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Rivoluzione industriale approfondimento sul lavoro minorile

introduzione:
Bambini e adolescenti hanno sempre lavorato, ma il fenomeno non fu considerato un problema
sociale se non dopo l'avvento della rivoluzione industriale, che introdusse tempi e metodi di
lavoro mai visti prima nella storia dell'umanità, fortemente penalizzanti per il lavoratore. La
rivoluzione industriale avvenne in primo luogo nel Regno Unito e in Francia alla fine del XVIII
secolo e l'inizio del XIX secolo. Mentre molte fabbriche, miniere o cantieri edili impiegavano
lavoratori in massa, questi, spesso con famiglie numerose da mantenere e in condizioni di vita
basse, incoraggiavano i propri figli ad andare con loro in fabbrica, nelle stesse cattive condizioni
degli adulti. La rivoluzione industriale diede inizio allo sfruttamento sistematico del lavoro
infantile.
I bambini si ritrovarono così a lavorare nei cotonifici dell'Inghilterra settentrionale Il lavoro
infantile, così come quello delle donne, portava tre vantaggi ai proprietari industriali: permetteva
di ridurre gli stipendi per i lavoratori maschi adulti, permetteva l'occupazione di interi nuclei
familiari, accelerando il crollo dello stile di vita del contadino tradizionale, offriva un numero
maggiore di dipendenti, consentendo l'uso continuo delle macchine negli stabilimenti. I bambini
erano apprezzati per l'agilità e le dimensioni ridotte dei loro corpi, caratteristiche particolari che
li rendevano più adatti degli adulti per alcuni lavori dove era necessaria destrezza manuale e
precisione. I bambini erano quindi usati per lavorare in ambienti troppo piccoli per un adulto
(come i cunicoli stretti delle miniere), per pulire le parti inaccessibili dei macchinari o per operare
su componenti delicate o piccole (come i doffer). Spesso le condizioni in cui lavoravano erano
letali o potevano causare gravi danni soprattutto al fisico, che spesso veniva danneggiato in
modo irreparabile. Inoltre i bambini erano più facilmente controllabili degli adulti, ed erano pagati
molto di meno. Inoltre, non solo il lavoro era duro di per sé, ma le indagini condotte all'epoca
mostravano come i bambini fossero vittime di qualsiasi genere di abuso da parte dei loro datori di
lavoro.
In una ricerca condotta in Inghilterra dal ricercatore Paxton Price, si evidenziò come i bambini
potevano lavorare nelle miniere e nelle industrie tessili dalle dieci alle quattordici ore al giorno, e
spesso erano picchiati se non raggiungevano le quote di produzione previste o per qualsiasi altro
pretesto. Le condizioni di lavoro erano così povere che i bambini che lavorano nell'industria
tessile, così come le donne, erano spesso colpiti dalla tubercolosi, a causa della polvere e
dell'umidità. I piccoli lavoratori soffrivano anche di asma e di varie allergie, così come anche di
scoliosi e rachitismo. Secondo un'indagine della British Association del 1878, i ragazzi fra gli
undici e i dodici anni negli ambienti lavorativi erano in media 12 cm più corti di quelli provenienti
da ambienti borghesi e aristocratici che frequentavano regolarmente le scuole. Anche il rischio di
incidenti era altissimo, e non era raro che i bambini morissero durante il lavoro: ad esempio,
veniva loro richiesto di entrare fisicamente nei macchinari inceppati per ripararli, ma una volta
dentro i macchinari si riattivavano portando alla morte del bambino.
morale:
Verso la seconda metà dell'Ottocento, il lavoro minorile cominciò a diminuire in tutte le società
industrializzate, a causa delle regolamentazioni e di alcuni fattori economici, tra cui la crescita dei
sindacati. Prima di essere abolito, il lavoro infantile cominciò a essere regolato. In Inghilterra, già
dal 1803 ci furono molti tentativi di regolamentare il lavoro minorile, ma fu solo dopo la
mobilitazione dei lavoratori che nel 1833 fu promulgato il Factory Act, che vietava l'impiego di
bambini al di sotto dei 9 anni nell'industria tessile e limitava l'orario di lavoro giornaliero a
seconda dell'età (10 ore per i bambini dai 9 ai 14 anni, 12 ore per quelli dai 14 ai 18 anni); questa
legge non è stata estesa a tutte le attività fino al 1853.L'introduzione della scuola dell'obbligo fu il
fattore più decisivo per ridurre il lavoro minorile in Europa. La scuola entrò per la prima volta in
conflitto con la fabbrica: per i genitori, la scuola era costosa, mentre avere un figlio lavoratore
migliorava le condizioni economiche familiari; per gli industriali, l'orario scolastico entrava in
conflitto con gli orari lavorativi.

