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DISCORSI
SOPRA IDIALOGHI
DI M. SPERON SPERONE.
NE’ Q_V ALI SI RAGIONA DELLA
bellezza & deU<t eccellenza de lor concetti '

D’ INCERTO AVTORE.
1
fi
***

OPENIONE SOPRA
I dialoghi di m.
Speron Sperone.
D’INCERTO AYTTORE,

JJiTEKLOCFT ORI,
Mantoa, &Vlifle Bafsiano Bolognefc.

Olti dì ha ch'io non hé uc


dutd la ecccUentiauoflra, Si
gnor Mantoa.
lo fono fiato alRaffaneUo,
Al uoftro diporto , o uogliam
dir fuburbano , coft ameno &
dilette itole f

Blu#, signor fu .

&
,

ui lodo mpnitamen
ylifle. Voi battete fatto molto bene ,
di Scipione ,
te, dopo le fatiche , a guifa di Lelio Cr
'

un fintile
a nff trare un poco, cruolcffe iddio , che
piu Ipeffo di quel che fate
n’haueffe io, ch’io’l uifitani
la natura uojtra no e
uoi , ma lafciamo andare, fo che
modo,quiui etta
inai difìat in otio,uoi douete ad ogni
, . ,

dio hauer lettao fcrittu qualche cofa degna di uoi.


t&dn. Lofio è il proprio de i uiiiofi er l’operare de i uir*
tuo/ì , non gid ch’io fiatale ,cr mafimamente fendo
opra er negotio litterario di ftudio , ben fapete
M Vliffe mio , ch'io ho fcritto er letto , ma con mag*
gior fodisfattione e contentezza, di quel che fifa neUet
città, doue ffeffo hor da quefto hor da queU'altro fu*
mo trauiati.Trauiati dico ,
perche a quejia medefìma
conditione fiete anco uoi. No» ho però letto molte co*
(e ne molto , perche in cofi pocojfatio di tempo, poco
fi può leggere o fcriuere,

yliJfe.L'bduetc appunto indonnata che in quefla uoflra af*


fentiaè flato dato il capaccio , come fi fuole il di di

S. Lorenzo in Duomo, al nouello Rettore del ftudio,

Tedefco , con tanto romore ( del quale fo che neJìete


nemico mortale)che niente piu, er marauiglia gran*
de ne è fiata.
Man. A/ho bel agio , appunto io ho difegnato neU'auenire,
a queflo tempo,ognannofe iddio mi preftarà uita , di
fuggir cotejla folennità tanto infoiente, non per gli feo
lari nò, ma per il uolgo, che per un paio di guanti che
ne fpera , e per la mazza del predetto Rettore, come
fefuffe l'aureo uelo di Coleo, ogni ordine fi difordi
na erperturba
Vltffe,Yarete bene,bajia che molt'anni per loa dietro, i Ref
tori paffuti fi hanno feruitodi mi, H or per cortefu
ui prego fiate cotento dirmi,e fami partecipe di quel

poco chauete letto er fcritto in quejli pochi giorni.

Man. Son contento dtrui ciò ch'io ho letto , ma non già quel
. , *

. _ 3 ,

eh’ ohe fcritto ,


perche hauendola prefloauederein
luce , noti fi miflieri dirlaui,tanto piu che non è fiata

fe non femplice copia di cofa da me altre uolte compo


fìa,come comprenderete poi a luogo er tempo,
Vliffè.NelJefacultànofìref
Man. Penfate che si, perche io non fon filofofo,medico,o R et
tore , fi
che l’opera debb'efjer di filojofu , di medici*
na,o di arte oratoria.
V Uffc. Non fi può faper che cofaf
Man. Noverche in ogni modo , come ubo detto er preflo,
ilfaperete poi,

Vliffe.tìorfu fìa con Dio , ditemi cjuel cbauete letto.


Man. Dirotloui , ma prima uoglio conuenir con uoi,cr far
patto , di non effer aftretto da uoi , a dirui cofa ordi
nata, ma piu lofio confufa er uaria, propriamente
da villa.
Vliffe.Anzi lauarietàdiletta fommamente , come gli occhi
di cui guarda una bella dipintura ftaminga , oue fìa ua
rietà parimente d’huomini , di animali, di paefìjifiu*

mi dì fuochi & di cofe fimili,neHe quali fono maeflri i

Raminghi marauigliofi,er maggiormente perche egli


no piu che non fanno i dipintori Italiani ,fì forzano à
piu potere , coll'arte diligentifimamente imitar U
natura
Man. Bghe'l nero àie la uarietà diletta ,(t come la diuerfì
ta de cibi a corpi noftri er al guflo , ma non però che
queflofia fano afta ulta \dell’huomo er appaghi coft
bene lo intelletto nofhro quella,come unafol cofa del *
la qual fi habbia da ragionare, o’I corpo come'hicette
A 3
*
,

'.
re con guflo un jota cibo
ylijfe.Sk come fi uoglia,poi che per diuerfità dì cibi , una fot
non diuiene però gottojo , zf
fiata, l’huomo cbefrufi

infermo,cofi non mi abbagliar à lo intelletto una fot


uolta,auenga che da uoi maeflro mio , detta mi fu, la
lettione uaria che hauete fatta.
Man. Horju poi che cofi ui aggrada, er che ciò cofìajfet-
tuofamente defidente,comìncìarò, z? forz.arommì fo
disfare fe no in tutto, almeno in parte a quefio defide
rio uoftro , cofi caldo er intenfo.

VliJfe.Comincìate Maeflro nel nome dì iddio ,


che io atten

tornente uiafcolto.

Man, Voglio pur dire ancoranti ch’io dia principio a que


(la narrai ione un’altra paroletta , ch’io non intendo
pmtalmente,o uogliam dire minutamente di punto in
punto , recitami ogni co fa , ma quafi da ma grande
abondanza, quelle fole fciegliere , che fiano camene*
uoli alla lettione che io ho fatta, er alla uoflra curioft

tà di intendere , qual però merita loda , come la galli*


na che ruffa per trouare il grano, o'I cane che cotto
dorato cerca la lepre

Vliffe.A uoftro modo Maeflro fu il dire, perche quale egli


farà, non dubito punto poterne quei fiori cogliere ,
che coglie l’bortolano ne iuoflri giardini ogni gior*
no, la Primauera, er ifrutti la fiate per i bifogni del

la cafra.

Moti, lo traU'altre co(e dunque a quefri giorni ho letto, dirà

cofi con fommo mio defiderioj dialoghi di M. Spero


tic nofìro gentiluomo , de iquali , tanto ìnuaghito mi
, , , *•
t

4
fono , che io non credo di legger mai piu , ne ueder
con l’occhio del mio intelletto , la piu bella cofa, ne la
piu uaga , ne la piu dotta, ne la meglio detta, non pei
fate però ch’io parli bora di quei di Plataneti Lucia
no , o d'altri antichi, baiìa che quefti (le compar ationi
fogliono altrimente recar odio acuì le ajcoltano) fi*
no heihfitmi.
V'iffe.MiraGegro con effo uoi che babbiate qutfli volta Ut

I ciato Bartolo er Baldo,


Man, Se Lelio e Scipione , de quali poco avanti difi, lungo
it lito del mare , come fanno i fanciulli , giuano le con

che cogliendo & giocando, er ficco i figliuoli propij,

il medefimo faceua Socrate fUofofb ,


detto quali terre

Jic oracolo, fagliendo con effo loro , a cauaUo delle'


canne er correndo o (aitando, fuggiti da i romori del
volgo er dalle co fi piu granì , che nelle Repukloro
fi
trattavano , perche non debbo io potere , in un po
co d’ocio di alquanti giorni , le cofe del detto M. Spe*
tane coti tant'arte, dottrina, er eloquenza ifcritte,
ma uolta leggere fetida l’altre come udirete, che mol
te fono fiate er non pur uotgari er in quella nofin
lingua materna, ma latine er di ragion ciuile ancora,
auéga che uoi penfate che per leggere i Dialoghi di ,

M, Sperone in villa, io habbia nella città lafilato Bar


tolo er Baldo.
Vlijfe. Ogni cofa ui è lecita, honefia però er ragionevole ,
er maggiormente il leggere detti Dialoghi, ma dite
mi di gratta , fete flato fin bora contumace, che non
gli habbia te ietti auantit

