafede Loteringo3 colla
la-
lo- quale deue amare vno affettionato,&fedelijfimo feruitore il fuo fignore3al qnale
ino baurebbepotuto ficurijfimamenteil Regno,et le dome Loteringo fidare:s'egli non
ion haueffe fatto qucllo, cbejpeffo igran fignori fanno , cbe lafciando i migliori 3 &
ilo piu fcdeliy a quclli di cui meno fi deurebbero fidare fi appigliano, od afalfeper-
fuafioni altruiy o dal loro pocogiudicio ingannati. Emone adunque 3 che non me-
for* / s fio amaua I'offuy & la poluere dei Re morto3 che amato lo haueffe viuo: veggen-
di ' do come male haueffe ferbata Nicio la data fede a Loteringo, facendo la Moglie,
ibil K & r la*Figliuo la dei morto Re contra la fede data a lui foggette , ne fentiua tutto
***■- ~ ''~ tqüel difpiacercyche di fpiaceuolijjima cofa haueffe potuto fentire.Et flaua tutta fia
ta co gli occhi aperti3attendendo fe forfe felice forte gli aprijfe la via3 ond'egli coi
fuo femo poteffe emendar quello errore, che la fcioccbegga, delle Donne hauea com
ida meffo3& colla fuafede vincere la infideltà di 'Lficio.ln queflo tempo le due Don-
»^ ' neingra-
D e G li H e c a t o m m i t h i
ne ingrauidarono dc lor mariti, & appermp affarono trc mcfi, doppo lalorogra tie
uidegogi, chei loro Mariti morirono, i» quefio medefimo tempo , ingrauidb anco pc
ia mofiie di Nido ; Emone, cio veggendofi mifc a penfire fe quindi forfe gli ft po si
teffi aprire la via , per la quale cgli conduceffe il figlinolo di Cberinda,feconio, C
ch.iucuu ordinato Lot ecingo, ad effere Re dlnghil terra . Et volt atafi pin, giorni in
quefla cofi per I'animo , diffe vn giorno a ‘Effio, f il quale,non fappiendo qualfui V
ia fede di lealcferuiton verfo amoreuole Signore, fi penfana , che cofi baueffi E- tc
monepoflo in oblio il Rc morto, come egli poflo ve lbaucua)& percio fi configlia d
tu con lui, di tutic le cofi dello flato, & moltogh credena,ebe cjfendo Infui Mo Ii u
giie 'jr.uiida, denata cgli con ogni ftitdio cercarc, che il Figliuolo,cbe nafcercbbe, Jd
fjfic rcalmencc nutrito : f r che qiuntunque foffe gran ventura il naficregran % c
Re, era nondimeno cofi di grande impor tanga, ad hanere cofi umi,& mani ere r
reali, chc i! bambino left beeffe dal latte della Balia,Tercbe ft vedcua, per cbia-i %
n eferienga , chc gli animi dc gli buominida primi alimenti pigliano qualità,-. t
& impreffione fimlle a quella,onde hanno il latte. Et che fe poffibil foffe,cbe i Re i
potcjjino far nutricare i loro figliuoli a Reineper cofi rara occafione, fipotreb- i
bono cbiamar filler, dSficio, da que ft c parole moffo, diffe, che cofi era veramente. J
QadcSmonc foggimfc, & perche voi tra il numero di quefli filici f a t e , bò pen-
fata cbaucudo figliuolo mafebio madama la Reina vofira conforte, egli fi potrS -
bc ageuolmcnte dare ad alienare ad vna dcllc Donne cbe furono di Loteringo, o
1 volefie voi darlo alia Madre, o pure filla figlino la , & cofi baurebbe il vostro fi-
fiiuolo id l-tte de Donna reale, & cofi potrebbe dinenire il piu compiuto Re, cbe
mat regn ifje in terra . Moltc cofi furono dette tra loro fopra cio , & finalmeate
ju "'uhirtpo ,cbc il figliuolo, che nafiterc denea ,fiffi nutrito da Caria , & coffifiatf*.,.
re ft fentto per parte del Re , & clla ft contento di quanto gli piacquc . Di cio
rim a moho contento Emone , & attendeua , cbe veniffe I'hora di poter dare efi *.,»I■air*
f it lo aIfio difegno . Vartan , tra queHo tempo, Cberinda vna figliuoia , & vn
figliuolo Caria, Et one fi ajpcttaua, chela Mogliedi ’I f cio partariffc vnfitofigli-
nolo, clla, vn rnefe doppo il parto dellc due Donne,due nhebbe ad vn parto, I'vno
mci io,<£r i'altra femina , Et gli partori in tempo, ncl quale vna gran pcftilen ■ >
%a banca affalita I or dra , & in gttifii ridotta la città , & il paefe intorno , per
facte maligno, cbe oltre,chc mold buominifentiffino la for7 a dclPacrccorrotto. «* * 4
tuiti ifimciulli, chc nafeeano , in capo a quindeci, o venti giorni fe ne moriuano:
p a la qaal cofa Nicio , cbauca deliberato di fare venire in corte Caria, & Cbe-
rind.a,& dar ad ambedue i fitoi figliuoli a nutrire. Fit configliato da medici, che
ciò non ficcffc : ma , cbe piu toflo gli mandaffi ad Offonla , lontani da quel pefit*~%
lente aere, alie Nutrici, acciocbe in Londra , a guifix de gli altri fancinlli, non fi
7*10?)'

- - m -

■de it C e l, ifleffo fauoriffe il fuo difegno; Ctunto Emone ad Offcnia, dr ridottofi


iufgrcto‘col!e Donne, cofi lor diffe , Riinc, ( cbe non viveglio io men, cbe l{ci-
nc chia-
D ECA S E C O N D A. n i
»e cbhmire, anchora >cbe la maligna infideltà di Isicio , vi babbia fatte venire
poco mono , cbe femme prln.it c) Dapoi, cbe L'Infed cle vi priiò deHimp crio vo-
siro3 contra lafede data a Loteringo , cbe a voi3 Cbcrinda3fu marito : & a voi,
Caria3padre, bo fernpre volto ogni mio penficro a vedere fe la mi a fede ft potejfe
inguifa cotraporre alia coftm infedeltà, cbe il volerc del voHro Re mono baueffe
quel fineyd) egli ordinato baueua, & al qua I ISfclo hauea promefj'o di dare effet-
to.Et quejla fu la cagione3Reinc mie3cbe3 conofeendo io la moglic di 'bficiograui-
da3& v o i , Caria , fmilmente , indujji 3 con varie ragioni 3 Nicio a dare ad a lie-
u areavolil fuo figliuolo , penfandom:, cbequindimi fi potejfe ojferire occafio-
vV jpe, di fare3 cbe il figliuol vojiro regnajje, & quello dello ingannatore3 come c di-
ceuoltjf ruijje. La qual cofa3 ancbora,cbe mi ft moflraffe malageuole, pure fpc-
raiiiI, cbe Iddio tanto famriffe queslo mio giufto dcfideriOy & pictofo ajfetto3che
mi potejfe venir fatto quello3 cbe io a bene vojiro defideraua-Ma egli, piufauore-
udle al conccputo difegno,di qucllo3 cbe io mi baitrei faputo imaginare : bà fatto ,
cbe3oue io ajpettaua3cbe la Reina deueffe part orire vn fgliuol mafcbio3r.e bà par
toriti du cjvno mafehio3 & Laltra femina, come tra voi due vn mafebio3 & vna
femina partorito bauete. Onde sè aperta la via3 cbe , one io baueua propojio di
compire il mio defuierio fu vn figliuolo folo3 bora lovegga riufcire in due. Et bà
cpftrato Iddio difcnditorc delgiuflo, & punitore della injideltà , & della ingrati­
tudine3che quella malageuoleTgfa, della quale io temei3quando ad vn /olo fgliuo-
lo baueua ilpcnfiero3bora in effaltarnc due mi fia del tutto lenata , hauendo data
materia agNiciOyper la pe[Menga3cb'occupa Londra3 di non vi chiamare in corte,
gome egli hauea deliberato, & come io molto temea3 ma di mandare i figliuoli a
oflra. 0 nde3fe non dijfrerçgerete il mio configlio yfenga arme 3fenga bat-
taglia : & per dir breue,fenga pericolo alcuno3farcmo3 Cherinda3la voftrafigli-
I a** uola Rcina : & Caria , il vojiro figliuolo Re : & i fgliuoli di Jficio3che ingan-
% nate vi bà3rimarranno loro foggetti3come è ragioneuole cbe fiano S i fucgliò3 per
leparole di Emone3ncgli animi delle Donnc3 gran deftderio di vedere que figliuo­
li Rcycbe la loro fcmpliàtà3& I'altrui malitia bane a fatti nxfecre foggettiigr al-
legramentegli diffono3& come effere potrà mat queflo Emonef ageuolijjimamen-
te 3 foggiunfe egli; voglio Reine 3 cbe voi diate i figliuoli del Re , in vecc de vo-
íiri a nutrir fuori , & i vo itri per quelli del Re vi nutriate, qui in cafa voi3 & al
tempo di renderei fanciullidiate vo ig li vofiri al Re3p erg lifu o i:& quelli del Re
v i teniatepergli voFlri con effo v o i. Et effendo io quegli, al quale il Re bà com-
meffa quejla cura3 ccft fegreta menerb quejla facenda , ch'altri cbe voi & io non
Japrà nulla giamai. Vidono le due Donne, cbe cofi potcua auuenire, come il
veccbio 3 hauea lor diuifato . Et per amenda dell'errore , cbe prima fatto
haufeaho, dcliberarono di fcguire il prudente configlio d'Emone. Ond'egli fi diede
itclare effetto alia incomimiata op era.Chia ma nanji i Figliuoli del Re3 1'vno Vra-
nio 3 & I'altra Slbania : St I'vno di quelli delle Donne hauea nome Smonio y I’ul­
tra Filcne. Muto Smone loro i nom\ 3 & nomino i figliuoli delle Donne del nome
é quelli del Re, & quelli del Re del notne di quelli delle Donne. St perche era co -
1• ‘
4
— „

D e G lt H e c a t o m m i t h i
flumey in quel tempo, in Inghilterra, che fi facca fu 1'homero deflro deprimi fi*
gliuoli realiycofl mafchi, come femine, vn fcgno, owrfe// conofceffero i primi nati•
Emoney che ciò molto bene fapeayperche mai per tepo alcuno nonfi fcoprijfe lo in-
gannOyfegnò del fegno re ale ( come quegli, che apprejfo di sê ne tenea la flampaj
ambidue i flglim l di Ile Donne. St fatto il cambiOy dr composte le cofe nel modo
chauete inte/o , Tajfati otto 3 o diecigiorni in Londra fe ne ritorm.St diffe a Tgi-
cioy che con tanto amore mtriuano le Donne ifuoiflgliuoU, che con maggiore non
gli potrebbe nutrire la medefima Madre 3 di ciò fi moflrò Nido molto contento.
Duro la mala qualità dell'aere in Londra, per lo fpatio di due anni, onde no volle-
ro mai i Mediciy che Nicio conduceffe i figliuoli in corte . T affata quella mala im f
preffione, vegli voile far condurre , Et mando per effi Smone , il quale gli menò i *
due delle fue peine fotto i find nomi. St Nicio , & la Moglie con quella ambreuo-
legfagli accolfe, che fi richiedeua al deflderio, ctiambidue hauuto nhaueano. I
fanciulli, che nel feno dclle lor madri erano alleuati, venuti tra gente nuoua, non
poteuavo ritrouar pace, Ter la qual cofifu di bifogno, che il Re chiamaffe le due
Donne in corte. Li quali vi vennero inficme co figliuoli, che gli loro erano tenutiy
et nel vero erano quclli di Nicio.Erano le due Donne tra loro tanto fimili,che oue
di vna medefima etafoffero flate,leggiermente I'vna nonfi farebbe conofciuta ddl
Laitra: dr i figliuoli, nati di effe,ferbauano ancotra loro quella fmiglianga , &
pareano veramente I'vno fratello, dr I'ultra forella nati ad vn parto, la qual cofa
fe, che Lficio per fuoi gli hebbe: dr anchora che gli altri,ad vn parto veramen­
te natiyfimili tra loro foffino,teneua,che ciòfoJfe,per la gran fimigUanga,c'hauea
no tra loro Caria,& Cherinda. Crebbono adunque i figliuoli del Re, & quclli del ,
le Donne in vna ifleffa corte infieme, & furono tutti parimente nell'arme,dr>í^- 1
le lettereeffercitati. Verb,che allhora era coflume in Londra,che i Figliuoli,dr le
figliuole, nobilmente nati, a quegli iludi),dr a quefli vgualmente fi allcuaffino.
Mentre le cofe cofipaffauano, Vranio marauigliofamente ft accefe di Filene, dr
Elbania di Emonio,onde non haueano mai benefenon quanto I'vno penfaua dell'al-
trOydr I'vno I'altro vedeua. Ma di quefli dua .Amori quel d'Vrania,di Filene era dr
palcfe: dr quel dEmonio, dr dElbania fi fegreto, chefolamente effi lo fapeano.
Terche I'vno,all'altrofolo con accord fguardi,dr con interrote parole, alia sfug-
git a , lo palefaua. Il Re toflo, che ft auide, ch'Vranio era accefb di Filene, vsd
ognipoffibile diligenga, interponendo alle lufinghe le minaccie, per diflornarlo
da quello amore. Ft vennemoltefiate in opinione di fare leuare Filene dal mon-
do , parendogliychefolo la morte di cofleifoffe atta a fpegner quella flamma , on­
de auampa Vranio. Ma la Reina ciò non lafciaua feguire,dicendo,che morta Fife^ S30)
ne non viuerebbe vranio , procedendo I'amore palefe tra quefli due, dr fegreto ** "i®.
tra Fmomo, dr Elbania, dr veggendo vn feruitore di vranio, cb'egli, per qwoip
di Filene, ft flruggeua fenga alcunprò, gli diffe, a che vi andate voi confuman-
do ? che non vigodete voi di Filene ? Sete qni Re ,potete a vwa forga, quan­
do ella confentir non vi voglia, offer con lei; dr ciòf acendo nonfolo contentere-
te voi m.i kuarcte anco di tanto affanno il R e, drja Reina, & non Ftaretc con
loro
D e c a S e c o n d a. 527
rete con lorofempre in contefi. Tame quesio duro ad Vr anio,ma, (pronato dal-
le coitui parole vna, & duc vo lte, & dallo ardente defiderio, onde tutto auam-
pana, delibero di appigliarft al fuo configlio . Ma effendo Filene in luogo, oue cl-
la tutto queilo v d l, & intefe, dolente, & piena digrannota ,fi diede a cerccwe
Emonio , per potere con lui communicare queilo , che deliberato bauena vranio y
& fottrare lafua boneflà alpericolo, nella quale ella era. Mentre le cofe cofi paf-
fauano tra Vranio, & Filene:vna Donna cb'erapoita algouerno d'Elbania, s'a-
uide deliamore cb'era tra lei, & Emonio, & ne fe motto alia l\eina. La quale, <t
queita nouella, fcntigrandiffima doglia ; & le parue, che nella malbora [offero
tpemti in corte. Emonio , & Filene. Ma non effendo ardita la Feina di pariare di
queilo amore di Elbania col I\e , per non accenderlo piu ad ira , s?imagino nuoua
via di poterio interrompere. La onde, effendo Legenti di 'Nfcio in campagna con
tra il f e di Scotia3 & volendoui Nicto mandare altra gente perfbccorfo,ella per-
fuafe al Re 3 cbe faceffe capo di quella nuoua gente Emonio . Et conofcendo Nicio
Emonio valorofo, & di gentile ingegno3lo ibiamba fe , & gli diffe, cbe quanto_
piu tojlo poteua , egit diligentemente fi poneffe in pnnto, perche lo volea mania**
re in Ifcotia capitam delle genti d'arme, cb'egli allbora bauea fa tte , per foccor-
rere il fuo efcrcito. Queflo 3 cbe da qualmque altro della corte 3 farebbe flato
Jopra modo defiderato 3 fu tanto acerbo ad Emonio, che gli parue3cbe il f e gli
diceffe 3 cbe prendeffe la Jpada, & con effa fi trapaffaffe il enore . E t, mentre
cb'egli feco fi doleua, gli foprauenne Filene, piena di grauiffimo dolore 3 & gli
diffe quanto ella haueua intefo della forgo. , che far le voleua Vranio 3 & pre-
PfPllo a leuarla da vergogna tale : Tarue ad Emonio di ferutrfi delia nccejfità;&
J^JUffe 3 Filene 3 ne fubiti cafi ft vuole anco pigliare fubito configito 3 & non la-
feiare 3 cbe la forte auerfa dei tutto ci prema. Terò volendomi mandare il I{e
Capitano in Ifcotia colle genti, cb'egli hà di nuouofatte 3 voglio 3 cbe ci feruiamo
di queita fimilitudine 3 cha tra noi meffa la madre natura, La quale nonfa mai
cofa alcuna indarno : & pofeia ch'ella ci hà fatti tanto fim ili, cbe done l'habito
non faccia differenga fra not 3non èalcuno cbe ci difeerna I'vna, dall'altro:voglio
che tu, in mia vece, ti armi, & che tu vada con quefli foldati per capitano . Io,
de tuoi panni veftito,qui in tuo luogo,mi rimarrò: & di cib auerranno due effetti,
fe il Cielo non ci vuole effere in tutto contrario; L'vno, che tu far aifalua da ver­
gogna , percbe reflando mi io in corte non fon per p atire da Vranio vergogna al­
cuna, ancora cb'egli mi faccia affronto; L'altro, ch'io me ne rimarrò colla mia Sl­
bania, dalla quale partendomi, mi partirei dalla mia propria vita . Sopra cib fu
Vfctto affai da amendue loro , St jinalmente fu conchiufo , cbe per lo migliore, co-
fi fi faceffe, çome haueua deliberato Emonio. Armoffe adunque Filene & an-
doffçnPco foldati verfo Scotia , & rimafe in corte Emonio , in luogo di Filene,
fotto babito di Donna. Vranio , al quale haueua .Amore gli (proni caldifjimi al
fianco i veggendo Emonio, cb'egli credeua effer Filene , folo in vna camera, cbe
pigliaua alcune cofe di vna ca[fa,fimife a febergargliintorno, per compire il fuo
defiderio. Et Emonio comincio a difenderfi, & Vranio ad incalgarlo, & in quel
\ mançggio
DG li H e c a t o m m i t h i
e
fnmeggio Vranio conobbe, ctitra Smonio quegli3cb'egli credeua Filene :& in tm
ta rabbia falfe 3 cbe die di mano ad vn pugnale3 cb'egli haueua a lato 3per vecti
derlo. Ma Smonio , che dejlro era, & non men valorofo, che ft foffe Vranio ,gli
pKgfe La mano, & cereo di ammollire Fira fua ; mojlrandogli, cbe3 non per fargli
ingiuria, ma per leuare Filene da vergogna, in vece di lei, fi era rimado in cor­
te di donnefeo habito ve flito , & cbe percio meritaua piü to flo Ioda 3 cbe pena,
Vranio cbe fi vide tolta di corte colei 3 cbe piit cbe fe medefimo amaua, non diede
oreccbio a cofa alcana : ma difje, cb’egli era rimajlo in corte 3per far vergogna
ad Slbania 3 cbe fua forclla era 3 & che gliene farebbe portar la pena . St quindi
lo fe pigliare 3 & condurreal Re , Ml quale Smonio queilo iflejfo diffe , cbe ad
Vranio haueua detto3 Ma non piu glide credette il Re, cbe crèduto glide hauefjê
Vranio. St lo diede a fuoi magiflrati ad effere coUato , il qual tormento non po-
tendo tolerare èlrnonio, confefsòtutto queilo, ih'cjjigli chicfcro. Tanto fà alie vol­
te lofmifurato torquento dire a cbi tolerare nol può 3quel cbe non c, Onde Umife­
ro fu condannato alia morte. Slbania cbe fentiua tanto dolor dicio, quanto fi pno­
te imaginare 3 cbi veramente ama : mando con ogni preftegga vn fuo gentilbuo-
mo fidato a Filene , & lafe pregare a non mancareadSmonio3in coft cfircrqo ca-
fo di fubito foccorfo. Filene non potendo patire 3 cbe Smonio , per bauere volutet
ferbar Ici, morifje, moflrando allegenti, deIle quali dia era capo, effere flatci
cbiamata dal R e, per cofa di nonpicciola importanga, lafciò vno infuo /uogo,&
per via breue, & non vfata verme verfo Londra, &appunto giunfe in quel tem
po, cbe i Sergenti menauano fuori della terra Smonio>per leuargli la vita. Il che
veggindo Filene , meffa mano aliaffada , fi mife tra quettagente ,& n e vccife.
& ne feri alquanti , & mife in rotta tutti gli a ltr i . St fciolfe fubito Smorifcvgr ^
datagli vna deUe (fade di coloro , ch'erano rimafi morti, lo fe montare fopra vno
di que caualli, ond’eranoflati gittati a terra alçuni di que Sergenti 3 & ft diedero
ambidue a fuggire a briglia fciolta,. Ma 3come la Fortuna folo al lor male atten-
dcjfe, gli fece incappare in vna fquadra di caualli leggicri 3che a foccorfo di Isi­
cio mandaua il Signore di Monopia, cofloro veggendo i due miferi fuggire, & co-
nofcendogli huomini dei Re 3penfarono, cbe qualebegran fceleraggine baueffero
commeffa, & gli prefero, & prigionigli conduffero al Re : il quale gli fe fubito
ferrare in vna torre ,per far loro la feguente mattina tagliar la tefla ad Smonio.
per queilo ,clj egli bauea confefjato, a Filene per efferft oppofla alia effecutione»et
vccifi i fergenti. St godeua feco medefimo, cbe, con colorota cagione 3 le poteffe
dar morte, & cofi porfine alFamore, coi quale Vranio Famam. Ma il Giouane*
cbe in Filene viueua, & era di(foflo3cbe la fua vita cadeffe con quella delfatrfrz
te3fe faluarc non la poteua:fattofi auanti al Re,ceno, con ogni pojjibile argomen
to3 di perfuadergli, cbe Smonio,per forgo, di tormento, bauea confeffato qael,che
non era3perche sera egliin queilo habito rimaflo in corte,perfaluareFilene tial-
la forga, cb’egli haueua appareccbuito di farle:et che percio egli era degno di pie
ta, & cbe meritaua perdono Filene, fc per leuare Smonio, ( cheper faluar lei,
era entrato in mortalpericoloj dalle mani di coloro3cbe alia morte lo menauano,
haueua
D ECA S È C O N D A. Ia8
haueua adoperata la Jpada. Ma il pe inacerbito, & fermo divolerfi torre degli
occbl Filene, Emoriio , wo« accettandoragione alcuna, voile, cbe tanto contra
loro fojfe ejfequito,quanto egli bauea commejfo. Dalla qua I dure'Zga mojfo Vra-
niogli dijfe, che pofcia , cb'egli pur voleua , non per giuflitia, maper compire il
il fuo crudcl defidcrio , & priuarlo di Filene, far morire i due non colpeuoli Gio-
uani,flcffe ftcuro y cbe quel colpo, ch'vccidercbbe Filene darebbe anco morte ad.
Vranio, perche egli fenga Filene non voleua rimaner v i m ; Ma , per queflo, non
ft mojfe punto il pe, dalfuo fiero proponimento. Elbania,la quale,quanto piü era
I flato pojjibile, bauea celate leflamme del fuo amore, f acendo in lei per Fmonio lo
amore, & il dolore l vitimo sforgo, non ftimando pin nè sè,nè cofa alcuna altra:
ando auanti alia Reina, & le dijfe il mcdefimo , c bauea detto Vranio al pe , mo-
flrandole,cbe,morto Fmonio, ella erafcrma di paffarfl il petto , per non voler fo-
praflare a tanto afjanno . M quefla (fiiaccuqlenoudlamojja la peina , cercò di
perfuadere, a Nicio, cbe non volejje veder morti i fuoi figliuoli, per far dar mor­
te a Fmonio, & a Filene,acciò cb'egli f acendo vccidere que due, non diueniffc mi-
cidiale de propi figliuoli, ma nèancbo eüa potèmunuer il fiero animo del p e.T ra
tan o Cbsrinda, & Caria, chefapeuano, cbe fuoifigliuoli erano Vranio,& Slba-
n i a & gli vedeano no meno in pcricolo di morte, che foffero i due,cbe alia morte
mandaua il pe , piene di amaro dolore, andarono, colie lagrime a gli occhi, a ri-
irouare Smone :& gli differo, Smone, mentre, mifere noi, bauremo voluto fare i
noflri figliuoli R e, bauremo lor procacciata miferamente la morte, & queflo fa -
rà il Regno, che hauranno acqui flato : e*r qui gli narrarono,come Vranio & Si-
usnia, morendo Smonio, & Filene, voleano morirft con loro. Emone, ciò vden -
i&árfne fuori di sè, dijfe, 0 Iddio, come ejferpuò, che côfi pietofo difegno ci ft a,
da cofl ftrano accidente, rotto nel mego f Tojcia dijfe alle Donne, ífo n va le in*
gegno Reine, quando o forte, o deflino, cb'egli fi fla ,f l oppone al conflglio altrui.
V erb , poi che le cofe a queflo termine fon ridotte, mi p a re , che ft palefi al Re, la.
A y * c o fa appunto come eüa f l à . St io queflo vfficio farei, ma mi riferbo a fargli fede,
,^£ quando egli queüo che da voi intenderá, non voleffe credere , cbe cofl fe ne flà il
fa tto , come voi gli fporrete. So che tutto il furore del pe cadrà ful capo m io, &
cadauiipofcia che il Cielo non mi ha voluto fa r tanto di gratia,cb'io vegga regna­
re i figliuoli del mio Re. Tianfero le Donne a quefle parole,et con lorpianfe Smo­
ne. Ora non hauendo ardire alcuna delle Donne, di palefare ciò al Re,Cberinda fe
nandò aÜa Rema in queüa che i Sergenti conduceano Smone, & Filene aUa mor-
te ,Q g itta te le fi auanti inginoccbioni le dijfe, peina, io fono coflrctta farmi col-
ftolenel cojfietto voftrotma poi cbe il miofiero deflino cofl vuole, vogliopiu to-
o commetterela mia v ita , alia clemenga, & mifericordia voflra, cbe tolerare,
pe?commandamento d elR e, ivoflri figliuoli fiano condotti a morte. Te-
^ 2 / 7 rò v i dico, cbe Vranio , il quale infino ad bora per voflro figliuolo hauete tem to,
è natodi Caria mia Figliuola: & Slbania, cbe ancho v i hauete creduta figliuo-
*^ la , è nata di m e : & queUi d u e, che hora vanno alia morte i voftri fono. St qui
f ^ e jfiie g o , in pockeparole , tutto lo fcambiamento . ch'ejfe fatto haueiiano , per
) fare
7

/
D e G li H e c a t o m m i t h i
fare i loro Figliuoli R e : & ciò dctto le ginocchia abbracciandole, le chiefs per-
dono per /e , & per la Figliuola : & U pregò a proucdere, çbe la fentenga con■ fl
tra i miferi non andaffitpiu oltre. La Reina, a queste voci, rimafe plena, di tan­
to fluporc , quanto non fi potrebbe efprimere . Et di fubito mandò vn meffo a
Sergenti , chc piu oltre non procedejfeno contra que mefchini, infindo altro non
intendeuano dal Rc loro. Stella fe intendere fubito a Tqicio ciò , che Cherinda
dettogli baueua Et cgli di ciò fi rife, & dijfc3 che i mefchini erano figliuoli dei-
le Donne:& cbegliele deuea perfundere la cura , che fi pigliauano di /eruar loro
la vita; & che Ufciajfc, che la fentenga fcguiffe. Tregollo U Reina a vclerc in­
tendere, come il fatto ileffe, acciò che fe vero foffe, che qiielli/offero i fuoi Figli-
uoliy non fi haueffe eternamente a dolere di fe ínedcfimofbaueffe dato il /no [an­
gue nellcmmi al Manigoldo; fece il Re chiamare a fe Cberinda,& voile inttnde-
re3come ciò foffe. Et ella quello gli narro3che alia Reina hauea detto :cl le foggiun
fe3 chc ciò fatto fi era per configlio di Emone. Toilo che il Re vdi ricordare Emo­
ne 3ridottofia memoria quanto cgli hauea operato , perche fi dejfero i fuoi Figli­
uoli a nutricare alie Donne 3 venne in foffitionegrandi/Jima, che cofi fojfe , come
Cherinda hauea detto ; & incontinente fe a fe chiamare Emone , & gli domando
fe foffe vero ciò3che Cherinda diceua.St ajfcrmando tgii, che cofi era appunto,&
che ciò gli baueua fatto fare la fede, ch'egli feruaua alia f.inta ombra di Lotertio
go3 nrnproucro a Idicio il non glide hauere egli ferbata. Il Re, tutto Jdegnofo, ti
faro veder, diffe, che meglio ti farebbe itato3 haucr ferbata la fede a vini 3 che a
morti.Sia di me ciò,che vi pare3 ripigliò Emone,mi rimarrò io fimpre contento di
hauer tentato a bctufico de fuccefjori del Re mio, quello chefedcl feruitore deuea
tentare. ^ippena fi potè tenere Jqjcio a quefle parole di non vccidere Ea^oae:
Ma, fermatofi, queita è3diffe vna fauola, che hâ compofla c fu i colle dite Doif ^
ne : U fegno realc , Chanr.o i figliuoli miei su l’humero defiro, dai à certegga del
vero . lAngi non la darà egli3 diffe Emone , perche, ciò preuedendo io,fegnai del
medefimo fegno i figliuoli delle Reine mie.il Re allbora fin dubbio de figliuoli fuoi^
fe porre in prigionc Emone, & le due Dorpne con lui, per far dare a tutti tre mor­
te crudele. St fatto afe chiamare vno de faui fuoi, voile fapere 3 con che ffetie di
morte gli deueffe far morire. Mx il valent'buomo, che da bene era , & non era
di quelli, che cercano di fare dcllc V ulici Elefanti, St che per non diffiacere a Si­
g n er, fempre fecondano le voglie loro, fiano clle lecite o nò3o giufie, odingiuflc,
onde nehanno pofciai popoli efiremi danni: diffe a Nicio 3che nonfolo non deuea
dar morte ad Emone, o alle Dnnne 3ma deuea lor perdonare 3pot, che pictofo de- ■M
fidcrio , gli haueano indutti a tanto fare , quanto fatto baueano. St che 3pok?1^
egli baueua alleuati inftno 3a quella eta >Krariio, & Slbania per figliuoli, i qu.*"^
li le Donne diceano, ch’erano nati di loro, & egli glide credem:& cheque due;
che egli hauea dannati alia morte, erano veramente i figliuoli reali: amhnddjt *
i nfieme i Giouam , come fi amauano, farebbe opera degna della fua maefla, a
congiungergli infieme per matrimonio, & perdonare alle Donne, <&• ad Smonc il
fallo loro. Spreg£aua tuttc quefte ragioni Idfcio, Nê giottaua punto, chela
Reina
-i
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D CA S i C C N D A .
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Reina vi aggiungeffe Ic lagrime, dr i preghi, perche ciò nefeguiffe. Mentre,che
cofloro erano fu I ragionar di ciò. Si era diuulgatala coja per la corte. Onde Vra-
nio, & Slbariutyche fi erane tenuti inftno allbora figliuoli di Re, dolendofi che di
perfonereali deuejjero diuenir priuate , fentiuano infinito dolore , non tanto per
vederft priui del regno, quanto che temeano3che ritrouandofigli altri figliuoli del
Re, non mutafjero infieme collo flato Pamore,drpiii di loro non ft curajjino.Gli al
tri due3 che quafi ft haueano veduta la mamaia ful colo cominciarono a venire in
ifperanga non pure della vita , et del real grado : ma I'vno dipotere hauere la fua
Elbania per moglie :& I'altra Emonioper marito . Ora durando qiteflo trauaglio
ond'erapoco meno chefottofopra tutta la Città; d r de Giouani, temeano quegli ,
d r fperauano quefli, d r per ambedue le Donne, d r per Emonepregauano la Rei»
na3 d r U Conftglieri; Ecco3 che foprauenne vn meffo del Generale del campo3 che
era in Scotia3 che porto nouella, che ft era fatto il fatto cCartne3 et che il Re di Sco
tia vi era morto3 d r tutto quel Reame era venuto in podeflà di Niciò.La qual co-
fa vdendo il Conftglieri; ecco diffc3 Signore, come il Ciei vuole,che il Matrimonio
tra quefli Giouani fegua3pofcia ch'egli ha fatto bora venire la Scotia fotto lo im­
perio voflro. Verb vi prego 3ft per fodisfare in qualche parte alia fede data a Lo-
'eringo di fare il ftgliuol deUafua figliuola Re, ft per la quiete dell'animo, d r del-
ojlato voflro : d r per contentegga di Madama la Reina, che diciò meco v i pre­
ga, ch'Vranio prenda Filene per moglie t d r Elbania Emonio per marito, d r fia
la dote di Filene il reame delia Scotia, dr fliafi Smonio in Inghilterra collafua €l
bania. Mile parole del Conftglierift aggiunfero quelle della Reina, d r tanto pre -
yirono Puna,dr l'altro,che jficio fu contento di quanto gli hauea propoflo il con
fi. St coft ( malgrado della auerfa fortuna) i Giouani, doppo i lungbi traua-
gli, hebbero honeflofine a loro amoriydr liberati i prigioni,confomma contente
%a tutti viffero il rimanente della lor v ita .

F I L A R C O . F I G L I V O L O D E L R E D I MACEDONI A AMA
Filagnia, figliuola del Re della Thracia, la prende nafcofamente per Moglie; ella fi aue-
de di cfler grauida, St fe ne fuege dal Padre; partorifce in cafa d’vn Paftore vn Figliuol
mafchio, è prefoinbatcagliada Filarcoil Padre di Filagnia, & gli è tolco il Regno>Ella
fe ne va a FiIarco,col Figliuolino in braccio, in habito di pellegrina , penfa eflere fdegna-
ta da Filarco, & fi vuole vcciderej la riconofce finalmente Filarco, & per moglie la ciene
infieme col fig!iuolo:& ricornati in Thracia,liberano il Re prefo,& gli rcndono il Regno.
N O V E L L A X.
E F O S S E piu nella brigata il dolore di bauer veduto Emonio
d r Filene fch'vranto vcramente erano, d r Elbania) nelpertcolo
della morte, od il piacere, che foffero liberati, d r affuntiagra
do reale, lo potreimalageuolmenteraccontare, ma I'vno , d r
___________ I'altro fit grande. Et fu molto ragionato della infedcltâ di 'Nicio,
dellafemplicità, d r leggereggq delle Donne, d r della fede, d r prudenga di S -
/ j j ~ibone. St ft conchiufe, che nelle cofe de gli flati 3rade volte ft ferba fede; d r
Í4 \ ' ^ Tar. Trima
D e G li He c a t o m m i t h i
che come in molti altri ft era pin volte conofciuto vero ,ft era egli veduto ver'tjfi
mo in Jficio. Ma,cbe lddio,giuflo riguardatore dclle cofe humane, non banco, vo ‘
luto tolerare,che ilfigliuolo di Caria nonfoffe come volea lagtnfl\tia,dr come Lo
teringo haueua ordinato, Re d'Inghilterra. Doppo tali ragionamenti Fabio,cbe I'- 1
vltimo era nell'ordine, fenga afpettare altro,diffe, Tsfon mi credo io di effcrc men
che lodato,fe come Giulia con cofa reale die principio al pariare dfhog gi,et Canid 1
la nella precedente nouella 1'ba feguito : cofi io, con cafo reale,chiuderò il ragionx
mento di hoggi. Terò mi apparecchio di raccontarui vno amore celato tra vn Re
Hi & vna Reina,il quale doppo gram note,dr flrani auuenimenti,hebbe felice fine.
ti T H R i A C I i A , comefa p etej regione, che infe contienc genti beliicofiffimc,
dr molto feroci; ma non è però tanta laferocità de cuori loro,cbe non gli ammol-
lifca la face dem ore. Il che moflra, che anchora, che fi dica, che il regno ãAmo
rc èin Cipro, egli non dimeno tanto oltre ft flende, che ft può dire,che il fno regna
fia tutta quefla macchina dei mondo : Terch'egli non mtno ne luoghi aflm,& fel-
uaggi, cbe nepiaceuoli, & foaüi,ftfa fentire . In quefla regione adunque fugú
vn Re molto pojfcnte, il quale haueua vna Figliuola di età di quindeci anm,o po­
ço piu, che ft cbiamaua Filagnia , La quale, fcoprendoft honefli(Jima,ft moflra m
ua tanto lontana di hauerft a giungere ad huomo m at, cl) era commune opinione
di tutti coloro,che la conofceuano, ch’ella nonfoffe maiper fentire lefiamme d e ­
more, la qual cofa pareua ad ognuno tanto piü fir am , quanto ft vede, per ijfe-
rienga,cbe gli ftimoli della earnest il concupifcibile defideriofuole bauerepiu for
jga nel feflo feminile, cl)altri non crede.Della qualcoja il Tadre,cb'altri figliuoli
non haueua, & vedeua, chefolo in Filagnia ft poteua,in qualche parte, confers
re la fua progenie, non lepotendo a modo alcuno perfuadere, ch’ella pigliajf^g-^?
rito,fentiuagran noia. Ora , flando ella in queflo propofito , vnfigliuolo del Re f
di Macedonia, beUo,& gentile,quanto ne foffe a fuoi tempi alcuno altro , che Sgs i
rio era chiamato mutatofl il nomc, & fattofi chiamar Ftlarco d'^Armenia non co- y
mefigliuolo di R e, ma come gentil’huomo priuato, fe n andaua per lo mondo, bo­
ra quefla parte, dr bora quella veggendo. Quefli,perucnuto in Thracia ,fe ne
andò, doppo hauerne ccrcate molte,alla città reale oue intefe,che v i era lafigliuo
la del Re,ch’era di cccejflua bellcgga: parendo al Giouane,che tutto vago, dr gen
tile era, dr della beltà dclle donne grande amatore,che non le torri, non i tempij,
non i palagi, non le corti foflero marauigliofe cofe nelle Città,ma le Donne di rara
dr di fingolar bclleg£a,comc quegli,che le hauea per la principal parte de gli or­
namenti del mondo : fitenea di commietier gran fallo, fe ft foffe partito della real
Citta,dr nonkaueffe veduta Filagnia , la fama della cm bclUg^a , era in'qittfiC^ ■
parti ft grande, che in ogni luogo fe ne ragionaua,come di cofa poco meno, che dijf ,
utna. Tratto da quefla fama Filarco,ft riduffe alia cortc : dr banendo ftfâíxg
re la lingua di quelpaefe,comc quella di molti altri, fi diede a conuerfare con gtn
,tilhuomini di quella, one effendo da ognuno veduto volcnticri, per le cortefi, dr
gentili maniere, che in Ini regnauano, dr fattegli di moltc caregge, peruenne al-
le oreccbie del Re la venuta di Filar co : & vdite le fuc rare quedità, lo fcce afe ‘
intro'

\
D e CA S e CONDA." *3°
Introdurre; & fu da luirice nuto tnolto amoreuolmente, credendolo nondmeno
gentil'huomo d\Armenia3 non figliuolo di R e, come egli era , & voile , ch'egli
nella fua corte.fi fleffe. fu men grato a Filarco , cbe al Re , ildimorare in
corte, penfandofi, cbe iui conuerfando, gli potejfe venire veduta la Giouane.Et di
tanto gli fu cortefe la fortuna 3 cbe paJJ'ati alcuni giorni, la vide da vn V crone,
cb'crafoprailgiardino3 nel quale,diportandofi con fuo Tadre , ragionaua con Ini
Ft benebe ella foffe del tutto dimeffa, & vfaffe habito pin toflo di monacha , cbe
► ’ di Reina : fi fcoperfe non dimeno a gli occhi del Giouane tanto bella , cbe gli par-
' ue, in quanto egli baueua cercato del mondo3 »0 « ne hauere mai veduta vrialtra
fimile. Et nella prima visla3 cofi di lei fi accefe3 cbefi penso , cbe potendola di
lui accendere, fi poteffe chiamare il piü felice amante, cbe mai ponejfe in Donna
ogni fuo bene. Stauafi Filagnia ritirata dalla conuerfatione degli buomini, onde
pafsò piü di vn mefe 3 dalla prima volta , cbe Filarco la vide3cl) egli piü mai ve-
dere non la potè> onde fi (Iruggeua per lei. In queflo tempo il Tadre delia Gioua
ne y ch'era bramofo di deílare qualche defiderio d'buomo in lei, per poteria indur
II re a pigliar marito 3fe veniua nella corte forefiiero di qualche (lima , lo faceua
alia Figliuola introdurre : & fotto eufiodia di graui 3 & di honeíliffime Donne,
aua agio di ragionare con quanti ve ne andauano : ma con tutto ciò non ritro -
uaua mai mutato I' animo delia Figliuola, come ella baueffe il cuore piu frcddo3
cbe il gbiaccio. Feduto adunque il Re3 cbe Filarco era non men cortefe, cbe bel­
lo , voile vngiorno, ch'egli foffe condutto oue era Filagnia3il cbefugratiffimo al
lo inflammato Giouane. Egli entro con lei in ragionamento di molte cofe,& la co-
‘tobbejaon meno cortefe, cbe bclla. Et tra Valtre cofe eccellenti3cbe in lei erano3
mq ella cofi foaue fauella , cbe parena vno (pirito celefte , cbe ragionaffc in
forma humana . La quale foauità di fauellare traffc cofi di fe Filarco cbe parea3
cbe fjjfe hi} cangiato in marmo. Ma fe arfe Filarco non aggbiacciò Filagnia3
Ma all'afpetto, al pariare di lui fenti quello3cbe non bauca pitimai, per buomo al-
cun fentito . doe non sò3cbe intorno al cuore, cbe pareua , cbe parimente glide
infiammaffe} & glide trafjigeffe. Et polio cb'ella mai per proua , non baueffe
conofeiuto Amore,pure nofi fapea leuare da ragionare col Giouane3beendo tutta
via co gli occhi le jiamme3 cbe I'erano per ardcre il cuore. Filarco, ancbora3cbe
non meno volentieri parlaffe colla Giouane 3 cb'ella parlaffe con lui , dubitando
nondirneno , cbe la troppo dimora nolfacejje tenere men cbe cortefe : prefi liccn-
%a. da lei fi dipartí dandole però3 con accortô fguardo , cbiaro inditio, ch'egli tut-
toardeuaper lei. I raggi di quello fguardo p affando per gli occbi di Filagnia3 le
amlarorio infino alle radici del cuore, ma di fuori non ne diede ella fegno alcuno,
j f e ne flette fulla fua vfata continenga. Stette alquanti mefi Filarco in quel-
acorte3 & vide piü volte da quel Verone , cbe fopra il giardino era , Filagnia
col fuo Tadre ragionare , & fempregli panic ella & piü vaga & piübella3 cbe
mai foffe flata . Si farebbe Filarco fatto conofcere figliuolodel Re di Macedo­
nia , & baurebbe Filagnia chiefla al Tadre per Moglie 3fenon, cb'erano morta-
, , li nimicitie tra l'vn Re} & 1'altro, Onde nonfolo non ardiua egli ciò fircj ma te-
fi V R s

/
/ I /
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D e G li Hecatommithi
meus. molto, che feforfeper tale foffe conofciuto, ne deueffe riportare danno ,
vergogna. Furono, in mcgo,prefe in Macedonia due nobiliffime Matront
di T hraciaj incolpate di hauere fegretamente fatta congiura contra il Reconalcu
nialtri dello flato,et per vcciderlo,liberare il loro Re da cofi gra nemico.St hauex
ucduto Filarco,che ciò era flato molto grauc al Vadre di Filagnia, Si perche egli
haueafatto difegno di porre le due Donne a cuflodia della fua Figliuola, ft anco
perche molto gli increfceuatche per hauere voluto gioitare a lui 3foJfero a perico-
lo della morte.Hanendo queflo intefo Filarco ft auiso,chc fefaceua Uberare le due
Donneypotrebbc ageaolmente auenirgli digoderfi di Filagnia.St fermatofi fu que
slo penftero, prefe dal Re licenda : & eglifattegli molte offerte glicle diede. Ma
volleyprima che ft partiffe,che foffe vnultra volta introdotto a Filagnia,oue heb
hero l u n g O y & piaceuole ragionamento infteme, & con atti,folo da lor due inte«
ft, effendo tra I’vno, & I'altro me%ano Mmore ,ft fcoperfero ambidue I'ardente
loro defio : & doppo le parole cortefi hauute infteme, Filarco ft parti, & celata-
mente,quanto piii toHo poté,fe nandò alia corte del Tadre.St fattofi vngiornofe
gretamente condur la, one erano le due Donne, fife ferrare folo folo con amendue
loro.Slle intendendoyd) egli era il figliuolo del Re, temettero molto, che non foffe
giunta I'hora eilrema della lor vita, & che egli a loro ft foffe andato ,per fade in#
fua prefengj,come nemiche del Tadre, flraggare. Ma veggendo pofeia , ch'egli
non turbato, non crucciofo,non in habito di vendetta,ma tutto cortefe, & benigno
loro ft dimoftraua : prefero ardire, & gittateglifi lagrimando a piedi, gli chiefe*
ro ntercè,€gliporfe loro la mano, & le fe leuare in piê, & diffc. Vedete nobili
Donne,il gran pericolo in che vi ritrouate, & perche mi è venuto pietd di voi, et
mil ha hora mefliero deWopcra vottra, quando vogliate promettere di preftafêa- -V/
miyoue la vi chiederò io vi libererò dalla morte,che vi fopraflà,St farò falue con-
dune alia corte del voflro Re . Le Donne,ch’erano flate lungo tempo in catena,
& haueano foilenuti mille tormenti,& nafpettauano tutta via di maggiori , <&
vltimamcnte crudel morte : vdendo coft parlar Filarco , parue loro di vdire vna
voce diuina, che apportaJJc lorofalute. St gli promifono, & gli giurarono di
fare a fuo benefcio, tutto quello, che egli cbiederegli faprebbe, Mllhora Filarco,
Voi dunque ve ne andrete in Thracia alia corte reale, oue moflrerete efferui libe­
rate dalla morte, per opera di vn caualiero,che vi darò per guardia,& per cuflo
dia voftra:il quale dirà, per la compajjione che gli era venuta di vo i, & per lo
piacere, ch'egli ft credea difare al Rc voflro, d'hauerui liberate. St con tutto ciò ,
nonfarete di me motto con altri, che con Filagnia : a gouerno della quale sò. che
fubito vi porra il Re,che ciò intefi io prima, che dalla corte mi partijfi: & ctofit
cagione,che con tofUJJimo paffo vi veniffi a Uberare. St a lei infnitamcnterpigrac.
commandaretc ydiceniole, che io,che Filarco mifo chiamare ,fono Sgerio , vnico
fi^Uuolo del Re di Macedonia : & doppo le raccommandationi, le d.irete queHc
lettere (& dièloro le lettere,che a queflo fine,egli già feritte haueua) & lc aiu-
tercte, quanto pinpotrctc, <&fiprete colle parole voflre le quali, mi rendo cer­
to chegr aui,et efficacifiprete molto bene vfare,perche nefucceda cofi boneflo fi*
ne, j f
„ D E C A ' S e C O N E i A;7 ' 13 i
ne. Etprocurerete3 con agni diligenda, cb'ella confue lettere mirifponàa , le qttal
darete al Caualicro , cbe con effo voi ven d & infieme gli dim e ciò3 cbe Fila-
gnia vi bau'fd rijpoflo s il quale mi manderâ le lettere, & fcdclrnente di quanto
gli dim e3 mi dard auifo. Et Je le cofe pafferanno fecondo il defidcrio mio, me ne
verrò di fubito alia corte fotto nomc di Filarco , come ultra volta mi andai. Voi
farete all'hora fembiante di non mi conofcerc,& ini fegretamente fecondo quellot
cbe digiorno ingiorno occorrerd, darcmo difcreto ordine a quanto fard di bifogno
per condurre ogni cofa al defiderato fine. Le Donne, vinte dal beneficio3cb’elle ft
vedeano riceuere dal Giouane, & dall'bonefta cagione del negotio ,promifono di
non mancare in parte alcuna, percbe cio3che egli defideraua fucccdcjfc fclicemen-
te. Dato qucfto ordine 3 ando Filarco ad vn fuo fidato , & valorofo Caualicro 3
col quale hauea gid communicato quefio fuo amorc 3 & gli fe fapcrpienamente
Fordime, cb’egli hauea mejfo colie Donne3& conchiufero infieme, cbe la feguente
notte3egli con loro verfo Thracia fe n’andaffe3 & menafje con effo loro colui, cbe
alia cufiodia delle Donne era flato mejfo dal fie,il qual cuflode baueuagià Filar
co corrotto con danari. Coft venuta la nottc , montati tutti fopra veloci cattMi
indi ft parúrono3nè prima cejfarono di caualcare3cbe furono alia corte in Thracia
e le Done furono dal lor fie co tanta fefla ricemte3co quata nonft potrebbe dir
piu. Et credendo il fie3 cheper opera del Caual\ero3 come eglt3 & le Donne dice-
uano3foffero flate liberate: gli die di molti don't, & I'bebbe trapiu cari hnomi­
ni 3cb’egli haueffe nella fua corte. Ma quanto fu grata al fie di Tbracia la giun•
ta delle Donne >tanto fu molefla al fie di Macedonia la lor partita. Et dandone
la cojpa al Caualiero3cbe con loro fuggtto ft era3 & a colui3 a cui dato egli le ha-
■vréffa in cufiodia3non attendeua ad altro3 cbe a cercare di far vendetta di tutti.Le
due Donne, doppo alcuni meft furono meffedal fie algouerno della Figliuola, &
loro impofe,cbe vedeffero acconciamente di porle in animo di maritarfi, II che fe-
ccro c/fe diligentemente. Et tra cofifatti ragionamenti, diedero materia alia
Giouane di aprir loro il fuo fegreto defiderio: Terò cbe parlandcle ellc vna 3 &
due volte di quanto hauea loro commejfoil Tadre, dijfe Filagnia , cbe pritna3che
allbora il Refuo Tadre Fhaueuafollecitata a cio, ma3cb’ella mai non era per vo­
leme alcuno . Et cbe 3 quando pure ella dcuejfc pigliar marito, era ferma di non
volere altro buomo m ai , che vn Filarco di Armenia 3 il quale 3 alcuni meft paf-
fati era venuto nella corte : percbe infino a quel di ella non baueua veduto buomo
che piu lefojfe piacciuto di lui. Mllbora le Donne3veduta la opportunitd3che lo-
roj&offeriua di ragionare di Filarco, non la vollono lafciar fuggire; & dijfono t
meritam le doti dell’animo fuo 3 che l’armate : ma il deuete amare tanto pit),
0 egli è Figliuolo d ifie , come voi di l{e fete Figliuola , KJè il fuo vero no­
me e Filarco3 ma Egerio,ne è egli di Armenia 3 ma di Macedonia, & deue effe­
r tfuccejfore di quel ficgno, doppo la morte del Tadre. Et egli fo b per amor vo-
firo3 nè ha liberate della pr\gione3ouc erauamo in grandijfimo pericolo della vita
accioche a voi ce ne vegniamo 3& vi diamo ferma 3 & certa teflimonianxa del-
I'amorfuo» Jit bd volutoaccompagnare quefla noftra ambafciata con vna fua
Tar. Trima JK. 3
D b G li H e c a t o m m i t h i
lettera, laquale è queft a ; & cofi glide porfero dicendo, To tiretc vedere da ^ e.
ft a lettera,che egli ha limagine voftra fcolpita nel cuore. Tolfe la lettera Fik.
grim, & ftette inforfe , s'effendo quefti Figliuolo del nemico di fuoTadre , come
le hauean detto le Donne, la deuea leggere ,on ò . Et finalmente dicendo fra ft
cbe colpa vi babbiam noi ,fe i Tadri noftri fono infieme nemici, & buona forte
voglia, che noi ci amiamo s’ Ft come nonfono io nemica alVadre di Filarcocoft
tengo io ccrto, cb'cglinon fta nemico al mio: & chi fa , cbe fe nafcejfe Matrimo­
nio fra noi,nonfoffe do attiffmo mego a fire, cbe i Tadri nostri diuemjjero anti-,
ri? & do detto, I’aperfe , & ritrouatala plena d'amore , & difede, ft fenti ra-
uiuare nel cuore la fiamma,che la Ftriiggcua ; & diffc, M. coftui, per ogni mo*
do, ft dene I amor mio , Nèpoffo allogare i mieipenfieri meglio,che in lui. ll che I
confirmandole le Donne, lainduffero a rifponderc al Giouane con vnafita lettera,
la quale fu tutta plena d'amore,& di(peranga : & inuitò a ritornarfi alia corte,
one ellagli firebbe con effetto conofcere, cbe ftngolarmente I’amaua come colui, }m
cbe folo haueua accefo il cuore di lei, il quale, per adietro , era flato a colpi d'M-
more,come di Diamante . Trefi lalettcra, le donnela diedero al Cauahero : Et
come batiea loro ordinato Filarco,gli differo quanto bauca lor detto Filagnia.Sgli
diligente al fuofignore tofiamente mando , & di quanto egli bauea intefo gli diè
pieno auifo. Il Giouane, bauuta la letter a , & intefo quanto gli bauea Jigniji-
catoil Caualiero,fconofciuto, come prima yfottoil medeftmo habito di prmato
Gentilbuomo, e£r col finto nome di Filarco ,fi ritornò alia cone del I\e. Oue fit
da lui, come prima, con allegro vifo accolto. St doppo alcuni gfiorni, lo mando
a ragionare , come altra volta mandato I'baueua , colla Figliuola . Ouc eglijoi
cbe Cbebbe con riuerenga falutatafinprefenga dellc due Donne,cofi le diffPfxZh 'VI
na ,nonaltro , che il fiingolare amore , che io vi porto , come da queftedue Don
nepotete bauere intefo,& da quel fimilmente, cbe io vi bo feritto, & la (peran-
ga >che mi ban date le lettere, cbe (voftra mercê) feritte mi bauete, mi ban fat-
to bauere ogni mia cofa per nulla , & ritornarc in quefta corte, oue io so, chefe'\
ci fojji conofciuto, per qucllo Sgerio, ch'iofono, farei venuto diritamente alia
morte, o almeno a certaprigione : Ma, afjlcurandomi nella bontà voftra, (preg:
gato ogni pericolo, ci fon voluto venire, accio che quello amore, cha deflato in
me la voftra ecceffiua, angi pià toflo diuina, cimmana bsllegga, habbia quel
fine, & quello bonefto efifetto dalla cortefia voftra, la quale io ftimo, cbe fia non
tneno infinita, cbe ft fia la belleggga, cbe alia miaferuitu, verfo voi ,fi conuiene.
La Giouane allbora , tutta vermigha diuenuta nel vifo, cofi rijpofe, Filarco, cbe
eofiper Filarco vi voglio cbiamare, come per Filarco da primavi conobbi üí-^M a
ne io in mefleffa prouato quello,cbe già haueua vdito dire a molti, cio è, quantó **
pià tarda timore ad accendere vn cuore, tanto pofeia con pin forget lo inflamma>4)
Tfonfeppi io mai, infino a quefta eta, che cofafoffe Mmor d’buomo, ma le rare
virtu voflre, colla qualità de raggi loro , banno di modo deleguato quelgbiae- *
ciOj cbe intorno al mio cuore io haueua : & cbe feudo, & difefa mi facea contra^
gli ftrally & la face d'^imore^ che di voi inflammata, fono tutta inforga voftra;
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& fele mortali mmicv.ie 3cbe tra nofl ri Tadri fono, non ci fojferò d’impedimen*
to , 10 (pererei, cbe col voler loro3potremmo congiungcrci infieme per matrimo­
nio 3 Ma il volerui penfare a fciochegga manife tta . Nondimeno pcrche , io vo-
glio credere, cbe Iddio ci babbia cofi inflammati tvno , dell'altro a (jualche buon
► fine , one vi piaccia fpofirmi, & per voflra Moglie prendermi fon pronta a com-
pire t ardente defiderio3chc è in ambidue noi di effere infieme. .A lib ora Filarco,
A ^ tutto lieto, in prefenga delle Donne /peso Filagnia ,& peronoglie Laprefi; & po-
feia ft iierono a prouare i primi piaccri d’A m orc , & continuo molti mefi tra lo­
ro la cofa cofi figreta, ebefolo e(fi> le due Donne & il cauallero, famigliar di Fi-
larcoy feppono i loro congiongimcnti. In quefio rnegp il Tadre di Filarco fu affa-
lito dal Tadre di Filagnia fuo ncmico con vita forte, & pojfente bofle. Gndc fu di
mefliero a Filarco ridurft al Regno per la difefa del T adre; della qual cofa dolen
dofi colla Moglie, le dijje , Bifogna anima mia , cluo mi riduca al Regno, per fal-
J
I.
uegga delthonor mio : & fe ciò non mipremeffe 3 io lafeierei andare ogni cofa fot
tofopra j per non mi partir da v o i, chefete la vita mia . Ma perche io mi terrei
non cjjer degno di voi 3fc in parte alcuna foffe maccbiato I’honor mio : vi prego,
per quello amore, cbe ci ha legati infieme, cbe non vi fia grane3 nè ad ojfefa3 che
ada alia difefa del Tadre mio; nella qual cofa mi sforgerò, con ogni ingegno,
di rappacificarlo col voílro , acciò che fitano leuatigli impedimenti, che ci impe-
difeono i noflri piaceri: & conbuona pace loro3 ce ne rimagniamo fempre conten
t i . Filagnia3 ciò vdendo 3 rimafe tutta fconfolata, Ma confiderundo,che il rifpet-
to dell’honore deueua effere 3fopra ogriultra cofa, a cuore ad ogni pregiato caua-
Hero, non fippe opporfi al voler e del fuo Marito : Ma, conformandofi colla necef-
ifiváfgli rifpofe3ch’eUa non potea non Jentire di quefia fiua partenga tutto quel do-
lore 3che deefentir colei3che fi vegga leuare non pure la piü cara cofa3ch’ella hub
bin nel rncndo3ma il vero foflegno della fua vita : & che tale era I’angofcia, che
la pn mea3che fe il medefimo ri(petto delthonore3 del quale ella dcuea far non mi
.‘A nore fiima3ch’egltfi faceffe, non la tcneffe3ella fi fuggirebbe dal Tadre3 & f i ne
andrebbe con lu i. Ma che fperando pure 3 che il Cielo in tanto deueffe effere al lo­
ro matrimonio fauorcuole, che con buona gratia de lor Tadri poteffe effere hono-
reuolmentc con lu i: f i nc volea pit) tofto rimanere nel dolore, nel quale era per
rimanerfi , per la fua partita , che con vergogna , andarfine fic o . Lo pregaua
bene ad vfare ogni poljibile rifpetto al Re fuo Tadre3&guardarfi da pericoli3che
nelle battaglie tutto il di occorrow , & a tentare con ogni fiudio, di comporre le
diffhfntie de Tadri loro; pcrche come cgli hauea detto, poteffino effere3con bito-
alor pace3infieme : & che, in quefio tempo, ella lo pregaua con tutto il cuore, gf
ntó efferfiarfo difue lettrre, accioche ella in parte mitigaffe con quelle la do-
fgíia, che Iera per apportare la fita partita; & qui pregandoglifelice fortuna,con
moltelagrime 3die fine al fuo ragionamento. Filarco affettuofamentelabaciò:
& quanto megho potè ,lct confilò, & molto la pregò anclo egli a non mancare
tâftriuergli, perche egii Lfiiau.i il Caualiero , in corte , che le Donne a lei con-
dottc haucu i » :::iocbe non maneoff perfona, a cui eglipotejje le letter e indriXc
R 4
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D e G LI HEC ATOMMITHI
cila le fite ficuramente fidare. Et con quefle parole , raccomandata la
fua cara. moglie alle due Donne, & al cauahero, fc ne p a rti. TSfêprima cefsbjht
giunfe hi Macedonia, a fioccorfo del Tadre. Ma poco piu di due mefi flette lonta-
no dalla Moglie Filarco, ch'elia fi auide di effere granida, Onde confiue lettere ne
lo auisb, zy pregollo a porgerie aiuto; voile la F o rtu n a te fempre allc humane
felicita apparecchia infidie, chefu prefo per firada il mejfo , che le lettere porta•
ua , & fu condotto in campo al Tadre di Filagna : il Re toltegliele, & veduto
quello, che in efje ft contcnsua, fit tocco da eflremo dolore, & tanto lo fenti mag- l i * / -
giore, quanto ft vide baiter riceuuta quefla ingiuria dal Figliuolo di vn fiuo capi­
tal nbnico, & hattergli egli medefimo fatta la via, ad effere colla Figliuola.Ft vi
de il mifero Re, ma tardi che i proponimenti delle Donne, in feruare virginitd,non
fon cofifermi, che non ft áebba penfare, che vegnendo loro la commodata,non mu
tino penfiero, & nonfeguitino I'or dine della natura, gli ftimoli della quale , fom
vie pin poffenti ^ch'altri non crede. Intefc Filagna,che le fite lettere erano capita
te in mano del Tadre,Et dubitando del fiuo furore flando in dubbio di fe medefima
nonfizpeua che fare. Et tanto piu era ella fenga configlio, quanto il Cauahero ,&
le due donne confiipeuoli di do,che fra Filarco, & lei era auenuto, non erano ml
la corte,perche ella in Cherfonefjo mandate lehaueua ad vna forelladel Tadrj,
che di parto era,con alcuni prefenti. La onde, parendo alia mifera di hauerc d'ho-
ra, in hora il Manigoldo colla feure fui collo; veflitafi la vefte di vna fua fante,
& prefix parte delle cofie piüpreciofe,ch'elia ft ritrouaua,fenga dir parola a per- í:'-
fonafe ne vfeifeonofeiuta di cafadel Tadre: & non effendo ardita di andare a Fi ,
larco,per non effere, come era flato il fuo meffo,prcfaper Hrada, & condfitta al
Tadre; guidata dalla differatione di fe medefima, ft mife, coft poueram entè^flh^
ta, a carninar per vn bofeo , tutta rimettendoft ali'arbitrio della Fortuna, Ter lo
qual bofeo effendoft aggirata buona pegga, nè fappiendo piu ritreuare nè via , nè
fentiero, differatadi ogni fxlnte,ej]'endo fopragiunta dalla fera : comincib , come
forfennata, a dibatterft,& a gridareper que luogbi folitari,chiamando tutta via
con voce interrotta da lagrimc,<& da fofpiri il nome di Filarco;volie il Ciclo,che
viendo le fue voei vn vecchio Taflore tutto pietofo, collafe nandb, onde egli era
venuto quel lagrimeuole fuono a gli orecchi:& veggendo la mifera Giouane, la
dimando quale ella ft foffe, & come in quel folitario luogo,fola, & coft a fera ft
I# ritrouaffe. Ellafintaft vnafua fauola di[fe,cb'era iui flata lafciata da vn fuo infe-
del marito,perche fi rimaneffe cibo alle Fiere rapaci, & molto gli ft raccomandd.
La confolo il buon Vecchio, & la conduffe ad vna fua capanauccia, & con auelle
pouere viuande,ch'egli ft ritrouo baitere, la fouenne, promettendole ogni foccdfjàfj
a luipoffibile. In queflo tempo le due Donne,& il caualiero,ch'cra concffo lpro
haueano intefo cib,che auenuto era del Mejfo che le lettere di Filagnia portana
Filarco:Onde, temendo tutti è tre lira del Re,fcn%a ritornare alia corte, per vie
írES torte & interrotte,per non effere colti perflrada,fe neandarono a Filarcofil qua
le bauea già racconciliate le Donne, & il Caualiero col Re fuo Tadre e In queflo
me %o il Tadre di Filagnia mandb vn fuo fiiato mejfo alia corte, & gli diede i» , Wjfs
commifflQ-9^

I
D e ca S e c o n d a. 133
' commiffione che moflraffe alia Figliuola la letter atcbegh era peruenuta alle ma-
wh-dr tojlo ch'elia h it a Cbaucjfe, le leuaffe la tcfla. Et pofcia, t/c c i/i / « , facejje
prendere ledue Donne 3 Or il Caualiero loro compagno 3 c r g / i facejje guardare
infino al fuo n torno ■, perche egli intendei di pigliarfi di tuiti tre loro quella ven­
detta di cbe cran degr.i.. Olunto il rnefjo alia corte, Or ritrouando ognuno fuggito,
tornoffi al Rcy?jr gh diffc ciò,cb'era auemto .A tal nouclla il I{e rimafe come fdo­
ri di fe, & gli rincrebbe bauere troppo crcduto. ^Arriuate le Domeparimcntc,et
il Cauahero di Filarco, gli differo cio, cbe della letiera era auenuto3della qual co
fa bebbe ilgiouanefommo dolorcnl quale3quantunque grauijfimo, accrcbbe lo in­
tendere 3 chc il padre di Filagnia le bauea mandata a tagliar la tefta:rincrcjccua-
liperdere la rnoglie3 Or piü gli rincrefceua perdere il jigliuolo, ch'elia bauca con-
ceputo di lui. Et inflammato dira, tutto fi volfe a danno del Suociro : Or in ifpa-
tio di meno d'vn mefe lo fe prigione, con animo di fucnarlo all'ombra di Filagnia,
O r del figliuolino, sella forfe fi ritrouaua merta.Conquefto animo egli ando a pi-
^ gliare il poffeffo del I{egno della Tracia3 Or intendendo, cbe Filagnia non era fla­
ta vccifa : ma3 ch'elia , fnggendo, ft era leuata dal furore del padre, fece con ogni
Í diligendi cercare di lei3promettcndogran premi a cbigliene defje notitia.Ma per-
^ poi ch'elia era entrata nella capanna dei pa flore, non ne era mai vfeita 3 non
- 1 nebaueua potuto, per molto cbe nebauefe fatto cercare 3 bauere alcuno inditio,
, ondegli credette 3 ch'elia fenxq alcun fallo morta foffe. Filagnia in queflo mego
partori nella capanna dei Taftore 3 vn figliuolo mafehio di marauigliofa belief
ri «, m %a. Etpoflia cbe fi ribebbe dal parto , intefs che il padre era flato prefo 3 Or cbe
d Ç Filarco fe era ridotto a tenere la fede in Tracia. La onde fi delibero di volerfene
anàdfe alia città reale. Et dubitando,che alia fortuna, nonfoffe mutato in Filar-
co3 0 tim ore, come fouente veggiamo aucnire ne gli accrcfcimenti delle dignità.
O r de gli flati, voile prima vedere, fe fenga palefarfl, poteffefapere di cbe ani­
mo egli fi foffe verfo lei. Tcnfandoftfe ella lo ritrouaua fermo nel fuo amorein­
tercedere appreffo lui gratia, per lo fle fuo padre, cbe intefo ella baueua effere in
pericolo della vita, si per la nimiftà antica , si percbe cr edendo Filarco Filagnia
morta, imputaua a lui la cagion della mortefua. Con quefto penflero fi fe Fila­
gnia, in habito pouero , O r di pellegrina condurre dal paftore alia città reale. €t
effendo vngiorno Filarco nel tempio in Maefla:ella, nell’habito dimeffo, O r vile,
in che era, gli ft fece incontro coifuo figliuolino in braccio, 0 r come poueragli di-
mandò elemoftna, Filarco cbe ogni cofa piü toflo haurebbepenfato, che colei la
fua Moglie foffe flata, la quale egli bauea per morta , non le die oreccbie. Or in-
SflUnclo pure ella in dimandare, Filarco 3 di graui penfieri carco , impofe ad alcu-
çhepreflbgli era,cbe gli leuaffe quella feccagine dalle oreccbie, il che fu fat-
to rrnho afpramente. Qmndipenfandoft Filagnia , cbe Filarcodoppo 1'bauerpre­
fo il fuo regno, O r fatto prigione il padre , come già fatio di lei, la fdegnafle in
tutto delibero di voler morire . €t reduttaft col vecchio all'bofteria , nella qua­
le erano alloggiati, finfe di volere andare a ripofarft3St entrata m v n a camera
eoifuofanáullo } Or poftolo fui letto , dirottamente plangendo , coft cominciò a
dire.

i
D e G l i H e c a t o m Mi t h i
a dire . ^ihi mifera , & infelice Filagnia , a cbe termine ti ba ridutto il tuopoco
conofcimento ? & \l tuo difordinato amore ? come ti fidafii tu mai deU'infedel FU
larco? Nonfapeuitu ,cb’egli eradi Macedonia nemico a tuo padre? come
ti potefli tu mai pcnfare,che ti potejjeeffere amico vno, cbe di padreal tuo nemU
co era nato ? Tenfaui tu, cbe ti bauejje aferuarfede colui, cbe confaljo nome,<&
finta patria era venuto nella tua corte ? Tfion vedeui tu, cbe la prima cofa cb'egli
fi portaua auanti, era la mengogna ? Toteuati hen do mofirare , cbe non per al-
tre, ebe per Icuare a te l'honore , & al tuo inifero padrcil regno , come leuato ce
lha, fingeua di amarti. Quanto megito ti era,cbe o tu ti foffi rimafa nel tuo primo
penfiero di non ti congiungerc mai con buomo, o ,fe pur ccngiungcrgli ti volem,
haucjji feguito il voler del padre tuo ? Oimc,cbe ti potem cbiaramente mofirare,
cic ttifommamente erraui, a prenderit Filarco per marito , il non voler e cbe tuo
padre bauejje di cio fentore . Ma poi Filagnia , cbe di coftui fidata ti fci, & cgli
ti è mancato di [ede, chc vuoi tu piufare al mondo, cbe vuoi tu piu rimanerti vi-
uafenga regno yfenga padre, & fenga honore ? ^4 ltro piu non ti auanga afare,
cbe leuartifuor di queflo affanno,di quefla miferia, di quefla vergogna confubita
morte. Ma volejje Iddio the tu ciòfalto haucjji allbora,cbc viucua cbian(hma ne
gli occhi di ognuno la tua bonefixja quale per queflo infedele,no pure è fatto. ofa
rx,ma c del tutto morta. St queflo detto riuoltatafi al fuo dolce figlinolino, chc sit
il letto fi giacca, verfando da gli occhi vn fonte di lagrime , gli diffe; Vorrei, ca-
rhfimofigliuolOyCbe mi foffcrijfe il cuore di dani quel fine, cbora fon prcfla di d.t
re a me infelice,chc infeme con effo rneco ti leucrei dalla miferia,nella quale mi ti
veggo lafciare,rimancndoti viuo.Ma non volendo,cbe 1'altrui pocafcde mijaccu
diuenir rnicidiale dei mio proprio figliuolo, ti Ufcicrò in arbitrio dclla forturfo+U.^^
quale ti dcfidero piu felice,chc non }bk bauuta la tua infelice Madre.St,áò ducit
dOyprcfo in braccio il Bambino, il qual pixngcnio, parea cbe deffe ancticgli fgm *
dclla fua difiucntura , bagnandolo tuttauia di aruarifjimc lagrime, lo fi sirinfi d
petto, & gli dic mille affettuof baci. Etpofcia, prefo in mano vnpicciol coltello,
cbeagutfa di contadina,da cintola Iependeua, confingbioggi digrauijjimo pian­
to , cofi diffe; Figliuolmio , quefopetto, ond'hauefligia il latte , alia tua vita,
hora dei fuo fangue miferamente fi bagnera, tn amenda della inginria , ctilo ti
hofatta, poi cbe di felice, & poffente l\c, cbe potati effere, ti bò fatto nafccre,col
mio inconfdcrato fallo, rnifc.ro, & poucro. In quefla il buon veccbio, ebe vicino
nlTvfcio della camera f era fatto,per aprirlo,et v edere, chc fi faceffe Filagnia,
vdi le querele, & il pianto dclla mifera Giouane : & , aperto 1’vfcio, entro nella
camera,& ritrouolla,& cbe anco plangendo il fuo Bambino baciaua, coi coTtêtítS^
in manoiOndCyda pictâ vintofie fi fè vicino, ct di mano glide leuò;€tle diffe^ h i
Figliuola mia, onde v iè venuto, in coàpiccblo ffatio di tempo, cosiflranpenfie-
ro ? illa,plangendo. Deb noncercate,gli diffe, Tadre mio, cbeper amore, & pet
eta Tadre mifete; non ccrcate dicofiifapere le miferie mie, cb'diefon tante, &
cost fiere,cl)c vdendde nonpotrete non voler meco tnorire; lcfi\ate,viprego, cbe
die fi muoiano con effiomeco. & piu tofio chc impedirml il morire, prmdete curtt
di queflo *f
D E C A S Ê C O N D A- f 54
di quetto mifero Fanciuüo, a foilcntamento del quale, vi piglierete quefle robe,
('Et cofi dicendo gli die legioie, ctiella, nel fuggirfl baucua tolte dicafa del Ta~
dreJ & nefuoibifogni,& voflri le vferetCyCome meglio vi parera. Il kuon vec-
chio vedute le caregioie,cbe la Giouane glidie, tenne la Donna di pin alto legnag
giocfjQ non I’bauca tenuta inftno allbora. St confortatalaja prcgo caramente ycbe
gli voleffe dir chi ella fi foffe.La qual vinta da pregbi del buon Vecchio,gli diffey
e>ella era Figliuola del Re dique paefi, & gli narrò pofcia ciò, cbe auenuto I'era
cm Filarco come eglil'haueaJdegnata,& fatta da fe fcacciare . ll Vcccbio,
intendendo cofiei effere Figliuola del fito Re,oue prima la crcdeuavna pouera don
nicciuola, le fi gittòyCon gran riuerenga, ginoccbioni dauanti; & pofcia le diffe 3
State di buon animo Reina, cbe bauranno le voflre angofcicfelice fine : non vi ha
ionofeiuta Filarco in queflo mifero babito, Lafciate la cura a me di ragionar con
lui, <&ffero ctial mio ritorno vi porterò nouellaycbe vi farà tanto felice, quanto
bora vi pare di eff'er mifera. Rachetojji a quefle parole la Giouane il buon Va
flore fe nandò a Filarco , & Feffofe tutto qucllOy cbe Filagnia detto gli haueua,
& come differata della fua [ede fi bauea voluto vcciclere. Filarco, toflo cbe in-
tefcy cbe il fuo figliuoloy & la fua Donna erano vim , vintoda fouerebia alle^rcg
fa, non potè contenere le lagrime. Et montato a cauallo, colla guida del Vaflo-
re y infleme con alquanti della corte yfe nandò là , ouc era la fua carijflma Ato-
glic : Et entrato nella camera , le undo contra colle braccia aperte; St abbratcia
taUyle diflcy JLbi Filagna mia come vipotcaate voi mai penfare , cbe il voftro
Filarco vi baueffefdegnata ? Jgon fapete vo i , cbe fete l 'anima mia, Et cbefenga
voi yãualunque lieta cofa mi farebbe noiofa ? Et quindi volto al fuo figliuolino,
ctiem bello a marauigliaylo bacio affettuoflffimamente: & poi diffe verfo la ma-
glieyet cbefigliuolo è queflo3vita mia3da non douere amareycbi me ne ha fatto pa
dre? Et doppo infinita feita di ambidueyconduffe la Donna al Real palagio infle-
me col Bambinoyet col Veccbio Vaflore, il quale fu fempre vna delle care perfo-
netc baueffe Filarco nellafua corteySappiendo,ctiegli era itato quegliy ebegli ha
uea la fua moglie guardata. Qumdiy fatta veftire realmente la Donna,La fe co-
nofeereper Reina, & perfua moglie a tutto il popolo3 il quale fi moftro molto lie
tOyquando vide la Figliuola del fuo Re deuer anco fignoreggiare in quelle parti.In
quefla cofi grande allegreggg pregò Filagnia il Marito,cbe le faccffe gratia di li­
berare il Tadre,Della qual cofa eglifu molto contento: & dato difereto ordine al
le cofedi Thracia,fe nandarono infleme col lor Figliuolo in Macedoniayoue il Ta
dre di Filarco aecolfe confomma letitia ilfigliuoloyla rN<uora,& il Nipote,&po
inlibertâ il Tadre di Filagnia , il quale die il Regno di Thracia al Genero per
fimanendone nondimeno egli Signore per tutta lafua vita.
N T RE Fabio narrò icafi di Filagnia fi videro piu volte tutti ruggia-
doflgliocchi alia brigatqper lapietà ,chebbcro alia trauagliata Giouane. Et
Jfreúalmente, quando la viddono> come differata , a tal termine condotta y cbe
fi volea darev colla fua mano , morte. Ma veduta la flera angofeia, a lietif-
imo fine ridotta 3 tutti del lieto fuccejfo fi rallegrarono . St ragionando di
’ quanto
D e G li H e c a t o m m it h i
quanto era auenuto gumfe U nane a Vada, luogo molto diiet tmole3 ouc gli amich
i quali prima erano flati anifati, tutti erano lungo il lito,& con grandifjima feli.it
gli accolfcro : St doppo Chatter ccrcato parte delle cofe diletteuoli lungo il mare3
mcbinandofi già il Sole alia fera , entrarono nella rocca one furono lor date otti-
rne,& bene agiate flange. St ripofati cbefi furono , entrarono in diletteuoli giar-
diniypieni di variflori3 & di arbori carichi di moltifrutti. St venata Chora della
cenaypo fle le tauole fotto Combre de gli arbori, tutti a mangiare fi mifero:& con
dilicate vitiande,accopagnate da nobiliffvmi viniyft riflororono.Tofcia leuate le ta
uokybmna pcgga fi trattencro con piaceuoli ragionamenti,quando di vna coftyct
quando dvrialtra fauellando.St effendo venuta Chora delle cangoni ycomnnffe Fa­
bio ad „4ul0yche vna delle fuc cangoni contaJfe:& cgli megliOy diffe, fira Fabio,
che mi haueile impofloy ctiio piangcjfnTeroche io hò prouato, & prouo cofi flero
*Amore , che altro non mi auanga 3 che acerbiffimamente dolermi, & lamentar­
im 3a cofifiera Donna mi hà egli dato inpreda:Onde volentieri vorrei, che qttefla
foma hauefle dato, a chi amapiu felicemente, che non amo io . Ma pofcia3chc pu­
re vi piacey che cofi faccia>come impoilo mi hauetefin vece di canto, vi faro par-
tecipe de gli affanni mieifi quali nanado potro almeno far tanto di guadagnoy che
one la crudelguerriera miagode delle miepene3me ne haura.no qncjle gentiligio-
uane ( mercê della lor cortefia) qualche pietade . St queflo detto , accomandando
il fuon dvn foaue clauacimballo, al flebil mono della fua voce 3 cofi comincio:

Il mlo afflicto penfiero c ftanco homai, Quefta non fiera m en, che fi fia bt 11a,
A penfar come io vina in ii gran fuoco, Per cui,fin dalle fafcie.empio Amor m’heb
Già confumato , e incenerito il cuore, Non deuriadipietadeefier si ignuL'^ (be
Chi vide ,ochi vedrà nei mondo mai Odtflere a mercê tanto rubella,
In herma piaggia, oin habitato luoco. Ma fpegnereil furor,chea mio mal crebbc
Si ftrana fi mima, o fi penofo ardore ? Del mio martire increbbe
Pelice e chi fi more A fiere, a monti, a fafsi,
Pria, che gli appor ti doglia, Et chi íbccorrer laílo mi potrebbe.
O forte, o deftin fiero, o crudo Amore. Et a t agion deurebbe ,
Cofi fifoflefore Qual duro fcogtio a 1’onde irate ftafsi
Vfcito alihor della caduca fpoglia , A le prfghiere immobile,& non cura
11mio immortal, che i giorni mieifinire Morto vuiervedermi in tanta arfura
Potea,fenza prouar tanto martire. Clu fia , che fia, di noi, fconfolataalma ?
Viuaèla íL-mma ,che m’meende ,& ftrugge, Poi che pietade è a noi, come afpe forda ?
Et in lieue fauille mi rifolue, Et tutti i preghi noftri al vento vanno?
Quantunqueil cuorein me già morto fia, Et per fuor trarti delia frágil falma
Ne Talma dal mortal mio fe ne fugge, Morte,che a morte dar funprefuingorda.
Ben ch’egli fi conuerta in trita polue , Morte ci niega, intenta a maggior ’-ono t
Chi prouò forte mai, qual quefta ria ? Perche quei, che rerranno
Anchora ch’arfoifia, Sappian, che può dar vita,
Io veggo, & parlo, & fento. Facendoaltri morire in duroaflfanno ?
Perche fia fenzafin Tambafcia mia, Etperòsbo mi^ffanno, . -
A hichenonfu,nefia E' che chiedemon giouaa morteaita.
InalctirTaltro inai fimil rormento, Et che dei gran penar chiaro i difeerno,
Che mortoThuom , fon lefue pene morte Che Yiuer nel morir dcbboin eterno.
M;i viuoio, morto, con ibfteíTa morte. Morte,e Madona e Amor fon gruntl infiem*
Se fofle ben piu d’ogni T gre cruda Et fi fon congiuráti al darmo noftrò
i .•
D E C A s E C O N D A - i n
,Zi&w Habbia tanto di luoco il mio mai greue ,
godon, che viuendo ogn’hor moriamo j
Et però, dolente alma, non ci è fpeme C h’ognun di voi,quale io mi fia conttmpi.
( Selunga efperientiai! ver mi hi moftro ) Et a miei ftrati si empi
Che di cordoglio mai fuori piu vfciamo . Pregate , prego , fine.
Etlacagionpur’amo, C osi voftri liefin Amore adempi»
M:fer me, che n’incende, E tsi fereni tempi
Ma,poichein van prego,& aiuto chiamo, Corteie il Ciel mai fempre vi deftine,
Hor cofa altra non bramo, Che il voftro ftaco fia tanto felice ,
Senon che del furor, che si mi ofFende , Quanto è mifero il mio, quanto è infelice,
Perdono fingolar, per gratia rada, Canz.on , cheiai, com e io
L’ultirao colpo homai fopra me cada. Arfo, per gran miracolo, anchor v iu o .
Lieci, felici, & fortunati amanti, Di vita in tueto prino .
Se può pietade in voi, quanto ella deue. E t, che in van fine al mio fine defio
Mirate come Amor mi ftrati, & fcempi, N on tigraui, ti prego , ad ognun dire,
Et ,tra i foaui rifi, e i dolci canti Che quanto hauer di ben poilb, è m orire,

.Appena cragiunto Mulo al fine dellafua cangone,la quale fü attentifflmamen


te da ogmtno afcoltata, cbe differo, ad vna voce,tutte quelle Giouani; egli tgran
cofa, Fabio, che quefli noflri Giouani, tanto dMmor fi dolgano, quanto ci banno
mofirato le lor cangonisquegli vine colla morte, queHi more nella vitasaltri arde
nelgelo:altri nel fuoco è digbiacciosquegligrida tacendo, & quefli gridando ta -
■ le cofe,per natura impoffibili,moftran pofllbili in loro.ll cbe crediamo,che
nafca, percbc nonfannoflar contenti a gli bonefli termini di lodeuole amore. Ma
quefle marauiglie nonfi veggono in noi: Tercbe,bauendo ad boneflo fegno diri^
I T^ati i noflri penflcri,ci fiamo ini fermate,& per ciò non pure non fentiamo le af-
flittioni, ond’effi fi dolgono, ma cifono lefiamme foaui :ci fono libettà i nodi, co
quali fjmmo,a chi è il noftroripofo, aflrette; & cosi licte amando , viuiamo, cbe
non babbiamo mai,come effi, cagion di chiamar la morte, che cifottragga alie do*
■ >&lie>°d a i martirisanxj ci dorrebbe ella,fe per noflra fciaguraffciogliejfe il lega-
me,con cui ci hâ aflretto timore a quelli,che fono la vita,& l'anima noflra. Cosi
credo ancb’io che fta,rifpofe Fabio, Terò cbe cbi bene amagode nelle fiamme,
\Fviue lieto ne lacci,tiene dolci & foaui i ceppi, felicemente fofpira: & ,in ogni fla
‘ to, fempre coli'allegrex^a fi traftulla,& ingioia ft viue: Ma pofeiaebe .Aulo me
•+’ [colando col dolce dellefue rimefil fel de fuoi dolori,ci ha lafeiato non so cbe di tri
flo negli ammuVorrei che alcuna di voi,ci raddolciffe queflo amaro, coi dolce di
cdgpna,che deffe teflimonio della cotentexgga dei cuorfuo. Ciò detto da Fabio,Fla
minio,vago di vdire Fuluia,la quale bauea fuauiffima voce nel cantare, & genti
liffima mano nel toccare il leuto,le difle;flate cotenta,vi prego,Fuluia,co vna dei
« e canxpni,accordando coi leuto la voce,fará delia foauità del voftro canto
li.Mlquale etta,tutta vaga,di[fe,no come bona maeflra di cato,o di fuono,
copiacerui Flaminio,Ma perche cosi gentilmente cbieflo mi bauete,che
"potrei effere meno che corteie tcnuta,fe vi faceffi difdetto;et,doppo qfle parolepre
fe leggiadramete il leuto Í mano,et fatta vna dolce ricercata,cosi comincib a dire,
>ehquando fari mai quelgiorno, Amore, Cheil mioffatogiocondo,
Che il dtftino mi fia tanto fecondo , Et la tua gran virtu faccia palefe•
Tal,
De G li H e c a t o m mtthi
Tal, che dalle mie acccfe Ma benche il Cie! mi fi dlmoílri auaro,
Vociconofca ognunoil tuo valore ? ln ciò de doni fu oi, delle fue gratie.
O fe mi folíeilciel mai fi cortefe, Non fian però m3i fatie
Le tue leggiadreimprefe L’humili voci mie delle tue Iode f
Corne alzerei, e’ il tuo diuino ardore? Per cui fpaciando gode
Et come accendcrei tutti i mortali L’alma, si, che da sè fcacciaogni amaro,
A Iodar la tua face, & i tiioi ftraliJ N è di Fortuna ria temo piú frode,
Che fe il nobil delire onde mi accendi,
Et mille alei piacer mi defti in pètto,
Per 1‘ardor che mi rode,
Ardendo s i , che miè Pincendio caro,
i
Con immortale affetto, Et prouo, che non s’hà vica foaue
Spiegar potefsi ragionando in parte, Am or, fe dal tuo fuoco ella non s’haue.
Tal che daqueftecarce Chi non conofce la tua gran virtute
Conofccffe etafeun come m’incendi, Biaíimi la tua face,
Come vilta'da que cori fi parte, Io fol da lei mi trouo hauer falute ,
Cheinfiammi afeguitarte. Nè cònobbi mai bene in quefta luce,
Et come nel tuofuoco altri li eterna, Se non poi ch’ella al mio gioir fü duce.
Saria ,ccl valor tu o , mia fiamma eterna.

Fu con marauigüofa attentione afcoltata la bella, & foaue canzone di Fuluia, J|


nè f u a lc u n o , eb e n o n g iu d ic a jje , c l/e lla in q u e l te m p o I b a u c ffc c o m p o f l a , che di
q u e l G io u a n e a r d c u a , cb'effere d cu ca p e r p e tu a m e n te f u o , & f o lo r e fr ig e r io delle
f u e f i a m m e . O n de , p o i cb’ella f u g io n ta a l fin e diffe a L h I o , B ene h a u c t e v o i F::l
u ia cagion e di lo d a ru i e te r n a m e n ie d ’\ A m o r e ,p oi cl) e g li di jz n o b ile o b ie tto v i ac-
c e f e , q u a le fü il v o f i r o c a r ijf m o m a r i t o . L e v i r t u d e l q u a le fo n o c o st a l le v o f t r e
c o n fo rm i, che f o l v o f i r o , & non d 'a ltr i e g li effe re d c u c a : a c c io c h e la v i r t u , colla
v i r t u c o n g in n ta ,fi m o ltip lic a jfe n e l m o n d o ,a d v t i l e d e m o r t a l i . M a q u a n to bane
te v o i , F u lu ia , da lo d a ru i d\.A m o r e ,ta n to ho b en e io f e m p r e d a d o le r m i d> 1jti, to
m e q u e g l i , che tro p p o l i c t a , & f e lic e v i t a m i v i u e r e i , s'^ A m o r m a i n o n b a u e jjt - Ç. %
conofeiuto . D iffe a llb o ra g e.n td rn cn tc F u lu ia , c o m e c o le i , c h e b en f i p e u a , a che fir
ne egli quefle dogliande raandaffe fuori. Bella cofa fatte,perrnia fè , .Aulo, a vo-
Iere anco di mono porre i pianti nel mexp delle nofire canzpni, per defiarci a la
grimare. Cui diffe .Aulo,Vedi a che mol partito fonio': Tofcia cl) anco, afollena-
mento delle mie angofeie non mi lecepariare;fete troppo crude/, Fuluia,come ha
uete voi con cost rara beltade accoppiata tanta duregga ? Voi fete fit giuoebi 1
<Aulo , ripigliò la Giouane, & pare, che non vi aueggiate,cbc I'bora, giâ tarda,
ci chiama a ripofare : Ver'ofie bene, che, lafeiando il motteggiare a vnaltra voi
ta ce nandiamo a dormire, perche dimane, per tempo *pofjiamo imbarcarci, &
andarei per lo frefco,al noflro viaggio i a ciò confenu ogniuno, & leuatif fe nan
darono alle Flange per loro appareccbiatc.

Il fine della Seconda D e c a / v? Ssasr

La

\
I 26

A T E R Z A D E C A
D E GL I H E C A T O M M I T H I
N E L L A Q V A L E SI R A G I O N A D E L L ’i N F I D E L T Av
de Mariti, & delie Mogliere.
V,
M .V F V M la vegncnte ^Aurora gut Jparfo il cancflro
de gig li , & delie rofe , colle candide mam ne ferem
del Ciclo , & fugate time lc Helle dal nofl.ro Hemifpe
ro , quando Fabio ,/atta cbiamare la nobile brigatay
mife ordine cTentrarc in camino : & f i t te apprcHare
le naui, tutti vi entrarono , & ft mifcro coi rimor -
chio a folcar Conde marine : & , con vari ragiona-
mentiy & diuerfi giuocbi, paffarono il tempo infino
all'bora del defmare yla qualgiunta y fi apparecchia-
?no leviuande y & fi pofono a mangiare. 'Pofcia, deuendo Ouinto dar principio
al ragionamento propoflo y accennandogli Fabio >egli cosi comnciò.*1

A S T A T I O R E D ’H I B E R N I A P 1 G L I A A R R E N O P I A F I G L I -
uoladei Re di Scotia per Moglie, poi s’innamora d*Ida;gli vienea faltidio la M oglie,
ordftia ad vn fuo Capitano,che 1’vccida; ella ciò intendendo, fi arma, & fi fugge ; la fe-
gueil Capitano, vengonoacontefa, è ferita la Donna ,vien liberata da vn Caualiero,
che lafa curare incafa fua jcredendola vn Caualiero,prende gelofia della Moglie y Afta-
tio è aflalito dal Redi Scotia y11 Caualiero, & Arrenopia lo vanno a foccorrere, quefta
il Marito ,& quegli '1 fuo Signore; è riconofciuta Arrenopia dal Marito, & cortefemen-
te accettata il che veggendo il Caualiero, conofce la fua gelofia vana, & lafciati Aftatio
& Arrenopia in pace, viue contento colla moglie.

N O V E L L A I.

1 parrebbe yfe io cominciajji il ragionamento cthoggi dalla poca


fede di qualcbe Donna , verfo il Marito, che Fuluia, la qual mol
to fi dolfeyche di tal materia fi baitefje a fauellareypoteffe pcnfir-
ft, che ciò facejfi,pcrpiü inacerbir lofdegno fuotper la qual cofat
y i accio clfella con piu tranquillo animo mi afcoltiyvi narrerò la po-
cajitfe di vn peyverfo vna fua gcntiliffima Mogliere : il qualeyeffendoft innamo-
K.v, f ’ato dfaltra Donna, nonfolamente la fdegnò, ma cereo di farta vccidercy& ella,
come fedelifjima, nel mapgiorbuopo, lo libero da vn grane affcdio y & glife co-
nofcere, quanto ella fedelmcnte Camajfe.
TgE L Vlfola d’Hibernia regnògià vnoy cb’Mflatio banca nomeybuomo valo
rofo ma d'ingegno vario3 & moltopiu picgbeuole a fatiar e i dcftderifuoi, che di
hauer
D e G li H e c a t o m m i t h i
bauer thoneflo,& la ragioneper duce. Qnefiiprefe per rnoglic vna Figthiola del
He di Scotia,bella,&gentile,& di maniere honefliffime,colla quale egli viffe al
cum anni tranquilla vita. Occorfc,cb'ejjendofi egli partito d'Hibernia, per andar-
fcne al Sttoccro in Scotia, fugittato da fubita lenipefta ad vna Ifola , non molto
lontana, detta Mona: ouefii accolto amorcuohnente da vna vedoua, Donna deb
I'Ifola, La quale haueua vna Fgliuola di eta di quindici anni, non men bella , cbe
gentile, & boncfla, Ida chiamata. La quale, toflo cb'ella fü veduta da MHatio,
gli entrc con tal forga nel cuore, cbe, pofe in oblio del tutto la moglie: la quale,
quaft malgrado del I{efuo padre,cbeal J{e d'Ingbilterra la volea mantarc,baue
ua voluto ^ifiatio per marito. Ilqualc, tocco da queflo nuouo amore,voltò ogni
fuo penfiero alia veduta giouane, Et dandogli cagione dim dimorare la tempefla,
cbe per diectgiorni durò.fi die ad attendere,fe forfe gli ft appareccbiaua occafio-
ne,onde poteffe da folo a fola parlar con Ida.La madre,ch'ultra figliuola non baue
ua cbe quefla,& era fauia, & accorta molto, non lafeiaua mat, cb'tlla da lato k
ft partijfe, come dcurebhero fare tutte le dom e, cbe figliuolc banno : perche ,fe * ■_
allegiouani vicne aliargata la mano da cbi deue bauerne flretto, & diligente go- *Pj|
uerno,effende ellefemplici,fono alle volte, oue meno fi penfa, da tale attefe,cht,
pigliandofi I'occafione, o di parlar loro, o di far loro lafeiuo affalto , da lor poiiia.^,^ .
materia,o di fcandolo,o di qualche dishonore.Queflafauia Madre adunque,allbo
ra tanto maggior cuflodia della Figliuola haueua, quanto, veggendo cejj'ata U
tempetta,& fatto il martranquillo;Mflatio non metteua ordine alcuno al dipar•
tirfi,onde ella era venuta infojbitione, cbe la lunga dimora di coflui da altro non
procedeffe, cbe dall'efjcre accejo della giouane. Veduta Mfiatio la diligcnga del­

la Madre, vide, the gli era tolta ogni via di poter pariare folo con Ida, onde.t.
pensò di tentar nuouo configlio. Erano paffati duo anni, cbe tanto ft era algato
il mare fopra Vlfola, oltre I'vfito , cbe, con moita mortalitâ di gente, hauea fom *
merfele cafe piu bafje : & era arriuato infmo al me%p delle piu a lte, di modo ' pm
cbe hauea confumato , & corrotto tutto qucllo, cbe di huono , & nella corte, &
neltIfola ft ritrouaua, & fatti in grandiffima parte i campi flerili. Ter laqual
cofa non meno la Madre d'Ida, cb'era Donna del luogo, che gli altri dell'Ifola,era
ridotta inpouertà, veggendo egli adunque la Giouane nobilmente nata, ma pone-
ra,kauuto riguardo alio Hatofuo: ft pensò,cbe la copia del danado gli deueffefet- *
re bauerequello,che,con niuno altro argomento, fi penfaua dipotere ottenere St,
fatto tra sè queflo penfiero, pigliatofl vngiorno tempo di pariare coüa Madre,
cominciò a lodarle marauigliofamente la bellcg^a delia Figliuola, & lodandola,
le diffe, Cl) egli hauea veduto in cbe difagio baUefje mcffo lo flato fuo I'accYéfer­
mento dei mare,& cbe gli increfceua molto,che fifatta Giouane nonfoffe per ba-
uer dotedegna di lei,cbe meritaua di non bauere quella picciola Ifola fatta Ftérf ,!
le, ma vngran Fegno, acciocbe anco di vngran l{e poteffe effere moglie,come ne lj
era ben degna, per le do ti deli'animo, & per quelle del corpo, cb'erano in lei fin-
golariffime. La Donna, cbe, come bauete intefo, haueua in parte comprefo I’a- fi
nimo di Mflatio, conobbe a cbe volcano riufcire quefle fue parole: la onde ella
D EC A T E R E A; 137
g/i rl{pofesche tanto di fede haueua ncl Rc del Cielo, che ft fiatta ftcura,che la in
giuria riceuuta dalLi Fortuna, farebbe talmente emendata dalla fua bonta, che le
farebbe proueduto,quando tempo ne foffe , di quanto le bajlajfe ad bonejlamente
allogarla. Soggiunfe egli,non aiuta Iddio chi ft tien le rnani a cintola , & chi non
fa dar di mano ne capelli alia buona ventura, quando elia fi ojferifce ,fen e riman
con dano. St tra il numero di tali farefle hora voi,fe non vi fapefle pigliare a quel
lOyChe a bene voflro, & di voflra Figliuola Joanete in cafa. Ter chefe voi volete ,
ch'iofia con voflra Figliuolafle darò tante migliaia di fcudi, che potrete effere ft-
curiflima, che non fi rimarra alcuno di pigliarla per moglie, perche mal dotata
'll ella fta. MLrroftila Donna a que ile parole, & gli diffe. Mi marauiglio di voi,ML-
rJ HatiOyche vi iftimate,cb'io voglia porre in vedita la honeflà della Figliuola mia:
zST-che vipaia,chepiu fta pergiouarle,a ben maritarla,gran copia di danari,dif-
te honeftiflimamente hauuti, che il pregio dell'bonejld. La quale piri vale a ben na-
le taDonna,che ogni theforo; Rimaneteui ficuro,cbe io prima,colle mie mani le da -
fe rei morte,ch'ella mai d'altro huomo foffe,che di colui,che piacerà a Iddio,che fuo
>- Marito ft fta. Mile parole della Donna fi rimafefuori di fperanga Mflatio di po-
terft goder cflda,fe non ritrouaua modo di hauerla per Moglicre. Ter laqual co-
fa volto la mente a far morire Mrrenopia, che cofi ft nominaua la fua gentili Ifim*
Moglie. St con queflo torto , & crudel penfiero , partito ft da Mona fe ríandò in
Ifcotia, one egli hauea diuifato di andare, prima che la Fortuna gli deffe affalto,
portando tutta via traffiffo il cuore di profondiflimo colpo, per amor d'Ida. Ora,
dimorato col Suocero per alcunigiorni in Ifcotja, al Regnofe ne ritornò, oue la
Mogliere, di koneftijjimo defiderio inflammata ,gli venne incontro con lietiffimo
e fembi'ante, rallegrandoft con lu i, che fano al Regno , & alei ritornato foffe. Et
quantunque ella foffe affai bella, & portaffe manifesta nel vifo I'allegregga del
’cuore , é r ilfedele amore, che al Marito portam : non fit però con altro occhio
veduta da Mflatio , the s'ella, & brutta , & infedele ft foffe H ata, cofi haueua
ilpoco regolato appetito foffocata laragtone in quel lafeiuo & inconflante ani­
mo . Ture, fingendo, quanto piitpotè allegro vifo,cerco di nafeondere il mol con-
ceputo penfiero . Ft ft ftette colla Donna non con minor noia,che s'eglift foffe fla­
to con vno capital nimico. Ft non paffarono molti giorni,che cbiamato afevn Ca­
pitatio delle fue genti dar m e, che crudcle, & feelerato era; gli diffe, che volea
eh'egli Mrrenopia vccideffe; Ma che cio ft facejfe con tal modo che pareffe ragione
uole al Re di Scotia la morte della Figliuola, onde pofeia non ft baueffe egli ad ar
mar contra lui. Il Capitanofil quale era vno di quelli,che pur , chc ficciano cofa,
effator Signori fta a grado, non mirano fe giufla ella ft fta ,od ingiufla; honefla 0
disfiqnefta, promife di fire quanto da lui gli foffe impoflo. Mllhora diffe Mftatio
tio difegnato hoggi a tregiorni di andarmene a caccia, & flarmcne fuoriper due
giorni almeno : partito che io mi fta, guarderai fotto ilguanciale del letto m\o,&
Jr-' vi ritrouerai vna mia lettera,la quale ti moftrera quanto interno a ciò deuerai fa
r e : concbiufo queflo tra loro,fe nando Mflatio nella fua flanga; & doppo molti
/ penfierifi delibero fu queflo & cofif rifle, che egli volata, che la [era dd giorno
i /jfir
Tar. Trima S
D s G li H e c a t o m m i t h i
elfegli partito fi fojfe, andata cbc fojfe ^Arrcnopia a letto , & che il Capitam ft
penfaffe, cl/ella dormifft,fe nentraffc egli per la viafegreta,che gli nc darebbe let
cbiaue, perebe tacitamente nelia camera Mrrenopia potejfc entrare, & menajje
còn effo lui vno dc fnoi famigliari, & vccideff'e la Moglic,et la Camcriera, accio-
cbe di quello, che fojfe fatto, non potcjfc dir parola : c r pofeia amaTpgaffe il Fa*
migliare, cbe con lui foff ?andato, & lo (fogliajfe, & lo ponefj'e nudo a Lato alia
morta peina , & deffe nome di baucrla ritrouata in adulterio con colui: per the, v;
moffo da %elo dell'bonor del fuo Signore, ritrouatigli in(iemeygli baueffe anco in-
feme vccifi, & vccifa fimilmente la Camcriera, come colei, che confapeuole del .
tutto , hauea condono I'adultero ad Mrrenopia. Scritto, cl/egli b elle ciòycbe det
to habbiamo , nelgiorno, che partir Ji voile, lajeiò la ferittura yfecondo I'ordint
dato fotto il guanciale,acciocbe il Capitano effequiffe quanto ordinato gli hauea,
Ma voile Iddio, giufto difenditorc della innocenga altrui, cbe partito cbe fi fu il
J{e, al quale il Capitano,cl/cjfcguire deuea il commeffo maleficio fece compugna,
vno picciolo fanciullo, del quale ft folca prendere diletto *Aflatie, per gli fanciid- ^
lefebi fuoifebergi: entro, come era vfato , nelia camera, <&febergandofu il let-
to, comefoiicnte veggiamo fare afanciulli, pofc la manofotto il guanciale : & ri­
trouata la carta, la porto ad ^inenopia . Slla , veduta la lettera , cbc alia mor-
te,& al disbonore fuo feritta baueua il crudel Marito, rimafe cofi confufa,& pie
na di tanto dolore, cbe fit prefjo a caderfi morta. Et nonfapiendo la mefehina yper
qual cagione baueffe cofi crudelmente di lei difpoflo, il fuo marito yfiandaua va­
rie cofe riuolgcndo per I'animo,ncfapea, cbe partito pigliarfi alia fua falute.Ter-
cbeyConfiderando ella dibauer pigliato.Asiatioy quafi contra il volere del padre,
1» non ardiua d'andarfi a luiyauifandofi,clfegli le deueffe dire , cbe ciò , cbe ahn.de «
baueffe molto ben le auenirebbe. Nè ofana dijlarft nelia corte, perebe vedca, cbe
ritornato,che fojfe il Capitano,c baueua accompagnato .Ajlatio , non molto f tori.
della Citta, venuta cbe foffe la notte,fi appareccbiercbbe aliafua morte : et quart *
do non gli venijje fit to dargliclc, fecondo d/Mttatio baueua ordinato, non fi ri- ' !
marrebbe, per ultra via , di mandaria fotterra; voile mandare la lettera al pa-
dre, perebe egli vedeffe il crudelanimo d'Mftatio : ma vide , cbe ciò potrebbe ef­
fere la morte del Marito amato da lei piit,cbefefleffa. Tensò di fquarciare la let­
tera, e/T di donaria al fuoco : ma , difeorrendo pojcia tra f e , cbe ^Ajlatio fi pen-
ferebbe, cl/ella bauuta la baueffe, non I'baueffe lafeiata andar e alie mani del
Capitano, & cbe per ciò ft accrefccrcbbe in lui lo fdegno, nè manchcrcbbc difar-
le torre, per altro modo l.i vita,fi rimafe di far do. Oltre cbe ella tenne certo,cbe
^4(latio a bocca baueffe data quella iihffa commifjione al Capitano, che ferithre-
gli baueua, & perciò non ne baueffe a temer punto meno. Fra quella v arieta di
penfieri ft rifolfe al fine la mi Cera di rimettcrc la lettera là, donde il fancitíllõ tfc'%
ta I'baueua , acciò cbc ritrouandolaui il Capitano , non baueffe a pigliare faff etto
alcuno, & fegretamente torfi della corte , & firfi condurrein Scotia al padre, *
& moHrare, che per ultra cagione,cbe perebe il Marito la volejfe far morire,vi
foffe andata. Rjpofe adunque la letter a Mrrenopia, & effendo ellaJiata amae-
(irata ‘
1 d e c a T e r z a; 138

firataincafa del padre ad adoperar F a rm ed cb e potem flare at pari cbri ogni


caualiero,finfe v olere andar 3con vn paggtbya<dvn luogopoco lontano della cittd,
one cllafoleua (pefjo ire a diporto, per promrft nell'arme : & diedc or dine , che
ella foffeaffettatala fernalia corte. Mentre la Donna era ita fuoriy venne il Ca-
pitanoy che lhora eragià tarda:& cntratonella camera di jLflaúo ritrouò la let-
m ter afottoil guanciale, & infieme In chiatte della via fegreta:Et difpoflo in tutto
pm-
di dare effetto a quanto gli haueita impoflo il I\e, intcfe,co nioltofuo piacere3 che
lArrenopia fojfe ita ad affaticarfi nolle armeyauifandoft che al fuo ritornoydeucffe
cffere cofi ftacayche pofcia che [offend letto ,deuejfe cjfere fopraprefa da f i pro­
fando fonno 3che gli foffe vie piu ageuole copire il fuo difegno. „drrcnopiaffi tofio
che fu arriuata al luogo dettoyfi pofe tutte le fue arme intornoy& cintafi la ffada
et motata a cauatto co la lancia fulla cofcia infieme col fuo paggio, s inuiò vcrfo il
fnarCyppajfare in Scotia. Il Capitam effendo giâpafj ata vn’bora dinottey et non
venedo la l\einayvenc in fo[betioycb'ella inqualche modo baueff'c prefcntito I'or di­
ne datogli dal l\e ,& pciò ffotto colore di volerfiprouar nell'arme) ft foffe vfcita
di cone p andarfene in Ifcotia apprejj'o al Tadre.Tcr ia qual cofa armoJJi,et man­
tato fu vn velociffuuo caudloyco la lacia alia cofcia3et la fpada a lato , ando cola,
, oue haueua detto di andare ^4 rrenopia,et no la vi ritrouado,fi diedc a feguitarla.
Et la mattina nello (puntar dell'aurora la fcorfeiet meffa la lacia in refla 3 contra
lei (prono il corfiero.Slla,fentendo il calpeftioytoflo voltofji: & veggendolo folo,
cofidandoft nella fua imocengqfdando ad incotrare3et tale fü lo fcontro3cheamen
due fipiegarono inftno fullegroppe de i cauatli.Voi rihauutifi, effendo già le lade
rotte3ji andarono a ritrouare congliflocbi in mano3Ma nel menarle mani ft aper
fe I'elmo alia D onna3& fu ferita fu la tefla di vna grauiffima percofJa.Stfatta de
bole,p la copia del f angue3che ne vfciua,pocopiu potea refiHere al valore del Ca
\p\tano. Ma leprouide Iddio di opportuno rimedio3pchc le foprauenne vn Caualie
rofilquale da I\eba partito fi era. per andare a San Tatricio, il quale , veduta la
Donna a malparúto3la delibero dalle mani di colui, credendola nondimeno, vn
Caualiero, & non vna Donna.Tero3ch'effendo ellaftatapochigiorni grauemente
inferma3era flato di bifogno tagliarle tutti i capelli,onde rajfembraua vn gar go­
ne di quindeci3o diciotto anni.Libcratala adunque il Caualiero, & vedutala cofi
malcor>ciayvinto da gran compaffionefi ritornò a T\eba, & la condnffe a cafafua
& 3fitti chiamare i mediciJafe curare diligetemente. Ma non voile mai la Don-
na3ch'altri3ihe il fuo paggio la feruiffe 3 il quale informato da lei di quanto baue-
ua a dire,non diffe altro mai fe non3cbe la Donna era vn Caualiero di Scotia,det-
to\Ar nobio Sil quale ft era ridottoalla corte d'^4ft atio,p conto di Caualiero 3et cbe
bauendo hauute parole con quel Cnpitano battea prefa licenga dal I{e. Et nel vo­
ler ridurfi al mare,p firfi condnrre in Ifcotia, il Capitano3cbe no haueua mai vo
Into venire alia proud delfarmc, corne pin volte ve I'bauea chiamato il Caualiero
tfi era appidtato nel viaggic In vn bofcoyct I'haueua alia (proueduta affalito co va
taggio,ct di armcyet di canuilo.,& I’b.iuea ridutto come eglt ritrouato I'bauea, la
qua! cofi era cofi ben *c la isneua vera. Il Capitam fi ritornò
1$ S z
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D e G li H e c a t o m m i t h i il
alls corte,& vergognandofi di dire alfuo Signore, che la Donna gli foffe flata te-
I nata dellc mam , St tenendo certo, ch'eila per la gran ferita , cb'egli Ic bauea da­
ta,fe ne dcuejfe morire; gli diffe di hauerla colta per flrada , & d i bauerla vcci-
fa ,& lafeiatainpaflo a gli augelli,& alle fierc. quejlanouella rimafe tutto
lieto Mflatio,&pareuagli,che non poteua effere accaduta pin a tempo la morte
fua,per f aria tenere da ognuno , & al padre medefimo infedele,poi cbe armata a
quel modo di nottefc n era fuggita.Credendo egli adunque .Arrenopia morta,fete
vfeir voce per tutto lo fla to , cbe la Moglie fua era flata adultera , & che ft
era della corte fuggita >per effere flata ritrouata coli'adultero , & temer della
morte, & ch'eilafopragiunta dal fuo Capitano ,nclla fuga , era flata da Ini come
ella meritam, vccifa. Jit penso, con queftafittione, mitigare inguifa il Tadre del­
la Giouane, che gli parefje, che giufla vendetta foJJ'e ftata prefa di le i. Ora pa­
rendo ad ^iflatio, cbcglifoffe leuato quello impedimento , cb'era cagione cb'egli
non poteffegoder dlda,andò a Mona,per pigliarla per moglie,Ma la Madre,che
bauea veduto, in che pericolo era flata la fua Figliuola , quando Mfiatio crain
cafa,temendo di qualcbe flrano accidente , I'bauea maritata ad vn nobilijjimo
Giouane dell'Ifola; volendola piu toflo dare a priuato buomo con honore,che dar-
1 l.a nelle mani ad vn Re con gran vergogna. Tsfon ft potrebbe dire , quanto foffe0
graue ad Mflatio il ritrouare Ida maritata . Fit per impagrjre aff.:tto,& ritor-
noffi a cafa pieno digrauijfima manincoma, & diccua il mifcro fouente fra fe : vè
come ho fatto dar morte indignijfima alia Moglie mia , per hauere Ida , & bora
fon fenga quefta,& fenga quellaja quale meritaua da me,non fine finitle a quel­
lo,ch'eila bauuto ha,rna eterno honore. St hauendo egli tutta via queftafjnna al
cuore,cb'afaramente lo pungem,era venuto a faflidio a fe medefimo. Oltre,che
gli parea di hauere tutta via innangi Mrrcnopia , chela ingiurlofa morte , cb'c-
glipenfam,chauuta haueffe, gliimproueraffe,mimcciandogli degnogafligo.Frà]f%Á
quejlo tempo HRe di Scotia , c bauea conofciuta la Figliuola tutta intenta all’ho- f
nore,& althomftà, corne egli fempre alleuata ve I'baueua, non ft poteuaypcr mo
do alcuno perfuadere,ch'ella ft foffe tanto da fe mutata, cbe per libidinofa voglia S. '&*
ft foffe data ad altri: hauendo ella ffetialmcnte,per amore,voluto piu toflo Mftx
tio,cbe qualunque altrogran Re del rnondo.Et non manco di cercare,per ognipof-
fibil via, la verità di queflofatto; La onde, hauendo egli mandate accorte perfont
nella corte di lAftatio, ritrouh, cb'era commune opinione, che la Donna foffe ftata ...O '

honefliffima:& che falfa foffe flata l'accufa,cbe I'bauea data .Aflatio , & che ft m
credea,cb'egli tutto cio haueffe fatto per poterfi pigliare Ida. La qual cofa creden
do anebo il Re, tnife in panto vn poffente ejfercito, &■ entrato coli'armata in Ma-
re,contra Mftatio,fe nandò. In queflo mego arrenopia ft era rihauuta, mjznon
tanto pero che le deffc il cuore di vfeir di cafa,et per effere ella cortefijjima, etch ’
gentiliffime maniere,era dalla Moglie del Caualiero fingolarmenteamata,nogid
per lafiiuia,cbe la toccaffe, ma per gli nobili coflumi,et per la rara qualità della
Donna, la quale ella credea, cb'vn Caualiero foffe,& come fratello L'amaua. Ft
ella era molto follccita a tutto quello,cbe vedea,che a fuo commodo, etfuo ferui-
gio

! r.il
D' E‘ C A T É R I A. v. •• I3 9
gio fojfe.'IDalla quale follecitudine aucnne quell o, che per la poca fede altrui talho
ra auenire ft vede,fenga colpa delle Donne, quando femplicemente, & conpuro
cuore, corteft ft moHrano verfo alcuno virtuofo (pirito. Tercbe nacque tanta ge-
lofia nell'animo del Caualiero, credendo/i, cb’Mrrenopia fojfe vnbuomo , cbe gli
incrcbbe injinitamente hauerla mat condotta in cafa fua . Del cbe auedutafi <Ar-
renopia, prefa bella, & honejla occaftone di partirglifi di cafa , lo ringratiò mol­
to del cortefe vfficio vfatole, & gli ft ojferfe, in quanto ella valcna,fe;nprc pron
tijjima a placergli:&pofeia, prefa in Reba vna cafa apigione, indi ft diparti.Ma
con tutto ciòy non mancò lagelofia nell'animo del Marito : & poflo 3 die la Don-
na, cbe di ciò ft era aueduta,non lafeiaffe coft a fare per leuargtiele3 pur nongió-
uaua nulla3 tanto haueua egli imprcjjo nella mente queilo vano penftero , & fu
pin volte a rifebio di tone la vita alia Moglie, & di accufare Mrrenopia di fello-
nia3& per ciò chiamarla a battaglia. Ora continuando la guerra tra il Re d'Hi­
bern ia^ quel di. Scotia3 ^irrenopia 3la qual fapeua3cbe per fua cagione3tutto ciò
aueniua,ft ridujfe feonofeiuta nel campo di lAHatio,attendendo fe flando ella nel-
iejfercito, lefiparaffe cofa dauanti, onde potcjfe ricuperare la gratia del Marito
rappacificarlo confuo T adre. Vcnne medeflmamente nel Campo il Caualie-
rogelofoper preflare I'bomaggio al fuo Rc:& tra foldati fuoi ft pofe con molto va
lorc,portando nondimeno nel cuore lagelofta3cbe vanamente conceputa egli ha­
ueua . Era in queflo mego nella guffd morto nel campo lofcelerato Capitano3che
dlla morte della Donna ft era armato, cbe gli hauea paffato il petto, colla Iancia,
vn fra tello di Mrrenopia, il cbe a lei fu molto graue, perche haueua ella difegna-
■to difarlo prendere, & fargli far teflimomo della cagion della fua fuga. Standoji
a qutflo modo,nel campo, veflita a nero, in habito di Caualiero la gentil Donna,
deliberojji di mandare ilfuo paggio in corte,per (piare di cbe animo fojfe uiflatio
verfo lei, & indi conofcere, come ella ft haueffe a reggere . ^indoui il Taggio,
il quale, toflo cbe vide il Re gli fece bumilijjimamente riuerenga : & ricercando-
to ^iflatio qual fojfe la cagione, cbe in cone coniotto ibaueffe, egli accortamente
gli rifpofe, cbe condotto lo v i hauea la felice memoria di quella Reina, a cut egli
in quella cortefoleua feruire. M quelle parolepoco mancò, cb'ad Mjlatio,che da
continuo rimordimento era tocco,non veniffero le lagrime fu gli occbi,vdcndo rac
cordare colei, la quale egli ft credea di hauer fatta vccidere a ft gran torto . Et
non potè fare, che non dicejfe, .Ahi ^Arrenopia, quanto volentieri ti vorrei poter
’ritornar viua con lo (pendere la meta del Regno rriio ? Dalle quali parole,piglian
do il paggio buona fperanga, ft toIfe gentilmente di corte , & fignificò il tu tf al­
ia Reina, la quale, intefo I'animo del Marito, delibero di voleruiji fcoprire. Et
volendo advn tratto tendere merito del beneficio riceuuto al Caualiero, cbe dalle
mani del micidiale leuata /’haueua , e*r torgli lagelofia , che m aicontento lo fa-
ceua Hare : lo fe pregare ,che le volejfefar fauore di venirft a l á , tanto , cbe le
parlajfe di cofa molto importante , & a lui di molto v tile . Le fu di ciò cortefe,il
Caualiero,& ella, toHo cbe fu a le i, lo prefe gentilijfimamente permano, & gli
dijfe, Caualiero, voglio, cbe tu bora conofchi a quanto torto molte jiate gli buo-
T a r.Trima S 3
D e G l I “H-ECATOMMITHI 'fc
mini ingelofifcthOi delle lor donne; Et qui g lifife eonofer donna *^iUa qm l coff*
rimafe il Caualiero comefuori di fe . Ma pofcia, chebbono ragionato infieme dei
le paffate cofe, & molto rifo tra loro della gelofia dei Caualiero , gli diffe .Arre-
tiopia; Caualiero , vuole la cortefia, che tu mi vfafli, quando mi liberafli dalle
mani dei crudele micidiale;& vuole parimentc 1'atnoreuolexza ,coila quale in ca-
fa tua mi faccfli curare, c'bora te ne renda quel maggior guiderdone, che per me >
ti ftp uò renderc : acciocbe io ti faccia v edere, che non in perfona ingrata,od infe- y-
dele, come miflimaui, per la vana tna gelofia, ma in raccordcuole, & lealiffirna
hai allogato il beneficio. Tcrò, hauendo io, per [egreta via,intefo, che il Re dHi
hernia fommamete dcfidcrerebbe, che la fua Mogliera gli fofjc prefentata viua,et f
darebbe gr.mdijjimi premi a chi glide prefentaffe; voglio , quando ti piaccia,che
tu fia quegli, che quefto guadagno facet: & perche ciò ti fia ageuole, come per
Donna bora mi ti [on palefata, cofi voglio anco, che tu mi conofcbi per Moglie del
noslro Re. Io Caualicro,fono Mrrenopia, vattene tu ad ..AÍlatto, cgr prendine
i premi, pale[andoglinii,che io [on certa, ch'egli, per coft fatta nouella,te donerà.
Il Caualiero, ciò vdendo, tocco ad vn tratto da marauiglia, & da riuerenga , le t
ft gittòginocchioni auanti, & come Reina lo honorò, le chiefe perdono della
ftniHra opinione conceputa di lei,& fe forfe non I’haueffe con quella riuerenga in
cafa fua honorata, che al fuo Realgrado ft conueniua, Tot le ft ojferfe prontiffimo
a fare, tutto quello, che le ptaceffe. La Donna portagli gentilmente la mano lo
leu'o da terra, Ft pofcia tra loro diedero ordine di quanto ft hauea a fa re . llgior•
no, che venne,il Caualiero, & la Donna armati, Handoft ella nondimeno jeono•
fciuta,fe namlarono nclla Cittd,oue teneua ^dflatio la fede.Et lafeiata il Caualie­
ro la Donna , in vn albergo vicino alia corte ,fe chiedere vdienga al Re divendo,
che parlar gli voleua di cofa import antiffima . Fu egli fnbito chiamato dal Re, et \
egli moflrando di volergli pariare delle cofe della guerra,& dicendogli bora vna ^
cofa, & bora vnaltra : induffe ^tflatio a dire, che tutti que trauagli erano nati1 v
daüa morte di ^irrenopia fua Moglie, & che s'ella foffe viua , cejfcrebbono le
guerre & egli ft rimarrebbe contento, il che non potrebbe piu effere, anchora che
egli rimaneffe, non pur vincitor di quella guerra , ma pojjeditore di tutta la Sco­
tia , Ter ò ch’egli non era piu mat per viucr licto fenga lei. bilbor a diffe il Ca­
ualiero , voglio io , quando vi piaccia , Sire, liberarui da queHa coft noiofa, &
ffiaceuole cura , apportandoui, ad vn tratto , il fine della guerra, & la vita del­
la Mogliera voflra . M quefle parole ft pensò.Aflatio, che quel caualter ft foffe
di fe vfeito , & gli diffe; Sei tu Iddio , che poffi ritornare i morti viui t I morti
non poffò iogià ritornar viui, rifpofe il Caualiero , Ma bene poffo trarui dell'er-
rore, in chefete, per lo quate tenete morta colei, chc viue; & do detto gli fog-
giunfe, & perche pofiate vedere, cbe quanto vi ho detto è vero,quando vi piae,-
úa,farò, che quel Caualiero, che nel campo voslro, lofconofáuto ft chiama,tale
inditio vc ne darà chepotrcte vedere, & haucrc la moglie voflra viu a. Mftàtio^
a quefle parole , rimafe pieno di marauiglia ; & diffe al Caualiero beato a te ,fe
quefio verofofje; & gli impofe, chefaceffe ebiamare lofconofáuto , Riferi il Ca­
ualiero
' © E C a T ê r z aí 140
ualicYúiltuttó cíi Arrenópiafia qu.de ardcmtodidefiderio di vedere il fuo Mart-
ío co»/« rappacificatOy cofi armata, eír fconofciuta, adAflatio fe ríandò. Fedu-
tala egli, le diffey& che fapete voi Cauxlicro delia Moglie mia ? Et ella rifpofe,
tawío nc sòy Signoreycheprimayche quindimi parta, la vi voglio far vedere. Et
con queíie parole algxtafi la vifera, & compoflo il vifo , & la voce al mouere
compaljione; Ecco difje A íiatio la vofira infelice Arrenopia i Ecco quella mife-
ra, cui voiypcr folle amore, voleuate fare vcádere alio feeler ato Capitanofil qua
le a morte crudelmentc la percoffe; vedetelaui auanti, & rifanata, <& viua, <jr
tutta voflra; Vedete , AÚatioy che nè ingiuria graueynê morte apparecchiatale,
nè ferite indegmmente riceuutey nè altre mantere dinfidie, 1'hanno potuta ritrar-
re da fmgolarmcnte amanti, & da non venire in vojlro aiutoin cofi pericolofa
guerra, quale è quefia , che il fuo Tadre, credendolaper voi morta, ha mojfa al
fiegno vofiro. Confiderate vi prego , Marito mio ,fe I'amore, & la fede delia
Mogliera voflra meritaua , che foffe, di vofira commiffione, cruielmente vceifat
fòtto nome di adultera, ofc pure era degna3che le fofje da voi con amore, & con
fede rifpoHo. Et.qui, teneramente piangendo lo corfe ad abbraccinre; St gli dif-
fCy,Aflalioy (quantmquc baueffi il Tadre mio, comefapete y contrario, che al Pe
dlngbiltcrra, non a voi mi volea dar per moglie) I’amorc, cb’io vi portaua , mi
fe diuenir vofira, St 1'amore, chc mi v i imprefjenel cuore, mi vi terra fempre
legata , infino alívitimo gior no delia mia vita : & cofi vi prego che vi piaccia
di hauermi non men cara, che meriti la fede y & Camor m io. Aftatio da fubita
aUegrcgra fopraprefoy legittò le braccia al collo3 & le dijfe y Arrenopia sòy che
v i ho ojfc/a grauiffimxmcntc , & f e nonfoffc la voflra bontày sò che non folo non
meriítrei , chc a me vi venifle, come venuta yper vofira cortefia fete : ma 3 che
mi odiafie efiretnamente, & di me volefte vedere tutto qucl maleyche di capital
nemico veder fi può. Ma p o i, che ( mercê voflra) niuna coja da me fatta con­
tra v o i, vi ha potuta ritrare da amarmi: ringratio Iddio , che mi vi fa vedere
dei benigno, & cortefe animo3 che verfo mefete. Io alio incontro, carijjima Mo­
glie mia3pentito di hauerui mai fatto oltraggioy v i farò fempre fedcle,& amore-
uole Marito : St oue van defirc, mi fece allbora 3 troppo piu chc non comeniua ,
vfeir delgiufto , per lo innangi fede, eJr amore mi vi farà conofcere tale3chc non
vi haurete a doler maiy di effere al vofiro Marito venuta; & qui, ritornatifi am-
bidue affettuofijjimamente ad abbracciarey confirmarono quelío amorey col quale
fi erano prima infieme congiunti. Et poi che furono fiati alcunigiorni in allegrer^
%a infiemey & hebbe narrato ella al Marito tutta la hifioria delíe fue fciagure,&
ia cortefia , che lehaueua vfata il gentil Caualter 0 , & come egli I'banca credu-
ta vn Giouane , e-r per ciò era venuto in gelofia delia Moglie , lodo ^iílatio il
Caualiero, & gli die ricchifjimi dorii, & I'hebbe fempre nel numero de fim piu
ta r i: & rifero molte volte , egli , & .Arrenopia delia fua gelofia. Vollepofáa
jtflcitio , d) Arrenopia andetfjc ambafáatrke al Tadrey & gli ft faccffc conofce­
re vÍHiy'<& in buoniffima gratia del Marito,& ccrcajjè di ottener dal Tadre fine
allcguerreyg? a trauagh.Andò Arrenopia al campo nemicoy& fi fe condnrre al
D e G li Hecatommithi H
T ádrefl quale,toftó che U vide, fu tocco da tanta aliegregia,che nonpotè hauer
lena a parlarle : Ma ribauuti ch'egli bebbe gli Jpiriti, caramente abbracciandola,
ledljje, Figliuola mia, come fei tu viua? qual felice defino, mi ti fa qm horave-
dere, doppo Phauerti lungamente pianta per morta ? Tiangeua il Tadre di allc-
gregza, di tcncregga la Figliuola, la quale narro al padre, tutto quello, che aue-
mto Pera, & come ella era in gratia dei Marito : & percio gli cbiedeua il fine
delia guerra, pofcia, che ogni cofa fniilra auenutale, era ridutta a tanta conten-
tcgga, & a tanta felicita. Fü contento il pe di quanto voile la Figliuola* Et de-
poflo Podio, che egli hauea contra il Genero,inferne colla Figliuolafe nentrò nel-
la città, one fu riceuuto da ^Afatio non pur per Suocero, ma per Tadre. Et refe
moltegratie il Tadre della Giouaneal Caualiero,che diffefa, & curata Phaueua,
& gli diede anch'egli ricchi doni. Ftfurono fempre *A(latio, & *Arrcnopia di
f concorde animo, che viffono tutto il rimanente della lor v ita , in tranquillifiima
pace. Et ft ritornò tutto lieto il Caualiero a cafa, & hebbe fempre la fua moglie-.
ra, per amoreuolijjima, eir honefiffima, come nel vero era, & come deono effe­
re tutte quelle, che a gli huomini fonoper matrimonio congiunte.

