Sei sulla pagina 1di 4

Lo sfruttamento dei bambini e delle donne nell'agghiacciante mondo del fast

fashion
Quando parliamo del mondo del fast fashion il primo nome che spicca inevitabilmente è quello di
“Shein”, il marchio di fast fashion più lucrativo del mondo, divenuto tale in meno di due anni. Il
successo di Shein è dovuto da un algoritmo efficientissimo, una perfetta conoscenza delle
dinamiche social e prezzi bassissimi: sa cosa l'utente desidera e glielo propone tramite un uso
sapiente dei mezzi di comunicazione contemporanei e un mix di marketing aggressivo. Osservando
l'inchiesta “Untold: Inside the Shein Machine” la circostanza che più ha colpito e lasciato di stucco
riguarda la produzione del colosso cinese, basata sull'iper-sfruttamento della manodopera.
L'inchiesta mostra video e audio registrati di nascosto da un collega infiltratosi all'interno delle
fabbriche di Shein: impiegati che lavorano 17-18 ore al giorno, con un solo giorno di riposo al
mese. Si evince che ai lavoratori e alle lavoratrici sono richieste la produzione di 500 capi al giorno
e che le operaie, spesso per mancanza di tempo, decidono di lavare i capelli durante la pausa
pranzo.

Testimonianze dal documentario “Fashion victims”

Costrette a turni estenuanti, anche


di venti ore al giorno, private della
libertà di movimento e di
comunicare col mondo esterno,
pagate non con uno stipendio
mensile, ma con una modesta
somma di denaro per le esigenze
quotidiane: sono le giovani donne
del Tamil Nadu, nell'India
meridionale, che lavorano
nell'industria tessile locale, che
produce filati per le catene di fast
fashion. Le loro storie sono
raccontate nel
documentario 'Fashion victims' firmato da Chiara Cattaneo e Alessandro Brasile.

Ascoltando le ragazze che hanno lavorato nelle fabbriche e le organizzazioni che offrono loro
supporto, Chiara e Alessandro si sono resi conto che "essendo un segmento inesplorato è come se
ci fosse mano libera per uno sfruttamento che, anche se non a livello giuridico, rasenta condizioni
di schiavitù". "Era come stare in prigione, dalla fabbrica non ci si licenzia, si scappa" ha raccontato
una delle ragazze intervistate. Le giovani e giovanissime che lavorano nella fabbriche spesso
provengono da zone povere e rurali, dove non ci sono fonti di reddito alternative né per loro né
per le loro famiglie, anche a causa del persistente declino dell'agricoltura. È in questi villaggi che i
"broker", agendo da intermediari tra le aziende alla ricerca di una manodopera numerosa e docile
e una popolazione locale sempre più disperata, ogni anno reclutano migliaia di giovanissime. Le
ragazze vengono portate nelle aziende, dove oltre a lavorare, sono costrette anche a vivere, negli
ostelli annessi alle fabbriche - anche se spesso né loro né le loro famiglie e persino alcuni broker
sono a conoscenza di questo. Vengono assunte attraverso schemi di reclutamento e sfruttamento
come lo 'Sumangali scheme', per il quale devono lavorare da tre a cinque anni e, solo al termine
del periodo stabilito, dovrebbero ricevere il pagamento cumulativo di quanto guadagnato. Cifre
che vanno dai cinquecento agli ottocento euro e che sognano di usare come dote per il proprio
matrimonio. "E non sempre succede: in uno dei miei viaggi - racconta Brasile - ho incontrato una
ragazza che mi ha detto che dopo 4 anni la fabbrica non le ha pagato nulla, dicendole che il suo
lavoro era illegale, ma che se voleva la avrebbero assunta"

Un problema anche minorile..