* 4
,

Kdn, Sotto, et la cagione dppreffo fu,cbe da quel jleffo gior


no in poi, che il mtdcfmo M.Sperone(mercè della fud
cortefìa) megli diede in dono , infiemecon alcuni al*
tri miei libretti, gli mandai al detto mio luogo , con fet
mo proponimento di leggerli, cr trangugiarli come
già difii , qua/ì famelico zrfìtibondo di coft bcll’ope*
ra quale è quejla al modo,ne mai l’ho fatto come u’ho
detto ,fenon bora ,
perche non ui andai piu tofto.
VliJfe.Certo noi fate torto a quel luogo , non meno di quel
chef faccia il Cardinal Pifano , che non è flato al p<t
lazzo , che egli ha fatto fare a Couigliano con tanta
fpefa , che fa marauigliar chi il riguardale non una
uolta cr non ui /lette piu che un giorno,
Katt* Quella è la grandezza del Cardinale acciocbe uoi
fappiate , ma la mia è bene (non fofeio il debba di*
refdapocaggine gràde, che certo non è luogo men utì
le cr necejfario a bifogni , di quel che fi fu ameno cr
dihetteuole,

yiiffe f Voi fiete mdeflro , con effo meco , Farnione, che ua


leudinfegnare ad Annibale Cartaginefe l'arte miti*

tare. Sapendo io chente cr quale fu detto luogo,fen*


doni Hato i mefi interi , allbora che il concedevi a M*
PauHo Giuliano per un’anno , douendo (come dicea)
dar empimento ad una opera che egli baueua cópofld»
Moti* Perdonatemi M.VliJfe che iono'ljapea.
Vlif[e.Horfu dunque , poi che uoi hauete lette le cofe di Si»
Sperone , ditene liberamente quel che ue ne pai a»
Man. Hollout già detto, fen%à che io lo replichi altra*
t

mente *
, ,, , , , ,, &\*
*

yiifcm lo battete detto sì er lodatolo fommamente , riti


ninni co fa partkolar da uoi fi come io defiderò , per
Uedere fe i giudici ft confrontano
j , il ucjlro perfeta

tifiimo , con il mio , ne ho fin bora udita , in che cofi


confìjla la bellezza di quegli fuoi dialoghi

Matti Io nonfo profefiione di giudicarlo, perche egli non bit


bifogno ne del giudìcio mio ne dell'altrui, fendo ifqui*

„ fitifimo er perfettfiimo huomo in tutte le attionifue*


er operationi , poìperche egli èfilofofo a noHri tem
pi er in quejìa bella età foura ogn altro ecceUentifii
mo,zT oratore non mai bafteuolmente lodato er io
non fono fe non puro er femplice giurijta , egli nato
eloquente er nella lingua , la doue io mai l’apparai,

VUffe.lonon dico che'l giudichiate , perche fono generai


mente comendaù da tutti i dotti ,ma che diciate libe*
rumente , quelle cofe che notate eT offerUate o uero
che notare er ojferuare fi deono in efii loro.
Man. Io non ui ueggo cofa che non fta da ofjèruare ,
V 'affé.
Pur non ue ne ricorda qualch'unaich’altrimertte mi
pare impofiibile t bauendo uoi una memoria tenacif
ftma er eterna
Man. Si bene,

V liffe, Quale, perche io dnco, già tempo, gli ho letti,

offeruate molte cofe er defìdero quefio fapere ,


per
uedere come poco auanti uidfii,fe fi confrontiamo
CT fe quel gufo in parte ho io che hauete uoi , o ch'io
uorrei hauere
Man, il uoflroguHo M. Vliffi è fimo , perche di qucjld Un
gua come'l Sperone , profefiione er Audio in effafai
, . . *>

té er fatto ne héuetc quando alte bette lettere cUua*


,

te opera ncU’Academia di Siena er di Firenze > ma il


miai infermo, non battendo paffato piu oltre fenoli
quanto apparai da! latte er dalla; odia.
Vliffe.Voi mi burlate Maturo
Matt, Non burlo certo ma parlo ey dico da
, douero,tT uoi
da uantaggio ben lofapete ,nm niegp però , di non
batter facto giouam qualche Sonetto o qualche Ma*,

drigale , ma non altro poi , fiche dir


fi pojfa , che io
di queiia lingua r,s fipeffe molto,

VlifpMor dì quejio non pitt , dite di gratta alcuna cofctta di


quelle dette quali fitte da me ho rctriccrcato

Man, T>a che mi forzate haucndom già compÌMÌuto,& del


to quel ch’io pot ea, or fapea dire, piu minutamente
dirouuhda che (dirollo pur un’altra fiata) miete cofi.

Sappiate M. Vhffe mio, che in quejli dialoghici è pri


ma una facilità di lìngua & di dire, che il Mufùro gin
ù'I Lajcari cofi famofi er eccellenti, non hebbero mai
la greca cofi pronta , ne gin M.LazaroBonamuo , In
latina , come ha Al Sperone la nofira , non parole fe

non belle , fcelte, propic,& ifquijìte che da fe corro


no finta intoppo er non quali di molti fono come fi
Stede , che a gufici di rufcello , con difficulti paffit tré
fafii&rrouwc. Veggicui poi un'artificio marauigtio*
fo nelle fentenze , lequali, come uoifapete , fono co*
me lumi cr finefìre all’ofuriti, o come cólonne alle
cofe che da fc nonftano troppo forti , fermc,&fider
Di comparadottici , di figure, di metafore, diefem«
pi,di fimiUtudini , er d altri ornamenti infiniti, pieni*
, .,, , , *a

IH

che alpocogiudicio mio , Prifcìano o qualunque alà


tro piu pregiato grammatico,o Quintiliano R ethort»
nonne infegnarono mai tante , ne tanti ne haue l’arte
f
la Grammatica o la R ettorica, che non gli habbia egli
ueduti,conftderati,amotati,offeruati er diligentifii*
mamente ifcritti Delle cofe . filofofìche uedete poi, co
me pianamente d'effe impatronito ,ue le fa uedere,an
pitoccar con mano, che un fanciullo (c me diciamo
uolgarntente) lo intenderebbe , mefcolandoui fempre
cofa che gioui , & diletti.S’egli parla d'amore, negli
affetti è l' ijlejfo amore, fe della Kettorica l'oratore»

fe delle lingue » par che tutte le fappia * che in quelle

nato , educato , nodrito , & allenato fu Nelle riffa

fte pronto , piaceuole ,


arguto er con tanta fodisfat

tione di cui lo legge , che niente piu fi puote a mio giti


dicio defiderare, nelle arnie pieno di allegrezza* Ar*
f
cbitetto poi,Muftco, Poeta, Dipintorei Scultore, grd

to a tutti gli artefici , de quali egli fi ferUè ragionane


do ,
in fìmilitudini , in comparattóri» er in altri modi

di dire , er brieuemente , fe uolete frate mio ch’io ui


dica il tutto
,
già che detto ui haUeua in una fola paro*
la , egli mi par che Ai. Sperone , fappia er intenda
ogni cofa er che ci babbìa molato il tutto a tutti »

er a noi nuda fu reflato di buono, anzi che naf:e una


diffidenza er uiltà nell'animo , a cui legge er minuta
mente confiderà quefli fuoi beUijiimi er non mai ba
fleuolmente lodati dialoghi, di mai poter far cofa noni
che bella , ma preffo che bella Ntn dico nulla de gli
clementine i pianeti, del cielo er de fegni celefìi del
, , . , , *

Zodìaco dell'hucmo, delle clone ,de gii animatijetl'her


be, delle minere , de bagni, de monti, delle uaUi, delle

fattole y
delì’hiftorie,gr d'altre cofe fmili , delle quali

in perfetta d'altrui parla ,


che certo fe nelle cofe filo»
fofìche è Supendo , in quetf' altre è fmpendifimo , 0 *

però (ideano rallegrare l' anime di quelli che già paf


furono da quefia ulta all'altra er maggiormente quei
che uìuono , pei che da cofi degno 0 * famofo fritto
re fono fatte et fatti immortali et eterni al mondo Che
blu bella fiatila , che piu bei trofe i ,
o trionfi delle lor
>
, virtù y
che tutte al mondo fono fiate uirtuofe er «tra
tuofi » 0 " fino quei che uìuono, poteano defideraret o’

fe per un filo applaufo del uolgoft rallegrò T hemi*


ftocle nel tkeatro f
cr dtffc allhora cogliere rifritto

delle fatiche, che egli haueua fofienute di tutta la Gre


eia, quanto maggiormente (dirollo pur un’altra fiata )

fi deuono rallegrare quefianìme benedette, cr quan


ti diurni ffiirti dt amenti da un tant’huomo , anzi non
buomo , ma fimideo , 0 - [opra naturale , effer fiate
nomate , celebrate 0 -
immortalate , con cèfi bel fih

le , confi dotto parlare , & pieno di fiupore er di


ammiratme , che fi vendicar à fimpre mai dalla in*
giuria de tempi
cr dalla oblivione
^ylìffiCerto che cofi è , come mi dite Maefiro 0* molto
piu , anzi non fe ne può parlar tanto, che non ci refl»

che dir fempre a hafianza.


Mrf». Non dubitate punto , che i dialoghi dì queflo inteUet*
to raro , non fileggan fempre er non men di quel
che fi faccia bora il Boccaccio ol Petrarca a ne fiali
. , **

fono ornamenti cr modi di parlare, er negare non fi


può, cr meno dire che non fimo maejìri della lingua,
mx non però , come è già flato detto , che qucjh fan
fenza » CT che ad ugual partito , non ue ne babbin co*
tanti quanti in quegli (i truouano, cr piu alti mijle
,

ri non contengano, quando parlan d'amore,mafiima


mente delle lingue cr della R ettorica Io non uorrei
pajjàre Ufegno , che le mie lode , dette però con ueri
,cr per quejlo , da che io ui ho prò
tà fuffero fojpette

meffoad altro pajfirò , cr diroui quel piu che io ho


letto , nella mia uilletta del Bajjànello.