N O B I L E AMA LA M O G L I E D I V N P O D E S T A ', E L L A N O N
vuol rompere Ia fede al Marito; vi il Podeftà ad vna Meretrice, Nobile lofcaccia, & fa a
faperealta Moglieche il Marito non le tien fede, non muta perciò la Donna peniiero; la
Meretrice,&il Podeftà fdegnati,cercan’vendicarfi della ingiuria ; la Moglie del Podeftà
fa a fapere a Nobile l’ordine dato a fuo danno dal Marito, onde fe ne rimane il Podeftà
beflfato, &Ia Meretricericeue il gaftigo della fua maluagítà .
N O V E L L A II.
V' LM. fede di Mrrenopia lodataparimcnte da gli Huomini, &
dalle Donne. Nè manco alcuno di dare molta loda al nobile Caua- -f"
Hero, che faluata Phaueffe : quantmque, neWhauere egli hauuta
gelofia della Moglie , nonfoffe molto commendato dalle Donne.
Dicendofi,che delle Dome,non fi deue hauere opinione,cofi di leg ^
giero men che buona; effendo elle tanto fedeli,che nè anche le ingmrie , & le mor
ti fono atte apoterle far mutar penfero, come ne hauea fatta lArrenopiapieniffi-
ma fede. Ma piacque a tutti vederla col Marito rappacificata : & tacendoft già
ognuno, diffe Maffimo; Io a cut tocca il fecondo luogo in quciio giorno,non vi nar
rerògià cafo occorfo tra pe, & peina : ma ben farà, la nouella ma tale,che Ful-
uia non ft haura da dolere, che io col mio ragionare, voglia fcemare pregio alia fe
de, & alPhonella delle Donne maritate, la quale tengo io , non meno conüante,
che f f a quella de gli huomini.
F V ' gia in Terracina vn vago Giouanc, di gentili coflumi, & di leggiadrifji-
me maniere ornato, al quale il Tadre fquafi che Phaueffe antiueduto tale) hauea
meff?nome Tgobile; ^Imaua quefli ardentiffimamente la moglie di vn Todeílà ,
che da Lujiguana era, & non mancaua con ogni diligenga di follecitatia con am-
bafiate, & con doni, de quali mat la Donna non nc voile riceuere vno. Tarendar
le, che
) D E C A T E R Z A. 141
It che quelle et quefli poteffero effere cirme atte a combattere atmenofenon avin
cere ilfermo propoftto della fua honeflâ. Ma ft delettaua, nondimcno dell'amore
del Giouaney per la fua molta virtu, conofcendo , che puo amare cortefe Donna,
virtuofo jbirito, fenTgi pregiudicio della fua honeft a . Nobile,che vedeua, che va­
no era cio,chc egli facea, per condurre al fine da lui deftderato , il fuo defio :tene-
uaftretta dimcftichezga, con vna Cortigiana, 0 vogliate dir Meretrice ,detta Ca­
milla, colla quale,isfogaua il libidinofo appetito.Et perche egli era non men bel­
lo, che ftfoffepro della perfona, & oltre lo[pendere largamente, il rifpetto, che
gli erahauuto, era cagione, che non riceueua coftei quelle ingiurie,che la infolen-
de Giouani ftole communemente fare alie pari di lei, quando lor viene a noix
la mala vita,di tali Donne, moftraua clla di amarlo fingolarmente. Si era [par-
fa per la Città lafama della belle^jq di cofiei, di modo, che molti ,fol per mirar­
ia, ft riduceano a luoghi, oue ella andaua : & molti ritrouatala coft bella del cor­
po come era bruttiffima dell'animo, s'inamorauano di lei;Fu chiamata coftei ditian
eft al Todefla della terra, per querela datale da vna fua vicina, della medeftma
arte, di hauerle fatta imbrattare la porta . Il quale, toflo che la vid e, ft credete
di vedcre no cofa mortale,ma la ifteffa Dea della bellcega. Ter la qual cofa egli,
dimenticatoft il diritto dellagiuftitia,di lei sinuaghi marauiglioftmcte:& fcaccix
ta da fe la vicina, dicendo, cbe a torto I'accufaua; chiamò a fe Camilla, & le dij-
fe , ch'egli lepotea far molto male,hauendo chiariffimi inditij,ch'alia Donna, che
ft doleua,ella hauea fatta la ingiuria■<.*et che appreffo quefta accufa n haueua an­
co dclle altre, le qualifarebbono tutte cancellate, quando ella di fe compiacere lo
voleffe. Coftei,benche le fpiaceffe la vecchiaia, come la mala ventura,nondimc­
no paredole,che I'hauere amico vn coft fatto huomo le deueffegiouare affai, oltre
il guadagno, ch'ella fi penfaua di trarne: fu contenta di quanto egli voile,& gli ft
$ c)ferfe prontiffima ad effere con lui, qualmque volta glipiaceffe di pigliarfi pla­
cer di lei. Haueua Mejfcre lo Todefla ne piedi lo intoppo della Moglie,& perciò
non potendone allhora trarre altro, nepigliò vn bacio per arra, & mando Ca­
milla a eafa tutta contenta.Et anchora ch'egli ardeffe eftremamente di lei,Tfondi
meno parendogli,che non gli conueniffe andar digiorno in luogo coft infame,come
era la cafa di vna publica meretrice: & conftderando , che la Moglie fua nonfo-
fterrebbe, ch'egli ft partiffe la nottefenga molto romore, tenne via ,fotto colora-
tafittione,che alcmeGcntildonne lamenaffero in contado,& ilgiorno medeftmo
ch'ellafi vfct della terra,flatui feco di andarfen'a Camilla,intorno alle due horedi
notte.Tenfandoft,che fen'ga farle dire altro,folo il nome della dignità baflafje a
fare,ch'ella fcacciaffe da fe qualunque altro,che con lei foJJe,per effer con lui. Ol­
tre,che il rifpetto,che egli hebbe ch'ella a molti nol diceffe,prima ch'egli vi andaf-
feylofe reflare di fargliene motto.Hauea per auentura dato quella ifteffa fera or
dine Ifobile di effer con lel & egli che i rifpetti non hauea,c haueua il Todefla,
ch'egli era fciolto, & non teneua grado di dignità; & tencua, che gli baftajfe la
giouanczga per ifeufa; prima che la fera veniffe, andò a cafa di Camilla , & poi
c'hebbero cenato, effendogià paffate le due bore,fe nandarono a letto.Et appenx
De G l i H e c a t ò m M i t h i f
erano fotto le len%uola,cbe Mejfere lo Todejlà,picchiò la porta, 'bfpbilcfentitoil
il toeco, dijje, chipicchia la Camilla ? T^on sò io , diffe ella,fe forfe non è alcuno,
cbe ci voglia fare ingiuria : fiate contento,cbe io per vn pertugio,cbe ê qui nel mu
ro del camino,vegga s'io so conofcere chi egh fi f ta ; & cio detto, leuatafi coft in
camifeia, come ella era,ft fece al pertugio:&plan piano domando, chi.è la giu ?
conobbe il Mcjfere la voce di Camilla , & dijje; aprite, anima mia,che tofono il
vof.ro Todejlà . ^4 quefla voce tutta ilordita Camilla ft ritorno al Giouane, &
gli diffc; Comefaremo Nobile, cbe egli è il Todejlà,cbc ijla notte alquanto meco
ft vorrebbe flare. Bene faremo rifpofe egli,cbe il Todejlà fe rianierà,et io teco mi
fa r ò . Deb di gratia, fogginnfe Camilla,datime tanto di agio , cbe per vnbora fo­
il io lo compiaccla, cbe pofeia, tutta quefla notte, mi farò con voi.Tu mi vorrefii
far cmrare,Camilla, diffc egli, in B molle, ma io non fonvfo a cantar per qucila
chiaue.Tartito clfio mi farò tu farai di te,come piu ti piacera,per bora,mi voglio
10 rimanere oitio fono, nè per quanto feppe dir Camilla, ft mutò egli di propoftio.
11 Todeflà, il quale non petea fofferire lo indugio, di nuouo,con molta rabbia pk
chiò I'vfcio; onde irata Camilla dijfe a Nobile,maledetta fta quefla notte,et male-
detti qitati placer: io tifei mai/Poi cbe nopoffo ottenere coft picciola cofa date;no.
vedi tu , chcfe io nonapro a quejl'buomo, io mi rimango la piu mifera donna del
mondo? cbe gli debbo io rifpondcrefeiagurata metLafcia cbe gli rifponderò io,dif-
fe Tsfpbile: St leuatofi del lotto , aperfc lafineflra : & fattofi fuori,con voce vn
poco orgogliofr, diffc; chi picchia la ? Il Votkflà rifpofe apri; ebt fei tu? joggiun-
fe Nobile,Io fono il Todejlà; rifpofe egli con bajfa voce, bilbor a,diffc la b ile ar-
ditamente, Ci êf icenda, Mcjfere,cbe non ft può entrare. Madica vojlra Magniji
cenga,cbe cofa ella dimania, cbe di mattina le ft rijponderà,nelíbora dollar agio
nc al tribunals. St con qttcfle parole, chiufa lajinejlra,fe ne ritornò a letto.il To-
deflà, tutto pieno di rabbia,a capo cbinofe nandò.Et tenendoft bejfato dalla Me­
retrice giurò mordendofi le labra,di pagarnela. Si rimafe Nobile con Camilla,ma
non bebbepiupiacere,cbc fe jluto non vi foffe, tantefuron le querele,et i pianti di
Iciyvcmta la mattina,1a lafciò il Giouane tutta crucioja, Ella per non rimanere
in quefla mala opinione appreffo il Todejlà, & anco perpigliarfi vendetta del
Giouane,dal quale ella ft riputaua hatter riceputa ingiuria : fe per vn fuo meffo,
intendere al Todeflà,come la coft foffe (Iata,et lo fc pregare a farne tutto quel ri
femimento,cbe alia ingiuria conuentua,offercr.doft prontifjima a compiacerlo qua
lunque altra volta egli volcffc, llTodeflà,ciò intefo finercdibilmenicft acctfe dir a
contra il Giouane : & per meglio intendere il tutto et meglio poterft armare per
cffenderlo ,fe riar.do la fera a Camilla,la quale lietamete taccolfe et gli diffc;Mef
fere.non per mix colpa,ma per colpa di Ifobile, chc mi ft moflrò il piü villam^et
ilpiu difeortefe, cbe mat miprouafJi,non vi fit bierfera aperto.Et ftjji Iddio il di-
fpiacere chc io iibtbbi,Ma coft mi f ix io fempre nclla gratia voflra, come nonha-
urn mat bene,s'io nen glienc pago.il Tode(là,tocco dailo fdegno, & dal deftderio
della vendetta,diffc; & chcfarai tu, per pagarnclo ? non voglio, rifpofe ella chc
egli piu rnai mi venga a lato,che maledetta fta qlI'bora,cbe io lo vidi mai.Tot nel
rimanente
j D e ca T i aza. ' =■ '• 142
riwianertie attenderò quelloyche il tempo apporterà.Diffe il Todtftà3am f non vo-
glio io che tu ciòfacet, cheforfe il venirfi a te, ci potrebbe aprir la via, ad amen-
duni,di dargli diceuolegaftigo; chi vuole,Camilla,bcne vendicarfi delia offe/a fin
ga di non tenere contort quando ti foffe leuata ogni occafione, non ti fi torra mai
di farlo venire con altuno a riffa3& dipor mano alia fpada 3ft che io lo pof]a ha-
uer nelle mani:Il che fe auiene, io ti faro vedere3ciò3cb’io mi Jfapròfare.Toi,cbeb
bero conchiufo, che cofi fi faceffe3Meffer lo Todeftà fi pigliò quel maggior piacere
di lei, che gli conceffc la fua graue età3però ch'egli era, angi che nò , vicino a fet-
tanta anni Et ritornato ch'egli fit a cafa3 non manco fera 3 & mattina di cercarc
con ogni diligen%a, fe cofa gli fi ojferiua, ondepoteffe fare3con color di giuílitia ,
che foffe non pure agguagliata3 ma digran lunga fuperata la ingiuria,ch’egli fi ri
putaua bauere hauuta daTslpbile. Similmente la Meretrice non mancaua diporgli
mille fdrucciolifotto,pcr fargli ft fmucciare il pie3ch'egli cadejfe in man del Tode
ftà. Ma tenendo egli gli occhi aperti3moftraua alia falfa f e m i n a al reo buomo3
che tantofapeua vn Giouane accorto3 quanto vn mal veccbio3& vna fcelerata fe
mina : Stgodendo, & traftullandofi con lei,faceua rodere l’vno3& 1'altro di rab-
bia. Inqueüo mexo tempo3venne la Moglie del Todeftà a Ferrara3& il Giouane
fubito3per acconcia via lefe a fapere3cbe il Marito no le tencuafede3ct chefacen-
doglicle egli3non era fconucneuole3che anche ella a lui la faceffe. Ma la donna^du­
bitando3the cofi non le diceffe Nobile,f ingannarla3cmftderata la eta del Marito,
et la fua però che ella era giouane3et il grado3ch'cgli teneua3il quale lo deuea far
riirarre da ogni atto fconueneuole3nogli voile credere nulla3angi gli fe dire3ch'el-
la conoftea meglio il fuo Maritoyche noI conofceua egli: & perciò deffe a v edere
ciò ad altriycbc a lei.Lodò il giouane la Gentildonna3benebe gli doltffe il conofce-
4 re3chela fede3ch'ella mateneua almarito3che nel vero la ingannaua,gli chiudeffe
la via di poterft godere di lei3St defiderofo di certificaria di quato egli le haueua
\fatto dire Sappiedo cheil Todefià,fattopiü vago di dishonefti bad della Meretri
cecbe di quelli della Moglie , ft pigliaua I'agio (col fingere3 che il ftgnore I’hauef-
fe mandato a chiamare , St che gli bifognaua andare a cailello di notte3per fare
efamine de malfattoriJ di Ftarft con Camilla due, & tre hore. Vattefe tanto con
vn fuofratello , che logiunfono alvfcire di cafa della maluagia , & gli furono
'-•4. ambi intornojcon vna verga in mano, battendo leggcrtnentefulla vefta, & dicen-
dogli tufei morto. Ond'egli imp aurito, & impauriti parimente duefergenti3 eke
hauea feco , i quali erano3come gli altri pari a loro , di animo vUijjimo 3 meffaft
la via tra ipiedi3ft die a fuggire3& grauandogli la vefte 3finalmente la ft lafeio
cadere, & cadde anch’egliict tutto fango infarfetto fe ne undo a cafa aft'annato.
La Moglie tutta dolente fattaglifiincontro, gli dimandò la cagionedi ciò. St egli3
ritrouataft vna fua fauola3le dijfe3cbc ft credeua, chefuftino ftati certi Fratelli di
vno3cui egliyper giuflitia , hauea fatto tagliare il capo , che I'haueftcro affalito ,
mentre egli da corte veniua3per dargli morte, & che rendeua gratic a Iddio3che
viuo I’haueua leuato loro delle mani.La Donna ft dolfc ajfai del cafo,&pregollo
poi che gli fopraftauano cofi granpericoli^che no volefje andarc la notte a torno.
St egli
D e G L I H e CATOMMI THI |
I?t egli glide promife. St poteua coft bene effere pafjata la cofa fe let mattina,ron
bauejfe mandata la b ile per occulta via,la vefla alia mogliere. Et fattole dire,
che alcuni giouani innantorati di Camilla,che a male haueano,c!) egli impediffelo
rOy i fola%gi, Ihaueano fatto correre : & che in fegno di ciò le mandamno la ve­
il a,c\) egli haueua gittata via perpoterfl pin leggermente fuggire. Mije ciò gran
fofpetto nelPanimo alia Donna, & mando a corte, & al Caflclio, & ritronando,
che nè quella fera,nè le altre,egli vi era flato,tenne certo quello,co ella primanon
hauea voluto credere. Et andojji al letto, oue anchora il Marito ft giacea laffo
dalla fatica del corfo, & dalla paura kauuta,glidiffe tuttafdegnofa. Tarui,Mef-
fere,cbc la miafede merti, che voi coft mi trattiate ? & che per vna publica ba~
gafeia, lafeiate me,che non[on però nè laida, nè vecchia, come fete voi ? Fingete
di andarui a corte,& al caflello : &pofcia la corte, & il caflello, è la cafa della t
meretrice.Conuiene forfe queflo all’amore , che io vi porto ? aideta vo/lra ? & al
luogo.che tenete in quefla citta ? St fe il Signore intende quedie belle proue,chcdi
rà egli? per quadhuomo vi hauerà ? Mifera me,che ciò folo mi preme via piu,che
I'oltraggio, chefatto mi baucte. Se queflo ft fa pouero v o i, diuerrete il gitioco de
fanciulli,& la fauola del popolo. Sete in quefla dignità, per punire, oltregli de-
Titti,feuerijfimamente gli adulteri, & fete voi quegli,che gli commettete. Vi pre
go che vi piaccia,per lo innangi,feruarmifede,& che nonfidica, che di faggio,
che fete tenuto, bora, per d.ishoneHo amore, impaggate. Conofcendo da quedle
parole il Todefta,cbc la cofa era venuta alle orecchie della Moglie appunto come
ella flaua,arrofsi tutto,& inguifa gli ft chiufe la bocca per la vcrgogna,cheftet~
te alquanto,che non ardi mandarfuori parola.Ture dicendogli la Moglie,che non
ft attriftaffe,ch'e!la no ft arrccaua do ad ingiuria, ma che dhauea fatto do dire il
deftderio, ch’egli ft rimaneffe in quella buona, & honorata opinione, nella quale'
egli era flato infmo allbora; ripigliò ff>irito,&' le diffe di no voler fare altrimente.
che quello ,ck’ella gli hauea detto,et di volergli ejjere p lo innangi fempre fedelif-
fm o .Mcquietata chebbe la Moglie f i deflò a vie maggiore ira cotra Nobile.Ter-
chefl tenne certo,che dafjdlitore foffe flato egli;ct aggxmgendo quefla alia prima
ingiuria,voltò ognifuopenjiero agiugnerlo in gufi,che fe ne rimaneffefatio,non
chepago.ll Ciouane,che amaua la Moglie del Tcdeflâ fuori di ogni mifura,no ma
eo punto a fe medefimo in cercare di piegarla alle fte voglic.Ma ella, che folo del
Marito effere voleuaglife dire,che quefla liberta era degli huomini,ma delle do
ne nò. St che nonft macchiaua dhonore della Moglie,anchora che il Marito ad al
tre donne ft andaffe. Ma che daua perpetna infamia al Marito la Donna,la quale
paffaua nefigliuoli,fe co altro huomo,che col Marito,ft congiungeuatokre quella,
chi’ella arrecaua a fe medeflma.St che perciò ella non era mat p macchiare quello
honore,chc conofceua effer vero,et fmgolarijjiniopregio delle done,ct chiaro (plen
dore delle famiglie:et che però lo pregaua,ct ripregatta a rimanerft di ftimolarla.
Moflrarono quefleparole a 'Efobile.cbe in donna pudica nullapoteano le ingiurte
fattele dal Marito, & che il piu follecitarla non era altro, chefeminare Yieldare­
na ; Et però,raffrenato ilfuogiouanile appetito,non mcno la riueriua,che I’amaf-
fe-
W D ec a T e r z a . 145
fe. In queslo mcgo, vna forclla del Tadre di Klpbile ft morl, ct ne yimafe egli be•
rede.Mxvi erano alcuni,che con loro viluppi, gli oceupauano ingiuflamentc par­
te della hercdità. Ver la qual cofa ricorfe egli al Todefla,& gli d'ffe^be quando
egli gli voleffedar liccngagnon curer cube gli auerfari, & andrcbbe a pigliare il
fuo,& fe loporterebbe a cafa. ll Todeflà,cbe luogo,& tepo afpettaua a potergli
niioccre, parendogli di batter condotto I’vccello alia pania:non effendo altri,che e-
gliy & ilGiouane nella earnera,gli diede ampia licenga,flimando con queflo me
•go poterio cone, one egli voleua.il Giouane,cbe tanto cauto era,quanto il frodo
lente Todcflà malitiofo, bauea lafeiati fuori neItanticamera due huomini di fe ­
de, & informati da lui,tanto preffo, cbe poteano molto bene intendere ciò,cbe di-
ceano infieme il Todeftà, & Nobile, acciocbe fe ne aueniffe qualcbc flrano acci­
dente,come temeua, cbedeueffe aucnire,per lafcllonia del Todeftà,potef}eyo ren
dere teflimonianga della licenga bauuta. Et la nottc feguente con carra,& con fo
micri,& con compagnia conueneuole fenc porto ciò,cbe egli ritrouò,nella heredi-
r •'« tà della zia,La mattina meffere lo Todeflà fegretamente fe fipere a gli auerfari,
cbe Nobile bauea loro imbolato,ciò eldera in quella cafa.Ond'egli, ritrouando,che
coft era, nonfappiendo, efrk ciò haueffe loro fignificato, andarono al Todeftà, &
ne fecero gran querela, accufandolo di furto : nè coft tofto accufato I'hcbbero, &
dati gli inditij,che ft pensò il podeflà difarlo impiccare per la gola,et mando i fer
genti a pigliarlo a cafa,co commi(Jione,cbe ritrouandoüi delle robe,delle quali gli
auerfari ji qucrelauano, g lid e portaffero. Ma voile la buonaforte, cbe nè Npbi-
le, nè robba alcuna ritrouarono in cafa fua,percbe egli bauea condotto , ogni coft
in cafa di vn fuo cariffimo compagno.'Mobile intendendo queflo,et cornfeendo,cbe
v I il Todeíià non bauendo riffetto,nè alia giuflitia,nè a lddio,cofimalamente lo v o ­
le ua trattarc,effendo il tempo del carnouale,&mandandofi inmafchera,fe nanda-
■uafeonofeiuto per la Città, vfando il mego di vn fuo fcdele amico,per amollir ia -
nimo dello ingiuslo Todeflà, cbe a tanto torto lo trauagliaua. Ma nongiouanda,
punto cofa veruna. Egli glife dire,cbe fe no lafciaua di perfeguitarlo,fe nandreb
be al Signore,&per huomini di fede, gli farebbe veder chiaramente,che nonfen
ga fua licenga, baueua tolta quella roba:& oltre ciò,gli farebbe nota la cagione,
per la quale egli ft lafciaua indurre dallo fdegno,ad vfargli tat a ingiuflitia.Et cbe
potrebbe auenire,ctiegli coftfarebbe dal Signore punito, come rierano flati puni­
ti molti altriy chaueano violata la ragione; ^4 quefle parokyflette tutto fopra fe
il Todeflà,& ricercarido fottilmente il fatto, ritrouò,crierano (lati huomini hono-
reuoli neWanticamera alia porta, cbe il tutto haueano intefo. Etgli parue, che il
Giouane foffe flato piuafluto,criegli non baurebbe iflimato: Et quantunque riimi-
co gli foffe, non potè non dargli tra fe loda di accorto,& ingegnofo giouane. St te­
mendo di non effere notato appreflb il Signore di doppia infamia,moflrò di lafciar-
fi alquanto piegare,et promife a coloro,cbe per Nobile gli hauean pariato, di ri-
tronar modo, col quale potejfe compone la dijferenga. Ciò riferirono al Giouane
gli amici, Ma non flfidando egli punto del Todeílâ,fe riandaua, come prima , in
mafeberafeonofeiuto. Etpercbe egli baueua alcune brigbe faflidiofe, dubitado di
non
D e G l i H e c a t o m Mi t h i

uieto del Signore, et vi era. pena, la vita a chi vi foffe ritrouato. Efflendo adunqut
cofi armato Tslobile, & coft mafeberato, gli venne dejiderio di Camilla:&per-
cbe era paffato poco meno di vn nicfe,ch'egli a Ici non era andato, come clla il vi
de.comináò a dolerfi, cbe cofi di rado 1'andaJJe a vedere, & che ben mofiraua di
no amare >cbi gli bauea dato il cuore:& tutto ciò faceua ella, pcbe dubitaua, che
segli fi toglieua da lei, Ic farebbe cbiufa la via di copireil mal difegno,cb'ella na
fcomleua nelianimo.il Ciouane ne accuso i trauagli,ne quali egli era caduto; etle
difje,che non meno, che prima 1'amaua. Et cofi neli’effere infieme, lo vide ella ar­
mato di pwrnale,veflito di maglia:et quindiprefo argomento alia vendetta,lo in­
uitò lafcelerata ad ire a cena con lei,et a flarui la notteAl Ciouane, in quefla par
to poco aucduto, glide promife. Coflei,toflo ebebbe la parola del ritorno,fece in­
tendere aí Vodeflà la maniera,colla quale egli vandaua, eir cbe teneua certo,che.
egli lafera andrebbe a lei cofi armato,perche promeffo gliel haueua,et cbc,fe ma.
daua la famigliaflo vi ritrouerebbe : & con tal medp,potrebbepagarlo delia ri-
ceuuta ingiuria. Taruc allbora al Vodeflà di hauere ttequiflato vn Regno :& co-
me hauejfe già Tflobile ncllc mani, lo collaua , lo faceua impiccare perlagola,
con qucl maggiore Bratio, et conqitella maggior vcrgogna,co cbe fi poffa trat ta­
re fcelcrato buomo^Ua dubitando,cbe o Nobile non andaffea Camilla , o cbe fe vi
andafje (xauendolo conofciuto accorto) deuejfe por già Tarme : informatofi come
foffe veflito, lo fe cercare per tutta la terra da fiuoi fergenti, per dargli il mal an­
no. St non 1’baucndo effi ritrouato,mandò per coloro,che erano medam per Tfobi-
le appreffo lu\,vennero i buoni buomini al Vodeflà.St egli diffe loro,cbe pur quel
la mattinajnaueua acccordata cottaltra parte la differenda di TSfpbile , & percio -
lo deucjjino far venire, cbe fe ne celcbrerebae lo infiromento. Nonci verrà cgli,j
rifpofcro coloro,per lenoBre paro’e,s'egli f'ede di ficuregga no vede di voftra ma
no :vedralla,rifjwfeil Todefià.Et fatto cbiamare il not. ioffe fargli fede,cb‘egli eo
era per moleftarlo per quella querela, la quale haucua egli cancellata, per effe­
re ridotta la differenda alio accordo:& fottofcrittala, et pofiaui la cera, il fuo fe-
gno vimpYeffc. Í tnedani,cbe nonfipeano che infidia fi naf ondcjfe fotto quella fe
de,tutti lieti lo ritrouarono,& lo configiiarono cbc,mentre la cofx era a buon ter
mine,andaffe al VodcBà, & vfiiffc di trauagUo.Sgli,vcduta lafede,cofit armato
& in mafcbera,come era verfo ilpalagio sinuiò. Nel tendere quefli nafeofi lacci
Meffere lo Vodeflà bauea piit volte detto per cafa, iogafligberò in guifa queslo
profontuofoyche farà a gli altri effempio di non fare onta a pari miei. St riccreato
dalla Moglle,che v dcffe ciò dire:egli,che no:-:fapeita ciò,cbe foffe aucnuto tra No
bile,et IttiLe rifbcfe,cocgJi era p hauere nelle mani vno,cbe lo fpred£aua f corne
faffteda nulla :et cbe p portar farms in mafçbera, meritam la morte :et che prefo
cbe fofie,gli volem fubitamete far dar de calci al veto.La Dona accorta,cbe trop

‘ ** VI Z’ r A t» I ^ I • • XI .J ar rV ■ I»

r} 14 effere, contra cbi non bà offefo perfona -f Tsfonfi vuol femore far ti J
D É c A T E R Z A. Í44
cjfe fi pub:& in cafe tali,è meglio pcccir nelpoco,che nel troppo. Soggiunfe cgli
tanto farà, quanto io tn ho dctto : & , non andrà molto,cbc nefarò veder I'effet-
to . La Gentihionna in guiderdon dcll'amore , & dcfl'honore , chc Ic portaua il
Giouane,bauendo intcjo da fergenti di quali panni era veftito colui,cbe vole a fare
mal capitareil Todeflà,<& cbe mafebera gli copriua il vifo, lo fc tanto attendere
ad vn fuo parente, cbe nelfarriuarc, cb'egli fece allc fcale del palaggo , lo conob-
be. St gli diffc,Mafcbera,andate a porgiu quelle arme, chauete intorno 3 cbe fe
con ej]e venite dinangi al Todeflà , vifarà fubito perre vn capcflro allagola3 &
- gittar fuori di vnafineiira; & la compafflone,cba baunta Madonna di voi 3 Iba
indotta afarui do fapere.Et ciò3detto, come alia sf 'uggita 3per non dare fofpctto,
di fe fenga affettare altra rijpofla,fe ne.ritornò in cafa Nobile,auifandofl onde do
baueffcponito faperc il Todeflà, confidcrò ilpietofo vfficio della Gcntildonna,&
ccnobbcla meretrice flelerata}et qucft'altra degna di qitella riuerenga, cb'egli le
portaua. Et feco Hcflo ringratiò Iddio, & la cortefe Donna3cbe da cofi gra peri-
colo I’baucJJero liberato.Et fubito fe n'ando a cafit,& pofe giu I'arme : & godedo
di bauere a fare rimanere il maluagioTodcftà fchermto3 cofi immafib erato,come
1 cra3a lui fe ne venne. Egli,fubito cbe lo videffu fopraprefo da tanta allegrcg^a,
cbe non potea capire inJe medefimo. Stfingendoft nol conofcerc,gli d'mando chi
egli fi foJfe3 Io fon rijpofe egli TJobile; St egli flate,dijfe3 il ben venuto3 Mcffere
Nobile,Sete voiftato tutto hoggi in quefio b abito3sijono,rljpofe egli; bene ílà ri-
pigliò il Todeflà,et prefolo per mano3come cbe amico gli fojje, lo codaffe nella fua
camera,etgli diffe,come hauea cocbiufo lo accordo3et cbe tutto do baueua egli fa t
to per fargli piacere II Giouane gli refe molte grade, & figodeua, cbeilmalua-
gto deuejje anco3a quefla volta3rimanere non menofeornato 3 cbe ft rimaneffe Id
Lferarella quale egli era ito affamato a Camilla3per prender cibo,& fe ne ritornò
a cafa digiuno.Finito qucftoragionameto,diffe il Todeflà 3mi auanga a fare vn al­
tra ragione con voi,Mefl'er Nobile; pur clfella fta buona,difsegli, et cbe nef a in­
form atore ne rederò io tutto quel miglior conto3cbe faprò. Hora vi auederete fe
buona ella farà3ripigliò il Todeílà,& ve ne ritrouereteforfepiu informato, che3
a ben voftro,di mefiier no vifarebbe.Et,fatto cenno afergenti,de quali egli baue­
ua piena la camera,gli fe porre le marii addojfo,et appreftare il capeflro al Mani
• goldo.Mllbora fingendo Nobile di effer tutto sbigottito,diffe,Et come fono io Mef-
ferefotto il mantello della voflrafede,cofl mal trattato; Mltro d è,chepiüimpor
;| f ta3diffe il Todeflà, con terribiliflimo vifo ti vogliofare impiccareper lagola,Ma
nigoldo. Et per cbe f*foggiunfe Tgobile,bo ioforfe rubato per forga,od imbolato
ql di alcunolvi raccordo MeJ]'erc,che metre voigmdicate me,lddio,fupremo giu-
dice,gmdica voi. Il Toie$là,fenga altro rijpondergli, voltojfl verfo i fergenti,&
dijfc:ff>ogliate cottui,&,ritrouandolo armato,come ho intefo,cbe egli èffatte cbe
il Manigoldo gli getti ql capeflro al collo,(però cbe il capeflro baueua egli giàfat
a
to appreflarejet lo getti da vna fine§lra,acciocbe gli altri irnparino di feruar gli
ordini della dttà,et di no lotrafare a diuieti de Trinápi;et,volto verfo Nobile,dif
fe,tupoi nell'altro modo intedtrdt s Iddio migiudkberà3o nò.Allbor difle N.a cbe
lafciatc3
/ I

D e G li H e c a t o m m i t h i
lafciate, Meffere,che vi conduca il furore ? nonfono io armato, che nonfonoeofi
fuorl di mc,nefaccio cofi poca ftima della m u vita,che per voler contrafarc agli
ordini della citta, & opporm al diuieto del Signor mio,mi voglia porre a rifchio
della morte. Tra quefle parole i fergenti fpogliato lhaueano,St veggendo il Tode•
íià ch'egli non baueua alcuna arme, rimafe cofi flordito, che fu per vfcir di fe. St
voltatofi di mono a Ini,non fei tu diffe andato cofi immafcherato a cafa da Camil­
la ?ft fono io rifpofe egli, & ella pur mi ti ha fatto accufarey che in quefli panni a
lei feigito armato. Bene ijla3 diffe Nobile,fe voi volete dar fede a parole di Men
trici,quaft che voi nonfappiate, come fogliano metire, ct come elleno con loro in-
ganni trattino gli huomini: infin quando ellc lor danno (peranga di dar loropia-
cere di fe mcdefime,che pofcia gli fan fcacciare dalla lor porta del tutto fcornati.
Veggendofi cofi traffgere, il TodeHd,& non gli auangare piu luogo alia vedctta
fenga altro dire,felafciare il Gioiiane:& quantunque fi vedeffe egli rimanereil
piu beffato huomo del modo,ct tutto pieno di rabbia ft rimanejfe,volle nondimeno
coprire il fuo malanimo9co buoneparole; & diffe a rKfobile,Come mi farebbe jpia
ciutOyChe la mala forte vi haucffe codotto a termine, che per effequire le comijfio«
ni bauute dal Signor no tiro,alia effecutione delle quali non poffo mancare, p I'vf
fictOycJ/io tengogmi foffe flato blfogno farui dar morte,coftfon molto contento,cbe
vi flate ritrouato fieri di cofi gran pericolo. Guardateui d'incorrere in cofi fatti
fcadali; Il Giouane diffe allbora, mi porterò di modo Meffere , che non mi ci cor-
rete, Ma come vi regratio del buon ricordo,che nil date, cofi vi prego anch ioybe '
no vi vfate a fare fimili oltraggi a pari miei,fenga cagione,p parole di mcretri-
'll ciycbe oltre la ingiuria,che fate adaltrui,tanto ci và delianttorità voflra, chc,fe
cio venijfe alle oreccliie del Signore,non vi rimarrefle appreffo lu i, nclla riputet-
tionc che flte. Non vedete,voi,che le fimili a Camilla non curano nè Iddlo , nc gli '
huomini, & figodono tutta via delle beffe,cb'elle fanno: non pure a noigiouani,
che dipicciola leuatura fiamo, ma a fimili a voi? parendo loro di efferc tenute da
molto,quando vi lafeiano fcherniti. Et lafáando il Todeflà tutto picn di vergogno
fo roffore,dcl quale non pub aueriir cofi piu disdleeuole ad huomo veccbio,fenan*
dò,Iodando tra fe rrfillc volte, & piu, il cortefe vfficio della Gentildonna , i t gli
parttCych''ella,colla fua honeila cortefia, vie maggior guiderdone datogli haucffe f •m
delfamor fuo,chcfe con dlshonefla lafeiuia haucffe contentato il fuo folle appetito*r\
onde la honoro fempre,& ibebbe in molto pregio Ma il Todeílà, tutto pieno di
rabbia,crcdendoft anco da Camilla fchcrnito,fotto colorata cagione,fcnga guarda
regiufto,cd ingiuflo, la mandb a pigliare per gli fergenti: & giunta cb'clla fua
palagggo, moflrando volerla gafligarc ,per la ingiuria fatta ad vna vicina ,fcnga
volcrla pur vederc, non che vdire : lafe dare nelle mani al Manigoldo,et coman
do che foffe condotta ncl publico :& algatile i panni fu il capoje fe dare cinquan-
ta sfergate delle buone. La qual cofafu tanto cara alia Moglie del Todeflà,quan
to ultra cofi,che le foffe potuta auenire Et aqueflo rnodo,fchifè i pericoli Nobile
& fe nc rimafe Meffcr lo Todeflà colle bcffe,& la fua Moglie contenta, et la mol
uagh meretrice vituperata,& concia come merit aua la fua mala vita .
Bi cc
D E C A T E R Z A. *4 ?

B I C E A M A P A N F I L O , E T SI G O D E C O N L V I , I L Q V A-
Jeperalçuni giorni fi allontanadalei,eliain quel tépo fígiacecon vn G udice delia Cic--
ta; Ricorna Panfiioalla fproueduta, mentre ella è co! Gtudice: onde , temendo di non
effere colca con lui, íí chel'amante vccida l’vno , & l’altro, fa eticrare it Giudice in vn co­
fano, nel quale per cafo foprauenuto, è poreaco a Palazzo, &confcgnato alia moglte, SC
ella ritrouatolo, gíi ritnprouera la rotta fede , & poícia con lui íi tappacifíca.

N O V E L L A III.

t E N T í^E Sempronio U fua nouella raccontaua temettero rnol-


to le Donne , che la b ile al fine a mal fine non capitaffe : veg-
'Ajl gendo, cheilTodeftà vna y & due volte hauea cercatodi cor­
1§§[ io con fimal\inimo. Etjpeffo tacitamente baueano tree fe detto
male a Camillas cl) a tal pericolo I'baucffe condotto. Ma tutte ,
con chiara voce , diedero infinite lode alia Gcntildonna3 che cofi cortefemente ha-
ueffe liberato'Nobile da mortal-pericolo. Rifero nondimeno tutte vgualmcntc
della fiiga data al Todeílà , come meritata la fi haueffe. T o i , che non hauen-
do egli riguardo alíetà, nè alia dignitâ, nella quale era , con tanta ingiu-
ria di fita Mogliera , Giouane , & honefta >fi haueffe lafiiato condurre dal folie
appetito ad vna publica Meretrice. Ma fopra ogni cofa fu alle Donne grata I'vi­
tima parte della nouella 3veggendo la reafemina haucre bauuto degno guiderdo­
ne della fua maluagitd. vifurono nondimeno tra Giouani di quelli, che dijfono,
che do fu contra giuHitia; Ma furono le Giouani Donne alia coloro opinione con­
trarie y dicendo, che afemine tally mai non fi da pena contra il deucre} venga el-
‘ la loro per qual fi voglia modo 3 tante fono le feeleragini, ch'elle a tuiti i tempi
commettono, degne di vie maggior pena , che non fit quclla3 ch'allhora kebbe Ca­
milla . St fi farebbe di ciò lungamente fauellato , fe Fabio non haueffe detto ad
Horatia y che feguiffe. La qual diffe , La narrata nouella mi hà ritornato a memo­
ria vn cafo y ch’auenne a Taleíüna , il quale 3per effere molto piaceuole v i nar-
rerò volentieri.
F V' N E L detto luogo vna Giouane Florentina, laquale come delle b elief
' ge dei corpo era molto ornata, cofi non bauea nell''animo punto di duregga. Ma
Hudiaua ella di vjare quefia fua piaceuolegga con gentiliffimi, & piacçuoliffimi
Giouani. Et fi haueua eletto piu toflo diguadagnar meno , e*r* effere con tali3che
trarre da altri molto vtile3 & dijfiacere a fe fleffa. Si accefe di cofiei fla qual
Bice hauea nome) vn Giouane , che Tanfilo fi chiamaua, vago , & gentile 3 &
degno di effere amato da qualunque gran donna. Era quefli coli'armi in mano fi
valorofoy chepochi erano coloro >ch'ardijfero di venire con lui a contefa. St co­
me era di tali qualità ornato, cofi farebbe flato abondeuole di beni della Fortuna,
fe fuo Tadre 3 per vno homicidio, non haueffe perduto ciò , egli haueua nel mon­
do . Ma non hauendogli tolto lapouertd il nobile animo, fofleneua quella ingiu-
ria3 che la Fortuna gli haueua fatta 3 con quella maggior riputatione 3 chegli
Tar. Trima T
i

I I /

D e G l i H e CATOMM i t HI
erdpofjibile. Innamoratof adunque eglidi Bice, quantunque f conofcefje po. ''
uero , non f perdcttedi animo , & conofciuta la natura di coHei: penfofli, che
fe colla borfa non potcua egli confeguire il fuo defiderio, lo poteffe almen confe-
I! guire colle doti, le quali gli hauea date la benignità della natura . Si diede adun•
que egli afalutar Bice , a follecitarla con ambafeiate, a viftarla con doni dipic.
dolo preggo 3 ma vaghi, & gentili 3fi diede afeguitarla , a templi, & allefe-
fie, & a gli altri luogbiy one ella ft diportaua. Entrò vngiorno , in fa vna fcjh
in ballo, con le i, & come tra le cofe, che auengono ne gli amori,non ve ne ha al- >
cuna pin atta a rifcaldargli animi, di quelle, che occonono ne balli, ejfendo inli
bend deltvna, & delTaltra parte il toccarfi la mano, lo Jl ringerIafi, & il ragio '
narc nella danga, come hoggidi veggiamo fare nolle feste de priuati Cittadini, tfr
in quelle delle piu honorate corti: hauendo il Giouane Bice per la mano, & flrin-
gendogliele dijje, Deh non vogliate Madonna , che per amarui mi muoia. M que-
Jle parole ridendo Bice , nacqui io , dijfe , di vnafiera, che voglia che, chi
mi ama ,fene muoia amando . Et nonfo onde voi vi babbiate questa opinione di
m e, la quale non die mat materia di coft dolerft a chi mi ha amata. Tflè mem
I' :s fonoper darla a vo i, pur che conofca cbe.veramente mi amiate, amf. perche non
v i moriatc, vi dono infno ad bora lamor mio . Bjngratiom infinitamente ,fog-
giunfe Tanfilo, & vi faro v edere digiorno ingiorno, che vi amo al pari degli
occhi miei. Finita la feita , accompagnò Tanfilo Bice infno a cafii, & fingendo
di volerft partire, le dijfe; Madonna , vi prego a conofcer la feruitu mia , & x
darle mercede, degna della cortefa voflra . La Giouane, iniiagbita della belief
9 %x, & delle cortef maniere dello amante, tutta ridente rifpofe , mi vergognerei
Tanfilo, che con nome di feruitu mi am aite. Ma accetto bene I'amor voftro,co­
me di mio Signore, al quale fono io Jempre per volenúeri feruire; Et perche veg- ^
giate, che hancte haunt a a torto opinione di me di crudele; voglio , che quefla fe­
ra ceniate con cffomeco . TSfon potcua venire alle orecchie del Giouane cofa , che il
egli baueffc put defiderata di quefta.Egli adunque accetto lo inuito,et ejfendo gix ' •
egni cofa appreflata ,fi mifero a tauola & ragionando bora di vna cofa , bora di . •;
vn ultra , finiam tutti i ragionamcnti del Giouane in parole, per le quali moflra-
ua di defiderar di vedere I'effetto della cortefix , che gli mofiraua Bice . Finita ,
la cena» & datifi a giuocare a tauole, tanto vi dimorarono, cl) era paffata vn x r ^~f
gran parte della notte . Et ecco , che in quell'hora cominciò cadere vna minutif
fima, & jfefl'a pioggia dal Cielo , ear venue cof turbido lacre, & ofeuro, cl) era
vna marauiglia»Onde pigliò argomento Tanfilo di dire , che per I'bora,che foffe
tarda , egli non ft rimarebbe di andare a cafa : Ma che il buio , accompagnato da
f°fi granpioggia ,glimetteua fpauento , & pcrciòla pregaua a degnare d'al­
bergado , per quella notte. Et per quefla, & per altre, riffofe Bice, [aretefem-
pre conmcco, che a voi Jarà a grado di efferei. Et voglio, quando a voi coft
piaccia, che in quefla fera ftano fra noi gittati i fondamenti di perpetuo, & de
fedele amore . Et chi non amerebbe quefla bellegza, & quefla cortcfla ? riff of
Tanfilo; & cof dicendo gittatole vn braccio al colio le diede vnmolto affettuof
bacio»
D ECA TeRZA.' “ 1 14 ^
fozcio. Dicendo, & çofi vaglio chc fia , come yoi detto hauete3 vita mia dolce.
Etcon quefla amoreuoleggga (pogliatift: & andatift a letto 3prefero infieme in­
credibile piacere. St da indi innangi I'bebbe fempre Bice per carifjimo amante ,
& nonfolo die ella liccnga a tutti gli altri : ma ciò , che da tutti baueua tratto ,
cominciò a (pendere largamente in feruigio di Tanfüo . St (pendendo ella molto ,
& haitendo da Tanfilo , o nulla 3o poco, cominciarono a mancare i danari: St ac-
cortafi ella dell'erorrc , & non volendo per ciò lafciarc il Giouane 3 vide che al
mantenimento ctarnhiducfiJera bifogno d'altro 3che della gratia, & della b elief
ga delíamante. St pofto, ch''altri vi [offero 3 &giouani, & vagbi, che la folle-
citaffero, ella nondimeno no ne voleaproporre alcuno a Tanfilo,nè anebe pigliar-
lofi con lui compagno in amore , Sí perche ella molto 1'amaua 3 Si anco3perche c-
gli fi era fattoinguifa fignor di lei 3che le haueua detto piü volte , che fe mai la
ritrouaffe con altri 3gli taglierebbe ambi due a peggi fenga vn riguardo al mon­
I do . Stfappiendo , ch'egli era per natura valente 3 & f e r o , quando montaua in
i ira, molto temeua, che cofi nonfaceffe, come detto le haueua. Sraft innamora-
to di cofiei vn Giudice delia Città3 huomo attempato , ma ricco : il quale , quan-
tunque haueffe moglie3 era talmente inuaghito di queft\altra3cbe quaft ne impage
gaua . Stgià fegretamente con alquanti doni ihaueua follccitataf quali erano di
non picciolo valore. St richicdendola pure di efferefeco3 diceua ella di non pote-
re, per lagran tema, cbauea di Tanfilo 3 il quale, tantoflo3 chc il fapefje, ivcci-
derebbe3Ma saueniffe, per auentura 3 ch'egli ft andaffe fuori 3 che non gli fircb -
be fcarfa della fua perfona . St con queflo trattenendo Meffere lo Giudice3& pa-
fcendolo di vento,fi pigliaua ella non dimeno (peffo da lui altro , che ciancie. Fit
bifogno in queflo tempo a Tanfilo di andare a Napoli, oue diffe di hauere a flare
!per due, o tre meft. Ma prima che fi partiffe, prego Bice a mantenerlo nella gra­
tia fua , & infimo alfuo ritorno3feruargli fede; accioche, altrimente facendo,non
gli deffe materia di far cofa3 ch'egli mal volentieri farcbbe. St hauendo ella, &
*► proweffo , & giurato di coft fare, Il Giouanefe nando : ma 3non fi toflo fu cgli
fttor di Taleflina3che furono mille Giouani alia coda a coflci,& il Giudice altrefi
non manco a fe medefimo. Feggendo , per la partita di Tanfilo, leuata la fcufa3
colla quale gli fi era inftno allhora Bice vietata. Hora , non volendo ella darfi a
tr :■ • giouane alcuno 3fippiendo 3 che la giouentü non tace : fi difpofe a far goder d i lei
queflo buon Giudice 3 amando vie piü la fua borfa , chc femprepiena di danari le
portaua3 che lu i . Oltrc , ch'ella era ftcura3 che hauendo egli moglie, effendo
dell'eta3cb'era, & per la dignità dell'vfficio 3 che tenea, verrebbe a lei tanto fe-
greto, chcfolo egli, & ella lo faprebbe. Stete Tanfilo per lo ffiatio di due meft in
Napoli, & per tutto queflo tempo,quando n haueua il commodo, Meffere lo Giu-
dice,dando ad intendere alia Moglie , bifognargli andar fuori della terra,per oc~
correnge dell'vfficio, figodete Bice. Tanfilo3 cbefapeua , che tanto amano que-
M flt femine gli huomini, quanto ejfifonloro innangi: St ch'cffc, ne loro amori , fo-
no vie piü,che le frondi, mutabili: fi flaua in Tsfapoli con molta gelofia , & ha-
ttea fempre la mente aliafua amata. Ter la qual cofa, tocco da acuti(fimi ftimò-
T ,
D E Ç li H e C ATQMMITHI I
l i , alia(proueduta a Bice fe ne vcnnc. Et cntrato ndla contrada , con vnfifihio
feconáo il fuo cottume, die fegno a Bice,cbe gli apriffc, Era, per attentura, queb
lamattinail Giudice con le i: & tojlo cbe fenti l\Amantc ndla flrada , tuttafi
fmarrl; il cbe vcggcndo il Giudice, chccofa hai diffe,cbe coft ifucnuta ti fei ? Mef•
fere, rifpofe dia , ê venuto Tanfilo , & è quegli,di cui fentito habbiamo il fifibio
& fe ci ritroua infirme, rivccidcrà entrambi, tanto c cgli feroce, & tanto afie-
gno ji baurà di ritrouarrni con v o i. Et cbe non lofcacci tu da te f rifpofe il Cindi-
ce, & nol mandi alia malbora ? non fei tu Donna di te ? 7S(onfono, diffe cila,cbe
fua mi fon fatta : & quando anco cofi nonfoffc, nol farei, cbefonficura,che qual-
hora mi ritrouaffe mi vccidcrebbe; & perciò bifogna , Meffcre, cbe fi proueda, '
cb'egli quinon vi ritroui, cbe ritrouandouici, flamo ambidue morti. Et temo
molto, cbe qualebe cofa fentita non ne babbia , poi cbe cofi (frouedutamente, egli
è venuto . Mentre cbe cofi dicea Bice, ecco cbe Tanfilo impetuoflmcnte piccbia
la porta , & dice , con alta voce , cbe tardi ad aprire ? vuoi tu cb'io getti 1'vfcio
a terra ? Bice, tutta tremante, procuro, cbe il Giudice fi nafcondcffc , & egli,
già imp aurito , nonfapiendo, cbe fiarfi; oue vuoi tu , diffe, cb'io mi nafionda ? ef-
fendo quefla tua cafa tanto picciola,cheJoio vngiro d'occhio la fcuopre tutta.Men
tre erano ambi due in timore , piccbiò di nuouo Tanfilo : onde, accrefcendofi al-
1'vno, & all'altro lapaura : Bice afeofe Meffere lo Giudice con tutti i fuoi panni
in vn cofano, d) cila haueua in cafa , cb'era di vn fuo vicino , cla im i'bauea mcfjo
in ficuro : temendo , cbe i miniílri dei Giudice non glide leuafj'ero , per vna fin-
tenra data contra lu i, & mcffouclo, lo vi chiauo dentro, accioche ,fe forfe Tan-
filo vi poneffe mano, non lo apriffe , & vi ritrouaffe dentro , il Mefj'ere nafeofo.
Cio fatto, andò ella in camifcia ad aprire a Tanfilo . €t egli crucciofo le diffe cbe
ha voluto dir tanta dimora ? Slla , prontijjima alia rifpofta, non mi raccordaua >■V. s i
dijfe , oue bierfera hauejfi mefja la chiaue della porta , & bopenato tanto a ri- *>f;
trouarla , cbe vi bo quaft fatto adirarc , Signor mio; & con queflo , baciatolo,
& gittategli le braccia al collo, vi fa te , diffe, il ben venuto . Vi giuro cbepoco
hauca , quando mandafle il primo fifcblo, cbe mifognaua, cbe venuto erauate:
& rendo moltegratie a Iddio , che il fogno non èflato fogno , ma viflone. M. que-
fle cofl calde caregge acquetatofl il Giouane, & gittato I'occhio al cofano; diffe,
cbe cofa è quefla cofl grande, cbe qm hai ? non ce la baueui già tu quando quindi • :
io mi parti. Ce iba meffo , diffe ella , il noflro vicino, perche teme, cbe la ragio-
tie nonglide leui. Deb J.ammi, diffe Tanfilo la cbiaue, cbe voglio , cbe veggie
mo , che robbe vifon dentro. Lafcio ndgiudicio voflroil confiderare qual foffe
Ianimo del Giudice, quando vdi Tanfilo cofl dire , io mi credo , cb'egli fl teneffe
del tutto morto . Ma Bicc, fatto buon vifo, & che credete v o i, dijfe , ch’io ha-
Rife
uejfi tolta la cbiaue?Gnaffc,non ci)aurú fatio , per quanto iofon cara a me medeft
tna, cbe non baurei voluto, cbe pojcia baucjfe pigliata il vicino occaflone di dire,
cb'io gli baueffl imbolata qualcbe cofi,& mi bauejje data briga,io non iho volu- '^^t**^*
ta prendere anebora cb'egli dare la mi babbia voluto. Bene facefli, diffe Tanfilo^ ^
€t ridendo egli, pofeia fe nando difopra colla fua Bice, La fortuna, nonfatia an- ' ’
chora
D e CA T ê RZA. 147
chora delgluoco, che ft hauea pigliato di quefio infelice Giudice gli apparecch'.o
vis piuflrana ventura. Hauea Mcffer lo Giudice, ilgiorno auanti,commeffa con­
tra il vicino, cbe la caffa haueua in cafa di Bice , teffecutionc della fsntenga , già
data da lui . Ter laqual cofd effendo andati gli effecuton a cafa fua,& non v i ha
uendo ritrouatacofa alcana, però ch'cgli hauea gid votat a la cafa , & difrenfita
la roba in vari luoghiffe ne ritornauano indietro tutti mal contenti,quando incon-
tratijji nel creditore,egli dijfe loro;& cbe vuol dir che ve ne venite fenga pegnot
Non babbiamo, rifpofero ejji, ritrouato in cafa altro , cbe le mura , del che tuito
triflo fe ne rimafe il creditore, & ancb'egli fe ncpartiua. Ma vna maluagia vec-
chiadella vicinanda, che male volea al debitore, & hauea veduto porre il cofa­
no in cafa di Bice,diffe; & che volete voi darm i, huom da bene,i 10 vi moflro, 0-
ue coflui babbia fatto portare parte della roba f* quel, che fta honeflo , rifpofe il
creditore; & ella, datime duegiuli, che lo v i moflrerò; & cgli, meffa mano al­
ia fcarfella, glide diede. Et ella, ha meffo, diffe , qui in cafa di Bice vn cofano
molto grande, nel quale mi iftim oio, cbe v i fia di moita roba, & è egli giufo nel
lo cntrare in cafa. I miniflri ciò intefo per non ejfere andati indar no >ritrouato
Í vfcio aperto, fu il quale era gid Tanfilo , cbe toltoft dalle braccia di Bice ft vo­
le ua vfcire di cafa , gli differo; Huom da bene, babbiamo commifjione da Meffe-
re lo Giudice, di pigliare queflo cofano, giudicato in pagamento a qneflo buomo,
& moflrarongli il creditore,& di portario a Talaggp però farete contento di la-
fciarloci pigliare. Il Giouane, che gid hauea intefo da Bice , come la cofa Haua
pigliatocelo, difjeloro; Ma ella, che ben fapeua,che iui era dentro, fcefa la fcala,
comincio loro ad opporfi, & dire, cb'ella non volea,che le robbe, cb'erano in ca­
fa fua, ft leuaffero: & che non credeua, cbe cofi baueffe commeff5il Giudice. Et
che prima, che il cofano moueffcro, voleua mandare ad intendere fe do era di fua
intentione, & gid v i ft era poíia a feder fopra, pernol lafciar portar via : T e r-
che vedeua,cbe fe il cofano andaua apalaggo ft farebbe fcoperto quello,che fareb
be flato perpetua infamia al Giudice, & a lei pericolo di m orte. M eff r lo Giu­
dice , che il tutto intendem, pregaua tacitamente Iddio, che tanto operaffe Bi­
ce, che via fe riandaffero coloro, che della fua fentenga erano effccutori. Ma ne­
gando Bice di dargliele, e*r inflando effi di hauerlo: Tanfilo , con Bice me go
adirato; a che,diffe, far correre a romore i vicini t lafeia, che la ragione babbia
ilfuo luogo . Et voltatofi verfo i fergenti; pigliateloui, diffe, & portatelo, oue
hauete commifjione di portario . lo non fo fe fta qui alcuno tra gli huom ini, cut
deffeil cuore di poter d ire , qualfofje in quel punto I'ammo del Giudice, il quale
era quindi punto dalla vergogna, che gli ft apparecchiaua,fe a T alaggo era por­
tato, oue foffe publicamente fcoperto. Et quindi dal timore della m orte,tenendofi
certo, che toflo, che Tanfilo ciò fiipeffe, lo deuejje vccidere. Ma qual v i ere-
dete v o i , Donne, chefoffe il cuor di Bice f veggendo, che potea ficuramente di­
re,che il fuo fallo aTanfilo foffe fcoperto : & che fubito, ch'egli faputo I'haueffe,
foffe per ejfere vccifa; credete certo, che le parea di hauere il coltello fu il collo,
Cr haurebbe voluto kauerfali ,perpoterfene andare a volo in lontaniffima par
.
Tar Trima T 3
D e G li H e c a t o m Mi t h i (
te . Ora cffendo , & quegli, & quefla, come io fimo.,in grandi
niflri pofono il cofano injpalla a quattro faccbini: & fcntendoh motto pefantcf
fi penfarono , cbe vi foffe dentro robba di molto preggo^ & <on quefla (feranxi
loportarono a Talaggo : & affiettauano, cbe vcniffe Giudice al Tribunals,
per fapere cio, ctiegli volea, chc ftfaceffe, a Jodisfattione ,& d&fcrgenti, & del
creditore. Ma non comparendo il Giudice , paffata cbe fü Chora della rapone,
volata il creditore,chc la caffa ft apriffe , e'Tfi faceffe per mano del Tfptaio dei
banco, lo inuentano dclle robbe , d i egli crcdeua , cbe vi fofjcro dentro . Il cbe
vdendo Meffcr lo Giudice, era tocco da cofi crudele affanno,cbe non fo io ifiiman
come egli non ftmoriffe diambafcia . Ma, nel voler lo aprirc ,f t r aceordarono,
cbe non haueua.no batuita la chiaue. Onde andareno a Bice,per bauerla,nia ritro-
uarono3c!fella fc nera andata con Tanfilo in contado. Ciò intefo il Cr editore,vol
le chc il cofano , per piu ftcuregga dclle robbe, foffe meffo nella camera del Giudi
ce, & confegnato afua Mogliera. La quale iacceto volenticri, & dimandando
il Creditore, cbe foffe del Giudice, cbe non era comparJÒ; diffe ella , chc egli era
ito fuori della terra fopra alcitne difference. Tollo il cofano nella camera,la Don.
na cbiufe diligentemente tuttigli vfei, & in vnaltra camera fe nandò a deftnarc:
& definato 3 cb'ella bebbe, andò.ad alcune monache ,fra le quali era vna fua fo-
rclla, & iuifijlctteinfinoafera. ,Meffere lo Giudice, flando rinchiufo nonla-
feiò cofa a fare per vederc, fc per fua felice forte $pote na aprire la ferratura: &
quando,colleffallc tentaua di leuare il copcrcbio, quando co piedi, & colle mani
fpingeua in quefla, &- in quelialtra fponda , cercando fc gli potea venir faito di
aprirlo in qualebe parte, & edare alia Moglie quanto era accaduto. Terche vfei
tone, & bauendo la chiaue con fcco della Jtar.ga ,fe ne farebbe andato fuori, &
baurcbbc finto efferfiritornato nella terra. Maeon quanto feppeegli fare, non i É
»4
gli poti venir fatto ciò , ch'cgli defideraua . Onde fi ftette ad attendere , chc h
Mogliera ji vcniffe a letto, però cb'ella in quella camera dormiua : €t benebeft
penfaffe di douerne hauere vngran romore, pure refe gratia a Iddio , cbe doppo
tanti pericoli di rimanerft affatto vituperato ,f; baueffe a palefar e folo alia Mo-
gliere, confidandofi,che deueffe effere tanta la fua prudenga,cb'ella fola fel faprtb
be. Ritornata la Donna dalle Monache, effendo giti fatto fcra: mife a cena; & po-
fcia,indi a poco, feriando fola nella camera, one era il cofano , per andarfene al
letto.Ma come ella fu nella fianga , & fifu tratta la camifcia per entrarfene nel
letto fit tccca da vn firnitnl dcftdcrio di veder ciò,chc in quclla caffa era; & pi-
gliando delle fue cbiaui bor quefla, bor quella, nè ritrouò finalmente vna ,fra le t
altre,cbe apcrfeil cofano. Erafi, vinto dal dolore, da!lafatica,& dal lungo fafli
dio,addormentato il Giudice nella caffa :& alialgar e chc fece il copcrcbio la Don
na, egli fi rifenti , & fi moffe impetuofimente, Onde la Donna fu fopraprefa da I
tanta , & cofigran paura , ebe la mifera ifuenne ,fengapur poter mandar fuori
picciola voce : & come morta in terra cadde.Veduta il Giudice in quella guifa la
Mogliera,vfcito dei cofano, fi riucfli & laprefe in braccio , & ritrouatala fenga
mouimento alcuno, & quafi gelata , la tenne morta, <& comináò a dolerfi rfire*
mamente:
/

P ;fi-t'A 1 ’ » 4S
h°r quctta parte,bor quella,gli venncraeffa la
ma.no at cuore:&fentendo puriuialquanto dipolfo, tanto la fcoffe, & tanto la.
firoppiccib, cbe riccbiampjnfieme colt animagli fpiriti al loro vfficio . pitorna-
tala Donna in f e ,& vêÜutafi nclle braccia al Manto , conobbe fubito , ch'cgli
qucgli era , ebe nel cofano ft ana rinchiufo . Et alquanto ft ataft tra paura & ma-
rauiglia, raccordojji, cbe vna vicina detto Ic bauea , ch'cgli a Bice fe nandaua :
& benebe prima crcdernon I'bauefte voluto, bauendo bora intefoda fergcnti,che
il cofano era flato leuato di cafa di colei, tenne certo, cbe cofi fojfe , come la vi­
cina le dijfe. Et voltataft a lui, gli difte , Qual cofa, Mcffere, vi ba fatto entra-
r e , mifera me, qui entro ? E' egli flata Bice ? cbe vi ba finalmente condotto a tan
to vitupério, cbefe fi faprd ciò , cbe auenuto vi è , ficte per rimancrui il pin v i­
tuperato buomo, cbe mai nafeeffe. Voi, vecchio, feientiato,Giudice, & con mo-
gliere,vi bauctc lafeiato condurre a tal termine ad vna meretrice? Deb fojfe ptac
cinto al Cielo, cbe io, come ail'aprire del cofano tramortita rimafi, cofi mifoffi ri
mafa deltutto morta, acciocbe non baucfji veduto non dirò quanto poco mi amate
rna quefta vofira infinita vergogna, la quale vie pin mi duole, cbe doluta non mi
firebbe la morte. Mcftcr lo Ciudice, conofcendofi bancre il torto, afcoltbpatien
temente ciò, cbe la moglie gli diffe. Et ccrcò con vna fita fauola fare credere,
cbe non amore,ch’cgli portaffe a Bice, ma [proneditto accidente Ebauea fatto an-
dare in quclla cafi,& finalmcnte entrare in quel cofano, per filuarfi la vita. Ma
anebora, cb'egli la fua fauola haueffc bene ordinata, & con lei portaffe apparen-
7 a di verita, non le credete punto la Donna. Et gli diftefPotreftc ben voi fa r do
tredcre a fanciulli, ma a me nol daretegiamai ad intendere. Credete v o i, cb'io
non mi fin pin volte aueduta, che vfeito vi fete di cafa,colla borfapiena di danari
cbe con efj'a vuota,ve ne fete tomato a cafa ? & fe bene mi diccnate di hauerne
gagati debiti, credete voi, cb'io non v egga bora, cbe il creditor vojlro era la Me
rctriee,cbe vifcorticaua infinfid vino Ma per che, con quanti oltraggi mi fiipc-
te fare, non pofto io fare, cbe non vi am i: voglio, cbe la bontd mia vinca la vo­
fira poca fedc. Verb lafiiando di teffermi fauole, cbe anco gli fcioccbi non le ere
derebbero, difponetcui, vi prego, ad effere, per lo innangi,altr buomo, cbe per a-
dietro nonfete flato; Cbefe nol fate,oue bora io vi rimetto ciò cbe auenuto è, &
ringratio Iddio cbe per fua bontd, vino , & libero da infamia mi vi ba ferbato .*
vi gittro alia croce d'Iddio, cbefe altra volta mi lafciercte per altra Donna pale-
faro le voftre cattiuità ad ognuno, & me nandrb a cafa de m iei: amando pin to­
ft 0 di viuermifola,che flarmi in quefte angofie con voi.Meffere loGiudice molto
ft contentb di veder tanta bontd nella Mogliere, & flringendolafi al /eno; voglio
difte,Moglic mia, cbe m mi creda tanto ejfer vero quanto io ti bo detto. Et cbe,
lafciate le qucrelc,viui.tmo queslo tempo, cbe ci atttnga, concordemente infteme;
& ti prometto, & mantcncrolloti, di efferti fempre cofi fedele, et amorcuole, che
non haurai cagionc di doler i li mr;no voglio,difte ella Marito mio,che mai qrtel-
lo che a voi piace,a me dfp. iccia,fs* tu to quello credere vi'voglio, cbe a voi p it
ce,cb'io vi creda;viprcgo bene ad pfiermi talc, quale bor mipro/nettete , the to-
/ / /
/

’ : D e G li H e c a t o m m t 't h i (
ft facendo,ci god'eremo, qtiellapace3cketra marito3 & móglic ha flatuita Iddio.
Et coft3rappacificatifi inftcme ,Je ne andarono di commune concordia a letto3&
con amoreuoli abbracciamenti concbiufero la pace . Tofcia , leuatifi la mattim
per tempo 3acciocbe il cofano hauejfe il fuopcfo , & non foffc il ritrouarlo leg-
giero3 cagion di romore : ritrouandofi cjfere vno facco di rena nclla enema, per
cagione di forbire ilpeltro 3& far belle L'altre flouiglieja mefj'ono net cofano,
la Moglie lo rincbiufe colla cbiaueycolla quale aperto l’batieua:& Meffere lo Gift w.
dice3vfcitofl tacitamente di camera, prima cbe altri della famiglia ft leuaffe3fee•
fe lefcale3& picchiò la porta fingendo di venire di fuori. V enuta Ibora della ra~
gione ft ridujfe egli a banco3& il creditore fe portare il cofano auanti al Giudice,
C*r chiamato vno magnanofil fece aprire3& credendo di ritrouarui dentro di mol
ta robba3vi ritrouò la rena3cbe in vece del Giudice vi era flata pofta , ondefe ne
rimafe dolente : purefè vendere il cofano3& ne prefe quel piü3cbe potè. TSf mai
ft feppe queflo cafo fe non doppo la morte del Giudice: St perche Bice nonfu ar-
dita mai di parlarne3temendo di Tanfilo : Si perche la Moglie flimaua piu t ho­
nor del MaritOyCbe la propria vita. T o t , volendo la buona Donna confolare3cal
fito e([empio3vna Tarente3che ft ramaricaua3che il fuo marito ad altre Donne at-
tendejfe3le narro quefla floria 3 confortandola a non ft arrecare ingiuria coft fatte
cofe; & da coflet pofcia ft fparfepertutta la terra3tal qual io la vi ho narrata.

A D O R N O P R E N D E C A L O N I A P E R M O G L I E , E L L A SI
di ad amare vn’a'tro, viene do a notitia al Marito, & eflb in vece dell’amance cou lei Si
giaccj&gaftiga it la moglie, ch’eila pofcia honeftiisima viue.
N O V E L L A 1I I I .
T T E N M. ft potrebbe dire in quante guife la nouella di Horatia
toccajje i cuori delle Donne3percbe hora fi erano dati alie rifa3per
gli accidenti auenuti al Giudice; bora n'baueano bauuta compaf-
} i
fione, veggendolo , in tanti modi ,fatto giuoco della Fortunatu
coft picciolo Jpatio di tempo • Ma rnolto temettero 3 ebauendolo
ritrouato in talguifa la Moglie, ella non nefacejfe tanto romore, cbe non pure U
cafa 3 ma tutta la vicinanga correffe aüegrida ^& palefajfe ella quello , chela
Sorte 3 con ognifludio3sera ingegnata di celare. Et pofcia, cbe videro tanta ef­
fere flata laprudenga della Donna , cbe patientemente p affando la ingiura rice-
uuta , era rtrnafa col Marito inpacet nonflpoteano veder fatie di lodarla; g*r dif-
fono di concordia , cbe coft deurebbero far tutte le faggie3per donando a lor mari­
ti quello3per lo quale non pojfono venir con loro ffenga gran romore, & con niu-
noguadagno, a tengpne. Finito il parlar di cio dijfe Liuia , cbaueua il carico di
ragionare; Io potrei molto acconciamente fauellando feguire I'ordine, che infino
ad bora ft ê offeruato intorno alia poca fede di alcuni mariti. Ma perche non vo-
glio cbe ft giudicbiy cbe io non crcda 3 cbe come ft ritrouano delle moglt verfo i lor
mariti cortefi» coft non venganoanco da mariti verfo le lor dome cortefie fie
qualipaiono quafi ineredibile ad vdirle; Io intendo di moftraruit che la fededi vn
marito
M
J i D e c a T e r 2 a. ; »4 9
marito apportò tal compenfo al difordinato appetito della fua Donna, ch'ella non
folo non commife I'adulteriori quale ft era appareccbiataxma viffe tutto il tempo
della fua vita cafiifjimamente.
D O RN 0 fu in I\agbugia cittadino n o b ilif f im o cortefe ,&• gentil mol-
to:& tanto per lefite virtu da ognmo amato 3 Quanto mai foffe buomo alcuno di
queila terra.2t perche egli era bellijjimo del corpo ,& di lodeuoli mxniere orna­
to }non era donna in queila citta3che volentieri non I'haueffe hauutoy piu cCognal-
tro3permarito.St3trafuoi cittadim3molti vifurono,chele figliuole loro gli volla­
no dare con amplijjima dote : Ma egliyche amaua la liberta, non ft voleita ad a l -
cuna per matrimonio congiungcre. Varendogliychey il fottomettere il collo a ftmil
giogOyfoffe cofada fe coft graueyet pericolofayper qucllo3chc alia giornata auenir
ft vedeyche vi foffe dapcnfarui fopra molto y prima che I’huomo, nè da belie7g a %
nè da riccbegga ft lafciaffeindurrc a cio. Ma i parentiy & gli amici tanto lo fti-
moluronoyctiegli al fine ft lafcib conftgliare a prendere moglie : & yfra le moltcy
ne elejje vnaydella quale era egli ftato per alcun nempo innamorato. La quale,
quantunque nonfoffe per antico parentado nobile y come egli era y era nondimeno
koneSlamentc nata , & non meno bella fra le dom e , chefoffe il Giouane fra gli
huomini.La qual bellcgrga era cagione, che molti di lei s infiammaffero oltre mo-
do. Et ve n erano moltift quali haueano grande inuidta ad ^Adornoyche foffe ve-
mto di tanta belleipgapoffeditore. Qttefti il quale hauea la Moglieyche Caloni a
haueua nome y tanto cara y quanto ella era bella >non perdonaua a cofa alcuna,
ch'egli penfaffe3che le doueffe effere cara. L'era egli largo de piaceri3de fola%gjx
& fopra ogn ultra la mandaua pompofamente veftita, dilettandoft di accrefcere
la natural bellcgga della Donnaycolla leggiadria dell’habito.La qual cofa era cat
gione3cb*egli digiorno ingiornopiu di lei fe innamoraffe.Mx la Donnaynutrita ne
i <glioti]3& nelpiacere,oue deueayper lacortefta di Aldorno rifpondergli in amore
fi mife ad amare vnaltro Giouane 3 chefoleua conuerfare affai famtgliarmente in
cafa del Maritoy & pofciafe riera rimafio, per alcune parole nate fra lui3 & ^i-
dornofil qual Giouane non era però nèpiü nobile3nèpiu riccotnèpiu bello di ^idor
no:Et tanto oltre ella ft lafciò/pingere a gli flimoli della carne3 che fi pensò di non
poter viuere3fe non godeua di coHui. La onde3poilo da parte il rifpetto delfuo
honore,& I’honore del Marito altresi3cominciòfeco a penfare , come ella poteffe
trouar via,per la qualefoccedeffe I'effetto del fuo deftderio:&parendole che vna
fua Balia deueff'e effere atta a condurre a fine queílo fuo amoretglie le pale so3 &
la pregò, che sella non la volea veder morta3non lenegaffe il fuo foccorfo La Ba­
ba* che Donna honefla era, & alia quale pareua, che I''amore, & la cortefia di
.Adorno non meritajfe3cbela Moglie gli faceffeingiuriaje diffe; Figliuola mia,
I’honore è la prima cofa c babbitt la Donna in queflo mondo, & è egli di tan ta im
t. portan%a3cbe non merita dieffere detta donna colei, che fi lafcia priuare : & co-
me,che il conferuarlo appertengaad ogni donna , appertiene egli marauigliofx-
mente alle dome maritate : & per rifpetto di lormedeftme3& per I'bonor del ina-
vfite , & perglifigliuoli, che ne nafcono , il rifpetto de quali figliuoli > non deue
: -V' * effer
D e G li Hec a to m m ith i
effer rvltimo,cbe fi confidat; Terche è pur troppo fconcia cofa, & troppo biaft-
tneuole, cbe infino ch'e(fi viuano , poffa effere loro rinfacciato fu gli occhi, chedi
dlsbonefla donna feno nati, cbe alie figliuolc pafji talmentc la infamia dellx
vt.tdre, cbe non fi ritroni cbi per moglie le voglia , per timore,cbe alia madre non
diucngi.no fimili. .Aigiungcfi a questo, chefe donna maritata d'altr'lmomo sin-
graúda,come pub di Icggicro auenire,partorifcegli altrui figliuoli in cafx del ma
rito, & toglie a legitimi il patrimonio , facendone partecipi i non legittimi. la
qual cofa tanto grane è , cbe appena io mi credo , cb'lddio , quantunque pietofo,
perdoni mai firmi peccato a donna,cbe lo commetta.Si cbe per fhonor tuo,figliuo-
la mia , per qncllo del tuo Merito,per qucllo de Figliuoli, <& dclle Figliuolc tue,
vlúmamente per timore d!ddio:&,pcr falute deli''anima tua , voglio , cbe tu
lafd quefli folli,ér dtsbonejli penferi,& ch'effendotu nata di bonefla , & pudi­
ca Madre, tu ti preponga la fita boneflà per duce , & volgi il tuo animo a tuo
Marito, il quale è vno de belligiouani, chabbia il mondo, non cbe pigbugia,&
ilqual tanto ti ama,che ti ha per la meta dell''anima fua.Calonia,cbe fi era data in
preda all'appetito,fè quelle,cbe fogliono fare gli animi opprejf da non ragioneuo-
le pafjion dMraore-.Terb chc fenga dare oreccbio a buoni configit della Balia , le
rijpofe; cb'a le i, cbe vecchia era, potea parer cofa ageuole iopporf a gli flimoli
dfAmore,oeroche gli anni le baueano cofi raffredatigli fpiriti, cb’ella Je riera di-
uenutagelo : Ma,cbc fe foffe giouane, come dia era,vedrcbbc and)dla,che forxx
habbiaface amorofa in cor giouanilc; & diffele,tb'ella bauea piu volte defidera-
ta di effere,come ella veccbia,per non effere incorfa in cofi fatto penfiero.St cbe el
la bauea tutte le cofe, cb’ella bauea dette,molto ben conf derate,& percio fi era
oppofla alio impeto amorafa,quanto piu ella bauea poffuto,non vna volta,ma mol
tc,pcr reflarne vincitrice : ma, chc quanto piu ella s'era prouata a voler (pegnere
tal fuoco,tanto f era egli di giorno ,in giorno fatto piugagliardo, & piu ardente,
onde era coHrctta a rim'anerfe vinta;Et,cbe aueniffe di queflo fuo amore cio, cbe
auenire ne poteffc,ella eraferma di volcrfene compiacerepin toflo,cbe morirfene
incenerita dalle fiamme,cbe la coceano nel fiore della fua eta. Ma, che era bene
flata tanto gelofa dell'honor fuo, & di quello del Marito, cbe non haueua voluto
communicare quefla fua grane,& quafi mortal paffione,con altri,che con lei, ac­
cio che altri, chc ella,& il Giouane, con cui fi giacejfe non ne baueffe a faper cofa
alcuna . Mllbora la Balia le diffe, cb’ella male ifiimaua, perche poflo cb'ognuno
taceffe, non tacerebbe colui, che fi pigliaffe placer di lei. Ter che pare a Giouani
di non baiter goduto compiutamente di vna donna, fe non ne parlano co loro com-
pagni: & , paffando la cofa di voce, in voce ,fj>cffo ne viene in notitia il Mari­
to, i l q u a le non p o ffe n d o p o fe ia to le r a r e la v e r g o g n a , s ’in fa n g u in a le m a n i n e lla
t n o g ile r a ,p e r le u a r c in q u e lla g u ifa la m a c c ln a ,c h ’e lla h a u e tta im p r e ffa nellh o n o ­
r e c e lla f * a d i s h o n e f l à . F t ,c b e v o le n d o e lia f u g g ir c i l m o r ir fi g io u a n e , non v o ­
l e f lu , p e r t a l f a l l o , m c t t e r c il c o lte llo in m a n o a l M a r i t o , cb e I’v c c i d c f f c . C a lo n ia
d ‘bluer ata d i f a t i a r la fu a . v o g l i a , le d iffe , c b e , q u a n d o p u r e i l G io u a n e v o le f f e non
t e n c r h j i ’g r c t a , & p e r ciò d e u e jje r im a n c r m o r t a , v o l e a p i u t o j l o , c b e i l M a r i t o ­
la v c c i-
/ De c a T e R z a. ,15:0
U vecldeffe, & goderfi del Giouane, che morirfi dl defiderionon negodendo :
chefe a lei non caleua di fe medcfima,non ne deuea tener pin cum la Bu!ia,cljella
ifieffafi leneffe. St quiui rifealdatafi incredibilmente, le dijfe, cbe sella non vo­
ted compiacerla,ritrouer.ebbe aim meg},per li quali baurebbe quelio , ci/dla de-
fiJeraua,& che quando egnaltra cofa le veniffe mono, non verrebbe ella meno a
fe rnedefima : perciò , che ft fuggirebbe dal Marito , & fe nandrebbe al Giouane
amato, etuemjffe di lei, ciò che auenir poteffe . La Balia,che accorta era , veggen-
do quanto caldi hauea ccftei gliffroni al fianco, & cbe ricufindo ella di far que-
Ho,fi potrebbe di leggieri ritrouare a ltr i, cbelo farebbe , 0 che la giouane , non
temendo fcandalo alcuno ,fene potrebbe , come ella hauea detto,fnggire , accio-
che colei, ch'ella,come figliuola , nutricata hauea , non incorrefje in infamia, &
inpericolodi morte. Le promifedi far si,ch'ella fi godtebbe del giouane;
datalc queílafberanga,da lei ft diparti . Et,piena di noiofo pcnfiero , difeorren-
do molte cofe colla mente ,fi rifolfe, che a volere leitare la giouane da vergogna>
& parimente da pericolo, bifognaua ingamarla, & prim a, ctialtro auer.iffe,
farne confapeuole il Marito. Ter la qual cofa dando ella parole a Calonia :
fngendo di portarie ambafeiate dal giouane , la trattene tanto , che ella ft vide
commodo tempo di poternepariare acconúamente con Adorno. Trouatolo aduti-
que vngiorno folo,& otiofo, effendo andata Calonia a cafa d'vna ftia for ella, ella
cofi gli dijfe, Adorno t fono fra glibuomini alcuni, che toito che odanoqual-
che cofa, che loro nonpiaccia, vengono in ira, & in furore, & finno ftrepiti,
& romori: t o quali, oue deurebbono cercare di porre acconcio alle cofe,che loro
ffiacciono ,le fanno diuenirepiü acerbe, dr piu (piaceuoli con lor danno, & ffeffo
anco ccnpoco loro honore. St quando io mipenfajji, che tu vno di quelli ti dcueffi
effere : ti dico,cbe io mi tacerei,& lafeerei andar Lacqua alio ingiu. Ma perche
;jpmi Jlimo, per la tua moita prudenga,altrimente di te,mi diffongo a dirti quel-
lo , the mi pare, che non ti ft debba cclare, acciochc,mcntre le cofefono in buono
flato, tu, col tuQ.configlio, & col tuofapere,pigli promfionc a gli fconci acciden­
ti, che potrebbono auenire: & ,fe cofi mi prometti di fa re, ti dirb cofa , che ti
darà ampio argomento di vfare quella maturity,che io ho fempre conofciuta in te
fingolare. Et promettendole Adorno di tale effere, quale ella lodefideraua,
gli aperfe ella Iamore di Calonia; Et gli dijfe,che que/io non era male da curare
nècolferro,nècol fuoco, acciochepiunonfeinacerbiffe ,m a da vfarui tale em-
fiaflro, che ft fanaffe la piaga . St che perciò non bifognaua qui venire nè a mal
vifo, nè a romori, nè a b.ittiture,nè a flrette cuttodie, nè ad altri fimili faiti,per­
che tanto di furore ba in fe vna donna Jlranarnenteinnamorata,che non è cofi ter­
ribile la tempejla del mare, quando piü freme, come ella ft moflra. Et cbe per­
ciò, quanto piu fojfero violenti le prouifioni, tanto piu diuerrebbe impetuofo il
furore . Ter la qual cofi era da ritronar modo agcuole,& acconcio, per le qua­
le ella dolcemente ri-naneffe in forgo, di chi Lhaueua a reggere. A quefie parole
dijfe Adorno, che gli parcua cofa marauigliofa vdir ciò della fua donna , aman-
dola egli,come l’amaua,& compiacendola in tut.tq quelio, che a grado lera ; Ma
la Balia

.J
D e G li H e c a t o m m i t h i \
la Balia gli d\fje,che no fi marau\gliaffe,Terche queHi erano de frutti, cheprodu
cena l'otio,& gli agi,& la troppa licenga data alie dorme: però cbe tali cofefono
le vere producitrici della lafc\uia,dr cb'ella áò non gli baurebbe detto, fenon ne
foffe certiffima. Adorno , conofcendo la bontà della Balia ,ft credette cbe foffe
vero, quanto ella gli hauea detto, dr le diffe, cbe vi penferebbe fopra , dr pofeia
le direbbe quanto hauejje deliberato di fare; promettendole nondimeno di non pro
uedere a áò fe non con amoreuole cortefia. Et pregolla, cbe in queHo mego tempo
non lafciafje cbe piu oltre paffaffe I'amore di Calonia; glide promifela Donna> di­
cendoy cbe Hera altrotanto a cuore I'bonore di luiy quato la vita propria.Vtme fi­
nito queHo ragionamentOy Calonia, dr toflo lediffe, sella haueua da dirlenulla
del fm amato Giouane : angi si3 riffioje ella , mi è occorfo vfeir di cafa, & mi hà
r\trouata,dr infinitamente ti ft raccomanda; dr dice,cbenon attende altroftnon
cbe venga queU'hora,che eglipoffa effere con effo teco in amorofo piacerey & pe­
rò ajpetta, cbe tu I'agio glie ne dia . Andò in coft fatto modo per alcuni giorni la
cofay prima cbe Adorno altro dicejfe alia Balia di quello,ch'egU haueua delibera­
to difare. Terche voile anco, oltre le parole della Donna,vedere, s'egli ft potea
meglio certificarefe coftfoffe, come ella detto gli haueua,dr pofio mente a gli at-
tiy allc marnere, al pariare, al procedere della Moglie, al fine conobbe,cbe la Ba­
lia il vero detto gli haueua : Et rifolutofi di quanto intendea di fare, diffe alia Ba-
Ua,dalla quale egli fapea digiorno} mgiorno áò, cbeaueniuay cbe deueffe dire a
Caloniayche il Giouane le hauea dettoy cb’eglift fentiua Hruggere, dr cbe non po
tea tolerar lo indugio, dr però la pregaua a tentare ogni pojjibil via, percheft pc•
teffe effere con lei. St perche egli mat non ardirebbe divenirfi a lei,mcntre il Ma
rito foffe nella terra, la fupplicaua a tener modo, cbe ^Adorno fe ne andaffe a fuoi
poderi in contado: dr pofeiagli facefje far motto,cb'egli, di fubito,a lei fe ne ver- ,
rebbe,dr cbe la pregaua a far ft chela partita del Maritofoffe piu toflo,che pofji-
bile foffe : perche,s'ella troppo a lungo andaffe, egli fe ne morrebbe. Tortò que-
fta finta ambafeiata la Balia alia Giouane, la quale le fit cariffima. Et doman-
dolle, cbe modo ella deurebbe tenere, a far, cb'Adorno fe ne andaffe in contado.
La Balia,cbegià I'ordine con Adorno dato hauea, di quanto ft deuea fare, diffe;
Toi c hò condotta inftno a qm la cofa , voglio , anco cb'ella habbia il fine che ra-
gioneuolmente deue hauere. Et coft, venuta I'hora del deftnare, diffe ad Ador­
no la Balia; Meffere habbiamo già died giorni di Giugno, nel qual tempo i lauo-
ratori cominciano a tagliar le biade ,fapete quanto effi ft ftano feelerati, però mi
parrebbe bene, quando coft a voi paia, cbe ve nanda He a poderi voflri, d r pro-
uedeHe, cbe nonft rimaneffero le rendite voHre in perdita a vilani . Adorno fe
fembiante, cbe la Balia bene lo configliafje, d r moftrò di volerui andare il gtorno
feguente. La Moglie aHuta, per coprire lo inganno, cb’ella già haueua apparec-
chiato di volergli fare: finfe, cbe le foffe graue, ch'egli ft partijfe da lei; d r gli ^
dijfeycb'egli hauea in contado ifuoi miniHri, d r perciò non era di meHiero, che
egli vi andaffe. Ma Adorno, che la fittione ottimamente conobbe; le diffe, che
focchio del Signore era a feruitori, come lo fprone al cauallo : d r che per tal ca­
pone y
D E C A T E R Z A. - v, 151
%ione,egli volem dndare,oue non flarebbc pin di otto giorni; come domine otto
giarnlfrifpofela Donna, miritrouereile morta,alvofiro ritorno , fetanto tem­
po mi ftefte lontano ,farannopur troppo due giorni; & due giorni fiano, rifpo­
fe ^Adorno. Et, meffoft in arnefeper caualcare, la mattina fcguentc finfe di an-
dare in contado . Calonia ,fubito, cbe vide il Marito fnori di cafa , diffe alia Ba -
lia ; cbe, la lddio mercê,era vcm ta quell'bora,cb'ella tanto bauea defiderata,&
cb'era tempo, cb'ella nandaffe al Giouane da lei amato , & lo conduceffe da lei.
La Balia, cbe con Mdorno bauea dato difcreto ordine a quanto ft deuea fare , ft
vfci di cafa,dr fingendo al fuo ritorno di effere flata dal Giouane, le dijje, cb’egli
alle due bore di notte vi verrebbe . ML quefle parole fu fuori di ogni opinione
lietaCalonia, & leparue, cbe piu tardi dell'vfato fene fuggiffe ilgiorno , tanto
era ildeftderio,cb'ella bauea digoderfi colui, cbe cotanto defideraua. Mdorno,
come eraordine fra la Balia , & Ini, fonate le due bore, venae alia porta tutto
pieno di odori, dr tutto, come boggidi diciamo , profumato : dr , dato il fegno,
cb'era tra lor pofio, la Balia fcefc, dr gli aperfe , dr lo condujfe in vna camera
terrena, oue Calonia, di fua mam bauea meffo inpunto vn bene agiato let to , ac-
ciocbe nulla mancajfe alia gioia , cb'ella fperaua dideuere bauercol defiderato
Giouane. Mndata la Balia difopra le diffe, cbe il Giouane I'attendeua; Calonia
tuttalieta, fatto accendere vn lume,effendogia ognuno della famiglia adormen-
tato ,'fceje le fcale, dr fene andò alia camera, nella quale era M.dorno,& aper­
to I'vfcio, neli'entrare ft lafcto cadere la Balia la lucerna , la quale ft ffienfe. Et
moflrando la Balia di bauer do a male,Brontolando,come cbe cofa fpiaceuole le
foffe auenuta , fe vifla di voler eritornarft ad accenderla. Ma la Giouane le dif-
fe, cbe non voleua, accioche nonft deflaffero quei, cbe dormiuano, d r nonft ve-
nijfe a palefare quel, cb'erafegreto . Mdorno , che di corpo era fimigliantifjimo
al Giouane da Calonia amato,vfeito del letto, finta la voce dell'amante , come co­
lui , cbe a do fare era molto a tto , effendouift aueggo inftn da fanciullo; Mnima
rriia, le diffe, vemta èpur quell'bora, tanto lungamente defiderata : &> recata-
laft in braccio,però cbe eüa,nello entrare della earnera,la camifcia ft bauea trat-
ta,dr era rimafa tutta nuda,la porto nel letto : dr,dandole mille b a d , comindò
a fcbergare,dr a traftullarfi con Id,come fe mai piu nonfoffe flato feco. E t, pot
cbe lungamente hebbero prefo placer e I'vno ddl'altro, Calonia, meffo il fuo capo
ful petto ad Mdorno,gli diffe; conofco veramente,Signor mio, ch'io facciogran-
diffimo torto a mio Marito, il quale tanto mi ama, quanto piu ft poff'a amar don­
na . Ma tanta è flata la potenga della bellegga vofira , & la, forgo, dell'Mmor,
cbe vi porto, cbe fono flata coflretta,per non mi morire, condurmi a quel, cb'io
fono per v o i: il che nondimeno bo fatto nonfengagran cGrdoglio, per I'oltraggio
fatto al Marito. Mapofcia,cbe la neceffità, a cbe mi ba condotta Mmore,e flata
vie piupoffente di ogni mio proponimento, dr a voi mi ha congiunta; vi prego,
per quefta mia cortefia, che vi ho vfata,drper quella gentilegga vofira,cbe mi
■vi hafatta foggetta,a tenermi fegreta ft,cbe do non pure non venga alle orecchie
del mio Marito t ma nè anebe di alcuno altro, aedò, che dal mio fuifeerato amore
> ■ non

. i
i
de G li H ec ato m m ith i
m n mi auenijje o morte,odeterna infamia,la qualepiugraue mifarebbe, chela
morte . Mdorno a quefle parole delibero di fcoprirfi : Et,ripigliando in vn trat-
to la fua natta voce ( vi prometto, Donne mie care , ch'io[on tocca da tal ribre1^
%n,in dcuerui narrar quel,cbe mi auanxa,che mi fento tutta raccapricciare^confi-
derando qual ji dcucfje allhora rimanere Calonia,quando in vecc dell'amante ,fi
fenti in braccio al Marito) non dubitare,diffe,Calonia, cbe nè da tuo Marito baue
rai tu morte,nè da altri infamia,percbe con altri,cbe col tuo ^Adorno,tu ti feigiac
data. ,A qitefte parole fu cofi occupata in Calonia ogni virtu,& perdette in gui*
fa ogni vigore,cbe non pure le maned la voce,ma come morta ft rimafe. Et pin
tofio baurebbe voluta effere flata fepolta viua,cbe ritrouarfi in quel letto col ma­
rito . Ma ,Adorno,che non baueua altro bene nel mondo,cbe lei , recatalafi ttret-
ta nelle braccia, le diffe, Confortati Calonia , cbe per do non fono io per hauerti
punto men cara,cbe ti babbia bauuta infvio ad bora,cbe fe bene io non merito,co-
me tu dianyi bai detto3che tu mi facci queflo dishonore: so,cbe le Donne3alle vol­
te 3pcr la fragüità loro,fono arrcndeuoli a gli ilimoli della carnc:pcrò voglio per-
donare queflo tuo errore3per quefia fiata,alla deboleyga del tuofeffo,Et cofi glie-
le perdonò.Hora baflitifin quanto a te3hauere fodisfatto a quel deftderio, cbe tan
to ti ftimolaux,&per lo innangifa,cbe tu mi fij quclla moglie , cbe vuolc lo infi­
nito amore,cbe io ti porto : per cbe,f acendo altrimente ,oue bora mi bai ritrouato
piaceuole,miprouereili allbora tale,cbe vedrefli, cbe I'bonor mio mi è a. cuore;
dr qui ft tacque. L’hauuta paura raffredb inguifa in Calonia il fuocoi per lo qutt
le dell'amato Giouane ardem,cbe non ve ne rimafe viua fauilla , percbe lo ft lend,
ella di modo dell'animo,cbe in oblio lo pofe,come fe maiveduto non Chauefje . St
r'lpigliato alquanto di fiirito,per la moita bontà,che conofcea,che le baueua, fuo-
ridogni fua opinione,-vfata il Marito, dal quale ella attendea certifjima morte.
Le cbiefe humiliffimamente perdono. Etgli promife di efjergli fempre talc,quale
quefia fua incredibile benignitx,& I'amore,col quale fi vedeua effere, amata da
lui,volcanoyChe ella ftfoffe : ajficurandolo, ch'ella piu mat non gli darebbe cagio-
nefenon di amarla,& di bauerla carijjima ; dr diffe, cbe s'egli altrimenti ritro-
uaffe mai,le ne deff'e quel gafligo , cbe a luipareffc piü conuencuole. Il Marito
allbora abbracciatala,& aflrettalafi caramente al petto,la bacio; dr le diffe,co­
fi dci tu fare,Moglie mia,accioche Idamor noflro,da conflante fede accompagna-
to, non pure ft rimanga fermo, ma digiorno in giorno diuenga maggiorc:& amo-
reuolmente addormentatifi infieme,cofi fe ne (lettero infino alTapparir del giorno;
cill'apparir del quale .Adorno voile,cbe la Donna fe nandaff'e alia fua flanga ; dr
egliyvfcitofi tacitamente di cafa,per non darefnfpetto ad alcuno de fuoi, ritornò a
porfi in babito di caualcarc:&,come di contado fi veniffe,fe ne ritornò a cafa. Et
per tutto il rimanente dellafua vita ,fene ilette la Giouane legata in fede amo-
reuolijfimamente colfuo Marito . Et,riconofcendo,da quale errore ella foffe flata
leuata, refe moltegratie alia Balia, cbe, colfuo fenno, baueffe operato, cbe fi
foffero in lei ffinte le disbonefle fiamme, cbe a diuemre adultera3 condotta Vbec-
ueano.
CON-
E C A E K Z A. 152
C O N S A L V O , P I G L I A T A A G A T A P E R M O G L I E , S’ I N -
namoradi vna meretrice, 6 delibera di aueletiare Agata; Vno Scolare g!i dá in vecedi
veleuo polueredafardormire,ladaegli alia Moglie,la quale oppreflá dal fonno,è fepel-
)inper morta; Lo Scolare la trahe del íepolchro, & feia menaa cafa 3 è condannatoil
Marito a morte,elIa lo libera dalla morte,falua la fua honeflá.
N O V E L L A V.
E TgV T A Lima alfn e della fua nouella, diffe Sempronio. Le
dome debbono molto guardarfi di dar materia di effere cofi gafli-
gate da lor mariti,cbe nonpuote effere,cbe 'll Marito, quando an­
co foffe tale,quale ci ba moslrato .Adorno la nouella di Lima, cib
veggendo non conofca l animo della fua Donna poco pudico,fe bene
non incorre in vergogna col corpo, la qual cofa puote effere cagione,che il Marito
babbia fempre qualchefojpetto di lei,& percio vie meno I'ami. Lo flimolo del-
I'konoreydee cofi opporfi,nelle donne,alla feminil fragilità,cbe non ft lafcino vin­
cere da dishonesii appetiti. St lafede data a mariti, le debbono far diuenir co-
flantifjime. Et tale coflanga ft vedrâ da quello,cbe fon per narrare, in vna nobi-
lijjima Donna, la quale,anchora,cbe foffe grauemente ingiuriata dal Marito, &
egli ft induceffe a volcrgli dar morte; ella nondmeno, vincendo il mol voler di
lui,colla fua molta fede,lo libero da vituperofa morte .
F V' in Siuiglia,nobile città di Spagna,vn Gentilhuomo, cbe Confaluo hauea
nomeftl qualepiu lafcino, & piu mutabile era, cbe a nobiihuomo non era conue-
neuole. Quefli imamoratoft di vna Gentildonna,che Agata era detta, vsb ogni
diligenga per hauerla per moglte.St perche ella era p.ouera,oue Confaluo era ric-
cbijfimofi parenti gliele diedero. Tarendo loro di fare vngran guadagno . Ma
appena fi fini I’anno, do egli, fatio di lei, moflrb quanto foffe cofa poco gioucuole
alle dome, hauer marito piu ricco, cbe fauio;& quanto ft a meglio dar le donne a
gli buomint, cbe alia roba. Tercbe,effendo andata ad babitare in quella contra-
da vna cortigiana, & ricca, & bella, cbe con mill'arti,& mille inganni ftfacea
prigionigli animi degli buomini,cbe comefemplici, non vi ft fapeano opporre.
Confaluo fitvno de primi, ebene cofiei lacci incappb : & fuori di ogni credenga,
di lei ft accefe. St era a tal termine giunto, cbe non hauea mat bene,fenon quan­
to era feco . St effendo ella fopra ogni femina diffoluta, & auida del guadagno,
non a Confaluo folo, ma a quanti ft andauano a lei con copia di danari largamen-
te ft daua.La qual cofa tanto dolcua a Confaluo,quanto ftpmpenfare ognuno,che
dolga vedere molto amata donna nelle marti altrui. Sra nella città vno fcolare di
medicina, & di nobil cafa, & cbe molto conuerfaua con Confaluo,il quale ft era
coft imamorato di Agata, cbe non bramaua altro , cbegoderft di lei: St bauendo
comodità di andare in cafa per la domcfliche%ga,ctiegli tencua col marito,no la-
feiaua cofa a fare, percb’ella l'amaffc,etil compiaceffe di fe. La qual cofa anchor
cbefoffe noiofx alia Dona,& pciò baueffe voluto, cb’egli ft foffe rimafo di andarle
in cafa,non dimeno conofendo,ella il marito huotno di poca leuatura , & molto
dilettarft dell'amicitia ddlo Scolare,toleram la moUllia, cb'egli le daua : leuan-
doglii

i
D e G li H e g a to m with i
doglt mndimcm ognl fferanga , di poter mai ccnfeguirda leicofa men che bene-
fla . Ouesii per porleib Marito in difoetto, fe ,-che vna vec£hia,che era moita
atta a piegar gli animi delle donne a dejiderj de loro amanti Je ffiego, comefefof
fe mcfja a compaffione di l ei,l'amore , che tymfaluo alia Meretrice portaua :mo-
flrandole,che indegnamente ellagli era tanto fedele. Et, d'vna cofa paffando ai
vnaltrajc dijfefinalmentc,ch'era grandeJfioccheTga , che pigliandofipioç-ere il
Marito da!: r: donne, ella,come melenfa,fe ne fleffe a difagio. \Agata,che faggia
era,& amatta il Marito ,le dtJJe,cb'ella volentierivedrebhe il Marito tale., qua­
le egli deurebbe effere,& quale dia lo deftderaua.Ma,pofeia ch'egli pure di aim
animo era, non gli volcua ella torre quella liberta,che o la mala vfanga delgua
flo mondo, o priuilcgio, che tra loro ft haueffero fatto gli huomini, bauea lor da­
ta. Et ch'ella non era mai,facefje con altre donnejl-Marito do,[ch'egli ft volejj'e,
per violar quella fede,che data gli bauea: nè perfeemare il defiderio di confenta-
re I'honore, chenaturals deue effere negli animi delle donne,& che le face degne
di loda in tutte le parti del mondo . Et,che tanto pitIt deueua ella cio fare,quanto
non bauea dato altro di dote al Marito,che 1'honeflà: onde non voleua ella mai da
queflo penflero leuarfi; & pofeia, alquanto turbatetta , le foggiunfg, cticlla ft
marauigliaita molto, ch’cffcndo ella vecchia di tale e tà , che deurebbe riprendere
legtou.: tit, sdie a ciofare fipiegaffmo, le deffe cofi fattifconfigli, i quali I'cram
tamo noiofi,cbe s'ella fojfe mai piucofi ardita,che di cofe tali le diceffeparola , le
farebbe prou ire,qitanio finiili ragionamenti le foffero ffiaceuoii. Riferi la vec­
chia allofcolare, ciò che Mgata detto le haueua, & ne rimafe eglt molto triflo.
Ma, non reflò per ciò di amare la Donna, auifandoft, che non era coft duro cuore,
che,amando, pregando, lagrimando,a lungo. andare, non ft amrhollifce. Conuer-
fando cojlui con Confaluo, gli diffe egli, che accefo eracofl della Meretrice, come
lo Scolare della.Agata, & che non gli increbbe mat tanto di hauere Moglie a lato
quanto gli rincrefceua allhora. Tercbe non hauendo egli Mgata,fl piglierebbe la
impudica Mfelgia (the coft era appellata la Meretricejper moglie. Terò ch'ella
fola era quanto di bene egli bauea nel mondo . Et vi aggiunfe, chefe non temejfe
ilgafligo della giuHitia le darebbe morte. ^4 queHeparole dijfe lo Scolare,che ad
ogni modo eragrauefoma vna mogliera,che fojfe venuta a faflidio al marito, &
che s'altri cercaua di liberarfene, tentaua cofa degna ai feufa. Et ragionando v-
na volta, & vnaltra Confaluo feco di queflofuo defiderio, & ritrouandolo tutta
via fauorire la parte fua, prefe tanta baldanga con lin , che vn giorno gli diJJ'e:
Tumifei quell'amico, che mi fei, & quefla noiira amicitia mi fa credere, che ti
increfca non meno, che a me, ch'io mi ritroui in queflo trauaglio, nel quale tu mi
vedt,per non poter pigliarmi per moglie Mfelgia : Et pero perfuadendomi dipo-
tere hauere, poi che medicofe i, compcnfo al mio male, ti voglio dire qucllo-, che
mi è venuto in mente, & quello ftmilmeme, in che to mi voglio feruir di te. Io mi
fono deliberato , quanto prima potro, di far morirc ^Agata , & ha piu giorni,cbe *
io mi volgo quefla cofa per Canimo, mamiha fatto J'oprastare il non fapermi
ritrouar modo difarla morire,che a me nonfia pofeia imputata la fua morte . St
fippiendo,
B e c a T e r z a .
fappiendo,cbe tu fei medico,& per lo lungo ftudio,cbai dato a queftaarte, ima-
gimndomiycke tu fappi di molte cofe,cbe farieno atte a compire queflo mio defide
rio, ti prego ad ejjermi in ciò cortefe, che te nefarò fempre obligato. Lo Scolare,
fubitOycb'vdi coft dire a Confaluo, conobbe, che quindigli ft potea fcoprire la vis
di potcre, col mego del fuo ingegno, hauere bigata nelle mani. Ma tenendo nel-
I'animo chiufo il fuopenfiero dijfe a Confaluo, Che egli era vero,che non git man-
cauano modi coft fegreti di far morire le perfone con fegreti veleni,che non fareb-
be alcuno mat, che ft potejje accorgere, che di veleno ft morijfero quelli.che lo pi-
gliaffero. Ma che due cofe lo ritraheuano da compiacerlo; I'vna, perche i Medi­
ci erano al mondo,non per leuare la vita ad altri, ma per conferuargliele;Caltro,
cbeporrebbe a troppogran pcricolo la vita fua, qualmque volta a do fare ft di-
JponeJfc. Perche potrebbe auenire, come pare che voglia Iddio, ch'auenga in ft -
mill caftyche per non penfito modo ft fiprebbe do,che fatto ft fojfe,& che non me
nofarebbe egli condannato a morte,che Confaluo. Et che perlo primo riffetto non
ft voleua egli dare a far cofa, che fojfe contra la profcjjione fua,& per lo fecondo
non volea porre a rifchio,per cofa tale,la vita fua. Confaluo do vdendo,diffe,cbe
le leggi dell'amicitia non vietauano, che vno amico non ft partiffe dall'honejlo,per
feruigio dell'altro. Et che perciò non deueua egli mancargli in queflo fuo defiderio,
'He li due rifpetti addotti lo deueano rimouere da do : Terche tanto hoggidi ers
temito medico, chi vccideagli huomini, quanto colui,che gli fanaua. Et che effen-
do do fegreto fra lor due fo il, non era da temere, che mat ft deuejfefapere. Et
che quando anco attcnijfe,ch'egli fojfe incolpato di hauere auelenata la Moglie,gli
prometteua egli di non dir mai,che da lui haueffe hauuto il veleno. Lo Scolaregli
dijfe che pofda, ch'egli coft gli prometteua, proporrebbe I'effergli amico al diritto
della Medicina,& che lo compiacerebhe. Et lafdato Confaluo tutto lieto,fe nan-
do a cafa, & compofe vna fua mefcolanga di poluere da fare talmente dormire ,
Ih’altri farebbe giudicato morto. Et I'altro giorno porto la poluere a Confaluo ,
& gli dijfe; mi fate far cofa,C onfaluo,che nonfarei per me medefimo : ma pofda
che pin ha pojfuto in me L'amor , ch’io vi porto, che ilgiufto,& il deuer mio; v i
prego a mantenermi lafede, & non palefar a perfona giamai, che queflo veleno
da me habbiate hauuto, Coft gli promife Confaluo difare. Et prefa la poluere,dt-
mando in che modo egli la deuejfe vfare; a cut dijje egli, che la feraglide ponejfe
gentilmente nel mangiare,& che mangiata che la ft haueffe, coft accondamente
.Agata fe ne morrebbe, che parebbe ck'ella dormiJJ'e. Prefa Confaluo la polue,
<& venuta la fera , la pofe nel mangtare delT^igata. La quale, mangiata , che
thebbe,fentendofi tuttafonnaccbiofa,fe nandò nella fua camera (però, ch'ella con
Confaluo nonft giaceua, fenon quando egli Iddimandaua , il che era di rado) &
entro nel letto, & non pafsò I'bora>che la prefe coft profondo fonno , cbepareua
veramente morta . Confaluo, quando tempo gli parue,fe nandò anel) egli a letto;
eir flando tutta via colla mente trauagliata >afeetto con grandiff mo defiderio il
giorno, tenendo certo di ritrouare ia Moglie morta. Fattoft giorno,egli ft leuo,&
fé nandò fuori di cafa,& viftetteper lo Jpatio di vnhora:pofda ft ritornò a cafa,
Tar. Trima V
/

D e G li H e c a t o m m i t h i
dr dimando'alla C.amcrlera di bigata, cbe foffe di le i , nonfi della anchormoffi
riffofe ; & egli,come,diffp, dome elU tanto iflamane IJhole effere leuata aim.
tigiorno, dr hora fonpaffate due bore del di, dr anchoratbrnjei vd tofio,dr rif.
uegliala, cbe voglio, ch'ella mi dia alcune cofe,le quali fonofotto le fue chiaui.La
Cameriera,prefta al commandamentò ,fe nandò alia Madonna,dr chiqmatala v.
na, dr duefiate, dr non rlfpondendo ella, lepofe lemam addoffo, dr toccandola
gentilmente le diffe , Leuateui Madonna, cbe il Meffere vi domanda. Ma nan ri-
fpondendo ella, Lc prefe la Giouane vn hraccio,dr fcotendola ajfiai gagliardamen
te : dr non rlfpondendo la Donna, nèmonendoftpunto,fe nandò a Confaluo, &
diffegli; Meffere , io non pofjo far rifentire Madonna, per cofa, cbe io le faccia,
Confaluo allbora lieto; và, diffe, dr fcuotela tanto , ch'ella ft rifenta. Ritornòla
Cameriera, & fie quanto le hauea detto Confaluo , ma tuttofecein vano. Onde
ritornatafi a lui, diffe ch'ella credeua certo, cbe Madonna foffe morta, tanto I'ba-
tteua élla ritrouata fredda, dr infenfibile. Come morta ( diffe cgli.dr ciò diffe,co­
me marauigliofo,dr pieno di fpauento: dr andatofi alletto, la chiamò, lafcofj'e,
la flrinfe fòrtémente colie manije torfe le dita,dr delle mani, dr de piedi, & al
fine nonfentendo cofa alcuna Mgata, commcio a gridare,a dolerfi, a ramaricarft
a percuoterfi , & a maledire la fua fortuna,cbe I'hauefJ'e, cofi tofio priuo, di coft
fedcle , & amoreuole Moglie. Et hauendo fcoperta tutta, & riuoltata la Don­
na , drnon veggendo cofa alcuna perla fua perfona, la quale haueffe a dare ad
alcuno inditio di veleno, voile moflrare di compire ogni vfficio di amoreuole Ma­
rita. Ter la qual cofafeceegli cbiamxre quanti medici erano in Siuiglia , i quali
venuti,& vfati tutti quegli argomenti, cbe loro paruero attiafar rifentire perfo­
I! I' I
na viua , d? ritrouandola pure immobile, dr infenfibile, giudicarono, ch'ella da
fubita morte foffe flata occupata,dr per morta la lafeiarono . M quefla loro rifo-
D flitioneybenebe fra fe , ne foffe lietiffimo Confaluo ,finfenon dimeno di fentirnee-
firemo dolore , dr pareua che non voleffcpiu viuere morta la Moglie. Si cbe fece
tbiamare i parenti della Donna, dr con loro fi dolfe infinitamente del cafo auenu-
to:& pofeia fece apparecchiare belle, dr borreuoli ejfequie, & la fe , con molta
pompa fepellire, in vn audio chaueua Confaluo fuori della tena,nelcimiterio de
Trail dell'offeruanga.lo Scolare, cbe il luogo molto bene fapcua, dr haueua in
contado vna fua cafa, non molto lontana a quella Cbiefaffc nera la feragito fuo­
ri di Siuiglia, dr la notte,quando tepogli parue, pigliata con ejfo lui vna lanter*
na ceca all'auello fe nandò, dr perche egli era giouane, & di buon nerbo, hauen­
do portate confeco alcune cofe attc a potcre leuar la pietra, cbe chiudeua il fepol-
ebro , I'aperfe, dr entratoin effo fi recò la Donna in braccio,la quale effendogix
finita laforga dellapoluerefi rifenti,toflo,cbe egli la moffe : dr veggendofi ella
iui tra flracci, dr offa di morti, dr veflita, come fe mono, foffe; Ohime, mifera
me, diffe, ouefonio <?chi mi ba,dolente me, qui meffa ? ll voHro infedele Mari
\to,rifpofc lo Scolare,U quale auefenatam, per pigliarfl Mfdgiaper Moglie,vi ha * |
fatia qui fepellire; & foriio qui venuto, moffo a compajjion delia voitra feiagu* / f
jra, co remedi opportuni,per vederc,sio potcua riccbiamare la voilra felice ani­
ma a
DÊCA TE RZ A. ' 154
wa a gli vjativfficij : & quando ciò nonhaueffi potuto , morirmi qià a atnt0 'U
voflro corpo,& iafciarlo,in queflo audio,con lui congiunto. Mapofàa che in que-
Ho voflro graue períglio, uni è flato di tanto fauoreuole il Cielo, che la virtu, de
rirnedi, chefatti vi hò, hanno rattenuta lavoflrã gentil'anima congiunta al vo-
firo bcüiffimo corpo; voglio,vita mia cara, che quinei conofciate qual fia Hat a la
fede del voflro maluagio Marito,& qual fia la m\a,& qual di noi due merita ef­
fere amato da voi. La Donna ritrouandofi in- quello audio,veHita da donna mor­
ta, fit credete quanto lo Scolare detto la baueua:&le parne, che fojfe il fuo mari­
to piud’ognaltro misleale,& crudele. Et riuoltatafi alio Scolare gli diJJ'e,KhiHi,
che còfihaueua nome egli,negar non vi poffo, che infedeUjfimo non fia il mio Ma-'
rito, nè poffo non confeJfare,che voi non fiate amoreuoliffimo. Et forgo, mi è dire,
poi, che mifera me,in queHo luogotra morti, & da morta veHita mi veggio, che
io conofco la vita da voi.Ma perche ,fe il mio Marito mi hà rotta la fede, io però
intera hoferbata, & ferbo la mia,fc volete, che queflo voflro pietofo, & amore-
uolc vfflúo mi fia caro, & cara mi fia la vita, che data mi haitete; vi prego,che
vogliate hauere raccornandata I'boneHa mia , & non vogliate , coll'vfarmi at to
villam ( la qual cofa non mi poffo penfare, che mi debba auenir mai da tanta cor
tefia) far meno lodeuole queflo voflro cortefe atto : il quale*ponendo voi freno
al concupifcibile deflderio, & alio sfrenato appetito,fi rimarrà il pin virtuojo, &
piu degno di honore,che fojfe mai fatto da cortefe Getii'buomo.Rhifit voile con ef­
ficaci ragioni farle vedere, che il Marito non baueapiu in lei ragione alcuna , &
che quando vc ne baueffe anco,tanto era Hatofoggo queHo fuo atto, col quale le
hauea dato cofl certo pegno del mai'animo fuo, che deueua effere fleura della mor^
te qualunque volta ella gli ritornajfe nelle marii. Et perciò ella non deuea tener&
piu fl'rna alcuna di lui, ma deuea moHrarfi grata del riceuuto beneficio,& cjfer-
gli tanto benigna,che ella confcntijfe, che poteffegodereV frutto dellefue fatiche;
& con quefle parole ,fi piegò verfo lei, per darle vn bacio. Lo rifpinfe la Donna*
& gjh dijfe i ihifli ,fe il mio Marito hafciolte, colla fua poca fede, le ragioni del-
Matrimonio, non le hofciolte,nèfcioglierle mai voglio, infln che mi durera la v i­
ta; del andargli alle mani, mi voglio appigliare al voflro configito, non perche
non vi andajji volentieri, quando lo poteffi ritrouar di miglior penfiero, ma p er.
nonincorrere altra volta in coflgraue pericolo. Quanto a dare degno guiderdo­
ne a quefla voftra lodeuole fatica, Il maggiore non vi faprei io dare, che reflar-'
ui eternamente obligata: & fe queflo vi bafla, mi refterò in quefla mia angofiia
tdnto contenta, quanto comporta il mifero flato, in ch'to mi ritrouo bora. Ma, fe
voiforfe voleHe, che la perdita deWhonefla mia vi deuejfe effere mercede; vfeite •
vi prego, di queflafepoltura, & chiudetemici dentro,che io voglio piu toflo,rice-
uer morte dalla crudeltà del Marito mio,confaluegga del mio honore, che da ta­
le pietà hatter la vita, colla perdita della mia pudicitia. Conobbe a tali parole ib
liberatore della Mgata la fua bontà, & poilo, che gli fojfe graue di ritrouarladi,
cofifedele, & fermo animo, che nè la Morte ifleffa le potea far mutar penfiero :*
pure, auifandofi, che il tempo potejfe vincere ilpropofito della Donna,le rtffiqfe,%
'- V z
D e Gli Hecatom Mithi
cbe rtmaned conterito di vederla de ft buon ammo, cheperciò egli nonvolcua
altro da lei, che quellojcb’ella gli volea dare . Et con quefleparole la traffe del­
la fepoltura, e-r la condufftea çafa fua, & raccomandqlla ad vna fua veccbia,
fe ne ritornò in Siuiglia; lafeiando la cura a quella Donna di dijporre I'Mgata ad
effergli piaceuole. Confaluo,doppo alcuni gtorni, moftrandodi non poterflarfln-
%a donna, ft prefe -Aftlgia per moglie. La qual cofa parue molto ftrana a parenti
di iAgata> & fenc flettero tutti coli'animofofpefo, Standoft Confaluo colla mo-
ua Mogliera, gli auenne quello con lei ,cbe a lui con *Agata eraauenuto : Terò,
cbe effendo cofiei vfa non ad vnbuomo, ma allecentenaia , & a viucre in quella
licenxa, nella qual viuono le ftm ilialei; tenendola Confaluo con quella diligenga
cbegU infegnaua la grangelofta, do egli ne haueuafte venue egli a tanta noia,che
m l poteua veder viuo, & conobbe allhora Confaluo, cbe differenda fofj'c fra I'a-
more di honefta donna,& di vna meretrice. Diccndolc adunque Confaluo dclpo-
co amore, ch'egli conofceua in lei; & rifpondendogli ella orgogliofajneptp, venne
in tanto furore, ch'egli le dijfe; Scelerata, per godermi te bò auelenata bigata,
cb’era la piü amoreuole donna, cbe mat per Matrimonio ft congiunfe ad buomo:&
il guiderdone, che me ne vuoi rcndcreèil dimoftrarmiti tutta via piü difpettofa,
& piü (piaceuole. Mfelgia do intefo ft vide bauer ritrouata la via da feioglierfi
da Confaluo, Ter laqua cófa induffe vn fuo drudo a riuelare a parenti di Mgata,
cbe il Marito auelenata I'baueua ; Effi cbe di ciò baueano hauuto qualche fofpet-
to, ciò intefo,andarono al Todeflà, & gli fecero , a fapere, quanto colui baueua
lor detto . 11 Todeflà di fubito fe prendere Confaluo,& la Meretrice, per intende
re la verità del fatto. La veccbia in queflo me%o,cb'cra con bigata, non mancaua
di tentaria continuamente ,per indurla a compiacere alio Scholare t che liberata
Chaueua : Ma non potendo Mgata tolerare quella moleflia , dijfe vn giorno alia
veccbia; Dite a I\hifli,cbe alia fepoltura mi torni, cb'iui minor noia mi fiê morir-
mi, che rimanermi in quefla feccagine. La qual cofa intendendo lo Scolare, baue­
ua deliberato di venire alia forga,poi cbe nè beneficio riceuuto,nè pregbi,nê mu­
na altra cofa poteafar mutare penftero ad Mgata. In quefio tempo confefsò Con
faluo bauere auelenata la Moglie con veleno,ch'egli hauea tenuto mold ami in ca
fa (cbe in ciò egli mantene la fede alio Scolarej & per ciò fu condannato alia mor
te. La qual cofa fu carijflma a Eflifli, perche egli fi penso, cbe morendo il Marito
egli ft rimarrebbe della Donna ftgnore.Venne il giorno,nel quale deueua effere ta
gliata la tefla a Confaluo:& ciò perucmto alle oreccbie di .Agata,fi delibero ella
di voler far vedere alfuo misleal Marito,in queflo cftrcmo,quanta foffela fuafe
de; & vfeitaft incontanente di cafa di Rbifli,con toflo paJfo,alla Città fe ri'ando,et
tntrata in corte dei Todeflà , gli flfece innandi, gli dijfe Mejfere,Confaluo è
davoi ingiuflamente dannato a morte, perche non è vero , cbe la fua Moglie
veeifa egli habbia, angi é ella viua , <& io fon effa : però non lafáate che proceda
piü olire la fenten%a data da voi, effendo ella, come chiaramente potete vedere ,
ingiuftifjirna. M. quefle parole il Tedeflà,che la teneua morta,rmafe,come fuori
di fe,& non la potè mirar fenda. qualebe ribredgo, penfandoft di vedere non vna
doma
D ecà Ter í a.*'" ■* 15^
donna vhta,mavna Fantafima : però ch'ella era in habito dimeffo , ^m oT toafr
flitta,perlo grane a f anno, che la premeua-,per lo cafo auenuto prima a ferfofcia
al marito. Fra queFlo tempo i fergenti conduffero Confaluo auanti al TodeFlà,
acciocb'egliyfecondo il coflume di quel luogo , commetteffc a fergenti, che il me­
na(jino alia morte. 'Ma non fu ft tofto Confaluo vcdkto da bigata, ctiella colle la­
grime fu gli occhi,a braccia aperte, lo corfe ad abbracciare , & pcniendogli dal
collo ,gli diffe; ^Abi Marito tnio,oue vi veggio io,per la voflra follia condottodEc-
com la voflra bigata, non morta.inò,ma fla Dio mercèjviuada quale, vi fi vuo-
le anco,in queFlo punto, moflrare quetlaMogliera , ch'ella fempre vi è Flata. Il
Todefld, ciò veggendojo fece fubiio fapere al Signore,il quale,pieno digrandifji
ma marauigiia : eír ciò, a gran pena, credendo, ft fe coniurre dinan'gi Confaluo,
& la Moglie : & voile fapere Cortie ciò fi f offe,che effendo Flata fcpolta per mor­
ta bigata,ella iui fi ritrouajfe viua. Confaluo nonfapcua,cbe fi dire altrofenon,
ch'egti,per Famore, che ad Mfelgia portaua, auelenata hauea la Moglie: ma,co
me ella ftfofje ritornata viua , & iui fi ritrouajfe, non nefapea dir cofa alcuna.
Ma la Donna gli diffe, come lo Scolare, confuoi argomenti, Fhauea liberata dal-
la morte , ma come cio ft haueffe egli fatto, non fapeua ella dire. Il Signore,fat-
to venire Rlnfl\,intefe,come in vece di veleno,egli la polue alloppiata data gli ha
ueua,pcrlo fingolarc amore,ch'egli portaua alia Donna;et vi foggiunfe,che quan-
tunquela Donna haueffe veduta la crudeltd del Marito , & egli leuata thaueffe
dalla morte,non hauea però maipotuto rimouerla dal fermopropo/ito di conferua
re colla fua honefla,la fede al Marito. Conobbe il Signore, che in donna honefla
pub molto piu il rifpetto dell'honore,che tutte le ingiurie,& commendo molto I'a-
fiutia di Rjnfli,& la fede,& 1'amor della Donna. Et voltatofi pofeta verfo Con­
faluo gli diffe. Non meritauicofi fatta Moglicre,&farebbe ben degno,ch'ella piu
toFlo di Rljifti ft foffe,che tua; nè meriterefli ,anchora ch'ella fia viua, minor pe­
na, che quella,che apparecchiata ti s'era,però che, in quanto a te, hoi queflagen
tUiJJima Donna vccifa. Ma voglio, che di tanto giouamento ti fia la bonta, & la
fede della Mogliera tua, che tu ne rimanga viuo,non pure p e r te , che nol meriti,
ma per non dare a lei quell'affanno, che sò ch'ella haurebbe della tua morte.M a ti
giuro bene, che fe mai mi venira alle orecchie, che tu meno , che amoreuolmente
la tratti, ti faròprouare, quanto iòfippia punire coft fatti delitti. Confaluo, im­
putando alfuo poco conofcimento, ciò, ch'egli haueua fatto , tanto promife al Si­
gnore di fare, quanto egli gli haueua impoFlo. Et qul fatto fine, lafeio Confaluo
la Meretrice, che egli per moglie ftbaueaprefa,& fi viffe in pace con Mgata;la
coflan^a della quale fe, che oue RhiFti perl'adieiro,pcr la fua bclta, Chaueua a-
mata, egli per lo innanri, per la fua honefla, quafi come fanta I'adoraffe r pa-
. reniogli, che maggior bontà, & maggior fede non ft potejfe ritrouarein mor­
tal Donna.

