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SPALLA
Neurodinamico Cx Tx
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Ciò vuol dire che tutte le sopraelencate strutture possono essere responsabili del dolore
alla spalla. Dovremo, attraverso l’esame soggettivo, fare una nostra graduatoria, sulle
probabilità che ogni struttura avrà di essere responsabile dei sintomi.
La spalla a livello dermatomerico è innervata da C4 a T1, a livello miotomerico da C4 a
C8, mentre a livello scleratomerico è innervata da C4 a C6. No si può, però non
considerare il trapezio (C3, C6).
Non bisogna fidarsi troppo facilmente della localizzazione del dolore, che può essere
riferito. Si pensi, ad esempio, come dolori a livello gleno-omerale possono anche essere
causati da problemi a livello di T2, per il ramo posteriore della radice che arriva fino
all’articolazione posteriormente, esattamente come quello di T12 arriva al gluteo.
Il sudotoma del braccio va da T2 a T7. Tipica rappresentazione ne è il sintomo periferico,
anche vegetativo (sudore, rossore…), alla mano, a forma di guanto.
E’ gia nota la differenza tra dolore irradiato e proiettato (vedi tabella seguente), con la
particolarità che a livello della spalla il dolore proiettato della spalla può arrivare fino al
polso.
PROIETTATO IRRADIATO
Posizione del dolore variata Segni neurologici
Dolore sordo, diffuso Filiforme, bruciore, diffuso
Prossimale++++ Distale++++
• SUONARE
• ANDARE A SPASSO CON IL CANE
DOMANDE SPECIALI:
Pazienti che rispondano affermativamente ad una domanda speciale, sono soggetti da
trattare con un grado in meno rispetto al nostro piano di trattamento programmato.
• Infiltrazioni di cortisone: per 3-4 giorni non si trattano
• Analgesici
• Interventi chirurgici
• Tumore di Pancoast
• Diabete: sono soggetti che hanno maggiore incidenza per frozen shoulder, per
una peggiore circolazione
• Asma: assumono cortisone
• Controllo del peso.
• Dolore viscerale (mal di spalla sempre ad una determinata ora, magari dopo
mangiato…)
STORIA:
• Trauma: come è caduto.
• Spontaneo
Un esempio di storia tipica è una donna di 50 anni che 2 mesi fa muoveva la spalla con
dolore, ma ora eleva a 40° ed abduce a 30°, con limite dettato da dolore. E’ un tipico caso
di futura frozen shoulder (più frequente di 6 volte nei diabetici ed a maggiore incidenza
nelle donne tra 40 e 60 anni).
La caratteristica della spalla congelata è:
I° fase, di dolore: può durare da 10 a 36 settimane.
II° fase, di rigidità: può durare da 4 a mesi.
III° fase, di recupero: può durare da 5 a 26 mesi.
E’ importante saperlo sia per la prognosi, sia per sapere quale grado di trattamento
utilizzare.
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Un altro esempio è dolore profondo anteriore, maggiore alla sera, che a volte alla notte
sveglia il paziente, poiché il braccio sembra morto. E’ un caso tipico di “dead arm
sindrom”, cioè una spalla instabile che perde controllo muscolare la notte e la sera,
quando i muscoli sono stanchi. Il Problema principale di questi pazienti può essere
rappresentato da sensazione di braccio morto quando rimane molto in alto, oppure che se
dorme con le mani dietro la testa deve riprenderla con l’altro braccio. Tipico è scarso
controllo con movimento veloce rispetto al movimento lento.
Non bisogna dimenticare che molto spesso il sintomo instabile dipende da una causa
instabile.
• Controindicazioni?
Motivazioni __________________
• Gruppo clinico
MOVIMENTI ATTIVI:
• Flessione: si osservano qualità e quantità, facendo compiere il movimento al
paziente con tutti e due gli arti (fig. 194). Se deviata va corretta (fig. 195) od
ipercorretta (fig. 196). Bisogna marcare eventuali anomalie della fluidità del
movimento. Si valuta anche il ritmo scapolotoracico da dietro al paziente (fig.
197). Ancora, si osservano i solchi (se sono aumentati, depongono per
un’anteriorizzazione dell’omero) (fig. 198). Un segno di rigidità scapolo-omerale
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Fig. 201
Fig. 203
Fig. 204
• HBB (hand behind back) (fig. 209): la misura si compie confrontando la stiloide
radiale rispetto alla vertebra (fig. 210), paragonandola con la controlaterale (fig.
211): cinque centimetri di differenza a svantaggio della dominante sono normali,
a causa delle masse muscolari più sviluppate. L’OP (fig. 212) si compie fissando
la spalla controlaterale con una mano, quella da trattare con il tronco e la
scapola con la testa, mentre il gomito del paziente è fissato da quello del
terapista. Si compie neutra fino ad un grado IV++, poi in adduzione fino ad un
IV++, poi in intrarotazione fino ad un IV++, poi in estensione fino a IV++. Se non
si giunge a nessun sintomo, si possono combinare le componenti, aggiungendo
con sequenze diverse, poiché non è clinicamente uguale aggiungere adduzione,
intrarotazione ed estensione, piuttosto che intrarotazione, adduzione od
estensione.
