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DISCORSI
SOPRA IDIALOGHI
DI M. SPERON SPERONE.
NE’ Q_V ALI SI RAGIONA DELLA
bellezza & deU<t eccellenza de lor concetti '
D’ INCERTO AVTORE.
1
fi
***
OPENIONE SOPRA
I dialoghi di m.
Speron Sperone.
D’INCERTO AYTTORE,
JJiTEKLOCFT ORI,
Mantoa, &Vlifle Bafsiano Bolognefc.
Blu#, signor fu .
&
,
ui lodo mpnitamen
ylifle. Voi battete fatto molto bene ,
di Scipione ,
te, dopo le fatiche , a guifa di Lelio Cr
'
un fintile
a nff trare un poco, cruolcffe iddio , che
piu Ipeffo di quel che fate
n’haueffe io, ch’io’l uifitani
la natura uojtra no e
uoi , ma lafciamo andare, fo che
modo,quiui etta
inai difìat in otio,uoi douete ad ogni
, . ,
Man. Son contento dtrui ciò ch'io ho letto , ma non già quel
. , *
. _ 3 ,
'.
re con guflo un jota cibo
ylijfe.Sk come fi uoglia,poi che per diuerfità dì cibi , una fot
non diuiene però gottojo , zf
fiata, l’huomo cbefrufi
tornente uiafcolto.
la cafra.
4
fono , che io non credo di legger mai piu , ne ueder
con l’occhio del mio intelletto , la piu bella cofa, ne la
piu uaga , ne la piu dotta, ne la meglio detta, non pei
fate però ch’io parli bora di quei di Plataneti Lucia
no , o d'altri antichi, baiìa che quefti (le compar ationi
fogliono altrimente recar odio acuì le ajcoltano) fi*
no heihfitmi.
V'iffe.MiraGegro con effo uoi che babbiate qutfli volta Ut
* 4
,
mente *
, ,, , , , ,, &\*
*
IH
fattole y
delì’hiftorie,gr d'altre cofe fmili , delle quali
cr l’aue maria
Man. Chi dubita , ma che fo io , non uorrei effer tenuto di
uoi adulatore,
Vliffe. Che (o io ,
qualche cofetta piu minutamente.
Man, lo dirò chefiete mida Re d’i Lidi M. Vliffe mìo, che
perla troppa er molta curiofìta quale era in lui, fi
dipigne coll’ orecchie deU' afino
Vliffe. Altro fignifica lafauola di Mida,
Man, Vero è, ma anco a queflo ci firue er mi ricordo an
dando un giorno a Venetia , lungo il canai maggiore,
uederfopra una facciata d'una cafa nocchia un Leo*
tie che fi graffia le orecchie , gr gli occhi da un'altro
canto , con un motto che dicea. Quegli, peir c'hai udii
to troppo quefli perche troppo uedefli ,
,
t
érte che bella comparatone o fvmiìtuiìne è qucjld,
potrebbe egli maibauer potuto piu propiamente par
Lire ,
di quel ch'egli he fattoi quale e cauernofltd net*
la fpugna , nella, quale {.acqua non pafi *& perche
quefìo non può fare i’amante,foSpira,piagne,et geme,
CT io fendo gioitane già et huomo l’ho provato cr non
mento , er anco M. Sperone deue effer flato in fatto
umfmiknmte pm che alcun altro
Vliffe, Senza dubbio checofì grande .affetto non baierebbe
egh,ne con tanto artificio di parole, ejfreffo cr ifcrit
togiamai,horo!tra.
Man. Affettate w poco, che io voglio, «he paghiate il fio
con
*
9
eon molte orecchie , er altre tante lingue.