testimonianza di un bambino svizzero:


Estratto di un tema scolastico di un bambino di 12 anni, che descrive il suo quotidiano in quanto
figlio di una famiglia attiva nell’industria tessile negli anni 1880.

«Appena mi alzo al mattino devo scendere in cantina per lavorare sul telaio. Lavoro dalle 5 e 30
alle 7, poi posso gustarmi la colazione. Poi devo di nuovo lavorare fino al momento di andare a
scuola. Al termine delle lezioni alle 11 vado velocemente a casa e devo di nuovo lavorare fino a
mezzogiorno. Poi posso godermi il pranzo, prima di dover nuovamente lavorare fino alle 12 e 45.
Torno poi a scuola per imparare qualcosa di utile. Alle 16, quando finisce la scuola, mi avvio sulla
via di casa con i miei compagni. A casa devo di nuovo lavorare sul telaio fino a quando diventa
buio e poi posso cenare. Dopo aver mangiato devo di nuovo lavorare fino alle 22. A volte,
quando c’è molto lavoro, rimango nella cantina fino alle 23. In seguito auguro la buonanotte ai
miei genitori e vado a letto. Succede così ogni giorno».
conclusioni e riflessioni:
Nel mondo più di 240 milioni di bambini e ragazzi, compresi tra i 7 e i 17 anni, vengono sfruttati per
lavori pesanti. La maggior parte di loro non può frequentare la scuola. Questi bambini lavorano per
guadagnare dei soldi per aiutare la loro famiglia a sopravvivere: vivono in Asia, in Africa, in America
meridionale ma anche in Europa e addirittura in Italia.
Leggere le loro storie significa scoprire che molti lavorano, insieme alle loro famiglie, nell’agricoltura;
altri lavorano nelle miniere, nelle cave, nei laboratori di fiammiferi, di sigarette, di giocattoli e di fuochi
d’artificio. Per lavorare nelle fabbriche i bambini vengono spesso costretti a rimanere lontano dalle
loro famiglie per molto tempo. Questi lavori provocano malattie professionali e a volte incidenti che
causano loro gravi difficoltà anche quando saranno adulti.
Così sarà per una giovane ragazza che lavora, come altri 6.700 minori, a Jakarta, capitale e
principale città dell’Indonesia situata sulla costa nordoccidentale dell’isola di Giava. Nella fabbrica del
marchio di abbigliamento sportivo e di scarpe da ginnastica Nike respira esalazioni rilasciate dalle
vernici e la temperatura all’interno dei locali della fabbrica è di circa 40 gradi: questo le provoca
bruciori agli occhi e forti mal di testa.
Non si tratta solo di un’azienda: abbiamo scoperto che oltre alla Nike ci sono molte altre multinazionali
che sfruttano il lavoro minorile come l’Adidas o addirittura la Chicco, che produce prodotti per
l’infanzia.
In tema di sfruttamento e lavoro minorile l’articolo 32 della Convenzione internazionale sui diritti
dell’infanzia non potrebbe essere più chiaro: “Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo di essere
protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti
rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo
sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale.”
Fortunatamente, ci sono delle organizzazioni che aiutano i bambini sfruttati, come Unicef e Unesco.
Queste organizzazioni cercano di istituire ospedali e scuole per permettere ai bambini sfruttati di
avere un futuro. In altri casi li preparano al mondo del lavoro con una formazione professionale
adeguata che può essere utile anche per la vita quotidiana.
Secondo noi il problema è difficile da risolvere. Sapere che ci sono dei bambini lontani dai loro
genitori ci ha intristito molto. Abbiamo riflettuto sul fatto che noi abbiamo la possibilità di andare a
scuola, una casa, cibo, vestiti e libri, mentre altri bambini come noi no.

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