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LA RELAZIONE BAMBINO-INSEGNANTE

ASPETTI EVOLUTIVI E CLINICI

CAPITOLO 1 – PERCHE’ SONO FONDAMENTALI LE RELAZIONI SUPPORTIVE

La relazione tra insegnati e bambini è vista come una risorsa utile per favorire lo
sviluppo in grado di contrastare il rischio associato ai vissuti relazionali
problematici. Questo tipo di relazione costituisce l’obbiettivo del lavoro degli
psicologi che lavorano nel contesto della scuola impegnati nella programmazione
degli interventi in due direzioni: sviluppare attività orientate alla prevenzione e
migliorare le attività di recupero già esistenti.

L’aumento nelle scuole di bambini esposti a fattori di rischio ossia, come ha


definito Eaton, tutti quegli eventi, condizioni o caratteristiche che incrementano la
possibilità che si verificano conseguenze negative sia nella sfera
comportamentale che nel rendimento scolastico, pone di fronte la scuola una
sfida data la difficoltà che si incontra per istruirli. Lo scarso rendimento scolastico
dipende in grande misura dalle esperienze sociali quindi può essere collegato alle
relazioni con gli adulti.

Un ostacolo al lavoro di istruzione degli allievi a rischio è rappresentato dalla


mancanza di teoria in quanto gli educatori si focalizzano sulla pratica che spesso si
rileva inefficacie poiché non comprende appieno i processi evolutivi sottostanti al
problema. Dunque, la teoria è importante quando si lavora alla programmazione
di soluzioni per questioni delicate poiché fornisce le ragioni per scegliere un
determinato tipo di intervento e una guida nelle decisioni da prendere fino a
concepire le soluzioni. Quest’ultime sono sottoposte a test specifici che ne
valutano l’efficacia e quelle che superano la prova vengono introdotte come
interventi pratici nella scuola e nel lavoro clinico.

L’istruzione mira a indurre il cambiamento e si pone l’obiettivo di migliorare i


risultati e di conoscere i processi che favoriscono la riduzione del rischio. Questi
possono essere i meccanismi di protezione che creano una deviazione al percorso
evolutivo previsto riducendo gli effetti dei fattori di rischio che avrebbero portato a
conseguenze negative o i meccanismi della vulnerabilità che, contrariamente,
incrementano la probabilità che la condizione di rischio determini conseguenze
problematiche. Tali meccanismi agiscono all’interno di una finestra di opportunità,
un periodo di relativa plasticità nel quale vengono formulate le risposte al rischio
quindi intervenire con risorse di protezione nel periodo di reazione al rischio
porterebbe a risultati migliori. Sfortunatamente, però, le scuole si attivano e
propongono gli interventi per i bambini solo quando il problema si manifesta
apertamente.

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Pianta e altri hanno esaminato le tre forme di intervento relative alla condizione di
rischio e ai risultati nella scuola:

- Interventi di prevenzione primaria  hanno come obiettivo l’intera


popolazione, indipendentemente dalla condizione di rischio, e sono messi in
atto prima che si inneschi il processo scatenante che determina il risultato
problematico con l’obiettivo di eliminare il problema nella popolazione (ES
VACCINAZIONE di tutti i bambini contro una certa malattia);
- Le azioni preventive secondarie  indirizzate a un gruppo specifico ad alto
rischio che ha elevate probabilità di approdare a conseguenze
problematiche e sono realizzate prima dell’insorgere del problema (ES
PROGRAMMI ELABORATI NEGLI ASILI PER I PICCOLI DI 4 ANNI IN CONDIZIONI
DI POVERTA’);
- Prevenzione terziaria  interventi realizzati dopo l’insorgere del problema e
prevedono la prevenzione di ulteriori effetti negativi del problema insorto e
sono indirizzate solo a coloro che si trovano in condizioni critiche. (ES FORME
DI DISABILITA’).

Aspetto cruciale delle azioni mirate alla riduzione del rischio nelle scuole è
comprendere come variano le risposte individuali ai fattori di rischio e come il
contesto scolastico modelli tali risposte o sostenendo l’individuo, o agendo
direttamente sui fattori di rischio che influenzano il soggetto. In questo modo, i
contesti scolastici assumono un ruolo decisivo nel tracciare i percorsi evolutivi,
intesi come rapporto tra una condizione precedente e quella successiva ed è
interesse dell’educatore comprendere questi legami, ad esempio, se il bambino
aggressivo della prima classe si trasformerà nel futuro ragazzino violento.

La relazione tra il rischio e il risultato dipende da molti eventi che si verificano nel
frattempo e da come questi modellano lo sviluppo quindi il coefficiente di rischio
non segna il percorso in maniera definitiva. I primi anni di scuola esercitano
un’influenza enorme sulle traiettorie dell’adattamento successivo dei bambini
nella scuola e i processi sociali, in particolare le relazioni con gli adulti e compagni,
modellano i percorsi e alterano le loro traiettorie e direzioni.

