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1.Definizione
a. Preparazione ambientale
b. Reperimento e preparazione dei materiali d’uso
c. Preparazione del paziente
d. Preparazione dell’operatore
e. Esecuzione dell’attività
f. Riordino
g. Registrazione
L’isolamento è usato per i pazienti che sono infetti o colonizzati da agenti infettanti che
richiedono precauzioni aggiuntive alle precauzione standard usate per tutte i pazienti.
L’isolamento è usato per ridurre al minimo il rischio di trasmissione degli agenti
patogeni alle altre persone, in particolare alle personae più fragile ed al personale
sanitario.
Normalmente viene allocato in una stanza singola, oppure possono condividere la stessa
stanza pazienti che condividono la stessa patologia. La stanza di degenza deve essere
equipaggiata di servizi igienici e bagno in camera, in modo tale da evitare l’uscita del
paziente. Nell’entrata e nell’uscita dalla stanza gli operatori devono prestare attenzione
alle correnti d’aria dall’interno all’esterno del locale, per evitare la diffusione dei
microrganismi. Tutto il materiale di assistenza ed uso deve essere tenuto a disposizione
all’interno della stanza di degenza.
A seconda del tipo di malattia infettiva varia la trasmissione e di conseguenza le misure
da adottare.
PRECAUZIONE STANDARD (PER TUTTI I PAZIENTI):
Lavare le mani dopo ogni contatto con liquidi biologici, sangue, secrezioni,
escrezioni e oggetti contaminati;
Lavare le mani dopo l’uso di guanti tra un paziente e l’altro, uso di mascherine,
occhiali o visiere, camici.
PRECAUZIONE PER VIA AEREA:
Paziente affetti (o sospettati di esserlo) da malattie che si trasmettono attraverso piccole
particelle anche a lunga distanza, attraverso l’aria (Es. morbillo; varicella; TBC).
In caso di varicella o morbillo si può usare la chirurgia se il personale sanitario è
immune, altrimenti FFP2. In caso di TBC sempre mascherine con filtro.
Bisogna:
1) Porre il paziente in camera singola con pressione negativa dell’aria;
2) Assicurare da 6 a 12 ricambi di aria per ora; (scarico appropriata aria all’esterno)
3) Indossare protezioni respiratorie quando si entra nella stanza del pz affetto da TBC.
(mascherina chirurgica; mascherina con filtro FFP2, FFP3)
PRECAUZIONE PER GOCCIOLINE RESPIRATORIE:
Paziente affetti (o sospettati di esserlo) da malattie trasmesse da grandi goccioline (5
micron). (Es. meningiti, polmoniti, pertosse, peste polmonare, scarlattina in neonati,
influenza, parotite, rosolia).
Le goccioline sono generate dal soggetto parlando, tossendo o starnutendo e durante
l’esecuzione di alcune procedure assistenziali quali aspirazione, broncoscopia etc.
Poiché le goccioline non rimangono sospese nell’aria, non sono richiesti speciali
trattamenti dell’aria o una particolare ventilazione per prevenire la trasmissione.
Bisogna:
1) Porre il paziente in camera singola;
2) Assicurare la separazione spaziale di almeno 1 metro tra pazienti e visitatori,
indossare le maschere.
PRECAUZIONI PER CONTATTO:
Pazienti affetti (o sospettati di esserlo) da malattie trasmesse mediante contatto diretto
o contatto indiretto con oggetti dell’ambiente circostante.
Bisogna:
1) Porre il paziente in camera singola;
2) Indossare i guanti quando si entra in stanza e rimuoverli prima di lasciare la
camera; lavare le mani con antisettico.
3) La biancheria sporca viene smaltita in appositi sacchetti per materiale infetto.
La dimissione del paziente viene effettuata in caso di responso negativo. Oppure può
avvenire una dimissione protetta, durante il quale il paziente viene gestito a livello
domiciliare. Viene quindi fatta un educazione sanitaria sulla gestione igienico sanitaria
del paziente e le misure di isolamento.
Al personale di supporto deve essere delegato solo ciò che possono fare (Valutando il
livello di formazione).
MATERIALE
OCCORRENTE
Vestaglia o abbigliamento appropriato
Pantofole o scarpe con suole antiscivolo
Cintura di trasferimento
TECNICA
1. Prima di effettuare la procedura, presentarsi e verificare l’identità del paziente
secondo il protocollo della struttura. Durante il trasferimento, spiegare punto per
punto al paziente cosa dovrebbe fare, ad esempio “porti avanti il piede destro”.
2. Lavare le mani e osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
3. Provvedere alla riservatezza del paziente.
4. Posizionare il materiale occorrente in modo adeguato.
Mettere il letto nella posizione più bassa, in modo che il paziente abbia i piedi
appoggiati sul pavimento. Bloccare le ruote del letto. Mettere la sedia a rotelle
parallela al letto e più vicino possibile.
5. Preparare il paziente
Aiutare il paziente ad assumere una posizione seduta sul bordo del letto e
controllare la pressione prima di muoverlo dal letto (ipotensione ortostatica).
Aiutare il paziente a indossare una vestaglia e delle calzature antiscivolo.
Applicare la cintura di trasferimento intorno alla vita del paziente. Assicurarsi
che essa sia chiusa adeguatamente.
6. Dare istruzioni chiare al pz. Chiedere al pz di:
Scivolare in avanti lentamente sulle cosce. Mettere il piede della gamba più
stabile sotto il bordo del letto e spingere l’altro in avanti. Appoggiare le mani
sulla superficie del letto in modo da spingere mentre si alza.
7. Posizionarsi correttamente.
Rimanendo direttamente di fronte al paziente, inclinare il tronco in avanti
sulle cosce. Flettere cosce, ginocchia e caviglie. Assumere una posizione stabile
ponendo un piede in avanti e l’altro indietro. Circondare la vita del paziente
con le braccia e afferrare la cintura di trasferimento sulla schiena del
paziente con i pollici rivolti verso il basso. Contrarre i muscoli glutei,
addominali, delle gambe e delle braccia.
8. Assistere il paziente in piedi e mentre si muove verso la sedia a rotelle.
Contando fino a tre, chiedere al paziente di spingere con il piede posteriore,
l’infermiere deve spingere o tirare con le mani mentre spinge con il piede
anteriore e oscilla con quello posteriore. Sostenere il paziente nella posizione
in piedi per qualche momento. Ruotare insieme o fare alcuni passi verso la
sedia.
9. Aiutare il paziente a sedersi.
Chiedere al pz di appoggiarsi alla sedia e mettere le gambe contro il sedile.
Posizionarsi davanti al paziente.
Serrare la presa sulla cintura di trasferimento e contrarre i muscoli glutei,
addominali, delle gambe e delle braccia.
Far sedere il pz al centro del sedile della sedia.
10. Garantire la sicurezza del pz.
Abbassare i poggiapiedi e appoggiarvi i piedi del paziente.
Allacciare la cintura di sicurezza.
DISPOSITIVI: Sollevatori (Honey, EZ), Cinture sicurezza, asse di scivolamento, disco
girevole.
La sclerosi laterale amiotrofica, nota anche come SLA, morbo di Gehrig o malattia
dei motoneuroni, è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale. Colpisce
alcune particolari cellule nervose, i motoneuroni, che garantiscono funzioni diverse,
come:
Respirare
Camminare
Deglutire
Parlare
Impugnare gli oggetti
Ne deriva una progressiva perdita di controllo delle più importanti attività muscolari. La
morte per SLA sopraggiunge, molto spesso, a causa di un'insufficienza respiratoria
grave, dopo circa 3-5 anni dall'esordio della malattia.
L’igiene parziale viene effettuata solo nelle parti del corpo del paziente che, se non
lavate, possono causare disagio o cattivo odore: la faccia, le mani, le ascelle, l’area
perineale e la schiena. Per l’igiene di questo tipo di pz vi è la necessità di almeno 2
operatori: uno che esegue l’igiene e l’altro che tiene il pz. Molto importante che durante
l’igiene sia garantita la ventilazione meccanica (per pz affetti da SLA risulta efficacie il
confezionamento di una tracheostomia à DIRE SOLO SE RICHIESTO). Quindi in
caso di pz con tracheostomia eseguire anche la cura della tracheo come da linee
guida.
Per quanto riguarda l’igiene del paziente deve essere eseguita secondo le linee guida.
Controllare i parametri vitali pre e post igiene del paziente.
L’infermiere si può avvalere del personale di supporto ma rimane responsabile della
valutazione e dell’assistenza del pz.
MATERIALE
OCCORRENTE
Bacinella o lavandino con acqua calda (43-46°C)
Sapone liquido o saponetta
Biancheria: telo da bagno, due asciugamani, spugna, camice pulito, pigiama o
vestiti secondo le necessità , lenzuola e asciugamani addizionali, se necessario
Guanti monouso, se necessario.
Tavolo per materiale da bagno.
Sacco per biancheria.
PROCEDURA
4. Preparare il paziente e l’ambiente circostante. Invitare i membri della famiglia a
collaborare. Chiudere finestre e porte per assicurare una temperatura confortevole. Far
esplicare il bisogno di eliminazione con una padella. Durante il bagno, controllare ogni
zona cutanea con attenzione.
5. Preparare il letto e posizionare il paziente in modo appropriato. Posizione il pz ad
un’altezza confortevole. Abbassare la sponda dal lato vicino a sé. Mettere un telo da
bagno sopra il lenzuolo e togliere il lenzuolo da sotto, spostandolo verso i piedi.
Rimuovere il camice del pz lasciandolo coperto dal telo da bagno.
6. Preparare una manopola da bagno con un asciugamano piccolo.
7. Pulire il viso. Mettere l’asciugamano sotto la testa del pz. Lavare gli occhi del pz con
acqua. Usare ogni angolo diverso dell’asciugamano per ogni occhi. Asciugare dalla parte
interna della palpebra alla parte esterna. Lavare, sciacquare la faccia, le orecchie e il
collo del pz. Togliere l’asciugamano da sotto la testa.
8. Lavare ascelle e mani. Sostenendo il braccio a livello dei polsi, eseguire energici
strofinamenti dal nell’area ascellare. Mettere un asciugamano sul letto con sopra una
bacinella e immergere le mani. Lavare e asciugare.
11. Lavare schiena e perineo. Far assume il pz un posizione laterale con la schiena verso
di sé. Fare attenzione alla ventilazione e parametri (alla necessità ). Mettere un telo da
bagno lungo la schiena. Lavare e asciugare la schiena del pz, dalle spalle ai glutei.
Sistemare il pz. Togliere e gettare i guanti se utilizzati.
CURA DEL PERINEALE E GENITALI
4. Mettere un asciugamano da bagno sotto il bacino.
5. Posizionare e coprire il pz. Pulire la parte alta delle cosce.
Donna. Posizione supina con ginocchia flesse e aperte. Uomo. Posizione supina con le
ginocchia flesse e anche ruotate esternamente
6. Ispezionare l’area peritoneale. Osservare particolare aree di infiammazione,
escoriazione, tumefazione, odori eccessivi e secrezioni.
7. Lavare e asciugare l’area perineale. Donna. Pulire le grandi labbra, aprirle e lavare tra
grandi e piccole. Usare i quattro angoli dell’asciugamano. Pulire dall’area meno
contaminata (pube) a quella contaminata (retto). Uomo. Retrarre il prepuzio, esporre il
glande per pulirlo. Lavare e asciugare lo scroto. Entrambi. Infine pulire le natiche.
Togliere e gettare i guanti. Documentare tutte le info nella cartella clinica infermieristica.
Lo strumentista indossa camice, guanti, cuffia e occhiali protettivi sterili e il suo ruolo è
quello di assistere il chirurgo. Le sue responsabilità includono la copertura del paziente
con panni sterili e la manipolazione di strumenti e materiali sterili. Esegue:
il conteggio delle compresse, taglienti e degli strumenti;
controllare costantemente la loro localizzazione durante l'intervento.
affiancare l'infermiere di sala nella preparazione della sala operatoria
eseguire le procedure della tecnica asettica in sala operatoria come il lavaggio
delle mani, l'indossare camici e guanti in modo corretto prima di maneggiare
materiali sterili, (aiutando anche gli altri membri dell’equipe)
posizionare con il chirurgo i telini sterili sul paziente, creando così un CAMPO
STERILE intorno alla ferita chirurgica, mantenendolo tale durante la procedura
che si conclude con l'applicazione di medicazioni sterili
La fase postoperatoria inizia con l’accettazione del paziente nella sala di risveglio e
termina con la completa guarigione. È particolarmente importante per la ripresa dei
pazienti, in quanto l’anestesia riduce la loro capacità di rispondere agli stimoli
ambientali e di prendersi cura di sé, anche se il grado di coscienza dei pazienti è
variabile. L’infermiere della sala di risveglio ha competenze specifiche per l’assistenza a
pazienti che si risvegliano da un’anestesia dopo un intervento chirurgico.
VALUTAZIONI (Adeguatezza vie aeree, saturazione, ventilazione, cond. Cardiovascolare,
livello coscienza, idratazione, cond. Ferita). Un paziente non cosciente viene posizionato
su un fianco, con il viso leggermente rivolto in basso. Non viene posto alcun cuscino
sotto la testa. In questa posizione, la gravità mantiene la lingua protesa in avanti,
prevenendo l’occlusione della faringe e permettendo il drenaggio del muco o del vomito
fuori dalla bocca anziché nell’albero respiratorio. Sollevare il braccio superiore del
paziente su un cuscino (espansione toracica). Una volta che lo stato di salute si è
stabilizzato, il paziente viene riportato nell’unità operativa di degenza. Non appena il
paziente ritorna dalla sala nel reparto di degenza, l’infermiere esegue un accertamento
di base, con la rilevazione dei PV. Successivamente scopre il paziente per effettuare un
esame in toto per andare a valutare la presenza di catetere vescicale, accessi venosi,
presenza di drenaggi e controllo del sito chirurgico. I paramenti da valutare sono:
funzionalità cardiocircolatoria (PA, polso); funzionalità respiratoria; Temperatura
(indice d’infezione); bilancio idro-elettrolitico; esami di laboratorio; controllo del sito
chirurgico (osservare lembi, sanguinamento, essudato, med. Iodo-povidone 10%
passare solo una volta); controllo drenaggi (valutare quantità e qualità dei liquidi
drenati); mobilizzazione (calze anti-trombo); gestione del dolore; ripresa
dell’alimentazione.
15. Il candidato deve spiegare come si effettua la terapia insulinica cui è stata
prescritta per la prima volta. Descriva come si approccia al paziente e come
descrive la procedura (area di iniezione, tipi di siringa, tipi di insulina e modalità
di conservazione) e come effettua l’educazione sanitaria.
L’insulina è un ormane prodotto dal nostro pancreas, la cui azione è quella di regolare i
livelli di glucosio nel sangue. Viene impiega come terapia del diabete, malattia cronica
caratterizzata da difetti di produzione o azione del ormone di insulina, causando quindi
iperglicemia. Area di iniezioni sono: area periombelicale, la parte superiore esterna del
braccio, la parte superiore della coscia (aree più accessibili per un
autosomministrazione), poi ci stanno l’area scapolare e l’area ventrogluteale superiore.
Spiegare che le zone vanno alternate per evitare il rischio di lipodistrofie, alterazioni
morfologiche a carico del tessuto adiposo per cui l’assorbimento potrebbe alterarsi.
La siringa è graduata con una scala in Unità Internazionali 1 a 100 (1ML) con aghi
standard di 30 gaunge, sono disponibili pure in capacità di 0,3 ML (30UI), 0,5ML (50UI).
Possiamo distinguere tipi di insulina rapida, semilenta, lenta e ultralenta che
differiscono per rapida di azione. In alcuni casi il medico può prescrizione la
mescolazione di due tipi di insulina (es. rapida e lenta NPH), prima aspirare la rapida e
poi la lenta. La modalità di conservazione dell’insulina non utilizzata è in frigorifero a
basse temperature (2°-8°) se utilizzata deve essere tenuta a temperatura ambiente non
oltre i 30 giorni.