Tar. Trima V 3
D e G li He c a t o m Mi t h i
VNA GENTILDONNA FIORENT1NA AMA VNODI VIL
conditioned íígodedi luijvhferuitoreanticofeneauede,&lopalefaai Maritojegli con
aftutomodo, íaluala Donhad farimanereraccufatòrefcornato; doppoalcun tempo,
more1’Adultcro, &IaDonnafimdnienteportaiapena-delPottraggiofattoalMarito.
N O V E L L A VI. 1
1 I iA C Q j f E marauigliofoment e a tutta U brigata U raoconta-
^ ta nouella, & differo le Donne; Sempronio >feil vofiro rdgiona-
mento moflrò fede in jldorno verfo Colonia, noníba mica punto
meno mo{Irata in quefladi Liuia *Agata verfo Confaluo. Et vie
meglio farebbe flata accoppiaia queíla con ^Adorno, che Calonia
non fa , che non gli farebbe flato bifogno di gafligarla, comeegli ne gafligò la Mo-
glie, per mantenerla in vita bonef la . Et doppo alcupecofe fopra ciò dette , Tor-
tia, che Sempronio feguir d em a; mi appareccbiofiiffe cortefi Ciouani, a farui co
nofcere,che tal donna moflra di fuori effere vna fanttigja,cbcpofeia è di animo irn
pudico, & nimico di boncfiàila qual cofa tanto pià volentieriviracconterò, quan
to voi, confiderando le vere, & cbiare virtu v o ftr e ,& fra le altre ilpregio,cbe
tenete deltbonesta,mn vi conofcerete di tal pece maccbiatc, & v i trouerrete tan
to piu degno di lode, per la voftra vera pudicitia, quatito cofiei di cui fon per ra-
gionareffdrà fempre biafimata,per la fua finta boneftà,la quale fi rifolfe finalmen
te in vituperofo adulterio .
D E C E T E adunque fapere, cbe in Fircnge, nobile citta della Tofcana , nel
tempo, cbe Lorengo de Medici la teneua tutta in fede, colla aut tori tà fua, & col­
la fua molta prudenga, /ii vn nobiffimo Gentilbuomo, che per le fingolari fuc vir­
tu, teneua bonoreuole luogo tra magiflrati di Firenge. QueFti,bauea per moglie
la piu bella Donna , cbe foffe in que tempi, nclla città . La quale , come da tutti
era, per la bellegga, lodata : cofi era, per commune opinione,tenuta la piu fauia,
& la piu bonefla Donna , che mai foffe . Ma auenga, clSella foffe riputata tale,
& pareffe , che in leifoffero con molta pace congiunte la beltà, & la pudicitia ,
cbe fagliono effere cofigran nimiebe: nondimeno non mancarono di quelli, che in-
uitati piu dalla bellegga della Donna, cbe impauriti dalla fua boneflà , la foUeci-
tauam,quanto piu poteano,per piegarla a lor dcftderi: auifandofi,cb’ejfendo que
fle due cofc, cjuaft per natura, contrarie, non poteffero flare lungamente in lei con
giunrc. Ma, con tutto qucllo, cbe fapeano farc,nonpoteano ammollire qucl cuore,
che parea,cbc foffe armato digbiaccio contra le faci di Mmore, & di diamante
contra gli fuoi ftrali.Diceua coii ei tutto il di male non pur di quelle dome,cbe ad
altri,che afuo marito lafciuamente fi dauano, ma con fguardi, o con cenni foli m
triuano boneflo fuoco . Ora p affando vngiorno per la flrada,oue cofiei ilaua, vn
Giouanep ü tofio di baffa conditione , cbe nò , affui vago , & gentile ; effendo U
Donna alia fir.cilra, gli pofe ellagli occbi addoffo, & egli a lei, & bebbero tan­
to dt forgo. neUvno, & nelFaltro i primi fguardi, cbe nel cuore dei Giouane s im -
prefft la imagine della Donna , & in qucllo della Donna, quella del Giouane. Et
\primi raggi degli ouhi ddl'vno,& delTaltro accefero tamo di fuoco ne cuori lo­
ro, che
'**■' D E C A T E R Z A . - i %6
r o , che ardeuano hcndibilmente : & tanto haueano pace quanta colla mente
(quando co corpi non poteano) Ivno all'altro fe nandam, . Continuò il loro amo­
re mold difenga alcmfrutto, ma folo co glifguardi niitriuano Ic lor fiamme. Or
qui fe veder coflei, che la cajlitâ, moflrata diangi, era tutta finta , & cb'era.
nataalla lafc'mia, pero che temendo ella, che il Marito non pigliajfe del Giouane
fojpetto, gli diffe, che qucfli era innamorato della Fante , il che fenga fatica per-
fuafe al Marito, come a colui, che conofceua il Giouane di bajfo flato, & la Fan-
te piegheuole a gli amort, nèpotuto haurebbe penfar m ai, che Canimo della fux
Donna, che parea, chefpreggajfe,& nobUtà, & fangue, & calde preghiere, e'r
ricchi donni,et amore ardente,ft deueffcmai lafciare indurre ad amar cofi vilp er
fona,come era colui. La onde aueniua,ch'ejfendo il marito con le i, alia finefir a , j i
pigliaua piacere del Giouane, chefucantoni ft flaua, credendo che vi fleffe ad at­
tendere, che la Fante comparifflc. Ft la finta Donna ft godea di hauerc in talgui
fa ingannato il Marito, che anehe in prcfenga fua, fojfe lecito ali'amante, fenga
fofpetto, vagheggiarla, & a lei fimilmente mirar lu i. Non haueua anchora , nè
ella al Giouane, nè il Giouane a let mandata nè letter a, nè ambafciata, dubitando
non la cofa, che fper I'auttorita del Gcntilbuomo, la quale inducea timor grandif-
ftmo ncll'animo di ambidueJ era pericolofijjima, non ft fcopriffe : & perògiudi-
cauano, che il loro amore fojfe da effere condotto fegretijjimamente, accioche e-
gli non ft fcopriffe con lor gran danno. ^irdeua nondimeno l'vno,& I'altro di de-
fiderio di poter ritrouar luogo, & tempo, o di ragionare infieme, o do, nonpotcn
do, poterfi con lettere, « con megani palefare il fuoco , che tanto maggwrmente
gli ardeua, quanto piu bifognaua tenerlo chiufo. T arendo adunque al Giouane ,
che, a dar compluto effetto a fuot defij, non mancaffe altro,che ritrouar modo con
ueneuoie, & fegreto, dipalefarle le fue fiamme; & flando in dubbto , come que-
gli, che nonfapeua di chi fidarft: intefe, che vi erano certe Monache amiche del­
la Donna, che fouente mandauano a cafit fua qualche cofuccia, la onde egli ad vna
fua parente, la quale era anco arnica della Donna, & in quel Monaflcro era pro-
feffa,vugiorno fe n’ando : & doppo ifaluti, & le accoglienge, finfe , che tra lui
& il Marito della fua lim ante,fofjero nate certe dijfenfioni, & ccrti romori,de
quali nera per riufcire al fine gran male, ejfendo anch'egli da vn gran gentilbuo-
mo fauorito . L'auttorita del quale non era punto minore, che ft fojfe quella del
Marito di quella Donna : & che, per quefta cagione,voleua egli tentare ogni via
per leuar queflo difordine. Ft perche gli era detto, che,s egli poteffe pariare col
la Mogliere di queflo fuo auerfario,fi leuerebbe ogni cagione di riffa;era molto de
fiderofo di poterle pariare, ma non conofcendo queflo a lui pojfibUe,hauea delibe
rato mandarle vna lettera,per la quale il tutto le ftgnificajfe,Sicuro che la prude
■ga della Dona farebbe tata,cbe raccheterebbe I'animo del marito,Ma no hauendo
via di poteria mandare,egli,quanto piu poteua,pregaua lei,che p alcunc fue fuo-
re,maiargliele volejfe,comc sella,et no egli,gliele madajfe,cb'oltre,cbc farebbe
cofa da retigiofa in cercure tal rappacificameto egli anche le farebbe perpetuante
te obligato.La Monacha,che femplice,ct digrofja pafla era,bencbe donna molto
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‘ D E G LI H e C ATOMMITHI
pju faggia di leiqueflo modo di parlarc inga.nnato haurebbe,Jj& far bene fi pen-
fam,promife di farlo; St pigliò la lettera dal Giouane, & ella, fat- ale la coper*
ta di fuá manoycol foprafcritto,colte certe fue herbuccie, & alcuniforetti, & po -
Haui fotto la lettera , alia Donna la mando per quelle ijieffe monache, che a lei
foleuano andare. Tolta la Donna la lcttera,& lettala,& conofcendo,che faman
te glide mandaua, molto feco lo lodò, che, per tal via le haueffe il fuo amor ft-
gnificato,& giudicollo non meno accorto,che faggio ; & diffe allefuore , le quali
portata l'haueano}direte alia Sorella voflra,che le rendo molte grade : & che v -
ferò ogni diligenga , perche ella rimanga fodisfatta di quanto mi ferine, & che,
fe iofipejji cofi feriuere coniio sò leggere, le haurci data bora la rifpofla : ma che
mi sforgerò di farglielc feriuere, & dimane, fe voi per effa verrete ve la daro,
Tartite,cbe fi furon le Suore, la Donna , cui difordinato , likidinofo defiderio
faceua vfare fottilmente lo ingegno al male; chiarno a fe la Fante , la qu.il Ghi­
ta hauea nome : & , motteggiando , di queflo Giouane , come feleano inf erne,
(pero diella artatamente bauea fatto credere a coflei., che il Giouane di lei fofje
innamorato) che tipar dife del tuo amante Ghita?parti,ch'egli ti ami? ti ha egli
mandata quefla letter a,?na il meffo male accorto , credendo mete , a me iba da,
ta ivoglio, che laleggiamo:& doppo que ft e parole, la Donna inferne colla Fari'
t£y rilef e la lettera:& , come che di lui f rideffe ella ,fe ne prefe lungamente pla­
cere. T>oi la Donnayconfderandoycbe I'cra chiufi ognaltra via dipotcrgli rifpon
dere, confaluegga della fua fama ;per mia fc,diffe,voglio, che qucfla volta il
Meffere ti f a cancellieri, a feriuere a coftui y & che diamo paflura a queflo vc-
cellaccio , il quale , veggendofi alquanto bello, ft ifiima di deuerfi haucrc tutte le
dome ; Tanto habbia eghfiato , diffe Ghita : fapete ben voi 3 Madonna,che ho io
tnejfo i animo mio in quel ricco Setaiuolo,chauete detto di darmiper marito.Ma,
fc vipare, che ci pigliamo giuoco di queflo femplice , fa egli come vi place. Coft
venuto che fu il marito, embe due infeme, ridendo ,1'andaro no a ritrouare,& gli
dijfero,, che i amante hauea mandata vna lettera a Ghita , <& glide diedono a
leggere. Fra il Geniilhuomo tutto fefleuole,onde letta la ,f rife , & diffe; certo
merit erebbe queflo tuo amante,Ghita,che ce ne pigliaffimo giuoco;Deh facciamlo
digratia,diffe la Donna al Maritoflo viprometto,che fe io haueffi cofi fiiputo fieri
uere,come io non so gli haurei per Ghita fatta la rifpoHa : Ma f e bene,che glide
ficciate voi, accioche, poi che coftui vuole impaggare, egli ritroui appareccbia-
ta la via. Il Marito,ebe Giouane era, & follagj^euole , & gia fi hauea comin-
ciato a pigliare fpaffo di tale amore, fu contento di riff ondergli:& , come la Mo•
glte gli diffe cofi formo la riffloHa, & a Ghita la die,dicendo ; tè , poi che quefli
vuole effere bcffato,beffalo tu da douero. Vartito il Mefjere,dif'e Ghita alia Ma­
donna,& come habbiamo a far not con quefla lettera ? Dallami, rifpofe did,che
deuendoritornare il meffo , che ha gid me per tcprefo,glide darò io, & farò la
condottrice di queflo giuoco; vennero il difeguente, le fuore, & ella loro die U
lettera, & elle alia Monaca ve la portarono.La quale all'Mmante la diede,& co­
st molte fa te I'vno fcrilfe,& £ultra rifpofc,facendo pur fempre il Marito ( vedete
afitiúa
I /

DE CA T E Rz A. 157
aflutia inufitata,& maluagia) rufi ano dife medeftmo , eir t .Amante la Mona-■
Cdruffiana della fua amica. . Tarendo adunque al Giouane , la cofa andaffe
comeegli deflderaua, con grandifjimo dilctto deliamata Domna , c!;e di lui rifedi­
data ftrancimente era,& congiuoco della Fante,cbe panto non l\irnaua , frcquen-
taua la contrada.St baucndoegli intefo vn giornoyche t amata fi appareccbiaua di
qndare al monaflero di quelle Monache ; Fgli,prima della Donna,v i andò, & f t
dimandar quella,cbe fuaparente era,& con lei fim ifea ragionare. In queflo rne-
gp venne la Donna , & veggendola la Monaca, cbe molto ben la conofceua , dif-
f e ; Tarente, veggo,cheviene la Moglic di quel Gemilbuomo,con cui hauete bri­
ga , vi lajcierò io faueüar con lei,acciò cbe ne poffiate conchiudere la pace; angi.,
diffe egli,voglio,che anco voi vi fiate, cbe forfe 'tl voflro megopotrebbe far quel-
loi cbe io, per me non fa rei. Si mifero adunque tutti e tre a ragionare inficme
( cbefola non voile ella coi Giouane pariare , per non dare fofpetto de fe ) & la
Monaça,con amoreuoli parole,pregò la Donna,cbe voleffe cornpiacere il fuo T a­
rente, in fargli guadagnare la gratia del fuo Marito , cl) ella farebbe opera grata
a Iddio,& della nobiltà di lei dignifftma. La Donna , cbe altro fentimento daux
alle parole della Monaca,cbe quello col quale ella le proferiua: rifpofc, cbe molto
volentieri ellafarebbe cofa grata a quel Giouane,pure cbe il modo, & I'occafione
le ft offeriffe : & coft dicetta ella ,percbe gta per fegrete lettere dell\Amantey
baueua intefo , con qual ftttione egli v-faffe il mego della Monaca : Ma foggtunfe,
cbe fuo Marito era piü di fuo capo,cb'altri non ft penfaua. T u r, cbe fe daua ia -
nimo al fuo Varente diridurfi nella loggia, cb'è nel giardino la in verfo la fera,[
st,cbe, lei prefente,potejfe egli pariare col Marito fuo, & ft difponeffe ad vfargli
qit ella humilta, che fi conueniua, ella opererebbe tanto, & coft efftcacemente col
Marito,che prima,ch'egli indi ft partiffe,ft chiuderebbe la pace. Il Giouane, cbe
ben conobbe quel, cbe importaffero le parole della Donna,a queflo fare ft moflrò
molto difpofto, coft,con parole daambiduc lorofolamente intefe, moflrando , cbe
importaffero altro i lor ragionamenti,che I effato, cbe ne deuea feguire, dierono
ordine ad effere infleme. €t,eflendo foprauenttte nella republica cofedi molta int'
portangajftaua il Marito nel tempo della Hate,come fojftdi verno,in configitoy
co git altri inftno alle tre ,& alle quattro bore di notte,a cercare di prouedere at
bifogmdellecofeycb’erano occorfe; Mndò la fera feguentc il Giouane a vn lato del
giardino, luogo tanto folingo , che maiperfona non vi paffaua : & vide, cbeindi
la Donna gli bauea mandata giu dalla fineflra vna feala di funeper la quale egli
fepoteffe a lei ftcuramente fatire:& per quella faltil Giouane nella camera
fe nentrb,alla quale,fingedo la Donna voler direfue orationi,con f officio, & con
vn lume in mano fe nandò z&,ritrouatoui iMmante,fu molto cotenta,& amore-
uolifjimamete lo raccolfe:& doppogli affettuofi baci,andatifene arnbidue nel let-
tOylunga pegjG1inficme ft follaggaromr, & indi dato difcrcto ordine alio auenire,
il Giouane,Jcendedo per la medeftmx fcala,fe nandò. Continuarono molit giorni,
queflo giuoco jfenga cbe perfona mat fe tie auedcffe.Ora voile la Fortuna,diflurba
trice dc gh altrui diletti,o pure Iddio (come èpiu da crederej al quale eragiun:0
illcTgo
DE g l i H è c a t o m m i t h i

ii IrZZP deltoltraggio,cbc,con tate infldiefaceua cofiei al fm Marito,il qual pià,


cbe la fua vita l'amaua} che vn antico Famigliar di cafa vidcyngiorno, che Ma­
donna fi traíhtllaua in camera con cofiui.€t,come fedele,& gelafíy delihonore del
ftio Signore,appena ft rattcnàéiche nonfaceffe viUania alia Donna , che tal torto
faceffe al Marito,& non cercajfe di vccidere l^tdultero.Ma fappiendktvli,che il
vino fpcffo gli toglieua il cerucko,& che,per le pax$ie,cb'egli facetia y yjf diceux
cbbro,nogli era pofcia creduta cofa,cbe ft diceffe,fobrio,anchora ché verífjima ti­
la foffe,feco delibero,che’I Signore tileffo,a quefla volta, ritrouaffc la gallina ful-
ívoua.Ft andò con queflo penfiero al conftglio,& fece afe chiamareil fuo Signo -
re, & gli diffe,con infinitofuo difpiacere, quel, ch'egtidi Madonna bauea veduto;
dr gli foggiunfe,che s'egli non indugiaua molto a ventrfene a eafhytroucrebbc,che
il vino nonglifacea dire,a qucfla volta,le marauiglie.St il Marito,difJe tra fe,et
pur'bora bifognerebbe ,cb'cbbro le marauiglie ti hauefji veduto, dr nonfoffe vero
ciò,cbe tu mi di.Fu duro al Marito il credere ciò della fuá Donna, la quale ttneua
egliyche foffe nonfolo honefla,ma fanta:dr efjendogli fpetialmente detto da (ale,
quale era coflui,ne Jlaua molto dubbiofo.Tur,pofcia cbefe Cbebbefatte direvm ,
dr due volte,parendogli di vcderlo con mentefana,deliberò dinon volert,che po
teffe tanto appreffo di lui í opinion della fede,ch'egli bauea dellafua Donna,che no
voleffe chiarirft di queíio fatto.Ma prima diffeal Famigliare,tu fei vbriaco , dr
non ti credo nulla; €t egli riff>ofe,mi penfaua ben to,cbe cofi mi direfle : ma, fe vi
auacciate,vedrete quello,cbe to non baurei voluto v edere. Maiper te,diffe egli,
fe io vengo a cafa,dr non ritrouo vero quel cbe detto mi bat, per mia fe ti trarro
il vino del capo:dr affermando pure egli,che cofi era. Tê,dijfe il Signore, queíio
coltello (dr dieglt vna ffada di quelle dcll'vfjicio) dr vattene a cafa , dr ponti a
piè della feala,onde ft feende alia porta:dr ,fe quefli fcendc,prima ch'io arriui,vc-
cidilojenga riguardo alconofe nonfeende,non far mouimento alcuno,dr ajpetta-.
mi.ll Famigliarfe ne ritornb a cafa:&,andato di nuouo alia camera cheto,cbcto,
fenti lo fchiamaggiOyche faceano infeme i due limanti.Ft,veduto, cbe vi era an­
co (Adultero fitornb aliafeala,col coltello,per farefe bifogno foffe, quanto il Si­
gnore detto gli baueua:dr ad altro non attendeafe non ch'egli toflo ft ritornaffe a
v cafa.il Gcntilbuomo,da contrari penfieri combattuto,dc quali alcuni lo fpronaua-
no a non poter credere,cbe la Donna,ch'egli bauea per boneiliffima, a ft foggo at-
to ft foffe ridotta. ^Alcuni lo induceano a credere al Famigliarfuo,cbe con tanta co
flanga ciò gli ajfermaua,deliberò di andarfene a cafa,appareccbiato dlivna,et al
ialtra fortuna;dr andatofi a quefli maeflri,cbe fanno le funi,dr fappiendo quata
foffe (altegga dallx finefira al baffo nelgiardino,tanta fune coperò,quata, fattile
alcuni groppi dapoterefalire,& feendere ,gli p arue di bifogno: d r , con effa nafeo-
íla fotto il mdtellOyã cafa fe n'dndò.Ft,ritrouando il Famigliare, che I'aitendcua,
dhnadò fecoliti vi foffe;MeJJer si,chevic,rifpofe cgli;tornaUi,diffc il Signore, dr
gnata bene,cbe non t'ingani;,Andou\,& al Signore rhomb,dr di(Je,cbe vi cra,et
e/ano abbracciati inf erne Madonna,& Ini ncl letto. r.afic ;! CrntUhimnó il Fa-
ire a pie della feala col coltello in mano,colli me rln\ ’f'one-Jt r id e *
I-
D £ C A T E R Z h. '
ref^du ltetyite & $ f ^ e m s & ’-fe riandb a ü ^ t m e r ^ e t f ^ r ^ ^ ^ t ^ la fua
Dona it\ braccio. #g%ét&ante.Sarebbe malageuok i l m ^ t ^ q m l cCeft maggiore
affamo fo[teneJj£3ogü lim anti veggendofiJ èp fâ U ^ d lk u o m o , & ffeúalm en­
te taLfalb dal Marito ritrouatA^fl&M&t0 veggendofi cofi afpra-
m eni^,o^kéitk^r£,ãatQ £^i il miniftro (pfçç jflfggliincontanete conobbe
d u l t e r ( ^ é ^ l f p ç ^ ^ ^ ^ 0 ^ le letters ^i^fjtj^ttergogna.tJeliaffanno di am
della vita,peryederft colti nelfallo,cuifo-
10 ft deuèjttper ggtftigiylaanoi^e^Q-poco mcno, the morti; la ondegittatifi am-
bidue a pièdidel Gçtilbmmofu£plkbeuQlmête,collc lagrime a gli occhi,gli cbie/e
ro era,& accorto,& che,alleprime pa
role del SerM,haueeetr^tt^oflOiquanto di fare intendcua : non fè, come molti
■Wh f anno,che a romori,alle gridd$alle buffe,et alle palefi morti ft danno,& fanno ad
ognunofaper qucUo,che,con ogni iludio (fe foffein loro punto dyingegnoJ deureb-
bono pater celato,Ma voltatofial giouane,che tutto tremaua nel fuo cofpetto, gli
diffe;i'oltraggws,the fatto mi bai,Maluagio, meriterebbe , che io ti leuaffi la v i­
ta ^Aavegho^be quefio fallo,per mia bontà,perdonato ti ft a , pur che due cofe a
■íSf
'S far ti dkfponghi; L'vna, che tu mi prometta di mat non pariare di do a perfona;
Vultra,che per quefta fune ( & cofi dicendo gli moflrò la fune,ch'egli fecoportata
haueaj da quefia ftnejlra tacitamente ti call nel gtardino, & via te ne va d i, per
non ritornare qut piu mat per tutto il corfo della tua vita. Et,fe quefte due cofe di
far non ti piaccia,raccomanda £anima a Iddio,& acconciati a riceucre hor hor la
morte.If Giouane,alla prima propofla ft moflrò molto di(pofto,&giurogli di cofi
fare,come egligli imponeua.Dell'ultra,ft moHrò eglipaurofo: & , temendo, che
11 Gentiihuomo nongli haueffc a tener fede,per effere sigrauemente offefo,fe per
la fune feendeua; gli diffe,me ne andrò io,Signore,quado cofi vi piaccia,per quel-
la fcal.i,onde io qui fon falito, laqual anco pendedalla fineftra; conobbe allbora il
Gentiihuomo,che non per £vfdo,come egli ft hauea penfato,ma per la fineflra era
falito l ^Adultero alia Donna;& gli diffe,chefè nandaffe, con propojito di tener
do in perpetuo filentio.Tartiffi il Giouane,& il Gentiihuomo,riuoltatofi alia Mo
glie,che,tutta trcmante,dirottamente piangeua, & chiedeua pietà, & perdono
del fuo fallo; la prefeper la mano,& diffele, L'amorc, che io ti porto, Moglie, non
meritaua g ià , ch'io riceueffi tale ingiurie da te : Ma pofeia, che contra ogni deue-
r e , cofi è pure auenuto ,fia quefto fallo della tua giouaneyga , & tmputift al tuo
non hauer conofciuto piu oltre . Sara bene debito tuo , non incorrer piu inftmile
errore, perche non mi ritrouerai fempre ta le, quale tu mi ritroui hor a ; ^Afciuga
adunejue le lagrime & racconfolati, nè ti pigliare per hora p\U maninconia di do
come fe tu errato non hauejji: & con quefle parole ,fintamente dette, racchetò
la Donna : & fattala rafjettare in maniera, che non pareffe nè dolente, nè tur­
bata, lafè federe , coli officio in mano , in habito di orare : Et compofle le cofe in
quefta guifa, afeofta la fcala, & la fune altrefi, in luogo fegreti(]i?no,et che eglifa
peua folo jfcefeal fuo Famigliare : & come ritrouato non haueffe £^Adultero,gli
dimandò, segli forfe fojfe venuto g itt, perche, per molto che cercato ne haueffe.
von

— S>i J.
D e G li H e c a t o m m i t h i
rion Vhaueua in luogo alcuno ritrouato.Pffpofe il Famigliare,ck*çgli fcefo non era»
Dimandò il Signore, saltra via vi era,onde egli poteffe vfcire di cafaffenon U por
ta. Il Famigliare rifpofe,cbe no; & foggiunfeyche nonpoteua effere , cb’egli non
fofje in cafa.il Gcnúllmomo,veduta la coftui pertinácia la quale nondimeno pro-
cedea dalla verita dei f i tto,voile,cb'cgli ifleffoa eercare tutta la cafa andaffe,&
dif}'egli;fe tu lo ritroui,famnii cenno, perche io,colle mie mani,vccidere lo voglio:
& scgli forfe afcendcrâ per qui,,douemilafci, Vvcciderò , & cofi ft pofe a piedc
della ficula, col coltell o in mano. Qucfli andando difopra,et veduta la Donna tutta
lietílynelfhabitOydhabbiamdetto , rim.ifefoptadife : & d a tofi acercareyper tut
ti i lnogbiy&per tutti i cantoni, ne quali gli pareua , che colui ft foffe potuto na-
fcondcrc:& non lo vi ritrouandofcornato fe ritorno al fuo Signore. Et.gli di]fe;Si
gnorcycofi mi aiuti IddiOy come colui nella camera età cm Madonna quando voi
venifle a cafa,& allbora,che mi mandajlc difopra•ve lo ritrouni.Ma per qual via
ft fia egli vfcito di cafa,non mi so io penfireynon cieffendo ultra v2a,chequeUa di
q a eft a porta. Ullbora il GentilbuomOyCon mal vifoyfi volto verfo l u i g l i dijfe
VbriacOyYion fo a che mi tenga,ch'io non ti dia tanto di queflotoltcllo fu ia tefia ,
che ne tragga il vin o ,& che non t'infegni di aprire vnaltra volta tanto gli occhi^
che tn non trafueda. Beflia infenfatay che tu sè,vammifuori di cafa alia malbora,
& faycbe tu non folo, non dichi mai di ciò parola ,ma che non mi venghi piü mat
dinangiagli occhi,cbe tifarò d o l e n t e datigli que danari,ch'egli auangaua con
hiypibito, come foffeflato vbriaco,via lo mandò.Si parti il Famigliare triflo,&
dolente auedendoft, confuo dannoyquanto fia meglio tacere y ve?gcndo coje tali,
che dicendolcy trafjiggere gli animi di coloro3che vorrebbono,chefoffe loro piü to
fio apportata la morte, che v d ire ,& v edere cofa di tanto cordoglio. Confcruato
adunque il Gentilhuomo il fuo honore quello della Doma,almeno in apparen­
t l y leuandòne il mormorio,che ne haucrehbe potuto nafcere,non ft dimentico per-
' cio I'onla fattagliyãtigi feruandolaft dentro il cuore,fenga fam e dimoflratione al-
cuna,aff ettaua che il tempo,gli apparccchiaffe commoda occafione alia vedetta ,
dell1adu ltero,& della Moghe.Ma (froueduto cafogli leuò I'.Adultero dinan-
gi,perche cfjendoft egli,poco dapoi,andato a bagnare in ^Arno,vi ft affogò mifer a
mente.Sola rimanea la Donna da effere punita,come meritaua il delitto commcffo
& hauendo intefo il Marito,che I'.Adultero ft era affogato in Arno; Et tu ancho­
ret, diffe trafe, Mogliefeelera ta , & infedelc,andrai nell'onde dell\Arno a giun-
gerti con lui. Et doppo alcungiorno, diffe alia Moglie ,che voleuayche il primo di
Luglio ambiduefe n’andaffero in contado,ad vn podere molto gentile, oue foleano
diportarfi foucntenel tempo della flade.St come hebbero queflo in f eme delibera­
to, fe tenere vna mula a folo biada forfeperotto giorniyfenga farle dar maigoc -
cioU rfacqua a here:fingendo,che le foffe venuta infirmita, che a queflo modo fof­
fe bifogno curaria; venuto il giorno deflinatoffe porre ad ordine ogni cofa , chi'era
neceff'aria al viaggio, & domando egli alia Donna fe forfe fit I cauallo ellavolea
montare:mi montcro ioflulla mula come foglio, rifpofe ella, come piü agiata , &
piü defira,p e r me,che i caualli no fono;fono riprefe egliJaUumgiorniJcl)abbiadA->
ta ell 4
D eca T erza. 159
ta dia èy& fem& here è ft ata,non vorrei, tbe qualche m a levt ne auemfje. Klprt
auerrariffiofe tila; Montati adunque a cauallo, la Donna fulia mula, come vfata
[eray&?*tglifopra vn fuo corftero,le dicde a cuftodiafua vnpalafrenieriy & impo
fegliycbe nonfi deuejfe partire dalla Donna» St andando áanúando, & motteg-
giando lungo *Arno, giunfero in vn luogo , one era diroccata la ripa y & 1'acqua
profondifJima,<&‘ reftò ilGenúlbuomo dietro a tutti gli altri,come egli vn non sò
che3fé tft voleffe; & pofta la mano full'arclone, come quegliy cbe agiliffimo era,
ft trafféfuori difella; & finfe di effere caduto,come il corfuro a terra gittato Cha,
ueffe: il ebe fu tanto piit ageuolmente creduto,quanto fcefo il Genúlbuomofil cor-
fierofi mife fu faltiy& <*correre,cio veduto i ferultori corfero al lor Signore . Il
Talafreniero y cb'attendeua alia mula y & era a cuflodia della Donna, fi diede a
correr dietro al cauallo,p er fermar lo,& prenderlo . La mula,che di fete ardeua
tofto cbe le ft tolfe d'appreffo il Talafrenieri, prefo il freno co denti, con tutta la
Donna,di vn falto ft gittò nel fiume; la Donna, nel correr, cbe fe la mula verfo il
ftumtyft diede agridare: il Marito,chefenti la voce, che è egli ciò ? diffe, & ri-
fpondendogli i feruitori,cbe la mula bauea portata Madonna nel fiume,fubito com
mife che ognuno lafciando lui fcbefingea nonft poter mouere,come nel cadere da
cauallo ft baueffe fiaccate Coffq) adaiutarla andajje. Ma non prima vi potègiun•
gere alcunoperfoccorfo,cbe la Donna,che caduta della mula era,ft annegò, della
qual cofa ft moftrò il Maritofopramodo dolente , & fe gran romoreycome ciò ba­
ueffe hauuto a male y col Talafrenieri y cui commeffo bauea la cura della Donnay
cbe da lei partite ft foffe. La mula f caricata dal pefo della Donna , alíaltra riua
falua fe riandò. Il Marito,fingendo non poter piü viuere, poi cbe la fua cariffima
Mogliera bauea perduta: moftrò difentirne infinito dolore> & veHi fe, & tutta
lafamiglia di habito lugubre. Et,fa t to cenare del corpo y & ritrouatolo , lo fè
fepellire conpompafunerabile ;coft in vn medeftmo flume bebbero il guilderdon
delle lor male opere I'^Adultero,& la infedel Moglie,per giuftitia diuina,per ba-
uere egli ingannata perfona religioft, & fattafi,col mego fuo y la via al peccato.
Et la dishoneHa Donna per batter ingannato il Marito, n'hebbe allbora la penay
ch'ella ft penfauaydipiu,cbe mat gioire: come ancoil Maritoyallbora cbe pit*,che
mail yfedele la ft credeuaftn adulterio la ritrouò.*V
V N C A P 1T A N O M O R O P I G L 1 A P E R M O G L I E R A V N A
cittadina Venetiana,vn fuo Alfieril'accufadi adulterio al Marito; cerca.chel’Alfieri vc-
cida colui,ch’eglicredea I’Adulcero; il Capitano vccide la Mo glie, è accufaro daL’Alfie-
ri,non confefla it Moro.ma effendoui chiari inditii,c bandito>Et lo fcelerato Alfieri,cre-
dendo nuocere ad altri,procaccia a fe Ia morte miferamente.
N O V E L L A V II.
V B BO 'Lfp bauuta gran pietà le Donne al cafo della Fio-
rentinafe I'adulterio da lei commeffo,non glieibaueffe fatta parer
degna di ogni granpena : & parue loro, che la patienga del Gen-
tilbuomo foffe (lata piu , che grande ; & furono d'opinioney
cbe a gran fatica ft farebbe ritrouato vnaltro y cbe veggendo
la mo-
D e G li H e c a t o m m i t h i
ia moglie in tal termine>non hauejfe data morte alivno, & alTaltro. Ma confl-
derato poi piu maturamente tutto il proceffo , giudicarono cb'egli prudent/Jfmx-
mente hauefle fatto . Fra quefli ragionamenti Curtio3al quale mirauano tuttigli
altriy afpettando, cl/egli defle principio alia fua nouella. Io non credo, dijje , che
fi a in liberta nè de gli huomini, nè delie dome il fuggire la paflione amorofx :
perche la humana natura è a ciò tofi difpofla, chefpeflo ne gli animi noflrifnoflro
malgrado) fi f i potent:jjima fentire. Ma con tutto ciò, credo io bene, che fix in
arbitrio di bonefla donna , quando fi fcnte di tal flamma accefa, voler phi tojlo
monrfly che per dishonefia voglia3 maccbiare quella pudicitia, chedebbono offer
uare le donne3come vn candido Mrmelino ,fenga punto di macchia. Ft credo,
che merto crrino quelle, che fciolte dal fanto legame dei Matrimonio 3 efpongono
i corpi loro a diletto di ognuno, che donna maritata 3 che con vn folo, adulterio
commetta. Macomc queftariceuette degna pena dclla fua colpa , cofi auiene
talhora , che yfenga colpa ,fedele , & amoreuole donna 3 perinfldie tefele da
animo malmgio.3& p e r leggieregga di chi piu crede, che non bifognerebbe 3da
fedel marito riceuemortetcome da quello3chora v i fonper raccontare manifefla-
mente vedrete.
F V git%in Venetia vn Moro,molto valorofofilqualc3per effere pro della per-
fona3& p er hauçr dato.fegno3neüe cofe delia guerra, di gran prudenga,& di vi-
uace ingegno., era molio caro a que fignori, i quali nel darpremio agfiatti ver -
tuoflauxngano quante Republicke fur max. Muenne3che vna virtuofa Donna3di
marauigliofa bellegga, Difdemona cbiamata, tratta non da appetito donncfco3
ma dallx virtu del Moro3s innamorò di lui:& egli , vinto dalla bellegga , & dal
nobile penfltro ddla.Donna fimilmente di lei ft accefe3& bebhero tanto fauoreno
leMmou3chc ftcongiunfero infleme per matrimonio 3 anchora che i parenti della
Donna faceflèro ciò, che poterono, perche3ella altro marito ftprendeffe , che lui:
&viflcro infieme di fi concorde volere intanta tranquillità3mentrc furono in
Venetia, cbcmaitraloro non funondiròcofa, ma parola men , che amoreuole.
O.ceorfe,che i Signori Venetiani fecero mutatione delle.genti darme3ch'ejjifoglio-
no tenere in Cipri:& eleflcnoper Capitano defoldati3che la mandauanofd Moro.
Il quale3anchorache molto lieto foffe dcUhonore3chegli era offerto (pero che tal
grado di degnità nonfi fuol darefenon ad huomini 3&nobili, & fo r ti , & fcdeli,
& chehabbiano moflrato hauere infe molto valorejfl fdemaua nondimeno la fua
allegregga, qualhora egit fi poneua innangi laltingbegga 3 & la malageuolegga
dei viaggioyp enfindofiychc Difdemona ne deueffe rimancre ojfefa: la Donna, cbe
altro bene non haueua al mondo,che il Moro, & era molto contenta, dei teilimo -
niOychaueua bauuto il Marito della fua virtu da cofi poffente, <&■nobile Republi­
ca nonvcdeai'bora3che il Marito3collefue genti 3fi metteffc in camino, S ' elia
andaffefico in compagnia in cofi honorato luogo3ma le dauagran noia il vedere il
Moro-turbato. €t,nonne fapendo la cagione,vngiorno mangiando gli diffe ; Che
vuole cgli diryMoro,che ponche vi Illato dato dalla Signoria cofi honorato gra-
do,ve ne Hate tanto maninconico; a Difdemona dijjeil MoroflTurba la contente
ga dd
D E C A T E R 2 A. 16®
%a dei riceuuto honore , hamore, che ia ti porto , perche io veggo, di neceffitèi
(Idle due cofe deuerne auenir Ivna : onero , chio ti mcni con cffo meco a pericoli
del mare : onero, che per non ti dar queflo difagio ti lafci in Venetia. La prima
non mipotrebhe effere fe non grane, perche ogni f atiça, che tu ne fofleneffi, &
cguipericoloycbe ci foprxuenijj'e , mi recherebbe ciirema molefiia. La feconda,
deuendoti lafciarefmi farebbe odiofo a me medefimo ; perche, partendomi da te,
mi partirei dalla mix vita . Difdcmona , do intefo; D eb , difje Marito mio , che
penfieri fon queHi che vi vanno per I'animo a che lafdate, che cofa tal vi turbi?
vogliojo venire con voi , ouunque anierete, Se bene cofi dcutjji paffare in carnis
feia per lo fuoco,come fon per venire per acqtta con voi,in ficura, & ben guarni-
ta naue : & ,fe pure vi far anno pericoli, & fatiche, io con voi ne voglio effere a
p a rte ,& m i terrei d'efferepoco amata da voi,quando,per non mi bauerein com-
pagnia nel mare,penfa He di lafeiarmi in Venetian vi perfuadcHc, chepiu to Ho
mi voleffiftar qui ficura, cheffere con voi in vno iflefjo pericolo. Tero voglio,che
v i apparecchiate al viaggio,co tutta quclla allegregga,che merita la qualità del
grado, che tenete. Gittò allbora le braccia al collo tutto lieto'il Moro alia Moglie-
ra ,& con vno affettuofo bacio le diffe;Iddio ci conferui lungamente in quefla amo
reuoleTga, Moglie mia cara : & indi a poco, pigliati li fuoi arnefi,& mcjfbffi ad
ordine per lo camino,entro collafua Donna, & con tutta la compagnia, nella ga­
lea : & date le veleal vento, ft mife in camino : & con fomma tranquillità del
Mare, fe handò in Cipri. Haueua cofiui nella compagnia vhMlfiero di belliffima
prefenga, ma della piufeelerata natura, che mai fofje huomo del mondo.Sra que-
Hi molto caro al Moro,non hauendo egli delle fue cattiuità notitia alcuna. Tcr-
che, quantunque egli fofj'e di viliffimo animo,copriua nondimeno, coWalte, & fu-
perbe parole, & colla fua prefenga, di modo la v iltà , chegli chiudea nel cuore ,
che ft fcopriua nellafembianga vnHettore, od vno Mchile. Hauea fimilmente me
nata queHo maluagio la fua Moglie in Cipri, la quale era bella, & honeHa Gio-
uane:& per effere Italiana, era molto amata dalla moglie del Moro, & fifiaua
la maggior parte delgiorno con le i . Tsfella medefimo, compagnia era anco vn Ca
po difquadra, cariffimo al Moro : Mndau* fpeffiffime volte queHi a cafa del Mo­
ro, & (feffo mangiaua con lui & con la moglie. La onde la Donna che lo co-
nofceua cofi grato al fuo Marito,gli daua fegni di grandifjima beniuolenga. Let
qual cofa era molto cara al Moro . Lo feelerato Mlfiero, non curando punto let
jede data alia fua moglie,nè amicitia,nè fede,nè obligo , chegli baueffeal Moro,
s innamorò di Disdemona ardentiffimamente; & vòltò tutto il fuopenfiero a ve-
dcre,fcglipoteua venirfatto digoderfi di le i: ma nonardiua di dimoflrarfi, te­
mendo, che,fe il Morofe ne anedefe, nohgli deff?fubito morte . Cerco egli con
varij modi, quanto pin occultamentepoteua, di fare accorta la Donna, chegli la
amaua. Ma ella, chauea nel Moro ogni fuo pcnfiero , nonpenfaua punto nè alio
Mlfiero, nè ad altri. Et tutte le cofe,chegli facea, per acccnderla di lu i, non phi
operauano , che fefatte non le haueffe. Onde s imagino cofiui, che do auemffe,
* perche ella foffe accefa del Capo di fquadra-,&pensò volerlofi leuar dinars ag i
oedn
D e G li Hecatommithi
Qcchi, & non pure aciò piegò la mente, Ma mutò l'amore,ch'cgli portaua alia
n
Donna, in acerbijjimo odio;& fi diè, con ogm fludio, a pen fire, come gli potefje
n
venir fatto,cbe vccifo il Capo difquadra, [e non potejje goder della Donna, il Mo
d
YO anco non ne godeffc. Et riuolgendofi per Canimo varie cofc tutte federate,
n
maluagie, alia fine, delibero di volerla accufare di Adulterio al Marito, & dar-
b
gli ad intendere, cbe I'Mdultero era il Capo difquadra ; Ma fappiendo coflui la- d
more fingolare, theportauail Moro a Difdemona , e-r I'amicitia, çljcgli bauea n
col Capo di[quadra,conofceua apertamente,cbe fe con aftuta froda nonfaceua in- a
ganno al Moro, era impojfibile a dargli a vedere nê l'vno,nè I'altro . Ter la qual
fi
cofa fi mife ad afpettare, cbeil tempo , & il luogo g[i apriffe la via da entrare e4
a cofi[celerata imprefa. Et non pa[sò molto,che il Moro , per bauer meffa ma-
%
no alia jpada il Capo di [quadra , nellaguardia, contra vn Soldato , & dategli 0
delle ferite , lo pnuò del grado : la qual co[a fugrauiffima a Difdemona . Et mol- t
te volte baueua tentato di rappacificare U marito con lu i. Tra queflo mego d i [ c
f e d Moro alio [celerato o lf ie r i, cbe la moglie gli daua tanta [cccagtne perlo r
Capo di [quadra , cbe temcafinalmente, di non effere aftretto a ripigliarlq. Trc-
[e da ciò il mal'huomo argomento di por mano a gli orditi inganni, & diffe; Hi t
for[e Di[lemona cagione di vedcrlo volentieri. Et perche ? diffe il Moro , Io c
non voglio, rifpofe I'^tlfcri, por mano tra marito , & moglie : ma , fc terrete
Í
aperti gli occbi, voi ftejjo lo vi vedrete; 7 {e per diligenda , che faceffe il Moro,
voile I'Mlfieri piü oltre paffare: Ben cbe lafúarono tali parole, cofi pungentr {pi­
na nelianimo del Moro, cbe fi diede con [ommo fludio a penfare ciò, che volcjfc-
ro dire tali parole , & [ene flaua tutto maninconiofo.La onde , tentando vngior-
no la moglie di ammolire tiro.[ua ver[o il Capo difquadra , & pregandolo a non
volere mettere in oblio la [eruitu,& I'amicitia di tanti anni,per vn ptet iolo [alio;
effendo mafjimamente nata paceffrail Soldato [erito & il Capo di [quadra, ven-
ne il Moro in ira , & le diffe : Gran co[a è quefla, Difdemona , cbe tu tanta cu­
ra ti pigli di coflu i, Non èperò egli nètuo Tratello, nè tuo Tarente, cbe tanto
ti debba effere a cuore. La Donna , tutta corte[e, & bumile; non vorrei, diffe,
che voi vi adirafle con meco, altro nor^mi muoue, cbe il dolermi di vederui pri-
uato di cofi caro amico, qual sò, per lo teffmonio di voi medcfiimo , cbe vi è flato
il Capo di[quadraino ha peròegli comeffo figraue errore, ebe gli debbiateporta-
re tato odio. Ma voi Mori[ete di natura tanto caldi, cb’ogni poco di cofi vi moue
ad ira, & a vendetta. M quefle parole piü irato rifpofe il Moro,tale lo potrebbe
prouare,cbe non [el crede : vedrò tal vendetta delle ingiurie, cbe mi [on fatte,
che ne reflerò [atio. Bfmafe la Donna tutta isbigotita a quefle parole:&, veduto
fuor del[uo coflume,il Marito,contra lei rifealdato , bumilmente diffe; altro,che
buon fine,a parlarui di ciò non mi ha indotta,ma perchc piu non vi babbiate di a-
dirar meco, non vi diròpiü mai di ciò parola, ueduta il Moro la inflanga,chc di
mono gli bauea fatta la Moglie, in [wore del Capo di [quadra , s imagino cbe le
parole,che gli bauea detto l\Mficri,gli baueffero voluto figrnficare, the Diflemo-
na foffe iunamorata di Ini, St fe nandò a quel ribaldo tutto man'meoniofo , & co-
mine to
D e c a T e r z a . t6 l
mncib álcMàre ,ehe egli pin apertamente gli parlaffe. VM lfieri, intento al dan-
no di quefta mifera Donna,doppo fhauere finto di non voler dir cofit,che foffc per
difpiacergli,moflrandofi vinto da preghi det Moro, diffe;Io nonpoffo negare, che
non mincrefca incredibilmcnte, di hauerui a dir coft, chefia per ejferui piu di qua
lunqne altra molcfla : ma,poi che pur volete,ch'ío la vi dica, & la cura, che io
debbo hauere dell'honor vojlro , come di mio fignore, mi (prona anco a dirloin,
nón voglio hora mancare nê alia vojlra dimanda , nèal debito mio . Deuete
adunque fapere,che, non per altro, ègraue alia Donna vofira il veder il Capo di
/ quadra in difgratia vofira,che per lopiacere, che ella fl piglia con liii,quathora
egli in cafa vojlra vienetcome colei,a cuigià è venuta a noia quefta vofira neregI
%a. Quefle parole pafforono il cuore al Moro infino alie radici:Ma,per faperpiu
oltre Canchora, ch’egti credcffe vero quanto bauea detto I'Mlfieri, per lo fofpet-
to , chegiâ gli era nato nelíanimoJ diffe, confiero vifo; non sò io che mi tenga ,
che non ti tagli quefta lingua,tanto audace, che h i hauuto ardir di dar talc infa­
mia alia Donna rma . IfMlflero allbora non mi afpettaua , diffe, Capitano, di
queflo mio amoreuole vfficio,altra mercede;Ma, poi che tanto oltre mi h i porta­
to il debito mio,et il defiderio dclPhonor vojlro : io vi replico, che coft f li la cofa,
come intefa l'bauete,& fe la Donna, col moflrar di amarui, vi h i coft appannati
gli occbi,cbe non habbiate veduto quel, che veder deueuate, non è mica per ciò,
che io non vi dica il vero. Ter che il medeflmo Capo di fquadra I'ha detto a me, co
me quegli, cut nonparetta la fua felicita compiuta,fe non ne faceua alcuno altro
confapeuole; Et gli foggtmfe : & ,feio non hauejji temuta fir a vo fira , gli ha-
urei dato,quando ciò mi diffe,quella mercede, coll'vcciderlo, della quale eglt era
degno. Ma pofeia, che ilfarui fapere quello, che piu a v o i, che a qualunque al­
tro appartiene,me n efi hauere coftfconueneuole guiderdone: me ne vorrei effe­
re flato chetOycbe nonfarei, tacendo, incorfo nella difgratia vofira . Il Moro al-
Ihora tutto crucciofo,feno mi fai,diffe vedere cogl'occhi quello,che detto mi hat,
viuiti ftcnro,che tifarh conofcere, che meglio per te farebbe,cbe tu foffi nato mu-
tolo. Mgeuolmifarebbe flato queflo ,foggtunfe il Maluagio, quando egli in cafa
vofira veniua,ma bora,che,non per quello che bifognaua,ma per vie piu lieue ca-
gionefl’hauete fcacciato,non mi potrà efferefe non malageuole,chc anchora che io
flimiycl) egli di Difdemona fl goda,qualhora voigliene date I'agio, molto pià cau-
tamente lo dee fare hora, che fl vede efferui venuto in odio , che nonfacea di pri­
ma.Ma ancho non perdo la fperan^a di poteruifar vedere quel, che creder no mi
volete.Et con quejle parole fl difpartirono.il mifero Moro,come tocco da pungen-
tiffhno flrale ,fc nando a cafa,attendendo che veniffe il giorno , che I’Mlfieri gli
faceffe veder quello,che lo deueafar,per fempre,mifero.Ma non minor noia daua
al maladetto Mlfieri la caflit à,do egli fipeua,che offeruaua la Donna, perche git
parea non poter ritrouar ruodo afar credere al Moro quello, chefalfamente detto
gli haueua:et,vo!tato in varic parti il penfiero,pesò lo[celerato a nuoua malitia.
. Mndaua fouente la Moglie del Moro,come ho detto,a cafa della Moglic dell'Mlfie
?i»& fe ne fiaua co lei buona parte del giorno, onde veggedo coflui ch'ella talhora
Tar. Trima X
D e G li He c a t o m m it h i
portaua feco vnpannicctlo da nafo , ch'cgli fapcua , cbc le bauea donato il Moro,
il qual pannicello era lauorato alia morefca fottilifjimamente, & era carijjimo ab
la Donna,& parimentc al Moro fi pensò di torglideJeer etamente,& quindi ap-
pareccbiare 1'vltimo danno. Et bauendo egli vna fanciulla di tre anni, la quale e-
ra molto amata di Difdemonayvn giorno,cbe la mifera Donna a cafa di queflo reo
fi era andata a flare3prtfe cgli la fanciulla in braccio, & alia Donna la pofe ; La
quale la prefe, & lafi reccò al petto; queflo Ingannatorc,che eccellentementegio
caua di mano, le leuò da cintola il pannicello cofi accortamente, cb'ella punto non
fe ne auide, & da let, tutto allegro, fi diparti. Difdemona, ciò nonfippiendo, fe
ne andò a cafa:& occupata da altri penfieri, non fi auide del pannicello. Ma,indi
ad al quanti giorni, cercandone, & nol ritrouando, ftaua tutta timida, cbc il Mo-
ro non glide chiedeffe,come eglifouentc facca.Lofcelerato Mlficri,pigliatoficom
modo tempo, fe ne andò al Capo di fquadra,& con afluta malitia gli lafcio il pan
nicello a capo dei letto,nè fe ne auide il Capo di fquadra,fe non la feguente matft-
na,che leuandoft dei letto, ejfendo ilpannicello caduto in terra,vi pofe il piede fo-
pra : nè fapendofi imaginare,come in cafa 1'bauefje,conofcendolo cofa di Difdemo-
ne, delibero di dargliele : & attendendo che il Moro fojfe vfeito di cafa,fe ne an­
dò altvfcio di dietro, & iui piccbiò; voile la Fortuna, cbe parea, cbc coli'olfieri
congiurata fi fojfe alia morte della mefebina : che in quelfhora appunto, il Moro
fi venne a cafa : & vdendo piccbiare l'vfeio, fi fece alia fineftra ; & tutto cruc-
ciofo , dijfe,cbi piccbia là ? Il Capo di fquadra, vdita la voce dei Moro, temendo
ch'cgli nonfcendejjc a danno fuo,fen%a rifpondere parola fi diedeafuggire.il Mo
rofcefe le ficale : & aperto l'vfcio,vfci nella flrada, & cercando di lui nol ritro-
uò. Onde entrato in cafa, pieno di mal talento, dimandò alia moglie,chi fojfe colui
cbe la giu piccbiaua. La Donna rifpofie quel,che vero era, cbe nolfapeua . Ma il
Moro diffe, mi ha egli parato il Capo di fquadra ; Non fo , io diffe ella ,fe fia flato
nè egli, nè altri. Rattcnne il Moro il furore, quantunque d'ira ardeffe, Ne prima
voile.far cofa alcuna,cbe parlaJJe,coll'Mlficri,alquale fubitamente fe nandò, &
gli dijfe quanto era occorfo , & lopregò ad intendere dal Capo di fquadra tutto
quello,cb'egli poteua intorno a ciò. Egli,lieto di cofi fatto auenimento ,gli promi
fe di farlo . Et al Capo di fquadra pario vngiorno coftui, cbe il Moro era in luo-
go,onde gli poteua vedere infieme ragionare. Et parladogli di ogm altra cofa,cbe
della Donna, faceua le maggiori rifia dei mondo : & moflrando di marauigliaxf,
facea di molti atti, & coi capo, & colle mani,come, cbe vdijfie cofe marauiglio*
fe . Il Moroytoflo che gli vide partiti, andòverfo l'Mlfieri,per faper ciò cbe colui
dettogli baueffe. Quefli,doppo bauerft fatto lungamente pregarc, al fingli dijfe,
non mi ba egli celata cofa alcuna,& mi badetto,che fi bagodiito della moglie vo
ftra ogni volta,che voi coli'effer fiuori,gli ne bauete dato tempo : & che fvltima
f a ta , che egli èflato con lei, gli ha ella donato quel pannicello da nafo, cbe v o i ,
quando la fpofaflefle defle in dono. Il Moro ringratiò l'Mlfieri,& gli parue,cbe
feritrouaua, cbe la Doma non baueffe il pannicello,potefje effere cbiaro, cbe cofi
fofli:, come gli bauea deno f Mlfieri , Ter la qual cofa vngiorno, doppo defina«
/
i

D e' c a T er z a. t^i
re entrato ht vari) ragionamenti colla Donna , lechieje il pannicello. La infelice
che di quetto banca molto temuto, a tal dimanda, diuenne nel vifo tutta fuoco; et
per celare il roffore, il quale molto bene notò il Moro, corfe alia caffa, & finfe di
cercarlo . Et doppo molto hatierlo cer cato; non fo, diffe, com hora non lo ritroui.
thaurefte voi forfe bauuto? sbauuto lo haiuj]i,diffe egh,percbe te lo cbiederei io?
mane cercberai piu agiatamente vnalrra volta . St partitoft cominciò a penfare,
come deueffc far morire la Donna, & infeme il Capo di / quadra ,fi che a lui non
foffe data colpa della fua morte. St penfando giorno,& notte fopra áò,non pote
uafare, cbe la Donna non ft auedeffe,ch'egli non era quegli, chevcrfo lei,per adie
tro effere foleua. Etgli diffe pin volte,cbe cofa bauete voi,cbe cofi vi turbi ? che
one foleuate effere il piüfeHofo huomo del mondo, fe te bora ilpiü maninconico,
che viua fTrouaua il Moro varie cagioni di rijpondere alia Donna, ma non ne ri-
maneua ella punto contenta. Et poflo, ch'ellafapeffe, che per niunofito misfat to
non deuejje effere cofi turbato il Moro, dubitaua nondimcm,cbe per la troppa co­
pia,ch'egli haueua di lei, non gli foffe venuta a noia. Et talhora diceua colla mo
glie dell'Mlfieri, lo non fo, che mi dica io del Moro , egli foleua effere verfo me
tutto amore, bora, da nonfo che pochigiorni in qua , è diuenuto vn'altro : & te­
rno molto di non effere io quella,che dia effempio alle Giouani di non maritarf con
tra il voler de fuoi; che da me le Donne Italiane imparino , di non ft accompagna
ra con huomo, cui la Natura, & il Cielo, & ilmodo della vita difgiunge da not.
Ma perche io fo , ctiegli è molto amico del voflro marito,& communica con lui le
cofefue : vi prego, chefe bauete intefa cofa alcuna da lui, della quale mi pojfate
auifare,che non mi manchiate di aiuto, & tutto do le diceua dirottamente pian-
gendo ; la moglie dell’Mlfieri, che tutto fapeua, ( come colei, cui il marito haueua
voluta vfare per me%ana alia morte della Donna) ma non I'haueua ella mai vo­
luto acconfentire, & temendo del marito , non ardiua di dirle cofa alcuna ; Solo
le diffe, habbiate cura di non dare di voi fofpctto al marito , & cercate con ognt
fludioycb’egli in voi conofca amore, & fede; cio faceio io , diffe ella , ma nulla mi
gioua . Il Moro, in queílo megp tempo , cercaua tutta via di piu certificarf di
quello, che non haurebbe voluto ritrouare : & prego 1'M.lfieri, che operaffe di
modo che poteffe vedere il pannicello in podeflà del Capo di [quadra : & benche
ciò fofiegraueal maluagio,glipromife nondimeno di vfare ognidiligengq,perche
egli di ciòfi certificaffe. Haueua il Capo di [quadra vna donna incafa, che ma-
rauigliof trapunti faceua fu la tela di renfa , la quale vcggendo quel pannicello,
eír intendendo, ch'cra della Donna del Moro, & cl) era per effcrlc refo,prima cbe
ella rbaueffe, fi mife afame vn ftmile : & mentre ella ciò faceua,s auide l\Alfie-
Yi,ch'ella appreffo vna fineftra fi Haua, & da chipaffaua per la ílrada poteua
effere veduta, onde fece egli ciò vedere al Moro , Il qualc tenne cert/jfimo che la
boneftiffima Donna foffe in fatto Mdultera ; Et conchiufe coll'Mlfiero , di veeide-
re lei, & il Capo di [quadra, trattando ambidite tra loro come ciò fi dcucffc fare
lo prego il Moro, d) egli voleffe effcre quegli , che il Capo di [quadra vccideffe,
promettendo di reílargliele obligato eternamente . Et ricufindo egli di volcre
/ I

D e G li H e c a t o m m it h í
far cofa tale come malageuolijfima, & di molto pcricolo, per effere il Capodi
fquadra non mono accorto , cbe valorofo, doppo molto baucrlo pregato, datagll
buona quantità di danari, lo indujfc a dire, cbe prouerebbe di tentar la fortuna„
Fatta quell a refolutione, vfeendo vna [era il Capo di fquadra dicafa di vna me­
retrice , colla quale egli ft follaxgaua , cjfcndo la notte buia, gli ft accoftò l.Alfic-
Yo con la fpada in rnano, & gli diriggp vn coipo alie gambc,pcr farlo cadere, &
auenne,cb'egli gli tagliò la defira cofia a trauerfo, onde il mifero caddc:&gli fit
addoffo I'Mlficri, per finire di vccidcrlo Ma bauendo il Capo di fquadra, cbe co-
raggiofo era , & ctuexpxpnel pingue, & nolle morti, tratta la (fada,& , cofi feri­
to come egli era,dirixgatofi alia difefa,gridb ad alta voce; iofono ajjaflinato. Ter
la qual cofa,fcntendo I'Mlfieri correr gente, & alquanti de Soldati, cb'iui ator-
no erano alloggiati,ft mife afuggire,per non vi effere coito : & , data vna volta,
fe vifta and) egli di effere corfo al romore . Etponendofi tra gli altri, vedutagli
mogga la gamba , gmdicò cbe fe bene non era morto , morirebbe ad ogni modo di
quel colpo; & , quantunque fofjc di ciò lietifpmo, ft dolfenondimeno col Caponi
fquadra , come s'egli fuo fratclio foffe fiat o . La mattina la cofa ft fparfc per tint a
la Città,& andò anco alle oreccbie di Difdemona,onde clla,cb'amorcuole era, cir
non penfaua ch'indi le dcueffe auenirmale,moílrò di bauere grandi(pmo dolore di
cofi fatto cafo; di ciòfece il Moro peffimo concetto . Ft ando a ritrouarc I'.Alfieri,
& gli dififie; T itfiii bene,cbe I'.Afina di mia Moglie è in tanto affanno , per lo ca-
f'o del Capo di fquadra, cb’clla è per impaTJfare. Ft come potcuate , difife egli,
penfiarc altrimente , efifiendo colui 1'anima fina ? ,Anima fita , cb è rcplicò il Mo­
ro , Io le trarrò benio I'anima dei corpo, cbe mi ter rei non effere buo mo , fe non
togliefji dal mondo quefla maluagia . Ft dificorrcndo I'vno con 1'altro , fe di ve-
Icno , o di coltello f deuea far morir la Donna, nè accettandofi quefio , nè qitel- *
lo da loro, diffe I'Mlfiero ; vn modo mi è egli venuto nella mente , cbe vi fodisfa-
rete,& non fe ne hauràfofpetto alcuno.St egli ê tale, La cafa,oue voi fa te , è vec
chijjima,& il palco della camera voflra bà di moltefcffnrc; voglio , cbe con vna
eaiga piem di rena percotiamo Difdemona , tanto cb'ella nè rnuoia , perebe non
appaia m lei fegno alcuno di battitura : morta, cb'ella farà , far emo cadere par­
te del palco,opr romperemo il capo alia Donnafingendo ,cbe vna traue nel cadere
rottaglide babbia,& vccifa:&,a quefio modo, nonftraperfona, cbe di voi pi-
glifofpetto alcuno,flimando ogmtno la fua morte effere venata a cafo. Tiacque al
Moroyil crudel conftglio:&,afpettato il tempo,cbe conueneuolegliparue,ejjendo
egli vna notte con lei nel letto , & bauendo gin nafeofio I’,AIfieri in vn camcrino,
cbe nella camera entraua , I’.Alfiero, fccondo I'ordine tra lor data , fe non sò cbe
firepito nel camcrino:&,fentitolo Jubitamente diffe il Moro alia Moglie; bai tu
fientito quellofirepito è hollo fentito, diffe ella;lcuat\ foggiunfe il Moro , & vedi
cbe cofi è. Leitofi la infelice Difdemona : & , toflo cb'ella fit apprtfjo il cameri-
no,n’v f i l\Alficri,il quale,cjfendoforte,& di buon nerbo, colla cal%a,cbe in pun
to haueua, le diede vna crudel percoffa , nel mcxpzo della f hiena , onde la
Donnafiibiio cadde, fenga poter frame append fuori il fiato. Ma con qudla poca
voce,
D ÉCA T ER 2 A 16}
voce,chcpotê hattcre, chiamb il Moro,che I'aiutaffc; & eg li, vfeito del letto , te
Sceleratijfima Donna, /a niercede hai della tux dtshoncfla, cofi fi tratta^o
quelle, chefingendo di amare i loro mariti, pongono loro le corna in capo. La mi-
[era Donna, cib vdendo, V fentendofi giant a al fine ( perb che l.Aljiero vnaltro
coipo dato lebauea) diffe, che in teflimonio della fux fedc, ella chiamxua la giu-
[litia eftulna, poi,chc quclla del mondo le veniua mono; & chiamando ella Iddio ,
che I'aiutaffe,fopragi ungendo la ter go. percofj'a, rhnafe vccifa dall'empio olfieri.
Tofcia, meffala nel letto, & (peggatale la tefla, fecero egli, & il Moro , cadere
come haueano ordinato fra loro il palco della camera,egg comincio il Moro a chia-
mare foccorfo, che la cafa cadcux, alia voce del quale corfono i vicini, & feoper­
to il letto, trouarono la Donna fotto le tram morta. La qual cofa,pcr la buona vi
ta della Donnafinerebb e ad ognuno. 11giorno feguente fu Difdcmona fepelitx, con
vniuerfal dolore di quelpopolo. Ma non voile Iddio, giuflo rigttardatore dc gli a-
nimi altruiyche cofigran fcclcragine fe ne rimaneffe fenra la diceuole pena. Impe­
ro, che il Moro,che la Donna haueua amata piü, che gli occhi fuoi , veggendofe-
ne priuo, comincio ad hauere tanto defiderio di le i, che bandana, come fuori dc fe,
cercando per tutti i luoghi della cafa: & conftdcrando tra fe, che I „4 ’fieri era (lx
to cagione, cticgli haueffe perduta , colla fux Donna , tutto il dolce della v ita ,&
anco femedeftmo;gli venne lo Scelerato in tanto odio,che non bauetta occhio , col
quale vedere lo potcjfe : & fenonhaueffe hauuto timorc della inuiolabilc giufli-
tia de Signori Venetiani, I'haurebbe palefementc vccifo. Ma non potendo far que-
f lo , con fua faluegga, gli leuò la infegna, & piu nol voile nella compagnia, on­
de nacque tanta afpra nimicitia tra I'vno, & I'altro, che non fi potrehbe imagina­
re la maggiorc, nè la piugraue. Ter la qual cofa l\Ã lfero, peggiore di tutti gli
fcclerati, voltb tutto il penftero a danni del Moro . Et ritrouato il Capo di fqua­
dra, chegià era rifnnato,& con vna gamba di legno fe n'andaua in vece della ta-
gliata, gli diffe ;Venuío èil tempo , che tup offi far vendetta della tUa tagliata
gamba : Et quando tu voglia venire con effo meco a Venetia, io ti dirb,chi c Slato
il malfattore, che qui non ardirci di dirloti, per molti rifpetti: & io ne faro , per
te, teflimonio ingmdicio. Il Capo di fquadra,che ft ritrouaua fieramente off'efo,
& nonfapcua perche; ringratib I'olfieri, & fcco a Venetia fe nc venne. Ouegiun
ti, che furono, egli gli diffe,che il Moro era flato quegli, che gli hauea tagliata
la gamba,per opertione,che gli era nata nella tefla,che egli ft giaccffe con D isic-
mona : & che per quefla medefima cagione egli bauetta vccifa lei, & pofeia data
voce,che il palco caduto vccifa I'haueffe. Il Capo di [quadra, intefo cib, accttsb il
Moro alia Signoria, & della gamba a lui tagliata , & della morte della Donna,
& induffe per teflimonio I'Mlficrifl quale diffe; che I'vno , & I'altro era vero,
perche il Moro bauetta tutto communicato feco , & I'hauea voluto indttrre a fir e
I'vno, & I'altro maleficio : & che , hattendo pofeia vccifa la moglic , per beflial
gelofia, che gli era nata rtcl capo, gli hauea narrata la manicra, ih'cgli hauea te-
nuto in darie morte. I Signori Venetiani, intefa la crudclta, vfata dal Barbaro ,
in vna lor CUtadina,fcccro dar dellc mani addoffo al Moro in Cipri, cT condttrlo
Tar. Tnma X ;
D e G li H e c a t o m Mi t h i
far cofa tale come tnalageuoUfama , & di molto pcricolo, per effere il Capo di
fquadra non meno accorto , cbe valorofo, doppo molto baucrlo pregato, datagli
bttona quantità di danari , lo indujje a dire, ebe prouerebbe di tentar la fortuna,
Fatta quefla refolutione, vfcendo vna fera il Capo di fquadra di cafii di vna me­
retrice , colla quale egli ft follt7Jp.ua, effendo la notte buia, gli fi accoftò I'.Alfie-
Yo con la Jpada in mano, & gli diriggp vn coipo alie gambc,pcr farlo cadere, &
auenne,cb''egli gli taglio la deflra cofcia a trauerfos onde il mifero caddc:&gli fit
addoffo 1'M.lficri, per finire di vccidcrlo Ma hauendo il Capo di fquadra, che co-
raggicfo era , & aueggonclpingue, & nclle morti, tratta la [fada,& , cofi feri­
to come egli era,dirigjatofi alia difefi,gridoad alta voce; iofonoafjafanato. Ver
la qual cofa,fentendo i aliferi correr gente, & alquanti de Soldati, cb'itti ator-
no erano alloggiatifa mife afttggire, per non vi effere coito : & , data vna volta,
fe vi ft a aneb'egli di ejferc corfo al romore . Etponendof tra gli altri, vedutagli
mogja la gamba ,giudicò che fe bene non era morto , morirebbe ad ogni modo di
qttel coipo; & , quantunqnefojje di ciò lietifamo, fi dolfenondimeno coi Caponi
fquadra , come s'egli fuo fratcllofoffe flato . La mattina la cofa ft ff arfe per tutta
la Citta,& ando anco allc orecchie di Diplemona,onde dla,d) amorcuoie era, &
non penfaua ch'indi le dcuefae auenir male,moíirò di b altere grandiffmo dolore di
cofi fatto cafo; di ciò fece il Moro pefaimo concetto. Ft ando a ritrouare l\A lfen,
& gli difae ;Tn fiii bencycbe l\Afina di mia Moglie c in tanto aifanno , per lo ca­
fo del Capo di fquadra, cb'clla t per impaggare. Ft come poteuate , diffe egli»
penfire altrimente , effendo colui l''anima fita ? .Anima fita , cb d replico il Mo­
ro , Io le trarrò ben to I'anima del corpo, cbe mi terrei non effere huomo , fe non
togliefa dal mondo quef a maluagia . Ft difeorrendo I’vno con I'altro , fe di ve­
lem , o di coltello ft deueafarmorir la Donna, nè accettandof quefto, nèquel-
lo da loro, diffe 1'M.lfiero ; vn modo mi è egli venuto nella mente , che vi fodisfa-
rete,<zr nonfe ne haurafofpetto alcuno.St egli è talc, La cafa,one vox fa te , è vec
cbijjma,&il palco della camera voflra ha di moltefcfaurc; voglio , cbe con vna
taiga plena di rena pcrcotiamo Difdemona, tanto cb'dla nè mitoia, perche non
appaia in lei fegno alcuno di battitura : rnorta, cb'dla farà , farerno caderc par-
te del palco,& romperemo il capo alia Donna,fingendo,che vna traue ncl cadere
rotta glide habbia,& vccifa:&,a quefto modo, nonfata perfona, cbe di voi pi-
glifofpetto alcuno,ftimando ognuno la fua morte effere venuta a cafo. Viacque al
Moroni crudel conftglio:& , afaettato il tempo ,cbe conueneuole gli partte,effendo
egli vna notte con lei nel letto , & hauendo già nafeofo l\A{fieri in vn camerino,
cbe nella camera entrana , l\Alficro, fccondo I'ordinc tra lor data , fenon so cbe
flrepito nel camerino:&,fentitolo ,fubitamcntc difae ilMoro alia Moglie; bai tit
fentito qudlo flrepito ?hollo fentito, difae ella;leuati foggiunfc ilMoro , & vedi
cbe cofa è. Leitofi la infelice Difdemona ; & , toflo cb'dla fa apprefo il cameri-
nOyfl’vfii I'pilfer ifid quale,effendoforte,& di buon nerbo, colla calga,cbe in pun
to baiteua , le diecle vna crudel percoffa, ncl meggo della fchiena, onde la
Donnafubito cadde,fenga poter trarne append fuori ilfiato . Ma con quella poc<t
voce.
/

D E C A' T E R 2 À, r6 5
voce,cbcpote baucre, chuvmò il Moro,cbe 1'aiutaffe; & egli, vfeito del letto, ^
dijfe, Sceleratiffima Donna, la mercede bai delia, tua disboneFlà , cofi ft tratta.no
quelle, che fingendo di amare i loro mariti, pongono loro le corna in capo. La mi-
fera Donna, ciò vdendo, & [entendoft giant a al fine ( pero cbe 1'AÍfiero vnaltro
coipo dato le haueaj difje, cbe in teFlimonio della fu.ifede, ella cbiamaua lagiu-
ftitia d,iuina, poi,cbc quclla del mondo le veniua meno; & chiamando ella Iddio ,
cbe L'aiutaffe, fopragiungendo la terga percofja, rimafie vccifa dall'empio _Alficri.
Tofcia, mejfala net letto, & ffceggatale latefia, fecero egli, & il Moro , cadere
come haueano ordinato fra loro il palco della camera y& cominúò il Moro a cbia-
mare foccorfo, cbe la cafit cadeux, alia voce del quale corfono i vicini, & ficoper­
to il letto, trouarono la Donna fotto le traui morta. La qual cofa,per la buona vi
ta della Donna,increbbe ad ognuno. ll giorno feguente fu Difdemona fepelita, con
vniuerfal dolore di quel popolo. Ma non voile Iddio, giuflo rignardatore degli a-
nimi altruiycbe cofi gran fceleragine fie ne rimaneffe fenga la diceuole pena. Impe­
ro, cbe il Moro,cbe la Donna baueua amata piu, cbe gli occln fuoi, veggendofe-
ne priuo, comvncio ad bauerc tanto defiderio di le i, cbe iandaua, come fuori de fie,
cercando per tutti i luogbi della cafia: & confderando tra fie, cbe I' A fieri era (la
to cagione, ch'cgli hauejfe perduta , colla fua Donna , tiitto il dolce della v ita ,&
anco femedeftmo; gli venne lo Scelerato in tanto odio,cbe non baueua occhio , col
quale vedere lo potejfe : & fenonbaueffe bauuto timore della inuiolabile giufli-
tia de Signori Venetiani, íhaurebbe palefemente vccifo. Ma non potendo far que- •ti
■ Flo , confua filuegga, gli leuò la infegna , & piu nol voile nella compagnia, on­
de nacque tanta afira nimicitia tra I'vno, eir I'altro, cbe nonft potrebbe imagina­
re la rnaggiorc, nè la piugraue . Ter la qual cofa I'Alfiero, peggiore di tutti gli
[celerati, volto tutto il penfiero a danni del Moro. Et ritrouato il Capo di [qua­
dra, chegià era rifanato,& con vna gamba di legno fe nandaua in vece della ta­
gliata, gli diffe ;Venuto èil tempo , cbe tup off far vendetta della tka tagli.ita
gamba : Et quando tu voglia venire con ejfo rneco a Venetia, io ti dirò,cbi è Flato
il malfattore, cbe qui non ardirei di dirloti, per rnolti rifietti: &• io ne farò , per
te, tcflimonio in giudicio . Il Capo di fquadra,cbe ft ritrouaua fieramente offefo,
& nonf.ipeua perche; ringratiò I'Alfteri,&feco a P'enetia fe ne venne. Ouegiun
ti, cbefurono, egli gli difje,cbe il Moro era Flato quegli, cbe gli bauea tagliata
la gamba,per openione,cbegli era nata nella teFla,cbe egli fi giaceffe con Disde-
mona : & cbe per quefla medefima cagione egli baueua vccifa lei, & pofeia data
voce,cbe il palco caduto vccifa I'baueffe. Il Capo di [quadra, intefo ciò, accuso il
Moro alia Signoria, & della gamba a lui tagliata , & della morte della Donna,
& induffe per teflimonio I'Alficri,il quale difje; cbe I'vno , & I'altro era vero,
ferche il Moro baueua tutto communicato feco , & I'bauea voluto indurre a fare
I'vno, & I'altro ;maleficio : & cbe , bauendo pofeia vccifa la moglic ,pcrbcflial
gelofia, cbe gli era nata nel capo, gli bauea narrata la maniera, ch'cgli bauea te­
rmto in darie morte. I Signori Venetiam, intefa la crudclta, vfata dal Barbaro ,
in vna lor Cittadina, fecero dar dellc mani addeffo al Moro in Cipri, & condurlo
Tar. Trima X i
D e G .i ? H e c a t o m m i t h i
a Venetia, & con molti tormenti ccrcarono di ritrouare il vero . Ma vincendo
egli col valor e delTanimo, ogni martorio, il tutto nego, cofi conHantemente, cbe
non fe ne potè mai trarrc cofa alcuna. Ma fe bene, per la fua conflanda, egli
fchifòla morte, non fu però,cbe doppo lo ejfere ilato.molti gwrni in prigione,non
fofje dannato a perpetuo efjilio , nel quale finalmcnte fu da parenti della. Donna,
coniegli meritaua, vccifo. Mndò 1’Mlfieri alia fia patria : & non volendo egli
maneare del fuo coflume, accuso vno fuo compagno, dicendo , cb'egli ricercato lo
hauea di ammaTgare vn fuo nimico, cbe gentilbuomo era, per la qual cofa fu pye
fo coluij & meffo al martorio : & negando egli effer vero , quanto dicea 1'accufa*
tore, fu meffo al martorio anco f Mlfieri per par agone. Oue,fu talmente collato
chegli fi corropero le interiora : onde, vfeito di prigione,& condotto a cafa , mi-
feramente fe ne mori; tal fece Iddio vendetta della innocen%a di Difdemona. Et
tutto queflofucceffo narro la moglie dcll'Mlfieri, del fatto confapiuole,poi cb'egli
fu mono, come io lo vi ho narrato.

L I C O R I D E RITROVA I I M ARITO C O N V N A FANTE


fenza far motto prouede, che la Fante 1’efce di cafa, & dice al Marito, che ic t i c fuggira
conofce il Marito la prudenza, & la bontà della Donna, & piü, che prima le ferba fedc

N O V E L L A VIII.
MR V E marauigliofa cofa ad ognuno, che tanta malignità fi fof­
fe ritrouata in human cuore,& fiipianto il cafo della mifera Don
na, biafimando il Tadre, cbe le baueffepofto norne d'infelice au­
gurio . Et fi determino tra la brigata, che effendo il nome il pri­
mo dono, cbe da il Tadre a I Fighnolo, deurebbe imporgliele &
magnifico, & fortunato,come cbe bene, & grande?ga cofigli volcffe indouina-
re . Nè mem fu biàfimatoil Moro,cbe troppo follcmentc haueffe creduto,Ma lo-
darono tutti Iddio, cbe i malfittori ne baueffero banuto degnogaftigo. Et deuen-
do Virginia la fua Nouella raccontare,voltatafi verfo Fuluia,diJJe; Se la materia
propofla vi die Fuluia cagione, & ragioneuolmente, di dolcrui, in tanto debbia-
mo iff ere tutte licte, cbe infino ad bora fi fono trouatipiu buomini, cbe Donne ef­
fere mar.cati di fedc; & io con vna picciola, & piaceuole nouella, intendo di mo-
ílrare la prudenga di vna cortcfe Donna, la quale, bauendo ritrouato il Marito
romperle la fede, fen^a dir parola al Marito, prouide, con moita p r u d e n t, che
piu tal cofa non aueniffe .
F V' G I M' in Meffina vn Caudiero molto gentile de buoni incontri ,cbiama-
to Valerio, il quale haueua per moglie vna hella, & nobil Giouane, delta Liço-
ride, tutta vaga, & aucneuole ; & era tanto l'amore di quello verfo quefta; &
di lei verfo lui,cbepareua,cbe ccrcaffero ambidue di vincerfi in amarfi.Era in ca
fa vna Fante Giouane, che attendeua a feruigi di Licoride, la qual Fante era pit*
toflo vtile , che bella, come colci,la quale era di perfona grande,& mafficcia , &
di colorit a biancheT^a, & tutta plena di morbidofofugo,& era molto cara a Li-
coridCo
; t> E C a T e 'I l t -A." r:í 16 4
corlde. Muenne,chc in cafadcl Caualiero in vna volta , plena di Vafelli di vino ,
fotto tm doglionacquero, ad vno iilejjb tempo, Gatti, & Can’t : & anchora, eke
naturalmente fia tra I'vna, & ialtra ffetie di quefii Animali talc inimicitia, che
qualhora fi fono appreffo , vengono a riffa, e£”contefa : crano non dimeno quefii
tra loro coft concordi, chc portati ambedite le madri i loro figliuoli in vn conuilc
infieme, come tuiti [offero di vna ffetie , & di vna madre medefima, gli nutri-
cauano. Oray andando Nepa , che cofi hauca norne la Fante , per feruigio di Li­
coride , nella volta, ritroub quefla marauiglia. St volendo ella con toflo paffo an-
dare alia Madonna, per farglicle v edere, rincontrò il Caualiero,cbe a cafa era ri
tom ato. Ft gli diffe; M effere, io me ne andaua defopra , per fare v edere a Ma­
donna vn miracolo,& che ? diffe il Caualiero,&gli nano ella quella conuenicn-
%a che baucua veduta nelle due madri in lattare i figliuoli dijjimili. Il Caualicro,
th'appena lo poteua credere, entrato nella vo lta ; mofiramt, diffe, oue effifono :
TSfepa gli moflro il dogl’to, & gli diffe, fono effi collà fo tto . Traglimi fuori, diffr
il Caualicro, ch'io gli vegga, chinandofi Nepa per trargli indi , fece al Caualiero
vna bella moft ra dipicnegga di carne, & di moita morbi degga , onde di fubito ft
defib in lui il concupifcibile appetito , & paruegli, che molto piu di vtile foffe in
colei,che nella fua Licoride. Onde pot, ch'egli hebbe vedutigli animali, ripongli,
diffe al fuo luogo, che non fi [iegnino, & ve di porgli cofi afefio, che nonft aueg-
gan le madri }che ft ano flati mofji. Or mentre Nepa Sludiaua di adattaregli ani­
mali, & hora dal lato defiro, hora dal ftniflro fi mouea,fifcopcrfe ella tanto vti­
le al Caualiero ,che mife le mani addoffo alia Giouane , & con motteggieuoliparo­
le ; quefli fono, diffe molto belli fianchi, 'Nepa, tu mi pari tutta godeuole. Ella ,
moflratafi alquanto ritrofetta , lafiiatemiflar, diffe, & fate quefli fiber?) col­
la moglie vofira, che con voi non ho io a far nulla : & cib dicendo, venne ella in
vifo tutta vermiglia, in quefii mouimenti, gli occhi riuolfe il Caualiero alle mam-
tnellc,& vedutele rileuate, & come vna tenera bômbice bianche , non gli parue
ella men buona nella ficonda vifla, che gli foffe partita alia prima : & meffale la
tnano infin o; queftefin , diffe, due molto fode, & morbide poppe . Nepa rijfin-
gendo il Caualiero,non mi tentate, diffe Mefftre, che nonfono io cofa da voi: anift
ft fii tu fòggiunfi il Caualiero , & gittatele le braccia al collo, <£r dattile nonJo
chc baciocci, mife mane alle arme,& affali la Giouane, la quale moflrando di vo
ler contraflare ,fi lafeib di fubito vincere, & quantunque fdegnofaf i ne moflrafi­
fe di fuori godea molto; che il Meffere cofi di lei ft compiaceffe, & poteua quefla
cofa effere paffata bene , tra I'vna, & I'altro ,fe la Fortuna non ft daua a voler
porre del fuo file in tanta dolccgga. Verb, che Licoride , che vide ft lungamente
dimorare la Fante, comincio a penfare non fo che di male : & non le dicendo be­
ne il cuore,fcefe lefcale : & con foffefo paffo , f i n'ando alia volta : & efifendo
I'vfcio coft focchiufo ,finza lafiiarfi vcdcrc ,pofe I'occhio a guatartú entro , <&
vide il Marito,& la Nepa in battagliaja quale non videro effi, che erano a duel­
lo, per effere ambidue folantenle intenti alia pugna. Licoride, am hor, chaucffe
veduta cofa, chc non le fojjc in parte alcana grata non ft die, come forfi not al-
X 4
D e G li Hecatom m ithi
tre ci faremmo date,alie grida,& alie villanie,ma frenando Vira colla prudent^,
chiufe lo fdegno ncl petto,& ritornojji aliefue flange.Leuati dalla battaglia i due
guerrieri, & fermata lapace con cari bacifil Caualiero nando alia Moglie><&■U
Fante a gli vfficij fiuoi,tutta licta di haucrfi guadagnata, in ejuclla guifa, la gra­
tia dei Caualiero,parendole di effere arriuata alpari della Madonna . Ft,(fendo
I'bora del defmare fimifero a tauola,& lficpa,tutta vaga, & fnella, alia menf,t
feruiua. Leuate le tauole,fu chiamato il Caualiero fuori di cafa vonde Licoridefe
ne rimafefola,& dubitando, che i b a d , & la morbidcTgga di Tsfepa non [offero
piu grati al Marito,che quelli della Moglic:pensò di leuarlafi non pur di cafa,m
di Meffina. Ft hauendo il Caualiero in cafa vn fcruitore,al quale, per efj'ere egli
molto fiero,era detto,perfopranome ppmpicollo, & effendo egli rnolto vhidien-
te alia Madonna,penso ella di feruirfi di Iui,in far tal paura a Nepa , che piu mat
non ardiffe di venire nella Città; & informatolo di quanto egli banca da fare,
chiamo a fe Hepa , la quale , penfandofi, che Madonna nulla fapeffe di quello,
che accaduto era tra il Caualiero, & le i, vi venne tutta allegra . Ma veggendo
la Madonna guatarla con mal vifo, oue lefoleua effere tutta piaccuolc, premen-
dola la conficienda, comincio a temere,che qualche cofa haueffe ella prefentita del
fuo congiungimento col Caualiero, & tutta neltanimo ft commoffe. Licoride, con
jiero vifofie diffe; St che bat tufatto giit nella volta col Meffere, maluagia femi­
na f*coflci tutta tremante, veggendo iui Igompicollo , col coltello in rnano ffubito
piangendo,ft gettb gmocchioni in terra,& diffe; Madonna, a quel fine non era io
gid arsdata nella volta,ma folo per far queUo,che voi imp olio mi haueuatc. Ma il
Caualiero,fuori diogni into penfiero,mivi colfe,& quelfe,di me,che voi mofira-
te di bauere o veduto,o intefo. Terò hauendo io peccato,fenga mia colpa,vi pre-
go a perdonarmi, & vi prornetto , che piu mai non vi haurete per tal cagione a
dolere di me. Licoride,moLirandoft piu terribile, che prima,hora,hora ti auedrai,
diffe,che perdono ti voglio dare : &,cib detto,chiamb l\ompieollo,<& gli diffe al
ga quel coltello,& gitta a cofiei il capo a terra,accib cticUa porti la pena del pec
cato.commeffo,& della ingiuria fattami. Nepa,dirottamentepiangendo , atten-
\deua a chieder merci,ma nulla giou'o. Vercheprefala Fpmpicollo per gli capelli,
& algato il coltello, in fembianpa di leuarle la tefia , voletepur diffe,Madonna,
chora hora I'vccida iangi voglio diffe ella,<& fa to ilo ; fiompicolio allhora diffe,
raccomanla,Tfiepa,l'anima tua a Iddio,che giunto è il tuo fine . Nepa , tra mor­
ta ,& viua,gittate le braccia alleginocchia della Madonna ;Deh,per Dio,diffe,
donatemi Madonna,la vitaihabbiate vi prego compafiione di me, che, contra mia
voglia,ho commeffo il peccato,& fattaui la ingiuria , per la quale mi volete far
dar morte. Licoride alibora,diffe,non i,che tn non merita(fi,che io ti facefii trar-
re il cuore : ma voglio,che la bontà mia fuperi la tua dishonestà ; Verb leuatifu,
& ponti in punto di partiti di Meffina,fenda indugio alcuno ; cofi faro, diffe ella,
& oue andrai tu i diffe Licoride , mens p afferb, diffe ella, a Valerm o; Licoride
allhora contolle que danarfcl: ella auanr^aua per la fua feruitu; & diffe a fiom-
■picollo,vattene con co£lci,& conducUa,colcuO',fcpiu mai qui in Meffina la ri-
trout»
D e c a T e r z a . 165
troui togUele quella vita, Chora 10 le dono. Nepa, doppo qucFte parole pigliati I
Jlioi arneft, con Upmpicollo ft mife in via, & a Talermo Je ne andb con fermopro
pofito dipiü mat non venire in Mcffina. Venuta la fera, ritornò il Caualiero a ca-
fa :& veggendo,che non vi era Nepa, dimandb a Licoride di lei ; & ella rijpofe >
che nonfapéua, one ji fojfegita : Ma che tofio,cl/egH vfci di cafa , diffe , cbe per
ingiuria riceuuta da lui,ella non volea pin flare con lci-,& chcl'bauca-dimandato
I\ompicollo compagno, per vfcirft di Meffina : & che , chicdendole la fua merce-
de,ella datagtiel'baneua,& Ibauca lafeiatagirfl con Dio; ma, cb'ella giudkaua
ben,che fuffie bene, cbe i capi di cafa nonft portaffiero cofi flranamente colic fanti
loro,che foJJero elle coFlrette a fuggirfene da loro ; Hebe tntto gli diffie ella,come
ridendo,& come col marito febergar ft voleffie. Tensb il Caualiero, do vdendo?
chê Nepa ft foffe fdegnata,per efferft egli congiunto con le i: E t, per non darefo-
ffietto alia moglie di quello ,à) egli fatto ft bauea con Nepa; non sb,dif]'e,che ft di­
ca d'ingiuria quefta beflia , sella non ba voluto ilarft con teco, vnaltra tenepi-
glierai, forfe, cbe ci mancano le pari a lei; La mipigliero diffe Licoride , Ma di
gratiaportatiue di maniera,cbe non fta and) ella,per voFira cagtone, coFlretta a
lafciarmi,che troppo mincrefcc mutar Fante; cofifaro foggiunfe il Caualiero,&
qui fu fatto fine al ragionamento.Doppo alquanti giorni ritornò tfompicollo, &
da lui voile fapere il Caualiero la cagione,per la quale Nepa fe nera andata, &
doue foffe ella g ita ; & egli gli riffiofe, ridendo, cib cbe Madonna baueffe fatto ,
& detto verfo Nepa. Onde conobbe il Caualiero,& la prudenga , & l a modcr
flia della fua moglie verfo lui, & tra fe motto ne la lodb , & ft diffiofe ad efferle
fempre fedele. Ma la Donna prudente,per leuare al Marito I’occafione di piu in-
correre inftmile errore,non voile in cafa fante,cbe foffe di minore eta di quaranta
anni: bauendo veduto per i[perienga,cbe è troppo pericolofa cofa a Donna mari­ <?
tata, bauere in cafa fante cbe giouane fta .* V

N I G E L L A E A M A T A D A V N D O T T O R E , A L Q V A L E ELLA
ieruej non gli vuolconfentire,&ne fa motto alia Moglie di lui,ella nol vuol credere j La
Fante glide fa vedere in fatto conifcorno dell’Amante .

N O V E L L A IX.
V giudicata Licoride moltoprudente,& piacque ad ognuno la co-
flanga,ch’ella baueua vfata ; & fu openione de gli Huomini, &
delle Donne,cl) effendo data dal mal vfo del guaFio mondo , que-
Fta non dicemle liberta a gli H.uomini,deono le faggie Donne cofi
__________ portarft co lor mariti,come ft portb Licoride col Caualiero. T er-
cbe la hurriiltd,& il finger la Donna di non vedere quel,ctiella vede,induce fpef
fo vergogna di fe medeftmo al Marito,& ft rimane di dar,per tal cagione, mate­
ria alia Donna di ramaricarfu Ma fuhauutafln parte,compaffione a rNepa dalle
Donne,ft perche parue lcro,cbe non volontariamente ella a cio s'induccffe ,ft per
vcdcrle flpmpicollo,cbe al nomefolo metteuapaura , in quella guifa col coltello
addojfo
D e G it M e c a t o m m i t h i
adoffo,& vi furono di quelle,cbe fi credettero, cb’egli le demffcleuarla tcttalt
piacque finalmcnte a tutte, cbe Licoride di veccbie Fanti fo lamenteferuir fi volcf
fe : & mejjo fine al parlar di ciò dijje Celia; Tiaccuole èflata in parte la nouelLt
di Virginia , & in parte fl terribile , cbe mi ha fatto tmtx tremare ; ma io ve ne
voglio narrare vna bretie,tion da altro,cbe da ridere, per farui vedere vna fanti*
cella tanto accorta, cbe fe ne ritnafe bejfato vno fcientiato Dottore .
F ER R ,si R ^ come ne giorrd pajjdti fi c dctto,è Cittd molto pin nuoua dclle
allrc de Italia , ma non è ella per ciò minore delle altre , lafcio Hare U grande
%a, & la magmficenTgi, nelle virtu,cbc alia intelligenga delle cofe eterne,&alia
prudenxa colla quale fi reggono le ciuili, mercê defuoi Signori, i quali pongono o-
gni lor cura in fare il lor popolo non pur contento y ma ornato di tutte le virtu}at-
te a dar nobiltà a gli huomim liberi, come quelli,cbe vi mantengono lo Hudio deb
le bitone lettere . Il quale ftudio è cagione , cbe fempre fiano, fra Cittadini, Imo-
mini dottifjimi in ogni forte di fcienxa. Nè pur fi feruono qucgli Illufirijfimi Signo
ri de gli ingegni della patria loro benebe ve ne habbiano di molto eccellcnti, ma vi
conducono anco,con grojji falariydegli flranieriy cbe fiano digran nome , acciocbe
, fi accendano piugli animi de Giouani alie virtu. Oray cjfendogid flato condom
a quefto publico officio vn Dottore foraHicroy & digran nome y nella fua profef
ftone,vi menò egli anco la moglie, & tutta lafamiglia, tra la quale era vna Fan
te vagay <& di vifo gentiley tutta leggiadray & tutta fnellaydi ctà di quindcci an­
ni. Il Dottore quantunque attempato fojfey & canuto y & baucjfe la moglie, &
giouane, & bella.fi accefe della Eante incredibilmente; & outmque gliene veni-
ua 1'agio, hora cofchergi, bora con parole , bora con ioccar di mano, & quando
ad vn modoy & quando ad vn altro Cera a torno, & la follecitaua ad efjergli cor
tcfe,& a compiaccrlo di lei. Nigella (cbe cofi era detta la Giouane) perebe era ,
an7i cbe no, brunettaymolte volte lo fcacciò da fe, dicendogli; Mefiftre, io nonfon
per darmi ad buomo, per ricco , & poffente, cb'cgli ft fia,che non fia per effermi
marito. Etpcrblafciate di tentarmi, perebe io nonfon cofa da v o i, nè voi da me ,
& ben faretc a contentarui della moglie voflra, la quale non merita,cbe la (fire^
7iy nè cbe io quefia ingiuria lefaccia. 'Eton reflò, per quefle parole,il Dottore di
darle noia, & tanto ft afjicurò vngiorno,che rkrouatala in acccncio Ittogo le mi-
fe la mano infeno,& ne rubò vnbacio,diccndole; Bocca m a dolce,fe tu mi accon
fentifio ti darò ben cento lire di dote. Nigella , dicendogli date pure le cento lire
ad vnaltra, cbe Chonormio voglio io per me; tutta crucciofu da lui ft p a rti, &
andoffene alia Madonna , ledijfe ciò,cheil Dottore detto, & fatto lebaueua, &
cbe nonpoteuafar paffo, cbe non lefoffeegli a torno,& non le dejfe molefiia, &
cbe la pregaua a leuarle quella fceccagine da doffo . La Donna , cbe conofccua il
tnarito fefleuole forfe piu,cbe algrado,& all'etdfui nonfi conueniua le diffe; Ni­
gella, tufei vna fcioceuJ come tu fai, molto fefleuole il marito mio , &■fe feber-
7$ tecoflo fa per giuoco,non perebe cgli ccrcbi da te cofi men,cbe bonefla,ebe not
conofeogid io cofi poffente gallo ,cbc di ducgaline habbia egli,ad vn t rat to dlbifo-
gno. Troppo ba pure cgli di me ,V"mgamatc,diffe clla,cbe fe cofi gli vohjji com-
piaccre,
I
D e c a T e r z a. n 16 6

placere,come egli me ne ricerca, io farei giâ vituperata da lui, & la ingiuria fat-
ta vi baurei, alia quale egli mi follecita:Ma oltr'e, cbe mi è caro I honor rnio,trop
po mifarebbegraue il darm materia di dolerui di me,per cofi fatta cagione. Et vi
dico, infino ad bora, cbe s egli cofi feguc, & voi non cipigliate altro partito, Io
miprouederò daltra Madonnaicbe non voglio io flare in queflo continuo tedio,con
tanto prcgiudicio delíetà mia. Ter tutto ciò,bauendo moita fede la Donna nel Ma
rite, ilctte pure in opinione, cbe ciò, chela Fante le dicea,foffe piu tofloperfiber
7 0 , che per concupifiibile defiderio di lui. Et difle alia Fante, Nigella il Marito
mio fi piglia giuoco di te, credilo a me : Ma quando pure egli anco ciò facejfe ad
altro fine, Io ti dico,cbe gli huomini fono buomini, & le donne,donne: & cbe non
hanno gli huomini dalle donne cofa,cb'effe loro non voglino dare, & tanto è buo-
na vna femina a diffenderfi da vnhuomo,quanto egli tpronto ad affalirla :puo
egli piu totto vcciderla,che violaria,quando ella non voglta; ft cbe Figliuola mia
fiati a torno il Mejjere, quato egli vuole,et diati noia (quando egli pur ciò faccia)
quanta dar te nefapra, non haurd egli mai da te quello,che tit dar non gli vorrau
Et dicoti, cbe partendotici da me, come detto mi bai, potrefli ageuolmente incap-
par e in quello,che tu cercbi di fuggiretpero attendi ad efferefaggia, cbe cofi facen
do non baurai da temere nulla. Tarue a TsQgella molto ftrano, cbe la fe della Don
na verfo il Dottore foffc tale, cbe oue le altre Donne pigliano fouuentegelofia de
loro mariti ,fe bene ejfi cagion non nè dan loro, Ella cbe cofa vd ia , cbe empire let
dcuea (Tinfinitofifpettc, n on ne voleffecredcr nulla. Et perche non pareffe alia
Donna, cl) ella vanamente le haueffe di ciòfauellato ,fi diede ad attendere , f i il
tempo forfe le parafje via,di poter far vedere a Madonna,che non era punto me-
no di qnello,che detto le haueua : & percio fofferiuapiu patientemente, cbe pri­
ma il tedio che il Meffere le daua, il quale piu crefiea di giorno in giorno :pero ,
parendo al Dottore, che la patienda, cbe vfixua Nigella, glideffe fperan%a di com
pire il fuo defiderio , afpettaua, cbe la Fortuna gli appreilajfe luogo atto a ciò.
St effendofiilita Nigella in vna Han%a, oue era la farina, per abburattarla , &
farne il giorno feguente il pane, Trefo il buratto, fi mife a trarre la crufia della
farina, con affaigagliardi colpi.St effendo Meffere lo Dottore colla robba di fiar-
lato in doffo , & col capuccio in (palla, per andar allefiuole ,fenti, cbe Tfigdla
era difopra, & abburattaua, ond' egli pofla la coda dall'occhio alia camera, &
veduta la fua Donna intentamente occupata in alcuni fuoi donefihilauori,gli par­
tte di bauere tempo, & luogo , ond'egli poteffe,fen%a fojpetto goderfi di Nigella,
& oue deuea fienderc lefiale, per andare alle fibuole,fe riandò alia buratteria :
& prefa Nigella per lo collo , & dattole vn bacio, diffe Mnima mia , boraè
tempo, cbe tu piu non mi tormenti:& a chi vuoi tu dare ilfiore della tua virgini-
tà,fe a me nol dai, cbe tanto ti amo, & che fonper fará tanto benet Md ogni mo-
do baitnad effere mogliedi vnpouero buomo il quale ti sfiorera,& gli firanpiit
care cento lire piu di dote, cheti daròio, che quanta virginità tu gli pot ejfi dare :
oltre yche qualunque volta ti maritcrai, ti darò il modo di acconciarti talmente
cbe parràt the tu allbora allbora vergine efia del ventre di tua madre. Nigella9
acu i
t
De G l i H e c a t o m m i t h i
iacui pareua,che foffe venuto il tempo difgannarc la Madonna, diffe; tante pro-
tneffe mi fate, Mefjcre,& tante ragioni mi adduccte, che io, a quefla volta , non,
*vi fo dir di nò,& fan pronta a compiacená : Ma non vorrei, che per mala forte,
Madonna, la quale fcioperatalafciai nella fita fianga, quando qüi venni, non m
fentendo fcuotere il buratto, che fapete, che di lagiü,comc qui , f i fente il romore
veniffe difopra, & mi ritrouaffe con v o i, onde ne fujfimo vituperati, ad vn trat-
to, & voi, & io . Vero piacciaui pigliare il buratto, & fcnotcrlo , inftno a tan-.
lo , che iofeenda : & ritroiiandola in termine,cheio non ne habbia a temere for.
no,fubito me ne verrò a voi, & vi darò di me compiuto piae ere. Tiacquero al
Dottore quefle vltime parole: & fappiendo egli, in che termine hauea lafciatà
la moglie , fu contento, cb'ella ft andaffe ad aff curare,penfandofi pofeia di poter-:,
nepiu tranquillamentcgodere. Onde le diffe, và & torna toHo , che io poffaan
dare agliScolari, che mi attendono, che io legga loro : & porta con effo teco la
fetola, da potermi nettare la vefte dalla farina,che ne lo fcuotere, che farò il bu-.
ratio ci vena fopra, cofi faro diffe ella,MeJfere; & partitafi dal Dottore la ma-
litiofetta,fece la feala in quattro paffi , & undo a ritrouare Madonna, la quale
veggendola tHtta per la farina bianca, & fentendo il romore del buratto , diffe;
che cofa è quefla, Nigella, tu feiqui, & il buratto fuona difopra . Mllhora diffe
Nigella, pregoui. Madonna, che vi piaccia venir difopra, che voglio,che veggia•
te vn mono Burattino fcuotere cofi bene il buratto,per trare la crufca,che non me
no ve ne marauiglierete, che mi habbia fatto io. Et che marauiglia è coteft a?diffe
la Donna; voglio foggiunfe ella, che v o i, da v o i, la veggiate. Va, diffe la Don­
na, che io ti feguo,che vo pur vedere , che miracolo fie cotefto. Mcntrc le due
Donne cofi ragionauano infieme, toccaua il Dottore il buratto conforte mano, &
tutto gongolaua, parendogli hauere diffoftaTsligella a compiacergli, & ad ogni
picciolo motto, che eglifentiua , credeua»cHella foffe, che ritornaffc. Et fenten­
do, nel falirc, che facean le Donne y Nigella toffire, & ffutare, toflo la conobbe,
& eccola diffe, tntto gioliuo . Si rimafe adietro Nigella, effendo giàmontata Ma
donna Ivltimo fcaglione : & .credendo il Dottore, che foffe la Fante; Tu ne ver
rai pur, diffe, quando a Iddio piacerà, Io fongià tutto farina,& tuafaràla fiati-
ca a nettarmene, credilo a me : & voltatofi a dietro , vide la moglie , in vece di
Nigella : & veggendofi cofi colto da lei, in vn tratto tutto fi fuenne Ma la Don
’ na, che ogni altra cofa haurebbe penfata, cbc ritrouare in quello atto il marito,ri
mafe come fuori di fe. Et diffe ben iflà,marito mio, poi che di Dottore,eb'erraua-
te, & Signore della cafa,vi fiatç mutato in burattino, & fatto feruo della voflra
Fante: che Domine hauete voi volutofare s’11 Dottor venne,a quefle parole,piu
verrmglio in vifo,che non era lo fcarlato , che egli haucua intorno : & quantun-
que nel leggere foffe eloquentiffimo ,fi rimafe allbora come mutolo, rip rendendo-
lo la moglie molto aff ramentc: Ture, ripigliando egli ffnrito, con dolciffime pa­
role cerco di racchetare la moglie,& pregolla, a pcrdonarc la fita colpa alia fra-
gilitâ humana, la qualepoco potea refiflere a cofi fatto nimico,come era .Amore
quando egli fiponcua ad affalire altrui,con ogni sforgo. Etfe cofi c , marito mio3
diffe
D e C A T e R Z A . i 6j
diffe la Donna; quanto deurei io effere ifeufata da voi,chefondtinfcrmo,& debo-
le feffo}& piu atta ad effere vintaffhe vox, fe iogiouane, cogiouani faceffi quel-
lo , che voi ycanuto ,con Nigella voleuate fare ? Diffe il Dottore ,qucfto non
voglio io , Moglie mia penfare di te , perche sò , che tu ti fei oppofia a fimili coU
. pi 3 collofeudo delfbonorcjl quale sò io, che ti è piü caro , che la vita:m a,quan­
do pur ciofoffe, (il che tolga via Iddio,che fiaJ ti perdonerei non altrimente,che
10 voglidyche tu hora a me perdoni. Sete hora molto cortefe, & molto humano,
Meffere, diffe la Donna; Ma non hauete voi bifogno, che io vi perdoni, che
non a me , ma a v o i, fatto hauete ingiuria : che io, per me, oue il vitupério vo-
flro non ci foffe, non ne direi pure vna parola , Ma mi doglio io di cio, veggendo
che voi, che tanto fapete, & infegnate a gli altri il viuere con ragmne, vi hab-
biate hora coff lafeiati appannare gli occhi alia lafeiuia, nella matura voftra eta,
che ft ate diuenuto giuoco di vna Fantinella, comefefoile vn laua cenci. Mifero
che voi fete, & come volete,che piü alcuno venga a voi,per configtio nellc occor
renge ciuili f*veggendo, c hauete ifeambiate le leggi col bttrato i*fe queflo ft fa-
peffe, diuerefle in talguifa giuoco de fanciulli, che non potrefle apparire per la
Jlrada,tante farebbono, & tali legrida , che v i farebbono fatte dietro . Vedeua
11Dottore, che troppo verogli diceua la Moglie , & tanto humile le ft moílrò,
ch'ella vsò piu toilo la compa(Jione,cbe lira ; & vfeiti ambiduc, di quel luogoffe
ne entrarono nella camera , oue la Moglie, colla fcopetta , lo nettò dalla farina,
della quale era egli non altrimente imbianebito, chefe gli foffe addoffoneuicato.
€t mandò a dire a gli Scholari, che, per foprauenuto accidente,non poteua legge-
re quel giorno.La Moglie,anchora che lodaffe per la honejld Nigella :nondimenoy
per non hauere negli occhi, chi fatta haueua a fuo Marito cofifatta beffa,fatta-
le dar la dote, la die per Moglie ad vn Fabro, il quale a Mantoa, che fua patria
era, la conduffe: & , meffa in dimenticanga ogni cofa ,f i viffe col Marito tran­
quilli (Jimamcnte.

CALL 1 D O R O AMA I S A B E L L A , COGLI E IL FRVTTO


dell’amor fuo,Sc mentre con Ici fi fta,auengono alcuni accidenti,che turbanola lor gioia:
Si quelli racchetati,non pure del primo amor e , ma di vn’altro fi gode .
N O V E L L A X.
0 S SE la raccontata 'Hpuella a tante rifa le Donne,che mat non
fi farebbono rimafe di ridere ,fe Flauio , a cui toccaua Vvltimo
luogo,non dauaprincipio al fuo ragionamento, dicendo. Sono
le Donne ad ingannargli huomini molto pronte,& moltoqflute,
non pure nellc cofe fimili a quefta di Nigella, ma in quelle an­
co, che s appartengono a cellare i falli loro , quando poca fedeferbano a lor Ma­
riti , fe forfeper fnbito, & non penfato auenimento, temono non riceuere degno
guiderdone della loro violata fede , come vi moflrerà quello , che hora fonper
raccontarui.
Non ha guari che (come vn getilhuomo di Beneueto mi diffej fu nella fua terra,
vn
t
v D E G L1 ' HE C ATO MMt TH I
vn nobilC itt aditio,che Honorato fi cbiamauafil quale baueua vna bella, & gen­
til Moglie, ma troppopiu ardita, <&• piü lafciua , cheagli anni d’Honorato nonft
c'onueniua ; la quale Ifabella baueua nome. Era flato di cofiei lungamente inna-
morato vn Gentilbuomo giouane ,detto Callidoro,nè aítro era maneato a conch'm-
dère il Matrimonio tra loro,che il volere della Madre d'Ifabella, cbe vedoua era,
la quale dicea ; cb’era meglio,che legiouani dome ft fteffero fotto barba.cbe fot•
to baua; & che ella che marito giouane baueua bauuto, ne potea far cbiaro tefli-
monio, per le molte angofeie, cb'ella banco, con lui fofferte. Honorato , iflman-
do,che cofi deueffe contenta rimanere Ifabella di lui,come egli di lei ft rimanem,
dggiunfe al primo errore, di bauer prefix Moglie cofi giouane; il fi condo, non ha-.-
uendo piú cuflodia,che s'egli foJJ'e flato giouane,& ella attempata : & quindi a*.
uenne, che , conuerfmdo ella in van luoghi baldangofamente , & efftndole da
coloro,che di libidinofa voglia accefi, tendono alle giouane maritate lacciuoli,per;
tirarlc a lor dcfideri,mo(lrato, che male baueua difpoflo la Madre , in darle cofi
fatto marito , deflauano in lei defiderio diprouare quali foffero le forge degioua-
rti nelle battaglie amorofe.Ma,tra gli altri,Callidoro, mentre con lei fulle fefle fi
ritrouaua,cercaua,con ogni diligenga,diporle in difgratia Honorato, & raccor-
dandole il fuo amore,pregauala voler ritrouar via,colla prudenga fua,per laqua-
le potejfero effere infieme , & godere, in qualcbeparte, ilfrutto del loro amore.
Ifabella,cbe ciò non meno defideraua, che Callidoro,gli diffe; ch'era in loro pari
il defto,ma che non era mica pari il pericolo : Impero che,fe il Marito ft auedefft
cb’ella fi piegaffe afodisfargli,era ftcura,oltre la infamia,cheglie ne auenirebbe,
cbe n'haurebbe quel gaftigo,cbe al fuo fallo fi conueniffe: & cbe,per quefio , ella
non potea fare altro, che nutrire il commun defiderio colla (peranga , & pregare
iAmore, che vn giorno moflraffe ad ambidue la via di poterfi ficuramente gode­
re : & che, in quefio mego,ella non fapea ad altro modo effer con lui,cbe col pen-
fterofil quale baueua giorno,& nottealui riuolto : & che pregaua anco lui a cofi
fare,& cke teneffe tanto effere amato da lei, quanto puote effere amato gcntilijji-
ino giouane daDonna cortefc.Crebbe ianto inproceffodi tempo la cofiei lafeiuia,
& bardente amore, cb'ella portaua a Callidoro, ebe era comeficura di bauerft a
morire,fe di lui nongodeua . St praticando in cafa fua vna giouane maritata, che
ella, in vece di Fante, vfaua talkora, che Lifca hauea nome , penso di feruirft di
lei fin condurre quefio fuo defiderio afine : & cbiamatala afe vn giorno, le diffe',
Lifca,vuol I amore,che io ti porto, & la fede cbe ho in te, cbe io ti fcopra vn mio
graue affanno,portando ferma opinione, cbe non pure fegreto lo terrai, ma vferal
ogni ingegnOyper tirarmi fuori del diffiiacere,chc giorno,& notte mi logora il cuo
re. Tromifele Lifca bvno,& I'altro molto cortefemente , St ella feguendo diffe;
Tu vedi, Lifca, quanto io fia giouane, & quanto male fi comcnga colla mia, beta
del mio Marito, & quanto egli fia male atto a Jodisfar mi in quelle cofe, cbe fono,
pin di tutte le altre,dallegiouani dome bramate. E tfc, come la mia mala for-,
te , perfarmi fempre mifera,ba voluto, che, oue io deucua efferc moglie di Calli-
doro ,■il 'quaIfai quanto mi amaua,fia diuenuta moglie di quefio a me tediofo vec-
.— cbio:
t
D e c a T e r z a . * 168
chio:batieffe anco cofi fpente le fiamme, che3per quel Giouane, mi ardoho, io non
tigrauerrei di quanto io fano hora per imponi a mia falute:Ma pofcia,che il con­
trario è anemtpyche non pure nonfano (pente le fiamme, ma fano crefciute ingui-
fayche me nefadtQ incenerire : non deftdero altro, che, con aceorto modo, go- ,
dermi di CalUdoro, il quale non meno arde per me, che io per lui mi firugga. E t,.
perche tu mi fei paruta , piü dognaltraperfona, atta a condurre queflo mio defi-
derio a talfine, che,fenga timor dinfamia , mi rimanga contenta,ho voluto com-,
munitare can teco, quefla mia fegreta afflittione, accioche tu fij contenta , colla
prudengatua,di trarmene fuori. Et ti prego a tenere quanto ti ho detto chiufa nel
cuore3con quella fede,coli a quale lo ti ho narrato : Et,cio detto,fi tacque. Lifca,
che piü fclicemente amaua vn Giouane, che 1fabella non ficcua, però che quante
volte il marito agio le nedaua,tante ella figiaceua con luif non pure non cereo di
leuare la Giouane da quel folle,& dishouefto penfiero3nia moflrò quel,che poffa
in dishonefla donna 1'occaftone,di tirare le altre nel medcftmo errore, in ch'ella ft
ritroua. Terche le diffe; Madonna, cofi mi aiuti Iddio , come io ho hauuta mille
volte compajjione aliagiouane%£q vofira, & ho maladetta, tra me,la Fortuna>
che ton queflo vecchio vi accoppiaffe: il quale non meno fi deurebbe vergognare
di efferui veduto appreffo,cbe voi vi dogliate di bauerloui,quando io,che Marito,
ho ( parleròjQpn voi , Madonna,con quella confidenda,colla quale hauete voira-
gionato meco) gimane, & gagliardo, & che non mi lafcia mai notte, fanda dor­
mi quello, che il mdtrimonio ricerca, fan coflretta a procacciarmi daltri, chefo-f
disfaccia al bifagno mio: & certo vi marauiglierefle, fe fapefle quanto piü cari,.
& piü dolci mi fiano, i baci, & git abbracciamenti deflo amante, che quelli det,
marito non mi fano, io non mi lieuo mai delle brdccia,che non mi paia di effero,
beata, tanta contenteg^a nepiglio • Et cofi vorrei poter e far fentire anco a voi
perproua, quefta immenfa dpfcegjta,della quale io vi ragiono. Ma, oue cio è a
me ageuole., perche non è altri in cafa , che mio Marito, <&•io : & , quando egli
và fuori a fabricanetad ajflri cafe, non hopaura,che alcuno riueli quelloych'iofac­
eio fotto il tetto delia çafa mia,cofi lo veggo io mai ageuole a voi,effendo nella ca
fa vofira , & Marito',& Serultori,& Eanti,gli occhi de quali fano fempre aper­
ti : & ,fe le due vecchie,c'hauete in cafa, nefpiaffero nulla , Io fan ficura,cke
nonfi vorrebbero raccordaredi effere flate giouani, & di hauer forfe anch'effe
fatto quello,che io f accio, & voi cercate di fare , ma griderebbono dalle, dalle*
Nè vt potete afficurare fuori di cafa,fe non con pericolo,& della vita, dell'ho
nore.vi offerirei io la cafa mia,fe nonfoffe fodio,che porta voflro Marito al mio,
per lo quale hauete in commiffione di non mi por piede in cafa ; & dapoi chebbe
ella cofi detto, flette alquanto come penfierofa fopra d if e ,& poi diffe; tra molte
cofe,cfie mi fano in queflo poco tempo,andate per la mente,me ne è fauenuta vna,
che mi pare,che pojfa,di leggieri,condurre il voflro difegno ad effetto & ella è
qúefla,và mia Sorella (comefapete) hora in quefta terra, & hora in quelfaltra,
portando fuoi veli a torno,& mercatando hora con queflo, & horaeon queWal<-
tro:& , qualunquc volta ella fi parte 3mi pojrta vn fuo forgieri in cafa., piu gran­
de di
D e G l I “HfeCATOMMlTHI
âe âi due fbanne. Ai queUh cbe fi vfano communemcnle,&io velo tengo hfinodl
fuo ritorno:&, cffendo egli tnolto ben capace del corpo diogni grand'huomofeil
voflro amante fi vuole ajficurare di entrar ui dentro, tolo vi addatterò di modo,
cb'egli, da fe ílcffo lo potrà ferrare dal lato di dentro, & aprirlo parimentc,
a voglia fua,& vc lo faro io,con liccnga di Honorato, portare dentro alia came­
ra vojlra : & quel tanto,cbe il Marito voflro fe nandrà a gli vffici fuoi, ouefa
lungbiffma dimora,vipotrete voi chiudere, come hauete in coft ume,nellaflanxa,
voflra., & güdendo deWamor voflro,vi rimxrrete appreffo il Marito in queda opi
tiione di boneflâ,nella quale egli vi bafempre bauuta. Stette a queftc parole Ifu-
bella colle oreccbie alte, & leparue, cbe troppo bene hauejjcpenfato Lifca.StU
prego afccprire il tutto a Callidoro, Il cbe fece ella diligentemente. Il Giouane,
ciò vdendo,ft tenne il piu felice amante, cbe maifoffe in alcun tempo, & gli par-
uc , cbe non deueffe mat venir quell'hora , cbe fi dejfe effecutione a quanto fi erx
ordinato. Lifca andò ad Honorato : & , in prefenga d'lfabella, gli diffe; Io non
voglio Meffcre, cbe l'odio,cbe portate a rnio Marito, mi tolga 1'ardire di chiedcr-
ui vn placere, Terò bauendomi fidato mia forella vn fuoforg^eri in cafa, & te­
mendo, che nuo Marito, il quale >come fapete,è tutto dato algmoco , non mi fac­
eia qualcbc violenga, per le robe, cbe vi fono dentro di qualcbe valore, vorrei,
cbe fofte contento,che iolo riponejfi nella camera vojlra in ficurtà , cbe vc ne ha,-
aero molta gratia; 1fabella , anebora che altro non bramaffe, nondimeno diffe,
che mnlepiaceua, cbe roba d'altri le ingombraffe la camera : M erita, fóggiunfe
Honorato,Lifca,cbe in cofipicciola coja , la compiacciamo, acciocbe qucll'Aftno
di fuo Marito, nongliene faccjfe vna,comc fuole . Et, voltatofi verfo Lifca; por-
talo pur,diffe,cbefarabene anco Ifabella contenta. ^indoffenc a cafa Lifca , &
votato il for fieri,vi pofe dentro vn capeggale, & 1'acconcio, cbe di dentro fi po-
teua ferrare,& aprire,& meffi fu il capeggale due origlicri, & buona quantity
di vari confetti,vi chiufe dentro Callidoro , & lo fò portare in camera di Meffcre
Honoratoj l quale lo riceuete,& pofeia fe nandò al fuo vfficio. S t, non fu cgli
cofi tofio fiiori di cafa,che Ifabella fi chiufe,fecondo la fua vfanga, nella camera,
2 7 & fiè vfcir Calli dorOyil quale abbracciatala, & datele mille faporiti baci, diffe;
mínima m a,èpur venuto quelgiorno , cbe, a voglia nofira . fenga fofpetto alat-
■no,ei potremogodere. St ella,pendcndogli dal collo, cuor m\o, diffe; babbiamo
ambidue ad effere molto obligati a Lifca,pofeia cb'ella coifuo fenno ci ba fatta Int­
uere quefia ventura. Et,con quefie parole,coricatifi infieme,figoderonogli vlti-
mifrutti dAmor e a grand'agio. Tercbe, prima tramontò il Sole,cbe Honorato
a cafa fi ritornaffe. Continuarono i duc Amanti,per moltigiorni, lo incomincia-
topiacere,fotto la fcorta della accorta Lifca,la quale, da vna fineflra.fiaua a vc-
dere fe forfe Honorato ritornaffe a cafa ,per farne motto a gli Amanti, cofi fegre-
tumente, cbe mai non ne hebbe Honoratofentore alamo. Haueua alcune flange
in cafa Honorato,le quali faceua egli rinouare ad alcum Muratorifi quali, perfi-
nirlepiü tofio,vi conduffero anco l'amante di Lifia, la quale, fubito, cbelo vide,
dimenticatafi Ifabella, & Callidoro,lo andò a ritrouarc, & a goderfi di lui . Et
CCCQ
D ECA T e R H . • 169
eon lui. St cccc che la Fortuna , la quale non vuole, che tra not fia dolcegiâ mat
ftnga iljuo amaro,fe,che Honorato, per alcune blfogne del [no vfficiofuor di tent
po, a cafa fe nc veune : & bauendo la chiaue della porta, Jenga piccbiare, fe rien
trò in caft, & f t riandò diritamente alia camera, oitegli.Amanti erano al loro
vfato gmoco ncl let to., & ri trona tala cbiuft ; apri dijfe Ifabellciychc io fono Mono
rato. Ella, tutta.flordita alia voce del Marito, ft vfti del Ictio, £r dijfe; io vengo.
Honorato : & [abito, fat to entrar nudo,coft come cgli era, Callidoro ncl forgieri
con tutti i fuoi panni, vc lo cbiuft dentro, & coft in camifeia , come ella era , an­
do ad prire al Marito,il quale già haueua vn ultra voltapicchiato. Egli, vedu-
ta la Moglie in camifeia»& confiderata la dimora, la quale , ella hauea trappo-
ftaad aprirli, dijfe, alquanto turbato ; che vole dire la tardang* , cbaifatta?&
queflo tuo effere in camifeia f fono, dijfe ella in camifeia,per tormento, ebe mi da
nano le ptdci,& hò dimorato ad aprirui perche io era intorno ad vna,che di qua,
& di Idfiltaua,& io non la volea lafciar fuggire, per lo trattaglio, elfella mi ha­
uea dato, rnentre io volea dormire : & ejfendo nuda non ho voiuto , che coft mi
vediatc. Ma voi, perche, lafeiando I’vfjicio voslro ,ftte a quefla bora , venuto
a cafti d guardate, di gratia, che cib non vi recaffe qualche danno . Sapete quel,
che ftppiano fare i maligni, pur ebe pojfino hauere qualche cagione,da potcr nuo-
cere,per biftgnr delCvfficio fòri io venuto a caft, ripiglib Honorato, perche mi bi-
fognano alcuneftrittwrt da portar meco : Ma per mia fe,pofcia , che io ti ritrouo
coft inpunto, non voglio perdere quefla occaftone : & coft dettogittatala fopra
vno de capi del forgicri,cue era Callidoro,ft mife afollaggarft con le i: con quan­
to dolore della Donna,& difpiaccrc del Giouanepenftamcelo tu tti. Vedeua ella}
che vno Jlranuto, vn fofpiro del Gicnane era atto a porre la ftada in mauo al Ma­
rito, alia morte deti'Mmantc, & di le i: onde haueua vn battimento di cuore,cbe
appena potcua hauere il Jiato; della qital cofa auedutoft il Marito, & che hat dijfe
Ifabclla,cbc ml pari cofi fmarrita ? Ifon ho io altro, dijfe ella, che il diftgio,che
mi hauctc dato f t quefla caff'a, che mi hafttto affati care con voi molto ftoncia-
tamentc; & egli tcntandola , ior-con vn Jibergo hor con vrialtro , Ji pigliam
placer di lei 3 col farla guigggare hor in quefla parte , & bora in quclla; & ella
dicendo, che coft ê quefla, che vi flimola hoggi, gli ft tolfce di vn falto delle ma-
® vi, & fe riandò là one era la f t a vefte, & la ft mife in doffo. Voile la forte, che
pel gittarft la vcfle in capo,le cadde fuori della biftccia la chiaue del forgicri,che
I'hauca data lifta & p r ftla il Marito ; che chiaue è dijfe quefla, che non è delle
noflre i ella cjjere dee quclla di queSI0 forgieri: voglio vedere, che cofa ha qni
dentro la forella di Lifta . v i laftio penfare qital faffe allhora l animo ã lfabella,
& quello del Giouane altrcsi. La Donna, come che gentilmente voleffe far forgo,
al Marito, gli riprefe la mano, & diffe, che voglio vi vicne di aprire le caffe al-
trui date quà quefla chiaue , èforf t con qualche fegno chiufo queflo forgicri, che
aprendolo lo guajlerefte, pefeia ú ftrelbe,che dire viep iü , che non penftte.
Ma conquanto ftp pc ella, & d i n , & ft.re , non potè torre il Marito da vo-
.lerlo aprire ; & msjja la chiaue aljiio Utogo., altro non mancam, che dark voi*
Tar. Trima X
DE G l i H e c a t o m m i t h i
ta.Ondc hcbbe il Giouane tanto timorc,cbe pcco manco ,cbycgli vngrido non man-
dajfe fuori : & Ifabella , temendo 3 cbe noniapriffe , fi era fatta vicina alia fi-
neflra,per gittarfene fuori a capo in giu , fi to fio , ch'cgli il for fieri haueffe aper­
to . Ma Callidoro in qucfla , cbe Honorato voile dar volta alia chiauc, fatto dal
pericolo accortOjpofe la mano alia flangetta,& la tcnne,cbenon poteffe fiorrere,
la qual cofa veggendo egli lafiic la imprefa,& die la chiaue ad Ifabella , dicedo
qucfla chiaue cfjcre deeguafla3& ella3comc da morte rifufiitata ;potrcbbc ejfe-
re,gli rifpofe,dicendo3mi piace,cbe aperto non 1'babbiatc, accioche qualebe romo-
re non ne [offe nato. Doppo alcuni fiber f i , pigliò ffnalrnente Icfiritture Honora-■
to3& fuori di cafa fe nando.Lifca,a cui molto bene hauea fioffo ilpcllicione hama
te3fe ne veniua 3 per ritornarfi alia fineflra,allafiorta impoflale. La quale-tome
fu veduta da Ifabella 3che alia porta accompagnato haueua il Marito 3 rimaf i tui­
ta fopra di sè; & che,diffe , nonfite voi con Callidoro? Con Callidoro eb ? rifio-
fe Ifabella ; SÒ io,cbe bifogna ripofarff fopra te3 tu fei quafii flata la morte di am-
bidue noi 3 cbe maledetta fla l’bora3 cbe la cura di farci fiorta ti diedi. La tua
trafeuragine bà fatto cbe Honorato ci hà quaff colti inffeme; Come colti inffeme?
mifera me3diffe Lifca ; colti inffeme si rifpofc clla:& ,fi non 3 cbe haueua meffo il
chiauiflello all'vfcio della earnera, fil cbe far non foglio) come mindiuinaffi qucl
lo3cbe deueua auenire3 tu ci haueui ben conci: & qui le narrò tutto quello 3 ch’a-
uenuto l'era.Lifia,vdendo ciò,marauigl\ofamente fgomentata; Terdonatemi dif-
fa,Madonna3 cbcil vederui effere con Callidoro, & ritrouarff qui il mio amante3
mi hauea meffo inpigficore intorno,che me nefintiua morire,fe ciò non faceua io
con lui, cbe faceuate voi coi voflro . Tsfe mi baurei mai creduto , cbe il Mefferc
piuper tempo foffc venuto3 cbe nonfuole. Ma come m inerefee , & duole inflni-
tamente3che fia ftata foppraggiunta da cofftflrano accidente, coff mi voglio ralle-
grare con effo voi, cbe altro di male non ve ne fia auenuto, cbepaura.Taura eb t
diffe Ifabdla,si tale3cbe non so come io ffa viua,& da me faccio congiettura, cbe
flia molto male anco Callidoro, voglio andare a confolarlo.Tu, di gratia pofeia,
chefciolto hai il tuo digiuno , vfa tanto di diligenda, cbe poffi ancbio,ffcuramen-
nefolucre il mio. Lifca ripofateui diffe}Madoma, cbe pià non mancherò 3 eir an-
datiue con buono animo 3 a Callidoro 3 e*r godetelouifinita foffetto . Entro, ciò
detto Ifabella nella camera , eír aperfe il for fieri , & n e vfei egli non con altro
vifo,che fe foffe flato morto tregiorni in vm audio : & 3 contando 1'vno aWaltro
haffanno hauuto3per quel ficro accidente3non volca3per modo alcnno, Callidoro,
cbe Lifca f i ne andajfe finga pena dei commeffo errore. Ma Ifabella 3non meri­
ta , diffe3da noi male alcuno Lifca , dia è Donna come fori io : & 3 vinta ancb'dla
dall'arnore dcllo amante3che qui boggi c vcnuto,ff era ita a far con lui quello , cbe
mi f acciamo infi eme; & con quefle parole raccbetato Callidoro , fi andarono in­
ffeme a letto3& prefe 1'vno dcll’altro tanto maggiorpiacere3quanto stata era pin
terribile la paura. Et doppo lungo dilctto3effendo giu venuta la fera 3 Callidoro,
rifioratofi conprcciofo vino, & con confetti, f i nc rientro nd fo rfieri . Vcn-
nepofiia Honorato a cafa3& diffe cbe la terra tutta era a romore3pcrcbc era fla­
to vccifo
D e c a T e r z a . 1 70
to vccifc vn Giotunc, & non fi Japea da chi: & che,fe forfe fi ritrouaua il m\ci~
dialey tosto, che appariJJ'e ilgiorno , il Todefiâ,gli volea far tctgliar la teHa .
N'hebbero compalf onc Ifabella, & Lijca , <& differo, piaccia al Signore Iddio,
ch'egli nonfi ritroui. Tartitaft poi Lifca , dl a inccntrò la Sorella per ftrada , la
quale a cafa di Meffcre Honorato , non ihauendo ritrouata aliafua fang# , ve­
nilia a ritrouarla. Etydoppo le amoreuolc accoglienge tra loro, le dijfc; Io vor-
rei pigliarmi il mio forgieri,cbe bò bifogno di alcune cofe, cbe vi fono dentro;pero
vientene a cafa, cbe tu il mi dia . Lifca pr ontifilmamente dijfe, io nonpoJJ'o bo­
ra verare acaja,per effere quial feruigio di Madonna , cbe bora a fpedirc vna
fua facenda mi manda, Se verrai dimatúna,lo ti darb,fu contenta la Sorella; &
Lifca ando alia Madonna:& ,trattala da p a rte, le dijfe, cb'era venuto la Sorel­
la: cbe bifognaua , cb’ella riportaJJ'c il forgieri a cafa ,Spiacque ad Ifabella,
cbe, cofi di fubito, le fojfe turbato quel diletto , cb'ella penjdua , che deueffe du­
rar molto . Ma la conforto Lifca , dicendo, non vi turbate,Madonna, cbe come
è Hata queíta la prima vo lta , cofi non fieella l vitima a voílri diletti, pcrche
quante volte vfeira di Bencuento mia Sorella, il cbe ferà Jpeffo , tante b.wrctc in
camera Callidoro; Et con quejlaJperanga,raccbetata Ifabella,fe nandò Lifca ad
Honorato, & gli dijfe,che vem ta era fua Sorella, & cbe voleua il forgieri; pi-
glialoti, dijfe Honorato,& qualunque volta ti fard mdrtiero di riportarlo , ti fie
fempre la camera aperta. Refe ellagratie ad Honorato, per la fua cortefe ofer­
ta : & fene ando per vn Faccbino,cbe cugino l'era,& glide pofe in collo, & via
il mando. Staua molto lontana dalla cafa di Honorato Lifca, onde a rnegodel
viaggio, volendo il Facchino pigliar fiato,pofe il forgieri con vno de capi fopra
vn murkiuolo,che cingeua vnafojfa, oueft conduceuano i caualli per rinfrefcar-
g li,& mondar loro i piedi,& le gambe. €t,nelpofare ilpefo,acconcio il forgie
ri di mamera,che Callidorofe ne Jlaua col capo ingiu, & copicdi in alto; con tan
to fuo difagio , con quanto vipotetepenfare. La onde,dimorando il Facchino mol
to a leuarlo, cojlreto il Giouane dalla ambafeia , cb'cglifojlenca, perpofarglift fit
il collo tutta la perfona; difje ad alta voce, cbefai tuf*leuati bomai quinci. Fra
già I'aer buio>& nubilofo,onde il Facchino, vdita quella voce, bebbe tanta pau-
ra , cbe mife vn gridograndiffimo : & , mejfojfi in gambe, fi diede a fuggire non
altrimente, chefe fojfe Jlato cacciato da cento mila demoni. Fuggito il Facchino,
Callidoro , dubbiofo di fe medefimo, era in tanto affanno, cbe il maggiorc non fi
potrebbe imaginare. Terche temea dinonhauere a flare tanto in quel difagio ,
ch'egli vi veniffe tneno, 0 fe pur ciònon aueniua,vedeua egli, cb'era di meftiero,
cbe , vfeendo la brigata la mattima di cafa , fojjeiui ritrouato , confua vergo-
gna, & forfe con morte d’lfabella. E t, volendo egli pur vedere, fe a modo al-
cunopoteffe piegare il forgieri fi, cbe lo facejfe cadere in qualche lato,onde potef-
-fe aprirlo,&portarfene il forgieri: egli medefimo,tantofecc,& copicdi, & col-
leJham,cbe il forgieri cadde,pcr fua mala ventura,dal muriciuolo nella foJfa,con
cofi gran romore,che parue vno fcoglio,cbe, rofo dalíonde, dejfc il tomo nel Ma-
re.St riceuette Caüidoro3nel cadere, cofi granpcrcojfa, cbe gli vfei il fangue dd-
X i
de G li H e c a t o m Mi t h i
la bocca,& del nafò, & rimafc tutto ftordito. Gid cntraua I'acqua per le feffure
ncl forgieri, & tutto ft bagna.ua> Quando >rifentitofi il Giouanc , lo aperfe >&
fippicndo nuotarc >ft vfcl della fojja ; & cofi tutto molle >& fanguinofofe nando
a cafa di Lifca. La quale ritrouò tutta fola> pcrche il Marito ft era ito in conta­
do . Ella> veggendo in quella guifa Callidoro >plena ad vn tratto di maraulfia,
& di compaJJione> dijfe, oime cb’è qucflo3cb'io veggio ? cbe vi c auenuto Callido-
ro ? & eglimcfo le raccontb il fieroaccidente, che auenuto gliera , c9" dijfe; orni
cofi ncl male bene f a r ebbe,Je ilforgjeri ncllafojfa non fofife rimafo. Per che vi fa
rd dimattina ritrouato, & nonfo io come ftp otrà fare, cbe non ft chiami il Fac-
chinOy & non ft intenda>che vi era dentro vnhuomo, onde ad Ifabella , ate ,&
a me non venga & vergogna, & forfe morte . Lifca fubito fra fe penso di prone
dcre a quanto facea bifogno , eir dijje; di qucjlo Callidoro>non vi pigliate afj'anno
che fon io per acquctare ogni romore,che nafeere nepoteffe. Egli,che fipeua il vi
tíaceingegno di Lifca,a quefleparole confolatoalquanto, voile fapere , comedo
poiefj'e effere; Ft clla non cercqte altro, dijfe, & lafeiate a me la cura di ciò, &
attendete ad afciugarui,chc danno non ve auenijfca iiarui cofi bagnato. Et accc-
fo ilfuoco tutta leggiadra, & tutta fnclla, ft diede ad aiutarlo a dijbogliarft: &
pofeia, pigliati gli feiugatoi, cominciò ad afeiugarlo . La onde eJJendo egli nudo,
& appreffo ilfuoco, & Jlandogli intorno Lifca, chc con gentihjjima mano la toe-
caua, mentre co panni lini lo flropicciaua, le parti virili, chegiaceano ft riggare-
no, le quail veggendo clla di plena mano,le venne appetito di pronare come Cal­
lidoro coggaff’c, & non tennepiu fede ad Ifabella, che la ft hauejfe tenuta al fuo
Marito.’pcrche, con gentil modo, induffe il Giouane a corricarft con le i, con com­
mune diletto:gg alio fpuntar delgiorno , Callidoro fe nandò molto pin contento,
cbe da Ifabella non ft era partito . Lafciando a Lifca la cura di prouedere,a quart
to banca promeffo . Mppcna Ji era partito Callidoro, che il Facchino vene a cafa
di Lifca, & !c dijje; Cugina, io mi credo , che il Demonio infernale fojfe in quel
forgieri,che m faccjle pigliare in cafa di M. Honorato , & le narro della vdita
voce, & la paura, ctiegli nhebbe : & che all'apparir dell alba era andato, per
vedere fc lo rkrouaua, & cbe I'baueua veduto nella fojfa, & cbe ft ifeufaua ap-
prtjfo lei,fe a cafa nong’iie I'hauea portato . Non importa, dijfe Lifca; folo vna
gratia voghoio da tc, che tu, effsndone domandato, dichi, cbe il j'orgieri ?nt baue
ni tu portato in cafa, & cbe pofeia ti mandai a rhbiamare,et cbe te lo diedi io di
mono,perche tu tel portafli ad vn Monaficrio di Frati,& che net portario,baue-
fii la paura,cbe tu mi bat detta, & per ciò lolafciaHi fu quel muriciuolo, & cbe
pofeia fbaitu veduto nella foffa ,ilrhnanente laficrai tu dire a me; promife-
ie&giurolle il Cugino di coji fare . Haura fra quejh tempo ifabella vdito,cbe
il j'orgieri,chc di cafa I'erajLito tolto, (pcrche ji era gidfp.irfa la voce per tutta
la CittdJ era nella fojfa . Et tremante, <£r pauroja fe nejtaua come fe Ji bauejje
veduto il coltello nudofit I collo. St ejfendoft a la andata Lijca, le dijje clla,pian-
gendo ; 'Parti Lifca mm , che le difgratw mi corri no dietro ? credo , che tu bub-
hi itiLjo quel, chc auenuto fa del jorgicn, per. mega del quale mi veggo ba­
ttere
Dica Tí i z a . s
j?i
uere hauuto molto piu affanno, che non bo bauuta contentezga: & ml pare eke
bora mi fia cofi leuato ogni argomentodi nafeondere il rritofallo, che non Jo io piu
ritrouar luogo alio fcampo mio,fe forfeper fottrarmi all'ira, & ragioncuole,per
dir veroydel Marito mio,non mi do morte io ileffa. Lifca alTbora,dipoco ammo,
diffe; Sete ben voi,fe non vi da il cuore di faluarui da questo cafo ,fcacciate que-
fia paura,cbe ogni cofa ho mejfa io in ficuro, & informolla di quanto eüa haueua
a dire, s Honorato le nc facejfe parola , & a cafa ritornoffi, per ritrouaruifi ,fc
forfe fojfe addomandata. Ora effendo già flato tolto il fortiori della foffa, & ri-
trouatiuigli origlieri,& il capezgalc,fu mandato per Honorato I'vfficio del qua­
le era ilfopraflare a luoghipublici della città,& di hauerne cura. i l quale ve-
duto il forzieri,vcduti gli arnefi , cbe dentro v i erano,tutto fi pgomentò, fappten-
do,che egli di cafa gli era flato tolto. Et per fapere, come la (ofa ft flcjfe, man-
do , perlo Faccbino, & voile intendere come ciòfojfe auuenuto. 11 Faccbino gli
diffe tutto quelloyche Lifca gli haueua impoflo : & vi aggiunfe, tome del for fie­
ri era vfeita la voce, & la paura , che egli hebbe : ma cbe, come egli foffe nclla
foffa, non gli fapeuagiâ dire . Ciò intefo, mando Honorato a cbiamar Lifca , &
dimandolle perche ella bauea dato il Forferi al Faccbino. Et ella,con ardito vt-
fogli difj'e; che pofeia che le fit il fo rfe ri in cafa, era andato a lei vn.Giouane il
quale ella nonfapea,cbe fi foffe,pieno dinfinita paura, che ferito era fui volto,&
le bauea cbiefia mercê, & pregatala, che lo voleffe chiudere in qualche cofa , &
mandarlo al monafierio di certi Frati ( & gli nomino il monafieroJ oueegli haue­
ua vn fratello, acciocbe hauendo egli vccifo vno che affalito I'bauea, non andaffe
nelle mani al Todeflafil quale, con ogni diligenga lo fxcea cercare,perfarlo vcci
dere la mattina al manigoldo : & ch'ella, vinta dalla pietâ, che le toccò il cuore,
non hauendo in cafa altra cofa,capeuole di vnbuomo, hauea votato il forferi del
la forella, & chiufo lo vi hauea dentro, & datolo a fuo Cugino, che là ilportaffe.
M quefia finta fauola, cofi benç ordinata, che hauea faccia di vna bifloria verif-
Jima, accrebbe fede la morte di colui,cbe diangi hauea detto Honorato effere fla­
to vccifo : & gli origlieri tutti brntti di fangue, che nel forgieri ft ritrouarono, Id
confirmarono . Et fu tenuto, cbe quegli,di che Lifca dicea foffe flato il Micidiale
di cbe facea cercare il Todefiâ : & credete ognuno, cbe il Faccbino, per la paura
cb'egli bauuta haueua, haueffe lafeiato cadere il forgieri nella foffa, & cbeil Mi­
cidiale fit foffe fiiluato; & molto fit lodata Lifca della fua pietofa opera ; cofi,con
quejla fintione,leuò Lifca ogni fofpetto ad Honorato in guifa,cb'egli no nc diffe pur
parola colla Moglie. Ifabella, intefii la pronta prouifionc di Lifcafin cofi graue pe-
ricolo, I’bcbbe piu,che mai cara : & piu che mai cara Honorato,credendo,cbe per
opera fua il Micidiale haueffe guadagnata la vita. Et Callidoro , contentifjimo di
quanto era auenuto, bora con Lifca, & bora con Ifabella , col medefimo inganno
i del for fie ri, fecondo ,che il tempo portaua,ft prendcua amorofopiacere. St final-
4mente tutti gli infortmi,cbe gli erano auenuú,di tanto profitto gli furono,che oue
pYima haueua vna fold amante fe ne ritrouò bauer due : dclle quali Lifca non gli
era pauto men grata, nelgitmo amorofo, cbe gli foffe Ifabella.
Tar, Trima T 3
B i c a T e i 2 a , 37 1
itere hamto molto p lit ajfanno, cbe non bo bauuta content egga: gr ml pare che
bora mi fia cofi leuato ogni argomento di nafcondere il mto fallo, che non Jo io piu
ritrouar luogo alio fcarnpo mioyfe forfe per fottrarmi all'ira, & ragioncuoleyper
dir veroydel Marito vnio,mn mi do morte io ileffa. Lifca airhora,di poco animos
dijfe; Sete ben vci,fc non vi dà il cttore di faluarui da quexto cafo yfcacciatc que-
fta paura.ycbe ogni cofa bo mcjfa io in ftcuro, & informolla di quanto ella baueiu
a dire , s Honorato le nc ficeffcparola y & a cafa ritornojji ,per ritrouaruift,,fe
forfe fojfe addomandata. Ora effendo già flato tolto il for fieri della foff.iy & u -
trouatiuigli origlieri,& il capeggale,fu mandato per Honorato Cvfficio del qua­
le era il fopra flare a luoghi publici della c ittà ,& di bauerne cura . 11 quale ve-
duto il forferi yveduti gli arnefi, cbe dentro vi eranoytutto fi fgomentò, fappien-
doyche cgli di cafa gli era flato tolto. Etper faperey come laiofa ft fteffc y man-
do , perlo Facchino, & voile intendere come cib fojfe auuenuto . 11 Facchino gli
dijfe-tutto quelloycbe Lifca gli haucua impoflo : & vi aggiunfc3 tome del for f e ­
ri era vfeita la voce, & la paw a y cbe cgli bebbe : ma cbe , come egli fojj’e nella
fojfa, non gli fapeua già dire . Cib intefo, rnandb Honorato a chiamar Lifca y &
dimandoiie perche ella bauea dato il Forferi al Faccbino. Et ellaycon ardito vi -
fogli dijfe; cbe pofeia cbe le fü il fo rferi in cafa, era andato a lei vn Giouane il
quale ella nonfapeayche fi fojfeypieno d'infinita pauraf che ferito era fid volto,&
le bauea cbiefla mercêy & pregatala, che lo volejfe chiudere in qualcbe cofi, &
mandarlo al monafierio di certi Frati (~& gli nominb il monajlero) oueegli baite-
ua vnfratello, acciocbe bauendo egli vccifo vno cbe affalito I’bauea, «0 « andajfe
nelle mani al Todcflafd quale, con ogni diligen%a lo facea cercarey per farlo vcci
dere la mattina al manigoldo : & ch'ella, vinta dalla pieta, che le toeeb il cuore,
non bauendo in cafa altra cofaycapeuole di vnbuomo, bauea votato il forferi del
la [ordia, & cbiufo lo vi bauea dentro, & datolo a fuo Cuginoy cbe la il portafje.
oA quefta finta fauolay cofi bene ordinatas cbe bauea faccia di vna hifloria verif-
jimay accrcbbe fedc la morte di coluiscbe dianf bauea detto Honorato cjfere Jla-
to vccifo : & gli origlieri tutti brntti di fangue , cbe nel fo rferi fi ritrouarono ,U
confirmar ono . Et fu tenutoy cbe quegh,di cbe Lifca diccafoj] e flato il Micidiale
di cbe facea cercare il Todeflà : & crcdete ognunoy cbe il Faccbino, per lapaura
cb'egli bauuta baucna} baueffe lafeiato cadere il fo rferi nella foffa, & che il Mi­
cidiale ft fojfe fdu ato; & molto f t lodata Lifca della fua pietofa opera ; cofi,con
q tiefia finti oneylcub Lifca ogni [off etto ad Honoratoin guifciycb'cgli no nc dijfe pur
parola colla Mof ie . !fabella, hit efa la pronta prouifionc di Lifcafin cofi graue pe-
ricoloy I'bcbbe piu3t h e mai cara : &■ piu cbe mai cara Honorato, credendo,cbe per
opera fit a il Micidiale baueffe guadagnata la vita. Ft Callidoro , contentiffimo di
quanto era auenuto, bora con Lifca, Pora con Ifibclla , col mtdefimo inganno
j del fo rfe ri, fecondo,cbc il tempo portaua,fi prcndcua amorofopiacere. St final-
vrnente tutti gli infortuni,cbcgli erano aucnuti,di tanto profitto gli f trono,cbe one
prima baneua vna jo la amante fe nc ritrouò bauer due : delle quali Lifca non gli
era panto men grata3 nel giimo amorofo, cbe gli fojfe Ifibclla.
Tar, Vrirna T 3
D e G li Hecatom m ithi
Oiche fuvenuto il fine,del ragionamento di Flauio,diffe Flammo; benedice-
P fie voi,Flauio 3 nelprincipio delia voflra nouella , chamo le Donneprontiffi-
me le feufe , quando temono ilgafiigo di tali ecceffi: & fe à me foffe cofi hoggi
toccato di faucllare,comc mi hà bifognato fiar muto,vi baurcipotuto addurre vn
fubito auifo di vna mainagia Moglie, cbe fi difefe coji acconàamcnte. dal Marito,
che la ritrouò, per l adulterio, co gli occhipefii, & tutta lagrimofa : chefi ved-
drebbcycbs banno le dome il Demonio tra le / aide delia vefleiMa voglio flanai
cbetoyparendomiyche voi, Flauio , nè conpià bei modo,nè con pin acconcia noucl-
lily poteuate ebuidere il ragionamento d'hoggi, perche non ê ff ata hoggi narrata
cofa cbe la infidcltà delle dorme pià cbiaramente babbia moflrata , delia nouella
voflra . Qgti diffe Tontio , non ê Flaminio, pofeia che anchora fiam o al quanto
difeofto dal portOyChe vi remaniate 3 di accenarci al meno quefio cafo 3fe ben pie-
namente nol volete narrare,angi narrare il vorrci,riff>ofe Flaminio , maper non
effere rnolto lontano il porto,& per non turbare f ordine prefo, 1’accennerò , come
voi diteiquando pero cofi piaccia a Fabio;& a me3diffe eglignon fpiacc Flaminio,
pnr che Fuluia il eonfenta. ls[è io mi voglio turbare di cofa , che Flaminio fi dica,
rifpofc Fuluia,perche prima3che hora,fo io troppo benc, clfegli è nimico delle dou
neianxifono die pure nimiche di me diffe cgli3& fpctialmcnte quella 3 che molto
arao;& cofiforfe meritate 3foggiunfe Fuluia, ma dite qucfto voHro cafo 3pofáa
cbe Fabio fe ne contenta, diffe allhora Flaminio , mi duole 3 cbe poco habbiamo
ad andare 3per effere al fine dei viaggio d'hoggi, perche viggo , cbe flrop piare
tnibifogna quefia cofa, pià toflo , cbe narraria 3 come fi deurebbe , ma pure la
vi diro. FLiueua vn Maritogiouane , & di honefla famiglia 3 due Scolari in ca-
fa3de quali la Moglie innamorata.fi crci>&fi traílullaua con amendim3ma 1'vno
non fapeua dell'altro. Muenne, cífejfcndo vno in amorofo piacere coli'adulte­
ra, Laltro fopraggiunfe, & gli ritrouò infeme : onde , credendo egli 3 cbe di hà
foloydoppo il Marito, foffe la Donna 3 bebbe cio a tanto fdegno , che 3 mcjfa mano
alia (pada 3voile vcciclcre íaltrofil quale , di animo vile ,figittò dietro al letto,
& volendolo feguir l'altro3per vcciderlo 3gli fifcce incontro la Donna, la quale
piii il primo amaua 3 chc il fecondo 3 & gli prefe il braccio, & egit, cbe in furo­
re era, feiohofi da lei ,le die del porno della fpadafulíocel.no dcitro , & glie-
le concio molio male; tra quefio tempo, I'altro , tolta la fpada fita , fi diede àfug-
gire fnori di cafa,& quefti afeguirloivcrme il Marito , & vide coflor due , colle
fjhule in rn mo,correrfi dietro , & entrato in cafa,per faperc, che do foffe , ritro­
uò la maluagia plangere, & coll'occhio petfo,& le domando, che cio foffe itato,
& per qual cagione fofjcrogli Scolari coli'arme in mano, & clla , che deueari-
manerfi a tal dimanda, corne morta , non pure non fi fmarri panto , ma come in
colpa non foffe fiata , arditarnente rifpofc; Cbaucndo ella fentiti iduo Scholari
far,gran re more , era andata a loro per victarc fcandolo , & git hauea ritrouati
coifat me in mano , & che trappoflafi clla alia guff'a , cru flata coita , fenga Jh-
pere da quad di loro , sit quell'occhio,cbe pcs lo banca , come cgli vedcua , & cbe
per bahcre voluto far bene , quel male i'era auenuto : Ma , chc do non le dorreb-
be,[e
/ /

D e c a T e r z a . 172
bc,fe bauejje clla la lortengone racchetata:Ma cbc temcua, cb’efjendofi vno ^
10 afuggtre, laltro afeguirlo , fco??/c eg/i haueaveduto di fuori,) non I'vccidef-
j e . Co/i /íí Maluagia, cbc duc tAdulteri, batieua , ad vn tratto , w , eir por-
taua fid vifo cbiaro fegno del fuo .Adulterio,fi bcnc feppe coprire , alia ffrouedu-
/k-z libidine, & la doppia ingiuria fatta al Manto, fg/i nonfe ne auidc,
& fe ne rimafe pago. E t, temendo ell.i, di non effcrc dallo adirato Scolarc fco-
perta, mandbfubito vnafua Fame , del tutto confipcude, alio Scolare, cbeper-
cojfa I'bauea . La qual Fantc tanto operò , cbc lo rappacificò colíaltro , & com
tentaronfi,che d'amendue foffe la Donna; Rjtornata a cafa la Fante , dijfe a Ma­
donna ciò, cbe fat to haueua. Ella, per ridurfi unco gli Mdulteriin cafa, dijfe al
Marito. El veramente vergogna nojlra3 cb'ejfendo nata fra quefii due Giouani in
cafa nojlra la loro rijfa3gli lafeiamo in termine3che Jliano in pcricolo di darfi mor
te:& fe a me JleJfe cofi bene3 come a tc,l'andargli a ritrouare , 10 vi andcrei, &
cercberei di rappacificargli, acciocb'altro male non ne feguiffe : Ma , come a me.
cw non conuenga, comiene egli ate 3 Marito mio 3 & tifièdi honore il ritornar-
gli in buona pace. Et qià pregò il Marito , cbc ft volcjfe adoperare per rimetter-
gli in pace. Il buon Marito 3 cm parue il configlio della maluagia Moglicrc fede-
le,fe riundo a gli .Adulteri 3nê prima cefsò di perfunder loro la pace, ch'ejfi, che
già infiemc fi erano conuemti al fuo dish onore , ft abhracciarono infua prefenga,
& glipromifero diritornarfi in cafafua,& iut,corne prima, viu ere infume amo-
reuolmente; dei cbe fu molto licto il bnonbuomo, & ejfi,ridendo tra loro, che
11 Marito,nonfapplendo3 cbc ft faccjfe fofje il Bgijfiano della Moglie 3fene ritor-
narono a cafa fua, oue la. disboneSla Dentia, come prima , coltvno & colEaltro a
vincendo ft gtaceua. La onde potete vsdere3cbe hanno le Donne3come io dijjifl De
monio tra le falde della vejie.Tacendoft Flaminio,dijfe Fuluia,fe a me foffe tocca
to cbiudere il fauellare di quefla gwrnata, od il tempo confentiffe , cbc potefi con
altro ejfempio riffondere a Flaminio , baurei fatto vedere, che il tutto fi firebbe
cbiufo in fauor noflro.Ma voi huominila volete fempre vinta,& vi godete di fiar
ci addoJfo,Et oue pojjiamo noi mcglio Hare,chefopra voiffoggiunfe Flaminio . A
quefte parole rife tutta la brigata,Et pofeia fi comináò a difeorrere sii i caft d'lfa
bella,& chi dijfe vna cofa,& chi vn ultra . Ma Fuluia, tra I'altre dijfe; Quel­
le dishonefle, che a loro mariti tali ingiurie fanno, non folo meritanodi fof-
ferire i trauagli, & lepaure, cbc cihamojlro Flauio bauer fojferú Ifabella,
ma degne fono di crudel morte ; & le leggi, cbe l'hanno loro indotta, hanno fa - "•Ii
tuita cofa , degna della conferuation dcll’honor publico , accio cbe , fe quefle
d.isbonejle femine per lo pregio âeUboneílà, cbe deue alie Donne effer çariffimo,
& per la fede data a lor mariti, la quale ft dee loro fermi (fima feruare, non vo-
gliono frenare laloro libidine,& ajlenerft dal male operare, fe ne aTtengono al-
. meno per la tema di perdere la vita . Et 3 fc cofi bene fi ojjemaffe , come c be­
ne ordinata la legge, bauremmo boggi bauuta molto minor materia di fauellare,
cbauuta non. babbiamo , & forfe non banrebbe bauuta Flaminio maceria di pro-
uerbiani; Quini dijfe Flaminio , fi firebbe ella mcglio lettata , Fuluia, fele.
T 4
D e G l I H,EC ÂTOM.MITHI
uhyfe le cofle humane fi reggeffero flecondo le leggi di quel granflauio, cheordinl
che le mogliere, ncllc rcpublice fojjero ad ognun communi. Fulula, prontiffhnd
alia rifpofla , diffe; quando voi moglie haurete, Flaminio,potretefleruirui di que
fla legge , pofleia cb'clla cofi vi place, chcnon vi veniranno meno coloro,chegra­
ta Voamarmo & non veranno volcnticri in comunc con efflo v o i; Ma vie me-
giiofarehbe , chc voi huomini vi rimaneile di tentare, & follccitare le donne
al male , chefe voi non defle loro , colla voflra laflciuia nola , poche ne vedrtFle,
che voi cbiamajfero a cofa dishonefla . Mavoi vi hauete voluto fare ogni co-
fa lecita, & trarui fuori della legge , che non meno è Hata confiituita per voi*
che per noi,perche pari peccato hauefle anco pari Li pena Faceua anco flembian-
te di vclere fopra ciò moteggiare Flaminio,quando la naue,afflat a la r cilia , che
appena i banca per tutto ilgiorno laflciata mouere, giunfle a Liuorno; quindi Fa­
bio, leuatofl in picdi,diffe ,fl amo giuti al porto,<£r come è finito,per hoggi, il viag
gio,cofi è anco ragione,cbc fia finito il ragionamento.Mllkora, pvffo il pariare in
filentio yvflci di naue labrigata , la quale flu accolta horreuoliffimamente da gli
huomini, & dalle donneyche di lor prima haucano hauuto auifo:& 3 entrati ncl-
la Terrayfi andarono diportando inflmo alThora dclla cenayla qualgiunta, appa-
recchiate le viuandeyfi miflerotutti a mangiare : & , finita la cena,diffe Fabio a
Curtio; Fiê molto caro Curtio non pure a me, che defidero di vdirui , ma a tut-
ta quefla nobile compagnia, che ci recitate vna dcllt Cangoni vc ftre. Nè a voi ,
Fabio,floggiunfle Curtio,nê atutta quefla nobile brigata,flon io mai per negar co­
fa, che io conoflca eflerui a grado . Ma vorrei bene di bauer cagione di bauerca
dirui rime di piu lieto floggetto, che le nixe non flono , accioche ne potefte pigliare
quel piacere, chc veggo ,che deflderate di hauerne . Mapcflcia , che pur vi pla­
ce, che de verfl mici vifaeexa partccipi, tali gli vi dirò , quali efjiflono : volendo
pin toflo, che di loro vi habbiale a dolere , fle poco grati vi far anno , che di mes
chc comptaciuto non vi habbia; & , cofi detto, a quefla cangone diedeprincipiQo
Se i viui raggi de g\i angelichi occhi, Qual foffierà mai vento,ehe la nebbia,
Che folean di feren far le mie notti, Di cui nn dogho in angoíciofo ftiie,
Tencffero ver me il lor primo ftile, Scacci da giormmiei, da le mie notti ?
Riiolte fpererei vederleriubi, Et vegga lainptggiar quel viuo lume,
Et in tutto difperfa quellanebbia , Cheiuce dela mente era,& de gli occhi,
C-'h’oppofta fi è fra me,e i! mio fatal lume, ttcalig ne hor foi mi apporta,&nubi?
Io me ne vò,comshuom priuo di lume, G áil vento de fofpiri miei lc nub.?
O ver come di Taipahauelsi gli occhi, Dc uria hatitr vir>te,& vinta qutlla nebbia.
Poi che inuolto mi trouo ne la ntbbia, Onde mi cade ognhor pioggia da gli occhi,
C’hà fittoi giorni miei diuenir noui. Etdeuria hauer ptegato gia il mio flde.
E il chiaro flato mio colmo há di nubi, A non negar mi piu i’amatu lume,
Et mutato in amaro il dolce ftile . Che i giorni ferenar rr i può,&!e notti.
Hebbigiàal par cTognun lieto lo ftile. Qual miofierodeftin conueríè in notti,
Per la virtú di quel Yiuace lume, Colm ezo (oimf ) di tempeftofe nubi,
Chofcurar non folean turbide nubi, 1! bei feren , che g’á mi dte quel lume,
Hor che piu non mi allumano quegli occhi, Che mi fece fprezzar forza di nebbia*
Ch’eran lucenti ftelleale mie noto. Ccnic in pianto volto è 1’allegro ftiie
Volteie t ime a deteflar lanebbia. Cui fcíice loggcuo eranq ugü oerh'i
I / I
I

D EC A T E H Z A. 173
Chiari,{aMi,ce'cfti,& Jiuini occhi, Da che i dichiari miei diuenner notti,
Giá chiara luce a It- mie fofche notti» Per l’ofcur, che ft pole intorno al lume,
A che doppiare il dolorofo ftiie Che leuò g ii da miei dolorofi occhi
Mi fatCjper dolermi de le nubi, N e u i,grandini, pioggie, & nembi, & nubL
Et de la rugginofa,& folta nebbia, Scglion per pioggia difparir !e nubi
Che mi viera vederc il voftrolume? Et infitme con‘lor l'humida nebbia,
Puoi ben tu Ftbo rimenare il Jutne Ma benche a lagrimar volti habbia gli occhis
Col tuo lucente raggio a g!i alcrui occhi, Ond’ho graue cagion di mefto ftiie ,
Et leuar l’vgge,& difgombrar la nebbia, Non pur non fcorgo il diliato lume,
Et con l’apparir tuo fcaccia r It notti, Ma nubi hannr; di mici, nebbia fenotti,
Ma a me to; re vnqua non potrai le nubi, Senza lagrime allhor fian le mie notti ,
N è raddolcir i’inacerbitoftile. Nè ofeureranno i mici gorni ie nubi ,
íotefsi almen ai temperar lo ftiie, Chela Luna dará al Fratedoil lume,
Che per piV'ta vedefis; vn di quel lume E il vtrno non haurá Gelo , nc Nebbia,
Qjtal ba]enoapparir,fradenie nubi, Et non vdirá Amor dolente ftiie ,
Che contento farei di chiuder gli occhi Et d’Argo 1Lippi hauran di Lince gli occhi,
In fonno eterno , od in noioft nortl Dian quegli occhi a miei di luce, e ale notti,
Viuermi,inuoltoin nubilolantbbia. Lo ftiie mio non tratteradi nubi,
Ma che fpero io ie l’importuna nebbia, Nc denfa nebbia pm nu torra il lume.
Chiama a foipiri al pianto,& mea& lo ftiie.