Fig. 212
Se, dopo tutto ciò, non si è evocato alcun sintomo, si procede coi test “se necessari”. Per
esempio, si fa compiere il movimento con un peso, o a velocità aumentata.
TEST ISOMETRICI:
Si compiono in posizione neutra o, meglio, nella posizione del problema. Si compiono per
trovare un asterisco. E’ importante non dedurre per forza che ad un test doloroso
corrisponda una lesione del muscolo relativo, poiché la contrazione cambia anche i
rapporti articolari.
MOVIMENTI PASSIVI:
Si osservano i movimenti selezionati come significativi nell’esame soggettivo e nell’esame
fisico.
Sia nel movimento di flessione che in quello di abduzione è presente un interessamento
sia Gleno/Omerale che Acromion/Omerale. Si può differenziare, con un test, se il
problema sia G/O (intra o extraarticolare) oppure A/O (intra o extraarticolare).
• Flessione: ora si osservano Pain (dolore) ,Resistance (resistenza), Spasm
(spasmo) (fig. 213). A questo punto, nell’esaminare il movimento, si possono
compiere i quattro test citati, ad esempio con dolore che compaia a circa 70°. Il
test consiste nel differenziare, con distrazioni e compressioni, in quale
articolazione sia il problema e se esso sia intra od extraarticolare. Ad esempio,
giunti al dolore si compie:
Distrazione gleno/omerale (fig. 214): se il dolore aumentasse, sarebbe
di pertinenza G/O extraarticolare; se, invece, diminuisse potrebbe
essere G/O intraarticolare.
Compressione gleno/omerale (fig. 215): se il dolore aumentasse,
sarebbe di pertinenza G/O intraarticolare; se, invece, diminuisse
potrebbe essere G/O extraarticolare.
Compressione craniale acromion/omerale (fig. 216): se il dolore
aumentasse, sarebbe di pertinenza A/O intraarticolare; se, invece,
diminuisse potrebbe essere A/O extraarticolare.
Distrazione caudale acromion/omerale (fig. 217): se il dolore
aumentasse, sarebbe di pertinenza A/O extraarticolare; se, invece,
diminuisse potrebbe essere A/O intraarticolare.
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Dopo i 70° la presa cambia (fig. 219), col braccio del paziente che viene posto
sotto l’altra ascella del fisioterapista. Inoltre cambia anche la direzione del
movimento, sia per l’articolazione G/O che A/O. Infatti, per compiere
compressione e distrazione G/O, la spinta non sarà più in direzione interno-
esterno, ma alto-basso. Dopo i 170° man mano che aumenta l’elevazione,
aumenta la compressione A/O. Quindi, se in quegli angoli il dolore aumentasse
in compressione G/O, l’origine potrà essere sia A/O che G/O, perciò, sarà
opportuno, dapprima differenziare con una distrazione G/O, e poi aggiungere
una distrazione A/O (fig. 220), con una spinta verso il soffitto, che aumenterà di
intensità all’aumentare dell’elevazione, per evitare compressione A/O. E’ questa
una manovra molto fine, che serve a testare solo una articolazione. La
compressione A/O in quegli angoli si compie con una spinta verso il pavimento
col palmo della mano (fig. 221).
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QUADRANTE:
Il “quadrante” rappresenta una buonissima tecnica sia di valutazione che di trattamento.
Non si effettua MAI con pazienti appartenenti al gruppo clinico SIn. E’ una posizione
tridimensionale dettata dai tessuti molli della spalla. Va ricordato che tutte le spalle sane
hanno un quadrante, sempre uguale universalmente, per una questione anatomica. Per
trovarlo, bisogna immaginare di aprire un libro, facendo seguire al gomito flesso a 90° una
direzione che parte dalla SIAS controlaterale e che si dirige in diagonale verso la spalla.
Giunti in elevazione massima, ci si ferma quando l’angolo tra il braccio e la verticale è di
circa 30°, sempre con rotazione della spalla neutra (avambraccio orizzontale). Qui si cerca
il quadrante, posizione raggiunta quando il braccio si ferma da solo in rotazione neutra,
seguendo una linea curva “collinare”, mentre si porta in abduzione e adduzione la spalla.
Il terapista si pone nella posizione chiamata “passo del tango”, attraverso la quale riesce,
col peso del corpo, a fissare la scapola del paziente tra il proprio deltoide e la propria
mano del lato del paziente, posta posteriormente alla scapola con pollice rivolto verso la
colonna vertebrale.
