Sei sulla pagina 1di 3

Plotino è il fondatore del neoplatonismo, cioè quella ultima grande corrente della filosofia

antica, ispirata appunto a Platone, ma influenzata dal Cristianesimo che ormai stava
diffondendosi in modo decisivo nel bacino dell'Impero romano.

Plotino nasce nel 205 d.C., a Licopoli, in Egitto.

Opera fondamentale: Enneadi

Fonda la sua scuola: si caratterizza per una spiccata valenza esistenziale: non si tratta solo di
insegnare una dottrina, ma una dottrina che aiuti a vivere, slegandosi dagli impacci della
materia e proiettandosi verso l'Invisibile.

Progetta una sorta di monastero pagano, una “città filosofica”, che si sarebbe dovuta chiamare
Platonopoli, in omaggio al grande maestro che aveva insegnato a volgersi verso il divino.

More nel 270 d.C.

LE TRE IPOSTASI

I IPOSTASI: UNO

Se la centralità dell'invisibile, il suo primato sul visibile, accumuna Plotino a


Platone, la differenza più grande è nel superamento del dualismo ontologico:
per Platone tutta la realtà si riconduce a due fonti, la materia e il mondo
intelligibile; per Plotino tutto si riconduce, invece, a un unico principio, da cui
tutto, inclusa la materia, scaturisce.

Alla radice di ogni realtà sta infatti l'Uno: le cose in tanto esistono, in quanto sono une, unitarie;
nulla esiste che non sia in qualche modo uno, dunque l'unità, più che l'essere, è il costitutivo
primario e fondamentale della realtà.

Ma l'Uno che è principio di tutto deve essere assoluta unità, con l'esclusione di ogni
molteplicità.
L'Uno è perciò eterno, perfetto, infinito (questa è una novità per la filosofia greca, evidente
influsso cristiano), ma non può essere pensante e volente, poiché tali attività comportano una
divisione. Pensare infatti implica una distinzione tra pensante e pensato, così come volere tra
volente e voluto.

Dunque l'Uno, pur essendo infinita Perfezione, non è Personalità, non è un Tu a cui ci si possa
rivolgere. E qui affiora tutta la debolezza e l'inadeguatezza della posizione plotiniana, il difetto
di umanità rispetto al Cristianesimo.

Non essendo intelligente né volente, l'Uno non può creare. Tuttavia tutto ciò che esiste deriva
da lui.

Si tratta di un processo necessario, e non libero, che Plotino paragona alla emanazione di odore
da sostanze profumate, o di luce e calore dalla fiamma.

II IPOSTASI: NOUS

La prima irradiazione dell'Uno è il Nous, che può venir tradotto sia con “Intelletto” sia con
“Spirito”.

In questa seconda Ipostasi letteralmente “ciò che sta sotto”, si tratta dei tre livelli della realtà,
lontanamente paragonabili alle Tre Persone della SS.Trinità.

Si ha una prima forma di molteplicità, l'unità assoluta dell'Uno si comincia a frammentare.


L'Intelletto infatti conosce l'Uno riverberandolo in una molteplicità di idee, e del resto la sua
attività conoscitiva implica una distinzione tra soggetto e oggetto. È in sostanza il mondo
intelligibile di Platone quello che Plotino vede racchiuso nell'Intelletto

III IPOSTASI: ANIMA E IL MONDO

Sempre per un processo di irradiazione attraverso il Nous promana la terza Ipostasi, l'Anima
(Psyché). Questa da un lato si alimenta, contemplando, attraverso l'Intelletto, l'Uno; dall’altro
lato si rivolge verso il basso, con cui l'Anima permea la materia dando forma al mondo sensibile.
L'Anima è detta Anima Mundi: il mondo è fatto dunque di anima e di materia, quest'ultima
rappresenta il livello più povero della gerarchia ontologica, il gradino più basso, di massimo
depotenziamento dell'essere, al punto che confina col nulla: è un “quasi-nulla”.
LA MATERIA E IL MALE

Plotino ritiene (riprendendo un tema platonico) che la materia sia la radice del male, sia
qualcosa di intrinsecamente cattivo, ma che il male (e qui vi è un debito verso il Cristianesimo)
sia più una mancanza di essere che un essere positivo vero e proprio, infatti la materia è il grado
di massimo impoverimento dell'essere.

IL RITORNO ALL'UNO

Tutto dall'Uno procede, e all'Uno l'uomo, essere intelligente che partecipa del Nous, desidera
in qualche modo tornare, ripercorrendo a ritroso il cammino visto fin qui, risalendo la piramide
ontologica dal gradino più basso, la materia, verso la sua sommità infinitamente perfetta.

Questo ritorno si basa anzitutto sulla riflessione filosofica: è la ragione filosofica che riconosce
nell'Uno la sorgente prima di tutto, e la suprema Bellezza, che sola merita di essere ricercata
per se stessa.

Dunque si tratta anzitutto di coltivare la filosofia.

A ciò peraltro deve affiancarsi un impegno pratico, cioè la coltivazione della virtù: non basta
sapere che il vero Bene è l'Invisibile, se poi praticamente i nostri affetti e le nostre passioni
sono polarizzati dal visibile; occorre perciò uno sforzo per liberarsi dall'attrattiva ingannevole
della materia.

Al vertice di questo intreccio tra contemplazione razionale e azione (virtuosa) sta la suprema
conoscenza possibile in questa vita, ossia la contemplazione metarazionale, immediata,
dell'Uno, una sorta di esperienza mistica naturale, che Plotino stesso chiama ESTASI.

Potrebbero piacerti anche