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CAPITOLO 2 – LA TEORIA DEI SISTEMI E LE RELAZIONI DELLE CLASSI SCOLASTICHE

Le pratiche di intervento devono essere fondate su una teoria del cambiamento.


Pianta e Walsh affermano che la teoria generale dei sistemi sia un’utile alternativa
ai modelli che prediligono l’intervento pratico svincolato da una base teorica.
La Teoria Generale dei Sistemi fornisce una serie di principi che rappresentano un
valido strumento nelle mani degli educatori per comprendere la complessa
natura dei percorsi evolutivi in condizione di rischio e presenta le opportunità di
usare le interazioni tra allievi e insegnanti per modificare la traiettoria dei percorsi
dei bambini.

Pianta concentra la sua attenzione al funzionamento della relazione insegnate-


bambino, in quanto sistema. I sistemi sono unità composte di diverse parti
interconnesse che agiscono in modo organizzato e interdipendente per
promuovere l’adattamento o la sopravvivenza dell’unità intera (ad esempio classi,
scuole, famiglie, gruppi di lettura).

Questi sistemi, come sottolineano Bronfenbrenner e Sameroff interagiscono


costantemente e ognuno di essi rappresenta un contesto di sviluppo che dispone
di un meccanismo particolare che influenza i risultati dei bambini. I teorici dei
sistemi hanno pensato che lo sviluppo contenga meccanismi di regolazione che
regolano l’organizzazione e la calibrazione di determinate funzioni o condizioni. Le
relazioni tra bambino e insegnante regolano l’esperienza del bambino nel
contesto della classe, conferendo stabilità all’esperienza emotiva nelle classi e
fornendo una guida e una struttura utile per le interazioni con i compagni che
contribuiscono a modellare l’autoregolazione del bambino. Sameroff ha
individuato nei sistemi dei codici che prescrivono azioni di regolazione che
modellano il contesto prossimale a cui il bambino deve adattarsi. Ad esempio, le
scuole hanno regole che governano il comportamento degli insegnanti e dei
bambini e vincolano le interazioni consentite nelle classi.

Collocate a un livello remoto nella mappa dei sistemi, le culture e le comunità


allargate hanno comunque un impatto considerevole sull’educazione dei bambini
in quanto regolano il comportamento degli individui e dei gruppi sociali minori
creando e conservando i ruoli all’interno del gruppo più ampio. L’insieme dei
codici del livello “cultura” che influenzano lo sviluppo può essere definito agenda
dello sviluppo ossia il programma comunemente accettato dei momenti salienti
dello sviluppo o l’insieme delle aspettative e delle credenze più diffuse riguardanti
lo sviluppo infantile il cui contesto viene ristrutturato per fornirgli nuove opportunità
di esperienza. Tali strutturazioni sono denominate macroregolazioni e, talvolta,
possono affaticare il funzionamento della zona di sviluppo prossimale proponendo
al bambino sfide eccessive e un sostegno insufficiente o dando per scontato
conquiste evolutive che magari il bambino non ha vissuto. Le macroregolazioni di
questo genere aumentano il rischio del bambino quando vanno al di là della zona
di sviluppo prossimale e il risultato si inquadra genericamente come “insuccesso
del bambino” ma sarebbe da caratterizzarsi come fallimento del sistema.

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Al livello successivo, procedendo in direzione dei livelli più prossimali, si trovano i
sistemi delle famiglie e dei piccoli gruppi sociali che regolano il comportamento
del singolo bambino con l’intento di formare individui in grado di adempiere
adeguatamente ai ruoli che sono loro assegnati nella struttura sociale allargata.
Le regolazioni dei piccoli gruppi, dette miniregolazioni, permettono al gruppo di
funzionare come unità. Le regolazioni delle classi definiscono il tipo di relazione
che si instaura tra bambini e insegnanti.

Le relazioni interpersonali sono sistemi diadici che hanno un ruolo fondamentale


nella regolazione del comportamento del bambino all’interno di piccoli gruppi
sociali. La regolazione (microregolazione) si realizza a livello relazionale attraverso
dei codici individuali, detti microregolazioni che, per quanto riguarda la relazione
tra bambino e adulto, coinvolgono i sentimenti e le credenze accumulati dagli
adulti in rapporto al proprio comportamento con i bambini.