Il lavoro minorile è una vera e propria piaga mondiale che deve essere combattuta con forza.
La fast fashion è una delle principali cause di questa piaga sociale. I dati emessi dalle Nazioni Unite
parlano chiaro e purtroppo non promettono niente di buono: sono 152 milioni i bambini che
lavorano. Si tratta di bimbi che non vanno a scuola, non ricevono nessun tipo di istruzione e, ancor
più, subiscono il fenomeno tristemente conosciuto come “sweatshop”: una parola che non ha
una singola e specifica traduzione ma che può essere descritta come la condizione in cui si vive in
alcuni luoghi di lavoro e dove i lavoratori subiscono ogni tipo di violenza arbitraria (incluse violenze
fisiche e verbali).

Un rapporto del Center for


Research on Multinational
Corporations (SOMO) e
dell’India Committee of the
Netherlands (ICN) ha rivelato che
in India, i reclutatori, convincono i
genitori poveri a mandare le loro
figlie in filatura, promettendo un
lavoro ben retribuito, un alloggio, tre
pasti al giorno e opportunità di
formazione, oltre ad una indennità
forfettaria alla fine dei tre anni di
lavoro. Il rapporto sul campo mostra che in realtà questi bambini stanno lavorando in condizioni
spaventose, equivalenti alla schiavitù e alle peggiori forme di lavoro minorile. In modo particolare,
questi poveri bimbi, vengono sfruttati nella produzione di sneakers, perché le loro piccole mani
sono adatte a tenere la tomaia della scarpa ferma, intingere la decorazione in colle altamente
inquinanti e applicarle sulla tomaia stessa. Ricordiamo in ambito dello sfruttamento minorile, la
giornata mondiale contro il Lavoro Minorile che si celebra il 12 giugno di ogni anno, mette in
risalto la necessità di lottare contro lo sfruttamento dei minori che avviene in tutte le latitudini del
nostro globo. Una piaga che, nonostante alcuni successi, sarà molto difficile debellare se non si
mobilita tutta la comunità internazionale.
Conseguenze notevoli!

Questo tipo di sfruttamento è mentalmente e


fisicamente pericoloso per il bambino e lo priva della
possibilità di studiare e di poter aspirare a un futuro
diverso e migliore. Nel mondo sono 160 milioni i
bambini, tra i 5 e i 17 anni, costretti a lavorare. Per
questo motivo è importante agire dove il fenomeno
è più diffuso, per sensibilizzare, aiutare le famiglie e
permettere a questi bambini un’infanzia felice.

Le conseguenze più gravi del mondo minorile sono:


▪ Problemi fisici e psicologici dovuti ai lavori
usuranti
▪ Violenze e abusi fisici e psicologici
▪ Abbandono scolastico e mancanza di
istruzione
▪ Isolamento sociale

A riguardo possiamo citare “ActionAid”, cioè


un’organizzazione internazionale indipendente che
lavora in Italia dal 1989, con programmi di sostegno a
distanza e progetti a supporto dei bambini, delle
donne e delle famiglie delle comunità in cui lavora.

Essa supporta:

➢ legalmente e psicologicamente i bambini che sono stati costretti a lavorare fin da piccoli
➢ promuove campagne di sensibilizzazione riguardo ai diritti dei bambini
➢ nelle scuole informa i bambini sui loro diritti e sulle leggi esistenti proprio per tutelarli
➢ supporta economicamente anche le famiglie bisognose in modo che non siano costrette a
far lavorare i figli per mantenersi.
LINK DA METTERE A PIE DI PAGINA:

1. https://www.repubblica.it/moda-e-
beauty/2022/10/24/news/shein_moda_low_cost_inchiesta_channel4_sfruttamento_lavoratori
_fabbrica_cina-371040825/

2. https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/societa_diritti/2019/03/24/fashion-victims-le-
operaie-schiave_9b0737cd-ad49-4b39-8986-f953188d2e07.html

3. https://www.vestilanatura.it/lavoro-minorile-nella-moda/#fast-fashion-tra-inquinamento-e-
lavoro-minorile

4. https://timeforafrica.it/contro-il-lavoro-minorile/

5. https://adozioneadistanza.actionaid.it/cosa-facciamo/lavoro-minorile.html

6. https://www.cittanuova.it/multimedia/2022/6/11/12-giugno-giornata-mondiale-lavoro-minorile/

Potrebbero piacerti anche