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Fig. 223
R1
P1
P2
C P2 D
IV++
IV+
R’ IV
IV-
IV--
A P1 R1 L B
Con pazienti particolarmente alti o pesanti, è possibile variare la presa, in modo che
l’avambraccio del fisioterapista resti parallelamente a contatto con quello del paziente (fig.
227), accompagnando il movimento (fig. 228).
Fig. 235: Q inf., posizione finale dopo adduzione ed intrarotazione. Il braccio non deve
arrivare oltre i – 5° di estensione sul piano orizzontale.
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Il quadrante inferiore normale ha una curva come la parte sinistra della seguente:
inferiore superiore
Tutto ciò che devi da questa curva non è da considerarsi normale, poiché può essere
condizionato solo da dolore, resistenza o spasmo. A seconda del sintomo e del C/O si
esamineranno il Q sup. o il Q inf.
Per trattare nel quadrante superiore esistono tre diverse tecniche (fig. 236):
Fig. 239:
SCOOPING
eseguito nel punto
di partenza della
curva del sintomo.
Fig. 240:
SCOOPING
all’arrivo. Fig. 239 Fig. 240
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Fig. 241:
ROOLLING OVER
eseguito nel primo
punto della curva
del sintomo.
Fig. 242:
ROLLING OVER
Fig. 241 Fig. 242 nel secondo punto.
Fig. 245: “eas off” con limite allo scuotimento dettato dalla coscia del fisioterapista. Lo si
usa negli ultimi gradi di elevazione.
Fig. 246-247: “eas off” con limite allo scuotimento dettato dalla pancia del fisioterapista, in
una posizione prossima ai 90° gradi di elevazione.
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Figg. 248-249:
“eas off” nel
quadrante
inferiore, con limite
allo scuotimento
dettato dalla
pancia del
Fig. 248 Fig. 249 fisioterapista.
“Lock Position”: è una parte del Q inf., che si trova nel punto delimitato dal riquadro. In
pratica è il punto dove la curva del quadrante inferiore rientra formando la cosiddetta
“caverna”. Un paziente con “wallet sign” positivo, in genere non ha la lock position, per cui
scopo del trattamento sarà anche arrivare ad avere quel tipo di curva.
inf. sup.
Per sapere se ci si trovi veramente in tale posizione, dopo avere sentito la “caverna”, devo
avere 4 criteri:
• Sentire il “muro”, spingendo il gomito avanti
• Sentire il “pavimento”, spingendo il gomito in basso
• Sentire il “soffitto”, spingendo il gomito in alto (fig. 250)
• Non potere effettuare rotazione interna, spingendo col mento sul polso del
paziente (fig. 251)
In pratica, si parte in estensione a –5° con intrarotazione, spingendo in avanti verso
un’abduzione, fino a che non si è giunti alla fine del movimento, senza mai perdere la
rotazione interna. In quel punto si verifica la presenza di “muro” (spingendo avanti non si
compie ulteriore movimento), “soffitto” (spingendo in alto non si compie ulteriore
movimento), di “pavimento” (spingendo in basso non si compie ulteriore movimento) e
l’assenza di
rotazione interna. Fig. 251
MOVIMENTI ACESSORI
Fig. 262
Nella tabella sono riassunte le caratteristiche e le regole che deve seguire il trattamento, in
relazione al gruppo clinico del paziente.
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Per i pazienti appartenenti al gruppo SIn la tecnica cadrà su quella che dia i migliori
risultati. Per pazienti, invece, ROM senza severità, il trattamento potrà avvenire con
dolore, purché siano rispettate le tre condizioni riportate in tabella.
Per un paziente EOR, parlando di movimenti fisiologici (figg. 263 e 264), si includono
anche quelli che avvengono nella posizione del quadrante (figg. 265 e 266), oppure in una
posizione più vicina a quella del sintomo (figg. 267 e 268).
Fig. 270
Fig. 271
Fig. 272
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Fig. 275
Fig. 276
Fig. 277
Fig. 273: PA con punto d’applicazione sulla clavicola, con presa della stessa dal bordo
posteriore con le dita lunghe. Il peso del corpo del fisioterapista determina il
movimento.
Fig. 275: AP coi pollici con punto d’applicazione sullo spazio intraarticolare.
Fig. 285: fissazione della colonna lombare con il gomito per compiere la
retrazione.
Fig. 287: fissazione del bacino col gomito per compiere la protrazione.
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Nella scapola è intuitivo capire come combinare ed angolare non sia la stessa cosa (figg.
288 e 289).
STERNO-CLAVEARE:
• AP: si compie sulla clavicola, sullo spazio articolare oppure sullo sterno (figg.
294-295);
• Longitudinale caudale: si può effettuare solo su clavicola e spazio articolare
(figg. 296-299);
• Compressione e distrazione (fig. 300);
• Rotazione assiale (fig. 301).