L F lagrimofe rime di Curtio haurieno deflate a compajjione le Donne fe non


haueffero faputo 3 ctiegli allhora Felice, hauea pin to flo voluto recitar canzone,
che baueffe perfoggetto i fitoi paffati trauagli3che leprefenttfue contente%ge.Ma
fu non dimeno caro a colei, ebe già fu cagione 3 ch'egli quella can%one compone/fe,
vederlo tener memoria dellc antiche fiamme.Ma Fabio,veggendo cheft poteua ol
tre la canine di Curtio reátarne vn ultra di felice foggetto , & fapea, che a cid
fare erano atte Camilla, & Cornelia,dijfe loro; vorrei Gentili(fime Giouani3 che
vi piaceffe cantare a vicenda3quella can%pna3cke giâ mi recitaflein Rprna, che fa
rete cofa gratijjima a turti not, & cw non'fara anco a voi fe non di piacere , ritor-
nandoui ella a memoria quel felice giorno 3 il quale fu principio alle content e^’ge
vofire,acciocbe fe nulla di trifto ne gli animi noHri hanno lajciati i meHi v t rft di
Curtio , conditti nendimeno con doleiffimofiile, cel leuate tutto voi colle voflre
leggiadre rime. Le Giouani3cbegentihjfime erano3dijfero3 Fabio, non ci ponno no
piacere le cofe 3 che a voi piacciano : però fiamo pronte ad vbidirui, qualunque
volta quefii Giouani accompagnino le voci nofire col fuo della Viuuole lorofi Gio­
uani , fen%a ajpettare ultra commejjione da Fabio,pigliaron prontifjimamente i lo
ro flor menti :& 3doppo vna dolte ricercata3cominciarono a fonare. & le due Gio~
uani3confoauijfima voce3áiedero principio al canto loro in queftagiufa»

Cam. Pofcia che tu benigno.


A miei cafti deliri.
Portato mi hai quel defiato giorno a
Che a irr.ei dolci martm
Ha pofto fin, del fido amor atio degno,
A ct K bo iicorno.
D e G li H e c a t o m m i t h i
Colcriti di Lauro adorno.
Et, in vece di quei caldi fofpiri,
Che già mi vfcir dei cuore,
V oigoi veriij&ie rime a farti honore.
Cor. A t e , candida Aurora,
C li’al Solfacefti fcorta.
Quando egli mi apporto quel di felice,
Che !a fperanza morta
Rauiuò in me si,che gioifeo ogn’hora,
In guifa, che non lice
Poter farmi infelice,
Piu a crifta forte, che fol doglia apporta
Sp eflo acortefi Amand,
'i;; OtTro, con grate manrofe,e amaranti»
Cam. Amor fe già mi defti
Giorni infelici, & crifti,
Onde verfai di lagrime vn gran rio.
A lbeniom m o miaprifti,
Allhor la ftrada, che accoppiar facefti,
Quel cuor, conlo cuor m io,
Che l’ardente defio
Si adempi, ch’io non ho piu,che mi atcrifti,
Però non fien mai fade
Le voci mle di rendirti ogn’hor grade»
Cor. I o , che voci non haggio
Amore 3al merco vguali
i ,j Nèalfanto d on ,c’hebbi da quell a face,
Onde infiammi i mortali,
Co 1viuo ardor del lampeggiante raggio,
Cagion di quellapace,
Che contenta mi face,
Si,chefprtxzoFortuna, & ifuoi ftralu
4NO. Faro,coi tacer,fede,
Che il mio gioire ogni gioire eccede.
Cam. Sped chi fc-gue puramence Amore ,
Poter rnutarle pene.
In granletida,ein incredifcil bene .
Cor. Sia cerro chi bene ama, e in A mor fpera
Alfinedi otcenere
Quanta efler pud tra noi, gioia, & piacere.

Finita la canzone y la qmle maramgliofamcnte piacque ad ognuno, difje Fa-


b i°; leflcllcy che già fia mmeggiar fi veggono ,per lofcreno del Ciel0ici inuitano
a dormire : però tempo che ce ne andiamo a ripofare; & detto ciò tutti alle lo­
ro flange fe nandarono.

II fine a
L ,A
L A O y A R T A D E C A
DE GLI H E C A T O M M IT H I
N E L L A Q V A L E SI R A G I O N A D I C O L O R O ,
che penfando far guadagno 3 col tenciere ad altri infidie 3
giungoiio a fine degno della lor maluagitd.

I m.' ft cominciauano avedere ncl nofro Smifpcroi


lucenti raggi del Sole 3 quando Lx nobile brigata leud-
tafi3per feguire il fuo camino fe nandò die nam3 & en
trata in alto Marc verfo porto Venere3arne[e de Signo
ri Gcnouefi3driggarono il lor camino : 0 “ con dolci3&
grati ragionamenti fi trattennero infino all'bora del
mangiarc : la qualgiunta ft pofero tutti a tauola , &
pofcia3cbebbono defmato 3 & p affato il tempo infino a
nona,dièfegno Fabio a Giulia, che deffe principio a ra­
gionamenti 3la quale3 quantunque Vedoua fojje : & ,per la morte del caro MarU
to3rncfia3non dimeno con ajjai gratiofo fembiante3coft cominciò.

E P 1V O L O T E N D E I N S I D I E A D A FE L I , P E R F A R L O
vccidere,&hauerelarobafuaj ma la malitia riefee contra lui, & del iuohauere ritna-
neheredé Afeli,

N O V E L L A I.
M. S F M T L I C I T . A ' dinoi Donne hahauuto per quefle due
giornate argomento di fauellare non molto a lei conuencuole. Tc-
ròy che bieri 3 bifognò, chef fauellajfe della poca fede di coloro,
che il Matrimonio hanno violato : & hora ci è tneftiero3 che ra-
giomamo degli inganni 3 & delle trujfe altrui: & fe Fuluia ft
ft dolfe del ragionamento di bieri , io tanto piu mi deurei dolere bora di quefto di
boggi,quanto a lei non bifognò trametterfi in cofijatta materia 3 & debbo io dare
a quefio d’boggi principio. Ma p o i , cbecoft ha portato l'ordine delle cofe , & il
commdndamento di Fabio3al cui volere tutti fottopofli ci fiamo , non lo voglio di-
fubidire . Faro io adunque alls mic compagne la via,accioche elle entrino pin ar-
ditamente nel camino 3 il quale boggi debbiamo ragionando paffare. Intendcrete
adunque vna marauigliofz malignità3della quale credendo vno fcelerato f ir gua-
v- Ma°no al fine bebbe la merccde degna dell’opera fua .
‘F.RM. in Regio di Calabria3cbe da alcuni è detto Rift3vnhuomo attempato di
graue affetto , con barba lunga, & canutXy che rapprefentaua alia prima vijia
iatita bontà , quanta altri baucJJ'cpotuto penfarc di ritrouare in vn fanto mcdefi-
mo ;


D e G li Hecatommithi
mo : Ma copriua queflo Maluagto fotto quella grane matura, prefen%a,vn am
rno tanto / celer ato,che ilpcggwre non fumat veduto in human cuore.Haueua que
fii vn Nepote y cot quale fi era portato tanto fconctamentc ne gli affari loro , cheil
Giouane per non venire a gara col Zio,fi era ritirato dal conuerj'ar con lu i; dan-
doji a farey da je yfuoi traffichi ,fcn 7 a intricarfi in modo alcuno ne maneggi dei
Zio il quale F.piuolo fi chiamauaja qttal cofa era tanto molefla al mafhuomo,che
non fi potrebbe islimar piu : Si perche gli pareuayche il Nepote ,ch'Mfeli eradet-
to , lo ifrvgxaffe : Si pcrche mefcolando egli le cofe fue con quelle del femplice Gio
uane, fempre coifing mnarlo ne trahea qualche v tile . i! quale mancandogli, &
fappicndo, che morto il Nipote a lui perueniua la heredità , (i penso di voler far-
lo con infi die ntorire Rmolgertdofl adunque quefti varie cofe per lanimo yp er com-
pire cofi felerato penftero , non gli ft offeriua cofa, ondfegli fengafirfi conofcere
Maluagto ciò potejfe ejfequire. Ma il nimico dell'humana generatione,che,col me-
de gli/celerati, apparecchia danno ahuotii, fe nafcere cofa, la quale diede am­
plo argomento, di far cadere il Giouane nelle mani delia Giuflitia, onde foffevcci-
fo permano dei Manigoldo. Tero, che ejjendo flato morto vn Cugino d ^ lfe li , k
robba dei quale , per ragion di fi decommiJfo era rirnafa al Giouane, & non fl /lip­
piendo cki (lato fi foffe fvuiditorc, s'imagtno il mal Vecchio di far cadere la coi-
pa fui 7/epote; & guadagnare ad vn trat:o quel, clfcgli bauea delia heredità pa
terna,& quello tutto ibe per la morte del Cugino gli era rimafo.La onde cenan­
do la madre del morio Giouane di ritrouarc per ogni via pojjibile di Micidiale, ne
parlam hora con qu< sio , & hora con quclh,promettendo premi/ a chile ne da-
ux certo inditio. Vno ch'era nimico d'<A/eli,& amico delia madre del morto,fi j>o
fevngiorno a pad arm con Tpiuclo, nongià. cbegh fu/pica/fe nulla á\Afrh , mi
per vedere fe Spiuolo, come Vcccbio, & pratico delle cofe della Cista, gli fapefe
dir nulla , egli a cui parue , che la colui dim anda gli haue/fe aperta la ft-alx alia
morte del Nepote,di/fe ; mi marauiglin io della madre del morto,che lie, roft f.ioc
ca, che nonfappia porre le mini addo/fo al Malfattore,bauendolo continuamente
innanxiagli occbhpj- chi è egli qucfli f*diffc colui : Rafta rifpo/e Epiuolo, chi ha
occhi fel vegga : neper cofa,che fapcjfe d>rr,o far colui,egli piu oltre voile fancl-
lare.Colui fe nandò alia madre del morto, & le diffe Madonna, per quanto io ho
poffuto comprendere, Epiuolofa,chiè flato fveciditore del/iglmoio vo(lro,& mi
rendo certo, cheeffendo codui, comefapctc, Auari/flmo, f t gli darete , con qual­
che buon megano,parted} quello, chaucte detto di dare a chi vi rcueíarâ la mor­
te del voflro figliuolo, tratio d a l guadagno nonvi t.icerâ nulla.L a buona Donna,
ciò intefofcn'ga porui dimora,andò a ritrouare Spiuolo , <&• gii diffe Epiuolo io fo
I''amorgrande che tit portaui a mio figliuolo, & (on ficura ,cbe ti flu doluta la fin
tnifera morte, non meno,cbea me: & che tit ne vorreili vedere quclla vendetta,
chenc vorrei vedere anch'ioTcrò úprego, chefe t u f i di ciò cofa alcana , come -A
ho intefo,che ne Jai, non la mi vogli tenere celata, perche tu non la flop rir ai a in- '
grata perfona, & infino ad bora voglio, che tu conof hi la gratirudine 'mia : &
siò detto} gli done alquanti Fiorini d'oro. €gli gli ft piglw, & pofeia le diffe; Ma­
donna
/ /

D E C A 'Q^v a r t a : Í7 $
dònnaqmolto ml hà doluto, & duolmi3 & dorrami fempre infin, ctiio m viuerò
la morte del voflrofigliuolo3come a colui3 cbe I'amaua dafigliuolo 3 & ribò altro
tanto defiderata la vendetta , quanto v o i:& già mi haurei fatto conofcereper af-
fettionato all'omhra fua,ma il deuerc far danno alfmguemio , coi palefire il Mi-
cidiale33me nhà infino ad hara ritratto . Ma perche pur meritano i maluagi ga-
Sligo alie loro maloper e, quando mi prometti at e di non dir mai3cbeio nulla vhab
hia detta , vi diro la cofi, come ella fi fla appunto. La Donna defiderofa della
vendetta 3comc fiamo tutte naturalmente, diffe3 di nonpalefir mai cofa 3 che egit
le diceffe. Ma cofi come egli non con altro animo glide volea dire, che perch’ella
h paltfiiffe3cofi ella anchora3non con altro animo glide promife 3 chc di manife-
ftarlo, quando ultra prona non ne poteffe fare. Epiuolo bauuta la promejfa della
Donna diffe Anchor a che io,& qualunque altro ,che fappiuto 1'hauejfesfi foffe ta ■
ciuto , poteuate voi, da voi fteffa , ageuclmente conofcere, chi il voflro figlhtolo
vi haucffe vccifo 3Ter che poteuate vedere3che colui 3 chc dclla roba deuea rima- •
nere herede3non hauea potato afpettare, che morte naturale glide deffe. M. que-
fie parole,dijfe la Doma ,farcbbe egit mai flato ^Afeli, ch'vccifo mi baueffe il fi-
glmol mio ? mifera me 3 Sarebbe egli mai flato tanto crudele 3 che fi haueffe vo­
luto imbrattar le mani nelfangue di vn fuo cofi amoreuole parente ? Epiuolo, al-
Ihorafoggitmfe 3 hà potato piü,in quedo pibaldofil defiderio delia roba 3 che tut­
te le ragioni dei fangue,angi illegame delia pare tela 3d d quale egli gli era afiret-
to,è flato cagione delia fua morte3fappiendo il maluagio3 che in lui deuea cadere
ia heredità. La Donna a quefie parole rimafe comefuori disè dijje; ciò mai
non mi farebbe potuto cadere neU'ammo, mifera m e , eír chi penjato lo haurebbe
mai ? Bifognaua dijfe Epiuolo, che ve ihauede penfato, perche dee effere que-
fia vniuerfal regola in fimili cafi3cbe colui3a chi dee effere di vtile il male altrui,
fit può fempre credere il Malfatlore. €t fe cofi vi baueflc voi penfato gid haureb­
be hauuta lAfeli la mercê delia fua feder ata opera. Et come fapete voi quefio dif­
fe la dona,Io lo sòêrifpofe egli,pcrche vccideregliclo vidi,& fepiu vicino vi fof-
fi fiato3non haurei mailafeiato auenire fi grauefcandalo.St fe nonfoffe flato 3 che ifj])!
io non hò voluto far verfo lui quello3cbefece egli verfo voflro figliuolo, falfi in ta
ta ira3et nhebbi tato fdcgno,che I’haurei colle mie mani vccifo: gliene hò ben piu
volte detto male,&dettogli3che Iddio ne fara la vendetta3quando egli meno fel
pêfcrà.La Donna3che flimaua al pari di qualunque altro Epiuolo da bene 3 tenne
certiffimo 3che cofi foffe,come egli detto le haueua;& andatafene a cafa,diffe al ni ,
mico d i .A feli, bene dicefti tu3che Epiuolo fapea 1'Vcciditore dei figliuol mio. Et
chi è egli flato?diffe colui3che Satro baueua nome.Etella riff>ofe3quegli3che nè tu,
rtè io,nè altri fi hattrebbe potuto mai imaginarc,& cbiffoggiunfe Eatro,ditemclo 1
per fede voflraXhi difendere lo deuea3da chi gli haueffe voluto fare offefa , Sa-
jccbbe egli mai flato M.fcl\?repl\cb Eatro-h' egli flato per certo, rifpofe laMa - '
'drc,per haucrne la roba fua.Vedi di chi fi dee mai fi.lare 1'bttomo, quando coloro, IS
che gli fono come fratclli3cofi flranamete 1'vccidono. Ma no feti andará egli sega
la diccuol pcna3credilo a me;NÕgià diffe EatrOjfcbe io difubito voglioireadac-.
cufarlo3
D e G li H e c a t o m m it h i
tufarlo,feeler ato >cbe egli è. Et leuatofi,con tojlifjimo paJfo,daUa Madre, fc nan­
do ad accufarlo al Todefià s non tanto per 'gelo dei morto Giouane , quanto cbefi
conofceua condurre a morte ii nimico fuo, con cofi fatta querela. Il Todefià fubito
fe dare delle mani adojjo ad Mfeli, & apprefentato, cbe egli gli fu innangi, gU
domando acerbamente, segli fapeua ,per chc foffeprefo, non io, rifpofe Mfeli;que
Jio fo io bene, cbe mai cofa nonfei in tutto il corfo della vita mia , cbe m e rita ffe *
cbe cofi fojji mal trattato. Tfp ,fe tu non hauejfi vccifo il tuo Fratel Cugino dijje
egli; Bjmafc a quejia voce come attonito il giouane , & dijfe; ho vccifo il rm
Fratel Cugino ? per la falute dei quale baurei io meffa la vita m ia, queflo non fi
troueràmon ejfer vero. Il Todefià, conflero vifo , mojfo dal cafo atroce; ft tro•
uerà dijfe , viepiit tofio, che tu non tiijiim i: Iddio non vuole , cbe cofi fatti ma­
lefici fi ximangono occulti , & lo fe porre inprigioneco ccppi apiedi, Delia qual
cofa fi doleua oltre modo il femplice, & innocente Giouane. Ma confortandofi
nella fua innocenga ,fferaua nel Signore Iddio , cbe non hauejfe mai a confentire
cb'egli non colpeuole foffe , per falfa accufa, condannato a morte . Il Todc(là
non bauendo maggiori inditij, cbe la opinione, cbe gli baueua imprejfa l'accufa-
tores non voile procedere piu oltre. Ma fece intendere alia madre del morto, che
fe non dana altri inditi)s egli libererebbe il Giouane prefo3non bauendo cofa atta a
poterio porre al martorio : la Donna, cbe dalla memoria del Figliuolo era foiled
tata alia vendetta , fc nandò al Todefià , & gli dijfe; Meffere 3 Epiuolo fuo Zio,
qualunque volta vi piaccia di farlo cbiamare , v i darà piena certexgga dei tuito
però cbe ejfo mi ha detto di bauergliele veduto vccidcre. T artita, cbe fu la Don
na3 il Todefià mandò fubitamente per Epiuolo . Et gli domando, ebe cofa fip effe
egli della morte dei Cugino d\Afeli, lo Scelcrato3 benebe allegro , che per la mor­
te di Mfeli deuejfe rimanere pojfeditore di tutto il fuo hauere (però cbe allbora no
fi confifcauano in quel luogo le robe come hor f if x j finfe nondimeno di non voler
dir cofa alcuna , dicendo; cbe non era conucncuolc, ch’cgli contra vn fuo carnal
Nepote, faceffe teflimonianga, & il ponejfc in pericolo della v ita , Et ciò dijfe il
Maluagio con tal maritera, cbe il Todefià, chc accorto buomo eray conobbet clfe-
gli baueafatto fapereatta Donna,quato ella detto gli bauea:onde chiamato il No
taiOjgli dijfe; dategiuramento a coflui di dire il verofii quanto lo domanderò: &
con fiero vifo gli minaccw di dargli agro gasiigo,s'eglt men, ebe il vero gli dicef-
fe, però ch'egli bene fapeua quanto poteua egli dire in fimil fatto.Lo fc el erato,fin­
gendo il religtofo,diffe;non accade Signore,cbe mi fp anentia te colle minaccie,per-
che ilgiuramento tanto puote appreffo me}cbefe bene vi hauejfe ad andar la vita
mia iopreporrei 1'offeruare il giuramento alviuer mio: Tero fe io mi ho taciutoy
infino ad bora3 quellojche leragionidelfxngue non mi lafciauano fcoprire, bora le
ragiorii della religione3 & il rifiet to Dirimo, me lo far anno palefare. Et dicendo-
gli il Todefià 3 voi fate quello, che conuiene alia bontà voflra,però ditemi quello, ^
chc fapiate voi di queflo maleficio.Mllbora Epiuolo, cbe ben fapeua il luogo
la maritera, colla quale era flato rnorto il Giouane,nanò al Todefià men%ogna no
ultrimente, cbefe ella vera Hiftoria fi foffe fla ta . Ciò intefo ii Todefià fe colla-
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à c t t o . m a v r d r , v . r h r fiiy *yr< ,fh
asztOy tc chiam arc Ffiwoio l! o>* ilr. m m r *'■ r-rduto •! 1f
c o m e P a t e t e v d i d i r d u ell o .ch e non r •’ fa r m f'e mi h tr v - y *''■
c; /; pTíí;í rorif) <?con ta n to fieri rot* dell a m i a v i t a , ron '-k*' '*•
**• '
mtOytna. i t t u t t o il P a r e t a d o noFirorfiotcte fiur fa fir re Ia v t i
Cttgino mio mi e r a cam at n a n di me medrfrmo,prro m i perJo : '
qudychc mi dice il TodeFia.chaucte detto,vi date ingarma;;.
dutc me il Mictdiaie,ejjendo fiatoaitri,chc io,l\Auttcr: it. nu. ed.za.ür.-M.. . xts
alia crudeit a bauea riuolto f animo,nonfi moifr curato a eimcrxeficme rrr t r-.a
del Giouancçmagh d\f]e;Figliuolo appena ti porre; core xkxm n m m ex tú c
giunto a. tat termme3&- quantunque iofapep :e e r+r zxu * 'di:— a un^ttm
no mi bò fempre taciuto inftno, cbeilgiuramtr,:: tr+r w .. .rnmr- . a
cbe to mi haueua propofio di fèmpre tactrc. 3i a ... ,-u *>. *lfc
mol mio grade, far tefiimonian%a del vt ro, non i / o j , ... » ..x:<
itar t e . Tero non bo potato non dire q u e l , ci c ^ .... «.» •. . . ..
to ir ifeambwyvnapercbe ti bò veduto tjuc: /»<. . «:* . . . v - „ • ,»
Iddiojcbefattonon I’baueJU , peniu (u nan -- * *. - .
I’afprc cordoglioycbe io nejauo . M .i ......... v. • .
ba voiuio IddiOjCbc ao Jl Japu , u . ,!«;Vi..........
di te difporra La GmjUUa , <udo cb, s„ i-,e . . .
volto alVoUeíiayCfuaJt tome piagnt'fj* ,gi. d.f .
re quiitot uimpajjitjfo allae.ioo.un c, a;
fauortfartie,vt tcfiuojt m y t <
TCL Ld T U s& íútítCl Cu, UU<]H(/ ■t Í t 'd/t
TIC'tJO* C>C.Ji/i(j ifi ijcvt'/T/JjlO lit*! i i) ' i t
,

t r i y f t fl'jll } U< Lb "Ol y U


C « *uni t A I/.,
}7lf i t T ilt 60 'JÍL Ui/lbinuti. U* i tnAmh .
r i g u a r d a f e la ttmvu/^i. mi..-,vy a *■ n . A
pone a cbi ccagiut d* /•.. . it ,
ceytf,. luiflTtoitau I Lucu i’ i , • I ... 11, , /11
D e G li H e c a t o m m it h i
mfarlo,feelerato,che egli è. Et leu citofi,con tojlifjimopaffo,datla Madre, fc nan­
do ad accufarlo al Vodefld , non tanto per gelo del morto d o m n e , quanto cbefi
conofceua condurre a morte ii nimico fuo, con cofi fatta querela. Il Vodefld fiubito
fe dare delle mani adojjb ad Mfeli, & apprefentato, cbe egli gli fü innangi, gli
domando acerbamente , segli fapeua,perche foffe prefo, non io3 rifpofe Mfeli;que
fio fo io bene, cbe mai cofa nonfei in tutto il corfo della vita mia , cbe meritaffe,
cbe cofi fojfi mal trattato . "Np ,fe tu non bauejfi vccifo il tuo Fratcl Cugino dijje
egli ; Kjmafc a quefla voce come attonito il giouane , e*r dijfe; ho vccifo il rmo
Fratel Cugino ? per la falute dei quale haurei io mejfa la vita mia y queflo non fi
trouerd mat effer vero . Il Vodefld, con fiero vifo , moffo dal cafo atroce; fi tro-
uerd diffe, viepiu tofio, che tu non tiiftim i: Iddio non vuole 3 cbe cofi fatti ma­
lefici fi rimangono occulti , & lo fe porre inprigione co ccppi a piedi 3 Delia qud
cofa fi doleua oltre modo il femplice 3 & innocente Giouane. Ma confortandofi
nella fua innocen%a ,fferau a nel Signore Iddio , cbe non haueffe mai a confentire
ch’egli non colpemle foffe , per falfa accufa3 condannato a morte. Il Vodefld
non bauendo maggiori inditi) 3 che la opinione, cbe gli baueua impreffa 1'accufa-
tore, non voile procedere piu oltre. Ma fece intendere alia madre del morto3 che
fe non dana altri inditi) 3 egli libererebbe il Giouane prefo3non bauendo cofa atta a
poterio porre al martorio : la Donna , che dalla memoria dei Figliuolo era foiled
tata alia vendetta , fe nando al Vodefld , & gli diffe; Meffere 3 Epiuolo fuoZio,
qualunquevolta vipiacciadifarlocbiamare tvidard plena ccrtezga dei tutto
però che effo mi ba detto di hauerglide veduto vccidcre. Vartita, cbe fu la Don
na3 ilTodeftd mando fubitamente per Epiuolo . Et gli domando3 cbe cofa fipeffe
egli della morte dei Cugino d\Afeliylo Scelerato3 benebe allegro , che per la mor­
II te di lAfieli deuejfe rimanercpojfeditore di tutto il fuobauere (però cbe allbora no
fi confifcauano in quel luogo le robe come hor fi fa) finfe nondimeno di non voler
dir cofa alcuna , dicendo; cbe non era conuenemlc, cticgli contra vn fuo carnal
Nepote, faceffe teflimonianga, & Hponeffe in pericolo della v ita , Et ciò diffe il
Maluagio con talmaniera, cbe il Vodefld, cbe accorto buomo era3 conobbe, cb’e-
gli baueafatto faperealla Donna,quato ella detto gli bauea:onde cbiamato il No
taio,gli diffe; date giuramento a coflui di dire il vero,di quanto lo domandero: &
confero vifo gli minacciò di dargli agro ga fligo, s'cgh men, che il vero gli dicef-
fe, però cticgli bene fapena quanto poteua egli dire in fimilfatto.Lo fc el erato,fin­
gendo il religiofo,diffe;non accade Signore3cbe mi fpauentiate colle minaccie,per-
che ilgiuramento tanto puote appreffo me3chefe bene vi haueffe ad andar la vita
mia io preporrei 1'ojferuare il giuramento alviuer mio: Teròfe io mi bo taciuto»
infimo ad bora, quello3che leragionidelfangue non mi lafciauanofcoprire, bora le
ragioni della religione, & il rifpetto Diuino, me lofar anno pale/hre. Et dicendo-
gli il Vodefld3 voi fate quello, che conuienc alia bontd voflra3però ditemi quello,
che fapiate voi di queflo malcficio..AUhora Epiuolo, cbe ben fapeua il luogo
la maniera, colla quale era flato morto il Giouane,narr0 al Vodefld men'Zpgna no
altrimente, chefe ella vera Hifloria fi foffe flata . Ciò intefo il Vodefld fe colla­
re
D EC A Q j/ A R T A . r7 $
re lAfeli, il quale era vn Giouane gentile,aucg7o negli agi, & non atto a foffe-
rire tormentodl miferofcufmdoft,che non pur do no bauca fa tto , ma cbe mai no-
gli haurebbe potuto venire coft foggo penfiero nclla mente, chicdcua incut . Ma,
nulla giouaua : perch e U Tod eftà, che tencua certo , cb’Epiuolo contra fua voglia
baueffe teftificato contra il Ncpote,& pcrciò gli preftaua plena fede,diffe adMfe
l i ; Scelerato lo fftarfo fangue per la tua mano del tuo Cugino in fauore della Gin-
flitia ha moffo il tuo zio a fare manifesto il vero : & quigli fè leggcre, quanta
Spiuolo bauea detto. Mfcli ciò vdendo,rimafe come fuori di fe,nè poteua credere,
che coft foJJ’e, & diffe; Meftere mi baurd coho in ifeambio mio Zio , & s'egli alia
prefenga mia ft ritrouera, non diràgià quefto . Il Todefià,che contra il pouero
Giouane riftaldato era; tu ti penft,diffe, che laprefenga tua debba coft ammollire
il cuorc del tuo parente,cl? egli non affermi queUo,cbe con giuramento egli ba già
detto,ma vedrai,chc pin pub la giu flitia d'Iddio,che il tuo folic penfiero : Et, coft
detto,fe chiamare Epiuolo.il quale,come fu veduto dal Giouane. Mhi Zio,diffe,
& comepotete voi dir qucllo,cbe non è ? Terchc mi fate voi dare tanto martorio
a ft gran torto f con tanto pericolo della mia vita, dr con tanto dishonore non pur
mio,ma di tutto il paretado noflro :potete pur fapere U vita miapaffata, et che il
Cugino mio mi era caro alpari di me medefmo,però mi penfo io , che dicendo voi
quel,che mi dice il Todefia,chauete detto,vi ft ate ingannato,&che habbiate ere
duto me il Micidiale,effendoflato altri,chc io,ü^íuttore del maleficio.Spiuolo,cbe
alia crudeltà hauea riuolto Canimo,nonft moffe punto a compafftone per le parole
del Giouane,magli dif]c;Figliuolo appena ti pvtrei dire quanto m increfca vederti
giunto a tal termine,&quantunque iofapefji te effere flato il Micidiale,nondime
no mi hò fempre taciuto infino, che il giuramento nen mi ha coflretto a dir quello,
che io mi baueua propofto di fempre tacere. Ma pofcia,che mi ê flato di mefliero,
mal mio grado,far teftimomanga del vero, non ho voluto offendere Iddio,per fal-
uar t e . Vero non hò potuto non dire quel, chefatto had,non perche ti habbia tol
to in ifeambio,ma per che ti hò veduto quel fare, che detto io hò : & coft voleffe
Iddio,che fatto non fbauefli, perche tu nonfareflt in tormento, nè io nè fentirei
l’a(pro cordoglioyche io nefento. Ma pofeia, che forfeper falutedell'anima tua,
ha voluto Iditio,cbe cioft fapia, ti conforto a fopportare patientemente, quanto
dite difporrà la Giuftitia, acáò che tu non perda col corpo l'anima. €t quindi
volto al Todefla,quaft come piagnefje,gli diffe; Vi prego bene, Meffere,ad bane
re qualche compafftone alia Giouane eta di quefto Miferello,che di ciò, che afuo
fauore farete,vi reftero fempre obligato.Quello faro riftofe il Todeílà, che vor-
rà la ribalderia di quefto iniquo.Et pofeia diffe ad Mfeli, che ti par gentil Gioua­
ne ,ti ba egli colto in ifeambio tuo Zio f M cuii diffe il Giouane; Non sò io dirui at-
tro,fe non , che io veggo volta contra me, fuori di ogni mio merito , la Tortuna,
jnfteme co gli huomini del mondo :Ma prego bene lagiufiitia Diuina, cheft degni
rigúardare la \nnoce%a m ia,& il torto,che fatto mi è, et che ne dia degno guider
' jjftme a chiècagion della feiagura mia.il Todefiâ,diffe,altro ci vuolc,che belle cia
ce,ma tafilTtometi baurai, che farai coflretto a cofefftareil vero.Mnifi diffe egli,
- " iopiri
Tj e G i i H e c a t o m m i t h t
io fiu tormento non voglio,dr pofcia,chj bomai conofco,cbc mortr mi bifogna, nt
voglio,per fuggire vna morte ,prouarne ccnto:pcrò io duo, che tanto è vero qim
to hà detto não zio.Mllhora il Todeftà fe notare la confcffione ddl’innocente Gio-
ttcine,Bjrnafe di tut'to cio Epiuolo contcnújftmo,non fappiendo, cbegaftigo glktp-
parecchiafft?la cliuhia Giuflitia, dr per la falft accufa,drper lo falfo giaramen­
to, col quale banca procacciata la morte al mifero cAfe ll. Il quale fe ritornare il >\
Todeflà ndla prigione,dr riferi al Signore del luogo tutto quelio, che aucnutoc-
ra :d rintendendo il Signore,che egli confejjato battea di bauere vccifo il Cugj.no,
commife,cbe pajjati i giortii, che gii fuffero afjignati, per fua difefz,g!i foffe ta-\
gliata la tejla.Vareua ad Spiuolo di non hanere a veder mat quel giorno, cbefof
fe il Tsjepotc vccifo,dr la robba fe nepigliajfe ejjo del mifero Giouane.Ma la Giu-
flitia dllddioychc non abbandonagli innocenti, dr dà la diceuolepena a maluvgji,
guardo con pie tofo occbio .Afell, & congiufto lo Scelerato,perche,prima cbepaf-
faffero igiorni dati ad ifcli per la difefa fuprefo vno pejjimo Bjfbaldo , il quale,
per ogni lieue cagione vccideua gii buomini.Quefti fappiendo,cbe la fua mala vi­
ta era nota nonfoloaquclli del Taefe,ma a tutti qticHi del t\cgno,vijlofi nclle nu
vi della Giuflitia, fenga tormento alcuno confefsò quanti dclitti egli bauea mil
fattiji quali erano piü,che m old ; dr tragli altri confefsò di bauer data la morte
al Cugino d'Mfeli;& dimandandogli della cagionc di ciò iiTodeflà, diffe, pcrchc
egli ft erapoflo ad amare vna fua vicina , la quale ama.ua and) egli , dr chejde-
gnandolo ellaper quell’altro,ft voile leuare quelio intoppo dinangi: do vdendo il
Todeftâ/imafe tutto marauigliofo; dr come, diffe, uon l’bà vccifo .A feli ? egli
ha pur confefjato che s i , & per do è egli condannato alia morte. Cio c flato in-
gutftamente fatro,rifbcfe eglifwfui quegli, cbe gii die morte per la cagione , che
detta vi bò . Tarue aHbora Epiuolo al Todeflà fopra qualunque altro MaluagiO
dr Scelerato, poi cb'egli contra il Nepote bauea fatta non pur filfa , rna crudcle
teftimonianga, dr fingendo volcrgli pariare lofece a fe cbiamare, dr gf i diffe;
Epiuolo,ft auicina il giorno della mortc del vojlro. Nipote , dr perche egli pur di­
ce,che tal delitto non ha comme(fo,& cbe more a tortotprima, doe io babbia vc-
luto dare effecutionc alia fentcnga,hò voluto ancho nuouamente parianti,per ve­
der efe voi forfe v i fofie ingannato ndla teftimonianga , che contra lui fatta bl­
uete,pcrchc contra lui non è altro teflimonio, che v o i: dr effo , morendo,mocú
folo per la voflra teftimonianga.il mal'Httomo fermo nelfuo pcjftmopenftero, ca­
ro mi fie, diffe, che per gratia la vita gii ft don't, ma chc la teftimonianga mia ve­
ra non fta,non dirò iogiamai; pariá forfe Mejferc 0 che io fta huorno da dirui col
mio giuramento cofa,cbe non Japp.if dr cbe non babbi io certifftmafll Todeflà,
f entendo la coflui maluagità,non pote non turbarft molto , dr voltatofi verfo lui
con afftro vifogli diffe; Tu mi pari ilpiu federate huomo del mondo, dr sò , che
falfamentc hai detto cio, che contra il Nepotc detto hai, dr chc il gmramento.
ebeprefo hai, è contra la V crità, però che non egli, ma altri cflato il Micidfalef
dr gjni sò io,chi flato egli ft fta . Si ftenti dallo ftimolo della Conftàcnga , del anal-
le non c ilpiu acuto,tr affigere cruddmcnte Epiuolo . Ma penfandofr/che tofi di-
CCjjc
D EC A QjV A R T A. 177
cejje il Todeflà per tentarlo,febuon vifo,& dijje : Farefteben voi queUo^h'ap-
pena nonpotrebbe fare Iddio,fevoleíle, cbe 10 non bauejji veduto quello,cbe con
queíli ocçhi ho veduto, & cbe per ciò voleftemutare la mia verità , in Mcngó-
\jgna !~n^dkrr?bepçhe colle lagrime a gli occbi, chc Mfeli ba veeijò il Cugino ,
íf& io con quefti occbi l'bo veduto. Et 10 dico , cbe tu ne menti ,foggiunfc il To­
dejlà, & fattolo pigliare a Scrgcnti, lo diede a far collare. Ma per tutto ciò non
voile effo mutarpropofito. Fece alfine il Todejlà condurre colui, per cui mano e-
ra jlato veeifo il Giouane,aüa prefenga dei Maluagio : ll quale gli affermò,fe ef­
fere ftato il Micidiale, dalla cui tcítimonianga Epiuolo conuinto, conffsò il ma
leammo,col quale egli baueua accufato il Nipote.Onde intefa il Signore della cit-
tà lafroda, colla quale quefio iniquo buomo hauea mejfo a tanto pericolo il poue-
ro Giouane, voile, cbegiuflamentegli fojfe leuata la tejla, one egli ingiufiamente
hauea cercato difar dare a guaftare il Giouane al Manigoldo. St ebe, come egli
per bauere la roba del Nipote gli hauea tefo cofi fraudolcnte inganno,cofi il fuo ba
uerefojje di ^ifeli. St liberato il pouero Giouane dal mortal pericolo,nel quale lo
hauea mejfo la maluagità del Zio, fu pofeia dato il diceuole fupplicio a quello al-
tro feelerato, cbe il Giouane hauea morto.St il Todejlà coftderando a qual rifebio
mettono i mali huomini alle volte le perfone innocenti ,ft fepiu accorto chc prima,
nè credete adaccufatori odatejlimoni, fe non fene vedeua bauere la certeg^a
in mano.
E V G E N I O P E R LA S V A V I RT V* D I V I E N G R A N D E A P-
prefl'o il Re di Napoli, è accufato al Reditradim ento,con falfateftimonianza;g!iinfi-
diatori fono conofciuci maluagi, è liberato Eugenio , & l’accufatore punito colli altri in*
. fidiacori.
N O V E L L A II.
O N S I potrebbe dire, quanto fojfe lodata la fentenga del Signo
re,per la quale haueffe Spiuolo portata quellapena giuHamcn-
t e , ch'effo ingiufiamente baueua al Nipote appareccbiata. St ta­
cendo già ognvno Dijfe Lucio, Songrauijjtmi peccati tragli huo­
mini, i quali jpejfe volte adoperano i maluagi a danno de morta­
l i ; De quali I'vno è I’Muaritia , I'altro è la inuidia , la quale non è altro , cbe v-
L no interno dijpiacere dell'altruiFelicità.Et poflo, cbe il non effere inuidiato da al-
cuno fia inditio della miferia di colui,al quale niuno ha inuidia,& fia pur meglio,
cbe gli inuidiofi piü tojlo ft rodano per lo bene altrui,che altri fojje tale, cbe bijo-
gnafje bauergli compajfone. .Andrebbero nondimeno, per mio parere,megUo le
cofe tra noi,fe ognUnoguardajfe gli altrui beni con occhio dritto . € t fojfe qucHo
figrauc vitio fuori del mondo,Terche non perfeguitando la inuidia fenon i Virtuo
ft, cercam di accompagnare alia inuidia le inftdie, per fare , 0 danno , 0 vitupério
a coloro, cbe fono dalla virtu loro 0 algati a grado honorato,o ft acquijlano perpe
tuo honore,come dalla prefente nouella intenderete.
Jr É N j i T 0 L I comefapcte,Città nobilijfma in Italia , & copiofa di genti
\molto gtfàlTt, & molto honorate,& per la Sccellenga de gli jludi delle letter e,et
'^ Tar. Trima Z
i
U s CtW fitCAtOMKf,i t i l l
per magnificentdi atti di 'Caualeria. In q éftd citü èfu vn Gínuihé dÍi>Íc pfo
nob'll cuore, cbe alia qualità del fitofungue non ji conueniu?, cl/Sugenio hauea no­
me; queft i di ammo grande, anchor the baffamchie nhto i /junto a gli anni delict
Giouentü ,.tutto fi diede al mesiiero delle at me, & afettndi tâuílerifte&jnujit
tale, dr nelle Gioftre, & ne Tornei, cbe vn Re di que tempi , vedutolo non mend
coraggiojòicbe prudente, doppo minori gradi datigli,ne quali atiangò eglifemprf
I'opm one, t he il Re hauea conceputa di lu i: Lo fe finalmente Capo di tuttald Ml
litia, con tanto difpiacere di mold altri,che nobilmente erano nati,con quanto nod
ft potrebbe dire piu : parendo loro, cbe il Re non deueffe lor proporre buomo di
coft baffa conditione, come era quella di Sugenio. Mail Re ,i l qual con occhio
faggio miraua non di qual fangue foffe tiato quefti, o quegli, ma il valore, dr let
virtu de fitoi, non daua orecchio aüe querele vane di coloro, i quali con mem va­
lore, dr minor virtu,non folo al pari di Sugenio ft volcano algare, ma fopraftar-
gli di molto . Qiieflo gran fauore del Re verfo Sugenio , deftò tanta inuidia ne
gli animi di coloro,che a male ft baueano gli accrefcimenti fuoi,ch’egli ben conob•
be, quantofoffe cofa malageuole, cbe altri colla virtu, & colla gloria acquifht-
taft co glorioji fat ft, vinceffe la inuidia de Maluagi. I quali benebe babbiano la
pena del lor male animo ( \perche non altrimenti da queflo lor vitio fono rofi, chc
ftano i veccbi legni da Tarli) fono nondimeno (pejfo cagione digran malt a Vir-
tuoft. Terthe veggendoft quefti tali non potere falire per gli meriti loro ,o fe pur
fono faliti, temendo,che conofciuta la virtu altrui, non cafebino, ccrcano coU’ab-
battere infidiofamente gli altri, ottenere i primi luoghi, o vero ottenutigli confer-
uarfegli. Et Jpeffo ( mercê de giudifij corrotti) danno il defiato fine alia lor mala
intentione. Ma jpeffo anco auiene, che credendo ejji di abbaffarc, chi per gli grà
di della virtu è falito a grande bonore , cadono ejji dal luogo , onefono * dr fannO
diuemre maggiore lagloria di colui, cbe di porre al fondo ft crcdeuano , come di
Sugenio auenne. Tercbe coloro, che ft doleano dell'bonore fattogli dal Re , vrg-
gendolo fatto Capo della Militia, s'imaginarono di pigliar quindi argomento non
pure di abbaffarlo, ma difargli dare vititperofa morte. Cofi fatta cofloro contra
Sugenio vna pefftma congiura : ejfendo tra il Redi Napoli,et quel di Francia con-
tefa del Regno, dr ejfendo dali’vna parte, dr dall'altra legenti in arme alia cam
pagna, nonft attendeua altro, che il di della Giornata, ft deliberarono i Maluagi ,
di accufarlo al Re di tradimento. Stindujfc.ro vn Soldato famigliare d'Sugenio,&
cbe con lui viueua, a voler fare fopra ciò teftimonianga. falfa al Re, con dire, che
Sugenio ft era ridotto piu volte a flrctto ragionamento col Generale del Campo
nmneo per dargli il Pye , & Napoli neile mani. St fatto tra loro dijegno atto a
perfundere al Re per verita la ordinata mengogna . Vno di ejji, che ardito , <&
ben pariante, era, andèal Re & gli dijfe;ll dcfiderio, che io bo del bene di voftra
Mae fla , dr di tutto il Regno voflrn, rninduce a palefarm cofa , che fenrga quefti.
importanti rifpetti, mi tacerei. St benebe io mi vegga far cofa , la quale è contra
la natura mia, nondimeno la Tatria , l’Honore, dr il bene di voftra Maefla , d*3
U confcruation del ben publico, mi [anno partire dal rnio vfato cofturhf. Deuetcj
/ / /

# jE C A * ! * . T : 4f t * 17 8
âdunque fapere,che SugerfiqÇapo dellc voslr egenti d'.Armc, k* fatta congiura
co Francpfi, per dare nelie manl al Re loro la Mae(la voflra,& tut to il Regno in-
fteme. Il Re toflo, cbc vdl raccordare Sugenio, il quale tencua egli per par ago­
ne d^de^^^xikimlore, ruppe il pariare dcll'*Accufatore, & gli d jfe; quefli fo-
np.de frutti, cbe produce la inuidia : la quale non fa vedere, fcnon con ccchio tor-
tpx il bene altrui. Conofco io meglio Sugenio cbe tu , gjr fe non,ch'io voglio baue­
re piu rifietto a me,che a te, io ti farei vede re quanto meglio ti firebbe flato ,cbe
tUy & gli altri piii toflo amafte Sugenio, cbe lo inuidia fie, dr cercafle con tanta
malignità porlomi in odio : Terò fa , cbe tu piu mat nonfij ardito di dirmi cofa ,
çbein dishonor fun f a , perchefe tanto oltre ti lafiierai piu trafiortarc , firebbe
meglio , cbe tu fofii nato mutolo. Impero cbe ti farò dare tale efl'cmpio a tutti
gli altri maligni, che conofceranno quanto meglio firebbe, cbe pregiaffero la vir­
tu altrui, chc per inuidia eercajfero di ojfufcarla, & di fare vcvgogna a chi è de-
gno cfbonore. L'\Accufatore, a cut pareua di bauere tanto bene ordita la infdia
fua,cbenon poteffenon bauere il fine, cl) egli defideraua, fi volto verfo il Re , &
gli diffe; Sapeua io, Sire,troppo bene,cbe la troppa affettione,cbe portanoi gran
Maefiri a Scruitori, cheindegni nefono, appanna fouentelor tanto gli occhi, cbe
anebora cbe babbiano (fieJJ'o coloro,cbefono al loroferuitio feritti i lor vit/j nel me
della fronte, ejfi,fatti dalla troppo affettione ciecbi, non gli veggono. St fe
pure gli veggonoyingannando fe medefimi ,fingono non vedergli : onde molte fia­
ts ne nafeono le deflruttioni de Topoli, & anco alle volte il danno, & il disbo-
nore di que medefimi Signori, chegli /celerati & pejfimi bu omini effaltati banno
checofipermettc ( perdonatime, s io dico qucl,ch'ionefento) la Giuflitia diuina.
€t do auerrebbe a vox, sio non haueffi, non dirò fegni, dr inditij, ma proue piu
cbiare,cbe la luce, da farui vedere, ehe tanto èvero, quanto vi ho detto: <& po -
fto che iaffettione,1a qual veggo,che immeritamente, voi portate a coflui, mi de-
' ueffe far porre in filentio tutto quello,che fo di ccrto , nondimeno ha potuto piu in
me Hofftruanga mia verfo la Maeflâ voflra, eke il termine di me medefimo. St
anchora che voi, in rkompenfa di queflo mo atnoreuole vfficio, mi dictate Inui-
diofo, Maligno, cofa molto difdiceuole al biton fine, per lo quale io mifen mofj'o,
non voglio nondimeno rimanermi di dirui quello,che il debito mio non vuol cl) to
vi taccia. Sc vendograde a Iddio, cbe mi ba dato il modo di potermiui ftreco-
■nofeere Fedcle,& Sugenio Traditore. St fe non,cbe le proue manifefle vi potran-
nc far cbiaro del vero, Io Mamerci que flo malbuomo al paragone dcll'arme,&
colla fitada in manoygli vorret prouarcil tradimentofuo.il Re vcduta,doppo I'ba
ucrlo egli cofi mhiau‘uto,come hauea,la coflui coflan%a,flettc alquanto fopra fe,
■t r gli pane di non volcre tento credere a fe medefimo, che non voleffe vedere,
fe vcr.tàyO malitia induceua buccufatore a cofi dirg li . Onde gli domado che cofa
foffc quella,d)cgli cofi chiara dictua di bauere nelie mani, contra bhonore di cofi
prode Cau.diero.Nu vi parra cofi prò,rifiofe egli,quddo intendcrcte le proue fuc.
0/jrfli}cnmr RibeIJo alia Cornai voflra, ft nimico di tutti not,haprefo partito col
$Afi:$â'-'àtibcJJlrcit o Frau f i,di f.bellatfi contuita la gente a voflra Macflct,nel
Z s
de G l i H e c a t o m Mi t h i
giorno del fatto d'Mrme, che a fare fi ha. Et dare lo Stato , & la MaeHà vojlra
in mano al Nemico. Nèio mai quefto creduto baurci, fe cio non hauefji chiara-
mente intefo da vn fico domeytico foldato, dei quale egli molto fi fida. CoHui ha
portate le ambafiate, & le let;creinnangi,& indietro : & quantttft^Je^ifm
aueduto,ha voluto la Giu/litia Diuina,che cofi reo diftgno, quale è quello di que-\}
ilo traditore,non bahbia hauuto effetto.Tercbe ragionando meco jla mane,& mo
firando di volerfi /abito partire da me il Soldato, col quale, per altro tempo, ho
hauuta langa conuerfatione,& domandandogli io, perche egli hauejje tanta fret-
ta;mi di/fe,cl)cgli hauea lettere di Eugenio da portare al Capitano deUegenti Eu
cefe. Stricercandolo, che negotij [offer quclli, cb'egli haueua cominci, Ji mojlro
duro a volermi dir cofa alcuna : & doppo lungamcnte bauerlo ridimandato,voi­
le,cb'io gli promettefi di tencrlofcgrcto, & cofi promettendogliio ,mi d/JJo; eoe-
gli non fapeua, che cofa fi maneggiaffe tra quefli due Capitam, fe non,che hauen-
do egli portato al Francefe lettere. Effogli hauea detto, dirai al tuo Signore , che
mi mandi leitera di fua mano, feritta al mio Re, & che /lia ficnro,che nonferine•
rd in vano . lo intefo queflo, conobbi, che Eugenio cercaua tradire voflra Mae-
fla, ma per pin ccrtegga bauerne, diffi, cb’Eugenio benefaceua , a ftarfi bene coi
Re di Framia; & gli domandai, segli forfe la lettera haueaferitta, mi riffofc,
che ft 3 & che egli glide portaua. lo veggendofm che pericolo era voflra Mac-
flà, & che lddio per fua bontà, mi hauea fatto venire in cognitione del tutto,per­
che tanto male non aueniffe , ho fatto trattenere con bel modo il Soldato. St fon di
fubito venuto qui, perche mandi voflra Maeflâ, per lui,& fi faccia quella lette-
ra dare, la quale hauuta, vedrà ella, per quanto io /limo, che io le fon fedele,&
che Sugenio l’è Traditore. yAl Re ciò vdendo , parue , che il co/lui ragionamenio
portaffe con e/fo lui faccia di verita tanto manifesta3 che non era da non darglife
de. Et mandato per lo Soldato , il quale venuto allaprefenga dei Re, & ricercan j
do da lui quello 3che 1'Mccufitore detto gli haueua: egli3fecondo Eordine dato tra
congiurati, ft mo/lrò di non volerepale/are ifegreti delfuo Signore : & con btm
vifo, diffe, che nonfapeua nulla di quello3che gli era demandato. Ma , effendo iui
I'Mccufatore, diffe; come, che non[ai nulla l & che mi hai tu detto, pur dianfi,
Maluagio l allbora il Rc con vifo pieno di Maefia , & di minaccia diffe, ti faro
ben io dire il vero,o vogli onò : & voltatofi verfo 1'Mccufatorc, cbiamami d if ,
fe il Capitano di Giuflitia, che voglio far dare tanto martorio a co/lui, che il vero
confe/ji. Il maluagio, mo/lrandcfi impaurito,fi volto verfo 1’Mccufatore, & gli
diffe, cofi adunque fi ferua lafede ? La fede al mio Re offeruo io, al quale prima,
ch’a te la debbo : & ben far at ,fe non ti lafcicraiguaflare, coi volere celare il ve­
ro , ad vtile di vn Traditore. Stoue negando quel,che è,ti/larai ne tormentipit),
che non vorrefli: dicendo la venta, haurai tu dal Re doni Rea li. Il Soldato,fin­
gendo/} paurofo dei tormento, diffe tutto quello,che a dire lhauea confortato l\Ac *
culatorc, & porfe la lettera al Re , la quale hauea feritta, vnode congiurati,
contra Sugenio , che fuo amico fi fingeua , & in rafflmigliare le altrui fcrittuú
era Macsiro Secedente, ne menofapeua finger e gli altrui fiuggclli. Me vcg$
l c'*&
D E C A Q j/ ARTA, 179
genâô ii Re In letter a,veggedo il fuggello, Uterine per lettera fcritta da Sugenio.
Tofcia, lettaUyfi mutò tutto nel vifo, & gli parue,che ad infedele huomo bauef-
fe offifoio fe%& .tutto I'Sffercito fuo. Onde fubito, life chiamare a fc, & quando
$ fu p e r e g r e f A e egli foleua, netta camera del R e ,v ifu I'^dcusfatorecon due
t altrl de congiurati a Into, &. gli differo fermateuiyche fete prigione del Re.Suge-
nio , marauigliofo di ciò; St perche, dijfe mi fà il mio Re quefla ingiurla i queste
non merita già lafede3colla quale io lo feruoynon fappiamo ri[pof.ro eJ]i}coji á ha
egli impofloy & cofi ejjequiamo. St con quefle parole} lo conduffero nel fondo di
vna Torre, one gli furo mcjji incontanente i ceppi a piedi, della qual cofa rimafe
tutta la corte fleuatine gli inuidioft) dolente. St il Capitam di GiuHitiatra gli
ãltriyal quale il Re I'hauea fa t to dare nelle maun da que maluagi, perche foffc tor
mentatOy tiefend incredibile dolore, St appena ft poteua perfundereyche Caudie­
ro di tanto valorey di quanto egli hauea conofciuto Sugenio, hauejfe commeffa co-
fxyperla quale il Re, che a fi alto grado I'haueua algato, deucjfe vfare tal termi­
ne contra lui} & diffe tra f e ; Sgli è veroy che I''amore de Signori è cofi mutabile,
che non vi ft deue alamo fermare. Il Re tutto crucciofo, prefo che fu Sugenio,man
dò per lo Capitano di Giuflitia, & gli diffe tutto quello, che lo ^tccufatore detto
gli haueua : & gli impofe3che non lafciaffe fhetie alcma di tormenti per farctcbe
Sugenio confeffaffe tutto, quello, di che egli.era flato accufato. Il Capitano 3 che
di nobile ammo era , & gli incrcfceua3 che huomo virtuofo, fojfegiunto a ta lp ar­
tito3fe quelloy che deonofare tutti i gentili fpiriti, qualhora veggono mal tratta-
ii dalla FortuMygli huomini di honore. Verb ch'egli diffe al Re3 Sgli è ben da pen
far prima, che ft proceda a vergogna di Caualicro fimile ad Sugenio, il quale ho
io fempre conofciuto huomo d'honore. St perche fo,cbe nelle corti regnano le inui
diey <& le maleuolenzcy & che non vi mancano mat di quelli, che tendono inftdie
$ atle virtu qltrui,nonpoffo non penfare3chefalfa informatione3 che fia ílata data
di cofluia vofra Maeflày I'habbia fattofcorrere (perdonimi ellayfe dafedel feruo
le dico I''opinion mia) afar do contra Sugenio , il quale ha fempre hauuto infino
ad bora voftra Maeíià per cffempio di fede. ^inchio, diffe il Re, era della opi­
nione, che tu fei; Ma ne ho hauuta prouq cofi chiara, che con mio molto cordoglio
fon flato coflretto a creder quello, che mal non mi haurei potato imaginare. S t,
» cofi detto y moflrò la lettera al Capitano., il quale molto bene conofceua la mano
d'Sugcnio. Letta , ch'egli thebbe 3 nonfeppealtro, che dire ,fe non che il Re a
gran ragionhauea fatto ad Sugenio quello , che egli meritaua. Il Re di nuouogli
commife, che non lafeiaffe cofa a fare,perche Sugenio la fua tradigion confeffaffe:
perche confeJfato,chegli haueffe il delitto, lo volea, come Traditore ,fa r fquar-
tare alia coda di quattro Càualli. .Ando benche tutto dolente,il Capitano alia pri
giqne, & fi moffe ad effaminare il valent'huomo : Il quale, veduta Vaccufa , chc
gli era data, reílò come fuori di fe ,& dijfe, che fi marauigliaua, chc il Re alqna-
egli haueua dati tanti fegni difedele, & fmccro animo, haueffe conceputa di ltd,
Í £ofi rnali^gnpione, & che tutta I'accufa era falfiffima. St che prima egli ft ha-
u r - 1 i a t o l e u a r milk vite ,fe tantc ne hauejfe hauute, che mat egli h^nefe
W %' Tar, Trima Z ?
D baG l I He c a t o m m i t h i
waccbíata queÜa fcde,colla quakejfb al fuo Re fi era obligato. Et cbe per cio egií
lo pregava a volere pregare il Rc,cbe nonft dejfe a credere quello di tui,che appl
na di vn vile , & codardo huomo ft crcderebbe: & cb'egli era jtrpntijjimo qmo«
flrare colla fpada in mano , contra qualunque ,ct 5e tal colpa apprejjoftíd M aeüi '*
gli deffe,che mentiua per la gola. Il Capitano,apprejjb il quale era in oUvma opi \
nione Sugenio, dijje; Capitano, haueua qnejla opinione il Re di v ó i, & fbaueu»
anchora io3 ma ci è tanto aperto & cbiaro inditio in contrario,cbe nonfo io direâl
tro,fenon3cbe le parole fon buone3 ma ifatti molto cattiui. Verb cbe il Re, & ios
per teflirnonianga di voi medeftmo3fiamo certi, che vi fete conuemú con Franci»
di dure a lor il Re noff ro infteme col Regno. Queflo nonfiè men vero, rijpofe çgli#
nè ft tronerrà maiperfoua, cbe con veritàpojfd dir queflo. rNpn accade altra pcr+K
fona dijfe il Capitano,oue è la teflimonianga voftra, St qual tejlmonianga mia I'
rifpofe egliy gli dimandò allbora il Capitam,s'egli conofceua il fuo fuggcllo; lo co«*
nofcoyrijpofe Eugenio,deuete anco pavimente conofcere la lettera di vojlra mano,,
ripigliò il Capitam,& qfia bcnijjimo conofco, dijje egli;.Allhora il Capitam trat-
tafuori la lettera , cbe il Re data gli bauea; guardate dijfe fe queflo è il fuggello
vofiro; è il mio, rijpofe Eugenio, fpiegòfubito la lettera il Capitam,& glide )no
flrò,& ejfo, ingannato fmilmente delia fmúglianga, dijje la lettera ejjeredi fu»
mano. Hora che per vojlra la conofccte,foggiunfe il Capitano vdite ciò cifelia con
tiene, & qui glide lejfe. .Allbora Sugenio3tuttojmarrito;Abi Capitano, dijfe,mi
fono tefe infidie da chi Ja fingere la mano mia,et il miofuggello altresi,Io tnai que
jla lettera non ifcrijfi; nè confuggello mio la Jegnai. Terò vi prego a pregare il
Re mio, prima clfegli piu oltre proceda contra m e, cbe metta al paragone mecos
cbi quejla lettera gli ba data,cbe coft ritrouarà egli mèfedele , & chi data glide
ba , Ingannatore. St fe piacerà a fua Maejlà, cbe io moflri la imocenga mia col­
la prona dell'arme, contra chi quejla accufa mi ba data, verrò a queflo paragone
tanto piu volentieri: quanto, confidandomi nella bontà Diuina, mi dà il cuore, di
far confejfare all'Accufatore fia egli, cbi fi voglia,clfei fi mente per la gola.Mol-
te parole dijfe il Capitano contra Eugenio, minacciandogli afprí tormenti, per im
panrirlo, & per vedere finalmente fanimofuo : mq trouatolo conjlantijfimo,fen
%a procedere piu auanti, fe riando al Re, & tutto quello gli râpportò, che Euge-
Tiio dettogli haueua r & gli foggiunfc, cbe quando cofi piacejfe a fua Mae(là,.mn
farebbefe non bene, clfegli parlajfe con colui, cht la lettera datta gli haueua.:pe-
iò cifejfo ne trarrebbc .meglio la verita, & con piu ragioni fi potrebbe procedere
contra Eugenio. Tiacque al Re la propofla dell'accorto buomo, & mando per Iq
Accufatore, & gli dijfe, cbe egli facejfe, che il Soldato , cbe la lettera data gli
haueua, andajfe a ragionar col Capitam di Giuflitia ,sofferfe quejli prontiffimo
a j'arlo . Et partito cbe fi fu dal Re, andò a pariare co gli altri Cbngmrati, i qua­
li confiderando, cbe queflo Soldato non poteua non effere di vilijjimo cuore, pofeia
the,per preTJtp fi bauea lafeiato indurre a cofi abominemle opera , videro, cbe q ’
gran rifebio, fiponcuano, fe lo lafciauxno andareauanti al Capitano dAla GiufliÁ
iw ; Verb, cffcjjcndo egli buomo efferto, & nelle cofc dcgli efamimmoiesp-^U'*
so 2P
D e o Q j t - 'a % ' f ' % 1r ' 18 o
potrebbe ageuolmente trarre il vero da lui otidefarebberotutti a Mai partito*
E t difcorrendo tra loro varie cofc deliberarono dunandarlo al Capitano, met nella
ftr^da aJJalirJo.jfr dargli mortc : St pofeia (Tar%oce , cbe quelli di Eugenio Pha-
fjktano vccijoypercbe egli non faccffefede del vero. Fatta qucfla deliberatione
ebiamarono il Maluagio,&gli differo,che bifognaua, ch'eglifoffe effamnato dal
Capitano di Gtuflitia, & cbe lo pregauano a/lar fermo nel prop oftto dell'accufa,
<gr cbe per ciò ejji gli darebbono don’t tali, cb'egli di loro ft contcntercbbe: Sgli il
Mtta promife difare con buonijftmo vifo.Tartitoft il Soldato per andare aU'efami
ne, due di loro tramutatifi di habito, & con barbe finte ft cbe nonpoteuano e/jerc
conofciuti, lattefero: & nel voltare di vn cantone,gli furono colle/fade addoffo,
per vcciderlo, & molte ferite gli dierono : Ma gridando ejfo , & foprauenendo
gente, temendo i Congiuraú di non effere conofciuti lo Ixfciarono mal concio,ma
non morto„ Stfubito diedero voce, cbe quelli di Sugenio baueano cercato di veei-
derlo, perche il vero nonft fapejfe. La qual cofa credendo il J\c,banendo la coflor
fitione granfembianga di vero, fe portare il Soldato nella corte, & chiamati i mi
I gliori mediei di 'bfapoli lo diè loro nelle mani, & promife loro gr offa mcrcede ,fc
$gli viuo rimaneua, accioche rifãnaio, ch'egli f offe potejfe effere al paragone, con
Sugenio. Ciòfu cCinfinito dolore a Congiurati, & fi dolfcro molto di non hauerlo
!• potuto vccidcrc : Ma veggcndo la cofa ridotta a tal termine, non mancarono hor
tvno bor Caltro di perfuxdere a quel Maluagio, cb'Sugenio era flato quegli, che
1'baucafatto affalire : & però che degno era, cb'egli ne voleffe v edere tutta quel
la vendetta, cbe vederefe ne poteffe. La qual cofa credendo effo ,ft difpofe a dire
Upeggio,cbe ft poteffe,per far morire Sugenio. Mentreil Soldato flette infer-
mo nel letto, undo molte fiate il Capitano da Sugenio, per commifjione del I\e ,
& trouò, che quanto egli bauea detto la prima, coft diceua anco I'vltima volta:
^ "& cbe nè mal vifo, nè minaccie di tormenti crudeliffimi, lo poteuano farrimo-
Uere dal primo prepofito . Mndò parimente il valent'huomo al Soldato , rnentre
■era nel letto, & con varij modi cerco di vedere tome fi portaffe il Soldato in-
torno alia accufa; & cglifempre difje, cbe Sugenio la lettera data gli bauea, &
th*tila difua mano era, però cb'egligliel'bauea veduta feriuere, & chiuderla col
fuggcllõ,ct a queflo aggiungcua quello cbe piugli pareua atto a far danno ad Su-
g e m o . Ver la qual cofa era dopinione il fe , cheH Capitano faceffe collare Su­
genio, <& tanto lo tormentaffe, che confeffaffe la lettera, & il tradimento. .Alia
qual cofa I'infiamtiaua anco ilereder veramente, cbe i parenti di Sugenio foffe-
'ro quelli fiati, che baueffmo cercato di dar morte al Soldato , perche efaminato
ncnfoffe. Ma il Capitano, a cui pareua , cb'Sugenio non foffe colpeuole , diffe
al f e ; Chefempre fi potrebbe tormentare Sugenio , Ma quando pofeia ft ritro-
Uaffe non colpeuole, nonft potrebbe mica non I'bauer tormentato : St cbe fareb-
be gran male, cbe a cofifatto Caualierofifoffe dato indegnamente mxrtorio. St
j.che per queflo, gli pareua, quando però coft piaceffe a fua Maeflâ,che fi lafciafje
Jfgihir‘*ey -oldato , & pofeia ft conduceffe alia prouacon lui : & cbe fe allbo-
fftromffe cofa, cbe baueffe quaUbefondamento, gli ft defjc tanta pena 3
Z 4,
Tj r: r > 1 .1 H I, c A T O M M IT H I
t h r 'oolcffr^ t n ò , f o f f e co l i r e t o a t o n f e j j a r e d d c h t t o . I-it l u n g o i l ragiorunnento
j r d h e > />" d ( a p i i a n o , i/ a f a t u a p o t ê ciò p e r f u n d e r e a l I{e , p u r t
I a t rtui cnio j c/;r t o f i ft f a t i f f c . m i n o r d o , t h e f u i t So I d a to , i t C j t y l n n o c o /fg g itil
Yu a n tera y l t d i f f p i n v o l t e ; qygi /• m U: , f i g l i u o l ratio d a r e i n f a m i a etc t a n t a im-
p o r t, m v a a p ern r»fo < o.u In .<>, i t , r- E u g e n io , t i e non b a b u i a v c r i j j i m o fonda- 1
n u ito .'T e r o (<■ it; f o r (>: o 1 ’ /V. ,o :/„•* m x l t u o l c n g a /> d a i n g i u r i a ric c v tu ta da lui,
o p e r d l i r t u m J h y nin-u: n fid !' ?■ a to ft a u u f ' a r I t , n o n j a r e b b e f a non b e n e , cbe
v t i > Ictuiffi d . i l i t m p y i I • : A non v o l t f f i , i o n f a l f o t c f l i m o n i o f i m p o r r e alTmnoce'n-
t r h n o m o infam ia, i p a o n r j i <>'f,j!aua^ion p c r i c o l o d e lla v i j a . l l S o l d a t o , c h e da do-
ni ,'/•)' tla p r o m e f f ^raudif-. ..■/<; e r a < , / r o t t o : & o ltrc d o ft credeua v e ra m m te ,
c l i t t t y n t i o l h a ti: ( fe v o l u l n f a r e v c u d c r c ,d A iffc o r g o g f t of a .m en te a l C a p k a .n o , cb'e-
y h non era h n o m o h i d a la je ia r f i l o r r o m p c r e ,n c d a m o u e r f i a f a r d a n n o , n c a dire
A falfo p e r i r a : t h e non e r a p a n t o m o n o di q u c l lo , t h e e g l i ban co, d e t t o : &%
t h e ft nidrdHiyloitf.il dt l u i , c h c d i l a l t o f u , y j i p a r l a j j e : & , t h e f e p i n c o fa alcunx
y l i n t e d i c a t a , d i r <1>bc a l l{e , t h e y j i le u a jfe q t tc lla cau fa di m a n o : p e r o , ch c cjjb
v o n e r a ( , i n d i t e , m a pari, c . 11 v a l e n t h u o m o , ch c t e m e t t e , c h c c o s i n i n o l rvetteffe
i n maLt. o p in io n e a p p r e f f o i l l{c : & , c b c p e r c i o j o f j c d a t o E u g e n io in m o n o a d al -
t r r ,<.he non y lt h au effe i r i f f e t t i , c h c p a r e n a a In f chc f t d t m e f f e r o h a i i c r c a l i a inno
r e tr y a fiia.'V e r a ,c h c effo in / a l t o f t c r e d e u a ,c h c f d f a f o f f c ( a c c u f a , c o m e , n c l v e r o ,
e ll a c r a q d i d/Jfc ; t h e ciò n o n g l i b a n e a d e t t o , f e n o n p e r p r o n a r e l a f i t a c o f i a n d o ,
e fr t h e p o f ii.t , eh 'egli c o n o f c u a , chc d i e m t i l v e r o , lo con f o r t a n a a m a n te n c r -
lo : p r , < h r p e r d a r e a d E u g n ii o i l dice n o t e g a H i g o d e lla Ju a r i b a l d c r i a » bifogna-
u a ,i h'tfjo y j i v e u / f f e a d i r e s i i l v if o t n t t o q u c llo , ch c y j i b a u c a d e t t o a l l i e , accio -
\\ chi non v i aitanopiffe p h i nulla a f a r c e u r i l a r y ' i ogiit f o r t e d i t o r m e n t o , & fin a l-
t v en te f a r to m o r i r e . S i m o f l r t t i l S o l d a to t n t t o b a l d a n g o f o , & ard.it a m e n t e fe
n a n d o col C apil a n o a lia I 'r ig io n c ; d ice n d o ; io f f e r o , c h c q u a n d o S n g e n i o m i v e ­
ile d : ci/% t h e y l t d in ) il fito t r a d i m c n l o , r i m a r r d e g li cofi p r i n o d i h a ld a n % a , cbe
n o n a r d i r d ( li m i t p a r d a . Con qrn f lc p a r o l e i l C a p i t a n o i o c o n d u ffc a d E u gen io ,
c o n infinito d o l o r e di c o lo r o , e h a tic a n o o r d i t o i l t r a d i m e n t o , i q u a l i t e m e n d o chc let
l o r v i a l u n g i t d non f t l i o p r i f f c j e nc a n d a r o n o f t i o r i d i 7f a p o l f a t t e n d e n d o ciò ,c b c
d< n / f e a t u n i r c . C iW U o yc h e f u d C a p u a m ) c o i m a l u igio n c lla T o r r e , A i f f c i l v a -
I n i i h i t o v i o ; City c n io , e g l i d p t ) , t lã fa c h ia r a t c U b n o n i a n T a c o n t r a v o i d e tu tto
( p u l l o , di c h c f e t e l ia to acctifato a l l { r . S n g e n i o , v i flo i l S o l d a t o , v o l t o f i v e r f o
l i i i con q u e ! v / J o , t o l q u a le c g li fo le n a p o r t e r r o r e a n c m i c i , & f a r f i p o r t a r e re-
u n c /i y a a ( h o i , d r g h d . j j c ; S ci t n , m a l n a g i o \ q u c g l i , ch c v u o i d a r e a m e n o m e di
T r a d i t o r e ; a m e , e 'ha f f i a r f ò , f r (on p e r i f f a r g e r e , in fin , c h e -m i b a j l c r d l a v i t a , a
( c r n i y i o d e i n u o !{< q u a n t o ho di (angue e n tr o le v o t e i T c n f i t u , n i m i c o d i hono­
r e , th e d e r e , o p e t e r e m . u c h i a r e , c o l l a t u a f r o d a , q u c lla r i p l i t a t i o n e , l a q u a l e m i
/ ’ uno at q u i li a t a t . r u i m u i f a t t i eon cofi fo-ygo ne m e , q u a l e c q u c l l o , c h c t u , h i t t i -
V o i ( a n u i o . >r io ) d a ira.d r o r i , cere hi d i d a m n i !\l i ( f e r o n e l S i g n o r e I d d io ,^
i-h, t -'a m. la p A s , v>~ l a .n n o c c n y a m i a , chc a t e , c ~ a l o r o d u r o a*> *.. 'At degniff.
■o , s^y r . t r i n s n n v a p p r e ff o d f i e q i u l f e t i d e , t r I u l e S e r n i t o r e , & iff
■Vd!aílo*fj
M
D EC A Q j/ A R T A, I §I
Va fallo , che 2 0 ?h fono , ztr fempre ?li fono flato . 11 maluagio non p o t c f o s i e -

u parue di vederlo tale, quale lofolcua v edere nel campo nnuico,colla jpada m r,ix
no. On.de commcw tutto a tremare , & quello,che 'non baueano potato fare le
amorctoli perfuafioni del Capitano di Giuflitiajo fcce la prcfcngx,g" le rmnaC-
cic di Eugenio . ll Capitano , ebe non voile mancare di far quello , ebe glifi con-
u:niua,ccrcò di dare animo al Soldatoedicendo,che tern tu di coslni ? lafeia ch cf-
fo minacci quanto vji p:ace,& tu non ti fmarrire,percbe egli c in Inogo , che a ts
non nocera,nè egli no fi rimarra fenga ilgasligo fe baurd errato.Ma non ardi mai
quel rnalbuomo di formare parola, angi, come foffenato mutolo fi t aeque, tutto
trernando, Non manco anco Eugenio di dirgli : di Main agio, cio , (be tu fa i, <$•
non taccrc cofa alcuna feelerata, che tu ti fappi di m e. Ma , eon tutto cio, non pi
glio effo punto di ardire; allhora, volto Eugenio verfo il Capitano, pixcciaui,dif­
fe difare quelle prone di me, & di liii, che fi comengono per trarnc il vero.Rifpo
fe il Capitano, ebe non fi mancherebbc difar tutto quello,ebe fi ricercaua alia Gin
Slitia . Ft tenendo egli certo , ebe il Soldato la mengogna detto haueffe, lofe por
re in vriultra Trigionc, & fe nandò al Re, & g li diffe quello , che auenuto era ,
& ne rimafe egli marauigliofi, & commife, che foffe collate il Bugiardo ,fi ebe
confeffaffe come il fatto flana : Ma ?ion vi fii di bifogno difkne,però ebe toflo,cbe
egli vide il Capitano di Giuflitia, glifi gittò apiedi, & lo pregb ad interccdergli
perdono appreffo il Re, & appreffo ad Eugenio, il quale egli, perflimolo altrui,
baueua a ft gran torto accufato; & quigli narro tutto I'ordine del tradimento ,cbe
quegli inuidiofi haueano tefo ad Eugenio. Intefo cio il Capitatio , riferi il tutto al
Re, il quale, potendolo appena credere, mandb a dimandar coloro, ebe acciifati
baueua il Soldato, & fpetialmente colui, che alia prefenga fua I'bauea condotto.
Et ritrouando, cbeandati fe n erano , tenne certijjimo, che da loro foffe venuto
tutto il male, & gli dannò a perpetuo effilio. Et fatto liberare Eugenio dulla
Tregionc, lo fe venire afe, & gli diffe; Eugenio , il male vfflcio , che appreffo
me baueano fatto contra il tuo honore coloro, ebanno indotto il ribaldo Soldato at
' far teflimonianga appreffo me, contra il tuo bonore, nulla haurebbe potato, fe let
letter a, & ii fuggello, che con tanta fmiglianga, & lamano tua , & i l tuo fug-
gcllo rapprcfentauanOycbe come mi ha detto il Capitano di giuflitia , hanno anco
tc ingannato, non haueffe al loro mal dire fede acquiftata. M a, pofcia,cbe U ve
ro fi èfcopcrto,viui ficuro,che la coloro malitia ha tanto aggrandita la tua virtu
appreffomc, che one effl mi fono caduti in tanta difgratia, che m iè , & fera fem­
pre odiofo il nome loro :tu talcti fei rimafo nel mio concetto, quale vuole la tua
virtu, ebe tu ci f l j : & feper I'adietro ti hb hauuto per fe dele, & per cio ti ho po-
^ fta ncHeimm la fomma del Regno mio,ti hauroper lo innangi pcrfedelifjiwo, .<?
cofa air; - rimxrra mai di fare,che io gmdichi atta alio accrejcimento del uto
della virtu tua}& infino adhora} poi che llm im di coloro, per c efltt

S N cq
De G l i He c a t omWi t k s
loro ribalderiaficaduto alia camera mia yte ne factio intero dono. I t queflo det*
so , fi tacque. Eugenioy che di generofo animo era , ringratiò il I{c deifuo buon
volere,& gli diffeyche come la coloro infidia bauca accrefciuta abpreffo
ftà lafede fuaycofi egli era fempre perfcruargliclefermay& coflantefMa qtm*\
to al dono,che fua Maefia fattogli baueua , egli 1'accettaua di buoniffimo animo.
Ma cbey volendo pur crederey cbe i coloro figliuoli [offero per effere di miglior
mentCy& piii atti a conofcere faltrui virtuycbe i lor padri non erano fla ti , nefa
ceua loroycon licenTp di fua Maeflay cortefe dono , accio cbe nonfi perdeffe la no*
bilta di quella cafa, alia quale i padri loro baueano fatto cofigran torto. Et fog■>
giunfeycb'egli fi sfor%erebbe di guadagnarfi, tanto di quello de nemici colla (padat
[eruendo fua Macflaycbe farebbe ricompcnfato il dono ych'effo a quefigliuoli face-
uay acciocbcfin abominatione de padri toro3 rimaneffero a feruigio di fua Maejlà,
Comendo molto il T\e il gentile animo dEugenioy& confentendo3ctiegli a figliuoli
di que Maluagi quello donato baueffcyche de padri era„ lo ricompenso ampiamen•
te * Toi gli diffe, farà quello dd fratidolente Soldato,per la fua [celerata opera,
cbe a tc par era,cbe ne debba effere. Terò dò a te la faculta di fare di lui quello„
cbe ti parerd , non altrimentl, cbe fcilR etu foffi. Refe di nuouo egli gratie al
I\e3 & gli diffe; lafcierei io queflo ribaldo viuo3come quegli, che di [angue fimi*
le al fuo non hebbi mai fete , Ma percbe queflo vile attoylo mi ha moflrato inde-
gno di vita , acciocbe effopiu mai non nuoca alia virtu altrui, & ponga in perdo­
lo la vita de gli honorati Caualicrf.,quando a voflra Maeflà cofi piaccia, voglio,
cbe adeffempio de gli altri , fu dato al Manigoldoy che mijeram ente gli dia mor­
te . Et cofi fu fatto , come Eugenio bauea detto . La virtu del quale rimafe tanto
piu chiara appreffo al Reyquanto hancan cercato di ofcurarla3gli inuidiofi, & h
[celerato Soldato colla falfa accufa.
A F ATII. O F I N G E C O N T R A T T I FALSI, PE RARí UCCHIRSI»
& monftrandofi ,con quelli ricco, piglia mogliej Si fcuopreU frá.ude, & c bandico, &
publicamente infamato.
N O V E L L A III,
TSfC R EB BE marauigliofamente ad ognuno , cbe coloroy i quali
eranoflati autori della maldpera y apparecchiata contra Eugenio
non bauefjero quel fine, c’bcbbe il maluagio Soldato per la fuit
falfa teftimonianga : magiudicò beneogni vno molto magnifico
fatto d Eugenio, hauendo egli donato la roba a figliuoli di coloroi
ckaucan cercatoycol fargli dare vituperofa morte finuolgere il fuo cbiariffimo no­
me in eterna infamia. Et fu dettoy chuomo dalto cuore non lafciay cbe 0fdegnoi
od ingiuria lofaccia apparire mai men cbe generofo , & di grand animo : Ter cbe
fappiendo cgliy cbe èmeglio patire htgiuria,cbefxrlaad altriy fi contentayche chi
tha ingiuriato fia conofciuto reo buomo3& effofenxa 'colpa. Et tacendo gid-ognu*
no diffe .Aulo; Io molte volte fra me medefimo ymifon doluto della humana condi,»
tioneycbe per diabolica opera fia alie volte cofi diflomato fhuomo dajff humani-jj
tày dalla quale effo ba il r.ome} ebe fi fia dato ad opere cofi maluagie , nuat: f f -

{(
B e c a Qj a r t a. ' ^2
fiate kjdCContate,& quelle, cbe nel imanente dl queflo porno ft rat conteranno,
g f mi è fempreparuto molto Urano,che Ihuman giudicio non babbia veduto , cbe
fof^U bene operare c quello,che mantiene la comerfatione humana ; & fe colorov
'cbe a-taihTÍftmivfflci ft danno,giungono a mol fine, non me ne marauiglio pun-
t to t perche dandofi effi a quello,che è atto a portare con lui la deflruttione degli
buomini,è di neceffita,che la Giufiitia Diuina dimoflri la fua poten%a,come dalle
tofeflnflno ad bora narrate ft è veduto : & f i vedrà anco da quello, cbefono bora
4 oper raccontarui.
I N Tcfaro,citta della Marea di Ancona,fu gm vngiouane, il quale hauendo
tnalamente confumato il fuo3ft era pofcia dato a voler vincte di quel d'altri 3 &
non hauendo virtu alcuna,colla qualepoteffe cio confeguire,fl diede a cercar di ha
uerlo colla fraude,& coll'ingayno.Et doppomolte cofe,inft diofamentefatte,s ima­
gino A p atilo,cbe tale era ilfuo nome3vna fottiliffima , & fconueneuoliffima ma-
niera di arricchire in pocbiffimo tcmpo,con damo di molti buomini da bene3 Verb
cbc effo baueua apparecchiati certi buomini vili , & di groffa pafta 3 ma di affai
buono affeuo3& gli vefliua di panni da mercatanti borreuoli 3 onde & dalTbabi-
to, & dalla prefenga erano creduti da chi non gli conofceua buomini di gran traf­
fleo. Apatilo adunque informandofi dell'bauere di quefto, & di quel mercatante9
cbe fuori della Città baueffe traffico d'importanga aide mam,ritrouaua vno di co-
loro, ch'egli baueua a queflo effetto appoflati, &• I'amaeftraua a dir quello, cbe
egli volea, cbe dicefj'c,quando gliele imponeffe, Et conducendo bor quefti, bora
quegli altri ne Templi3ritrouaua bor queflo3& bor quell'altro ?Lotaio,& diceua
loro,venite con effo tneco 3 a celebrare vno inflrumtnto di danari,ctiio voglio da­
re ad alcuno Mercatante. St condotto il 7\otaio nel Tempio 3faceua3cbe colui,
ch'egli vi hauea condotto in habito di Mercatante diceuafe effere colui3che voleua
Apatilo,ch'egli diceffe effere; St hauendo effo da ducento ducati in vn faccbetto,
faceua moflra di effi, &faceua vifla di dargli a queflo, & a quello a mercantia,
<Jr colui cofi veflito fotto il nome del Mercatante, al quale Apatilo tendeua infi-
die, ft cbiamaua hauere, & riceuere da lui,quando quattrocento, quandofeicen-
to ,& quando mille ducati,da trafficare in quefla e in quella forte di mercatantit•
St in ifpatio di due anni fece a vari tempi tanti infir umenti, di fimili qualità, cbe
poteua moflrare di bauere in vari traffiebi piu di otto milla ducati. Tofcia, cbe
egli bebbe cofi ordinato queflo inganno, efjendoft imamorato di vna gentiliffimet
Giouane degna veramente di altra ventura, cbe di quella , che le apparecchiò let
mala forte : la fe dimandare al Vadreper varie genti, il quale era buomo molto
da bene>& di honefla conditione. Amaua quefli molto la Figlinola,& non ha-
ueua altra cura,che piu lo pungejfe,cbe di accoppiarla con buomo , col quale ellct
baueffe a viuerc tutti gli annifaoi molto contenta . La onde credendo egli, che
Apatilo foffe pouero,come effo ncl vero era,rijpondcua a chi la Figliuola,per no­
me di colui gli adlmandaua, ch'eglidana alia fua Figliuola, dote conucneuole al
jfuo grado:t/g però intendeua anco di accoppiarla con buomo,cbe, per l'hauerfuo3
%w.~y,rjj'e ía dotescb'egli le daua:Et cbc cjfendo A p atilopouero,quanto alcuno al-
tro
D e G li H e C ATOM MI THl
troC\ttadino,chepotter o foffe tenuto nella Città, ft terrcbbe di.far granfallo,fe a
hà U dejjcpcr moglie a stare tutta via nella pouertà, & nel difagio. Ciò inten­
dendo ,ylpatilo , chegià in cafa , banca rileuaúgli inftromemi de falfi contratfi,
chiamò vngiomo ilTadre delia gentil Giouane, & gli diffe; Âcjferépfyã negaté i
di dare la jiglutola voflra, perche a voi pare, cbepouero iofta, Et perche tamo- }
re,dim porto alia Giouane c tale, & tanto, che non potrebbe effere nè maggicre.
nè piu ardente. Io vi voglio lemre. la opinione, che hauetedelia mia pouertà,at­
eio i he conofáatc, che fe io volefji folamente guardare althauer mio , & non po-
tejf' pi) in vie t amore, chio porto a v ofera Figliuola,che il defiderio di bauer gra
doce, dear ei prccacciarmi di bauer Donna di via mxggior dote , che non è quella.
che iere y dare a voflra Tiglimla. Ei queflo detío3gli moftrò lepublkheferiu
Pare, cb’cfft) baac, con inganno celebrate. Era il padre della Giouane Ts(ptaio,la
o n d e v e g g e n d o e g l i qudlc fçritture in publica forma, & folenncmente celebrate,
r i r - t r f e c o n t e n t o , nè prima fi parti, che la Figliuola gli promife per moglie.Et indi
a due, o utre gícrm ft cclebrarono le nozge , Stete ^dpatilo colla moglie alqim -
tin eft , & ft a qstefto tempo amnne, che vno di coloro, ch’era nominato ne con-
t f acti, f infe r m o a morte, & ritro nandof i in contado apprejfo ad Ancona,mandò
per vn l \ e l i g w f o T r a t e , che e r a deli ordine de Carmelitam, et a lui fi confefsò,pre
vndoloí a pregar e 1daio per lanima fita, & vn groffo legato lafciò al comento di
qudfx'dine. Era flato qucflo bmn Frate alam tempo in Te far o 3& fi abbattè
ad efferefiato te flimonio al contralto finto, chauetta fatto ^Apatilo , col me%o di
vno di qitefaoiyctiejfo infimili cafi adoperaua, in nome di qiteflo Mercatante.On
de, raghnando doppo la confeffione il valenfbuomo dellc cofe fine col Frate,& di
quellOyCnegH volea, che ft jfacejfe doppo la morte fita; Souitenne al Frate di effe­
re flato tcfiimomo ai contralto, nel quale il finto huomofiotto nome di qttcjlo Mcr
catate fi era cbiamato hauere haituto da ylpatiio vna grofjfa fomma de danari da
trafficare■: & confiderando diligentemente fi auide che quefli,quegli non era,che
il cotratto fatto baucua. Ture p dmenirepiu certo,gli diffe; M effere,di molt e cofe
mi hauete voi fauellato, ma di vna,che molto importa non mi hauete dettaparo­
la. Et quale è clla ? diffe il buon hmmo;ll contraito,che voi face fle in Tefaro con
iApatilo dei danari, che effo vi dieclc a trafficare, al qual contratto io mi ritroim
prefente, & vi fui teflimomo.Vi bigannate Tadre, rifofe egli,perche io mat non r
fui in Tefaro, nè Mp afilo conobbi io mai,non che con lui contratto faceffi : Et che
bifogno ho io dipigliare dinari,cbe ho dato a trafficare ad altri piu di ventimilla
ducati in varie maniere di traffichi: 'Tlpn andò piu oltre il Frate, ma bene ft ten-
ne certo,che il contratto, al quale egli era flato prefente, foffe fimolato. Et fiecofi
dolfic di nonfi raccordare, chi foffieflato il Notaio, che la publica ferittura haue-
ita celebrata,perche egli era di animo dipaiefare qucflacoft gran froda.Ma Iddio
che non confiente,chabbiano luogo lefrode feminate dal nemico delfhumana gene­
ratione nel Morulo,a danno de gli huomini, opero che quefio inganno fcoperfe tutti
gli altri,fatti da qucflo ingannatore. Tmpcroc.hr fiubito, che intefie O ppilo che m
M e r e a t a n t e e r a m o r t e , f i m o f j e ad a g g r a u a r e i F i g l i n o l i , h e r e d i d e ! T a d r e ^ d '- f i J s r *
oc, ÚP
DEc A Q^ y A R T A . i Sf f
per la forte,met per I'vtile anchora.T ante a cofloro fir ano,cb'cffendo il Tadre lo
xrcLvno degroffi Mcrcatantl della Marca,haueffc prefi danan da altri per traffi-
ytargij.Ma veggendone il publico contratto,non fapeano,( he dirft altro,fenon, cbe
'^oFptÍ?t^^ofo*úipireriell\irà7no,chcil lor Padre baueffepigliati danari altnei,
■q battendone egli dati a varie perfone de fuoi,perche f offero effercitati, dr cbe non
credettano quel contralto vero.Mpatilo,a quefte parole acccfo d'ira; dr cbe,diffe,
i Notai diTefaro non fònodi fede,meritcrcftegaftigo di quefta voftra cofi fir ana
parola:& prego il Signore Giudice,cbe lo vi dia , Imomini maluagi. Il Gittdice,
cbe maturo buomo era,pofefine alle contefe : St cbiedendogli quegli heredi, termi
nc aprouarc:glicle ajjigno volentieri, corne colui, cbe, confiderata la qualita del
Mercatante,venne quafi in opinione di quel, cbe era. Mndarono que Figliuoli a
caftx,voltar ono tutte Icferitture del Tadre,& veggendolo effere flato diligentiffi-
mo,& non ritrouando di quefto cofa ahum : Tarlarono colla Madre, la quale lor
diffe,cbe di tutte le cofe,cbe maneggiaua il Marito,ne faceua egli lei confapeuolet
Ma,chedi cofa tale,effo mai non le hauea detta parola,dr cbe per do ella iflima-
ua,che non ne foffc nulla : d r, doppo tali parole, diffe loro ; Figliuoli miei io mi
credo,cbe non fia fenon bene,cbe voi cerchiate del Confeffore,al quale fi è confefi
fato il Tadre voflro : Tero,che di leggieri potrebbe effere, cbe di do gli baueffe
ragionato. Ft potrefie forfe hauere da lui notitia del vero, Mccettarono i buoni
Figliuoli il configlio della Madre loro, & andatifene in Mneona ritrouarono il
Frate,d r gli differo dò,cbe contra lorofaceua Mp atilo. Il Frate.che già delíin-
ganno ft era aueduto,diffe loro; Figliuoli iofui teflimonio at contratto, del quale
voi mi ragion\ate,dr inferne vi fu il compagno,che meco venne, quando a con-
feffare il Tadre voflro andai, dr per le parole di voflro Tadre, cbe di cio dili-
gentemente lo domandai, dr per quello, cbe noi vedemmo, egli nonfu colui, cbe
con Mpatilo il contratto facefje : & concbiufo babbiamo tra noi,cbe quel Fraudo
lente con perfonafinta,babbia a danno voflro orditoqueflo inganno. IGiouant,
bauendo do intefo fi ritornarono a Tefaro, Ft difjono al Giudice, cbe quella ferit-
tura,cbeproduceua Mpatilo,era falfa, dr cheft offeriuano a prouarla tale . Il
Giudice,chegià era venuto in quefta opinione,non voile moflrare cofi di fubito di
dar fede a detti loro, ma diffe; Guardate di nonfar cofa , che viritomi a dan­
no , Tercbe volendo voi dar maccbia difalfità ad vn Tffotaio,riputato buomo da
bene,dr di buona fama, dr anco ad vn buon Cittadino della T erra, incorrerefte
voi nella medefma pena, cbe ft deurebbe all'vno, dr all’altro, quando fi ritrouaf-
finobaucr commeffo cofi fat to delitto. Se forfe non foffino colpeuol’u Non dubi-
tiamo,rifpofero ef]i,di non vifare cofi manifefla la froda di quefto mabbuomo che
ne reftiate chiariffimo. Feme mentre, cbe il Giudice parlam Mp atilo a folle ci­
tare la ffe diti one della caufi, dr ejji gli differo; Sarebbe meglio cbe tu ti viuejji
fiel tuo, dr non volcfji con inftdie, dr con contratti falfi rubare I'altrui. Mp atilo,
ebe a tali parole deuea rifentirfi, dr lafciarc quella imprefa,ffinto dalla mala in-
\ tcntionc , diffe , a que Giouani molto male , dr diede loro querela ã infamia, in-
I ftandqjvvcll Giudice,glipuniffegrauemente, Onde ft vide, cbe come fotto fpe-
tie di
B e O li Hee at o mm i th i
tie di trarrc vú legli banca toLio il Demonio lo ingçgno,cofi amo non eonfenn,the{
veggendofi porre innangi aglioccbi,come manifefio,terror fuo,fi rifentiffe
toyper condurlo a publico vitupério . Il Giudue cccettò qutl, cbe diffe tvn a,
I'ultra parte , fecondo il coflume degiudki/, & promife di far^n^jnxucoiiipdffaú
ua il dirito delia GiuUitia . 6t db.de fpatio di tempo a tjue Giouani di londitrrei
teflimoni] loro. Coft ejjife nandarono in Ancona , & feccro venire i due Frati, 1
& ep:mina ti, the furono,veduta la froda di ^Lpatilo, fubito il Giudice gli fe dare
delle mini addofjo a erg e n t i porlo in prigione. T^è fu egli ft toflo prefo, the
fi fparfe la fama per la città,& ft giudicò da ognuno, cb’egli ne deueffe bauere v»
fenero gaíligo , & infteme con lui coloro,ch't rano flati condotti a contratú , & i.
Notai, che celebrati gli haueano : onde picni di paura,que femplici,cb'cram ftati
condotti a tali falft contratti,confintc nome di quefto,& di quello, auedutip della
inganno, che loro hauea fatto lo IngannatoreJ'e ne andarono al Giudice, & dijfo-
no cio,cbe loro batten fatto fare^Apatilo ,ipufandoft, cbe non fapeano effi aò,
che fi facefjino : &■ i Notai moHrarono al Giudice, cbe non baueano colpa alctm
nella fraude, pero cticfji,uon conofendo le parti fmgamati dall'horreuole habito,
et dal buono affetto di coloro,che ft cbiamauano riceuere i danari da iApatilo,non
f crano mat aueduti,che fono me contratú ft cclafj'e coft fatto inganno. Ft perej'o
tie haueano pitta la publica ferittura , la quale, quanto a loro, non contcncuafal•
fitd alcum,quantunque,pcr colpa del Maluagio, clla falft fi fojje . Vedutofi da
tali proue conuinto Sip atilo,nonfeppe negare il vcro,& confifsò, cbe tutti i con-
tratti,de quali I’baueano accufato i TsJotai, & i megarii aitresi,erano flati fintb
& fm olati . QueHo intend ndo il Suocero,& la Mogf\e,riniafouo i piu fc ontec­
ti , che maifofpero. Egli per vederfi bauer data la figliuola ad vno, cbe nonfolo
ft era fcoperto pouerifftmo ,ma infame. La pouera gtouane, percbe fi vtdeua hi­
tter data la fua Virgin ia a ft m .Cnuomo,& poflo ilfuo amore in coft fbggo luogo.
Il Signore della Terra ,pofcia,chebhe intefo dal Giudice coft graue inganno:voile,
cbe coloro,ebe falptmente crano ílati condotti a celebrare i contratti fotto finto no
ntc,riceucitdonc la mercede , fioffera publicamentefiruflati - Et voleua,che >J.pa-
tilo,colla fua morte,paffaffe ad effempio di ogni Maluagto.Ma la Mogiie di*Apa-
fttoyckcgentiliffima Gtouane era,fe nandò al G iudicepregollo a non voler ac-
to nfientire,cb’clla vedeffe colüi maiamente morto,el quale clla era flata con tanto
amore congiunta. ^Alla quale,diffe il Giudice; Gentiliffima Gtouane , non men-
taua queflo reo donna fitmile a v e t. Et erauate voi piti degna di miglior marito:
tna pofcia,cbe pure ha coft apportato la voflra fir.’f r a fiorte:vi duo,cbe, per n-.
II g;one,egli non puote effere morto, ma bene infa mato publicamcntc. Ma fie io fioff
voUpofeia cbe pare,che il Signore voglia, cb'effo tnora , al quale èdata tnaggtctt
podeflàycbe a not non d inno le noflre leggi:& può,comc a lui parespunire igrain
delicti,per effere egli la l.ggc vitta,io tafeierei, cb'cgli fe ne rnoriffc,percbe vi ri-
tnarrefle voifciolta dal legamc,coi quale contrario Fatoviha a coft mal'huowo
congiunta. La miferu Giouar.e allhora lagrimando,diffe; 'NpnpGffo non dolernÈ
fQmmamente,cbe tale fi fia fcoperto colui,atiio crcdcua,cbe dcucjfrfjjdzP ftpo],
Jo dcu& ^
/
I

D e C a < \y a r * a: ' 184


fb della nfici vita mapoi>cbe cofi ba pur voluto il mio fiefo deftino3non voglic io
•maiacconfentire3chepcr effere libera da cofi fatto nodo3egli mu .da; che quarrun-
tqifcdeliberato 10habbia di max non effer con lui.gcr vergognarmli.be imomo t le
ffijumecvT. dngiuhto:vogl 10 vondimeno piu toflo>ch'egli viua tale , quale egli è,
I che io,pcr fimi Ie morte f t a da luxfciolta.Marauiglioffi il Giudicedel bucno ammo
di quefla Ciouane:&,per compajjione3ch'egli bebbe di lci3tanto operò3<heprrjua
fe al Signore3che non voleffe eccedere,quantunquc egli ragioncuolmentc ecetu- re
glipotejfefx termini delle Leggi:&,cbegli baflaf]e3 che il Heo ft publicsffe Mai-
uagiOyCon quella maggior infamia3che pin piaceffe a fuaSignoria , & quando ciò
non voltffe far per altroylo faceffe almeno per la molta virtu di quella Giouane,,
cui Jlrano auenimento haueua a cofi fraudo lente ribaldo congiunta : Et qui mrrò
at Signore qucl3che la Giouane detto gli haueua. Ilcbe intefo il Signore 3voile ,
ch'egli fuffe condottoper tutta la città con quel maggior vitupério , che fi face/fe
ad huomo mairpofeia gli fe dare bando perpetuo3con conditione3che3s egli mat in
quel paefe vemffe3foj]e impiccatopcr la gola . Et perche piu non accadeffe cofa
fimile ml fuo flato , conftitul per publica legge3cbe nonfoffe Notaio alcuno a lui
foggettOyCbe ardiffe di fare publica ferittura 3fc non hauea plena cognitione di a-
menduc le parti3& ne contra tti dc danari non gli vedeffe in effetto annouerarcx
ton pena, che, qualunque altrimente faceffe 3foJfe condannato alia infamia, alia
quale era flato condannato Mpatilo.V
V i T s I T v O S’ I N N A M O R A D E L L A M O G 1 I E D E I S V O
Signore: &,per venire a fine del fuo amore , eflendo elladel Marito gelofa le dáad in­
tendere, ch’egli è per giacerfi con vn’altra Giouane con tal froda, di lei fi godej la
Donna auedutafi delloinganno , fi vendica dell’oltraggio, 8c elia lauala ing uru riccuts
ta,col fuo fangue, dandofi morte.
N O V E L L A I I 1 I.
ODE FJ) N 0 le Donne parimente, & gli Huomini, che Mpa»
tilo haueffe hawita mercede degna dell'opera , & fu da ognuno v
tenuta quella gentil Giouane, degna di gran compajjione. Et lo-
daronotutti ad vna voce I'vfficio fatto da lei per la vita di ,Apa-
lilo , anchora, che parcjfe ad ognuno3ch'egli nol merita f e . Ft fu
tenuta molto prudentemente fatta la prouiflone del Signore intorno al compere
le parti da iqptai 3nel celebrare i contratti 3 & all'annouerare de danari, per
ifebifire lefrodi3che vi fi fanno & nell'vno3 & nell'altro modo . Tofcia che fu
poflofineal pariare di ciò , diffeVontio ; T o i , che la propofla materia , della
quale ft ê cominciato a faucllare boggi, ci ba obligati a ragionare di coloro , che3
eollefrodi lorofi banno penfato di trarne vtile3a compimento de loro defideriy&
rièper ciò loro anemto male3vogUo io narrare la muluagita di vn Seruojl quale
innamorato della Donna3al Man:o della quale egh fermua , & volendo egli fa ­
re acquiflo del fuo amore,procacciò afe 3& alia infer a Donna la mortc,1a qual
ofa narrerò io tanto pin volentieri, quanto qucilc m ilre Giouani potranno vede
ye3 eb ef *rõfpo credere le Donne quello »che de Mariti vicn lor dettofjx IJo con*
dace
D e Glí Hecatommithi
ânce loro a vergo?sna,&ffejfo dà fodisfattionc a lafciui, & maluagi b nomini del
(disboneflo loro amore . .
D E V S T E adunquefapere,cbe in Sulmonafu vna moltogentile, & bonejjjw
Giouane , laquale fi cbiamam Iforomena , di natione Greca , nfamftrihit.fãlfvri]
vir tuofo Giouane, che Tubiio era nominato , il quale amaua la Moglie al pari de
gli occbi fuoi: St clla era in maniera iuuaghita di fuo Marito , ebe le pareua, cbe '
gli Mugelli gliele deueffero imbolare. Onde tier a diuenuta marauigliofamente ge-
Iofa, nè potcuaTublio guatar Donna, cbe fubito eila no ne pigliaffefofpetto,& no
ne faccffe con lui grane romore . La qual cofa conofcendo il Marito, che da altro
non procedeua,che dallamore, che gli portaua iforomena, toleraua patient emen­
te la fua intollerabile feccaggine, riprendendola die volte di quefta fua van a ge­
loft a, cercando di perfuaderle,cb'egli fopra tutte le cofe del mondo I'amaua : St di-
ccua che prima potrebbe mancargli la vita,cb'egli le poteffe mancare di qucllafe
de,la quale data le bauea. Con qnefle, & con altre fimili parole, cercam il Gio­
uane di raccbetare la Moglie,& leuarle il vano fofjftetto,chc la induceua a quere­
le, & ct fdegni. Ma nullagiouaua, pcro cbe quanto piu singegnaua il Marito di
moftrarlefi fedele, tanto piu crefceua in lei qudla pefli f era gel ofta . S’innamoro
della Donna ardentijfimament e vn Seruo di cafa, il quale era della medeftma eta,
della quale era Tubiio, & di corpo non molto difjimile a lui. St benebe il Seruo ft
conofceffe di vil conditione, non mancaua nondimeno di fperanga di pot ere vna
volta a lungo andaregodere dell’amor fuo, del quale non ardiua di dar inditioa
modo alamo,fi per la fcde,cb'egli conofceua nella Moglie verfo il M arito, ft anco
perche temea, cbe fe, per fua difauentura, il Marito fe ne foffe aueduto, nonft fa-
rebbe ritrouato in tutta Sulmona il pin mifero di lui,Tero cbe era Tubiio non men
valorofoycbc nobile. Mrdeua egli adunque chiufimente, onde tanto piu viuacce-
ra il fmcOyOuato piu fecreto I'ardeua.Tfpn era però,che qualunque volta e>la for
fegli comandaua qualcbeferuigio;& egli3facendolo,fe fi fentiua compiacerla,no
fe ne teneffe molto contento, Onde conofcendo la Donna,cbe ad ognaltra cofi piu
toflopenfaua,che a talc amore, ebe queflifmferuirlaje mofir aua grande afettio
n e,& vi vfaua molta diligenga, diccua fouente al Marito,quando de feruitori lo­
ro parlauano infiemc,cL ella non credea, cbefoffe nella Cittâ Gentilhuomo alamo
il quale baueffe Seruitorevguale a qucllo, Le quali cofe vdendo il Seruo, godeu.t ,
tacitamente fra fe della buona opinione, cbauea di lui la Donna. Mentre che coflui
cofi fegretamentc ardena, & non ardiua pure di algar gli occbi verfo la Donna,
venne alle orcccbie d'lforomena cbe Tubiio era innamorato di vna Giouane della
Terra,onde clla tutta manmconica fi flaua,& non attendeua ad altro,che a poter•
ui cone il Marito,perpotergli moflrare in fatto,cljella non eragelofi di lui fenget
cagione. St parendole,cbe il Seruitore, al quale moflraua molta affettione il Ma­
rito, poteffe fapere di cio qualcbe cofa : pigliatofi tempo, & luogo atto a qucllo,
ch'ella volea fare, diffe al Seruo; So, cbe tufei confapcuole di cio,cbe fi fa il tuo Si \
gnore, però cb'egli communica teco tutte lecofe fue, onde mi ft fa credere , cbe u i
anco debbifapere gli amori f m , & perche iofon ficura,cbc i fuoi dffuii-eh-quanti/
to all&*G \
D ECÂ Q^V A R T A I8 $
tô alie Dorme3nonfn[fcano in meivorrei cbe tu mi dice(Ji,chi cgii ama3 ct che cofi
ffyra loro,per cagionc di quefto amore. Et io riconofcerò da te3per fngolarplace
Jtmátutto quello,cbe tu rni dirai intorno ciò,nè tu ti rintarrai fenga diceuole guider-
sfÇãont. Il ScruOyVdite quefie paroleSpensò}cbe lagelofia della Donna gli poteffe
\i porgere occafione di condurre afine ilfuo defiderio}& dcliberojji di volerprouar
I* la fua ventura3Traticaua molto famigli armente il 'marito d'lfor omena in cafa di
vna Cittadinafua Comareja quale era di gentil vifo3& di manierc molto corte-
ft,& ft flaua Tublio con lei, & col marito3 in piaceuoli ragionamenti, qualunque
volta egli fi volea torre dallanoia3che gli daua la. Moglicycolla fua gelofia.La on­
de pigliandof il Seruo quindi argomento dingannare la Donnay le diffe; Mncbo-
ra3che io conofca,ch'io non fiaper fare fenon cofu difeara al Meffere, ilquale3co­
me voi detto bauete mi fida tutti ifuoifegrcti: nondimeno, proponendo io il place
re a voi} ad ogni dannoy che me ne pofja aitemrc y quando mi promettiate di tene­
re fecreto quelloy di cbe mi riccrcateyIo vi palcfcro cofayche vi fara,pcr quanto io
: mi flimo3 cariffima. Io la mia fede ti obligo, diffe la Donnay di non pariare fenon
tanto, quanto a te piacerà:&perpegno di ciò dammi3 diffe ella3la manoy Jfpn fu
tardo il Seruitore a quefla dimanda3 conofcendofi venirgli in forte quello, cb'egli
hauea lungamente defiderato3 & cofi porgcndole la mano la prefe la Derma : &
& flringendogliele 3 gli diffe; voglio cbe queflo ti fia il fuggello della mia f ede .
Ei fatta la rnifera vaga di quello3 cbe la deuea fare, per Jempre, dolente 3 flette
ad vdire ciò3cbe il Maluagio le volea dire. Et egli diffe; Madonna 3poi che cofi
promettete di tenermi fegreto, deuetefapere3cbe il marito voflro è marauigliofa-
mente accefo della voftra Comare ( fapeua lo Sciagurato, cb'egli la mengogna di-
ceua3 ma vano Mmoregli baueua cofi acuti ftimoli alfianco3 cb'egli non guataua
nè diritto3nè torto,pur e che penfaffe di complacerfi) & ella è talmente hifiamma
ta di lui3che non ft potrebbe dir piu, & hanno dato tra ambidue loro ordine di de-
uere effere infieme3 tofto cbe 1'agio ne fia lor dato . Subito cbe la Donna queflo in-
tcfe3rni marauigliaua ben'io 3 diffe 3 della flrettcgga, cb'egli tenea con Ici: Ma
alia Croce d'Iddio toflo3 cbe io la vcggaje voglio cacciargli occhi colla dita;Mn-
gi vi prego, diffa il Scruo, che queflo non facciaie , perche non fappiendo cio al-
tri, che il voflro Marito3 & io : fubito che voi cio faccfle3fi penfercbbc egli, che
io palefato ve lo haueffi 3& n e farefle la mia morte: oltrc, che fe il marito della
Comare cio rifapejfe, effo potrebbe venire all'arme coi voflro marito, & potreb­
be dargli morte : & segli vccideffe il Compare, gli firebbe leuato fubito cio che
egit ha nel Mondo, & farebbe cojlretto a fuggirf di qui,onde ve ne rimarrefle in
tniferia fraga marito. Tero, per tutti quefli rijpetti inferne, & per ciafcmo per
fe 3 vi prego , Madonna , a temperar I'ira , & ad attendere slddio altra via v i
porgeffe digafligarc inguifa il marito voflro , cb'egli da farni queflo oltraggio
f ritrabeffe . Et quale può effere quefla via i diffe la Donna; allhora diffe il Ser-
hattendo modo la Comare di complacere di fe voflro marito in cafa fua ,
J Per n o n effere feoperta da Scruitori, cbe molti fono in qttella ca fi, ccrca di ridurfi
I fuori in luogOy cue ella pojfa ciò fteuramente fare : & quando ciò aucnga, io tofo
■J Tar. Trima MM
D e G i.i H e c a t o m Mi t h .
io vi faro femprc, & pofcia vi appiglicrete a q n clp a n e , c'. e per lo miliare vi
fi o(ferira . Vi prometto bene ancl/io, di penfarui fopra,& n o n vi manear e in m
fa , duo poffa, pen he il vofr.ro Marito pofjiatc in queft a pane eofi gaHigare,ctep |
egli fi dijbonga ad effere tutto vop.ro y & ad amami con qtteilo amore r col qúl'i\
voi amate lu i. Tiacquc d configlio dei Fraudulente Sento, alia Donna,cui la ge- ,
lofia h a aena a p p annuti gli occhi dcli'intclictto : & lo pregò a tofi fare, come egli ^
pronufjb le baueua; [Lutea quefii vna fit a Cugina in vna folinga contrada , della
quale cgil molio fi fi da na , & con Iri tratto, fotto colore di buona opera , tutto
qudhy clfegli intendeua di fare . Tojiia , conchiufo con lei l'ordine, fe nandò ad
1for ornem y & le diffe; Madonna,Ita dato ordine il M effere di effere dimane colla,
Comare, & io ne debbo effere il conduttorc : & quando a voi cofi piat cia , farò
io cbe non par vel corrcte , rna in vece dclla Comare vi giacerete con effo lui. Se
piaccfje cio alia Donna non c da dimandarc, & fi offerfe prontiflimo a far qucllOy
che il Serito la configliaua a fare, & diffe ; Tupenfato bai bene, & coito , cbe io
ve Chabbia, gli voglio dire la maggjor villariia, cbe mai diceffe Moglie a reo ma­
rito . .Awzj, non voglio io cbe quefio f acetate, rifltofe eglis che oltre, cbe mi dare
fte dei mio hauemi voluto fcruirc Hrana merccde per logafiigo, cbe fo>cbe me ne
darebbe il mio Signore, vi torrefte anco la via di poterloui cone piü m ai . Mnfi
vi dirò io y cbe fi fono conucnuti effo, & la Comarey di fare queflo giuoco tra loro
con perpetuo filentio, perche la Donna, in cafi della quale anderanno , vdendogli
ragionarc infiemc,non veniffc in cognitione delle perfone, & non nafceffe qual-
cbefcandalo , pcrcbe vi ba da andare la Donna feonofeiuta , & coi vifo coperto.
Terò Madonna , tacendo egli, tacete anebor voi & vi dò io la fede miaycbe qua-
Itmqitc volta effo queflo vorràfarc , o colla Comare o con ultra Donna ,femprt
porr'o voi in vece di quelle . Mcqmetofi iforomena a quanto le diffe il Seruo, &
non le parite,che mai venifje qucll'hora, cb'clla poteffe ciofare , nè p tinto era mi­
nore il defiderio dei Maluagio . Sapeua queHi,che il giorno,gia da lui detto , de-
uca Tublio andare in contado , però che detto gliel'baueua , & però baueua dato
l ordine raccontato; toHo cb’apparue Paltrogiorno, Tublio, prefa licenga dallct
moglie, fe nandò in contado : Ma il Seruo, dando ad intendere alia Donna ,cb’'egli
fingendo d'ire in Villa, fi era undato a nafeondere in cafa di vn fuo amico,per effe­
te colla amata fi , che la moglie nolfipcffe ,fe, cl/ella fi mutò di panni, & fi co- t
perfe il vifo : & f acendo le egli laguida la conduffe a cafa della Cugina , La qua­
le dei tutto otimamente informata, fenga dirle parola, la prefeper la mano , &
la conduffe in vna ftinga ofeura, di maniera, cbe non vi fi vedea punto di lime.
Et ciò fatto, finfe effo di andar per Tublio , & riuoltofi il mantello intorno,al vi­
fo, doppo algu an io di tempo , fen entro anch'egli fionofduto in cafa la Cugina fid
quale credendoln il marito, della Donna,come egli le bauea dato ad intendere , lo
prefe per mano, & one era iforomena lo conduffe, La qualegia fi baueua tratti i
panni, & colla foil carnifciafi era meffa net letto; il Sento entra to nella camera
gr depofii anch’egli i panni, fe nandò al letto , & recat afi la Donna amdamentd
mile braccia,datilc m • j a p o r o f i b a d , ft w i f e a fcuoiexle ilpil'ncionc i n g u i f a ,
D E C A Q^ V A R T A. ' l b’ 6
diet m rhnafe molto contenta, & le panic ,a edendolo ella Tttblio, cbe-molto pià
cdldamente ,fotto fembianga della, amata Donna ,foJfe Siat a abbractuta da in i,
non foleua , quando con ella, come marito, ft jlaiia . Totcua la ccfa effere paf-
*)&?bfelicewente per La Donna , & per lo fc ruit ore altrcsi , fe la Fortuna, non di-
ft emperatia tanta dohegga col fuo amaro. Tero the, ejjendoft clla riuejlita ,<& la
feiato il Main agio nd leito, coperiofi, come prima il vifo,ft era approflata per ri
tornarfi a cafa, & nd porre, cl) ella foce il pièfuori della porta, vide il manto ,
cbe <tcaualio di là pajjluta, & ritornaua di contado a cafa , per a cbe per alamo
bifognefopranomic,gli era flato riecejfario ilgiorno medefimo venire nella Città.
La Donna, bauendo cib v iflo , rimafe la pin infelice, & la pin mifera , cbe mat
nafeeffe : & conohbe, cbe la fuel gelofta, & la maluagità dello Scelerato, Ibatica
miferamente condotta a perdere quella boncfia, della quale ella era flata diligen­
te conferuatriceinfmo a quella bora : & non bauendo ardirc di tornarfi a cafa ,
percbe il Marito in qucllo babito non la fcoprijje , delibero , ad vn tratto , di far
vendetta del tradimento, & fottrar re fe da quel dishonore.Onde, tornatafi adie-
tro,& entrata dinuouo nella flanga, nella quale banco, riceauto cofi fiero, & coft
grauc oltraggio, & fingendoft vaga di effere di mtouo con lu i, Tabbraccib , & ft
diede a fargli carcgge,& crcdendofi il ifibaldo, cbe ciò auenijje , percbe ilghtoco
alia Donna piacciuto foffe, fi tenne molto contento del fuo ritorno . Tendeua alio
Donna,comegiâ foleuano vfare le Madri difamiglia, vn coltello dalla c\ntola,cbc
cingea la vefie, che di fotto baueua, al quale coltello , meffa ella nafeofamente lo
mono, mentre il Maluagio, che in camifcia era le faceua veggi, con quanto mag-
giorforga potè, glielo caccio al petto, & tutto ve lo afeofe , & andb il colpo tan
to vicino al cuore,cbe per lagran copia del fanguo,cbe vi corfc/rimafe lo Scelera­
to fenga potcre haucre fpirito a mandar fuo ri parola . Il cbe veggendo la mife­
ra, diffe; Traditore, tu il mio honore mi hai tolto, & 10 a te tolta bo la vita , Lo
quale pc rb non era tale che poteffe bail arc a fodisfare al grane oltraggio, cbe mi
bat f i t to , colla tuo feelerata infidia, tnercè della mia fimplicità , & del troppo
amore portato al marito mio. Ma ho gratia a Iddio , cbe non tc nc darai vanto:
& detto cibytraffe il coltello del petto al Maluagio, credendo, cb'egli foffe morto,
& diffe, parlando al coltello; Toi cbetu fei flato vcndicatore del torto cbe mi bo
fatio lo Scelerato, che morto fi glace,far ai tu anco colfangue mio vendetta dello
ingitma cbe ha fatta la mia gelofta,et il mio troppo batter creduto al marito mio,
& ciò detto, voltoft con gagliarda mono il coltello vrrfo il petto , lo vi ft caccio,
per darft morte : Ma potto cbe il colpo foffe graue, non fu per'o tale , perche ella
al Into dettro ft b.uiea data la ferita, cbe pcrdcfjc la voce,& cadendo a terra mef
fe vn grangrido : Ondela Donna , in cafa della quale era cib aumuto , corfc al
romore,& al grido, & aperfe vnafineflra,che nella camera era, per vcdere,cbe
cib foffe. Fa rkrouata ogni cofi plena di fangue, & il Cug}no,& la Donna altrcsi
in terra, pero cb'egli boccone dal lotto caduto era, nonfa ppic ado che cab fi volef-
%fe dire, ft diede afpraiments a gridarc; a queda grila corforo unii i vicini: & co-
\ nofeendo cd'Cmi la Donna fcccro flip ere al Marito di lei cib , cbe announto foffe ,
D E G E I HJE Q A-T OM MJ THI
OmPcgli andatofi cold,,con totto paffo, & veduta la mogliepoco mono cbe morta
& il Ser Ho alt rest, toco,ad vn tratto da marauiglia, & da dolore , rlmafe tilth-
Hordito ,& recatafi la cara moglie in hraccio; Mb moglie mia diffe, cbe cofa c 'I
gli quell a, per la quale a ft mal partito giunta ti ritrouo? Ciò vdendo iforomcm,)
& volgendo i languidi occhi verfo il marito dijje confioca voce ; marito mio , it
troppo amore,che ti bo portato, & lagelofia mia, per ciò di te profit, & quetto.
JRjbaldo, che quigiacefil quale ti fi mojlraua tanto fedelc,mibanno a quefto mi-
fero panto condotta : ondlio, veggendomi tolto I'honorc doll afroda del Main-agio: .
quell'honore, dico, cbe mifaceua ejfcr Donna,cbe io bo fempre con tanto fludiofer
hato per non ti venire pin mat nolle mam con tal vergogna , ho cercato di fame
quella vendetta,che tit vedi, per lograue oltraggio da lui fatto ad amhidue m i:
& pofeia, col mio fanguc, bo voluto lauar Ponta, cbe mi conofco hauerti fatta,no
diro per defidcrio lafeiuo, cloe in me fojfe venuto,perche non volft io Panimogia-
mat, ad altro huomo,che a te, & quejlo ajfctto, il quale facea me mal contenta,
qualunque volta io intcndea,che tu daltra Donna ti compiacejji , & ti togliefi a
me, che nelTeJJer teco haueua ogni mio bene,ha aperta la via alio inganno di que-
flo Traditore, il quale accefo di me,come tu vedi, mi ha qui condotta,fingendo de
•volermi fargiacere con effo teco in vecc di vna altra, cbe mi haueua effò dato ad
intendere,cbe tu qui condurre voleui: & con quefto modo, mi ha tolto lo Seek-
rato quello honored qualeperduto,non ho hauutapiu'eara la vita,parcndomi di
non effere piü degna di hauer nomedi Donna, nè di effere con effo teco legata con
legame di Alatrimonio.St con quefto gli contò quanto haueua ordito lo Ingannato•
re,per condurla a tal disbonore. Kimafe Tublio di tal cafo fopramodo dolente . Et
per certificarft del vero, cbiamo afe la Donna della cafa , & voile fapere come
fojfe auenuto cofi miferabil cafo,in cafa di lei. Et ella gli diffe,che queflo indegno
fuo Cugino le bauea detto, che vi era vna Gentildonna, che voleua corre fuo ma-
rito in froda,&ch'ella perche il marito, ( fojfe egli chi ft volejfe efferej con tal
megp sTnducejfe a nonfare per altra Donna, ingiuria alia moglie, gli bauea data
la cafa, Maclfella vedea,che fotto tale inganno quello Iniquo bauea afeofa vna
incredibile Ffbalderia,ddla quale ella fidoleua molto effere flata miniflra, per­
che ciò Pera cagione di perpetuo dolore. Et con queíle parole la Mcfchina mando
fuori vn largo pianto. Il marito,ciò intendendo,prefe la moglie in braccio,& con-
folandola, le diffe, che fifteffe ella di buono animo, perch'egli non Phauea punto
men cara, che prima la haueffe:Et ch'oltre,cbe vedeua il Maluagio quafi morto,
voleua anch'egli colla fua mano farne vendetta:& tratta la fpadafuori delfodro
lo volea ferire.Ma la Donna; Deh diffe nonfate>Marito mio, amfi, fa,che prima
ch'egli del tutto ft muoia, ti narri lo inganno,cb'cgli ha vfato a qui condurmi. ,A
quefle parole-fi volto Tublio, con mal vifo verfo lo Scelerato,il quale tanto di va
lore bauea già ricouerato, cbe a federe ft era meffo,come,ch'egli non mcritaffe di
morire di vna fola mo rte.Dimmi,diffe, Maluagio bnorno,ccmc ciò fia flato: & je
tato è vero,quato la mifera mia moglie mi ha dctto.Mentrc,cbe cofi faceua inflan
Tublio, foprauene la famigjia del Todettàoffendogiàpcrucnuta la cofa alPvf
D i c a Qj v a r t a . i 8?
■à ficiOyCt veggendolo colla fpada in mano addoffo a quel Maiitagio: rattenete,diffe, '
V. Gfihtilbuomo la ffada, pcrche il Todcjla tale glifarà far la morte , quale ejj'o U
m w ta ; la morte non gli voglio dareio,diffe Tublio , pcrche cofi mal’buomo non
'merita di morire per man di Gentilhuomo, nia voglio benc,ch'egli dtca,come que-
il
-0. Í
fto inganno fi fià.Tgarrò quel reo quello iflcjjo, eke la Moglie a Tublio hauea det~
lio , il cbe hauendo intejò iforomcna, abbracciò flrettamenteil fuo M arito, dr la­
grimando gli dijje; Marito mio,poi cbe tu fai, cbe folo il mio troppo amore verjo
te, d r non libidinofo penfiero, nè voglia di farti oltraggio, mi ha condotta,oue tu,
vedi, cfje condotta fono, ti prego aperdonarmi I'errore commeffo , d r a credere,
ze cbe non amò mat tanto alcuna Moglie il fuo Mar it o , quanto io bo amato te : dr
cbe ti piaccia fare pregare Iddio, cbe cob le miecolpe mi perdoni,come io,p entitx
!0
d'ogni mio commeffo peccato, perdono gli ebieggio, alia cui Macflà rendo infinite

gratie, che in quefta miagraue feiagura, mi hJjbia,pcrfa a bonta,fatto dono,cbe-
io cbiudat nelle tue bracciafi' vltimogiorno dedx mia vita Et queflo dcttOyãpprcJ-
4 fata la bocca a quella del Marito, per baciarlo , fpirò nelle fie labra 1'vltimo f a to
con tanto dolore di Tublio, con quanto nonpotrebbe ffiegare nè pena, nè lingua.
te Terdycb'egliy piangendo,fuper morirft con lei, d r flringendolafi al petto,chiamò
d mille volte l*amato nome della fita cará Donna,dandole cofi morta ycome era,mil­
le b a d . Fu condottoil feruo alTodeftàyil quale, poi cbe bebbe confeffatoilfuo
ii delittOyfu condannato a morte degna di lu i . Tubliopiu di qualunque mortal do­
n lente, fe dare alia Gentil fiia Moglie honorata ftp oltura,maledicendo quelTEmpio
)• che per la fimplicità cCiforomcna, gli haueffe data cagione, di moftrarle , con cofi
:t vnifero vfficio, quanto foffe I'amorc3cb’egli le portaua.
e >1 ■
0
n e p a i n g r a v i d a di v n svo a m a n t e , per opera
!- divn Medicofegretarr.ente partorifee; II Medico s’inuaghiicedi lei, ellanon eonfente
1 al fuo lafeiuo dehderio; li Medico palefa l’occulco parco, ella l! falua, & è creduta pulzel-
4 la , &il Medico putiicc la pena della fua follia.
4 N O V E L L A V.
Â. VM N T iA foffela comp a(fione,cbebbono le Donne a quella infeli
cc Moglie noa fipotrebbe raccontarc a pieno,ft videro elle bauere ii
gli occln tutti rugiadof, per le lagrime,che loro bauea trattc dal
cuorCylagranpietàydi quel mifero cafo,dr furono molto contente
che il Maluagio foffe crudelmente flratiato. Ma fopra tutte le al-
trc,Fuluiafieramente fi dolfe;Et diffe la fimplicità noflra ba moltefiate ficra mer •<*- j
cede,per la mala natura de gli Ingannatcri,cbc ci tendono inf die, come ci ha mo-1 I 1
Jlrata la nouella diTotio,et vi mojheru fimilmente la mia,g la quale uedrete,che
no pure iferui j a natura de a tali,èprontiffima al male,etal danno de lor Signori
ma gli fdentiati anco,quaio di loro ci fidiamo, fono protiff mi alle fciagitre nefire.
Jfi} TfE L L M coto: del I\c di Denamarca,fi ritrouò vna Donxclla di alto legnag
Jj gio , il cui nomc era Tfcpa, dr come era molto nobile , & nata di Tadre, cbe de
' beni della Fortuna era abondcuolc, come qucgli, ebe di Città, dr Caftclla era Si-
fifi “ Tar, T- bna ,A ,A 3
D E G LJ H e CATOMMITHI
gnorcy cofi 1'bauea.lanatura di marauigliofa bellcg^a dotata. S'innamoro di au?.*
fia Giouane vn Caualiero dclia corte cbe Lifcone baneua nome,non men vago, ^
bello dei corpo, che vag i, & bella fi foffc 'Nepa. Et corne erano di vgn.il bellt v( j
7a, cofi erano pari in ambidue Icfiammc,& baiierieno potuto coniungcrfi per m )!
trmomo, & goderfi perpetuamente, fi U difaggiiaglianga del fatigue, non vi fi J
foffe interpofta . 'Perche, defiderando il Tadre, & i Fracelh di N fipa, di mari- *
tarla ait.amer,te , nonfolo non volcano piegarfi a darla a Lifcone , cbe tale era il
nome ddt.Amante, ma haueano molto a [degito, Jjelia Vamaffc : Tercbe fc bene
era egii genuit, coraggiofo, & degno di moita Ioda negli atti di Cau dena, era,
nondimeno nato priuato buomo : Ma qucflo non toglieua,cbe Nepa fmifurat amem
te non I’amaffe, come colei, cbe miraua viepiit Ic doli dell'animo , dellc quali era
il Giouane marauigliofamente ornato, che quelle della Fortuna, & teneua,cbe la
vera nobiltà foffenella virtu, & non nolle riccbegge : o ncli’cfj'ere nato di fami-
glia, ebeper lungo tempo foffe flata nobile,& chiara: anebera cbe quefie tali co­
f i aggmngano fplendore alia nobiltà. Sjjendo adunque i duc ,Amanti d'animo con­
forme crebbe tanto ilfuoco nel cuore damendui ,cbe fi fece intolerabile: Et fenten
dofi confumare ,fen%a alcun p ro , autnne chefebergando vngiorno gli ».Amanti
infieme, come veggiamo auenire nelle corti di gran maeflri, diffe il Giouane ver•
fo lafua Donna. Qgtanto amo io, Nepa,infelicemcnte s*pofeia cbe o la vofira cm
deltâ, o la mia rea ventura, mi victano il goder quello, di cbe tim ore mi ba cofi
fieramente accefo, cbe pocopiu che fi flenda ilfuoco ,fono per conucrtirmi in ce-
nere . Nepa, voltatafi verfo lui,con gentil fembiante; della tua mala forte, dif-
fe , doler ben ti puoi,cbe non tife nafcerepari a m e, come credono i miei: ma di
me nongiàjpercbefe tujei accefo dime : credo , che tu cbiaramente vegga, che
10 per te auampo, & tanto ho bene,<& non piu, quanto io ti vcggo. St fe non fof-
fe il volere dei Tadre, de Fratelli miei, che fi oppone al mio , già baurcbbono
bauuto bonejlo fine a gli amorofi affanninoflri. Tiacquero a Lifcone le parole di
Nepa : Et fentendo , ctiella era di lui non men accefa, cbe gli pareffc di hauere
per 1’adietrocomprefo, prefe ardire di fienderfivnpoco piu oltre. St prefala per
la mano; Dttnque diffe, nonfipuo ritrouar v ia , per la quale noi vinciamo que­
fio oltraggio, cbe ci fa la Fortuna i Non è Mnima mia , cofa alcuna impofjibile
a cbi ben ama: io per me, quello, che tu mi chiedi,non conofco già poffibile, rifpo-
fe ella. Ma pofeia che il deflino, & il volere de miei non confente, cbe, tu mio
Marito fia , come io, fopra tutte le cofe dei mondo , defidero, non maneberò mat,
Lifcone, di fare, cbe il penfier mio , cbefemprt intorno ti fi gira , pafca l'animo
mio di cibo tale quale bafii a dare tanto di alimento a gli accefi fpiriti miei, cbe io
non mi muoia amando. Et che vi vieta, foggiunfe Lifcone,cbe per Marito non mi
pigliate, malgrado chefe nbabbino i voflri ? Che ? rifpofe ella, il timore della
mia morte, & della tua , la quale fo io ceno, che feguirchbc, qualunque volt fi
àò aueniffe, che troppo ardente è Eira del Tadre, & dc Fratelli m iei: & la fan-
no pronare troppo acerba a coloro, contra quali fi adirano. Etpiu mi dorrebbe
11 male, cbe iofo3 cbe a te auerrebbe, per fimil cagione 3 cbe il mio proprio: Te*
lè In
/

D EC A Q^V*À R T A :
A bifigm mttttre queflo penficro da vn dc lati. .Allbora ,foggiunfe il Giomne%
phi che pare,cbe in cio ft flano il deftino, <& la Fortuna congiurati contra di noi l
imrcbe non facciamo, vita mia dolce, quello che f anno gli A m anti, cbefenga di-
»., uenire Marito, & Moglic ,godono del loro amore * Tregoui, che la bonta vo-
*fir a non confcnta, che la rea Fortuna de dxnni noflri pienamente ft goda , poten-
\ dola noi vincere. Diffe allhor Nepa, che è egli quello, di che tu mi ricbiedi d Li-
fcone ,farebbe quefto procacciarfi non pure grauifjimo male, ma certa , & cru-
del morte. Non tanto per lopericolo, cbe ci fopraslarebbc, per la parte de miei,
quanto per le leggi,che fono nella torte, cbe danno per pena,la morte,& vitupe-
rofa oltre modo a Donna, cbe ft congiunga ad buomo, cbe fuo Marito non fix : Ft
all'buomo , che con lei flcongmnge, doppo lungo, & crudcl tormento , morte ta­
le, chefolo apenfarui io tremo. Ver cbe il l{e , come tu hat piu volte veduto, lo
fapor nudo tra lefiere, che co moroft, co I'vngbie, lo flratiano , & lo diuorano.
Queili caft, diffe Lifcone, auengono a glifciocchi, ma chi confenno ft regge, non
incorre in tali pericoli. Et quando voi, per voftra mercê, confentifle,cbe io con
tommunpiacere di entrambi, mlgodefji ilfrutto del mio ardente, & fcdcle amo­
re, la cofa andrebbe tra noi cofi fegreta , cbe folo io , & v o i, <& non altri lo fa-
prcbbcgiamai: Et quefla ileffa legge, che vi fa tanto temere, ci da modo , pur
che voi pigliare lo vogliate, di effere con grandijjima fleuregga infieme, Ter cbe
ftimando il I{c, & la I{eina,cbe il loro dimeto, debbx baüare, ad impedire gli
amorofideft deri, & gli effetti loro , cilafciano in tanta liberta, cbe a chi pruden-
temente ft fa reggere, èageuole, vie piu, ch'altri non crede, godere delíamor fuo;
& lo cipn'o moftrare queflo lungo tempo, che bora ci ha data quefla commodi-
tcLdi ragionare infieme. veggo, cbe cofi c , come tu d i, rifpofe Nepa; Ma in
quefla via cbe tu proponi ,c iè il pencolo dcllo ingrauidare, & quando ciò auie-
ne, come auienefouente, nonft può poi celare quello , cbe amore fouerebio ha fa t -
to far di nafeoflo; & quanta ft è vfata prude nra, tutta diuicn vana, & s incorre
nolle mortigid dette. Ne queflo èfenga rimcaio, foggmnfe Lifcone, perche non
raancano cofe, che prouedono, cbe le Donne non ingrauidano, fe bene ft coniungo-
no co loro Amanti. Et io bo in ciòfegretimarauigliofi,de quali nè ho fatta fare
ad altri mille volte la proux,& io gli bo ritrouati di tale efficacia,che niuna vol­
ta mi è mai fallito Jfbauergli vfati. Tutto queflo fu detto tra ivno,et laltro,men
tre fi baucano gli Amanti per mano,& bvno da gli occbi dell'altro bettea,con a-
uidiljimo difio le accefe fiamme : Onde la Gioj^tne, cbeaccefa di concupifcibile vo
glia non mcno, cbe Lifcone, bramaua condurt^ifine I'ardente voglia; Tanto, è
diffe, Umore, cbe ti porto,Lifcone,cbe quando io.mi credefji poterti cofi celata-
mente compiacere, cbe nonentrafji inpericolo nmiella vita, nè dell’bonore , io ti
fareivedere, per chiara proua, che nonpiii euro f oft alcuna , cite farti contento:
-fna il timore pon freno a queflo mio pronto vobsjrp. Lifcone allbora , prefi fleur-
/ to:dalle parole della fua Donna, legittò le braccia al collo , & fe ne prefe vn ha-
* cio,nè pur Nepa non fe nc moflrb fchifa, ma glide rendette, molto affettuofamen
t e , Et effo le diffe; Voi vi deuctc jap ere, Cuor mio , cbe la cura dell'hoime, &
1»» \ / l k- L q.