Anche il bambino in sviluppo è un sistema, in quanto il comportamento del


bambino è organizzato attraverso molti ambiti evoluti (motorio, cognitivo,
emotivo) che insieme danno vita a un tutto integrato. Dunque, bisogna prestare
attenzione all’organizzazione complessiva del comportamento con riferimento a
esigenze particolari, scaturite dalle situazioni o dalla fase dello sviluppo in cui si
trova il bambino. Anche gli insegnanti sono dei sistemi, infatti per comprendere il
comportamento relazionale di un insegnante con un allievo, bisogna tener conto
di vari elementi: formazione, conoscenze, esperienza problemi e condizioni di vita
dell’insegnante.

I sistemi sono unità interconnesse che interagiscono tra loro costantemente e si


influenzano.

Nella Teoria Generale dei Sistemi l’unità di analisi è collocata a un macrolivello,


quindi il comportamento dei sistemi maggiori (relazione bambino-insegnante)
viene utilizzato per spiegare il comportamento di sistemi minori (bambino). Ad
esempio, per comprendere le scelte disciplinari di un insegnante nei confronti
della classe occorre conoscere la scuola, il sistema scolastico e la comunità in cui
la classe e l’insegnante sono inseriti, nonché le aspettative degli insegnanti in
relazione al comportamento in classe degli alunni, in base alle sue esperienze
precedenti. Dunque non bisogna considerare la singola parte ma il tutto.

I sistemi sono incorporati in altri sistemi. Ciò che rappresenta un’unità all’interno di
un sistema, per esempio il bambino nella classe, è anche un sistema di per sé. I
teorici dei sistemi discutono le relazioni tra i sistemi e l’unità che li compongono in
termini di differenziazione e integrazione. La differenziazione indica la formazione
di sotto unità che emergono come soluzioni di adattamento del sistema e il loro
obiettivo è quello di far sì che il sistema funzioni come un tutto. Il termine
integrazione si riferisce, invece, alla necessità che le sottounità differenziate siano
anche integrate o correlate l’una all’altra per realizzare la funzione primaria del
sistema e consentirgli di mantenere la propria integrità e la propria identità
globale.

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Nell’educazione, i programmi speciali rappresentano una sottounità, all’interno di
una scuola, che risponde a esigenze particolari che non potrebbero essere
affrontate con i consueti programmi educativi. Ma perché il sistema scolastico
funzioni, l’educazione speciale e l’educazione regolare devono essere integrate
all’interno della scuola e non funzionare come due entità separate. Le soluzioni
per le molte sfide implicite nell’insegnamento ai bambini e spesso per i bambini a
rischio, prevedono una strategia di differenziazione, cioè la creazione di nuove
unità come nuovi programmi, nuove classi, nuove figure professionali e nuovi
servizi. Questa risposta ha portato all’eccessiva differenziazione e alla mancanza
di integrazione nelle attività attuali connesse all’educazione speciale e, più in
generale, nelle soluzioni possibili per i bambini a rischio.

Di solito, quando un bambino manifesta difficoltà di apprendimento o problemi


comportamentali, si propone l’invio all’esperto al di fuori del contesto della classe
attraverso sedute di sostegno e di rafforzamento che interferiscono con la
normale attività didattica che il bambino non riesce più a seguire regolarmente.
Dalla prospettiva della teoria dei sistemi, questi interventi rappresentano un livello
alto di differenziazione e specializzazione, rispecchiando in realtà la mancanza di
una visione integrata del bambino e delle relazioni bambino-insegnante, e quindi
può essere di per sé negativo. Da una prospettiva diversa, è possibile individuare
proprio all’interno della classe le risorse da sfruttare, cercando di non allontanare il
bambino in difficoltà dalla classe ed utilizzare le interazioni tra il bambino e
l’insegnante per contenere la probabilità di insuccesso. I bambini hanno bisogno
di sistemi più piccoli o più integrati per avere successo a scuola, in particolare i
bambini le cui esperienze sociali sono state frammentarie e scarsamente
supportive.

La teoria generale dei sistemi suggerisce una serie di principi per la valutazione di
sistemi che possono guidare l’osservazione delle relazioni tra insegnanti e bambini
o tra altri sistemi che hanno rapporti con tale tipo di relazione. Si tratta di una serie
di variabili, rispetto alle quali i sistemi si differenziano, che indicizzano il grado di
adeguatezza di un dato sistema a rispondere alle sfide o a regolare il
comportamento di individui che fanno parte del sistema.

La flessibilità è il segno distintivo dell’adeguatezza del sistema o della sua


capacità di adattamento. Un sistema flessibile è in grado di rispondere a una
vasta gamma di condizioni contestuali e di pressioni interne. Le relazioni flessibili tra
insegnanti e bambini contribuiscono a soddisfare molti bisogni dei bambini,
funzionano in diversi contesti e sostengono il bambino in tanti modi. La flessibilità
nelle relazioni tra insegnanti e bambini permette a questi ultimi di beneficiare in
diversi modi delle risorse insite in tali relazioni. Un altro aspetto dei sistemi che può
essere oggetto di valutazione è il grado di differenziazione, in quanto, una minore
differenziazione favorisce la creazione di relazioni tra insegnanti e bambini in
grado di contenere gli effetti del rischio. Affinché le relazioni funzionino come
meccanismi di regolazione dello sviluppo è indispensabile che le interazioni siano
sufficientemente intense e frequenti, ma l’organizzazione del tempo nelle scuole di
solito ostacola la formazione di questa relazione in modo stabile e intensa.