COLONNA DORSALE
Domande speciali:
• Problemi respiratori;
• Problemi viscerali;
• Osteoporosi;
• Sindrome di Tietze: tumefazione dolente a livello sternocostale spesso legati alla
respirazione che si risolve spontaneamente nel giro di 20 giorni;
• Perdita di peso;
• Stato di salute in generale, chiedendo i sintomi associati quali vomito e sintomi
legati alle funzioni viscerali.
Storia:
Tutti pazienti che hanno effettuato precedenti trattamenti ad altri distretti (tennis elbow,
tunnel carpale, cervicale…), ma sono terapia-resistenti, vanno trattati a livello toracico
(coste, neurali…).
24 ore:
Se il dolore al mattino dura molto a lungo, bisogna escludere spondilite anchilosante.
Viscerale:
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Il dolore viscerale può essere puntiforme o come una fascia. I sintomi sono spesso
descritti come profondi, vaghi, pulsanti, dolori a riposo, costanti ed eventualmente variabili.
I sintomi associati ricorrenti sono: sensazione generale di malessere, crampi addominali,
vomito, inappetenza, dolori respiratori, pelle d’oca, sudore, problemi alla vescica o
all’intestino.
Il comportamento del dolore non dipende dal movimento a dalla posizione. I pazienti affetti
da tali problematiche spesso riferiscono dolore sempre intorno alla stessa ora, oppure
quando sono in funzione gli organi.
Spesso i sintomi non sono legati alla storia.
Sindrome di T4:
Classica rappresentazione sono sintomi vegetativi a “guanto”, bilaterale o monolaterale,
che può associarsi anche alla testa, ma sempre associata ai sintomi delle braccia. I
sintomi sono parestesia, anestesia, formicolìo, dolore, gonfiore soggettivo od oggettivo alle
mani e avambracci.
Caratteristica è la forma completa del guanto. Se bilaterale, sarà sempre bilaterale, se alla
testa, sempre con una o due mani. Alla testa assume le caratteristiche di un sintomo
diffuso, vago, che stringe come una corona.
Tipico è il comportamento del sintomo che sveglia alla notte il paziente a metà del sonno.
quando il soggetto, però, muove un po’ la mano, la situazione migliora. E’ più probabile
che cambi la frequenza del sintomo piuttosto che la localizzazione o l’intensità.
A livello neurologico non si trova alcun segno.
Spesso la mobilità cervicale e della spalla è normale e neppure si riscontrano dolore e
rigidità dorsale. Bisogna sempre verificare la mobilità dorsale, poiché per alcuni pazienti
essere rigidi a questo livello è normale e non lo avvertono come sintomo.
E’ un esempio tipico “alla Maitland”, perché l’eziopatogenesi è ignota. L’unica cosa che si
sa è che migliora con trattamento a livello di T2, T3 e T4. Si chiama “sindrome di T4”,
perché T4 è sempre coinvolta. T4 non è una diagnosi, ma uno schema clinico. La
spiegazione può essere: canale stretto a livello di TX, scarsa vascolarizzazione, scarsa
mobilità….
L’incidenza è maggiore nelle donne tra 30 e 50 anni (la cifosi a questa età aumenta
maggiormente nelle donne che negli uomini).
E’ opportuno porre attenzione a donne in postgravidanza o con seni pesanti.
Ispezione:
Si osservano allineamento delle spalle, dorso piatto o dorso curvo (è preferibile un dorso
curvo che sottintende a migliore ammortizzazione), posizione della testa (in avanti, o
retratta)….
Dimostrazione funzionale:
Movimenti attivi:
• Flessione: si chiede al paziente di portare, a braccia conserte, ogni gomito
all’inguine omolaterale (fig. 302). In assenza di sintomo si può aggiungere
eventuale OP generale, dove il fisioterapista, posto di fronte al soggetto, spinge
con le proprie mani, poste sulle spalle del paziente, ad indici sulle clavicole, in
direzione degli inguini (fig. 303), oppure localizzata. Per quest’ultima, il paziente
incrocia le proprie mani dietro al collo e compie il movimento. Per il tratto dorsale
alto (TDA) (fig. 304) il terapista, posto di fianco al paziente, pone la mano
anteriore sui gomiti e la posteriore con il lato ulnare su C7, compiendo un
movimento come per “girare il volante” con un raggio piccolo; per il tratto dorsale
medio (TDM) (fig. 305) con raggio più ampio e bordo ulnare della mano caudale
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su T4; per il tratto dorsale basso (TDB) (fig. 306) la mano va su T7 ed il raggio è
ancora più ampio, tendendo ad appiattire la direzione del movimento.