Vliffe.Betta è certo quefìa dipintura ,
quafi a fintiglianza di
quella che fi fa dell ; natura noftra madre , cr detU
Uecchiezza ,ft come fi Uede in un [affo , nel ftudio del
Cardinal Bembo , ma ditemi p.rche cofì fi dipigne i
che uoglion fignificare tatti occhi , tant'orecchie , KT,
tante lingue t
Man. Nint’altro , fc non che'l ttolgo ignorante, molto pkt
parlaci quel che tiede intende
Vlijp. Se Michelangelo Buonaroto,o l Ammanati, l'han mai
letta , q cofì deferita , o intefa d’ alcuno, la deon te*
na* molto cara , àie io non fe quanto megUo,crquan
to piu previamente parlando la fi potcfje deferirne
,
crinfegnare.
M4n, E quanto , perche ropere loro fempre fono dal uoU
go giudicate non men delle nojlre , anzi piu quelle af
fai,fi come m’edificio etiandio d'un architetto , fe ben
fuffe Vitruuio o Bramante o il Falconetto , a quefti
,
fi
, , ,
•"WS-
come uoi dite.
Ma’ttt Altro, anzi piu che egli uì è tanto che dire, che chi
non gli haueffe mi piu letti er trafcorfi , ft fìupireb*
he, torn io fupì, letto chenebebbi una minima par*
te del primo ,
che feci propio come fan quei che pon*
gotto il piede con ammiratione entro un bel giardino,
squali tanto piu s'ammirano quanto piu uanno innari*
zi, er di parte in parte quello efminando , Guardate
a proposito di Titiano delquale poco aitanti uoìnefa
cefle mentione che loda è quefia che gli attribuire
,
egli, pur nel dialogo d’ Amore, che l’arte fua non ear
te ,
ma miracolo er che i colori fuoi,fono componi
diqueU’heréa, laqualguflatada Glauco, d’buomoin
Dio lo transformoer meritamente , perchefi può*
te ad A pelle , che tanto eccellente fu,jenza alcun dub
bio comparare fumé er jflendore di quefìo fecola, or
della dipintura qual mai dApelle predetto in poi f
,
IO
inibito betta cr molto ben [colpita.
Man, Sappiate M .Vlijje, che gli Scultori quando la mira
no , ui [olirono anco fopra ,cr non è ninno che non
la lodi (ommamente& di ciò non piu , ma ben ui uo*
fi
conferua la dipendenza , er quel che diciamo noi ,
l’agnatione , er lo jflendor delle famiglie , er quella
agnatione , la chiamò Cicerone flirpe per mancameli
to di uocaboto
Ir
cofa è queBa gentilità ?
M(«. No» altro , f; non poter mcflrare.le imagini & le ftd
li
uoi dire ad alcuno l o lo leggcfte in alcun Uro, che U
natura erraffe t laquale è madre e maeftra di tutte
quante le cofe create, prudentifima er fapicntifiima »
VliJJètNon io già mai.
errano infinitamente ,
quali fono infiromenti,a quegli
tiarete ccnfolato.
Vliffe.Dauantaggio,
Man, Hora guardate fe ili potete fruire abeti'agio uofiro
t
di quell’ordine
,
quando ei parla detta cura famiglia*
re,& dice che è forma, laquale da perfettione ai
ogni coft . e piu che! mondo è un animai uitto.&fen
fìbile come noi, e'ifuo ordine il cor fuo,cr l'anima
fua ef che finalmente l’ordine è quello , che per la
fua infinita eternità lo conferma Hor non piu, difide*
rarci finir con quella buona bocca , per non guaHar *
lami con altro cibo che ingrato fuffe , ma perche io
., .
M,S perone.
Man.' Lo feci perch’egli cofi dicea er doue neceffariamen
feda fruarefuffe,no ch’io in quefto rdgionaméto peti
faffe di far il medefmo , quale ordinario non è, & pe
fò come fapete uolgarmente fi dice, or dine effere nel
lecofe , oltre l'ordine , o cjlraordtnario dicum noi,
ordine non fer (tare.
