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REPARTI DI FISIATRIA
La fisiatria è quella scienza che si occupa del recupero funzionale dopo un evento acuto: i
principali campi d’applicazione sono la neurologia e l’ortopedia (ma anche l’ambito
uro-ginecologico, cardiovascolare e respiratorio sono coinvolti).
Suddividiamo i reparti di fisiatria tramite dei codici nazionali: questo perché ognuno di questi
reparti ha un obiettivo specifico diverso, a cui quindi affluiscono pazienti con diverse
potenzialità riabilitative.
I codici sono 56, 75, 28 e 60.
CODICE 56: è il classico reparto di RIABILITAZIONE INTENSIVA, nel quale vengono
trasferiti i pazienti dopo un evento acuto (fratture, traumi), se:
- Possono rimettersi in piedi (a carico anche parziale)
- Non hanno complicanze internistiche che impediscano 2 volte al giorno di fare
fisioterapia
- Non hanno complicanze alle funzioni corticali superiori tali da rendere difficoltosa la
riabilitazione
- Il potenziale di riabilitazione è favorevole
L’obiettivo di questo reparto è quello di accogliere i pazienti con “SITUAZIONE
FUNZIONALE MODIFICABILE”, che avendo alte potenzialità di recupero possono migliorare
le proprie performance fisiche. Ad essi dovrebbe essere fornita alta assistenza medica e
infermieristica e attrezzature tecnologiche all’avanguardia (esoscheletri, ecc.).
In 2-3 settimane, i pazienti, dovrebbero incrementare le proprie performance fisiche per
essere trasferiti al proprio domicilio, dove continueranno l’attività riabilitativa
CODICE 60: è la LUNGODEGENZA, un reparto in cui i soggetti che vi sono ricoverati non
hanno autorizzazione “al carico” e hanno bisogno di assistenza, soprattutto infermieristica, e
fisioterapia per prevenire i danni secondari da allettamento (piaghe da decubito, il ristagno di
secrezioni bronchiali, ecc.).
In realtà, alcuni dei pazienti del codice 60 potrebbero, superata la fase in cui sono non
riabilitabili, rientrare nel codice 56.
CODICE 75: NEURORIABILITAZIONE, unità di riabilitazione per pazienti con gravi
cerebrolesioni acquisite, traumatiche e non traumatiche, in gradi di sostenere una
riabilitazione intensiva altamente specialistica.
CODICE 28: si tratta dell’UNITA’ SPINALE, un centro riabilitativo di alta specializzazione,
destinato alla presa in carico di pazienti con lesioni midollari traumatiche e non.
RSA: altra struttura “pseudo-riabilitativa” è la Residenza Sanitaria Assistita.
I pazienti vengono fatti deambulare su un carrello, vengono invogliati al movimento, ma non
hanno obiettivi funzionali veri.
I diversi reparti di riabilitazione hanno una “mission” diversa, trattano quindi pazienti con
obiettivi e problematiche differenti.
Quindi, per fare un esempio: un paziente che proviene da ortopedia e ha un potenziale
riabilitabile viene mandato tra la 3a e la 6a giornata al codice 56. Deve essere munito di:
- radiografie;
- elenco della terapia farmacologica in atto;
- descrizione di complicanze chirurgiche o internistiche;
- esami di laboratorio;
- indicazioni sul carico (sia dal fisiatra in base all’E.O. e agli esami che il paziente
porta, sia dall’ortopedico, in base alla stabilità della frattura trattata);
Se invece il soggetto non è riabilitabile va in lungodegenza, codice 60: a questo punto o
migliora e quindi può accedere al codice 56 o resta non riabilitabile e va o a casa o nelle
RSA, se non ha supporto familiare.
Quando c’è da fare una riabilitazione, in seguito ad una frattura si pensa subito al fatto di
potenziare la muscolatura e migliorare l’articolarità dell’arto. Invece bisogna sapere che ci
sono cambiamenti importanti in tutto il corpo che influenzano negativamente la performance
motoria durante l’allettamento e la fisioterapia:
- Perdita di massa minerale ossea, sia globale (osteoporosi) sia distrettuale (nella
zona di frattura, ad esempio nelle fratture di femore si arriva a perdere il 4,5 % della
massa minerale ossea nell’arco dei 12 mesi successivi alla frattura).