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CAPITOLO 3 – IL BAMBINO COME SISTEMA EVOLUTIVO

La psicopatologia evolutiva contribuisce a individuare i percorsi che conducono a


risultati problematici e il ruolo che i contesti possono svolgere nel modificare tali
percorsi, ha quindi uno scopo preventivo. Assume una prospettiva olistica, tiene
conto dei processi sociali e relazionali e della struttura dei comportamenti che
l’individuo manifesta in diversi ambiti.

Il bambino in quanto sistema evolutivo, si trova ad affrontare sfide evolutive


complesse la cui risposta dipende dal contesto e dalle capacità di quest’ultimo di
favorire le condizioni per l’adattamento a tali sfide. Dunque non è possibile
separare il contesto dall’adattamento del bambino. I processi sociali e le relazioni
sono fondamentali per comprendere l’origine e l’evoluzione dell’adattamento o
dell’incapacità di adattamento dei bambini. La storia evolutiva, infatti, è
importante perché l’adattamento precoce pone le basi per la competenza
successiva.

Molto importante è la natura delle relazioni tra il bambino e gli agenti socializzanti
e caregiver: genitori e insegnanti. I bambini e i contesti in cui essi si sviluppano
sono sistemi complessi e le interazioni che hanno luogo al loro interno possono
essere considerate in termini di co-azione che si basa sulla premessa secondo la
quale l’attività di un dato sistema è basata sull’attività di altri sistemi e al
contempo la influenza.

Sroufe e Greenspan hanno immaginato lo sviluppo con un insieme di temi attorno


ai quali sono organizzati il comportamento del bambino e le interazioni con il
contesto. Questi temi compaiono a diverse età e si organizzano successivamente
all’interno di determinati pattern di adattamento. In particolare, le relazioni tra
adulti e bambini svolgono un ruolo chiave nella regolazione dell’adattamento di
un bambino rispetto ad ogni singolo tema. Comprendere questi temi, la loro
organizzazione e il ruolo del contesto, è fondamentale per capire l’importanza
delle relazioni con gli adulti nello sviluppo dei bambini. Aiuta, inoltre, a
comprendere il ruolo di relazioni tra insegnanti e bambini ad alto rischio nelle
scuole.

I temi fondamentali comprendono i seguenti aspetti della prima infanzia:

- La regolazione e modulazione dell’attivazione fisiologica e dell’attenzione


condivisa  il bambino piccolo e il caregiver devono tollerare stimoli sociali
fisici che diventano con il tempo sempre più complessi. La condizione
immatura del bambino fa sì che esso debba fare ricorso all’intervento del
caregiver. Nelle forme più competenti di adattamento, il bambino risponde
alle routine impostate dai caregiver e con questi ultimi stabilisce ritmi
regolari di nutrimento, attività, veglia e sonno al fine di raggiungere il senso
di sé e delle relazioni. Nelle forme meno competenti di adattamento, il
bambino può mostrare scarso interesse per le interazioni, difficoltà di essere
tranquillizzato e consolato, mostra comportamenti disadattivi che sono