A
D b G li H e c a To m Mt t h i
della vita v oft rd,mi è vie piii a cnore,che la ml a propria : pr the per ciò , non ik .
metierú a far cofa , che poteffe portare pregiudicio od alia vita , oci all'hoiiorvL
iir o :& quando io conofcejji cofa alcuna pericolofi interno a ciò;vi vorrei coip$-
prio fungue, rip arare . Terò /lutati fleura , che dal noilro cjfcre infleme ultro J
che bene, & commune contcntegga non ci pud auenire. Da quefle parole afiat -il
rata l\icccfa,& femplke Giouane,glipromife chetoflo cbd'occaflone fiofferijje, t
non mancberebbe difire,che ambidite ft rimarricno contenti. St ft diedero aleit-
ni affettuofi bad,per pegno della fede datafl infleme. St forfe ft farieno alibora
ridotli infecreto, per dare compimento allc promejfe, fe il Re, mentre chc ej]i coft
dimcflicarncnte parlauano infeme,non fojfe loro vem to fopra . il quale dimandò>
che raglonamenti foffero i loro : Cui JflepaKpiüpronta di Lifcone; Tfloi parlaua-
mo , dijfe, della liber alità di voVtra Altegga , & di quella di Madama la Reina;
Nc voifoggiunfe il Re,vi rimarrete fenga prouarla : <& con quefle parole fe nan
do,<pr ii Giouane lo fegui. Valtrogiorno furono infleme i due A m anti,& doppo
molte caregge,proitarono le vlthne dolcegge dA m or e ,vfando il Giouane que ri­
medi, ch'egli altra volta haueua vfati inftmili cafl , per impedire la grauidanga,
Et come quejlafu la prima volta che infleme furono,non fu ella Cvltima, & tan­
to continuo tra loro I'amorofogiuoco, che piu potê la forga della natura, chc li v-
fati rimedi. Terò che Nepa,fuori dogni fuo penflero ingrauidò,nèprima credere
10 voile,benebe fl fcntijfe fuogliata , fldandoft dcllc fatte prouifloni,cbe fl ritrouò
11latte nclle mammelle,della qualcofa fu fuori di modo dolente . Et eJJ'endo an-
data a lei Lifcone; A hi difle Lifcone come fono flati pojfcnti i tuoi rimedi,è giunta
I'hora della mortemia,& della tua flmdmente :perche, mifera me,io fono grani­
da,& la mia grauidegga palcfera il nofiro fdlo . A queila voce rirnafe Lifcone
fuori di fe,& dijfe; come chefete granida ? jzfono , riflofe ella : & , trattafl vnet
dcllc mammelle di feno, & premendola, cccoti, dijfe, il latte,cbiaro,& certo in-
ditio della grauidegga mia, <pr pericolo certiffimo della morte di ambidue noi,
quando quejlo ft faprà . Mapcrcbe, Lifcone,potrebbe auenire , che il grado mio
mi farebbe ifehiuare la morte, & la tua bajfa Fortuna la ti farebbe hauere cru­
deliffima , Tofcia che i contrari Vati ci hanno a que Hi termini giunti, io ti prego,
che tudi qui ti to!ga,& tc ns vadi lontano,& lafci,che io mi Hi t in arbitrio del­
la Scrtcja quadforfe non mi far a cofi fera,come c fera la crude! legge. St quan­
do anco la forte dcueffc vfare in me tutta la fuá afpregga ,di gran confolatione ,ca-
ro il m o Lifcone,mi farà fcmprc,jlfipcre,chc tu,doppo me,vino ti refii, nelTani-
-.mo del qualefiafempreper rimanerfi vhia la tua infelice Tgepa . St con quelle
parole,lafdatafl tutta dolente cadere fulpetto a Lifcone , verso da gli occbi ama-
rijjimc lagrime. Lifcone, a quelle affettuofe parole, fl fend commouere inftno al­
ls radici del cuore : p r, vinto cfy interna compafflone, mcflolando le fue lagrime
con quelle di Nepa; A hi Anima mia,dijfe, prfolo foflegtio della mia vita,come
vi pot etc voi p enfare , che io mi poteffi partire da v o i, <& lafeiarui in coft gran \
pericolo ? queflo nonfarà mai fperanga mia, ami voglio io torrere vna ifleffafor1
tuna con v o i: pgr quando coft flero fla il mio dejiino, chc morire debba , voglio
D E- c A'; < X y A R T A : ^ I
afai mmrmi qui douc voi fe te , ckc fcngci voi viucrmi altroue. Terche movendo
Aprejfo voi,quando purmorir bifogm , dolcemifirà lã morte,one allungandrmi
À v oi ognifelice vita, mi farebbe vie piü grane,d'ogni amara morte. Chm&, d if
je^gepa,poi cbe pure vuoi reftare,& il pcricolo dtlla morte non tifp attenta,per
'non vederefar fi ratio di tc, voglio fottrarmi acoft fero dolore, colla mia morte;
fi prego ben, Lifcone,cbe,fe forfe,comc io defidero, ti [o ffero tanto fanoreuoligli
Idui] immortali, cbe tu ti rimanefft vino,cbe tu vina di me raccordcuolc; ft curo,
cbe quanto pub amare fedel Donna leale .Amante , tanto io mifer a ho amato te.
Et fe la morte ei lafeia [entire delle cofe di qua , pofeia cbe albultra vita pajjati
(tamo , ti arnero con quella ifiejfa fede colla quale in quejla ti bo amato..Allbora
Lifcone, afeiugando colle dita le lagrime dagli occhi di Nepa ;.Ahi diffe, .Anima
mia, come potete voi mai credere,chc viuere iomipotefji, rnorta voi? non fete
voi la vita mia t Ktpn farebbe mat veto, cbe Lifcone viuer potcjfe morta ‘Igcpa;
arrgi ouunque fi andajje I'anima vofira, la feguirebbe la mia, to prontijjimo vclo.
Ida percbe,penftamo not bora,dolce,& caro fojlegno mio,al morire? cbe non cer-
chiamo pili toflo di prouedere a queflo cafo f1& mantenerci in vita s’ Et, che com-
penfo pojjiamo not ritrouare a ft mortal piaga,che la rifani ? diffe Nepa ; cento ve
me ha, diffe Lifcone, chefar anno atti alia falute noHra : & la Deita di tim ore,
the ci ba aperta la via a noHri diletti, quando ogni altro argomento ci mancaffe,
ce la aprirà anco,ad vfeire di qncfla angofeia . Tgon voglio però, cbe not penfia-
mo alio fgrauidaregPercbe fouente quefia via fuole effere coft fallace,come falla­
ce habbiamo ritroucta quefia del non ingrauidare : Etfepure auiene, che la fcon- *
ciaturafucdeda, v interuien fpefftfjime volte non men la morte della Madre, che
quella del Figlimlo.Ne piü ft cela ierror e,ohe fe ft fojfe afpettato il natural tem­
po delparto.Etper cib,egli èpiü toslo da penfare,cbe ilfigliuolo advn tratto ft %
ferbi, er voi. ^Agcuole vi fia il celare lagrauidegga,perebe la manicra del vc-
flire , che vfate voi donne in quefia corte, ètale, cbe, per molto, che ingrefi il
corpo,non ne pub dar fegno : & perbfmfmo all’vltimo mefe,potete condurre il fi-
gliuolo, & quando quel tempo faràgmnto, flate di buono animo, che il voflro Li­
fcone vipiglierà tal partito,cl/altri,che egli,& voi non lo fip r â . £ t , come po­
tra effere cio f diffe la Ciouane; Lafciatene,diffe egli, la cura a m e, il quale non
[on per maneare , in parte alcuna, alia falute commune; Verb dateui pace,& ri-
pofateui fopra di me.Si confolb alquanto a qucfleparole Nepa, £t diffe; Trego Id
dio,cbe del [no fauore no ci venga meno:et,datifi mille bad,ft partir ono gli aman
ti. In queflo mego tempo andbil }\e fuori della città a d\porto,& mend con effo
lui Lifcone:&offendo fuori,gli occorfe per foprauenuto accidete, mandare al Pe
di Volonia vn imbafciatorc,& non bauendo allbora appreffo dife alcuno altro,
xbe piu atto a db gli pareffe di Lifcone Jo fcce afe cbiamare , & datcgli lettere,
commiffionc di quanto egli baueua a fare , lu rnandb fubitamente con velocif-
■fimo camino in Volonia, & commeffegli efpreffament e, cbe infino a tamo vi f i f -
tfe,cJjcgli lo riebiamaffe. Qnde a Lifcone fit di mcflicro partirf t , fenga pour pur
dire a Nepa, ui Dio. La quaI cofi gli fit di tanto cordoglio,c\) egli fn per momje-
ne per

x
D e G l i H e c a t o m m i t h i
vc per I'affltnno. Mafic fu graue il dolorc di Lifcone, fu quello di Nepagrauljjim
ella n ilfern, veduto colui effer fatto da lei lontano, ncl quale baueua ogni fperak*
’go,, & della vitãy & áclf honore, rimafe la piufconfolata,& la pin dolente dfyi-
n.iyche mai con buomo per „Amor fi congiungeJ[e:& plangendo la fua difanenturí
fcco difj'e; tsihi mifera Nepa , ben ti v leuata ogni fiberanga di falute : poi, che il t
tno Lifcone fiè da te partito , nè altro rimedio pin ti rimane, che la morte, &. U
morte ilfine farâ dclle tue angofeie : Ma p o i, che cofi acerbo fine ti ha apportato
I amor tno , fiojje piacciuto al Cielo, che quelgiorno, che a Lifcone ti congiunfe, ti
hauefie anco apportato il fine della tua vita , acciò , che nelle fine braccia ti fofji
morta, chc cofi, ti farefli morta contenta : one hora , lontana da lu i, lapiu mife*
ra ti morrai di tuttc le altre . Et deliberando la infelice di qual maniera di morte
ella morirc volejje, auenne, chc il Medico della I{eina , che per cagione di vita
gran doglia di tesla , (feffe fate , di commiffione fua, a lei andana , la ritrouò in
quefio grandijfimo trauaglio : & di àò marauigliofo, le diffe ; & chc vi dà,Ma­
donna, il dolor voílro tanta affiittione t Mllhora 'Nepa , chane a veduto , cheil
Medico, grandijjima affettione le bauea fiempre moftrato, in quello iHxnte,fe,co-
?ne fogliono far coloro , che in cflremo partito ft ritrouano ridotti, i quali a tutto
quello sappigliano, ondcfficrano o men male hauere, od intiero aiuto . Terche,
penfandofi ella , chc il Medico lefoffeper porgere foccorfo ta le , che potejje par-
torire, fenga , che do venifie a notitia ad alcuno , f t delibero di palefarglifi, &
tutta rimetterfi in lui . Ondegli diffe, Maeílro , troppopiu graue è la cagione
del mio pianto, che il dolore, di che voi dite. Et che èciò ? diffe egli; ditelmi,&
fiateui ficura, che ciò, che da me f t potrafare, ad honore, & a. ben voflro , farx
con quello amor fatto,che fe for ella mi fofle. N epa, da quefie parole pin afjicu-
rata, gli ft gittb apiedi,& plangendo gli diffe; Maeílro , la fede, che to ho nclli
bontà,& nellafeienga voflra, mi dà confidanga di fcoprirui quello, chc prima,
chedirlo ad altri,mi darei morte . Teròparendomi, che voi quel Jolo vi fate,
dal quale, in vnamiagraue difauentura ,iopoffa ficuramente hauere (perangi
della falute mia:vi prego a non mi negare,con quella fe d e j’aita vo sir a,colla qua
le vi mi fete offerto,a ben mio,che cofifaccndo, ad vn tratto potrete darmt la vi­
ta, & liberarmi da vergogna : <& io mai non mi vedrò fatia di riconofcere, con
grata dimoilratlonefiopera vofira. Il Medico, che non hauea foflenuto,che,cofi
ginocchioni,Nepa pariato gli haueffe, come quegli, che, per la qualità dello flato
fuo, riuerenga le portaua, & per ciò Ihauea meffa a federe . Le promife anco di
nuouo, & per la v ita , &■ per I'honore, fcdclifjimamente ogni foccorfo : & ella,
ciò, che era gli diffe fenga palefir gli di chi ella ft foffe granida : pregando lo ,fe
ciò da lui ft poteuafare, afalu.irle lx vita, & I'honore : & ,f e ciò non f t poteux,
a darle almeno qualcbe licorc, ondc ella nepoteffe hauerepiaceuol mortc, cofi
fottrarfi alia pena, & alia vergogna,la quale ella ft vedeua apparecchiata gra-
uifjima,fe ciò veniua a notitia del Re . dfon voglio , ripigliò il Medico, che pen-
f a t e , Madonna, per modo alamo , a deuer morire, angi a riferbarui a vita lie*
ta 3 & tranquilla : & fiateui di buona voglia3cbe cofifiiluo farà il voilro hono*
re,per
D EC A Q^y A R T A. 19 9
rill, per opera mia , pofcia, cbcdi me fidata vifete,comefemalgrauidx non fofle
fiflta , Moltegratie gli refe la Donna, per queflx fua gratiofi ojferta.gr gran do
nublipromife, in ricompcnfi dell'amorcuole vfficioalei prowejfo . Dicdcro a-
dunquc infienic difcreto ordine, a quanto bifogna.ua farc,& il Medico da lei ft di-
\l (parti, lafciatala tutta confolata . Venuto il m m mefefe 'Nepa fapcre al Mcdi-
%^co,che il tempo del parto ft auicinxux : Et effo la fe porre ncl letto , con fictione»
che dx vn grauc dolore di fianco foffe affalita ; baueuanella corte il Medico vna
fua Sorclla,che Simmacha ft chiamatta,la qual faggia donna era, & molto accor-
ta ,& nonfolo di compaffioneuole animo,ma di molto picghcuole , in dare aiuto,a
chi della fua opera bauejfe bifognofla quale il Medico pofc al gouerno di N tpa,gr
la Giouxne le raccomando la v ita ,& I'bonor fuo. Et ella le promife di prima la-
fciarfi leuare la tefla,che max moueffe con perfona di ciò parola alcuna : & , che
della fua vita non meno farebbe ella follecita,che della propria . Venuta adunque
vna notte I'hora del parto, Simmacha fedelmente I'aiuto, & pofcia prefo il bam­
bino» & nafcofolo la mattina in vn caneilro di rofe : pero,cbe ne era laflagione,
al Medico lo porto, il quale lo prefe, & lo diede a notrire» come figliuolo nato di
lui, & di vna fua amante T edefca,ad vna doma,che in contado,poco lontana dal
la terra,flaua : & con tanta diligenda attefe alia falute di Tsfepa , cbeinpocbi
giorni yfen^a che alcun di ciò ft foffe aueduto,fu rifanata, & coft per pulgella te-
nuta,come era prima . Tgepa molto fi tenne obligata al Medico, & a Simmacha
fua forella : & , dati don’t preciofiffimi a lei, ne voile anco dare al Medico. Ma
effo non voile accettar nulla,dicendo,ch'ampia mercede egli riceuerebbe da lei,fe
grata ella git foffe del beneficio riceuuto. Nè quefio diffe il Medico, perche egli
non iflimaffe tanto i don’t,quanto valeano , ma perche, nell'bauer cura della Don­
na,la quale era tra le belle belliffima , ft era di lei coft ardentemente accefo , che
nontflimaua dipoter viuere ,fe di lei nongodeua. ISlepa, cbe ciò mat non ft ha-
urebbe imaginato, diffe, che allbora le potrebbe vfcir della mente coft gran bene -
ficio,cb'ella di fe medeftma ft dimenticaffe : che non ricufaffe di pigliare idon’t
per queflo,pcrche ella non glide daua per mercede,ma per fegno della gratitudine
dell animofuo, riferbandofi a fargl’t dimoftratione maggiore, d’tgiorno, ingtorno,
fe ben le bifognaffeJfendere a fuo feruigio, honeflamente nondimeno , la vita per
I’konore, cb’egl’tferbato le baueua. Traffiffe il cuore al Medico quella parola,
[ ’ honeflamente, perche gli parue il penftero di Nepa, dal fuo molto lontano. Ma
'* ffiinto da libidinofo flimolo,diffe; come ho ioferuata la voilra bonefla, Madon­
na, quando ad altri vi fete data , coft la feruarei anco, quando a me v i defle, nè
I viporrei nel pericolo cTingrauidare, & di far figliuoli, comefece colui, che vin-
grauidò . Marauigliojji *Nepa, quando ella vdi il Medico, che per molto faggio,
& per molto coftumato ella teneua, parlarle in talguifa, & perche egli pin non
ardiffe di coft pariare, gli diffe; Maeflro , mi pare, piii che non vi faprei dire,
■flrano, cbe lafciua voglia v induca a voler macchiarmt quello honore, che pietà,
daccomp agnata dalla voflra virtu , mi vi hafatto faluare, ma feforfe altra volta
di ciò mi parleretesvi faro conofcere,quanto mi fiagraue}cb'vfiate meco coft fatti
ragio-
de G li H ê c a t o m m i t h i
ration ementi. St audio deno, gli fi tolfc dinangj tutta turbata , onde ne rimate
il mal configluto Medico tutto fconfolato. St fi pensò coi mego di Simmacba //|j
Sorclla, che dei tutto era confapcuole , di poter piegare lagiouane>a non gli fati
nkgo di fc. St ritrouatala , le narrò quefto fuo disboncHo deftderio, pregandok
a volerfi adoperare ingulfa , cb'egli potcjfe godere di quefto fuo amore . La So-
rella, chc faggia Donna era, molto lo riprefe, & lo pregò a non voler macchiare
la lodeucle opera, farta ad honore di quclla gentil Giouane,con coft Joggo deftde­
rio. Ma perfenerando pure il Medico a pregaria, cl.ieUa in ciò lo volejfe aiut.rca
gli rijfofc la boneft a Donna, che per modo alcuno , ella non volcua effere non pu­
re nimiftra, ma nè anche confapeuole di cofi viliano, & fconueneuole atto ;
gli foggiunfe,che fe Nepa ái àò le fauellajfe, ella la confortcrcbbe a confermr th<\
nor fuo, & le direbbe, cbefepoco conofchnento fbauea fitta incorrere in quello
errore : hora , e banco, conofciuto , come vadano le cofe dei mondo, non volejje di
tiuoito, deliberatament cyfot toporft a vergogna, ebe come il primo fallo petè hau­
re qtialcbcfcufa,pcr nonbauere ella fipntopiuoltre, quefto fecondots'illa lo corn-
metteffe, nonfi potrebbe imputare fenon a lafciuia , & a dishoncflà , tiè pin effx
max le farebbe adiutrice: St qui,fattaft tutto di fuoco nel vifo,fi tolfe dal Fratcl-
lo . Il Medico , che deucua vergognarfi difc medefimo , non pure non gaftigb il.
fuo folle deftderio, ma tutto fi diede in preda al furore, & fi delibero di ritrouar
mmamente Nepa, & di vederefe, colle minaccie ,poteffe ottenerc da Ici qmlio,
che con amore, non haueua potuto . Et ritrouatala,& entrato in qucgli iftcfji ra-
gionamenti, ne hebbe la medefima rifftofta . Onde cgli inacerbito , mi vcggo/aif-
fc, hauerc allogato in ingratifiima perfona il bencficio,chefatto vi bo, ma viucte-
uificura, che mi farà prontiffimo quefta voftra ingratitudine, a palcfare il vo-
ftro dditto, & poi che volete , che di arnorofo difio mi muoiagmi goderò ancluoy<
prima che ciò auenga,di vederui rimanere non pure dkhonefla Donna,comcfete,
ma andare vituperofamente a quella morte, chc vuole la leggedi cjuefta corte,
ebe fia data a Donna fitnile a v o i. Si / enti traffigere Nlepa da quefie parole, &
tutta impalidt. Ma pofcia,acceJa d ira , fi volfe verfo lui con vifo turbato, & dif-
fe,farete cofa da difcortcfe,& da viliano, fc ciò farete:& fftero nel Signore Iddio
ebe conofciuto il mio buon proponmento, mi difenderá dalla voftra malignitày&
vi farà bauere clegna mercede di quefta voftra mal opera. Terò farete granfen-
Tio a mutar pcnficro,& a non volere,cbe bi Jliale appetito vi lieui I'intelietto 'Non
mutarono punto le parole di Nepa l'animo del Medico,angi 1'accefero a piu furo-
re. Era in que tepi in corte vna for ella del I{e vcdotia, che Catigora hauea nome,
la quale bauea molte Ghuani dongelle afio feruigio, & era tra la I\eina, & let
difeordia, La onde bauendo Catigora vna bcllijfwia don?clla,nella fua corte,dclla
quale era innamorato ilfigliuolo dei l{c, & tenendofi da molti per certo, cb'egli
negodejfe, era ciò dinfinico difbiaccre alia Efina, fi perchc era ella nella corte di
Catigora,colla quale ella bauea gara, fi perche tcmea,che effendo la Giouanc bel
liffima, il Figliuclo tanto non fe ne inuaghiffe, ebe per moglic la prendeffe. Ma di
ciò er» molto contenta la Cognata„ & per lo dijfiacere3 cb'ella vedea, chc ne ha*
uca la
.• D E,C *\ Q jy A R T A . . 19 1
UL h Reina,& perche lc farcbbe fi aio moito caro,cbe il Giouancper moglielba
uqpe prtfa. Sjfendo adunquc Catigora vn giorno in camera delia Reina , lc dijfe,
clk le fue dongelle,erano troppo domefiiebe congii buomini, & ebe non farcbbe
fenon cofa degna di Ici,per freno a tanta liccnga, accioJoe non ne aueniffe qualche
}fcandalo . La Rei na , quafi da pungente flimolo tocca , con vifo turbato voltatafi
i\verfolei; Reggeftc,diffe,cofi ben voi legiouani v ofhe,corn e io ben reggo le mie ;
\o n bo io, tra le mie, meretrici, come ne hauete voi tra lc vofire. Catigpra,rifcal-
datafi le dij]e,cbe ciò non era vero,& cb'ella farcbbe cofa pin degna di le i, a dif-
fendere le donne,quando f offero colpeuoli, cbe ad incolpar lc innocenti: le parole
fur on molte tra loro,et vi fi ritrouòper fua mala ventura il Medico,et quindi pre
fe fubita occafione,di volerfi vedicare della ingiuria,cbe gli pareua haucre riccuu
ta da Tfiepa ,per bauergli effa negato quello, cbe ragioneuolmente non gli deuea
coneedere.Et fpinto da ira ,& da impetuofo furore,ando a ritrouare Catigora, &
le dijfe ; Ho fentita la Reina,cbe ha voluto accufare le vofire dongelle di poca bo -
nefifima fe voi le baucfte faputo dire,cbe Nepa sà,che cofa fia ilfar figlim li/ha-
urefie fatta morire la parola in bocca.St come fai tu quefio ? dijfe clla; Ripofateui
fopra di me,rifpofe il Medico,& accufatele N cpa,& fatetni chiamarc al parago-
ne, & vedrete quello, cbe nefaprò dire. Tsjon baurcbbe volutoguadagnare vno
Stato Catigora,quando ciò intefe. Et,andatafene alia Reina,pigliò occafione com
moda di fauellar e:St, entrando di vna cofa in vn'altra,diffe; voi 1’altro giorno mi
diceHe,cbe io haueua meretrici nella corte m ia,& cbe voi baueuate le vofiregio
uanipulgclle: ma fe haueflefaputo,cbe tra le vofire,ve nba, cbe, & ingrauida-
ta f iè ,& ha fattifigliuoli,haurefle pariato delle miepiu modeflamente, cbe non
non faceflc . Era prefente Nepa alie parole di Catigora,& conobbc ella fubito,la
*maluagita dei Medico,& bench'ella fentiffc di ciò acerbijfimo dolore, quanto me-
\lio pote,fi finfe nel vifo lieta,& fiette attenta a quello , cbe riffondeffe la Reina.
La qual dijfe,cbe sbaueffe bauuta fimil Donna tra le fue,non baurcbbe affettato ,
cb'ella accufata tbaueffe,perche effa da fe le haurebbe dato gafiigo degno della fua
disbonefià; Se non volete vedere, dijfe Catigora, quel, ch'è palefe ad ogmno,non
ne poffo io fare altro: vi sò ben dire,per cofa certiffima ,che la voflra 'fijepa, è v -
na di quelle,cbe sà,cbe cofa è lo ingrauidare, & il farfigliuoli. La Reina, ciò
vdendo,arrofs\,& voltatafi verfo Nepa, dijfe; odi ciò, cbe dice di te la Cognata
ynia: KJepa chefpcraua,che 1'aiuto diuino non le deueffe venir meno, poi cb'ella,
pentita dei peccato commeffo,non bauea voluto acconfentire a mono male, diffe ;
voglio bauer riguardo alia real conditione di Madama Catigora,et però non le vo
glio rifpondcrecon queüa maniera, cbe a qualunque altra rifponderei, cbe falfa-
menie mi accufaffe.Dico folo,cb'ella mal conofce quale io mi fla,percbe, fe mi co-
nofceffc,non haurebbe cofi detto di me.Catigora,fopra ciò rifcaldatafi ;fatem\,dif
fe,gratia,Madama Reina,di fare cbiamare il Medico voflro, il quale è ( come f t -
pete J huomo verace, & da bene, & intenderete da lui ( segli forfe non vorra
^mentire) cbe tanto è vero, quanto io v'bo detto. Fcfubitola Rcina cbiamare il
mal configliato Medico} ll quale, venuto allaprcfenga. di N{epa , diffteciò , cbe
interuemto
D e Gi f i H e c a t o m m i t h i
inter ncnuto ern,& one egi i il Figliuolo bauea portato,& a cbi Fhanea effo datàa
noture. '1/epa, vedata ia maluagità di colui,& che tutto do veniua , p e r jr/Je.
nata libidine,dijjc; qucflo Mahsagio hnomo cofi dice, Reina,percbe mentre,di c$m
nnjfonc di voHra Maefià/tni cnraua,è/lato tanto ardito, chc mi ha mercato dif- |
honeslamente., <jr perche ho detto di dirloa vo/lra Mac/la,s'egli piu mai cotantoi
ardiuaji è adira to con mcco,& quello honore, che non mi ha potutoleuare, colla J
fu 7 Lifciiiia^eria ejjo dc torlomi con quefla accufa . Il Medico,contra la Ciouam
inanimato :dujc ; Madam a Reina ,miaS orella cdel tutto confapeuole ,come quella,
the I’ha aiut.it a a p artor ire> & gcuernata nel parto,fe far a cbiamata a fare tefti-
memo dei vero 3 ritreuera voHra M a e f l a m a n i f e s l i f j i m a la d i s h o n e j i d d i N ep a ,
Q u a l fojfe allhora i l cuorc della G io u a n e ,fi p u ò p i u t o s t o p e n f a r e , c h e p ie n a m e n ■
te dire/id ,pcr me/n o n so,come cllr, non f i cadejfc m o r t a . Ture f t d a n d o f t effa nel-

'I JJ I ' é * . r *
la del Medico : ma, prima,cl)'ella giungeffe, voile,cbc il Medico iudi Ji dipuytip
fe , temendo,che la fun prejenga non fact ffe dire qualcbe cofa alia Sorclla,per p'u
ccrgli, che fojfe mono, che vera; venttta cbefu Simmacba,diffe la Reina , dimmi,
Sai tu forje cofa alcuna mono the honefta di 'Ngrpa t La Donna, che difereta era:
& , che la fedc hauca data a Tgepa , di mai non parlarc di quanto Cera autnuto,
dijfc; che mai non Fbauea per altra,che per hone si a conofciuta. Et tom e, dijj'e
Catigora, Fhai tu per boncfla conofciuta fe Fhai veduta partorire, & Fhai nel
parto gouernata. Nfèpuoi do negare,perche tuo Fratdlo qni/n confpetto di Mb
damala Reina,& di me, Fba detto ful vifo a Tsfepa. Tame a Simmacba , poi,
chklla vide il Fratdlo giunto a tanta fcioccbegga ,farlo tenere piü tojto per fin*
pike,che negando ciò, elfegli bauea detto, farlo conofiere per vug feelerato-, omh{
non volendo mancare a Ncpa di quella feds , che effa data le bauea , dijfc ; non I
marauiglia, chc mio Fratdlo ciò vi hahbia detto , percbe one egli per adictro è
/lato quelfaggio huomo , che tuttc conofiuto Fbabbiatno, da non sò che acciden­
te , già a!cura giorm fono , èflato talmente affalito , t be mi fonio , piu volte a-
ueduta,cb'egli ffc/Jo f , metier, dr to non dò pin fede alie parolefue , che furei ad
vno fanciullOyO vero ad vno, che fop, e fuori dife : & ve nepoiete anche voi Ma
dama auedcre,percbe,fe fojfeflato nel fuo fenno, nonvi baurebbe egli detto
che detto vi ha,a danno d'vna hcncfla Giouane.Sc il ragionamento di qucjla Luo-'
na Donna fiiffe caro a Nepa , non èda dimandaic : le parue , che quefla fojfe vm
anima beataymetndata giu dal Ciclofin f more dell'honor fuo . Ma , quanto ciòfit
grato a Nepa, tanto fit egli (piaceude ,& nolofo a Catigora; La quale,(pinta di
fdcgno,di)fe alia Reina,vedete tea Sorella, the non ft vagoyna d ifir uncr floe -
co fuo Fratdlo,per non voter dire il vero contra vmi dishonesi a Ft min a. Ma vi
c cofa /h e potra chiaramcate far parere lei bugiarda, or il Fratdlo veracevu.
d.armprefona di feds alia Balia , th'tffo cl bn ditto, che nurrifee il Figlia-.d-j, pofp
ere v radio loutana, f r ft v c ir d , chc u Fanciullo vi é , Go LiJC C M : C h :J0 dt
COjtCl
D E C A Q^V A R T A. 7çw 2
Cdflci; Mandiuift, diffe la Reina : .A LJcpa >che fi tença fuori di pericolo,paf-
sò U caore quefia parola , quantunque ella teneffe per certo , di done) :ie nma-
ncre vituperata,porfe nondimeno, tacitamente ,preghi a íddlo, che, ccwe
allhora Phauea degnata del fuo aiuto , cofi anco , in queflo vitimo bifogno , noa
gliene veniffe meno . La Reina adunque, chiamato vn fuo Segr etário, di Jubitoh
wnandò cola, commandandogli, che diligentijfim amcnlc finformafje dei tuito , &
velociffimamente la rifbofla arrcccaffc. MLndò, & ritornò il Segretario,alla qutn-
ta del quale,TJçpa tutta tremante flette, anchora che ft sforgajje di mofi rare lic-
tiffimo vifo,come colei a cui parea,che quefta deueffe cfj'erc la manna) a, che il ca­
po gli haueffe a leuare dal collo. Ouela bonta Diuina, non leporgeffe foccorfo co­
me glide chiedca,con tutto il cuore. Ma quando dijje il Scgrctario, che il Medi­
co hauea data alia Donna ilfigliuolo a nutrire , come nato di lui, & di vna Tedc-
fea, ripigliò 7\epa tanto vigore , & ardire , che dijje ; I-lor potete vedcre, Ma-
darna Reina, fe il Medico c, corne ha detto ftta Sorclla, impaggato, volendo dar ui
a vedcre,che il Figliuolo nato di lui,& di vna bagafcia,fta parto mio. La Reina,
non mcnljeta di ciò, cheftfoffe rimafa dolente Cangora, Ic diffe; vedete a quan­
to torto fpeffc volte viene accufita perfona non colpeuole : però vi prego, che non
hfciate,che vi meni altrajiata defiderio di far vergogna alle Donne mic , a dare
vitupério a chi nol merita . Si parti Catigora tutta fcornata, & crcdctte ve-
ramente,che fojfe flato vn Farnctico, chaueffe indotto il Medico a cofi dirle. Ft
buono per lui firebbe flato, feil medefimo haueffero creduto il Tadre,ct i Fratel
li di Nepa : Ma effl, tenendo certo quel,che nel vero era , che malignamente egli
haueffe voluto vituperare la Giouane,gliene diedono ilgafligo,che loro parue con
ueneuole al male vfficio, vfato contra il fangue loro. TSfê giouò,che Nepa,poflo in
oblio I'offefa fattale , & il pericolo nel quale il Medico I'hauea meffa., come rac-
IPbrdeuolc del gid hauuto beneficio , cercajfe , con ogni ingegno , di ammolire
la loro ira . Vennein quefio mego Lifcone alia corte, chiamato dal Re. Ft
benche il Tadre , & i Fratelli nonflapeffero quel, che fofj'e auenuto tra Nepa, & 1
lu i. Nondimeno parendo loro, che la accufa , data dal Medico alia lor Giouane,
haueffe affai feemata la conditione di effa : Sapendo I’amor grande,che tra loro e-
ra trattarono, col mego del Re di dargtieleper mogliere. Ft il Re, che da Lifco­
ne era flato otiimamente feruito in quella ambafeieria ,fu molto contento , che a.
Jdo fl foffero difpofli il Tadre,& i Fratelli di Nfcpa : & perche ft deffe al Matri-
■memo, ccn piu honor, fine , lo fe Caualiero , & Conte & gli diede vn nobile Ca-
fiello in feudo . Etpofcia fe celebrare le nogge grandi, & honoreuoli, & cofi il
Medico,che poteua molto fperareper fe, & per gli fuoi, per lofmgolar beneficio
chauea riceuuto la giouane da lui, per la fua malignita , colla quale atterrb cio,
che di buono egli hauea fitto ,fu a fe cagione di cattiuofine : F.t Jddio , che dalle
male operationi fa ambe trarre effetti buoni,fe cbequtlla ifleffa malignita fu a
-due .Amanti di perpetua content eggafil che mi credo io, che aueniffe,per lo vero
*.}p( ntimcnto,chcbbc la Giouane del primo errore cornnneffo : & per lo fermo pro-
jo fito, di no haucre pofeia piu voluto confentire al pc ccato;fe Lifcone i elatarnetc
nutrire

v
D e G li H e c a t o m m i t h i .
nutrire il Fanciullo, per nome del Medico,ct pofeia operarono eo Simmacha,(S.a
quale vfauano i duefpofi continue cortefie ,moflr andofi dolenti cbe il Medico Jer
fu a fcioccheggafi haucjfc procacciato cofi reo fine) appreffo di fe lo tolfc,& lo nu V
tri come figliuolo di fuo Fratcllo. Et pofeia ch'egli fugiunto alia eta di quindici an llj
ni,prouidero,ch'egli a Gentildonna honoreuolmente, per Matrimonio* fi accoppm
il quale, effercitandofi nella vita caualerefca , crebbe in tanto pregio apprejfo ali'
I{e,ch'egli, confortandolo a ciò Lifconc , lo fe Caualiero , & gli diede bonorcuole
entrata:& nonpafsò molto,cbelo creo fuo Malifcalco, con grandiffima letitiadd
Tadrc,& delia Madre, i qu ili fanebora ch'cffo per tali non gli conofccffe , per'o
cbe Simmacba mai non gli diffe, ch'egli foffe figliuolo d'altri, cbe dei Medico) egli
amo, & honorofempre, come conofciuto baucffe , cbefoffe de lor nato .'* io
&

L I C 1 N A I N G R A V I D A S E M P L I C E M E N T E , E' I N P E R I ,
colo dell’honore , & della roba, & per opera di yn difereto M edico, partorifee celata-
mente , & è maritata per pulztlla.
N O V E L L A VI .
V' M O L T 0 biafimata la maluagitd dei Medico , Ma non Iodi
alcun Ncpa,cbe ad buomo,cbe fuo marito nonfoffe,ft foffc data:
& differo le giouani,cbe vuole forfe lddio,che in ameda del pec­
cato, ella incorreffe ne trauagli,ne quali incorfe.Ma i Giouani dif
fero,cbepeccato,per amor commejfo, da femplice vergine,dcepx
rere men grauc; Tiacque nondimeno ad ognuno, cbe doppo tanti trauagli, lefoffe
felicemente aucnuto di diucnire, fenga nota d'infamia,moglie di colui,cbe 1'bauex
fatta madre. Ne meno fu grato ad ognuno, cbe il Figliuolo, di ambidue lor nato
bauefje bamita cofi pro(fera fortuna . T occaua la fcfta fatica dei fauellare a Lu• ® K
cretia, la quale cofi cominciò. Mi ha hora ritornato a memoria la nouella narra­
ta da Fuluia, vn cafo in parte fimile a quello, cbe ci ba detto ella . Ft ancora cbe
io conofca, cio effere lontano daWargomento d'boggi: Nondimeno, perche fi veg-
ga,cbe quanta fu in quel Medico & fcioccbcipza, & maluagitd tanta fu in quejlo
dei quale iofon per fauellare, & prudenga, & bontà, quando Fabio lo confentx
lo narrerò volentieri. Ft come non vi poffo io non complacere, belliffima giouand
fon contento di quanto a voipiace,diffe Fabio; & effa, rendutcgli gratie dclibet-.,
uuta licenga, cofi diffe . |J
F V' gid in Ceruia vna Gentildonna vedoua ,molto honefla, cbe haueua vnx'
Figliuola fola. Vicina nomataja quale crebbe all'etd di quafi dodici anni,tutta va
ga,&auenente, ma fimpliciffima,come colei; cbe dalla Madre era flata alleuatx
in purifjima maniora di vita . €ra rimafa Vicina herede di tutto I'bauere del Tx-
dre, ilquale era morto . Onde la madre fi penfaua di bauerne a fare vn alto, eír
nobile parentado, Ft per ciò nc hauca si diligente cura, chc temeua, cbc infinogli
vccellijcbc volauanoper I'acre,non glide violafjcro. Mentre le Donne cofi folcjff\
Jlauano,& la Madre non lafciaua apparire mai Lichia, nc ad vfcio,nc a fimfirap1
<& non confcntimpurc, chc quafi if mi parent i feaga lei le pcteffi ro pariare, la
VxnciulLi
D E C A Q _V A R T A » . Ip $
fanciullaperdete dl manlcra i'appetito ,chc non lepotea far la madre, con quant®
injgegno ella fapeua vfare, <& con quanti inuitamenti ejfa ft daua a farle , che Lx
poteffe indune a mangiare cofa, che buona foffe. Solo bramaua ella cofe ftranc,
& contrarie alia falute fua, la qual cofa era alia madre digran cordoglio . TJon
pafsò molto, che ajjdlfe la Fanáulia vna febbre lenta, la quale, fattalcfi come do
e/lica , digiorno , in giorno , la molcfiaua . Ft quindi Lera vcnuta vna palli-
fdegga nel vifo,la qual mofiraua, che fe non fi prouedeua toflo alia Jua falute,foffe
ella per morirfi. .Andando in queilaguifa la cofa fi comincio ad ingroffare il ven­
tre alia Giouane, & ella ft fenti mouere , nonfo che per lo corpo, che prima la
fe flare tutta fofl>cfa,non fapicndo qual foffe di cib la cagione : Ma efjendo venute
alcune Giouaniparenti a vifitare la Madre,le quali erano maritate, et dicendo lo­
ro effere grauide,& dlmandando la madre, selle anchora fentiuano moiiimento
alcuno per lo corpo : & fentendo cib dire Licina,tenneper certo di effere graulda.
Sapendo,che fchergando ella con vnfanciullo, che domeftico era per caja ,f i era
con lui, benche femplicemente, congiunta, mentre alcuni giuochi ,fenga fojpetto
delia madre fanciullefcamente faceano. St oltre Lafflittione che le daua la febbre,
nongliene daua punto meno lapajjione, ch'eUa fentiua dei fuo fallo . St ffeffo la-
grimaua & mandaua fojpiri concentijjimi dal petto. Haurebbe potato credere la
madre,cU amorofa pajfione di tutto ciàfoffe flata cagione,sella non haueffe faputo
che men no Lhauea lafciata algar gli occhi addoffo ad huomo alcuno:Onde ifliman
dola Gentildonna,ch'eUa, non per altro, piangeffe, & foffiraffe, che temeffeper
queüa febbre di moxirfl, la confortaua, & le daua fperanga di certafalute.St per
dar rimedio alia fua infirmità, chiamb vn Giouane Medico loro domeflico,per an­
tica amiftàde gli auoli,delLvna famiglia, & dell'altra, p affata inflno a quella e-
tà . Sra queiii ( benche Giouane) molto accorto , & non andam , nelLarte della
edicina , a niun altro , della fua etâ,fecondo . MenoÜo adunque la madre alia
flgliuola, & gli raccomando flrettamente la fua falute. Sgli, conflderata Lhabi­
tudine della fanciulla, che hauea già pienamente compiti i dodici anni. Comincio
a. dimandarla hor di queHa , & hor di quell'altra cofa ,p er venire in cognitione
della infirmità fua, & ritrouare la cagione del male. St ritrouando in lei Lappe­
tito perduto, & ella non deflderare altro , che cibi maligni. St intendendo dal-
la madre, che non fi era anchora moflrato in Licina dalla natura fegno alcuno,
enfoffi cofi al primo incontro , che cibfoffe la cagione della infirmitàfua,S apien-
do eJJ'o, che algandofi quel fangue non pure fouerchio ,ma quafi velcnofio , aide
parti dello Ftomaco, generana fimili appetiti corrotti: & con quefto penfiero,
delibcrofji di prouedere alia falute della Giouane, con rimedij, i quali foffer opof-
fenti ad aprire quelle vie , cb'erano ncceffarie a purgaria da quello, che egli ifti-
maua, che la ojfendcjfe. Tofcia, difeorrendo piu diligentemente, la infirmità del
la fanciulla,venne in opinione,ctf ella poteffe effere grauida, anchora, che la tene­
ra età di Licina, & la diligenga della madre gli faccjfe quafi credere altrimente.
' Onde, Volendofi certificar e , diffc alia madre, che quando le piaccffç toccbcreb-
be volentieri il corpo, alia figliuola. Fu contenta la Donna di quanto piac-
T-ar. Trima BB

‘V
S>E G l I H e C A T O M M t t H!
qut at AtxcHro, Ma la Fanciull.i, temendo, cbe il Medico , •or.cjndolc il corpo]
non conojcejfe qucllo,cbc i panni tcncano occulto,& moflr.iudo non volcr ciò edn-
fentire, tutta vermiglia diuenne ncl vifo . Et penfind of U madre, chonefla ver-
gogna di ciò fofje cagione, phccuolmeutc , la riprefe, & voile ad ogni modo , cbe j
ella vbidiffc il Medico : & egli tncjfc la mam al Bellico, & premendoglicle ,/«-1
bito fer.iiy cbeil Bambino, cbe ncl ventre afeofo ft flan a, fend il tocco , & gli per-J
coffc le dita , ondefu certiffimo della grauidegga . St diffe alia m cb e, chefarcbÁ
be vie pin xgcuole il curare la Figliuola , do ella non ifimaua, St confor tò la Gio >
Mane a f a r di bueno animo. Toi, partitof, comincio a p cnfare, come fojfe auenu-
to, cbe in cofi tellera eta, & jòtto cofi diligente gouerno, quale effo fipeua effere
fa to quel della Madre, fojfe grauida Licina . St fu egli, per lafiarc, cbe i dolori
del Tarto rnanifcf affero alia Madrc la infirmità della Figliuola. Ma confiderxnda
pofeia, quanto imprudenti fano ffcffb le Donne, in ftmili cafi , & cbe la madre,
quando ciò fojfe auenuto, & co romori, & colle grid r, potrebbe far palefequeb
loycbc con ogni ingegno bifognaua tenere occulto , acciocbefe ciò veniffc a notitu
de Tarenti 3 non cadejje Licina dalla beredità del Tadre , il quale, lafeiata here*
dc Ibattea, feruando ella vita honeHa : moffo a compajfone della Fanciullcfa eta,
fi delibero, di volerc fcoprire alia madrc, come la cofa fi flcffe, acciò cldeffa,colli
ftta prudenga, coprijfe I'errore, cbe inconfideratamente ( come egli credeua) ha*
uea commcffo la Figliuola . Mndando adunque ilgiorno Jcgucntc a lei :& hauen-
dola ritrouata nclla camera, eldera innangi a quella , one nel Icttogiacca la Fi-
gliuola, pofiofi a federe con lei entro in ragionamento di varie cofe , & traualli-
cando di vn pariare in vnaltro, prefegentile occafone,di ragionare delle Gioux-
ill Donne, cbe per fragilita peccano carnalmente . Ter vedere di cbe animo rU
trouajfe egli la Derma, qualunque vo lta , ella [upeffe terrore della Figliuola. La1
madre, cbe Donna da bene, & cafli ffima era Hata , diffe; Maeílro, Io ajfoghe%
rei colle mie mani, Giouane, cbe jotto il mio gouerno, fojfe, & tale errore com*
meteffe. Ma ringratio il Signore Iddio, cbe tal Figliuola mi ha data, cbe non mi
fa dime Hiero p enfare a ftmili accidenti. Conte cbe faffogbercHc , Madonna,
foggiunfc il Macfiro ,farebbe vie peggiore il voftro fallo, chc qucllo della Gio­
uane . Fate,digratia, cbe niuno vi oda mat dir cofa tale, cbe oue voi fete tenuta
buona donna, farefe tenuta pejfima , & di crudetanimo . St detto ciò le foggiun
fc; Farrno , molte fa te, le Giouani ftmili falli,nonfappiendo ciò,c))cffe fifacciano[
& appartiene alle faggie, & mature Donne , prouedere a ftmili errori,colla prw
denga loro . La prouifione , ripigliò quella veccbia , ch'io vi farei, farebbe quel
la, cbe detto vi ho . St infu qucHo pariare rifealda ta, vorrei faper, diffe , a cbe
fine fa te bora entrato in quefio ragionamento; Senon a buono , & profitteuole s
diffe il Medico . St cbe prof tio ba egli, ad effere a me cotcfo ?fegui la Donna,
‘Tqpnfapcua il Maeílro , veggcndola in quella guifa d'ira inf animata ciò , chcfi
fa re , però cl) egli temeua ,fe mentre ella era in quel furore, le palefau.i la gra~
uidcTgla della Figliuola , non poteffe ammollire Lira fax . St fc non glide paled
(ana (hauendoia veduta cffcrc „ venutainfoffitione dido) faux in fojletto , cbe
par tit Q
'D e c à Qj p a í t a ; " jp4
partito ctiegll fi fojfe , wow vulcffe, incontinente, toccarc anch'ella ilcorpo alia Ft
gliuola : & venuta, in cognitione del vero, non ne auenijje qual che Hrano cafo.
Ondegliparue meglio, mentre effo vi era, palcfirle, come U cofa SIaua, Ter cine
penso ebe la fan prefenga pctcfjc impedire f impeto della Donna, quando ell.i pn-
ire ft lafciaffe dali’ira trafportarc. Ft con piaceuolc vifo verfo Ici voltatofi;diJ]e;
iMadonna, & quando la Figliuola vojlra graulda fojfe, non farebbe egli meglio,
cbe voi, colla voflra prudenga, ccrcasle di corrcggcre terror fuo, ebe diucnendo
furiofa,far conofccre ad ognuno quello chc con ogni ingegno , deurcfle celare? io ,
rifpofe la Donna, non folo non vorrei vfar prudenga in ciò , ma nor. ahrimente mi
porterci jcco,cbe s'clla Figliuolanon mifojje. Fareile voi cofi,Madonna,ripigiià
egli, ebe niuna figgia Donna farebbe . Et quando ficeSte fapere qnclio , ebe de•
urefle nafondere, no Joloporrcfle infamia addoffo alia Figliuola,voÜ rajl chc da
fe c cofa da non far e, ma a voi anco, & a tutto il Tarcntado vofi ro . 'Perchc gli
errori dclle figliuolcpn fniili cap, non altrimcntc fon di vergogna alie Madri, t he
fun quclli delle Madri alie Figliuole; & vna fold Donna baft a a dar maccbia a
tutta vna famigjia ; & cofe tali fanno far tMttc le Scioccbe, ma le Saggie fanno ac
commodarp a quello, ebe il luogo, il tempo, 1'bonore, & la neccfjità riebiede. St
mi fa credere la voilra prudenga, già buon tempo da me conofciuta,cbepii) tofto
vna di qnefle, cbe di quelle effere vi vorrete . Dunque,foggxmfe la Donna, tut­
to quefto vofiro diforfo non p rifolue in a ltro , cbe in dirmi,cbe mia Figliuola è
grauida. Ft che vi pojfo io dire altro. Madonna, rifpofe il Medico ,fenon quello
cbe è ? Q uip diede allegrida la buona Vecchia, dicendo, mifera me, infelice me,
a che fono io condotta ? Dmquc bo io bauuta vna fola Figliuola , & vi bo vfata
junta diligenga,quanta vfajfe mat madre ad alleuar Figliuola, & non bo potuto
fare,cbe io non pa incappata in quello, cbe bo ccrcato con ogni fludio di fuggire f
\Allbora, dijje il Medico; Deb non vogliate, Madonna , che qucPe voftre gridet
diano a chi non bifogna inditio di quello , che fapere non p dee per modo alcuno :
Tercbe,fe ciòp fiprà, non farete altro, fenonperdere la robba con torre I'honore
a vofira Figliuola, <&• ve ne rimarrete voi mifera, inpeme con le i: per cbe tofto
cbe i parenti in quefio fallo I'accoglieffero, gli leiteriano , per la dijpopticne del
Padre, la quale fipete cop voi,comio,tutto I'baucre. Terò frenate, vi prego,que
fiegrida,et cercbiamo di ritrouar via,che al male cbe occorfo è,p dia tal compen-
fo, chep riducaafanità;& queflo faràprouedere,cb'ella peruenga al partoftngni
fa.ch'altraperfona r.olfappia,cbe noi. Jftè ciò vifiràmalageufole , c vi appiglie-
rete al conpgiio vnioftl quale vi darò io fedele,& amoreuole, come fc a lei Fratel
lo ,& a voi fofti Figjiuole. La Donna, tutta dolente, dijfc prima,cbe pin oltrepro
cediamo, mi voglio cbiarlre, fe forfe cop c>come voi elite : & fe la mid fciagura
vorrà,cbe cop pa. Fare io pofeia quello,cbe Iddio mi ft>ircra,per lo meglio. Con-
for toll a il Maep.ro, a non fire ftrepito:& con effo le ije nando nclla cam era,one
era la Giouant. La quale, feura cbe il Medico baucjjefcopcrto il fallo alia Madre
plangens. ■IrroUar.uate, M.ndaia la Madre al letto alia Figliuola,& ritrouatala
• •' /; «•: • -vv; che piflgm dijje, Lim a ? La Tiglhx-U, nulla rifpondcndo,vic mag-
EG i
D e G lí Hecatommithi
g i o r c o p ia d i l a g r h n c v e r f a n a . L a r n . x i r c , v c g g e n d o ,c I f e lla n o n r i f p o n d e t u te d if
f c c o n f e r o v i f o , è c g li f o r f c v e r o ciò , e b e i! M a c U r o d ic e d i t e ? p e r o c b 'e g li dice }
c h e tu f e i g r a n id a . M. q u e f l e parole, venata n e t v i f o t u t t a d i f i i o c o la G io u a n e ,
p e r l a v e r g o g n a , m u l a f i f l e t e . O tid e irata la m a d r e le v o i l e to c c a r c i l co rp o , &■
r i t r o u ò , e b e co fi e r a , c o m e i l Medico d e t t o l e b a n c u a . Jit, f e n o n e b e i l d i f r e t o buo
m o , f i o p p o fe a l f i o f u r o r e , b a u r c b b c q u e f t a a f f a n n a t a D o n n a f a t t e m ill e f i o n n e f
n e u o l e g g c . M a c g l i, c o n f o r t a n d o l a , l e f c r a t t c n c r c l e g r i d a . J it b e n e b e c b iu d e fe
i n f e l e g r i d a , d i f f e ; n o n h a u r a clUi n u i p a c e m e c o , f e n o n m i d ic e d i c b i e lla ingra* ■
'
n i d a t a f i J i a . E t e ffe n d o c o j l r e t t a V ic in a , & d a ll a m a d r e , & d a l M e d i c o a d ir ciò.
S i r i t r o u ò , e l f e lla d ' v n f i g l i u o l o d i v n a L a u a c c n c i , c \ f a p p e n a c r a g i u n t o a q u a tto r -
d ic i a n n i , e r a g r a n i d a ; p c r c i o c b e , n o n j i g u a r d a n d o l a m a d r e d a l u i , f i c u r a m en ts
lo la fe ia u a co lla f i g l i u o l a f c b c r g a r c : p a r e n d o l e , e b e p e r b e t a , p o r t a f f e e g li f c o
q u c l l a f i m p l i c i t a ,e l f 'e l l a v e d e a n c lla f i g l i u o l a f u a , n o n v o l e u a p e r ò , c l f v f i j f c r o
m a i d e lla f u a c a m e r a . M a e f f i , g iu o c a n d o a n a f e o n d e r f i , c o m e f a n n o i fa n c iu lli
d i e t r o i l l e t t o i f l e f f o , d e lla m a d r e , s e r a n o c o n g i u n t i t a n t e f a t e , e b e t i e r a r im a fi
g r a u i d a L ic i n a . F it la b u o n a v e c c h i a p e r m o r i r f i d i d o l o r e , q u a n d o ciò in t e fe . St
d i f f e , m ife r a m e , v è c b i h a b a u u t o i l f o r e d e l la V i r g m t a d e l la f i g l i u o l a m i a ? Ciò
d i f f e i l M e d ic o ; v i d e e e f fe r e , M a d o n n a , m o l t o c a r o i n q u e f t o c a fo : S i p e r c h e que-
g l i n o n f a ciò e l f e g li f a t t o f t b a b b i a , c o m e m i c r e d o a n c o , e b e q u e f l a G io u a n e tta
J a p H to n o n I ' b a b b i a j i p e r c h e e g l i n o n f a r à m e ã d i c iò p a r o l a : & q u a n d o p u r e al-
c u n a co fa n e d ic e ffe , n o n g l i f a r à p u t c r e d u t o , c h e f e v n a f a u o l a r a c c o n t a f f c . T e r -
t h e le u a r à l a f e d e a d e t t i f u o i l a d i l i g e n d a v o f l r a , e b e f t è c o n o f c i u t a n e l g o u e r m I
d e l la f i g liu o l a f i f e b e n e a l t r i m e n t e è a u e n u t o e b e n o n c r e d e u a t e ) b e t a d i c o f lu b c b e
m a l a g e u o l m c n t e f a r à f l i m a t a a c iò b a f t e u o l e , & l a v i l c o n d i t i o n e f u a n o n l a f i e -lV
r à c r e d e r e a d a lc u n o , q u a n t o e g l i f a p e f f e d i r e i n t o r n o c i ò . i l eb e non a uerrebbe
f e d i v n p a r i a le i g r a u i d a f t r i t r o u a f j e . E t d o p p o m o l t e p a r o l e , r i t r o u a n d o l a fo r -
f e n e fe i m e ft, d iffe la D o n n a ; & c o m e f i p o t r a m a i , m a l u a g i a f i g l i u o l a , c e la re
q u e f i o tu o f a t t o ? C b e ,r i( p o fe i l m e d i c o ,b e n e a d o g n i c o fa f i p r o u c d e r a V o g l i o cb$
q u a n d o i T a r e n t i d e l la G io u a n e q u i v e n i r a n n o , m i m a n d i a t e f e g r e t a m e n t e a d i-
m a n d a re; & io v e n u t o c b e f a r ò , m i a f f a t t k b e r o , p u r e b e f i t r o u i a d o g n i co fa con-
u e n e u o le r im e d io . L a D o n n a a p p ig lia n d o fi fi n a lm e n tc a l c o n fig ito d e i M e d ic o , fit
c o n t e n t a d i f a r e q u a n t o e ffo l e d i f f e . N o n a n d a r o n o m o l t i g i o r n i , c b e i p a r e n t i d ei *
l a G i o u a n e v e n n e r o a v i f i t a r l a . S t c iò f e f i p c r e i n c o n t a n e n t e a l M e d i c o l a m a d r e , i l %
i l q u a l e d i f u b i t o v e n n e : S t d o p p o b a it e r f a t t o q n e l lo i n t o r n o a li a G i o u a n e i n f e r n a '
e b e a l l ’v f f i c i o d e i M e d i c o f i c o n u e m u a ; d i f f e , e b e i l m i g l i o r r i m e d i o , e b e f i p o t e f f e
r i t r o u a r e , a b e n e f i c i o d e lla G i o u a n e , f a r t b b c i l m u t a r e a e r e , & r i d u r l a i n lu o g o ,
e b e f o f f e f u l i a m a r i n a ; i p a r e n t i c iò i n t e f o , d i f f e r o , e b e f e q u e f t o d e u e a e f f e r e l a fa
l u t e d c l l a G i o u a n e n o n e r a f e n o n b e n e a m c n a r l a u i , M a e b e n c e f j i , n è e l la b a u e a -
n o l u o g o v i c i n o a l M a r e ; v c l ’b o io , c o m e f a p e t e , r ifp o f c i l M e d i c o , e-r è i l p i u a*
g i a t o , c h e f i a i n t n t t o i l n o f l r o p a e f e . S t q u a n d o c o f i v i p i a c c i a , n e f a r o io m o l t o
v o le n tie r i co m m o d o a I c i , & a lia rn a d re , pcrcbc io f o n f i e t t r i f f i m o c h e , i n i [ p a tio
d i p o e b i m e f i , l a G io u a n e r ic o u e r e r â p i e n a m e n t e U f u a f a n i t à , L a m a d re , pa«
trtl x
D ECA Q. V A P T A, 29 $
fcndolc the il Mcdko bene penfato haueffe, diffe; quando queft i noflri parenti fi
contentino, io la vi condurrò volentieri;& io dijje il Medico 3 lafcicrò anco al fno
goucrno la Moglic mia. I Tarenti, penj.indofi,ctiogn'ultra cofa foffe di ciò cagio-
rièy cbe qucila,che nei vero era; Tfim foto dlffi ro, farno comenti, cbe tanto f fac­
\ eia quanto batiete detto 3 a beneficio della Giott in c , na molto v i rengraiiamo di
dtanta cortefta,cr credi amo, cbe quanto piu tofo rio fi. faràjarà tanto megiio3ac-
Tioche quefla gentil Figiiuolx f rifani, & honorcuoh-icntc maritare la pojjiamo.
Non vogliawo già ebe la Moglic vefira f pigli briga di and.inii, pcrcbe fappia-
mOychc ne haurcflc difigio : baft a affixi,cbe Lnãnc.i & la m a d r e vi v edano. Con­
tenta di ciò la madre, Ugiorno fcgucntc,pofe ordine al dipartirf . Lt i Tarenti me
defimi, in fegno di amorenolcgggi, colà accompagnare la vollcro oue il Medico
bauca detto, con tanto defu re re delia Giouane, & delia madre , con quanto non
fipotrebbe dir pin ; Tcrche pareua alfvna,& alialtra, cbe ogni ccnno , ogni mo-
mmentOy cl/ejji f accano, foffe vn voler dire, ebe del fallo di Licin t f fojfero aue-
diiti . Ma fenga cbe altro aucniffc, giunfero al luogo del Medico ft curamente, Ft
prefo commiato i Tarenti, raccommandando la Figliuola alia madre , a Centia fe
tie ritornarono . Il Medico 3 come dinfirmità volcfjc curar la Giouane >non man*
cò di mandar cold Siroppi,& Mcdccinc, lc qualipofeia tutte via f gittauano3co­
me non bifognofe, ma erano fol mandate }p cr leuare ogni foffietto. Vcnuto il tem­
po del parto3partori Licinia vn Figimolo mafcbio3nelle mani della madre, lit fit-
bito la madre lo fece intendere al Medico, con vna Lettera , feritta con caratteri
folo da lor due intef . Il Medico cola fen andò 3 & portò fegretamente il nato
Bambino nclla Citta,& lo diode ad vna Balia a nutrire3 come Figimolo di vn fuo
car iff rno amico, cbe la cura lafciatagUe nc bauefje . Fit curata la Giouane in tal
mamera, cbe inpoco tempo3 ft ribebbe3 & a Cernia fe ne ritornb , bella , quanto
'illa foffe m at: Et indi3apocbi giorni,fu maritata in vn nobilijfimo Gentilbucmo,
fenga cbe mail cofa alcuna ft fipeffe di quello 3cliauenuto era. Fcce il Medico mol-
to diligcntcmente nutrire il Fauciullo ,& per non mancarcfin parte alcuna,alívf-
ficio di vero amico3ft toflo cbe dalle mani della Balia lo tolfe, a cafi fua lo con-
dujfe3 & alia Moglie fua, cbe cortefe era : ( & quantunque foffe Giouane3 era fie
rile) lo diede ad alienare3 dicendo , cbe quel Figimolo nato era del pin caro ami-
co3 cb'cgii haueffe, & cb'effendo morto3 a ltd affettuofiljimamentc raccomandato
ffhaueua, Mmoreuolmente lo fi prefe la moglic,& con quella diligenga lo allcità
cbe s'egli fuo Figimolo , foffe itato; cofi crefcendu il Figimolo fotco la cura loro3,
apprefe buoniffimi coilumi, & tutto fi diede a lodcnole vita; et vcnuto ad eta at-
ta ad tmparar letterc, glide infcgno il Medico , & tanto oltrc procedette , cbe il
Giouane giunto appertain diciotto anni; dinenue Dottorc di Medicina, çir fu ciet~
to finaimenje Medico delia famigia di f u a madre, con honefia prcuifione. SJynílo
fine bchbe la difcrcta,& accorta opera dei faggio,& fedcle Medico,al quale re-
fe fempre infinitamente grade la giouane, nè rnai gli verme mono in cofa, cbe po-
tef f cfare , per honejlament c piaccrgli.

Tar. Trima BB
D e G li H e c a t o m m i t h i

B E R L I N G H I E R I M A R I T A S V A F I G L I V O L A A D ALBA-
no : & cllendoil Marito in pericolo di morte, ioppone il Suocero vn Bambino per Fig'j
uolod’Albano;non paffa molto, che la Figliuola fi more: & per 1’vfatoinganno.Berlin»
ghieri c a rifchiodi perdere la dotejchVgli hauea data alia Figliuola :nu per non penfato
auenimento, ii Bambino foppofioarriua a felice fortuna, & ha Berlinghitri la dote.

N O V E L L A VI I .
0 M E j f i a c q u e a llc D o m e , c h e la n o b il G io u a n e f o j j e c o fi fe m p li
c e r n e n t e v i o l a t a , d a v n L a u a c e n c i , c o f i p i a e q u e t o r m o l t o , che ii
c o r t e f c M e d i c o , c o n d u c c f f c i l f n i f l r o c a j o a n e n u t o a c o f i h im f i ­
n e . M a F la m in io ,c h e f p ig lia u a p la c e r c d i p u n g e r e , w o n e g g m -
d o , F u lu ia ,d ifjc ; S a r e b b c H a to b e n e , F u lu la , c h e L u c r e tia non
l a u e f f e i n d o t t o F a b i o a c o n f c n t i r c , c h e e l l a c i n a r r a f f c l a n o u c l l a , l a q u a l e h a b k ia
m o v d i t a . E t p e r c h e ? d i m a n d ò F u l u l a : T e r c h e r i f p o f e F l a m i n i o , h a e l l a m o ( I r a to
c h e / e b a u e f f e r o , a l i a c u s l o d i a l o r o , m i l l e o c c h i l e D o n n e , e l l c n o a c o m p i m e n t o do
l o r o d e f d e r i j , [ a n n o r i t r o u a r e t a l i m o d i , c h e v i n t a f t r i m a n e o g n i d i l i g e n g a , che
a c u f l o d i r l c , f f a c c i a l o r o i n t o r n o c o m e f i è v e d u t o i n L i c i n a , l a q u a l e , a n c h o r che
fa n c iu lla ,a n b o r c h e n o n f i p a r tiffe m c à q u a fi d a l fe n o d e lia M a d r e , f t r itr o u b p m
g r a n id a . M q u e fte p a r o le , d iffe F u l u ia ; v e d e te c o m e F la m in io v u o l r id u r r e U
f i m p l i c i t a a m a litia . F t p o fe ia , v o l t a t a f i v e r f o lu ll, g l i d i f f e ; c fa c 'd c o f i ,F l a m i ­
n i o , i n g a n n a r e l e f a n c i u l l e , c h e h a b b i a n o q u a f i a n c h o r a l a p o p p a d e l l a M a d r e in
b o c c a ■ M a r e n d o g r a tic a D io , c h e v o i fa p p ia te q u a li f a n o le D o n n e ,fa tte D o n *
n e . T o i c h e v o i c o n q u a n ta a r te , & q u a n to in g e g n o h a u c te fa p u to v f a r e , h a u e tt
c o n o f c i u t o , c h ’e l l c f a n n o e f f e r e D o n n e , & f c h e r m i r f d a c h i , c o n p o c o r i g u a r d o , le
r ic e r c a n e fu o i d e f d e r i . M r r o f s i a q u e f t e p a r o l e a lq u a n to F la m in io , in te n d e n d o
o u c h a u e f f e d ir i g g g g t o F u l u i a i l m o t t o f u o . D e l l a q u a l c o f a a u e d u t a f t e l l a n e f e f t -
Sp g n o a lle c o m p a g n e , & t u t t e f t m i f e r o a r i d e r e . F t v o l e n d o , p o f e i a r i t o r n a r c F la
m in io a r a g io n a r e , d iffe C o r n e lia ; a m e to c c a h o r a la v o l t a , F l a m i n io , p e r o f a ­
t e c o n te n to n o n o c c u p a r m i il lu o g o : & c o fi p o l i o f n e a l m o tte g g ia r e , C o r n e lia
c o m in c ib . M o ltc f a te d ife g n a b h u o m o c o f a , c h e c r e d e , c h e g l i d e b b a a p r o fitto
r w f c i r e , c h e p o fe ia g l i r ie fc c in c o n tr a r io : & a u ie n e a n c o , c h e q u a n d o e fjo fu o r i
d i o g n i f p c r a n i a f c r e d e e f f e r e , p e r l a m u t a t i o n e , c h e h a m o , c o n e jfo l o r o , l e c o -
f e m o r ta li, o ttie n e il fin e d e fid e r a to , c o m e d a q u c llo , c h e fo n o h o r a p e r n a r r a n ti, j
in te n d e r c t e .
IN S ^ A L S F f N 0 , lu o g o m o l t o d i l e t t e u o l e . F u v n G e n t i l h n o m o , c h e E e r-
lin g h ic r i h a u e u a n o m e : il q u a l e , h a u c n d o v n a J o la F i g l i u o l a , n o n p e n f a u a ad al-
tr o , che a m a r i ta r ia h o n o r e u o lm e n te , <& a d h u o m o , ch e fo fjc a b o n d e n o le d e beni
d e lla F o r tu n a . F t r iu o lg c n d o C a n im o in v a r i e p a r t i , & c o n f id e r e m d o i G io u a n i dei
l a C i t t a, n o n fi f a p e u a a p p i g l i a r e n e a q u e f i o ,n c a q u c l l o ; t e m e n d o f e m p r e di no n
i n c a p p a r e i n a l t u m , c h c o u e f t c r e d e f f e d i a ll e g a r la F i g l i u o l a , a f i t a c o n f o l a t i o n c ,
& a p e r p e tu a q u ie te d i I c i , n o n g l i a u c n iffe t u t t o i l c o n tr a r io . F t d o p p o m o lti
p e n fic r i, & m o l t i d ifc o r ji3f i r ifo lfe d i d a r i a p e r m o g lie a d v n G i o u a n c m o l t o ric*
conche
D EC A Q^V A R T Á . 19 6
£0 chc iAlbano ft ehiamaua:ll quale come era cicco di haucre,cofi era poucro din-
gegno. Ma, per efferc egli di tenera eta , penfolfi Berlingbieri di poterio formare
a voglia fua, & diporlo inguija ful diritto camino,ch’egli non haueffe a trauiare
in modo alamo. Ma fu tuito il contrario. ‘Pero che Albano ft diede a fare ognal-
tra cofdycbe quel,che voletia il Suocero,ad vtile del Genero.'iff pur ciòfxceua in-
iforno afTbauere, ma anco in mal trattarc la Giouane, che per moglic egli banco.
. p r e fa . F t b a u e n d o c o m p a g n ie d i non m o lto b u o n a v i t a ,o c c o r f e , ch c f t p o fe in v -
n a m ife b ia d i g e n t e , cb 'era.no c o li'a rm e in m a n o a c o n te fa , co f tto i c o r n p a g n i, o n d e
f u f e r i t o a m o r t e , & p o r t a t o a c a fa con p o c h ifftm o f p ir ito d i v i t a , & h acten a in
t u t to p e r d u to i l p o t e r f a u e l l a r e , o n d e f u g i u d i c a t o d a M e d ic i , ch ieg li d i q u e lla f e ­
r ita f t m o r r e b b e . L a q u a l c o f a in te n d e n d o i l S u o c c r o , & p a r c n d o g l i m a l e ,c b e
l a F ig liu o la fo ffe f l a t a con c o f tu i in m o lti t r a t t a g l i , & d a t to g l i i l f o r e d e lla fuel
b o n e ftà , f e n g a d c u e r n e h a u e r e v t i l e a lc u n o , f i d e lib e r o , c h e la r o b b a rirn a n effe
n e lle m a n ia l la F ig liu o la ; & a n d a n d o in lu n g o la in f ir m ità d i .A lb a n o , & tu ita
f a t a , con q u a ft c e r to t im o r e d e lla rn o rte , f e ch e la F ig liu o la f t fin f e g r a n i d a , &
dij]e,efferne giàpaffali meft otto;&giunto il nono mefe, quando a lui tempo par-
ue,fe tiandò alio (pedale, oue ft fogliono portare i Figliuoli nati di nafcoHo, & ne
prefe vno nato quelgiorno iflejfo,& lo porto a cafa del Genero,& data voce,che
i dolori del parto erano foprauenuti alia Figliuola , mando per vna Balia,che mol
to di lontano ilaua : & per buona forte, non fit anco ritrouata in cafa, pero cb'el-
la. era ita a dare aiuto ad vna Giouane , che veramente partoriua. Onde hebbe
agio di fingere, che prima, ch'eUa foffe venuta, haueffe la Figliuola partorito il
Bambino, il quale egli haueua hamto dallo fpedale, inuolto in quelle ifleffe cofe,
r/che portano con loro i parti dal ventre della Madre, delle quali fit pofeia dalla Ba­
tata purgato . Etfu creduto da ognuno , ch'clla il figliuolo partorito haueffe, per­
che era Hata alquanti mefi la Giouane cagioneuole della perfona , in guifa,cb'era
creduta da ognuno grauida . Stctte adunque il Figliuolino nella cafa di .Albano,
& f t notrito come figliuolo fuo;In procejf'o di alquanti meft ft rihebbe Albano,fir
cominciò a pariare, & a feruirfi di fe medeftmo. Ft non fapendo lo inganno fat-
toglidal Suocero ,fiteneuaquelfanciullononaltr\mente caro , chc fe gli foffe
ilato veramente figliuolo ; la qual cofa (piaceua incredibilmente a Bcrlingbicri.
Terche, effendofi rifanato.Albano , cominciò a penfare , che egli poteffe genera-
\ re figliuoli della fua figliuola , & che il fuppoilo verrebbe in parte della heredi-
tà , & anebora che ciò molto gli dolcffe , nondimeno non ardiua a palefar lo in-
gam o,fi per timore di non entrare in mala opinione appreffo il Gcnero, & porui
parimcnic la figliuola, ft anco perche temeua . che non gli denefie ejfcrc crcduto,
fe bene lo diceua . Ma foprauenne cafo, che fe porre a Bcrlingbicri tutti i rifpetti
da vn de canti. Terche non pafsò il mefe, doppo che fu rifanato Albano , che la
Giouane ( credo per la fitica durata ncüa infermità del Marito) infermò grauif-
fimainente , & non molto doppo ,fe ne morl; onde , effendo venuto il cafo di re-
flituire dal Marito la rnetà della dote, al padre della Giouane, vide Berlinghieri,
che bauendo voluto fare inganno ad a ltri, I'haitcua egli fatto a fc medefimo *
BB 4
D e G li Hecatommithi
itfdoppo tnoltl penfieri, delibero di far fapere ai Genero, come la bijognaua fan-
diiffe. Venfandofi di potcrgli far vedere , con r agione, ebe quello ,che fi erafatto
a buonfine, non gli deuejfe efferc di danao; & ritrouato lib a n o , gli diffe tutto
quelb, ctíauenuto era. Fgli ebe fi teneux, ebe it Figliuolo fojfe il fuo, & di Ime-
re per cioguadagnata tuita la dote, la quale era forfe fei mila [cudi; alffc a Iter-
lingbicri, con mal vifo. Mi marauiglio di voi, ebe mi babbiate per coji fempliceJ
ebe io fia per Lifciarmi dare ad intendere, ebe mio non fi a quel Figliuolo, ebe e n.f
io di me, & della rnogliemia. Credere voi, cb’io non mi auegga,cbc l\maritia,va K
fira, e cagionc di ciò, e-r ebe voi quefi a fano l a vi finget e, per volermi leuar and
lo, ebe dirittamente mi dii la ragionc i m i mi faprò cofi io bene Jciorre dalle voflrc
rnfidie, quanto voi vingegnercte diinuolgermi dentro. N êaltro pote egli tram
dal Genero, con quanto gli feppc dire. Ornlcfi rimafe Berlingbicri molio dolente.
Ma effendo tffo fuori di ogni fperanga di poter mai confeguire cofa aleuna, appor
to il tempo cofa,ebe mofiro il vero, & fe dar fede a quelio, ebe Berlingbieri due•
tta. Tercbe era nato il Figliuolo, cbauea foppoflo Berlingbieri, di vna Gentil-
donna Napolitana , & di vn Gentilhuorno , ebe in Salerno fi Hauano , i quali A-
mandofi, & ejfendofi nafcofamente congiunti, era rimafa granida la Giouanc, h
quale, con vari] argomenti, bauea celata inguifa la prcgnegga al Tadre, il qua­
le queHa fola Figliuola baueua, cb’cgli mai nonfe ner a aueduto. Ma effendo ve-
nuta Ibora dei partorire,& ritrouandofi il Gentilbuomo in quclfbora a “Napoli,
cbiamato da! fio Re, per trattare alcuni accordi fece ella di nafcof o quel Figlino
lo,& nonfappiendo,cbs firn e,& temendo del Tadre , lo diede ad vna pia Balia,
ebe fegretamente al detto (pedale lo portò. Ma prima,ebe glide mandaffe fafflit-
ta Giouane,con vno ago eliquantogroffo gli pafsbquattro volte ambedite le orcc%(
chie,in forma di croce, acciocbe fe mai piacejfe al fuo Mminte di ribauerlo,vi ri
tnancffe fegno da poterio riconofcere. Fra quefio tempo , cbefiette lontano dalk
corte il Gentilbuomo, rimafe la Gentildonna fenga Tadre,il quale mai non bauea
•voluto lafciar piegarfi a dare alio Mmante la Figliuola per moglic. Onde poi ebe
fu paffato il Tadre a miglior vita, Gr lafciata la Figliuola herede , effa fignifico
fitbito la morte dei Tadre al Gentilbuomo, ebe data le bauea la fede dipigliarla
per rnoglie.il Gentilbuomo, cib intefo con licenga del ige,JJ muto a Salerno, & ft
congiunfc colla fua cara Mmante confddo nodo di matrimonio:& adimandando-
le egli,cbe fojfe auemto dei Figliuolo,di cui la lafcib cjfogranida.,gli diffe ella,c'M
che auenuto era . Mndo il Marito alio jpedale, & riccrcando del Fanci ullo ritro-

citillo,da lui foppoflo, pero ebe ll Ciflodc dello (pedale banca detto, ad vn Gentil­
buomo ebe di vn fuo Figliuolo eercaua, ebe egli. anello era,che a Berlingbicri ha-
ucua dato.Gli riffofe Mlba.no, che cib era vna fauna; Magi non c,diffe Bcrlinghk
rv,Verche il Gentilbuomo,'Tadre dei Fanciulla darn talifegm fulta vita di cffo,cbe
fi conofeerà,ebe il Figliuolo é fuo, Non diede oreccbio Mlbano a. cofa , ebe Berlin*
men
D F C A Q ^ V A R T A. 191
ghim detta gli baueffe. Ft oFtinato nella fua opinione,dijj'c, di non volere , cbe it
Figliuolo,& la roba gli foffe, con fimile fittione, Icuata di memo. Non mancò ft -
milmente it Gcntilbuomo di vfirc tutti que m odi, cbe gli paruero atti ad indurre
.Albano a rendergli H Figliuolo, & gli feper teslimonio del vero vedcrc il fegno
cbe la moglie gli banco fluto : il qual fegno, anchora cl)c foffe flato prima vedu-
jh,to, non ft era faputo nc come, nè perche vifojfe, angi iflimaua ognmo,chc il Earn-
him portato lo ft baueffe dal ventre della madre . Ma pofeia doe vide il Gentil•
huorno, cbe amorcuole vfficio non giouana,effo infeme con Berlingbicri, fe chin-
marc in ragionc,Albano, & allegò il fegno ,cbanco, il Fanciullo; Ma Mlbano dif-
fe,ch'cgli era naturale, & non fat to a mano. Onde fcce il Giudice chiam are il Cu-
ftodedcllo fpedale, & voile fapere da lui segli fapeua render canto di quelfegno.
Et effo dijje; Signore, quando fit portato il Fanciullo alio fpedale, baueua qm t-
tro fori per orecchia tutti fanguinofi,et io mi perfuaf, cbe gli fojjero Flati fatti.p-
cbe f potefte bauere cognitione di lui. F.raui prefente Mlbano,et negò,cbe cwfoffe
vero; angi dijfc,cbe era colui Ftato corrotto con da.nari, & indotto a cof dire. Il
btton lmorao, cw intefo, diffe; Signore, io mi credo di effere conofciuto per tal buo
mo, cbe quanto oro è nel mondo, non mi farebbe dir cofa , cbe men, cbe vera fof­
fe : & mihaurei da doler molto, ch’Mlbano cof fatta maccbia mi dejfe. Ma per­
che la verita medefima puo moftrare,che iodico il vero, & ch'egli, a g r an torto,
cof mincolpa : Sarete contento, cbe qnd fia portato il libro deWvfficio nel quale
fi tiene conto dcfigliuoli portati alio fpedale, & de fegni, cbe portano con ejjo lo­
ro. Et vedrâ voflra magnificcnga, cbe ba gid tre anni,chefu feritto queFto Fan­
ciullo, & ch’allbora porto con lui quel fegno, dei qual fi ragiona . Mando il Gin-
„dice per lo libro, & vedutolo bene ordinato, ritrouato il luogo , oue era deferitto
j l fanciullo, vide, cbe tanto era appunto, quanto il buono buomo detto gli bauea:
onde giudicò, cbe il Figliuolo dei Genúlhuomo foffe, & cbe la meta delia dote
altresideuejfe effere rcFütuita a Berlingbicri. Fu tanto molefia la fentengaad
M-lbano, quanto cila fu grata a Berlingbieri , & al Gentilhuomo : Ma perche que-
Fti, molto ricco, & molto cortefe era,& alia fua roba fi era aggiunta la beredi­
ta dei Suocero, per lo megp delia moglie, Tcrcbe muno in queFta fua contentegg
ga, rimancjfe trifto, diè la meta delia dote, a Berlingbieri,cbe di ragion gli fi de-
ueua in vece di Mlbano : & gli refe,oltre ciò, molte gratie,che fofte ftato cagio-
•ne,cbe,Albano il Figliuolo ftio amoreuolmente nutrito, & alienato ,g li baueffe,
& crefciutolo inftno a quella età : Et lodò Iddio-, c baueffe indotto Berlingbieri a
fa r quello inganno,per lo quale, nonfolo era venuto in cognitione del Figliuolo,
m a 1'bauea ritrouato nobilmente nutrito. Cotale fa il fine dcltaftutia di Berlin-
ghieri,nclla quale voile la Fortuna moft rare, quanta fia la fua forgo, in turbare3
& quietare le cofe de mortali.
D e G li He c a t o m m i t h i
D O L E R A E’ L A S C 1 A T A H E R E D E D I M O L T O HA VER E DAL
Padre.con alcune conditioni; eUa, con inganno,cerca leuare la Hereditàa co!oro,a q u a ­
li, doppo leijdcuea pcruenire j cconofciutolo inganno,& cfla fe nerimafelaingannau,

N O V E L L A VIII.
A C £ V A S I gia Cornelia, quando dijfe Fabio ; Fu veramcntCj
grande la ventura di quel Fan dullo, chc ritrouaffc il Tadre , £r A
,fff* I! la Madre, & fi conofcejfc effer e nobili ffimam ente nato . Nè fu \
K
<f*■i'rV-’i i l l picciola ventura di Berlinghicri, pofda, chc quando cgli era fuo-
I] ri di fpemc,gli diè 1'iftcffo Fanciullo il modo di ricuperare la dote
delia Figliuola . Ma fopra ogni coja mi ê piaciuta la cortcfia del Gentdhuomo;
Dlede egli ver ament e fegno digcncrofo, çjr di nobilifjimo animo ; TPpnfu però,
dijfe Fuluia, chc Berlinghicri nonfacejje chiaramente vedere, quanto fano atti
gli huomim ad ingannarc. Flammo, cui toccaua la vo lta ; Dch,dijJe,Fuluia,ta­
cete , chc ,fc mi fate por mano alia Tafca,ne trarro io fuori cofa , chc vi farà ar-
roffire , quando U vi mojlrerò : Terche clla porterà feco talc inganno di Donna,
che fera vie piti chiaro , che non è il Sole a mego il giorno ; chc la Frodc tiene Li
fua propria fede nel feno delle Donne; Deb non reflate di gratia, dijfe Fuluia , di
dire cio, che v iè a grado,che non ne haurete forfc la deratta,cbe vi credetc. Ter-
che mi dà ilcuore,cbe deuendo ragionar doppo v o i, Cornelia , la quale ha ratio
lofeilinguagnolo, ella coft ben defendera la parte no Ftr a. che non io,rna voi diutr.
rcte,per la vergogna di fuoco . Terche cffa vi potrà mo\lrare,che non fono mali-
tie nelie Donne,fenon quelle,che voi loro co vofiri inganni infegnate : Tercioche
noi per natura jiamo piü pure,che candide Colombe . Si fe i Corui poteffero dinr-
nir Colombe , riffoje Flaminio ; Tiacemi,foggiunfe Fuluia , chc i migUorigiudici'.
conofcanoyche vingannate ; TS[qn ci ingannasle piu voi ripigliò cgli che beati noi^
Il fuggir,che ccrcbiamo noigli inganni voflrifoggiunfe prontiffmamente Fuluia,
pare a voi,che fia farui inganno, <&perche non volemo, che meniate a fine gli
FiranidifegnivoHriyCene dite male. Veduta quefla piaccuole contefa Fabio;
Jflon la intendete,dijfe, Flaminio, a coft inimicarui !e Donne,le quali fono di na­
tura molto gentili:& jipojfono dire ragioneuolmente, f ornamento del Mondo:
che fenga ejfefarebbe tutta quejla macchina , come vn campo j'tlueflre : angi fono
elle lejierc , chc inafprifeono quanto c tra noi dl gentile, ripigliò Flaminio;fete,
troppo ojlinato nolle vojirc opinioni,fegui Fabio : Ma, fe difeorrete il vero, mute-
retcpropofito:& vedrete chiaramente,che le Donnejòno la quiete nojlra ; Egli ê
coft appunto,ripigliò Fuluia,come dite,Fabio. Ma pofeia che a Flaminio tocca il
nouellare : lafeiate ,di gratia,ch'egli quefla fua nouella ci racconti; Raccontila,dif
fe Fabio,poi che coft vi piace . Flaminio cojl cornmcio,
H A Taruto a Fuluia,chc Berlinghicri mcritajfe biafimo , in hauere foppcslo
il Figliuolo,del quale ci ha ragjonato Cornelia : Ma intrauenendo in ciò l''amore,
elfegli portaua alia Figliuola ,fu ejfo degno di quale he ftufa , ma che fenjet potrà
hauere colei,della quale to fono per ragionarni ? Quando ella non per bene,che â
lei.
DSC A Qj f A U T A . ■ 79 8
iei,o ad alcuno de find deueffe auen'irc ,fi diffofe afar quello, che intender etefil che
tanto pin volcntieri vi narrerò,quanto il cafo,chefon per dirui, cofi in Salerno a-
uenne,come vi auennc quello , che ci ha narrato Cornelia. Fn Doler a Ciitad'ma
della ifieffa citta, della quale era Berlinghieri, nata nobilmente , Ft per effere ella
al padre fola Figliuola ,v enuto egli a morte fece tefiamento,& la lafeio herede di
,+utto quello,cl) ejfo haueua,ch'cra il valore dipiit di ventimila feudi, con conditio­
ne pero,che non hauendo ella Figliuoli mafehi,quando veniffe a morte, rimaneffe
tutta la heredità a figliuoli di vn fratcllo di lu i. Morto il Tadre, maritoffi Dole-
ra> la quale haueua gid paffati i trenta anni,& hehhe del marito due figliuoli tna
fchi,& ne rimafe molto contenta,parendole effere ficura,che la roba nonfuffepiu
per andar e ncllc mani a coloro,che a lei erano flati fuftiuúti. Giunto il primo fi-
gliuolo alleta di tredici ami, moflro,ehe ilfermarele fperagc,nelle cofc humane,
è fermarle fui vento : Terò che infirmatofi fra lo fpatio di tre giorni, fe ne mori;
Valtro,effcndo didicci anni,andato vna Dominica a vefj>ro infieme col Maeflro,
che ctinfegnargli le lcttcrc,& i buoni coflumi haueua cura ; dimando il Maeflro,
fe nella fepoltura de fuoi maggiori,fofJe flato meffo il fuo fratello morto. Il Mae­
flro rifpofe,che si; Diffe allhora il fanciullo,mofir ami, ti prego, oue è queflo no-
flro fepolcbro. Il Maeflro, nonpenfando piu oltre, all'audio il conduffe; One
giunto,che fu il figliuolo,voglio,diffe,cbe tu diebi queflafera a miopadre,etamia
madre,che da hoggi a otto giorni,intorno a quefla bora, mi faranno qui mettere
in compagnia del miofratello; St perche ciò,diffe il maeflro; perche, rifpofe egli,
to farò morto; Dehpenfa a viuerefoggiunfe il Maestro,& lafcia,ckyi morti, fen-
%a te,fe ne fiiano,oue fono; cofi farâ,replicò il fanciullo,& I’ejfetto ti fard vedcre
che to farò flato prefago della miafine; Tu ti hai allungata la v ita , con queflo
J enftero di morte,diffe il valent'huomo,pcro attendi a flartene allegro a go-
derti il bene,che Iddio ti ba dato. Ft,con quefle parole, finito il veffro, fe nan-
darono amendue a cafa. Tfon parue al Maeflro di tacere alia Madre, & al T a­
dre quello, che il fanciullo detto gli hauea : Ma nè l'vno,nè ialtro ne fece alcuna
filma,iflimandoyche ciòfojfe vna fmcwllefca fantafia , nata fanciullefcamente,
nell'animo del figliuolo . Ma quello, chepofcia auenne,fe loro piu chiaramente
vedere,che non haurieno voluto , che il figliuolo haueua la fua morte antiuedu-
ta : Tercioche ,venuto il Limedi ,comincioil figliuolo aindebolirfi: &,come
fveggiamo flruggerfl a poco,a poco la candela, dalla fiamma , ond’ella arde : co­
si, fenga fcbbre,& fen%a altro male,andò tanto, di giorno,in giorno,mancando a
quel fanciullo il vigor naturale, che nonvt valfe nè feien^a, nè argomento di
Medico , nè cibo alcuno , che di molta virtu fojfe , datogli, per riflorarlo. Verb,
che il Sabbato,a mega none, mando fuori Vvltimofiato, con quanto dolorc del
Tadre , & della Madre , lo lafeio penfare a v o i. La Dominica , come egli ha-
uea predetto,doppo veffro , jit poflo nclCaudio de fuoi maggiori,a canto al Fra-
tello . Sra il Tadre infermo, & la morte del figliuolo tanto ajfra , & graue gli
fu,che, fra pochi giorni fe ne mori and) egli: lafciata la moglie fua granida , eir
herede per tutto il corfo della fua vita ,& doppo lei il figliuolo, eh'ella par to rifle*

D e G li H e c a t o m m i t h i
Fx. a Do!era la morte dei figliuolograue,graue quclla del Manto : Ma ijVinumlo'
di deuer partorirc vnfiglim l mafehio , alqnanto fi racconfolaua : Ma venato \l
tempo delparto, pariori vna figliuola femina , La cjual le fu di. vie maggior mo-
lefiiiiyche non le ft ne la mone de duefigliuoli mafebi, ne quclla dei Marito.Con* ,
fiderando, clfcila, già vccchii di cbiquanta anni, & pin, non era piu f anebor*,
cbe di niiouo fi maritafic) per battere figiiuoli,& ebe era , come fuori deli’ordhne .
naturale, ebe, cfiaido di tanta ctà,fi foffe ingrauidata. Ety riuolgcndofi per l'a-%
riimo y cbe, rnorendofi fenga figliuoli mafebi, la heredità cadeua fopra coloro, cbe y
il Tadre a lei fufiituiti bauciia,fentuta dolore incredibile , Tcrcbc coloro erano da
lei poco meno, ebe, come ncrnici odiati. Ora per effere flata fopraprcfa Doler*,
da dolori del parto pin tofi o, elfeila noncrcdea , la Balia di vno de figlutoli rnor-
t i , fola',nente 11)autua aiutata a partorirc , & fola fapea,che la femina riivam•
ta . Dolera , ciò veggendo ,fitnife a p enfare, come poteffc fare, ebe i foflituiti *
lei non Itat!efero la heredita dei Tadre fuo . Et, communicato cio colla Balia , le
diffe ciia ; vn queflo giorno ifleffo , elfe di voi nata quefia figliuola,,Apora,noflr4
vicina,cbe come voi doppo la 'morte dei Marito,era granida rimafa, aitandola io,
ha partorito vnfgliuol mafehio, fe cofi vi piaccjfe , fipotrcbbc fare vn cambio,
cioè, cbe voi dcjte la vofira jigimola a lei, & voi il fuo figliuolo per voflro vi pi-
gliafle, & a queflo modo fe ne rimarrebbono i voflri parenti fcbermti,& voi ion
tenta ; E*pouera fopra tutte le pouere Mpora , f è fac’d eofa lo indurla, cl) eIUei
compiaccia . Tiacque a Dolera il configlio deila Balia, & la mando di fubno a
tentarc quefla fortuna, Ei efjd condufje in guifa il fa tto , che la pouera donna fi
pigliò la figliuola femina per fita, & diede il fuo a Doler a : ll cbe fece volcnúe-
ri .Apora, cpnfidtrando , cbe,oue il fuo figliuolo era nato a fofienere i difagi, &
le fatichc , cbe fono come proprie a tutti coloro,ebe in eftrema poucrtà fon notifÒ
nandaua egli ad effere nutrito nella abbondan’Z a,& ne gli agi. Oltre, cbe fi pen­
so anchc,cbc Dolcra non lafáerebbe mai, cbe la figliuolina fita patijje difag lo al­
amo, il cbe nonpotrebbc effere, fenon con molto vtile amo di lei . Fatto qucílo
cambiamento ,o vogliamola fuppofition chiamare, veggendo i Tarenti di Dole-
ra, la moita filma, clfella facca delia bambina,clfera tenuta figliuola delia pouc-
ra Donna,fi marauigliarono molto ,fiippicmlo fpetialmente,cbe Dolcra foleua ef­
fere j fra le dom e , il vero efjcmpio áclfauariúa. E t , come èfottile lo ingegno
humano, quando cofa mmiagli porge materia di penfare,sit cofi, cbepojfa ad al-$,
tri ritornarc ad vtile, vennero in opinione, cbe qttalcbe cofa di reo,fotto la cofiei "
non vfata liber alita fi rtafcondeffe : Et cercarono, con quanta maggior diligeng*
poterono, di fàpere daüa pouera Donna,perche Dolcra le f fie,contra il fuo coflit-
me,cofi cortcfc, & liberale. Ma ella,cbc fi godea di vedere il fuo figliuolo in buo
nofiato>& se anco trarre non picciolo vtile nel nutrire la figliuola di Dolcra per
ftta; non rifpofe altro mai, fenon ebe, efi a crcdctta,cbc Dolcra ciò faccjje pcrllt-
mer d’Illdio, & per amore,clfella portaffe a lei, & a quclla figlino lina : & ben
diffe in quefia parte il vero , Ti rche l\A.morc,cl)cl!a portaua alia propria figli-
uda, e r a eagi one; che cofi larga fi fcopr/ficad Mpora . Non rimafero i parenti
della
D E C A Q^V A R T A . f 99
tl della riffofla,cbe loro diedde Apora,appa,gati. Et veggendo tutta via andart
la Balia innangi3& indietro, & portare la fanciulla a Dolera,& da lei ad Apo-
ra . Fattilefl innangi vngiornofle domandarono3qual foffe la cagione,eh'clla,co-
ft foncntc,quclla Bambina quinei,& quindi portaffe; non rifpofc altro loro la Ba­
lia, fenon, cbe cofipiaccua a Dolera . To/cia megjio penfando fopra qucllo , cbe
Muenuto era : Ella,cbe ft fpcraua, cbe Dolera le deueffe effere molio cortefe, per
waitere eJfa,col mego fuo,ottcnuto qucllo, cbe pi it defideraua, cioê di priuare, col
foppoflo figliuolo, i parenti della bercdita,cbe loro di ragion perueniua, & nonfe
ne vededo venire d'vtilepure vn picciolo, nè rimanerne fperanga alctma di poter-
ne trarre mai,fe ne flaua mal contenta : & diceua fouente d a fe fold; dunque,per
opera mia,fi rimarranno coiloro,chc Dolera inganna, prim di quello , che loro di
ragion ft dce,& vnfigliuolo firaniero tutto queilo vtile, & queflo bene, contra,
ogni ragione , hauera : & io in queflo mondo,& neWaltrp ne porterò ,fenga al-
cuno vtile,la pena : queflo nonfia certo,non fie queflo gi ama i. La onde delibe­
ro , eke fe altra volta coloro la dimandafj'ero, di votere vcdcre fe da loro, piu ra-
gioneuolmente,& conpiu honeflà, maggiore vtile,ella poteffe trarre, cbe inftno
allbora da Dolera tratto non haueua,nc fpcraua di trarne m at: Hauendola adun-
que altra volta ricercata coloro, della cagione dicondurre fi ffeffo la Bambina a
cafa di Dolera , 'Lfon è la cagione, rifpofe ella, nè bella, nè buona y A quelle pa­
roleffi fuegliò vn non so cbe,negli animi loro,cbe di mali penfterigli empi. Et le
dxmandarono quale foffe quefla cagione, che ella dicea, cbe nè bella era,nè buona;
Non vi poffo io dire altroper bora,ri(j>ofe ella : St, lafeiatiglipieni difofpetto, x
cafa fe n'ttndo. ls[pn vi potrei dire chenti, & qualifurono i penftcri, cbe, per le
parole della Balia,andaronoper la mente a coloro, ognigfiorm erano infieme, o-
Igni giofiio di do fauellanano : ma,con quanto fapeano, & penfare, & dire, non
v ifu alcuno di loro,cbe al vero fi auicinaffe. "Perche veggendo effi I'amore, col
quale Dolera ilfigliuolo della pouera Donna nutriua, ogni altra cofa ft haurebbo-
no prima penfata, chefuo figliuolo quello nonfoffe flato : & fi penfauano piu to-
flo,cbe quella liberalitâ, che vfaua Dolera ad Apora , & quel faria cofi ff>effo
colla Bambina a lei andare, foffe per qualche fegreto ruffianefimo, che per altro:
percbefappiendo effi,cbe nelle lafeiue donne,gli anni nonfeemano il libidinofo ap­
petito,angf cbe tanto effopiü crefce,quanto mem ft conofcono atte, a potere ritro-
)uare,cbifatie lefaccia ; credeuano,cbe Apora fojfe la minifira di qualche foTZ?
am ore,& perciò bauefje lor detto la Balia,che la conuerfatione di Apora con Do­
lera,& il portare la Bambina bora quà.& bora la, non foJJ'e nè bella, nè buona•
Ma,non fappiendo rifoluerft, deliberarono di effer tanto a torno alia Balia, cb'ella
fcioglieffe loro il dubbio,cbaueua loro meff'o ncITanimo. Et ritornati a parlar fe-
co vna volta,& vn altra,& tenendogli ella fempre in maggior fofpetto, coll’ac-
cennar loro,che quando ciòpienamente fappeffino,nonpure rimarrebbero conten-
tiffimi,ma molto vtile ne trarrebbero : deflb in loro tanto deftderio di fapere, cbe
cofa poteffe effer ciò,che la pregarono,& le offerfero dorii, qualunque volta ella
sio loro voleffe fcoprire.Veduti ella coftoro cofi acceft , <£r efferle di offerte tanto
largbi;
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D e G li H e c a t o m m it h i
iarghi ; QtLmdo,dijfe,mi vogliate dar tuito, chc io poffz m ultare vna mia foU
figliuola , chc da marito io mi ritrouo hauere, vi lafcicrò tutti contenti. La <?/an-
degga della dimanda della Balia,perfuafe ageuolmente a coloro,conofcendoUmaf
ftmamente donna accorta, & non vana, cbe la ccfa, cb'effa promctteua di dir lo­
ro, non deueffe effere di picciola importanda . Ma , quantunquc ciò conofcejjino,
vollcro tentar e con qitel meno,che pot effero, di intendere ciò : & però le differo,,
troppo baucte adimandato,Madonna,dimandate le cofe bonefle, & noi cortcft v v ))
far emo. St qm l pin bone fla cofa vi poffo io ebiedere ,dijfe eUa,cbe il porre mia fi
gliuoLi alíhonore dei Mondo f Ma,come vi pare bora, cbe molto adimandato, vi
babbia,quando faprete quclio,cbe fon per dirui,logiudicherete di tanta importari
da,cbe terrete, cbepoco vihabbia cbiefto.Molte furono le parole da vna parte, et
dalialtra : Et,alia fine,fu concbiufo,che le darieno cinque cento fcudi, qualunque
volta la cofa,cb'ella loro diceffe,foffe tale,quale effa diccua. Voile la Balia, chc i
cinquecento fcudi le contaffi.no,Sfji differo,che fcoperta,cb'effa loro haueffe la cofa.
g lid e darieno; & clla,fono io,diffe, tanto atta a vendere a voi cinquecento jiudi,
quanto a darglimi v o i: però fc volete,cbe io vi dica quello,che tanto vtile arrecx
re vi dee,quanto forfe nonpenfate,numeratemi i danari,altrimentepenfatcui,cbe
io fta nata mutola:veduta la pertinacia della Donna,gli diedero gli fcudi. Et elia,
bauutigli diffe loro; So,cbe la roba,chc fu dei Tadre di Dolera , & bora èpofjc-
duta da lei, doppo la morte fu a , a voi deeperuenire, qualunque volta ella vnfi-
gliuo I mafebio non partorifca,che al tempo della fua morte viuo ft ritroui; Qtte(la
fappiamo anchor noi diffono coloro : Ma,che ci gioua queflo tuo dire, hauendo gil
Dolera vnfigliuol mafebio partorito f Lafciatemi finire,rifpofe la Balia,& pofcii
vedrete di quanto profitto vi ferà quello,cbe vi dirò. Segui adunque, differo ;
ella foggmnfe, queflo sa anco Dolera : Ma vorrebbe effapin toflo,cbc quffiagran
de heredità andaffe nelle mini al Demonio infernale,cl) ella veniffe nellevoH re;
liq u e f io ci ê nuouo replicarono coloro.Ora non volendo Dolera, che in voi cadi
quefia h e r e d i t à conofccndofi non piu atta a far figliuoli,per hauere homed paf
fati i cinqmnta anni; non lafeiarono coloro pin oltrefeguir la B alia , d r diffono:
cbe ba ella a temere di non partorire pin figliuoli, fc già vno ne ba p a rtorito , cbe
tutta quella heredità ci lena ? La vi leuerebbe ben foggionfe la Balia, fe io non v i
apriffigli occbi dclf intelletto : & farebbe pin tofio poffibile ogni impoffibil cofas
chcbauendoui ella prefo ilmodo,cbe prefo v i ba,voi que beni poffedefle; S t , chef
modo vi ba ella prefo ? dbnandarono coloro; que flo ,rifpofe la Balia,chauendo cl
la pa"tor it a vna figliuola femina, mutato l'ordine della natura, I'ba fatta duienir
mafebio; & come ba ella potato ciò fare = diffono coloro; ageuoliffimamente, ri­
fpofe la Balia : Tercbe tale è Hato lo ingegno fuonello ingannarm , cb'effa a vln-
la la natura: T er chc hauendo, ne! medefimo giorno,cbe Dolera par tori la femi­
na,partorito <Apora, ( cioò quefia pottera Donna vedoua:cbedi fuo marito, come
Doler a,era rimaja granida) vnfigliuolo mafebio : Dolera,per leuanti laheredi-
id,bn data la Femina a d % A p o ra ,& ha pig!- -to per fc il Mafebio , & h i finto di
Damir, partorito i & come fuo F igiim lo, hi pregut.lido zwftro.fiF ' n u tri ic

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D e c A Q^ V A R T A, 2êO
quell altra h fmina per fit a parimente nutrifce.F.t quefta c la eagionCyCb’ella tars
to fouentefaxfe venire,Apora,gr quella Bambina,percbe toccx dalFamor ma­
terno ,non puo non amatla,come figliuola di lei nata . Detto cio la Balia , fiffando
gli occhi in coloro : parui ftòggiunfe,cbe Fbauerui io ciò riuelato,meriti quello,che
dato mi hauete,perche io la mia figliuola mariti? Il meriti si,d ffono coloro,quart
,do ciò fia cofi vero,come tu narrato lo ci bai; Coft ê egh vero3d\fJe la Balia,come
voifcrevoi,grio fonio : gr,ouunque bifogncrà,farò io di questi verità amptijji-
ma fede,come colei,cbe del tutto fon flata miniftra.Stmi ho fentito mille fiate mor
dere I'animo, p enfando,che,col mio mego,vi deueffe effere toko quello,cbe giufiijji
mamente dee effere voflro,gr dato ad buomo ftraniero fenga fperanga alcuna di
potcrlo voi bauer mai:gr effendomi piugraue,cbe non vi faprei dire, il rimordi-
mento delia confcien%a,hofempre defiderato,cbemi fi offerifca occafione di leu ar­
mi del cuorc cofi pungente (fina,gr ne rengratio fua Maeílà, cbe boggi quefta gr a
tia conceffa mi babbia. Ifimafero poco meno,cbe attoniti,coloro a qudlo,cbe narro
la Bxlia;gr differo,cbe vi pare,di qiicflo fatto di Dolera?quello ,diffe ella,che me
ne dee parere,gr cbeparerà anco ad ognuno,che fappia quel,cbe poffan gli odi,et
le mxleuolenge,gr il diffiacereych'altri ba del bene altrui. T{eíla,foggiunfero colo
ro,cbe voi di tutto ciò facciate fede al Trincipe noftro,al quale vogliamo fare fa -
pere cofi graue ingano;Farolle riffofela Balia,per lo dritto3g r per logiuiio , g r
fa r alia altrefi la Donna,che il figliuolo dato leha,qualunque volta si diferetarne
tela facciate cbiamarc auanti al Trincipe,cbe,ffrouedutament e colta,non babbia
tepo di ordirui,infteme con Dolera,nuouo inganno.Tarendo a coHoro,i he la Balia
buon configlio haueffe lor dato,fe nandarono al Trincipe,gr gli feronofaper quel
loycbe la Balia hauea lor riuelato, dimandandogli giuftitia . Il Trincipe , intefo
quejjpjtfjganno,mando fubito a chiam are „4pora,la qualgiunta, le domando, cbe
f t to haueffe del figliuolo mafcbioy cb'effa partorito hauea. Sifenti paffare il cuo-
re la poucra Donna a quefte par ole, dubitando, cbe al fuo figliuolo non foffetolta
quella ventura,cbe le parea,cbe buona fortuna, gli haueffe apparecchiata : pure
raccolto il vigore,gr fatto buon vifo,diffejFigliuolo mafebio non bo io partorito,
Signore,ma vna femina si,la quale anche col mio latte mi nutrico. Il Trincipe,
voltatofi verfo lei co minaefiofo vifo;d.hi rea femina,diffe,non fo io,cbe tu bai da
to il tuo figliuolo a Dolera,gr ch’ella ba data a te la figliuola,cbe tu nutrifei, ma
\ti trarrb ben io,o vogli,o nò,il vero della bocca:gr ciò detto, la diede il Trincipe
a Sergentiygr diffe loro,collçtte tanto cofiei, cb’ella il vero dica intorno a quello,
cbe domandato le bo.dpora impaurita, nonfoflcme di effere collata , ma il fa t­
to narrò appunto,comeJuccejfo era. Il cbe fit moltocaroad intendere a paren­
ti di Dolera,gr pregarono il Trincipe,cbe, prima cbe ft lafeiaffe ^Apora,mandaf-
fe per D olera,acciocbe la verita foffe manifeiia,gr non haueffe ella tempo di or­
dire nuouo inganno a danno loro . Fit loro il Trincipe di ciò cortefe, gr per effere
effa in quella terra di nob'll fangue, mando vn Centilbuomo di fua camera , cb'al-
tre volte anco a corte cbiamata f hauea a dimandarla : La quale ,fenga penfare
cofi atemanoiofa, a cortc venue, gr f e nando allcflange della Moghc del Trim-
ripe j
De G li H e c a t g m m i t h i
cij/tyCômc ellafoleua . Il Trincipe,intcfo,clj cilii c m v cauta, ia fccc afe cbiatmt «

ii Figliuolo, cbe nutrite , nux la Figliuola,che partorifle, fia la piu bella , & U
piu ve%prpfd,cbe fi vedcffc giamai. quelle parole Dolera fi muto iutta nel vi*
foyil cbe die cbiaro inditio al Trincipe della ver'ita,ma cfla,cbiudendo piu,cheptftd
te, 1'ambafia nel cuorc,diflc ; cbe è cgli quello,cbe dite ? Signore, non sò io,fc bo
partorito il figliuoloycbe nutrico col latte mio d Ma non sò io , coji ben come voi,
fogginnfe il Signore, fe la Figliuola partorita hauete,cbauete fcambiata col figli•
uolo d\Apora , & cbe voi il fuo , & effa la voflra nutrica ? Qgn caddè, infieme
colla voce,a Dolera Tardire, & tanto pin confufa rimafe quanto il Trincipe ha*
ueagià fatta condurre Mpora innanQa le i, cbe I’biftoria tutta di nucuo narro.
Onde le diffe egli; Tarui,cbe f a fa ta opera da Gcntildonnafl por voflra Figlino*
la nella pcuerta,nella quale ft ritroua M pora,& voi torui il fuo,nelle riccbegge,
per voftro figliuolo,per torre,fenga alcun pro voftro, malignamente la roba a vc*
ftri parenti ? St non potendo , nèfappiendo a ciò contradar Dolera, col fdcntk
confefsò la fua maluagità. La quale acciò cbe fofl'e ben manifest a,voile il Trim*
pe,cbe fojje chiamata la Balia, & cljeJJ'a anebora narrafj'e, come quello inganno
baueffe condotto : llcbe fatto,confefsò Dolera il fatto come flaua. Mllbora diffe
ilTrincipe; Meriter efte, maluagta Donna,cbe vi defji per quefta voflra feelerag*
gine, tal gaftigo, cbe injin,cbe il mondo duraffe,non ardiffe alcun pin mai di com
mctterefmil dcli to.Ma voglio,cbe vi gioui di effere nata del legnaggio,che fete,
al qual fe ben voi hauete voluto fare quefto dishonore,voglio io nondime.no hatter
gli riguardo.Teròdafciando la feuerità,colla quale meriterefle d’effere fòffiprof
pria vita , come imbolatrice dell'altrui, vergognofament e punita : V*glio flclh
quella hereditàyche con tanta malitia hauete ccrcata di torre a voflri parenti, fid
loro da voi fubitamente data, perche nonfete piü degna,a modo alcuno, di pojfe*
derla : Stpofciache vi ha piaciuto dipigliaruiilfigliuolo d’Mporaper voftro ,
li
voglio, (o vel teniate voi, o vero adMpora il vogliate dare) cbe gli prouediate,
dfegli nobilmente fia alleitato, come merita il grado, f r la condition voflra : &
cbe gli prouediate de beni voflri, & di quefebe comperati hauete, delle rendite
della beredita,della quale volcuatepriuare coloro,a cui di ragione eUa deueapen
uenire, i quali beni fo, cbe fon molti,& di rnolta entrata,ch'egli ne habbiaper du
cento dticati, I'anno, per tutto il corfo dell.i fua vita : & non bauendo egli figlino*
li mafebi ritomino doppo lui a voflri heredi,ma bauendone,fi rimanghino di quel
li perpeiuamente : della figliuola,cbe ad Mpora hauete data, non difpongo fenon
quello,cbe voi ne affcrretcJLt fattCycbe quanto vi bo hnpoflo,fia cofi interamen
te ad ejfetto condotto,ehc non ne oda piu parola,perche f icendo al trim ente,vi fa­
ro v edere, conte de one. 'flere puniti cofi fatti delitti. Ifimafe , a qtteftc parole pin
che t rifta Dolera, veggendo Hfuo inganno effere riufáto ad vtile d'ognuno , fuot
(bc aft;Stpiu di cg,il cofi le clolfe3 il vederft effere coflrenaction folo a. nutricare.
D E C A : Q^V A R T A. * o *t
tna ad arricchire del fuo quel figlino lo,cb'ella ft bauea creduto fare herede di quel
dealtri. Et come ft godta dello inganno fatto,quando era fegrcto,cofl tutta dolen­
te pol cb'egli ft*fcoperto, a cafa ft ritornò. Et temendo, cbe peggio non le aueniffe
diedefubito effetto a quanto it Vrincipe ordinato le haueua. Et ritolta.fi la fua fi-
g l’tuola a cap, & dato il fuo ad ^ipora,viffe infelieemente il reflo della fua vita •

)■' ■ — ’ •
A F R O D I S I O AM a L A M O G L I E DI C L E O F I L O , ET C E R -
ca d giacerfi co-* lei ; Cieofiio, in vece deli’amata, lo fa gtacere colla propria mogite •, d
auede Afrod<(iodel)'inganno,& vuolfar malamencemorir Cieofiio jcglifchifa ia mor­
te, & laiuabtffaco Afrodifio.
N O V E L L A I X.
O F E N D O finita la fua nouella Flaminio diffe, Camilla; vera-
mente,Flaminio,hauete moflrata, maluagiai & fraudolente Do-
lera, mafono tali vitij di quefla,et di quella,non di tutte le Don­
ne , come anche i delitti de gli buomini maluagi, nonfono de vir-
tuofi, eir de buoni, le Iodi de quali nonfeemano punto le altrui
J’celeragini, & come gli buomini per natura tutti buoni ft profumono,cofi le Don­
ne anchora : nèfe ne deegiudicare alcuna maluagta, fe non ft ha della fua mala
vita , o del maCanimo chiarifjimo inditio. Verb fe bene quefla voFlra Dolera i
futa tea,non deuete voi, Flaminio, argomentare da quefla fola a tutte le altre,&•
fe fi duol Fuluia di queflo voflro modo di dire, non le so dar to , fenon ragione •
Sfuiui Flaminio, fe foffey diffe, tal Fuluia , quaIfete v o i, Camilla, non mi troue-
refle tale, quale mi moflro a le i: Ma la guerra, cffella vuol fempre kauer meco,
fi°tni fa entrare in campo tal hora piu gagliardamente, cbe non vorrei; Fate bene,
diffe aUtbora Fuluia, poichc molto ne guadagnate, ma mi dà il cuore fpoiche pur
.la volete meco, di reilarne vittoriofa,& riportarne le fpoglie al Tempio, ad ho­
nor non pur mio,ma di tutto il feminile ftuolo. Si era già meffo in punto ri riff on-
der Flaminio, quando Flauto; veggendo, chela Nauegiàfi auicinaua al Torto ,
dr che nonfolamente deuea fauellarc Camilla : ma Fabio anchora,diffe, fiate con
tento Flaminio,cbe Camilla feguaper bora il fuo ragionamento, acciocbe, prima
the arrnSimo al porto, pgffa hauere Fabio il luogo di nouellare, ultra volta po-
feia potrete opporui a Fuluia, doppo che volete hauere con lei tengone, Sia come
vi piace diffe Flaminio : Et tacendo già ognuno, diffe Camilla , come ft èfcoperto
di molle lode degno il Vrincipe, nel punire la frode di Dolera,coft vedrete degno
di biafimo frodifto,dcl qualefono bora, per ragionarui, per hauere voluto tor-
re l honore ad vna honefla Donna, & per non gli effere ciò venuto fatto , hauere
eercato di condurre a mal fine il fuo Marito,nè perche maluagio ft fia ^ífrodiflo:
• voglio io,come Flaminio per Dolera ha fatto delle Donne,argomentare , cbe tut-
- ii gli huomini, flan rei,ma pit* toflo, che tra vn numero infinito di buoni, & vir-
tuoflhfifcuoprono talhora fcelerati coloro, che fi deurebbono propone a gli altri
per effempio di bontà, & dogni eccellente virtu,
L h <A Thebaide dEgittofn vno,chiamatoafrodifio,cbedi quetta Cittd,
T a r, T rim a CC
/ I

’■•••• D e G li H e c a t o m m i t h i
& Telufto fuparimente Signore. Haueua quefli in corte vn Gentile buomojl
cui nome era Cleofilo,il quale era congiunto per matrimonio ad vna Giouane non
meno honejla, che bella, la quale ft nominaua Calotxma , della quale ft innamorò
*Afrodifio coft ardentemente, che, pojla in oblio la Moglie la quale honcjla era,
& di molta bellc%ga ornata ,• nonattendeua ad altro,che a poterfi di Calotimago
dere. Ma ftandoft la Donna romita, & attendendo, come deono fare tutte le Ma-
dri difamigliay algouerno della cafa,non daua occaftone al Signore di poteria pífr
re,a fua voglia mirare y non che di pariare, o di poteria indurre alle fue voglie.
Ter che anchora yche alle volte ,ella andaffe a vifitare la Moglie di ^Afrodifio, co­
me fua Donna, & di tutta quella contrada,egli imp aurito dalla fua honcjla, nè con
cenno, nè con alcuno atto ardiua di moflrarle I'amor fuo. Ter la qual cofa arden­
do chiufamente : & riuolgendofi molte cofe per I'animo, conchiufe al fine, di non
potcr compire il deftderio fuo ,fenon induceua il Marito a dargliele volontark-
mente. Onde ft diede afar ciò,che potejfe per mofirargli molto amore & ad al-
•garlo, digiornoyingiorno a maggior grado afargli molti doni: della qual co-
fa ft marauigliaua Cleofilo, & quantunque egli fojje amatore di gloria , & non
fojfe mat mancato di far cio* che a virtuofo Gentilhnomo ft conuiene, per guada-
gnarftyColla gratia del Signore,quell'honore,che t degnijfimo fegno, angi honefto
premio della virtu altrui,& potejfe pcnfare,cbe ciò ch’il Signore facea verjo Ini,
fojfe per dimojlratione del fuo operare virtuofamente, nondimeno non potea , non
parergli cofa nuoua,che cofi difubito,ft fojfe mofo a ciò fire : Ma pigliando ogni
cofa in buona parte, fe nandaua feruendo ilfuo Signore.Mfrodifto,quando gli par
ue di hauerfi tato obligato Cleofilo,che ft potejfe prometter di lui ciò, che volem;,
V pigliatafi opportuna occaftone, gli diffe; Cleofilo,tu puoi vedere quanto io ti atriv
& quanto io fia tutto intento ad inalzarti a maggior gradi , a quali po/htao ejfe-
re albati i piu cart feru\tori,ch"io habbia. Et percio io m'iflimo, che come io non
ho cofa tanto cara, che chiedendolami, non te ne facejji partecipe,cofi tu debbi ef­
fer del medefimo animo verfo me. Et detto ciò, attefe quello, che Cleofilo rifpon•
deffe.Et egli,cofi diJJe;Se mi chiedejle. Signor mio la vita,della quale no ha I'huo-
mo cofa pià cara, non ve ne farei disdetto : pero non reflate di chiedermi tutto
quello, che mi conofciate atto a poterui dare, che conof^erete, che d’ah)ro non mi
duole,fenon che io mi conofcopoterui & poco off'erire‘,& poco dare. Mlficurato
afrodifio da tali parole;La vita non ti voglio io cbiederc,diffe, Cleofilo perche no
lho iopunto men cara,che tu la ti habbi:& però voglio , che tu la ti conferui alle
cofegloriofe,& honorate: Ma cofa voglio io da te, che di molto vtile ti potrà ef­
fere,& a me di tanta fodüfattione,che dandolami tu, mi confejferòfempre baucr
da te la zdta.Saprai adunque,cb’io mi ritrouo tanto inflammato della Moglie tua,
cbefe per tua cortefia,non negodo, fon ftcurifjimo di morirmi: però confidando-
mi,chc tu non me ne debbi far niego, mi fon moffo a pregarti,che tu fij contento dr
fhrçychc quejío mio defideno babbia quel copimento,che vú promette la tua moi­
ta fede, & ia moita amoreuolex^a verfo meXimafc Cleofilo, come attonito,a id
dmar.da & diJjtfPami forfe Signore,chc lanimo raio il quale è fempre flato am-
díjjimo
De ca Q j a r t a ; " ' 1 ioj
dljjlmo, di honore, poffa piegarfi a cofa, che fia per effere cTmfamia a me,alia Mo
glie,a Figliuoli,& a. tuti a la mia famiglia etcrnamcnte? TregOui, Signore,che la-
fciate cboneflo voler e faccia,cbe mi chiediate quello, cbe feng'a imporre ali'honor
mio fi grane maccb‘u ,v i poffa liberament e conciedere ; .Angi diffe Mfrodifio, co-
fa non ti potrei io chiedere, cbe tu piu age uolmente,& con tuo piu honor e,mi po-
teffi dare di quefla, Tercbe qaeilo mio congiungimcnto, colla tua Donna , andrà
tanto fecrcto tra te, e*r me & lei, che noi foil lo fapremo,& non altri. êt perche
tu vegga di quanto poco momento,è ciò,io ti dico, cbe quando a te piaceffe di effe­
re colla Moglie mia,la quale è pur d'altro grado,cbe non è la tua, coff fegretamen
te,io non ne farei punto flima, angi la ti offerirei,quando io penfaj]i,cbe goder tu
ne voleffi.Oltre,cbc io ti darò tanti honorati gradi, cbe ti rimarrai il piu honorato
Barone cbe nella mia corte fia. Cleofilo allbora riffofe; La moglie voflra, Signore
m o, baurò io fempreper mia Donna,come ella mi è, & la mi terrò in quello ho­
nore,et in quella ftima,che effere deemoglie di vn fuo Signore a fedele Seruitore,
& però mai in me non zterrei altro penffero,cbe d'bonorarla,feruirla,& riucrirU
confedel cuore. Quanto a quello cbe voi,per go derui della mia, mi promettete,no
Jolamente no Caccetto, ma vi prego,che fe laferuitu mia vi ê cara,quanto vuol la
mia fede,cb'ella vi fia,cbe piu tofto vi piaccia di leuarmi tutto quello,cbe dato mi
hauete,cbe volermi dar piü con cofi fòggp, & dishoneflo modo, che vie piu obli­
gato mi vi terrò, perdendo quello, cbe con virtu mi ho acquiflato, che non faro a
deuerne molto piüguadagnare con tanto diskonore. Si turbò molto a quefle paro­
le %Afrodifio,& dijfe; Queflo èadunque il fine delle larghc promeffe, che fattem i
hai f Cofi vuoi tu piu toflo,çh'io mi muoia,confumato dalCamorofo ardore,che con
kimto tuo bene,mantenermi in vita f* Ma renditi ficuro, che fe tu cofi crudo, &
hi#tat tofi*ai verfo me,cbe vogli,ch'io mi muoia amando, ti moflrero, prima ch'io
fgitfngaal fine,quali fiam le forge mie : & cbe mifaprò pigliare , da m e, fenga
alcun prego quello, cbe tu per niun mio prego, mi hai voluto dare. Et di quefla
ingratitudine tua, doppo tanti benefici hauuti da m e, mipigliexb vendetta tale,
che mi conofcerai Signore. Ccrcò Cleofilo con molte, & efficaci ragioni, di rimo
uere da tal penfiero .Afrodifio, ma veggendo al fine,tbe niuna ne valeua : pensò
tra fe , di pigliare a fi gran.male quel miglior covnpenfo, cbepojjibit gli foffe , &
diffe; Io mi credeua, Sign&re, cbe voi, piu to flo, per giuoco di ciò mi ricercafle,
che da femo : Ma pofeia ch'io veggo tale effere la intentione voflra, non manche-
roper quanto per rnefi potrà, di difporre cofi la Moglie mia a compiacerui, come
io dijpoflo fonoycbe vi compiaccia. Credo nondimeno, che ciò mi fiè molto mala-
gcuoLe, perche io la conofco tanto amica di honefià, che piu tofto fi difforrebbe a
riceuer morte,che far cofa che men chonefla fi foffe . vdito ciò , diff?^Afrodifio,
fffhonti penfar, Cleofilo, di fchernirmi con tale ifcufa, perche sò io troppo bene,che
~farà ella tutto quello che tu vorrai: & quando fi moflraffe ritrofa non ne darò io
la colpa,ad altri,che a te:Etgran femo farad, fe non vorraiprouar 1'ira mia. Cleo
filo vcggendolo tocco afframente da doppio furore; Non accaderet, diffe >Signo­
re i ch'io proui l'ira voflra, ímperò che io vferò ogni diligenga, perche conofcia.-
CC 2
/