Per migliorare il controllo della glicemia e ridurre il rischio di effetti negativi è
importante una stretta collaborazione tra il paziente, l’équipe e la famiglia. L’infermiere
svolge un ruolo fondamentale nell’educazione sanitaria. L’educazione al paziente
diabetico comprende molteplici aspetti: dieta, attività fisica, terapia(valutazione della
glicemia, preparazione della dose, procedura d’iniezione e scelta del sito) e complicanze
della malattia(es. piede diabetico). La dieta deve essere ricca di fibre e con un indice
glicemico basso. Sarà opportuno consultare un diabetologo per una terapia medica
nutrizionale individualizzata. Raccomandare di controllare la glicemia, ricordando che i
valori variano molto durante la giornata(mantenerla tra i 70-110 mg/dl) Per i pazienti
insulinodipendenti, 2-4 volte al dì (prima dei pasti ,prima di coricarsi, prima di ogni
somministrazione di insulina e una volta a settimana alle tre del mattino per il controllo
dell’ipoglicemia notturna); per i pazienti non insulinodipendenti, 2-3 volte a settimana
in condizioni normali e, all’occorrenza, un controllo due ore dopo i pasti. Inoltre,
supportare il paziente ad effettuare l’esercizio fisico, così da migliorare la circolazione
sanguigna e riduzione del peso corporeo.
TECNICA
Preparare: Flaconi d’insulina a seconda della prescrizione medica. Siringa da insulina.
Garze. Antisettico (clorexidina 0.5%). Dispositivo smaltimento aghi e taglienti.
La procedura deve essere effettuata previo valutazione della glicemia tramite glucotest:
Controllare bene la data di scadenza della fiala, l’aspetto della soluzione, la
prescrizione medica. Iniettare una quantità d’aria nel flaconcino equivalente alla
dose da effettuare.
Disinfettare la zona da pungere e attendere qualche secondo, lasciare agire
l’antisettico.
Eseguire una plica cutanea con indice e pollice. Introdurre l’ago a 45°/90° (ebn.
>12mm di tessuto adiposo 90°(a cute distesa); pz magro nella norma 45°.)
Somministrare la soluzione. Applicare garza sul sito senza massaggiare. Eliminare il
materiale e riordinare. Eseguire un lavaggio sociale delle mani.
16. Il candidato viene chiamato a domicilio dalla figlia di una paziente con grave
dispnea a cui deve essere somministrato ossigenoterapia. Descriva la procedura
da attuare e le relative competenze.
19. Il candidato descriva la procedura che mette in atto per i diversi tipi di
lavaggio delle mani (comprese tempistiche e detergenti usati).
Il lavaggio delle mani si deve eseguire con modalità e prodotti diversi secondo le attività
che si devono svolgere:
il lavaggio sociale con acqua e sapone si esegue prima di manipolare farmaci o di
preparare o servire alimenti e dopo l’uso dei servizi igienici (rimuove la flora
microbica transitoria ma non quella residente) durata: 20-40 secondi.
Il lavaggio antisettico (con acqua e antisettico, es. clorexidina al 4%) si effettua prima e
dopo il contatto con il paziente, dopo la rimozione dei guanti non sterili, prima di
manipolare un dispositivo invasivo per l’assistenza al paziente (indipendentemente
dall’uso dei guanti), dopo il contatto con fluidi e secrezioni corporee, membrane mucose,
cute non integra o medicazioni delle ferite, dopo contatto con oggetti inanimati (inclusi i
presidi sanitari) nell’immediata vicinanza del paziente (rimuove la flora microbica
transitoria e parte di quella residente) durata: 40-60 secondi.
TECNICA
Rimuovere tutti i gioielli. Tenere sotto controllo ogni lesione cutanea.
2. Aprire il rubinetto e regolare il flusso stando scostati dal lavandino. Esistono 5
rubinetti:
Comando manuale.
Comando ginocchio.
Comando a pedale.
Comando a gomito.
Comando a infrarossi.
3. Bagnare completamente le mani tenendole sotto il getto d’acqua prima di applicarvi il
sapone. Tenere le mani più bassi dei gomiti (acqua scorre dalle zona meno contaminate
a quelle più contaminate). Applicare 4-5 ML di sapone o antisettico.
4. Lavare le mani. Usare forti movimenti circolare per lavare il palmo e il dorso.
Intrecciare le dita per pulire gli spazi interdigitali. Sciacquare le mani.
5. Asciugare le mani e braccia. Non strofinare. Gettare l’asciugamano.
6. Chiudere il rubinetto. Se è manuale, usare un nuovo asciugamano per chiuderlo.
CHIRURGICO
Aprire il rubinetto usando il comando a piede, ginocchio o gomito.
2. Lavare le mani. Bagnare mani e avambracci tenendo le mani più in alto dei gomiti in
modo che scorra dalla punta delle dita ai gomiti. Applicare 2-4ML di soluzione
antimicrobica. Effettuare movimenti decisi di sfregamento circolare per lavare palmo e
dorso, polsi e avambracci. Continuare 20-25 secondi. Tenere le mani e le bracci sotto
l’acqua. Controllare le unghie e pulirle.
3. Effettuare l’asepsi chirurgica delle mani. Usare una spazzola strofinare ciascuna mano.
Strofinare dai polsi fino a 5cm sopra del gomito. Gettare la spazzola o spugna. Sciacquare
bene le mani e braccia. Chiudere il rubinetto con il pedale o ginocchio. Tenere le mani
alzate e lontane dal corpo, entrare le spalle in sala operatoria.
4. Asciugare le mani e braccia. Effettuare un movimento rotatorio, usare un secondo
asciugamano per la seconda mano. Gettare gli asciugamani. Tenere le mani dinanzi a sé
più alto della vita.
La frequenza cardiaca, o polso viene usato per descrivere la frequenza, ritmo e la forza
del battito cardiaco. È l’espressione di un’onda sanguigna sfigmica creata dalla
contrazione del ventricolo sinistro.
SITI DI RILEVAZIONE: periferici. Radiale, Brachiale, Carotideo, Temporale,
Femorale, Popliteo, Tibiale posteriore, Pedidio. Polso apicale
CARATTERISTICHE: Frequenza. I valori fisiologici sono 60-100btm. Superiori si parla di
tachicardia, inferiori bradicardia.
Volume. indica la forza con cui si distende la parete arteriosa legata alla volemia (forte o
debole).
Ritmo. Indica se le pulsazioni si susseguono in modo regolare o irregolare.
TECNICA
Munirsi di orologio con la lancetta dei secondi.
4. Selezionare il sito del polso. Normalmente si rilevano i polsi radiali
5. Far assumere al paziente una posizione comoda.
6. Palpare e contrare i battiti del polso. Mettere la punta di due o tre dita ad angolo retto
sul punto di rilevazione del polso. (non il pollice, ha una propria pulsazione). Visto che si
sta rilevando il polso per la prima volta, è necessario contare le pulsazioni per un minuto
intero. Valutare ritmo (regolare o irregolare) e volume (forte o debole).
7. Documentare la frequenza, ritmo e volume del polso sulla cartella clinica del pz.
APICALE
Munirsi di orologio, fonendoscopio
4. Mettere il paziente in una posizione comoda supina o seduta. Esporre l’area del torace
che corrisponde all’apice del cuore.
5. Localizzare il polso apicale. Palpare l’angolo di Louis (angolo tra manubrio, la punta e
il corpo dello sterno). Sotto l’incisione soprasternale e si percepisce come una
prominenza. Scendere fino il quinto spazio intercostale verso la linea emiclaveare. Nel
bambino il quarto.
6. Auscultare e contare i battiti cardiaci. Usare il fonendoscopio per auscultare i suoni
cardiaci S1-S2. (S1 chiusura atrioventricolare; S2 chiusura semilunare.). Se è regolare
contare fino a 30 moltiplicare x2. Se irregolare contare per 60.
La pressione arteriosa è la pressione esercitata dal sangue contro le pareti dei vasi. Si
possono misurare due tipi di pressione sanguigna: la pressione sistolica, ossia la
pressione del sangue conseguente alla contrazione ventricolare e la pressione
diastolica, ossia la pressione osservata quando i ventricoli sono in condizione di riposo.
I valori fisiologici sono 120/80, quando supera un certo intervallo, si parla di
ipertensione (stadio1 120-159/90-99; stadio2 >160/>100) ; quando è inferiore, si
parla di ipotensione.
I siti di rilevazione sono il braccio a livello brachiale. La rilevazione utilizzando l’arteria
poplitea è indicata quando: la pressione non può essere misurata in nessuna delle due
braccia, arto ingessato. Esistono due metodi di rilevazione: diretta che prevede
l’introduzione di un catetere nell’arteria brachiale, radiale o femorale. Indiretti non
invasivi: palpatorio e auscultatorio.
Il principio di misurazione si basa sull’auscultazione di toni che vengono chiamati TONI
DI KOROCHOFF, o meglio rumori prodotti dal passaggio turbolento del sangue
dell’arteria; la misurazione prevede cinque fasi distinte:
-FASE 1 è il livello pressorio al quale sono avvertiti i primi battiti, deboli e chiari; essi
aumentano nel momento in cui il manicotto è sgonfiato (punto di riferimento della
pressione arteriosa sistolica)
-FASE 2 durante lo sgonfiamento del manicotto quando sono avvertiti murmuri o rumori
fruscianti
-FASE 3 periodo durante il quale i rumori sono più decisi ed aumentano in intensità
-FASE 4 quando è avvertito un rumore d’istinto, brusco soffocato (punto di riferimenti
della pressione arteriosa diastolica nei bambini)
-FASE 5 è avvertito l’ultimo suono (punto di riferimento della pressione arteriosa
diastolica per adulti) seguito da assenza di suoni.
MATERIALE
OCCORRENTE
Fonendoscopio.
Sfigmomanometro.
TECNICA
4. Posizionare il paziente in modo appropriato. Il paziente adulto deve stare seduto
se le condizioni lo consentono, con entrambi i piedi poggiati sul pavimento (gambe
incrociate aumentano la pressione). Il gomito deve essere leggermente flesso, con il
palmo della mano in alto e l’avambraccio mantenuto a livello del cuore.
5. Avvolgere intorno al braccio la cuffia sgonfia uniformemente. Localizzare l’arteria
brachiale. 2,5 cm sopra lo spazio antecubitale.
6. Posizionare il fonendoscopio in modo adeguato. Posizionare il fonendoscopio sul
polso brachiale per auscultarlo.
7. auscultare la pressione del pz. Gonfiare la cuffia dello sfigmomanometro fino a 30
mm Hg al di sopra del punto in cui il polso brachiale scompare. Rilasciare la valvola
della cuffia lentamente. Leggere i valori nelle fasi di Korotkoff 1 e 5. Sgonfiare la
cuffia. Riportare i valori sulla documentazione clinica del pz.
21. Il candidato si trova a prestare la sua opera su un’ambulanza del 112. Illustri
le procedure di rilevazione dei parametri vitali in condizioni di emergenza: sedi di
rilevazione e caratteristiche prese in esame.
Associazione internazionale per lo studio del dolore, IASP, definisce il dolore come
un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale in atto o
potenziale. Viene considerato come V° parametro vitale, l’unico parametro soggettivo,
perché rappresenta un’esperienza del tutto personale. Viene descritto in termini di:
1) durata: il dolore può essere acuto, quando dura per un breve periodo (non più di 4
settimane), o cronico, quando presenta una durata più lunga (6mesi).
2)Localizzazione o irradiazione;
3)Intensità che è misurata con le scale di valutazione. Si distinguono in
unidimensionali che comprendono le scale descrittive verbali (es. mite, disagevole,
penoso, orribile, atroce), le scale di valutazione numerica (es. da zero a dieci) le scale
visive analogiche (VAS) (es. un linea di dieci centimetri, ad una estremità c’è scritto
“assenza di dolore” ed all’altra “il peggior dolore immaginabile”). La face pain scale
(scala delle faccine pediatrica) mostrano al bambino una sequenza di faccine che si
mostrano felici a partire da sinistra fino ad avere male verso destra. Oppure tipologie di
scale multidimensionali come il questionario di Mc Gill che consta di venti gruppi di
parole che descrivo caratteristiche sensoriali, affettive e valutazione del dolore.
Ruolo dell’infermiere: L’infermiere aiuta ad alleviare il dolore attraverso la raccolta di
informazioni sugli aspetti quantitativi e qualitativi del sintomo, la somministrazione di
interventi antalgici, accertamento del efficacia e l’insorgenza di eventuali effetti
collaterali.
Gestione non farmacologica del dolore: Consta della terapia fisica, l’applicazione del
calore, la crioterapia. Per es. il cambio di postura è una delle più importanti attività che
l’infermiere svolge per cercare di prevenire e ridurre il dolore di natura muscolo
scheletrico. Consente di alternare il carico a diverse zone del corpo e prevenire
fastidiose contrazioni. Altri interventi possono essere la stimolazione cutanea e
massaggi, l’uso del caldo e del freddo possono ridurre il dolore ma bisogna far
attenzione al effetto Rebound dopo 30 minuti circa dell’applicazione. Tecniche di
rilassamento possono portare al rilassamento della muscolatura scheletrica, una di
queste potrebbe essere quella della respirazione con frequenza lenta e ritmica. La
distrazione, ovvero deviare l’attenzione del pz su qualcosa che non è il dolore, possono
essere attività semplici come guardare la televisione o ascoltare musica.
Gestione farmacologica del dolore: è definita dalla scala analgesica dell’OMS che
delinea le norme per l’impiego dei farmaci analgesici. Il dolore moderato (4-6/10)
richiede l’uso un farmaco antalgico con media potenza, il dosaggio deve essere
programmato e non al bisogno. Il dolore acuto (7-10/10) viene trattato con dosi fisse e
programmate di un singolo agonista narcotico con elevata potenza analgesica es. la
morfina. È responsabilità dell’infermiere garantire la corretta somministrazione dei
farmaci analgesici, nelle dosi e nei tempi prescritti.
23. Il candidato descriva la procedura e gli interventi assistenziali di effettuazione
della nutrizione enterale al domicilio di un paziente dimesso dall’ospedale.
1.Informare i genitori e svestire il neonato, lasciandolo solo con il pannolino per tenere
coperte le gonadi
2. Lavaggio antisettico delle mani
3. Controllare prescrizione medica
4. Posizionare la lampada sopra il neonato a circa 15 cm da lui (in culla)l, a 45 cm (in
isola neonatale)
5. Verificare i livelli di irradiazione
6. Coprire gli occhi e genitali con bende
7. Cambiare il decubito ogni 2 ore per una completa esposizione della cute
8. Monitorare la temperatura ogni 30’ nella prima ore, poi ogni 2 ore
9. Cambiare il pannolino (controllare le evacuazioni- feci liquide e verdi-; non usare
creme, lozioni o oli sulla cute per evitare ustioni)
10. Alimentare ogni 2 ore, sospendendo il trattamento
11- Registrare la procedura (data, ora, livelli di bilirubina, bilancio idro-elettrolitico)
CONTROLLARE SEMPRE LO STATO GENERALE, IDRATAZIONE, PV, OCCHI (per evitare
abrasioni corneali e danni della retina), SONNO/VEGLIA, ALIMENTAZIONE
27. Il candidato descriva le procedure assistenziali per la gestione di un drenaggio
toracico dal suo inserimento alla sua rimozione.
I drenaggi toracici sono inseriti di solito nella cavità pleurica attraverso lo spazio
intercostale. In base a ciò che si vuole drenare, il drenaggio toracico avrà diversa
locazione: per rimuovere l’aria è solitamente inserito nella porzione antero-superiore
del torace (attraverso il II° spazio intercostale), poiché l’aria sale nella cavità pleurica,
mentre per drenare i liquidi viene inserito più in basso, nell’ottavo o nono spazio
intercostale. Il drenaggio consiste in un catetere flessibile sterile di vinile o silicone,
lungo 50cm. Il drenaggio viene inserito e poi suturato alla cute, connesso all’unità di
raccolta e protetto da una medicazione sterile. Il drenaggio può essere connesso a una
valvola unidirezionale, un sistema a valvola ad acqua o tenuta a secco.