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frutto di un attaccamento insicuro, di una scarsa esplorazione, di una
autoregolazione inadeguata anche a livello scolastico.
- Formazione e mantenimento di una relazione di attaccamento efficace 
un attaccamento efficace fornisce al bambino un senso di sicurezza
all’interno della relazione e crea la base per l’esplorazione degli oggetti e
del mondo interpersonale. Le strategie per la regolazione emotiva e
comportamentale apprese nel contesto delle relazioni genitore-bambino
possono essere trasferite nella relazione con figure non parentali sulle quali il
bambino fa affidamento per l’assistenza e per ricevere protezione e
conforto.
- Fiducia in sé stessi o autonomia  riconosce che gli sforzi del bambino di
soddisfare le richieste sociali e le esigenze provenienti da compiti specifici,
hanno una base relazionale. La fiducia in sé stessi si osserva nei bambini che
si impegnano con entusiasmo nei problemi, che persistono nell’impiegare le
proprie energie prima di rinunciare, che manifestano il proprio disagio e
utilizzano le risorse altrui per risolverli. La fiducia in sé e negli altri sono segnali
di un adattamento competente. La fiducia in sé gioca un ruolo importante
nella capacità del bambino di adattarsi alle sfide scolastiche, compresi gli
aspetti di interazione sociale con i pari.
- Abilità allargata di organizzare e coordinare risorse ambientali e personali 
si basa sull’attaccamento e sulla fiducia precoce in sé stessi, quando le
richieste nei confronti del bambino diventano più complesse e astratte. Si
tratta della sfida che propone la scuola elementare, incorporata nella sfida
dell’autoregolazione, ossia creare immagini interne e condividerle con altri
attraverso i simboli. L’uso organizzato e intenzionale delle parole, dei
pensieri, delle idee e dei concetti caratterizzano un allievo competente
delle scuole elementari.
- Relazioni tra compagni e il loro di efficacia  i compagni sono sorgenti di
sfide e di risorse. Le relazioni tra pari sono connesse alla storia relazionale
precoce del bambino avuta con i caregiver e con altri membri della
famiglia: i bambini sicuri tendono a stringere rapporti di amicizia tra loro,
riescono a relazionarsi meglio, al contrario dei bambini insicuri i quali sono
meno adattati. L’insuccesso nelle relazioni tra pari è un segnale importante
di non adattamento ed è predittivo di disturbi futuri.
- Formazione di un senso stabile del sé, uso efficace dell’autocontrollo e della
rappresentazione simbolica  influenzano le relazioni tra il bambino e molti
sistemi. Emergono dalle relazioni con genitori, insegnanti e compagni e al
tempo stesso esercitano su di essi una grande influenza.

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CAPITOLO 4 – IL LEGAME EMOTIVO TRA I BAMBINI E GLI ADULTI

Le relazioni tra bambini e adulti hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo delle
competenze nel periodo prescolare. Le relazioni con gli adulti possono però
determinare anche problemi comportamentali e orientare alla psicopatologia,
influiscono sui risultati scolastici e sull’adattamento del bambino all’interno della
classe. Le relazioni positive consentono al bambino di avere una maggiore
autostima, di rapportarsi con i compagni, di fare buone amicizie e di reagire in
modo organizzato e fiducioso nella gestione dei compiti scolastici. Le relazioni
negative, invece, favoriscono nel bambino il rischio di sviluppare problemi di
condotta nei primi anni di scuola.

La qualità della relazione tra il bambino e la madre, si ripropone nella relazione


che il bambino istaura con l’insegnante. La relazione tra bambino e insegnante,
avrà delle influenze sulla capacità del bambino di instaurare rapporti con i propri
compagni.

Dallo studio di Pianta sono emersi 6 tipi di relazione tra insegnante e bambino:

1. Relazione dipendente (affidamento eccessivo)


2. Relazione positivamente coinvolta (calore, comunicazione)
3. Relazione disfunzionale (scarso coinvolgimento, rabbia, fastidio)
4. Relazione mediamente funzionale
5. Relazione rabbiosa (conflitto elevato)
6. Relazione non coinvolta (scarso calore, scarsa comunicazione e scarsa
rabbia).

Le relazioni tra bambino e adulto sono costituite da diversi elementi e


comprendono:

- Le caratteristiche degli individui coinvolti, ad esempio quelle di origine


biologica (genere) o i processi biologici (temperamento, patrimonio
genetico, sensibilità ai fattori di stress).
- Caratteristiche che si sviluppano nel tempo (personalità, autostima e
intelligenza)
- Il modello rappresentazionale

// Il modello rappresentazionale è una sorta di guida che l’individuo porta con sé


e che contiene una serie di regole comportamentali che si attuano nella relazione
e che sono formulate sulla base di esperienze passate. Dal punto di vista
dell’adulto, i modelli rappresentazionali comprendono sentimenti e credenze
associati alle esperienze relazionali con i bambini, sono legati al proprio ruolo nel
presente (di insegnante o genitore) e alla propria esperienza relazionale di figlio e
alunno, comprendono lo stile motivazionale e gli obiettivi da raggiungere.

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Per comprendere la qualità della relazione adulto-bambino non si può
considerare un singolo comportamento ma si deve tener conto dei processi di
feedback che si possono cogliere dal tono emotivo, dalla spontaneità, dalla
vicinanza fisica, dalla comunicazione verbale e non verbale.

La relazione tra adulto e bambino può avere anche delle influenze esterne che
possono essere il contesto storico oppure la cultura di appartenenza (ad esempio
definisce le aspettative per ogni fase di crescita), oppure gli organismi statali/locali
che stabiliscono i criteri di inserimento dei soggetti nelle classi o il numero di
insegnanti con cui il bambino entrerà in contatto ogni giorno.

Thompson ha osservato che la relazione genitore-bambino è responsabile delle


regolazioni di molti aspetti dello sviluppo emotivo quali la produzione delle
emozioni, il sollievo del disagio emotivo, il rinforzo di certe esperienze emotive,
l’interpretazione dell’emozione e dei segnali emotivi e le strategie di
autoregolazione.