• Estensione (fig. 307): il paziente, con le mani incrociate dietro al collo, compie
un’estensione toracica. Per l’eventuale OP generale (fig. 308), l’esaminatore è
posto di fianco al soggetto ed il braccio anteriore passa sotto le sue ascelle,
mentre la posteriore fissa col bordo ulnare T11, compiendo una flessione
laterale senza lasciare spazio tra sé ed il paziente. Può utilizzare uno sgabello
se il paziente è ipermobile a livello lombare (fig. 309). Le OP localizzate si
compiono al TDA con fissazione di T4 (fig. 310), TDM con fissazione di T7 (fig.
311), TDB con fissazione di T11 (fig. 312), con aggiunta di quella sulla vertebra
locale con presa “pinza-naso” e fissazione, spinta PA o entrambe (fig. 313).
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• Flessione laterale (fig. 314): l’OP generalizzata (figg. 315-317) viene compiuta
con fissazione a livello di T11 col bordo radiale della mano del terapista e
movimento generato dalla flessione delle sue ginocchia, mentre quelle locali
avvengono con fissazione di T4 per il TDA (fig. 318), T7 per il TDM (fig. 319) e
T11 per il TDB (fig. 320). Trovato il tratto dolente, si lavora con OP sulla vertebra
specifica, fissando col pollice la spinosa (fig. 321) durante il movimento, oppure
spingendola addirittura dal lato controlaterale al movimento (fig. 322).
Fig. 321
Esame neurologico:
Si esegue solo il test di sensibilità. Tipico esempio è il paziente che non sente il panno
quando si asciuga la schiena.
I test neurodinamici utili alla valutazione del tratto toracico sono tutti (slump, PBK, SLR…).
Fig. 330: distanza di due dita lateralmente alle spinose per compiere un PA sulla traversa.
Fig. 337: Liberazione della costa facendo scendere il braccio del paziente
PPIVM’s (T4-T10):
Si compiono per valutare ipomobilità, ipermobilità, instabilità, qualità e quantità del
movimento.
• Flessione: si solleva la paziente con mani alla nuca, mentre col dito medio si
valuta l’apertura delle spinose. Il movimento avviene per flessione laterale
dorsale del fisioterapista (figg. 341 e 342). Per valutare i diversi livelli, il
movimento rimane lo stesso, mentre il dito si sposta prossimamente o
distalmente. La colonna lombare dell’esaminatore rimane ferma.
Fig. 341: PPIVM’s T4-
T10 in flessione. Il
fisioterapista avvolge
col braccio il torace
del paziente per
compiere trazione.
Fig. 342: Mentre il
terapista compie il
movimento con
propria flessione
laterale dorsale,
avverte l’apertura
delle spinose col dito
medio dalla parte
Fig. 341 Fig. 342
opposta alla sua.
• Estensione: Non cambia nulla, a parte il fatto che con il bordo ulnare della
mano si compie una stabilizzazione, sposandosi ad ogni diverso livello (figg. 343
e 344).
Fig. 343: PPIVM’s T4- Fig. 344
T10 in estensione. Il
fisioterapista
stabilizza col bordo
ulnare il livello in
oggetto della
valutazione, mentre
con un’inclinazione
laterale del proprio
corpo determina
un’estensione
dorsale.
Fig. 345
Fig. 344: PPIVM’s T4-
T10 in estensione. Fig. 343
Stabilizzazione del
livello con appoggio
• Flessione laterale (fig.
del bordo ulnare.
345): trovata la posizione
neutra in flesso-estensione, si
Fig. 345: PPIVM’s T4-
compie una flessione laterale
T10 in flessione
attraverso un’estensione del
laterale, che avviene
terapista senza trazione del
per estensione del
paziente. Il dito medio saggia
fisioterapista.
la quantità di movimento.
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• Rotazione: bisogna controllare, con paziente sul fianco con mano sulla clavicola
controlaterale, che il tratto in esame sia ben allineato. L’esaminatore si appoggia
sul bacino del soggetto in modo che l’avambraccio del terapista sia parallelo alla
colonna vertebrale (fig. 346). Il medio viene posto col polpastrello sulla punta
della spinosa (fig. 347). Il movimento finisce quando si avverte che la vertebra
inferiore comincia a spingere sul dito. La spinta viene impressa con avambraccio
del fisioterapista su quello del paziente (fig. 348) e non con la mano sulla spalla,
per non spostare la scapola, ma fare in modo che il movimento sia una vera
rotazione delle vertebre toraciche.
Fig. 346
Fig. 347
PPIVM’s (C7-T4):
Perché avvengano correttamente, la colonna cervicale nel tratto compreso tra C0 e C7
deve risultare fermo.
Il paziente giace sul fianco
• Flessione (figg. 349-351): la fronte del soggetto è appoggiata sul bicipite del
terapista, la cui mano “sposa” la forma del collo, con mignolo ancorato su C7.
Tutto il “sistema” testa-C7 è fermo e si muove rispetto ai segmento sottostanti,
attraverso un movimento di retrazione della scapola del fisioterapista, che valuta
il movimento nella stessa maniera della rotazione precedente.