I sistemi di drenaggio utilizzano tre meccanismi per drenare area o liquidi dalla cavità
pleurica:
pressione espiratoria positiva (durante l’espirazione sviluppa una pressione
positiva che espelle area o liquido).
Forza di gravità (posizionando il drenaggio in modo che si trovi sopra la camera
di raccolta, la forza di gravità agisce come forza di espulsione).
Aspirazione (utilizzata in alcuni tipi di drenaggi).
La camera di raccolta è calibrata e generalmente può contenere 2 litri di liquido di
drenaggio. Sono disponibili diversi tipi di sistemi di drenaggio a valvola ad acqua. Prima
dell’introduzione dei dispositivi di plastica e monouso, si utilizzavano bottiglie di vetro
in tandem per ottenere la tenuta ad acqua, la camera di raccolta e l’aspirazione.
Attualmente, i sistemi monouso sortiscono gli stessi effetti con l’uso di tre camere: la
camera di raccolta con sottocamere, la camera di sigillo ad acqua e la camera di
aspirazione. Il livello dell’acqua dovrebbe innalzarsi e abbassarsi con i respiri del
paziente (fluttuazione). Un gorgoglio (produzione di bolle) continuo nel sistema a
valvola ad acqua indica una perdita d’aria, mentre un gorgoglio occasionale o
intermittente è normale.
Nei pazienti che deambulano può essere utilizzata una valvola di Heimlich per il
drenaggio toracico è una valvola oscillante unidirezionale che permette all’aria di
fuoriuscire dalla cavità toracica e le impedisce di rientrarvi. Un altro dispositivo che può
essere collegato al drenaggio toracico, detto Pneumostat, presenta anch’esso una
valvola unidirezionale, alloggia al suo interno una piccola camera di raccolta. Il
pleurevac sono quelli più diffusi e sono costituiti da tre camere comunicanti: quella a
valvola d’acqua; quella di raccolta fluidi e quella del controllo del controllo della
aspirazione collegabile al sistema di vuoto centralizzato.
ASSISTENZA PER POSIZIONAMENTO
Materiale occorrente
Telini sterili, garze sterili, bisturi, pinze, 2 morsetti, tubo toracico e trocar, tamponi,
materiale per sutura, disinfettante, sistema di drenaggio, guanti, cerotto, anestetico
locale.
Procedura
1. Informare il pz sulla procedura, perché e come può collaborare.
2. Provvedere alla riservatezza del pz.
3. lavare le mani e indossare i guanti.
4. posizionare il pz in decubito supino o semiseduto.
5. preparare il campo sterile con il materiale occorrente per l’introduzione del
drenaggio.
6. collaborare con il medico durante l’inserimento.
7. monitorare il pz.
8. medicare il punto di ingresso del drenaggio: indossare i guanti sterili e avvolgere delle
garze intorno al punto d’inserzione del drenaggio fissandole con cerotto.
9. assicurare il tubo di drenaggio: chiudere e connettere il tubo al sistema di drenaggio
collegando il tubo più lungo della camera di raccolta al tubo toracico del pz e fissando i
collegamenti dei due tubi con un giro di cerotto per prevenire lo scollegamento
accidentale.
10. chiedere al pz di fare un respiro profondo e di trattenerlo per alcuni secondi e poi
espirare lentamente.
11. preparare il pz per un RX del torace per verificare il corretto posizionamento del
drenaggio.
12. rilevare i P.V. ogni 15 min.
13. documentare tutta la procedura nella cartella clinica-assistenziale.
GESTIONE DRENAGGIO (Sostituzione unità di drenaggio)
Materiale occorrente
Guanti sterili
2 morsetti per tubo con punta di gomma
Garza petrolana
Garze 10x10
Sistema di drenaggio
Soluzione disinfettante per cute
TECNICA
4. Esaminare il paziente. Determinare capacità , rumori, ritmo e profondità del respiro,
saturazione e movimenti del torace. Controllare la medicazione
5. Attuare le precauzioni necessarie per la sicurezza del pz. Tenere due morsetti con
punta di gomma al lato del letto per chiudere il drenaggio. Garze 10x10 e una di
petrolano sterile da utilizzare per chiudere il foro in caso di dislocazione. Tenere il
sistema di drenaggio disponibile nella camera del pz. Preparazione del nuovo sistema di
drenaggio. Per cui:
Chiudere il drenaggio vicino al sito d’inserzione con i due morsetti contrapposti.
Indossare i guanti sterili. Scollegare il deflussore di raccolta e collegare il nuovo.
Ristabilire il sistema di drenaggio, rimuovere i morsetti e ripristinare l’aspirazione.
Togliere e gettare i guanti.
6. Mantenere la pervietà del sistema di drenaggio. Controllare le connessioni fissate col
cerotto. Ispezionare il tubo di drenaggio. Ispezionare il punto di uscita dell’aria.
7. Controllare la fluttuazione del livello del liquido durante la respirazione. 5 a 10cm. Nei
sistemi con aspirazione resta costante. Verificare il gorgoglio intermittente nel sistema
ad acqua.
8. Sorveglianza drenaggio. Ogni 30 minuti per le prime 2 ore.
9. Controllare l’eventuale dislocazione dei tubi e intervenire prontamente. Se non c’è
stato gorgoglio non vi sono state perdite d’aria e si può chiudere il tubo in sicurezza. Far
espirare il pz. Chiudere il drenaggio con due morsetti. Indossare i guanti sterili.
Detergere le estremità con antisettico, ricollegarle e fissare bene. Valutare sintomi di
insufficienza respiratoria. Se il drenaggio si disloca, rimuovere la medicazione, ed
effettuare una pressione con la garza di petrolato. Avvisare il medico.
28. Il candidato è al primo giorno di lavoro presso una struttura e deve procedere
alla raccolta urine delle 24h per una paziente affetta da problemi di incontinenza
fecale. Descriva le procedure da attuare.
Una pz affetta da problemi di incontinenza fecale si presenta con la perdita del controllo
sull’espulsione delle feci. La raccolta urine delle 24h prevede la raccolta e conservazione
delle urine a basse temperature. Per evitare quanto più possibile la contaminazione con
il materiale fecale la donna verrà cateterizzata. Al catetere verrà connessa una sacca di
raccolta che verrà svuotata all’interno di un apposito contenitore mantenuto a basse
temperature, etichettato con: nome e cognome del pz, l’esame che deve effettuare, il
giorno con l’ora di inizio e fine raccolta (generalmente si utilizzano dalle 7.00 alle 7.00).
MATERIALE
OCCORRENTE
Catetere sterile di calibro idoneo
Kit di cateterismo se disponibile o:
Guanti sterili
Traverse impermeabili
Sol. Antisettica
Garze
Pinze anatomiche
Lubrificante idrosolubile
Busta di raccolta
Siringa preriempita con acqua sterile
Guanti mono uso
Materiale per pulizia perineale
Telo da bagno
PRERAZIONE
Indossare i guanti monouso e praticare la cura perineale di routine per liberare il meato
urinario dalla contaminazione fisiologica. Togliere e gettare i guanti.
TECNICA
4. Mettere il paziente in una posizione adeguata e coprire tutte le zone tranne il perineo.
Supina con le ginocchia flesse, i piedi distanziati e anche ruotate all’esterno.
5. L’infermiere si posiziona a destra del pz se è destrimano.
6. Se bisogna usare una busta di raccolta ed essa non è inclusa nel kit, aprire la
confezione della busta di raccolta e porre l’estremità del deflussore a portata di mano.
7. Se previsto dalla struttura indossare i guanti monouso e iniettare 10-15ML di
xilocaina gel o lubrificante nel uretra.
8. Aprire il kit o pos. Il materiale occorrente. Posizionare un telo impermeabile sotto il
bacino
9. Indossare i guanti sterili.
10. Organizzare il materiale: Bagnare le garze con sol. Antisettica, aprire lubrificante.
11. collegare la siringa preriempita all’entrata del palloncino del catetere e riempirlo.
12. Lubrificare i catetere (2,5-5cm per le donne). E collegarlo alla busta di raccolta.
13. Detergere il meato. Utilizzare la mano non dominante per divaricare le grandi labbra.
Localizzare il meato urinario. Con le pinze anatomiche si afferra una garza imbevuta di
disinfettante le grandi e piccole labbra dal alto verso il basso. Ultima garza per il meato.
14. Introdurre il catetere. Afferrare il catetere chiedere al pz di inspirare
profondamente e lentamente, inserire il catetere mentre espira. Se necessario ruotare il
catetere. Far avanzare per 5 cm quando l’urina inizia a defluire.
16. Tenere il catetere con la mano non dominante.
17. Gonfiare il palloncino del volume contrassegnato. Tirare delicatamente finché non si
avverte una resistenza. Eliminare il materiale utilizzato negli appositi contenitori,
bisognerebbe usare un cerotto o un dispositivo di fissaggio per fissare il deflussore del
catetere del pz.
18. Documentare tutte le informazioni utili nella cartella clinica infermieristica.
I campioni di urine per urinocoltura devono essere prelevati mediante raccolta sterile o
da mitto intermedio. Lo scopo dell’esame è quello di determinare la presenza e la
tipologia di microrganismi e la loro sensibilità agli antibiotici.
SENZA CATETERE
4. Dare istruzioni sulla raccolta del campione se il paziente deambula e se è in grado di
seguire le indicazioni:
Inviare o assistere il pz in bagno. Chiedere al pz di lavare e asciugare i genitali e
l’area peritoneale con acqua e sapone. Istruire il pz del meato urinario con gli
antisettici. Quindi: usare solo una volta i tamponi per asciugarsi. Pulire dall’alto verso
il basso.
5. Istruire il pz alla raccolta. Far urinare il pz e cosi da eliminare il primo mitto. Mettere il
contenitore sotto il getto intermedio dell’urina e raccogliere il campione facendo
attenzione a non contaminarlo. Chiudere il contenitore ermeticamente. Pulire l’esterno
con il disinfettante se necessario.
6. Mettere l’etichetta per l’identificazione del campione. Documentare tutte le
informazioni utili sulla cartella clinico infermieristica.
CON CATETERE A PERMANENZA
I campioni sterili di urina possono essere prelevati dal catetere inserendo un ago sterile
collegato a una siringa. L’aspirazione dell’urina dal catetere si può fare solo con cateteri
di gomma, l’ago viene inserito sopra il punto di collegamento tra catetere e tubo di
drenaggio. Alcuni sistemi di drenaggio chiusi di nuova generazione consentono di
prelevare un campione di urina senza utilizzare l’ago. Per l’apertura senza ago si utilizza
una siringa a incastro di Luer.
Lavare le mani ed osservare le procedure per il controllo delle infezioni. Indossare i
guanti monouso.
Chiudere il catetere con un morsetto almeno 8 cm al di sotto dell’apertura se non c’è
urina aspettare 30 minuti.
Pulire la zona di introduzione dell’ago o incastro di Luer con disinfettante. Inserire
l’ago e prelevare quantità di urina richiesta, es. 3 ML per urinocultura. Togliere il
morsetto di chiusura.
Versare l’urina nel contenitore del campione. L’ago non deve toccare l’esterno del
contenitore. Gettare la siringa e l’ago utilizzato. Chiudere il coperchio. Lavare le mani.
Etichettare il campione e inviare al laboratorio. Documentare tutte le informazioni
utili.
30. Il candidato descriva la procedura di somministrazione della terapia orale ad
un paziente con SNG in regime di ricovero e domiciliare.
Nei pazienti che non possono assumere nulla per bocca (NPO) e sono portatori di un
sondino nasogastrico o per gastrostomia, possono essere utilizzate queste vie per la
somministrazione dei farmaci per via enterale. Il sondino nasogastrico (SNG) viene
inserito attraverso la via nasofaringea o orofaringea fino allo stomaco. Quando si
somministrano i farmaci attraverso un sondino nasogastrico è necessario rispettare le
seguenti linee guida:
verificare sempre con il farmacista la disponibilità di preparazioni liquide delle
sostanze farmacologiche.
Se i farmaci non sono disponibili in forma liquida, chiedere se possono essere
frantumati.
Frantumare una compressa in polvere fine e diluirla in almeno 30 mL di acqua
tiepida.
Non somministrare farmaci interi, perché potrebbero ostruire il sondino.
Verificare la collocazione del sondino prima di somministrare i farmaci.
Prima della somministrazione, aspirare tutto il contenuto dello stomaco e misurare il
volume residuo. Seguire i protocolli della struttura se il residuo gastrico è maggiore
di 100 mL.
Se il sondino è collegato a una sacca di raccolta, scollegarla e chiuderlo per 20-30
minuti dopo la somministrazione del farmaco, per permetterne l’assorbimento.
MATERIALE
OCCORRENTE
Farmaco da somministrare
Siringhe da 60 mL
Dispositivo per frantumare le compresse
Test per pH
Acqua tiepida per sciogliere i farmaci frantumati
Acqua di rubinetto
TECNICA
Controllare la scheda della terapia. Pos. Il pz a letto in una posizione di Fowler o seduto
su una sedia.
1. Lavare le mani e osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
2. Preparare i farmaci (es. liquido o frantumare e dissolvere in acqua tiepida)
3. Provvedere alla riservatezza del pz. Misurare i PV. Spiegare le indicazioni e benefici
del farmaco in linguaggio comprensibile.
4. Indossare i guanti monouso.
5. Se il pz è sottoposto a NE continua, premere “pausa” sulla pompa. Scollegare il
tubicino usato per la nutrizione dal SNG e mettere il tappo.
6. Verificare la collazione del sondino.
7. Aspirare delicatamente il contenuto dello stomaco e misurare il volume residuo.
8. Reinserire il residuo.
9. Somministrare il farmaco. Rimuovere lo stantuffo della siringa e collegarla al sondino
schiacciato o piegato. Inserire 30ML di acqua nel cilindro della siringa per lavare il
sondino prima di somministrare il farmaco. Versare il farmaco disciolto. Ed eseguire un
lavaggio tra una somministrazione e l’altra. Dopo l’ultimo farmaco fare un ultimo
lavaggio. Tenere schiacciato il sondino e ricollegarlo alla nutrizione. Se era collegato ad
un sistema di aspirazione, tenerlo chiuso per 20-30 minuiti. Documentare i farmaci
somministrati sulla cartella clinico-infermieristica. Valutare gli effetti del farmaco.
31. Il candidato illustri come terrebbe una lezione informativa a dei caregiver
sull’individuazione, utilizzo e smaltimento dei dispositivi di protezione
individuale.
Guanti. I guanti monouso non sterili sono usati per proteggere le mani quando c’è o ci
può essere contatto con sangue e/o altri liquidi biologici e quando la cute delle mani
degli operatori presenta delle lesioni. L’uso dei guanti riduce anche la possibilità di
trasmissione di microrganismi potenzialmente infetti da chi assiste a chi è assistito. I
guanti vanno cambiati tra un contatto e l’altro con i pazienti. Il lavaggio delle mani deve
essere comunque effettuato dopo la rimozione dei guanti. Molti guanti contengono il
lattice che, contiene proteine che possono causare fenomeni di ipersensibilizzazione
(inoltre sono lubrificati con amido di mais in polvere impalpabile). Esistono guanti in
vinile ma presentano un elevato tasso di cedimento.
Camici. Possono essere impermeabili o grembiuli di plastica devono essere utilizzati
durante le procedure assistenziali che possono sporcare l’indumenti con materiale
organico.
Mascherine, visiere e occhiali. Mascherine, visiere e occhiali protettivi devono essere
indossati durante le procedure assistenziali che possono provocare l’esposizione delle
mucose orale, nasale e congiuntivale a materiale potenzialmente infetto. Si usa una
mascherina di carta a cui viene applicato un scudo di plastica che protegge gli occhi. Chi
porta gli occhiali deve indossare dei sopraocchiali protettivi.