- Alterazioni della massa grassa: in un primo periodo il paziente perde massa grassa
(dai primi 3-10 giorni fino ai 2 mesi successivi), successivamente (dopo 2 mesi) la
massa grassa aumenta del 7% circa.
- Sarcopenia, ovvero la perdita di muscolo che arriva al 35% nella prima settimana e
fino al 60% nel primo anno (considerando sempre una frattura di femore).
- Aumento degli indici infiammatori: citochine e le proteine pro-infiammatorie.
- Diminuzione di capacità cognitive: nel 50% dei casi, dopo i primi mesi di
allettamento.
- Depressione nel 25% dei casi nei mesi successivi l’allettamento.
La riabilitazione, per essere efficace, deve:
1) Servirsi dei giusti setting riabilitativi e della giusta strumentazione (palestre
adeguatamente attrezzate, tecnologiche)
2) Considerare le frequenti comorbidità (ipertensione e malattie cardiovascolari, D.M.,
cirrosi, obesità, ecc) per eseguire un intervento riabilitativo su misura sul paziente
3) Adottare dei protocolli, ogni protocollo presenta degli obiettivi da raggiungere
(recupero della forza muscolare, la flessione, la deambulazione su 2 appoggi, la
capacità di salire/scendere dalle scale, ecc.)
4) Adeguare l’apporto nutrizionale, soprattutto la aumentando la quota proteica per
contrastare la sarcopenia.
5) Servirsi di mezzi farmacologici/fisici (esempio: correnti elettromagnetiche) per
stimolare il trofismo osseo e porre rimedio all’osteoporosi alla quale l’allettato va
incontro:
- Adeguando l’idratazione;
- Prevenendo la formazione di piaghe da decubito e le complicanze
internistiche;
- Dando il carico al giusto momento in accordo con l’ortopedico;
- Attenzionando la modalità, la durata e l’indicazione alla somministrazione
della riabilitazione, proprio come se fosse un farmaco, attenendosi alle linee
guida;
E’ stato dimostrato che i pazienti over 65 con frattura di femore che venivano riabilitati e
riuscivano a rialzarsi entro 15 giorni avevano una ridotta mortalità rispetto agli altri: non
sempre la rapidità di ripresa indica una ripresa ottimale.
Si è visto tuttavia che nei soggetti allettati i telomeri si accorciano progressivamente più
velocemente rispetto ai soggetti che fanno attività fisica in quanto questa è capace di ridurre
lo stress ossidativo e l’infiammazione. Quindi l’attività fisica è correlata ad un aumento in
generale della sopravvivenza.
SINDROME DA ALLETTAMENTO
La sindrome da allettamento è una patologia multiorgano quasi indipendente dalla malattia
che l’ha causata. E' una patologia nella patologia, visto che subentra in un paziente che è
allettato per altre malattie.
Le patologie che portano all’allettamento sono nel 56% cardiache e neurologiche, poi
neuropsichiatriche e in seguito a chirurgia o trauma.
Si può immaginare come una prestazione fisica al contrario, infatti stare allettati richiede un
impegno maggiore di uno sforzo agonistico mentre si riduce la prestazione fisica, la
funzionalità dei vari apparati, peggiora la morbilità e mortalità di patologie croniche, si va
incontro ad emarginazione e debolezza progressiva.
Questi sono gli apparati coinvolti:
- Sistema Nervoso:
1. stato confusionale,
2. aumentata sensibilità alla tossicità dei farmaci
3. deficit cognitivi (perdita della cognizione del tempo, dello spazio, il pz non sa
se è giorno, notte, estate, inverno ecc.)
- Sistema Cardiovascolare: riduzione della portata ematica, accumulo di catecolamine,
tromboflebiti agli arti inferiori ed embolia polmonare (utilizzare eparina, trombolitici in
via preventiva). Aumento di lipidemia e colesterolemia.