Vliffc.Non cofi prejlo di gratta ,


pam foggetto Mae(lro
mio M* Sperone, o uogliam dire i fuoì dialoghi da non
ne parlar cr ragionar femprc, come ogni giorno li

dice (chi è chrìflìano però battezato) il pater noftro,

cr l’aue maria
Man. Chi dubita , ma che fo io , non uorrei effer tenuto di
uoi adulatore,

VlifJè.Adulator farefle, quando non folle il Mantoua,CT


quando fuffe M Sperone qui con uoi, o quando noie
.

Ile uoi da lui qualche co fa , ma non folcte adulare, per


innata gentil natura uoflra , ingenua,cffincera Egli
è bora a Murano cr a Vinegìa , uoi non uoktc daini
nulla ,
egli ui è amicifiimo M. Giulio Juo fratello car
naie ,
uojlro compare , ogni jojbiiionc ceffi di ncccfii
tà , però di grada auanti che parliamo d'altronde art
co d'intorno a quejla materia qualche coft cr di que
dialoghi.
Man, Cheuolete ch'io dica piu t
, . , •

Vliffe. Che (o io ,
qualche cofetta piu minutamente.
Man, lo dirò chefiete mida Re d’i Lidi M. Vliffe mìo, che
perla troppa er molta curiofìta quale era in lui, fi
dipigne coll’ orecchie deU' afino
Vliffe. Altro fignifica lafauola di Mida,
Man, Vero è, ma anco a queflo ci firue er mi ricordo an
dando un giorno a Venetia , lungo il canai maggiore,
uederfopra una facciata d'una cafa nocchia un Leo*
tie che fi graffia le orecchie , gr gli occhi da un'altro
canto , con un motto che dicea. Quegli, peir c'hai udii
to troppo quefli perche troppo uedefli ,
,

Vliffe, Sia comefi uoglia, ditemi afino ditemi , M ida,^ peg*


gio , pur che mi parliate qualche cofa di M, Sperone,
de i fiuoi Dialoghi, cr della fua dottrina fetiza compa*
r adone infinita,

pian. Hcrfu fon contento, mane ne uoglio dire che mifioc


porre tra ìaltre , jìupenda.
Vliffe, Sìa ringratiatp iddio mi farete pur gratia di quel
,

ch'io a gufa di pitocco , ho da uoi hmofinato tanto.

Man. Afcoltate ch'io fon contento un altra uolta,ma diroUe


fecondo il patto fenz’ ordine , perche non mi foueni-
ranno come già difii poco auand a punto a punto , &
come io le lefi già per ordine come fanno.
Vliffe.pt! e io le udirò altrimenti.

Man. Qucfia cofa dunque e al mio gufìo ,flupcnda,che uo


lendo un’Affetto amorofo iffrimer nel dialogo di amo
re , dice che l’amante uornbbe non folamente abbrac
ciarla cofa amata , ma uiuocr intero per entro lei

ptiandio penetrare, come l’aequa per laffiugm guar


. ,

t
érte che bella comparatone o fvmiìtuiìne è qucjld,
potrebbe egli maibauer potuto piu propiamente par
Lire ,
di quel ch'egli he fattoi quale e cauernofltd net*
la fpugna , nella, quale {.acqua non pafi *& perche
quefìo non può fare i’amante,foSpira,piagne,et geme,
CT io fendo gioitane già et huomo l’ho provato cr non
mento , er anco M. Sperone deue effer flato in fatto
umfmiknmte pm che alcun altro
Vliffe, Senza dubbio checofì grande .affetto non baierebbe
egh,ne con tanto artificio di parole, ejfreffo cr ifcrit

togiamai,horo!tra.
Man. Affettate w poco, che io voglio, «he paghiate il fio

della uojbra curicfità.

Vliffe.Eccomi pronto con la borfa in mano


Man. Ditemi,bautte mai provatomi M. Vhjfc,quelc’haba
biam provato noi t
Vliffe .Signor no.
Man. Mo non potete dir di effer huomo.
Vhffe.s'ionon fonhora,che fon giovane ,farò forfè net-
I* allenire*

Man. Fatelo , perche chi in gioventù , non madama m uec*


chiezza,& è poi amore ridicclcje&fai/ola del mi*
go,ne fla bene ad huomo canuto pariareo trattar
d’amore
V liffe. foretto certo , ma bora è che torniamo a caja cr la
onde habbiam ìafeiate di ragionare.

Man, Tomo , cr un'altra bella cofa dico frauer letto in que


fio bel libro di M» Sperone Sole fplcndichforro cr
,
,

Idolo unico di quefla nefira età, in qual modo i dipin»


, , ,,*

tori debbiano dipìnger U UOce deluólgo'.


Vlìjfe.Ne quejlo ne quell’altro c’hauete detto , mi ricorda
Metti. Come dunque è pofiibile che gli babbiate letti , o che
fiete diuentato letargico or obliuiojo ingiouentù,in
giouentu dico ,
perche quejio è naturai uitio che fi
fuole attribuire comunemente alla uecchiezza , già ut
difi doue, qual fi fu,zr a qual proposto lofcrijfe,hor
ui dico , che queflo è doue egli ragiona della cura fa
migliare.

yliffe.lfcu fimi appo uoi Mdeflro , il tempo , perche fin dal


principio che gli mandò in luce il Patriarca Barba
ro ,
gli lefii una fiata, zr può ben ilare ch’io non mi
ricordi ,
perche la memoria deU'huomo è labile.

Man, Le cofe belle non fi deono facilmente )cordare , ma'le


garpiutoflo come perle orientalio altre gemme pre
ciofe in oro, alle dita er al cuore cr mafiimamente

che la memoria è propria uirtù de i Giurijconjultfzr


di quei che danno opera alle leggi , come uoi, er io al

trefi. Parlando di me, guardate quel ch'io ui dico , di


qui a cent’anni , s'io ne uiueffe tanti , mi ricorderei le
cofe c'horaui dirò.

VliJfe,Et però e buono parlar con uoi perche lo amaeHra*


mento,o uogliam dire auertimento è tale , che io neh
fauenirmi forzar o di fare ìlmedefimo ,zr mi fa*
rete (limolo , o (prone , a fami detti dialoghi , rìleg*
gere , offeruando con maggior diligenti le cofe che
mi direte ©r che io intender da uoi defiderò.
M<tn- Credo che farete bene, La uoce del uolgo dunque fi di
pigne dic'egli da gli antichi , alata , piena di occhi,
* '
'

con
*

9
eon molte orecchie , er altre tante lingue.
Vliffe.Betta è certo quefìa dipintura ,
quafi a fintiglianza di
quella che fi fa dell ; natura noftra madre , cr detU
Uecchiezza ,ft come fi Uede in un [affo , nel ftudio del
Cardinal Bembo , ma ditemi p.rche cofì fi dipigne i
che uoglion fignificare tatti occhi , tant'orecchie , KT,
tante lingue t
Man. Nint’altro , fc non che'l ttolgo ignorante, molto pkt
parlaci quel che tiede intende
Vlijp. Se Michelangelo Buonaroto,o l Ammanati, l'han mai
letta , q cofì deferita , o intefa d’ alcuno, la deon te*
na* molto cara , àie io non fe quanto megUo,crquan
to piu previamente parlando la fi potcfje deferirne
,

crinfegnare.
M4n, E quanto , perche ropere loro fempre fono dal uoU
go giudicate non men delle nojlre , anzi piu quelle af
fai,fi come m’edificio etiandio d'un architetto , fe ben
fuffe Vitruuio o Bramante o il Falconetto , a quefti
,

tempi noflrifCT a quefi4 età , che fempremai uc ne ha


il mondo , di quegli che ad ogni modo , uoglion dir U
fila openione , quale ella fi fia.detta anco qualche uol
ta fenza ragione , io non ui fio bora a d re , ne confu
maro tempo , a propofìto di che cofa il dica ,fe non
quanto portano i nofiri ragionamenti , altrimenti non
finiremo mai.
Vlijfe.Qtfefìe cofette mi buffano.
Man. Non hauetc udito fin qui nulla M.Vliffc,
ylijfe.Eui altro di bello * gran fatto è pur quefio , che non
mi ricordi qualche cofa tra tanto Meramente infinite»

fi
, , ,

•"WS-
come uoi dite.
Ma’ttt Altro, anzi piu che egli uì è tanto che dire, che chi
non gli haueffe mi piu letti er trafcorfi , ft fìupireb*
he, torn io fupì, letto chenebebbi una minima par*
te del primo ,
che feci propio come fan quei che pon*
gotto il piede con ammiratione entro un bel giardino,
squali tanto piu s'ammirano quanto piu uanno innari*
zi, er di parte in parte quello efminando , Guardate
a proposito di Titiano delquale poco aitanti uoìnefa
cefle mentione che loda è quefia che gli attribuire
,

egli, pur nel dialogo d’ Amore, che l’arte fua non ear

te ,
ma miracolo er che i colori fuoi,fono componi
diqueU’heréa, laqualguflatada Glauco, d’buomoin
Dio lo transformoer meritamente , perchefi può*
te ad A pelle , che tanto eccellente fu,jenza alcun dub
bio comparare fumé er jflendore di quefìo fecola, or
della dipintura qual mai dApelle predetto in poi f
,

non hebbe il fmfai& fintile d luì, forfè non haueran*


no i futuri fecolì,cr fe di Titiano ha detto quefto pen*
jate do c barebbe fatto, oferitto deli'Amannati da
Settignano ,fe nelfuo cortile haueffe fatta una fatua
di Hercole lunga uenticinque piedi di pietra, cóme ha
fatto egli nel mio, er come ognuno fa,cofa che da gli
antichi mafri,fin’a tempi nofri da niun Scultore è fa
ta ma i tentata , non che fatta , er certo è tale ch'em*
pie di marauiglia chi la mira,

ylijfe.ìo di fatue nonho molta cognitione , comenehauete


uoi , hauendok Jpefo d’intorno , il tempo ,i denari cr
la roba , ma per quel poco giudicio ch’io ne ho, ella è
,. **