101
Fig. 349
Fig. 349: PPIVM’s C7-T4 in flessione. Il movimento avviene per retrazione della scapola del
fisioterapista, metre col medio dell’altra mano avverte la quantità di movimento.
Fig. 350: PPIVM’s C7-T4 in flessione. La fronte del paziente è appoggiata sul bicipite del
fisioterapista.
Fig. 351: PPIVM’s C7-T4 in flessione. La mano del terapista ”sposa” la forma del collo del
soggetto.
Fig. 352: PPIVM’s C7-T4 in estensione. Il movimento, con prese identiche alle
precedenti, avviene per protazione della scapola dell’esaminatore.
Fig. 353: PPIVM’s C7-T4 in rotazione. Il movimento avviene con elevazione della
scapola del fisioterapista
• Flessione laterale: giunti in posizione neutra, spingendo col bordo ulnare sulla
parte laterale di C7, l’esaminatore imprime il movimento compiendo una
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flessione laterale del proprio corpo mentre il dito medio dell’altra mano valuta la
quantità di movimento tra le spinose (figg. 354-356).
Dimostrazione funzionale:
Un esempio di trattamento per sintomi neurovegetativi è rappresentato dalla figura 357. In
pratica, il sistema nervoso viene messo sotto massimo stress, per poi compiere dei PA
Sull’articolazione costo-traasversaria oppure lungo le coste.
ANCA
ESAME SOGGETTIVO (C/O):
I problemi principali per cui i pazienti si rivolgono al fisioterapista sono:
• Dolore
• Rigidità
• Debolezza
• Scrosci articolari
Le localizzazioni più frequenti dei sintomi sono rappresentate da:
• Regione inguinale: può sottintendere, però, anche a problema toracico o del
dermatomero L1-L2 (in questo caso il sintomo sarà riferito come superficiale,
diffuso e poco localizzabile). Anche l’articolazione sacroiliaca può essere
responsabile di localizzazione a tale livello, così come un ovaio.
• Regione interna del ginocchio.
• Regione glutea: si pensi anche al ramo posteriore di T12 che arriva
posteriormente alla spalla. Parimenti, a livello Lombare ed S1,2,3, il ramo
posteriore arriva fino al gluteo. In questi casi il dolore sarà superficiale con
possibili cambiamenti a livello neurologico, elemento utile alla differenziazione.
Anche in questo caso può essere coinvolta la sacroiliaca (L2-S2). In questi casi
il dolore è spesso descritto come “strano”, oppure presentarsi un sintomo come:
sensazione di pesantezza della gamba;
episodi di “inciampo” facendo le scale, in assenza di segni neurologici;
impressione che l’anca stia per uscire.
Non bisogna dimenticare del disco lombare, che può dare dolore in tale zona.
Ancora, dolore gluteo può derivare dalle articolazioni sacro-coccigea e dalle
sinfisi pubiche.
• Regione trocanterica: bisogna compiere diagnosi differenziale con la borsite,
che, peraltro, evoca un dolore superficiale molto locale.
• Riferito verso la regione lombare.
• Regione quadricipitale: va differenziato con problematiche di pertinenza
lombare (provocano sintomi distali meno intensi dei prossimali), radicolare (che
avrà inoltre segni neurologici), viscerali (reni, vescica, stomaco…), dorsale (si
pensi sempre al ramo posteriore di S2).
• Regione anteriore della gamba.
• Anestesia alla regione laterale della coscia (“meralgia parestesica”), per
compressione del n° cutaneo laterale della coscia (L2, L3).
• Dolore “come una fascia” sulla gamba al di sopra del ginocchio.
Uno studio ha dimostrato che l’incidenza dei sintomi nei problemi dell’anca è la seguente:
Il 60% dei casi avverte dolore nella regione quadricipitale (dolore diffuso, superficiale)
verso mediale;
il 47% nella regione inguinale (dolore profondo, lancinante) in assenza di segni
neurologici;
Il 40% nella regione tibiale (dolore profondo);
Il 40% nella regione sacroiliaca (sensazione di tensione, superficiale);
Altri, ancora avvertono sintomi come una fascia sulla coscia (sensazione di
compressione);
Infine, una piccola parte nella regione trocanterica (dolore profondo, sensazione di
pressione);
Raramente, anche dolore profondo solo al ginocchio.
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DOMANDE SPECIALI:
• Osteoporosi.
• Aumento di peso.
• Protesi (sarà un paziente SIn per la natura chirurgica del problema): chiedere
sempre se è stato operato per rigidità, dolore o frattura. Domandare come sia
andata la situazione dopo l’intervento. Si mobilizzano con grado III, perché non
sono mai EOR. E’ consigliabile compiere movimenti accessori, piuttosto che
fisiologici, per il fatto che si ha ottiene migliore controllo della mobilizzazione da
parte del fisioterapista.
• Displasia.