- Sistema Tegumentario: forze di compressione, stiramento e attrito a carico della pelle
e la riduzione del flusso ematico locale, contribuiscono alla formazione di piaghe e
ulcerazioni cutanee. La riduzione della percezione del dolore e l’azione macerante
delle urine o delle feci, possono determinare un peggioramento delle condizioni
cutanee (peggiorando la condizione clinica e predisponendo alle infezioni).
- Apparato Urinario: la ritenzione urinaria, l’aumento dell’escrezione urinaria di
elettroliti (sodio, calcio e potassio) e l’aumento del residuo post minzionale
predispongono alle infezioni urinarie, alla formazione di calcoli e all’incontinenza
urinaria.
- Apparato Digerente: la riduzione del contenuto energetico per minore assorbimento
di sostanze causa 1) stipsi data dalla ridotta assunzione di cibo, dal cambiamento di
orari e di abitudini e dalla mancanza di privacy e 2) anoressia.
- Sistema respiratorio: l’allettamento causa un ristagno di secrezioni bronchiali con
conseguenti broncopolmoniti, ma più importante da sottolineare è la riduzione del
volume corrente, atelettasie, desaturazione arteriosa di ossigeno. Il danno è più
grave nei soggetti obesi e in chi ha eseguito interventi di chirurgia addominale
maggiore.
BIOMECCANICA DELL’ANCA
Il femore è l’osso lungo più voluminoso del corpo e rappresenta lo scheletro della coscia.
Prossimalmente è articolato con l’acetabolo dell’osso dell’anca, distalmente si articola con
tibia e rotula.
Dal punto di vista strutturale è costituito esternamente da osso compatto, nella corteccia,
che garantisce resistenza a forze tangenziali e torsioni, mentre internamente da osso
spugnoso che forma la rete trabecolare mediale e arcuata che gli conferisce elasticità.
La testa del femore forma circa 2/3 di una sfera completamente ricoperta da cartilagine
articolare (eccetto per una regione centrale chiamata fovea). Il ligamentum teres (o
legamento rotondo della testa del femore) si trova tra il legamento trasverso dell’acetabolo e
la fovea, e al suo interno passa l’arteria acetabolare, utile per rifornire sangue alla testa del
femore nel neonato (nell’adulto il nutrimento è dato dalle arterie circonflesse mediali e
laterali e la principale funzione del legamento rotondo è quella di aumentare la sensibilità
propriocettiva in quanto è particolarmente ricco di meccanocettori).
L’acetabolo è una profonda cavità emisferica che accoglie la testa del femore. Il ciglio
acetabolare è incompleto e presenta una apurtura inferiore dai 60° ai 70°.
L’incisura acetabolare è ricoperta da cartilagine, mentre la fossa acetabolare (cioè la
porzione centrale profonda) non presenta cartilagine ma è presente un solco per il
legamento teres.
Il labbro acetabolare è un robusto anello fibrocartilagineo, importante dal punto di vista
biomeccanico in quanto fornisce stabilità (della testa del femore sull’acetabolo) e mantiene
una pressione intra-articolare negativa. Le lesioni del labbro acetabolare sono insidiose in
quanto, essendo una regione scarsamente vascolarizzata, si ha una scarsa capacità di
guarigione spontanea.
L’anca è l’articolazione che si instaura tra la testa sferica del femore e la profonda cavità
acetabolare della pelvi. L’articolazione è utile alla stazione eretta, alla deambulazione e alla
corsa/cammino. L’osso dell’anca è un voluminoso osso piatto pari e simmetrico ed è
costituito da ileo (posto superiormente), ischio (postero-inferiormente) e pube
(antero-inferiormente). Il punto di saldatura delle tre ossa corrisponde all’acetabolo.
I legamenti dell’articolazione coxo-femorale sono di fondamentale importanza in quanto
garantiscono la stabilità articolare.
Questi legamenti sono:
- legamento ileo-femorale, legamento pubo-femorale, legamento ischio femorale che
permettono di stabilizzare la testa del femore con l’acetabolo, ovvero rafforzano la
superficie esterna della capsula articolare.
- legamento ileo-lombare, sacro-iliaco anteriore e lombo-sacrale che permettono di
stabilizzare le ossa dell’anca con la colonna vertebrale, in particolar modo con
l’ultima porzione della colonna lombare e l’osso sacro.