IO
inibito betta cr molto ben [colpita.
Man, Sappiate M .Vlijje, che gli Scultori quando la mira
no , ui [olirono anco fopra ,cr non è ninno che non
la lodi (ommamente& di ciò non piu , ma ben ui uo*

gHo dire, che quello nuouo Arrotile al mondo di M


Sperone , ne i dialoghi , ha anco parlato di quel che
parliamo noi altrefi jfejfo , anzi che fempre Gabbia-
mo in bocca , chel padre ama piu i figliuoli che Jb
/?#>
yUJJè.Gran cofa pur è , che non mi ricordi anco di quejlo,di
iberni fate bora aueduto »
Man. Sapete perche?
Vliffe. perche ?

Man. Perche bautte trafeorfo con l’occhio il tutto, a gufa


di coloro che non guftano il cibo , ma lo trangugia
no piu tofto , fi che a pena è toccato da i denti, bifo -

gna pefar le cofe con la bilancia dett'intettetto , del

difeorfo er del giudicio , notarle , ojieruarle, cr ben


e)ambiarle , accioche poliamo a btfogni feruirfene co
me dell'amico o del denaro , iquali fono fìdeiuffori nel
le noflre future necefità, altrimente egliè proprio co
me uedere una bella dipintura nella qual confiderai
dola fempre alcuna cofa di nuouo fi uede, la doue che
femplicemente paffando , & rimirandola una fola fin

ta , non puote uedere ne comprendere pur chipafft


cria rimirala minima parte dell'arte, cr detta de*
ganza che in fe contiene
Vliffe, Certo egliè cofi , ma doue ne ha egli detto quello?
Man, Hd dialogo pur d’amore cr u’aggtunfe che fra que*
B »
,. . *,
*

fli ama piu il mafchio che la femina ,er tra i mafchi


il maggiore , acciò che piu prejlo pojfa [occorrerò
alla patria a lui rotto da glùtini er alla famiglia
Vliffe.Egh non però ( che è bella dubitatione difputati
diffe

uà) fe piu prefio al padre , /occorrer debba zr fate*


nir ne bifogni, che alla patria.

Man. Non lo diffe , perche buopo non era , er perche tiiu


no è per fciocco che fifìazr /emplice, che tun fap
pia l'amore er la pietà della patria , fempre a quella
del padre , er d'ogn altro , anzi er di fefieffò , effcr
ante polla er preferita , er che i padri a noi fon ceri,
cari ì figliuoli er gli amici , ma non che tutte quefle
carità itifieme non contengano la patria , per laquale
non dubitò Mutici Sceuola arder la mano nel fuoco ,
Curdo palpitar nel ffieco della terra armato t

ne tornare a jupplicio certo de nimici Attilio Regolo.


non diffe anco , perche miftieri non era che’l mafi;hio
e piu caro al padre che la fatimi, perche col mafchio

fi
conferua la dipendenza , er quel che diciamo noi ,
l’agnatione , er lo jflendor delle famiglie , er quella
agnatione , la chiamò Cicerone flirpe per mancameli
to di uocaboto

Vltffe,Veroè,& da uoi tapparai fin da primianni,cr ap*


preffo poi, come tutti quei che dipendono dal lato del
le femine fi domandò cognati da noi f

Man* Ma non apparale già quella ch’io uiuo dire adeffo


che un’altro termine habbiamo chiamato gentilità,zT
noncofi facilmente conofciuto da tutti.
Vlijfe, Certo no, ne piu l’ho udito direfe noti <kuoi,nu che
, , , ,, , , •
*,•

Ir
cofa è queBa gentilità ?
M(«. No» altro , f; non poter mcflrare.le imagini & le ftd

tue de' fuoi maggiori er di coloro iquali fuffero mor


tiglortofì er in feruigio della fua patria er quelli

che non poteatw inalbarle eran tenuti figlinoli della


terra nati da fc jìefii er chiamati etiandio come Cice
tone er Mario , nuoui huomini,
Vliffe. Betta cofa certo è quefla da fapere.
Man. Bt Uifiima , nia guardate che M, Sperone, nel dialogo
‘à buon propofito detta Kettorìca , auegna che di que
(la gentilità niuna cofa dica , recita un notabile efem
pio d'Atheniefi , iquali ogn'anno foleuano publicamen
te lodar quefti tali, iquali fufjero morti a quefló modo,
cioè come difii poco auanti , in feruigió detta patria

accioche fi confolajfero i padri , le madri , er le mo*


g li er gli altri S'ìnuitaffero ad imitar loro , ó fratelli
,

o figliuoli, o nipoti che fifujferó er quello faceano


etiandio i romani , anzi piu , che le medefime Jìatuc
èr imagini in ciò porre foleuano netta prima entrata
detta ca)a,e quella era la gentilità che bora intendete.

yliffe,lo ui uo dirpiu , che cofi koggi fi offerua anco netta


patria mia er rara quella cafa uedrete , oue queflc
imgini non fimo polle, ma hauete a baflanza di que
fio parlato , ricordaui altro i
Man. Et che non mi ricordo io , tante fono le cofe come già
difii, che parlandone un’anno intero ogni giorno, fi
haurebbe fempre qualche documento da dire.
yliffe.O M. Sperone raro, er fmgulare ,
piu che Fenice
unico al mondo , io l’bauea gettato la come fi fa de gli
B 3
, , , . . **

altri libri , ma neU'allenire fi fattamente farà da thè


letto , che certo mi forzerò fa pente piu 'di mi , o al*
meno altretanto.
Matt. Pur che non fiate fiato troppo , iohaurò fatto come
fi fa nel tinello de Cardinali , che chi piu toBo ua,piu
tofio mangia er meglio , perche quel che uien tardo »
al leuar della bacchetta del mafiro di cafa , non è fa-
toUo ,%rbi fogna leuarfi affamato
Vlijfe*Horfii un’altra o due ue ne uoglio dire et poi da quet
le er dalle dette nel difcorfo del uofiro ragionamene
to maggiormente il lume di queB’ opra dima , fcor

g erete , non altamente di quello che fcofge con la ca-


lamita il marinaio, uentoè buono o rio , fe glié
fe'l

tempo da nauicare o di Bar cheto in porto , doue egli


s'è per fieurezza fermato , o come per un poco di ioti
car che fa fu la pietra del paragone l’orefice,fa egli „
CT giudica toBo fe fino è l’oro o l’argento, che ha toc
cato , onero s'è di buffa lega

Vliffe t lo hogiafcorto a baflanza per quefte poche eofe c’ha


uete dette M aeflro , er quali fiurn le perle fi
cbente
ni che in queBo mare Oceano di bello , e faggio par*
lare er ifquifita fcrittura fi poffbn trottare, per farfi
adorni, come fpofa che a marito ne uada, pur perche'
molto mi piacciono , anzi dilettano ermi ammaefira
no , le direte er appreso deU'altre ,
quanto patirà
faffettione c'hauetea M .Sperone, c? alle creature

del fuo intelletto fablime er l'amore poi ( mercè del


la bontà uofira infinita ) che a me portate.
Man. Attendete che quefta è marauigliofifiima , udiBe mai
, , *,*

li
uoi dire ad alcuno l o lo leggcfte in alcun Uro, che U
natura erraffe t laquale è madre e maeftra di tutte
quante le cofe create, prudentifima er fapicntifiima »
VliJJètNon io già mai.