' ' D E G 1 1 H E C À T O MAM THI


t t y cbe piu amo la gratia voflra,che tutu Ic cofcdel mondo; Ben farai diffe Afro*
difio,fe cofi farai, & in ti prometio la gratia mia tanto maggiore, quanto piitcii
defidero. Et con quefio da Cleofilo ft parii, & lo lafciòpieno di tanto fdegm,<&. il
di tanto cordoglio , quanto fi può ognuno imaginare : Etmolto fopra fe ft fiette,
primat chef ippcjfe ritron.tr compenfo a coft firano accidente : Tsrcbe da vn hto I1
fe
lo pungem lo fiimolo dcll'bonorefil quale troppo pnote in virtuofo ànimo:dall'al•
tro temea molto , cbe quando egli faceffe cofa da animo generofo , non ne feguijje f
la morte della Moglie, & la ruina di tutta la cafa fua . Onde,volgcndo la mente tt
in varie partly elefi'e al fine, per men male, di fare,cbe rimaneffe Afrodifio fodif. A
fatto . Et ritrouatoloygli dijfe ; Signore , voglio , che voi conofeiate , cb’iopro* v
pongo a tutte le cofe del mondo il compiacerui. Et veggendo, che tanto defidcriò it
bauete della Moglie mia, bo cercato con lei ogni via pojjibile, per tentare, s'ella V
forjc ft difponejje a daruifi, ne mat íiato è pojjibile, nè con ragioni, nè con minac• u
tie , nè con amorcuolcgga indurlaui: La qual coj'a veggendo io , & conofcendo,
tb'ella mai, di fuo volere, non fipotrebbe a cw difporre, eír che il farle forra le
farebbe ccrtiffima cagione di morte, <&■nepotrebbero nafeere molti fcandali, con
poca fodisfattione vo ilra . Ho penfato , cbe lo inganno poffa fare voi contento,
Cjr non dare materia nè di dolore,nè di morte alia Moglie mia. Ciò vdendo Afro
difto, pur dijfe, cbe o con preggp, o di nafeofio me negoda mi rimarrò contento,
nè mat mi vedrò fatio di renderáguiderdone degno di cofi grato placere . A j á
ampio guiderdone mi fiè rijpofe Cleofilo, il farm contento. Et come ft ha egli a
fare ? dijfe Afrodifio; Cofi Signore ,foggiunfe Cleofilo. Sapete, cbe le flange
miequi in corte , nonfono molto lontane dalle voH re, & che la moglie mia font
viene talhora alia voftra , & cbe alle volte vi ílà tanto , cbe ft fa molto di no$^
te prima, cbe je ne parta : OndTio, perche ella non va da a quell'bora a r&mp lM) !
rimanere qui in corte, oue ft dorme ella meco: voglio quando cofi vi piaccia , tke'%
ella,in mia vece, ft giaccia con v o i. Tercbe, quando ella fi farà coricata, me ne
vfeiro io della camera, fingendo di voler far qualcbe cofi, & verrò per voi,S\-
gnor mio, & in mio luogo ve rientrerete nel letto . St cofi ,fenga a i unofcanda-
lo ,& • con communefodisfattione, compirete il deflderio vo ilro . Tiacque mol-
to ad Afrodifio il conflglio di Cleofilo, & gli dijfe, clje era prontijfimo a coft fa­
re, & cbe gli pareua, cbe molto bene penfato hauejfe .Tiacemi ffoggmnfe Cleo-
f lo , cbe ciò vi piaccia : Ma percbe ogni cofi fnccieda feliciljimamente, & voi
lungamente vigodiate del voflro amore: mi auanga a raccordarui,cbe la Moglie
mia ba per coflume, di mai non faue'lare la notte : & anebora ch'effa molto pia•
ter mi dia, nclgiuoco amorofo, nond'mem non manda mai fuori parola, etio,cbe
di ciò mipiglio molto diletto, il medefimo nil f accio,& cofi alia mutola la pajfia*.
mo fra noi, ion molto piacere ctambedur le parti. Il medefimo bifogna che fac-'.
date voi con lei, Terche fe voi mandate fuori parola , ella di jubito vi conofce•
tebbe,& nefeguirebbe in tanta voilra contentegga,grandijfimo difordine,\l qua­
le non potria non prndurre grauifjmo fcanualo ; cofi promifedi fare Afrodifio,
& fl ?°fe Attendere, che veniffe quellafelice borapuella quale hauejfe entro le
bracm
*D i c a Q^v a r t a ; * 03
braccta Calotima :Cleofilo doppo hauercdato queilo ordine coi fuo Signore fe
nando alit Moglie cbegià dell'amore di .Afrodifto fi era, aueduta,et le diffie tutto
il ragionamento,ch'cflb col Signore hauuto bauea. Come Calotima intefe,che il Si­
gnore,in vece dei Marito ft deuea giacere con lei koltatofi vcrfo lui; Dunquedif
fe Cleofilo tenete voi coft poca cura delthonor voftro,et dei mio, che conftmile in-
ganno,mi vogliate fottoporre a coft fatto disbonore i Qucflo non fiagiantai,Cleo-
filoy & pofcia che vi pare di non poter fuggire tiro, del Signore,fe a coft fogggp at-
to non vinducete coft dicendo diede di mano al pugnale , che a lato haueua il
Maritojpigliate, vi prego queilo ferro: & fucnandomi yjottrahctemi a coft fatto
vitupério. Et fe forfe non vi da il cuore di coft fire, per non voler vccidere Donna
innoccnte,io con quefla mano vi farò vedere, che piii amo morirmi innocentc, che
viuere colpcuolc : gr pungendo fi vollc ella pcrcuotere, & credo, che fatto l'ha-
urehbe,fe non la impeditu il Marito, il quale, prefole il braccio; fenga fcandab
diffe, <&■fenga fangue vfciremo, Moglie, mia, di queflo trauaglio. penfare,
(he tu coft poco cara mi che il comune honore mi fla coft poco a cuore, che
ti volcjfi io ad altrl fo;top orre,per rim.mcrmcne vituperato. Che, quando io mi
conoftejji a tal nccejjitá condoto, to non mi rimarrei di fare quello, che ad huomo
ti honore ft conuien fare. Egli è vero,che nonft è vergognato.Afrodifto di cbie-
dermi, elfto git ti dia, nè ragione adduttagli ha poflutofare , che iogli volga la
mente a mighor penftero : & io che veduto ho, chefolo il coltello potcua prouedt
re a qucslo difordinato voler c, fe altrx via nonmi ft offeriua da poter fuggir que
fiograue cafo, mi fono apprefo al men male. St mi fòn deliberato, che out egli de­
ft dera ,inmia vece,effcre teco : tu la fua moglie, in tua vece, git fottoponga. So
'Ofella sa il ragionamento primo chebbe ^tfrodifio meco,perche me ne ha ella fat
tffrpatftmre per la fua cameriera : prcgandomi,cb'io non confenta, ch'ella tal tor-
' loriccua da me:tit io le ho fatta fare conueneuole rijposla. Voglio adunque che
tu la ritroui,& che ti facet dare la fede,ch'ella non habbiaa pariare nè col Mari­
to, nè conaltri di quello,che le dirai. Hauutala, tugli dirai, che il fuo Marito,
ha v fta ogni diligenga,pergoderft di te. Ma che io,zr tu, & per I'honor noflro
& per[odisfaction di lei, ci ftamo deliberati di fargliele fapere, & moflrarlc
la via, per'ba quale ellaft rimanga contenta , & fatio il fuo Marito, & noi fuo-
ri di queflo impaccio.St che ciòftamofarà, sellanelle mieflan%e ft vorrd ridur-
re, & porfi nel mio lettoin luogo tuo come tufecretxrnenteglideporrai. St ri-
trouandola di tal volere , come mi credo, che tu la ritrouerai: gli dirai, ch'ella
mat per rofa, che le dica , ofaccia il Marito nongli parli, perche gli ho to detio
qucslo effere coflume tuo;cbe coft facendo goderaffi tffa ilfuo Marito,ft noi trar-
i râ fuori di quefla rincrcfcieuole noia. Tiacque a Calotima il conftglio Utl Marità
ft nandò alia Moglie diMfrodifto:& hauuta da lei la fede, di tacere quanto
ella direbbe, le narro tutto l'ordine prefo. Molto Iodo la Donna la prudenga di
Ckoflfo , & 1'honeflà di Calotima , & ft difpofe a tanto fare , quanto ella le dif-
f t . Cleofilo, poftia , che hebbe intefx la diftofttione della Donna prefr ordinè
ton ^ifrodifto, di far '0 giacere lafeguentenotte con la Moglie: St coft ftgui 3
».. Tar. Trima CC 3
; . D e G li H ecatommithí
come egli ordinato baueua. St la Donna, tutt-a composta adilettarc il Marito, fc'
fu con lui,non meno auidamcnte, ch'egli con lei c Vofcia , per non effere conofúu-
to, Mfrodifio, vnbora innangi algiorno, fen%â efferft aueduto dello ingannojd
la moglie ft diparti St ringraúò molto Cleofilo delia fua cortefia,nè manco di far-
gli per ciò corteft doni. St farebbe continuato lungamente ilgiuoco, fe la moglie di
M-frodifio non haueffe rotto il filo, col quale non folo era ordito, rnaanco teffuto,
cofi boneHo inganno. Vero che effendo ella vna notte coi marito gli diffe; Et come
vi diletta I'effere con Calotima ?*marito rnio. Efmafe a queíla vocc, tutto fopra
di fe Mfrodifio; Et diffe, che mi dite voi di Calotima ? Che vi dico , ripigliò ella ,
v i dimando quanto ella vi parepiu faporita di me : Voi,che lafciando me, cofifo-
uente con lei vigiacete . rÈfegò il marito ciò e/fer vero , & giurollc di non effcrfi
maicon Calotimagiacáuto ; vero è, diffe la Donna ilgiuramento voflro, qu.mto
al fatto : ma, quanto alia intention voíira, nongid, perche bauendo, crcduto voi
di effere con lei, vi fete giacáuto meco. St bo io prouato , giacendomi cofi finta-
mente con voi, quanto meglio mi babbiate accarczgata come amante, che nonfo-
lete accarezgarmi come mogliera. Ciò intendendo ^ífrodifio, conobbe lo ingan­
no che Cleofilo gli hauea fatto,& tutto arfe d'incredibilefdegno : ma,flringenda-
loft entro al cuore, diffe alia moglie; & chepiacere penfate v o i, che io mi hab-
hia prefo di v o it credete forfe, che conofciuta non vibabbia? ma il vedermi rice-
uere molto piu piacere da v o i, fotto la finta perfona, chefotto la vera, èflato ca-
gione,cbe con voi in quella guifa mi fij flato: però mifiè caro, Moglie mia,che ta­
le fempre mi vi moílriate,quale,fingendo Calotimaim i vi fete moíirata : & qui
febergando colla Doma, cerco di farle credere, che cofi foffe , come egli diccua .
St venuto il giorno, infiammato diardentiffmáira contra Cleofilo, delibero dif
lo morire : & morto fui, rapirft Calotima - Ma, nafeondendo fotto lietfi% gr^ M
micheuole vifo vn animo fcllone, moHraUa, v iè piu che mat, di amar Cleofilo eofilof^f'
di fentirglifi molto obligato, per 1’hauuto piacere . St per dar fine alfuo mal pen-
fiero j chiamò vn giorno a fe Cleofilo , & gli diffe; ha da effequire il Cafiellano,
cb'io tengo in Telufio, alcune cofefegrete, ch’iogli ho impofle, qualhora mande­
ro a lui, con mie lettere, vno deprimi buomini,cb'io habbia: & perche alcun non
fie hò, che mi fia piu a cuore di te : voglio, che là tu vaçli, & la letter a, gli porti
& la rifpojla fubito mi arreccbi. Cleofilopreflo al comandamento dei fuo Signo
r c,diffefafeiò, ch'egli voleua : St Mfrodifw la lettera , che gidferitta bauea,gli
diede, & gli diffe; dira t, che nonmanchi di effequire , quanto gli dijji, &
quanto gli ho feritto. MndofJ'cria cafa Cleofilo» & gidfiera meffo in pun-
to per andare a Telufio, ma la Moglie gelofa della falute del Marito , gli
diffe; Cleofilo non mi fid ben I'animo, per queflo voflro hauere andar cold,& non it.
credo, chefacefle male alcuno,fcprima, che vipartifle, voleftc vedcre ciò che v* < -r -
quella letter a dice;chefapetevoi,ch'effa non contenga la morte vofira ? Diede c - If*
gli orecchio alle parole della prudente, & amoreuole Moglie. St apcrtala,fcnga * r
punto guajlare il fuggelio, ritrouò, che Mfrodifio commetteua al Caflellano, che
toflo che foffe Idgiunto CUofilo,gli faccffe git tare vn capcftro al collo, & gli f a
çcfje
D ec a Qj v a r t a / 104
tpjje dare de calci a Rpuaio. ll valent'buomo,veduto ciò, rmgratib tnolto Iddio8
cbauefie deflata la Donna a cofi dirgli. St pigliata carta, <& inchiofiro Jcriffe
vna lettera d'altro tenore, & col fuggello ifieffola chiufe. St appre flati duo ca-
ualli, fe veftire la Moglie da Ragaggo: & faliti ambidue a cauallo,con quelpiu ,
cbepoterono portare con loro delle robbe di maggior preggo, verfo Telufio,agrx
camino s'inuiarono : & giunto al Caflellano, gli diè la lettera. Sgli veduto il fug-
gello del Signore, & cbe colui glide bauea portata, che il primo huomo era,cha-
uejje appreffo di fe ^Afrodifio,la prefe riuerentemente : pofcia apcrtala,& vedu
ta la mano del Signore, la quale bauea ottimamcnte finta Cleofilo ,ta tennefcritta
da lAfrodifio. St ritrouando, ch’ella diceua, cbe fubito, letta, cbe l'hauejfe,deffe
la cuftodia della rocca a Cleofilo,& infiemegli confignaffe le munitioni,& HThe
foro, <&• a lui fubito fe ne andajfe, percbe egli bauea da communicar con lui cofe
di molta important, cofife come la lettera gli imponeua , & ad ^ifrodifio , fe
liando. Fra quefto tempo ft acconciò alia difefa Cleofilo, auifandofi che con ogni
fuo sforgo gli verrebbe contra il Signore. ^Afrodifio ,veggendo il Caflellano ,(i
marauiglib molto,etfubito gli domandofe haueua fat to impiccar per lagola Cleo
filo . Come impiccare f* difjtegli, Iogli ho lafeiata la Rocca nelle maniycome mi
bauetefcritto,& a voi me nefon venuto,come mihauete impoflo. ^ifrodiftOytut-
to pieno d'incredibile rabbia; St qual lettera diffe, ti bofcritta di cib, Maluagio ?
quefia che mi ha portata Cleofilo ifieffo rifpofe ■:& cofi dicendotla lettera gli die
de.^Lfrodifio lettala, conobbe, cbe piu bauea di luifaputo Cleofilo:St auampando
di furore, mandb alia fua cafa , & ritrouato, cb'egli anco bauea con luicondotta
Calotima yfu molto dolente, St fubito la fe gittare per terra infino a fondamenti.
con moita gente fe riando aTclufio, con animo non folamente di fare morire
&eoffijffrma di dare lui,colla Moglie, adiuorare alle fiere. Ma Cleofilo, che giâ
Wuea condottegenti, & vettouaglie a bafianga dentro alia Rocca , lungo tempo
valorofamente ft difefe, rimprouerandoglil'baucrgli voluto violar la Moglie,&
pofcia far lui,come vnofeelerato impiccareper la gola . Fu lunga la guerra, ma
al fine ft moffero i Signori dell'Sgitto : & inteja la cagione di quel, ch'era auenu-
to,non feppero non riprendere grauemente ^Afrodifio : & doppo molti ma-
neggf^fu concbiufo, cbe cib, che era di pregio nella torre, il chefit
molto,foffe di Cleofilo, & egli lafciajje la Rocca ad ^tfrodifio:
ma non voile tfrodifio , cbe egli, per modo alcuno in €-
gitto ft rimanejfe. Ter la qual cofafe nando Cleo­
filo in Creta, & iui colla fua Moglie non men
bella, che honefta ,felicemente ft vif-
K f t ylafciando il lafeiuo ^tfro-
difio , condoppio fo r-
no belfato.
'

D b G li He c a t o m m i t h i
V N C A L Z O L A I O H A T R E F I G LI V O L E D A M A R 1 T Õ . hT
percio ti racconunda a fan Nicolao, c iò incendendo vn Banchiere íiio vicino,&b.ffüw
dolo dice.che oueegii fi raccomandaua a fan Nicolao, eghti racconiandauaa Buonoam.
to PrtftatoreHtbreo; fe negode Buon’aiuco,5c auiene in lüqucfta befta cofa,pertaqua
le il bani-hiertj&i’Hebreorimangono btffaci, & il Calzolaio a lorocofto auritaIc fui
figi mole.
N O V E L L A X. -n
Ebbero tanto placere le Donne,cb’^ífrodifto baueffe talpreniio del
la fua lafciuia ,chc non fi potcrono contenere,cbe tutte,ad vna va
ce,non dejjero grandiffima lode a Cleofilo, & dei gentile trigamo
vfato ad frodifto,& della prudenga vfata da lm,con molto va
lore,nel fuggirela morte apparecchiatagll dalLjliuo Sig. Rpfic*
na folamente Fabio a ragionare,il quale, poiche le Done tacquero, cofi cornu,ciò.
F V nella Città di Ferrara,della quale babbiamo già ragionato,vn Calgcdaio,
ilqualc baueua trefigliuole femine,delle quali duc erano da marito :& efjendo e*
gli pouero,per non bauere altro al mondo , cbe quellocbe guadagnaua dek'arte
fua,cbe a gran fatica ,gli baflaua a mantenere la fua famiglta ,fe ne flauamolto
ntaninconiofo,non haucndo egli modo xlcuno di dar la dote, alie figliuole:& cffen
do già vecchio,& veggendo il pericolofm cbe rimaneuano,pcr ejjere belle, & aut
nenti,pregaua fan Nicolao, cbe, come egli già diede il modo,ad vn pouero padre,
di maritare trefue figliuolc,cofi voleffe intcrckdcrgligratia appreffo Iddio,cb’tf-
fo anebora poteffe,prima cbe ftmoriffe,bauere il modo ii mettere le Jue figlino-
le aU'honorc del mondo: & ogni mattina,prima cbe andaffea bottega , ft riduce*
ua in vna Cbicfa , a pregare il Santo , cbe pregaffe Iddio , che gli dejfe queflo
contentegga. Staua appreffo queflo buomo da bene, vn Banchiere, il quale frâí
tnolto ricco, & teneua flretta amicitia con vn Treflatore Giudeo , che
daua Buono aiuto,pcr contrario fentltnento,ptro che egli coliefconcie vfure fcorti
cauagli huomini.il qual Banchiere era vtepiu di ogni altro auaro,& benebefof
fe tutta via rtcll'oro, ne baueua piu deftderlo, cbe qualunque altro , cbe ben pone•
ro foffe;ondc ft poteua ageuolmente dire, cbe egli non baueua que danari, ma che
i danari haueuan lu i; 61perlo infatiabile deftderio, cb’eglihauea diaccrcfce-
re il cumulo,che quaft al fommo era crefciuto ,. daua danari fegretamente al Gin*
deo,cbegli preflflffe ad vfurafd quale ogni anno nellafefla di Tint ale,fatta la ra*
pone del Banchiere,gli portaua I'v tile,che delle vfure gli perueniua.Ora veggen­
do coitui andarell Calgplaio alia Chiefa,alla qu&lc egli anebora andaua,& vedt*
tolo Hare auanti la imagine del Santo,con molta diuotione,gli domando, cbe cofa
egli chiedejfe,& fe forfe pregaffe per diuenir ricco , di pouero cb'egli era; queflo
non già , git chuggioio,riff ofeil Calgolaio, cbe dellamia fortuna mi contento;
ma folamente lo prego bene,cb’egli porga per me pregbi al Signore Iddio, cbe l l y
tnodo ml dia almeno,di maritare le mle figimole maggiori,prima cb'io muoia. Ri-
fe a quefie parole il Banchiere, & dijfe altro cl vuole buono buomo,a maritare le
donne,cbeflare Ginoccbioni auanti San Nicolao: ma fta,come ti place , tu a que­
flo flanto ridotto ti fe i, per queflo bifogno io per gli miei mi riduco a Buono
a’vMQ
D E e A Q^y A R T A. ' f aof
tuuto Hebréo,& credoycbe molto meglio me nc aucngayche non aut ene a te per le
pregbicreycbe tu porgi a quefio tuo Santo.ll CalxpUio t cbuomo da bene erayfentt
m ito dijfiiacere per le paroleychegli dijje 1'Muaro Banchiere; St tutto fdtgnofi,
Üffejo hbjfieranga in Dio,cbe oue tu vuoi proporre la maluagitàydi vno vfuru.o
* Giudeo alia bontà di vn Santo d ld d io , tu vedrai finalmente perproua che ldd.o
gaftigerà tet& a me darà quello aiuto, che fi conuerra alie pregbiere m ie , per lo
tocgo di quejlo Santo: & feio mi credejfi , cbe que Ho tuo maluagio Buono aiuto
tni hauejfe ad arriccbirc vie piüycbe tu arricchito non fiei, mi fdegnerei, the il no­
me fino ft vdijfe vficire dalla bocca miayfaluo >fe non v i vfiiffe in dijfiregio di lui,
& delia fua cattiua artCyColla quale egli fiugge il fangue delle vene a gli buornini:
non sòycome quefta Città toleri , cbe fi rnaCbuomo impoucrcndo i nofiri Citta•
diniyfi ficonciamcntearriccbifca : & voi molto mal fatteadimpacciarui conlui;
0 tu nonfiai, dififie I'Muaro , chel'odor del guadagno èbuono , venga egli da qual
parte ft voghayqueflo ti dico bcnioy che metre tu cofi fcbifo ti moHrerai tiflarai
femprefepolto nelfeno della pouertà ; & ftiamiui riffiofe egli , io amo piü di ri-
manermi poucroycome iofono, cbe arriccbire con cofi fatto mego : & con quefle
A parole ft dijfiartirono.il Bancbtercydoppo queflo lor primo ragionamento, qualun
que volta gliveniua veduto il Cabg>laio,gli diceua;Beneybuonbuomo yti ha egli an
k chora proueduto San TjicolaOycbe tu pojji maritare le figliuolc tuc?non,ri(fionde-
ua egli,ma preuedcrammi;a bell'bora le mariterai,diceua egli,fie tu queffo foccor
fo ajfietti;Forfefiè ciò piu toHoyche non penfatc,ri(fiondem il Cal%olaio:& jfiero,
cloe per le pregbiere di queflo Santo,il S.Iddio non mi ven d meno; Meglio baure-
fit da Buono aiutoycredilo a meyfegutm il Banchiere,fe tu a lui ti riduceffi, & gli
•fitcttefji parte del trafficoy cbe hai nella tua bottega , nelle mani, che oue tu te ne
per lo piu,died per centoyegli te nefarebbe guadagnare trenta,& piu:
wide fin breueffiatio di tempo}potrefii3fenga duo difagio, maritar lefigliuole tue;
migjiore aiuto porge a me Buono aiutoycbe il tuo Santo, a te.St feguendo cofi a dir
gli il Banchiere,& cofi a rijfiondere il Calgolaio:Mueme che pajjdndo vngiorno
Buono aiuto p la flradaymetre di color due cofi diceua Cvnoy& cofi rijfiodeua Cal-
tro.il Banchiere mejfa la manofiulla (fialla al Giudeo;queflo è Buono aiuto,gli dif-
fe,& non Sãti Jficolby ctiegli bà altroythe fare ncl Cielo , ckevdirey& adempi-
re le tue pregbiere; Mira anche egli qua gift, dlJJ'c ii Cal%plaio:St vdendo cib di­
re il Giudeo y voile fapere dal Banchiere, cbe voltjfe dir cib;St qui ridendo , gli
dijfcyáò che fra il Cahptaio & luiydetto ft erayet come gli hatseua moftratoych’c-
gli poca jfieranga potcua bauer dij'occorfo dal Santojma che bene de lui ne poteua
bauer vnolta yfefi diffioneua a volere ejjere con lui a parte delle vfure , col dargli
4J>arte del capitate y cbe nella bottega haueua : di cib tanto maggiormcnte Ji ralle-
^gro il Giudeoyqmndo egli vide vnoychefaceua profejfione di Cbrifliano y flimarlo
da tantoych'egli deuejje ejjere propojlo a Santi di Cbrijlo : & molto fi tenne obli­
gato al Banchiere, cbe tanta riputationcglihauejfe data ; & tutto gongolando,
promife di moftrargliji grato,per lojauore cIj egli fatto gli haueua.Vemie in que-
fio meip la folennità del "Ngtale del nojlro Signor, net qual tepo il Giudeo joleua
Jaldars
/ /

D e G li H e c a t o m m i t h i
fj.Ua.re col Banchicri le ragioni: onde fatto il fuo conto , v id e , che glitoccaum
trecento ducati, pet gli guadagnifuoi: & come paffato ilgiorno della Fefliuiti
dilslatalc, glide foleua portare, gli parue di voler ( per lo fauore , che fatto gli
haueua in metterloinnangi al Santo,) vfargli cortefta. Et effendo coftume dcgli
Hebrei, come fapete, per non potere effi mangiare carne di Torco , ingrajfareal
cune Oche, che crefcono talbora alia g ra n d eza , al pefo di oitanta libre, o po-
co meno : delibcrojji di voleme donare vna al Banchicri, dellc maggiori, cb’egli
hauejje. St perche,come auariffimo ch'cgli era,non haueua altri in cafa,che la mo
glie deliberoffi di cbiudere nell'occa i trecento ducati,cb'eJJo gli deuea dare:& fat
ta vna borfetta di tela, aperta l'ocha,vi mife dentro i ducati, & gli vi chiufe:&
pofciaferratala diligentemente,lamandò al Banchicri: penfandofi, che toccando
allarnoglie del Banchicri I’aprirla (la quale effo hauea per Donna da Bene ,però
che fapeua, ctiella riprendcua il marito de mali contratti,& delle vfurejella; re-
trouanioni la borfetta, la deueffe portare al marito,et ch'egli pofcia, parlando col
Banckiere,faldar deueffe, con lui le fue ragioni. Ma altrimente auenne,che il Gin
deo diuifato non haueua, Imperoche il Bancbiero auaro,veduta lagrandegga del
*1 |> iocha & effendo egli folo, & la moglie, le diffe; & chefaremo noi moglie,di <\nt
fla beflia coft grande ? ella ci putira in cafa,prima che I’habbiamo mangiata. U
Donna, che in odio haueua il Ciudeo et haueua a fchifo ciò,che da lui veniua, pit-
trirebbe ejfa ad ogni modo, diffe, marito,perche a voi folo toccherebbe a mangiat-
la,che io non vi porrei la bocca fefojji certa, che mi hauejje a fare ringiouenire,
Via adunque meglio,che veggiamo de cauarne denar\;meglio fiè certo,diffe la Do
nd,ma vergogna ci farebbe madarla in piag^a,ffetialmete p effere coft di Giudeo
Ci è, diffe egli, il Calgplaio noflro vicino, il quale ha affaigagliarda famiglia,
potrebbe ageuolmente auenire, ch'eff'o la comprerebbe,La Donna, che
tieuole era,et conofceua il Catgolaio huomo da bene,& bifognofo;meglio fiè diffti
chegliele doniate,o glide diateper amor dlddiofm amenda de peccati, che cm-
ntettete,conquefti non liciti contratti,che fate con queflo maluagio Giudeo,il qua
le farã al fine la perditione dell'anima voflra. Tufei fciocca, rifpofe eg li, troppo
gran limofma farebbe cotefla:& coft detto, bauendo la mattina ritrouato il Cal
Tplaiotutto allegro gli diffe; Dimmi, per tuafe, che bai tuhauuto a quefta Solen-
fútà del Tfatale dal tuo fanto Eftcolao; nulla rifpofe egli: ma ne afpetto bene tan­
to,che mi rimarrò di qnello,cbe io deftdcro, contento. Tu te ne flat full'affettati-
ue,diffe il Bancbieri,& io mi íiò full'bauere;& come ? diffe il Calgolaio;foggiun
fe allhora il Banchieri vientene a cafa mia, che ti faro vedere ciò,cbe mi ha dona­
to il mio Buono aiuto:& coft detto,conduffe il buono huomo a cafa fua:& mojlra-
tagli l'ocha;parti,diffe,che queflo fta altro,che cianciet MarauigUojJi il Calgolaio
della grandcTga, & graftftZZ* dell'^iugcUa,per non ne hauere mai veduta vna ft-
mile, ma con tutto ciò, gli diffe; poca gratia haurci al Santo , mio diuoto , fe mi
dcffe ftmil dono : altro ci vuole a maritar Donne ; Haural, diffe il Bancbiero, agio
d'ajpettarc,fe di qucllo che tu haurai da lui, vorrai maritare le tue figliuole : tu
tipafci di fferanga) ch'altro non è , chepafccrft di vento , & fognarft vegghian-
do »
• D e c A Q j A R T A. Jo£
do. Ma, lafciandoti nclla tua opinione, tu vedi,che fono incafa iofolo,& b Mo-
glie,&quefta .Augella è da. dare , cbe fare a vna famiglia molto maggtore . cbe
non è la mia,quando di comperarla ti piaccia,io la ti vendcro. Et cbe derrata me
ne volete voi fare ? diffe il Calgolaio ; Non vale ella due ducati ? diffe il Bancbie
ri;tanto nonguadagno in vna fcttimana,rifpofe cgli,nè voglio comperare I’bauer-
mi a pentire coft caro,& cbe a pentire ti haurefii,a comperare con cofi poebi deni
ri,il viuere abondeuole al meno di trc,o quattro giorni per la tua famiglia ? poebi
denari paiono,ripiglw il pouero buomo,a voi,cbe ne hauete le facca,ma a mepa-
iono molti,& prima,che guadagni vn Giulio,vi peno molto,et vi f accio fopra cett
to penfieri,prima cbe lo fpenda,non cbefopra.due ducati : però ntrouate pure al-
triycbela coperi,cbe,volendone voi tanto,non fa ella per me:ft riduffe doppo mol
teparole il Bancbieri a dargliele per lopreggo di fei Giuli:ct,quantunque la d en
ta fojfegrande fu a rifebio il Calgolaio dinon la pigliare, tanto fannotalhora mal
conofceregli buomini il bene,cbe lyoccaftone,loro appareccbia. Ture, contatigli i
denari,la prefe,& la ft porto a cafa,onde ne rimafe lieta et la moglie,&lefigliuo.
i le altreft.Et,chiamata la Madre la figliuola maggtore, la quale ft nominaua Lu­
cretia la bionda; Te diffe,& vota quefla Beflia,et votata cbe tu Lhaitrai portala-
mi,che neporrd parte infaleper conferuarla,& parte te ne darò per lo viuere di
quefla fettimana:andò la figliuola tutta lieta ad effequire quello,chela madre im
poflo le haueua,& neltrarre le interiora alTochaJe venne prefa la borfetta. La-
quale aperta vide la quantita de ducati,et corfe,colla maggtore allegregia del mo
do,non alia madre,ma al padre,& diffegli;altro ho io ritrouato,Tadre mio, nellx
ocba,che bufecchie,et fegato;& chefdiffe il Tadre, cbe cofi lieta fei;quefia borfet
j&ftkffe ella, plena di ducati,et moflrogliele; come piena di ducati? diffe il Tadre
fgjfiffttandofi : guarda,cbe tu no habbi traueduto; traueduto non bo io,fegui lx
tgliuola,&glie le diê:egli,votatala,et ritrouatiui dentro i trecento ducati fiette
tuft({fopra di fe,no fappiendoft imaginare come poteffe effere, cbe quella borfa iui
ft ritrouaj]e:& tutte le cofefi haurebbe egli prima penfate,cbe il Giudeo pofia v e
I'hauefjetetpariando colla Moglie,cbeiui era,diffe;queflo Bancbieri ad altrofine
non ha egli meffa quefla borfetta,che per farmi qualche affronto:& non so quaff
cbe mi fare,& fono in opinione di reportargliele: la Moglie,cbe pronta era,& ft
vide quefta fortuna apparecchiata auanti;farefle,diffe,ben da poco (perdonatemi)
Je quefla fciocchegga vi facefie, & cbepuote egli dire?che v i puoteegli farefnon
hauete voi comperata Locba,& fe talc I’hauete ritrouata, quale egli la v i ha vert
duta,chepuoteegli auenire quinei di male?forfe che voi gli hauete fatto inganno,
0 che gliel'hauete imbolata,che ne debbiate temer pena. Io v i diro,Marito mio,
puello,cbe nefento,già fon piu anni,che voi et io preghiamo San Nicolao,\cbe pre-
•’ghi il Signor lddio,che ci dia il modo di maritare le noürefiglimleúo voglio cre­
dere,che,per opera di quelSanto benedetto,ci fia venuta quefla bella ventura alie
manifetjè egli mandata la ci ba,fappiamcela tenere :£t,poi che Lucretia la Bioda
ritrouata Lha,diamle marito ,et diamle la meta di queJH denari,et coII’ultra metà.
mariteremo anco Violante la bidca3alla minore prouedcrà anebe Iddio di qualche
t>s G n H e c a t o m m i t h i
unit». T.t quando f ir an maritate le figliuole nofire, lafáeremo gridaré, chi tri­
tiar vorrâ^ on potrà mai darui colpa alamo di ladroánio,o di cofaaltra trial fit
ta piacque al Calgolaio il configlio della moglie, & tofto,vfcitofi di cafa, battcn-
do mtcjogià cbevi eratio duegiouani innamorati dclle due figliuole,di bonefia co-
ditione, cbe dcfiderauano di bauerleper mogliere, quando hauejfero bauuta do-
te conuenientc : gli ritrouò,& dijje loro di hattere la dote apparecchiata ,qualun-'
que volta voleffero pigliarfi le fuc Figliuole per Moglie , & proferfe loro cento
cinquanta ditcati per ciajcuna . I Giouani non poteano vdir cofi, piu grata:
cehbrato lo inflromento del Matrimonio , & della dote altresi, diede ordine a
fpofarle lafera ifttffa , & il Calgolaio inuitò alio (ponfalitio il Bancbieri, & in-
fem e la moglie fua . Il Bancbieri bauendo intefa le dote cbe datta il Calgolaio al-
le Figliuole fi marauiglio molto, onde hauejfc egli potttto bauere, cofi tofto, tan-
t t quanfita di denari. Et and rto Id , doppo Tejferfi allegretto della contented
fota,gli diman do onde cglt hauejfe bauuta, cofi foflo, la dote,per le Figliuolefuti
Il Calgolaio, fenga dirgii cofi alcuna dell'ocha, gli dijfe; voi vi credeuate , Mef­
fort, cbe il Santo ftfit fordo al!e preghiere mie, & non le porgeffe ad Iddio,im-
luto delle mie Figliuole, & pure egli mibà vdito, & mi ba mandato infino a ca-
fa il modo di maritarle, il cbcêftato altro, cbe I’Mugella, cbe il Giudeo manditx
vi ha : & però potetc vedere cbe bo bauuto io migliore aiuto dal Santo, cbe voi
dal Giudeo. Gli dimandò il Bancbieri, come ciòfojjc flato; & egli, bora è,diffe%
%•
MeJJere,de compire le tioggr,altra volta ragioneremo di do. Et attendendo a fe
direlo (ponfalitio, fu vna delle Tronule la moglie del Bancbieri, la quale infini-
tamente fit rallegrò, &■ colle figliuole, & cogli fpofi, & colla Madre ,& col Ta
dre . Finite le nogge, & andatifi a cafa il Bancbieri, & la moglie,gli dtff}-t
vedete Marito mio, come il S. Iddio ba aiutato queHo nofiro vicino,eg
bandona mai leperfone da bene cbe in lui fifidano , & bene farcfic anchor voi £
ridurui a Iddio, & a lafiiare quefio tanto defiderio di bauere,& non haltercfTk
re col Giudeo, che vederete alia fine, che one ha la Maeftà diuina aitato il Calgo-
lain , apparecchiara a voi (il che non vorreigia vedereJ qualcht flrano gafiigo.
S ete voi folo aI mondo, fete in guifa ricco , che potrefte nutrire vno effercito, &
ve ne flute avfiofò di guad'gnare, come fe fofieil piu rnifero di quCjta Città , &
vc nc dcare fie non folo peritirc, ma vergognare. Si rife egli alle parole della mo­
glie : & effendo gid molro di notte ,fc nandarono a dormire,Vcnuta la mattina,
venue il Giudeo a cafi il Bancbieri,et gli dimandò,come gli foffe piacciuta 1'ocba,
bene , rifj>ofc egli: & afpettando pure il Giudeo , ch'egligli diceffe qualcbecofi
dc ritrouati denari: & nongliene dicendo nulla, venne in opinione , che volefft
r-rgargliele ; gli dimandò, s'egli forfe la hauejfe fatta votare , fir come la haj
tteffe grafia r trouat.; vi dirò vero, difieil Bancbieri,la moltagraffegga di qttet-'M
C.Augelia tnduffe fiomacaggine alia mia Moglie,onde veggendo io,ch'ella a lei no‘% I
na ugrado, I bo venduta fei Giuli a quefio Calgolaio tiofiro vicino. Il Giudeo,cib
vdendo; come d (f>\< be venduta I'hauett al Calgolaio ? vi crano dentro i trecento
dHcatièche vi bauca mandati per fuldare le ragioni nofire.^i quefieparole rimaft
mn
-T> E C H Q_V A , R T A. 207
mnm^no, tri-HpU Banchiere, che ft foffe rhnafo il Giudeo : & conolbe,chc qutfii
erano i trecento dncatiychaucua dato il Calzaio in dote alle figliuole:pure pared0
gli di non ne hmere a flare net danno ;tuo diffe farà il danno, non f portam in one
ila guifx i danari a creditori;anz) pur vofbo farà diffe il Giudeo, cbe iogli vi bà
mandati a cafi,<zr fe gli banete voi dati ad altri,ve ne rimarrete col peggicde pa
role furono m olte,& piu,che nonfiprei dire fira l'vno,& l'altro,non volendo ol­
eum di ejji cbe il danno fojfe ilfuo Et,doppo molto hatter contefo inficme,dubitan
do pure il Giudeo di effere quegli,fu panni del quale ft foffegiuocato,diffc;cbc non
'1 era fin on bene,cbiamire il Calzplaio ,& vedtrefe 16 lui ft poteffc pigliare qtial•
cbe copefo a quefla fciagura;Cio fiè vano,diffe il Bancbieri,pcbe anchor ch'cgli vo
lefic,no potrebbe riflorare queilo danno, imperoche egli ne bà maritate duc figli-
uok’y & datigli a lor mariti p dote . Qucfla fugrauijjima puntura alíanimo del
Giudeoypare voile,che foffe cbiamato il Calzplaio , & lo compiacque il Bxnchie-
re yil quale venutOygli diffe con gentil modo, cbe i dinari, ctiegU hauea ritrouati
I fiell'ocha,de quali hauea maritate le figliuole, erano deWHebrco, che iui era : &
che voleffe effere cotento di pigliare qualchepartito, onde ne foffe riflorato il Gits
deo.il Calzplaioyhuomo da bcne,no voile negare il vero,et difft;egli c verb,cbe io
hò ritrouato i denari nellyaugella:tna hauendola io comperata da voi Meffere, mi
tengOyche ciò,chevi era dentro fia mio: col Giudeo non hò a fare cofx alcuna:voi,
I fe v i pare,che v i fia I'intereffcfuo ,rifiorategHele,che venduta la mi hauete; *An-
Zj meco hai tu a fire,diffe il Giudeo,che i denari fono i miei,& non puoi tu da at-
tri comperar la roba mia;come che hò comperata roba tuaifoggiunfe il Calzplaio9
era ella del Bamhiere,poi chc tu donata glide haueui,come egli mi diffe , quando
JbmB&tmi vendette.& ,fi ti vuoi valere del tuo,vaglietine con lui ; Tarti ripigliò
jujfys&yche p fei Giuliju debba coperare l'ocba,cbe valeua ben diece libre , &
WftCcento ducatdVarmiyrifpofe ilCalgotaio, cheio debba comperare le cofe , per
prezzp,che vendere le mi vuolcolui,di ch'etiefono;7dpnfapeua io che v i f o f
fero i denariydiffe il Banchiere, chefe faputo Bhaueffiygli haurei io trattifuori pri
tna,che venduta la ti hauejji:nè mia intention fu venderglite,nê tua di comperar-
glitche fvlofra te,& mefu fatto il mercatoJull'ocbas& nonfopra altro:pero ren
dcre mi dei queilo, cbe nonpenfafli tu di comperare,nè io di venderloti. Bene iftà
diffe il CalzplaiOypotreHeanebe dire,che nè ilfegato,nè le altreparti, che ndíat*
getia cranoytion erano le mie;hor per conchiuderlaui,Io vi dico,che io credo di ha-
uer comperato & Bocha, & cio chevi era dentro: & che S.Nicotao , del quale
umbi vibeffauate,mi habbia mandata queila ventura a beneficio detiefigliuole
mie,& perciò non ve ne darei vnpicciolo : & cibdetto, via fen undo.Bimafero U
a Giudeo,& il Banchiere di fare thiamare a ragioneil Calzplaio dinanti al Giudi-
'■;He,& di flringerlo col mezZP deUa ragione,a render loro i danari.Vartito il Giu­
deo,1a moglie del Banchiere,che fentiua difpiaceredi ciò,fece affai col marito,per
che la cofaft racchetaffe , dr poi che Iddio hauea mandata quella ventura a quel
pouer huomo in fauore detie duefigliuole,gliele lafeiaffe goderetVerche cio era il
combattere con Iddio iJlefJo9a volere opporfi a queilo , cb’ellafermamente crede-
. ha cbe
/ / / /

De G li Hecatommithi
ua cbe per volontd diuina fuffe auenuto.Et le dif]e,fra le altrc eofe , che 'interne,
nendo in tal maneggio il Giudeo preftatore,& cbauendo egli piii tofto nome d'vfu
raio,cbe nò, non gli potrcbbe aucriir di cw fenon danno , & vergogna . Egli,cbe
piü conto teneua del denaio , cbe della propria v ita , non attendendo quello,cbe
la moglie cletto gli hauea ,J'e nandò coi Giudeo al Gitidice, cb'era proprio de Giu-
dciúl quale ft cbiama in Ferrarail Giudice,de dodici faui, cbe c bonoratijfimom
giílrato : però,cb'egli c fopra 1'entrate, & le ragioni dei publico di quella Città,
g<T di tutto il contado altrefi , eír è giudice legittimo de Giudei, & di chi hàâx
far con loro. Teneua allbora qucfla dignita ^Antonio CoJlabili,buomo graue, <&
nell'afpetto di veneranda maeftà , il quale babbiamo noi veduto fouente in Romx
ambafi adore,per le occorrenge dei Sig.fuo, apprefjo Leone , il quale non con mi­
nor prude.nga,nè meno fedelmente trattaua i negoci delfuo Trincipe,cbe con moi­
I i ta ghtflitia reggeffe quel magiflrato. Vcnuti adunque auanti al Giudice il Giudeo,
& il Bancbieri,fecero cbiamare il Caholaio: & ,vcnuto cbe egli fu , gli narrato-
no ambidue la cagione della contefa loro.Et, poi cbe lv n a ,& l'ultra parte bebk
addotte le fue ragioni ,fu per rifoluerfiil Giudice a fauore dei Giudeo : parendo-
gli, cbe riiuna ragione volejfe, cbe i denari foffero del Calgolaio : per effcrfi fatto
il contraito fuitbeba,non fopra i denari,cbe dentro vi erano : de quali non bauea-
no notitia nè il venditore,nt il compratore. M a, prima cb'egli appriffe la inten­
tionefua,voile fapere,a che fine baueffe donata 1'ocba il Giudeo al Bancbieri, &
perche vi foffero dentro que trecento ducati. M quefla dimanda il Calgolaio, cbe
dubbitaua molto,che contra lui non cadefje la fentenga, non afpettando , cbe nè il
Giudeo,nèil Banchicre ri/pondcjje, fi voltò al Giudice & ( tacendo cbe il Banchie
re baueffe conto d'vfure coi Giudeo,& cbe baueffe anebe lui confortato ad eg
re in cofi disboneflo guadagno,dubitanto che,fedi cioparlaua non cade)
nari alia camera ducale,i quali pcnfaua egli, cbe, per pietà almeno , fenon pe7
tro , deueffero effer fuoi) gli difje la contefa, cbe era fra il Bancbieri, & luijM
Santo,& del Giudeo ; & come il Bancbieri proponena il Giudeo al Santo, beffan.
dolo,cbe nel Santo ft confidaffe,<&• cbe inferne coi Giudeo lo febermuano, qitalho-
ra lo vedeano,come cb'egli fofje folle,a porre la fperanga di maritare le fucfigli-
uole ne Santi d’Iddio; & gli diffe al fine,cb'egli f ermamente credeua, che, per h
piacere cbaueua il Giudeo, cbe foffero fiber niti da chi baueua il carattero dellx
fede di Chriflo , Saluatore, & Redentor noftro, i fami fu o i, & cb'egli quantum
que nemico delia fede noflra , fofje loro antepoilo ; baueffe data 1'ocba in dona
al Bancbieri, & chiufiui dentro i denari, cb'Iddio pofiia , in vendetta della ingin
ria fatta al Santo fuo,& in confufione dei Giudeo , & dei Bancbieri altrefi ,gli
hauea fatti capitare nelle mani, per opera cofi pia , quanto era flata il maritare
due verginelle : & cbe egli del riceuuto dono rendeua gratia al Santo , & a Id-'
dio , a que Ilo pe f cbe baueffe pregato per lui la Diurna Macf la , a queflo , perche
baueffe adimpite le fue pregbiere. Ma , cbe nella contentegpga , cb'egli baueua,
gli dolena di úon ve ne bauere ritrouati tanti, c'baueffe anebe potuto maritar
Cultra figliuola, cbe da marito baueua. Rimafero a queile parole il Giudeo , gr
il Ban'
D E C A Qjf A R T A . 2 0 8

HBanchien come mutoli, llche veggendo il Giudice3 domanih loro fecoflfof


fe j e^r bauendo alívno , e£“ all'altro Iddio , cowze legata la lingua , «0 » feppero
dir parola in difefa loro . Ia qual cofa conflderando il Giudice , tennc per vero
queüoycbe detto gli bauea il Calgolaio . E t3 voile per ogni modo fapere da lo­
ro , fe la cofa cofi jtaua , come 1'haueua 1'auerfario detta , & confeffando ejjfche
cofi era a punto . E'gli3come gelofo delenito diuino 3 & della religion m itra ,
giudicò cofi non pure if rana , ma piu di ognaltra maluagia , cbe bitomo Cbri-
ftiano , col mexo di vn Giudeo, a far do ft foffe data : <&■ cbe il Giudeo baueffe
dati don't al Banchicri, perche egli al Santo propoiio I'baueua . Onde, parendo-
gli ívno & rd tro degno di agro gaftigo , & il Calgplaio degno di compa(]ioney
lo lodh , cbe ft haucJJ'e pigliata la ventura , cbe Iddio mandata gli baueua t &
dicbiarò, che i danar i ft deueffero al Calgolaio 3 per confe quente, a lie jiglim le,
& a generi Juoi. E t , volendo egli temperar la pena ( però che qiteflo buomo
da benepiega jempre piu alia clemen%a,che alia feueritd , & al rigore) cbe gli
parue , cbe rnolto graue meritaffero il Giudeo 3& il Banchicri, voile cbe deffero
altri ccntocinquanta ducad al Calgplaio , come ad amico dllddio , da maritare
I ultra figliuola} cbe da marito baueua3 & che niun di loro de denari cbe nell^Au
gella erano , poteffe piu dir nulla . Cotale fu il fine dello fcorno, che 3infteme col
Giudeoycercò difare il Bancbieri al Santo di Iddio , & cotale fu il guadagno 3ctiam
bidue fecero in bauere fatto chiamare il Calgolaio auanti al Giudice : & tardi fi
auide il Banchiere 3 che meglio farebbe per lui flato 3 cbe fi foffe apprefo al con­
figito della Moglie.
N V T O il fine della piaceuole nouella di Fabio , díffe Flauto; Ha ben
tfôfdrfite la nouella vo flra , Fabio, che non ft dee pariare ffenon con molta ri-
t^enxa , di que felici fpiriti 3che fono , per gratia diuina 3 & per gli meriti lo-
pmoucrati dalla Cbiefa Catholica fra Sand d'Iddio. I quali non ponendo in
oblio di effere flati buomini fra not, per noipregano il Jommo Fat tore deli'vn\-
ttcrfo , <& muouonola bontd diuina, a mirare con pietofo occbio i bifogni neftri,
& a porger aiuto . Et ha parimente moflrato 3 cbe gli febernitori della religio­
;í ne >quando nonfel credino 3fentono quanta fta la diuina Giuflitia , Si bene 3 dijfe
Virginia , & mclto meglio farebbe flato3cbe I'auaro Banchiere , baueffe pigliato
efjempiodal Calgolaio 3cbe egli baueffe cercato di trar luiadbauer conto col
Giudeo : & pofeia, che pure accecato dalfauaritia, era fcorfo in tanto errore,
baueffe fatto quanto la moglie detto gli bauea . Ma sâ il Signor Iddio, ond'ban-
no origine tutte le opere buone 3 trarre anco da maluagi il bene 3 come bene veg-
fgtamo che dalla irnpictà di queiti due , de quali ciba pariato Fabio Jia egli trat-
Ho il bene , & la falute delle figliuole dei CaÍ7^plaioscbe flattano ingran pericolo
■di capitar m ale; & coi fine di queste parole , giunfero al porto , & furono rac-
colti amicbeuolmente da gli habitanti di quel luogo , i quali , bauendone h.mu-
to 1'viifo erano venuti al lito ad incontrargli, co quali fe n andarono diportando
Jin varipiaccri, infmo aWbora della cenatia qual giunta 3eJfcndo le vitiande app.t-
recchiatCy
1”
P e G li H e c a t o m m i t h i
Tccchiatc , fi pofvro a tattola , & finita. Ia cena , doppo bateere hauttti \nfn%
amoreuuli, & grati ragioaamenti, pii* non rimaneua a fare altro , cbe cbiuhi
il giorno con quilche cangona.Ondc Tortiaycbe tutta vcggofa era, voltatafi vet
fo FabioyCon cortcfe maniera gli diffc ; Dcb FabiOyCbe no ci fategratiay cbevdu.
mo vna deile vofire Can7oni ? ibe nonfolo farete a me tofi gratifim a , m.utut-
ti quefii gentili jpiriti , cbe nefono molto defiderofi, & mi banno eletta per an-
bafciatrne a v»i , per ottenere quefla gratia . Fabio , ciò vdendo; Tfon c, dif
feyTorti.it copi aU unUycbe per contentar voi prima , poftia per piacere a tuiti gli
a ltri , a nome de quali, bora mi bauctc rifcbicflo , non faceffi piu cbe volenti(>■
r i . Ha troppo fconucncuole cofi mi cbiedetetvolcndo cbe io,veccbiot canuiOyt i
voce roca, mi pon/a a cantare fra voi Ciouani vagbe , g r a t i o f e c b e bauetevi
ce non pur chiara foaue,ma angelica; Oltre cbe le mie cangoni non vi potreb-
bono effere fenon di noia : Terche , meffe in oblio tutte le rime , cbe mi detto git
.Amore ynella rniagiouane età3 non vi potrei dire fenon cofe da veccbio, le qui­
li poco y o niuno piacere vi arrecberebbono; Cofi non fièy diffe Tortia , angi lefi­
me vojircyle quali, come voi grani , & canuto fer anno , ci mofireranno, qualilt
noflre debbano effere, per lo inmngi.Quiui gli altri aggiunfero i preghi lon;
Ondcy diffc Fabio, vogito cbe vinea la riuercnga cbe iodebbo portare a quefii
nobile compagni a, il propoftto m:o . Ma farcte anco voi contentatTortia }di tec-
care l'\Arpicordo colla voftru delicata mano , cbe condirete in parte la mia m .
grata voce.Tortu , prcila al commandamento di Fabio t fi mife a fonare; & cp
coli comncio.

Se ilbel perfler ,chetenta di alzar 1’alma ,


L i ,o u tl iogo non han le fallaci om bre.
Seco I- uar si mi pouffe al C elo,
C h e ,fo to|l vo'dele fue alciere penne,
A cofi bel canvn menafsi il cuore ,
Tucco arderei dellacelefte fiamma.
E, acctfa di fi altiera, & viua fiimma ,
Sgombra di van de fir farebbe 1’alma,
Et puro-si,da mortal fecce il cuore,
Ctfabbraceando il ver benjafcierei 1’ombre,
Salen Jo,con ben lieui.e audaci penne,
Via p u ,che vagoaugel, veloce al C itio .
O fe tanto di gratia hò mai dat C ielo ,
Ch’auampitutro di si nobil fiamma,
O che rtrourilecelifle penne ,
Ch’al diícender quá g ü perdette Palma
L’alma,che vennedallalucea1’ombre,
D qaantoi’ d fiai fia pago il cuore.
Fili> e c bene, & fortunato il cuore ,
ChVfpira folo a formonrareal Cielo ,
Et vede(, che (onfumi, &rhe fono ombre v
O lieue paglia a ben ymuct £Luuna,
lf
ao p
S i , c h e a p o g g ia r la s u n o n h a b b ia penne.
C h i r ic o u r a r v u o l le p e r d u c e p e n n e .
P e r c h e e o n v o l o a ltie r là fi a lz i il c u o r e ,
O n d e g i i ic e fe in n o ila im m o r t a le a lm a *
P e r d iu e n ir v e r c itta d in d e l C i e l o :
S e g u i r i a lu c e d e e d i q u e l l a fia m m a
C h e n o n lafcia o ffu fc a r g !i o c c h i d a l’o m b r c »
I n m e a c c o r r e i v e n t i , & ca ccia r l’o m b r c ,
O p er l’a r ia v o la r fe n z a le p e n n e ,
. O c o l f o lf o a m o r z a r v iu a c e f ia m m a
T e n t a c h i t i e n fra q u e f t e fo r d i il c u o r c ,
E t fi p e n fa p o te r m a n d a r al C i e l o
C o n P ali d e l p e n fie r , l’:m p e d ita a l m a .
T e m p o è d i r i t r a r l ’a im a h o m a i d a l’o m b r c .
E t cer c a r ( p e r c h e il c u o r s’in a lz i al C ie lo
C o n lie u i p e n n e ) a r d c r d ’e c e r u a f ia m m a .
I
L canxpnc di Fabio,fu dagli afcoltanti variamente lodata : Teroche ad al
I cunt piacque marauigliofamente la grauità del foggetto : ad altri I'ordine delle ri-
tne, nonpiuvditenepaffati ragionamenti,degiorniadietro : & vifurono tra pit*
J _ maturi, molti, che lodarono il faggio ricordo , cbanea dato Fabio, nelfine della
e.Tontio,cbe dagiouanilepenftcro era tocco, voltatofi verfo Flaminio, gli
edete corne Fabio ci ha voluto leuar dal mondo , & ne piii fioriti anni farci
' vecchi i Egli è degno di fcufa,dijfe Flaminio,peroche i molti annigii ban-
ito il [entire il dolce di quefta vita, la qual viuiamo; *Angi lo fento \o,ripi-
ibio, & perebe il buon giudicio mi fa conofcere, che quefta , che voi cbia-
lolçcgza,è mortal veleno,cbe ancidegli animi altruUvi hofaputo moftrare
f x’ ndotto da fallace gufto, troppo ne piglia, ft ritruoua alfine miferamente
lato. Quinto,vdcndocofi dir Fabio, troppo vero è,ciò che voi dite,& io pro
ho cofi apertamente, in quello,cbe alcuni hanno flimato il meglio del mon-
ȏ in amare,che ne poJJ'ofare chiaro teftiraonio, non pure a Tontio,od a Fla
,m a a qualunquealtro, chealtrimentecrcda:&fenoncheI'bora è tarda,vi
moftrerei con vna mia dogliofa canzone delle tnedefime rime,che è qttella di Fabio
compofta in quanto amaro mi ftano riuolte quelle dolcczpge,chepenfai, che mi de
uefjero eJJ'erc rnollo foaui: il che dimofirerebbe, che nonfenga cagione, ci ha Fa-
bio inuitati a cercar di ardere di miglior fiamme.Sappiendo tutta la brigata quart
to di gratia portaJJ'cro feco le rime di Quinto, vennero infommo dcftdcrio,di vdi­
re la fua canzone,& differo non è I'bora tanto tarda, Quinto , che acconciamentè
non pofíiate voi dire, & not altreCi vdire la voftra canzone:Terò vi prezhiamo d

C h t. u itie p id ir n o! p u d Taura , n è l’o m b r e ,


S' N è p i o g g i a , c h e tra n o i ca d a dal C i e l o ,
’ V Tar, Trima D D
D e G li H e c a t o m m i t h í
('C h’Amorl’auiuaal batter dellepenne )
Segue, qual fuole, ad infiammarmiiicuorc,
Diuenir tucto mi vedrete fiamma.
Viuace, accefa, i neftinguibile fiamma
Fu queila, onde fi acceie allhora Palma,
Che (i fe ferua del’altiero cuore
Che mi fècor dal vero, eabbracciar l’ombre.
N è faputohogiamai ritrouar penne.
Da potermi volar libero al C ielo.
Qjuantihó pianti, & iofpir mandati al Cielo:
Poi che l’ardor dellacocente fiamma,
( Quando meno il penfai) di quelle pennej
Che dal Ciei giá p orto,fe nuda 1‘alma ,
Per hauere al fereno, o vero a l’ombre ,
Qualche riftoro ali’infiammato cuore .
M aquelferrigno,e adamantino cuore,
Che non degna huom,che viua fotto il Cielo
Perch’ombraal fin mi madia ftar fral’ombre
Q ueila,onde incenerifco,ardente fiamma.
Gode a veder,chelaindebolitaalma, .
Alfuggirfi da mecerchile penne.
O fe la oue il penfier fpiega le penne,
Poggiarpotefleardicamenteil cuore
Sgombradi quanto mal faria queft’alm*
Ma, pria che ciò mi dia cortefe il Cielo ,
Diuerrà fredo ghiaccio ardente fiamma a
Et luce chiara hen tenebre, & ombre.
Perche, quale all’vfcire il Sol dell’ombre ,
Spieganoal Cieloi vaghiaugei le penne.
Tale,alio fplendor io di queila fiamma ,
Aperfi al danno mio malcautoil cuore , a
Nè all’ofcuro giamai,nè al chsaro Cielo ,
Vn giorno quctohauer potutohà Palma.
Allhor fiaqueta i’alma,che tra Pombre , r‘
Andrò con meftocuor, pofciache il Cielo
Non mi da penne a vfcir di queila fiamma *

D IE BE J{0 le rime di Quinto materia & di dolore, & di piacere a gli a-


fcoltanti,perche loro fpiacque, che cofi virtuojo Giouane infdicementc amajje,&
molto loro ddettarono le rime della fna canzone : alia fine della quale volt at oft
Fabio verfo 'Pontio, & Flaminio;vi ha, diffe, moflrato Qtfmto , che non êfenon
bene conofcere per tempo il diritto camino della v i t a , & per quello inuiarfi, ne
migliori ami , a buonfinc. .Acconfer. >Irono i Jaggi giudici alle parole di Fabio:&
polio fine a ragionamenti, tutti ft ~ndarono a rip ojarc.

II fine della Quarta D eca.


210

LA Q V IN T A D E C A
DE GLI H E C A T O M M I T H I
N E L L A Q . V A I E SI R A G I O N A D E L L A F E D E
de Mariti, & ddie Mogli.

0 S T 0 cbe la vcgncnte Aurora, fcacciate dal noP.ro


Emijpero le tencbrc della notte, fc col fun .«bore ira-
bianchire k parti dell'Oriente, tutti queili della brig i-
ta ,fl leuarono da dormire: & poda ogni cfla -apan­
to, allebarche fe nandarono, & foffia.idu dj la m ente
il vento da poppa, feguirono il lor viaggio:& cosieg-
giando il lito paffarono con varij piaceri il tempo injfi-
no all'hora del difnare : laqual gutnta , rpe apprejlate
te tauole,ft mifero a mangiarc. Stpoi cbe ft fit di que-
fla, & di quella cofa ragionato , effendogià paffata I'bora della ISfona, dijje Fa-
bio a Quinto; tempo è cbe diate principio alia bella,& lodeuole materia, la qua­
le giâ á propofe Sempronio colla nouella di T i H i : doppo le quali parole, f acendo
jtgli fembiante di voler dire, gli altri tutti fi appareccbiarono ad afcoltare;& egh
ycoji cominciò. >

R E I N A D’ E G I T T O , E' M A R I T A T A A R O D O B A *
, no Re di Periia, il quale , per inganno di vno fcelerato, comlncia ad hauerla in odio; el-
•’, •or Via non manca di amarlo, con fommafede; conofce, doppo alcun tempo , Rodobano la
jti/Tede della fua Moglie, & la fraude del Maluagiojonde ha quella carifsima, &queiliepu-
"S^ito fccondoil me rito della fuacatciuiti.
N O V E L L A I.
E C 0 M S l'argomento,di cbe hoggifi dee ragionare3è non meno
hello,cbe comeneuole all'amore, et allafede di queflegentili Gio
it.mi verfo i Mariti loro, & de loro Mariti verfo effe, coftfojfi io
atto a potergli dare diceuoleprincipio,non dubiterei punto di non
agguagliare, colle parole mie , cofi degna materia. Ma conofcen-
do io,cbe ciu è vie maggior d'ogni mia forgo.>baurci volentier voluto, cbe vna di
quefle noflregiouani, o vero vno de Mariti loro le bauejfc dato principio. Nondi-
meno, pofeia cbe la forte è caduta fopra di me, vi narrerò vno auenimento Reale3
degno della vdienga voslra , I'altegga del quale, potrà fupplire alia bajfeggx
dclTingegno mio .
TgF. L Regno cfEgitto fit gia vn Remolto poffente, il cui nome fu Caffandro 3
Quefli baueua vn fuo Capitano, cbiamato Grippo, eke buomovalorofo era,& na
to della prima famigli a,doppo il fangue Reale,cbe foffc in quelle contrade del qua
ft il He molto flfldaua. *dnenne, cbe CaJfandro a morte sinfemò, per la qual co-
DD z
/
D ê G li H e c a t o m m it h i
/1 bítttehdo vna fola Figliuola, nel partò della quale cramorta la madre , &fin.
tendofi vemr meno, prima ch'egli fi morijje, /a lafciò beredc di tutto il regno, &
la raccomandò al Senato dell'Fgitto; al quale lafciò la cura dl tutto il regno, infh
no cl) eIIa foffe maritata, & dapoi anchora, fe forfe cila frimantffe fenga marito;
dandogli quella iflejja autiorità,& ncl Regno,& nella Figliuola, ch'egli vi hm .
u a . t poco innangi alia morte pregò i Senatori, cbe di tanto il compiaajfero,
cbe ad buomo non la differ o, cbe I{c nonfoffe & non veniffe a tenere la fede Retj-
le in Fgitto . Il Senato gli promife, & giurò di cofifare : & indi a poco, Caffe.n-
dro fe ne mon. Nc cofi tofto eglifu morto , cbe Crippo , non oflante Sordine dm
dal P\C. fi crcdctte, per la fua auttorità,& perla nobilià della famiglia ,potcrc di
fporre i Senatori a dar Selene febe talc era il name della Giouane) ad Hipparco [no
vnico figliuolo.Ft fatta tra fe quefla deliberatione, quando tempo gli parueja die
fe al Senato. Ma i Senatori, a quali era a cuore la Giouane,& non volcano con-
trafare al volcre del Re, gli rijpofero, cbe non era comeneuole, cbe in cofa di tan­
ta imp ortanga, fi mancaffe alia volontà del l\e : eprperò ad altri,cbe a Rc,nonh
voleano dare. Fugraue la ri[potta a Grippo : ma moflro il contrario nel vifo,
imaginandofi, cbe ultra volta gli potrebbe venir fatto,di ritrouare i Senatori pm
piegbeuoli alle fue voglie. Ma il Senato, in queflo m egp,f delibero di dark put
mogliea Rodobano, Re di Terf a , Giouane molto gentile, & quaft dilia medefi-
ma eta, cb'era Selene; Increbbe queflo a Grippo, quanto non ft potrebbe dir pit),
fappiendo, (petialmentc, cbe voleano, come Caflandro haueua ordinato, cbe egli(
teneffc Lafede in Fgitto. Venne adunque a Selene Rodobano : & prefi la Rcina
per moglie, in picciolo /patio di tempo fe quello , cbe noi veggiamo fare a grandi
Re, & ad altri Signori nelle mutationi de gli fla ti, cbe algano gli buomini >vtof
& abbaJJ'ano, o leuano da gli vfficij quelli, cbe vi crano : il qual coflume,anchoK
cbe non fa forfe comeneuole, è egli nondimeno hoggi paffato,quxf per regola
tutte le corti. Diffcnso Rodobano tutti gli vfficij, & tutti i magiftrati in qu J f
di Terf a , di modo, cbe Grippo, il quale foleua effere il primo buomo dell'Fgitto
doppo il Re ,fenc flaua come priuato, la qual cofa effendo anco moleHa a Selene
cbe in luogo di Tadre I haueua, lo clcffc per Juo Segretario, imaginandof , che per
effere clla Hata da lui alleuata, & crcfciuta, nc dcueffe riceuere amorcuoliffmo,
tjr ftdcliffimo feruigio. Grippo tenne tal manicra in queflo vfflcio , che (come a-
fluto,che egli era) fi acquiflò non minor fede appreffo il Re , ch'egli la f baueffe
appreffo la Reina. La qual cofa fit cagione , cbe Grippo fi delibero di volerlo od
vcciderCyOfarlo vcciderc. Ft effendo Hipparco fuo Figjiuologiouane valorofo,&
forte,communico con lui quanto intcndcua di fare; moflrandog)i,cbe morto il Re
potrebbe ageuòlmcnte auenire, cb’efj'o baurebbe Selene per moglie%&diuerrebbe
Re di tutto I'Fgitto. Hanendo adunque tratto Grippo il Figjiuolo nclla fua opinio-
ne , f l difpofe a dare effetto al fuo maluagio difegno : & pigliataf? loccaflone ,fe
■aando al l{e ; Ft gli diffe, che quando egli volcjfe giurare fit la corona fua, di non
dire aperfona,cofa, cbe gli riuelaffe, gli moflrerebbe quanta fofj'c la fua fedever
fo lu i, & quanto egli foffe gclofo delfuo bene. ll Re} veduta la efficacia , colU
quale
D E C A Q ^V I N T A. 2 II
quale coflui gli parlaua, & imaginandof,th e non foffe perparlarglife non di co-
fa di moIta. imp ortanga, venne defderofijjimo di fapere ciò,ch'egli ft voleffe dire;
Et percio gli promife, dr gmrò , di offeruare quanto egli gli bancua addimandato.
lAllhora Grippo gli diffe , che I'effere Segrctario della fua Reina , dr Lhauerla da
Fanciulla alienata, gh deuea far tal forga,cbe non deuea dir cofa alcuna , contra,
lei, Ma ebe I'hauerla egli piu volte riprefa de ciò, ch'effa faceua, dr non volendo
tila reítarfi dal fuoproponimento, egli, moffo a compaffione delpcricolo,nel qua
lelo vedeua effere, hauea voluto leuarlo dello acerbo cafo, il qualegli vedea fo-
praftare , dr notte , drgiorno . Et queflo dettogli foggiunfe , che Selene , nel
tempo, cloegli non andaua a lei, ft giaceua con vno fuo ^Adultero , dr che effendo
egli per entrar nella camera fentendogli bisbigliare infteme,haueua algato torec-
chio ad vdire ciò, che diccffero ; dr intefe, che haueano dato ordine infteme di vc-
cidere il Re. La qual cofa gli parue tanto horribile , che appena ft potè contenere
digridare, Traditore, dr che penfiero fcelerato ti occupa la mente r1ma che , te­
nendo meglio, che il Re ne pigliaffe quella vendetta, che meritaua tanta feekra-
gine, glide hauea voluto riuelare, infegno della moita fede , colla quale I'ama-
ha,dr riueriua. Rodobano, cb’appena hauea diciotto anni, v edendoft cofi dire ad
vno vecchio, dr di grande auttorità appreffo la Reina alleuua da lui,die vie piu
fede alle fue parole, che non fi conueniua : St accrebbe a Rodobano il fofpetto I'ef­
fere nati, pot hi di innangi, alcuni fdtgni tra Selene , & lu i : la onde domando a
*Grippo,cbe fegno gli dart bbe,che lo deueffe far cerro di quanto egli hauea detto }
Won altro, rffpofe egli,fe non che,toflo C^idultero verràfio ve ne farò motto: d r
*fagò^che ve lo ritrouercte ,dr ne farcte voi pofeia quello,che vi parra conuencuo-
’ uhfipunirlo di tanto oltraggio. Ma bene vi prego, a tenere tal modo,che la Rei-
s'na non ft poffa auedere, the flu peruenuta a voHra notitia cofa alcuna di ciò, per-
:fe,oue io dcfidcro,punir I\Adultero, il quale non ho anchora io potato compren-
h'&e chi ft fta, tanto occultamente v d fa ella venire, tutto il male cadrebbe fopra
di me, dr fopra la cafa mia : Coft gli prornife il Re di fa re . Et partitoft Grippo
lafciò il cuore del Re cruddmente trafjiffb . Et ft diede il femplice Giouane ad a-
jpettar quelgiorno, nel quale deueffe certifcarfi di ciò, che Grippo detto gli ha­
uea, non conofcendo quale era Linganno che fotto le parole di quel Maluagio,fi ce
laua . Taffati tre giorni, o quattro, Grippo fe ne venne al Re, & gli dijfe,che la
fera feguente /’\Adultero vi deuea venire , dr che alle venture bore lo ritrouer-
rebbe apiatato nelle flange della Reina; Ciò intefo Rodobano , tutto pieno di mal
talento, gli diffe , che quando gli pareffe tempo , lo venifle a ritrouare,ch'egli fe-
co vi andrebbe, dr gli farebbe vedere che ftima faceffe dell'honor fuo. Venuta
l hora gid detta, Grippo al Rcfc ne venne, dr gli diffe , che l\Adultero venuto e-
ra : alia qual voce il Re prefe in compagnia due Caualieri di Terfta,chc dr valo­
roft erano , dr a lui fidatijfimi, fenga dir lor cofa alcuna , dr infteme con Grippo
alle flange della Reina Cenando. Haucua Grippo meffo in quella itanga nella
quale egli diceua , che I'\A.ditltero ft era nafeofo , il fuo figliuolo , con buona com-
g ' -pagnia di akuni arditi} dr coraggiofi Glouani dell'Sgitto , i quali non meno, ché
Tar. Trima PD 3
r y
V"*an _
t)fi G l i H h c a t o M M i t HI
Orippo mat volontieri flauano fotto Rodobano : dr di loro capo h mea fatto Hip
pariO,acciocbe, al gionger del He, ft vfeiffero dcll'aguato, dr I'vccuhffero.
riuato adunque il I\e la, one Grippo I'bauea condotto, vfii Hippano, dr i com-
pagnRco coltclli nudi in mano per vccidcrc Robodanoja qual cofa veggendo Grip
po , finfe di baucr paura , dr ft wife a fuggirc. *Aüa fuga di Grippo il Re, dr i dm
cbe cram con lui, tanto fifebermirono , chefalui vfeirono di quelle flange. Mi
Hipparco, dr i compagni cominciarono a gridare , piglia,piglia il Traditore,cbe 1«
vuole vccidere la noflra Reina, alie quali voci il Topolo ,chevdendo cofidirei
primi della Città, credette do effer vero: prefel'arme in mano , a danno del Re.
La onde Rodobano ,fappiendo quanto fia grauc il furore di vn Topolo , dr quan­
to malagcuolmcnte ft poffa febifare firnile impeto, da perfona llraniera Tcome ef-
fo era, dr non volentieri veduta dal Topolo,quanto piu tofto potè, colfuo piccio-
lo Figliuolo, chegiàgli haueaparturito Selene; dr cofuoiTerfiani ft fuggi, &
firiduffe inTerfta, pieno dtincredibileaffanno, dr dando voce, per tutto il fuo
Regno, deli'adulterio di Selene, riuoltò íanimo alia deHruttione, dr della Mo-
glie, dr delTSgitto. La Reina, a quel gran romore vfeita dellefue flange,dr vein
ta tutta la corte, dr tutto il Topolo in arme, non fappiendo cbe ciòft foffe,Sub\-
tofe chiamare aJe Grippo, il quale dolente fopramodo, cbe non baueffe bauuto il
fuo difegno Teffetto, alia Reina fe ne venne, dr domandandogli ella, cbe nouitàe*
ra quella, Sgli ft propofe nuouo inganno, d r gli diffe, cbe per quanto egli baueia
intefo, Rodobano baueua appiatati nonfo cbefuoi di Terfta, nelle flange della Ret\
na per vccidcrla, dr che non gli effendo riufcito il fuo auifo, (per opera d'Hippar| j |k t'
co fuo Figliuolo, ch’abbatuto vi ft era) effb,per dar colore alia fua maluagitâM ^ ^ ^ '^ 1
v '- ttea data voce, di baucrla ritrouata in adulterio, et che lagente,cb'egli bauenWf
fcofa, alia morte della Rcina,era flata nafeofa iui, per vccidere il Re , da lei. La
Reina, cbe non baurebbe maipenfito, che da Grippo, il quale ella per fedeliffw^A
hauea,le fofje flato detto meno cbe il vero, credete quello,cb'egli le diffe.St picJr \ V-
gendo ft tbiamaua mifera , dr infelice, temendo tutta via da Rodobano qualcbe
gran male. Confololla il Maluagio, dicendole, ebepofeia cbe queflo primo aJJal­
to non era riufcito al Traditore,egli, infieme col Figliuolo, la difenderebbe da o-
gni ingiuria, cbe ft apparcccbiafje di farle Rodobano. Selene , a quefle parole,
( quantunque le dolejfe bauer perduio quel Marito, dr quel Figliuolo , che erano
quanto di bene ella hauea nel mondo,dr le foffe fuori d'ogni opi nione grauc,effen
do flata fempre fedeliffima al Marito,ch'egli le defj'e nomc di dishoneflaJ ft cofor
taua kauendo apprejjo dife Grippo, dal quale ft penfaua dr amoreuclmente , dr
coraggiofamente cfjerc difefa . Rodobano, cbe in Terfta ito Jen era , pieno efira,
meffd in punto vna potentijfima bojle, contra Selene venne a danno delTSgitto. I
Senatori,a quali baueua lafeiata la cura del Regno il Re morto, dr della Figliuo«
la infume) iflimando la cagione, per la quale Rodobano niouea la guerra , ini-
quifjima, perche efji am bora haueano data fede alle parole di Grippo) raccolfe-
ro infieme tuttele forge delTSgitto : dr fatto vn potcntiffimo efJ'ercito,alla difefa
del Regno, contra l\odobano in compagnia ft mifero, fatto Grippo Capitano Gene ^ 4 *
rM ? *
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D E C A Q_V I N T a ; 2Í3
rale,& il Figliuolo fuo Luogotente. Cib intendendo Rodobano rhnafepieno dl ma
rauiglia, & /ece intendere a Grippo, per via [egreta , che fappiendo egli quanto
ingiuflamente s'armajjc Selene contra lui,Sgli ft foffe fatto Capitano di tutta quel
la gente. Grippo gli fc rifpondere , che piaceua cofi al fuo Senato , ma che egli
potrebbe effere ficuro di hauer Capitano alie genti nemicbe, che glihaurebbe tut-
ti que rifpetti, che ricercaua la ragione, che dal fuo lato era. St che yfe gli ft of -
ferijfe occaftone, o di leuarfi dalla guerra, o di fauorire le parti di Terfia , egli il
farebbe tanto piu voleniieri, quanto la Giuflitia era dal lato del R e . Le quali
paroleydette daGrippo fraudolentemente,furonoin buona parte accettate dal Re,
Venuto adunque I'vno effercito , & I'altro aüe muni, pafso molto la Battaglia ,
che fe FSgitto ne pianfe, non ne hebbeperb da ridere la Terfia. Ter la qml cofa
ritomatofi Rodobano in Terfia, promije vna delle prime Città di Terfia a chi gli
portaua la tejla di Selene. La qual cofa vdendo il Senato delCSgitto, promife fi-
milmente di dare le due prime Citta dcll’Sgitto a chi loro ojferiua la tefla di Rodo
bano, del Figliuolo. ^Auenne di cib cofa marauigliofa,perb che la Reina,che
punto non ft era moffa alia promejfa del Re contra lei ,fenti, della promeffafat-
ta dalS enato, contra il Marito, & contrail Figliuolo fuo , tanto dolore,& ven-
ne in tanto dijpregio di fe medefima,chc fi deliber b di voler e andare in Terfia,&
f atire piu toflo ogni crudele fir atio, che vederfi mai portare la tefla del Marito,
& del Figliuolo innangi. Ma il Senato dell’Sgitto nol confenti, per modo alcu-
0 no •St ella, per tutto cib non maneb di mandare Mmhafciatori a Rodobano, per
1 v edere di ammoHire lira fua, & fargli conofcere Vinnocenga di lei. 11 Re cbegid
~ ft era fermato in contraria opinione, hauendo chiitfe le orecchie alia pietà, non
■^if^Aaua altro che vederla morta. Ter la qual cofa nonfolamente non voile afcol
tare gli Mmbafciatori ,ma gli fe fcacciare da confini del Regno fuo , mmacciando ,
joefe foffe alcuno tanto ardito,che pitt da Selene gli portajfe ambafeiata, farebbe
i^gliargli la tefla : per la qual cofa era leuata ogni fperanga di pace alia Reina,
Fra, per auentura rimaflo in Egitto vn vecchio di Terfia, molto da bene, & mol
to caro al Re, che .Antigono hauea nome, huomo di veneranda Maefla, il quale
per I amore,che portaua alia mifera Selene, hauea gran pietà di lei. La qual cofa
conofeendo la Reina, doppo lo (patio di quindici anni, flrettamente lopregb , che
v ole(fe andare per lei Mmbafciatore a Rodobano,& fargli vedere a quanto gran
torto egli cofi Vhaueffe in odio,Mlla qual cofafare ft moflrb molto pronto .Antigo
no.Selene adunque prima gli impofe,che deueffefare ampia fede a Rodobano del­
la fua honeflà, della fede, colla quale ella I'amaua : Ft poigli dicejfe, che non
Vera tanto di affanno il pericolo della vita,ch'ella fi vedea fopraflare, quanto il ve
dere lui,& il Figliuolo nel medefimo pericolo , in che ella era:&benche reflaffe
cotenta che pcrfalfa fofpitione cib foffe auenuto,nodimeno fi doleua,cbe quefto va
tiofofpetto di tale effetto foffe cagione.Ft che fe pareffe a lui,che il mandargli la te
~ f t a lo deueffe far chiaro della honeflàfua, gliele cbiedejfe, che prontifjimamente a
lui la manderebbe, deflderofa di voler piu tofto morire,col farlo chiaro dell'hone-
i Jlà fua,che viuendo,con nome di dushonefta, ejfcrgli in odio. Ft che quando quefto
DD 4
D e G li H ecatommitht
non gli battaffe, & voleffe batterla viua nelle mani, the glide faceffe fipcre
chc non curercbbe nè il Senato delCSgitto , nc la malageuolegptgi dei via^gio , nè
cofa altra verum,cbe lefi opponefle,per glrfcne a lu i, & fargli plena fede dei
vero,con quel modo,cheparcjje a lui piu atto,a leuargli la mal cnnceputa foffitio
nc d d í animo, Et vltimamente lopregò,con molto affetto, &'colle lagrime a gli
occbi y ad abbracciarc carifjimamente ilfuo Figliuolo ,<gr pregarlo ad bauere
compaffione delia fua mifcra Madre: & qu\,vinta dal pianto , ft tacque . Muti*
gonoy moffo agran compaffione , le promife di non lajciar caja a jure 3perche trx %
il Marito,& lei nafceffe pace. Venne ciò alie oreccbie di Grippo, cr gli f u tanto
graue ad vdi'rlo,quanto non fi potrebbe dir piu,fappiendo quanta foffe ia innocen
%a della Reina, & quanto foffe ben pariante .Antigono , & in quanta flinia foffe
appreffo al R e . Etyper non mancare a fe medefimo , fe, cbe il Senato impofe ai
«.Antigonoy cbe fotto pena di batter ui a lafciare la tefla, non ft partijfc d i .Aleffan-
dria,Città nella quale bauea la fede di tutto il Regno Selene . Fu quefta commif-
fione di grandiffimo dolore alia Reina , Ma glide fece alquanto minore il fraudo*
lente Grippo. Tercbe fi offerfe egli di difforre il Senato , cbe manderebbe lui,
quando ella pure voleffe mandare ambafciatore a Rodobano,m ve ce di Mntigcmo,
& cbe effo non farebbe men atto adammollire Lira dei Marito fuo,cbe ft foffe fix
to ^Antigono. La Reina,Himando,che ciò,cbe dicea Grippo,foffe detto fe debnmte:
molto lo ringratio,&gli die le medeftme commiffioni,cbe ad ^Antigono bauea da­
te Ma non rimafe di pregarlo,cbe segli vedea,cbe vi foffe pericolo alcuno dcllx
vita fua,ft rimaneffe di andarui:& ch'ella haurebbe cofi eletto lui,come ^Antigo- y
no, fe, conftderando quello, cbe a primi ambafciatori bauea detto Rodobano, nons
baueffetenuto certo, cbe fenga pericolo, vipoteffe andare MLntigono , per
egli carifimo al Re. Grippo le riff>ofe,che3quando ancbe vi foffe il pericolo dei
la vita, egli nonfi rimarrebbe di porla a rifchiofm feruigio di le i: Ma cbe (fera
na nella innocenra di quella, di poter far capace Rodobano dei vero , & torlo
cofi fatta opinione; Eo pregò molto a ciò fare la Reina, & da lui ft p a rti . Fatto
quefloydubitandofl Grippo,che & la diligenga di Selene,& il tempo, cbe è detto
m
padre delia verità,a lungo andare non ifcoprijfe il fuo inganno , & U innocengx
delia Reina; fe nandò al Senato & diffe a que Senatori,che non vedeua altro mo
do a leuare i trauagli, & i foffetti, ne quali era la Reina, eír tutto 1'Sgitto, cbe
dar morte a Rodobano,& al Figliuolo : & cbe,quando ciò lor foffe a grado , effo
tenterebbe quefla ventura, & cbe era ficuro, ebe ,ponendouift gli verrebbe fat­
to il fuo difegno. Il Senato,vago dei ben commune , & di quello delia Reina al-
tr efi,voile cbe Grippo loro ifponeffe il modo,cbe volea tenere, perche ciò gli fuc-
cedeffe.Et egli cofi diffe; Io,pofcia cbe il Rcfe contra la Reina quanto fece ffono
jempre flato di animo di volerlo vccidere infleme coi Figliuolo , accioche , collx
morte fua,haueffero fine i nosiri trauagli:Ft percio infin nel principio delia guer­
ra,bo moHrato al Re,cbe mi era graue,cbe per debito mio ,mi foffe di bifogno fer•
uire 1’Sgitto contra lui,& cbe piu volentieri me nandrei a fuoi feruigi,che combat f* m
■'
tere al torto contra lu i, prendendo i'arme afanor ui Selene. La onde,con queflâ ^ *
aflutia* -m:
P e CA Q jr I N T A. 2 r5
aButiaJo m bo fatto moltoamho , Et quando voi non mancb'iate, a quanto fie di
bifo^no,per (umpire l animo m o jo gli torrò la vita, per benefeio commune . Et
queilo che bif>gni,cbe per voi ft facciaJ,Che veggnuE/,.:. vjcirc di .AUjlandria,
midiate bando dcll'Egitto, con dire, che ciò fa te , pi rebe iobo fempre teniitc , f r
fluorite le parti del Re; & che voi , come ribello,mi baucte fcacciato di qua. Ciò
verrà a notitia del Re,prima ib'io arriui in Ter ft a : Io ,giunto cbe vi faròjnfieme
con Hipparco mio fighuolo,gli migitterò nelle braccia, & lo pregberò cbe ci ac-
I colga entrarnbi fotto la protettione Jita,&[on fleuro, cb'egli non mi verrà meno,
0 & c\ accorrà per fuoi. Io ,moflraniomi di mat'animo, cofi verfo voi, come verfo
n la Reina, ghprometterò difarlo Signore dell'Egitto quando gli piaccia di darmi
t forge di poterio fare ,so cb'effo ft credcrà,cbc ciò gli poffa auenire, col mego mio,
A qualhora io colteffercito diTerfta mi venga contra vo i. Et potrebbe auenire,
j. cbe mifarebbe Generale delle fue genti , il che fe auiene,faro dclle due cofe tvn a,
r- I o che io, inficrne col mio figliuolo,vccidcremo il Re,& il Figliuolo, o cbe vi darò
0* il modo di fottoporre all'Egitto tutta la Terfta . Tiacque la propofla al Senato,
& deliberojji d{ cofi fare, come Grippogli bauea detto. Ma,in queilo mego tem~
’» -I i
po, certi Signori di Armenia , cbaueano intefo il Bando, cbauea dato tEgitto al
fit ■ R e,& al Figliuolo,fi erano deliberati didar la morte all'vno,& alt altropnontan
f: to per guadagnare le due città già dette,quanto perche fapeano di fare cofa gra~
d- tijjima al lor R e, il quale inuaghito di Selene,&• bramofo di far fuo il Regno del-
/.tj f l Egitto,col pigliarlaft per moglie,non attendeua ad altro ,fe non di vdir nouella
j- ^ydella morte di Rodobano,& del Figliuolo. Conferirono coil or due col Re loro
^ ' *quefto lorpenfiero, & concbiufero di tenere I'ifleJJo modo, afarft amico Rodoba-
^ lif& r il Figliuolo,che già fi haueua imaginato Grippo,per ingannargli,perche,ef-
fendo flata poebianni innangi, tra il Re d'Armenia, <& quel di Ter ft a lunga,&
ericolofaguerra, finfero d'effere flati fcacciati dal loro Re, perche tbaueano
fy&fnpre riprejby&Jconflgliato a mouer tarme contra Rodobano . Et in Terfla fe
nandarono a Rodobano, & ifpoilogli quanto ejji tra fe ft baueano finto, gli chie- b i ] '\

Jero foUeuamento allelor miferie. 11 Re,cbe cortefe era,& gentile,& gli bauea
fempre bauuti per amici nelle parti di Armenia,credendo, cbe, per fuo riffetto,
fofje loro auenuto quanto diceuano ,amoreuoli(fimamente gli raccolfe, & moflra-
ua di bauergli cariffmi. Il Re d'^Armenia, per leuare a Rodobano ogni foffetto,
cbepoteffe bauere di coflor due,gli mando ^imbafeiatori,& lo fe riebiedere, cbe
gli volefle dare que' due fuggitiui,& ribelli fuoi , perche potefle lor dared gafli-
go,di cbeerano degni. Rodobano, & per queilo,cbe gli baueano dettoque duepri-
m a,& per queila ambafeiata del loro Re,ft credete,che cofi fofl'e. Et rifpofe a gli
\Ambafliatori,di bauere afjicurati que due valenti buomini fopra la fua fede, &
cbe per ciò nonglide pote ua dare, & con quefta rifolutione fene ritornarono gli
Mmbafciatori al Re loro. Seguirono i duo maluagi inferuire Rodobano, eír il Fi-
rgliuolo, si gentilmente , & con tale apparenga di fede , cl) erano da lui fomma~
mente am ati: Ma Iddio, cbe voleagià trarre Rodobano,& il Figliuolo di perico
' -to j & fare, che la fede di Selene fojje dal Marito conojciuta, & cbe Grippo, gjr
qucili

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D e G li H e c a t o m m i t o i
queüi altri due haueffero degno guiderdone delle loro mal opere,non lafcw,cheil
reo proponimento di cofi or due haueffe il fine, cb'ejji haueano diuifato : Verb che
voile,che vn loro feruitore,a cui la cofa era nota, vcnutagli pietà del Re, & del
Figliuolo,fcopriffe loro la congiura,cbe contra gli haueano fattaidu e dArme­
nia : Onde il Rcgli fc fegrctamcnteprendere,& fattigli porre a tormenti,confef-
farono ilfatto flare,come ilferuitore hauea detto,la onde il Re fe loro tagliar la
tefla.Erano cofloro,per auentura,fimigliantifjimi ivno al Reflaltro al Figliuolo,
il chefu cagione,che Rodobano da queflafimiglianga prcfe argomento,di cercare
fe ft poteua certificarc della fede di Selene.Onde ritrouandoft in Verfia vn fratello
di .Antigono,che era rimafo,come dicemo, appreffo Selene, informatolo prima it
quanto hauea a fare, lo mando in Egitto , a fignificare al Fratello , che era flato
morto il Re loro , & il Figliuolo con lui, & c hauea voluto il Senato di Terfta,
ch'effo di cib I'baueffc auifato , accioche, deuendo portare i Micidiali i due capi in
Egitto,egli afuo potere,non toleraJJe,che quelle due reali tefle riceueffero oltrag-
gio dalia gente nemica ,& gli die lettere di credenga in nome del Senato..Arrian
to adunque Antic co (che tale era il fuo nome) in Egitto,feppe cofi benfingere que
iiafauola col Fratello,ctiegli tcnneper certo,che cofi foffe,come il fratello gli di-
ceua,onde ne fenti infinito dolore,& non fi potè contenere, chc non piangeffe la in-
felice fortuna defitoi Re. At quefla nouella fi ritroub,a cafo ,prefcnte vna Balia del
la Reina, la quale il tutto le f t fapere, onde ella,a cofi mifera nouella, quafi di do-
glia fe ne mori.Ma quanto fugraue,& afpra quefla nouella ad Antigono, & alia/
Reina,tanto fit ella grata a Grippo/il quale,ilimando , che gli foffe tolto dc piedt
rintoppo del P^e & del Figliuolo, ft tenne certo,che Selene dcucfjeejfer mogliede/
Hipparco . Il Re , che poco doppo Antiocho in via fi era nieffo, con affai
compagnia,era giunto preffo all'Egitto:et prima,chepiu oltre paffaffe,hauea man
|! dato vn fuo ambafúatore al Senato,a chiedere ficurta di potcre venire in Allcffm.,
dria ft curamente,face ndogli dire,ch'erano duefignori d'Armenia, chc, per parjdr
del Re loro, gli vemuano ad ojferirc le tefle de due nemici fuoi,& che haueano e-
ffireffo comandamento di non offerirlefe la Reina non vi foffe prefente.il Senato,
cib intefo,non folamente fe loro ampio faluo condotto,ma mandb loro incotro Grip
po, con bclla,&homreuole compagnia : Il quale vi andb pieno di tanta aliegreg
ga,cb'appena poteua capire in fe medeflmo , nêgli p arena, che mai deueffe gmn-
gere l‘hora,che vcdeffele due teHe. In quefio mego tempo il Senato ando per la
Reina, & la conduffe con effo lui,al luogo ilatuito, accib, che ancb’ella foffe pre-
fente alio apprefentare delle due tefle,& al dare a micidiali i prem i. Giunfe Ro-
dobano poco dapoi,col Figliuolo,& con gli altri,che con lui venuti erano, armati
di arme hiancbe,& con le viflere baffle. Voile il Re , che Cloridano ,fuo fami*
gliare, infleme confuo fratello,foffero quelli, che offeriffero le tefle, & diccfiero
di effere flati quelli, che il Re, & il figliuolo haueano vccifi. Cofi arriuati al Se­
nato, & alia Reina, diff 'e Cloridano; Che il lor Re, per liberare IEgitto dal fo- '
fpetto del Re di Verfia, & torre la Rcina dal pericolo della vita , nel quale effa
era, hauea mandato lui, & il fratello ad vccidcre il Re , cofa che nonfenga gran '
pericolo

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D EC A QjV I N T A. 214
pericolo era lorn venuta fatta : & , che ejji, di commijponc del Rc loro, baUcari?
portato i capi d'ambedue,si perche ft rimaneffero apprcjjo il Senato , & appreffo
la l{eina perpegno del fuo buono animo,si anco,perche effi ne riceueffero i promef
ft premi : & ,quefio detto fatta venire innanrj vna area dorata , one erano le due
tefle,ornate di due corone d'oroja offerfero alia Reina,&al Senato. La infelice
1{eina,che tutto il fuo bene bauea nel M arito,& net Figliuolo, tenendo certo, che
quelli fojfero i capi loro, vinta dal dolore , tramortita cade nelle braccia dellefue
donne. Ft pofeia che gli fpiriti vitali furono, con vari argomenti,richiamati a gli
vffi ci loro: ella fciol/e gli occhi alie lagrime,& la lingua alie querele,& hora ba-
ciando quel capo,cl) ella credea cbefoffe quello del fuo Marito,hora quello,che íü
maua quello del figlino lo, mando fuori cofi ajfettuofe parole, che non vifuahuno
che poteffe contenere le lagrime.Quiui Clondano,voltatofi alia Reina,le di/fe,che
egli fi marauiglia.ua,d> ella tanto fi dolejje della morte di coloro, che, già qumdici
anni,non haueano cercato altro, che defiruggere il fuo regno, & vedere lei mor­
ta. Toi le foggiunfe,ch'ella deuea raff'renare le lagrime, si perche la color morte
era la ficurexp^a della fua vita : si anco, perche il Re d'Armenia, tratto dalla fa­
ma della fua konefiàja quale bauea cercato di macchiare il fuopocofcdel marito,
era prefio a pigliarlafi per moglie,oue clla,& il Senato lo confentiffe,non per cu-
pidigia del Regno,ma per hauereper moglie Reina,di tanto chiaro nome, di quart
to ella era. Grippo,vdendo,che il Re d'Mrmenia dimandaua Selene per moglie, ft
Ufenti traffigere I anima,dubitando ,che il Senato non glide deffe. Mapure ft flete
' cheto attendendo quello,che il Senato,& la Reina rijpondejfe. La quale, fenten-
^ d o p offerir per marito colui,cb'cllajiimaua,che fofje Flato la cagione della morte
cf&fko Marito,& del figliuolo, & che coloro, che glie Tofferiuano fojjero quelli*
che loro haueffero data la morte,plangendo la fua mifera conditione,ft doleun iqfi
\txmtnte di effere dal fuo fiero defiino a tale ridotta, che ciò le bifognaffe ifâiTe,
tolerado : &,riuoltatafi verfo loro, di[fe,che deurebbero ardere della vergo
gna, efiendo ejji flati i Micidiali di cofi care perfone , come I'erano il fuo Marito,
& il fuo figliuolo, ad offerirle per marito colui, che le daua materia di cofi ajpro
dolore :&,cbe prima,che pigliarlofi foflerrebbe,che la terra fi apriffc,& infe la
riccueffe. Et dicendo Cloridano,cb’ella a gran torto biafimaua il Re dArmenia,
hauendo egli ajjicurata la vita a lei,& apportata al Regno tranquilla quiete. Ri-
Jpofe la mifera, che non pure non le haueua ajficurata la vita , ma che I'bauea nel
fuo Marito , & nel figliuolo vccifa. Et che le piu belle noppe,ch'ella poteffe ha-
uere,farebbe,ch'ejfi,cbe i due foftegni della vita fua le haueano leuati,deffero an­
co a lei morte, accioche col I'anima del fuo Marito,& delfuo Figliuolo,nell'altra
vita congiunta ft Flcffe, come nella prefente (malgrado della iniqua fortuna, che
> da lei gli bauea tenuti diuifi) era con loro fiata congiunta colpenfiero. Il Senato,
^per concbiudere il ragwnamento, dijfe; che non gli ffiaceua,che il Re cfMrmenia
'la loro Reina per moglie hauejfe, ma che a piu commodo tepo fe ne ragionerebbe.
.✓ i queile parole fi jenti Grippo partire il cuore per mepo; St non volendo man-
■care a fe medefimo, diffe, che molto prudentemente facea la Rpina a non fi volere
D e G it H e c a t o m m it h i
piu fidare di Re flraniero : dr cbe il medefimo dcueuj.no m o fure i Senatori,ba-
^endogid pronata lamaluagitâ di Rodobano , & quinto male era auenuto alia
Reina & al Regno, per tofi fatto R e. Et quindi volto a Selene , non manche-
ranno , dijfe , quando rnaritar vi vorrete , Reina , buomini, nello itato voftro co
quali feluementepotrete viuere tutta la vita voftra . <A Grippo riffofe clla,cbe
mentre era viffo Rodobdno , efjd era flata fu a moglic , <& cbe fua voleua anco ef­
fere cofi morto , come egit era: & con quefle parole, dirottamente piangendo,fi
volto alia tefla dei Marito , & diffe; .Anebora Marito mio, cbe la contraria mia.
forte non habbia confentito , cbe tale mi ti babbia goduto, quale prefo io mi ti ha-
ueua, & quale voleua lamia fede , cbe io ti godejfi: non farà eUa però mai , cbe I
infin chc mi durerà la vita , non fij teco coi penfiero, dr non mi rimanga fempre
Moglie della tua memoria . E t, cofi dicendo , verfanclo tutta via da gli occln, in
abbondanga le lagrime fi flringeucc, con grandiJJimo affetto , la morta tefla al
petto . vAllbora lo feeler ato Grippo , dubitando , cbe il lungo parlar di do , non
fojfe cagione, cbe qualche cofa di male non auenijfe a danno fuo , tolfe di mano la
tefla a Selene , dicendole , cb’ella non deitea tanto ramaricarft per la morte di co­
fi gran Traditore , come le era flato Rodobano . St quindi, voltando il parUre
alia tefla , gli diffe; cb’cgli bene la vedca volenlieri tale, quale meritaua d’effe­
re veduta : ma , cbefolamente gli doleua , di non effere flato quegli, che dal col­
lo del Traditore tagliata ChaueJJe : & con quefle parole , leuata la tefla in alto,
le voile ffutarcnet vifo. Sraquiui venuto Antigono , per difendere, come il/
Tratello gli bauea detto, Içtefle da oltraggio. La onde, veggendo egli il villano, ^
dr difeortefe atto di Grippo, non confenti, cb'egli baueffe effetto , perche leuAta-
glide di màno,difJ'e a Grippo; T raditorc non fit il Re mio, Grippo, giamai ,fe de­
ne infdice deflino a cofi mal p.irtit ofha giunto. St non deuerrefli effer tu tanto
. fYfgfbntuofo, dr ardito, ma confiderare quello, cbe potrebbe auenire a te, quandr^
la. fiera forte ha condotto a tale vn Re delprcgio,& della potenga , ch'era l\odo-
bano . Molte parole furono tra Grippo, dr Antigono, dr farebbero vem ti dal­
le parole a fatti ,fei Senatori non haueffero meffo fine alia loro tengone. Siam
Rodobano, & il figliuolo , & tutti gli altri di Tcrfia marauigliofi alle parole di
Grippo. Stappena ft potè contener Rodobano,cbe a cofi disboneflo pariare non ft
fcopriffe. Cloridano allbora, voltatoft a Grippo ,gli diffe; dr cbe cagione vi ha
egli data, Gentilbuomofil morto Re di T raditorc chiamarlo ? tale,riff ofe Grippo,
che non fu mai cbi la maggiore ad huomo porgeffe . Tcro che bauendogli da to il
noflro Senato quefla Reina, la quale io da fuoi primi anni mi baueua,come Figli-
uola nutrita, per Moglie, dr datogli tutto queflo Regno per dote. Sffcndogli ella
venuta a noia, vago di pigliarfi vn ultra Moglie, dr di occupare I’Egitto ,fi era
deliberato di vccidcrla, dr non ft vergognò il Maluagio, di richieder me,che fono
huomo di quella leal fedc , cb’io fono, per compagno a cofi foggo fatto. St pofeia,
dubitandoft, ch'io non manifeflaffi quefla maluagita fua.ct per tiò loponrff a pc~ \
ricolo della vita,ft fugfi del Regnoidr per coprirc la fua Jcelerata intentione , did
nome di .Adultera alia Moglie, nonft vergognando di maubiare eon falfa accufa \
I'honore
D e c a Q^v i n t a ; 2 1s
Fhftfore di quclla Reina,della quale non fu mai nè la pin bonefla, nè cbe con mag-
giOY fede amaffe huomo ,cb'ella amajfe lui. Voleua am be dir Grippo ,quando ii Rer
cbe conobbc, cbe coflui era flato cagione di quanto male era tra lui, & !: Reina
9 ituenuto, non potèpiu oltrc fofferirc,& algataft ad vn tratto la vifttra dal vifo:
e &>dato dellc mani nelpetto a Grippo, diffe al Senate, ch'egliera Rodobano, &
r,
cb'egli ft daua alia fede della Reina,& di quel Senato. Toflo, cbe Selene quefle
5 parole vdt,affisò gli occhi nel vifo del Marito,<& conofciutolo, come fuori di fe,
k
gridò ad alta voce; Qucfli c il mio caro Signore3 & colle braccia aperte lo corfe
x ad abbracciarc.Et appena la pote Rodobano tato da fe leuareycbe feguiffe cioycbe
e egli baueua cominciato a dire , ma dicendolcpure y cbe alqnanto ft fermaffe, cbe
e non manchercbbe tempo alle accoglienge,voltatofi con mal vifo a Grippoycbe gix
n ogni baldanga bauea perduta:&",tocco dallo flimolo della confcienga y tutto tre-
l maua ; Quando, diffe ,ti riebieftio mai y T raditor e , cbe tu meco foffi ad vccidere
n la Reina «*'Kfonfofti tu,maluagio huomoyche di adulterio la mi accufafli? & cbe
x dlcefli di volerlami fare colt\Adultero ritrouare ? confeffa il vero,Mxluagioycbç
piit non pUote celato flareynè io voglioycbepin ci fliaypercbe tuyad vn tratto,ft)
conofciuto,fopra ogni Maluagioyfcelcrato , & io non colpeuole di qucllo y cbe mi
haifpoco ha,rimproucrato.^A queflo fcoprirfi del Re, a queflo a tto , a quefle pa­
role yft conobbc qualfoffe la forgo, della confcienga, nell'vna, & ncll’altra parte.
Terò cbe,quantunque Grippo valorofo foffe, & di molto ardirey vinto dalla con-
ifeienga del fuo male operare,perdette non meno I'animo,che lopigtiaffe il Re,dal
>fentirfi accufare falfamente da luitonde nonfeppe egli addunepure vna parola a
fua difefa : Ma confefsò alia prefenga del Senato,& della Reina, cb'egli era vero
quanto diceua il Rc,& cb’egli tutto ciò baueua fattoyper veder morto Rodobano,
acciocbe,morto lui,Selene diueniffe Moglie d'Hipparco fuo figliuolo. quefle
arole Antigono algo arditamente la voce , & rimprouerando a Grippo la fua
rnaluagità, gli diffe; Et come ti die il cuor mai di teffere coft crudele ingannotfee-
lerato huomo; a te bene ft dee dir T raditorc,& a te ft dee benefputar nella fac-
cia;et gli baurebbe fputato,etdato anco delle mani nel vifo,fe la riuerega del fuo
Re,& I'effere in terra altrui,non I'baueffe rattenuto. Rimafe il Senato , alle pa­
role di Grippoy coft confufo, cbe nonfapea quaft cbe ft dire: Ma, conofciuto cbia-
ramente fedele alia Moglie Rodobano, çjr cbe Grippo era il piit Dislealc,et ilpià
maluagio huomo,cbe mai nafeeffe; accolfe riuerentemente il R e,& il figliuolo in-
fteme con lui,& fumar auigliofa laftfla del Re,della Reina,del figliuolo,et di tut
ti gli buomini dcll'Egitto,& della Terft a : Et,doppo le careggc fatteft infieme, il
Re fe palefe ad ognuno,quali foffero quelle tcfle, cbe in Mleffandria baueua por­
tate,per frame tutto quello, cbe ft poteua hauere, per venire in cognitione della
verità; Et diffe,cbe baueua molta gratia a gli Iddij immortali, cbe gli baueffero
r'£ffertA occaflonc difare conofcere I'altrui fraude, ct la fede della fua cariffima Mo
glicra,laquale gli farebbe cara al pari della vita,come ellagli era anco prima, cbe
la rnaluagità di Grippo,la quale ft era allhora conofciuta manifefla,gji baueffefat
\ io lo inganno,cbefittogli baueua. Fu U Re da ognuno marauigliofamentc Lodi
to ; Et
D e G li H e c a t o m m i t h x
U : Et quantunque la Reina, mofjaapictà di Grippo , molto pregaffe per tafux
falute, nondimeno confiderando il Senato di quanto male effio foffc flato cagione,
acciocb'egli patiffc degno gaftigo dei fuo horribile dclitto , lo fe porre in ofcma
prigione: & leuxndogli digiorno, ingiorno a poco , apoco il cibo neceffario alia
vita fu laficiato dalla rame morire . A l figliuolo, il quale, intefio ciò, cb'auenuto
er a,f i nera fuggito d'Egitto , diedcro bando perpetuo , con dichiaratione che gli
foffc Icuatx la te sia,fi in Egitto mai poncua il piede. Fcrmata chebbe Rodobano
lu fide in Sgltto ,s'annò contra il Re <CArmenia fil quale hauea mandati que due in
T- rfix aliafici morte:et doppo lungo trauaglio ,effendofi affrontati neUa battaglifi
ambidue i Re,ce'd'arme in mano,Rodobano die morte a qusl d\Armenia;Cotale fu
il fine della rnaluagità di Grippo, et dei fraudolete Re:Et la fede di Sclene rimafe
non men chiara,chefi rimanga lo filendere del Sole, poi ch'egli ha vinto 1'ofiuro,
che gli haucuano apportato i nuuoli , che nelCaria fi erano imprejji.

L O C R I N O PER N O N HAVER VOLVTO COMPIACERE


di fuaMoglie ad vn gran Barone, è tenuco in prigione; Ia Moglie lolibera,& fenefug-
gc con luijfono ricchiamati a cafa5occorre nel viaggio che il Marito crede morta la Mo­
glie, &fi vuole vecidere •, La ritroua viua, &ritornati acafagodono felicememe infieme
il frucco deila ior fede •
N O V E L L A II.
t
A compaffioneuole nouella di Quinto fu da ognuno attcntiffvna-
mente afioitata : Stfinon che la giouane ctà di Rhodobano partit
ad ognuno atta a poter Inficiarfi ingannare da vno di grane cyi,
& di moita auttorità appreffo luifhaurebbono tutti fommamn-
te biafmatOyper hauere creduto a Grippo qitel, che difiedel Mo­
glie credor mai non fide ucua. Mu , come la giouane cta fic Rhodobano degno dig,
fcnfitycofi la matura di Grippo diede ad ognuno giufla cagione di maranigliofimen
te vituperaria. Et fu detto,che il cercarc di aficendcre ad alti gradi, per vie fi on-
cie,& blafimcuoli,non era altro,per lo piii,cbe apparecchiarfi vn traboccheuole
prccipitio. St fu conchiufio, che vn mal'animo è prino di quella tranquillitd , la
quale [a,che Ihuomo in quefla vita gode,quafi la quiete diuina : Ma poficia che di
Grippo fi fu fauellato afifai, diedcro tutti ad vna voce mirabll Ioda alia coflanga
& alia fede delia Reina : pofilo che fioffie paruto alie Donne, che con troppo afyro
modo Rodobano haueffe cercato di certificarfi della fede di Selene : nondimeno ,
vedutoil felice auenimento,per lo quale haueano hauuto diccuolc fine i paffiati tra
uagli, refero gratie alia bontà diuina, che non haueffie confientito, che vna tal Rei
na per le infidit di vno feder ato fi foffe rimafla colpetwlc , & diffiunta da quel
Marito,che era la fua vita, poppo quefli ragwnamcnti Mafjimo, al quale tocca-
ua di novellare,cofi cominàè; Grande effempio difede, nel vero , ha moflrato Se-.x
lene,ma nonferà per aventura, minor quello,che di dire mi appare alão, anchova
ch’egli di reale auenimento non fia. St for f i vi fic egli tante piu grato, quanto vr-
d r e n la f i d e n o n p u r e d e l l a M o g i i c r a 3m a q u e l l a an eo d e i M a r i t o c o n f l a m i f f m a .
c 0 S-
D E C A Q j/ I N T A. 216
C O N S TM N T I N OT? 0 LI , ft come potete hauere vdito dlre,c la prima
città di Tracia,cofi nominata, da CoHantino Imperatore,che,lafciata Koma al Va
pa,come a Vicario in terra del Saluator nofro ,la ricdificò,& nona Koma chiam.t
tala:vi tonne la fede del Chrifiiano Impero , come bora lo Impcradore deTurchi
la vi ha,con perpetuo fcorno della gente ChriHiana,la quale vuolc pin toflo infan
guinare le {fade del [angue proprio, che armarft, per ricuperarc a Chrijlo quello,
^ che la gente infedele gli ha tolto.ln queHa citta,nel tempo che Coflantino lafigno
. reggiauafu vn Signore di moita auttorità collTmperatore, il quale fi chiamaua
"Viafie,huomo piii dato,pcr fua natura,ad adoperare la forgo. che la ragione. Que
Hi sinnamorò ar denti[fi mamente di vna Giouane,la quale hauea nome Dorothea,
& era Moglie di vn Kfcco <£r honoreuolc mcrcatante,che era detto Locrino, et co
me clla era belliffima,coft era cafliffima , & fopra ogni donna fedele al Marito, la
qual cofa anchora, che fojfemolto manifejla a Viafie, & gli pareffe hauer poflo il
Juo amore in luogo,chc malageuolmcntelo potrebbe combine a fine : nondimeno
imaginandoft cgli,che fipoteffe,&con don't,& con preghi,& con quegli altrimO
d\,co quali fogliono fimili huomini porre afjcdio alle Donne,vincere la conflanga,
& far romperelafede di Dorotbea,non lafeib cofa a fare,colla quale ft poteffe pen
fare di guadagnare Íamore di queHa Donna.Ella,per cofa,ctiegli ft faceffe, punto
non ft mutaua: Viafie,che ft era tutto dato in preda al lafeiuo amore non altrimen
te,chefoffe accefo di honeHiffmo Dorothea,non pure non lafeiaua di amarla, ma
pin bramofo veniua di lei di giorno,ingiorno.Et veggendo,che la Donna non era a
modo alcuno per confentirgli,fi delibero di v edere fe il Marito glide voleffe dare
per copia di denari: &,effendo vngiorno Locrino a corte, lofe chiamare viafie,
& doppo vn longo giro di par ole,gli fcoperfe Iamore,che portaua a Dorothea; &
gli diffe,cbe quando voleffe lafeiargliene godere, non gli v err ebb e mat meno del
- fuo fauore,& lo farebbe vno de ricchi mercatanti dell'Oriente . Locrino, che non
1aueua altro occhio in capo,che la Moglie, alle parole di Viafie, ft fenti trafigere
fariima,& conofcendolo di grande auttorità, come di certo, egli era, appreffo a
CoHantino,& veggendolo coft accefo di fua Moglie,come era, in dubbio di fe me-
defimo, nonfapeua,che rifpondergli: Ma,doppo molte cofe. che , quaft in vno in*
Hante,gli corfero per ianimogli diffe,che altra volta,che ft ritrouaffero infem e,
gli darebberifpofla.Viafle,che ft penfaua coll'auttorità fua,& col moltopr ornette
re di fare che Locrino non gli negaffe la Moglie,veggendolo pigliar tempo alia ri-
fpoHa,tutto cruciofogli diffe;che ilgiorno feguente glide portaJfef & penfaffe di
portarglide tale,che no haueffe a prouare cofa,che gli foffeper pin (piacerglfche
non ft flimauct. Locrino,tutto malinconiofo,fe nando a cafx : & dubitando di non
defiare nella fua Donna qualche defdcrio di viafie ,fe le diccffe cosalcuna di cid,
<1he gli hauea detto, tenendo cbiufo nel cuore I’affanno , che lo premem,ft fentiua
doppiamente afflitto,dalla cura,che molto lo Hringeua. Dorothea , veggendo il
Kg. Marito,che tutto fefeuolc foleua effere,cof tu r b a to n o n n e fappiendo la cagio
ncSentiua non picciola noia,et bramofa di confolarlo,o di effere a parte con lui nel
k Zefue maninconie3amoreuolmente gli dimandb, qual foffe la cagione del fuo dolo-
D e G li Hecatommiithi
re.locrho altro Hon le ri(pofe>fenon cticlU non gli defle altra moleJlia,perche egTt
ne hauea da fe pur troppa.Ma,aggiungendo la Donna careggc a c a r e re 3& pn«
gbi a prcghi, tanto fe,cbe egli vinto dall'ambafcia , & dalle pregbiere della Mo-
gliey lejflicgb quantogli bauca detto viafle yfacendole vedere in cbe pericolo ejjo
tra>fe glielc negaua:& quanto duhonore gli veniua,fe glicle concedeua . Doro-
tbea,cbc oltre I’amare fingolarmente il fuo marito 3honeft a 3& accona era,glidif■
f e ; Data mifono a voi, Locrino,per viuermi, & morirmi con voi3& mantemui
inuiolata qnclla fcde,cbe data vi bo.Tcrò faccia pur Viafle ciò,che fa , & puote,
non f'ara mai,che io fta fenon voflra.Et di queflo voglioycbc viJliate cofi fuuro,co
me fete ficuro3cbc voi,voi fete : Ma perche queflo non bafta a leuarui del perico
lOynelqual vi par ejfere»dite a viafle,che cerchi di difpor mê aidefue voglie, cbe,
inquanto a voi fete contento,ch:io gli compiaccia: & lafeiate la cura a me di libe­
rar voi da pcruolo,& me da quefla noia.Conobbe Locrino a quefle parole queU
lc,cbe3per molio tempo innangiybauea conofciutoycioè la flnccra fede3& il fingo»
lare amore della fua Donna.Et parendogli di molte cofe3cb'effo fi bauea riuoltate
per Ianimoycb'ottimo fojjc il conjiglio della Moglie3andò il f guente giorno a Via-
fie, & gli diffe; Signore3il tempo,cbe io prcfi hieri3a rijfonderui a quanto mi ba-
ueuate chicfio}nonfu3percbe io non fojji di animo di compiacerui,ma per dijpom
a contentariii la Donna mia : & 3 non pure in parole, ma in fatto porla in nmo ,
voftra . Ma altrimente m ii auenuto , cbe io diuifito non mi baueua : Ter cbe,
con quanto le hofaputo dire, non bopotuto otienerc da lei quelle, cbe a vofira Jo-
disfattione io defideraua : Et miflimo, cbe ciè fta auenuto xpcrcbe ella Ji f a ver-
gognata,di moHrarf di voler complacere di fe ad altro huomo, cbe a m e. Tero
ho penfato, cbe voi, con qualcbe defiro modo, veggiate di parlarle3 & fon ccrto,
cbe conofcenlo effa, cbe, con rnio volere potrà fodisfirm , non vi [era difdetto. Se
Viafle a quefle parole rimar,effle licto3non è da dimandare. Tcrcbe,dando plena
fede allc parole di Locrino , gli parue di baueire Iamata Donna dentro ailcbraâ
cia, & fi credette, cbe Locrino foffe vno di quelli, cbe vogliono , cbe la Moglie
f a loro in vece di vnagrojfa entrata : &,gittatofl doppo le jpalle Ibonore, ft go-
dono di portare in capo le corna d'oro . £t,haucndo veduto,cbe tutte le cofe tenta
te.infino allbora,pcr indurre Dorothea ad amarlo, erano riufcite vane ft deliberb
di volere egli tentar e la fua fortuna, & percio induffe lo Imperatore a fare vtl
grandiffmo conuito3 & vnafolcnne fefla3aüa quale tra le altre ncbili donne3che
imitate v i furono3vifece anco Viafle innitar Dorothea3la qualc,arsvata di quel-
la honeflàycbe non temeua d'ajfalto lafeiuo, vi andò. Ora entrato viafle in balld
con lei 3 le incorninciò ad ijporre I'amorfu o ,& pregaria ad amarlo,La Donna gli
rijpofcychc- non accadeua,ctíegli f affaticafj'e per difwrla ad amarlo, perche ba-
uea gran tempo, cl) ella non mem l'amaua0cbe f conucniffe ad bout it a donna ama,
re vn pregiato Caualiero,come egli era. Ma, cbe bene le pareua cofa flrana,cht,
cofi honorato huomo poncjje ifuoi penfieri in lei,donna di baffo flato; Tutto dlX
fa,rijpoJ'e Viafle,la vofira rara3& diuina bcllegpgafla quale nonfolamentc mi ba
mdotto adamanti, ma ad ejjer/ii feruo; Tfpn conofco tale3 di/J'e ella, la bellcggi
D e g a Qjr I N TAi 117
YhUy Ifh flc , che vi debbiate rimanere per lei mio feruo : nè to mat perferuo v l
hauro, ma per Signore, & per maggiore mio,come merita la grandeTga voHra:
&femprc vi amer'o con quell'honore, & con quclla riuerenga , che btmil Don-
Wit, comefon io , dee amare, & honorare vn pari a v o i; Et che fegno mi voletc
voi dare, Dorothea, di queflo voflro amore f fioggiunfe egli; 7'fon altro , rifpo-
fe ella yfenon, ch'io nonfiaprei a chi meglio fidare lapiit cara cofa , che io hab­
bia al mondo >che è ihonor mio,che al voflro molto valore, quando a ltri, ft defi-
,^ficavoler farmi villania.Et,fe io volcfli godere dell'amor voflro,no nefiarefte voi
contenta í*fegut egli; Queflo fxrebbe il maggior fegno, che mi potefte dare di non
amarmi, riffiofie Dorothea,perche ciònon potrebbe effere fenon colla vergogna
ma, la quale fe ricercafle, non potrei mat perfuadermi, che mi am afle: perche
quel dono della belle7ga fpoi che voi di quefla vi moHrate accefiojcbe ha piacciu-
to al Signore Iddio (per fua bnona mercê) di darmi, faresle diuenire, con cofi
dishoneflo atto, tuttopuggo, & lordura : onde mi rimarrei ad vn tratto, & fen­
ora bellezga, & fien%a honore; La conferuation della belleTga voHra,& I'honor
voflro ê, diffe egli, non far cofa, per la quale voflro Marito ft poffa dolere di voi
& quellOyche potete fare fen%a fua offefa, non vi dee parere panto biafimeuole :
però, quando voflro Marito vi dirk, che ft contenta, che di voi mi goda , mi po-r
trete voi dare, fen^a alcun biaftmo, il voflro amore; Voglio credere rifpofe Lt
Donna,che mio Marito per la offeruanxa,ch'egli vi porta,potrebbe piegarfi a dar
miui f il che,quando aueniffe, vorrebbe queflo fuo cortefe atto altro guiderdone,
che fargli infamia,& dishonore :) ma dicoui,che quando anco il mio Marito mi
vi conccdeffe, nonfarebbe perciò,che s'egli non voleffe tener conto deU'bonorfuo,
von ne volcjfl tener io del mioúl quale non è cofi tutto fuo, che non vi habbia an-
ch'io la parte mia : della qual parte non fon mai per tenerne minor cura,che io mi
tenga della vita, la quale non mi farebbe cara,fe con vergogna lami viuejfi.Fia-
e, do vdendo, molto lodò la Donna, & gli parue,che le ragioni fue foffero tali,
'che non baucffe,che dirle contra : Et s'egli haueffe voluto hauer perguida la ra-
gione,ft farebbe, fenga alcun dubbio, raccbetato, Ma ft era cofi dato in preda ah
I'appetito, che ffreg^ato ogni honeHo ri(fietto,folo bramaua fare la fua di shone-
Ha voglia contenta. Et veggendo, che nê le ambafeiate mandatele, nè i preciofi
doni, de quali ella mai non haueua voluto acettare alcuno, & che vltimamente
il ragionar con lei, nongli era giouato nulla , ft delibero di voler vederefe le mt-
ndccie poteflero far quello,chc le altre cofie non haueano fatto : et riuoltatoft ver-
fo lei con acerbo vifo, le diffe; Dorothea , pot che nè preghi, nè luftnghe, nè do­
ni, nè altra cofa , che infino ad horafatta mi habbia , per guadagnarmi la gra­
tia voflra, ha operato cofa alcuna : vi faro finalmente vedere , che non fono cofi
r:da pocoycbe nonfta >vogliate o no, per menare afine i defideri miei,Et come moi­
ta gratia vi haurei,fc cortefemente migodeffi di v o i : cofi , a queflo altro tnodo ,
*fiiuna ve ne hauerb. La gentildonna, da quefleparole traffltta , fi raccolfe tutta
in fe medtftma, & diffe; quefle non fono parole, viafle , da effere dette da Ca-
ifaficro yche ami donna honefla : ma in rifpoHa, vi dico , che facetate ciò, che
Tar, Trima EE
P e G l i H e c a t o m í M i t h i

valete, che m voglio viuerc,& morire quella Dorothea , che m fono viffa mfu
no adhoray& quando mi vorrete Thoneüà mia torreycome mi minacciatc,mi tor*
rete prima la vita : & quando non la mi toglieile voiy per nonpatirmi cofa indt
gna di bonefla Donna, la morte mi darei io colla mia mano : & coft cffemlo vem
to ilfine del balloja Giouanefc nandò tra I'altrc Donne : Et finita lafeHa,fenc
ritornò a cafay & narro al marito tutto quello,che era auenuto. Tiacquc a Locr'u
no la conHanga della fua Donna, ma nonpotè però non [entire graue dolore, per
le parole di Fiafie , dubitandofi tutta via di qualcbe fir ano accidente. Fiafie
che in cone era rimafo, non mem mat contento, chepieno di ardentijfimo dejide^
riOysimaginò cbe non foffe altroy cbenon lafciaf[ey che Dorothea gli ft deffc, che
I'amore y il qua I ella portaua al Maritoyper la qual cofayfi penso ,cbe ft toslo,ck
le foffe lettato il Marito d'appreffoy gli potrebbe venire ageuolmente fattoycbe k
Donna lo compiacerebbe. Et fatta quetla deliberationey effendo ejfofopra il The•
foro di Conftantino, moíirò vn giorno di voler far gratia a Locrino (iol quale fin­
fe fempre amore) cb'egli vedeffe legioie delTImperatoreyfappiendoy che moltodi
ftmil traffico ft delettaua : & moSlrandogliene molte di mirabil pregzp , mentre
Locrino tlaua occupato in conftderarley egli, eelatamente , gliene pofe alquante,
di molto valore, nella fearfella : & fubito, cbe Locrino ft fit partito yfece Jem-
biante y che ft foffe auedutoy che le gioie gli mancaffino, & mandandogli alqim-
ti de fuoiy lo feprendercy& condmre afe : & tofio, cb'egli lo vid e; onefono dip
fey le gioiey maluagio buomoyche imbolate mi hai ? Locrino , di ciò marauiglhn•
dofi y diffe; & che gioie dite voi ? quando ritrouerete, che alcuna tolta nhabbia,
fatemi impiccareper la golay che nefarò contento; & altrimcntc nonfarày diffe,
ViaUe y & ad vn tratto,fattogli cercare addoffo , gli furono ritrouate le gioie
nella fcarfellay le quali vedute ; diffe Viafle, la forca ti hai guadagnata, & I'ha-
urai, tienlotiper certo. Locrinoy reflando a ciò florditoynonfapcua altro ,cbefi
dire, fe non chey nè quelle gioie, nè altro mai toltogli haueuaync ft fapeua imagf-
narey come addoffo le baueffe. Le vi haiydijfe Fiafie; perche pofle le vi hai; &
cofi lo fèporre in prigioneffotto afpra, & diligente cuflodia. Et pofeia Taccusò a
TlmperatoreydicedogH,ehe mcritaua Locrino de effere impiccato per lagola.Con-
fiantinoyhamto il teflimonio di coloroy che legioie gli haueano ritrouate addoffoy
tenne certifjimo , che ladro eglifoffe : ma non volendo , che per ciò moriffe, lofè
porre in vna tone oltre a Coflantinopoliych'erafondata ful lito di Terayacciò cbe
iui,rmfera vita menando fi rimaneffe longamente effempio a tutti coloroyche di ru
bare Tlmperatore haueffero deftderio. Quanto fit ciò caro a viafle , tanto fü cgli
(piaceuole a locrino, fi per vederfi, a tanto tortoy cofi mal trattare yfi ancopcr-
che fi auifauaycbe quello nongli foffe auenuto per altro yfe non perche Fiafie,con
fimil modoyft baueffe voluto aprir la viaagoderft di Dorothea . La quale a que^
flo cafo di fuo Marito rimafeycome fuori di fe,fippiendo quanto effo foffe huomo
da beney& quanto indegnamente foffe cofi mal trattato : & tutta plena di dola
re, mcffaffi in habito lugubre, & amef]b,fene flaua come ella foffe Fedoua.Stan
da le cofe in queflo modoy Fiafie per lo GuardLia.no della prigione fece intendere
t Locrm .
D fiC A Qj v i N T A . aiS
Locrino, chefe egli operaita, cbe la Moglie gli ft dcffe, lofarebbe liberare della,
prigione . Locrino gli fe rifpondere3 cbe atnaua meglto pcnare per la fua innocen
%a, che viuer libero vergognofamente. Viafte3a tal rifpofla , conobbe, che nulla
era per guadagttare con Locrino; Et volfe tutto il penfiero a follecitar Dorothea;
fir effendo vn giorno in luogo3 oue le poteua affai commodamcntepariare3 le dif-
fe di molte cofe 3 dr tento molte vie per tiraria nelfuo volere, dr tenendole pure
egli replicato3chefmgolarmente l'amaua3 & cbe il molto amore, che le portaua,
mcritatta pure3cb'ella ammolliffc alquanto la fua duregTa, le dijfe eUa3chefe tan­
to I'amaua 3 quanto egli dicea3gli deurebbe effere difcaro vederla tie gli affanni,
ne quali egli thauea pojla colla prigionia di fuo Marito : perche ejfafapeua trop-
jpo bene3 chefuo Marito non era Imbolatorc, ma f i bene amatore dell'honorfuot
dr che le farebbe credere, ch'egli tamaf]e3fe cofiponejfe Locrino in liberta 3co­
me era flato cagione di farlo a torto irnpregionare in quella Torre. Rijfofe Via-
fte 3 che era in arbitrio di lei la fua libertà3percke compiacendolo di fe farebbe IL
berato Locrino . La Ciouane , tutta fdegnofa 3gli diJJ'c; Fu Viafle3la Dorothea
di Locrino, mentre egli fu libero 3cofit farÜanco di lui prigione : dr voglio,che in-
nangi egli prigione fi viua3 dr vegga il fuo honorfaluo 3 chefiuori di prigione lo
vegga macchiato di eterna infamia. Et ciò detto leuatafegli dinangi, non volfe
piu max vário, nèguardare in quella parte3 oue eglifuffe 3 Et volto ogni fuo in-
gegno alia liberatione delfüo caro Marito . Era la cafa fua appreffo il lito di Co-
slantinopoli3 dr vi era vna vieta coperta, per laquale ft fcolauano I'acque della
cafa nel canale , che è in me%o Conflantinopoli, dr Vera : dr fapendo ella mol­
to ben notare come era allbora coHume di tutte le Donne in quella contradas per
quella vieta, entro ncllo ilretto del mare3 che partiua tvn luogo dall'altro : paf­
fate 3 che furono le due hove di notte,dr auilupatafi vna camifcia 3 dr alcuni jfciu-
gatoi fottili intorno la teHa3flmeffe a nuoto3 dr fe n'ando alia Torre3nella quale
Marito era prigione; dr iui3poi3 che ft fu afeiuta dall'acqua3col gittare per gli
ferri della prigione3dr mattoni,& altrepietrepicciole3 chefaceano qualche fire
pito3 tanto fe che il Marito venne alia ferrata 3 oue conobbe la Moglie: dr effen­
do lafineflra tanto bajfa3 che vno poteua3acconciamente 3 toccare la mano all'al-
tro3fl prefero per mano3 dr it*i3 ambiduc piangendo, dr dolendoft della lor mala
forte3fi flettero mfino alíapparir dell'^Aurora : alio fpuntar della quale, temen­
do Dorothea di non efferefcopertajlringendo la mano al Marito3et egli a lei3pre-
fe licenga, promettendogli3che qualunque volta tira del mare non glide vietaffe
a lui fe ne verrebbe 3 infino cheft ritrouaffe modo aliofcampo fuo . Et cofl ogni
notte, che il mare era tranquillo, notaua la gentil Donna all'altro lato , moflran­
do che ad vn vero amore3dr ad vna conflante fede 3ogni cofa , per mal'ageuole,
^rch'ella ft fta3ft fà ageuole : d r che quelle cofe, le quali fogiiono effere fiauente-
uoli a piu forti animi, ft fanno a timidi ftcure3 d r cbe lor danno tali due cofe tar-
lire . Ora effendo andata la Donna piu volte al Marito 3 d r effendo flata con lui
vella guifa3cbe detto habbiamo: auenne3che colui3cbe era alia cuflodia della tor-
vna notte fenti il ragionamentOjch'dlaydr il Marito faceano infieme : St fat-
EE 2
</
D e .Gl i H e c a t o m m i t h i

tofi tacitamente vicino all’vfcio,fi mife ad afcoltarc,cbi foffe quegli,colquale ra-


gionaffe Locrino; & fentendo Ic affettuofe parole, che da vna parte, & dalfaU
tra fi diceano, simaginò cbcfoffe la Moglie, cb’a luifofjc ventita infinodi oltre
mare. St per chiarirfi, entrato in prigione3 cbiefe a Locrino , chi fojf ?colui, coi
quale eglipariatu: & fattofi alquanto fuori, vide Dorothea,che in camifcia era
& le dimandòychi ellafoffe; St ella ,piangendo , diffe, iofono la infelice moglie
di Locrino, cbepajfato il Mare a mioto,fono venuta a luti per goderlomi in qucl
miglior modo, cbe la maluagia mia forte mi concicde. St quindi, allargando gli
occbi alie lagrime: & dirottamente piangendoy diffe al Guardiano ; vi prego,fe j
pietà ba luogo in voiy & fe conofcefle mat per proua, cbe cofa fi foffe fedele, &
boncflo amorey cbe non vi ftagraue aprirmi tanto 1'vfciodi quefla prigione, cb'io
mipojfu effere coi mio Marito, & mefcolarc le mie lagrime colle fue. Tiangeua
a quefle voci Dorothea, & piangeua altrefi Locrino: il quale, pregando,non me-
no cercaua d'indurre a picta il Guardiano della prigione di dentro, cbe di fuori ft
facejje la Moglie. Ii Guardiano, cbe g ià , per le parole di viaflc y bauea cono-
fciuto, che foloper la Mogliera era Locrino prigione, & gliene baueua grancom
paffione, vinto da pregbi di ambidue, aperfe l’vfcio,& tolfe dentro la Donna. La
iuale, di fubito, gittataf/ al collo dei Marito, non fi potea fatiar e di abbracciar-
Í 0, & di baciarlo, & cofi faceua ancbe egli: & tanto ilettero in quellaguifa
infieme, cbe apparue ilgiorno , onde dubitando il Guardiano, cbe qualcbe cofa
fconcia non aueniffe; diffe alia Donna,che tempo era di ritornare a cafa : la qua­
le quantunque mal volonticri dal Marito fi partiffe, pure ringraúato infinitamen­
te il Guardiano, dclla cortefia vfatale , a Conflantinopoli fe ne ritorno . Rimafe-
ro Locrino, & il Guardiano infieme: et ragionandol’vno con I’altro, diffe il Guar
diano a Locrino, ch'egli fi potea dar vanto di hauere la piu amoreuole, & la piit
fcdel Donna per Moglie, cbe maifoffe congiunta ad buomo per Matrimonio ; &
cbe migtoua cio ?foggiunfe Locrino, ejfendomi fi nimico il Cielo , <#“ 1'aitrui po-&
tewga, cbe godcre non la mi poffo qui piangendo; vi giuro diffe, cbe non
tanto mi duole la mxfera vita, cb’io meno, quanto il non potere effere con lei,fen-
%a la quale ogni gioiofa vita mi farebbe grane. Tofcia lo prego, cbe ogni volta >
cbe la fua Donna vcniffe a lu i, gli voleffe effere corteje di quella gratia , della
quale gli era flato allbora : Tromifcgliele il Guardiano, & partijji, & portò il
cuorepieno di tanta compajfionc, quanta non fi potrebbe ifprimere. Ritornata a-
dunquepiu volte Dorothea a Locrino , & battendo dal Guardiano la medefima
tommodità,ringraúaua Iddio,che tra le Jhe disgratieje baueffe conceduta quefla
ventura. St ritrouandofj vna none il Guardiano con loro,Dorothea con molte la-
grirne gli fi gittò a piedi, & con tutto il cuore lo pr egò,cbe gli voleffe lafciave in
liberta il Marito : acciò,cbe come per rijpctto di lei, vi flaua, a grandiffimo tor­
to,cofi per lefue prcgbiere a ragione diueniffc libero. St one la violemtct di Viafie •
ingiujiamente prigione glide teneua,la pietà di lui giufiamete glide libsrajfe. St
tofi pregado da vn lato la Donna,& dall'altro Locrino,il Guardiano, che buomo
da bene era, & port ana compaffione a coHor due fi lajeiò piegare, & gli diede &
modo
De ca Q jv 1 N t'a ; t
modo di rompere tanto del muro,cb'effo fè no potefje ageuolmetevfàfc. Et pofcbz
feriando a Coftatinopoli a Viafie,& voile la buona forteycbe Viafcc il conduffefe
co m contado, oue vi íietteper lo fpatio di tre giorni: In queflo mego tempo ven-
ne Dorothea a Locrino,& egli gittato L muro a terra, fe nvfcifuori: & entrata
la Donna in cafa, tolje quel piü,cbe ella potè delle cofe piu care,& rinotato il rna
re, ritornò a Vera al marito , cbe I'attendeua , & ambiduc andati a cafa dc fuoi
Lauoratori,oue bauea apprcjlati la Donna due cauatli,fu vi montarono ambiduc,
tiê prima ccffarono di corrcre , ebeginnfero a Galipoli: & montati fopra vna
Tfaue, cbe la bauea fatta condiirre Dorothea , dapoi, cbegfi bauea promcfjb il
Guardiano di metter£ in libertà il Marito,fe nandarono in Bithinia, la mattina an
do la nouella a Conflantinopol: della fuga di Locrino, & non ft ritrouando Doro­
thea nella Città ft tenne per ccrto,ch'ella baueffe portato al Marito ferri, & altri
argomenti da rompere il muro della Torre, & fene fojfe, infeme con lui ftggi-
ta . Fu ciò tanto graue a Viafte, veggendofi prim di ogni fperanga di poterft go-
dere delTamorfuo , cbegrauemente infermb, & vinto dal male, er dalla febbre
arnorofa, cbe a poco , a poco lo confumaua , venne a tanto, cbe non era altro,che
pelle, & offa : <& in capo a tre anni,fene mori. Ma prima cbe ft moriffe,effen’
dofi confeffato , & detto al-Sacerdote lo inganno, cb'egli baueua tefo a Locrino ,
voile il Religiofo huomo,cbe Fiafle ifleffo coUafua bocca mamfcflafje, come il fa t
to ft ftefje:& ciòfatto,fene mori. Tofo, cbe Conftantino ciò intefe,conobbe quart
tofojje malageuole agranVrincipi conofcere la verità:& quanto il lor credere,
p iu , cbe non ft conucrrebbe, a coloro, cbe fono appreffo loro di moita auttorità, è
cagione, cbe que fudditi, cbe fon degni di ogni honore, riceuano grani inginrie:Ut
dolendofi del danno, & dello forno riccuuto, perfalfi accufz di Viaile , riceuu-
to da Lo crino, defdcrofo di amendare il commeffo errore,fè cercare di loro in mol
ti luoghi, & non nepotendo hauere notitia ( pero che Locrino ,<& la Moglic te­
mendo 1'ira di Conslantino f haueano mutati i nomi) per publico bando promife
gran premi a chigli daua tal notitia di loro, cheglipoteffc riebiamare alia Tatria
& far loro fhonore, di cb’eran degni. Ciò intendendo Locrino, & Dorothea,de-
liberarono di ritornarc a Conflantinoopli, & palefarft alio Imperatore, & fatta
la deliberatione, f mifero in camino: Ma la maluagia forte, nonfatia anchora di
hauergli infno atthora trauagliati, voile anco quefta loro allegrcgga congra-
uiffima maniera di tribulatione turbare.Vercbe cjjendof fuggita da vn Capitano,
cbe in Bithina erada Moglic co vn fuo Drudo, cgli co died caualli f era meffo a fe
guitarlãyCÒ animo di amaggare et i'vno,et Valtro feforfegli ritrouaua,& meffo-
ft per via in vn bofco, che andaua dhitto al mare : aucnnc, che vide Locrino , &
la Moglie, che inferne erano,& credendo, che color fuffero , dc quali effo cerca-
«tf ua, (pinto dallira, comincih a (pingergli i caualli addoffo, et a gridar,voi fete mor
ti Maluagi. La qual voce vdendo Locrino, & la Donna, & dubitando, cbe non
foffero Malandrini,effendo in fu buori gr gagliardi caualli, toltifi di ftrada ,f t
jiiifero ad extr'e.-e per la folta del bofco ; & tra per la paura , & per la qualita
cl bofco >cbe non lafciaua 3 cbepoteffero prendere dritto camino , perdette il
d -rl: - —•
'tii , Trim,\ *----
LE 3
e: D b G I I H e CATOMMI THI
Marito la Moglie,la quale aggiunfero i caualli del Capitano, & la prtfero: Mt
veduto poi cbe non era ella colei di cui cercauano, & dicendo ella,cbc era moglie
di quel valent buomo,che con lei ft fuggiua,dubitando,cbe ejji mala gente nonf of­
fero, il Capitano lafè Iafiar e : & piegando nel bofeo, a man finiftra,poco aniò,
cbe ritroub la disleal rnogliere , la quale baitea lafeiata fold il Drudo nel bofeo,
& ft era fuggito al marey bauendole imbolato tutto quello, ch'clla al marito ha-
uea tolto : & montato in vna barca, cbe verfo Creta andatta , bauea prefa la fii-
ga. Il Capitano adtmque fnbito,cbe la vide, comando a tutti coloroyche con lui co-
dotti baucuaycbe la vccidcjfero : i quali, a gran furore,gli corfero addoJfoy & in
tal maniera co ferri nudi la ruppero, & fpeggarono , cbe non ft poteua conofccre
chi ella ft fojfe: & il CapitanOy non ritrouando il Drudo, indietro fe ne ritorno.
TUfmafero Locrino, & Dorothea, per lo bofeo, & ricercando vno dell*altro,giun-
fe Locrinoy oue era la Donna morta, & cjfendo ancb'ella veflita di vna vefle di
tela bianca, come era Dorothea, ft credette ch'clla foffe la moglie fua , cbe da co-
loro fojfe ftata vccifa, & plangendo, &gridando, & maledicendo la fua mala
ventura, feefe da cauallo,& raccolti infieme gli ffarfi peggi di quel corpo il me-
glio cbe potè, cercò lungamente della tejla, per pot ere dare gli vltimi bad a quel
vifo, cb'egli fopru tutte le altre cofe baucu.i caro, ma fbaueano cofi minutamente
tagliato i Micidialt, cbe non gli potè mat darforma ; La onde, ridotto ad vltirnx
differatione, fermo di piu non voler viuere,gittatofi fopra que peggi della morta
Donna, vi verso fòpra gran copia di lagrime : & tratta la ffada , cb'egli bauea
a canto,del fodero, ft delibero di pajfarft il petto, & morto caderft fopra la mor­
ta Donna. Ma prima prego il Cielo, cbe poi, cbe ft infelice era nato, cbe non ba­
I !. uea potuto viuerft con lei, cbe fempregti era flata tanto fedele,& cbe vltimamen
te con coftgranpericolo I'hauea liberato dalla prtgione, gli foffe almeno il Ciclo
* r -r
1 ) tanto cortefe, cbe i corpi loro fuffero pofli infieme in vn medeftmo fepolcbro : &
cofi dettOy fivolea lafeiar cadere fuilapunta della Jpada; Et ecco , cbe la Donna
cbe buona pegga baueua errato, andando per lo bofeo, & cbiamando, con quan­
ta maggior voce poteua,il nome del Marito, giunfe tanto vicina al luogo,oue egli
era, cbe peruennero legrida alie oreccbte di Locrtnofil quale, fentendoft chiamar
per nome, algo la tejla, & difje anch'egli, chi mi cbiama ? & conofcendo la. vo­
ce del Marito la Donna, tutta allegra riffofe ; la tua Dorothea Locrino; & Àvol-
gendo il camino verfo là, ond'era venuta la voce, giunfe incontinente oue egli era,
pieno di tanto dolore, cbeft volea, (come è dettoj per vfcirne,dar morte. Ma ve-
duta la Moglie la corfead abbracciare,& ella,fcefa da cauallo, abbraccib altresi
lu i . Etpofcia, cbeft furono infieme racconfolatt, gli diffe la Donna come it Ca­
pitano I'hauea prefa,credendola la Moglie, cbe da lui fuggita ft era , e-r credcux
ch'ella quelta foffe, cbe morta iui giaceua. Il medeftmo credette Locrino, & diffe h
voglio Dorothea, cbe tantogioui a queHa morta Donna, I'bauerla io creduta te, "
ebenon ft rimanga paflo alie fieret & da talefcp oltura ,amendui contentife n'an-"*
daronoal mare : éfcft fecero condurre da vna Naue a CoLlantinopoli; & giuntik
the vi furono, ft prtfentarono alio Imperatore>Il quale intefi tutti i loro accident'
ti^dan- • \
\
- D E C A QjV NT 1 Ki • 210
ll'; dmâà vanto ú Dorothea di fomma fede, & a Locrino attrefi, nonfolamentt
refe loro i primi bem, ma, volley chauejfero anco buona parte di ejuelã di Viafle,
in ricompenfa dei riceuuto oltraggio : onde riccbiycontentipiü,cbe mai (malgra­
do delicdtrú maluagitàj vijfero tntto il rimanente della lor vita.