• Morbo di Perthes (necrosi giovanile della testa).
• Osteocondrite giovanile.
• Necrosi asettica della testa del femore (Peggioramento repentino nel paziente
dopo i 60 anni).
STORIA:
• Artrosi, dolore spontaneo.
• Mestieri che richiedano carico intenso e/o prolungato.
• Sport di salto, maratona.
• Un problema cronico dell’anca, dovrà sempre essere trattato anche in
associazione alla colonna lombare ed all’articolazione sacroiliaca.
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DIMOSTRAZIONE FUNZIONALE:
Per ciò che concerne la differenziazione tra anca e colona lombare si veda il capitolo
relativo a quest’ultima, dove già abbiamo abbondantemente descritto il ragionamento
clinico che guida tale operazione.
Un capitolo fondamentale è costituito dall’ANALISI DEL CAMMINO. E’ sempre
interessante osservare il soggetto normalmente e, poi, eventualmente:
- In intrarotazione (fig. 358);
- In extrarotazione (fig. 359):
- All’indietro, con passi più o mano lunghi (specie se problema si manifesti in
estensione), osservando la piega glutea (sarà minore dal lato con minore
estensione);
- In avanti con skip (maggiore compenso in estensione lombare dove l’anca
risulti rigida);
- Per differenziare con un problema femoro-tibiale, sarà utilissimo chiedere al
paziente di camminare sui talloni;
- Per differenziare con un problema femoro-patellare, si potrà far camminare
la persona con le ginocchia piegate.
Ancora, può risultare utile l’ANALISI DELLA POSIZIONE SEDUTA. Sostanziale è il
rilevare la misura della distanza tallone-sedia, per vedere a che distanza comparirà il
sintomo (sarà un *, segno oggettivo comparabile) (fig. 360).
Infine, è interessante l’ANALISI DELL’ACCOSCIATA. In questo caso il segno comparabile
risulterà essere la distanza tallone-gluteo (fig. 361).
MOVIMENTI ATTIVI:
• Flessione attiva. Si osservano qualità e quantità del movimento (fig. 362).
• Flessione del lato malato. Si possono osservare deviazioni, quali flessione in
intrarotazione ed abduzione (fig. 363).
• Flessione del lato sano (fig. 364).
• Abduzione bilaterale (fig. 365).
• Adduzione (fig. 366).
• Intrarotazione (fig. 367).
• Extrarotazione (fig. 368).
• Misura dei 90° totali della rotazione (60° di extrarotazione e 30° di intrarotazione): si
pone il proprio sterno sulla rotula del paziente con anca in massima rotazione esterna,
si compie intrarotazione passiva, verificando che la tibia arrivi sul petto del terapista
(fig. 369). In caso di problema sacroiliaco il ROM totale della rotazione sarà sempre
90°, ma si potrà ritrovarlo con arco spostato.
• Estensione attiva da prono (fig. 370). Se compare dolore, è opportuno compiere
differenziazione tra anca, sacroiliaca e colonna lombare. Per eseguirla, si procede con
un PA sul femore, per poi estendere solo l’anca (fig. 371): se compare dolore, il
problema è di pertinenza dell’anca, altrimenti bisogna procedere col movimento. Nel
tal caso, si fissa il sacro compiendo un’estensione sia dell’anca che della sacroiliaca
(fig. 372): se compare dolore, sarà un problema sacroiliaca, altrimenti lombare.
Fig. 362
MOVIMENTI PASSIVI:
• Rotazione interna da prono (fig. 373).
• Rotazione esterna da prono (fig. 374).
• Flessione da supino, con eventuale OP (fig. 375). Anche attraverso i movimenti passivi
si può compiere differenziazione tra anca e colonna lombare, attraverso fissazione
dell’osso iliaco con la coscia craniale del fisioterapista posto in piedi accanto al
paziente (fig. 376). Compiendo una rotazione interna passiva fino a giungere al
sintomo, valutandone poi il comportamento togliendo la fissazione dell’ileo (fig. 377): se
aumenta, sottintende a pertinenza lombare; se diminuisce, invece, significa che è
causato dall’anca.
Fig. 376
Fig. 379: tecnica di trattamento in flessione ed adduzione. Presa con incrocio delle
mani sulle regione mediale del ginocchio del paziente
adduzione
Ovviamente, come per la spalla, si possono compiere trattamenti con OP, scooping, rolling
over (fig. 380). Dopo avere trattato, possono essere utili, per eliminare i fastidi causati dal
trattamento, degli “eas off” “scotendo” la gamba del paziente sul proprio petto (fig. 381).
Nel caso non si trovino sintomi o segni comparabili, si possono cercare con:
• Combinazioni: in flessione – adduzione - rotazione interna, oppure in flessione –
adduzione – rotazione esterna (fig. 382). L’eas off dopo un movimento
combinato va compiuto in entrambe le componenti.