Man. Et nondimeno pruoua M.sperone che eUa errar pofi>


fa, comel'huomo.
VlijfctSe la natura non è altro che iddio , in Dio non cade
errore , adunque non cadera anco nella natura, altri*
mente tra Iddio or gli huomini , non fora dijlinta o di
ftintione alcuna , che non è da dire ,
perche lo errare
è propio dell'buomo come poco auanti dicea, & Dio
è fenza amenda alcuna er fenza errore Appreffo .

errare è dijfetto , nella natura non è dijfetto ,/ì come


non è in Dio , che è natura naturante , adunque nel
la natura non può effere errore . dico anco in queflo
altro modo cofi , chi erra non dice il uero , ne uaper
wa diritta , iddio e uiae ueritade ,
la natura non è ai

tro che iddio , adunque la natura non puote già mai


ne potrà , per alcun modo errare
Man Sono argomenti , che nel uero conchiudono informa
fenz’altro contrailo crfenz'altro dire, ma M. Spe-
rone con una fola parola , come folgore di Gioue,net
Dialogo della difcordia,ogni cofa proflerne crgitta
a terra , che la natura poffa errare , fi uede ne i mo*
flri che nafcono , de quali anco i noftri Giurifconjulti

ne parlano , non per dijfetto d'effa però ( laquale è c&


me poco auanti dìfi prudent finta cT fapientifi
ma) ma del joggetto cr della materia , o del inftru*
mento di lei t cr bello efempio ne da , di un'or *
B 4
tefice neU'efercitio fuo ararle ijfierimentato&ee*
celiente , come il Cauino , o T Ammanati, o Titiano,0

Michel Angelo B uonaroto o'I Sanfouinó, iquali però


poffono errare , per difetto non fuo, ma come divide
glunflromenti , zruerifiimo è, perche l'agente non
opra mai quel che deue , HI patiehte a ciò non è ben
diffofio , zj Uedemolo ogni giorno nelle /lampe. Dite
m che colpa habbiam noi, auenga che atti però fumo
ad errare , fe liflampatori fono ignoranti , fallano ZT

errano infinitamente ,
quali fono infiromenti,a quegli

che compongono le opre , infe buone , belle, corrette

er perfette ,z? ttolumì fenza diffetto ,


ma laffamo
$lar quefto ZT torniamo alle leggi,non dice egli in un
altro luogo della R eltoriea,qucl che dicemo pur noi
tutto'l giorno, che le parole uégono,o che'pcr meglio
dire , nafeono dada bocca del uolgo i che gli effetti
deono effer conformi , alle cagioni loro , er miU altre
cofe parili ? dolche molto mi rallegrai, vedendo tra
faltre zj leggendo quefte , che con la noftra di/ci*
,

pinta hanno fimiglianza non altrimente che un pelle*


grtne cr riandante, fe per auentura truoua ,z?ri*
conofca in paefe (Iranof alcun parente o amico che del
la ifieffa fua patria fu,

VUffeMarauighaè pur quefia, come l'altre,c’habbidtc tro*


uato in quefti dialoghiloja che fia comune a noi.
Man. Anzi marauìgìia non è,hauendo le dìfcipline tutte col

Uganza ZT parentela traloto, fi che unanon può ef


Jer giamai fenza l’altra ,ZTpw> che fodanno mano
èlle uohe , or fi come le donne fanno con gli huonitù
, ,

ffcffo ad utid fifia , danzano foauemente,


Vìiffè.Queflo effetto ueramcnte mi parhauerueduto , &
gufiate nelle propofitioni che ni hauete propelle
bordi
Mali, Coft è, aìtrimcntebifognerebbe pettftre che M. S pi
tone haueffe ftudiato er dato opera allecofe noflré
di ragion dulie , che però mai non fece , He ui pensi
Mai , ne credo che Uedeffe mai , con difegnó di fluite
alcun libro di legge , er che direte , che un di quefli
giorni mi giouò un te fio di Galeno per la i/fiofittone

duna parola detta da un noflro Giurifconfitto, & pe


ròbifogna che penfiamo , che filoloficamente babbi*
detto quel che noi diciamo cóme piche conte parole
defìlolofi parlando , che propie nefire non fono ef
qui fo fine conte promifi ,
pertfahdo hauet fodisfatto
fenonìft tutto dimenio parte a quttto di che mi ria
cercafle ,

Vliffe.lo poffo pregami Maefiró, che mi Uogìiate dire ala


curì altra cofa , perdonatemi s'io ardifeo troppo » che
pur a dire il nero, poco cibo e quejlo , ad un che fi*
famelico comio , er ad un neutre CòMe’l mio , che a
gufa di lupo, non coft tojlo fi fatta , ma non poffo pea
rò forzami.
Man , A quello modo non fi finirà mai, perche entraremo
d‘una nell’altra , cr fi come fa l’idropico, non maifa
remo fatij di bere, anzi fi aumentata uie piu la fete.

Vliffe. Quefla fola mi direte di M, Sperone , poi quello c'ha


uete fitto piu oltre , d’altrui fe ui parrà.

Man, Et coft fia apunto, da che uihauete uguagliato alla


, , , , , *
a

po ' Otte! di bello eh’egli dice di quefto ottimale (ti dU


rò anco io , er è cofa , che mi [ottiene batterla mede
/imamente letta ,
ne i noftri libri di legge , che natu*
ral difeordia è fempre , tra il lupo er l’agnello, et che"
il lupo trotta fempre occafione a quello per mangiar
non già per odio come fa l'huomo (e quejlo e da
ìo ,

notare) che uccida un altro hmmo,ma perche egli


deU''agnello maftimamente ft nutrica er pafee , come
dì fuo proprio cibo , er cefi fa Ì'àgncUodeti'berba,zr

fherba deU'bumore della terra er la uolpe ( ui agiti


gnerai tu)delk gallina , o'i Sparauiere della quaglia,
che uien bene adire
(V liffe. Certamente bella cofetta è anco quefta da [opere , de
ue egli uerifmilméte dirla nel dialogo della difeordia.
L o dice quitti,
\VliffeMO a che a jerue ellai che pur comprender fi può
dauantaggio , deU'altre che dette imbattete , lo effet
to er futile che fe ne catta
Md/u A quefio ci feme , che la concordia è cofa buona e
Ianta ,peftimae doloro fa la difeordia, feda odiouie
ne er per auentura è da un mal animo caufata er
cf>e non fìa naturale cerne ne gli elementi , di che fe

a pieno ne miete fana dottrina,rileggetelo che ui tro

tiarete ccnfolato.

$lìf[e,Tiglìè pur uero , come poco ottanti dicefle , che te di»


fcipline fono congiunte er homo fòmglianza,ZT
caminano tutte per una uia medcftma, guardate co*
me appo noi, pur fi difidera quefta concardia deUe
leggi,?? la difeordia loro {prezza , sfugge , ungi
ft
, . * . 1

è cofa ocHofi & difpidceuotc «

Man. Sete bora fodisfatto a baftanzai


Vlìjfe.Sono , da che uoi mafiimamente coft uoletO
Man. Hor un’altra ue ne diro pure, che non mi domandati
er poi non piu
Vliffe. Tutto uiene dalla liberalità infinita, del uofiro animo
cortefe *

Man. Afi^i dal defiderio eh'io tengo, di celebrare concofì


fatto mezzo &
modoji quefi’huomo diuino.il nome,
già dal mondo canofciuto , però quando ch’io in ciò
atto ne fuffe , come tiene il Patriarca Barbaro , o’I

Tajfo , di celebrare l’uno tanto l'Obizza Pia , tal*


tro la S .Tullia , nel dialogo d’amore er delle donne*
Vlìffe, L’uno dall'altro dipende. Quale e quella coft Mae*
firo , che mi uolete dire t
Man * Quella Capete bene quante
,
liti
& que fileni fono ap
prejfo di noi , dell'ordine Giudiciario ,
dette fritture

er fimili ,fefiba da offruare ,0 no, fe la prepofie*

rdtione nuoce 0 gioita*

Vliffe.Dauantaggio,
Man, Hora guardate fe ili potete fruire abeti'agio uofiro
t
di quell’ordine
,
quando ei parla detta cura famiglia*
re,& dice che è forma, laquale da perfettione ai
ogni coft . e piu che! mondo è un animai uitto.&fen
fìbile come noi, e'ifuo ordine il cor fuo,cr l'anima
fua ef che finalmente l’ordine è quello , che per la
fua infinita eternità lo conferma Hor non piu, difide*
rarci finir con quella buona bocca , per non guaHar *
lami con altro cibo che ingrato fuffe , ma perche io
., .

ni he promejfo er impegnati già la fede mia , pafjo


dialtre cofe cr farò briette, tanto piu ch’io non lo»
gorero tempo indimi gli Autieri nei luoghi loro,
perche non intendo l’altrui nome palefare ,fenon di
cui principalmente , fu l'intento nefbro di ragionare
Vlijfe. Vintento tiofiro fu ragionar dette cofé lette al Baffi»
nello da noi
Man* Vero è, ma principalmente (come difi) di M, Spe*
rene ,cfdei diuìni dialoghi fuoi*
Vlijfe. Quel che piace er aggrada a uoi M
aejhro, a me noti

può effer anco (e non di quella fodisfattione eh’è a uoi,


ben è nero che gli Auttori , e i luoghi loro , come ha *
uete fatto di M.Sperone,mi [afebboii tetri , per potef
mene poi fcruire a bifogni.
Man. Se ben potejfe farlo quanto a gli Auttorì , non mi fo «
uencriano però i luoghi ma fra come fi Uoglia , non
,

intendo farlo ,er a nome folo di M. Sperone uoglio


fta flato fatto tra noi qucflo brieue difeorfo , er quel
ch’io diro bora fu come una giunta di beccaio atta
carne.
Vlijfe.ììonejìd cofa è ch'io obedifea griflia cheto, dite quel
che ui pare er come ui piace in ciò , ch’io attentici*
inamente pendo dalla mftra bocca, ui odo CF dfeotto*
Man* Vn' altra cofa uoglio da uoi M. Vlijfe.
Vlijfe, Che cofa Maejìro,
Man. Che mm che uoi potete, mi interrompiate , perche
io dìftdero finire
f
dirò pur un’altra fiata, e legai coni
il

puto ui renderò , come fe io (affé ttoflro debitore del


{fenduto tempo in quefla lettione , cefi fatta , dapoi
. , , , *

cfef con tanto affetto m’hauete ricercato,


Vlijfe.lo non batterò occhio a pena ,
pur ch’io appari
GT
appreso ui afcolti , ma itomi faper prima ,fc quello
anco fe’zz'ordine direte
Mdrt. In quel modo epa quelli guifa ch’io ho fatto poco
aitanti.