Vli/fe.SollQ
té
dìfiderò finiamo con U molte copiti di cofe ch'udirete
er certo farà piu la giunte che la carne
Vlijfejo farò come quei mangiatori , chiamati da i Latini»
M
rompa aejlro , perche mi prouocafte anco, er ogni
propoAa ha bifogno diriffofla ) fenon in mangiare ,
iquali perche mangiano molto er fpelfo,uomitano an
co fpejfo per tornare a mangiare. Affogatemi er &>*
macatemi pure ch’io non ho paura , ch'io trouarò pre
(lo il rimedio , fono anco cibi delicati er piaceuoli,
che piu pre/lo , quando ben non fi uomitajfro , fi dìa
grofiic? uaporofn
Man. Burlo con uoiffarò ben breuet zr forfè piu di quel che
uipenfate,
Vliffe.il difiderio mio M aeAro ,
dal uofbro dipende , er ui
Vhjfe Poco aitanti dicefle non fo che delle VeHali, non erati
.
ede ucrginii
man, Si bene , come le noflre monache.
V lijfe, Perche cofi t
17
luti far ogni cofache toro piaceffe honefia però er U
cita,Et dir ut uoglio piu, che dopo certo tempo, i Lit
tori loro giuano innanzi come fanno al Podefia er al
Capitano , cr fe incontrauano a forte un reo menato
al luogo detta giuftitia dal manigoldo , lo liberauano
dalla morte , lefi anco (confiderate fe le cofe hanno
fimiglianza)ficomele Vefiali, cuflodiuano er jet
bauano ilfuoco , che cofi etiandio i Feciali, iquatt era
no facerdoti da Numa Pompilio Secondo Re de Ro*
mani , trouati er infatuiti , haueuano cura di conferà
uar la pace er altri Ali chiamati , gli ancili,cioè fot
ti dodici tra iquali fi ferine effer fiato quello che cada
de dal cielo, fabricati da Numerio fabro er credo
hauerne una medaglia , nella quale fi uede come era »
no fatti a riguardati molto diletteuole et uaga,et rara
tra gli antiquari. Se una etiàdio ue ne dirò a propofia
to dette leggi nofire er di ragion ciuile , ui dora ma
rauiglia , che il detto Numa Re, non uolfe che al pa
drefuffe lecito uendere il figliuolo , in cafo di necefii*
i8
tro leggendo y che Kdmibale usò quelle parole , che
tifiamo noi jpeffo , parlando di Roma (Hamibai dico
iltlquale ruppe il monte col fuoco er con l'aceto) a i
ta natura #
Vliffe.Nón lo diteadunfordo,
Man. Il miracolo è queflo della 'natura, che la Sicilia eri
nella Italia er nondimeno per un iremuoto da lei ne
fudiuifa,di che parliam etiandionoi er dubitiamo
fpeffo , ma’quefto miracolo /ogni difficultàrijùlue ,
er chiùde o lega la bocca ( come Volgarmente fi di*
ce) al ficco. Apparai etiandio, perche cofa , la ter*
ta antica noflra madre , ne chiamiamo ,
fi come dice
il Petrarca in quello modo >
O ciechi il tanto affaticar che g ioua
Tutti tornàmo àUa granmadre untici
Wlnofbronome a pena firitrùóua,
yiiffc Perche i perdonatemi per ch’io dubitajfc, perché
cofi fi chiama. Perche dalla creatone del mondo in
pài , cr fin qui , fempre gli huómini, gli animali le
,
IO
di , m quattro ue ne dirò a bafianza ,il primo è fe
It
ro prociedere confram'dffente contumace (già della
ui ftan concefi ,
perche quefie fono le piu belle porpo
re, e i piu bei brocati che poliate portare leuando lo
intelletto al Cielo , ttcciocbe fatto gloriofo & immor
ìale gufiate ilnettare/cr l'ambrata dì Gtoue affra*
tettato con nói mediante
uirtùjaquale parimente fi
la
IL MN E,
.
I N VENÈTI A,
Àppreffo Francefco iRàmbàzéttò
M D, I X I.
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SP£C/«\L W-6
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THE J PAUL GETTY CENTEP
LIBRARY