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CAPITOLO 5 – LA VALUTAZIONE DELLE RELAZIONI TRA BAMBINO E INSEGNANTE

I metodi utilizzati per valutare la relazione tra bambino e insegnante esaminate dal
punto di vista del bambino comprendono le interviste e questionari studiati
appositamente per i bambini.

L’obiettivo delle interviste è di ottenere informazioni sulla percezione che il


bambino ha della propria relazione con un insegnante e in particolare, ricavarle
attraverso il racconto di esperienze specifiche. Come le interviste, anche i
questionari vengono utilizzati per esaminare la rappresentazione che i bambini
hanno delle loro relazioni con gli insegnanti attraverso la scala della qualità
relazionale di Wellborn e connel che prende in esame due dimensioni delle
esperienze relazionali dei bambini: la qualità emotiva ovvero la gamma di
emozioni che un bambino sperimenta con l’insegnante, mira a cogliere il tono
emotivo generali delle relazioni dal punto di vista del bambino e la ricerca della
vicinanza psicologica che valuta l’intensità del desiderio di vicinanza psicologica
di un bambino nei confronti di un adulto.

Wentzel esamina la cura percepita, utilizzando la misurazione dell’esperienza in


classe, per valutare il grado di sostegno sociale e di attenzione che il bambino
ritiene di ricevere dall’insegnante. Le domande mirano a valutare fino a che
punto il bambino percepisca l’insegnante come figura di supporto e aiuto in
situazioni sociali legate all’istruzione e fino a che punto lo consideri una figura
adulta capace di attenzione e cure. Infine, gli aspetti del comportamento degli
insegnanti associate alle funzioni di feedback nel modello relazionale adulto-
bambino possono essere valutati dal punto di vista degli allievi anche con
l’inventario del trattamento dell’insegnante che utilizza le valutazioni date dai
bambini sul comportamento dell’insegnante ed esamina le percezioni che gli
alunni hanno delle aspettative, dell’attenzione individuale prestata agli allievi e
della cura. Si valuta, inoltre, il grado in cui il bambino percepisce come giuste,
coerenti e adeguate le aspettative dell’insegnante; fino a che punto sente che
questi accoglie e risponde alle sue esigenze di allievo e fino a che punto lo
percepisce come una figura adulta capace di cura e attenzione nei suoi
confronti.

I metodi utilizzati per valutare la relazione tra bambino e insegnante esaminate dal
punto di vista dell’insegnante comprendono le interviste e questionari.
Per quanto riguarda i questionari, Pianta ha definito la scala della relazione
studente-insegnante per valutare le percezioni che gli insegnanti hanno delle
relazioni che instaurano con i propri allievi, si possono rilevare cinque dimensioni:

- Conflitto-rabbia (con questo bambino è una continua lotta)


- Calore-vicinanza (con questo alunno si ha un rapporto di affetto profondo)
- Comunicazione aperta (questo bambino mi racconta le sue vicende
personali)
- Dipendenza (questo bambino cerca sempre il mio aiuto quando non è
necessario)

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- Sentimenti contrastanti (l’insegnante si preoccupa di non essere in grado di
relazionarsi al bambino.

Un altro questionario è l’indice dello stress da insegnamento che esamina le


esperienze degli insegnanti associate al benessere mentale in classe.

Per quanto riguarda le interviste, Pianta e alcuni suoi collaboratori hanno


sviluppato l’intervista sulla relazione per l’insegnante per valutare le relazioni che
gli insegnanti hanno con i bambini e con sé stessi da un punto di vista
professionale.

Altri strumenti utilizzati sono i sistemi di osservazione che permettono di raccogliere


informazioni utili per interpretare le relazioni tra gli insegnanti e gli allievi
nell’ambiente della classe. I sistemi di osservazione globale utilizzati di solito non si
concentrano esclusivamente sulla relazione tra il bambino e l’insegnante. Da un
lato, questo aspetto rappresenta uno svantaggio perché i sistemi tendono a non
essere esaustivi o dettagliati in riferimento a questa relazione. Dall’altro, ciò
potrebbe anche rappresentare un vantaggio perché di solito contengono
informazioni relative all’istruzione, alla prestazione del bambino, ai contesti
interattivi e alla qualità emotiva dell’interazione che aiutano e permettono agli
psicologi di comprendere come emerge una certa difficoltà all’interno di una
relazione nella classe e se il problema si verifica soltanto nel contesto di gruppo o
è legato ai compiti scolastici.

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CAPITOLO 7 – UN SOSTEGNO AGLI INSEGNANTI: LA CHIAVE PER INFLUENZARE LE
RELAZIONI TRA BAMBINI E INSEGNANTI

Per affrontare i bambini, la cui storia relazionale non ha fornito loro l’infrastruttura
relazionale per stabilire un collegamento tra emozioni, conoscenza, linguaggi e
comportamento, può essere utile che gli insegnanti imparino a comprendere il
comportamento sociale degli allievi in funzione delle precedenti storie di sviluppo
relazionale e alla luce dell’ambiente relazionale attuale. In questa prospettiva, gli
insegnanti individueranno i bisogni di cura e di approccio gestuale da parte del
bambino e ad essi risponderanno con la vicinanza fisica, con il tono della voce,
con contatti abituali, con sensibilità le situazioni e aumentando la continuità e la
prevedibilità.

È importante che insegnanti sappiano riconoscere le relazioni problematiche


osservando il proprio comportamento e il comportamento del bambino, o
esaminando le proprie rappresentazioni di una relazione. È necessario mettere gli
insegnanti in condizione di esplorare i propri sentimenti nei confronti dei bambini,
di esaminare i propri stili relazionali e i propri bisogni e di riconoscere i segnali di
relazioni problematiche.

L’obiettivo è più facile da conseguire quando gli insegnanti si sentono sostenuti


dalle relazioni con i colleghi, con i supervisori e con i consulenti. Le scuole
forniscono servizi di supporto con consulenti che partecipano alle riunioni dei
docenti. A volte sono i direttori stessi che incoraggiano la valutazione e la
discussione di questi temi tra insegnanti. Alcuni segnali di una relazione
problematica si verificano quando il bambino e l’insegnante hanno ruoli
prestabiliti che producono esperienze e sentimenti negativi, come quando il
maestro riconosce di non poter fare a meno di reagire in un certo modo nei
confronti di un bambino. Altri segnali di una relazione in crisi sono i livelli di conflitto
elevati persistenti, il disimpegno, la sfiducia e l’incapacità di influenzare il
comportamento del bambino.

È compito degli psicologi avviare i gruppi di consulenza informali con l’intento di


promuovere la discussione di tali argomenti tra insegnanti.

Per esaminare le relazioni problematiche, lo psicologo potrà utilizzare uno


strumento di valutazione, come la STRS (questionario per individuare l’indice dello
stress negli insegnanti) e proporlo agli insegnanti per tutti i loro alunni o solo per i
bambini che sono motivo di maggiori preoccupazioni. Queste informazioni
saranno utili per illustrare meglio i problemi degli insegnanti nelle classi e per
analizzarli in maniera più approfondita.
Interviste, come la TRI, possono servire per raccogliere maggiori dettagli
sull’esperienza relazionale degli insegnanti e queste attività avranno maggiore
successo se si svolgeranno all’interno di un gruppo supportivo e aperto.

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Un altro punto nodale del lavoro che gli psicologi scolastici devono svolgere con
gli insegnanti in un contesto individuale, nel tentativo di migliorare le relazioni con i
bambini, è l’analisi delle rappresentazioni di tali relazioni. Lo psicologo potrebbe
aiutare l’insegnante a comprendere le esperienze con i bambini, le sue
rappresentazioni di queste esperienze, l’effetto che le credenze e le aspettative
hanno sul suo comportamento, e a capire come queste esperienze siano
collegate a quelle vissute in altre lezioni.

Le rappresentazioni degli insegnanti possono essere esaminate e modificate


all’interno di formati diversi come le sedute di gruppo, le sedute individuali e
anche alcune forme di autovalutazione. Uno strumento molto utile per intervenire
a livello delle rappresentazioni degli insegnanti è il filmato, usato come fonte di
feedback per il maestro. In una prima fase, l’insegnante e il consulente prendono
accordi per filmare la classe per un lasso di tempo adeguato al problema da
esaminare. Una volta videoregistrati i momenti più significativi, il consulente e
l’insegnante organizzano un incontro per rivedere insieme il filmato. L’obiettivo
della revisione è usare le informazioni contenute nel filmato come input per le
rappresentazioni dell’insegnante. L’input può essere rappresentato dal
comportamento del bambino, dal comportamento dell’insegnante oppure dai
sentimenti che il filmato suscita nell’insegnante quando lo guarda. Il consulente e
l’insegnante devono intendere la visione del filmato come uno strumento per
imparare e comprendere insieme la relazione che l’insegnante ha instaurato con
un certo bambino. Il consulente può chiedere all’insegnante di commentare il
filmato e di esprimere un’impressione, in seguito può chiedere di identificare gli
episodi cruciali contenuti nel filmato e di ricostruire i sentimenti provati in quel
momento. Nelle sedute successive, il consulente affronta con l’insegnante l’esame
dei suoi margini di tolleranza rispetto ai comportamenti relazionali dei bambini, dei
suoi atteggiamenti e sentimenti. Successivamente, nel corso di alcune sedute di
osservazione si cercano di elaborare le possibili soluzioni.