VliffeMo celebrale tanto , cr tanto ne lodale l'ordine di

M,S perone.
Man.' Lo feci perch’egli cofi dicea er doue neceffariamen
feda fruarefuffe,no ch’io in quefto rdgionaméto peti
faffe di far il medefmo , quale ordinario non è, & pe
fò come fapete uolgarmente fi dice, or dine effere nel
lecofe , oltre l'ordine , o cjlraordtnario dicum noi,
ordine non fer (tare.
Vli/fe.SollQ

Man. Dunque chetateui , er afcoltale , fe uolete, er di que


Ho non piu.
Vlif[eM’dcqiteto,zr come pecora ftitto'l paHore,che la la*
na le feui , taccio er non dico nulla *
Man. Oltre le cofe di M. Sperone dunque , al B affanello ,
da capo cominciando lefi entro non fo che libretti di

quegli che co i dialoghi del detto ,


già corti io ui difi ,
meco recato hauea,qualm?te Tbejeo fi forzò d'imita
reflercole^ traWaltre cofe che fece , infittii giuochi
a Nettuno Drio fauolofo del mare nel ifmo , come
Hercole gli Qlimpicbi aGioue,che ci può fruire
in ciò , che fempremaigli huomini uirtuoft,fi deono
nelle uirtù,cr cgregij fatti loro imitare, come etian*
dio imitò, pififrato Solane, la frugalità di Curio,
*

Catone, Platone,Socrate fuomaeftro ,er Platone Ari


Botile , er moli'altri con effo loro , iquali penfarono
effere degni esemplari La òue che co la imitatione,de
gli imitatori fuhlimati ,
ne fono ,er nefuron fempre»
Lefti appreffò,come a tempi di cintone battendo ba-
ttutogli Atbeniefi dall'Oracolo di Pithta,cbe douejfe

vocon diligenza cercar l'offa di quefto Thefeo , er


borreuolmente con alcuna pompa , nella città recarle
CT cofi fatto fu , er quelle ripofle appreffo il Ginna-
fio,oueetiandio rizzarono un tempio, quale Afilo
U chiamarono in Juo honore , er acciò che a ferui lo *
ro , a fcalzi , er poueretti , er a molt' altri fimili bua
mini bufi , er tuli , temendo il troppo ardire de i piu
potenti er maggiori, quiui ricorrendo, fuffècome
lidio er defenfore delle calumnie , er ingiurie, che lo
ro dette o fatte fuffero. Io lefti anco ,ft come Romolo
er Remo,furono illegitimi figliuoli er baftardi, e co
me quello parimète un’altro A filo rizzò, oue ogni for
te d'buomo reo e micidiale, era ficuro,auéga cbe’l dea

litio che egli] baucffe fatto fuffe degno ad ogni modo
d (caftigo Lefti quefto rito, che i uincitori fileano offe

rir le oglie del uitto, a Gioue Feretrio,er come era


jf
cofi chiamato dal ferire , er quefto fece M arce ilo, ma
prima d’alcun'altroRomolo .lnllitui le Vefiali, le*

quali baueuan cura di eufìodire il fuoco [acro, er eter

no , Diuifè Roma in tre parti , iquali Tribù le cbia*

mò . Portaua il lituo , per effere ne i V aticini eccel*


lentiftimo foura ogn altro. Lefi i poi ( dubito non uifto
macare M. t Vliffe mio , per il rifletto già detto che io
, , * *
,


dìfiderò finiamo con U molte copiti di cofe ch'udirete
er certo farà piu la giunte che la carne
Vlijfejo farò come quei mangiatori , chiamati da i Latini»

Lurconiche non fiudiano ( bifogna qui ch’io ui intera

M
rompa aejlro , perche mi prouocafte anco, er ogni
propoAa ha bifogno diriffofla ) fenon in mangiare ,
iquali perche mangiano molto er fpelfo,uomitano an
co fpejfo per tornare a mangiare. Affogatemi er &>*
macatemi pure ch’io non ho paura , ch'io trouarò pre
(lo il rimedio , fono anco cibi delicati er piaceuoli,
che piu pre/lo , quando ben non fi uomitajfro , fi dìa

geriranno , la dotte molto fi (la nella digejlione dei

grofiic? uaporofn
Man. Burlo con uoiffarò ben breuet zr forfè piu di quel che
uipenfate,
Vliffe.il difiderio mio M aeAro ,
dal uofbro dipende , er ui

feguefempre come ombra corpo.


Man . Lcflt dunque poi , ripigliando a guifa di uerfo inter-
calare, la parola ch’io poco auanti laffai ,
di Licurgo
alcune cofe notabili da me lette però altre fiate , ma
con altro Audio , come ordinò egli , che un certo nu =
mero di uecchifempre fleffero a canto del Re, per re
fiflere alle cofe ingiufle , er acciò che non gli uenifje

uoglia di diuenir tiranno er ueccbi non giouani ,


t

perche prudenti er fàggi fono per la età , er per la


ifperienza delle cofe cimentati er affinati come oro
al fuoco.e perche poco a '.tanti difi di Romolo er Re

mo, che non furono nati legittimamele , lefii anco che


quejb Licurgo, «olle che fujfero quefti cr [imiti cit
, , , ,

taiini anzi figliuoli delle città dotte naj cono cr fono


attenuti cr nodriti Guardate al proposto , come gii
buomini fono nelle opinioni uari e dtuerft cr con*
trari, fi come nelle facete cr nelle fembtanze , CT
qnefto Solone hebbe contraria opinione a quella
di Licurgo ,
uietando a quejìi cofi fattamente nati , il
dar foccorfo al padre loro , cr che nonfufje il padre
tenuto parimente ,
dar loro cibo per timer e, cr Peri*
eie appreffa , che non fuffero cittadini d’Athene CT
ciò gli attenne poi che egli fen%a figliuoli cr fenza
redi, rtmafe orbo cr fconjolato ,fe per grada però
conceffo non glifuffe flato , che un fuo bajlardo, citta
dino rejìajfe , cr della famiglia
Vliffe. Vote te darmi Hcentia qm ch'io dica una parola fo*
lai
Man. Beh non di grada , che cofi non finiremo mai.
V Itffe, Quella fola-
Man, Dite per l‘amor di iddio .
'

Vhjfe Poco aitanti dicefle non fo che delle VeHali, non erati
.

ede ucrginii
man, Si bene , come le noflre monache.
V lijfe, Perche cofi t

Man, Perche il fuoco non genera cr cofa comeneuole fu,


alle uergini , hauer di quella cujlodia , cr cura .
yliffe. Eccomi qui quefta cefii non fapeu’io,et già io ne rima
nei defraudato.
man. Hor non piu pappiate c'hauean etiandio priuilegio
di far tegumento, attenga che'l padre loro fuffe mimo#

bifognonon haueuan di curatore , anzi fenza potè•


v m
, , , , »
**

17
luti far ogni cofache toro piaceffe honefia però er U
cita,Et dir ut uoglio piu, che dopo certo tempo, i Lit
tori loro giuano innanzi come fanno al Podefia er al
Capitano , cr fe incontrauano a forte un reo menato
al luogo detta giuftitia dal manigoldo , lo liberauano
dalla morte , lefi anco (confiderate fe le cofe hanno
fimiglianza)ficomele Vefiali, cuflodiuano er jet
bauano ilfuoco , che cofi etiandio i Feciali, iquatt era
no facerdoti da Numa Pompilio Secondo Re de Ro*
mani , trouati er infatuiti , haueuano cura di conferà
uar la pace er altri Ali chiamati , gli ancili,cioè fot
ti dodici tra iquali fi ferine effer fiato quello che cada
de dal cielo, fabricati da Numerio fabro er credo
hauerne una medaglia , nella quale fi uede come era »
no fatti a riguardati molto diletteuole et uaga,et rara
tra gli antiquari. Se una etiàdio ue ne dirò a propofia
to dette leggi nofire er di ragion ciuile , ui dora ma
rauiglia , che il detto Numa Re, non uolfe che al pa
drefuffe lecito uendere il figliuolo , in cafo di necefii*

tà, fi come è lecito a noi . lo lefii appreffo , che per


falute della patria molte cofe far fi pomo in un mo*
do er fono a noi conceffe , anzi per obligatione er
debito farfi decno,che chi altrimente le faceffe,no paf

faria fenzacafago. Era penala uita a colui ilquale


fujfe fiato cofi ardito er temerario , che haueffe agli
Atheniefi perfuafa la recuperatione dett'lfòla di Sala
mina er nodimeno fingendo effer pazzo Solone, que
80 fece et eccitò di forte U popolo di Atbene , che ni
na coja abbracciò mai con tato animo e con tanto fer=*
C
, , , , •,,