TECNICA
3. indossare un camice pulito. (allacciare chiusura del collo e vita)
4. indossare la mascherina.
5. indossare gli occhiali protettivi se non combinati alla maschera.
6. indossare i guanti.
RIMOZIONE
7. Se DPI sono sporchi, sfilare prima i guanti (più contaminati). Se il camice e chiuso
sciogliere i lacci. Rimuovere il primo guanto afferrando la superfice palmare sotto il
polsino. Toccare solo il guanto. Mettere le prime due dita e dentro il secondo guanto
senza toccare l’esterno e rovesciarlo. Lavare le mani. Rimuovere gli occhiali. Togliere il
camice quando si prepara ad uscire dalla stanza. Evitare di toccare il camice dall’esterno.
Rimuovere la mascherina.
Gli articoli contaminati, o presunti tali, da materiale infettivo, come pus, sangue, fluidi
corporei, feci o secrezioni respiratorie, devono essere chiusi in un sacchetto resistente ai
microrganismi prima di essere portati via dalla camera del paziente.
32. Il candidato deve preparare un campo sterile per effettuare una manovra
invasiva. Descriva preparazione, gestione e mantenimento di un campo sterile,
compresa la vestizione e l’utilizzo dei DPI (guanti chirurgici, etc)
I centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) hanno stabilito che uno dei
mezzi per il controllo delle infezioni è l’igiene ambientale. Nel mantenere livelli adeguati
di contaminanti batterici e livelli igienici di sicurezza gli infermieri sono coadiuvati dal
personale di supporto. È necessario istruire al meglio queste figure per raggiungere
questo obiettivo. In primo luogo viene chiarito il concetto di sanificazione, definito
come la rimozione dello sporco da oggetti e superfici per mantenere livelli igienici di
sicurezza. Questa procedura si avvale dell’utilizzo di detergenti e dell’azione meccanica
dello sfregamento. Se alla sanificazione fa seguito una disinfezione (utilizzo di sodio
ipoclorito DECS) si può parlare di sanitizzazione: la procedura con la quale si
garantiscono il minor livello di contaminanti batterici.
Per disinfezione si intende invece la procedura che mira all’eliminazione di tutta la
flora microbica patogena, ad eccezione delle spore. Il personale di supporto deve anche
essere istruito sul corretto utilizzo dei disinfettanti. È obbligatorio che i disinfettanti
siano sempre ben chiusi e riportino la data di apertura (conservazione 30 gg). I
disinfettanti non devono essere travasati e deve essere controllata la data di scadenza. I
presidi utilizzati in unità di degenza possono essere divisi in tre categorie in base al
rischio potenziale di infezione che deriva dal loro uso:
Critici
Semicritici
Non critici
I presidi “critici” entrano a contatto con il torrente ematico o altre zone del corpo
normalmente sterili. Gli aghi, set per infusioni venose e cateteri urinari sono già
sterilizzati dal produttore. Gli strumenti riutilizzabili devono essere decontaminati e
quindi sterilizzati. In questa categoria rientrano:
STRUMENTI CHIRURGICI, ELETTRODI AD AGHI, STRUMENTARIO PER BIOPSIE,
STRUMENTARIO PER LAPAROSCOPIA.
I presidi “semicritici” vengono a contatto con le mucose e richiedono la contaminazione
e disinfezione di livello intermedio o alto o la sterilizzazione. Rientrano:
SPECULUM VAGINALI, ANALI, AURICOLARI, NASALI, ASPIRATORI, BRONCOSCOPI,
GASTROSCOPI, LARINGOSCOPI.
Gli articoli “non critici” vengono a contatto con la cute integra ma non con le mucose.
Questi presidi raramente trasmettono malattie e possono essere puliti con detergente e
una soluzione di disinfettante a basso livello. Rientrano:
FONENDOSCOPI, SFIGMOMANOMETRI, TERMOMETRI CLINICI ASCELLARI, PRESIDI
PER IL MOVIMENTO E PER I DECUBITI, PADELLE;
È compito del personale di supporto la detersione dei disinfettanti non critici e la
detersione delle padelle nell’apposito macchinario.
I farmaci iniettati nel tessuto muscolare tramite iniezione intramuscolare (IM) vengono
assorbiti più velocemente rispetto a quelli somministrati per via sottocutanea, per la
maggiore vascolarizzazione dei muscoli. Le iniezioni in un grande gruppo muscolare non
dovrebbero eccedere i 5ml negli adulti. La lunghezza dell’ago deve essere sufficiente per
raggiungere il muscolo e può variare da persona a persona. Per i pz esile è sufficiente un
ago lungo 2,5mm mentre per quelli obesi può essere necessario aghi fino a 10-15mm. In
genere si utilizzano aghi da 3,8mm e 2,5mm nei bambini.
SEDI
Ventrogluteale, collocata nel muscolo medio gluteo. È preferita per le IM in quanto: non
contiene grandi nervi o vasi; è lontana dalle ossa; Può essere utilizzata nei bambini di età
superiore a 1anno e adulti. Il pz assume decubito laterale con le ginocchia piegate e
sollevate leggermente il torace. Per stabilire la posizione esatta, si pone il palmo della
mano sul grande trocantere, con l’indice sulla spina iliaca superiore anteriore e il medio
verso i glutei, formando un triangolo lì rappresenta la zona di iniezione.
Vasto laterale: è raccomandata come sito di elezione per le iniezioni intramuscolare nei
bambini al di sotto di 1 anno di età .
Dorsogluteale, è quella più utilizzata per le iniezioni IM, tuttavia si tratta di un sito
prossimo al nervo sciatico e arteria glutei superiori. Iniettando quindi il farmaco vicino o
all’interno possono comparire delle complicanze (intorpidimento, dolore, paralisi).
Retto femorale, situata sulla parte anteriore della coscia, il principale vantaggio è
l’auto-somministrazione però è dolorosa.
Deltoidea, non è spesso utilizzata, in quanto la massa muscolare risulta ridotta, viene
scelta per la rapidità di assorbimento.
TECNICA Z, viene consigliata per tutte le IM in quanto si è dimostrata meno doloroso
rispetto la tecnica tradizionale e riduce la diffusione di farmaci irritanti e scoloranti. Le
evidenze ne supportano l’efficacia e la raccomandano.
MANOVRA LESSER: aspirazione per verificare che l’ago non sia entrato in un vaso.
PREPARAZIONE
Controllare la scheda della terapia. Confrontare l’etichetta con la scheda della
terapia. Effettuare i tre controlli. Leggere etichetta: quando viene preso dal carrello,
prima di aspirare il farmaco, dopo averlo aspirato.
TECNICA
1. lavare le mani
2. Preparare il flacone o fiala con il farmaco da aspirare.
3. Provvedere alla riservatezza del pz.
4. Preparare il pz. Verificare l’identità . Per cui decubito supino, laterale, prono o
ortopnoico.
5. Spiegare l’effetto del farmaco e i suoi benefici.
6. Scegliere e disinfettare la sede. Indossare i guanti monouso. Detergere la sede con un
tampone imbevuto con movimenti circolari. Lasciare asciugare.
7. Preparare la siringa. Togliere il cappuccio
8. iniettare il farmaco utilizzando la tecnica Z. con la mano non dominante tendere la
cute 2,5cm di lato. Pungere con angolo a 90°. Tenere il cilindro con ma mano non
dominante. Aspirare 5-10 secondi. Se compare sangue estrarre l’ago eliminare tutto e
preparare una nuova iniezione. Se non c’è traccia di sangue iniettare lentamente il
farmaco.
9. Dopo l’iniezione attenere 10 secondi ed estrarre l’ago. Applicare una pressione sulla
zona e asciugare.
10. Eliminare l’ago nell’apposito dispositivo di sicurezza. Togliere e gettare i guanti.
Documentare tutte le informazioni utili nella cartella clinico infermieristica. Verificare
l’effetto del farmaco.
L’insulinoterapia si rende necessaria quando una persona soffre di diabete mellito, una
malattia cronica caratterizzata dall’aumento della concentrazione di glucosio nel sangue.
Viene iniettata per via sottocutanea nelle sedi: parte superiore esterna del braccio, parte
superiore anteriore della coscia, area peri-ombelicale, area scapolare, area superiore
dorsogluteale. Si somministra con apposite siringhe graduate in UI con scala 1 a
100(1ML). È importante prima della somministrazione di insulina, valutare i livelli di
glicemia attraverso la misurazione del glucosio nel sangue capillare.
MATERIALE
OCCORRENTE
Siringa da insulina;
Insulina (conservata al fresco se non usata 2°-8°, se usata temperatura ambiente)
Antisettico.
Garza
Contenitore per taglienti.
TECNICA
ASPIRAZIONE FARMACO
Controllare la limpidezza del farmaco. Prendere la siringa da insulina e aspirare un
volume d’aria pari al volume del farmaco da aspirare. Aspirare il farmaco.
MESCOLARE DUE TIPI DI INSULINA
Alcune prescrizioni possono indicare di miscelare l’insulina rapida e l’insulina
lenta(NPH).
Una volta aspirata un volume d’aria pari al volume totale dei farmaci da aspirare.
Iniettare una quantità d’aria nel flacone di insulina lenta pari alla quantità da
aspirare ed estrarre l’ago. Iniettare aria nel flacone dell’insulina rapida e aspirare la
quantità necessaria. Inserire nuovamente l’ago nel flacone di insulina lenta e aspirare
solo la quantità necessaria.
INIEZIONE
4. Preparare il pz. Verificare l’identità . Far assume una posizione che permetta il
rilassamento del braccio, addome o gamba.
5. Spiegare l’effetto del farmaco e i suoi benefici.
6. Scegliere e disinfettare la sede d’iniezione. Non deve essere dura, gonfia, presentare
cicatrici. Indossare i guanti monouso. Detergere la sede con il tampone antisettico con
movimenti circolari. Far asciugare la zona.
7. Preparare la siringa per l’iniezione. Rimuovere il cappuccio.
8. Iniettare il farmaco. Se il pz presenta una bassa densità di tessuto adiposo si effettuerà
un plica cutanea. Se invece il pz presenta >12mm di tessuto adiposo sarà necessario
praticare l’iniezione a 90° con cute distesa.
9. Rimuovere l’ago. Mentre si preme la cute con la mano non dominante. Se presenta
sanguinamento esercitare una pressione sul sito con una garza.
10. Eliminare il materiale. La siringa va nel apposito dispositivo per taglienti.
Documentare tutte le informazioni utili sulla cartella clinico infermieristica.
41. Il candidato illustri in quale caso viene utilizzato il catetere vescicale a tre vie
e quali sono le procedure da attuare per la sua gestione.
Il caso in cui viene utilizzato il catetere vescicale a tre vie è per i pz che necessitano di
un’irrigazione vescicale. L’irrigazione rappresenta un lavaggio con una soluzione
specifica. L’irrigazione vescicale è praticata su prescrizione medica per pulire la vescica
e/o per trattare un’infezione vescicale tramite l’instillazione di una soluzione antisettica.
Viene utilizzata una tecnica sterile. Le irrigazioni dei cateteri sono praticate di solito per
mantenerne o ripristinarne la pervietà , per esempio per rimuovere i coaguli di sangue
che si sono formati in vescica e che li ostruiscono. Esistono tre modalità per irrigare: (1)
irrigazione intermittente che mantiene il circuito chiuso tramite l’introduzione della
soluzione attraverso il canale di aspirazione. (2) irrigazione chiusa, continua o
intermittente, tramite un catetere a tre vie e (3) un sistema aperto a intermittenza.
MATERIALE
OCCORRENTE
Guanti monouso (2 paia)
Catetere a permanenza in posizione
Tubo e busta di drenaggio (se non in posizione)
Morsetto del tubo di drenaggio
Tamponi antisettici
Contenitore sterile
Soluzione sterile per irrigazione, riscaldata o a temperatura ambiente
(etichettare l’irrigazione, scrivendo tutte le informazioni sui farmaci che sono
stati aggiunti alla soluzione originale nonché la data, l’ora e le iniziali
dell’infermiere)
Deflussore da infusione
Asta per fleboclisi
TECNICA
1. Spiegare al pz che l’irrigazione non è dolorosa e non provoca disagio.
2. Lavare le mani e osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
3. Provvedere alla riservatezza del pz.
4. Indossare i guanti monouso.
5. Svuotare la busta di drenaggio e misurare-registrare la quantità e caratteristiche
dell’urina. Eliminare guanti e urina.
6. Preparare il materiale. Lavare le mani. Collegare il tubo di irrigazione alla soluzione e
farla defluire mantenendo la punta sterile. Indossare i guanti mono e detergere
l’ingresso del deflussore con tamponi antisettici. Collegare il tubo di irrigazione al
catetere a tre vie. Togliere e gettare i guanti. Lavare le mani.
7. Irrigare la vescica. Indossare i guanti monouso. Aprire il morsetto di regolazione sul
tubo di infusione del liquido di irrigazione e regolare il flusso come prescritto (40-60
gocce/minuto). Verificare quantità , colore e trasparenza del liquido drenato. Se a
intermittenza determinare se deve rimane nella vescica. Chiudere il morsetto sul tubo di
drenaggio vescicale.
8. Controllare il pz e l’eliminazione urinaria. Valutare il benessere del pz. Svuotare la
busta di drenaggio e misurarne il contenuto. Togliere e gettare i guanti. Lavare le mani.
9. documentare tutto le informazioni sulla cartella clinico infermieristica.
42. Il candidato simuli un addestramento ad uno studente infermiere sui sistemi
di raccolta urine a circuito aperto e di un sistema a circuito chiuso (differenze,
utilizzo e gestione).
L'esame per la valutazione del bilancio idrico di un paziente comprende aspetti relativi
all'esame di molti degli apparati corporei, tra cui la cute, la cavità orale e le membrane
mucose, gli occhi, i sistemi cardiovascolare e respiratorio, lo stato neurologico e
muscolare. Tre misurazioni cliniche del bilancio idrico che l'infermiere può iniziare in
maniera indipendente sono le pesate giornaliere, i parametri vitali e le entrate e le
uscite di liquidi.
Pesate giornaliere. Le misurazioni giornaliere del peso corporeo forniscono una
valutazione dello stato di idratazione di un paziente. Variazioni significative del peso in
un breve lasso di tempo sono indicative di cambiamenti idrici acuti. Ogni chilogrammo
di peso equivale a 1L. La perdita o l’aumento rapido del 5-8% del peso corporeo indica
un deficit o eccesso di liquidi severo.
Parametri vitali. Variazioni nei PV potrebbero essere indicative di uno squilibrio idrico
in atto o imminente. Ad esempio, un aumento della temperatura corporea potrebbe
essere una conseguenza della disidratazione o una causa di maggiori perdite di liquidi.
Entrate e uscite di liquidi. La misurazione e la registrazione di tutte le entrate e le
uscite di liquidi (E/U) in un periodo di 24 ore fornisce dati importanti sul bilancio idrico
ed elettrolitico del paziente. Per entrate si intendono i liquidi introdotti nell’organismo
attraverso l’alimentazione, la terapia infusionale, nutrizione enterale/parenterale,
trasfusioni. Per uscite si intendono tutti i liquidi persi dal pz attraverso la diuresi, feci,
vomito/ristagno SNG, drenaggi, sudorazione (che si calcola sapendo che a 36°C si perde
0,5 ml/kg/h all’aumentare della TC di 1°C la perdita aumenta di 0,1 ml/kg/h). Si può
distinguere in:
Bilancio positivo: quantità entrata è maggiore di quella in uscita.
Bilancio negativo: quantità in entrata minore a quella in uscita (pz disidratato)
Bilancio equilibrato.
44. Il candidato è chiamato ad assistere un paziente che emette grosse quantità di
liquido dalla bocca. Descriva come procede per effettuare una valutazione tra
vomica ed ematemesi e le priorità assistenziali che mette in atto.