Per poter comprendere adeguatamente la biomeccanica dell’anca bisogna ben capire alcuni
concetti chiave:
1) L’angolo di inclinazione descrive un angolo sul piano frontale compreso tra il collo
del femore e il lato mediale della diafisi femorale. Alla nascita questo angolo misura
in media 175°-180° (coxa vara fisiologica).
Mano a mano con l’attività muscolare ed il carico durante la deambulazione si
verifica una riduzione di 2° ogni anno tra i 2 e gli 8 anni di età fino a raggiungere un
angolo di inclinazione di circa 125°.
Si possono avere anomalie dell’angolo di inclinazione:
- coxa vara (vara= piegare verso l’interno): in questo caso l’angolo di
inclinazione sarà intorno ai 105° (rachitismo, coxartrosi, fratture del collo del
femore possono determinare un varismo non congenito).
- coxa valga (valga=piegare verso l’esterno): in questo caso l’angolo sarà
intorno ai 140° (la coxa valga si ripercuote sul ginocchio causando valgismo e
sul piede causando eversione della tibio-tarsica, spesso questa anomalia è
solamente dinamica, durante l’appoggio nella deambulazione, ma con il
tempo può causare problemi meniscoali).
Queste condizioni patologiche predispongono a deficit posturali che possono
determinare entesiti (infiammazione che colpisce l'inserzione di un muscolo su un
osso), tendiniti e fenomeni artrosici precoci. Sarà dunque importante il riscontro
radiologico in questi soggetti di una eventuale alterazione della biomeccanica
dell’anca.
2) L’angolo di torsione del femore è quell’angolo che si instaura tra diafisi e collo del
femore. Normalmente il collo e la testa del femore sono proiettati in avanti, tra gli 8° e
20° (solitamente 15°), rispetto alla diafisi femorale.
Parliamo di antiversione eccessiva quando abbiamo un angolo > 15°( fino a 35°),
mentre parleremo di retroversione eccessiva quando abbiamo un angolo <15° (fino
a 5 °) Queste variazioni dell’angolo possono dunque determinare patologie di
carattere ortopedico.
Nel neonato l’angolo di antiversione è di circa 40° e ciò è fisiologico. Con la crescita
ossea, aumento del peso e attività muscolare l’angolo si ridurrà fino a 15° entro i 16
anni. La persistenza di questa antiversione predispone a degenerazione articolare o
può determinare una intrarotazione compensatoria dell’arto inferiore nel bambino.
OSTEOCINEMATICA DELL’ANCA
I movimenti di rotazione del femore rispetto alla pelvi (che è fissa) avvengono su diversi
piani e gradi:
1) Flessione dell’anca: è quel movimento che ci permette di portare il ginocchio verso
l’addome. Arriva fisiologicamente a 120°;
2) Estensione dell’anca: è quel movimento che ci permette di portare posteriormente il
ginocchio. Arriva fisiologicamente a 20°;
3) Abduzione dell’anca: è quel movimento che ci permette di portare verso l’esterno il
ginocchio. Arriva fisiologicamente 40°;
4) Adduzione dell’anca: è quel movimento che ci permette di portare verso l’interno il
ginocchio. Arriva fisiologicamente a 20°;
5) Rotazione dell’anca sul piano orizzontale: la rotazione interna è di 35°, la rotazione
esterna 45°;
La rotazione del bacino rispetto al femore fermo (il classico movimento che noi compiamo
quando ci abbassiamo per raccogliere un oggetto) avviene per:
1) Flessione in avanti di circa 90° da seduto oppure flessione in avanti di circa 30 ° in
posizione eretta;
2) Estensione di 15° del bacino rispetto al femore;
3) Abduzione di 30° del bacino rispetto al femore;
4) Adduzione di 25° del bacino rispetto al femore;
5) Rotazione interna ed esterna di circa 15°;
Questi concetti basici di biomeccanica sono fondamentali per la riabilitazione. Dunque è
importante conoscere l’articolarità fisiologica del soggetto per poter valutare una eventuale
riduzione dell'osteocinematica sia per quanto riguarda il piano che l’angolo.