«ore quinto qucBa . Gridi li Ugge , tulto'l giorno

nelle noci di noi iltri , nelle fcuole publicbe, ne ifori


che gliè publico intereffi, che le doti fi diano alle don
ne per il loro uiuere , che deono ad ogni modo ejfer
dotate , che cotejlo è ufficio del padre, cr che non hi
uendo dote piangono, cr nondimeno Solone il uietò,
icctoche non comperafferò i mariti, cr che filo
fi fa

cefi qtiefta congiuntone del mafihio cr della femina


per la generation de figliuoli Che dirò, che T bemi*.

tìocle anco , ihfigno a giudici ejfer giuHi , ilquale fi


come io ho letto , pregato da Simonide Poeta, che do
ueffefar non fi che poco giuflo cr men'honeflo,cofi
gli rijpofe , e tu Simonide fareflibuon Poeta ,fi de
numeri non ti curaci, ne io faria buon giudice , fi piti
riguardo hauejfi a i preghi de gli amici , che però fi
no comandamenti , che alle leggi facrofante , allequa
li io fin tenuto cr quindi nafce quel comun prouer*
bio, che a gli amici dimandar fi debban file quette co

fi che fan lecite , giuHe , cr bonejle . Lefii poi che


Scipione Africano fòpra Cartagine pianfi ,crfopra
Siracofa Marcello , fi come il nofiro redentore Cbri*
Ho, fopra la deffilatione di Gierufalemme.Et a prò
pofito notate ( egliè forza che l'huomo parli ffieffi di
quella cofa , detta quale egli ne è uago cr dilettano
ne ne prende , dette fabrili ilfabro , de uenti il naui-
gante cr della zappa l'agricoltore) che auanti che
Marcello faceffe Siracofa cattino!, la [cultura non era
ancora cono fciuta , laqual poi fali in tanto pregio.
Piu altra trouai pur tuttauia , hor qucfto hor quell’al
. . , ,*•

i8
tro leggendo y che Kdmibale usò quelle parole , che
tifiamo noi jpeffo , parlando di Roma (Hamibai dico
iltlquale ruppe il monte col fuoco er con l'aceto) a i

fuòtriuolto , dicendo , quando io poteua pigliar Ro*


ma cr farne preda ,
poco me ne curai, hor che pigliar
la uorrei , non poffo er ben lo effreffe il Petrarca
quando cofi diffe*

vinje Hamubale , cr non feppe ufar poi


Lafut uittonofu alta uentura.
Difi di fopra alcune cofe che hanno fmiglianza,Unal
tra ue ne aggiungo bora, pur letta da me in quefto
poco (patio di tempo . Che cofi come Tholomeo\ Re
di Ponto tradì Pompeo , cofi fi fcriue ,
Prufia R e di
Bithinia hauer propiamente fatto di Hannibale , di
cui parlammo L efii poi quali effer debbano gli ami
ci , auenga che per ijptrtenza gli conofdamo ( come
volgarmente fi dicc)a /panna er a dito che fendo ito

in A thene unhuomo barbaro , adattofi tutto a Ci*


mone , due uafi d’argento er d’oro gli donò ,
a cui
Cimone (arridendo , diffe , uuoitu che tofia tuo ami-
co , o mercennario , amico rijpofe il bàrbaro , aduna
quc diffe Cimone , ripiglia qucfti tuoi uafi ,
perche fe
amico mi fei , gli ufarò ne miei bifogni . Le fi anco a
propofìto noftro t
che gli elementi, iquah hanno fimi
glianza , paffano d’uno in l'altro er fi mutano , aU
trimente no quindi uedemo, che quejlo non fa la ter
.

ra er l'aria l'acqua e'I fuoco


,
perche fono difimili t
anzi contrari.
V liffe, Pormi ( bifogna pur con buona licenza uojìra Mae
C 2
, **
* f

Uro ch’io dica quell’altra parola) che torniate aOe co&


fe di MtSpercne
Matto Noneutro, altroue belo letto queffe, benché della
materia elementare, egli ne tratte parimente co fe a
fai , però tacete v a/coltate in patientia che niente
piu ne diròdi quelle o trouai poi alcuni effer flati ,

iqualì hanuotuto, che al Sole, v Luna ,cgni


alla

eofa attribuita fia,che'l Sole fia padre agente v


feme, la Luna madre, pat lente v menfbruo. er al

cunì altri ebebame dette t ehe'lSolefimile fia al cuo


re , la Luna al ceruello er glialtri pianeta alle or
ferie, alle uene, va
inerui , ma tra tutto fappiate
che la Luna è pianeta beneuolo, v molto proporr
funate alla uitabumana. egliè fòrza ch’io bora una
fola cofa dica di M, Sperone, poi che benuiene al prò
pofito ,v certamente che ptutoftofiuuol perdere
un’amico , che una bella parola »
Vlif[e t lo non bramo altro #
Man. Quejla foWdirò parlando della Luna, dice egli quatt
do ragiona della cura famigliare, chela fortuna nel*

le cui mano iddio pofe il gouerno del mondo, non fem \

pre con un uolto ci regge v gouerna , dal principio


oda fine , ma che fpejfo fi muta come la Luna, anzi
ui uo dir piu M. Vliffe (er mo ritorno a cafa)cbe nel
le lettere facreil pazzo per quefto èfimiglìato alla
luna, ma no però che non fia fecondo la openione di
coloro , da me poco innanzi referiti , v madre v ,

patiente , v menflruo v ceruello » Horfu paffo piu


oltre , v dico hauer letto anco , un bel miracolo del
, .

ta natura #

VliJJe.Caro padre non mi negate il dir quefi’attrai per

iD io che mi parete uno che uenga bora dal mondo no*


uo t ilquale narri quelle cofe , che non pur fono afiol
tate , ma ctìàndio ammirate [opra modo
Man. A punto quejlo è il mondo nuouo , di chi legge & fttt

dia le cofe belle er le offeruano coinè fi fanno le pie*


tre preciofe, non già come ne facefle uoi , cbenegit
tajle la dialogi diM » Sperone
i , letti cofi coft una uol
er alle aragne , che in cedro non che nella
ta a i topi,
bambagia fi nomano ferbare t anzibauer fempre a*
Manti, er fempre leggerli, come d’HOmero facci
Aleffandro Macedonico »

Vliffe.Nón lo diteadunfordo,
Man. Il miracolo è queflo della 'natura, che la Sicilia eri
nella Italia er nondimeno per un iremuoto da lei ne
fudiuifa,di che parliam etiandionoi er dubitiamo
fpeffo , ma’quefto miracolo /ogni difficultàrijùlue ,
er chiùde o lega la bocca ( come Volgarmente fi di*
ce) al ficco. Apparai etiandio, perche cofa , la ter*
ta antica noflra madre , ne chiamiamo ,
fi come dice
il Petrarca in quello modo >
O ciechi il tanto affaticar che g ioua
Tutti tornàmo àUa granmadre untici
Wlnofbronome a pena firitrùóua,
yiiffc Perche i perdonatemi per ch’io dubitajfc, perché
cofi fi chiama. Perche dalla creatone del mondo in
pài , cr fin qui , fempre gli huómini, gli animali le
,

piante cr Ì'bcrbe , nodrite ne Ifuo fitto cr aUcuatc,


£ 2
,

ne bilie er di continuo quello ne fa, ne mi, tifi?*


lo ceffi * & per cote/io è piu nobile er piujperfet*
to elemento de gli altri, lefii anco er d una belli
impreja d’tm uatorofo foldato mi certificai , ilqttale

portano, di continuo fopra l'tbno , un diamante lega*

to in oro, & in quello con artificio (colpito, che non


uoleffe dir altro, fenon che il fuo Malore fuffe fenza

fine , come Panetto , er indomito, non altrimente eh’ el


diamante,perche no teme ne incude ne mottetto che'l
fpezzi er rompa , pietra piu nobile piu preciofa er
piu ff tendente tratt altre Lefi anco, che le R epubli*
che, e i Principi deono effere molto aueduti ,
quando
ambafeiatorì ne eleggono , facendo fetita de tali, che
non poffano effer riprefi , perche i Romani battendo*
'
ne eletti tre al Re di Bithinia , diedero materia a Cd
fon maggiore , di Burlare con uerità,però che la elei

tion loro fenza capo , er fenza piedi ne


fenza cuore,

/# , er queflo ciò PaU


perche l'uno era podagrojo ,
tro male nel capo , el terzo , poco men che pazzo *
Horfu auengd che alcune di quejle cofe dette nebab*
er cotte leggi nojìre in *
bin fmiglianz* con effo noi ,
fieme duìli er canoniche, er come potete nel rat
contarle hauer comprefo , alquante uenéuoglio di*
re , kgali,pure, erfemplici , er faremo fine a Dio
piacendo, er come babbiamo detto>er appreffofer
manente promeffo % lefii dunque er pur al BaffaneU
lo, in quanti modi (er qui fon contento fe ui parrà
mi domandiate qualche tofa) fi cono(ce unftromen*