Un intervento messo in atto per migliorare la relazione insegnante bambino è la


banca del tempo, questo intervento prevede che l’insegnante, in collaborazione
con un consulente, mette in atto un regime giornaliero di momenti da trascorrere
individualmente con un bambino, di durata variabile tra i 5 e i 15 minuti. Tale
intervento è definito banca del tempo perché è associato all’idea di esperienze
positive che fortificano la relazione tra l’insegnante il bambino e l’aiutano a
superare i conflitti, le tensioni e i disaccordi senza retrocedere a livelli negativi.

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Gli aspetti fondamentali di questo intervento sono che:

1. Si dice bambini che il tempo è loro e che possono fare ciò che vogliono; gli
insegnanti seguiranno le scelte dei bambini e parteciperanno all’attività
come chiede il bambino.
2. Le sessioni, se possibile, devono essere programmate con scadenze regolari
ed è importante ricordare che le sedute hanno luogo indipendentemente
dal comportamento del bambino.
3. I comportamenti e le verbalizzazioni dell’insegnante durante la banca del
tempo devono essere più neutri e obiettive possibili e non devono essere
riferite alle prestazioni e alle abilità del bambino per cui gli insegnanti
saranno addestrati da un consulente ad assumere un tono neutro che
faciliti l’osservazione del comportamento.
4. Gli insegnanti possono inviare diversi messaggi al bambino (sono interessato
a te) nel contesto della banca del tempo che può aiutare i bambini a
definire le loro relazioni che, a loro volta, aiuteranno i bambini a capire
come utilizzare gli insegnanti nell’interazione in classe.
5. Le regole di comportamento da attuare in classe non cambiano durante la
banca del tempo.
6. L’uso della banca del tempo come rinforzatore o come punizione vanifica
l’effetto positivo delle sessioni sulla relazione bambino insegnante anzi con
ogni probabilità danneggerà la relazione.

L’intervento della banca del tempo si rende necessario quando la relazione


bambino-insegnante necessita di cambiamento. Essa è in grado di esercitare una
forte pressione sul sistema relazionale, costringe l’adulto a comportarsi in un certo
modo e tale limitazione concede al bambino la libertà di mostrare i
comportamenti e competenze che di solito non si manifestano nelle consuete
interazioni. Spesso, il bambino esplora a livello più alto, mostra interesse per il
maestro e per le sue attenzioni. Di conseguenza le percezioni del maestro e quindi
le credenze rappresentazionali potranno cambiare o almeno essere sottoposte a
un riesame. Anche processi di feedback di scambio tra maestro e il bambino
vengono modificati con la banca del tempo che saranno poi messi in pratica
nell’interazione che si realizzano al di fuori della sezione della banca del tempo. La
gestione del comportamento impone un vincolo nelle interazioni bambino-
insegnante che influisce in maniera considerevole sulla qualità delle relazioni.

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CAPITOLO 8 – MIGLIORARE LE RELAZIONI IN CLASSE

Uno dei problemi che l’insegnante deve affrontare ogni giorno all’interno della
classe è lavorare con gruppi di bambini che hanno esigenze completamente
diverse. Spesso si affronta questo problema formando gruppi di bambini con
esigenze simili appartenenti a classi diverse, in questo modo, però, non si fa altro
che destabilizzare l’ambiente relazionale della classe perché si costringono i
bambini a numerosi spostamenti.

Esistono diverse strategie da applicare nel tentativo di migliorare le relazioni tra


bambino e insegnante a livello della classe. Nella maggior parte di esse,
l’insegnante rappresenta l’obiettivo del lavoro; in altri casi, invece, si possono
applicare pratiche che hanno come obiettivo la classe intera, per esempio
l’organizzazione della giornata, la programmazione e la gestione del
comportamento. Una strategia per influenzare le interazioni tra bambino e
insegnante a livello della classe consiste nell’esaminare i sentimenti e le opinioni
che l’insegnante ha delle relazioni con i bambini.

Gli interventi per migliorare la stabilità sono destinati all’organizzazione della


programmazione, alla gestione del tempo nella scuola e delle risorse umane con
le quali i bambini saranno in contatto. Spesso vengono proposte come soluzioni il
raggruppamento degli allievi (teaming), ma non sempre sono funzionali nel
rafforzare il rapporto tra insegnanti e bambini.

I bambini che hanno con gli adulti delle relazioni compromesse hanno bisogno di
una maggiore stabilità nelle relazioni con gli insegnanti. Per questo prima di
formare le classi, è bene conoscere le esperienze dei singoli individui e i loro
bisogni relazionali affinché si ottenga un maggiore successo scolastico dei
bambini. Quando gli insegnanti hanno pochi allievi, interagiscono maggiormente
con loro e riescono a instaurare un rapporto migliore.

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