F I L O T I M A SI M A R I T A A C AL I S T O S’l N N A M O R A D I V N
Giouanecomra fua voglia,grauementeinferma jCaliíto g!iè cortefe,che deiGiouane
íg o d a i dia piú coito íid egge dimorire,che mancar di fede al fuo Marico.

N O V E L L A III.

iAC E V *A Maffimo quando Horatia diffe; Heramente il fuggi-


re leforze d’^Amore, non ê inpodeftà nofira : Et poflo,cbe jia in
faculta di pudica Donna feruar fempre la fua bone(i â , non c egli
pero, cbe alie volte ( malfuo grado) non proni cofi ardenti,le fa­
ci d U m ore, cbe fe ne fenta morirey come dalla nouella , ch’io mi
appareccbio di raccontarui, vedrete effere auenuto ad vna gentiliffima Giouaney
il fine della quale tanto piü boneflo vi parerâ,che quello di Fiafte,del quale ci ha
ragionato MaffimOy quanto quegli, per libidinofa voglia , & quefla per boneflo
proponimento Ji eleffe piu to flo di morirey cbe maccbiare quell’honoreyche piuca
ro l’eray cbe la vita; & io tanto piu volentieri queflo accidente vi narrerò,quan-
to non mi partirò delle contrade, one i narrati cafi da Maffimo fono auenuti.
F V' I N Ter a non hâguari di tempOy vn T erotto, cbe Calísio era nomina­
to y il quale hebbe per moglie vna Giouane Greca,cbe Filotima fi cbiamaua. Et
quantunque naturalmente foffe tra Terotti , & Greet poca conformità , & ma­
le allbora (come anco boggid]) fi conueniffero ne coflumiynondimeno era tanta con
cordia tra Califlo, & la Moglie fua, & erano congiunti con tanta pace , cbe non
fe ne poteua imaginar piu tra buomo , & donna , la qual pace era conferuata da
vna fingolar fedey <&■da vn puriffimo amore , cbe tencua quefli due gentiliffmi
animi legati infieme; effendo cofior due cofi concordi, fü inuitata vn giorno Filo-
rima ad vnpaio di no7g e ,& fu meffo a tauola,di rimpetto a leiy vn giouane Gre­
co y S afpetto tanto vagoy & di cofi fingolar e, & eccejjiua belle^ja, cbe parea,
cbe foffe vn\ Angelo, cb’iui dal Cielo foffe difcefo : Oltre, cbe effo baueua vna for
2’a, & vna foauità nel guardar e, cbe par ea, cbe ad ogni girata d’occbto , . Amore
aumtaffe nel citore di chi lo miraua faci, & faette. Ter la qual cofa , guardando
Filotima il Giouane, & non fi potendo fatiar di mirarlo , le mandò .Amore a po-
co, a paco tanto fuoco nel petto, ch’clla tuita nardeua : Et andata a cafa fenten-
dofi, contra fua voglia, tutta fiamma,comincio con ognifiudto, con ogni ingegno,
‘ c'r con ogni cura a cercare d'efiinguerla : Et riuoltando ogni penfiero al fuo Ma­
rito, qualunque volta le veniua il veduto Giouane nella mente, fingendof i , cbe
Califlo fi foffe quegli, facendofi voluntario inganno, con lui fi trafluUaua , a lui
come tlia nouellajfofa fi foffe flata 3facea mille carcgge : & cercaua bonefla-
EE 4
D e G l i H e c a t o m m i t h i

mente net Marito ritrouare alfuo ardore qualche refrigerio , ma ciò riufciua va­
no, pcrcbe tutte le cofe, ch’ella vfaua per liberarfi da quella pena , vie pin fem-
pre la vi auolgeano , non bauendo perfona, colla quale potejfe communicat
que(io fuo affanno, & bauerne qualche configlio, o qualche conforto , tanto, mag-
gior pena fcntiua, quanto fiamma chiufa ê piu ardente . Tcnfoffi la mifera,che io
ftarfi fenga veder colui,che di tanto male l'era cagione, deueffe effer conueneuole
cornpenfo al fuo male : St nel vero, ft era ella appigliata al meglio, Tercbe veg-
giamo, per cinara ffierienga, che il fuggire, chi è cagione di amore ad altrui,(pef~
fe volteffiegne lefiamrne accefe. Eatta quefla deliberatione non vfciua di cafa ,
non fi lafciaua veder mai nè ad vfcio , nè afinefira, per che non le vcniffe veduto
colui, ond’ella era cofit ftranamente arfa . Ma fi vide in cofiei, quanto mal’age-
uolmentefi cbifa la mala ventura, Terche auenne, cbeil Marito , che delíamot
della Donna nulla fapeua,prefe ftretta amicitia con quel Giouane , & comináò
a menarlo feco a definare, & a cena , & ejfere di continuo con lu i, come segli
fuo Fratello fi fojfe flato. Ciò era di infinito difpiacere alia mifera Donna, & non
volcua comparire, moiirando, che le fojjegraue, come nel vero lera,che colui le
veniffe auanti,che contra voglia fua la diflruggeua : Ma il Marito , che f ipensò
che tal ft moflraffe la D om a, per amore 3 ctiegliportaffe il Giouane; Le diffe ,
che agran torto, ella odiaua quel Giouane, ch’era dignijjimo da ejfere amato cla
ognnno, St quifi allargo,a narrare le virtu, che in lui fi ritrouauano , Et dilct-
tandofi la Donna di cantare, & di fonare , come anco il Marito fe ne dilettaua,
difje Eilotima; fe tu fentijfi vna fiata cantare, & fonare cofiui, egli ti parrcb-
be meritare, che non I’haueffi in odio. La Donna , che ad altro non miraua,che
a Icuarlofi dal cuore,vdendo cofi dire al Marito, fenti nonpicciola angofcia : <&,
per non haucre nuoua cagione di vederlo, nè di vdirlo , gli diffe, ch’ella punto
non fi curaua di ciò, & che il maggiorepiacerc , che le potrebbe fare ,farebbe
il non menargliele innan%j a gli occhi. M cui dijje Califto ; Egli è vero, Filoti-
ma , chefempre la Moglie ha in odio coloro,che fono amati dal Marito , Ma pu­
re di te mi marauiglio, cb’ejfendofempre flata tra noi fomma concordia, hora tu
fij cofi contraria a quefio rríio volere. Mngi, rifpofc la Donna , la concordia, di
che tuparli, ti deuerebbeperfuadere a non dijpiacermi, per cofiu i. Non rijpo-
fe egit altro, & feco fi delibero di feguire il voler fuo, con quanto difpiacere ha-
uerefene deueffe la Donna : Et, continuando nell'amicitia , auenne, che effendo
vngiorno Califio con Eilotima , & cantando, & fonando infieme , come facea-
noponente, il Giouane lor foprauenne, il che fu molto caro a Califto : imaginan-
dofi, che vdendolo la Doma cantare , deueffe lafciar di dargli noia , perche egli
lo teneffeper amico : & , voltatofi verfo lui con lieto vifo; Scte , diffe, venuto d
tempo,perche voi ci terrete tenore: & , cofi lieto ,gii diede vna viuuola in ma­
no, & fattegli veder e le notte della cangpna , che cantauano , cominciarono tut-
ti e tre afonare,& a cantare, & il Giouane con tanta gratia, & con tanta har­
monia intono la parte fua, che haurebbe innamorati di fe ifaffi, non che animo di
Doma, Totctc penfarct Donne mie, qual f offe il more di Eilotima>& quant epei'
De ca Q j i N tá : 221
fi aggiungeffe al fuo primo fuoco , porto opinione, che fe U mifera prima ardeucty
bora auampaua . Ma nondimeno ella , armata delia fua bonefld, fi oppofe ad o-
gnipocoragioneuole deftdcrio. Stfe coftclla fihaueffe potuto leuar lefiamme
delcuore, come volem , che fi nmaneffe vittoriofa la ragione, & la fede co-
flante, non lefarebbe flato di meftiero cercar vie , di leuarfi il Giouane de gli
Qccbi: Ma >ardendo ella vie piu di giorno in giorno, & nutrendo in le i, per la
modo detto , il Marito il fuoco , voile vedere con dare fofpitione al Marito dei
Giouane , ch’egli piu nol lafciajfc venire in cafa; & vn giorno gli diffe, Califio,
io non sò quanto tifi conuenga, che tu lafci, che quejlo tuo compagno ci venga,
coft, fimigli arment e , & cofi domeflicament e in cafa , & ft ftia domefile amente
meco,come s egli mioFratellofoffe; T ifoa fipere ,chepermolto minor cagio-
n e , ft c alie volte dato , che penfare , & che dire , a chi fottilmente difeorre le
cofc dei mondo, & le volge bene fpeffo , piu tofto al male , che al bene : & io
nonfolamente defiderodi efferti in fatto , come (otio, fedele, ma bramo anche di
effere lontana da ogni fojpetto. chetni poteffe effere di dishonor e : & tuanchora,
ftudiar dei, che tale io fia da ognuno tenuta , & riputata . Il Marito a quefle
parole diffe,ch’egli fapeua bene l’bonefld fua, & anco conofceua la modeflia, &
la bontd di quel Giouane : & chel’vna> & 1‘altra di quefle cofe facea, ch'egli fi -
curarnente lo vi mandaff?. Et che quanto al dire altrui ,uonft dicea cofa meno,
che honefla , di Donna honefla,come ella era. Coft fojfi iofanta, rifpofe la Don­
na,come di molte ft dice, chefono fedeli, & boncfle. Et per ciò ti dico Califio,
che qual la fama fi fpande, tale 1'bannole Donne, fi che dubitando io , cbe qual-
che voce non ft lieiti di me per la flretta pratica di queflo tuo compagno, ti ha
voluto dire quanto io ti ho detto , perche tu piü riguardeuolmente tigouerni, <gr
mi conferui in nome queU’honore , che io ti mantengo in fatto . Califio ridendofi
di ci0, & credendo,che il mal’animo,chauea moflratola Donna verfo il Giouane3
inftn da principio fbjje cagione, ch’ella coft diceffe, feguiua la fua vfata maniera»
Onde fi offtriuano mille comoditd alia Giouane di noft lafciare moriredi defiderio,.
& di ciò fare cofifegretamente,chealtri ch’egli,& ella non ne hanrebbe faputo
nulla; Le quali commodita,effa tutte fuggiua, parendole, che pur troppo foffe
( come fempre ad bonefla Donna dee parerejch'ella haueff?faputo quello di fe me-
deftma, che llmucffe afar fempre arro(Jire, & ardere della vergogna. Non ha-
uendo punto giouata la fofpitione,che hauea certata di porre nel Marito , ft diede
ella a fare al Giouane mal vifo,& a dirgli parole,per le quali conofceffe,che 1’era
graue,ch’egli innangigli occbi le veniffe:Ma,pareua, che Mmore temperaffc coft
ognifiera vifla,& ogni triflo atto , cbe la Donna gli facea,cbe egli non fi auede-
ua del difpiacere, ch’ella fentiua. Cofi combattcndo continuamente in Filotima,
la ragione, & l'appetito, & il deftdcrio dell’honcftd, colla pajjione amorofa, non
potèla mifera baft are a cofi afpra battaglia,onde graucmente fe ne infermb. Ca-
lifto,per lainfermità della Giouane, fentiua tanta angofeia , quanto era l amo­
te ,ch’egli le portam : Et, chi amati i Medki,comincioa cercar e , con ogni argo-
mento,cli ella recuperaffe la per data fanità : Ma nulla gionauano i Medici ,nul -
... la U v
De Gli Hica"tommithi
la le medicine,perche il fuoco,onde ardeua la Donna,nonle confumaffe lemidoUt,
La qual cofi veggendo i Mcdici,diff'ero,che la Donna era malcnconica,& che bh
fognaua vfar moita curapercbe ella,piu cbc fi potem ,fltfje allegra. Quefto inte-
fo Callflo,non perdomita ,nè a canti, nèa /noni, nè a bulli, nè a giuocbi,nè a qua-
hinque ultra coft,per la quale cjjo/i poteffe penfire di rallcgrare la fua Filotima;
€t innandi a Ici cantaua foutnte egli,& il Giouane,<£r aueniua t albora,chefonan
do Califio,il Giouane con qualebe Damigclla , che lui ft ritrouaua , per confoUrt
Filotima, entraua in danga,con cofi leggiadri mouimcnti,con cofi dolcc maniera,
cbc ognuno per vn mlracolo loguataua . Ma credendofi il Marito in quefla guifa
confolare,&rifanare la Giouane,1'affligeua, & cercando di darie la vita , leap-
parccchlaua la morte. Terò ch'ella maggiormente d'bora in hora infermana. In
que fio mego tempo ,conflderando il Marito varie cofc,s imagino, che Chattere cer
cato ella di pcrgli quel Giouane in difgratia,non foffe flato per altro,cbc,pcr effe­
re effa del Giouane accefa,non volendo hauere la cagione della fua flamma nc gli
ocebiyonde volendo feruare fede al Marito, fe ne haueffe a flruggere. Ter la qual
coja, amando effo piu toflo la Moglie viua,<& che ad vriedtro fegretamente , &
fenga fcandalo,haueffe complanato di fe, cbe, fenga cio,fene moriffc, ft mife vn
giorno a parlar feco : & ,d i varie cofe ragio nando, fe cadere,gentilmente, in pro-
poflto il pariare di quel Giouane; Et le diffe,cb'egli era b e l l i d a effere ca
ro ad ogni donna,& cbefarebbe da per donare a quelle, le quali fi volejfero com-
piacere de cofi fatto Giouane, & cbe s'egli donna foffe flato,effendogli venuto tale
obietto innandi,nonfi baurebbe potato eontenere di non goderne . £t vi aggiunfe
altre flmili parole,tutte atte a fare,cbe la Donnafcorreffe,adir qualchc cofa,on-
tiegli poteffe comprendere,s'ella dei Giouane ardeua. €t cffa,accortamente rifpon
dendo,diffe ;Totrebbefi, Califio, di quefto Giouane,Giouane donnainnamorare,
percbe non credo,cbe ilfuggire lepajjioni d'Mmore fla in arbitrio noflro, & che
nongioui farft f'cudo di honefli,&gelati penfteri,percbc le fuefiamme non entri-
no altrui nel cuore.Ma sella foffe a marito congiunta,& teneffe quella flima del-
I'bonorfuo,cbe donnafaggia,& bonefla dee tenere,& percio ft voleffe moftrarc
ver umente doma,piu toflo,cbe maneare delia fede al fuo m arito, & maccbiare
CbonefUftta fi eleggerebbe di morirc,per dare cbiarijjimo fegno, che s\Amorc ha
ueffe bene bauuta forgo. d\nfiarnmarla,non baurebbe per ciò efjobauuto forga di
vincere la conftanga Jua,& il fermo propoftto dei fuo honore : & ciò mi farei io,
fenga alcun falio,fe pure la mia rea forte haueffe voluto,chela cofiui bellcgga la
quale tu cofi rara fat,mi haueffe accefa; Califlo allbora diffe,tanto mi fei tu cara,
Filotima, cbe fe tu baueili penflegQ,di volerti piu toflo morire ,che goderti di que­
fto Giouane,quando la fua bellegga ti haueffe accefa di lu i, mi dorrebbe effer na­
to; €t a me dorrebbe effer vitta,foggiunfc ellajiofoffi mai dal folle deflo condotta
Hmaccbiare Cbonefla m ia,& a romperti la fede, & viucndomi con quefla infa­
mia mi terrei morta : one,bonefla morendomi, mi terrei di bauermi acquiftata e-
terna vita.Voile Cali fio doppo quefio ragionamento tentare Cvltima prona , per
mantenerla in v ita ,& le diffe; Filotima, (per non par larti dubbiofamente) io*
D EC A Q j r I N T A. ; f.tT
conofcoyche tuflmi queflo Giouane : & ,cbe queflo anorc ti conduce a poco a poc9
a mal fine,non per altro, ebeper offernarm fede, & man tenere la tua bone si a:
della qual cofa nc ho piü cbiaro tefiimonio, veggendott ridotta one ti veggio, cbe
non verrei. Ma poi,tbe commodity alcun.i d.itati da me, cbe gia buon tempo bo
conofciuta la cagione della tua infirmità,dipotertigodere bel Giouane non hagio
ucito nulla, & tupur ti confumi. Refla, cbe , come infino ad bora mi bai data
cbiara teftimonianga della tua boneflaja mi dia anco dell’amore, cbe io bofem-
pre crcdutOycbe tu m iporti. Tqèpiu certa la mi puoi tu dare,cbe cercare di man-
tenerti in v ita ,& conofcendodo, cbe foi puoi ciò fare col godere di queflo amore:
10 ti prego difporti agoderne,perche io ti amomeglio talc,cbe morta.Et fe l’effere
quafi all'eflremo ti toglie hora il farti contenta , confolati, & cerca di riflorarti:
accio cbe, rifanata, cbe tu fij, te ne pojfi pienamente contentarc:& fe,percib,fo-
no io pietofo verfo te, non offer tu, ti prego,Filotima, contra tefleffa crudele:&
quando pietà di te non ti (Iringcjfe, babbi tu almeno tanto di compajjionc del tuo
CaliJlo,cbe tu non mi vog!i,con queflo tuo ofllnato propofito, vccidere, cbe tanto
è l''amore,ch'io ti porto, chefe tu ti lafciaffi morire,ú faceio a fapere,cbe di fubito
11feguirei,& farefii ad vn tratto, & di te ftejfa , & dei tuo Marito Micidiale,
& fc ne rimarrebbero i communi noflri figliuoii fenga padre , & fenga madre :
i quali effendo,come fono,fanciulli,potrebbero ageuolmente andarea male, il cbe
quanto fia degno di amoreuole mogliera,& di pietofa madre : voglio , cbe f i ri~
manga nella tua prudente confideratione. Et,ciò detto, quafi plangendo , fi tac-
que. La Donna,cbe poco meno era,cbeal fine della fua vita, cofi gli rifpofe; Ca­
liflo, pofcia,cb’iofempre cofi fui tua,cbe adaltro buomo , cbe a te , mat non volfi
Vanimo mio,fono Hata per quel Giouane , dei quale tu mi ragioni Çcbe non ti vo -
glio negare il vero,fu queflo vltimo della mia vita) nonpur tocca,ma in tal ma-
niera arja dalle fiamme amorofe,cbe bo conofiimo,cbe ilfuggire la potenga d 'ti­
more non ê infacultâ noftra; volentieri vorrei,cbe tu, inflno allbora, cbe io tifei
vedere, cbe non era conuencuole,cbe tu Giouane tale ti menaffiper cafa,mi haue
fti conofciuta di lui accefa,come hora mi conofci, cbe non lo mi baurefti condctto
continuamente innangi,perche cofifi farebbe jpento quelfuocofil quale,col tener*
lomi tutta via negli occhi, hai tu fatto tanto crefcere,chefongiunta oue mi vedi,
Ma pofeia che,per mio ficro destino, è cofi auenuto, voglio Califio cofi tua,&fe­
dei morirmi, come tua, & fedele mi fono viffa. Nè voglio accettare quel rime-
dio at miofcampOyche tu mi ojferifci,come non bo anco mai voluto valermi delle
commodata ,cbe tu di di hauermi date, Tercbe anebora , cbe quella tua prima
cortefia,&quefia vltima offerta , mi facciano conofiere in te quella amore , cbe
in tutte lealtre cofe,nel corfo della noflra vita,boconofiuuo,nondimeno nonfono
iopermofirar di amarti,& effer verfo te pietofa,col rimanermi viua,per far co -
fa,ônde baucjfi ad baiter mefteffa perpetuam ente in odiozconofcendomi baucr fa t
to torto a quella fed e, & a quella boneítà, cbe fempre inuiolata bo fabata : Et
voglio piutofio , morendomi, moflrar.domi degna di quel nome, cbe io tengo, &■
lafciarc apprejfç te, questo pegno dei mio amore , cbe con tua fc disfa ttio ne armc-
cbiandolo »
if D e G i i H e c a t o m m i t h i

€hiandolo,moflrarmi a te, & a mid figliuoli di shone flamcntc amoréúolc, & pie
tofa. Viuiti adunque, Califio mio caro,& ama cofi la tua Filotima morta pencil-
done memoria , come ella amcrd tc nell'altra vita ,fe nell'altra vita ft amano le
pcrfonc,cbe ft amauano in quefla.Et ne figliuoli noflrifi quali ti raccomandoflret-
tamcnte,fcrua il commune noflro amore: £t non potendo pin oltrc pariare,la Gio
uane fi tacquc, & indi a pochi giornife ne mori, lafciando il Marito pleno di tan­
to cordoglio, cbe non bebbe piit mail, infino ch'egli vtflfe, cofa chc lo confolajje, fe
non la memoria della fede y& della bone fid della fua carijjima Filotima .

G I O V A N N I P A N I G A R O L A E’ C O N D A N N A T O A M O R-
tc,la Mogle entra in prigione, cambia panni con Ini, & fi rimane in prigione,& egliefce,
è condannatala Donna alia mcdefima pena j Giouaviniciò intefo, cerca di liberare la Mo
glie,il Gouernatorc vuolecheambidue muoiano s 8c per cortefiadel Re fonoamb:due
. liberati. r ,
N O V E L L A I I I I.

O C 0 munch, cbe la nouella di Horatia non conducejfe le lagrimt


in fugli occbi a tuttc le Donne, le quali ad vna voce dijjrro;Filo­
tima effere Flata fcdcliffirna fra le Donne,& fopra ogtihuomo a-
moreuole Califio. Ma vi furono tra i Giouani, di qncUi,cbc diffe­
ro, cbe Filotima non era flata buona nè per fe nè per altri,& c1'!
farebbe flato tneglio eke col mantenere fe in v ita , baueffe fatto contento il Mari­
to , chc incrudelendo contra fe fieffa , effergli flata cagione di perpetuo affanne.
Ma le Donne differo,cbe il pro defla Donna era flato grandiijimo, bauendo lafci:-
to chiaro effempio della fua caftiffuna mente a tutto il mondo. Ft conge deono ccr-
care tutte le Donne,cbe tale accidente lor non auenga, quale f t queüêflbbe a Filo­
tima auenne,cofi fe pure loro auemffe , non deurebbero altrimente portarfl,cb'cl-
la portata ft foffe . Tsfpn voile ro i Giouani do credere, differo , cbe non ft de-
ucano troppo fouente por le Donne a cefl fatta proua, perche f e v if i ponefferofa
rebbono flcitri, cbe niuriultra Filotima,tra tante, ft ritrouerebbe, cbe voleffc la-
feiarfl morirCypcY purer fauia : angi dijfono le Donne, cbcjnoltc firebbero. Ma,
cbe credeana bene, cbe poebi buomini ,come Califio , amor-euoU ft ritroucrcbbcro,
eir langa farebbe ita la tengqne,fe Linia, a cui toccaua di fauellarc,non dauaprin
cipio alia fua nouella, dicendo; Gran cofa è, chc mold degli buomini voglino,cbc
la coflanga di noi donne (la come vn miracolo nel mondo, & pure ft veggono di
giorno, in giorno, tanti effempi, cbe ne deurebbe boggimai efferelcuata la mara-
I i
uiglia:& la cofa,cbe io fono bora per narrarui,vi fara conofccre tanta effere la fe
cie noflra verfo M ariti, cbe ouc ci fa bifogno di lafeiar la vita per feruido, et fa-
lute loro , volonderi il facciamo , & pin cura tegnamo della vita loro, cbe delict
noflra ,
M I L M N O , tra le Citta di Lombardia nohiliffirna, nel tempo,cbe Giouan-
giacopo Triulgi (buomo di moita prudenga, di Magnifico animo,& di molto va­
lore, s
, D E C A Q^V I N T Ai 2 2^
lore y ér ncllapace, & nella guerra) vi fiaua per Gouernatore a nomc del r\c di
Frandaibebbe in fe Giouanni Vanigarola 3 Giouane vago 3gentile} er come era
nobilmente nato3cofi era valente della performed troppo pin dato alle Zuffc, ebe
non ft conueniua al quieto 3 & pacifico viuere della citta : & 3per effere venato
con varie perfone all'arme3 Ibaueua bauuto molte volte il Triulgi nellemani:
Maper eff'ere il Giouane del nobile, & gran parentado3cke egli era3& per effere
quel buon veccbio d’animo Italiano , cioê per natura piegheuole piü toHo al per-
donareycbe al punire3gli baueua bauuto tanto di riffetto3cbe fattegli agre ripren-
ftoniy & mitiaccie, non era maiproceduto piü oltre : Ma quefte, & quellepoco
giouaronoy perche cofluil'vfata fuafierez^ga lafeiaffe. Haueua egli per moglie
vna giouane de Lampogiani, di dolce3 & di piaceuole natura, che fentiua intole­
rabile noia in vedere nel Marito tanto di ardire . Ft perche effo era colla Moglie
tutto cortefta 3 & tutto piaceuoleTga'y bramaua alle volte Filippa ( ebe queHo
era il nome della Giouane) che piu toflo egli foffe Hato co gli altri humano, &
difiera natura con le i3 che con lei piaceuole3& con gli altri terribile3perebe elU
era ficura3 che dal contendere con lei3 non gli poteua auenir male 3 oue dubitauas
che}quclla fua gagliardia non le foffe vngiorno cagion di pianto. Onde t albora
gli dicem ; Giouanni, ebe volete voi fare con coteflo voftro effere alle mani bo­
ra con quefloy bora con quello ? Non vedete il pericolo a che v i mettete f & ta f -
fanno 3che mi date s’ Sappiate 3 che tanto mi affligete, quantofe colla fitada mi
paffafleil cuore : Tercbe il timore continuo 3 che io ho di voi 3 si per vederui
tutta via nell'armi 3 con pericolo della vita : si percbe temo3 che offendendo altri
non incorriate in qualcbe cofa vergognofa, per riff etto della ragionc3non mi la-
fdagoderui contenta. Vero io vi prego , per tutto quell'amore , ebe io vi porto,
& per quello 3 ebe io sò3 ebe anco voi portate a me3 ebe mutiate ariimo,& vi le-
tiiatc da queHo pericolofo modo di viuere3percbe ce ne viuiamo ambiduc conten-
tiinfieme,& voineriportiate’quell'honore 3 & quel buon nome appreffo igen-
tilbuomini noHri 3che merita lanobiltà del fangue 3 onde fete d'ifcefo. vdiua
Giouanni volentieri la Moglie3 & mentre era con lei prometteua di fare tutti ibe
ni del mondo: Ma egli non baueua ft toflo il piede fuori di cafa3che3 ritornando a
fuoiprimi coHtmi3mofiraua quanto diffidi cofa fta il mutare vna naturale indi-
natione. Seguendo adunque3cofhti queHo modo di vita3auenne3cbe il pe cbiamo il
Triul^i in Francia 3& fu meffo algouerno di Milam vn'buom fuperbo 3 & piu
dogni altro iracondo. Mentre coflui reggeua la citta3vollela forte3 ebe Giouanni
venne a parole 3con vno defamigliari di quelfuperbo huomo : & poHa mano alle
coltella3non prima hebbefine la tenxpne3che I'auuerfario rimafe morto.Onde fubi
tofuprefo Giouanniy& voile il Gouernatore 3 che 3 nelgiorno feguente , gli foffe
tagliata la teH a . Hebbc di do Filippa incredibile dolore3per loquate la mifera
fe nefentiua partir I'anima , & maledicendo la fuafiera ventura3cbiamaua cru­
dele non pure il Gouernatorey ma i deli , & le Helle , & fe infelice. Erano in­
tortio alia afflitta Giouane le parenti 3 le amiche 3 & le vicine a confolarla 3ma
.ton darn eUa luogo a conforto alcuno : Ma3percotendofi ilpetto> & dirottamente
D e G l i H e c a t o m m i t h i
plangendo,diceua ; *sibi,dome me,non c alcuna di -voi,cbepotejjc fapere qualf a ­
il mio ajf xnno,fe nol prouafje : Ma piaccia a Iddio, che niuna di voi lo proui gia-
mai, che sò che bramar cite di cangiar colla morte coji fatto dolore: Tero lafda­
te di affaticarui, in voler confolare quella angofeia , che di consolatione non è ca­
pace, perche io fermamente ho deliberato di voler prima morire,che intenda gia-
mai, che il mio Marito in tal modo fia morto. S eguit attano pur le donne apor*
gerle quel maggior conforto,che fapeano:ma,parendo loro, che tanto dcucmjje U
doglia maggiore,quanto piu a leuarglide fi affatticauano , temeano molto,ch'ella
nonji vccidejfe,onde non fi arrifehiauano di lafciarla fela. Stata in coft grane an­
gofeia buona pegga la Eilippa,et penfando o di faluare il Marito,o di morirfi con
effb lui,dijfe jinalmente; Dorme mie,vna fola via ci è,per la quale io poffa hauere
alquanto di pace. Et quefta è,che voi,coi mego de voftri m ariti, otteniate dd
crudel Couernatore,che io per tutta quefta notte,che dee,mifera me, ejfere 1'vlti*
ma al viuere fno,mi flia coi mio Marito,perche fe ciò mifiè concejfo,me ne rimar-
rò meno dolente. Tarendo alie donne,che folamente quefta via fojfe atta ad am
molire il doloredi Filippa,fecero,che quel fuperbo huomo, alie preghiere delor
mariti,fu contento,che tutta quellanotte fola ft fleffe la Giouane coi marito. Elia,
tofio che fu con lui,gligittò le braccia al collo,& diffe; ^thi, Marito mio,folo Jo-
fiegno della mia vita,oue bauete voi condotto & v o i,& me,colla voftra oftinatx
volonta i voi,che domane,tofto che appaia ilgiorno,vi deuete lafciar la teftatme,
che veder mi debbo morto malamente colui,che è il foflegno della vita mia* Ter •
che non bauete mai voluto piegarui a preghi della Moglie voftra,la qual,fempre
di quefta paurofa,vi ha mille volte riprefo,& predetto,che al fine il voftro valo­
re ifmifurato produrebbe il frutto,che prodotto ha, per miferofine della voftra vi
ta ,& della mia.Et qui occupata dal dolore, & da fmghioggi dei pianto,abbando-
nataft fui mifero Marito,non potè piu dir parola. Giouanni,quantunque di viua-
ce animo,& moltofiero fojfe,non potècontenere le lagrime,no per lo cafo fuo,ma
per lapietà ch'egli hebbe dellafua cara Mogliera , conofcendo quanto ella deueffe
reftar dolente per la fua morte . Ma,fatta riforgere la Donna,le diffe; Filippa,
to non poffo negare,chc non mi rincrefca di te,inftno alCanima,v eggedoti,per mia
cagione,hauer materia di si afpro,& graue dolore : Ma,quanto a me, voglio piii
toílo per lo mio valor morirmi,che,per viltà dtanimo,effer rimafo viuo. Come ha
urei io mai bauuto faccia di andare tragli huominijio hauefft tolerato, che quel
Barbaro,cheper la mia manogiace morto,fojfe venuto nella mia patria ad oltrag
giarm i,& non gliene bauejji datogaftigo 1 Tcrò voglio,Moglie mia cara, che tu
lafei il dolore,& afeiughi le lagrime,& ti conforti con efjo meco , che non ladro-
need,non feeleragini,ma il vigore,che la natura mi ha dato,mi ha condotto alfi-
ne,alquale,per honorata imprefa,m\ ha condannato ingiuftamente il crudel Go-
uernatore,non cjftndo ftcito io,che habbia prouocato il fuo famigliare , all'arme:
ma effo,che ha prouocato me,col v\llancggiarmi,& dirmi parola, cheniuno huo-
me,che Moglie habbia,la puòjenon con molta infamia foftenire : St, quando per
altro tu non ti vogli darpaeefdJati almcno,pcr moftrarmti,col compiacermifm
quefto
D ECA Q j f I N T A. 224
queflo punto,qudla vbidicnte moglie,che io ti bo fempre prouata, & cofi dicendo
baciaua tutta via laçara doma.La quale,non meno cheprima ,piangendo dijje;
Giouanni nonfiè mai,cbefenTa voi mi viua,penbc, quando pur voglia la malua-
gia noílra fortuna,chc babbiatc a morire,voglio cofi venirui compagna nelíaltra
vita,come compagna v i fonojlata in quefla:Ma,ancboracbe ilfiero dolore mi bab
bia prima (pinta alie lagrime, cbe a porgerui coftglio in queílo mifero cafo:voglio
nondimenoyche voi fappiate,che qui nonfon venuta,pcr piangere, & lamentarmi
della commune fciagura,maper liberarui da quefla morte. Giouanni,vdendo cofi
dir la Donna,& come,diffe,fiè ciò ?* Soggiunfe ella , di diciotto anni fete v o i, &
fenga fegno alcuno di barba, & di altri tanti fono io , & non fiamo conofciuti nè
voi,nè io da quefli nuoui guardiani delia prigione,per effere, come il Gouernatore
• í flranieri: Terò voglio,Giouami, che noi mutiamo i panni, & io in queílo luogo
mi rimarrò veflita de voflri,& voi,in mia vece,veílito de miei/ve ne vfcirete di
qui: io fon femina, & innocente , però non è da dubitare, che a me debba effere
m tolta la v ita ,& a queílo modo voi faluo farete,& io contenta mi rimarrò.^Appe
na potè foffrire il Giouane il pariare della Moglie:ma,toflo ch'ella bebbe finito di
fauellare, le diffe; Filippa , non ti affatticare in v olere perfuadermi queílo , che
viè piu temOyCbe la morte:come vuoi tu,cbe piu vilmente quindi mi fuggaycbe no
fon per morire f Ti prego,cbe tu mi voglipiü toílo morto,cbeyveggendomi viuo,
mi poffa effer mai rimproueratOycbe coft cercato babbia di fuggir la morte : Tsfpn
mi pariare piu di ciò,che inftno ad bora tifo afapere,cbegetti le parole al ventoÈ
le quali fe bene dal tuo molto amoreprocedonoynon vuole nondimeno íbonor mio,
cUelle ftano accettate da me.Lafciami pure ne terminijn cbe iofono, & tu difpon
ti a tolerare patientemente,& conforte cuore queflo mio cafo. Filippa allhora,
plangendo; ^ibi Giouanni,diffe,che natura è la voflra,che non vogliate anco, ncl
medefimo horrore delia morte,mutarui di animo.Ma vi ritorno a dire,che, fe non
m mutate penftero quel coipo,che vcciderà voi,vcciderà me ancbora,et farete di me
micidiale,moflrando voi verfo me,che tanto vi amo, maggior crudeltà, cbe non
fa contra voi queflo ítraniero,& ingiuflo huomo. Impero cbe egli vuol vccider
v o i, perche vi ba in odio,& vcciderete voi me,cbe piu vi amo,cbe me íleffa.Te
rò fe non èfpento quelíamorc . chc io ho fempre conofciuto ftngolare in v o i: vi
pregOyche vi piaccia di accettarela prouifione,che portata vi ho, ft curiffima alio
fcampo voflro,& alia conjeruatione delia mia vita.Se vi hauefle a morir,Giouan
niyColTarme in mano,moflrando il valor voílro,& non per mano dei manigoldo,
come vno fcelerato potrefle non curare ta morte, círio ( quantunque Teffere fen-
ga voi mi foffe duriffimoJ mipotrei dijporre a toleraria patientemente.Ma il pen
far,mifera mè,che tanto ardire, tanto valore,tanta virtü fia con cofi infame mo-
do,da vil mano fpenta,come fe voi fofle vno animale menatoal macello ,f a , cbe
*mi fcoppia il cuorefolamente apenfarui. Giouanni,mi raccordo bauere vdito di­
re al Tadre niiofil qual fu faggio, & valorofo huomo , quanto alcuno altro deila
~ noflra città,che íhuom forte non dee mai cenare di fuggire la morte,quando gli ft
l vjferifce cofa3ondegli poffa dar fegno dei fuo valore deliafua virtü : et per ciò
giouando

ȒA * >
t)E G li Hecatommithi *C«
gicnxndo alia p atria, & a fuoi acquiftarne loda:Ma cbe bene effere gli dee qüeüt >
morte gratte,& molcfla, nella quale non è luogo nè a coraggiofo ardirc3nè a vir-
tuoj'a imprefa.Et qual luogopuote egli effer qu\,Giouanni a virtu , afortegga , a
valor voftro? oue legatofche mi vergogno adirlo) deuete effere colla mannaid ,
vciifiiVeròyCaro Marito,v i prego a difponti a femar la vita voflra, et a pcrder-
i a,quando pur cofi bifogniyper cofa,cbe anco doppo la morte vifaccia rimaner vi
uo.Et confidcrate ,vi prego ,cbc qucflo pericolo cCignominiofa morte, cbe vi fopra-
fiXySbaura l'effetto,cbe il Barbaro ha comme(fo ,mac chi era quanto mai d'bonore-
uole facejie in tuito il corfo della vita voflra. Ma ben di Ioda viflè3cbe oue queflo
crudele buomo3a coft mifero,& dkhoneilo fin vi vuol condurrc3 voi con ingegm
la fua ingiuflitiavinciatc3& fchernito rimanere il facciate,come egli merita.Quf
le parole furon molte3ma la Donna 3pregando,plangendo,fofpirando j? gli inteneri
il cuorCySi lo ritraffe dal fuo proponimento,che gli vene in odio quella forte di mor
tey& fi delibero di feruare la fua vita a migliore, & a piu bonorato vfo : &,U-
feiata la Moglie veflita da httomo nella prigione,egli,in habito di Donnayfenev-
fci3allo fpuntar dell'Murora3con toflopaffo.I Sergeaiiyper effequire quelloycheil
lor Signore bauea commeffoje ne entrarono nella prigioney & credendo , cbe k
Donna foffe Gioitanni yandarono per legargli le mani dietro aide rencyfecondo il to
flume de condannati a morte.Ma FilippaydiJJe loroytrattafl coft villanamentcvu
gentil donna f*Conobbero iSergenti alia voceyche non Gioitanni era il prigione,
ma la fua moglie,&fecero intendere al Gouernatore come la coft flaua. Egli to-
fto la ft fe condurre innangi:&,intefo il tutto 3tenendofi fcornato, fu defto a mag-
giore flegno ,che prma.Et,voltandofl verfo la Donna3le diffe; Tu voluto haigm
dagnare la vita al tuo Marito,& effo hauerà lafeiata a tc,pcr prémioy la morte,
Et qui,tutto ira,& tutto rabbiaycommife a Scrgentiy cbe fubito al luogo della Gin
flitia la conduccfjeroy& in vecc di Giouannifle leuaffcro la tefla.l Scrgenti quel,
cbe fulor commcffo3ft mifero ad effcguire.Erafi giàfparfa laflima di quo Ho fat-
to per tntto Milano,& erano già concorft alia piagga, & donne , & buominim
grandiffimo numero:La onde3toflo cbefu veduta la Donna nella piaigga, gli Imo-
mini parimentc,& le Donne cominciarono a piangcre la feiagura di coft fedele,et
amnreuoic moglicra,& poflo cbe gli huomini deftdcrajjero , ebe le lor mogli mi-
gliore. fortuna bauejfero3cbe Eilippa,non baueua : le defiderarono nondimeno tut
ti verfo lor ia lfq u d i vedeano verfo Gioitanni effer Eilippa. Era cofa pietoftjflm
il vederele nobili Donne andare ad abbracciare Filipp a 3& plangendo pregarc i!
Cieloyche di si felice anima haueffe pietà.Finiti gli abbracciamenti,& le doglian-
‘Zejnenauano i Scrgenti alia morte la fuenturata Donna, laquale, il fuo Gioitanni
per name cbiamandoydiceua ; Soxue,& clolce mi fia queftamorte,Marito mio,po
fclXych'elia a te ferua la vita ; Gioitanni in qucflo mego baueua intefo , a cbe mal
flne era condotta Filippa3per bauer voluto feruar lu i, & fu tocco dalla fua vfatA*
fieregga , a pigliare la fpada in mano,& ad entrare tra quella vil gente, cbe.add
rn^rte conduceano la Donna , & leuarla loro di mano. Ma allbora potè in lui
tanto la ragionc, ebe temendo, cbe il fuo drdire non foffe cagione di peggio |
Eilippa *,
D i c a Q^ v i n t a; nq
Filippa,cVegligid di fcpocofi curana, tempero la fiereg£a , & fe ne andò ferrea
arme alia piagga : & giunto oue era. U Mogiie, le gittò le braccia al collo,& dif-
/ e ; <Ahi Mogiie mu, nonpiaccia a Iddío,rbe, perche io mi viu a, tu te ne muoiaz
Et volgendofi a Sergenti, fcioglicte diffc la innocente Donna , e-r me legate, che
il colpeuole fono. Qm, plangendo tntti coloro, che intorno loro erano, il Marito,
& U Mogiie erano in quefiiotte, pero, chc 1'vno volea per 1'altro tnorire . Mn *
dò di ciò la nonella al Gouernatore yil quale fiando nella fax barbara duregga>fen-
%a volcre intendere altro, commije, che ambidue /offero infieme vccifi. Giouan-
ni, per l'homicidio commejfo, Filipp a ,p er lo inganno fa tto ; Dicendo, ch’ella itt
quellaguifa baueua ojfefa la ragior.e , non confcntl il Topolo, che tanta cruiclti
feguiffe. Et parte de gli huomini impedi i Sergenti ychepiu auanti non proccdcjfc-
vf
rò; Tarte andò al Gouernatore, chc per fira baueua gli occbipoco mono, che di
fuocOy & tanto fecero & tanto differo, che la cofafu differita inftno , che al pe fi
fignifica/fe il cajo, & fi haue/fe la fua deliberatione. Era quefli il Re Francefco,
Re di quel Realc animo, & di quella dolce, & cortefe natura, cb'egli è anebora.
Egli adunque intefo il nobile fatto di Filippa vfato a falute di fuo Maritoset il va­
lor di Giouanniy & I'bauere propoflo la vita della Mogiie alia fuxytocco da qnella
alta benignitdycbe fopra flare il face ad ognaltro Re dei mondo: 7gon pure gli giu-
dico degni di vita ; ma diffc ycbegli dolcua molto, non gli potcre fare immortali.
Hauendo egli adunque intefo, cbeacafo , & non con penjamento, & deliberato
animo Giouxnni baueua vccifo il aemico, che 1’bauea prouocato alíarm e, con cofi
villam parola: voglio , di/fet che 1'amore , <fsr la fede di quefli due begli animi
vinca la feueritâ della Gmflitia : & che fi rimanga a Filippa viuo il Marito , &
al Marito ella altrcsi viua. St cofi commife ,cb'ambidue/offero affoluti, quanto fu
ciòfpiaccuoleal Gouernatore, cui Pira baueua abbagliato il lume dello intellctto ,
tanto fu egli caro a tutto il popolo Millamfe, & diedero tutti lode infinite al Ma­
gnanimo R e. Mafra tutti Giouanni, & Filippa refero que Ile maggiori gratie,
chepoteronoa fua Mae{là,& fempregli fi tennero obligatijfimi; Giouanni a pre-
ghi della cara Mogiie, mutando natura3 & lafciando le prime fue manter e , tutto
'alia pace, & alia quiete fi diede: St ciò fü cagione, che con lei viuejfe lunga, &
tranquilliffima v ita .

v nTg i o v a n e d a v n a g v a n c ia t a a d v n o che v h a
mentito-, cprefo da Sergenti, '1 Padre lo libera j vien prefo il Padre, ècondannato n d
eflVrgli tagliatt le mani; la Mogiie, per configlio del Figliuolo, il libera, & lafcia fchernit®
chi condamisio Phaueua.
N O V E L L A V.
^ 0 1 CHE ognuno bebbe date molte lode alia amoreuolegrga di
F i l i p p a , & alia bcnignità di quelgran Re, dijfe Sempronio; L'a-
uenimento , che ci ha narrato Liuia , me ne ha ritornato a mente
vn altro Ctmdc , aucnuto nondimeno nella medcfma Città,& fot-
to ilgouerno di quel medefmo Huomo , al quale tanto giouaua il
Tar. Trhnx FF
mr D e G li H e c a t o m m i t h i
vcdere jparfo il fangue humano, chc per ogni hate cagione , condannauci gli huo
a morte, o ad effere priuati di qualchc membro , & io quefta nouella tanto
Í
flu volentleriyVi narrerb, quanto ella porta feco fine molto piaccuole.
11 i \ M v e n u t o in p a r o l e v n G io u a n e M i l a n c f c c o n v n o h u o m o T l c b e o , il qu.de
e r a v n o di q u e l l i , c h e q u a n t o p i u p o u c r i f o n o , t a n t o j i m o f t r a ti o p l n f u p e r b i s t chit,,
m an do vn a p a ro la I'u l t r a s o n i c v e g g i a r n o a u e n i r e n o lle c o n t c f e , arcti q u e l Lauaccn
fi m e n tire p e r l a g o Ia i l G io u a n e g e n t i l e , i l q u a l e , a n c h o r c h e n o n fuJJ’c de pit) no­
b ili d e l M o n d o ,era n o n d im en o ben n a to , & h a n c a q u c l l a - c u r a d e l i h o n o r [n o , che
f t c o n u ie n e a d h u o m o d a b e n e : p e r l a q m l cofa c o n j i d c r a n d o , - c h e a n o s t r i tem pi ,
f t m i l p a r o l á , è di m o l t o b i a f t m o , a chi non n e f a r i f e n t i m e n t o , r i f c a l d a t o dalli ftimo
h d e l f i r a , c h e n e l f a n i m i d e G io u a n i c p i n f e r u e n t e , f i f c v i c i n o a lio In giu riatore , )
& gli diede, mentre il fangue, gli bolleua, a plena mano , vna grandijfmia gtm•
d a ta . Si abbattcrono per fin mala ventura all'hora in quel luogo, coloro,cbe per I 1
la loro viltà fono detti Bracchi del Manigoldo, che hoggi di communemente Birri
ft chiamano; Quefti incontanente circondato il Giouane , che fen%a arrae era, gli
furono con molto empito addoffo, & il prefero, & il conduceano alia prigione,per
incarcerarlo; videlo ilT adrejl quale robufto huomo era, & di frcfca eta : &
tratto daWamor del Figliuolo,dato di mano ad vn bxftone, entrò fra quella villif
fima ciurma,fonando hor queflo,hor quello,fe loro lafeiare il Figliuolo, & m- J
bedue infteme fen andarono alia porta, per vfeir di Milano, & flame tanto jm i ,
che col mego degli amici, ft pigliaffe qmlche modo di acquetare lira del Goiter-
natore, il quale fapeuano effere cruddijjimo. Ma poco giouo al Tadre I’cffere v-
feito dalla Città , perche, effendo ciògiunto alle orecchie del Gouernatorc ,fatto

chiam ire il Bargcllo, il mando lor dictro cocaualli:St ejfendofldiuifl il Tadre,&
*\yt u
il Figliuolo, auenne,che il Figliuolo rimafe fleuro, & il Tadre fu prefo , & con­
dono al Gouernatorc,il quale, fattolo mettcre inprigione, delibero al fine,che gli
fujfcro tagliate ambedue le mani, & al Figliuolo flmilmente,fe for fc mat eglivt
niffe mile forge della Giuflitia,& anchora,che i migliori Dottori di Milano vfaf-
fero , a fauore del Tadre, le leggi loro, in moftrare, che era lecito in ogni cafo al
Tadre dare foccorfo al Figliuolo,nonfolo non poterono operare cofa alcuna ad v-
tile del valent huomo, ma vie piu faccefcro contra Ini. Il Figliuolo, hauendo in-
tefo il Tadre effere ridotto a cofl mifero partito, ritornò fubito celatamente a ca.fi
& deiiberoffi di apprefentarft al Gouernatorc, per liberare il Tadre & commit*
nicato cio colla Madre she dolente ft flana , per lo cafo del M arito; non voglio,
diffe, Figliuol m o sh e one ho vna fola cagion di pi into, tu a questo modo, me ne
dia due : Tcrchc queflo crudele Gouernatorc, appreflo al quale, non pub nc ragio
ne, rJ auttorità, ha te anco alia medeftrna pena condannato , onde nonfolo non li-
bcrerehbe tuo Tadre, ma a te infleme con luifarcbbe txgliare le mani , & vene
andnfle entrambi a rlfchio della morte. Tcrchc non eonofe quefli humanità,tan- V,
ta c la fete she egli h.i del fangue altrui: tftr lo ti pub mo sir are qnello , che auen- > *'
ne dd Tun faro Ia, chefe non era la bontd del Be, egli, & alia Moglie,& al Ma któpsr
tito, me!fa in bando cgni pit ta, & ogni bonefto termine di Giushtia , volcua f a tS *
)!,
' dar~

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D ECA Q^V I N t A. 225
dar morte. Erano la madrc, & il Figliuolo in grandifjhno affanno , qncfti per la
pietà del Tadre, quella per I'amore , ch'ella portaua al Marito : Ft dicea fouente
al Figliuolo, mi credefji io pure, ebe mi poteffe cofi venir fatto , come fat to venne
a Filippa, di entrare in prigione in vece del mio M arito, cbe non mcno vclentic-
—^ri il farei io,cbe clla volentieri fel faceffe. Ma one la eta del Marito do feceage-
uole a lei, malageuole ilfarebbe a me quella del mio, ejjendo egli veccbio,& ha-
uendo coperte leguandc di barba canuta,oltre, cl) ejjendo già fatti cauti i Scrgcti-
ti, rnalageuoliffimamente fi potrebbono piu ingannare . Stando la Madrc , & H
Figliuolo fu quefli noiofi penfieri, venne in mente al Figliuolo , cbe nella villa di
vn certo Gcntilhuomo di Milano,era vn Huomo Sciocco,& Muto , col quale cgli
fouente folea fcbergare,& bora a queflo modo veftirlo, & bora a quello, fecon-
do, cb'cgli di lui fi voleua prendere piacereiFt dilettandofi di ciò lo Sciocco,aqua
lunquemodo egli voleua fi acconciaua . Voltato adunque lo ingegno a á ò 3difie al­
ia madre; voglio , cheprouàamo 3fe inganno ci può fare ottener quello 3 cbe non
babbiamo potuto hauere da queflo crudele, nèperpregbi, nè per Giuflitia, nèper
fiauorc alcuno : & come ? dijfe la madre; Egli è in contado3foggiunfc il Figliuolo
comefiipetc quello Sciocco3et Muto3cbe io foglioJpeffo condurre qui in cafafd qua
le3non ê molto lontano di perfona a mio 'Vadre, & ba quafi la ifieffa Barba al vi*
foyche vi ha mio Tadre, Marito voflro : voglio 3cbe veggiamo fe ci pud venir fa t­
to de ingannare il Trigioniere3et infieme queflo fiero Gouernatore3che è cofi pron
to a fare guaflaregli buomini, & queflo ft è, cbe voglio tentaredi lafeiare queflo
Sciocco Muto prigione,& condurrefuori il Tadre : & febene prigione ft rimar­
ra egli, vi fic ficuro, perche la fcioccbegga il libererà da ogni pericolo; Deb guar-
da difie la madrc Figliuol mioyche mentre cercbi digiouare, tu non aggiunga dan
no3 a danno; lafeiatepure la cura a me, difie il Giouane,& vedrctc, cbefaremo
rimanerefcornato queflo mal'Huomo, cbe per fi lieue cagione , vuole priuare vrt
' A- huomo da bene dclle mam : fatta qttefia deliberatione ,fcrijfe egli al Tadre 3 con
j lettere da loro duefolamete intefe, cbe faceffe dneder al Gouernatore 3cbe per gra
f, tia3poi cbe, fra tregiorni, gli deueuano effere tagliate le rnani, il cbe fuolc ffeffo
portar feco pericolo di morte, volcjfc effere contento, cbe ilgiorno irmanaiycbe do
ft effcquijfe, egli ft poteffe confeffare: & cbiufa la lettera nelpane, cbe gli man-
daua la moglie,col reflo delle viuande, glide mando, Ritrouata, & letta il Ta­
dre la lettera, simaginò, cbe do nonfenga cagione gli haueffe feritto il Figliuolo :
e*r per lo Trigioniere fe dimandare quefla gratia al Gouernatore , & egli glide
conccffe.il Figliuolo,ciò intcfo,pcr lettera,che il Tadre gli rimado,per colui, cbe
le viuande portaua,Fè comperare ad vn tratto robbe da fare due babiti da Frati
^ Tredicatori,& egli,& la madrc fubito gli tagliarono , & gli cucirono infieme.
Tofcia,fatto venire lo fciocco Muto,di cbe dicemrno,g!icnepefero vno in dofi'o,del
** quale egli co fuoi cenni die fegno di tenerfi molto contento,pojcia fi voleua ddtal-
tro veftire il Figliuolo, & andarft con lo Siocco alia prigione: Ma volendo inten-
^ dere la madre il fuo difegno,& dicendoglicle cgli,effa non voile a modo alcuno con
\ *fentire,dicendo ú conofcono i Sergenti,& forje anco il Trigioniere,onde non pure
■*' ) FF 2
D e G ii H e c a t o m m i t h i

nonfegüirebbe qnel,chc difcgnato bai,mapotrcHi effere conofin to i & effendo tu


ancbora col Tadre ad vna ifleffa pena condannato, fenga profato alamo andrcfli,
ta i & egli ad vn medeftmo pericolo : Tero voglio effere qudia in, eke ciòfacáa,
auengane cih3 ebe auenire nè puote : benebe voglio fpcrareycb'altro, cbe bene non .
. ncpojja auenire, poi cbe folo per bene a ciò fare ci difpeniamo, io fono come tuve-»•
di vecchia3& la faccia mia, piegapiu all'huomo,che alia Donna 3 <gr mi ha anco
proueduta la Natura di voce fi picna,cbe di femina non pare ,pcrò di quefo ba+
bito veHita, nonfarò tenata da alcuno altroychevn Fratey & a queHo modopo-
trò compire io meglio3 & piü funramente, cbe tuy I'ordito inganno.Furono fra U
Madre y& i l Figliuolo parole affaiy pure fü conchiufo, cbe U Donna quclla fojje,
cbe la prattica conduceJJ'e alfine. Venuto adunque ilgiorno determinatoy la Don­
na con lo Sciocco Mutoy verfo la fera, ft wife in via, & fe,cb'cgli ( \(fendo allhon
in neWaere vnafredday&fpeffa nebbiaj fecondo il coflume defrati attetnpatife-
mto vn lembo della cappa,lo fi pofe al mento . Ft pregando tutta via con diuoto
cuore ldd’io3che le concedeffe gratiaycbe il difegno le rinfúffe;arriuò a palaggo in­
tortio alle ventiquattro bore, & dimandato il prigioniere, gli diff'e la Donna, cbe
quel mefchino,al quale deueano effe tagliate la mattina le mani,lo banco, manda­
to a dimandare,pcr confcffarfi, & cb'egli per ciò vi era venuto. Siateui il ben ve
muto, diffe il Trigionierey dalle quali paroleprefe ottimo augurio la Donna, m
glide turbo alquanto il Trigioniereydicendogli, cbene volea ebiedere liccnga d
Couernatorey prima,cbegli lafciaffe andare a quel mefebino : & qul di miouofi
diè a pregare Iddio la Donna,cbe Fáiutaffe.^Andò il Trigioniere, & hauendok-
uuta la licenga gli mife ambi due nella prigione, nella quale folo era quel Mefcbi-
n o ,& g li vi chiufe dentro, & diffe confeffato, cbe I'haurete, tirate quefla [me,
ar I (& moflratagli vna fottil fune, cbe per vn pieciolo buco dall'vfcio entraua nek
prigione) & fonercc la campanella 3 & io incontanente vi venirò ad aprire . £«•
trata adunque la Donna, S ' abbracciato caldamente Ufuo Maritoygli diffe; vi bò
Marito mio, in queflo habito porta la falute voflra : & ciò detto yfe cbe eglift
Jjfogliòde panni fuoiy & nevefti lo Sciocco Muto y & egli ft vefii dell'habito del
Trate : Ft bauendo fattaportare la Domtay poco innangt y cbe ella v i andaffe>U
cena al Marito,il quale anchora toccata non I’hauetta, la diedero al Muto ,facen-
dogli ccnnoy cbe mangiaffe & cbeto ftfleffe, eir egli del nuouo babito3 et della ce­
na godendo, accennando di cofi fire y come ej]i diceano, ft pofe a federe y& alia lu­
ce di vnlumicino, ch'iui eraaccefoy comináòa mangiarc. Tirata labonna la cm
panella, le aperfc il Trigionierey & ella lafeiato lo Sciocco Muto nella Trigione,
yifteme col Marito fene vfa , & con tottifimopaffo , a cafa fe n andarono : ha-
uendo tutta via il cuore, pieno di tanto timore, chc loro parea, cbe ogni pieciolo
moto,cbefentiuano, fofferogentiycbe loro dietro mandaffeil Couernatorcperfar-
g liprendere : Magiunti a cafa faint, ambidue col Figliuolo motto ft rallegrarono,
cbe cofi felicemente foffe riufcito il loro pietofo inganno ,&■ ne refero , tutti infe­
rne , gratie a Dio : Fra in quella cafa fotterra vna flangi fegreta, la quale effi fo­
ilfapeanOj nella quale fe ne entrarono il Tadre,& il Figliuolo 3auifandoftychc to-
/ /

D EC A Q^VI N T A: 2 2 7
.flo, che fifapeffc , che egli di prigwn fojje vfáto mandrebbe il Gouernatore a!Lt
cafa, penfandofi, che egli vi ji fojje ridotto : & coft appunto aucnnc: Imperocbe
effendo andati la matiina i Sergenú alia prigioneper trame fuori il Miferello,<&•
ritrouandouifm fuá vcce, il Muto, rimafero Jlorditi: Et andarono al Gouernato-
'VC) & sf1differo; Meffere noi in vece di colai, cm fi deueano tagliare lc mani, vi
habbiamo ritrouato vno, che ba mold anni, che c Sciocco, & M uto,& non ci hl
faputo dire altro il Trigioniere, Je non cbe i Frati,cbe bieri di fera, venero a con
feffare colui, cbc condannato era, menarono queflo Sciocco veílito da Frate , <&"
la I cbe po/cia fcambiati nelia prigione i panni, fe nc è vfeito quello, eb’era condanna­
to, <& vi ba lafciato il Muto : verme a quefle parole in tanta ira il Gouernatore
chegli occbi fuoi pareano due bragie accefc, & baurebbcmal trattato il Trigio­
niere, fe non haucffe conofciuto,cbe tanto fottilmente era flato teffuto lo inganno,
che vie piü faggio buomo,cbe il Trigioniero no era,farebbc rimafo ingannato:Et
fatto lafáare lo Sciocco Muto,dal quale, per modo alcuno, non potè fapere , co­
me il fatto ft foffe flato. Kiuoltò fira contra al fuggitiuo,& contra i Frati Tredi-
catori altresi, & mandata parte de Sergenti a cafa dei Condannato , & parte al
comento de Frati, per fapere quale fojje flato il Confcffore,miniJlro di quello in­
ganno ; ritrouò, cbe Frate alcuno di quella religione alla prigion non era ito , nè
meno ritrouò il v alentbtiomo, cbe col me%o della Moglie, & del Figliuolo ha-
uea febifato ilgraue pericolo : & coft,fcnga poter mat fapere, onde il bene ordi­
nato, & felicemente riufeito inganno foffe proceduto,fe ne rimafe doppiamente
febernito: Ma non manco eglipunto di dar fegno dei fuo fiero animo, imperocbe
condannò il Tadre, & il Figliuolo fperch’egli $\maginò,che cio foffe auenuto per
opera del FigliuoloJ ad effere loro tagliata la tefla ,fe mai capitaffero a Milano,
Ma bauendo, pofeia il Tadre,& il Figliuolo, fatto fupplicare al Re,ottennero da.
fiM Maefià tanto pià agcuolmente la grafia, quanto intefe la debole cagione, per
la quale colui gli baueua condannati, & delia ingegnofa aflutia vfata in liberaria
dalla moglie, & dal Figliuolo,buona pegga ft rife,et diè moita Ioda alia pietà dei
Figliuolo,& alia fede finiümete,della moglie :et conofáutoil Gouernatore piü dei
comeneuole crucciofo, rimife il Triulgi algouerno di Milano,il quale co tata pru
dengagoucrnò tutlo qllo flato,che mai no diede ad alcuno cagione digiufla qrella.*01

VN SARTO E' PER ESSERE IMPICCATO PER LA GOLA,


p r o m e t c e il P o d e f t à alia M o ^ ü c d e l M e f c h in o , s’ella v u o l e c o m p i a c e r l o d i f e , d i li b e f a t -
g iie le s la D o n n a fa a Taper c io al S g n o r e d e lla T e r r a , & n’c a flo lu io il S a r c o , & g a ftig a t®
il P o d e f t à .
N O V E L L A VI .
0 1 CH E ognimo hebbe date molte lode alia amoreuolei>%a di
quella buona Moglie,et alia benignita del Re, diffe Tortia;.A me
pare, di poter dire , che. come Orfto gia dallo inferno trajfe la
Moglie,coft quefla Genii Donna habbia tratto dalle tenebre del-
1-Ê1 la morte il fuo marito: Mu co vie pin felice augurio,coft ft pub VC
Tar Trima FF 1

i:
D E G LI H e CATOMMITHI 1
ramente dire, foggiunfc Sempronio . Toi, dcuendo Tortia feguirc l'ordine comin-*
ciato diffe; lo mi apparecchio, a moflrarui, che tanta è la fede dcUc bonefle Don­
ne verfo i Mariti loro,che nonfolo le nobili, ma le poucre anco, fe ne moflrano at
flodi diligentijjhnc : & quantunque quello, chefen per dirui, auenif'e fra perfo- ,
ne bafje, vi moflrerâ egli nondimeno,cbe dec effere non rneno commendata la g'ni,,
ftitia del Signore, di che Con per ragionarui, intorno a ciò, cbefi fu fa ta degna
di loda la clemenga del Re Francefco .
5 OT T 0 la Signoria d’Mlfonfo primo, Duca tergp di Ferrara, ( la cm virtu,ct
il cmfennofm quefti vari rauolgimi nti del mondo,ha cofi bene la fua giuridiiione
& fe medefmo difefo dall’impeto, & dalle infidie deftoi nem'ui, benebe p oj]en­
ti , che one effi fi dolgono, & qu.xfi di rabbia fi flruggono ,per non baiter potato
fuperare,od atterrare il valor'1, & ilfenno di cofi figgio, &■forte "Principe,egli
col [no Topolo, felieemente fi vine, godendofi della giufla vendetta fatta dal Cie-
lo contra cbi volea vedere lui col fuo flato,difiruttq) fu vn Todefla nell'artc del-
le leggij da non deuerfi annonerare fra gli vltimi, ma vie pi it lafeiuo , che al gra
do, che egli teneua, non ft conueniua. Haueua condannato quejii vn Sarto , per
furto da lui commeffo, ad effere impiccato per la golafil quale bauendo fra tre di
a morire :fe pregare il Todefla, cbegli voleffe eonciedere, chefi flejfe quclpoeo
che egli deueua baiter di vita colla fua Moglie. Il Todefla gli fe rijpondere, che
cue ella voleffe, glieIe concederebbe volemieri. £t fatta cbiamare a fe la Don­
na,le domado,fe forfe le piaceua di andarfi a flare in prigione col fuo Marito.SlU
gli rifpofe che f i , quando egligliele concedeffe : & ciò detto , fi mife dirottamen-
te a piangere. Sra cofiei di età di diciotto ami, o in quel torno, & di afpettogra-
tiofiffimo, & foaue, con gli occbi viuaci, ma modefti: & par earn le Jue gtiancie
vermiglie rofe, & bianebi gigli, che foffero dalla natura, con maeflra mano, in-
feme congiunti: alie quali aggiungeano marauigliofx belleggga due lahbra,
pareanodi coralio; St per non andare ogni minuta parte raccontando, tale ella ft
ojferiua a cbi la miraua, che per quello,che difuori fi vedeua , di leggieri fi po-
tea comprcndc) e,ch'ella fofje in ogni fua parte belliffima.Mggiungeuano a qucfht
natural bellegga le lagrime,chefu per legote della Giouane cadeuano,quafi flil-
le di rugiada su matutine rofe, tanta gratia,eh'era marauigliofa cofi il vederla.
Il Todefla, ekefenga moglie era, & per natura alia libidine inchineuole , vedu-
ta Gratiofa, ebe cofi ft cbiamaua la Giouane,arfe tutto di concupifcibilc defiderio
& veggendofe ricco, & di auttorità,& la Giouane pouera, & inpaura di per­
dere il Marito, simagmò, & conio (pendere,& con darie (peranga di libcrarle
il Marito, di poternefenga contraflo attaccare 1'vncino alia gentile, & bella Gio
uane: Ma prima che voleffe tentage di darie fperanga della vita dei Marito,vol-
le pronare, fe il porglierle in odio potcfje baft are ad ot tenere da lei quello, ch'ef-
fo bramaua : & moflrando di confolarla, diffe; cbegli increfceua, che la fua rea, *
ventura,Cbaueffe congtunta ad huomo di f mala vita, che foffe , per fare mifero
6 biafimeuolfine, come era /’effere dannato alie [orche, per ladronecci, Ma che .
m l male fi baueua ella a rallegrarc, che tosto deuejfe effere fciolta dal legame$ <('
* D ECA Q j v I N T a; 2 in
che a cofi vitupcrofo huomo la tcneua congiunta. Terche , nmanendo clla in fuel
liberta, haitrcbbe cagione di feieglierfi altra volta miglior Marito; Migliore fciel
ta nonfono io per fare, rifpofe ella:percbe io voglio , cbe colui, cbe prima bebbe
ilfiore della mia honeEtà : fempre & viuo,& morto fe I'babbia fcco. Non voglio
mica dire, cbe non miner efca, quanto ad amoreuole mogliera poffa increfcere,ve-
dere cofi cara perfona come mi èil Marito mio, condotto a ccfi mal partito : Mx
feema in parte il rnio dolore il fapere , cbe non animo d'imbolare, ma la poucrtà,
nella quale egli era in quefla careflia (però cbe quell'anno hauea gran caroj I'ba
indotto a torre Paltrui non per altro,cbe per non morirft di difagio. Et lo deureb-
be, Mefjer, far ciò degno di qualcbe compajjione apprejfo v o i, & apprejfo il Si­
gnor Duca : & voglio credere cbe quando vi piaceffe di far a fapere, aue(Ia ne-
ccjjitâ,cbe ad imbolare I'ba (finto, afua Eccellenga, per benignità di cofi gran Si-
gnore,trarrefte me di angofeia, & il mio Marito del pericolo,nel quale effo borx
ft ritroua.Conobbe il Todeflà dalle cosleiparole quanto le foffe a cuore il Marito,
& quanto ella bramaffe vederlo fuori delpericolo della vita;Onde veggendo,cbe
il cercare di porle il Marito in odio, non era per farle mutar penfiero , tenneper
certo cbe il dark fperanga di liberargliele, & di trarla della ponertâ, la potreb-
be picgare,& di(Je;quando ti piaccia bella Giouane,puoi leuareil tuo Marito dal
la morte, & far tè contenta, & ajjicurarti per fempre, cbe pouertà non ferà pii*
cagionc,ch'cgli,per fuggire il difagio rubi I'altrui, & fiponga a rifebio d'effere
impiccato. Non vdi mai cofa la Giouane, cbe pin le foffe grata di quefla',& difje,
cbe ellagli reílerebbe eternamente obligata, fe da lui tanta gratia otteneffe. Ml-
Ihora foggiunfe il Todeftà , volendo tu , cheio mipigliplacer di tè , ti libererò il
Marito,& daroti tanto, che ti potrai viuere con lui contenta. Gratiofa,ciò vden-
do.diucnnc tutta vermiglia in vifo, & diffe; Mcffere ,fe mi bauete ritrouata di
mflke di non volere,morto, che foffe il mio Marito,mai cogiungcrmi ad altro buo
mo,non dirò disboncílamente,come voi mi ricercate, ma mogliera, come vi pote-
te penfare,ch'eJfendo effo anchor viuofio mi debba, come io fojji vna bagafeia,gix
cermi con voi f Viu toflo mi elcggerei di effere impiceata con effo lui,che cofi vil -
lanamente,& coft disboncflamcntefaluarlo. TSfè quantunque io mi fia nata poue-
ra, mi hàfatta la natura di fi vil'animo,nè fi mal atta a tolerar la pouertà, nellx
quale io mi ritrouo, che io voglia propone il dishoneflo vtile,che voi mi promet
te te,alia bonefia pouertà, nella quale infmo ad hora,fon viffa. MoraJJi adunque
il tuo Marito,foggiunfe egli; & muorifi,diffe Gratiofa, poi che cofi vuole la fua,
& la mia fera forte. Se ne porterà egli almcno quefla contentegpga , cbe rimar-
rà doppo lui fua quella Donna, che fua fu, mentre v\J]e:& faprà, cbe fe bene ba­
uete hauitto podeflà di veeider lui,uon I'bauete perciò hauuta in potere di veeide
re 1'bonor delia fua Moglie; St qmpiangendo pofefineal fuo pariare . Il dishone-
jlo huomo, riuoltatofi verfo lei bandalxpfamente; Sei tu ben, diffe, crudele, non
Hàgiàben cotefla crudeltà, con tal bcllegpga: & cofi dicendo, allungando lama -
no,le voile toccare il mento. Lo rifpinfefubito Gratiofa , & p ià , che non faprei
dire }fdegnofx,fc nvfci fuor della camera, & al Signore della Città fe riandò:&
EE 4
D e G li H e c a t o m m i t h i
bauuta gratia di vdienga, gli narro quanto le bauea detto i l Todeflà , & conche*
tnodo egli hauea cercato di Icuarle il fuo honore. Toi,con quella gratia,che la na­
tura con larga mano le hauca data,ft gittb a picdi del Signore, & plangendo,gli
dijje; Signore, pofcia che apprcfj'o il maluagio huomo non ha potuto ritrouarple•
tà la mia miferia,vi prego,per la molta virtu voJlra,che vi piaccia, ch'io la ritro
ui in vo i,& chc vogliate feruare,colla clemenga voJlra,il mio Marito, moflran-
do che benigno Trincipe,come voi fcte,sà vfare,nellc miferie altrui,fignorilmente
la clemenga : Et fe,forfe il mio marito non vi par degno di cw,per hauere graue-
mcnte errato:poffa,Signore,tanto ncl cofpetto voflro il dolore,che io fon perfenti
re,per la fua morte,& la fpcranga che io ho nella molta bontà vo sir a, che io non
fta oppreffa da tanto ajfanno :ejfendofpetialmente flato cojlretto il marito mio da
eflremapouertà, non da mala natura ,o da rea vfanga,ad incorrer e nelterrore,
perlo quale egli è alia morte condannato;& qui,per la gran copia delle lagrime,
& per gli molti fmghioxgi,non potendo hauerpiu voce,ft tacque. E* il Duca, co
fuoi domeílici,tutto cortefe,<& benigno,benebe nel vifo ft fcuopra piü toflo feue-
royche nò:Et,nelÍbauere compajfione a gli affiitti,fi flà egli al pari di qualunque
altro benigno Trincipe : Onde poterono aUhora tanto nelfuo cofpetto i preghi,&
le lagrime della Gratiofa, & I'efficacia, colla quale eUa la fua miferia gli effofe:
& parimente gli efpofe la libidine del Todeflà,che conobbe dal fuo pariare quel,
thepojfain fedel donna honeflo amore:Et,con allegro vifo, voltatofi verfolei, le
dijfe; Bella Giouane,Haiti di buono animo,che effendo in fatto la cofa,come tu in
parole narrata me l'hai,haurai tu il merito della tua fede,& il laft iuo Todeflà il
[uiderdone della fua libidine.Et,fattala entrare in vna camcra,che era a canto al
Í afua,mando per Meffere lo Todeftàfll quale penfandoft ,che piu toflo per ognal
tra cofa,cbcper queUo,cheglihaueffe di lui detto Gratiofx,l'baueffe fatto chiama
te il Signore,tutto iieto viandò.Et,gmnto ch'egli vi fu, entrando il Signorefcflfft
quegli,che troppo bene il sà fare) di vna cofa in vrialtra ,fenafcere acconcia oc-
caftone di pariare del Sarto :St gli domando, chefe nedeuea fare; il Todeflà riflo
fe,cbe nonfe ne deuea fare altro,che mandarlo alia Forca; difje il Duca, Tqon ft
potrebbe ritrouar,qualcke modo,Meffere, che quefto pouer huomo ft poteffe fal*
uare? perche oltre,che io intendo, che, per necejjità efirema, egli ha commeffo il
fur to,to fonopregato da molti a noI lafeiare morire: & ,fe io lo potefji fare, fen-
%a off°.ndere la giuflitiajo farei volenti eri,per compiacere a cosloro, che inflan-
temente me ne pregano. Tqon vi faprei io ritrouar via,ri(pofe il Todeflà, che la
giuFlitia nonft ofendeffe; Come puote egli effere,foggiunfe il Duca,che voi,che
fate fare le leggi a voflro modo, non pofliate almeno ritrouare qualche colorata
ragione,per la qualeft poteffe faluare queflo Cattiucllo? Quanto per le leggi cm
li,riflofe ilTodefiàyvi farebbe il compenfo ritrouato,perche ellc non condannano,
per furto alcuno a morte,ma fono gli flatuti delle città, che cib difpongono , comi"
quelli della Città voflra difpofio hanno:& perbnon volendo voi far contra It leg
gi voflre,non ft pub ritrouar rimedio alia cofluifalutc,effendo prouato il furto,&
egli conuinto3al quale ft è dapoi data la difefa,& non ha oppofla alcuna cofa, on-
D EC A Q^y I N T A; *2 2 9
K de ft poffjL refare di cffequire la giuHltia ; St fe la moglie del Sarto yripigliò ilDn
Çiiffi vcniffe agiacere cone(fovoi,non ft potrebbe egli faluarlo?&‘ al fine di que-
Jleparoleyfecondo I’ordine,cbauea dato il Ducatu mandata la Giouanefuori del­
la camera,one era fa ta inftno allbora nafeofa. La quale riuoltatafi al Signore;
a^quefli è quegliydiffeySignor Ducafil quale ba voluto conciedcrmi il marito3sio gli
bauefji voluto disboneflament e complacere di me:vi chieggioySignore,miJerkor-
diaper lo Maritoy& giuflitia contra lui. Efimafe il Todejlay cbefoleua impaurir
gli altriyal comparire, & able parole della Donna tutto ílordito y la qual cofafe
pienijjima fede algiujlo Signoreyche tanto vero era quanto Gratiofa dettogli ha-
ueua.Onde,voltatoft verfo lei; Vuole diJfeybonefla Giouaneyla fede et i amore cbe
tuporti al tuo Maritoy& la curaycbe tu bai dell’honor tuo y cbe io ti habbia com-
paj]ioney& I'babbia per te anco al tuo Marito y quantunque cj]b per fe nol meri­
ti . Et vuole I'oltraggioycba voluto fare alia giuflitia coitui,per fatiar e la fua li
bidine in danno della tua honeílàycbe io logafligbi , come egli merita : Terò fac­
eio gratia della vita al tuo Maritoyet voglioycb'egli habbia tanto di quel di cojluiy
quanto bafti a pagare le robbe imbolate : & vogiioyoltre ciòycbe dimane fin vece
del tuo Maritoyegli fia per la gola impiecato. Se il TodeJlây cbe per prona yfa-
peua quanto feueramente il Duca puniua chi violaua la giuflitiayfi rimaneffepie-
xioy& di dolorey& di pauraynon è da dimandare. Egli tutto pallido}& treman-
tey gli ft gittò ginocchioni a piedi}& cominciò humiliffimamente a cbiedergli mer
cê; Ma il Signoreymoflrandoft, piu cbe prima y turbato, lo fife leuar cfauantty&
porlo nella camera yond'era vfeita Gratiofa, dicendo y cb'iui fofje cuHodito infin,
cbe veniffero i Sergentiper lui. Vi entrò ft maninconico il Todeílàyche gli parue
di bauere il Manigoldo intornoycbe alia gola gli annodaffe il laccio yper fuffocar-
lo . Gli amici del Todettà fe nandarono al Signorey&pregaronlo ad vfargli cle
'^yfXQiga y ifcufandolo & per la belleg^a della Giouane y & per la fragilita della
fuagiouane età,però ch’egli non pajjaua i trenta anni di moltoy& addujfcro altre
fimili ragionije quali anchora y cbe poteffero molto nell'animo del Duca , mofrò
egli nondimenoycbe nonfojfcro di momento alcuno; Dicendo cbe gli animi di co­
lor Oycbefono in fimili magiflratiy non deono effere contaminati da flraniy & poco
ragioncuoli appetiti: & cbe tanto dcueua effere maggiore lapena di quefti taliy
quanto gli altri deono prendere da loro effempio di buonavita. Era tra Corti-
giant vngentilijjimo Giouancycbe tutto fesleuole era : il quale, voltatofi verfo il
Ducaycon lietijjimo fembianteydiffe. Signorey quefli Diauoli bianebi pprtano con
ejfo loroytroppo gran tentationi, da poterui reftHere , & ne rimangon vinti
jpeffe volte i piufaggiy & ipiu vecchiy non cbe igiouaniy come è il Todeflâ:però
egli è degno di fcufayfe a cofi fiero ajfalto, qual gli ba dato la cofiei beltàyè rima-
flo vinto. Forfe anco fe voflra Eccellenga nonfoffe in iraycome dia è,non fe nefa-
•xrebbe difefa.Si rife alquanto tra la brigata delle piaceuoli parole del Giouaney nè
fipotè contenere il Signore quantunque moita feuerità mofraffeyche alquanto non
foggbignaffe y la onde cominciarono a (perar bene gli amici del Todefià : nè p ri­
ma lafáarono di pregar louche egli non procedejfe piu olive ingafligare la libidim
D e G li H e c a t o m m i t h i
fua,chc in priuarlo dell'vffiáo,& fargli dar tanto del fuo al Sarto , che ft pagaf /r
fero i furti da lui,per neccjjità del viuer commeJJi,come egli hauca intefo. ll Sar­
to effendo liberato dalla morte3fatto,pcr lo pericolo , nel quale egli era ftato , di
miglior menteylafciati i ladronecci,fi diede a viuerc dell'arte fu a,& lietamentefi
godetc la fed e ,& thonefià della fua Moglie.

G I G L I O L V C H I N I I N R A V E N N A C O N D V E F I G L I V O LI
èfateo prjgione-, La Moglie fi falua, fi credono cutti morei, & con molcaconfolacionefi
ricrouano tucci viui in bonifsi mo fiaco .
N O V E L L A VII.
VRTI 0 per feguitar I'ordinc , effendo venuto ilfine della wo*
,
uella di Tortia,cofi fegui. Fece il faggio,&giuflo Signore quello3
the fi conueniua alia libidine del Todeflà. Ma lafeiandoper bora
M effere lo Todeflà3nella paura3cbe egli deuette bauere3vi voglio
____________ raccontare alcunigraui3 & lungbi trauagli di vn marito, & di
vna Moglie de loro figliuoli altrefi 3 ne quail vedcrete vna coflantiffimafede
della moglie verfo il marito3et i trauagli loro bauere alfinehauuto felicifs.flnc.
N S L tempo3cbeLodouico duodecimo Re di Francia,mandò le fuegenti in ltd
lia3fra le altregloriofe imprefe 3 che furonofatte da Francefl, fu molto honorata
la prefa di Raucnna, appreffo la quale fu fatto quell'horribile fatto d'arme, del
quale diede honorata3bencbe fanguinofa 3 vittoria al campo Franccfe 3 il Signore
Duca Mlfonfo da Sftc,del quale nella fua nouella ci ha ragionato Tortia . Doppo
la qual vittoria andò tutta la Città a ruba r E t , fra le altre Famiglie,cbefurono
del tutto diflrutte, vi fu quella di Giglio Luchini, allhora gentilbuomo di Rquenat
molto riccoyil quale bauea tutto il fuo bauere in denari ,& in beni m obili . Terà
cb'entrati i Soldati in cafa fua tolfero ciò3 che in effa ritronarono:& oltre ciòy0 ?
cero lui con due Figliuoli prigioniyde quali I'vno era mafebio di quattro anniflal
tra femina di cinque; St baurebbero anco prefa la Madre de due Fanciulli 3 Mo­
glie di Giglio,fe non cb'ella antiueduto ilpericolo}& il danno3cbe poteua auenirc
alfuo honore ,& a quello del Marito3fe ft rimancua in quella confufione de folda-
t i , fe nandò nella cafa di vn vicino , & portò con effo lei alcune cofe di qualchc
pregxp : ll qual vicino per effere della parte Francefca, era da flmile impeto flcit
ro. Fu dal Gentil'buomo accolta la Donna , molto cortefemente , & feruata da
danno,& da vergogna:! Soldati,chaueano prefo Giglio, & i Figliuoli, diuifero
tra loro la preda3etper effere di varie nationi,chi prefe il camino verfo vn luogo3
& chi verfo vrialtro. Qgielli, cui toccato era in forte Giglio imbarcatifl, prefero il
loro viaggio verfo Otrontoper andarfene al lor paefc alia Velona : & effendo la
giunti, nel volcre paffare quello flretto di mare, furono afjaliti da alcuni corfari,
i quali nafeofi fi flauxno tra il Zante,& la Cefalonia,& tutti infieme furono fat-
ti prigioni: & , con.lotti in ..Africa 3 oue furono datiper ifebiaui al Re di Tuneft.
Era Giglio di eta di venticinque anni, & tutto at to, & dcflro ad ogni cofa , che
ft daua a f a r e . La ondj baucndolo veduto il Re vna, & vnaltra v o lta , & pa*
rendogli, -
D EC A Q j / I N T A. 230
v. rendogli, cb'egli foffe tale,che poteffe fperare abifogni, dalfuo ingegno qualche
vtile,ancbora cbe perifchiauo l'baueff'e,pur ne tenea piü conto, cbc de gli altrifil
chefaceua a Giglio la feruitu piu liene, & pin piaceuole a tolerare . Il Figlino-
lo m.ifchiofu condotto a Genoa,& donato ad vn Gentilbuomo molto .ricco , detto
Lelio Spinola : il quale bauendo la Moglie Fterilc,& parendogli il Fanciullo ben
nato, però cbe egli era cli nobiliffimo ajpetto : & , bauuto rijpetto all'ctd , di ajjlii
gentili maniere,dijfe alia Moglicre; Moglie mia , fiè bene, poi cbe non pofjiamo
baiter Figliuoli, eír cbe queFto gentil Fanciullo ci èft ato bora , come diuinamcn-
tejuori di ogni nojlra opinione donato , cbe per Figliuolo lo ci prendiamo : Sgli ê
tanto tenero,cbe poco fi raccorderà mai nèdi Tadrc,nê di Madre,& come noi per
Figliuolo cel prenderemo , coft haurà egli me per Tadre , & tc per Madre:& a
queFto modojfe la natura non ci haurà voluto concedere Figliuoli, la forte ce ne
haurà donato vno,ilquale,per auentura,cipotrebbe effere migliore, cbe fe noi ge­
nerato lo ci bauejjimo. Tiacque alia Donna il parere del Marito,& ambidue per
Figliuolo fe I'adottarono.Et percbe il Tadrc di Leliofiellio fi cbiamaua,cofi chin
marono il Fanciullo.La Figliuola femina fu condotta nella noFtra Città di ppma,
la quale fcoprendofi,quanto l'età comportaua,tuttagentilefca,& di maniere foa-
ui,vna Gentildonna,di cafa Sauelli,toFlo cbe la vide,la riceuete con tal for%a nel
cuore,cbe la comperò cinquanta fiorini d'oro da coloro , i quali a Foma condotta
l'haueano,& infieme con lei comperò anco altre cofette,cbe effi differo, che della
Fanciulla erano : Ft, effendo ella vedoua,& attempata,per Figliuola la ft prefe,
auifandofi,cbe foffe di nobil fangue come nelveroera difeefa . La Moglie , cbe
faluata ft era in cafa del vicino, ceffato il furore de Soldati, alia fua cafa ft ritor-
nò : & , ritrouatala gittata a terra, inftno a fondamenti, & non ritrouandc al-
cuno,che nè del Marito,nè de Figliuoli,le fapeffe dar nouella , penso cbe foffero,
molti altri, Flati vccift: della qual cofa rimafe ella tanto dolente , quanto
p r’nnon ft potrebbe dire. Et piangendo, & lamentandofi, a cafa del vicino fe ne
ritornò : Et effendoleft fatta odiofa la patria,& per la perdita del Marito, & de
Figliuoli,& perlo infinito danno che bauuto nbauea ft delibero volerft indi par­
tire,& andare a Venetia, a cafa d'vna fua parente, cbe anebora cb’ella foffe al
mondo menaua non altrimente la vita fua , cbe fe monaca ft foffe Flata. Era in
cafa del vicino oue ft era ridotta Coflanga , che coft era nominata la'Donna, vn
Giouane, il quale, innant,^cb'ella ft maritaffe a Giglio,I’bauea si caldamente ama
ta , che piu,volentieri di ognaltro buomofbaurebbe prefa per Moglie ,fe il Ta-
dre, per effere egli di fattione contraria alia fua, non gliele baueffe negato. Veg-
gendo adunque iui il giouane la CoFlan%a,tocco dalFardente amore, cbe egli le b*
ueaportato,& cbe raccefogli fi era,pofcia cb'ella fu in quella cafa , tenendo an-
ctiegliper ceriijjimo, cbe il Marito,& i Figliuoli foffero morti, fi delibero di vo-
~lerlapcr Moglie,& prendendo a quanto egli intendea di fare commodo tempo,ft
diede araccordarle le prime fiamme,& quanto di difpiacere l'vno,& I'altro d'ef
fi bauea fentito,quando diuenne Moglie di Giglio. Et qià cominciò a pregaria,cbe
pofeia, cb'ella era , come prim a, in libcrtà ,g li voleffe moflrare, cbe caro I'era.
Flato
De G li He c a t o m m i t h i
ílato famor ftto, coi prcndeloft per marito. La giouane yche non fi potea laure dal
enor e ia memoria di Giglio,gli rifpofe,che fc it Ciclo baueffe confentito,ch'ellafua
fofje diuenuta, prima che ad altri il Tadre 1'baue/Je data., ejjd nhaurebbe fentito
duel piaccre,cbaurcbbe potuto[entire di cofa, fopra ognaltra defiderata. Ma e[
[endo auenuto altrhnente, ella fi volea morir moglie di colui , al quale haueanle
leggi dei matrimonio congiunta, & cbe perciò ella il pregam a por [ne a pariar­
is di c'w, percbe ella lo ccrti[cauaycbe egli gittaua via le parole, iQui il Giouane
le addujje, per effempio, molte Donncy chc effendo rimafe vedouc, fi erano di nuo
uo maritate, & le adduffe molte altre ragioni, per torla da quella opinione, ma
0 7 ni cofcfu in ve.no-,Terche Coflanga rifpofe ,ch'ella volea feruare alloff a del mor
to marito quella fedeyche viuendo gli baueua data, dicendo cbe tenea certo, cbe
non amauano vini quelle Donne i maritiycbe con la morte loro finiuano cCamargli,
& percio ad altri fi congiungeuano. La qual cofa acciò cbe di lei non ftflimajfe,
volea cbe il [uo amore [offefol di coluiy a cui prima Cbauea donato. No rimafe per
ciò il giouane de far la pregar eycon ogni inftanga, da tutti coloro, i quali gli par­
uero atti a poteria piegare, ma ogni cofaft rifolfein ruente ; Et parendo a Cofian-
g j cbe da tali f moli f offc tocco Úgiouaneycbe le nepoteffe, a lungo andare,vcnir
qualebe vergogna, tacitamente yfotto habito di pellegrina, di Rgiuenna ft parti:
Et andata al portoyritrouò vna barca, cbe per Venetia , fi partiua 3onde monta-
tauifopra, a cafi della Donna fe nando, cbe in quella città , cornhabbiam detto,
menauafantifjima vita : & doppo alcun tempoyfe (pander voce, ch'ella era mor­
ta, acciò chc niuno da Bgtuenna le veniffc a dar noia,fe forfe 'tui ft fapeffe, one ella
fi foffe andata . Menando adtmque Coflanga inVcnctia colla buona Donna , vita
non pure lodeuole,& honeila, mafinta3erafempre con 1animo alfuo caro mori-
to congiunta : Ma effendo belliffima, vi furono molti Venetiurii,& ricchi,& nobi
ii, cbe cercarono, con ogni fludio,di hauerlaper moglie.Et vi furono di quel/J0fe
vfurono il mego della medeftma Donna,con cui la Coflanga viueua.La quale fpef-
fe volte te dicata-, Tu fei giouane Ftgliuola mia , & di tal bellegga dalla natura
dotata, che mi pare cofa molto pericoloft, cbe tu fenga marito ti [ia : & gittdico
che far d ii granfenno apigliarti vno di queili Gentilbuomim,che con infianga ti
cbieggono,acciocbe,[andoti vedotta, tu non deffi.che dire alleperfone;Tsfpn ft dice
di chi non dâ cagionc di dire ,rifpondcua Coflanga ,& to mat non la dare ad aim-
rogperò vi prego, madre mia,che lafciate,cbe io mi viua in quella via,cbe mi bo
eletta, & piu non mi[imolate a prender marito, perche prima potrebbe effere o-
g Ti mooffibil cofa,che io mat lo mi prendcffi.Mcntre cbe in Venetia ft ftaua la Co
TimgUyGiglio crebbe in tantagratia appreffo al P^e, cbe fu propofo a qualunque
nitra hauejfe cura delle cofc fuepiu care ■:Mapoflo cbe egli fi vcdejje in coftgran
grado .non dimeno,conftdcrando,quanto poco tengano fede ftmiligenti a Cbriflia-
nifeco fieffo delibero, quando foccaflonegli fl paraffc dauanti di fuggire advH
tratto ilgiogo dcllaferuitti,& il pericolo della morte. Et fando fermo in quejh
penfero ,tgiunf.ro al porto di Cartagine due Naui di Gcnoueft, le quali iui alcun
giorno fi dimorarono fotto fede, & ficurtâdel pe.Tcr la qual cofa, Giglio prefe
a m ic i tia ;

( ■i
D E C A Q ^ y I N T A. 132
mícitia dl que mercatanti, i quali moflrarono di bauerla molto cara, si perche \l
vedemno fauorito dal Re , si perche, trattando coFloro le lor[acende colla corie,
vfauano Giglio per metano. Ter la qual cofa, gli fu aperta la via di poterfi le-
uare diferuitu. Terche, [coperto a cojloro il fuo penfiero,& ritrouatigli pronti
[ar quanto egli volea , diede ordine vna notte, di quindi tacitamente partirfi.
lEt,effendo Giglio flato col Re dodici anni interi ,[enga hauere hauuta mai merce-
de alcuna,delle cofe piu care,& piupreciofe del Re, prefe quelle, che piügli par -
uono conuenire,alla lungaferuitu[na , & che di meno impedimento glipotefjero
effere. Et con effe[e ne verne alie nauii& date le vele a venti,conproffero cami
no arriuarono a Genoua,oue,per alcun tempo Giglio [i [ermò : Et,poflofi in arne-
[e di quanto gli p ar ue, cheglífoffc bifogno , con alcuni [amigli je nando a Roma,
per vifitare le Chie[e di que Santi,a quali egli[1 hauea abotato di andare,[egli c-
ra conceduta gratia di liberarfi dalia feruitu di qucl R e, cticra nirnico alia fede
Chrifliana,& a gli feruatori di eJfa.Sodüfatto cb'egli bebbc a boti fuoi, & porti
folenni dom a gli altari, mando alcum de fuoi Sentitori a Rauenna, per vederefe
poteua intender nulla de figliuoli,& delia Moglie,& non ritrouando chi gli fapef
[e dir cofa alcuna de Figliuoli, & intendendo da ognuno che la Moglie era mor-
ta,che coft haiteua ella la voce ffarfa, eflb[ermamente credettc, che tutti[offero
morti,& intefo parimente,che la fua cafa era flata diflrutta inftno a[ondamenti,
non hauendo altro in Romagna di [ermo, ft delibero di Flarfi in Roma ,[ede delia
[anta religion noFl.rx,& commune,& honorata patria di tutte le genú.Et non vo
lendo Giglio, cheia cafa Lucbini,cbe in lui [olo fi ri[eruaua,in tutto con lui morif-
[e,doppo 1'effcrfi dogliuto molto della perdita dellafeta cariffima CoFlanga , & di
quella de communi figliuoli ,fl delibero, con mioua moglie ,prouedere al danno,
che alia feta cafa hauea la [orte dato : la onde,confederate molte giouani in Roma,
‘^t*nenne vngiorno veduta lafigliuola, che la Gentildonna hauea comperata:&,
fenga conofecer,ch'ella fefoffe,feeco Fleffo fi propofe di volerlaftper mogliepiglix-
re,quando la gentildonna,che fita madre da ognuno era tenuta, voleffe darglielcv
Et tanto piü volentieri a coftei,che a niuna ultra hauea voltato Panimo,quato gli
pareua conofcere in lei,vnnon sò che,che gli rapprefentaffe qualebe fembiaga dei
la moglie primer a . Era femilmente venuto in quel tempo da Genoua a Roma,
per alcune bifiogne, Gellio ,figliuolo di Giglio , & infieme con lui vnfigliuolo di
Lionardo Spinola,chc Giulio hauea ncme,amcndue begli, & gentili giouani, &
nobiliffemamente veFliti.Giulio,veduta lagiouane,cbe difegnaua di prenderfi per
moglie Giglio,non meno di lei fi accefe,cbe[e nefoffe accefo Giglio. Et Gelio an­
co fi mife ad amare, piu che megqnamente, vrialtra Giouane,parente della gen -
tildonna,che baucua allcuata la figlix di Giglio. La giouane, per effere piu con-
. forme Giulio alia feta età , & per ciòpiu atto ad efj'ere amato da lei,sificr amento
*di lui ft acce[e,che non hauea mai benefenon quanto clla lo vedeua ,o d i lui pen-
faux : continuando queflo amore tra PMura ( che cofe haueua appellata la gentil ­
donna la giouane,\per memoria tPvna feta figliuola, che cofe fi cbiamaua, & mor­
ta Pera) & GiuliOj^r tra Gellio, & la parente della gentildonna , partte a Gm~
D e G l i H e CATOM MI THI
lio,che Giglio pit) toHo,cb'effo,foffe per hauerla per moglie,fe molto tempo vi ft J
trapponeffc. St peráb comincw conogni follecitudine, & con ogni ingegno a tenet
modo cbe la Gcntildonna fi difponefj'e a darglicle. Et frequentando la flrada,oue
la Giouane Hauafi due giouani,vna[era affalirono Giglio.Ma egliycheprode era,
& di buon nerbo,non ifiimando i due garvoni, pofla mano alia ffiada 3 valorofap.
rnente ft defefc:&,durante la %uffa,fopraucnne il BargeUo , il qualefmtefo i due
giouani effere flati gli affalitori,gliprefc, & a lie carcere negli meno3con fommo
piacere di Giglio,& infinito cordoglio della giouane. Haueua,per auentura da-
ta M u,ra,vna Borfetta di panno d'oro fregiata di perle,poco innangi,a Gellio,per
ch'egli la donafj'e a Gudio,a nome di lei. La qual borfetta era,pcr adictro, flata
della Madre loro,& moglie di Giglio,& effendo ella caduta nella mijehia a Gcl-
liofla prefe Giglio, & fi toflo, cb'cgli la vide3la riconobbe: & , difeorrendofot-
tilmente le cofe paj]ate , f i delibero di voler e intendere 3comc il giouane quella bor
fetta baueffe haunta . St3mandati oleum gentilhuomini Bpmani 3fuoi amici 3a
Gelliofimpofe loro3cbc3con difereto modo,cercaffero dintendere, come glifoffe ve
nuta quella borfetta nelle mani.l cortefigentilhuomini cib fecero volentieri 3&
intefero la borfetta effere dell'Mura3 & nel ragionare3che lungo f u , venne detto
a Gellio3che I'originefua era da Rauenna, Figliuolo di vn gentilbuomo 3 cbe , co­
me egli haueua intcfo3era flato vccifo,nel tempo, cbe Rauenna dal Rc di Francia
era flata prefi'3& cbe effo fanciullo vi era flato rubato, <&■alflne donato a Lelio
Spinola, il quale per figliuolo fe I'hauea prcfo,& infino allhora,da figliuolo nu­
trito ,<& cbe quefli Gellio nominato I'haueua tauenga cbe prima, quanto gli lafut-
ua rammentare la picciola eta, nella quale egli fu prefo, lino fi cbiamaffegma cbe
nome baueffe il Tadre fuo,& di cbe gente egli fi foffe, non fi raccorda.ua. Tutte
quefle cofe raccontarono a Giglio i Gentilhuomini,& effo intefo il primo nome did
giouane, & confidcrata fra fel'eta, & il tempo, nel quale fu fatto prigione^m»
ne in opinione,cbe quefli poteffe effere il fuo figliuolo , ma per tutto cib, non dipt
cofa alcuna,angi, mandati opportuni meffi alia gcntildonna,che da ognuno era te-
nuta madre dell’Mura, voile intendere', come la Giouane la borfetta baueffe ha­
unta . La qual gcntildonna nano , come comperata bauea la Giouane da alcmi
Soldati,che I'baueano detto hauerla tolta a Rauenna : & cbe ella intendendo, cbe
la Borfetta,& alcune altre cofuccie erano dc bent del Tadre della fanciulla da Sol
daii altresi compcrate le haueua: & ebepofeia, crefciuta la Giouane, le n bauea
fatto dono. Giglio, intefe quefle cofe,ct reuolgendofi per I'animo l'effigie dellagio
uane,glifii da vn.certo occulto ffiirito leuato il velo da gli occbi, che infino allbo-
ra non gli bauea lafeiato conofccre la Figliuola,onde fu da maraitigliofii allegre%-
•ga fopraprefo; Ma non credendo egli queflo qnafi afe medefimo, prima cbe tie fa
ceJJe mouimento alcuno, deliberb con maggiore ccrtegja cbiarirfi dellefue gioie,
Srano tra queflo tempo giunti a Venetia alcuni mercatanti Venetiani, cbe per cl­
uentura, erano nella Tflauefulla quale Giglio sera fuggito a Genoua, & haueano
fparfi la voce, cbe vn Giglio Lucbini,gentilbuomo di Rauenna,era per alcuni Ge-
noiicfi flato liberato dallaferuitu, nella quale egli era col Re di Timef t , cbe
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D E C A Q^V I N T A é 232
fe nera andato a Roma in buonojlato . La qual nouella fnbito che alle oreccbie di
Cofianga pcruennc, le mife tanta allegrcg^a nel more, che non potea ritrouar luo
go. Tcrcbe penso , cbc qnegli,del quale coloro pariatu no» poteffe effere il ftto Ma
Vito : amfandofi, cbe non Ibaiirebite occupato il curre tanta contentC7gga,fe cgli il - H
ftto Marito non fojfe. Et cofi in lugubre, & dcmejfo habito,come clla era, mon-
'lata in IsJane ft fe condurre in Ancona , & indi da fomieri f fe portare a Roma ,
<&■cercato diligentemente di queflo Giglio,ritroiw balbergo fuo : onde,fenga dire
quabella f fojfe, prefe fianga in cafi di vna gentil donna Romana , cbe era vicina
ali'albergo di Giglio, & quini f mife ad attendere, fe le potea venir veduto ii fuo
Marito, St vcdutolo vngiorno p affare per la ftrada ( non of ante lo fatio di mol-
ti anni corfo, cbe veduto non boa aena) fubito lo raffiguro, <£r lo riconobbe : & fe
non che donnefcaboncfld ne la ritrajje, farebbe dia andata , infno nel mero dclla
firada,ad abbracciarlo : ma te partte meglio , per piit acconcia via farglif cono-
fcere. Et percio manifefata alia gentil donna, nelia cui cafx ellaera, lacagione
per la quale a Roma fojfe venuta, & tome bauea ritrouato il fuo Marito, la pre-
go, cbe ella voleffe tener modo, cbe poteffe parlar con lui, per vedere, s'egli cof
lei conofceffe, come ella bauea conofciuto lui. La gentildonna , cbe cortefe era in
cof boneflo defderio non le volie venir meno : & fatto vn bello, & horreuole
conuito, lo fece imitare a def nare con effo le i: & mejfo lui nel capo della tatiola,
clla ji afffe a man f nifra , & fe federe la Cofianga,coft d'habito lugubre ve flita,
come ella era, alia deflra,& durante il conuito, teneua Giglio gli occbi fijji nelia
Donna a bruno veflita parendogli molto f mile, alia fua Moglie, & f fentiua tut-
to da vno occulto defderio commonere, il cbe conofceua la Donna : ma , anchora
che clla quafi nonpoteffe, per la fouerchia allegregga, infe medefma capire,non
ft voile però partire dalbordine dato fra la gentildonna, & lei, per la qual cofa,
*nfàfjfLmoffc ella maiper fare a tto , onde il Marito poteffe baucre argomento di
cenamente conofcerla • angiflandofi vergognofa, & con gli occbi bajfi, mofraua
di effere ogn ultra Donna, cbe Cofianga. Cof rimanendof Giglio infra due , voile
la Gentildonna,che finito il defnare, Cofianga ,fecondo I''ordinedato,da tauola f
lcuaffe,& fenandajje in vna camera iui vicina,per riueftirfi di que panni, cbe la
gentildonna appreflati gli baueua : St in qttefo megp, la cortefe Donna con varij
ragionamenú intertennea tauola Giglio : St quando le parue,cbe Cofianga f po-
teffe effere acconcia, voltataf verfo lu i, con ridente faccia ; ditemi, dife,Giglio,
quanto caro vi farebbe ritrouar viua vofra Moglicra; piu, che vno fa to , rifpofe
egli: Et fenon cbe da ognvno bo intefo, cb'ella è morta, & fcpolta, bè tanto frni
le la Donna,che diangi era qui a tauola, che direi,cb'ella fojfe quella; Ella c vna
Vinitiana rifpofe la Donna : Ma potrebbe forfe anco effere, cbe la vofra Moglie
jviua farebbe; Io mi credo rijpvje Giglio, cbe sella viua fojfe, & io la ritrouajjt,
íonpotrei piu mai efi'ere dolente. Con quefte parole leuataf la Gentildonna, &
prefolo permano, come cbe altroue lo voltffe condurre, gli d ife ; cbe legratic di-
nine giungeno fempre a tempo : & cof dicendo, lo condufe nella earnera,nue era
la Moglie Jua, la quale ffogliatafi de panni bruni, & inferne della maninconia,
in allc-V
V
B e G li Hecatommithí
, ,
hi allegro habito tuna plena digioia ft ojferfe al fiuo Marito. Et la gennlion*
na la prefe per mano, & la diede a Giglio, dicendo; Quefla, êla Donna vottra,
la quale hauete tenuta morta : & 3pcrche quefla voflra allegregga fta fenga om •
bra alcuna di male augurio3non ho voluto3 cbe in meflo habito ella vi ft fcuoprat
, .
?na in lieto & felice Fu I'allcgrcgga di Giglio, & quella di Coilanga fuori di;
ogni creienga grande: & 3abbracciatifi affcttuofamente infieme3teneramente,pcr
Caltegregga piangendo3flcttero buona peggé che non poterono formar parola:
Mãypofcia che loJpirito rihebbcro3doppo alcuni ragionamenti bauuti infiem dei
lc pajfatc loro fáagurc 3vollc Gigliofar compluta Callegrcgga della Moglie, & le
;
dijfe CoHanga,quanto vi farebbe egli caro, poi, che ritrouato hauete il vojlro
,
Marito jfitrouare anco i voflriflgliuoli viui & in buono flato; caro ciò mi fare!)
be/iffofe clla,fopra ognaltra cofia; St io, difle, gli vi voglio dare ( sio non min -
;
ganno) prima chepaffi queHogiorno Deb Iddio3 per fua pietafll faceta, rifpofe
,
Coflanga3che3fe ciò mi aueniffe non so quale amaro poteffe mat flemperare il dol
,
te di ft fatta allegregga : Baciata doleemente Giglio la Moglie da lei ft diparti,
& ritroub quelli gentilhuomini,cb''altra volta eranoflati a pariare con Gellioah
la prigione:& con effo loro a lui fe riandò,& fattaglipace,gli toccò la mano, &
voile vedergli il braccio deflro3 & ritrouatoui vnfegno , cl) egli ft bauea portato
dal ventre della Madre 3fu chiaro appieno, che quefli era fuo figliuolo : onde,con
fomma letitiagli ft fe conofcer padre, & gli dijfe 3che la giouane,per la quale era-
no venuti allcmaniycra fua foreHa, & ch'cgli era il Vadre dcU'vno, & dell altra.
Ft trattolo di prigione infleme col compagno 3fe nandarono tutti e tre a cafa della
gentildonna la quale hauca nutrita, la giouane per figliuola : Et3 narratalc la ca-
gionCyper la quale ini andatifoffero3& moslratc loro dalla gentildonna, lealtrt
cofCjCtidU comperate bauea da que foldati,conobbe Giglio chiarament e lagioua
nc effere fua figliuola,n piu gliele fe manifeflo il nome3ch'ella dijfe di baueu^t;'
viXyche la gentildona Mura la chiamajfe.jlquale era Beatrice, p la qual cofa noft
potè il Vadre contenere,che non I'andxffe teneramente ad abbracciare ,et ad actor
re per Figliuola, come che la giou anetta, febife tt afe ne?noflraffc : St rendute in­
finite gratie alia gentildona, che per Figliuola nutrita lhauea3madò Giglio a chii
mare Coflanga, & refe la Madre a Figliuoli, & i figliuoli alia Madre:Et bench
Fallegrcgga fojjc tra loro tanto crefciuta, che pocopiu crejcere poteua : nondime
no intendendo Giglio dal Figliuolo,Giulio efferegentilbuomo Genouefe,& paren­
te di colui, che il Figliuolo, con tanto honore, & cofi amoreuolmente gli bancus
alleuato, voile, ctieglift pigliaffe I’Mura per Moglie,della quale egli ft era itma-
morato, & gli diede afuo arbitrio, rlccbifjima dote. St voile, che il Figliuolo ft>
prendeffe per Moglie quella parente deli a gentildonna , della quale ft era accefo.
Celebrate, con infinita contenteggga di tutti, le noggge dc nouelli fpoft }ftgnificarono '
n LeliOyChe il giouane ft haueua alleuato,ciò cbe auenuto era, accioche effo ancho-
ra f-fj'e partccipe della loro allegrcgga.Et eletti meffi,a ciò difcretifjimi, gli man­
dar^. ao con letterc a Genoa : Lclio a tal nouella fu infleme con la fua Donna, toe-
cmda mxYxuiglixt & da allegrcgga incredibile : Et,mantato egli,ct la Moglie/c;
pra
D EC A Q jV I NTAi
prd vna Nduc ben guarnita, fe nandò a Foma, & menarono con effo loro il Ta-
drc di Giulio. Ztgiunti a Foma, furono, con marauigiiojli fefia, tutti è tre rice-
uuti,& etfi anchora con tutti loro marauigliofamente ft rallegrarono:Ma per tut-
to clòjLetio non ft rim.ifc di barter Cello per Figlinolo,& bebbe fempre fimilmc n
*e la cortefe Gcntildonna I'.Attra per Figliuola, di mo do cbe I'vno bebbe due Ta-
dri}& Lultra due Madri,dc quali due tic barteua lor dati la natura,& due la for
te. St placendo a tutti parlrnente lo Hare in B^oma , fi deliber aranofuii menare la
vita loro, one tutti,inf n cbe viJJ'ero, flcttcro inficr/te contentljjimi. La qual co/a
nonfarebbe auenutaje Coilanza ad ahro marito ft fojfe congiuata , come bauca
cercato Giglio di pigliarft nuoua moglicre,cbe anchora cb'egli haueffe ritrouati a-
mendue i figliuoli, sbauejje vediita la fua Moglicrc conglunta ad altro buorno , f
farebbe per tal congiungimcnto non pur fccmata,ma del tut to turbata ogni fua al~
legrezga, la quale inter a mantene la coftan%a della Cofianza..

IVIESSHR C E S A R E G R A V I N A T E M E N D O L’IR A D E L S V O
Re con vn figliuol Mafchio,& vna Femina, nati ad vn parto fugge da Napoli, fono
afl'aliti dalla tempefta, cadeil Marito,& la Moglie nel Mareji Figliuoli rimangononel-
la Naue, & ciafcuno d’efsi tien, chel’altro fiamortoj fi ritrouano tutti in buona fortuna;
& rihauutala gratia del Re loro, fe ne tornano contenti a Napoli.
N O V E L L A VI I I .
I RJG I N I .A, cbe feguir dcuea,fi toflo cb'ella fenti Curtio giunto
alfine del fuo ragionamento,diffe; i cafi raccontati da Curtio, mi
banno ritornato a memoria vno auenimeto non molto diuerfo dal
narrato da lui,il quale vifporrò volontieri, non tanto per la co-
fiaXd della dcma,di cmfonper fauellareiqudto cbe vedretc ebe fe
W&KfiJla fortuna ajjale i buoni,hon gli abbandonaperò la bonta diuina, la quale, hr
'qtmdo ejji mono lo fyerano, riuolta tuttc le loro auerfità ingrandifs. contentegga,
7 \( E L T g M T 0 , cbe il lie .Alfonfo fit I{e in Napoli, nobilijjima , & anti- •
chi[Jima Città dell'Italia,fu vn Gentilbuomo cbiamato Cefare Grunina,il quale de
Blifubetta fua moglie bebbe due figliuoli ad vn parto,I vno mufcbio,& I’altra fe­
mina; a quellopofe nome Gaio,a quefia Giulia;St erano i Bambini tanto fimi It tra i
loro,quato nonft potrebbe imaginar piinvenneil Gentilbuomo , p opera de mali­ 4
gni,& inuidiofi ,dc quali veggiamo piene le corti degra Maeflri, in fofpetto di ri- 'i

bellioneapprclfo al J\e:Ter laqual cofa ft delibero,di dar luogo al furor dc gli ac-
eufatori, prima cbe altro aueniffe;& fatta fegretamente appreftare vna naue,v-
na nottc, con quel piu,cbe pote pigliarft del fuo, co figliuoli,& colla moglie taci­
9
tamente vi fali fopra:& dati de remi nellacqua ydrizgp il camino verfo l{agugia,
et effendo già tato oltrc andati, ch'erano in alto marc,furono affaliti dalla pi it ter
‘Abide tcpefia,cbe moueffero giamai venti contrafr.Bt effendo già fatto il Ciclo piu
nero,cbepece,et combattuta la naue da venti,et dall'onde,baucndo perduti i Ma
rinari I’qnjmo non aípettauano altro,cbe la morte. St non bauendo giouato nulla,
^batter gittato cio era nella naue ncll'onde : i Marinari, intenti alio f campo
* Tar. Trima GG
I I I

- D e G li Hecatommithi
loro,haitcdno gittato il Talifcalmo nel Mare,per calaruifi dentro; l l cbe veggen-
do Mefjer Cefare,& Madonna Elifibetta feciono forgn anch'efji di volere entra­
ve net Talifcalmo : Ma la Donna, per fua fiera ventura , caddè nel Mare it Ma­
rito, ciò veggcndo,per lo irnmenfo dolore,cb'egli fenti, pofii ifigliuoli in obliopre
fe in mano vn remo : & malgrado de Marin a ri , nel Talifcalmo ft calb per por-p
gcre aiuto alia fna Donna, feforfc poteffe : ma tanto fu il numero dclle perfonc,
cbe in quel picciolo legnetto cercarono di ricouerarfi, chc ft affondò & con cjfo lui
tutti coloro,cbe vi erano feeft. Mcffcr Ccf.ire, cbe dettro era fu l'acqua,comcque-
gtiyche ottimamente fapea notare, comináò a valer ft di fe medefimo , & valuta
nel mare vna tauola affai grande, di quelle, cb'erano state gittate della naue,vifi
apprefc, & fu quella foflenendofi, guattaua tutta via , quanto gli potem portar
l'occbio,fe vedeua la fua cara Conforte, per poteria foccorrere. La quale, lonta-
na da lui era Hat a (pinta dall'impeto deltonde . Ma cffendolefi fparfi i panni,cbe
di pelle foderati erano ,fu per l'acqne,fiflaua fort a fill Marc di mode, ebe part­
ita vna Sirena, cbe a nuoto fe ne andajje , & effendoft clla incontrata in vna pic-
ciola caffetta, la quale, come le altre cofe, era Jiatagittata nell'acquc, vi snappi-
glib ancb'ella : quanto meglio poteua, vi ft reggeua fopra . Era cofa degna di
grandiffima compajfione vedere il marito,& la moglie effere fpinti dal vento, &
dall'ondehor quâ bor là yfenga cbe I’vno poteffe nè vedere,nè aiutar I'altro. Ou
1 1 II cbiamando Meffer Cefare il norne della cara Mogliere, & Elifibetta quello id
Marito, & amendui quclli de Figliuoli, hauendofempre la morte innanti a gli
occhi, furono doppo vari rauolgmenti,cacciati in dinerft luoghi al lito. Verb cbt
la Donna fu fpintaalla Velona,<& Meffere Cefare a Durango. Ma vi peruemt-
ro tanto rotti, & cofi affiitti,cbeje non fofjeloro flata porta aita da genti,cheful
lito ft titrouarono, ft farcbbonoiui affogati. Tiratidunque arnenduein diuerfi
parte in terra,& ridotti in cafa di coloro, cbe gli baueano dato foccorfo, effati
tanti argomenti furono loro intorno , cbe gli riduffero in buono flato ; rihauutyi
meffer Cefare, & rendute legratie, cbe per lui, fi poterono maggiori, a que buo-
SI! ni huominiychefoccorfo I'baueano,tenendo la moglie, & i figliuoli morti,fenga Hr
loro,chi egli fifoffe,piud'ognuno triHo,& dolente a Tatraffo fe viando : Et, ha-
uendo intefo , cbe gran premi hauea promeffo il Re, a chi o viuo o morto glide
dam nelle mam , mutoffi il nome , & fife chtamare Naft agio, & ini acconciofi
con vno de primi gentilhuomini di quel luogo: & feruendofil meglio che poteua,
& f acendo della neceffità, afe Hefl'o legge, paffaua patientemente la fua miferia.
Slifabetta, effendo non meno dolente,cbe ft foffe il marito, credendo ancb'ella lu'h
& i Figliuoli morti, doppo I'bamre cortefemente ringratiati coloro,fe n'entrb nel
la Velona, & mutoffi ancb'ella:nome vergognandofi della mifera conditione, alU
quale I'bauea ridotta la contraria fortuna, & fife chiamare Macaria. La naue)
nclla quale erano foil i due Figliuolini,fu Jpinta dal vento al lito di Ragugia, out'»I
per la fuga grande, cb'ella hauea, mega nell'arena ficcataft ,ftferm b : Et venu-
to ilgiorno,& ceffato alquanto la tempeHa,andando lungo il lito due Gentilbuo-
mini molco amici tra loro, de quali I'vno era Ragugeo, I'altro Velonefe \ videm t
quefla

V|
D E C A Q_V I N T A . ' 254

(fuefln naue, che al lito hauea percojfo:& andatuà dentro, v i ritrouarono foil li
due Bambini, quafi, per la lunga tempefla , megi m orti, & mojji a grandiifmx
compaljione; il Rggugeo tolfe la femina, & iI Veloncfe il mafchio; QjjegH nomi­
no la Fanciulla Ettfrofma, quefii il mafchio Eugenio ; Verb cbe non f.ipeano i fan-
ciulli dire il norne loro, & in cafa gli ft alleuarono. Il Veloncfe, doppo bingo tern
po, infieme con Eugenio alia patria fe riandò : & non hauenio queflo Gentilbuo-
mo moglic,& dejiierando di haticre in cafa Donna,a etti poteffe dare il regimen­
to della fua cafa3comincio con diligenga a ccrcarne : & venutagl. veduta Maça­
ria, piaccndogli I'afpetto della Donna, & intendendo 3 ch'elia era Donna digratt
fennOy di honeflijjima vita, & di molto gouerno, tenne modo , ch'elia venne a f a ­
re con effo lu i. Et veggendo il Gentilhuomo lafede, la diligenga , i cojlumi, le
maniere boncite,& lodeuoli di Macaria }fi delibero di voler la per moglic, one
ella lo confentiffe. & vngiorno a bella occaftone, aperfe il fuo animo alia Don­
na . La quale, kauendo fatto fermo propofito di piü non fi maritare , gli dijfe ,
cbe maritar non ft voleay non perche non meritaffe egli molto maggior donna,cbe
lei; Ma perche ella volea colla fede data al fuo primo marito, fenga conguingerft
ad altro buomo , morirfi :■Et anchor a che il Gentilhuomo le moiiraffe con rnolte
ragionijcbe ciòfarebbe il fuo meglio,ella mat non voile mutare opinione; Ma ben
gli dijfeyche one da lui non mancaffe, ella era per flare algouerno della fua ca­
fa, con non meno amore, cbe fe moglie gli foffe. Viacqtte I'animo della Donna al
Velonefe, & tra Je molto la lodo , ijlimando ebepoebe farieno quelle, le quali,
ejjendo vedoue, & fenga jigliuoli, come egli ft credea, cbe foffe Macaria, per
feruarfede all'ojfa de morti, voleffero menare la vita , in fomma pottertà ; loda-
ta adunque la Donna del fuo buon volere, la pregò ad bauer cura di Eugenio, che
già era a buona età crefciuto;& ella gli riffiofe , cbe non altrimcnte lo traterebbe
r egli figliuolo gli foffe» Mentre era alia Velona la madre , & il Figliuolo
:a ifleffa cafi , fenga conofcerft; Meffer Tgajlagio,che era in Vatraffo ,fife -
delmente, & ft gentilmente ft porto col Gentilbuorno , ch'egli feruiua , cbe ve­
rtendo qttello a morte fenga figliuoli, lo lufeio herede vniuerfale di tutto il fuo :
Di cbe effo molto lodò Iddio,& rimafo aI pari di qualunque altro gentilhuomo di
*quel luogo ricco ft diede a menare honorettole v ita . In qucjlo tempo Eufrofina ,
che a I\agugid era, andando lungo al lito , coglicndo conche marine, fit prefa da
corfari: fotto nome di Euticbe fperò cbe lagiouane non voile lor mat dire, co­
me ella ft nominaffejla condujfero in Vatraffo ,oue da Na/iagio fit comperata qua
rantaforini d'oro, & in cafa, per fante la ft teneua : Et benebe foffe ella bellijji-
ma, & di etade atta a rifealdare I'animo di qualunque buomo, nondimeno egli
con non meno rigttardo I'hebbc fempre in cafa, cbe fe tbaueffe conofciuta per Eigli
Hola , come nel vero effagli era . Eugenio, cbe alia Velona era, shmamorodel-
•la Eigl'iuola di vn Meffer Vino, Gcntilbimno di Vatraffo la quale col T adre, &
colla Madre, cbe per alcune loro bifogne vi erano andati, vi era (lata per alquan
time f t : & anchora,cbe egli foffe per lei tutto fitoco, nondimeno conftderando /<r
Çatfrdcfiagiomnj^ & la baffa conditione, nella quale ihauca ridotto la fua mu
* '■ CG 2
yt- *
D e G l i H e c a t o m m i t h i

I t ventura, non era mat flato ardito palefare le fuefiamme, perche quantunque,
il Vclonefc lo nutricajje molto amoreuolraente: nondimeno conofcendo egll I'altie-
ro animo del Giouane, pcrebe ft fleffe afcgnofo teneua piit toflo da buomo di bit-
mile flato, chc nò. Tartiffi la Giouane col Tadre di Tatrajfo,& tamo piu creb-
hero in Sugcnio le ardenti fiamme , quanto chi glide haueua acce/e , gli era piit
lontana : perche , one ilfuoco naturale quanto pin c apprejjo, tanto piu ardenic­
erefee nondimeno moltefiate la lontananga le fiamme amorofe; ondc, nonferity
cagionCyfu detto,cbe gli amanti eranofciolti da tutte le qualitadi humane. 'Non
po tendo egli adunqne la lontananga deli'amata Donna fofferire ,ft parti [egretci­
mente vna mattinayper tempo,dalla Velona,& inuiojji verfo Tatrajfo : St cjfen-
do egli di diciotto anni3 & di tale ajpetto, cbe agcuolmcnte poteua effere tenuto
vna Giouane 3 one egli da talc fi vcftijfc ; facendofi adimandar Linda , ft vcjll di
habito feminilcjfi per piu occultarfi,fe forfe il Velonefe cercaJJ'e di lui,fi percbeft
íiitisò, cbe queftagli deueffe effere ageuole v ia , a compire il fuo difegno . Entra-
to adunque Sugcnio in Tatrajfo3in habito di Donna} cercò di fapere quale foffe la
cafa di Mejfer Tino,& flandoft vergognofo , come fe veramentc foffe Jlato vna
vcrginclla3col mego di vna veccbicrella,vicina a Mejfer Tino, con lui fi acconfo•
&prefc cofi buona opinione di lui quel Centilbuomo3 cbe infpatio di poebigiorni
il diede alia Figliuola incompagnia3della qual cofa Eugenio non bebbe mai much
lamigliore. Et entratila notte egli, & la Giouane nel letto3tentò prima per gen
Rl'I.! til via , qualfoffe la natura della Giouane, & ritrouatala femplice , & pura,fi
diede a darle a vedere3 cbe non era placere al mondo3cbe agguagliaffe quello,che
ia haueano I'buomo3 & la Donna3 quando erano injleme congiunti 3 con amorofo di- ■i
let to : & vnafiata tra lealtre, le fe venire tanto deftderio di prouar quefta dol-
Iff ccgtyi, della qiule egli le ragionau.t,chc non defideraua fenon, chc le fi offerif
fc via, per la quale poteffe in parteguftarne. Sugcnio, veduto I'ammo,&
Jiderio della giouane, le ft palesò mafcbio3diccndole , cbe tratto dal fmgolart&fc.
more, cb’egli leportaua, era dalla Vclona a Tatrajfo, in tale habito, venuto,fo-
lo per cfferlcfcruitorc, & pregaria, a f ir gli gratia dell''amorfto , & cofi la pre-
gaua ad effergliene. La giouane,cbegid/limolata dalla carne, era in appetito ar­
denti[fimo di proua re quello,di chc le donnenon pojfonofentire cofa nè phi dolce,
nè phifuaue, inguifiji fottopofc al voler del Giouane, ch'cgli, fentya combattct
molto nc ottenne la vittoria confornnio diletto di ambedite le parti. St continuan­
do l'effere ogni notte con lui, ella in fpatio di poco tempo ingrauidò, della qual co­
fa cfj'o, prima, cbe la giouane, ft auidc:Ma per lo migliore ebetofe nc ilctic.Era-
no lefinefire di Mefferc 'EJafiagio di rirnpetto a quelle di M.Tino,pcr la qual co­
fa venne veduto a M. Naftagio Sugcniofin habito di Donna,& credcndolo egli v-
na f inciulla,ardenti(Jimamente di lui simamorb.St in quefto medefimo tempo Su
genio,vedcua Sutkhealla finefir a,non meno accefeft di le i, cbe di lui foffe accefa
Mejfer Naftagio : St bauendo già goduto dell'amore della Figliuola di Mejfer Th
no ,fe comeper lo piu fanno qucfli giouanacci, i quali, tratti piu toflo da non ra-.
gioncuole appetito cbe da vero amore, tante nc vorrebbono a lor piacefi'fq^antt
iie veg-^'
/ /

D £ CA Q j v I N T A, ’ '23J
ntveggono, cominciò a penfar via.chc con (judia maggior fodis fatthne della in-
grauidatjfi, Giouane ycbe ft poteua,egli fi potcffe godere Ai queft'altra: & aueduto-
fi y che Mcjfcre N aftagio gli bauea posto ioccbio addojfo , non fappiendo il buon
veccbio,ciò, che fi nafcomiejje fotto ihabito feminil e3 cjfo anchova cominúò afar
v i ft a di rifpondergli in amore : & per acconcia via, cominúò a cercar e di accon-
rs ciarftper fante con lui3auifandoft3 che con qucfto inganno potrebbe , eoft goda ft
di questo mtouo amorey come ft bauea goduto del primo. Mcffers Nfxftagw jvte-
fo 1'animo di Eugenio, gli ftè dire3che qualunque volta efto baucffe t.cenga da Mef-
fere Tinoy lo ft prendere bbe per fa n te, Eugenio fe ne moftrò contento. Et date ad
intendere fue fauolealiagiouane 3la cui grauidegggt tragici peruenuta alfefto me-
fe3 con fuabitona pace delibero dip artirft : & ritrouate alatne colorate cagioni
di nonvoltre piu ftarft con lui, chiefe licenga a M effere Tino , ii quxle 3 anchora
che moltOy & molto ricufajfe 3ftnalmente non volendo Eugenio mutar penft ero,
gliele diede. Et egli a caja di Meffer Tfaftagio /e nandò , dicendo a Meffcr Tino,
che quelgentilbuomogli bauea prome(fo di farlo condurrc ftcuramente alia Hele­
na : Ma digoderfi di Eutiche,come egli hauea difegnaioynongli verme fatto:Tcr- •$-J
che eflendo clla innamorata del Figliuolo del Tode flà di Tatrajfo, vago, & gen­
til gicuane, & egli amando parimente Ici, non bramauano altro, che con marital
legge, congiungerft infteme.Ma quella hauea contrario M-flcrc Naftag)o,& que-
fti il Tadre:Tcròy che qucgliycome Signore dellagiouane, ne volea difporre a vo-
glia fuay quefti non volea acconfentire3che it figliuolo con Donna di baffa condi *
tione ft accoppiaj]e3come egli credeua, chefoffe Sutiche. £ra a canto alia cafa di
Mejferc Na ft agio vna certa buona vecchia, alia quale talhora andaua il giouane,
& le apriua ilfuo fuoco^jgr da lei pigliaua conftgli3 & delfuo megjp ft feruiua3
in fare aprirel''animo fuo ad Sutiche. Terò che praticando la Vecchia domeftica-
"'<*ȍntc in cafa di Meffcre N aftagio ,haueua clla grande agio di fauellare^ colla gio-
^tmnefta quale medcfimamentcftopnua a lei Eamor fuo 3 & per megggana la v-
ftiua, a fcoprire ali''Mmante l''animofuo. Mndando le cofe in queftaguifa 3 auetine
che il giouane diè licenga ad vn fuo ragaggo 3 nè cofi tofto data glie 1'hcbbe, che
simagino di difporre, la Vecchia, che pcrfuadeffe ad Eutiche che veftita di panni
' da huomo,informa di ragaggo a luife riandajjc,oue,fenga fo(petto alcuno potreb
bono infteme flare : & che a nomefuo lediccfle, & le ftringejfe la fede 3 che non
prima leponebbe le mani addoffo,che non lafpof.tfle,et per moglie non la ft pren
defley et la pregafle a non lafciarft fuggire qucfta ventura. Increfcea marauiglio-
famente ad Sutiche (perche il fiero ajfalto3che le hauea dato la fortuna , coi por­ 4 !

ia in baflo JtaUTYion hauea potuto fpegnere le nobil fauille , che dalla nobiltà della
famiglia , fi hauea portate feco dal ventre delia Madre) lo flare fotto nome di
ferua in cafa Meflere N aftagio. anchora ch'egli come fe la fi hauefle conoftittta Fi-
•gliuola, da Figliuola la ft tenefle. St percio, bauuta Eambafciata dalla Vecchia 3
t■