.faeffere foretto t &troM mofi&rfiinmoltmoo


, *
*

IO
di , m quattro ue ne dirò a bafianza ,il primo è fe

in alcuna fua parte fi trouaffe macchiato o col coltei


b raduto ; l’altra fe non hauefie quelle debite folen-
tiità er circonftanze , thè in tutti fi ricercano, erfo*
no neceffarie , le quali fono anco molte. & ultima<•
mente fe colui che’l produce, fuffe folito a fare er
ufire fritture falfificate , in tutti quefii cafi far degli

fofpetto f Qr non creduto.lefii anco delle citéioninon


foche, per dileggiamento mio ,auenga che qui due
volte fi facciano, una in perfona dicoluiyc'baueda

effer citato er fe non fi truoua , oda fua cafa er


habitatione (olitala fecónda fiata , nondimeno che iti
Franciabafia che aUa cdfafattane fia ,er che non
vale fe il tempo ne è troppo brieue , o fatta da giudi
ce incompetente , o che il luogo non fia ficuro , o che
colui ìlquale baue da effer citato , ficuro ne fia po«
terfi difendere , con eccettione pronta , euidente, &
er dimande che noi chiù
forte, lefi delle petitioni
miamo libelli, che deono contenere er comprende-
re cinque cofe, chi dimanda, che cofafit dimanda »
innanzi a cuì , con qual ragione ,er a cui fi diman-
da .lefi dcUepruoue , che neìgiudicifl fanno qua*
li fono cinque o fd,per tefiimoni, per frementi >

per coitfefiione della parte , per giuramento , per


xongietture ^quando la cofa è mdnifefta er nota
a tutti, lefi anco , chea i tefiimoni fi appone in quat*
tromodi che fono parenti, famigliari, domestichi >
er er notate , che quefii che fono falfi fono
falfìt
obligatU Dio dicendone la bugia > er mentendo al
. »
*>

giudice , ingannandolo , & dio innocente t ni quìi


le fa danno , nella perfona , nella roba , cr nell’bo*

iwre, che dette effere antepoHo ad ogn' altra cofia.

lefii poi fe'l cberieo fenza pena potea effer tomenti*


to innanzi il giudice Ideo , er trottai che sì ,er rnafi
fintamente nel Reame di Trancia , ne i cafì la cogiti
rione de quali , pertenga a effb Re . fe effbfuffe con
Venuto dal cberieo ife’l cberieo la cìrogia non ha
veffèufata, co i debiti modi , ma piu torio abugiata,

fe fatto il figlilo del Re, nei contratti fatti co'mcr*


catanti fujfeobligato . & finalmente quanto alla re»
paratione della Cbiefiafua . lefii anco non fo che pv*
re della contumacia , laquale confiflein non venire »
in non rifondere ,
quando il reo fi nafeonde per
non éffer trovato , come lepre o cervo nel bofco,quan
do è offèrte , & quando procàccia che aH’oreccbie
di colui, che citare il mole, non venga dotte egli fi
fio . cr che una ne è contumacia itera l’altra euiden*
te e manifella » la terza prefumta, trovai anco legge»
io tuttavia un nome, che mi diede naia affai .
VUjJè.Trttequefte cofe di legge , da voi macero , le ho in
parte uditegia piuuoltezr apparate.
Vian. Sia come fi voglia rilette crrepetitc,foglìono non
fidamente piacere, ma etìandio dilettare, chi le di-
ce, va cui fi
dicono anco , non pur euna fiata, ms
millefe tante volte fi diceffero
,

VliffeMa trmfieat , quale è quello nome die tanta notavi


diede i

Man, Acrjbqdicco , lo intendete voi ì


*1
Vliffe.Certono*
W an. A
Ecco ch’io ùci dichiaro , cr manifeUo , cribodiceo
non mol dir altro ,fe non feuero cr duro efpofito*
re ,er chea feuerità diduce la legge d’altrui efpo»
jla cr interpretata , chiamato altrimente , Sicopban
ta da Meandro, cr la onde ne nafee quell'antico
prouerbio fomma ragione è fomma ingiuria.
Vliffe.Per DioMaeftro,mi ammaro come habbiatt pota*
to tante cofe leggere cr ojferuare in cofi poco ftatio
dì tempo.

Man* fim no, perche ottomila per poco tempo chethuo


mobaggiaotio nonmanca mai da leggere*
VliJfeiQgefiàumamentefonoflatibettifiimidifcorfijquafi
cofi fatte ragionamento noHro ornato ne hanno , non
altrimente di quetto che nel fermo ,faccian le flette
il cielo, oneigiardini ifiori al bel tempo detta pri*
marna.
Man. Anco nonhofomto*
Vliffe.Sobene, manonmibopotuh tenere di dir cofi , da
che ne ho licentiahamtadam .dite dunque ciocia
leggéfic anco »
Man. Lefii un luogo anzi m’auidi dim'errore,nel quale mol
to tempo molti s’hanno ingannati >4? io foto penfiai
già fiaperlo , erniun’afaro quando inofìri Giurifcoh
,

fulti, de i Tfiui frategli fanno mentirne , cr fin qui


ha intefo Accurato cr gli altri , che fimo Seuero cr
Antonino , cr nondimeno frategli non furono , CT
però quejla opetiione deueefjere come Jciocca cr he
fetica riprovata, con ucrita dire ^cofttctte*
, , &*
****

re, che fusero er itati ne furto, M. Elio Antoni*


no, del quale io ne boia Jlatoagr intanine di tnar*
mo er, uero commodo , iquali primi furono , che co
minciorono infame er ad un medefimo tempo , a re*
giure, o uoglìam dire ad imperare ,Poì feguio Mar
co con il figliuolo commodo er fe ben nòti ui diceffe

altro, quèfto ballar uidourebbe.

Vlìffe, Certo sì ch’egliè un bel paffo.


Man. Ma urìaliro anto ne dico grfinifco*
Vlijfe.lo rido er gioifco, che ternate dettofdi finite,
che non finiate mai , bello a bello jénipre ctefcendo,
er io non cerco nè bramo atro .
Mani ha donerò adeffo finiremo Japiate dunque M.Vlif*
fe mio ,
per coàpiemento del tutto , duengd che nel-
le cofe criminali , non fi dia appellatane generai*
mente , che nondimeno nel Keame di Trancia del
qual poco innanzi parlammo , ipermeffa e lecita in
alcuni cdfi , doue fi tratta della tortura della aita del*
thuomo , della mutilatione de membri >er della in

competenza del giudice , laqual nullità è tale , chi


niuna appreffo di noi , ne è come fapete, che di que-
ìk fa maggiore , alcune cofette di Trancia u’ho rete*
èontate ,
perche queWannò fe la guerra fiata non fufi»
fe in quelle parti con ili Re Filippo di Spagna , gir
men là disegnato ne hauea , per la Magna pajjan*
do er però alquante ne procurai di leggere, lefa

èneo, er cotefto fu Jopra i mercato , che in ciò di


quefio ragionamento habbiam fatto , quante cofe ne
ccjfarie ne pano , acetiche fipojfa profeguire ouè
. •

It
ro prociedere confram'dffente contumace (già della

contumacia ui ho* detto tionfo che) er brieuemente


ne truouo alquante , che l’ordine fta feruato nel prò »
ceffo , dal giudice in formarlo , che neramente il

delitto ne fu fatto ,che’l giudice conofca manifefla


mente che’l contumace fta colpeuole , che egli citato
non compaia per tema della pena, chcfe qualità niu*
ma è che aggraffi il delitto, appaia & fìaprouata.
che’l delitto caggia nella perfona deU’accufato ,er
ultimamente ebefìa fatto la giuridittione di effogiu*
dice che lo batte
*1
da giudicare .
Que/ìo M. Vltffe
’mio.e'Hibro de i conti, pur]mio,doue è il dare er l'ha
mere ,quefìi fono i /ludi er la lettione ch’io ne ho fate

ta , com'io ai difii cofi al BaffaneUo mio , foura le co


fe di M .Sperone er d’altrui , & mie notatele, offer*

natele, or fatteuene quelle conferue che uoi uolete »

er fianoui ftimólo a fare il fimile quando che otij tali

ui ftan concefi ,
perche quefie fono le piu belle porpo
re, e i piu bei brocati che poliate portare leuando lo
intelletto al Cielo , ttcciocbe fatto gloriofo & immor
ìale gufiate ilnettare/cr l'ambrata dì Gtoue affra*
tettato con nói mediante
uirtùjaquale parimente fi
la

dice ejfere chiara er eterna

IL MN E,
.

I N VENÈTI A,
Àppreffo Francefco iRàmbàzéttò
M D, I X I.

i
i
J
t
SP£C/«\L W-6
27639

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THE J PAUL GETTY CENTEP
LIBRARY

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