I muscoli che permettono tutti questi movimenti sono gli adduttori e gli abduttori della coscia,
il retto dell’addome, il bicipite femorale, il retto femorale (importante perché permette di
flettere l’anca ed estendere il ginocchio), ecc.
Se c’è deficit tissutale della cuffia dei rotatori il protocollo riabilitativo scelto è quello di
Wilk:
L’obiettivo per i soggetti con deficit tissutale (perdita ossea o muscolare) è la stabilità
articolare e una minore mobilità articolare.
- Fase 1: fase di mobilità immediata (settimane 0-4)
OBBIETTIVI:
- Aumentare il ROM passivo.
- Ridurre il dolore della spalla.
- Ritardare l’atrofia muscolare.
ESERCIZI:
- Movimenti passivi continui
- ROM passivo di spalla + ROM di gomito e polso
- Flessione 0-90°
- Rotazione esterna a 30° di abduzione, da 0° a 20°
- Rotazione interna a 30° di abduzione: da 0° a 30°
- Esercizi pendolari
- Esercizi per la presa
- Esercizi isometrici
- Corda e carrucola (seconda settimana)
- Esercizi attivi assistiti (quando in grado)
- Fase 2: fase di mobilizzazione attiva (settimane 5-8)
OBIETTIVI:
- Migliorare la forza della spalla
- Migliorare il ROM
- Ridurre il dolore e l’infiammazione
- Incrementare le attività funzionali
ESERCIZI:
- Esercizi per il ROM attivi assistiti con barra a L (iniziare alle settimane 2-3, se
tollerato)
- Corda e carrucole
- Esercizi pendolari
- Flessione da posizione seduta (arco ridotto 45-90°)
- Flessione da posizione supina (per tutta l’ampiezza disponibile)
- Abduzione da posizione seduta 0-90°
- Esercizi con tubolare di rotazione interna e esterna (settimane 4-6)
- Manubri per bicipite e tricipite
- Cauta mobilizzazione articolare (settimane 6-8)
- Fase 3: fase di rinforzo (settimane 8-12)
Criteri per il passaggio alla fase 3:
1. ROM passivo: flessione da 0° a 120°
2. Rotazione esterna a 90° di abduzione: 30-40°
3. Rotazione interna a 90° di abduzione: 45-55°
4. Livello della forza 4/5 per rotazione interna ed esterna e abduzione
Alcuni pazienti non arrivano mai a questa fase.
OBIETTIVI:
- Migliorare la forza della muscolatura della spalla
- Migliorare e progressivamente incrementare le attività funzionali
ESERCIZI:
- Esercizi con il tubolare
- Rinforzo con manubri
- Esercizi di stretching
- Stiramenti con barra a L
*ELETTROMIOGRAFIA
L’attività elettrica di un muscolo può essere registrata con elettrodi di superficie che rilevano
l’attività di molte unità motorie (nell'elettromiografia globale) o con elettrodi ad ago inseriti
direttamente nel muscolo che registrano l’attività di pochissime o singole unità motorie
(nell'elettromiografia elementare).
Quest’ultima tecnica, è quella utilizzata abitualmente con finalità diagnostiche nello studio
delle malattie muscolari per stabilire l’eziopatogenesi (muscolare o secondaria a
denervazione) di un deficit di forza e trofismo muscolare.
Vengono usati elettrodi ad ago concentrici e i potenziali da essi registrati sono riportati in un
grafico amplificato sullo schermo di un oscilloscopio a cui può essere connesso un
altoparlante per la riproduzione audio dei potenziali d’azione.
L’EMG studia tutto il secondo motoneurone dalle corna anteriori al muscolo e si divide in due
momenti:
- Elettromiografia ad ago: se mettiamo un ago in un muscolo sano, non contratto,
troviamo un grafico piatto (silenzio elettrico) perché il muscolo normo-innervato non
dà nessun segnale. Se dovessimo trovare un’attività elettrica spontanea
(fascicolazioni o fibrillazioni), vuol dire che il nervo è danneggiato e non riesce ad
inibire il muscolo in condizioni di riposo. Inoltre, il nervo mantiene il muscolo trofico,
per cui se viene danneggiato si ha ipotrofia muscolare.
Se chiediamo al paziente di muoversi saranno evidenziati dei potenziali. Se
diventano polifasici o più grossi del normale, ci suggeriscono che ci sia stato un
meccanismo di reinnervazione (sprouting assonale).
- Elettroneurografia: si usa un elettrostimolatore e si studia la velocità di conduzione e
l’ampiezza di risposta. La velocità di conduzione ci da un’idea della guaina mielinica,
mentre l’ampiezza di risposta misura il numero di assoni ancora sani. Si dà lo stimolo
nella parte prossimale e si misura la risposta distalmente in un punto in cui il nervo è
più superficiale: si misura la distanza tra i due punti e si calcola la velocità di
conduzione. Normalmente la velocità di conduzione è > 45 m/s. Se la velocità è
ridotta pensiamo ad un danno mielinico, se invece è ridotta l’ampiezza di risposta
(v.n. 4-5 mA) c’è una riduzione del numero di assoni.
EREDOATASSIE
L’ATASSIA è una alterazione della coordinazione motoria in assenza di disturbi della forza e
del tono muscolare: rappresenta l’incapacità di eseguire un movimento volontario
propriamente orientato nella direzione della forza, e la difficoltà nella coordinazione dei
muscoli necessari alla sua corretta esecuzione.
Le EREDOATASSIE sono un gruppo eterogeneo di malattie genetiche rare (circa 3000 pz
affetti in Italia) che coinvolgono SNC e SNP.
Hanno una età di insorgenza variabile, a seconda delle diverse forme: alcune insorgono in
età infantile (atassia di Friedrich, che coinvolge anche il SNP), altre in età adulta.
La fascia di età più colpita va dai 20 ai 60 anni.
SEGNI PRECOCI:
1. Progressiva atassia della marcia;
2. Progressiva atassia degli arti, la patologia colpisce dapprima gli arti inferiori per poi
gradualmente interessare i superiori;
3. Tremore;
4. Disartria;
5. Nistagmo;
SEGNI TARDIVI:
1. Oftalmoplegia;
2. Disfagia;
3. Disturbi extrapiramidali;
4. Riduzioni acuità visiva;
5. Deterioramento cognitivo;
6. Alterazioni scheletriche della colonna vertebrale;
7. Disturbi cardiaci;
8. Disturbi broncopolmonari;
9. Disturbi sfinterici;
Esistono differenti tipi di atassia:
- Atassia Cerebellare, legata a lesioni cerebellari delle vie spino-cerebellari;
- Atassia Sensoriale, legata ai nervi spinali sensitivi e alla lesione delle vie della
sensibilità profonda (cordoni posteriori del midollo);
- Atassia Labirintica, legata a lesioni del complesso vestibolo-cerebellare;
- Atassia Cerebrale, in seguito a lesioni della corteccia frontale, parietale o temporale,
dove vengono elaborate informazioni necessarie per permettere l’equilibrio corporeo.
- Atassia Statica: si manifesta con il soggetto in piedi fermo, senza camminare. Ha
come segno clinico il fatto che il paziente sta con la base d'appoggio allargata
(poggia le gambe larghe), ciò aumenta la sua stabilità posturale. Il segno di Romberg
sarà positivo (facendo chiudere gli occhi a paziente fermo, esso tenderà a cadere per
retropulsione, lateropulsione e/o anteropulsione).
- Atassia Dinamica o della marcia: si manifesta quando il soggetto cammina. Sono
soggetti che stanno con la base d'appoggio stretta normalmente (quando sono fermi)
ma che appena iniziano a deambulare tendono ad allargarla. Durante la marcia le
braccia saranno abdotte a bilanciare il suo baricentro. I sintomi tendono a peggiorare
in condizioni di scarsa luminosità o su terreni sconnessi. Ciò accade perchè il
paziente atassico basa molto il suo equilibrio sulla vista poiché ha difficoltà
propriocettive e di equilibrio.
- Atassia Segmentaria: si manifesta con dismetria o con adiadococinesia
(imprecisione nel coordinare i movimenti alternati).
In base alle porzioni anatomiche colpite avremo quadri clinici distinti:
- SINDROME VESTIBOLOCEREBELLARE: da atassia statica e dinamica durante la
marcia;
- SINDROME PALEOCEREBELLARE: da atassia del tronco ed andatura a base
allargata;
- SINDROME PONTOCEREBELLARE: da atassia segmentaria, dismetria e tremore
intenzionale;
Si distinguono poi:
- Atassie Progressive con o senza interessamento sistemico: possono essere AD o
AR oppure c'è un’ereditarietà materna con disordini mitocondriali.
1. AUTOSOMICHE DOMINANTI (la proteina più frequentemente coinvolta è
l'ataxina, l’esordio tra la II e la VI decade con prognosi più favorevole per
quelle ad insorgenza tardiva, poichè l'evoluzione della patologia richiede circa
15 anni entro i quali si perde la capacità di deambulare):
- ATASSIE SPINOCEREBELLARI (SCA), di cui si ricordano
numerosissimi sottotipi:
a. SCA tipo 1, da atassia cerebellare con segni di coinvolgimento
più esteso del SN (spasticità e neuropatie periferiche,
parkinsonismi, mioclonie, disfagia e demenza).
b. SCA tipo 2, da atassia cerebellare con retinopatia pigmentosa;
c. SCA tipo 3, da atassia cerebellare pura. Si può associare a
deficit dei nervi cranici e segni extrapiramidali;
d. SCA tipo 7, si associa a degenerazione retinica e cecità le
quali possono precedere l'atassia vera e propria;
- ATASSIA DENTATO RUBRO PALLIDO LEWISIANA: è caratterizzata
da movimenti involontari, atassia, epilessia, corea, mioclono, disturbi
mentali, declino cognitivo (atrofia multisistemica) e marcata
anticipazione. La proteina coinvolta è l'atrofina 1.
2. AUTOSOMICHE RECESSIVE:
- ATASSIA DI FRIEDERICH: forma più frequente in assoluto, associata
ad alterazione cromosoma 9 a livello del gene fratassina (implicato nel
metabolismo mitocondriale e del Ferro) la mutazione causa accumulo
di Ferro mitocondriale.
Colpisce il SNC e periferico (atassia di tronco ed arti, disartria
cerebellare, assenza di riflessi osteotendinei, segni piramidali), il
fegato, i reni ed il pancreas.
Si associa a cecità, sordità, caridiomiopatia dilatativa ed alterazioni
scheletriche.
- ATASSIA TELEANGECTASICA
- ATASSIA CON APRASSIA OCULO-MOTORIA: se ne conoscono due
forme dovute ad alterazione di geni distinti:
1. tipo 1: apratassina
2. tipo 2: senatassina
- ATASSIA CON deficit di vit. E (si associa a mutazione del genere di
trasporto dell'alfa-tocoferolo)
- ATASSIA CON deficit di coenzima Q10
3. MITOCONDRIALI:
- NARP, neuropatia, atassia, retinopatia pigmentosa.
- MELAS, encefalopatia mitocondriale, acidosi lattica ed episodi simil
stroke.
- MERFF, epilessia mioclonica con fibre rosse danneggiate.
- Atassie Non Progressive, stabili per tutta la vita;
- Atassie Episodiche ed Intermittenti/Periodiche, da porre in dd con sindromi
psichiatriche: dette anche parossistiche, sono canalopatie o alterazioni del circolo
liquorale (origine ignota).
Le forme associate ad alterazioni dei canali ionici sono distinte in 3 forme AD:
- EA1 associata ad alterazione del canale del potassio
- EA2 ed EA3 associate ad alterazioni del canale del calcio
Gli episodi atassici hanno durata variabile da pochi minuti a qualche ora e possono
essere interrotti farmaci come l’acetazolamide. I pazienti affetti da EA tendono
successivamente a sviluppare forme di atassia progressiva.
- Atassie con Mioclono ed Epilessia;
- Atassie a patogenesi non identificata:
1. Sindrome di Angelman
2. Sindrome atassia-tremore correlata alla Sindrome dell’X fragile
TERAPIA
- Allenamento coordinativo continuo;
- Somministrazione di riluzolo;
- Somministrazione di alte dosi di idebenone;
EMOFILIA
L’EMOFILIA è una malattia ereditaria recessiva, legata al cromosoma X, caratterizzata da
un deficit di uno dei fattori della coagulazione.
Sulla base di questo deficit vi sono due tipi di emofilia:
- A, con deficit del fattore VIII (1:5000)
- B, con deficit del fattore IX (1:30000)
In relazione alla percentuale di fattore VIII o IX presente nel sangue esistono diversi gradi di
gravità. I soggetti affetti assumono per via endovenosa il fattore di cui sono carenti.
La patologia comporta nel complesso un deficit nel processo di coagulazione e quindi una
predisposizione alle emorragie a carico di vari organi, soprattutto quelli che vanno incontro a
traumatismi.
Le emorragie più minacciose per la vita sono a carico di:
- SNC
- apparato gastrointestinale
- collo/gola
- da traumi severi.
Le emorragie si presentano nonostante la terapia per:
- scarsa compliance del paziente
- somministrazione inadeguata (dosaggio troppo basso)
- pazienti residenti in paesi in via di sviluppo (il farmaco non è sempre disponibile)
- soggetti che vanno incontro a traumatismi ripetuti (spesso bambini)
FISIOPATOLOGIA
La presenza di sangue all'interno dell'articolazione, per una serie di fenomeni a cascata
legati al ferro, alle citochine e tutta una serie di molecole presenti nel sangue che si
depositano sulla guaina sinoviale, darà un danno a quest’ultima:
1. La membrana sinoviale andrà incontro a un'ipertrofia iniziale,
2. Poi a un'infiammazione acuta,
3. In seguito cronica,
4. E ricomincerà a sanguinare.
Si crea quindi un circolo vizioso per cui il sangue iniziale porterà all'uscita di altro sangue
con aumento del danno.
CLINICA
I segni e sintomi comprendono:
- deformità ossea
- sviluppo di osteofiti
- dolore cronico
- perdita della gamma di movimento e forza muscolare periarticolare
- propriocezione alterata
- alterazioni psicologiche
Quando si esamina un paziente con artropatia emofilica si deve comprendere in quale tratto
del corso patologico della cartilagine il pz si trova:
1. emartro,
2. sinovite reattiva,
3. artropatia distruttiva: con 4 gradi di distruzione articolare (più alto è il grado - meno spazio
intrarticolare c'è tra i capi articolari)
4. anchilosi articolare.
Quando finisce lo spazio articolare o quando la sintomatologia algica è molto avanzata c'è
solo una via d'uscita: la PROTESIZZAZIONE, anche nei soggetti giovani.
DIAGNOSI
All’RX si osserva: iperdiafania in corrispondenza dell’articolazione interessata dalla
sintomatologia algica e dal gonfiore.
TERAPIA
1. Fisioterapia: home exercise program che prevede allenamenti con contrazioni
isometriche, in cui il muscolo rimane della stessa lunghezza rafforzando la struttura
muscolare attorno all'articolazione senza sforzare l’articolazione più del necessario.
2. Infiltrazioni articolari: con guida ecografica di acido ialuronico (nell'artropatia
"secca" cioè non quando c'è ipertrofia e secrezione della sinovia ma quando il danno
è già fatto) o di sostanze corticosteroidee (in fase infiammatoria).
L'ingresso dell'ago nell'infiltrazione del ginocchio mediante il processo sotto rotuleo è
localizzato è 2-3 cm lateralmente rispetto alla base della rotula. L'ago è diretto verso
il margine superiore dell'osso, si procede quindi a delimitazione con penna
dermografica dei margini della rotula e del tendine rotuleo e si identifica il tipo di
iniezione. Dopo accurata disinfezione della cute con soluzione iodata si procede
all'infiltrazione: prima in aspirazione e successivamente introdurre il farmaco nella
cute facendo attenzione a che l'ago non sia posto troppo superficialmente, oppure
troppo in profondità.
La PRP (Platelets Rich Plasma), l'ultima novità dell'infiltrazione articolare per la
cartilagine, crea una condizione di crondroprotezione ma non di rigenerazione.