Per vomica si intende l’ emissione dalla bocca di materiale semiliquido o solido più o
meno abbondante in genere purulento contenuto o penetrato nell’albero respiratorio. Il
paziente, durante un accesso di tosse con dispnea, all’improvviso emette dalla bocca e
dalle narici una notevole quantità di liquido purulento, ciò può comportare a volte
addirittura il pericolo di asfissia. Dopo l’episodio acuto, il paziente ha l’impressione di
stare bene, ma la vomica ha la tendenza a ripetersi. Le cause principali sono ascessi
polmonari e cisti. Gli interventi assistenziali sono mirati a l’effettuazione di esami:
macroscopici delle secrezioni osservando consistenza, odore, colore e quantità . L’esame
microscopico viene effettuato invece raccogliendo un campione di espettorato per
l’esame biochimico, batteriologico e citologico. La valutazione comprende la rilevazione
dei PV in particolare la saturazione.
L’ematemesi consiste nella perdita di sangue dallo stomaco, dall’ esofago o dal duodeno
attraverso il vomito. Le cause possono essere varici esofagee, ulcera gastroduodenale,
traumi, neoplasie esofagee. L’ infermiere deve valutare che tipo di liquido viene emesso
e la quantità . Nel caso di ematemesi il colore del sangue ci può far capire la derivazione
del sangue:
Rosso vivo: si può pensare a sanguinamento esofageo;
Scuro (vomito caffeano): si può pensare a un sanguinamento gastrico o duodenale.
La conseguenza più temuta dell’ematemesi è lo shock ipovolemico, una sindrome
caratterizzata da una ridotta perfusione a livello sistemo con ipossia cellulare diffusa e
disfunzione degli organi vitali. È necessario riconoscere segni e sintomi dello shock
ipovolemico: cute pallida fredda e sudata, ipotensione, tachicardia, dispnea. La priorità
assistenziale mira a prevenire il peggioramento delle condizioni cliniche del pz, per cui
si attua un monitoraggio costante dei PV, calcolo del bilancio idrico, ripristinare la
volemia con infusione di liquidi (su prescrizione del medico). Se c’è il sospetto di rottura
di varici esofagee è necessario introdurre una sonda di Sengstaken-Blakemore per
controllare il sanguinamento. Viene esercitata una pressione sul cardias e contro le
varici esofagee mediante tamponamento con il doppio palloncino. Il sondino ha 4
aperture: Aspirazione gastrica, aspirazione esofagea, insufflazione del palloncino
gastrico, insufflazione del palloncino esofageo. Il palloncino viene gonfiato con 100-
200ml di aria, il corretto posizionamento verificato mediante radiografia.
FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE
Consiste in un ritmo ventricolare irregolare in cui non è possibile distinguere il
complesso QRS, il tratto ST e l’onda T. È causa comune di morte improvvisa.
ISCHEMIA MIOCARDICA
Può essere subendocardica o transmurale.
L’ischemia subendocardica è associata a sottoslivellamento del tratto ST.
L’ischemia transmurale è associata a sopraslivellamento del tratto ST.
52. Il candidato descriva la procedura e le competenze infermieristiche in regime
di ricovero e domiciliare per l’effettuazione di una medicazione di tracheostomia.
L’aspirazione si rende necessaria per rimuovere le secrezioni dalla trachea e dai bronchi,
in modo da preservare la pervietà delle vie aeree. Il metodo tradizionale di aspirazione
di un tubo endotracheale o tracheostomico è conosciuto come metodo aperto. Se un pz è
collegato a un ventilatore automatico, l’infermiere stacca il tubo del ventilatore, aspira le
vie aeree, ricollega il pz al ventilatore ed elimina il catetere di aspirazione usato.
L’aspirazione comporta diverse complicazioni, quali ipossiemia, traumi alle vie aeree,
infezioni nosocomiali e aritmie cardiache dovute all’ipossiemia. Per ridurre queste
complicanze bisogna: aspirare solo quando è necessario; Utilizzare una tecnica sterile;
iperinsufflazione; iperossigenazione; misura adeguata del catetere.
MATERIALE
OCCORRENTE
Ambu collegato all’ossigeno 100%;
Telo sterile
Catetere di aspirazione
Guanti sterili
DPI
Soluzione fisiologica o acqua fisiologica sterile, bacinella sterile
PREPARAZIONE
Valutare la respirazione. Mettere i guanti monouso e appoggiare una mano sui lati del
torace per sentire le vibrazione tipiche. Auscultare l’apice e la base dei polmoni. Togliere
e gettare i guanti.
4. Preparare il pz. Far assumere la posizione semi-fowler,
5. Preparare il materiale. Collegare l’apparecchio di rianimazione all’erogatore di
ossigeno. Regolare il flusso al 100%. Aprire il materiale sterile: catetere di
aspirazione e bacinella sterile. Versare fisiologica sterile o acqua sterile nella
bacinella. Mettere un telo sterile sopra il torace del pz. Accendere l’aspiratore e
regolare la pressione tra 80 e 120 negli adulti. Indossare i DPI se necessario.
Indossare i guanti sterili Mantenere il catetere con la mano dominante e il connettore
con la mano non dominante. Collegare al tubo di aspirazione.
6. Sciacquare il catetere. Con fisiologica sterile usando la mano dominante. Con il
pollice della mano non dominante chiudere il foro di controllo dell’aspirazione e
aspirare un piccola quantità .
7. Se il pz non presenta grosse quantità di secrezioni iperventilare i polmoni con un
pallone di rianimazione. Chiudere l’aiuto a un altro infermiere. Comprimere da tre a
cinque volte.
8. Se presenta grosse secrezioni non iperventilare con l’ambu: mantenere collegato
l’erogatore di ossigeno e incrementarlo al 100%.
9. Inserire il catetere senza aspirare. Se si avvertono resistenze ritirare il catetere per
1-2cm prima di aspirare.
10. Eseguire l’aspirazione. Aspirare per 5-10 secondi ostruendo il foro del catetere con il
pollice della mano non dominante. Ruotare mentre lo si estrae. Ritirare sciacquare il
circuito. Iperventilare il pz. Aspirare nuovamente se necessario.
11. Rivalutare lo stato di ossigenazione (osservare colorito). Aspettare 2-3minuti prima
di un'altra aspirazione.
12. Riordinare il materiale. Spegnere l’aspiratore. Scollegare il catetere. Avvolgere il
catetere nel guanto sterile rivoltato.
13. Provvedere al comfort del pz. Documentare tutto sulla cartella clinica infermieristica.
MEDICAZIONE DOMANDA 54
54. Il candidato descriva la procedura della terapia E.V. e infusionale in regime di
ricovero e domiciliare.
I farmaci somministrati per via endovenosa (EV) penetrano direttamente nel torrente
ematico del pz attraverso un vaso sanguigno, pertanto questa tecnica viene utilizzata
quando è necessario che il farmaco agisce rapidamente. Si utilizzano i set di
somministrazione/infusione consistono in un sistema di perforazione a spina, una
camera di gocciolamento, una valvola a rotella o un morsetto a vite, un tubo con porte
secondarie e un cappuccio protettivo sopra l’adattatore dell’ago. Le soluzioni
endovenose possono essere classificati in: isotoniche(utilizzate spesso per ripristinare il
volume vascolare), ipotoniche/ipertoniche (hanno una concentrazione di soluti
inferiore/superiore del plasma), soluzioni elettrolitiche (come fisiologica 0,9%), glie
espansori di volume in seguito ad una severa perdita di sangue. L’infusione endovenosa
deve essere preparata prima della puntura venosa, in modo che passa essere pronta
prima di essere collegata al catetere.
INFUSIONE ENDOVENOSA
Il materiale occorrente sarà : guanti monouso; set per infusione; contenitore di soluzione
parenterale sterile; etichetta per EV; Asta fleboclisi;
3. Far assume al pz una posizione comoda;
4. Applicare un’etichetta nel contenitore soluzione se è stato aggiungo un farmaco.
5. Aprire e preparare il set di infusione. Chiudere il morsetto.
6. Perforare il contenitore della soluzione. Rimuovendo il cappuccio dal puntale del
deflussore.
7. Apprendere il contenitore della soluzione si un’asta fleboclisi. (1m sopra la testa del
pz)
8. Riempire la camera di gocciolamento. Schiacciare leggermente la camera.
9. Aprire il morsetto e rimuovere l’aria dentro il deflussore. Chiudere di nuovo il
morsetto. Collegarlo all’accesso venoso se libero. Se no
10. Scollegare il deflussore utilizzato. Indossare i guanti monouso. Posizione un garza
sterile sotto l’uscita del catetere. Chiudere il deflussore. Tenere agocannula con la
mano non dominante, rimuovere il deflussore facendo movimenti di trazione e
rotazione.
11. Collegare il nuovo deflussore e stabilizzare l’infusione.
12. Assicurare un flusso di infusione appropriato.
13. Etichettare il deflussore EV con l’orario e data di inizio infusione.
14. Fissare il tubo del deflussore alla cute del pz.
15. Documentare tutte le info sulla cartella clinica infermieristica.
MANTENIMENTO INFUSIONE
Una volta che l’infusione endovenosa è stata preparata, è responsabilità dell’infermiere
mantenere la velocità prevista e prevenire le complicazioni associate alla terapia EV.
1. Osservare ogni ora la velocità di flusso. La posizione del contenitore della soluzione
se si trova ad 1m sopra il sito EV.
2. Controllare la pervietà del deflussore EV, dell’ago o del catetere. Osservare la camera
di gocciolamento. Se l’infusione scorre a una velocità inferiore a quella prescritta,
abbassare il contenitore della soluzione sotto il livello del sito di infusione e
osservare il ritorno venoso. Oppure valutare se il becco di clarino dell’ago si trova
contro la parete della vena. Sollevare e abbassare l’ago facendo attenzione. Verificare
se è presente una perdita localizzata, stringere il deflussore all’agocannula.
3. Ispezionare il sito per rilevare segni di infiltrazioni di liquidi. Se è presente
rimuovere l’ago. Mettere una compressa calda sul sito dell’infiltrazione. Se riguarda
un farmaco vescicante viene detta stravaso, possono causare delle gravi lesioni. Per
cui interrompere l’infusione, rimuovere il deflussore e cercare di aspirare il farmaco
rimasto. Si dovrebbe iniettare l’antidoto (sentire il medico).
4. Ispezionare il sito per rilevare segni di flebite. Può essere il risultato di un trauma
meccanico o irritazione chimica, i segni sono: arrossamento, calore e gonfiore.
SOSPENSIONE (rimozione del catetere)
Infusione di grandi volume di liquidi EV: ovvero diluire un farmaco in un grande
volume, rappresenta il metodo più sicuro. Vengono spesso utilizzate la soluzione
fisiologica o ringer lattato.
Infusioni endovenose a intermittenza: rappresenta un metodo di somministrazione di
un farmaco in una piccola quantità di soluzione EV, come 50 o 100 ML. Il farmaco viene
somministrato a intervalli regolari, ad es. ogni 4 ore, e infuso per breve periodo in una
linea secondaria. La linea secondaria può essere tandem (collegata alla principale) o
inserita nell’infusione principale tramite raccordo a piggyback.
Un altro metodo è con una pampa a siringa o mini-infusore. Il farmaco diluito in una
siringa viene collegato alla linea primaria EV tramite un mini-infusore.
Infusione in bolo: vengono somministrati farmaci non diluiti direttamente nel sistema
circolatorio. Viene praticata quando un farmaco non può essere diluito o in emergenza.
Possiamo avere:
BOLO ENDOVENOSO ATTRAVERSO TAPPO EV CON AGO:
Detergere l’entrata di iniezione con il tampone antisettico. Inserire l’ago della siringa con
soluzione fisiologica attraverso l’entrata e aspirare fino a far defluire il sangue. Lavare la
cannula iniettando lentamente 1ml di soluzione fisiologica. Rimuovere l’ago e la siringa.
Detergere nuovamente l’entrata con tampone antisettico. Inserire l’ago della siringa
contenente il farmaco preparato. Iniettare il farmaco lentamente alla frequenza di
infusione raccomandata e utilizzare l’orologio per calcolare il tempo di iniezione.
Osservare il paziente attentamente per cogliere eventuali reazioni avverse e alla fine
rimuovere l’ago e la siringa quando è stato somministrato tutto il farmaco.
BOLO ATTRAVERSO TAPPO EV SENZA AGO:
Detergere l’entrata di iniezione con il tampone antisettico. Inserire la siringa contenente
la fisiologica nell’ingresso. Lavare la cannula con 1m di soluzione fisiologica. Togliere la
siringa. Inserire la siringa con il farmaco. Togliere la siringa. Ripetere il lavaggio con 1ml
di fisiologica.
LINEA PREESISTENTE:
Detergere l’ingresso con tampone antisettico. Bloccare il flusso EV chiudendo o piegando
il deflussore sopra l’ingresso di iniezione. Collegare la siringa al sistema EV. Sistema con
ago e senza ago. Iniettare il farmaco. Rilasciare il morsetto.
DEFLUSSORI
Il deflussore con macro-gocciolatore: consente la somministrazione di una quantità
maggiore di soluzione e una velocità d’infusione superiore poiché la quantità di
soluzione per ciascuna goccia è maggiore
Il deflussore con micro-gocciolatore: fornisce 10, 15, 20 gocce per ml. di soluzione, è
usato per pazienti pedriatrici e per quei pazienti adulti, che richiedono l’infusione di
piccole quantità di soluzione o infusione attentamente controllate, somministra una
piccola quantità di soluzione per ciascuna goccia, fornisce 60 gocce di soluzione per ml.
Il deflussore per la trasfusione di sangue e plasma: è provvisto di un filtro posto al
interno del gocciolatore.
Deflussori a volume controllato: consentono l’infusione di quantità precise di liquidi e si
chiudono automaticamente quando l’infusione è terminata, prevenendo l’ingresso di
aria nella linea endovenosa. I sistemi d’infusione a due vie: consentono l’infusione
separata o simultanea di due soluzioni diverse; il deflussore con un secondo ingresso
per iniezione e una valvola di controllo consente l’infusione intermittente di una
soluzione aggiuntiva e al termine di questa di questa al ritorno automatico all’infusione
della soluzione primitiva.
Deflussori con presa d’aria: sono utilizzati per infondere una soluzione contenuta in un
flacone senza presa d’aria; quelli privi della presa d’aria sono utilizzati per flaconi con
presa d’aria.
Dial-a-flo: dispositivo cilindrico graduato, serve a regolare la velocità del flusso, è
costituito da due cilindri concentrici che possono ruotare sul loro asse determinando
una variazione di un canale in cui scorre il liquido da infondere, la scala graduata
all’esterno, consente di regolare i millimetri/minuto di liquido da infondere. Elastomero:
dotati di un serbatoio di gomma elastica, collegato mediante un deflussore all’ago
cannula, ha la capacità di somministrare una quantità di farmaco in 12-24 ore.
Il prelievo venoso comporta la penetrazione di una vena con un ago, per ottenere un
campione da sottoporre a esami ematochimici. Sedi nell’adulto sono preferibili: Vene
cefalica, basilica, mediana del gomito, mediana dell’avambraccio, mediano-cefalica,
mediano basilica, metacarpali. Nel neonato reperire un accesso venoso superficiale è più
difficile a causa della cedevolezza delle pareti dei vasi sanguigni e del loro calibro, è
spesso consigliabile quindi la giugulare esterna e la femorale.
MATERIALE OCCORRENTE:
• Siringa vacuette (per il sistema vacutainer)
• Aghi sterili monouso e raccordo butterfly
• Contenitore con batuffoli di cotone
• Soluzione disinfettante
• Laccio emostatico
• Guanti
• Provette sottovuoto per il sistema Vacutainer di diverso tipo specifiche per i campioni
di sangue da prelevare
• Portaprovette
• Contenitore per aghi usati (o oggetti taglienti)
• Cestino per rifiuti
• Etichette per ciascuna provetta in cui devono essere indicati i dati di identificazione del
paziente
• Richiesta per il laboratorio di analisi (cartacea o per via informatica)
• Cerotto
PROCEDURA CON SISTEMA VACUTAINER:
• Informare il paziente
• Applicare il laccio emostatico 10-15 cm al di sopra della sede scelta.
• Indossare i guanti.
• Individuare la vena più adatta per effettuare il prelievo.
• Chiedere al paziente di stringere la mano velocemente più volte.
• Massaggiare, se necessario, lungo la vena in direzione del cuore.
• Detergere la sede scelta con un tampone imbevuto di soluzione antisettica dall’alto
verso il basso o in modo circolare passando una sola volta sulla stessa zona.
• Raccordare l’ago alla camicia del sistema sottovuoto ed introdurlo con l'apertura a
becco di clarino rivolta verso l'alto, 1 cm circa al di sotto della sede dove l'ago deve
penetrare nella vena, tendendo la cute al di sotto del punto di inserzione senza
ostacolarne la manovra o il flusso di sangue.
• Una volta che l'ago è stato inserito attraverso la cute, abbassarlo continuandone
l’introduzione in modo da seguire il decorso della vena.
• Introdurre la provetta sottovuoto nella camicia, spingendola all'interno del cilindro in
modo che l'ago penetri attraverso l'estremità nel sistema sottovuoto.
• Prelevare la quantità di sangue richiesta per i test prescritti.
• Rimuovere il laccio emostatico non appena è stata prelevata una quantità sufficiente di
sangue.
• Portare un tampone di cotone o di garza in prossimità della sede di inserzione dell'ago
e sfilare l'ago mantenendolo in linea con la vena e attivando il sistema di protezione
quando predisposto
• Gettare il sistema Vacutainer (ago e camicia) nel contenitore per oggetti taglienti.
Togliersi i guanti e lavare le mani.
A differenza dell’adulto, il neonato non è in grado di collaborare, per cui vi è la necessità
di due operatori per la corretta esecuzione del prelievo. Uno fa il prelievo, uno mantiene
la corretta posizione del neonato.
Prelievo sangue da un vaso capillare, invece ha lo scopo di esaminare la quantità di
glucosio nel sangue.
Materiali:
Glucometro e lancetta, pungidito, garze, tampone disinfettante, guanti monouso.
Procedimento:
Informare il paziente della procedura e metterlo in una posizione confortevole.
Indossare i guanti e prelevare la lancetta.
Scegliere la sede in cui eseguire il prelievo (in genere la zona laterale dei polpastrelli
della mano)e massaggiare delicatamente, ponendo l'arto in posizione declive.
Disinfettare la zona con cotone imbevuto di soluzione disinfettante e lasciare asciugare.
Prendere la lancetta e metterla nel glucometro.
Mantenendo il palmo della mano rivolto verso il basso, pungere il punto prescelto.
Comprimere senza toccare la zona fino a che non spunti la goccia di sangue.
Posizione la goccia di sangue sulla lancetta.
Mentre che il glucometro analizza il risultato, posizionare una garza sulla zona punta.
Infine smaltire il tutto e registrare il risultato, comunicando eventuali alterazioni al
medico.
La procedura è stata discussa durante il consiglio superiore della sanità del 23/06/2005.
Delegata all’infermiere nella sede radiale.
L’emogasanalisi consiste nel prelievo di sangue arterioso, che serve per valutare
l’adeguatezza dell’ossigenazione, l’equilibrio acido-base e monitorare trattamenti. Si
valutano i parametri del PH del sangue, la pressione parziale dell’ossigeno (pO2) la
pressione parziale della Co2, bicarbonati, lattati. La siringa utilizzata in questa
procedura è eparinizzata già pronta solitamente.
Prima di effettuare un prelievo arterioso è bene effettuare il test di Allen, per
determinare se l’arteria ulnare porti una quantità di sangue sufficiente ad irrorare la
mano e le dita, nel caso si provochi un danno all’arteria radiale durante il prelievo.
1. Far chiudere il pungo al pz per diminuire il flusso di sangue nella mano.
2. Utilizzare medio e indice per occludere ulnare e radiale per alcuni secondi.
3. Far aprire la mano al pz. Si noterà il palmo della mano pallido. Rilasciare la pressione
sull’ulnare. Se la mano diventa rossa indica che la perfusione riempie i vasi. Se no
provare dall’altra mano.
MATERIALE
Siringa emogas;
Garze ;
Cerotto;
Tampone per disinfettare, clorexidina;
Etichetta per dati;
PROCEDURA
1. identificare il pz e spiegargli la procedura.
2. lavarsi le mani. Indossare i guanti.
3. provvedere alla privacy.
4. Posizionare il pz in una posizione comoda. Stendere bene il braccio.
6. Disinfettare il sito di iniezione. Identificare il sito con la palpazione senza effettuare
eccessiva pressione e senza toccare il sito disinfettato.
7. tenere la smussatura dell’ago verso l’alto con angolo a 45°.
8. Pungere e osservare il deflusso di sangue.
9. Dopo aver effettuato il prelievo, ritirare la siringa e comprimere con una garza. Per
almeno 5 minuti. Se il pz è in terapia anticoagulante 10-15 minuti.
10. Analizzare il campione nell’apposito macchinario. Facendo attenzione nel
maneggiare il campione. Smaltire l’ago nell’apposito contenitore per taglienti. Mettere i
Nei neonati
Una linea venosa centrale è un catetere inserito in una vena di grande calibro localizzato
centralmente nel corpo. La punta del catetere può terminare nella vena cava superiore o
nell’atrio destro del cuore. Le linee venose centrali vengono inserite principalmente per:
Evitare al pz numerose punture venose con catetere EV periferici;
Somministrare sol k sono altamente irritanti per le vene di piccolo calibro;
Consentire i prelievi di campioni di sangue quando questi devono essere
effettuati frequentemente;
Monitorare la pressione venosa centrale.
Le linee venose centrali standard consistono in cateteri di varia lunghezza, di solito in
poliuretano o gomma di silicone. Esistono quattro tipi principali di linee centrali:
Cateteri centrali percutanei: vengono di solito posizionati nella vena succlavia,
vena giugulare interna, femorale. Per l’inserimento percutaneo, l’operatore utilizza
un catetere con un mandrino per penetrare la vena. Quando la vena è stata perforata
e l’ago correttamente posizionato, il catetere viene stabilizzato, fissato alla lunghezza
desiderata e suturato alla cute. Quando il catetere è in posizione, il mandrino viene
rimosso.
Il PICC, è un catetere centrale inserito perifericamente, è molto lungo (da 45-60)
è inserito in una vena del braccio(basilica, cefalica) e si estende al terzo distale della
vena cava superiore. Le linee PICC possono rimanere in posizione per oltre 6 mesi.
Una variazione del PICC è rappresentata dall’impiego di cateteri da 8 a 20 cm per
terapie che durano 3 o 4 settimane.
Cateteri venosi centrali tunnellizzati: sono cateteri inseriti chirurgicamente e
vengono impiantati attraverso dei tragitti sottocutanei. Possono rimanere per anni.
Accessi impiantati: sono singoli o multilume e sono costituiti da un catetere
introdotto nella vena succlavia collegato a un accesso posizionato chirurgicamente
sotto la cute, solitamente nella parte superiore del torace del pz.
La chemioterapia è un tipo di cura dei tumori, che usa farmaci per distruggere le cellule
neoplastiche. I farmaci citotossici devono essere preparati sotto cappa sterile di
sicurezza biologica, l'aria ambiente è spinta attraverso una griglia anteriore per formare
una barriera in grado di proteggere l'operatore.
Le cappe dovrebbero restare accese 24 su 24,e disinfettarle regolarmente. Il materiale
che bisogna disporre guanti, camici con polsi a maglia, telini assorbenti, garza
tamponcini disinfettanti, sacchetti ermetici per i rifiuti contaminati, contenitori rigidi
per smaltire aghi. Prima di somministrare i farmaci chemioterapico si devono lavare
accuratamente le mani indossare i guanti, indossare un camice chiuso sul davanti e polsi
a maglia, tutti i dispositivi di protezione individuale.(guanti, camice, mascherina, cuffie
ed occhiali protettivi).
PROCEDURA
1. Informare il pz sulla procedura, modalità di somministrazione e effetti collaterali.
2. Coinvolgere il pz sul piano di cure e stimolarne inoltre la partecipazione pure dei
familiari.
3. Prima di iniziare la somministrazione verificare: pz, dose, modalità , eventuali
complicanze.
4. La sequenza dei farmaci avviene secondo dei protocolli di trattamento.
5. Si utilizzano un nuovo deflussore per ogni sacca o flacone. Fare attenzione quando si
stacca il deflussore. Deve essere sempre controllati e asciugati con garze.
6. Al termine le sacche devono essere eliminate senza staccare il deflussore. L’intero set
deve essere avvolto in un telino assorbente, introdotto in un sacco raccoglitore per
rifiuti citotossici e sigillato. Tutti i materiali contaminati devono essere eliminati con
cautela in contenitori specifici.
Uno dei maggiori pericoli legati alla terapia per EV è lo stravaso, che può provocare
complicanze quali lesioni, infiammazioni e necrosi locale. Nel caso in cui si verifichi agire
tempestivamente, sospendendo subito il farmaco lasciando l’ago in situ, attraverso il
quale si somministra l’antidoto. Applicando un per almeno 24h un borsa del ghiaccio
sulla zona interessata.
EFFETTI COLLATERALI
Dermatite: prevenire lesioni da grattamento (antistaminici)
Alopecia: avvertire il pz che la caduta dei capelli è temporanea e può coinvolgere pube,
ascelle, ciglia e sopra ciglia.
Nausea e vomito: somministrare farmaci antiemetici per ridurre al minimo gli stimoli
esterni che possono indurre il vomito.
Diarrea, stipsi. Controllare idratazione, impiegare lassativi.
Dolore: il sintomo più frequente.
Il triage è un processo decisionale dinamico che si rende necessario ogni volta che la
numerosità dei soggetti da trattare contemporaneamente supera la capacità della
risposta immediata da parte dell’equipe del PS. È stato proposto per OTTIMIZZARE
L’ASSISTENZA SANITARIA. Serve per valutare precocemente i pz, in modo da attribuire
a ciascuno di essi un codice di priorità a cui adeguare TEMPI e MODALITÀ
D’INTERVENTO. La valutazione delle priorità è definita attraverso un CODICE COLORE,
utilizzando come criteri degli indicatori:
indicatori vitali sono le alterazioni a carico della via aerea, della respirazione,
della circolazione e dell’assetto neurologico (mantenimento e stabilità dell’ABCD)
indicatori generali sono problemi concomitanti che aumentano la gravità
(intensità del dolore, dell’emorragia, di alterazioni della temperatura)
indicatori specifici primari sono direttamente collegati ai segni/sintomi
(localizzazione del dolore toracico, dinamica di un evento in caso di trauma)
indicatori specifici secondari sono indirettamente collegati ai segni/sintomi
(età , fattori di rischio)
Il triage è costituito da una serie di fasi:
1. valutazione sulla porta (A-B-C-D)
2. raccolta dati mirata
3. rivelazione dei parametri vitali e breve esame fisico mirato
4. attribuzione del codice colore
5. rivalutazione
CODICE ROSSO: molto critico, priorità massima, pazienti con compromissione di
almeno una delle funzioni vitali, accesso immediato alle cure. es. convulsioni in atto,
cefalea acuta con deficit neurologici;
CODICE GIALLO: paziente in potenziale pericolo di vita, nei quali vi è minaccia di
cedimento di una funzione vitale. es. dolore toracico, assunzione incongrua di farmaci.
Accesso entro 10-15 min e rivalutazione ogni 15 min;
CODICE VERDE: paziente che non presenta compromissione significativa dei parametri
vitali, che non appare particolarmente sofferente e per il quale è estremamente
improbabile un peggioramento del quadro clinico. es. cefalea senza segni neurologici
associati in paziente cefalico noto. Accesso entro 30-60 min e rivalutazione ogni 30 min;
CODICE BIANCO: richiesta di prestazioni sanitarie che non rivestono alcun carattere di
urgenza e per le quali potrebbero essere effettuati altri percorsi (intra o extra
ospedalieri). es. dermatite, tonsillite, congiuntivite. accesso entro 60-120 min e
rivalutazione a richiesta.
La sclerosi laterale amiotrofica, nota anche come SLA, morbo di Gehrig o malattia
dei motoneuroni, è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale. Colpisce
alcune particolari cellule nervose, i motoneuroni, che garantiscono funzioni diverse,
come:
Respirare
Camminare
Deglutire
Parlare
Impugnare gli oggetti
Ne deriva una progressiva perdita di controllo delle più importanti attività muscolari. La
morte per SLA sopraggiunge, molto spesso, a causa di un'insufficienza respiratoria
grave, dopo circa 3-5 anni dall'esordio della malattia.
La Ventilazione Meccanica Non Invasiva (Non Invasive Ventilation, NIV) è una
metodica che permette di fornire al paziente un supporto ventilatorio parziale o totale
senza ricorrere all'intubazione endotracheale o alla tracheotomia, impiegando maschere
o caschi. Riduce complicanze correlate alla ventilazione invasiva come: polmoniti
nosocomiali, sinusiti, otiti, lesioni della mucosa tracheale. La NIV mediante la maschera
nasale o facciale, inoltre, riduce in modo significativo lo stress e il disagio conseguenti
all’intubazione endotracheale e risulta più accettabile e maggiormente tollerata dal
paziente.
La CPAP è da considerarsi una ventilazione non invasiva che consiste nella respirazione
a pressione positiva. È una metodica utilizzata sia per l’assistenza domiciliare dei pz. Con
insufficienza respiratorio cronica, sia per il trattamento ospedaliero di pz con diversi
forme di insufficienza respiratoria. Il suo funzionamento consta nel far respirare
spontaneamente il pz attraverso un circuito nel quale la pressione venga mantenuta
costantemente positiva, anche nelle fase espiratoria. La PEEP pressione positiva
continua infatti, previene il collasso delle vie aeree distali a fine espirazione che
caratterizza alcune forme di ins. Respiratoria. La CPAP può essere erogata tramite
maschera (facciale o nasale), scafandro (casco), erogatore di flusso e di ossigeno o con
un ventilatore meccanico.
L’infermiere deve controllare periodicamente i parametri vitali, i valori
dell’emogasanalisi e i segni e sintomi del paziente. L’approccio dell’infermiere al pz
consiste nel:
Tenere sempre sotto controllo il pz.
Rassicurarlo e tranquillizzarlo.
Informarlo spiegargli i vantaggi della terapia.
Posizionarlo in posizione ortopnoica e comoda.
Durante la procedura bisogna controllare eventuali perdite di aria per garantire una
corretta ventilazione. La ventilazione può essere interrotta durante l’alimentazione,
l’espettorazione e le manovre di nursing, garantendo l’apporto di O2 attraverso le
cannule nasali. Controllare i punti di pressione della maschera. Controllare EGA dopo 1
ora se richiesto.
PREPARAZIONE
Prima di effettuare la procedura, presentarsi e verificare l’identità del paziente .
Illustrare la procedura.
Se ha un infusione in corso verificare se l’ago ha le giuste dimensioni(18-20G). La
soluzione deve essere fisiologica.
PROCEDURA
1. Provvedere alla riservatezza del pz. Far assumere una posizione comoda, seduta o
sdraiata.
2. lavare le mani e osservare le procedure per le infezioni.
3. Preparare il materiale. Assicurarsi che il filtro nella camera di gocciolamento sia
adatto ai componenti del sangue che devono essere trasfusi. Indossare i guanti. Chiudere
tutti i morsetti sul set Y. Inserire il una fisiologica e appendere il contenitore all’asta
fleboclisi circa 1m sopra il sito.
4. Preparare il deflussore. Aprire il morsetto della fisiologica e schiacciare la camera di
gocciolamento. Espellere aria dal filtro. Aprire il morsetto principale e preparare la sol.
Fisiologica.
5. Iniziare l’infusione con fisiologica. Collegare il deflussore del sangue preparato con la
soluzione fisiologia al catetere. Aprire la soluzione fisiologica e i morsetti principali.
6. Verificare che il componente del sangue da trasfondere al pz sia quello giusto.
Controllare:
La prescrizione con la richiesta; modulo di richiesta e l’etichetta della sacca
con il tecnico del centro trasfusionale.
Nome del pz, numero di identificazione, tipo ABO e RH, numero del donatore,
data scadenza. Osservare se il sangue presenza colore anormale, stato di
aggregazione, bollicine.
Con un altro infermiere confrontare la registrazione di laboratorio del con: due
identificativi del pz, numero sull’etichetta della sacca di sangue, tipo ABO e RH
sull’etichetta della sacca.
Accertarsi che gli eritrociti vengono tenuti a temperatura ambiente non più di 30
minuti prima la trasfusione (riconsegnare se non trasfuso). Piastrine non raffreddare e
tenere sempre in agitazione per prevenire la coagulazione. Infondere a una velocità di
10ML/min. Agitare la camera di gocciolamento ogni 10 min. Plasma fresco congelato:
infondere entro 24h dallo scongelamento.
7. Preparare sacca sangue. Capovolgere la sacca di sangue diverse volte per mescolare le
cellule con il plasma. Tirare i bordi di plastica del sigillo. Inserire la sacca nel set Y.
Apprendere.
8. Infondere la trasfusione di sangue. Chiudere il morsetto superiore con fisiologica.
Aprire il morsetto sotto la sacca del sangue. Regolare il flusso con il morsetto principale.
Togliere e gettare i guanti.
9 Osservare il pz per i primi 15 minuti. Far scorrere lentamente, 20 gocce/min per 15
minuti. Osservare effetti avversi. Istruire il pz sul riconoscimento di tali effetti.
10. documentare sulla cartella clinico infermieristica i dati. Registrare l’ora di inizio,
valori di riferimento dei PV, contenuto della trasfusione, N unità , sequenza, velocità .
Monitorare il pz. Dopo 15 minuti dalla trasfusione rilevare i PV. Se non sono presenti
effetti avversi ogni 30 minuti.
11. Terminare trasfusione. Indossare guanti monouso. Chiudere il morsetto del
deflussore del sangue e rimuovere l’ago. Eliminare i materiali usati.
Nel nostro Paese la vendita e l’utilizzo della versione automatica del Defibrillatore non è
prevista, e l’utilizzo della versione Semi-Automatica deve essere associata ad un regolare
attestato BLS-D, espansione del noto corso di sopravvivenza BLS con l’aggiunta della D
(DAE). Si è ritenuto che i rischi per chi utilizza il Defibrillatore, oltre che per il “paziente”
su cui viene usato, diminuiscono radicalmente con la versione semi-automatica, motivo
per il quale in Italia si è deciso di utilizzare unicamente quest’ultima versione. La
differenza tra un Defibrillatore Automatico ed uno Semi-Automatico riguarda
fondamentalmente i tasti a bordo degli apparecchi. il Defibrillatore Automatico ne ha
uno solo “ON/OFF“: una volta sistemati gli elettrodi sulla vittima, si accende
l’apparecchio che analizza il ritmo e decide autonomamente se effettuare la scarica
elettrica oppure no. Nella versione semiautomatica, invece, i tasti presenti sono due
ON/OFF e SHOCK: dopo aver attaccato gli elettrodi, si accende l’apparecchio che effettua
i controlli del ritmo della vittima e consiglia eventualmente il rilascio della scarica
all’operatore che può effettuarlo attraverso il pulsante rosso.
Procedura: utilizzare il defibrillatore automatico esterno.
1. Riconoscere l’arresto cardiocircolatorio.
2. Iniziare la RCP fino all’arrivo del DAE. (Se si dispone di un DAE nelle vicinanze
applicare subito il DAE senza RCP).
3. Accendere il DAE e applicare gli elettrodi sulla cute asciutta: uno sulla parte
superiore dx del torace vicino alla clavicola e l’altro nella porzione inferiore sx
appena sotto il capezzolo.
4. Iniziare l’analisi del ritmo assicurandosi che nessuno tocchi il pz (analisi x 10-15
sec).
5. Se il DAE segnala la necessità di shock gridare “libero” per assicurarsi che nessuno
tocchi il pz e impartire lo shock.
6. Riprendere la RCP fino a che per 2 min (5 cilci di RCP) e ripetere l’analisi del ritmo.
70. Il candidato descriva come effettua la valutazione e la gestione della disfagia,
in relazione alla prevenzione e gestione della complicanza (polmonite ab
ingestis).
La disfagia è un’alterazione della normale progressione del bolo nelle vie digestive
superiori, causata da una disfunzione anatomo-funzionale dell'apparato digerente e
consistente nella difficoltà a deglutire. Può riguardare solo i cibi solidi, o anche quelli
semiliquidi o liquidi.
Segni e sintomi
A seconda della localizzazione la disfagia si può presentare con una clinica differente:
le manifestazioni cliniche della disfagia orofaringea sono rappresentate da
difficoltà nel controllo del bolo nella cavità orale con perdita di saliva o cibo dalla
bocca, tosse, sensazione di soffocamento per aspirazione nelle vie aeree, rigurgito
nasale, ma anche affaticamento durante il pasto;
la disfagia esofagea, invece, si può manifestare con sensazione di cibo che si blocca
a livello della parte bassa della gola o nel torace.
L’infermiere svolge un ruolo fondamentale, identificando segni e sintomi che possono
far sospettare disfagia andando a valutare asimmetria della rima orale, alterazioni della
mimica facciale, perdita di saliva, secchezza delle fauci ecc…
E’ fondamentale coinvolgere i familiare e un caregiver per monitorare l’alimentazione e
l’idratazione del paziente nelle 24h.Ovviamente tutti coloro che nutrono in pz devono
essere a conoscenza delle metodiche corrette prima e dopo i pasti.
Prima del Pasto:
Favorire un ambiente tranquillo senza troppe distrazioni, controllare che il soggetto sia
ben riposato, vigile e non sotto effetto di farmaci, controllare il cavo orale e aspirare se
necessario e controllare che il soggetto sia in grado di comunicare eventuali difficoltà .
Dopo il pasto:
Eseguire l’igiene orale e controllare che non ci siano residui di cibo, tenere la persona
seduta per almeno 30 min, valutare il quantitativo di cibo assunto e se non sufficiente
valutare l’utilizzo di una nutrizione in parallelo NE o NPT. Nel caso in cui la disfagia
persista per più di 15 gg e si presuma una durata per più di 60 gg è consigliabile il
posizionamento della PEG.
Scelta dei cibi
Ove possibile assecondare i gusti del pz per invogliarlo a mangiare, possiamo
suddividere tra :
Solidi : richiedono preparazione e masticazione accurata
Semisolidi-Semiliquidi: non richiedono masticazione, sono omogenei e compatti
Liquidi: non richiedono manovre preparatorie da parte della bocca.
Come alimentare la persona
1) Posizionare il pz seduto almeno 20 min prima del pasto
2) Porsi al suo stesso livello o più basso dei suoi occhi in modo che possa vederci
3) Evitare di far parlare la persona
4) Dare il tempo necessario
5) Se la persona si affatica somministrare sei piccoli pasti al giorno
6) Incoraggiare la tosse dopo la deglutizione
7) Se c’è ipersalivazione insegnare alla persona a deglutire la saliva tra un boccone e
l’altro
8) Fare attenzione alle dimensioni dei bocconi, evitare cannucce o siringhe per la
difficoltà nel controllo di flusso e quantità dei liquidi ingeriti.
9) Non lasciare mai il pz da solo quando mangia o beve
*In emergenza Manovra di Heimlich
71. Il candidato illustri quali procedure mette in atto per la prevenzione delle
complicanze da immobilizzazione o sindrome ipocinetica.
Nella gestione del paziente con ridotta autonomia funzionale, l’infermiere è responsabile
dell’esecuzione di operazioni di movimentazione al fine di evitare complicanze da
immobilizzazione e sindrome ipocinetica. Quest’ultima consiste in un complesso di
patologie che insorgono in seguito ad allettamento prolungato. I principali apparati che
possono essere colpiti da questa condizione sono:
APPARATO LOCOMOTORE: L’immobilizzazione prolungata può causare ipotrofia
muscolare, deformazione delle cartilagini che impediscono il movimento delle
articolazioni.
APPARATO CARDIOVASCOLARE: Una delle complicanze è l’ipotensione ortostatica,
causata dalla riduzione del ritorno venoso al cuore per stasi venosa; di conseguenza è
necessario l’utilizzo delle calze antitrombo.
APPARATO RESPIRATORIO: L’immobilizzazione prolungata provoca un aumento del
ristagno di secrezioni polmonari, che possono causare bronchiti e polmoniti.
APPARATO GASTROENTERICO: La posizione supina può rendere difficoltosa
l’introduzione di cibo e la deglutizione, portando a riduzione dell’apporto di nutrienti. Di
conseguenza, i tempi di transito gastrointestinale sono allungati e si incorre alla stipsi,
trattata con clisteri evacuativi.
APPARATO TEGUMENTARIO: la complicanza principale della sindrome da
immobilizzazione è l’insorgenza delle ulcere da decubito.
Per prevenire la comparsa di queste complicanze è necessario evitare il prolungato
riposo a letto, incoraggiando la precoce mobilizzazione del paziente appena le
condizioni lo consentano. Bisogna inizialmente sollecitare la postura seduta per ridurre i
disturbi dell’equilibrio e, successivamente, al movimento ed alla ripresa delle consuete
attività .
Anche se il paziente non può scendere dal letto, è importante incoraggiarlo a svolgere
piccoli movimenti come pettinarsi o mangiare, in quanto aiuta anche a mantenere
l’autostima e l’autonomia nelle semplici attività quotidiane.
La biopsia epatica consiste nel prelievo di tessuto epatico mediante un apposito ago. Lo
scopo è puramente diagnostico, infatti è utile per compiere diagnosi di un’eventuale
epatopatia attraverso lo studio istologico del parenchima epatico prelevato. Può essere
eseguita a cielo coperto (alla cieca mediante aspirazione transcutanea); e a cielo
scoperto (in laparoscopia o ecografia guidata). La sede dove viene praticata è il 7°-9°
spazio intercostale nella zona compresa tra linea ascellare anteriore e posteriore.
Le competenze infermieristiche durante la procedura saranno rivolti a:
preparazione ambiente, materiale, del paziente;
assistenza pre, durante e post procedura;
collaborazione con il medico durante la pratica;
conservazione campioni;
registrazione procedura;
riordino materiale;
PREPARAZIONE PAZIENTE
Informare il paziente sulla procedura a cui verrà sottoposto;
Far osservare un digiuno di almeno 4 ore; controllare P.A. e F.C;
Controllare che il pz abbia eseguito un’accurata pulizia igienica della zona intervento e
se non è autonomo provvedere alla pulizia e cura igienica.
MATERIALE
Ago di Meneghini, bisturi, tutto il necessario per la disinfezione, siringa da 20ML,
fisiologica, borsa del ghiaccio, capsulette a vetrino d’orologio con etichetta, pinze Peon,
guanti sterili e monouso, garze e telini sterili.
POSIZIONE DEL PAZIENTE
Supina, ruotato leggermente sul fianco sinistro con un cuscino sotto e il capo ruotato a
sinistra.
DURANTE LA PROCEDURA
Dopo la disinfezione della regione e anestesia locale, il medico pratica un incisione
cutanea con il bisturi. Aspira nella siringa da 20Ml fisiologica e innesta l’ago da biopsia
sulla siringa. Introduce l’ago nel punto prescelto, fuori dalla capsula epatica. Inietta circa
metà della soluzione fisiologica per allontanare frammenti di tessuto. Si invita il pz a
restare in APNEA ESPIRATORIA per evitare lesioni. Il medico affonda l’ago e lo estrae
ponendo la punta dell’ago nella provetta etichettata contenente il liquido di fissaggio.
POST PROCEDURA
Il pz va posto in decubito laterale destro sul cuscinetto rigido per circa 2 ore, in modo da
creare una compressione sulla medicazione. È utile frapporre una borsa del ghiaccio. Il
pz deve osservare un riposo a letto pe 24-48 ore, mentre l’assunzione dei liquidi può
iniziare dopo 12 ore. Monitorare il pz ogni 2 ore controllando F.C., P.A., condizioni
generali. La complicanza più grave è l’emorragia per cui F.C. aumentata e P.A. bassa si
devono tempestivamente segnalare al medico.
La paracentesi è una puntura effettuata sull’addome per drenare liquido ascitico dalla
cavità peritoneale. Per ascite si intende la raccolta di liquido anomalo nella cavità
peritoneale. La presenza di liquido ascitico è frequente nei pz affetti da cirrosi epatica.
Gli scopi della paracentesi sono: diagnostico, per effettuare esami fisici, chimici,
batteriologici e citologici. Terapeutico, per decomprimere gli organi addominali ed il
diaframma. La paracentesi viene effettuata nello spazio compreso dall’ombelico alla
sinfisi pubica.
Le competenze infermieristiche durante la procedura saranno rivolti a:
preparazione ambiente, materiale, del paziente;
assistenza pre, durante e post procedura;
collaborazione con il medico durante la pratica;
conservazione campioni;
registrazione procedura;
riordino materiale;
PREPARAZIONE PAZIENTE
Informare il pz sulla procedura a cui verrà sottoposto.
Far osservare un digiuno di almeno 12 ore.
Inviare il pz a svuotare la vescica (in quanto è presente un elevato rischio di pungerla).
Misurare la circonferenza addominale e pesarlo.
POSIZIONE DEL PAZIENTE
Semiseduto, a letto leggermente inclinato sul fianco per facilitare il deflusso del liquido.
MATERIALE
Ferro servitore sterile, siringhe per anestesia, pinza per disinfezione cutanea, set
monouso paracentesi, disinfettante iodoforo, garze e batuffoli sterili, cerotto e forbici,
farmaci pronto soccorso, reniforme.
DURANTE LA PROCEDURA
Sistemare cerata e traversa sul letto; far assumere la posizione semiseduta; disinfettare
la cute; utilizzare un telino forato per circoscrivere la zona interessata; ridisinfettare; il
medico introduce l’ago, raccogliere eventuali campioni in provette, raccorda ago al tubo
di drenaggio (rubinetto a 3 vie). Durante la fuori uscita del liquido, monitorare i P.V. Ad
evacuazione ultimata, rimosso l’ago si applicherà a seconda dei casi un punto di sutura e
la parte sarà coperta con garze sterili fissate con del cerotto. Il pz sarà posto sul fianco
destro in posizione semiseduta o supina al fine di impedire lo stillicidio del liquido della
ferita.
La biopsia renale è una procedura medica che consente di prelevare piccoli frammenti
di tessuto renale per esaminarli al microscopio ottico ed elettronico e
all'immunofluorescenza.
INTERVENTI INFERMIERISTICI
Ampliare le conoscenze del paziente sulla pratica da eseguire, garantire un ambiente
calmo e tranquillo.
Se il paziente avverte dolore, somministrare un antidolorifico se prescritto.
Posizionare il paziente in posizione semi-seduta per favorire una migliore
respirazione.
Lavare le mani ed osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
Controllare i PV del paziente periodicamente.
MATERIALE OCCORRENTE
Piano superiore del carrello
Disinfettante a base di iodiopovidone
Ago TRU-CUT con meccanismo a scatto o manuale. Esso è costituito da una parte
scanalata e una parte tagliente (20cm e diverse dimensioni).
Aghi da spinale per iniezione dell’anestetico locale
Anestetico locale (lidocaina al 2%)
Dispositivi di protezione individuale sterili
Guanti sterili
Garze sterili
Telini e teli sterili con e senza adesivo
Medicazione sterile compressiva
Cerotto
Provette sterili per esame istologico con etichette
Contenitore reniforme
Occorrente per infusione endovenosa: aghi cannula, deflussori, soluzione di NaCl.
Piano inferiore del carrello
Occorrente per tricotomia
Contenitore per i rifiuti
Detergenti e falda di cotone
PROCEDURA
Preparazione del paziente nei giorni precedenti all’esame:
Qualche giorno prima dell’esame è opportuno sospendere alcuni farmaci,
prevalentemente quelli che alterano la coagulazione del sangue, come il warfarin
(Coumadin) oppure gli antiaggreganti (aspirina, ticlopidina, etc). Il nefrologo darà
informazioni sui farmaci da assumere o meno.
Prima della biopsia vengono praticati alcuni esami del sangue e delle urine al fine di
escludere la presenza di infezioni in atto e di alterazioni della coagulazione del
sangue.
Digiuno assoluto nelle 4 ore precedenti e seguenti la procedura;
Il giorno dell’esame è spesso richiesto il digiuno da circa 8 ore.
Controllo Pressione arteriosa e Frequenza cardiaca;
Prima di praticare la biopsia renale informare il paziente su come si esegue la
procedura e su eventuali misure da adottare prima e in corso dell’esame.
Preparare l’ambiente alla procedura, garantire un microclima adeguatamente
riscaldato, luminoso, privo di fonti di disturbo e pulito.
Verificare che il paziente abbia accettato e firmato il consenso
Verificare i valori degli esami ematici (emocromo, creatininemia, tempo di
protrombina)
Verificare i p.v. e trascriverli nella documentazione infermieristica
Invitare il paziente ad urinare;
- Accertare che il paziente non sia allergico all’anestetico locale che verrà utilizzato. Se
prescritto, somministrare un sedativo.
- Garantire la privacy
- Effettuare la tricotomia lombare;
- Inserire un ago cannula per eventuale terapia endovenosa
- Far assumere al paziente la posizione prona e preparare tutto per l’ecografia renale
- Scoprire il paziente il minimo indispensabile
- Alla fine dell’ecografia far assumere al paziente la posizione laterale destra oppure
prona con un leggero rialzo (cuscino) sistemato al di sotto dell’addome per favorire la
superficializzazione del rene, a seconda delle disposizioni del medico.
Fase di esecuzione
- Identificare il paziente
- Assicurarsi che sia stato rispettato il digiuno da almeno 6/8 ore
- Eseguire l’igiene delle mani
- Indossare dispositivi di protezione individuale non sterili (guanti monouso non sterili,
mascherina con visiera, camice non sterile in TNT)
- Effettuare disinfezione dell’area da pungere con soluzione a base di iodiopovidone con
movimenti circolari (il sito d’inserzione può essere sottocostale o più raramente
infracostale)
- In questa fase l’infermiere si posiziona al lato del paziente per rassicurarlo ed
evidenziare eventuali segni di malore (pallore, sudorazione etc.) che potrebbero
incorrere durante la procedura, per aiutarlo a mantenere la posizione corretta,
prepararlo alla sensazione di pressione e di puntura che deriva dall’infiltrazione
dell’anestetico locale. Per incoraggiarlo a trattenersi dal tossire, per informarlo
dell’importanza di avere la sua collaborazione nel trattenere il respiro per circa 10
secondi quando gli sarà richiesto, per evitare lesioni del diaframma e della pleura.
- Collaborare con il medico per la preparazione della siringa con anestetico, porgendo al
medico la fiala in cui questo infilerà l’ago per prelevarne la quantità idonea.
- Eseguire anestesia locale della cute tramite iniezione allo scopo di eliminare o ridurre il
dolore del prelievo
- Con la guida dell’ecografia si introduce l’ago TRU-CUT, senza che il paziente senta alcun
dolore.
- A questo punto si invita il paziente a fare un respiro profondo in modo da avvicinare il
rene all’ago. Si sentirà quindi il rumore di uno scatto, è il segno che il prelievo è
avvenuto.
- Il medico verifica ecograficamente eventuale presenza di emorragia
- Una volta tolto l’ago l’infermiere esegue una medicazione a compressione sterile
- Si applica del ghiaccio sul sito
- Si posiziona il paziente in posizione supina prona con un cuscino sotto l’addome
- Riordinare il materiale e smaltire i rifiuti
- Eseguire l’igiene delle mani
- Provvedere all’invio del campione in laboratorio
- Registrare tutto nella cartella infermieristica (giorno, ora, sede della biopsia, eventuali
campioni raccolti, p.v.)
Controlli successivi
- Controllare il paziente ogni 15 minuti per la prima ora
- Controllare i PV
- Introdurre liquidi
- Controllare la diuresi e il dolore
- Raccogliere il campione seriale delle urine e controllare la presenza di ematuria
- Spiegare al paziente che per almeno due settimane dovrà astenersi da attività
eccessivamente stancanti
- Istruire il paziente su eventuali segni di sanguinamento, come il dolore al fianco,
svenimento, aumento della F.C.
In base all’origine del sanguinamento e allo stato del pz possiamo mettere in atto diverse
procedure assistenziali: SNG e Sonda di Sengstaken Blakemore
B – respirazione/ventilazioni:
Prendere delle precauzioni per eseguire le ventilazioni, munendosi di mezzi protettivi
come barriera (maschera facciale).
1. Mantenere l’apertura delle vie aeree con iperestensione del capo e sollevamento del
mento
2. Chiudere il naso della vittima con pollice e indice della mano posizionata sulla fronte
3. Prendere un respiro normale e porre la propria bocca su quella del paziente facendola
aderire
completamente
4. Eseguire 2 ventilazioni, ciascuna della durata di 1 sec, controllando che il torace del
paziente inizia a sollevarsi. Se il torace non si solleva, eseguire un’altra ventilazione e poi
riprendere le compressioni toraciche, riducendo al minimo le pause tra compressioni e
ventilazioni.
LATTANTE posizione neutra della testa con uno spessore sotto le spalle per sollevare
il tronco rispetto al capo e si copra con la propria bocca sia la bocca che il naso del
lattante.
Continuare la rianimazione fino a che: non arrivano i soccorsi- la vittima dà segni di
ripresa muovendosi, aprendo gli occhi o respirando normalmente- il soccorritore è
esausto.
D – defibrillazione precoce:
1. Accendere il DAE e attaccare gli elettrodi adesivi sul torace nudo: uno sul margine
sternale superiore destro sotto la clavicola e l’altro sulla linea ascellare media e a
sinistra del capezzolo. Altre posizioni: - entrambi gli elettrodi sulla parete laterale del
torace, uno a destra e l’altro a sinistra – la piastra apicale standard e l’altra sulla zona
soprascapolare destra – un elettrodo anteriormente sul precordio e l’altro nell’area
sottoscapolare sinistra.
BAMBINO materiale adattato: elettrodi adesivi con indicazione per il
posizionamento antero-posteriore e adattatore che riduce l’energia erogata dal
defibrillatore semi-automatico.
2. Se è presente più di un soccorritore continuare la RCP durante il posizionamento
degli elettrodi. Seguire le indicazioni verbali/visive del DAE e controllare che
nessuno tocchi la vittima mentre analizza il ritmo.
3. Se riconosce ritmi defibrillabili (fibrillazione ventricolare e tachicardia ventricolare
senza polso): controllare che nessuno tocchi la vittima- premere il pulsante di
scarica- ricominciare la RCP.
4. Se non è indicato lo shock, proseguire con la RCP.
I sistemi di contenzione sono dei sistemi protettivi usati per limitare l’attività fisica del
paziente o di parte del suo corpo. Lo scopo del sistema di contenzione è quello di poter
prevenire traumi a se stesso oppure agli altri. Essi sono molto usati in pazienti anziani
con demenze o pazienti psichiatrici. I sistemi di contenzione possono essere fisici o
chimici. I sistemi di contenzione fisici sono costituiti da metodi manuali o da strumenti
fisici o meccanici attaccati al corpo del pz. I sistemi di contenzione chimici sono costituiti
da sostanze farmacologiche, come ansiolitici, sedativi e neurolettici, e sostanze
psicotrope usate per controllare il comportamento asociale. Linee guida per l’utilizzo
della contenzione:
l’utilizzo della contenzione deve basarsi sulle osservazioni presenti del pazienti e
non sul passato.
Valutare il rischio per la sicurezza del paziente ma anche per gli altri.
Parlare con la famiglia e con i caregiver chiedere la loro opinione del
comportamento del paziente e l’eventuale uso della contenzione.
Prima della contenzione provare misure alternative
Valutare il paziente se le alternative messe in atto hanno avuto successo o meno
Avvertire il medico o la famiglia se sono necessarie delle misure di contenzione
Individuare la misura di contenzione scegliendo il dispositivo meno fastidioso
per il paziente
Documentare l’uso della contenzione, il dispositivo usato, l’ora, le misure
alternative, i parametri vitali, le valutazioni effettuate e i periodi di utilizzo e
sospensione dell’uso dei mezzi contentivi
Ricordare che l’uso della contenzione fisica deve avvenire solo dopo un’accurata
valutazione del paziente, dell’ambiente e solo dopo aver cercato di eliminare i
comportamenti di disagio e dopo aver identificato fattori scatenanti. Deve
avvenire solo dopo che le misure alternative hanno fallito.
I benefici usati nella contenzione devono essere superiori ai rischi stimati per
quella persona.
La contenzione deve essere prescritta da un medico
L’infermiere valuta il paziente con contenzione almeno ogni quattro ore, deve
effettuare l’assistenza ai bisogni primari (nutrirsi, igiene, eliminazioni almeno
ogni due ore) e valuta i parametri vitali ogni due ore.
Esistono diversi tipi di sistemi di contenzione. I più comune sono:
Giubbotti di contenzione: sono indumenti con cinghie che possono essere legate
alla struttura del letto sotto il materasso e sono utilizzati per preservare la sicurezza
dei pz confusi quando sono a letto o sulla sedia a rotelle.
Cinture di contenzione: sono utilizzati per garantire la sicurezza di tutti i pz che
devono essere spostati su barelle o su sedie a rotelle.
Sistemi di contenzione manopola per le mani: è utilizzato per evitare che i pz di
qualsiasi età utilizzano le mani o le dita per graffiarsi e procurarsi delle lesioni.
Sistema di contenzione per gli arti: possono essere utilizzati per immobilizzare un
arto.
Sistemi di contenzione per gomiti: utilizzati comunemente nei bambini
impediscono la flessione dell’articolazione, cosi da risultare impossibile raggiungere
le cannule, connessioni, catetere e fasciature.
LINEE GUIDA PER L’UTILIZZO CORRETTO DELLA CONTENZIONE
• La contenzione deve essere prescritta dal medico
• Non deve essere utilizzata per sopperire a carenze di personale o deficit organizzativi e
gestionali
• La prescrizione deve contenere non solo il motivo ma anche i tempi, la frequenza ed i
metodi
• Si dovrà effettuare una rivalutazione periodica della scelta
• Occorre informare il paziente ed i familiari sulla scelta
• L’atto deve essere documentato
• Occorre sorvegliare idoneamente il paziente
• Durante il periodo di contenzione occorre programmare fasi di movimento ogni due
ore
Sono disponibili dei sistemi di monitoraggio della sicurezza elettronici in grado di
rilevare quando i pazienti stanno tentando di muoversi o di scendere dal letto. Ad
esempio, un monitor di sicurezza da letto o da sedia ha un sensore di posizione che
attiva un allarme quando il paziente tenta di scendere dal letto o dalla sedia. Un sistema
di monitoraggio della mobilità a scatola magnetica montato su un letto o su una
sedia è collegato tramite un morsetto agli abiti del paziente. Questo viene tirato se il
paziente tenta di scendere dal letto o dalla sedia, innescando un allarme. C’è da dire che
in tali sistemi di monitoraggio l’allarme si attiva anche con i normali cambiamenti di
posizione, per cui gli infermieri devono stare attenti a valutare se il paziente sta
effettivamente cercando di alzarsi dal letto o dalla sedia oppure no.
In Italia non esiste una normativa a tutela delle persone sottoposte a contenzione. L’art.
610 C.P. ritiene però che in alcuni casi si può ricorrere nel reato di violenza privato ma
che “l’azione anche violenta, come legare o anestetizzare, contraria alla volontà del pz,
esercitata non a scopo curativo diretto, bensì allo scopo di rendere possibile il
trattamento chirurgico, è giustificabile solo a patto di agire nelle necessità di salvare, o
preservare l’integrità fisica del pz stesso”. Mentre art. 605 si parla di reclusione, infatti
recita che “chiunque priva taluno della libertà personale è punito con reclusione.. se il
fatto è commesso: in danno di un ascendente, discendete o dal coniuge o da un pubblico
ufficiale. Inoltre il sanitario che attua la contenzione non deve cedere nell’abuso di mezzi
di correzione o di disciplina – art.571 in danno di una persona.
I pazienti critici richiedono una valutazione continua del sistema cardiovascolare per
diagnosticare e gestire le loro condizioni cliniche. Questo viene effettuato attraverso il
monitoraggio invasivo della Pressione Arteriosa (PA) e della Pressione Venosa
Centrale (PVC) attraverso l’introduzione rispettivamente di un catetere arterioso e di
un catetere venoso centrale. Al catetere è necessario collegare:
un trasduttore ( è presente in reparto un kit specifico ) che converte la pressione
rilevata in un segnale elettrico visibile sul monitor attraverso un’onda e un valore
sostegno per il trasduttore
una sacca di Soluzione Fisiologica per consentire il lavaggio manuale e continuo
del circuito rilasciando dai 3 ai 5 ml di soluzione all’ora per evitare la formazione
di coaguli nel catetere (FLUSH)
una sacca a pressione all’interno della quale posizioniamo la sacca di soluzione
fisiologica e che deve mantenere una pressione di 300 mm Hg
un cavo di connessione al monitor
un modulo specifico per il monitor
monitor
l CVC deve essere collegato al trasduttore esclusivamente dal lume distale per ottenere
una corretta ed attendibile misurazione della PVC. La PVC è la pressione rilevata in vena
cava superiore all’ingresso dell’atrio destro e permette di valutare il funzionamento del
ventricolo dx e il ritorno venoso nella parte dx del cuore. La PVC è un parametro
emodinamico utile da osservare quando si gestisce un paziente instabile e va
monitorizzata nel tempo e correlata allo stato clinico del paziente. I valori normali della
PVC variano in un range che va da 0 a 8 mm Hg.
Un aumento della PVC può essere dovuto a ipervolemia o a condizioni cliniche come
l’insufficienza cardiaca. Una diminuzione della PVC indica una riduzione del precarico
del ventricolo dx, molto spesso causato da ipovolemia.
Per misurare correttamente la PVC è necessario che il punto di riferimento dello zero
(corrispondente al livello del trasduttore ) sia sempre a livello dell’atrio dx.
A tale scopo sono stati individuati 2 punti di repere:
l’asse flebostatico, definito come il punto d’incrocio tra la linea immaginaria che
parte dal 4′ spazio intercostale sulla margine sternale e sì prolunga fino
all’ascella, e la linea intermedia fra superficie anteriore e posteriore del torace;
il livello flebostatico, definito dalla linea immaginaria orizzontale che attraversa
l’asse flebostatico.
Il trasduttore ( lo zero ) deve essere al livello dell’asse flebostatica per una accurata
misurazione della PVC.
La misurazione della PVC può essere effettuata con il paziente in posizione semiseduta,
mantenendo però il trasduttore alla stessa altezza del livello flebostatico. Per maggiore
precisione, il punto d’incrocio fra asse e livello flebostatico andrebbe segnato sul torace
del paziente, così da garantire che le varie misurazioni che si effettuano avvengano in
condizioni sovrapponibili e quindi confrontabili.
Per eseguire l’azzeramento del trasduttore si deve fermare le eventuali infusioni che si
stanno somministrando dal lume distale del CVC, si chiude il rubinetto del trasduttore
verso il paziente mettendo così il sistema in comunicazione con l’aria ambiente.
Si preme poi il tasto di azzeramento sul modulo inserito nel monitor e si attende la
conferma che l’azzeramento è stato eseguito.
Si ripristina infine il collegamento del trasduttore con il paziente e si rileva il valore della
PVC.
Per la rilevazione della PA il procedimento e lo stesso che per la PVC.