1'i'
fi tofto cb’clia fe ne vide Eagio, hauendole mandati i panni da ragaggo 1'Mmante t:
iri cafadclla Vecchia,la fe nando , & di eflift vef t i : & vfeita in quello habito fe
^inuToverJo caja jfelE'amante ; Ma voile la forte, che mentre clla era in via yfoffe
Tar. Trima CG 3
DE G l I H e CATO MMlt'Ht
DeâutcL dal gentllbuomo Velonefe, da cm fi era fuggito Sugenio il quale qttello i-
flejfo giorno, infieme con madonna Macaria era vcm to a Tatraffo, pfr alcurie
fuefacende ; St fubito, che itVelonefe vide Sutiche, la credete Sugenio, per la
granfimiglianga, che era tra ivno, & I’altro . St cbetamente il piu chepotèfi
diede a feguitarla, con tottiffimo paffo, & giunti che furono in T iag£a, UVelo­
nefefe riandò al Capitam , che era fuo amico , gli diffe , cbe quegli era vnfue
ragaggp,che ft era da lui fuggito,infin dalla Velona, & lo prego a volerlo pren­
dere. Il Capitam chauea U gentilhuomo per perfona,da bene, diepienafede al-
le fueparole, & prefe fubito Sutiche, & la conduffe al Todeftà ; & dicendo ii
gentilhuomo, cb'ella era Eugeniofuo ragaggo, & riffondendo ella di non I’bauer
mai veduto (però cbe per femina non ft voleafar conofiere, temendo, dell'honor
fuo) & affermando il Velonefe, che cofi pur era, come egli dicetta , doppo molts
parole bauute da vna parte, & dalialtra, fu concbiufo , che ft vemffe alle pro­
ne, & cbe in queflomego fuffe cull odita in prigione Sutiche , come ragaggo;
Quanto quefla pouera giouane maledicejfe la fua mala ventura , vel poteteda
voi Donne imaginare, fenga ch'io lo dica : loper me credo, che iincrefceffe di n-
trouarfiviua . ^4ndò il velonefe , oue era madonna Macaria, perche ella ren-
deffe teftimonio al podeflâ, che cofi era, come egli diceua. Haueua intefo Moffer
Hail agio,che la Fantefe tier afuggita, & tutto pieno di rabbia , raccomandò ad
Sugenio ctíegli nuouamente per Fante fi haueua prefo , la cafa, & egli ft mife a
cercare di Sutiche, riferbandofi a tentare la fortuna con Sugenio , al fuo ritorno.
St hattendodi lei quà, & làcercato, & non ritrouandola,ne diede inditio al To*
deita, accioche ,fegliene venifje cofa alcana a gli oreechi, g lid e faceffe a fape*
r e . Mentre cofi andauano le cofe di Sutiche, intefe Sugenio , che il Felonefe era
in Tatraffo, & che baueafatto porre in prigione vn ultra, credendolo lui, di che
egli moltoft maraüigtiè : St temendo di non effere al fine fcoperto , hauendoJgFffi
grauidata la Figliuola, di Mcffere Tino,non fferando phi nulla da Sutiche ,p c^ J
feia cb’ella da Mcffere Naitagio fuggita fenera, ft delibero di lettarfi di Tatrafi
fo,perfuggire il pericolojicl qualefivedeua potere incorrere,fe forfeper mafehio
foffe conofciuto, & diedefi a racc&rre qttclle cofuccie, ch'egli haueua: & piglia-
tde,s imtiò verfo la piagga, per c&mpcrsrfi qualche cofa da viuere in barca. In
quefla tempo la Figliuola di Mefjer T im , chauea fentito , the Sugenio era flato
prefo,dubitando che il fuofallo fi palefaffe, faiti tanto dolore , che tramortita ne
eadde. Ter la qua I cofa andandole il Tadre, la madre , & le nitre Donne di cafa
a torno, tutti di quello cafo fgomentati, ft diedero afcioglierla dinangi, <& veg-
gendola pin gr offi, che a verging nonfi conumutx, tutti ft marauigliarono , onde
dopoteffe effere : Ma non pafsè molto,ehe il mouimento, che feee la creatura net
ventre della madre, per la pem , che fenfma ,per la angofeia materna, fece ad o-
gnm palefe, cb'ella era grauida. La qual cofa fu al Tadre,& alia madre di tan* •
to dolore, chefurono per impxggare. St Jubito, cbe la giouane fu rihauuta , fat-
tolefi innangi, il Tadre, c&nmalvifo, & minacciandota forte, voile iqtgridere ,
come ciofoff'efiato „ La giouane, vinta dalla paura , glinarr^jutta ia cofa, c<t~^
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era auenutd : ll che vdito, Meffer Tinopieno diJdegno,& di rabbia', fenan-
db dcafa di Meffer Naftagio,per ritreuarm Eugenio ,<& dargliene tal gaftigo,che
paffaffe ineffempio a qualunque altro,che fotto cofi fatto inganno ,ft deffe al dif-
bonoredslle Tolgellc. Ma non lo vi rhrouando, narro a Mefere Tfaflagio, come
la cofa era futa,di che egli molto ft marattiglib , & venne in openione, che coftui
foffe flato quegli, chauef'c fatta fuggire Sunche,per conduria con ejjo lui.Et am-
bidue cruccioft fe n'andarono al porto per ritrottarlo: Et ecco, che videro il Catti-
uellOycbefe ne voleua vfcirc della Città, & fnbito mandarono al Capitano, <fr
prendere lo fecero, & rnenare al TodeHà,percbe n'baueffe quella pcna,ch'egli me
ritaua : Ma cffcndo I'boragia tarday & definando il Todeíià fcnga fare altro ef-
famine di lui, lo fe porre, in prigione,& fu per fua buona ventura,pofto nclla pri -
gione, in cui era Euticbe. La quale amaramente piangeua. Eugenio,quantunque
ella foffe ve flita da buomo, la riconobbe, <& confolandola conobbe, che in vece di
luiycolta Ibaueua ii V clonefe. St parlando inferne arnbidue i prigioni,fi raccon-
tarono Cvno all'altro le loro fciagure, non conofcendoft perb tra loroytne fe ne fla-
uano maraiiigliofty come foffe tra amenduiy tanta fimiglianga, che vno foffe per
I'altro colto:Metre cofloro cofi fauellauano infume, i guardiani della prigione fert
tirono i loro raglonamenti,& inteferoy che il primo prigione era fcmina, ou'efji lo
baueano creduto mafcbio : & andando al Todeflà gli narrarono do che intcfo ha
ucano. Egli gli fife cbiamare innangi, ondc intefe dalla giouaneycb'ella era la Fan
te di meffer rhfafiagio,et infume la cagione,per la quale ella di tale habito ft foffe
vejlita . Et intefe dal Giouane citrefi ,che egli era Eugenio del quale cercaua il
‘Ueloncfc. St chefe nera venuto in Tatraffo , per I'amore , ch'effo portaua alia
giouane , per cui ft ritrouaua prigione . ll Todeflà , di fubito ,fece intendere a
meffere Jfafiagio , ch’egli baucua la fua Fante prigione , il qual preflamcntc al
ideflàfc ne venne, Stmenrre ragionauanoinfteme di prigioni, foprauenne il
feloncfe con madonna Macaria; per far fedeal Todeflàyche il Ragaggo , ch'egli
hauea fatto prendcrc3 era Eugenio : Ma poi che intefe quanto era auemto ,fi rife
di fe medefiniOy & riconofeiuto Eugênio, gli comincib a rimproucrare la fua ingra•
titudine, narrando quanti beneficij fattigli bauca,dal di,cbe come morto lo traf-
‘ fe di Nauc, inf no a quello cb'eglife nera da lui fuggitto. Meffer N aftagio vden-
do quanto il Velonefe diceua, corfe incontinente colla memoria al tempo, nel qua-
le egli, & la Moglie, & i Figliuoli,furono dalla fortuna sbattuti, & ft auisb,
the quefli poteffe agcuolmente effere fuo Figliuolo : Et facendoft narrare pili mi-
nutamen:c ogni cofa, & difeorrendo fulle cofe narrate , venne in fermopenftero ,
ch'egli foffe deffo . Et dimandollo,s'cgli bauea cofa alcttna di quel fanciuUo; ll Ve­
lonefe diffe , che baucua alcane gioie , le quali pendeano dal collo al FanciuUo ,
quando lo ritroub nella nauc,et ebe per effere elle di preggo, le bauea fempre con
• lu i} Deb piacciaui . diffe meffer Naftagio , di moftrarlcmi; Volcntieri rifpofe e-
g li, & traffdeft fuori della fcarfella,& perche erano inuolte in vn rendado , lo
diede a madonna Macaria, che lefuiluppaffc. Ella non coft tojio vide le gem -
c trtcfcfe I n ’vn jfóell 0 erano legate, che diffe, dirottaniente piangcndo ; Mifera ,
%, . 0 0 4
v
D e G u Hecatommithi
& infelice me, queflofu vn dono3 chc mi fece U Tadre mio , quando mi mandba
Marito, con non molto felice auenimenlo 3pero che ejjendo noi in mare3 il mifero
marito vi fi affogò:che cofi mi vifoffi affogata ancljio3cbe hora nonfentirei ildo-
lo r e a e per amorfuo3& di ducfigimoli miei, morti nclla medefima fortuna, mi
confuma. M quefle voci MeJJer Nafi agio algo gli occbi, & mirata fifit Madonna
Maçaria 3bencb’ella f offe molto mutata da quel cbe cra.la riconobbe : Ture dubi-
tando di non singannarejjauendola hauuta per mortaje dimandò , come ella ha*
ueffc nome; & ella dijje 3 bora io mi adamando Macaria3cbe cofi mi mutai nome,
percbe deuendo viuere alia mercede altrui, non volli macchiare la nobiltà de Dm
gontini 3 nobilijjimigentilbuomini, da quali io era difcefa3fe forfe per Slifibetta,
come era il mio vero nome, fojji flata conofciuta. Mllhora Mejfer Naftagjojoc-
co dafouerchia allegrcgga, alia Donna fe nandò colle braccia aperte 3pcrgittar-
gliele al collo3 & abbracciarla 3 & accorlapcrmogliera. Il cbe veggendola
Donna3fi tirò indictro3& dijfe3cbenouità èquefia f1M. cui Mcjfere Nafiagio, non
conofcete voi diJfe3Elifibctta3Cefare vofiro ? Ia Donna3come Jenti il nome dei Ma
rito3gli affiso gli occbi nel vifo,& confefia maramgl\ofa,& congran piacerc di
tutti coloro3cb'erano prefenti 3 colle lagrime a gli occbi teneramente fi baciarono,
& ambidue infieme abbracciarono Eugenio,& l'accolferoper figliuolo, cbiaman
dolo Caio dei fuo primo nome.La qual cofafu digran letitia al Velonefe & d
Todeflâ; Et quindi, volto Mejfere "Nafiagio verfo il gentilbuomo delta Velona,
lo ringratiò molto, & delfbaitere alleuato Sugenio, & della compagnia , ch'egli
bauea fatta a Madonna Maçaria. Et pofcia,diJfe alia Moglie; deb percbe non ne
farebbe gratia Iddio,che ritrouaffimo anco la Figliuola, acciò cbe haueffimo com-
pinta allegregga. M. quefle parole Suticbe, chaueua intefo dal pariare dei Ve-
lonefefin che modo era flato ritrouato nella barca Eugenio , il dimandò,fe forfe e-
ra con lui vna Fanciulla del medefimo tempo;vi era rifpofe egli,& che vn gcn[&
buomo Kagitgeo, che allhora era con liti, la fi bauea prefa; cio vdito Suticbe fjé'J
auisò si effere colei,della quale parlauano Mejfer'Nafiagio, & la moglie, per U
qual cofa,& per quello anco, chefouente le bauea detto il Gentilbuomo, che nu­
trita l’bauea,fi fece innangi: & , con bonefia maniera,dijfe; io mi credo di effire
quella io, di cbe cercate; & quii narro come il Ragugco crefciuta 1'bauea, & co­
me,pojcia,che la prefero i Corfari fu venduta a mejfer Nafiagio : & di Sufrofi-
na,cb’el/afi chiamauaje haueano poflo nome Euticbe, percbe voile forfe Iddio,
con queflo nome,farle vedere quanto, ella deueua effer felice per quella prefa.M.
quefle cofe penfando il velonefe, dijfe a meffere Nafiagio,cb'egli certamente cre-
deua, ch'Euticbe quellafigliuola fi f offe, della quale cercaua egli , & la moglie :■
Tercbe fi raccordaua, che il gentilbuomo Ragugeo bauea pigliata per figliuola v-
na Fanciulla,che con Eugenio era in quella ifieffa naue, alia quale bauea meffo no
me Eufrofina : ,& chepofciagli bauea fcritto,cbe da Corfari gli era flata leua
ta . Et voltatofi verfo Suticbe, le dimandò3come bauea nome il Ragugeo; e$r el­
la fubito rijfofe, Demetrio Filarco. Diffe il Velonefe; Quefta c vofir^figlim -
la, mejfer Nafiagio, & grande induio me ne dàjagran fomigkfftza, cbe banno
frificniQ-iy
* \
D s C A QJV I N T A, 2_?7
inftcme Eugenio, & ella . Madonna Macaria,tutta plena di allegretto . , it d’10-=,
mando fc forje cllafi raccordajfecome fi nominateprima,cbe andafle allc ma r.i
del flqgugeo; la Giouane flata al quanto fopr a difefl'ife, per quanto ml pojjo rac-
cordatef ml pare,c%iueffi name Giulia; lit Giulia nome baucui, dijj'e madonna
Maçaria, & tutta allegro. I’albraccio,& Cabbraccioparimente mejfer e Vafla-
gio. Mcntrc le cofc erano ridotte a tal termine innandi al Vodeflà, il quale ft
Jlaua tutto pien di marauiglia, per cofi fatto auemmento, venne meffer Vino al
Vodeflà, cuiprcmeua graue dolore, per la figliuola grauida, accio che foffe data,
pena ad Eugenio, degna del peccato commeffo. Ma come lo vide mcjjer Naflagio
gli dijflc; Meffer Vino,io voglio,che quefla voflra angofeia tutta in allegregga ft
rifolua,& cbe refliamo hoggi tutti contenti.Eugenio è miofigliuolo : & , quando
non vij])iaccia,ctiegli ft fla marito a voflra figliuola,cancelleremo, ad vn tratto ,
Conta di che vi dolete,& refler emo non pure, come prima erauamo amici, ma di
nodo di parentado congiunti.Meffer Tino,vdendo cofi dire a mejfere N aft agio,&
JappiendOydjegli era flato in Vatraflo fen%a moglic, nè mat detto bauea di baue-
re bauutiflgliuoli,ft tenne da lui bejfato,& gli difle; Mejfer Naflagio,non deure
fie cofipigliarui a giuocogli fcorni altrui . Ma , faeendogli intendere mejfer lo
Vodeflà quanto era auenuto,fu molto contento,cbe a cofi honeflo fine foffe ridotto
il fno dolore. Ora,cjfendo ogni cofa ridotta a tanta allegregia , il Vodeflà, che
non hauea mat voluto confentire,chefuofigliuolo,non dirò pigliajfe per moglie Sti
tichc,ma cbe pur Camaffe : hauendogià intefo,cbe cofi ella fi era veflita,per ve-
nirfi afuo figliuolo : & ,cheil Giouane promejfo le hauea dipigliarlafi per mo­
glie, dijfe a mejfer H aft agio; veduto Camore,cbe porta voflra figliuola a mio fi
gliuolo,& quello,che porta ejfo a le i: quando vipiaccffc,cb’ella fua moglie foffe,
io,perche in tanta letitia alcuno non rimaneffe mal contento, non ve ne farei dif-
jide-ltOjangi me ne rimarrei pienamente fodisfatto . Meffere Haflagio, a cui que-
***}$ amore non era nouo,fu molto contento,che cofi fojfe, come hauea detto il Vo-
deft à. ( Onde mandarono a cbiamare il giouane , & in quello habito, in cbe ella
era, parendo loro, chefojjeftato diffofitione diuina,cbe,per fingolare amore,ella
foffe, in quello habito alfuo Mmantc venuta) gli fecero fjofare la fua Suticbe.
' Tarue, che oltre le cofe allegre auenute , kauejjero voluto tutti i d e li colmare in
guifa i coftoro felici auenimenti,cbe,come vn giornogli hauea fatti fopra tutti gli
altri dolenti,cofi vn giorno gli facejfe contentiffimi. Verb che, mentre erano tut­
ti infefla, eccoti venire vn Compare di mejfer Naflagio ('il quale era confapeuo-
le di quanto gli era auenuto, per la inuidia altrui,come Heapolitano,ctiegli era,
et di cui molto Mejfer 7flafla&10fi fidauajche gli porto nouella,che il J\e conofciu-
ta la innoccngafua,ctla maligmtà degli accufatori,hauea loro grauemente puni­
ti, & grandijfmi doni promeffo a chi gli daua notitia di Mejjer Haflagio,o vero
•tfalcuni de fuoi,cbe foffe viuo.Verche egli eraper accorgli come meritaua la bon-
tà ,& la fede di Mejfer Naflagio. Quefla nouella piacque marauigliofamcnte a
tutta quellohrigata, & fu di commune confentimento, conchiufo, chc il marito di
^uti'chefojje qu^jt,cbeportajfc la nouella al f l e ^ neguadagnajfe i doni, iqua-
licltrc
D e G li He c a t o m m i t h i
ll oltre aUa dote,che gli da.ua Meffcr Tgaslagio, la quale non era piccola yfojjem
w
anco dati a lui per accrefcimcnto di dote.Fatte con fomma allegrcggga le nog^e dk
il
hftgenio,& quelle di Suticbe , il Giouane fe nandò al Re , & gli diè eontegga di,
tl
Mejferc Naflagio,& della moglie,& di ambeduc ifigliuoli.il Re di ciò lietijjim^
I
datigli folenni,& preciofit doni,mando alquanti de fiuoigentilhuomini a Tatrajfo* a
per Mejficre l^qilagioyil quale vcndette ciò,cbe in Vatrafjo haueua,& a Napolj. t
fe ne ritornò,con tutta la famiglia,oue fu rifiorato di ogni danno,& a queílo mo­ 0
do gli affanni di molti anni hebbero in vn giorno lieto, & felicefine.il che nonfa-
/
rebbe aucnuto fe Madonna Maçaria cofi baueffe cercato di maritarfi ad altro lm
t
mo,tenendo ilfuo Marito morto ,come gliferuò conftantiffima la fcde. I’
0
t
P O G N I R A C E R C A D E I N D V R R E P A R T H E N E O AD AMARLA 1
dishoneftaruente; egli dice,che non vuol romperelafede a Nicira fuamoglie j Pognira
fi sforza di farle vedere,chela Moglie alui mancherádi fede; Ma vedeil Marito , con 1
quanti ingannile ha f2putofarePognira, la MogUefedelifsima; & Pognira, che cercaua i
diinduvre Nicira a mala vita, vedullalhonefti della Giouane,colfuo efl'empio,didif- J
honeihch’eila era, find uce a viuerehoneftamentc.
N O V E L L A IX. ■J
€LI<A al finire della Nouelladi Virginia dijje; Fecero vera*
mente gran fienno Coflanga , & Elifabetta a non voler pigliare
nuouo marito, &ponno dare amendue ejjempio a tutte le altre
dome, come rcggere fi debbano, quando rimangono prine de ma­
riti loro : M a , ancbora che efife meritino loda non fit deono per
ciò ( per rnio parere) biaftmar punto i lor mariti, fe crcdcndofi cjjere rimafifen
%a moglie , fienga figliuoli, cenarono di pigliarfiene vn ultra . Tcrcbe (fe-
condo,che iofiirno) non vanno , in queila parte , del pari le ragioni dellc dome
con quelle de glib uomini. Tercbe,oue le donne partendofi delle lor cafe , fe$fM
*..........."~ ' il■' nome di*■ftraniera
° ‘ - famiglia,
r f t
vanno nelle altrui,& prendono tale,che non hanlii
ad baucr cura di conferuarc il nome del parentadoyondefono vfeite, deono cerca­
re gli buomini di mantcncre le cafe loro,col lajciare doppo fe jucceffione nelle fa-
miglic. Ma lafeundo il dire di ciò, & venendo a quello, che a me tocca , io fott
per narrarui vn gentilijfimo cafo , il quale vi moftrcrâ, che marito, cbe con quel-
la fede ami la moglie fua, cbe ft conuiene , nonfolo dà luogo a mala lingua , cbe
cercbi porgli la moglie in odio , od in difpregio , ma vince ogni malignita: &
la confiante fede di cajla moglie fe ne rirnane inuita allegemme, a gli argenti, a
gli on, & non pure fa riufcire in vento tune le infidie,cbe le ftano appareccbiate
da perfona maluagia,per trarla fuori dell honcfio camino,ma riduce I'altrui mala
vita ad boneftiffwia.
Tv già in Sicione,citta della Grecia,vna nobile GiouanCyCbe Nicira bebbe no-
me:BclliJJima & parimente bonefiijjimatla quale fu maritata ad vn Giouane va
gOygcmite, & di generofo anbno,cbe Tartbeneo nominato era,& furono tali ilo
roprimi congiungimenti,cbcgli animi loro inguifa legarono amgre^ & fede^ebe
nonfiurono altri mai conpiu firetto nodo infteme legati,era nel&medepmaXitta
~ M O *, w W
D i c a Q j i n t a. f 238
nonmoltolunge dalLi cafa di Tartbenco vna dishonefla donnayla quale,ancbora*
the dlibidinofo piacere fi effionejfe ,fene Ham nondimeno con molt a riputatione,
nèfuggiuano la fua conuerfationeje nobili donne di quella Citta,per effere ella no
bilmente nata, anchora cbe alia fua nobiltà ella facejfe coft gran torto con la impu
dicafua v ita ; & ella Tognira fi cbiamaua, la quale fottovngratiofo vifo,& fot
to vna bella ,& lafciua apparen^nafiondeua vn fio%%p,& disboneflo animo, ad
ogni maluagia opera piegbeuole,come il piü fono le femine di fimil vita. Era co-
fteiin adefcare igwuani,& conguardi, & con parole, & con vc^gpfi a tti, viè
piü di tutte le altrepari fue eccellente maefira . Et doppo baucrne tratti molti al-
I'efica, fe imarnoro ardentiffimamente di Tartbenco , e*r non lafciò cofi a fare per
indurlo cb'egli lafciuamente Camajfe si,cbe di lui fi potejfegodere:&,oue ella vo-
lea da gli altri nonfolo effere pregata,& ripregata,& doppo i molti pregbi, ba­
tter e larghiffimi doni,fi diffiofe a voler pregare il Giouane. Onde gli fe dire, cbe,
quando gli veniffe in acconcio di gire a lei tanto, ch'ella gli poteffe pariare, le fa-
rcbbe cofa gratijfima . Tartbeneo,cbe cortefe,<& gentile era,diffe, cbe a lui fiem-
pre farebbe commodo gire a lei,ch'ella gli faccfje fapereycbe, fenxa darledifagio,
v i poteffe andare. Tognira , bauuta la riffioHa,ne rimafe molto lieta , & prefa
quell'bora3cbe piü defira a compire il fuo defiderio le parue, lo fece a fe venire :
Et,fi tofloych'eglifu entrato in cafa,gli venne ella incontro foperbamente ve flita,
& tutta di foauifjimi odori inaffiata,& con quella gratia , & dolci parole y colie
quali ella singegnaua di pigtiare gli animi de gli altri giouani y lo raccolfe: & ,
prefolo domeflicamente per manofeco in vna camera ilconduffe , cbe non ad vna
meretrice,comeeffa era,ma ad ogni gran Trincipeffa farebbe conuennta :gli orna­
menti della quale erano le (poglic di coloro, de quali ella era rimafa vittoriofa:
m& yfattolo federe jopra vna fedia,di rimpetto a lei, cominciò a certare di accom-
ragnare colle altre cofe dette, i lafciui fguardi 3 i quali i cuori altrui , quafi acute
YettCyfoleanopenetrare infinoalle radici,aggiungendoui quella delicata voce,cbe
la facea rafjembrare vna Sirena:&,eon ridentebocca,gli diffe;Ionon dubito pun
to,Tartheneo>che non vifiate marauigliatoycbe to vi habbh faito dimandarefap
piendoycbe tra voi & me, quantunque molto lontane non fiam le habitationi no-
'fire,non è mat flata comerfatione:Ma tutte le cofe,prima cbe fiano al lor fine con-
dotfeyvogliom batterya qualcbe modo,principio:pcrò,effend& io defidcrofiffima di
hauere amicitia di gentili,& virtuofi giouarii: &, bauendo iogià buon tempo co-
nofciuto voi,fra quanti ne fono in quefla terra,effere ornato dilodenoli maniere,di
virtu eccellenti,& di alti coflumitmi baurei iflimato di far torto a me medefimay
& mofirarmi mal conofcitrice delle rare doti dell'animo voflrofe non mi fojft voi
tata ad amami,& non baueffi ccrcato di dami conteTgga del defiderio mio.Sapre-
te adunqucycbe le virtu voHre banno bauuta tanta for^a apprefifo di me , cbe vi
*ho riceputo maraiágliofdmente nel cuore,et iui inguifa vi porto fcolpitoxcbe nofie
té piü mat per effcrne fitoritma,perche áò farebbe flato nulla fe voi faputo no (ha
ueftçjièffiv^rojtm ore mi baurei potuto gmdagnarefe non vi baucfiifignificata
ffflueftá mia affertpne v e r f o v o i ( ardente defiderio cbe bojbe mi annate,pro-
I I I

D e G li H e c a t o m m i t h T
mettendomi della cortefta v oft fa tutto qucllo , cbe ft pud promcttcrc Innamorata ft
Donna di nobilifjimo fpirito, quale io bo conoftciuto il vofiroftjo preftt baldanga di a
farui pregar e3cbe fiate contento di venire a rhroitarmi 3non per altro3fenonper ft
gnificarui3che ftngolarmente vi amo,& cbe dcftdcro,fopra tutte le cofe del mon- P
do, effere amata da vo i:& come nel venire a me vi bo ritrouato cortcfte3coftjpero <1
cbe cortefemente anco mi [arete dono del voftro amorc:& ciò dctto> attefc quello
cbe rifpondeffeTartheneo;Ilquale breuemente le diffcy cbe moltcgratie le vende­ $
tta defle lodiych'clla date gli haueua, & cbe le ft fentiua per ciò tanto piü obligato n
quanto elle auangauano ogni[no merito : & cbe quanto alio amarla , glipotreb• n
he effere riputato difcortefc,fe non iamaffe ; et cbe,s egli per lo adietro non bauca It
baiiuta conuerftatione con lei, non era mica flato, cbe non I’baueffe conofciuta de- It
gna della amicitia di ogni gentile (firito : & cbe quando egli coft fenga mogliere n
foffe ftatoycome erano molti altri giouani della citta, cbe con lei ft dcmeflicauano, c
non farebbe ftato I'vltimo a venirla a ritrouare,& ad oiferirlcft non pure amato­ &
re, ma feruo:& ebe fe la fede,& I amore col quale egli era legato con Nicira fu a
moglie ,confentiffe3cbe ad altra Donna ft deffe,egli la proporrebbe a tutte le altre t
& tutto le ft darebbe:Ma pofto ch'egli non foffe per violare la fede data alia Mo­ i
glie 3 egli era nondimeno fempre per tanto amaria, quanto honeftamente amare ft J
puote corteje3& bella domaiet vltimamente gli refe gratie della affettione,et del s
[no buon volere verfo lui; Non piacque punto a Tognira coft fatta rifpoftn : St la-
feiado da parte molte cofe3 cb’ella propofte ft baueffe di dire;Tuttct ft volto a quel
loycbe Tartheneo bauea detto,ctiera al fuodeftderio contrario :Ma per no gli cor­
re,coft al primo tratto,col colpo alvifo,illodò ella molto della ftua fede verfo k
mogliepPoi le dijfe3cbe tanto ft deueano tenere fede ad altri,quanto altri latenef-
fe a lui.Ma percheella era certa3chefe bellOy & gratiofo giouane, coft ft deffea
pregare Nicira,cbe clla gli voleffe effere cortefe dell'amor fuo 3 ella non glienefai
rebbedifdettOypcrcw coft leparea,chedeueffeancb'eglifare. QpfiTartbeneo,
ft crucciofoyle diffe;Tognira,vc ingannate: Tercbe fo io3 cbe tanto èl''amore, cbe
mi porta Nicira, & cljeffa ê coft difpofla a tenermifede,chefe veniffc Cioue dal
Cielo3non ebealtro buomo mortale,per grande ch’egli ft foffe, egli indarno la fol-
leciterebbe,& mi rimarrebbe ella quella bonefta , & fedel moglie, cbe vuole la'
congiuntion degli animi noflri,ch'ella mi fta. Queila c opinion, diffe Tognira, di
tutti coloroyche per la poca ifperienga delle cofe del mondo 3 non conofcono ilfalfo
dal vero;ft fuel dirc3cbe non èfenon vna donna bonefta al mondo,& che ognunfi
ftima che ella ftuaft, fia:et in queflo comune errore fete anchora voi:Ma fe voimet
terete in proua la moglie vóflra,vcdrete cbe non hanttepin priuilcgio voi,ch'ella
It vi debha effere fcdele3cbe ft habbiano gli altri3non effendo ella men Donna,che te
altre ft ftano; Delle cofe degli altri non tengo io conto diffe Tartheneo : M avi di­
I pj' co bene3cbe credo cbe le altre verfo loro mariti tali ftano 3 quale verfo me è TSftci-
ra:Mapofio cbe altrimente foffe,i! che non mi laftia credere,per la bónrftà cbeio
conofco nolle Dome hen note, &■ ben nutrite; Sen coft certo io delLa iuus^Jjfclla
V'.na ruia/be db. ad ogni proua quel!a ft rimarrebbe verfo ttr^beinfwo ad ho*
? f a Xa ' \ \

- n \1
De c a Q^v i n t a ; 239
ra è flata; Deb,replico Tognira,volefte voipromettere di domxrmi Ictmor voítr»
allbora,cbe io,mettedo quefta voftra Donna alia proua,vi fganncrci;credete a me
Tartbeneo,cbe caflc fon quelle donnefte quali fono da alcun follecitate : & lo vi
pub molirare,cbe in tutte le memorie del mondo 3non ft fa mentione fenon di tre,o
quattro,(& Dio sà poi come la cofa anchc in quefte fla jlata) cbe fiano flate effem
pio di Caftità:&gran ventura farebbe la voftra3fc fipotejfe annouerare fra que­
fte Nfciraper la quinta;Non ft ferine ,foggiunfe Tartheneo,tutto il male,cbe auie
tie dagli fcrittori,nc tutto il bene altrcft,& come voi tret o quanta date effere ri-
mafefamofepergliferittori,nonnetroueretealtretante,cbe maritate foffero 3col-
le loro ferittureyvituperate: il cbe vi puo moftrarc,cbe la ragion voftra non va ­
le: Ma,comunque ft fta la coftifo vi prometto di baitere voi per la pin cara Don­
na,cbe pojfa baucre buomo in quefta vita,fe potrete mat fare , cbe Nicira meno,
cbe amoreuolc3meno,cbe fcdelemi ft dimosin La vita,cbe tenetc Tognira ( vi vo
glio pur dire il veroj vi fa pcnfdre3cbe tutte le dome fan ftnidi a v o i: Ma,come
di-sbonefta è la vita voftra3coft folie è anco il voftro penftero: vegniamo alia pro-
ua,riprefc Tognira3& fenon vifo vedere Nicira tale3qualc io vi dico., & quali
\oftimo3cbe ftan le altrefto voglio3cbe non mi amiatc punto; Son contento3 rijpo-
fe Tartbeneo,cbe quefta proua ftfaccia3ma ci voglio effere ancb’io,percbenon vo
gl\o3cbe mi fta venduto il nero per lo bianco; Et chi non sd,diffe Tognira, cbe fe
voi preftente vifarete non confentirà ad alamo Tficira ? Mngi prefente non vi vo
glio ejfereycb'ella mi vegga,ma fon contento,cliella in cafa voftra ft venga , (in­
tendendo fempre3cbe voi vi fiiate allbora in modo3cbe non vi fta la gente3cbe tut
ta via per cafa vi bacicq)& in quefta ifteffa camera prouiate,fe la mipoteffe far
veder tale3quale a voi pare difarlami vedere 3Io me neftarò dietro a quefte cor
**tine celato,& mi rimarro come teftimonio di cio cbe vo i,& ella direte, & fare•
<Je3& vi prometto di non le dire di cio parola3ma di lafciarla tutta in podefià di
t^$m edefim a,& del voler ftto3acciocbe ben vipoftiate feruire in cio dell’opcra vo -
f Ira.Tia'cquc cib a Tognira,& ft tenneper cofa ccrtiffima di bauerft guadagnato
l amore di Tartbeneo; dunque,partito cbe egli ft fu,ft mife a pcnjare,cbe modo de
' ueua tenere a diftorre Nicira a mutar penftero,fe forfe ella tale la ritrouaita3qua
le il Marito glide bauea dipinta.Et celebrandoft vna folennità in Sicione3oue,per
antico coftume andauan tutte le Donne al tempio 3 vi andò anebe Tognira, & ri-
trouandoui T\ftcira,ft mife in ragionamento con lei di varie cofe:&3doppo hauer
detto di quefta,& di quella3la inuitb a vedere I'apparamento della cafa fua , di-
cendole,cljegli era ilpiit nobilc,& ilpiu magnifico,cbe in tutta Grccia ft ritrouaf
fe ;Lerifpofe la Giouane,cb'ella non porrebbe pie fuori di cafa , fenga liccn%a
del Marito : ma,cbe quando egli il confentiffe3 ella vi andrebbe mclto volentieri.
Tarue a Tognira,cbe quefta prima imbroccata, non le JoJfc troppo ben riufcita,
ju r e non ft fp anento punto; & le dijfc,cb'ella non crcdea,che fuo Marito foffe per
viet arlc,eftella cofa tanto rara vcdcfje ; Et,ccco,che vjeendo le donne del Tem­
pio , venne veduto a Tognira , cbe 'Nfcira per mano baueua, Tartbeneo , & le
' d)eneo3vorrci3cbe foftc contento3cbc dimane Madonna Tspicira
ft vc~

*
D e G li H e c a t o m m i t h i
(i veniffe a flare vnhora,o due,con effo meco; contento fm rifpofe il Giouane,
hauuta quefla ri(pofta,diffe ;hor cbe vedete 7qicira,ihe il'Marito è contento, vi
ajpettcrò dimane,alie venti hore; vi verrò dijje Tfieira, ma perche fogliono effe-
re mold giotuni in cafa voflra,a cantare,a d a n ere,a (onare,vonei,cbe in quella
hora non vi faffe alcuno, perche fe forfe ci ft ritrcuafjero , io non porrei ilpicde
dentro al foglio della porta ; venite dijje ella, the vi prmietto, che ci far emo fob
vo i,& io Verrnta íhora Hatuita,effendofi già nafofo Tartheneo fc condo Cardine
datc,venne la giouane,& la prefc per mano Nicira, gr doppo batierlc mcflratc,
quante cofe prcciofe ella hauea in cafafle quali erano molt e, & rare , fi ridujfero
antbe nclla earnera,come fi era fra loro ordinato. Et fedendo amendue fole, prefe
argomento Tognira,come bella fauellatrice,& accorta, ch'ella era , di commit-
re a porre la battaglia interno alia giouane dallafua bcllegga,& dif]c;Bencbe tut
tc fi amo, Nicira ,di vn medefimo fefj'o,& di vna medefima natura,ha bauuto cer­
to ,molto fauoreuole il Cielo,& la natura quclla donna , che ha portato feto dd
ventre delia madre rara bcllcgga. Tcrche ella è veramente il pregio delle don-
ne ; angi è egli,diffe Nicira fla caflità : vero è,che fe effe fi ritrouano in donna con
giunte, ft pm dire,the ella tiene dd diurno. Io pario hora della bellcggga dei cor­
po, diffe Tognira : la quale veggo cofi rara in v o i, che mi vi fon perduta in mi­
raria. Donne care, Sappiamo,cbe non ft puo quaft dire a Donna cofa pin grata,
che lodarla, della bellcgga ; & cbe pin fpiaceuolc non può vdircjebrutta Cè det-
to : Terò eke come la caflità è Cornamento dell'animo, coft è quefla bclleigga, cbe
ft offerifee a gli occhi,la gratia del corpo. Si dilettb adunque molto la Giouane dd
le parole di Tognira,penf mdoft, che ejfendo,come ella dicea, bella, deucjfc ejjere
piu cara al fuo nuritotDella qual cofa auedendofi ella , che i mouhnev.ti degli oc­
chi, del vifo,della perfona tutta diligentemente conftderaua, fi penso, fenga alcm
dubbio,di banere ritrouata aperta la via di ferire fid viuo la giouane. Et le difjfâ
che era veramsnte la btllcrga eelefle dono:&,a chi bene la fapeua vfare, di mW
ta lode:Tercbc,ouc quelle dome,che o muna,o poca bcllegga hanno, non fono ap-
pena comficiute,mcntrc elle viuono,& morte cbefono nonfi fauclla punto di loro.
Le bellefono viuendo come cofit diuinc appreggate:&, deflando i begli ingegni al
loro honore,fono cinte di eterna famatMa che egli c veto, cbe I'effere bella donna
& difcortefe,&inhumana,non èaltro,che non conofcerc il dono bauuto da Iddio,
& .effere nemica afe medefima.Et che tali erano quelle,chauendo nobili, & gen­
tili fpiriti,che le amafJcro,fe ne ílauano,come foffero ilatue di marmo, dure, &
immobili a preghi loro,armandofi contra ledolci faci di timore di gelati pefieri;
i/L queiic parole diffe iqicira,cbe poi c hauea piacduto a Iddio di cofi ornaria di
gratia,& di bcltà come ella dicea, gliene rendeua ella molta gratia , ma cbe vie
piü obligata ft teneua alia diuina rnaeflfche oltre il dono della bellegga conceffa-
le,le haueffe anco conceduto marito, the cara I'baueJJe aI pari della fua vita : &*
che haueffe meffo in lei deftderio di cofi corrifpondcrgli in amore,che no ft deflaffe
in lei deftderio d'altri,che di Ini. Et che tale, f'offc I'animo fuo,che p^Amore, nè.
preghi,nê doni,nè gratia alt rui, la pot effc rimoueredal fermo p^nftero,cl77!fa ba-%
‘ D e c a Q j i N T a* 240
ueaydiferuar fempre ferma quell a fede al fito Marito,colla quale a lui ft era legs
ta.Toyiira tutta via intenta a dare la battagliayalla coflei pudicitia; €t cbc ere-
dete voiydijfe TJfcira,cbe fe bella Donna ft ojferifce a vo/lro marito , si cb'egli ft:
ne poteffe godere,cbe fe ne fleffe colle mani a cintola ? Sciocca fire si e benefe que
Slo vicrcdefle:& perc\òyquando bauefle anco voi giouane vago,& difcntto,che
vi amaffc\& non facefle quello voi verfo luiy che farebbe Tartbeneo verfo bella
donnaymeriterefte piu toflo biaftmoycbe loda : Terche non dà Iddio a noi la bel-
legga,perche la vfiamo a diftruggerey& a far languir c,cbi ci ama : Terche può
la donna amare,chi l'amay& nondimeno non rimanerf di amare il fio marito. Ift-
fcaldoffi a quefie parole alquanto Tficira, & dijj'e ; Già detto vi bo Tognira, che
non mi può capire nell'animo>cbc Tartbeneo ad amare altra donna giamai ft def
feyche me: Ma quando pure anebe ciòfoffefü che non voglioynè penfaveynè crede­
re : non farebbe ciò nondimeno, che io non l'amaf]i,comc I'amo, & la fede nongli
ferbaffi coft pura , come inf no ad bora glide bo ferbatay & glide ferberò in-
fin cb'io viua : & doppo morte anco , fe coft ft ama nell'altra vita,come in que-
fla . Et quando quella bellegga , della quale voi tanto mi lodate,m\ fojfc cagio-
ne di farmi voltare I'animo ad altro buomoy che a Tartbeneo, io ne battrei mala
gratia alia naturaycbe tale conceduta la mi hauefJe.Haurefle ragione,diffe Togni
ray quando ciòface fie inguifa, che vergogna ve ne aueniffe : ma quando coft di-
feretamente operafley chefe ne fleffe fra il voflro .Amante et voiyla cofafegreta,
come le faggiefan fare y cb'ella vi flia. Ma goderefte voi I'amante voflro, & in-
fteme il frutto della vojlra belleg£a. Dijfe allbora la giouane, Tognira, io la v i
voglio concbiudere in poebe parole; Io non credo, cbc bella ft poffa cbiamar don-
nay che non fta honefla, nè honefla ft può dire alcuna, che non ft contenti del fuo
marito,& f e v iè alcuno che ft voglia paggamente innamorare di donna,che bcl-
yla gli pata,& nol volendo ella con lafeiuo penftero amareyft ftrugga,& ft conft-
1ft\i,egli êpià diccuole cofa,ch'egli della fuapaggia porti la pena, che debba diue-

P: nirc la Donna pagga, peche egli non ft lagni. Et appreffo di me fxrà fempre da
effere tenuta pagga cold, che anebora cheil rompere la fede al marito nonft ha-
% ueffe a faper mat,non habbia tanta vergogna di fe medeftma , che non le paia cbc
~ injfino lepietrc,le debbano rimprouerare coft foggo atto . Etfeio mi bauefji pen-
fato, che di ciò mi bauefle hauitto a fiuellarefin ogni altro luogo baurei piu toflo
voluto effer che qui, nèpiu mi conete vi so dir io. Tognira,ciò vdito,ft vide effe­
re giunta a mal partito, & parendole, che ftfoffe Nicira adirata; Oime, dijfe,
che è quejlo che voi dite, Seiomi credcffi,che voi piu a me non bauefle a venire,
credo che mi dorrebbe di viuer : angi voglio, che vi vegnate, & quando voi non
vi verrete a mefio mi verrò a voi. Si dtcono cofe tali fra le Dome ,ld\cira,quan
do fono inftemeyperfchergo,& per gmoco,non perche elle ft addirino, & rompa-
•wo le amicitie come ditte di voler far voi, fete per certo fperdonat emij mal crea­
ta Nicira,& vi vet troppo per pocola Sinape al nafo,ftmilifchergi, &■ ftmiligi-
uochi non piacciono a me, Tognira, diffe la giouane, & fe ad alcuna altra ègra-
So dt vdir ciò,dit#gli,& non vfate meco fimili ciancie, fe volete, che rimaniamo
y ' ' amkbe;
V
'■ D e.G li Hecatommithi
fivnichc : Et,con quefte paYolefleuatafi la Giouanc, a cafa fe ne undo tutta turba*.
ta> 'Partita Nicira,vfci Tartbeneo deltaguato,& diffe; cbe vipare,Tognira,del
la Moglie mia ? parui forfe,cbe voipofliate colie vcftre arme ffiuntare la fua bo*
neftà,& rimouerla dal fermo propofito d’amarmi,& di feruarmi fede.lgpn vin -
fop crbite,diffe Tognira ; perche ad vn colpo di [cure non cade la Quercia , quefla
non è la battaglia,cb'clla dee haucrc,angi tutto ciò,cbe detto I'bo , èJlato in vcce
di vna fearamuccia,ben leggieraflafáatc,cheio le ponga I'ajfedio intorno,& vede
rcte,cb'ella fi rhnarrà vinta.Talcla vitroucrete fcmpre,ripiglio il Giouanejapro
ua ci chi arirà,diffe ell a ; angi si,rifpofe egli,& tale ella fie,cbe io di Nicira mi r<-
marrò,eome fono,& voifenga me ve ne ftarete. St tutto lieto fe nandò il Gioua-
ne a cafa : Ma,nol vide cofi tofto Niciraycbe gli diffe; Sòycbe pin non mi mande-
rete a cafa Togriira:&, fingendefi Tartbeneo di non faper nulla di qucllo cbe a-
uenuto foffc. Hi perche, diffe, non vi vorrete ire ? ha ella forfe bauuto alcuno in
cafaycbe vi habbiafatto qualcbc flrano febergo; angi nò,rifpofc ella , cbe ella fo-
la3fola efempreflata meco. M aciòvi dico,perche andando con disbonefla don-
na3come ella c,non fi ponno vdire,fenon cofe dishonefle,& non degne de gli orec-
chi miei; Mngi voglio,chc voi vi andiate,foggimfc egli,percbe vcdercte a qite-
fio modoyqualc fia la dijfercnga,cl)è fra pudica,& impudica donna, & vific ciò
cagion di far ui molto pià cara a voi medeftma . Terò quando ella altra volta vi
chiegga,& non vi fia,come hoggi3altrí cbe clb\i & voi, andatiue pure 3 cbe io ne
farò contento,& ne rkeuerò piacere. Et quefto dijfc égli,per volere vedere que-
fia vitima prona,(bauca detto di farne Tognira.T ajffati alcmigiorni, & r:tro-
uandofi Tognira colla Giouanc, la prego, come prima , a volerft andare a ílare
con lei vn peggo di quelgiorno . Nicira, cbe conofcea,cbc ciò era grato al Mari-
to,anchor a cl) ella mal volentieri vi andaffe,fcce forgo, a fe mcdefima,pcr compia
cere a lui,<r vi andò,ma prima vi era andato il marito, & comei altra volta vi
Slaua nafcoslo. Sra in Sicione vn Giouane mercatantc,il quale amaita Nicira ar-
dentiffimamente: Mafmp aurito dalla fua bonefta,non era mat flato ardito di dar-
gliencpure vnpicciol fcgno.Ciò fappiendo Tognira (perche il Giouane hauea com
municato con lei quefto fuo amorc) gli fi era offerta di operar tanto , cb'egli del
fuo amore figoderebbe. La onde dcuendo andare a lei Tgicira, glide fece nonfo*
lamente fapere,ma gli fece anco raccordare,cbe preciofa cofa,dce effere compera-
taconmolto oro:&,cbe però,effendo egli ricco digioie,come egli era, neportaffe
fcco quantita delle migliori,& penfafle di non nefare riffiiarmo di alcuna,quando
di pigliarnefi difponefle Nicira, perche o a queflo modo ,o a niuno altro , egli era
per bauere vittoria di le i: &,che fi flcfjcinpunto , perebe tofto, cbe la Giouane
foffe venuta,glie ne farebbe 'motto. Il Giouanc,cbe il cuore,non cbe legemme ba-
urebbe fpcfo, per acquiflarfi I'amore,& la gratia di quella Giouane, appareccbiò
vna caffetta,nclla quale pofc gioie,cbe valcano vn Tbcforo , & con ardentijfwu,
dcfidcrio attefe, cbe Tognira il mandaflea chiamarc. Mndò Nicira a cafa della
mala femina, la quale la racc&lfe con lietiflimo vifo,& le difle; fiateui la ben ve­
nui a3 io vi bo fatta hoggi qm venire, perebe vi voglio far v odere alcune gioie
c lr
D ECA Q^V I N T A, 241
cbe non memo far anno Hupir voi, cbabbiano plena me,(cbe pur qualctiuna ne bo
veduta, dellc belief di gran maramglia : & cbiamata vna fuafante , rnandò per
lo Giouane già detto, il quale, efjendo per natura belliffimo,áccrebbe la fuel natit-
ral bcllcgga, con que maggiorl argomentl elfegli feppe , & potèyper riufeirem
gli occbi della Giouane non men bello, che vago, leggiadro, gentile , delicato,
& porto con lui le preciofe gioie , acclocbe da tali nemici combattuta la Gtouane,
fe ne rimanefjc affatto vinta . Ora arriuato il Giouane ft marauigliò di quelle bel­
la prefenga Nicira, laquale era marauigliofamente a'mtata da gli ornamenti, che
egh intorno bauea : ma quantunque ella il Giouane fra fe molto lodaffe, turnfile
nondimeno tocca da deftderio men che honefto. Voi che egli fit alia prefenga del-
le Donne, fatta lor riuerenga, dijje a Vognira cb'egli bauea portate quelle gioie,
cbe gli bauea fatto dare; Le bo dimandate, diffe ella , per farle vedcre a qucHa
Gentildonna, che alcuna forfe ne comprerd delle piu b e l l e d e l l e migliori; Et io
diffe egliy faro preflo a compiacerla, di quanto lefaràagrado : & cojl detto3 a-
perfe la cafJ'etta.St tale ft offerfero quelle pretiofe pietre a gli occbi di Nicira,qua
le nefereni della notte ft fcuoprono a riguardanti le Stelle. Et voltatafi verfo To
gnira, dijje; Ben vero dicefle, che mi marauigliereiylo non credo, cbe occbio mor­
tale meglio pojja vedere. ^Allo fcoprire delle gioie & alia marauiglia,che fenefe
ce Nicira, Tartbenio,cbe il tutto nafeofamente vdiua, & vedeua , quafift penti
di hauere meffo contra cofigran nimici la Donna in campo : Terche da vn lato il
pungea la rara bellegga del Mcrcatante,dall'altro la marauiglia delle pietre pre­
ciofe, la apparega dellequali le parue basiante a pot ere mouere vn cuore di mar-
mo,non che quello di vna Giouinetta,per natura molleyet picgheuole.Et fu per v -
Jcire dello aguato,& no lafeiarepiu oltre procedere la battaglia,perche temea di
*no deuere bauer men buona openione della mogliep lo innangi,cijegli la ft bauejfe
ygbfiuuta p I'adietro : Mapure, penfandofi,che la moglie fua co lo feudo della fede,
& della caflità fi opporrebbe a tutti i colpi 3 &f e n e rimarrebbe inuitta :fi mife
ad attendere ciò, cbe auenire deueffe:parendogU} cbe quanto maggiore era il con-
^ fluto, tanto deuefjeegli effere piu certo della fermegga y & della bontà della fua
%[Donna; comincio Tficira a maneggiare le gioie3& tata era la vagbegra di tutte,
ch'ella no fapeua a quale appigliarfr.Ture efjendoui due fmeraldi di grandegga,
& de bellegga ecceffiua, & due rubiniy che poteano bajlare ad illuminare le tene
bre,gli ft prefeyde quali peso di fare legare in orogli fmeraldi etporglift al petto ,
et gli rubini a gli oreccbi3qualunque volta egli tal derrata gliene faceffe3che ft po
tefje pefare,cbe il Marito fojfe p comperargli. Et dimandò al Giouane3 quato va-
leano;vagliono diffe egli dodici tale ft di Athene; La giouaneyvdito il preggo,no è
ella diffe mercatantia cotefla p me; Et percbe? diffe il Giouane,perche poco piu va
le,diffe Niciraytutto Phauere del mio Marito;No vifgomenti ciòydiffe il Mercata-
ie,pche anchora cbe molto vagliano legeme 3 mi terrei difeemare loro ilpreggo ,
quado alia voflra bellegga3la quale già buon tepo mi vi ha fatto feruo,cortefeme «
te no le donaffi,& non pur quelle3che prefe vi bauete3 ma quate qui entro ne fono
SuiteJono a voflro placere^ualhora vipiacciafarmifauon dipigliarleui3et far *
* Tar, Trima UH

9
D e G l i H è c a t o m m i t h i

nil dono deftamor voflrouhe allhora miparerâ bauerle tutte vedute infinito pre.^
*Zp3che voi di voifieffa mi degnerete.Niciraycbe altbora fi auide dell'afiutia3che k
baueua vjlita Tognira}& della infidia ch’ella le hauea tefa3Diffe al Mercatante;
Non mi tengo io cofi bellaygentil G\ouane3cbela mia belleg^a meriti di effere com
perata cofi cara3& non mi dò io apigliar cofa3chcnon lapoffi intieramente paga-
re.N f 'Caniore vi poffo io dare3che mi chiedetefm ricompenfa di quefle voflrepre
ciofe pictre3percbegià a colui Cho donato io3di cui voglioycb'egli fia fempre:Tero
v i tenete voi legioie voflre3per coperarecon effe maggior bcllegjaycbe no è que
fla mia3et bauerne Camore di donna3che fia dei fuo amor Donnaset apreggo ven
dere fel voglia;vi ringratio io bene delCamor3che dite di portarmi3& della larga
t>fferta3chefatta mi bauete3p comperare il m\o:ma io non poffo3& quando poteffi
nol voglio vedere.Non vi crediate donneyche qui Tognira mancafje a fe medefima
nè che afe medefimo mancaffe il Mercatante, fu da ambidue detto3et fatto ciò3che
da donna reay& d a accefo amante fipuotey& d irc3& fare,per indurre animo fe-
minileya lafciuo amore3ma tuttofu vano. Voleua pure il Mercatanteychefi pigliaf
fcla Donna in dono da lui le quattro gioieycb'ella elette fi baueuaypromcttendolc
di donarglielefolo di cortefiay& noper volere mai altro da lei in alcun tempo,
thefoloycb’ella foffe contcta3ch'egli I'amaffe.Non vi accadeperciò tanti donifdiffe
ella3pche fono iofempre per tanto amarui, qüanto ad honefla Donna fi conuicm
amare Giouanegentileyet mi farà fempre caroyche voi col medefimo animo ama­
te meterá fie fouerchio ycbe per ciò doni mi diatc;Vogl\o almenoyche gli vi piglia
te, diffc il Giouane3per cortefe dono di quefla voflra cortefia:Mi farei tenere per
dlfcortefe,foggiunfc la Donna,fe per cortefia mi pigliafi quelloy che nè voi dar mi
deuete3nè io riceuere il debbo;qui fit il fine di queilo cofigrã confiittojicl quale U
caflità,& la fedc della Giouane fuperò tutte le armc3 & tuttigli sforgi de nemi-
ci,et vittoriofii fe nerimafe.il Marito3che alia battaglia,quantunquc nafa>fo3era '>
flato prefente3tenne per certo che nopoteffe effere in Donna maritata maggior fe­
d ere quelUtcb’egli nella fua Nicira hauea veduto. Et partita che fi fu Nicira3dif
fe Tartheneo a Tognira;€t che vi pare della mia Moglie?Quello3chc mi dee pare
re di figgia3et di honefliffima dona, riffofe ella;et voglio,che vcdiateilmaggiore1
miracolo 3c}ye mai fi vedeffe in quefla terra. Mi è entrata la caflità della moglie vo
ftrayco tanta efficaciaynell’animoycbc oue io pefaua deindurla a tenere la vita3che
io infimo ad bora ho tcr.uta io3ella mi ha inguifa innamorata della fu a , che mi ha
fatta vergognare di me medefima : Et pentita del miopaffato modo di viuere3ri-
foluta mi fono3et ho fatto fermopropofito3di menare tuttigli anniy che piacerdde
ioncedermi alia Diuinx Maeftà}honeÍliJJimamente. Lodò il buon propofito della
Donna Tartheneo ,& a cofi fire la conforto co efficaciffime parole, etella in tale
boneft à viffe tutto Cauango de giorni fuoiy che oue prima fi cbiamaua Tognira,ft
potè ragioneuolmete Docima nominare3 della qual cofafnron molto cotenti Tar-
theneo,et Nicira:et oue Nicira hauea deliberato di fempre fuggirlaypoi ehe la co-
nobbe bauere mutato coflume3Chebbe fempre per cariffima arnica,et con quellafe
de legati viffero ella3etil Marito3colla qualcfinfino allhora erdno flati congiunti-
MC '
De c a <Xyi n t a ; 2 4 2

modesta m o glie DI FILOGAMO, PRI NCI PE d i sa t a -


iia , gittaca dalla tempeftaad Antiochettaj il Signore del luogo le vuol far forra, &
; non volendogli confentir la Donna, egli la fuena, &con lei fi giace, & per tal crudelti c
. fcacciatodello ftato.Sc in miferia fi more.
9 6

N O V E L L A X. 1
V kA N T V N Q j f E piacejje fopramodo allc Donne la Nouella
di Celia,non piacque ella punto meno a Giouani:TcròctieJJi vide
ro tale effere Hata in Tartheneo la fede,quale fu in Tficira. Ala
piacque,vie piu, cbe no potrei dire,ad ognuno,cbe Tognira da dif-
ÜÜ boneHa, a lodeuole vita fojfe ridotta3& fu detto, cbe effempio di
deuol vita porta con ejfofeco tal luce, eke pure cbe altri ft dia a miraria, fcaccia
ella le tenebre de vitij, & defla mirabile deflderio della virtu ne gli animi di co-
loro, cbe ft credeano di perduta vita. Or, poi cbe di ciò fi fu faueUato ajjai, dijfe
Flauio; E' veramente tanto cara a bella Donna vna ferm a,& fincera fede, cbe al
le volte tanto puote il deflderio di feruarla candida, & pura, cbe piu tofto,cbe in
parte alcuna maccbiarla,fl rifolue a patir morte: come da queUo,cb'iofon per nar
rarui chiaramente intenderet*.
R I C C I O L* AGN 1 0 , Signore di ^intioebetta,città di Cilicia,cbe antica
mente Antiochia fi ckiamaua,& fu tenuta parte della Soria , 0 Siria , cbe dir la
vogliamo: fu Signore di fi sfrenato, et di fi libidinofo animo,cbe con quanta vfaf-
fe dishonefla, non potea punto feemare la fua incredibile lafeiuia. TJe pure nelle
dome della città, & nelle Taefane vfaua fenga alcun freno queHa fua libidinofa
voglia,ma in quate gliene veniuano alle mam d'altronde. voile la maluagia forte
*che la TrincipeJJ'a di Satalia,cbe Modefla hauea nome, & era bella & gratiofa ,
et amoreuolifflma,et fedeliffima al fuo Marito,quanto alcuna altra fojfegiamai,fi
Sparti della fua T erra, per andare aritrouare il Marito in Cipri:& montata in na
ue,conpropofito di non vfeirne inflno, cbe al marito non giungefje, da vna fubita
tempefla fu Jpinta ad ^intioebetta, one temendo Tira del Mare fu coflretta ad v-
feire di naue, & andarfetialia città. La qual cofa intendendo Riccio, le venne in-
contro co fuoigentilbuomim,& molto borreuolmente I'accolfe, & le diede alber­
go nelleJüeflan%e. Durò la tempeHa, afpra, & crudele per alcunigiorni,onde
Hette in ^intioebetta la Donna piu, cbe voluto non haurebbe. Era coftei di gran­
de,& betlijjimo corpo,di faceia vaga, <& delicata, cbe al lungo piü toflo, cbe al
tondo piegaua, ma con conueneuole mifura, & anchora, cbe alquanto fofca fojfe,
era nondimeno di grato, & di piaceuole afpetto , accompagnato da donefca genti-
legga ygiunta con honeflijjima gratia, e£* con manierepicne di Maeflà,& piu di
ogriultra dolce, & cortefe fauclla trice, nè pajfaua i venti anni di molto. Ter áa-
feuna di queHe cofe per fc,ct per tutte infieme, Riccio di Modefla coft ardentemen
te ft acccfe, & a tanta libidine fcorfe , cbe non penfaua di poter viuere, fedi lei
•nonfatiaua il disbonejlo appetito,al quale egli tutto ft diede inpreda: Ma hauen-
dole qu.tlche riffetto per la qualità del gradofuo,attedeua fe pojjibilefojfe defla-
HH a

#
I
/

D e G li Hecatom m ithi
re alcuno d e f td e r io di Ini, n e tl'a n b n o d e lla D o n n a : M.i Modefla,cbe non m ono pu
dicjL e r a ,c h e b c lla ,c * r h a tic u a cofi U c u o r e a l f u o .M a r i t o , cbe non vi potçua entra-
re iifio di a lc u n o a l t r o h u e m o , e r a tu u t o l o u t a n a dal pejiero di Riccio ycbe ad ogni
ultra cofa pin tofto p c f a ; r ,c b c ad b a u t r l o ad amare. Et bench'ella fi'^vcdtffc far
da h,m g r a m ( i , e j r a m o r r u o u c a r c % x e ,& ' 'tarjl di p orla fpeffo in racionamento
di vane cafe, conic colui,the di v dirIa faucliarc molto ft dilettaua , fi penfaua U
nobil donna,ebe unto uoprocedcffc daila cortefia,& dalla gentllegga, chcfuole
effere propria a g ra n S ig n o ri quando ft trouano effere in raginamento con Donne
cortefi,& gentili.Stette per lo (patio di ottogiorni la Donna in ^4ntiocbctta,pri-
mciyCbe s'aeque taffe il Mare : Ma to Ho,ch'ella lo vide tranquillo, & atto a naui-
care,ft delibero di andarftnc alfuo camino. Et doppo definar e,voltofji con gratia-
fa,ct ftgnorile maniera verfo Riccio;&gli cliffe chc molto lo nngratiaua della cor
tefia vfatale:& cbe effendo ceffata I'ira del Mare , con fua buona gratia volenct
andarfene al fuo viaggiotEt perciò fc vi era cofi alcuna,cbe per lei ft poteffe afuo
feruigio fare in Cipri, glide chiedefje,che le fifarebbe conofcer grata della grata
accoglicnga, ch'cgli vfata le baucua, la quale fempre era per tencr viua nella me
tnoria. Riccio le diffe,ch'cgli baueua da conferire alcune cofe con leije quali vole-
ua,cb'cjja narraffealfuo Marito,acciò ch’egligli fofje fauoreuole appreffo il pof
fente Redi Cipri. La Donna,che cortefe era,& non bramaua altro fenon the left
offerifee occafione, onde ft poteffe moflrar grata a Riccio3 diffc; che quanto da hi
le foffe impofloy tanto ella effequirebbe diligentijfmamtnte. Sgli allhora,fingen­
do di volerle parlare di cofafegreta, la prefe per mano,& la condufje in vna ca-
mera3la quale era in capo della fala} oue baueano definato , efj'endofi già tuttigli
huomiriiy& le dome di Modefla appreflati nella naue3per dar de rerni neliacqua3 ,
& far vela, toftochela lor Donna foffe venuta.Entrati che furonoin quellaftard
ga vn Cameriero,che a tali vfficiera flato eletto dal maluagio Signore3chiufe l'y-
fcio,& Riccio,tenendo tutta via per mano la Nobil Donna; Le diffc, cbe tra quant
te dome, egli bauea mat conofciute aliafua vita,non ne bauea mai veduta alcuna
cbe in bellegga, & in leggiadria i'agguagliaffe : Et cbe credeua,ch'ella il deueffe
bauere per poco giudiciofo,fe di lei non ft foffe muaghito,& non ft foffe deflato de
fiderio in lui di goderfi di tanta belkgga. Et cbe ardendo per queHa cagione, lx
pregaua, per la fua molta cortefia , a dcgnarlo tanto , cb'eglifi pigliaffe qualcbe
frutto del fuo amore,prima ch'ella ft partiffe3alla qual cofa fare ella ft deueffe tan
to piu cortefemente indurre, quanto la fu.i fama non era , per patire alcun detri­
mento effendo tra lor duefoil la cofa fegreta. Io non credo,cbe pin fpauentata fofje
mai Damma, cbe ft vedeffe feguire da rabbiofo cane,cbe ft foffe a tali parole Mo-
deíia,la quale affettaua da Riccio ogfaltra cofa,cbe effo le deueffe parlare di ciò.
Ture ft raccolfe I'honcflifjima Donna in fc medefima, & gli d ffe;Che penfterifon
quefli. Signore,cbe vi vanno p I'animoi vi paio io forfe donna, the debba manca?
te di fede al Marito miotvingannate molto,fe cofi vi pare,& vi prego , chefe U
paffata voílra cortefia,mi vi ba p fempre obligata,non vogliate hora,con cofi fol­
ie defidmo,maícbiare Ditto quelio,che verfb me di cortefe,et wtuofo bauete f a t ,
^ to f '

S%
D E C A Q_V I N I A. 245
to, & poHo cbe queflo disboneflo atto deueffe effere fecreto fra not: nonfarà egli
tnai fegreto alia confcicnga miaJaqUale fe foffe cofi maccbiata, mindurrebbe, a
lauare la macchia, dandomi money col fangue mio. Riccio non pure a queslepa­
role non venne di miglior mente : Mapieno di barbara, & befliale lafciuia , con
Vvfata fuafieregga le dijfe; Mdunque, villana Donna,tale ba da effere ilprcmio
dei mio amore s5 dijfonti a compiacermi, & ricordati,cbe tu fei nelle mie forge et
cbe vogli, 0 no, io fon per pigliarmi quello, cbe tu negar non mi puoi. Et con que­
ste parole cominciò a porre le mani addoffo alia Donna con violenga lafciuamen-
t e : Et ella, rifpingendolo, cominciò a piangere, & apregare ilfiero Tiranno,cbe
non volejfe in lei quella feeleragine vfare. Egli, cbe già buon tempo,ft baueagit-
tati doppo le Jpalle tuttigli honefti rijpetti, nulla curando pianti,preghi, 0 lamen­
ti,cbe fi facejje la mifera Donna , fi diede alia forga, et prefala a trauerfo,la por­
to Jopra vn letto, cbe nella camera era,&benche ella fi rinforgajfe, la vi coricò,
volendo ella leuarfi, egli confimofa mano premendola, non la lafciò forgere : an­
gi, maggior forga facendole , cercaua di fatiare la ingorda fua voglia . Modefla,
mancandole ognaltro argomento ,g li ficcò le mani nella barba, la quale egli ha-
1 ueua benlunga, & riccia, & percio (quantunque il fuo nome foffe LagnioJ era e-
gli detto Riccio : & cbtamandolo crudele, & fcelerato, facetia quella maggior
difefa, cbe per Donna a tal partito condotta, fi hauejfe potuta fare. Riccio,poco
curando cofa, chela Donna gli dicejfe, con minacciofo vifo, le dijfe piu volte,cbe
gli lafciaffe la barba, cbe nongliela lafciando, la farebbe p entire. Et tenendola
ella tutta via ftretta, il Crudele traffe dei fodero vn pugnale, cbe a lato hauetta3
& le dijfe; vili ana,& difeortefe Donna, diffonti 0 di compiacermi,o di rimaner-
tene vccifa. Modefla, a cofi flrano partito ridotta, vccidimi, diffe Scelerato,cbe
voglio angi cbe la tua crudelia vccida quefto corpo, cbe il mio volere vepida ibo-
vffta mia, della quale vie maggior cura tengo, cbe della vita , & con quefle pa­
role pià refijlenga gli faccua,che prima. Il disboneflo Tiranno dal fuoco delVira,
& dallo ftimolo della libidine (pinto,algato il pugnale : & poflolo allagola della
nobil Donna, non ti lafciare le diffe, oflinata Donna, fuenare: & non tipaia,che
io ti dica cio da fchergp,percbe,quando ti caccierò il pugnale nella golafinfino al-
1'elga, morendo prouerai qual fia Vira mia & chio dico da douero . JQui fi vide
quatofm mifero cafo,potcffe fermo propofito di honefla Donnafm volerfi moflrar
donna,contra la luffuria di buomo villano.Et fi videparimente,di quanto mal fia
cagione Signoria in man di fcelerato Tiranno : Ter cbe la infelice Mode ita ferma
a voler piu toflo morire,che confentire al fuo dishonore,non ifpauentata punto dal
la ciudel morte,che già ella fi vedeua auanti alii occbi, con quel cuore gli rifpofe;
tanto Vhoneíiàfà in fimili cefi ardite le Donne) cbe rifpoftogli baurebbe animo-
'Jfo guerriero, perche ripigliando 1'vltime fue parole,gli dijfe; Siafcelerato buomo,
quanto effer voglia Vira tua,& di da douero quanto ti piace , & vccidimi a tua
voglia, poi cbe la mia fiera ventura nelle tue mani mi ba condotta,non farai però
maiyche io mi muti di penfiero : Et fe benepolrai tu vccidere quefto corpo,non fa­
rai pcro3cbe io vuida Vhoneiia mia . Ma voglio credere, cbe la diuina giufiitia,
* Tar. Trima HH 3
4*
G l i H e g a t o m M IT H I
Me,con qucltocchiò rigmrdera,cbe merita U innocenza m ia,& te con quetto,che
alia tua feelerata opera ft conuienc. Riccio allbora, piü di ogni crudel'huomo,cru­
dele, /pingendo con fiera mano il pugnale nella delicata gola della honefla,et mife
Yabil Donna,gliele fe crudclmente paffare inftno all'altro lato. Etper ciò,mancan­
do la forgo, a Modeftafvi dirò Donne cofa,che ad vn tratto vi empirà di cordoglio
& di iluport) il Maluagio ft congiunfe con leidaqualc peròglifece anco, moren-
do, tutta quella refiftenga, che fu I'eflremo da honefla Donna ft puote fare. Era,
fopra ogni crcdenga, cofa crudele il vedere queflo Maluagio malmenar quel cor­
po, ctiera già tutto del fingue molle. Ma non effendo Modeila anchora del tutto
morta, con quel poco di Jpirito, che I'era rimafo, conf oca voce, volgendo i lan­
guidi occhi al Cielo dijfe; Sij tu Signore Iddio,teftimon della mia honeílà,a te la-
fcio il far vendetta della crudeltà di queilo Reo: <& hauendo il nome del fuo ca­
ri flimo Maritofulle pallide labra, miferamente fini la fua vita.Toi ch’ella fu mor­
ta, Ricciofe dire alia fua brigata, chefenga afpettare altrimente la Trincipejfa,
fe ne deueffe andare : Et dicendo ognuno, di non volerfi partire, fe la lor Donu
non daua lor licenga,fe Riccio lor commandare, che fe incontinente non ft parti-
uano dal lito, farebbe loro sfondar la naue, ogli farebbe tagliar tutti a peggi. Le
donne & gli huomini, cibintendendo, pieni cfincredibile dolore, ft dipartirono,&
in Ciprife nandarono: Il Marito,che confinito deftderio,haueua affettata la mo-
glierafje nera andato al Torto, per accorla : Ma toflo, ch'egli fu lagiuntosveg
gendo ognuno triflo, & dolente; & fra li aim le donne batter mano, a mano,&
dirottamente piangere, & gridare rimafe tutto conturbato , & dimandando,che
do ft voleffe dire , gli rijpofero tutti ad vna voce, chaueano la Trincipeffa,di lui
Mogliera, e*r lor Donua perduta, perche nonfapeano , che di leififojfe . Ciov*>,
dendo rimafe tanto meflo Filogamofche cofi era il nome del Maritojche fe gli fof-
fc flata leuata la meia della vita piu dolente non farebbe rimafo : St dimtmdan$9
corneia cofa Fteflc, non gli feppero dir altro le donne, & gli huomini ,fenon chc
nel viaggio erano fiati (pinti dalla tempeila al lito di Mntiocbetta , oue era flata
accolta da Riccio, Signore del luogo, la Trincipejfa : & che ce/Jata la tempeila,
baucano mcfj'a la ISlaue in ajfetto, afpettandola lor Donna: & cbe loro vennt
commiffione, per nome di Riccio, che a pena della vita fe nandaffero : & chc eft
altra nouclla di lei nongli fapeano dare. M tal rifpofla non feppe che imaginar-
ft Ftlogamo, & poflo che dura cofa gli parejfe il credere , che Modefla, che ft a-
moreuolegli era , & che ft erafempre moft rata tanto honefla , haueffe lafeiato
lui per alcuno altro , nondimeno rauolgendoft per I'animo la inconftangq, chefo-
gliono dire alcuni de gli huomini, (anebora , che a gran torto) effere nelle donne,
fu quaft per credere, che poco fedcleglifojfe flata la Moglie. Et andb tutto ma-
mneoniofo, & tutto dolente al Re de Cipri, & pregollo a voler trattare col Re
di Cilicia,per nome del quale cgli era appreJJ'o al Re di Cipri, ch'eglinonfojfe <W
Riccio (non meno Suddito, & Vaffallo di lui,cb'effo ft fofje) ft villanamente trat-
tato . Spiacque molto al Re do che Filogamo gli dijje : & fubitofece appreflare
Mmbafdatori,per andargli al Re di Cilida,cbc opcrajfc, che fojje reft la Moglie
/ /

D E C A Q j? I H T A i '' i 44
frViloflmo: Md mentregli ambafàatori ft apparecchiauattôper lo viaggio, ha>
uendo glâ lafama fparfala crudeltâ di coflui, per tutta ^4núocbetta, vemexo let
tere a Filogamo , & al Re parmente apprcfl'o il quale effo era , che loro dierono
auifo, di quanto era auenuto; era flata acerba la prima nouclla a Filogamo,mu*
lafecondagli fu tanto ajpra,& fpiaceuole,che la prima gli pa’fue vn mente. E(Jo
chiamando la fua Modeilaper nomey malediccua, la fua fciagura y & la malua-
gità del crudele, & disboneflo Tiranno : Ma il vedere, che il dolerf t , & il ra-
maricarfi nullagiouaua, pregòil J{e di Cipri a non tolerare cofi gran delitto, il
quale, già diflofio dafe a quanto gli cbiedeua Filogamo, Mando fuoi Mmbafcia-
tori al Re di Cilicia, <^r lo fe,con ogni efficacia, pregare a nome fuo, che per quel
la Ciuftitia, la quale era in lui fmgolare, non lafiiaffe cofi abomineuolt fatto im­
punito . Spiacque a quel Re intendere cofi fatta nouclla, & diffe a gli ^Arnba-
fciatori, che ft ritornajfero al Re loro, & gli diceffero , ch'cgli farebbe ft y chefua
Maefià conofcerebbe quanto gli (fiiacefje queflo crudel fa tto . €t con queflo man-
do lettere a Filogamo, chefubito a lui fc nandaffe, percbe voleua , cb'egli fofj'e
quegliy che di ft graue ojfefa ft pigliaffe degna vendetta . Toflo Filogamo yft mife
in camino y & al fuo Re fe nando : Il quale mandò a chiamar Riccio, che alia cor­
te veniffe; Egli y chaueagià intefa la morte di Modefla effcre peruenuta alle o-
recchie del fuo Re, & di quello di Cipri y & che hauea per do mandati *Amba-
fciatori in Cilicia, temendo il meritato gafligo, nonft* ardito dtandare nel cofpet-
to del R e : Il quale do veggendo, mife in ordine vn buon numero di gente, & da­
to loro Filogamo, per Capitano, lo mandò contra lo Scelerato, non tanto per fcac-
ciare quel monflro huomo dello flato quanto per hauerlo nelle mani,& fargli por
tar quella pena, della quale effo era degno . Sra tanto odiato Riccio, da tutto il fuo
popolo, per le fue dishonefla, che toflo che i Cittadiniintefero,che contra lui ft ar
t$aua il Re, gli differo, che fe riandaffe fuori della Città, che non voleano foflene-
re, che cofi fatto cmpito, quale era quello, cbegliveniua addoffo , per fua cagio-
ne, coriftimaffe tutte le lorofuflange. Riccio a quefleparole,ft diede a preghi, alle rjT:
promifJioni,& a fupplicare il Topolo,cbe non voleffe fcacdare il fuo SignoreiMa
’tutto fu indarno, perche efjendoft offerta al Topolo cofi bella occafione,non la vol
le lafciare,per leuarfi da cofi afpra Signoria; Terò tutti i Cittadini,ad vna voce,
gli differo, o ch'cglife nandaffe,o che ajpettaffe di effere da lorprefo, & dato nel all
le mam al Re. Riccio allkora conobbe, ma troppo tardi, che le monitioni, le roc-
che vagliono nulla a mantenere i Signori nello flato, seffi ft hanno fatti come Tt-
ranni,i loro Topoli nemici: La onde egli, veggendoft a fi malpartito ridotto,fi e-
leffeper lo migliore vfcirfi della terra;Indi a pochi giorni, giunfe Filogamo coll'ef
fcrcito, al quale,prima che alia terra ft appreffaffe,andarono incontro i cittadint,
& gli offerfero le chiaui della Città,dicendo,che ilMaluagto Tiranno,fe ricra fug
*gito,fu graue a Filogamo di non poterio hauere in fuo potere: Ma pofcia, ctitgli
piii oltre non potè, accolfe tutto il Topolo a nome del Re benignifjimamente, &
iimando salcuno fapea, che fatto ft haueffe, lo Scelerato,del corpo di Modefla .
%Alquale fu rijpoflo, che era coflume di queflo maíbuomorfi fare vccidere quelle
HH 4
D e G li Hecatommithi
donne3chefopra le altre belle gli pareano3poi cbc di loro fi bauea prefo lafciuo pk
cere3& conferuarle vntc di Balfamo da capo apiedi, in vnafala per godcrfi lun-
gamente della lor vifta,& cbc potrebbe ageuohnentc effere3ch\cgli di Modefla il
medejimo fi baucffe futto . Filogamo, ciò vácndo3fi fecem quella fala-cénâurre,
& entrato cbc vi fu conobbe fubito la fua cara Mogliera : La quale baueua il cru
dei Bfccio veflita di panno d’oro, & pofia le baueua vna corona in tcjla>come cbe-
tra tutte le belle cb'hti hauea ripofte,fi fiefje come Bfina dclFaltre.. Vedut.ila Fi-
logamOyfc nandò a Ici plangendo,& abbracciandola3dijfe; ^Abi cariJJlma Moglie.
iriUy qual tuo3& miofiero dcflino3ti conduffe mai nellc mani a queflo crudele ?
cbc tolta mi ti ha cofi crudelmente, & mi ba fatto ilpiu mifero, & il piu dolem-
ibuomoy cb'a Donna mai 3perfermafede, & per vero amore ,fojfe congiunto ?
Terche, Mode fla mia 3 non ba confentito il Cielo , cbc piu tofio io chiufo habbk,
1'vltimo giorno della mia vita3 cbe tale vederti 3qual hora ti veggo f Tcrche mi-
fero m e , mi ba tolto la maluagia Fortuna , il nonpoterti confecrare il capo dello
feeler ato Tiranno3cbe mi ti ha tolta La libidine, & la maluagità dei quale non
gli baperò cofi appannati gli occbi, cbe non ti babbia conofciuta ornata di Reak
virtu3&percio non babbia te3cbc viua deuea reuerire 3 degnata di quelfbabito
morta3del quale eri dignijfima mentre viuefti.Et qui abbraedando qucl pudicif i­
mo corpo3& rinforgando inficme ilpianto3& la voce; Oime dijfe3perche non ti
concede lddio3per fuapieta,tanto di (furito}cbe tu dire mi poffi,vna parola3 & k
pojja accorre dalle tue labra l'vltimo fato f Ma pofeia cl/cgli conobbe il fuo pre­
gar e vano.fefolennemente leuare indi il corpo della fua honefliffima Moglie 3 &
lo fe condurre nella fua corte3<&porlofopra vna bafe dornia nella fua camerant'
non fi volendo piu mai con altra donna congiungcre3honoròfempre3mentre viffe3
qucllo bonefiifjimo corpo3come cofa fanta fi honora. Bfccio non fi tenendo ficuro ‘
in luogo alamo d'Mfia,nê in altra parte3che foffe tra il mare di Creta3& il mag^ „
giore3tanto era a tutti i Signori di quelle parti tata crudeltà ff*iaciuta} doppo mol
to errare fe n'ando in Scitbia tra Sarmati3& iui in odio a Je medefimo 3 & in ira
al cielo : vcnne}per Diuina Giuflitia3a tanto furore3cbe3 come rabbiofo3fi fquar-,
ciaua cgli fleffo co denti la carne da doffo:& in fomma miferia, portò lunga 3 &
graue pena di cofi gran dclitto : & mi credo, cbefe nandaffe doppo morte tra le
anime dannate3nel fuoco penace; One Modefla3 nel fegno de gli D ei , in feliciU
etcrna3gode ilfrutto delia fua Caflità.
rinta fu la compafftone chebbero le dome alia mifera Modefla3che non ve
.
T ne fu alcuna3che fi poteffe contenere di lagrimare3 & tutte fi marauigliaro
no3cbe tanta crudeltà fi foffe ritrouata nel cuore di vnhuomo3 ( fe pur buo-
mo meritaua di effere cbiamato3coft maluagio Jpirito.J Et parue loro3che Iddio ha
ueffe degnamente permeffo 3cbe il crudele a tanto furore foffe vcnuto3cb'egli della
fua crudele disboneflà baueffe fatta cotra fe fleffo 3degna vcndetta:& cofi lodado
la honefla della donna3& biafimando la crudeltà di Riccio,giunfe la naite a Geno-
ua3 dallaquale fmotati tutti fe ne entrarono nella Città,ouc erano ajpettati da vna
nobile brigata dbuomini3ct di donne3che della giunta loro baueano hauuto auifot
Cir efferi
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D EC A Q j l N T A. *4f
.& cffendo il Sole ancbora molto alto,fe n'andarono vn peg%o fue? della ar
diporto, & ft riduffero in alcuni luogbi dilettcuolb, non lontani dalla cl lx/m MS 1 >-
dero tnolti belli, & vngbi glaritini; con bellifjime fontane per cfji,-: he :n. u-;
no quegli horti, qualunque volta pareua a fignori di cj]i,cbe nc baueffero bijogno,
Tra queSte fontane ve n'erano due in vno siretto , per le quali bifognaua p affare, \
pergire in vn luogo, one erano Cauriuoli, Ccrui, Conigli, Lepri,& altra varietà
di faluaggiumi, coft rinchiufi,per piaceuole caccia, qualhora quegli, che il luogo
pofjedcua,fivoleua in talguifa prender placere. Di quefle fontane I'vna era alia
man deflra,l''altra alia finiflra,et a ciafcuna di effefoprafiaua vna imagine di don
na, quellay cidera alia deflra, era di biancbijjimoy ctflnijjimo marmo,& fernbra-
ua di donna che ft baueffe pajfato il petto con vn coltellofilquale ella tcncua in mx
no apprejfo la ferita;et come tratto fuori allbora}lo ft baueffe}parea tutto di caldo
Jangue tinto.Et vfciua dalla piaga della dona acqua chiarifjirnxfm grade abondan
•gaja quale pareua vnpuriffimo cr\Slallo,& era colta in vn chiariffimo rio y che
per quel piano,coft lucido fcorreay cbe parea} cbe I’acqua fua foffe di finiffimo ar~
geto. Qu.ella,cbe ftaua alia ftniSira3 era di marmo nero,& delle parti della natu~
ra,& dalle mamelle,& dalla bocca} verfaua vna turbida et nera acquay laquale
era raccolta in vn camalettoycbe ad vno [porco luogo tutta la coduceux St diman
dauanfi queile due fontane, le fontane della proua.Terò,cbe il maeflro,che amen-
due le figure fatte bauea, come eccellente Negromanteyche effo era,per arte magi
Cdyhauea lor data diuerfa propriety bauedo riffietto alia qualità delle perfone,cbe
loro fopraftauanoy perche qualhora per quello Siretto andauano le donne s erano
honefieyetpudicbeyceffaua digittare acqua quella, cbe I'humor torbido verfaua.*
& l’altra,per detta piaga mandaua fuori fit le paffanti done I'acqua purafin gra*
'difjima abondaga;Stper lo contrario,fe forfe erano le donne dishonefle,ceffaua di
mptndar I'acqua quella del marmo bianco, & quella dell'humor turbido, & nero,
le donne bagnaua. St quefla cofa bauea fatto,che tuttele dome del paefe,vicino a
Cernua, o maritate,cb'elleft foffero, o da maritare, erano honeSlifJime, percbe
. quelle cbe, per natural inclinatione erano, anitf che nò,date alia libidine, temendo
Ktelleno di venire a quella proua, alia qualefouente i loro buomini le conduceano,ft 'y .
guardauano di no effere conofeiuteper dishoneSle: percbequalunque dona,a que-
fta proua ft fcopriua impudica, s'era maritata,era fubito,come tAdultera arfa vi* ,1
ua:fe era da maritare,era,per vilpreggo vedutaper ifchiaua:etpofto, cbe molte Vpi
delle ftraniere foffero dalla nera acqua bagnate,nondimeno le Cenoueft non erano
max toccate fe non dalla pura , & candidiffima, certifjimo fegno della honeflà, di
quelle honefliffime Madonne:benche come hoio intefo,la virtu delle fontane infte
me co effe,èpoi mancata,percbe, bauedo lór dato queflo priuilegio il Maeflro:cbc m
leje.ee, inftno a tanto,che nofoffe vfato inganno alia loro virtu, fu vna Giouane3,
tbe vergine era tenuta,et era p maritarft, la quale bauedo di je copiaciuto vn [no
^Amante,ttemendo di non ejfere condotta alia proua delle Fontane, da chi per mo*
glieprender la voleua : et certo fappiendo,cbe fe a quel luogo andaua, fi farebbe
fcoperto il fuo difetto,& perciò farebbe condotta dalla nobile condition fua,a baft
D e C L ! HECAÍ OMMí , Tt í l
mfelictyfe che quegliydel quale ellabaueua hauutifigliuoliyche
re era di grande affare yCorropp e con danari le guardietcbe alie fontane Slauano,
ondefece riturare tutti i luoght della imagine>che l'aequa nera mandaua fuori. fy
fè fottoporre artatamenteyall'altra>acqua cbiarijjitnayãccioche cejfando quella dei
lo incantoycome bene fapca3che cefjata farebbeynon rimaneffe di vfcir fuori quel-
Uycbe con inganno vi era flata pofla.Condotta adunque la Giouane alia proua}fu
giudicata,di impudicaycbe ella erayCafla3& pudica . Ter la qual cofz il Negro• ;
mante,che dello inganno ft auide3fcce vna not te jparire le imagini, & le fontane
altrefl,fl che boggi phi non ve ne appare vefligio alcuno.Effendo adunque la bella
brigata de gli Huomini 3 & delle Donne Romane giunta alie fontane della proua}
prm a che le dome oltrc paffafJero3ft marauigliarono della figura, che il pugnale
baueua in manofla quale moftratta (come fi diffe) d’effer fatta ad imagine di vna
bellifjima Donna3cbc fi baueJJepaffato ilpetto:etyveggedo la varieta dell'acquit,
che l'vnay& 1'altra delle imagini verfaua3dimandarono a quelli deipaefe3cbe ciò
Ji volefje dire3alle quali fu rifpoftoycke paf]'affero3& cbe3pajfate3 che foflero,fa-
rebbe loro iff>cflo,quanto bramauano difapere.Era il calle yper lo quale deueam
paffare le donne3tanto flretto3 che non ve ne capeua fenon vna per volta 3 Giulia;
che alquanto piu attepateita era delle altre3ond'era quafi alie altre ducefnonfap
piendo3chc ciò importajje,fu la prima 3che al pericolo fi pofe3et che ali e altre fe la
via.Tfiè tantoflo fu ella entrata tra le due fontane, che flrinfe 1'acqua torbida la
imagine nera3& la btanca piü candida3cbe mai fopra effa la versò3& cofi di ma-
no3in mano paffarono tuttc3tcnendo fempre il chiarofonte il medefmo modo. La
qual cofa fu digran marauiglia a tutti quelli dei paefe, perche rade volte era aue
nuto,che effendo iui arriuata moltitudine di Donne3no ne foffe flata fegnata alctt-
na dall'aequa ncra3oite hora cofigran numero fi era tutto ritrouato degno della p i
ra.Taffate tutte adunque,differo quelli dei pacfc:Felici vox Madonne3che il pregio f
dcltboneflà vi tenete cofi caro,et felici altrefi i Mariti voflri,che a cofifedeli Mo-
gliere fono accoppiati,& qui fpiegarono loro la virtu delle fontane , il che non fit
meno grato ad vdire a Giouani (conofccndo la fede delle Mogli lorojche fi foffe al­
ie Donneyveggendofi haucr dato fi chiaro fegno di honefià a loro Mariti. Le qualifi
pregarono coloro3cke voleffero effere contenti di dir loro,che imagini foffer queiie
& da cki vi [offero flate pofle.Mllhora vn httotno antico 3& di vencrabil MacfU
cofi loro cominciò raccontare.Nobilijfime Giouani3furono quipofle quefle due imi
gm idavn dottOy&fauioNegromante; Queila di marmo bianco è I'imaginedi j
vna Donna noflra3 non men casla3che bella3 ma vicpiü infelice3che alia fua bond
non fi conueniua; Ella fu Moglie di vn Signore di Dalmatia,il quale 3p affando per
quefla contrada: et vedutala eccefjiua bellcgga di leija voile per moglie,Etpoi
per iflrano3& flero accidente, chele auenne, a darmo della fua honef la , (per in­
ganno di vna fua Cameriera) fi die morte. Et voile il Marito, che nel luogo,oé
labella Donna era nata, per memoria della bellegga , dcllboneflâfua , foffe
fatta quefta imagine dal IJcgrornante, che detto vi habbiamo : & che ella deffe
fegnoy in memoria della fua pudicitia, delfboneSià altrui . et in vitupério di co­ i
lei%
Dec a Q^yi nta ; 246
lei, per Id quale fufatta v io le n t alThonefiifJima Donna,pofe loltra imagine,cbe
di rimpetto aquefia vedete, la quale haueffea dare a disbonefie done eterna tefli
monianxa, con certijjima infamia di colei, per cui la imagine era compofta :St cià
detto, ilbuonveccbio fi tacque. Giulia ,vcnuta defiderofa dintendere tuttoil
focceffo dellefue Statue, dijfe; Tadre rnio, come tutte noi vi ringratiamo di quan­
to à bauete detto, cofi bramiamo incredibilmente di fapere,che cofa importi quel
Tugnale,cbe cofifanguinofo tiene in mano la bella Donna , & la piaga, chc le fi
vede nel petto, percbe anchora, che detto ci babbiate, cbe morte fi diede: tfrfb e
fi imaginiamo, cbe do fignifichi il Tugnale, & la piaga , nondimeno ci fiirâ mol-
to grato,cbe ci facciate afapere la cagione della fua morte. bilbor a diffe il va­
lent'huomo;Figliuola mia, non cenate piü oltre fapere di do, percbe, come io,fen
ga molte lagrime, non vi potrei la mifera fuentura della Donna narrare:cofi voi
fenga grandiffimo voftro cordoglio, non la potrefie vdire. Voi che della honefid
di bellijfima Donna ci bauete a pariare, rifpofero tutte le dome, fiate,vi pregbia
mo,contento di iffiorci, quanto addimandato vi ha Giulia acciocbe anco dalle no­
fire lagrime fia accompagnato il fiero cafo di cofi virtuofa Donna;fi aggiunfero a
pregbidelle donne, queüi degli buomini, il buon Vecchio, per compiacere a
tutta la brigata, cofi comindò.
TsfE L LM. Dalmatia è vna Ifola, la qual Vago è detta oue fugià vn Signore
che Siluio hauea nome,al qual era Mogliera la bellijfima Donna,di cbe ragionato
v i babbiamoyil cui nome era Leuca : La fama della cui bellegga fi era cofiffiarfa
per tutta la Dalmatia,o Scbiauonia che la vogliamo chiamare,cbenon era Signo­
re alcuno in quelle contrade, che non riputaffe Siluio felice, poi che egli, nero,
fciancato , & di horribile afpetto (cbe tale era quel Signore, quantunque foffe di
animo virtuofiffimo) era de fi rara bellegga pojfeditore, & empieua gli altri Sf-
gnori d'inuidia lo intendere,cbe come ella era bellijfima, cofi era ancbe bonejliffi-
ma, cofa che rare volte fi ritrouano concordi. Signoreggiaua vnaltro Signore Gio
nane, & bello in Dalmatia, Orfo nominato, vnaltro luogo,cb'Obroaggp è detto,
al quale venne alle orecchie il nome della bellegga di Leuca, ond'egli, da appetito
Ijgiouanile infligato ,fi delibero di volerla vedere, & certificarfi fe forfe ella cofi
bella foffe nel vero,come glide hauea portata la jama a gli oreccbi. Fatto adun-
que cofiui mettere in ordine vn Naudio, vi fall fopra, con alquanti defuoi,& fin­
gendo volerfi tramutare a Scgna, Città pure della Dalmatia , per alcune facende
c hauea da trattare col Signore di quel luogo,fife come per pajfaggio, condurre a
Tago . Oue fu da Siluio,& dalla Moglie cortefemente accolto,&gli fit data bor
■reuole, & acconcia flanga nella corte. Oue veggendo la Donna, gli parue , che
non pur foffe ,quella , cl) egli baueua intefo, macheia fu.i bellegga auangaffe , di
gran lungaiopinione cb'efjo bauejfe conceputa di lei,nè fipoteua fatiar di mirar­
ia, & mirandola fottilmente di parte in parte, non ritrouaua cofa in lei, cbe non
fojfe marauiglioft. Voile la forte, che inqueflo tempo, che Orfo era iui alloggiato,
ft moffe vna gran fortuna in Mare, fit di b i f o g n o , cb'eglivi ftejfe piu giorni ,
she difegmto non baueua, onde fattofi ognigiorno,piii dimeflico nella Corte, pm
D e G li H e c a t o m m i t h i
famlgiiarmcnte, cbe prima comerfaua con Leuca : La quale, quantunqut fojje
honeCliffxma, & molto riguurdeuole, non era peròpunto fuperba; & auenne,che
egli,per la dimeHicheg^a,& per la cortefta della Donna , con tanta forgo. lari-
ceuete nel petto,che & vegghiando, & dormendoftn ogni luogo , in ogni tempo,
hauea la fua belliffima imagine ne gli occbi. Et fe ne fentiua cofi ftruggere,cbe pen
fana di non poter lungo tempo rcftfterc al fuoco , che 1'ardeua : Ma veggendok
Donna effere vnjfeccbio di pudicitia , f t pensò non poter e effere, cb'ella foffemd
per effergli corteje di quello, cb'egli da lei bramaua. CeJJata la tempeHa,che ma­
le per Orfo baneua hauuto principio, fenga ch'cffo nè alia Donna3nè ad altri hmef-
fe dato iniitio dclTamor fuo3 da lei; & da Siluioprefe licenga, & date le vele a
venti ,a Scgna fe nandò. Mentre Orfo era flato inVago, craft innamorato di vnx
Cameriera di Leuca vn fuo Camerieri: & per allbora3molto piu auenturofamen-
te3 che il [no Signore3però ch'effo ft hauea cofi bene fappiuto reggere colla fua A-
mante,cbe con effo Ici fi eragiaciuto alquante notte. QueHi adunque 3giunto}
cbe fu Orfo a Segna3 non fappiendo cofi alcuna dell'Mmore del fuo Signore, veg-
gendolo tutto maninconico3per confolarlo alquanto, gli narro (come per giuoco)
ciò cbe era auenuto tra fe, & la cameriera di Leuca. .A cui dijfe Orfo; Felice te,
poi cbe dell'amor tuo ti fei rimafo contento : Ma me mifero, & infelice, a cui tol-
ta ê ogni fferanga , di poter e batter mai refrigerio alcuno , nell'ardente fuoco che
mi diflrugge; & qui gli fpiego quanto di Leuca fi fojje accefo; & gli foggiunfe,
cbe per conofcerla di quella fede, & di quella honefta,ch'egli la conofceua, Jen%d
alcun pròyfe nera per morirc di deftderio. Il Camcritro, cbe molto il fuo Signo­
re amaua, vditolo coft dire, conobbe la cagion della fua maninconia : & bramofo
di confolarlo , gli dijje,cbe ft proponeffe, a fuo folleuamento,cbe le dome fono per,
natura mobili, & mutabili, & che come a lui venuto era fatto di goderji della ]
Cameriera, coft potrebbe anco venir fatto a lui di goderfi di Leuca : Et che la p$i-
ma parte di bauerne a godere era,ch'effo ft proponeffe di poteria vincere : & che
fatto queflo penftero, ponendoui I'affcdio, la vincerebbe fenga alcun dubbio. Fari
furono fopra ciò i ragionamenti dell'vno , &dell'altro : & pofeia cbe a queilaJj
parte,et a quella bebbero voltati amendueil penftero, dijfe il Cameriere (il qua-r
le vno era diquelli, che non guatano fe bene o male ftfacciano, pure che ne refli-
no fodisfattigli appetiti de loro Signori.) Io voglio tentar, Signore ,feforfe le
miegioie, a qualche modo , poteffero aprire la via alie voHre : Et feforfe la Ca­
meriera, colla quale io mi fono giaciuto, potejje effere btton megp a fare, cbe anco
voidi Leuca vigodefle. Et qui narrò ad Orfo quanto gli era venuto in penftero
di fare, per condurre il disboneilo deftderio del fuo Signore afine . Varue alio in­
namorato Giouane, cbe Donna,la quale hatteffegià fatta volontariaperdita della
fua bonefta, coi fottoporft disboneflamente ad altrtti, poteffe effere atta a perfua-
-dere il medeftmo ad altra donna : per la qua! cofi, areo Ha tofi al parere dei Ca-
merter e finfe di rmandarlo alia fua corte, per comp mento dello incominciato ne­
gotio, acciò cb'egli, nell'andare, F? nel ri tornare, ft fermaffe a Vago , & poteffe
anere agio di difgorre la Cameriera a quanto baucano ordinato infime di fare,
Tartitoft
V) E C A Q j / I N T A. 247
‘Pxrtitofi il Cameriere ,fc n'xn.lo a Tago, one fu da ognuno volenticri veduto, mx
fopra tutn dalla Camcrierx,Et moftrandofi bramofo di to Ho partirft, per girfc ad
Obroaggo Jo prego il Signore,& Leuca,cbc iui ft fev mafic,per due , 0 tregiorni.
,Alle co/ioro pregbicrc,mo{lrc cgli di lafilar ft picgarc:&, fermatofi in Tago, la
notte collafix im a n te ,cbe alia camera di Lcuca , per quclla fettimana non ifla-
nrjefcopcrfe l\Amorc,the portaua ilfuo Signore a Lcuca ; & le difjc,cbc ({[en­
do egli dal fouerchio ^Amore si malamcnte concio,che poco pin potea durare la vi
ta fua,egli la pregaua ad effergli cortcfe del fuo aiuto,& fur s i, che Leuca ft pic-
gaffe a conofcere , & a meritare l'amore di vn tal Caualicro , quale era Orfo; Li
Cameriera le rifpofe,cbe cofa non era al mondo,cb'ella per lui nonfi moueffe a far
la : ma,che le rincrefceua,chi'egli intorno a ciò la ricercaffe,Ter che era piü tofto
pojjibiic ogni itnpofjibil cofa, cbe mat Leuca ji piegaffe ad effere con altro huomo,
che con fuo Marito» (i per I’amore, cb'ella gli portaua fingolariffimo, si per effere
clla,tra tutte le Donne, honefliffima . Tit che però bifognaua , cbe Orfo ft toglieffe
da quefto penfiero,percbe lo farm,non era altro,cbe feminare nell'arena. Spiac-
quero al Cameriere le parole della fua clinante; pure le diffe, cbe fe nandcrebbe
a Obroaggo , & vi(larebbe alquanti giorni ,poife ne ritornerebbe a le i, per an­
darferial fuo Signore: Et che, in quefto mego, la pregaua , per quell'amore,cti-
egli le portaua, & cb'ella altrcfi portaua a lu i, ad aguggare lo ingegno intorno
ciò , cbe anebora effo vi penferebbe, & che al fuo ritorno, conferirebbono in-
fieme i loro difcorft,& a quello fi appiglicrebbono, cbe loro il miglior pareffe. Lx
mattina il Cameriere,prefix licentia da Siluio, & da Leuca, alia cortefe ne andò:
La Cameriera,(pronata dallavoglia di fiodisfare al fuo limante,pigliatofi il tem-
,P° , comináòycon bel modo, a lodare Orfo , & dire a Leuca come egli era bellijji-
ino,& degno di effere amato da ogni gran Donna , & cb'ella vorrebbe volentieri
cbe Siluio,fuo marito, fofife tale,accioch'ella,fingolarmente bella ,foffe congiunta
ad buomo fimile a lei,& che certo egli era, come fi diceua inprouerbio , cbe alle
**belle dome toccano i brutti buomini:&, con quefte parole,cercò di vederc, fe for
fe poteffe ritrouare via,di entrare a difporre la Donna ad amare Orfo.Ma effa fe-
tdeliffima al fuo Marito, le diffe; Sia pur Orfo bello per le altre Donne , per me è
piü d'ognuno bello il mio Siluio. La Cameriera a quefte parole riconobbe quello in
Leuca,cbe molio innangi bauea conofciuto,& vide,cb'era tentare lo imp offbile il
cercare d'infiammar lei d'alcuno altr'huomo . Ritornò,paffati alcuni giorni,il <a-
mericri a Tago,& intefe dalla fua limante la coflanga, della Donna fin amar Sil-
u o:Et,veggendo cbe il primo penfiero era ito a vo to,voile vederc ,Je con ingam 0 ,
potejfe fare cb'Orfo bauejfe quello,cbe altrimente non era mat per battere. Et,ba-
uendo intefo che Siluio eraperandare a Venetia, & iui ftxrfi per b/tono (patio di
tempo,per terte queftioni,cbegli erano ftatemojje da ahum funi parenti,jopra le
tfigioni dello flato fto.Efjendovna notte colla Cameriera ; Deb,amma mia, le dif­
fe,non ti darebbe egli il tuore,quando non ci foffc Siluio,di porre il mio Signore di
notte in camera a Leuca i Nò,ri(pofe la Cameriera,peri be io fon certa, injino ail
hora, chefiubito cbe ciòfifapeffefo farei crudcimente morta : fi cbe ,fe tu ( come
c io mi
D e G li H e c a t o m m i t h s
h mi ttimo) mi ami,non mi voler far tentar cofi, che fla per mandarmi diritto al
la morte. TSlpn fiè,come tu imagini,di/Je egli; ^infi ti dico,che non ci effendo SiU
uio3& veggendofi Leuca Orfo in camera , nonfarebbe ella tanto aftera , come tu
t ’ifl'mi; Ter che farebbe quello,che fan moltc altre, le quali, quantunque habbia*
no voglia di compiacere di fe alcuno kuomo,vogliono però fempre s che para, che
ftano flate sformate.Toi le foggiunfe,che aueniffe cid , che fi voleffc ella non hauea
4a temere di cofa alcuna,pcrcbe egli via la codurrebbe toflo, che do fi fojfcfatto,
Cir vna medefima fortuna haurebbono infieme. Et con quefle et con altre fimilipa
roleytantofcychcia ntal cauta giouane,accecata dal dishoneflo amore, che a colui
portauaygli promife, che toflo che Siluio ft fofl'e partitoygliene darebbe auifo : Et,
che,venedo Orfo,feforfe ellafojfe tra le cameriere,qlla,che a Leuca nella camcn
ficffcygliele farebbe in camera entrare. Dato queflo ordine fra qucfli due malu-
gi fe nandò il Camcriero al fuo Signore,& gli narro quello , che ft era conchiufo,
Taruc,alprimo ragionamento, dura cofa ad Orfo, con cofi fconcio modo aprirftlt
via al compimcnto de dcfideri fuoi,& da vn lato combattendolo il giuflo,&le n
jioni dell’amicitiaynata tra lui,& Siluio,& dall'altro Vamore ardentijjimo,chelo
Jlruggeua,flette buona pexga inforfe,& buono per lui,che al migliore ft foffe ap
prefo.Ma hauendo voluto alfine che de duepenfleri vinceffe ilpeggiore fcomeft
uente veggiamo auenire in coloro3che fono dagiouanil defiderio , & da lafciuo a-
more,quaft da due sfrenati caualli, oltre al giuflo traftortati) appigliojfi il md
configliato Giouane al configlio del C.ameriere:St,vemto il defiderato tempOyche
SiluiOyper Venetia fi parti,ne fu auifato dalla fua limante il Cameriere:llcbe in­
tendendo Orfoyfatta appreitare la barca, a Tago fe tiandb , fingendo tutta via di
volerc tramutarfl nel fuo flato;Leuca,co quell’honore, & co quello amore I'accet-
t ò y c h e segiifratello lefoffe fl at o:Et,confumato ilgiorno in dolci ragionameti,pé
chebbero cenato , fe nandarono a dormire : Et effendo quella notte la camerieu *
alia camera di Leuca : ella,toflo che la nobil Donna fu adormentata,al fuo ^imait'
te andò,& gli difft?,chc tempo era ,che ilfuo Signore a Leuca fe nandaffe. Il Ca-
meriere ando ad Orfo , & fe n entrarono infieme nella camera della Donna :&
gfitmto Orfo al letto,oue ella tutta nudaft giacena , hauendo egli feco portata vn$
lanterna cieca ft pofe a miraria nuda da capo a piedi,& gli parue di vedere vu
Celefle Dea,fcefa dal Cielo in corpo humano, Onde vie piü , che mat ft accefein
lui il libidinofo deftderio: Etpoftele le mam al petto,giunfe la fua bocca a quella
della Donna, etfene prefe vn bacio. Or qui fi vide,che alle volte poco gioua ferno
proponimento di honefla Donna,per ifehifare flrana auentura. Leuca a quello at-
to,tutta fgomentata,& tremante ft rifueglio, & difje; Oime chi c quefliOrfo
ailbora,n6ntemcte,le diJJ'e, vita mia,ch'iofono il voflro Orfo, che, tratto dall’infi-
nito amore» che io vi porto,fono venuto a pregarm, che non vogliate,che la mor­
te fla la mercê dellamorc,cb; io vi porto. La Donna, vedutofl fopra Orfo , & Vá
mda,ccrcò di coprirfl colle mani quelle parti, che natura ha celate , quanto pili
ha potato, neIle Donne. Et cbiarno due , & tre volte la Camcricra , & non la
veggendo nella camera z conobbe, che l’.Adultero 1’cra flato tneffo in camera da
lei.

4
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D ec a Q v i N T a: «4 $
/i/, <&•fuhitmcnte voile gridare : Ma Orfo, tratto fuori il coltello, che a Into ha*
mux, & poiie le mini alia. bocca,le diffe,che s'ella mxndaux fuori vna menoma
voce, difubito la vceiderebbe; la mifera Leuca tremando[otto la cojlui mano,non
altrimcnte, chefotto I'.Aquilx femplice Colomba3cominciò a pregar lo , che forma­
tion le faceffc, & che voleffcbauer riguardo alt'amicitia3 & alia fede, colla qua­
le 3 & elia3& il Marito I'haueano accolto in corte: & che per vno sfrenato volc-
re, non voleffe violare le ragioni dell\Albergo 3 & le fante leggi deU'*AmiJlà3con
fax perpetua infamia . Si diode Orfo a preghi3 & cercò con quel miglior modo3
ch'egli feppe, dipiegarla al fuo volere : Etpoi che vide3che i preghi nongiouaua
no per dijporla a confentirgli,fi mife ad vfar la forma,alla quale ft oppofela Don­
na3quanto ella piü potè:Ma veggendo Orfo3 che la eofa andaua piu inlunga , che
effo non haurebbe voluto, dubitando3che il giorno non gli fopraueniffe adoffo, &
indi fen^a alcun prò foffe coílretto a partirf t ; algato, il coltello 3dijfe alia Don-
na3voi non mi volete compiacere,perche ioper I'amore3cke io vi porto3mi muota.
Ma giuro a Dio3che per vendetta della morte3che mi fopraflà,voglio prima vede
re voi morta: & perche fi rimanga macchiata quella honefid,la quale volete3per
voffra crudeltà3che ft a micidiale di m e, vi voglio vccidere queflo mio feruo ap-
py,efJo3& dimane dxrb nome di hauere vccifo,& voi, & lui,per hauerui ritroua-
ta cón luiin Mdulterio. Leuca, che nel pericolo deWhoneSlà, nel quale ft vedeua,
haurebbe hauuto3in vece di ftngolar gratia 3faluo il fuo honore, di riceuer morte;
come vdi3che non baflaua al Maluagto vccider lei, ma che voleua anco vccidere
afama della fua pudicitia, fi rimafe fen%aforma, & fenma alcuno argomento di
iberarfi dalla violenta, che lofcelerato huomo le volea fare.Orfo allhora3paren-
dogli di effere vittoriofo,fi congiunfe colla donna, <&fipiglib di lei quel maggiov
tacere,cb'eglipotè, in coft violenta occa(tone. Satiat a,ch'egli hebbe la voglia fua
lafcib la Donna nel letto. Et la mattina3alíapparir deITadurora3fe nando alia bar
ca3et montatoui foprafmfteme con gli altri due,che della violenga fatta alia Don
na erano confapeuoli3& miniílri, alia fua T erra fe nando. Bfmafe Leuca piena
di tanto dolore,cbauea la vita in difpetto:Ma non voile dire di ciò coft alcuna a
]perfona,che haueffe in cuore: €t quantunquefi fiopriffe turbata nell'afpetto, mo-
ftraua effere di mala voglia,perla Cameriera3che fuggita le fi era : Et tenendo,
in quefla guifa3 la fua fciagura cbiufa nel cuore3fu vn giorno tanto aflretta dal do
lore , che pigliato vn coltello in mano 3ft era deliberata di darfi morte: Mapoi
confiderandoy che non era degno3che non haueffe afapere il Marito la cagione dei
la fua morte, & per ciòfe ne rimaneffe t^Adultero fenga la diceuole pena, ferbb
a migliore occaftone il dare alia mifera fua vita quelfine, cbauea feco deliberato■.
Etfcriffe a Siluto a Venetia ,che al riceuimento della lettera ,fene veniffe fubita-
mente al fuo Hato ,ch'altrimente vi erapericolo,per cafo importantiffimofopraue
ntfto,che non andaffe ogni cofafom£ppra:& ferrata la lettera , la diedeadvn fuo
fidatiffimo Gentilhtiomo,che al Marito la portaffe,&gli commife, che per quan­
to gli era cara la gratia fua,non gli diceffe cofa alcuna della Cameriera,chc fuggi­
ta fi era.Mndb il Gentilhuomo a Siluio,&portogli la letterafia qud letta,marx-
uigliojfi

i
D e Git H e c a t o m m it h i
ulgliofli molto di dòicbe la Moglicg!iJifiucua:lit,jicnpvjjcndofapere cofa alcrna
dal Meffoflappiendo cjjo di quata prudenga foffe ornata la Donna,simaginh,che,
non fenga gran cagione, ella cofi gli banca ferit to : Et percio , fatta appreftare U
nane,sii vi monto,nè prima ccfsh,cbe a Tago fu gfunto.Mllo cntrarc,ch'cgli fè ml
la corte.gli venne incontro la Moglic,vcftita a nc.ro,& in quello habito lugubre, „
congii occbi colmi di lagrime, i quali per la vergogna non ardiua di algare nel vi
fo dei Marito,gli diffe; Siluio ogni copi in que fla corte è bogghnai per me diuemi
ta tale,cbe non vi veggio cofa alcuna, cite minuiti ad altro, cbea lafciar queftaa
me hora odiofi vita ; E1 morta Siluio 1'honcjla mia , fenga la quale nonfono ,nt
piu mai poffo effer Donna : Ft nonpotendomi pin effere quellaycbe io fui,non miè
piu la vita cara,ne piu voglio foprauiuere alia vergogna mia . Il Marito , cwv-
dendo,rimafe come fiordito,& le domando,cbe cihfi voleffe dire. La mifera allho
r a , rinforgando U pianto,gli diffe; Siluio,il Signore di Obroazgo,da me accolto-,
mentre tu eri lontano amicbeuolmentc,fi èfcoperto a te , & a me si fiero nemico,
che violando quel corpo , cbe io a tefolo hauea dedicato , mi ba armata allamin
morte-,& qui gli ffiiegh ilfatto,come appunto era auenuto.Et poigli foggiunfeSil
uio,fc tu quegli ferai contra queflo Maluagio,cbe tu effer dei,gli farai conofcere,
cbe queflo fuo foTgzp atto,& disboneflo oltraggio,non meno èper lui mortale, che
egli fifia a me;& con queHe parole,traffc Leuca fuori il coltello, cbe fotto lavt-
fle tencua celato,& lo ft caccio la mifera nel tuor e, dicendo;coft Siluio, lana Leu­
ca la macchia,che alia candideogga dei fuo honore, & al tuo altrefi ba fatta il tu-
ditore:&,col fine di quefle parole,nelle braccia a Siluio, chegià fe lera fatto vw
emo,per impedirle la morte,come morta fi cadde. Siluio tutto dolente,fi diè a cer-
care de impedirle la morte : Ma Leuca,cbe gid fi vedeua in mano alia morte; non
ti ajfaticar,diffe, Marito mio, pero cbe il coipo è paffato tanto oltre , cbe cio, cbeff
tu tenti di fare,è vano:prega piu tofio lddio,comc anclfio sii queflo eflremo punto
diuotamente lo prcgo,cbe mi perdoni le nile coipe,et non mi aferiua queflo vltimo
mio fatto a peccato,dei quale io cbiedendogli per dono,lo pregp cbe degrii accom
queflo mio vltimo (firito in pace-,& alfine di quefie parole fi vfei fanima di quef
lo honcfliffimo corpo,la quale mi credo io, cbe hora ( pofeia che nel fine fi videiri
lei tato pentimento) fra l'anime beate colga ilfrutto della fua honcfla vita, lfinui
fe Siluio pleno di tanto cordoglio,quanto piu non fi potrebbe imaginarc: & ,doppo
vn lungo bauer pianto, & lungamente efferfi lamentato,fe fepellire il corpo della
fua boneftiffima Dona in vn fepolcbro di biachiffimo Mlabaflro borreuoliflimme
te.Tofcia dalTira,& dal giuüo fdegno inflammato, tanto fe co Signori vicini, cbe
meffo infieme vno p offente effercito,fe nando cotra Orfofil quale fentendo co qmh
ta forgagli venilia addoffo Siluio,et veggendofi da ognuno abbandonato, per effe­
re venutOypercofi malopera,ad ognuno in odio, montato fopra vna naue , conf i
altri due,cbe 1’haueano aiutato al male,fe ne fuggi a Erandiggo ; Siluio,fattofiJi
gnore di Obroaggo, feriando alio Imperatore, fotto cui era Brandiggo: ifio-
flogli U dishoneflo delitto d'Orfo,gli chicfe Giuflitia contra lo fcelerato. Moftrò
Alluora lo Impera tore,quanto caragii fofje 1'boncjlà dclle donne , & quanto deb*
bom
D ECA Q^V 1 NTA, 14 9
bono effere in odio a giufli Signori, cbe reggono ii Mondo, coloro, cbe (fireggate
*e. ic leggi humane,& le diuine, & le ragioni dell'ami(la,a coflfatti delitti ft dumo,
'e.k gffo mandate commijfioni fegrete a fuoi vfficiali, fepigliare Orfo, & gli altri due
]nd & gli dièprigioni a Siluio,acciocbe egli di tutti e tre quella vendetta faceffe , cbe
bre, piügli foffe agrado. Siluio haunto tiAdultero , & gli altri due Maluagi nelle
'Ivi tnani, a Vago fe ne ritornò. Et fatto porre Orfo , & gli altri duefopra vno car-
enti ro,gli fcfrujlare per tutta la Citra vituperofamente : Tofcia ,fattigli condurre
ha al Sepolcro di Leuca, fe fuenarc Orfo fopra il ftffo , cbe Ebonefiiffimo corpo della.
3 «a Donna cbiudeua, al medefimo Cameriere, cbe gli era flato miniflro dell'abomine-
riiè uole peccato. Morto Orfo, diede i due Maluagi a flratiare al Manigoldo, & dop-
by. po vn lungo it ratio,gli fe tagliare in peggi & porre i lor capi, infleme con quel-
Ill)0 10 di Orfo, fopra vna torre, cbe fu il lito del Mare era, in abominatione de gli fee­
ItO, ler ati, & ad effempio di tutti coloro, cbe da libidinofo defiderio flimolati, ft difpo
ico, neffero a cofi fo7g o ,& cofi abomincuole atto : T o i, non contento,che folo nel luo
m £°> oue egli fignoreggiaua , rimaneffe chiara Cbonefla dellafun carijflma Leucat
'Sil voile anco,che in quello, oue eUa era nata, fe ne vedeffe certiffimo tefllmonio con
perpetua infamia della maluagia , cbe a cofi feelerata opera , fi era piegata : &
cbc percio fecc effo qui far le Fontane, & rimagini, cbe vi vedete, alie quali diede il
v i­ Negromante la proprictà, cbauete intefi,& per ifperien%a,veduta. Ma diè Sil­
su- uio alia carijflma, & boneftijjima flua Donna altri fegni (Camore, & di fe d e , cbe
'hU fepolcbri, <gr 11atue: Terò che flerbandofiflempre vina la memoria di lei nel cuo-
VI-.' re+ynantenne ali'offla, & al cenerfluo quclla fede,colla quale 1'era Elato congiunto
er- viuo : &fenga pit* max congiungerfl ad altra Donna fanebora cbe da molte , &
non belle, & r\cche,& nobili foffe piü volte follecitato,) comettendo, cbe il fito corpo,
cbe. fofle poflo nelfepolcro,oue era quel di Leuca -finito il termine de gli anni fuo\,man
dò Cvitlmc fato fuori coi nome delia moglie,diccdo;Scco,cariffima Leuca,cbe a te
viene a giungerfi il eno Siluio, cui lafciuia altrui, & tua moita honeflà da te dif-
giunfe; & qui lagrimando,diede il buon Veccbio fine al fluo pietofo ragionamento.
KfO N fu tra quclla brigata huomo, nè donna,che mentre il buon vcccbio nar
rò tinfelice cafo, della mifera Donna, teneffe gli occbi afeiuti: Et anchora cbe lo­
ro par efle,cbe da Siluio non fi deueua altrimcnte punire il maluagio OrJo,(cbe cofi
11 t uore deueua bauer d'Orj'o, come haucua il norm) nondirneno baurcbbono vo -
lutOycb'cgli pii*morti haucffe potuto foftenere, acciocbe pin grauemente, & pià
iungamente haucffe fentita la pena della fu afeelerata libidine. Et come fur oro i
due Maluagi tenuti fecleratifjlmi; cofi fu detto,cbe nelle male,& dishonefle ope­
re non dee mai Scruitore,nè per preggp, nè per pregbi,nè per altra cagione, com­
placere Signore alamo, per penfare di farne bene : Tercbe, olrre cb’effi molte fia
te vengonc, in odio a medefirm Signori, Iddio al fine fà loro conofccre la fixa Ciufli
tfh:et fe talbora tarda la pena, egli la da loro poi tale,cbe di pari,fe ne và la pena
coi peccato.Ma poi che delia maluagitâ de tre Scelerati fi fü lungameie ragionato
et molto fu lodata la fede di l euca; tntte allegre,differo U Done^ebe fi potea vede
re,quanto foffe a euoee alie dom i'búncHà,ct quato tile ama (fero i loro Mariti.Ma
* lir. T r im a II
. D e C l i H e c a t o Mm i t h i
Flaminio, cbe ft flaua in fulmotteggiare, &'buona pet&a haued taciuto, ft voltõ
ver jo Fuluia, & dijfc; non voglio negare,cbe a nobili, <&r bennate Donne nonfta
I'bonefla a cuore, percbe veggono chiaramente, cbe folo queiio pregio le fa effere
Donne:Ma cbe tanto elle amino i loro Mariti,quanto voi ci volete dare a vedere,
nol voglio io credere. Fuluia,cbe vide,cbe verfo lei volto baueua il pariare Fla-
minio; mi mauaglierei fdijfej fe vel credefle, percbe non bauendo voi piü ferme^
•ga in amore,di quella,cbe vi habbiate, nonpotete di cio dar vero giudicio : & io
vi dico , cbe tanto amam i mariti loro le Donne , cbe fe loro foffe di bifognoJpen-
der la vita, per quelli, non ne farebbono ijparmio; Sono dijje Flaminio , quejie le
fole,cbe voi date a credere a fcmplici, ma quando ft vienc alia proua.fi vedc tut-
to il contrario : & ve ne darei io tale effempio, cbe farefle coilretta a dire , cb'io
dico il vero; Deh non reflate dijfe Fuluia, di addurci queflo voflro effempio , che
voglio,cbe ne habbiate queltbonore,che bauete hauuto, qualunque volta mi vife
te oppoflo . La brigata, che piacer fi pigliaua delle piaceuoli contefe,cbe nafcea-
no tra coitor duc; dijje a Flaminio , non rimanete di narrare quello, cbe bauete
propoflo, poi cbe Fuluia a ciò vinuita . Egli, veggendo che ognuno 1’attendcua,
cofl cominciò.
-w- *2^ TiHjjia,Città nonfolo nobile,magia honorata republica di Tofcana, qim
tunquepcr le difcordie de Cittadini, bora fla fottopofla ali'Imperio della }\e*
«*- publica di Firenge.Fu vngentiliffimo Giouane,cbe hebbe vna giouane,& be•
lifjima moglie,tanto fcaltrita,quanto ejfo era femplice,& aiutando lo amore,cbe
egli portaua alia donna, la fua fimplicità, le credeua ciò,che egli diceua.SJJendtfl,
adunque egli infermato, la moglie moílrò difentirne tanto ajfanno, chegli dijfe
piü volte,che prrgaua Iddio,che fe il Marito le deueua morirefle preftafjegratia
cbe in vece di lui,fe ne morijje ella; il Giouane, che molto 1'amaua , & cheforfe ,*-i
cofl verammte farebbe per lei morto, quando ne foffe Uato di bifogno, come ella
I "t* fmtamente lo diceuaja pregaua a non fi affligere, & a lafciare, che Iddio chia*
maffe afe di lor due, quando pur bifognajfe,cb'vno vi andaffe, quello , che piü gli
foffe agrado. Et prego io, dijfe ella, chegli fla a grado , che io quella mi fla ; çír
qui lagrimando fe neflaua tutta dolente. Muenne, che vno , il quale era compa- 4%
re det Giouane, andò a vifitarlo, & ragionando infleme, come fi fuol fare,fra gli !
amici, fi die vanto il Giouane di hauere la piü amorcuole moglie, che non pure in
T?iiloia,ma in tutta Tofcana fi ritrouajfe.St qui gli narrò tutto quello,chela Don­
na dettogli hauemúl Compar e,cbe accorto era, & ben conofieua la natura delle
Done;la tua moglie è dijfe,comefon quelle de gli altri:Guardati di venire alia pro *
ua cbe rimarrai, feneça alcun dubio,\ngannato:Ma io quanto Jeppedire il Compa
re,no potè rimouere il Giouane dalia conceputa opinione,tanta fede bauea prefla*
flo egli alie parole della moglie.Il Copare per ifgannarlo,gli diffe;quando ti piae
cia,io ti farò conofcere chiaramete,cbe tu ti ingani,ct come farai tu ciò,dijfe egti;
dammi,r\ffofe il Compare la cbiaue della porta tua ,fl cbe tacitamentepojja ve*
nirti in cafa, & iopiaceuolmente,fen%a nuocere ad alcuno,ti farò vedere, cbe li
moglie tua,amerüpiüfc jb e tc:et per ciòvorrü,cbe tu piü toflo,cbe ella,fl muoia,
ll Gio-
D e c a ■ Q^v r n t a * ^ i, 4 p
Il giouane, no perche non çredeffe alia moglie quanto clla detto gli hauearmapcr'
farlo anco credere al Copare3la chiauegli diede,& effo dif]e;Dimane ,in fu quefta
bora, mi verro a te, per. certificará del vero,& leuarti queila tua falfa opinione
Ma percheciò meglio fuccieda,quantmque poco fi fia il mal tuo,voglio nondime -
noy ebe partito ,cbe io mi farò, tu ti cominci a lamentaregrauemente,et molto ffia
uentofo, timoftri del morire,il reilo lafeia tu fare a m e; cofi promife il Giouane
di fare, & il Compare ft diparti: Et non molto doppo, fi finfe il Giouane afjalito
da grauiffimq dolorey eír moftrò temer molto di hauere a morire : Et la Moglie ,
tutta via lagrimandoy pregaua di morire infito luogo.il Compare Caltro giorno,
full’bora concbiufayfi vefti in habito di morte,& pofiafi vna mafehera al vifo,cbe
raffembraua vn tefebio di morto,& prefa vna falce in mano, tutta fmguigna ,fe
riandò a cafa del Giouaneyil quale, come gli baueffe ad vfeire I'anima del corpo,
ficramente ft lamentauay & fopra v i era la Donnay la quale, dirottamente plan-
gendo,diceua;da Iddio,piu toflo a me la morte,cbe al Marito mio.Giunto il Com
pare alia camera, oue era il Giouane infermo,& la Moglie dolente, vi cntrò,&
chinata la Falce, ch'egli baueua in manofin atto di voler efegare;Sccomi diffe,che,
Iddio ha vditi i preghi tuoi,& mi ha mandata, a te Donna, perche, oue tu voglia
morire, io mi aflenga di troncare la vita al tuo Marito. La Giouane diede allbora
fegno del vero: perche, allungataft dal marito ,fe riandò verfo ivfcio, & diffe;
pofeia che il Marito mio è infer mo, prendilo & lafeia me, cbe troppo Hrana cofa
far ebbe,ch'egli infermo fi viueffe,et iofana mi moriffi; Et quefio detto, chiufsj'v-
feip, temendo non la morte lafeiaffe il Marito, & fideffe afeguir le i: St cofi Co*
nobbdil femplice Giouane, cbe differendafia tra il dire,& il fare; Et perciò,Ful-
uia, poffiamo tutti effer chiari, cbe molte cofe fingete,per moflrarci incredibile a-
more;& che la proua pofeia manifefla le vofire fintioni. Rife tutta la brigata alle
parole di Flaminio; Ma Fuluia,mi marauiglio diffe, che vergognato non vi fiate,
di narrarequeHa vojlra fauola,Effendofi moftrato ne ragionameti di hoggi,quan
tó amino le dome i loro mariti,& come cerchino effe di morire per faluar loro;co
me nella Moglie del Tanigarola ei moHrò Liuia:Ma,ba ragione Fuluia,diffe Mu
r io;Se fopra tutte le cofe terribili, terribiliffimo èil penfiero della morte , quanto
penfate voi che fiauenteuole ella fi fofJe,fe a gli huomini fi apprefentaffe tale,qua
le voi, FlaminiOyl'hauete fatta vedere a quefta tenera Giouane Mi credo to, cbe
fe nelle battaglie fi opponeffero a gli huomini armati aim tanti,alio improuifo,fot
to la fembianga, che comparue queHo vofiro Compare, alia Giouane tutti fia-
uentati fi porrebbono infuga; oime,vedere quefta mala beHia, fenga occhi, fen-
%a nafo, tutta compofla di liuide of]a, colla falce fanguinofa in mano , & non ne
hauerepaura? am efi arricciano i capelli per I’horrore, folo apcnftrui:&fe voi,
Flaminio, tale I'hauefle veduta, I’haureHeyCredettelo a me,a gran corfo, date le
fit alle,perche non fi vi foffe appr effata :et peròfu queila Giouane digniffima di feu
fa. Qm rife tutta la brigata, & fu fatto fine a gli fiber fi.Et effendo gia fatta roffo
in varie parti I'Occidente per lo tramontare del Sole, parue adognuno , che foffe
Chora della cena.St effendo il luogo, oue erano le fontane diletteuole fopra modo ,
Il 2
Dfi G L I H fi C A T O M MITHI
fecero mettere tui le tatiole, & fi ntfero tutti a mangiare, tramettcndo tutta vu
nel mangiare, dolci, & piaceuoli ragionamenti. Finita la cena,Fabio fi volto pia
ceuolijjimamente verfo Giulia,& le dijje; Voglio Giulia,cbe voi quella fiate,cbe
con vna delle vofire cangoni, cbiudiate ilgiorno d'boggi, & quefia f r a ci confo-
liate; Confolare, Fabio,rifpoje ella, non vi pojfo io,con le mie cango,ii ,bau$ndo io
già buon tempo fa,volte tutte le rime m e a ragionare di pianto & di morh:per*, «
cbe oue io era, viuendo il Marito mio, la piu contenta Donna del mondo,bora,cbe,
la miaficra forte lo mi ba tolto,fono rimafa piena di tanto dolore,che nonfovol-
gere la mente ad altro che alie lagrime : Et però fie bene, cbe volendo voi con al-
cuna cangona rallegrarui,a me non diate quejlo vfficio; Mngi vaglio , foggmnfe
Fabio, cbe voi ci facetate parte della foauità delle voflre rime, che trattino ellc di
che ft vogliano, non ci pojfono effere fenon grate. Veduta Giulia cbe tutta gentile
et corteje era, la volontd di Fabio,tt quella fimilmcnte di tutta la compagnia,chi
acomplacer Fabio la pregaua, accordando colla voce la viuucld cofi cominciò.
Chi deue pianger mai,fe non piango io } N è di dolerfi tnai la vede fatia ,
Che, da lieto, & felice. M entre piangendo ii chiama ,
In ílato polia fon si crillo, Sc rio, Del delire inriammara.ond’anchor l*am*
Che ion la piu infelice Tu,che feidi mortal fauodiuino,
Donna,chefoffemai,si ch'iodefio Pofcia che forda Morte
Che Morte,ch'ogni ben cruda mi tolfe , Mifidimoflra,per m iofier dcftino,
Quando quel nodo fciolfe, Chiamamiall’alta corte,
Che tenea me legata al Signor mto, Poi che lai di falir colla il camino.
11 mio immortal difcioglia , Porgi pietofo a miei preghi g>i orecchi;
Col (uopoter,daIla caduca fpoglia. Deh non patir ch’io inueccni
Si,ch’ei lafciando queili luoghi bafsi, Nel du ol: tna,come te nelCicloinchino,
Spieghi ratio le penne Me mena alia immortale
La.oue il mioben,tral’alme elecce, ftafsi: Vita, c’hor godi tit da quella frale. ,\
Et, come già mancenne Acciò che fuor de gli angofciofi affanni, /
Con la prefenza fua miei fpirti lafsi, Di cui fon facta nido ,
Cofi (quando andrá a lui) I’alma fua villa Li,oue morte non può,non poflbn g li anni,
Quetta dolente. Sc triila Vengada quello inlido 1
Alma mantenga,Sc parta feco i pafsi. Secoto, onde non haggio altro che danni,
Per It ftradt del Citlo, Che fenza te, m: par ch’a pianto eterno,
Plena di callo,Sc diceltftezelo. Ciò, ch’od o, St cióch’io fcern o ,
A hi Jaffa me,quando di tanta gratia Senza rcquie fperar, 161 mi condanni,
Fia che morte midegni? C ht fenza te, mi annoia
Qnandodiajche dal duol.c’hora mi ftiatia, Cio,che puoce dar qui diletto,# gioia,
C«n modiafpri & indegni. Canzon ( fe può canzon thiamarfi il pianto)
Mi tolga,Sc lijdoue hor col ptnfier fpatia, Fi,con tuoi caldi prc g hi,
Giunra l’amma mia dal corpo fciolta, Ch’a fe chiamarmi ii mio Signor non rnghi.
Goda,chi in Citl l’afcolta.

T O C O manco cbe la compaffioncuoli cangone di Giulia non tiraffe le lagri­


me fugli occbi a tutte le Donne: Nèfü alcuno della compagnia,cbe non diccf!e,che
ella a gran ragione di lofigran perdita ft dolcua. Sappicndo ognuno cbe tale f u l l
fuo maritojcbe s'egli fifojfe ito auangando infmo alia matura eta,tra per vfeirefit
D E C A' v Q j í N fT A . í 25*
tniçliori JludlyVno de primi huomini d’Italia : Ma Iodando tutú la memoria,ch'el
latenea di cofi gentile ff itito , & la pietà , con la quale anco cofi mono I'anuua,
confortaróno a darfi pace,& a lodarfi piü to(lo,ch'ella foffe ft ata a tal'buomo con
giunta,cbe col dolerft fouercbiamcnte ,voleffe turbare la quiete, la qual figodeux
nelciclo quell'anima Beata. Ora non ejjendo anchora molto di notte , & reflando
pure nell’animo della brigata nonJo cbe di maninconico, e*r moleflo,per la lagri-
meuole canzone di Giulia : Fabio volendo leuare quella triflegga de gli animi di
ognuno,voltandoft verfo Virginia, dijje; Corteftjjima giouane, pofcia cbe la can-
Tone di Giulia ci inuitò piü toflo alie lagrime, che no, tanto fu ella piena di pie to­
fo, & compajjioneuole ajfetto; vorrei, che voi, con vna delle vo(lrc, ci rallegra-
fte alquanto : Terò Jarete contenta di non vi porre al niego di ciò; *Al niego non
mi porròio. Fabio, rijfofela Giouane, che farei torto alia autorità, che di comun
confentimento data vi kabbiamo,& al fauore che fatto mihauete, col chiedermi
vna delle cangpne mie;& do detto,toccando, con dilicata mano, vn foaue *Arp\-
cordo, cofi comincio.

Se come ho it defio pronto, cofi prefte La roca roce dimoftrarti a pieno y


A moftrarcil roioben le vocihauefsi, Scopr iti tal tu qual dentro a me ftanzt ,
l o renderia ad Amorcamando gratie. Accioche, all’apparir tuo.ciafcun note»
Ma anchor ch’il mio deftm dir nó mi prefte Che si altiero ri ftai dentro al mio feno,
Tai, ch’i piaceri tniei dimoftri efprefsi, Chediletto non i che qui tiauanzi,
N on fie chela mia mente almen non fpatie F a,ch’ognun veggaalmeno
. (iPer l’ampio campo delle voglie honefte, Che fgóbraè Talma mia si daogn’amarov
*'”EtnonIode,& ringracie Che per te ha il viuer caro ,
^Tacita Amor,ch’è d’ogni mio ben fonte. E t per te c si d’ogni fuo difir paga.
Per cui mi fono conte Che di gioia maggior non fia mai vsga.
Quante poffono hauer gioie i mortali Tu fo l, fol tu puoi tar del mio ben fede
* D a la fua face,& da fuoi fanti ftrali. Poi che mi hai fatta si lieta, & contenta,
N on fia giamai, the della mente miefca Che forte rea non mi può farpiii trifta ,
Quelgiorno,chemiaperfell iuoTheioro Molt rati almo piacer che te fi vcde
Amore,& mi deftò ad aitiera Ipene, Quale il miocuore adhora, adhor ti lent a,
Che d’hora in hora i me il piacer rinfrtfca. Et qual,ptrbeneamar, gioia fi acquifta.
La memoria del di, ch’ampio riftoro Si vediich’amor dona ampia merccde.
Hebbcr ledolci mie (offeree pene j ( Se bentalhor gli attrifta
Talche quantunquea iommo ben riefca Con qualche dolce amaro) a fuoi fi guaci,
Altruidtlir,non viene Eccht tali han ie paci,
Al pardi qiid,ch’<o prouo almo düetto. Doppo le guerre, & doppo i giorni rei, •
Pet lo felice oggttco Ch’a patteggiar n’ardifcon con gli D e i.
1 ntorno a cut fi I’alma (i traftulla, Canzon,fe vuoi dir vero ,
Checò.chçtra noi gioua,tlla ha per nulla. Dirai, ché quátaè gioia al m ódo,è vn’obra
D°lce piacer cui non iu fimiie, anzi, Di bene,app<> il piacer,che il cuor m’ingona
Cui fimil mai non fú,poi che non puote (bra.

• Finite le cai.gcri,<& cjjcndo gli huomini, et Icdonnc per ridurft la, oue hauea-
no a ripojatfi; teco ci e verme U Noibieri, & dijje lo r, che il mare era turbato
\ da contrari vend, onde sincominciaua vna terribdetempcjlaja qual era,per fuo
v- parerejper impedir lero,per alquantigiorni il prefo viaggio. Fu g r a n t m o l t -
flo

\
T e G l i H e c a t o ^ / i i t h i
Jio ad ognuno lo intender ci0:ma,pofcia che altro fare non fi poteua, ringratiaro-
no Iddio3cbe in cofi nobil citta,gli deueffe trattenere U turbato m are , & tutti di
commun confentimentOyfi andarono a loro ripofi,pregdndo Idiio , cbe tojlo ridu-
cejfe il mare m calma, acciocbe potejjero quanto prima ridurfi al dejlinato luogo.

II fine della prima P arte.

R E G I S T R O .
i t *A B C D E F G H I K L M IS^O T T V X t
*AJl BB CC D D EE FF ÔG HH II. f o g li d j.
< ‘• *

Tutti fono Qjiaderni, eccetto II» chcèDucrno.

;
In V inegia, PreiTo Enea de Alaris,
M D L X X I I I I.

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