• Compressioni: da un grado IV= fino ad un V ++. Si compiono in diverse
direzioni:
o Lungo l’asse del femore (fig. 383): il fisioterapista si lascia cadere sopra
l’asse del femore, imprimendo la spinte col proprio mento;
o Lungo l’asse del collo del femore (fig. 384), imprimendo la spinta col proprio
inguine, magari interponendo la mano tra il paziente ed il proprio corpo (fig.
385).
• Compressione mediale più intensa: il paziente giace sul fianco sano mentre il
fisioterapista vi si “sdraia” sopra mentre flette ed estende l’anca del malato (fig.
386).
• Compressione anche per i pazienti che presentino sintomi in estensione: si
possono compiere in flessione (fig. 387), ed anche in intra od extrarotazione (fig.
388). Il paziente rimane supino con ginocchio flesso fuori dal lato corto del
lettino, mentre il fisioterapista, sedutovi di fronte, imprime le compressioni in
senso longitudinale craniale.
Fig. 385
MOVIMENTI ACCESSORI:
• Shaft rotation: da supino (fig. 394), sul fianco in rotazione interna (fig. 397) e sul
fianco in rotazione esterna (fig. 398). Nel caso di paziente ROMs è possibile
compiere shaft rotation in posizione funzionale (figg. 403 e 404).
• Trasversale laterale: da supino (fig. 395) e con paziente sul fianco (fig. 401). Nel
caso di paziente ROMs è possibile compierlo in posizione funzionale (fig. 405).
• Longitudinale caudale: con paziente sul fianco (fig. 396) e supino (fig. 402).
• PA con paziente sul fianco (fig. 399).
• AP con paziente sul fianco (fig. 400).
• Compressione lungo l’asse del collo del femore in posizione funzionale per
pazienti ROMs (fig. 406).
Fig. 403: esempio di shaft totation in posizione funzionale (flessione d’anca a 90°) per
pazienti appartenenti al gruppo ROMs.
Fig. 404: altro esempio di shaft totation in posizione funzionale (minore flessione
d’anca) per pazienti appartenenti al gruppo ROMs.
Fig. 405: esempio di movimento accessorio trasversale in posizione funzionale per
pazienti appartenenti al gruppo ROMs.
Fig. 406: esempio di movimento accessorio di compressione lungo l’asse del collo del
femore per pazienti appartenenti al gruppo ROMs.
Ovviamente, quando richiesto dal trattamento e consentito dal quadro clinico, è possibile
combinare, angolare, ecc.
Possibili combinazioni sono:
• Rotazione con movimento accessorio trasversale laterale (fig. 407)
• Flessione con movimento accessorio longitudinale caudale (fig. 408)
• Flessione con movimento accessorio di compressione lungo l’asse del
femore (fig. 409)
• Flessione con movimento accessorio di compressione lungo l’asse del collo
del femore (fig. 410)
• Rotazione con aggiunta di più o meno compressione lungo l’asse del collo
del femore (figg. 411 e 412)
• Combinazione di flessione e adduzione (fig. 413)
• Combinazione di flessione, adduzione e rotazione (414)
Fig. 415: OP (freccia bianca) e SCOOPING (freccia verde) per pazienti EOR.
Fig. 416: ROLLING OVER per pazienti EOR.
Fig. 417: combinazione di flessione e distrazione per pazienti EOR.
Fig. 418: combinazione di flessione, distrazione e rotazione interna per pazienti EOR.
Fig. 419: combinazione di flessione, distrazione e rotazione esterna per pazienti EOR.
Fig. 420: combinazione di flessione e AP per pazienti EOR.
Fig. 421: PA in flessione per pazienti EOR.
Fig. 422: PA in estensione per pazienti EOR.
Fig. 423: combinazione di estensione e compressione lungo l’asse del collo del femore per
pazienti EOR.
Nel frequente caso di pazienti artrosici, è invece possibile compiere delle rotazioni
appositamente dedicate (fig. 424) e differenziare se, nel caso di dolore inguinale in
rotazione interna, l’origine sia lombare o imputabile all’anca. Se duole l’inguine, il dolore
potrà presentarsi come superficiale, vago (si pensi al dermatomero di L1), oppure fitto e
profondo (si pensi piuttosto all’anca). Con intrarotazione dell’anca compare dolore, ed in
quel punto il fisioterapista fissa l’ileo con il proprio inguine (fig. 425): se il dolore aumenta o
non varia è imputabile all’anca, perché viene limitata la flessione laterale lombare, se
diminuisce è lombare. L’operatore toglie quindi la fissazione dell’inguine per verifica (fig.
426): se il dolore aumenta è lombare, poiché ritorna la flessione laterale, altrimenti è
imputabile all’anca.
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Per concludere, riportiamo nella tabella che segue, le regole da seguire per un corretto
trattamento dell’articolazione dell’anca: