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INTRODUZIONE ESAME

Per ogni procedura in elenco, si richiede di dare:

1.Definizione

2.Scopi (obiettivi infermieristici)

3.Indicazioni in relazione alla/e diagnosi infermieristiche reali o potenziali


previste per la situazione assistenziale scelta

4.Descrizione delle procedure in tutte le fasi:

a. Preparazione ambientale
b. Reperimento e preparazione dei materiali d’uso
c. Preparazione del paziente
d. Preparazione dell’operatore
e. Esecuzione dell’attività
f. Riordino
g. Registrazione

5. Differenze della/e procedura/e utilizzate in base alla differente età, sesso,


situazione del paziente

6.Aspetti etici e deontologici riferiti alla situazione assistenziale scelta

7.Eventuali attività delegabili e modalità di delega

8.Competenze educative, riabilitative e relazionali relative alla situazione


assistenziale scelta
1. Azioni infermieristiche da mettere in atto nell’accettazione e presa in carico
della persona a bassa e ad alta complessità assistenziale facendo la distinzione tra
la degenza e il domicilio.

Con il termine di “bassa complessità assistenziale”, si fa riferimento a tutti quei pazienti


che non presentano criticità sul piano clinico assistenziale, in grado quindi di
provvedere autonomamente o quasi allo svolgimento di attività di vita quotidiana (ADL)
e ad azioni di self-care. Questa tipologia di pazienti richiede per tanto un minor livello di
assistenza. Il pz ad “alta complessità assistenziale” invece, presenta un alto numero di
bisogni da soddisfare e una scarsa autonomia. È Dipendente in alcune funzioni vitali da
supporti esterni invasivi (ventilazione meccanica, nutrizione enterale tramite SNG o
PEG, nutrizione parenterale etc), rientrano in questa tipologia i pz affetti da patologie
evolutive irreversibili (esiti lesioni SNC o periferico), patologie neuromuscolari e
respiratori e/o pz in fase terminale.

Le azioni principale che compie l’infermiere nell’accettazione e persa in carico di una


persona a bassa o alta complessità assistenziale in degenza sono:
1. ACCOGLIENZA PRESSO L’UNITA’ DI DEGENZA, presentandosi e dando quindi tutte
le info in merito.
2. RACCOLTA ANAMNESI (Dati anagrafici, disturbi accusati/causa di ricovero, stato di
salute attuale, anamnesi remota, anamnesi familiare, stile di vita, dati sociali, dati
psicologici, terapia farmacologica)
3. ACCERTAMENTO FISICO (Domanda n.3)

A domicilio(1) si effettuerà una valutazione ambientale per cercare di creare un


ambiente terapeutico, sicuro e sanificato.
Anamnesi e accertamento fisico permettono una migliore definizione della complessità
assistenziale. Durante l’anamnesi l’interesse dell’infermiere è rivolto a modelli culturali,
etnici e psico-sociali sulla salute, malattia/e e comportamenti di promozione della salute
del paziente, il suo ambiente fisico (situazione abitativa), religioso e interpersonale, il
suo stile di vita e le attività quotidiane. Tutto questo permette l’identificazione e la
codifica dei problemi del paziente sui quali l’infermiere realizza una lista di diagnosi
infermieristiche (reali e potenziali) per mettere in atto tutta una serie di strategie in
grado contribuire alla risoluzione dei problemi.
Schematizzando:
ANAGRAFICA/ EDUCAZIONE - OCCUPAZIONE/ AMBIENTE/ PATOLOGIE PREGRESSE E
CONCOMITANTI/ ALLERGIE NOTE.
VALUTAZIONE MODELLI DI SALUTE:
 Capacità nella cura di sé (autonomo o non, in che grado e con quali ausili se ne
dispone)
 Modello cognitivo-percettivo (coscienza, memoria, comprensione,
comunicazione)
 Modello nutrizionale (appetito, se assume integratori- diete particolari, protesi
dentarie)
 Modello di eliminazione (abitudini intestinali e urinarie)
 Modello riposo-sonno (problemi nel dormire, assunzione di farmaci)
 Modello mantenimento- percezione della salute (alcol, tabacco, altre
sostanze)
 Modello valori-convinzioni (religione)
 Modello adattamento allo stress (perdite importanti, situazioni che danno
preoccupazioni)
 Modello sessualità- riproduzione (mestruazioni, anticoncezionali, figli)
 SCALA DI BRADEN (rischio lesioni da pressione)
 SCALA DI CONLEY (rischio caduta)
 PARAMETRI VITALI

ACCOGLIENZA PRESSO L’UNITA’ DI DEGENZA: Nell’organizzazione ospedaliera,


l’unità di degenza è quell’ubicazione dove il paziente trascorrerà il periodo di
permanenza nella struttura. Le stanze devono avere criteri specifici, che verranno di
seguito esposti. Per ogni paziente sono calcolati 21m3 d’aria, per cui a partire da questo
dato si potranno aver stanze più grandi a seconda del numero di pazienti che dovranno
ospitare. Le pareti sono rivestite con materiali che possono essere sanificati senza essere
soggetti ad usura (solitamente PVC). I pavimenti sono di superficie liscia, antiscivolo e
con gli angoli arrotondati per facilitarne la pulizia. Le finestre sono a doppio segmento,
di facile apertura e chiusura. Esistono inoltre dei sistemi detti a vasistas che permettono
la gestione del microclima senza creare correnti d’aria dirette che potrebbero nuocere ai
pazienti. Ogni stanza è corredata di un sistema di riscaldamento/ raffreddamento che
può essere autonomo o centralizzato, per assicurare una temperatura di 20°-25°C con
un’umidità relativa di circa 40- 60%. Il sistema di illuminazione è costituito da luci
centrali, che illuminano tutta la stanza, luci alla testa del letto, luci di cortesia, con
sistema di accensione individuale. Ogni stanza è ovviamente arredata di un bagno per i
pazienti.
L’arredamento standard di cui deve disporre un individuo durante la degenza per
soddisfare il proprio bisogno di riposo e di comfort prende nome di unità del paziente (o
anche unità posto letto dell’assistito). Questo consta di:
 Letto
 Comodino
 Tavolino servitore (regolabile e non)
 Armadietto
 Eventuale sedia
Il letto è il componente principale, fondamentale per favorire il riposo, il sonno e il
comfort del paziente. Le sue dimensioni devono essere di 2m x 0.90m x 0.50m
(lunghezza x larghezza x altezza dal terreno). Il telaio può essere fisso o articolato,
quest’ultimo può essere di tipo meccanico o elettrico (1 o più snodi), dotato di
testata e pediera rimovibili. Infine dispone di 4 ruote piroettanti. Può essere inoltre
corredato di alcuni accessori quali:
 Sponde laterali, forniscono all’assistito un supporto per girarsi e sollevarsi dal letto.
Possono essere richieste dal paziente stesso se lo fanno sentire più sicuro rispetto al
rischio di cadere dal letto. Si ricorda inoltre che nel momento in cui queste sono
sollevate possono essere considerate mezzo di contenzione fisica, con tutte le
conseguenze legali che comporta.
 Spazi per aste, solitamente si trovano agli angoli del letto e vi vengono introdotte
aste che possono svolgere funzione di reggi flebo, oppure possono contenere aste
che prendono il nome di “capra” utilizzate per la mobilizzazione del malato.
 Archetti alza coperte, se necessari.
Correlati al letto abbiamo poi gli effetti letterecci ovvero: materasso (che può essere
in gommapiuma, lattice o speciali a pressione alternata), lenzuola, traversa,
copriletto, federa e cuscino.
CONDIZIONI DA VALUTARE (ALTA COMPLESSITA’):
 Stato di Vigilanza (vigile, stato di coma, stato cognitivo, comunicazione verbale e
visiva);
 Valutazione Cardiocircolatoria (PA, FC e crisi vegetative);
 Respirazione (tracheo, ventilatore, ossigeno, cuffiatura, medicazione);
 Mobilità
 Alimentazione: per OS (valutare il tipo di dieta adeguata: solida, semi-solida,
liquida e semiliquida e quindi un eventuale disfagia del pz), SNG o PEG e valutare
con il medico la velocità ml/h e se somministrare per boli o ad infusione continua
con ristagno gastrico e rivalutazione;
 Eliminazione urinaria
 Eliminazione feci
 Valutazione del dolore (scale VAS, VRS e NRS e scala FAIN PAIN per pz pediatrici)
 Valutazione cute e igiene personale (valutazione lesioni da pressione, igiene
personale quotidiana)

2. Attività assistenziali che devono essere svolte direttamente dall’infermiere o


per delega al personale di supporto per la presa in carico e per la dimissione di un
paziente in una unità di degenza di isolamento.

L’isolamento è usato per i pazienti che sono infetti o colonizzati da agenti infettanti che
richiedono precauzioni aggiuntive alle precauzione standard usate per tutte i pazienti.
L’isolamento è usato per ridurre al minimo il rischio di trasmissione degli agenti
patogeni alle altre persone, in particolare alle personae più fragile ed al personale
sanitario.
Normalmente viene allocato in una stanza singola, oppure possono condividere la stessa
stanza pazienti che condividono la stessa patologia. La stanza di degenza deve essere
equipaggiata di servizi igienici e bagno in camera, in modo tale da evitare l’uscita del
paziente. Nell’entrata e nell’uscita dalla stanza gli operatori devono prestare attenzione
alle correnti d’aria dall’interno all’esterno del locale, per evitare la diffusione dei
microrganismi. Tutto il materiale di assistenza ed uso deve essere tenuto a disposizione
all’interno della stanza di degenza.
A seconda del tipo di malattia infettiva varia la trasmissione e di conseguenza le misure
da adottare.
PRECAUZIONE STANDARD (PER TUTTI I PAZIENTI):
 Lavare le mani dopo ogni contatto con liquidi biologici, sangue, secrezioni,
escrezioni e oggetti contaminati;
 Lavare le mani dopo l’uso di guanti tra un paziente e l’altro, uso di mascherine,
occhiali o visiere, camici.
PRECAUZIONE PER VIA AEREA:
Paziente affetti (o sospettati di esserlo) da malattie che si trasmettono attraverso piccole
particelle anche a lunga distanza, attraverso l’aria (Es. morbillo; varicella; TBC).
In caso di varicella o morbillo si può usare la chirurgia se il personale sanitario è
immune, altrimenti FFP2. In caso di TBC sempre mascherine con filtro.
Bisogna:
1) Porre il paziente in camera singola con pressione negativa dell’aria;
2) Assicurare da 6 a 12 ricambi di aria per ora; (scarico appropriata aria all’esterno)
3) Indossare protezioni respiratorie quando si entra nella stanza del pz affetto da TBC.
(mascherina chirurgica; mascherina con filtro FFP2, FFP3)
PRECAUZIONE PER GOCCIOLINE RESPIRATORIE:
Paziente affetti (o sospettati di esserlo) da malattie trasmesse da grandi goccioline (5
micron). (Es. meningiti, polmoniti, pertosse, peste polmonare, scarlattina in neonati,
influenza, parotite, rosolia).
Le goccioline sono generate dal soggetto parlando, tossendo o starnutendo e durante
l’esecuzione di alcune procedure assistenziali quali aspirazione, broncoscopia etc.
Poiché le goccioline non rimangono sospese nell’aria, non sono richiesti speciali
trattamenti dell’aria o una particolare ventilazione per prevenire la trasmissione.
Bisogna:
1) Porre il paziente in camera singola;
2) Assicurare la separazione spaziale di almeno 1 metro tra pazienti e visitatori,
indossare le maschere.
PRECAUZIONI PER CONTATTO:
Pazienti affetti (o sospettati di esserlo) da malattie trasmesse mediante contatto diretto
o contatto indiretto con oggetti dell’ambiente circostante.
Bisogna:
1) Porre il paziente in camera singola;
2) Indossare i guanti quando si entra in stanza e rimuoverli prima di lasciare la
camera; lavare le mani con antisettico.
3) La biancheria sporca viene smaltita in appositi sacchetti per materiale infetto.
La dimissione del paziente viene effettuata in caso di responso negativo. Oppure può
avvenire una dimissione protetta, durante il quale il paziente viene gestito a livello
domiciliare. Viene quindi fatta un educazione sanitaria sulla gestione igienico sanitaria
del paziente e le misure di isolamento.
Al personale di supporto deve essere delegato solo ciò che possono fare (Valutando il
livello di formazione).

3. Procedure da eseguire per l’effettuazione di un esame obiettivo infermieristico:


valutazione di organi ed apparati e valutazione della complessità assistenziale.

L’esame obiettivo o anche detto accertamento/esame fisico, è parte integrante


dell’accertamento infermieristico. Un esame organizzato e sistematico è la chiave per
raccogliere dati appropriati in breve tempo, e sebbene la sequenza dell’esame dipenda
dalle circostanze e dalle ragioni per cui il paziente cerca assistenza, generalmente per
essere completo procede rispettando un ordine come il seguente:
 Cute
 Testa e collo
 Torace e polmoni
 Mammelle
 Sistema cardiovascolare
 Addome
 Retto
 Apparato genitale
 Sistema nervoso
 Sistema muscolo scheletrico
Durante le procedure il comfort psico-fisico e la riservatezza(privacy) della persona va
sempre tenuto in considerazione, si descrivono al paziente le procedure e le sensazioni
che saranno provate, prima di ogni parte dell’esame. Ovviamente prima e dopo l’esame,
l’esaminatore deve opportunatamente lavarsi le mani.
Nell’esame obiettivo sono usate 4 tecniche fondamentali: ispezione, palpazione,
percussione, auscultazione.
ISPEZIONE: ha luogo durante il primo contatto con la persona, viene eseguita
utilizzando principalmente la vista (il paziente è osservato a occhio nudo), ma anche
altri sensi come l’udito o l’olfatto non giocano un ruolo secondario. Questa prima tecnica
ci permette di fare alcune valutazione iniziale su ciò che appare di fronte a noi e che a
seconda dei casi andranno indagate di più o di meno. Fra le osservazioni da annotare
durante l’ispezione non vanno dimenticate anche la postura, la statura, i movimenti
corporei e il modo di parlare.
PALPAZIONE: molte strutture del corpo, anche se non visibili, possono essere accertate
attraverso il tatto. Si può determinare ad esempio la temperatura (di un’area cutanea),
vibrazioni (di un’articolazione), posizione, dimensione, consistenza e mobilità di un
organo o di masse, distensione (es della vescica), presenza e caratteristiche di polsi
periferici, sensibilità , dolore o indolenzimento.
Ci sono due tipi di palpazione: superficiale e profonda. Quella superficiale deve sempre
precedere quella profonda in quanto la pressione eccessiva con le dita può ridurre la
sensazione tattile.
PERCUSSIONE: questa tecnica traduce in suono l’applicazione della forza fisica, e risulta
utile nella ricerca di informazioni in particolare sui processi morbosi del torace e
dell’addome. Il principio è quello di mettere in vibrazione la parete toracica o
addominale colpendola con un oggetto solido (es le dita). Il suono ottenuto riflette la
densità delle strutture sottostanti. I suoni che si ottengo elencati dal meno pieno al più
pieno sono: timpanismo (stomaco pieno d’aria), iperfonesi (tessuto polmonare con
enfisema), normofonesi (polmoni sani pieni d’aria), ottuso (fegato), piatto (coscia).
Questa tecnica permette quindi di accertare i normali, o meno, dettagli anatomici.
AUSCULTAZIONE: è l’azione di ascolto dei suoni prodotti all’interno del corpo creati da
movimenti d’aria o di liquidi. L’auscultazione viene eseguita attraverso il fonendoscopio
che ci funziona come una estensione dell’orecchio umano. I suoni auscultati sono
descritti in termini di:
Tono, ovvero la frequenza (n° di vibrazioni) al secondo. Può essere alto, medio, basso,
molto basso.
Intensità, o ampiezza indica la forza o la delicatezza di un suono. Lieve, medio, forte,
molto forte.
Durata, esprima la lunghezza e può essere breve, moderato, lungo, molto lungo.
Qualità, descrizione soggettiva del suono es: fischio, gorgoglio, schiocco.
Non vanno inoltre dimenticati nell’esame fisico:
la rilevazione dei parametri vitali (vedi domanda n° ) utili a definire dati di base con cui
paragonare misurazioni future e per scoprire problemi di salute attuali e futuri;
la valutazione dello stato mentale, del comportamento, della postura, dei movimenti
corporei; la valutazione infine dello stato nutrizionale, attraverso misurazioni
antropometriche (BMI, plica cutanea del tricipite, circonferenza del braccio, misurazioni
biochimiche (es: albumina, transferrina, elettroliti sierici), risultati analisi clinici e dati
dietetici.

4. Presa in carico in regime di ricovero e domiciliare di un paziente con ridotta


autonomia funzionale che deve trasferire dal letto alla poltrona. Descrizione delle
manovre che si attuano e dei supporti e dei dispositivi che potrebbero utilizzare.

Prima di qualsiasi trasferimento, l’infermiere deve determinare le capacità fisiche e


mentali del paziente per valutare la possibile collaborazione alla procedura di
trasferimento. Le linee guida generali relative alle tecniche di trasferimento sono le
seguenti:
 Pianificare cosa fare e come farlo. Determinare lo spazio in cui dovrà avvenire la
manovra di trasferimento (i bagni, ad esempio, sono solitamente stretti), il numero
di assistenti (uno o due) necessari per effettuare il trasferimento in sicurezza, la
tecnica e la forza degli infermieri, nonché le capacità del paziente.
 Procurarsi l’attrezzatura essenziale prima di cominciare (es., cintura di
trasferimento, assi di scivolamento, sedia a rotelle) e controllare che tutti i
dispositivi funzionino correttamente.
 Rimuovere gli ostacoli dall’area utilizzata per il trasferimento.
 Spiegare la procedura di trasferimento al paziente, includendo ciò che il paziente
stesso dovrebbe fare.
 Spiegare la procedura di trasferimento al personale infermieristico di supporto;
specificare chi darà le direttive (deve esserne incaricata una sola persona).
 Scrivere un programma per il trasferimento, includendovi la tolleranza del paziente
(es., polso e frequenza respiratoria).

MATERIALE
OCCORRENTE
 Vestaglia o abbigliamento appropriato
 Pantofole o scarpe con suole antiscivolo
 Cintura di trasferimento
TECNICA
1. Prima di effettuare la procedura, presentarsi e verificare l’identità del paziente
secondo il protocollo della struttura. Durante il trasferimento, spiegare punto per
punto al paziente cosa dovrebbe fare, ad esempio “porti avanti il piede destro”.
2. Lavare le mani e osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
3. Provvedere alla riservatezza del paziente.
4. Posizionare il materiale occorrente in modo adeguato.
 Mettere il letto nella posizione più bassa, in modo che il paziente abbia i piedi
appoggiati sul pavimento. Bloccare le ruote del letto. Mettere la sedia a rotelle
parallela al letto e più vicino possibile.
5. Preparare il paziente
 Aiutare il paziente ad assumere una posizione seduta sul bordo del letto e
controllare la pressione prima di muoverlo dal letto (ipotensione ortostatica).
 Aiutare il paziente a indossare una vestaglia e delle calzature antiscivolo.
 Applicare la cintura di trasferimento intorno alla vita del paziente. Assicurarsi
che essa sia chiusa adeguatamente.
6. Dare istruzioni chiare al pz. Chiedere al pz di:
 Scivolare in avanti lentamente sulle cosce. Mettere il piede della gamba più
stabile sotto il bordo del letto e spingere l’altro in avanti. Appoggiare le mani
sulla superficie del letto in modo da spingere mentre si alza.
7. Posizionarsi correttamente.
 Rimanendo direttamente di fronte al paziente, inclinare il tronco in avanti
sulle cosce. Flettere cosce, ginocchia e caviglie. Assumere una posizione stabile
ponendo un piede in avanti e l’altro indietro. Circondare la vita del paziente
con le braccia e afferrare la cintura di trasferimento sulla schiena del
paziente con i pollici rivolti verso il basso. Contrarre i muscoli glutei,
addominali, delle gambe e delle braccia.
8. Assistere il paziente in piedi e mentre si muove verso la sedia a rotelle.
 Contando fino a tre, chiedere al paziente di spingere con il piede posteriore,
l’infermiere deve spingere o tirare con le mani mentre spinge con il piede
anteriore e oscilla con quello posteriore. Sostenere il paziente nella posizione
in piedi per qualche momento. Ruotare insieme o fare alcuni passi verso la
sedia.
9. Aiutare il paziente a sedersi.
 Chiedere al pz di appoggiarsi alla sedia e mettere le gambe contro il sedile.
 Posizionarsi davanti al paziente.
 Serrare la presa sulla cintura di trasferimento e contrarre i muscoli glutei,
addominali, delle gambe e delle braccia.
 Far sedere il pz al centro del sedile della sedia.
10. Garantire la sicurezza del pz.
 Abbassare i poggiapiedi e appoggiarvi i piedi del paziente.
 Allacciare la cintura di sicurezza.
DISPOSITIVI: Sollevatori (Honey, EZ), Cinture sicurezza, asse di scivolamento, disco
girevole.

5. Il candidato presta la sua attività a domicilio ad un pz affetto da SLA. Descriva le


procedure che utilizza per effettuare le cure igieniche parziali e con quali
modalità si avvale di eventuale personale di supporto.

La sclerosi laterale amiotrofica, nota anche come SLA, morbo di Gehrig o malattia
dei motoneuroni, è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale. Colpisce
alcune particolari cellule nervose, i motoneuroni, che garantiscono funzioni diverse,
come:
 Respirare
 Camminare
 Deglutire
 Parlare
 Impugnare gli oggetti
Ne deriva una progressiva perdita di controllo delle più importanti attività muscolari. La
morte per SLA sopraggiunge, molto spesso, a causa di un'insufficienza respiratoria
grave, dopo circa 3-5 anni dall'esordio della malattia.

L’igiene parziale viene effettuata solo nelle parti del corpo del paziente che, se non
lavate, possono causare disagio o cattivo odore: la faccia, le mani, le ascelle, l’area
perineale e la schiena. Per l’igiene di questo tipo di pz vi è la necessità di almeno 2
operatori: uno che esegue l’igiene e l’altro che tiene il pz. Molto importante che durante
l’igiene sia garantita la ventilazione meccanica (per pz affetti da SLA risulta efficacie il
confezionamento di una tracheostomia à DIRE SOLO SE RICHIESTO). Quindi in
caso di pz con tracheostomia eseguire anche la cura della tracheo come da linee
guida.
Per quanto riguarda l’igiene del paziente deve essere eseguita secondo le linee guida.
Controllare i parametri vitali pre e post igiene del paziente.
L’infermiere si può avvalere del personale di supporto ma rimane responsabile della
valutazione e dell’assistenza del pz.
MATERIALE
OCCORRENTE
 Bacinella o lavandino con acqua calda (43-46°C)
 Sapone liquido o saponetta
 Biancheria: telo da bagno, due asciugamani, spugna, camice pulito, pigiama o
vestiti secondo le necessità , lenzuola e asciugamani addizionali, se necessario
 Guanti monouso, se necessario.
 Tavolo per materiale da bagno.
 Sacco per biancheria.
PROCEDURA
4. Preparare il paziente e l’ambiente circostante. Invitare i membri della famiglia a
collaborare. Chiudere finestre e porte per assicurare una temperatura confortevole. Far
esplicare il bisogno di eliminazione con una padella. Durante il bagno, controllare ogni
zona cutanea con attenzione.
5. Preparare il letto e posizionare il paziente in modo appropriato. Posizione il pz ad
un’altezza confortevole. Abbassare la sponda dal lato vicino a sé. Mettere un telo da
bagno sopra il lenzuolo e togliere il lenzuolo da sotto, spostandolo verso i piedi.
Rimuovere il camice del pz lasciandolo coperto dal telo da bagno.
6. Preparare una manopola da bagno con un asciugamano piccolo.
7. Pulire il viso. Mettere l’asciugamano sotto la testa del pz. Lavare gli occhi del pz con
acqua. Usare ogni angolo diverso dell’asciugamano per ogni occhi. Asciugare dalla parte
interna della palpebra alla parte esterna. Lavare, sciacquare la faccia, le orecchie e il
collo del pz. Togliere l’asciugamano da sotto la testa.
8. Lavare ascelle e mani. Sostenendo il braccio a livello dei polsi, eseguire energici
strofinamenti dal nell’area ascellare. Mettere un asciugamano sul letto con sopra una
bacinella e immergere le mani. Lavare e asciugare.
11. Lavare schiena e perineo. Far assume il pz un posizione laterale con la schiena verso
di sé. Fare attenzione alla ventilazione e parametri (alla necessità ). Mettere un telo da
bagno lungo la schiena. Lavare e asciugare la schiena del pz, dalle spalle ai glutei.
Sistemare il pz. Togliere e gettare i guanti se utilizzati.
CURA DEL PERINEALE E GENITALI
4. Mettere un asciugamano da bagno sotto il bacino.
5. Posizionare e coprire il pz. Pulire la parte alta delle cosce.
Donna. Posizione supina con ginocchia flesse e aperte. Uomo. Posizione supina con le
ginocchia flesse e anche ruotate esternamente
6. Ispezionare l’area peritoneale. Osservare particolare aree di infiammazione,
escoriazione, tumefazione, odori eccessivi e secrezioni.
7. Lavare e asciugare l’area perineale. Donna. Pulire le grandi labbra, aprirle e lavare tra
grandi e piccole. Usare i quattro angoli dell’asciugamano. Pulire dall’area meno
contaminata (pube) a quella contaminata (retto). Uomo. Retrarre il prepuzio, esporre il
glande per pulirlo. Lavare e asciugare lo scroto. Entrambi. Infine pulire le natiche.
Togliere e gettare i guanti. Documentare tutte le info nella cartella clinica infermieristica.

6. Il candidato deve posizionare correttamente un paziente allettato. Descriva le


procedure che utilizza per fargli assumere le principali posture obbligate e di
quali presidi si avvale.

La correttezza del posizionamento della persona allettata è fondamentale per garantire


a un indiscutibile benessere e un adeguato allineamento del corpo, indispensabile alla
prevenzione di schemi posturali patologici, di contratture, di lesioni da decubito, di
complicanze respiratorie e vascolari. Ad ogni pz verranno date indicazioni differenti e
personalizzate in base alla condizione clinica, considerando lo stato di vigilanza del pz, la
collaborazione, il deficit motorio, il tono muscolare, la presenza di dolore, le condizioni
della cute, problemi circolatori.
Posizione supina (distesa dorsale): E' la posizione orizzontale assunta dal corpo
quando è disteso su di un piano con il volto rivolto verso l'alto. E' una posizione di
mantenimento del riposo. Non è utilizzata per i pazienti con dispnea o rischio di
aspirazione. Allineamento posturale è indicato nelle persone prive di capacità motoria
totalmente o parzialmente. Supporto: cuscino di grandezza appropriata sotto la testa e
le spalle. Piccolo cuscino sotto la curvatura lombare per prevenire flessione. Mettere un
cuscino sotto le gambe.
Posizione di Fowler (semiseduta): la testa e il tronco sono sollevati di 45-60° rispetto
al letto. Questa posizione è preferita per pz che hanno difficoltà respiratorie o problemi
cardiaci. Delle varianti sono la fowler bassa 15-45° e fowler alta 60-90°.
Supporto: cuscino per sostenere testa collo e parte alta della schiena. Mettere un
cuscino sotto l’avambraccio. Mettere un piccolo cuscino sotto le cosce.
Posizione ortopnoica: Il pz è seduto sul letto o sul lato del letto e si poggia su un tavolo
da letto. Questa posizione facilita la respirazione e permette la massima espansione del
torace.
Posizione prona: il pz è disteso sull’addome con la testa girata da un alto. La posizione
prona ha diversi vantaggi: è la sola posizione al letto che permette la massima
estensione delle articolazioni delle anche e delle ginocchia. Se usata periodicamente,
aiuta a prevenire le contratture dovute alla flessione delle anche e delle ginocchia,
causate da altre posizioni. Ne facilita l’espulsione delle secrezioni e dà sollievo alle zone
cutanee. Mettere un cuscino piccolo sotto la testa, sotto l’addome.
Posizione semiprona: il pz è in una posizione intermedia tra quella laterale e prona. Il
braccio inferiore va lungo il corpo, quello superiore flesso alla spalla. La gamba
superiore maggiormente flessa. È usata nei pz in stato di incoscienza perché facilita il
drenaggio delle secrezioni. Mettere un cuscino per mantenere la testa, uno sotto il
braccio superiore. Un cuscino sotto la gamba superiore.
Posizione laterale: il pz è appoggiato su un lato del corpo. Flettere l’anca e il ginocchio
superiore mettendo la gamba davanti al corpo e creare una larga base triangolare di
appoggio. Riduce la pressione sul sacro e sui calcagni dei pz allettati per molti giorni.
Posizionare un cuscino sotto la testa, collo. Un cuscino sotto il braccio superiore. Un
cuscino sotto la gamba e coscia.

7. Il candidato presta la sua attività a domicilio di un paziente tetraplegico.


Descriva le procedure che utilizza per effettuare le cure igieniche totali e con quali
modalità si avvale di eventuale personale di supporto.

Il pz tetraplegico è affetto da un grave disturbo del movimento caratterizzato dalla


progressiva o immediata perdita di sensibilità e mobilità degli arti (sia inferiori che
superiori). L’incapacità di muovere o coordinare gli arti può essere totale o parziale. Il
quadro clinico si presenta con:
 Contrazione incontrollata dei muscoli volontari, difficolta/incapacità di controllare i
movimenti volontari, indebolimento degli arti, perdita/riduzione della sensibilità
degli arti, perdita della capacità di controllare gli sfinteri anale e vescicale.
L’infermiere eroga le cure igieniche totali a un paziente completamente dipendente e
allettato. Si avvale di eventuale personale di supporto ma rimane responsabile della
valutazione e dell’assistenza al pz. Mentre si erogano le cure igieniche bisogna creare un
ambiente terapeutico che aiuti il pz a vivere nel modo meno angosciante, attuando
misure intese ad alleviare gli stati depressivi. Valutare le abitudini di igiene con il
paziente.
MATERIALE
OCCORRENTE
 Bacinella o lavandino con acqua calda (43-46°C)
 Sapone liquido o saponetta
 Biancheria: telo da bagno, due asciugamani, spugna, camice pulito, pigiama o
vestiti secondo le necessità , lenzuola e asciugamani addizionali, se necessario
 Guanti monouso, se necessario.
 Tavolo per materiale da bagno.
 Sacco per biancheria.
TECNICA
4. Preparare il paziente e l’ambiente circostante. Invitare i membri della famiglia a
collaborare. Chiudere finestre e porte per assicurare una temperatura confortevole. Far
esplicare il bisogno di eliminazione con una padella. Durante il bagno, controllare ogni
zona cutanea con attenzione.
5. Preparare il letto e posizionare il paziente in modo appropriato. Posizione il pz ad
un’altezza confortevole. Abbassare la sponda dal lato vicino a sé. Mettere un telo da
bagno sopra il lenzuolo e togliere il lenzuolo da sotto, spostandolo verso i piedi.
Rimuovere il camice del pz lasciandolo coperto dal telo da bagno.
6. Preparare una manopola da bagno con un asciugamano piccolo.
7. Pulire il viso. Mettere l’asciugamano sotto la testa del pz. Lavare gli occhi del pz con
acqua. Usare ogni angolo diverso dell’asciugamano per ogni occhi. Asciugare dalla parte
interna della palpebra alla parte esterna. Lavare, sciacquare la faccia, le orecchie e il
collo del pz. Togliere l’asciugamano da sotto la testa.
8. Lavare braccia e mani. Mettere una asciugamano sotto il braccio. Sostenendo il braccio
a livello dei polsi, eseguire energici strofinamenti includendo area ascellare. Mettere un
asciugamano sul letto con sopra una bacinella e immergere le mani. Lavare e asciugare.
9. Lavare il torace e l’addome. Piegare il telo da bagno in basso sull’area pubica. Lavare il
torace e l’addome con una manopola da bagno. Coprire il pz.
10. Lavare gambe e piedi. Scoprire la gamba mantenendo coperto il perineo. Alzare la
gamba e mettere un asciugamano sotto. Lavare e asciugare bene dalla caviglia alla
coscia. Lavare i piedi mettendoli in una bacinella d’acqua.
11. Lavare schiena e perineo. Far assume il pz un posizione laterale con la schiena verso
di sé. Fare attenzione alla ventilazione e parametri (alla necessità ). Mettere un telo da
bagno lungo la schiena. Lavare e asciugare la schiena del pz, dalle spalle ai glutei.
Sistemare il pz. Togliere e gettare i guanti se utilizzati.

8. Presa in carico in regime di ricovero e domiciliare di una paziente allettata del


peso di 120Kg. Descriva gli interventi che attua, finalizzati alla prevenzione e
riduzione dell’incidenza delle lesioni da pressione (scale di valutazione dei rischi,
dispositivi, mobilizzazione e presidi).

Le lesioni da pressione, si presentano come delle zone corporee arrossate e dolenti o


come ulcere cutanee sulle prominenze ossee. Sono causate dalla parziale o totale
interruzione della circolazione sanguigna nel tessuto cutaneo, con conseguente ischemia
localizzata. Il tessuto è compresso tra due superfici rigide, che di solito sono
rappresentate dalla superficie del letto e da una prominenza ossea. L’ischemia
localizzata comporta la diminuzione dell’apporto di ossigeno e di elementi nutritivi alle
cellule cutanee, con il conseguente accumulo dei prodotti di scarto del metabolismo.
Vengono riconosciuti come fattori di rischio: La malnutrizione, l’obesità , i farmaci, fumo,
patologie concomitanti, immobilità .
CLASSIFICAZIONE sec. N.P.U.A.P. (National Pressure Ulcer Advisory panel)
Stadio 1: Eritema non riducibile con cute integra, considerata quale lesione che precede
l'ulcera cutanea.
Stadio 2: Perdita parziale di sostanza a carico della cute che interessa l'epidermide e/o
il derma. L'ulcera è superficiale e si presenta, clinicamente, come abrasione, vescicola o
cavità superficiale.
Stadio 3: Perdita di sostanza cutanea a tutto spessore con danno/necrosi del tessuto
sottocutaneo che può estendersi fino alla fascia sottostante, ma senza superarla.
Clinicamente l'ulcera si presenta come una cavità profonda, con o senza margini
sottominati
Stadio 4: Perdita cutanea a tutto spessore con vasta distruzione, necrosi tissutale o con
danno esteso al muscolo, all'osso o ad altre strutture sottostanti come tendini o capsule
articolari.
La prevenzione richiede una valutazione precoce e regolare del rischio per il paziente di
sviluppare un’ulcera da pressione. La valutazione può essere effettuata con l’uso di uno
strumento di valutazione del rischio, come la scala di Braden o scala di Norton. Le
misure preventive per ridurre il rischio di sviluppare ulcere da pressione comprendono
le manipolazioni (massaggi) della zona, la verifica continua delle zone a rischio, una
posizione (sollevare il paziente per evitare lo sfregamento, attenzione alla testata del
letto troppo alta possono far scivolare il pz) e una nutrizione corrette, l’igiene
accurata e l’istruzione per prevenire le aree di pressione. Durante il rifacimento del
letto del paziente, l’infermiere fa in modo che la zona sulla quale il paziente si appoggia
sia liscia, ferma e priva di pieghe. Alcuni pazienti possono richiedere l’utilizzo di un
materasso o di un appoggio particolare per alternare le zone di pressione, a forma di
“scatola per uova” o ad acqua.
SCALA DI BRADEN: prende in considerazione 6 parametri (Percezione sensoriale,
umidità, nutrizione, mobilità, frizione e scivolamento, attività). Si basa sul principio
secondo cui minore è il valore ottenuto, maggiore è il rischio di sviluppare una lesione
da pressione. Con un punteggio totale uguale o minore di 16.
SCALA DI NORTON: è stata la prima scala di valutazione del rischio di insorgenza di
lesione da pressione, prende in considerazione 4 fattori (lo stato generale, stato mentale,
la motilità e l’incontinenza urinaria e fecale).
9. Il candidato descriva la procedura e gli interventi con cui si provvede alla
stadiazione, cura e riduzione, delle lesioni da pressione (scheda push tool, vac
therapy, medicazioni, etc.)

Le lesioni da pressione, si presentano come delle zone corporee arrossate e dolenti o


come ulcere cutanee sulle prominenze ossee. Sono causate dalla parziale o totale
interruzione della circolazione sanguigna nel tessuto cutaneo, con conseguente ischemia
localizzata. Il tessuto è compresso tra due superfici rigide, che di solito sono
rappresentate dalla superficie del letto e da una prominenza ossea. L’ischemia
localizzata comporta la diminuzione dell’apporto di ossigeno e di elementi nutritivi alle
cellule cutanee, con il conseguente accumulo dei prodotti di scarto del metabolismo.
Vengono riconosciuti come fattori di rischio: La malnutrizione, l’obesità , i farmaci, fumo,
patologie concomitanti, immobilità .
CLASSIFICAZIONE sec. N.P.U.A.P. (National Pressure Ulcer Advisory panel)
Stadio 1: Eritema non riducibile con cute integra, considerata quale lesione che precede
l'ulcera cutanea.
Stadio 2: Perdita parziale di sostanza a carico della cute che interessa l'epidermide e/o
il derma. L'ulcera è superficiale e si presenta, clinicamente, come abrasione, vescicola o
cavità superficiale.
Stadio 3: Perdita di sostanza cutanea a tutto spessore con danno/necrosi del tessuto
sottocutaneo che può estendersi fino alla fascia sottostante, ma senza superarla.
Clinicamente l'ulcera si presenta come una cavità profonda, con o senza margini
sottominati
Stadio 4: Perdita cutanea a tutto spessore con vasta distruzione, necrosi tissutale o con
danno esteso al muscolo, all'osso o ad altre strutture sottostanti come tendini o capsule
articolari.
TECNICA
1. Prima di effettuare la procedura, presentarsi e verificare l’identità del paziente
secondo il protocollo della struttura. Spiegare al paziente che cosa si sta facendo,
perché e come può collaborare. Illustrare come i risultati saranno usati nella
pianificazione futura delle cure o delle terapie.
2. Lavare le mani e osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
3. Provvedere alla riservatezza del paziente.
4. Posizionare il paziente in modo appropriato.
5. Indossare i guanti monouso.
6. Rimuovere la medicazione esistente
7. Verifica:
 Aspetto. Ispezionare la ferita per evidenziare i segni di guarigione e per
valutare l’accostamento dei bordi. Controllare se ci sono corpi estranei.
 Secrezioni. Osservare la localizzazione, il colore, la consistenza, l’odore e il
grado di saturazione della medicazione.
 Dimensioni. Per determinare la larghezza e la lunghezza della superficie della
ferita o la sua circonferenza, utilizzare uno strumento di misurazione
monouso. Nelle ferite di forma irregolare, usare della carta o una medicazione
trasparente per tracciare i margini.
 Profondità. Per determinare la profondità della ferita, sondare la parte più
profonda con un tampone sterile. Posizionare un secondo tampone
perfettamente parallelo al primo e misurare la distanza dal margine della
ferita alla punta del tampone esposto.
 Togliere e gettare i guanti. Lavare le mani e indossare i guanti sterili.
 Gonfiore.  Palpare i bordi della ferita per verificare la tensione del tessuto.
 Dolore. Drenaggi.
8. determinare lo stadio della lesione da pressione.
9. Togliere e gettare i guanti. Lavare le mani.
10. Documentare tutte le info sulla cartella clinico-infermieristica.
CURA E RIDUZIONE: Ridurre al minimo la pressione diretta sull’ulcera.
Riposizionare il paziente almeno ogni 2 ore. Stilare un programma e registrare i
cambi di posizione sulla cartella clinico-infermieristica del paziente. Detergere
l’ulcera da pressione ogni volta che si sostituisce la medicazione. Detergere e
medicare l’ulcera utilizzando l’asepsi chirurgica. Se l’ulcera da pressione è infetta,
raccogliere un campione di drenaggio per la coltura e l’antibiogramma. Insegnare al
paziente come muoversi, anche se solo di poco, per alleviare la pressione.
SCALA PUSH TOOL: strumento di valutazione dell’evoluzione della lesione e per
monitorare l’efficacia del trattamento. Prende in considerazione 3 parametri:
Larghezza x Lunghezza, Quantità di essuda; Tipologia di tessuto presente nella
lesione; un punteggio basso indica un miglioramento della lesione. Un punteggio
alto un peggioramento.
VAC THERAPY: strumento utilizzato per ridurre la lesione, che crea una pressione
negativa controllata sulla sede. E’ stato dimostrato che questa applicazione accelera
la rigenerazione tissutale, riduce il gonfiore intorno alle ferite e ne facilità la
guarigione creando un ambiente umido e protetto. Un tubo connette lo strumento
VAC con la spugna e drena i fluidi della ferita.
MEDICAZIONI: Le medicazioni sono materiali utilizzati per proteggere la ferita, dare
umidità alla zona interessata. Per le LDP vengono utilizzati medicazioni:
Idrocolloidi: Mantiene ambiente umido favorendo tessuto di granulazione e
riepitelizzazione.
Poliuretano espanso: Funzione meccanica di micromassaggio della ferita e
stimolazione della circolazione, asciuga la ferita passivamente senza seccarla e
favorisce il passaggio di ossigeno.
Idrogel: Assorbe l’essudato e mantiene un ambiente umido.
Alginato di calcio: assorbe l’essudato.
Medicazione in argento: utilizzata per ferite infette.

10. Il candidato descriva le procedure e gli interventi messi in atto per la


prevenzione e la riduzione del rischio di caduta di un paziente che è stato dimesso
dall’ospedale con diagnosi di demenza senile (uso delle scale di valutazione del
rischio, dispositivi, educazione sanitaria verso i care giver, etc).

Il paziente affetto da demenza senile si presenta con una condizione neurologica


caratterizzata da una progressiva perdita delle funzioni cerebrali. La persona affetta da
questa condizione può presentare deficit cognitivi, motori o di memoria, che
progrediscono nel corso degli anni ed influiscono sulla capacità di eseguire normali
attività (come alimentarsi, camminare, lavarsi). Le cadute rappresentano la causa
principale di lesioni negli anziani e una delle cause primarie di ricovero. È importante
valutare il rischio di cadute in tali pazienti utilizzando una valutazione del rischio di
caduta, come la scala di conley, compilata dall’infermiere. Le prime tre domande sono
poste al paziente (1. È caduto negli ultimi tre mesi?; 2. Vertigini o capogiri?; 3. Ha perso
urine e feci mentre si recava in bagno?); mentre le ultime tre domande derivano
dall’osservazione dell’infermiere (1. Paziente ha compromissione della marcia; 2. Stato di
agitazione; 3. Deterioramento del giudizio). Se il punteggio è >2 il paziente è considerato
a rischio caduta. Le linee guida operative sulla prevenzione delle cadute suggeriscono:
 Nella fase dell’accettazione, far orientare il paziente negli ambienti circostanti e
spiegargli il sistema di chiamata.
 Valutare la capacità del paziente di camminare e muoversi. Fornire l’aiuto e
l’assistenza necessari alla deambulazione.
 Tenere sotto controllo i pazienti a rischio di cadute, specialmente di notte.
 Incoraggiare il paziente a usare il campanello di chiamata per richiedere
assistenza.
 Assicurarsi che il campanello sia facilmente raggiungibile.
 Sistemare i comodini e i tavoli da letto vicino al paziente, in modo che non debba
sporgersi rischiando una perdita di equilibrio.
 Disporre sempre i letti dell’ospedale nella posizione più bassa e con le ruote
bloccate quando non si stanno praticando le cure al paziente, in modo che egli
possa salire e scendere dal letto agevolmente.
 Incoraggiare il paziente a usare i corrimano montati nei bagni e lungo i corridoi.
 Verificare che siano disponibili dei tappetini da bagno antiscivolo nelle vasche da
bagno e nelle docce.
 Incoraggiare il paziente a indossare scarpe antiscivolo.
 Tenere gli ambienti ordinati; in particolare, allontanare i fili della luce e i mobili
dai percorsi.
 Adoperare interventi personalizzati (es., allarmi sensibili alla posizione del
paziente) piuttosto che le sponde laterali per i pazienti in stato confusionale.
 Alzare le sponde del letto dei pazienti sedati, agitati e incoscienti e lasciare le
sponde alzate quando il paziente è da solo.
Bisogna eseguire delle valutazioni del paziente:
 Il livello di coscienza (orientamento spazio-tempo, capacita di
concentrazione).
 Condizioni cardiache (ipotensione posturale).
 Alterazioni sensoriali (diminuzione vista, udito, tatto).
 Condizione motoria (osservare debolezza muscolare, diminuzione equilibrio,
valutare utilizzo di presidi come bastoni o deambulatori).
Prevenzione cadute:
 Valutare la capacità del paziente di muoversi e fornire un aiuto durante la
deambulazione. Fare in modo che ci sia un percorso facile e privo di ostacoli,
per accedere al bagno e negli altri spazi domestici, eliminando gli oggetti
ingombranti. Incentivare a svolgere, ove le condizioni lo permettano, attività
fisica.
 Educazione sanitaria, insegnare a muoversi lentamente. Questi interventi
riducono la paura di cadere.
 Sistemare il comodino e gli oggetti utili accanto al letto, per evitare che il
paziente possa perdere l’equilibrio nel prenderli.
 Verificare la presenza di adeguati presidi di sostegno nel bagno di casa, es.
maniglie, tappeti antiscivolo, corrimano.
 Verificare vista e udito e controllare il corretto utilizzo di occhiali e protesi
per l’udito.
 Il letto posizionato nella posizione più bassa.
11. Il candidato illustri le procedure e tutte le attività e le competenze
infermieristiche che devono essere svolte nella fase pre-operatoria del paziente
chirurgico di elezione e in quello di emergenza.

La fase preoperatoria inizia con la decisione di effettuare un intervento chirurgico e


termina nel momento in cui il paziente viene portato in sala operatoria. Le attività
infermieristiche associate a questa fase includono l’accettazione del paziente,
l’identificazione di reali o potenziali problemi di salute, la pianificazione dell’assistenza
basata sui bisogni individuali del paziente e l’educazione preoperatoria per il paziente, i
familiari e il personale di supporto.
Consenso informato. Prima di qualsiasi procedura chirurgica, deve essere richiesto il
consenso informato al paziente o al suo tutore. Il consenso informato prevede che il
paziente sia stato informato e coinvolto nelle decisioni riguardanti la sua salute. Il
chirurgo ha la responsabilità di informare il paziente o il suo tutore al fine di ottenere la
firma sul consenso. Se l’infermiere valuta prima dell’intervento che il paziente non ha
compreso la procedura a cui sarà sottoposto, deve tempestivamente contattare il
chirurgo.
Valutazione preoperatoria. Comprende la raccolta e il riesame dei dati fisici,
psicologici e sociali del paziente per determinarne i bisogni reali e potenziali durante le
tre fasi perioperatorie (Condizioni di salute attuali, Allergie, farmaci, interventi
chirurgici prec., stato mentale, fumo/alcol, combattività ). Test diagnostici possono
essere prescritti per evidenziare la necessità di un trattamento chirurgico (es. gruppo,
esami strumentali, egc, RX, TAC).
Preparazione fisica. Garantire il digiuno prima del intervento, le linee guida rivisitate
consentono: consumo di alimenti liquidi 2 ore prima della chirurgia elettiva, 6 ore prima
un colazione leggera, 8 ore prima un pasto più pesante. Eliminazione negli interventi
intestinali possono essere prescritti l’uso di clistere evacuativo. Può essere necessaria
anche la cateterizzazione per mantenere la vescica vuota. Igiene in alcune strutture
viene chiesto di fare il bagno o la doccia la sera prima o la mattina dell’intervento. La
letteratura evince che la doccia con clorexidina riduce di molto il rischio d’infezioni. Le
unghie devono essere corte senza smalto. Farmaci l’anestesista potrebbe prescrivere la
sospensione dei farmaci, e l’impiego della profilassi antibiotica. La sera prima
l’infermiere dovrebbe garantire il sonno e il riposo del pz. La preparazione della cute
(tricotomia) ci sono due scuole di pensiero, chi dice di usare il rasoio più tosto che le
lamette per non traumatizzare la cute e chi invece raccomanda di non rimuovere i peli in
sala operatoria. Protocolli di sicurezza prima verifica del pz nel momento in cui viene
programmato l’intervento, durante l’accettazione, ogni volta viene presa in carico da un
operatore. Seconda fase demarcazione del sito chirurgico. Terza fase “time out”, prima di
dare inizio all’intervento. Educazione preoperatoria (Respiratori, tosse indotta,
posizionamento). In caso di emergenza, non si avrà tempo, quindi bisogna tramite un
SNG effettuare uno svuotamento gastrico per prevenire aspirazione di materiale gastrico
nelle vie aree.

12. Il candidato illustri le procedure e tutte le attività e le competenze


infermieristiche che debbono essere svolte nella fase intra-operatoria della presa
in carico alla dimissione del paziente.

La fase intraoperatoria inizia quando il paziente accede alla sala operatoria e termina


quando viene accolto nella sala di risveglio. Le attività infermieristiche comprendono gli
interventi che mirano a garantire la sicurezza del paziente, a mantenere un ambiente
asettico, ad assicurare il corretto funzionamento delle apparecchiature e a fornire al
team chirurgico gli strumenti e i materiali necessari durante la procedura. Gli interventi
intraoperatori sono condotti dall’infermiere circolante e dall’infermiere strumentista.
L’infermiere circolante coordina le attività e gestisce l’assistenza al paziente valutando
continuamente sicurezza del paziente, pratica asettica e ambiente (es., temperatura,
umidità e illuminazione). Coadiuva l’anestetista e lo strumentista. Le specifiche funzioni
sono:
 organizzare e preparare la sala operatoria prima dell'intervento controllando che
tutta l'attrezzatura sia perfettamente funzionante e procurandosi il materiale
necessario allo specifico intervento.
 effettuare la valutazione del paziente che precede l'intervento e che comprende i
seguenti punti:
 spiegare il proprio ruolo e identificare il paziente.
 rivedere la cartella clinica e verificare procedura e consenso
 confermare le allergie del paziente, i valori di laboratorio, l'elettrocardiogramma
(ECG), le radiografie, la situazione della cute
 trasferire in sicurezza il paziente sul tavolo operatorio e posizionarlo secondo il
tipo di intervento e le indicazioni del chirurgo
 applicare gli strumenti per il monitoraggio e/o i presidi per la sicurezza
 aiutare l'anestesista durante l'induzione ed estubazione
 aiutare l'infermiere strumentista nella conta di compresse, taglienti e strumenti
prima dell'incisione e al momento della sutura della ferita chirurgica

Lo strumentista indossa camice, guanti, cuffia e occhiali protettivi sterili e il suo ruolo è
quello di assistere il chirurgo. Le sue responsabilità includono la copertura del paziente
con panni sterili e la manipolazione di strumenti e materiali sterili. Esegue:
 il conteggio delle compresse, taglienti e degli strumenti;
 controllare costantemente la loro localizzazione durante l'intervento.
 affiancare l'infermiere di sala nella preparazione della sala operatoria
 eseguire le procedure della tecnica asettica in sala operatoria come il lavaggio
delle mani, l'indossare camici e guanti in modo corretto prima di maneggiare
materiali sterili, (aiutando anche gli altri membri dell’equipe)
 posizionare con il chirurgo i telini sterili sul paziente, creando così un CAMPO
STERILE intorno alla ferita chirurgica, mantenendolo tale durante la procedura
che si conclude con l'applicazione di medicazioni sterili

13. Il candidato illustri le procedure e tutte le attività e le competenze


infermieristiche che debbono essere svolte nella fase post-operatoria dalla presa
in carico alla dimissione del paziente.

La fase postoperatoria inizia con l’accettazione del paziente nella sala di risveglio e
termina con la completa guarigione. È particolarmente importante per la ripresa dei
pazienti, in quanto l’anestesia riduce la loro capacità di rispondere agli stimoli
ambientali e di prendersi cura di sé, anche se il grado di coscienza dei pazienti è
variabile. L’infermiere della sala di risveglio ha competenze specifiche per l’assistenza a
pazienti che si risvegliano da un’anestesia dopo un intervento chirurgico.
VALUTAZIONI (Adeguatezza vie aeree, saturazione, ventilazione, cond. Cardiovascolare,
livello coscienza, idratazione, cond. Ferita). Un paziente non cosciente viene posizionato
su un fianco, con il viso leggermente rivolto in basso. Non viene posto alcun cuscino
sotto la testa. In questa posizione, la gravità mantiene la lingua protesa in avanti,
prevenendo l’occlusione della faringe e permettendo il drenaggio del muco o del vomito
fuori dalla bocca anziché nell’albero respiratorio. Sollevare il braccio superiore del
paziente su un cuscino (espansione toracica). Una volta che lo stato di salute si è
stabilizzato, il paziente viene riportato nell’unità operativa di degenza. Non appena il
paziente ritorna dalla sala nel reparto di degenza, l’infermiere esegue un accertamento
di base, con la rilevazione dei PV. Successivamente scopre il paziente per effettuare un
esame in toto per andare a valutare la presenza di catetere vescicale, accessi venosi,
presenza di drenaggi e controllo del sito chirurgico. I paramenti da valutare sono:
funzionalità cardiocircolatoria (PA, polso); funzionalità respiratoria; Temperatura
(indice d’infezione); bilancio idro-elettrolitico; esami di laboratorio; controllo del sito
chirurgico (osservare lembi, sanguinamento, essudato, med. Iodo-povidone 10%
passare solo una volta); controllo drenaggi (valutare quantità e qualità dei liquidi
drenati); mobilizzazione (calze anti-trombo); gestione del dolore; ripresa
dell’alimentazione.

14. Il candidato è chiamato a domicilio di un paziente che non evacua. Descriva la


valutazione da effettuare per giungere all’esecuzione di un clistere evacuativo.

Il clistere viene utilizzato soprattutto come trattamento della stipsi. Per costipazione, o


stipsi, si intende il passaggio di feci scarse, secche e dure oppure la mancata
eliminazione di feci per un periodo di tempo (può essere definita come meno di tre
defecazioni a settimana). Un clistere evacuativo serve a rimuovere le feci. Esso viene
effettuato principalmente per:
 Prevenire la fuoriuscita di feci durante un intervento chirurgico.
 Preparare l’intestino a determinati test diagnostici, quali radiografie o esami di
visualizzazione (es., coloscopia).
 Rimuovere le feci in casi di costipazione o fecalomi.
Nel momento in cui giungiamo a domicilio di un paziente che non evacua, la prima cosa
da fare è quella di effettuare una valutazione anche attraverso un’intervista diretta al
paziente o ai familiari qualora il paziente non fosse in grado di comunicare. Bisogna
innanzitutto valutare:
 Modello di eliminazione. Frequenza e orari dell’eliminazione abituale del paziente. Da
quanti giorni il paziente non evacua o ha subito delle alterazioni?: Se trascorrono più
di tre giorni senza defecare, il contenuto intestinale può indurirsi al punto che una
persona non solo ha difficoltà ma ha anche dolore all’espulsione del materiale fecale.
 Se soffre di stitichezza cronica: Essa consiste nell’avere meno di tre defecazioni alla
settimana. Quando questo fatto dura tre o più settimane, viene considerato
stitichezza cronica. Più precisamente per stipsi intendiamo un numero ridotto di
evacuazioni o la difficoltà ad espellere le feci.
 Se ha patologie a carico di ano, retto e colon come per esempio emorroidi e ragadi
anali e ha subito interventi chirurgici dell’apparato gastrointestinale
 Dolorabilità addominale e gonfiore. Effettuare una palpazione dell’addome per
valutare se questo risulta teso e compatto.
 Peristalsi: auscultare l’addome per valutare l’effettiva presenza di peristalsi.
 Dieta: valutare se la dieta del paziente ha subito delle variazioni.
 Assunzione liquidi. quanto il paziente si idrata durante la giornata. Una ridotta
assunzione di liquidi potrebbe dare questo tipo di alterazioni.
CONTROINDICAZIONI CLISTERE:
In linea generale il clistere è una procedura che comporta pochissimi rischi per il
soggetto; quelli
più probabili sono l’irritazione della mucosa rettale e gli squilibri elettrolitici. I clisteri
sono controindicati a coloro che sono affetti da colite ulcerosa, morbo di Crohn,
appendicite, peritonite e sindrome emorroidaria; il clistere è altresì sconsigliato in
presenza di emorragie intestinali. Coloro che soffrono di patologie cardiache o di
insufficienza renale dovrebbero consultare il proprio medico curante prima di ricorrere
alla procedura in questione (sol. Ipotonica).

15. Il candidato deve spiegare come si effettua la terapia insulinica cui è stata
prescritta per la prima volta. Descriva come si approccia al paziente e come
descrive la procedura (area di iniezione, tipi di siringa, tipi di insulina e modalità
di conservazione) e come effettua l’educazione sanitaria.

L’insulina è un ormane prodotto dal nostro pancreas, la cui azione è quella di regolare i
livelli di glucosio nel sangue. Viene impiega come terapia del diabete, malattia cronica
caratterizzata da difetti di produzione o azione del ormone di insulina, causando quindi
iperglicemia. Area di iniezioni sono: area periombelicale, la parte superiore esterna del
braccio, la parte superiore della coscia (aree più accessibili per un
autosomministrazione), poi ci stanno l’area scapolare e l’area ventrogluteale superiore.
Spiegare che le zone vanno alternate per evitare il rischio di lipodistrofie, alterazioni
morfologiche a carico del tessuto adiposo per cui l’assorbimento potrebbe alterarsi.
La siringa è graduata con una scala in Unità Internazionali 1 a 100 (1ML) con aghi
standard di 30 gaunge, sono disponibili pure in capacità di 0,3 ML (30UI), 0,5ML (50UI).
Possiamo distinguere tipi di insulina rapida, semilenta, lenta e ultralenta che
differiscono per rapida di azione. In alcuni casi il medico può prescrizione la
mescolazione di due tipi di insulina (es. rapida e lenta NPH), prima aspirare la rapida e
poi la lenta. La modalità di conservazione dell’insulina non utilizzata è in frigorifero a
basse temperature (2°-8°) se utilizzata deve essere tenuta a temperatura ambiente non
oltre i 30 giorni.
Per migliorare il controllo della glicemia e ridurre il rischio di effetti negativi è
importante una stretta collaborazione tra il paziente, l’équipe e la famiglia. L’infermiere
svolge un ruolo fondamentale nell’educazione sanitaria. L’educazione al paziente
diabetico comprende molteplici aspetti: dieta, attività fisica, terapia(valutazione della
glicemia, preparazione della dose, procedura d’iniezione e scelta del sito) e complicanze
della malattia(es. piede diabetico). La dieta deve essere ricca di fibre e con un indice
glicemico basso. Sarà opportuno consultare un diabetologo per una terapia medica
nutrizionale individualizzata. Raccomandare di controllare la glicemia, ricordando che i
valori variano molto durante la giornata(mantenerla tra i 70-110 mg/dl) Per i pazienti
insulinodipendenti, 2-4 volte al dì (prima dei pasti ,prima di coricarsi, prima di ogni
somministrazione di insulina e una volta a settimana alle tre del mattino per il controllo
dell’ipoglicemia notturna); per i pazienti non insulinodipendenti, 2-3 volte a settimana
in condizioni normali e, all’occorrenza, un controllo due ore dopo i pasti. Inoltre,
supportare il paziente ad effettuare l’esercizio fisico, così da migliorare la circolazione
sanguigna e riduzione del peso corporeo.
TECNICA
Preparare: Flaconi d’insulina a seconda della prescrizione medica. Siringa da insulina.
Garze. Antisettico (clorexidina 0.5%). Dispositivo smaltimento aghi e taglienti.
La procedura deve essere effettuata previo valutazione della glicemia tramite glucotest:
 Controllare bene la data di scadenza della fiala, l’aspetto della soluzione, la
prescrizione medica. Iniettare una quantità d’aria nel flaconcino equivalente alla
dose da effettuare.
 Disinfettare la zona da pungere e attendere qualche secondo, lasciare agire
l’antisettico.
 Eseguire una plica cutanea con indice e pollice. Introdurre l’ago a 45°/90° (ebn.
>12mm di tessuto adiposo 90°(a cute distesa); pz magro nella norma 45°.)
 Somministrare la soluzione. Applicare garza sul sito senza massaggiare. Eliminare il
materiale e riordinare. Eseguire un lavaggio sociale delle mani.

16. Il candidato viene chiamato a domicilio dalla figlia di una paziente con grave
dispnea a cui deve essere somministrato ossigenoterapia. Descriva la procedura
da attuare e le relative competenze.

La dispnea è una difficoltà respiratoria permanente o occasionale, dovuta ad ostacoli


alla circolazione dell’aria nelle vie respiratorie, o/a malattie dell’apparato circolatorio.
L’ossigenoterapia è la somministrazione di ossigeno ad alto o basso flusso tramite
specifici dispositivi, avente lo scopo di migliorare gli scambi gassosi ristabilendo un
equilibrio emodinamico, L’infermiere prima di recarsi a casa del paziente dovrà
preparare il materiale necessario e specifico all’assistenza (Solitamente il paziente ha già
tutti i dispositivi specifici alla propria patologia):
 Dispositivi per ossigenoterapia (cannule nasali, maschera reservoir, maschera
venturi, casco e maschera facciale o nasale per CPAP).
 Dispositivi per il monitoraggio della pressione, saturazione e frequenza
cardiaca(sfigmomanometro, fonendoscopio, saturimetro), per l’accertamento e il
grado di dispnea.
 Bombola d’ossigeno
 Materiale per aspirazione e per igiene del cavo orale
 Materiale per l’effettuazione di un EGA arterioso
 DPI
Una volta recatosi dal pz, eseguire un esame obiettivo, valutando:
Sintomi di insufficienza respiratoria. Dispnea, cianosi, tachicardia, ipertensione,
confusione, cefalea, irritabilità , movimenti respiratori paradossi, uso di muscoli
accessori, respiro costale.
Posizionamento. Pz in decubito semi-fowler per espansione toracica.
Auscultazione. Torace per valutare rumori respiratori come gorgoglii, ronchi o sibili.
Avvisare il medico sulla situazione clinica del pz e concordare la percentuale d’ossigeno
da somministrare, ed effettuazione esami ematochimici. Successivamente si eroga la
procedura:
4. Preparare l’apparecchiatura per l’ossigeno e l’umidificatore. Collegare il flussometro
alla bombola che dovrebbe trovarsi sulla modalità “OFF”. Se necessario, riempire
l’umidificatore con acqua del rubinetto o con acqua distillata. Collegare l’umidificatore
alla base del flussometro. Collegare il tubo e lo strumento di somministrazione
prescritto all’umidificatore.
5. Aprire il flusso dell’ossigeno alla velocità prescritta e verificare la corretta erogazione.
Verificare che l’ossigeno fluisca liberamente attraverso il tubo.
6. Applicare il dispositivo per la somministrazione di ossigeno.
Cannula nasale (occhialini): Collegare il dispositivo alla fonte d’ossigeno Posizionare
le cannule all’interno delle narici del paziente, facendo passare il tubicino intorno al
padiglione auricolare e stringendolo sotto al mento. 2 a 6 L/min. (umidificatore 4
L/min)
Maschera venturi: si posizione l’adattatore specifico (24%-50%) flusso di 4-10 L/min.
Adottare la maschera al viso del pz. Collegare il tubo di raccordo alla bombola.
Maschere facciali: coprono naso e bocca del pz. Sui lati sono presenti dei fori per
permettere la fuori uscita di Co2, è necessario un flusso min 5L/min. Sono disponibili:
MF semplici, con sacchetto o serbatoio, con serbatoio a flusso unidirezionale.
Tende facciali: possono sostituire le maschere quando i pz non riescono a tollerarle.
Flusso 4-8 L/min.
17. Il candidato descriva tutte le procedure per la somministrazione di una
terapia per via inalatoria.

La terapia per via aerea è la somministrazione di farmaci che, erogati da dispositivi


esterni ed inalati, arrivano alla superficie interna delle vie aeree, sfruttando una
superficie molto ampia ma con una concentrazione bassa così da ridurre gli effetti tossici
locali. Possono essere somministrati cortisonici, antibiotici, broncodilatatori,
antiallergici. Perché il trattamento per via inalatoria sia efficace e la dose di farmaco che
raggiunge i polmoni sia adeguata è necessario che i pazienti e chi li assiste conoscano ed
eseguano correttamente le manovre per l’erogazione dei farmaci. I dispositivi sono:
generatori di aerosol o nebulizzatori, apparecchi in grado di trasformare una
soluzione di aria e particelle di farmaco miscelate con un diluente in una “pioggia”
finissima che, inalata, raggiungere le basse vie aeree. I farmaci destinati alla
nebulizzazione sono di solito già pronti per l’uso. Se vanno diluiti, si deve verificare qual
è il diluente adatto; spesso si utilizza una fiala da 10 ml di soluzione fisiologica. In questo
caso, la soluzione va preparata appena prima della somministrazione per via inalatoria,
per ridurre il rischio di contaminazione o di alterazione del farmaco, evitando di
mescolare più farmaci poiché si potrebbe verificare un’interazione con fenomeni di
precipitazione. La nebulizzazione può avvenire usando l’ossigeno (pressione intorno a
6-8 l/min) o, nei pazienti a rischio di ipercapnia, l’aria compressa. L’inalazione del
farmaco può avvenire mediante ghiera boccale, ghiera nasale, maschera nasale o
bucconasale. La maschera va usata soprattutto nei neonati e nelle emergenze e deve
aderire bene al volto del paziente che deve respirare con la bocca. Tutti questi presidi
possono essere monopaziente, da pulire dopo ogni applicazione, oppure monouso, da
gettare dopo ogni applicazione. Il paziente deve essere seduto o semiseduto, in
posizione comoda, deve respirare con inspirazioni lente e profonde, seguite da una
pausa di qualche secondo dopo l’espirazione profonda. La fine della seduta è
determinata dall’arresto della produzione di aerosol dall’apparecchio. In ogni caso è
preferibile che una seduta, soprattutto per i bambini, non duri più di 10 minuti. Per
calcolare la dose somministrata si deve tener conto del residuo di soluzione rimasto
nell’ampolla. Per evitare la proliferazione batterica e la cristallizzazione dei residui di
farmaco sulle superfici del dispositivo, occorre pulire frequentemente il dispositivo
nebulizzatore.
* aerosol dosati, che garantiscono un buon assorbimento del farmaco, la
somministrazione della dose corretta e sono di facile utilizzo. Il farmaco dosato è in
forma liquida, disciolto o sospeso in un gas propellente sotto pressione. Quando il
dispositivo viene attivato, un sistema a valvola rilascia un volume predeterminato di
propellente che fornisce la forza per espellere e disgregare le particelle di farmaco.
Possono essere attivati manualmente(dal dispositivo. Spesso il farmaco di deposita
nell’orofaringe, non raggiungendo l’organo bersaglio) o attraverso il respiro( il paziente
effettua una profonda inspirazione. Richiedono una buona coordinazione tra
inspirazione ed erogazione della dose).
Somministratori jet, sono dei dispositivi che si collegano agli aerosol dosati . Con questi
si riduce la quota di farmaco che si deposita in orofaringe e ottiene una migliore
penetrazione nelle vie aeree inferiori.
Spaziatori, facilitano l’erogazione di ossigeno, veicolando la massima quota alle vie aeree
inferiori. Ne esistono due tipi: -Distanziatori: aumentano lo spazio che il farmaco deve
percorrere prima di essere inalato, facendo evaporare il gas propellente, rallentando la
velocità delle particelle e riducendo il loro diametro. -camere di espansione o reservoire:
fungono da riserva di sostanza che viene trattenuta tra un atto respiratorio e l’altro.
TECNICA
6. Istruire il paziente a utilizzare il nebulizzatore a dose misurata nel modo seguente:
 Accertarsi che la bomboletta sia saldamente e completamente inserita nell’inalatore.
Rimuovere il tappo dal boccaglio. Tenere l’inalatore in verticale e scuoterlo
vigorosamente per 3-5 secondi. Espirare senza esagerare. Tenere l’inalatore a 2-4 cm
dalla bocca aperta.
CON SPAZIATORE
 Inserire il boccaglio dell’inalatore nello spaziatore. Mantenere l’inalatore e lo
spaziatore e scuoterli vigorosamente per 3-5 secondi.
18. Il candidato descriva la procedura che mette in atto per rispondere al bisogno
di alimentazione di un paziente che non è in grado di alimentarsi autonomamente.
Descrizione delle diverse procedure che utilizza in base alla tipologia di risposta
al bisogno e le azioni infermieristiche delegabili e non al personale di supporto.

L’alimentazione è l’assunzione o la somministrazione di alimenti a scopo nutritivo.


Soddisfare il bisogno di alimentazione significa mantenere un adeguato apporto
alimentare attraverso il bilanciamento di tutti i nutrienti (acqua, carboidrati, proteine,
grassi, vitamine e minerali.
La malnutrizione è comunemente definita come la carenza di principi nutritivi necessari
o appropriati, ma in pratica essa include sia l’iponutrizione che l’ipernutrizione
(obesità ). L’ipernutrizione consiste in un’assunzione calorica eccessiva rispetto al
fabbisogno energetico quotidiano, con il conseguente accumulo di energia sotto forma di
aumento del tessuto adiposo. L’iponutrizione consiste in un’assunzione di nutrienti
insufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico quotidiano come risultato di un
inadeguato apporto alimentare oppure di inadeguati digestione e/o assorbimento. Un
inadeguato apporto alimentare può essere causato da impossibilità di acquistare e
preparare gli alimenti, scarse conoscenze riguardo a nutrienti essenziali e diete
equilibrate, disagio durante o dopo i pasti, disfagia (difficoltà a deglutire), anoressia
(perdita dell’appetito), nausea o vomito.
La nutrizione inadeguata è associata a marcato calo ponderale, debolezza generalizzata,
alterazione delle capacità funzionali, ritardo nella guarigione delle ferite, maggiore
suscettibilità alle infezioni, ridotta immunocompetenza, alterazione della funzionalità
polmonare e prolungata degenza in ospedale.
È fondamentale da parte dell’infermiere, valutare il grado di alimentazione del paziente
e identificare quindi possibili limitazioni come: disfagia, immobilizzazione, limitazioni
motorie, handicap, cecità , età del paziente, interventi chirurgici, stato di coscienza ecc.
Uno screening nutrizionale è una valutazione effettuata per identificare i pazienti a
rischio di malnutrizione o quelli malnutriti. I pazienti identificati come a rischio
moderato o alto vengono sottoposti a una valutazione completa da parte di un dietologo.
Gli standard per le strutture di assistenza infermieristica richiedono che tutti i degenti
che mangiano meno del 75% dei loro pasti siano sottoposti a valutazione nutrizionale da
parte di un infermiere. Gli infermieri effettuano gli screening nutrizionali attraverso
anamnesi infermieristiche di routine ed esami fisici. Sono disponibili anche screening
specifici per popolazioni particolari (es., anziani e donne incinte) e per specifiche
patologie (es., cardiopatie). Strumenti di screening, quali la Valutazione Globale
Soggettiva Generata dal Paziente (VGSGP) e l’Iniziativa di Screening Nutrizionale (ISN),
possono essere incorporati nell’anamnesi infermieristica. Il test VGSGP è un metodo di
classificazione dei pazienti come ben nutriti, moderatamente malnutriti o gravemente
malnutriti sulla base dell’anamnesi dietetica e dell’esame fisico. È stato creato
principalmente per utilizzarlo con i pazienti affetti da cancro, ma è stato ampiamente
testato ed è risultato appropriato per i pazienti ricoverati e non con varie diagnosi. Il test
ISN stima che circa la metà degli anziani ospedalizzati, in case di cura e assistiti a
domicilio, è malnutrita. L’ISN effettua uno screening dei pazienti anziani utilizzando una
lista di controllo contenente nove campanelli di allarme di condizioni che possono
interferire con una buona nutrizione.
TIPI DI DIETA:
DIETA STANDARD/COMUNE: una dieta bilanciata che fornisce il regolare fabbisogno
metabolico di una persona sedentaria, per pz che non hanno particolari necessità .
DIETA LEGGERA: indicata per pazienti nel post-operatorio o per pazienti non pronti per
una dieta regolare. Gli alimenti sono cotti in maniera semplice e senza grassi,
contengono crusca e molte fibre.
DIETA LIQUIDA: è limitata al consumo di acqua, tè, caffè, brodo, bibite analcoliche o
altre bibite gassate, succhi di frutta e gelatina. Questa dieta fornisce al paziente liquidi e
carboidrati (in forma di zuccheri semplici), ma non garantisce un apporto adeguato di
proteine, grassi, vitamine, minerali o calorie. È una dieta a breve termine (da 24 a 36
ore) somministrata ai pazienti sottoposti a determinati interventi chirurgici o in fasi
acute di infezioni.
DIETA SEMILIQUIDA: contiene solo liquidi o alimenti che diventano liquidi alla
temperatura del corpo, come il gelato. Queste diete spesso seguite dai pazienti che
hanno disturbi gastrointestinali o da quelli incapaci di tollerare i cibi solidi o semisolidi;
non è raccomandabile a lungo termine, in quanto è povera di ferro, proteine e calorie. È
monotona e difficile da accettare per i pazienti; la pianificazione di sei o più pasti al
giorno può favorire un apporto nutrizionale più adeguato.
DIETA MORBIDA: è costituita da alimenti facilmente masticabili e digeribili ed è spesso
prescritta ai pazienti che hanno difficoltà di masticazione e di deglutizione. È una dieta a
basso residuo (con poche fibre), contenente pochissimi alimenti crudi.
DIETA TOLLERATA: è prescritta quando l’appetito, la capacità di mangiare e la
tolleranza per certi alimenti possono cambiare. Ad esempio, nel primo giorno post-
operatorio a un paziente potrebbe essere prescritta una dieta liquida. Se non si verifica
nausea, se si ristabilisce la motilità intestinale normale e se il paziente ha voglia di
mangiare, si può passare a una dieta semiliquida, leggera o regolare
DIETE SPECIALI: possono essere prescritte in caso di pazienti affetti da particolari
processi patologici o da alterazioni metaboliche. Per esempio, un paziente con diabete
mellito può avere bisogno di una dieta raccomandata dall’Associazione Nazionale
Diabetici, un paziente obeso può necessitare di una dieta ipocalorica, un paziente
cardiopatico può avere bisogno di una dieta iposodica e a basso contenuto di colesterolo,
mentre un paziente allergico avrà bisogno di una dieta ipoallergenica.
Le persone che solitamente richiedono assistenza durante i pasti si dividono in quattro
gruppi: anziani debilitati; portatori di handicap, come i pazienti ciechi; coloro che
devono mantenere una posizione supina; coloro che non possono utilizzare le mani. Il
piano di assistenza infermieristica determina il grado di assistenza necessario durante i
pasti.

ASSISTERE UN PAZIENTE ADULTO DURANTE I PASTI


Valutare:
-La capacità di alimentarsi e l’assistenza necessaria (notare la coordinazione delle mani,
il livello di coscienza e la capacità visiva).
-L’appetito e la tolleranza a solidi e liquidi.
-La necessità di una dieta speciale.
-Le allergie alimentari e gli alimenti graditi e non graditi.
Pianificazione assistenziale
-Verificare la dieta prescritta al paziente:
-Controllare nella cartella o nel piano di assistenza la dieta prescritta e determinare se al
paziente è stato prescritto il digiuno per esami di laboratorio o in previsione di un
intervento chirurgico o se il medico ha dato la prescrizione niente per bocca (NPO). Per i
pazienti che devono osservare il digiuno o l’NPO, accertarsi che adeguate indicazioni
siano posizionate sulla porta della stanza o sul letto secondo la procedura utilizzata nella
struttura.
DELEGA
Assistere o alimentare un paziente è un’attività spesso delegabile al personale di
supporto. È responsabilità dell’infermiere valutare la capacità del paziente di
alimentarsi e identificare gli effettivi o potenziali fattori di rischio che possono influire
sullo stato nutrizionale del paziente. L’infermiere deve istruire il personale di supporto
sulle strategie che promuovono la salute nutrizionale del paziente e sull’importanza di
riferire qualsiasi variazione del comportamento alimentare.
MATERIALE OCCORRENTE
Vassoio per pasti con il vitto prescritto
Tovagliolo extra o piccolo asciugamano
Cannuccia, tazza speciale, bicchiere appesantito o altri strumenti di assistenza, se
necessari
PREPARAZIONE
Preparare il paziente e il tavolo da letto.
Assistere il paziente a lavare le mani prima di mangiare. Se il paziente ha problemi di
igiene orale, lavargli i denti o usare un collutorio può rendere più gradevoli i sapori e
aumentare l’appetito.
Liberare il tavolo in modo che ci sia spazio per il vassoio. Se il paziente deve rimanere in
una posizione supina, sistemare il tavolo al lato del letto in modo che possa vedere il
cibo.
TECNICA
1. Prima di effettuare la procedura, presentarsi e verificare l’identità del paziente
secondo il protocollo della struttura. Spiegare al paziente cosa si sta facendo, perché
e come può collaborare.
2. Lavare le mani e osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
3. Provvedere alla riservatezza del paziente e posizionare il paziente in modo adeguato.
4. Far assumere al paziente una posizione comoda per mangiare. La maggior parte
delle persone si siede per mangiare; se possibile, aiutare il paziente a sedersi nel
letto o su una sedia.
5. Far assumere al paziente un decubito laterale se non può sedersi. Razionale: Le
persone riescono a ingoiare più facilmente in questa posizione rispetto a quella
supina.
6. Se per mangiare è richiesta assistenza, posizionarsi possibilmente seduti di fianco al
paziente. Razionale: Una presenza vicina e rassicurante incoraggia il paziente ad
assumere un pasto adeguato.
7. Assistere il paziente come necessario.
8. Verificare il nome del paziente, il tipo di dieta e la completezza del pasto sul vassoio.
9. Incoraggiare il paziente a mangiare autonomamente, assistendolo come necessario.
Non sostituirsi completamente al paziente. Razionale: La sua partecipazione
aumenta la sensazione di indipendenza.
Se il paziente necessita di assistenza per mangiare:
1. Chiedere in quale ordine desidera mangiare le pietanze. Usare utensili e posate
normali, ove possibile. Razionale: Usare utensili normali accresce l’autostima. Se il
paziente è cieco, informarlo sul tipo di pietanze. Avvertire il paziente se il cibo è
molto caldo o molto freddo.
2. Garantire un tempo sufficiente per consentire al paziente di masticare e di ingoiare
tra un boccone e l’altro. Usare una cannuccia o un bicchiere speciale per liquidi, se
necessario. Scegliere argomenti di conversazione di interesse del paziente, se questi
vuole chiacchierare.
3. Aiutare il paziente a pulirsi la bocca e le mani dopo il pasto.
4. Riposizionare il paziente.
5. Documentare tutte le informazioni utili.
Annotare quanto e cosa il paziente ha mangiato e la quantità di liquidi introdotti.
Registrare i liquidi assunti e, se necessario, il conteggio delle calorie.
Se il paziente segue una dieta speciale o presenta difficoltà nel mangiare, registrare la
quantità di cibo ingerito e l’insorgenza di qualsiasi dolore, stanchezza o senso di nausea.
Se il paziente non mangia, avvisare il caposala per modificare la dieta o attuare altre
misure infermieristiche (es., cambiare l’orario dei pasti, fornire pasti più piccoli con
maggiore frequenza o procurarsi utensili speciali per far alimentare autonomamente il
paziente).

19. Il candidato descriva la procedura che mette in atto per i diversi tipi di
lavaggio delle mani (comprese tempistiche e detergenti usati).

Il lavaggio delle mani si deve eseguire con modalità e prodotti diversi secondo le attività
che si devono svolgere:
il lavaggio sociale con acqua e sapone si esegue prima di manipolare farmaci o di
preparare o servire alimenti e dopo l’uso dei servizi igienici (rimuove la flora
microbica transitoria ma non quella residente) durata: 20-40 secondi.

Il lavaggio antisettico (con acqua e antisettico, es. clorexidina al 4%) si effettua prima e
dopo il contatto con il paziente, dopo la rimozione dei guanti non sterili, prima di
manipolare un dispositivo invasivo per l’assistenza al paziente (indipendentemente
dall’uso dei guanti), dopo il contatto con fluidi e secrezioni corporee, membrane mucose,
cute non integra o medicazioni delle ferite, dopo contatto con oggetti inanimati (inclusi i
presidi sanitari) nell’immediata vicinanza del paziente (rimuove la flora microbica
transitoria e parte di quella residente) durata: 40-60 secondi.

Frizione alcolica delle mani (preparazione idroalcolica al 60%-80%) rimuove la flora


microbica transitoria e parte di quella residente. Durata: 20-30 secondi.

Il lavaggio chirurgico (iodo povidone al 7.5%) prima delle procedure chirurgiche


(rimuove la flora microbica transitoria e riduce in modo consistente la flora
microbica residente) durata: 2-5 minuti.

TECNICA
Rimuovere tutti i gioielli. Tenere sotto controllo ogni lesione cutanea.
2. Aprire il rubinetto e regolare il flusso stando scostati dal lavandino. Esistono 5
rubinetti:
 Comando manuale.
 Comando ginocchio.
 Comando a pedale.
 Comando a gomito.
 Comando a infrarossi.
3. Bagnare completamente le mani tenendole sotto il getto d’acqua prima di applicarvi il
sapone. Tenere le mani più bassi dei gomiti (acqua scorre dalle zona meno contaminate
a quelle più contaminate). Applicare 4-5 ML di sapone o antisettico.
4. Lavare le mani. Usare forti movimenti circolare per lavare il palmo e il dorso.
Intrecciare le dita per pulire gli spazi interdigitali. Sciacquare le mani.
5. Asciugare le mani e braccia. Non strofinare. Gettare l’asciugamano.
6. Chiudere il rubinetto. Se è manuale, usare un nuovo asciugamano per chiuderlo.
CHIRURGICO
Aprire il rubinetto usando il comando a piede, ginocchio o gomito.
2. Lavare le mani. Bagnare mani e avambracci tenendo le mani più in alto dei gomiti in
modo che scorra dalla punta delle dita ai gomiti. Applicare 2-4ML di soluzione
antimicrobica. Effettuare movimenti decisi di sfregamento circolare per lavare palmo e
dorso, polsi e avambracci. Continuare 20-25 secondi. Tenere le mani e le bracci sotto
l’acqua. Controllare le unghie e pulirle.
3. Effettuare l’asepsi chirurgica delle mani. Usare una spazzola strofinare ciascuna mano.
Strofinare dai polsi fino a 5cm sopra del gomito. Gettare la spazzola o spugna. Sciacquare
bene le mani e braccia. Chiudere il rubinetto con il pedale o ginocchio. Tenere le mani
alzate e lontane dal corpo, entrare le spalle in sala operatoria.
4. Asciugare le mani e braccia. Effettuare un movimento rotatorio, usare un secondo
asciugamano per la seconda mano. Gettare gli asciugamani. Tenere le mani dinanzi a sé
più alto della vita.

20. Il candidato descriva le procedure di rilevazione dei parametri vitali di un


paziente adulto e in un neonato immaturo.

I parametri vitali sono: la temperatura corporea, la frequenza cardiaca, la frequenza


respiratoria, la pressione sanguigna.
La temperatura corporea rappresenta l’equilibrio tra il calore prodotto ed il calore
perso dal corpo. Ci sono due tipi di temperatura corporea: temperatura interna e
temperatura cutanea. La temperatura interna è la temperatura dei tessuti profondi del
corpo (da considerare un insieme di temperature). La temperatura superficiale
rappresenta la temperatura della cute, tessuto sottocutaneo e adiposo. Normalmente, la
temperatura di una persona può variare dalla mattina presto al tardo pomeriggio di più
di 1,0°C (1,8°F). La temperatura media di un adulto è compresa tra 36,7°C e 37°.
Esistono due alterazioni principali della TC: la piressia e ipotermia. La piressia è una
temperatura superiore a quella abituale, chiamata comunamente febbre o iperpiressia
(41°C). Ipotermia è una condizione nella quale la temperatura interna scende al di sotto
dei limiti normali.
SITI DI RILEVAZIONE: i più comuni sono bocca, retto, ascella, membrana timpanica e
arteria temporale.
TIPI DI TERMOMETRI: tradizionalmente con i termometri di vetro a mercurio, ma
possono essere pericolosi in caso di rottura per i frammenti di vetro e per l’esposizione
al mercurio, tossico per l’uomo. Le versioni moderne hanno rimpiazzato il vetro con la
plastica e il mercurio con una sostanza chimica più sicura. Il termometro elettronico può
consentire una lettura veloce (2-60 secondi). I termometri ad infrarossi hanno un
sensore di energia situato sulla punta e percepiscono il calore emesso dal corpo
(membrana timpanica). I termometri da arteria temporale determinano la TC utilizzando
un sensore a scansione infrarossa che compara la T. dell’arteria temporale con quella
ambientale.

La frequenza cardiaca, o polso viene usato per descrivere la frequenza, ritmo e la forza
del battito cardiaco. È l’espressione di un’onda sanguigna sfigmica creata dalla
contrazione del ventricolo sinistro.
SITI DI RILEVAZIONE: periferici. Radiale, Brachiale, Carotideo, Temporale,
Femorale, Popliteo, Tibiale posteriore, Pedidio. Polso apicale
CARATTERISTICHE: Frequenza. I valori fisiologici sono 60-100btm. Superiori si parla di
tachicardia, inferiori bradicardia.
Volume. indica la forza con cui si distende la parete arteriosa legata alla volemia (forte o
debole).
Ritmo. Indica se le pulsazioni si susseguono in modo regolare o irregolare.
TECNICA
Munirsi di orologio con la lancetta dei secondi.
4. Selezionare il sito del polso. Normalmente si rilevano i polsi radiali
5. Far assumere al paziente una posizione comoda.
6. Palpare e contrare i battiti del polso. Mettere la punta di due o tre dita ad angolo retto
sul punto di rilevazione del polso. (non il pollice, ha una propria pulsazione). Visto che si
sta rilevando il polso per la prima volta, è necessario contare le pulsazioni per un minuto
intero. Valutare ritmo (regolare o irregolare) e volume (forte o debole).
7. Documentare la frequenza, ritmo e volume del polso sulla cartella clinica del pz.
APICALE
Munirsi di orologio, fonendoscopio
4. Mettere il paziente in una posizione comoda supina o seduta. Esporre l’area del torace
che corrisponde all’apice del cuore.
5. Localizzare il polso apicale. Palpare l’angolo di Louis (angolo tra manubrio, la punta e
il corpo dello sterno). Sotto l’incisione soprasternale e si percepisce come una
prominenza. Scendere fino il quinto spazio intercostale verso la linea emiclaveare. Nel
bambino il quarto.
6. Auscultare e contare i battiti cardiaci. Usare il fonendoscopio per auscultare i suoni
cardiaci S1-S2. (S1 chiusura atrioventricolare; S2 chiusura semilunare.). Se è regolare
contare fino a 30 moltiplicare x2. Se irregolare contare per 60.

La frequenza respiratoria è il numero di atti respiratori al minuto. Un atto respiratorio


è composto da un’inspirazione, si riferisce all’ingresso di aria nei polmoni e un
espirazione, che si riferisce all’uscita di aria dai polmoni. È possibile osservare due tipi di
respirazione: costale (toracica), diaframmatica (addominale) si osserva nei bambini. È
necessario conoscere la frequenza, la profondità , il ritmo e le caratteristiche del respiro.
La frequenza respiratoria è misurata in atti respiratori per minuto. Un adulto sano
normalmente effettua da 12 a 20 atti respiratori al minuto.
La profondità del respiro di una persona può essere rilevata osservando il movimento
del torace, può essere profondo o superficiale.
l ritmo del respiro si riferisce alla regolarità degli atti inspiratori ed espiratori.
Normalmente gli atti respiratori sono intervallati uniformemente. Il ritmo respiratorio
può essere descritto come regolare o irregolare. Il ritmo respiratorio di un bambino può
essere meno regolare di quello di un adulto.
Le caratteristiche qualitative del respiro si riferiscono ad aspetti diversi dalla normale
respirazione senza sforzo.
TECNICA
4. Osservare o palpare il torace e misurare la frequenza respiratoria.
 Il paziente può volontariamente alterare le caratteristiche del respiro quando è
consapevole che si sta rilevando la frequenza respiratoria. Questo può essere evitato
mettendo una mano contro il torace del paziente per sentire i movimenti del torace
con il respiro o mettendo il braccio del paziente sul torace per osservare i movimenti
del torace mentre apparentemente si rileva il polso radiale.
 Contare gli atti respiratori per 30 secondi se la respirazione è regolare. Contare gli
atti respiratori per 60 secondi se è irregolare. Un atto respiratorio corrisponde a
un’inspirazione e un’espirazione.
5. Osservare profondità , ritmo, caratteristiche atto respiratorio.
 Osservare la profondità del respiro guardando il movimento del torace.
 Osservare se il ritmo del respiro è regolare o irregolare. 
 Osservare le caratteristiche del respiro, il suono che produce e lo sforzo che
richiede.
6. Documentare tutto sulla documentazione clinica del pz.

La pressione arteriosa è la pressione esercitata dal sangue contro le pareti dei vasi. Si
possono misurare due tipi di pressione sanguigna: la pressione sistolica, ossia la
pressione del sangue conseguente alla contrazione ventricolare e la pressione
diastolica, ossia la pressione osservata quando i ventricoli sono in condizione di riposo.
I valori fisiologici sono 120/80, quando supera un certo intervallo, si parla di
ipertensione (stadio1 120-159/90-99; stadio2 >160/>100) ; quando è inferiore, si
parla di ipotensione.
I siti di rilevazione sono il braccio a livello brachiale. La rilevazione utilizzando l’arteria
poplitea è indicata quando: la pressione non può essere misurata in nessuna delle due
braccia, arto ingessato. Esistono due metodi di rilevazione: diretta che prevede
l’introduzione di un catetere nell’arteria brachiale, radiale o femorale. Indiretti non
invasivi: palpatorio e auscultatorio.
Il principio di misurazione si basa sull’auscultazione di toni che vengono chiamati TONI
DI KOROCHOFF, o meglio rumori prodotti dal passaggio turbolento del sangue
dell’arteria; la misurazione prevede cinque fasi distinte:
-FASE 1 è il livello pressorio al quale sono avvertiti i primi battiti, deboli e chiari; essi
aumentano nel momento in cui il manicotto è sgonfiato (punto di riferimento della
pressione arteriosa sistolica)
-FASE 2 durante lo sgonfiamento del manicotto quando sono avvertiti murmuri o rumori
fruscianti
-FASE 3 periodo durante il quale i rumori sono più decisi ed aumentano in intensità
-FASE 4 quando è avvertito un rumore d’istinto, brusco soffocato (punto di riferimenti
della pressione arteriosa diastolica nei bambini)
-FASE 5 è avvertito l’ultimo suono (punto di riferimento della pressione arteriosa
diastolica per adulti) seguito da assenza di suoni.
MATERIALE
OCCORRENTE
 Fonendoscopio.
 Sfigmomanometro.
TECNICA
4. Posizionare il paziente in modo appropriato. Il paziente adulto deve stare seduto
se le condizioni lo consentono, con entrambi i piedi poggiati sul pavimento (gambe
incrociate aumentano la pressione). Il gomito deve essere leggermente flesso, con il
palmo della mano in alto e l’avambraccio mantenuto a livello del cuore.
5. Avvolgere intorno al braccio la cuffia sgonfia uniformemente. Localizzare l’arteria
brachiale. 2,5 cm sopra lo spazio antecubitale.
6. Posizionare il fonendoscopio in modo adeguato. Posizionare il fonendoscopio sul
polso brachiale per auscultarlo.
7. auscultare la pressione del pz. Gonfiare la cuffia dello sfigmomanometro fino a 30
mm Hg al di sopra del punto in cui il polso brachiale scompare. Rilasciare la valvola
della cuffia lentamente. Leggere i valori nelle fasi di Korotkoff 1 e 5. Sgonfiare la
cuffia. Riportare i valori sulla documentazione clinica del pz.

21. Il candidato si trova a prestare la sua opera su un’ambulanza del 112. Illustri
le procedure di rilevazione dei parametri vitali in condizioni di emergenza: sedi di
rilevazione e caratteristiche prese in esame.

In emergenza potremmo trovare diverse condizioni tra le quali:


 persona priva di sensi
 persona con blocco meccanico delle vie aeree (es: presenza di corpi estranei)
 arresto cardiaco
in questi casi, interventi tempestivi basati sulla rilevazione dei PV sono indispensabili
per sapere come gestire l’emergenza stessa. Il BLS (Basic Life Support ) comprendente
anche la rianimazione cardiopolmonare (RCP), è il protocollo che in condizioni critiche
si deve seguire per il supporto delle funzioni vitali dell’individuo. Quando si arriva sul
posto la prima cosa che l’operatore deve fare è quella della valutazione della scena:
assicurarsi quindi prima di intervenire che la zona sia priva di pericoli sia per sé che per
il paziente. (se non è sicura è necessario avvertire autorità competenti: vigili del fuoco).
Una volta arrivati vicino al paziente:
 Valutare se il paziente è vigile: vedere se risponde ad un richiamo verbale e a
stimoli tattili (es: se viene scosso: NO NEL TRAUMA)
 Valutazione delle funzioni:
1) RESPIRATORIA: bisogna effettuare una rapido riconoscimento di condizioni in cui vi
è un’assenza completa del respiro o presenza di difficoltà respiratorie (gasping).
2) CARDIACA: in emergenza per valutare velocemente se c’è attività cardiaca la
rilevazione del polso viene effettuata a livello carotideo. il protocollo del BLS usa un’
approccio sistematico e metodologico che segue l’acronimo ABC:
A_ ARWAY: ostruzione delle vie aeree: anche la stessa lingua può cadere all'indietro (pz
incosciente) e impedire la respirazione, a causa della perdita di tonicità della
muscolatura. Prima di ogni altra cosa si procede al controllo del cavo orale: se sono
presenti oggetti che ostruiscono le vie respiratorie vanno rimossi, facendo attenzione a
non spingere il corpo estraneo ancora più in profondità . Una volta verificata la pervietà
delle vie aeree e quindi l'assenza di oggetti che possano ostruire il passaggio dell'aria si
effettua l'iperestensione della testa: vanno poste una mano sulla fronte, per portare
indietro la testa, e due dita sotto il mento, per sollevarlo. Nel caso vi sia un trauma
cervicale (anche solo sospetto), l'iperestensione dovrà essere sempre evitata e viene
sostituita dalla SUBLUSSAZIONE DELLA MANDIBOLA ( sollevare la mandibola con
entrambe le mani mentre i pollici spingono in avanti il mento). Di solito, soprattutto se il
pz risulta incosciente, viene utilizzata la cannula di Mayo o Guedel che facilita il
mantenimento della pervietà delle vie aeree.
B_ BREATHING: Una volta garantita la pervietà delle vie aeree, bisogna valutare la
presenza o in ogni caso la qualità dell’attività respiratoria, essa viene valutata attraverso
la manovra GAS (guardo, ascolto,sento), anche se le nuove linee guida per velocizzare
ancora di più tale fase consigliano semplicemente di valutare l’espansione polmonare.
ATTENZIONE: anche se presente respiro, ma agonico (gasping), nel protocollo del BLS
viene comunque considerato come fosse un’assenza di respiro!
RISPETTO AL RESPIRO COSA BISOGNA VALUTARE?
• RITMO RESPIRATORIO: gli atti respiratori sono regolari ed equidistanti nel tempo o ci
sono periodi di apnee.
• AMPIEZZA DEL RESPIRO: superficiale, profondo.
• RUMORI RESPIRATORI: presenza di rantoli (tipici quando vi è un’ostruzione o edema
polmonare) ; sibili ( ad esempio BPCO)
• ESPANSIONE TORACICA: il torace si espande o no? se si… simmetricamente oppure un
emitorace si muove più dell’altro durante l’inspirazione. Nel trauma, possibile
pneumotorace!
C_CIRCULATION: bisogna valutare la presenza e la qualità del circolo! L’attività
cardiocircolatoria viene rilevata con il polso! Di solito in emergenza si utilizza la
rilevazione a livello carotideo (sul collo ai lati della faringe e dell’esofago). Dopo aver
accertato la presenza di attività cardiaca bisogna valutarne la sua qualità attraverso la
rilevazione:
• FC
• QUALITA’ DEL POLSO ( pieno, flebile)
• RITMO ( ritmico o aritmico)
• PRESSIONE ARTERIOSA
In condizioni di emergenza un’ulteriore indicatore da tenere in considerazione per lo
stato del paziente è il colorito della cute, che normalmente risulta essere roseo. Le
alterazioni possono essere visibili dapprima nelle labbra e nel letto ungueale. il pallore
cutaneo per esempio può farci sospettare un’alterazione della circolazione dovuta a PA
diminuita o per bradicardia. Un arrossamento invece una PA aumentata o tachicardia. La
cianosi, indica la presenza di sangue privo di ossigeno, bisogna effettuare anche la
rilevazione della temperatura corporea. Essa può essere valutata con l’ausilio di un
termometro ( si potrebbe anche utilizzare un metodo più veloce ma poco attendibile:
mano sulla fronte del paziente per valutare solo se la TC risulta essere elevata oppure
diminuita).

22. Il candidato descriva la procedura e gli interventi finalizzati alla prevenzione e


riduzione del dolore (valutazione del dolore, scala di valutazione del dolore,
azioni infermieristiche e deleghe).

Associazione internazionale per lo studio del dolore, IASP, definisce il dolore come
un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale in atto o
potenziale. Viene considerato come V° parametro vitale, l’unico parametro soggettivo,
perché rappresenta un’esperienza del tutto personale. Viene descritto in termini di:
1) durata: il dolore può essere acuto, quando dura per un breve periodo (non più di 4
settimane), o cronico, quando presenta una durata più lunga (6mesi).
2)Localizzazione o irradiazione;
3)Intensità che è misurata con le scale di valutazione. Si distinguono in
unidimensionali che comprendono le scale descrittive verbali (es. mite, disagevole,
penoso, orribile, atroce), le scale di valutazione numerica (es. da zero a dieci) le scale
visive analogiche (VAS) (es. un linea di dieci centimetri, ad una estremità c’è scritto
“assenza di dolore” ed all’altra “il peggior dolore immaginabile”). La face pain scale
(scala delle faccine pediatrica) mostrano al bambino una sequenza di faccine che si
mostrano felici a partire da sinistra fino ad avere male verso destra. Oppure tipologie di
scale multidimensionali come il questionario di Mc Gill che consta di venti gruppi di
parole che descrivo caratteristiche sensoriali, affettive e valutazione del dolore.
Ruolo dell’infermiere: L’infermiere aiuta ad alleviare il dolore attraverso la raccolta di
informazioni sugli aspetti quantitativi e qualitativi del sintomo, la somministrazione di
interventi antalgici, accertamento del efficacia e l’insorgenza di eventuali effetti
collaterali.
Gestione non farmacologica del dolore: Consta della terapia fisica, l’applicazione del
calore, la crioterapia. Per es. il cambio di postura è una delle più importanti attività che
l’infermiere svolge per cercare di prevenire e ridurre il dolore di natura muscolo
scheletrico. Consente di alternare il carico a diverse zone del corpo e prevenire
fastidiose contrazioni. Altri interventi possono essere la stimolazione cutanea e
massaggi, l’uso del caldo e del freddo possono ridurre il dolore ma bisogna far
attenzione al effetto Rebound dopo 30 minuti circa dell’applicazione. Tecniche di
rilassamento possono portare al rilassamento della muscolatura scheletrica, una di
queste potrebbe essere quella della respirazione con frequenza lenta e ritmica. La
distrazione, ovvero deviare l’attenzione del pz su qualcosa che non è il dolore, possono
essere attività semplici come guardare la televisione o ascoltare musica.
Gestione farmacologica del dolore: è definita dalla scala analgesica dell’OMS che
delinea le norme per l’impiego dei farmaci analgesici. Il dolore moderato (4-6/10)
richiede l’uso un farmaco antalgico con media potenza, il dosaggio deve essere
programmato e non al bisogno. Il dolore acuto (7-10/10) viene trattato con dosi fisse e
programmate di un singolo agonista narcotico con elevata potenza analgesica es. la
morfina. È responsabilità dell’infermiere garantire la corretta somministrazione dei
farmaci analgesici, nelle dosi e nei tempi prescritti.
23. Il candidato descriva la procedura e gli interventi assistenziali di effettuazione
della nutrizione enterale al domicilio di un paziente dimesso dall’ospedale.

La nutrizione enterale viene prescritta quando il paziente non è in grado di ingerire i


cibi oppure quando il tratto gastrointestinale superiore è danneggiato o è compromesso
il trasporto del cibo all’intestino tenue. L’alimentazione enterale viene somministrata
tramite un sondino naso-gastrico a piccoli fori oppure attraverso sondini per
gastrostomia e digiunostomia. Il sondino nasogastrico viene inserito in una delle narici,
attraverso il naso faringe, fino allo stomaco. I dispositivi
per gastrostomia e digiunostomia sono utilizzati per supportare una nutrizione a
lungo termine, generalmente per più di 6-8 settimane. sono inseriti chirurgicamente o
mediante laparoscopia nello stomaco o nel digiuno. Il tipo, la frequenza e la quantità
dell’alimentazione devono essere prescritti dal medico. L’alimentazione enterale può
essere somministrata in modo intermittente o continuo. L’alimentazione
intermittente comporta la somministrazione di 300/500 mL di miscela enterale
diverse volte al giorno. L’alimentazione continua viene generalmente somministrata
per un periodo di 24 ore usando una pompa di infusione. L’alimentazione ciclica è
caratterizzata da una somministrazione continua in meno di 24 ore. viene
somministrata ai pazienti attraverso dei sistemi aperti o chiusi. I sistemi
aperti utilizzano per la somministrazione un contenitore aperto in alto o una siringa.
I sistemi chiusi consistono di un contenitore predisposto che viene bucato con il
sondino enterale e collegato allo strumento di accesso enterale.
Valutare:
segni di malnutrizione o disidratazione, presenza di eventuale allergie agli alimenti
contenuti nell’alimentazione(ritardato svuotamento gastrico, distensione addominale,
diarrea crampi), presenza di rumori intestinali.
MATERIALE
OCCORRENTE
 Corretti tipo e quantità di miscela alimentare
 Sirina da 60ML
 Bacinella
 Guanti monouso
 Siringa grande o sacca di alimentazione e deflussore che può essere collegata al
sondino di alimentazione o flacone di alimentazione già pronto con deflussore e
morsetto regolatore di flusso.
 Acqua a temperatura ambiente
TECNICA
Posizionare il pz in posizione Fowler nel letto oppure seduto su una sedia. Informare il
pz che alimentarsi con questa tecnica può provocare una sensazione di pienezza.
4. Verificare il posizionamento del sondino. Indossare guanti. Collegare la siringa al
sondino e aspirare. Misura il PH.
5. Verificare il contenuto alimentare residuo. Se è inserito nello stomaco, aspirare il
contenuto e misurarne la quantità prima dell’alimentazione. Se vengono aspirati 100ml
consultare i protocolli della struttura. Se segue un’alimentazione continua verificare
ogni 4-6 ore.
6. Somministrare l’alimentazione. Controllare la scadenza. Riscaldare a temperatura
ambiente.
Sacca di alimentazione (Sistema aperto)
Appendere la sacca etichettata a un’asta per fleboclisi a circa 3ocm dal punto di
inserzione. Chiudere il sondino con il morsetto aggiungere la miscela di alimentazione
alla busta. Applicare un etichetta che indichi data, ora e iniziali dell’infermiere. Aprire il
morsetto per espellere l’aria. Collegare la sacca al sondino di alimentazione e regolare la
velocità .
Siringa (sistema aperto)
Rimuovere lo stantuffo della siringa e collegarla al sondino nasogastrico con morsetto
chiuso. Introdurre la miscela nel cilindro della siringa. Alzare o abbassare la siringa per
aumentare o diminuire la velocità .
Confezione già pronta con camera di gocciolamento (sistema chiuso)
Rimuovere il tappo a vite dal contenitore e collegare il set con camera di gocciolamento
e deflussore. Chiudere il morsetto. Appendere su un’asta di fleboclisi a circa 30cm.
Schiacciare la camera di gocciolamento per riempirla. Aprire il morsetto del sondino e
rimuovere l’aria. Collegare il set al sondino di alimentazione e regolare la velocità .
7. Se non bisogna appendere immediatamente un’altra bottiglia, somministrare 50-
100ML di acqua attraverso il sondino di alimentazione, prima che la siringa o il sondino
siano vuoti.
8. Chiudere il morsetto del sondino di alimentazione.
9. Assicurare il comfort e la sicurezza del pz. Chiedere al pz di rimanere per 30 minuto
dopo l’alimentazione. Togliere e gettare i guanti
10. Riordinare il materiale e documentare tutto sulla cartella clinica infermieristica del
pz. Monitorare il pz.
Gastrostomia o digiunostomia.
5. Inserire il sondino se non già posizionato. Indossare i guanti e rimuovere la
medicazione e gettare i guanti. Indossare guanti nuovi. Lubrificare la punta del sondino e
inserirlo nella stomia per 10-15cm.
6. Verificare la localizzazione. Aspirare le secrezioni e controllare il PH. Rimuovere lo
stantuffo della siringa. Versare 15-30ML di acqua, rimuovere il morsetto del sondino.
7. Somministrare l’alimentazione. Mantenere la siringa da 7 a 15 cm sopra la stomia.
Versare la miscela nella siringa. Aggiungere 30ML di acqua prima che si svuoti la siringa.
Chiudere il morsetto e rimuovere la siringa. Se non è in sede rimuovere il catetere per
l’alimentazione. Togliere e gettare i guanti.
8. Assicurare il comfort e la sicurezza del pz. 30 minuti sollevato. Verificare lo stati
peristomale. Applicare una medicazione. Usare vaselina, ossido di zinco e applicare
garze 10x10 già tagliate.
9. Documentare tutto nella documentazione clinico infermieristica.

24. Il candidato descriva tutte le competenze infermieristiche dirette e indirette


(se ricorre a personale di supporto) e le procedure inerenti il bisogno di
alimentazione in un paziente anziano. Valutazione dello stato nutrizionale, fattori
di rischio e ostacoli all’alimentazione orale.

L’alimentazione è l’assunzione o la somministrazione di alimenti a scopo nutritivo.


Soddisfare il bisogno di alimentazione significa mantenere un adeguato apporto
alimentare attraverso il bilanciamento di tutti i nutrienti. È fondamentale da parte
dell’infermiere, valutare il grado di alimentazione del paziente e identificare quindi
possibili limitazioni come: disfagia, immobilizzazione, limitazioni motorie,
handicap, cecità, età del paziente, interventi chirurgici, stato di coscienza.
La valutazione dello stato nutrizionale viene effettuato attraverso una valutazione dei:
 Parametri antropometrici, ovvero attraverso la valutazione del peso ed altezza,
indice di massa corporea (BMI).
 Dati biochimici: emoglobina, albumina sierica, conta linfocitaria totale, cute.
 Dati clinici: capelli e unghie, membrane mucose, livello di attività .
 Dati dietetici: diario alimentare delle 24 ore, registrazione della frequenza di
alimentazione.
Valutare:
-La capacità di alimentarsi e l’assistenza necessaria (notare la coordinazione delle mani,
il livello di coscienza e la capacità visiva).
-L’appetito e la tolleranza a solidi e liquidi.
-La necessità di una dieta speciale.
-Le allergie alimentari e gli alimenti graditi e non graditi.
Pianificazione assistenziale
-Verificare la dieta prescritta al paziente:
-Controllare nella cartella o nel piano di assistenza la dieta prescritta e determinare se al
paziente è stato prescritto il digiuno per esami di laboratorio o in previsione di un
intervento chirurgico o se il medico ha dato la prescrizione niente per bocca (NPO). Per i
pazienti che devono osservare il digiuno o l’NPO, accertarsi che adeguate indicazioni
siano posizionate sulla porta della stanza o sul letto secondo la procedura utilizzata nella
struttura.
DELEGA
Assistere o alimentare un paziente è un’attività spesso delegabile al personale di
supporto. È responsabilità dell’infermiere valutare la capacità del paziente di
alimentarsi e identificare gli effettivi o potenziali fattori di rischio che possono influire
sullo stato nutrizionale del paziente. L’infermiere deve istruire il personale di supporto
sulle strategie che promuovono la salute nutrizionale del paziente e sull’importanza di
riferire qualsiasi variazione del comportamento alimentare.
MATERIALE OCCORRENTE
Vassoio per pasti con il vitto prescritto
Tovagliolo extra o piccolo asciugamano
Cannuccia, tazza speciale, bicchiere appesantito o altri strumenti di assistenza, se
necessari
PREPARAZIONE
Preparare il paziente e il tavolo da letto.
Assistere il paziente a lavare le mani prima di mangiare. Se il paziente ha problemi di
igiene orale, lavargli i denti o usare un collutorio può rendere più gradevoli i sapori e
aumentare l’appetito.
Liberare il tavolo in modo che ci sia spazio per il vassoio. Se il paziente deve rimanere in
una posizione supina, sistemare il tavolo al lato del letto in modo che possa vedere il
cibo.
TECNICA
10. Prima di effettuare la procedura, presentarsi e verificare l’identità del paziente
secondo il protocollo della struttura. Spiegare al paziente cosa si sta facendo, perché
e come può collaborare.
11. Lavare le mani e osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
12. Provvedere alla riservatezza del paziente e posizionare il paziente in modo adeguato.
13. Far assumere al paziente una posizione comoda per mangiare. La maggior parte
delle persone si siede per mangiare; se possibile, aiutare il paziente a sedersi nel
letto o su una sedia.
14. Far assumere al paziente un decubito laterale se non può sedersi. Razionale: Le
persone riescono a ingoiare più facilmente in questa posizione rispetto a quella
supina.
15. Se per mangiare è richiesta assistenza, posizionarsi possibilmente seduti di fianco al
paziente. Razionale: Una presenza vicina e rassicurante incoraggia il paziente ad
assumere un pasto adeguato.
16. Assistere il paziente come necessario.
17. Verificare il nome del paziente, il tipo di dieta e la completezza del pasto sul vassoio.
18. Incoraggiare il paziente a mangiare autonomamente, assistendolo come necessario.
Non sostituirsi completamente al paziente. Razionale: La sua partecipazione
aumenta la sensazione di indipendenza.
Se il paziente necessita di assistenza per mangiare:
6. Chiedere in quale ordine desidera mangiare le pietanze. Usare utensili e posate
normali, ove possibile. Razionale: Usare utensili normali accresce l’autostima. Se il
paziente è cieco, informarlo sul tipo di pietanze. Avvertire il paziente se il cibo è
molto caldo o molto freddo.
7. Garantire un tempo sufficiente per consentire al paziente di masticare e di ingoiare
tra un boccone e l’altro. Usare una cannuccia o un bicchiere speciale per liquidi, se
necessario. Scegliere argomenti di conversazione di interesse del paziente, se questi
vuole chiacchierare.
8. Aiutare il paziente a pulirsi la bocca e le mani dopo il pasto.
9. Riposizionare il paziente.
10. Documentare tutte le informazioni utili.
Annotare quanto e cosa il paziente ha mangiato e la quantità di liquidi introdotti.
Registrare i liquidi assunti e, se necessario, il conteggio delle calorie.
Se il paziente segue una dieta speciale o presenta difficoltà nel mangiare, registrare la
quantità di cibo ingerito e l’insorgenza di qualsiasi dolore, stanchezza o senso di nausea.
Se il paziente non mangia, avvisare il caposala per modificare la dieta o attuare altre
misure infermieristiche (es., cambiare l’orario dei pasti, fornire pasti più piccoli con
maggiore frequenza o procurarsi utensili speciali per far alimentare autonomamente il
paziente).

25. Il candidato descriva tutte le competenze infermieristiche dirette e indirette


(se ricorre a personale di supporto) e le procedure inerenti il bisogno di
alimentazione in un paziente anziano affetto da malattie metaboliche o
neurologiche e/o che presenta sintomi come vomito e diarrea.

Le malattie metaboliche rappresentato delle alterazioni dei processi metabolici come


ad esempio il diabete, in cui tra le complicanze più frequenti abbiamo la chetoacidosi
diabetica, che fra i vari segni/sintomi la nausea e vomito. Le patologie neurologiche
possono spesso portare a disfagia e quindi una difficoltà nel deglutire, che associato
anche alla nausea potrebbe portare ad una impossibilità di alimentarsi per vie naturali.
La scelta dell’alimentazione più è competenza medica, in questi casi sarebbe da
escludere sia una alimentazione naturale che una alimentazione enterale. Sarebbe
quindi da preferire un tipo di alimentazione parenterale, con cui quindi l’anziano può
essere in grado di assumere il giusto quantitativo di nutrienti necessario a soddisfare il
fabbisogno giornaliero, fino a quando non si comprende la causa di vomito e diarrea o si
risolve. È quindi competenza infermieristica l’assistenza al paziente che presenta vomito
e diarrea, posizionandolo in posizione di sicurezza (laterale con una bacinella al di
sotto), somministrare eventuali farmaci anti-emetici e anti-diarroici su prescrizione
medica, somministrare eventuale nutrizione parenterale, osservando norme asettiche.
26. Il candidato descriva tutte le competenze infermieristiche dirette ed indirette
(se ricorre a personale di supporto) e le procedure inerenti il bisogno di
alimentazione in un neonato pretermine in fototerapia.

La fototerapia rappresenta il trattamento standard nella cura dell’iperbilirubinemia nel


neonato. Si definisce ITTERO la colorazione giallastra che assumono la pelle, le mucose e
le sclere, per l’accumulo di bilirubina nel sangue (valori ematici di bilirubina >6/7
mg/dl). Il trattamento con la fototerapia si utilizza solitamente in caso di ittero
patologico che compare nelle prime 24 ore di vita con valori che superano i 10 mg/dl nel
prematuro ed i 15 mg/dl nel nato a termine. La fototerapia si attua attraverso
l’emissione di luce fluorescente ad ampio spettro che può essere blu o bianca ed è priva
di raggi ultravioletti. Essa riduce rapidamente la concentrazione di bilirubina
trasformandola in lumirubina, un composto idrosolubile, meno tossico e di facile
smaltimento.
MATERIALE OCCORRENTE:
lampada, culla termica, monitor per PV, bilirubinometro, bende oculari, antisettico,
lancette pungidito, cerotto e cartella per la documentazione
PROCEDURA:

1.Informare i genitori e svestire il neonato, lasciandolo solo con il pannolino per tenere
coperte le gonadi
2. Lavaggio antisettico delle mani
3. Controllare prescrizione medica
4. Posizionare la lampada sopra il neonato a circa 15 cm da lui (in culla)l, a 45 cm (in
isola neonatale)
5. Verificare i livelli di irradiazione
6. Coprire gli occhi e genitali con bende
7. Cambiare il decubito ogni 2 ore per una completa esposizione della cute
8. Monitorare la temperatura ogni 30’ nella prima ore, poi ogni 2 ore
9. Cambiare il pannolino (controllare le evacuazioni- feci liquide e verdi-; non usare
creme, lozioni o oli sulla cute per evitare ustioni)
10. Alimentare ogni 2 ore, sospendendo il trattamento
11- Registrare la procedura (data, ora, livelli di bilirubina, bilancio idro-elettrolitico)
CONTROLLARE SEMPRE LO STATO GENERALE, IDRATAZIONE, PV, OCCHI (per evitare
abrasioni corneali e danni della retina), SONNO/VEGLIA, ALIMENTAZIONE
27. Il candidato descriva le procedure assistenziali per la gestione di un drenaggio
toracico dal suo inserimento alla sua rimozione.

I drenaggi toracici sono inseriti di solito nella cavità pleurica attraverso lo spazio
intercostale. In base a ciò che si vuole drenare, il drenaggio toracico avrà diversa
locazione: per rimuovere l’aria è solitamente inserito nella porzione antero-superiore
del torace (attraverso il II° spazio intercostale), poiché l’aria sale nella cavità pleurica,
mentre per drenare i liquidi viene inserito più in basso, nell’ottavo o nono spazio
intercostale. Il drenaggio consiste in un catetere flessibile sterile di vinile o silicone,
lungo 50cm. Il drenaggio viene inserito e poi suturato alla cute, connesso all’unità di
raccolta e protetto da una medicazione sterile. Il drenaggio può essere connesso a una
valvola unidirezionale, un sistema a valvola ad acqua o tenuta a secco.
I sistemi di drenaggio utilizzano tre meccanismi per drenare area o liquidi dalla cavità
pleurica:
 pressione espiratoria positiva (durante l’espirazione sviluppa una pressione
positiva che espelle area o liquido).
 Forza di gravità (posizionando il drenaggio in modo che si trovi sopra la camera
di raccolta, la forza di gravità agisce come forza di espulsione).
 Aspirazione (utilizzata in alcuni tipi di drenaggi).
La camera di raccolta è calibrata e generalmente può contenere 2 litri di liquido di
drenaggio. Sono disponibili diversi tipi di sistemi di drenaggio a valvola ad acqua. Prima
dell’introduzione dei dispositivi di plastica e monouso, si utilizzavano bottiglie di vetro
in tandem per ottenere la tenuta ad acqua, la camera di raccolta e l’aspirazione.
Attualmente, i sistemi monouso sortiscono gli stessi effetti con l’uso di tre camere: la
camera di raccolta con sottocamere, la camera di sigillo ad acqua e la camera di
aspirazione. Il livello dell’acqua dovrebbe innalzarsi e abbassarsi con i respiri del
paziente (fluttuazione). Un gorgoglio (produzione di bolle) continuo nel sistema a
valvola ad acqua indica una perdita d’aria, mentre un gorgoglio occasionale o
intermittente è normale.
Nei pazienti che deambulano può essere utilizzata una valvola di Heimlich per il
drenaggio toracico è una valvola oscillante unidirezionale che permette all’aria di
fuoriuscire dalla cavità toracica e le impedisce di rientrarvi. Un altro dispositivo che può
essere collegato al drenaggio toracico, detto Pneumostat, presenta anch’esso una
valvola unidirezionale, alloggia al suo interno una piccola camera di raccolta. Il
pleurevac sono quelli più diffusi e sono costituiti da tre camere comunicanti: quella a
valvola d’acqua; quella di raccolta fluidi e quella del controllo del controllo della
aspirazione collegabile al sistema di vuoto centralizzato.
ASSISTENZA PER POSIZIONAMENTO
Materiale occorrente
 Telini sterili, garze sterili, bisturi, pinze, 2 morsetti, tubo toracico e trocar, tamponi,
materiale per sutura, disinfettante, sistema di drenaggio, guanti, cerotto, anestetico
locale.
Procedura
1. Informare il pz sulla procedura, perché e come può collaborare.
2. Provvedere alla riservatezza del pz.
3. lavare le mani e indossare i guanti.
4. posizionare il pz in decubito supino o semiseduto.
5. preparare il campo sterile con il materiale occorrente per l’introduzione del
drenaggio.
6. collaborare con il medico durante l’inserimento.
7. monitorare il pz.
8. medicare il punto di ingresso del drenaggio: indossare i guanti sterili e avvolgere delle
garze intorno al punto d’inserzione del drenaggio fissandole con cerotto.
9. assicurare il tubo di drenaggio: chiudere e connettere il tubo al sistema di drenaggio
collegando il tubo più lungo della camera di raccolta al tubo toracico del pz e fissando i
collegamenti dei due tubi con un giro di cerotto per prevenire lo scollegamento
accidentale.
10. chiedere al pz di fare un respiro profondo e di trattenerlo per alcuni secondi e poi
espirare lentamente.
11. preparare il pz per un RX del torace per verificare il corretto posizionamento del
drenaggio.
12. rilevare i P.V. ogni 15 min.
13. documentare tutta la procedura nella cartella clinica-assistenziale.
GESTIONE DRENAGGIO (Sostituzione unità di drenaggio)
Materiale occorrente
 Guanti sterili
 2 morsetti per tubo con punta di gomma
 Garza petrolana
 Garze 10x10
 Sistema di drenaggio
 Soluzione disinfettante per cute
TECNICA
4. Esaminare il paziente. Determinare capacità , rumori, ritmo e profondità del respiro,
saturazione e movimenti del torace. Controllare la medicazione
5. Attuare le precauzioni necessarie per la sicurezza del pz. Tenere due morsetti con
punta di gomma al lato del letto per chiudere il drenaggio. Garze 10x10 e una di
petrolano sterile da utilizzare per chiudere il foro in caso di dislocazione. Tenere il
sistema di drenaggio disponibile nella camera del pz. Preparazione del nuovo sistema di
drenaggio. Per cui:
 Chiudere il drenaggio vicino al sito d’inserzione con i due morsetti contrapposti.
Indossare i guanti sterili. Scollegare il deflussore di raccolta e collegare il nuovo.
Ristabilire il sistema di drenaggio, rimuovere i morsetti e ripristinare l’aspirazione.
Togliere e gettare i guanti.
6. Mantenere la pervietà del sistema di drenaggio. Controllare le connessioni fissate col
cerotto. Ispezionare il tubo di drenaggio. Ispezionare il punto di uscita dell’aria.
7. Controllare la fluttuazione del livello del liquido durante la respirazione. 5 a 10cm. Nei
sistemi con aspirazione resta costante. Verificare il gorgoglio intermittente nel sistema
ad acqua.
8. Sorveglianza drenaggio. Ogni 30 minuti per le prime 2 ore.
9. Controllare l’eventuale dislocazione dei tubi e intervenire prontamente. Se non c’è
stato gorgoglio non vi sono state perdite d’aria e si può chiudere il tubo in sicurezza. Far
espirare il pz. Chiudere il drenaggio con due morsetti. Indossare i guanti sterili.
Detergere le estremità con antisettico, ricollegarle e fissare bene. Valutare sintomi di
insufficienza respiratoria. Se il drenaggio si disloca, rimuovere la medicazione, ed
effettuare una pressione con la garza di petrolato. Avvisare il medico.

Il drenaggio toracico può essere rimosso quando la causa che ne ha richiesto


l’inserimento è stato risolto. I segni che questo è avvenuto sono: minimo drenaggio dal
tubo; Assenza di perdite d’aria per 24-48; Riespansione polmonare evidente dalla
radiografia; Assenza di fluttuazione nel sistema a valvola ad acqua; respirazione e
rumori polmonari normali. Il medico può prescrivere la chiusura del drenaggio per
valutare se può effettivamente essere rimosso. In questo caso, mentre si tiene clampato
il tubo per 15 minuti, bisogna valutare i paziente per rilevare eventuali segni di
pneumotorace.

28. Il candidato è al primo giorno di lavoro presso una struttura e deve procedere
alla raccolta urine delle 24h per una paziente affetta da problemi di incontinenza
fecale. Descriva le procedure da attuare.

Una pz affetta da problemi di incontinenza fecale si presenta con la perdita del controllo
sull’espulsione delle feci. La raccolta urine delle 24h prevede la raccolta e conservazione
delle urine a basse temperature. Per evitare quanto più possibile la contaminazione con
il materiale fecale la donna verrà cateterizzata. Al catetere verrà connessa una sacca di
raccolta che verrà svuotata all’interno di un apposito contenitore mantenuto a basse
temperature, etichettato con: nome e cognome del pz, l’esame che deve effettuare, il
giorno con l’ora di inizio e fine raccolta (generalmente si utilizzano dalle 7.00 alle 7.00).
MATERIALE
OCCORRENTE
 Catetere sterile di calibro idoneo
 Kit di cateterismo se disponibile o:
 Guanti sterili
 Traverse impermeabili
 Sol. Antisettica
 Garze
 Pinze anatomiche
 Lubrificante idrosolubile
 Busta di raccolta
 Siringa preriempita con acqua sterile
 Guanti mono uso
 Materiale per pulizia perineale
 Telo da bagno
PRERAZIONE
Indossare i guanti monouso e praticare la cura perineale di routine per liberare il meato
urinario dalla contaminazione fisiologica. Togliere e gettare i guanti.
TECNICA
4. Mettere il paziente in una posizione adeguata e coprire tutte le zone tranne il perineo.
Supina con le ginocchia flesse, i piedi distanziati e anche ruotate all’esterno.
5. L’infermiere si posiziona a destra del pz se è destrimano.
6. Se bisogna usare una busta di raccolta ed essa non è inclusa nel kit, aprire la
confezione della busta di raccolta e porre l’estremità del deflussore a portata di mano.
7. Se previsto dalla struttura indossare i guanti monouso e iniettare 10-15ML di
xilocaina gel o lubrificante nel uretra.
8. Aprire il kit o pos. Il materiale occorrente. Posizionare un telo impermeabile sotto il
bacino
9. Indossare i guanti sterili.
10. Organizzare il materiale: Bagnare le garze con sol. Antisettica, aprire lubrificante.
11. collegare la siringa preriempita all’entrata del palloncino del catetere e riempirlo.
12. Lubrificare i catetere (2,5-5cm per le donne). E collegarlo alla busta di raccolta.
13. Detergere il meato. Utilizzare la mano non dominante per divaricare le grandi labbra.
Localizzare il meato urinario. Con le pinze anatomiche si afferra una garza imbevuta di
disinfettante le grandi e piccole labbra dal alto verso il basso. Ultima garza per il meato.
14. Introdurre il catetere. Afferrare il catetere chiedere al pz di inspirare
profondamente e lentamente, inserire il catetere mentre espira. Se necessario ruotare il
catetere. Far avanzare per 5 cm quando l’urina inizia a defluire.
16. Tenere il catetere con la mano non dominante.
17. Gonfiare il palloncino del volume contrassegnato. Tirare delicatamente finché non si
avverte una resistenza. Eliminare il materiale utilizzato negli appositi contenitori,
bisognerebbe usare un cerotto o un dispositivo di fissaggio per fissare il deflussore del
catetere del pz.
18. Documentare tutte le informazioni utili nella cartella clinica infermieristica.

29. Il candidato descriva la procedura in regime di ricovero e domiciliare per il


trattamento di una pz autosufficiente che deve effettuare un esame di
urinocultura in presenza e non di catetere a permanenza.

I campioni di urine per urinocoltura devono essere prelevati mediante raccolta sterile o
da mitto intermedio. Lo scopo dell’esame è quello di determinare la presenza e la
tipologia di microrganismi e la loro sensibilità agli antibiotici.
SENZA CATETERE
4. Dare istruzioni sulla raccolta del campione se il paziente deambula e se è in grado di
seguire le indicazioni:
 Inviare o assistere il pz in bagno. Chiedere al pz di lavare e asciugare i genitali e
l’area peritoneale con acqua e sapone. Istruire il pz del meato urinario con gli
antisettici. Quindi: usare solo una volta i tamponi per asciugarsi. Pulire dall’alto verso
il basso.
5. Istruire il pz alla raccolta. Far urinare il pz e cosi da eliminare il primo mitto. Mettere il
contenitore sotto il getto intermedio dell’urina e raccogliere il campione facendo
attenzione a non contaminarlo. Chiudere il contenitore ermeticamente. Pulire l’esterno
con il disinfettante se necessario.
6. Mettere l’etichetta per l’identificazione del campione. Documentare tutte le
informazioni utili sulla cartella clinico infermieristica.
CON CATETERE A PERMANENZA
I campioni sterili di urina possono essere prelevati dal catetere inserendo un ago sterile
collegato a una siringa. L’aspirazione dell’urina dal catetere si può fare solo con cateteri
di gomma, l’ago viene inserito sopra il punto di collegamento tra catetere e tubo di
drenaggio. Alcuni sistemi di drenaggio chiusi di nuova generazione consentono di
prelevare un campione di urina senza utilizzare l’ago. Per l’apertura senza ago si utilizza
una siringa a incastro di Luer.
 Lavare le mani ed osservare le procedure per il controllo delle infezioni. Indossare i
guanti monouso.
 Chiudere il catetere con un morsetto almeno 8 cm al di sotto dell’apertura se non c’è
urina aspettare 30 minuti.
 Pulire la zona di introduzione dell’ago o incastro di Luer con disinfettante. Inserire
l’ago e prelevare quantità di urina richiesta, es. 3 ML per urinocultura. Togliere il
morsetto di chiusura.
 Versare l’urina nel contenitore del campione. L’ago non deve toccare l’esterno del
contenitore. Gettare la siringa e l’ago utilizzato. Chiudere il coperchio. Lavare le mani.
Etichettare il campione e inviare al laboratorio. Documentare tutte le informazioni
utili.
30. Il candidato descriva la procedura di somministrazione della terapia orale ad
un paziente con SNG in regime di ricovero e domiciliare.

Nei pazienti che non possono assumere nulla per bocca (NPO) e sono portatori di un
sondino nasogastrico o per gastrostomia, possono essere utilizzate queste vie per la
somministrazione dei farmaci per via enterale. Il sondino nasogastrico (SNG) viene
inserito attraverso la via nasofaringea o orofaringea fino allo stomaco. Quando si
somministrano i farmaci attraverso un sondino nasogastrico è necessario rispettare le
seguenti linee guida:
 verificare sempre con il farmacista la disponibilità di preparazioni liquide delle
sostanze farmacologiche.
 Se i farmaci non sono disponibili in forma liquida, chiedere se possono essere
frantumati.
 Frantumare una compressa in polvere fine e diluirla in almeno 30 mL di acqua
tiepida.
 Non somministrare farmaci interi, perché potrebbero ostruire il sondino.
 Verificare la collocazione del sondino prima di somministrare i farmaci.
 Prima della somministrazione, aspirare tutto il contenuto dello stomaco e misurare il
volume residuo. Seguire i protocolli della struttura se il residuo gastrico è maggiore
di 100 mL.
 Se il sondino è collegato a una sacca di raccolta, scollegarla e chiuderlo per 20-30
minuti dopo la somministrazione del farmaco, per permetterne l’assorbimento.
MATERIALE
OCCORRENTE
 Farmaco da somministrare
 Siringhe da 60 mL
 Dispositivo per frantumare le compresse
 Test per pH
 Acqua tiepida per sciogliere i farmaci frantumati
 Acqua di rubinetto
TECNICA
Controllare la scheda della terapia. Pos. Il pz a letto in una posizione di Fowler o seduto
su una sedia.
1. Lavare le mani e osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
2. Preparare i farmaci (es. liquido o frantumare e dissolvere in acqua tiepida)
3. Provvedere alla riservatezza del pz. Misurare i PV. Spiegare le indicazioni e benefici
del farmaco in linguaggio comprensibile.
4. Indossare i guanti monouso.
5. Se il pz è sottoposto a NE continua, premere “pausa” sulla pompa. Scollegare il
tubicino usato per la nutrizione dal SNG e mettere il tappo.
6. Verificare la collazione del sondino.
7. Aspirare delicatamente il contenuto dello stomaco e misurare il volume residuo.
8. Reinserire il residuo.
9. Somministrare il farmaco. Rimuovere lo stantuffo della siringa e collegarla al sondino
schiacciato o piegato. Inserire 30ML di acqua nel cilindro della siringa per lavare il
sondino prima di somministrare il farmaco. Versare il farmaco disciolto. Ed eseguire un
lavaggio tra una somministrazione e l’altra. Dopo l’ultimo farmaco fare un ultimo
lavaggio. Tenere schiacciato il sondino e ricollegarlo alla nutrizione. Se era collegato ad
un sistema di aspirazione, tenerlo chiuso per 20-30 minuiti. Documentare i farmaci
somministrati sulla cartella clinico-infermieristica. Valutare gli effetti del farmaco.

31. Il candidato illustri come terrebbe una lezione informativa a dei caregiver
sull’individuazione, utilizzo e smaltimento dei dispositivi di protezione
individuale.

I dispositivi di protezione individuale (DPI) comprendono qualsiasi attrezzatura destina


ad essere indossata dalla persona allo scopo di proteggerlo contro rischi che possono
minacciare la sua sicurezza e quella del pz. Sono rappresentati da guanti, camice,
mascherine, visiere e occhiali speciali.

Guanti. I guanti monouso non sterili sono usati per proteggere le mani quando c’è o ci
può essere contatto con sangue e/o altri liquidi biologici e quando la cute delle mani
degli operatori presenta delle lesioni. L’uso dei guanti riduce anche la possibilità di
trasmissione di microrganismi potenzialmente infetti da chi assiste a chi è assistito. I
guanti vanno cambiati tra un contatto e l’altro con i pazienti. Il lavaggio delle mani deve
essere comunque effettuato dopo la rimozione dei guanti. Molti guanti contengono il
lattice che, contiene proteine che possono causare fenomeni di ipersensibilizzazione
(inoltre sono lubrificati con amido di mais in polvere impalpabile). Esistono guanti in
vinile ma presentano un elevato tasso di cedimento.
Camici. Possono essere impermeabili o grembiuli di plastica devono essere utilizzati
durante le procedure assistenziali che possono sporcare l’indumenti con materiale
organico.
Mascherine, visiere e occhiali. Mascherine, visiere e occhiali protettivi devono essere
indossati durante le procedure assistenziali che possono provocare l’esposizione delle
mucose orale, nasale e congiuntivale a materiale potenzialmente infetto. Si usa una
mascherina di carta a cui viene applicato un scudo di plastica che protegge gli occhi. Chi
porta gli occhiali deve indossare dei sopraocchiali protettivi.
TECNICA
3. indossare un camice pulito. (allacciare chiusura del collo e vita)
4. indossare la mascherina.
5. indossare gli occhiali protettivi se non combinati alla maschera.
6. indossare i guanti.
RIMOZIONE
7. Se DPI sono sporchi, sfilare prima i guanti (più contaminati). Se il camice e chiuso
sciogliere i lacci. Rimuovere il primo guanto afferrando la superfice palmare sotto il
polsino. Toccare solo il guanto. Mettere le prime due dita e dentro il secondo guanto
senza toccare l’esterno e rovesciarlo. Lavare le mani. Rimuovere gli occhiali. Togliere il
camice quando si prepara ad uscire dalla stanza. Evitare di toccare il camice dall’esterno.
Rimuovere la mascherina.
Gli articoli contaminati, o presunti tali, da materiale infettivo, come pus, sangue, fluidi
corporei, feci o secrezioni respiratorie, devono essere chiusi in un sacchetto resistente ai
microrganismi prima di essere portati via dalla camera del paziente.

32. Il candidato deve preparare un campo sterile per effettuare una manovra
invasiva. Descriva preparazione, gestione e mantenimento di un campo sterile,
compresa la vestizione e l’utilizzo dei DPI (guanti chirurgici, etc)

Un campo sterile è un’area libera da microrganismi. L’infermiere prepara spesso un


campo sterile usando il lato interno di un involucro sterile o un telo sterile. Quando il
campo è preparato, su di esso possono essere posti gli strumenti e le soluzioni sterili.
MATERIALE
OCCORRENTE
 Pacco contenente un telo sterile
 Materiale sterile necessario (es. garze sterile, reniforme sterili, sol. Antisettica, pinze
sterili)
TECNICA
 Assicurarsi che il pacco sia pulito e asciutto (osservare umidità ). Controllare la data
di scadenza
2. Lavare le mani e osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
3. Aprire il pacco. Rimuovere l’involucro se il pacco è dentro un involucro di plastica.
 Mettere il pacco nell’area di lavoro con il capo superiore dell’involucro lontano da
noi. Afferrare la falda superiore all’esterno tra pollice e indice e aprirla posandola
sulla superficie più lontana. Aprire le falde laterali. Usare la mano DX per la falda DX
la mano SX per la falda SX. Tirare la quarta falda verso di sé.
4. Preparare un campo sterile usando un telo. Con una mano afferrare l’angolo superiore
del telo. Tirarlo fuori e farlo aprire liberamente senza che tocchi niente. Con l’altra mano,
afferrare un altro angolo dal lato che si è già toccato con l’altra mano. Posare il telo su
una superficie pulita e asciutta mettendo la parte non tocca il più lontano possibile.
5. Aggiungere i materiali sterili necessari senza toccarli con le mani.
 Se la confezione del pacco ha un angolo non incollato tenere il contenitore con una
mano e tirare l’angolo non incollato con l’altra. Se ha un bordo parzialmente sigillato
afferrare entrambi i lati del bordo e tirare delicatamente. Tenere il pacco 15cm sopra
il campo in modo che possa cade sul campo. Se si versano dei liquidi in contenitori
sterili sopra un campo sterile: prima di versare il liquido leggere l’etichetta per
accertarsi, mentre si versa l’etichetta in alto. Versare a lato del campo sterile ad
un’altezza di 10-15cm. Si possono inoltre utilizzare le pinze sterili per maneggiare
materiali sterili (emostatiche e per tessuti).
I guanti sterili si possono indossare con il metodo aperto (fuori sala operatoria) o
chiuso(richiede che l’infermiere indossi un camice).
TECNICA
APERTO
2. Lavare le mani e osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
3. Aprire la confezione di guanti sterili. Mettere la confezione su una superficie asciutta e
pulita. Alcune guanti sono contenute in una confezione interna. Aprire la confezione
senza contaminare i guanti.
4. Indossare prima il guanto della mano dominante. Se sono uno accanto all’altro,
afferrare il guanto della mano dominante all’orlo della piega del polso con il pollice e
l’indice della mano non dominante. Se sono uno sopra l’altro, afferrare il guanto
superiore con la mano opposta. Inserire il guanto e tirare su e lasciare il polsino girato
verso il basso.
5. Mettere il secondo guanto sulla mano non dominante. Inserendo le dite inguantate
sotto il polsino e tenendo il pollice inguantato controllo il palmo inguantato. Indossare il
secondo guanto.
6. Togliere e gettare i guanti usati. Se sono sporchi rimuoverli girandoli al rovescio.
CHIUSO CON CAMICE
1. Indossare il camice sterile. Afferrare il camice a livello della piega vicino al colletto,
tenerlo lontano a sé. Inserire le mani nelle spalle del camice senza toccare l’esterno.
Inserire le mani lungo le maniche. Chiedere a un collaboratore che indossa cuffia e
mascherina di prendere le cuciture interne e tirare il camice sulle spalle. Chiudendo i
lacci del colletto.
GUANTI
1. Aprire la custodia dei guanti sterili con le mani ancora coperte dalle maniche.
2. Mettere il guanto alla mano non dominante. Usando la mano dominante, prendere il
guanto con pollice e indice maneggiando attraverso la manica e adagiarlo sul polsino del
camici della mano non dominante. Utilizzare la mano non dominante per afferrare il
polsino del guanto mentre attraversa il polsino del camice. Lavorando con la mano
dominante afferrare il margine superiore e tirare il guanto.
3. Mettere il guanto alla mano dominante. Inserire le dita della mano con il guanto sotto
il polsino dell’altro guanto. Mettere il guanto sopra il polsino. Estendere le dia nel guanto
mentre si tira sopra il polsino.
33. Il candidato simuli un addestramento al personale di supporto sulle procedure
per la sanificazione e disinfezione dei presidi in uso presso il modulo di degenza.

I centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) hanno stabilito che uno dei
mezzi per il controllo delle infezioni è l’igiene ambientale. Nel mantenere livelli adeguati
di contaminanti batterici e livelli igienici di sicurezza gli infermieri sono coadiuvati dal
personale di supporto. È necessario istruire al meglio queste figure per raggiungere
questo obiettivo. In primo luogo viene chiarito il concetto di sanificazione, definito
come la rimozione dello sporco da oggetti e superfici per mantenere livelli igienici di
sicurezza. Questa procedura si avvale dell’utilizzo di detergenti e dell’azione meccanica
dello sfregamento. Se alla sanificazione fa seguito una disinfezione (utilizzo di sodio
ipoclorito DECS) si può parlare di sanitizzazione: la procedura con la quale si
garantiscono il minor livello di contaminanti batterici.
Per disinfezione si intende invece la procedura che mira all’eliminazione di tutta la
flora microbica patogena, ad eccezione delle spore. Il personale di supporto deve anche
essere istruito sul corretto utilizzo dei disinfettanti. È obbligatorio che i disinfettanti
siano sempre ben chiusi e riportino la data di apertura (conservazione 30 gg). I
disinfettanti non devono essere travasati e deve essere controllata la data di scadenza. I
presidi utilizzati in unità di degenza possono essere divisi in tre categorie in base al
rischio potenziale di infezione che deriva dal loro uso:
 Critici
 Semicritici
 Non critici
I presidi “critici” entrano a contatto con il torrente ematico o altre zone del corpo
normalmente sterili. Gli aghi, set per infusioni venose e cateteri urinari sono già
sterilizzati dal produttore. Gli strumenti riutilizzabili devono essere decontaminati e
quindi sterilizzati. In questa categoria rientrano:
 STRUMENTI CHIRURGICI, ELETTRODI AD AGHI, STRUMENTARIO PER BIOPSIE,
STRUMENTARIO PER LAPAROSCOPIA.
I presidi “semicritici” vengono a contatto con le mucose e richiedono la contaminazione
e disinfezione di livello intermedio o alto o la sterilizzazione. Rientrano:
 SPECULUM VAGINALI, ANALI, AURICOLARI, NASALI, ASPIRATORI, BRONCOSCOPI,
GASTROSCOPI, LARINGOSCOPI.
Gli articoli “non critici” vengono a contatto con la cute integra ma non con le mucose.
Questi presidi raramente trasmettono malattie e possono essere puliti con detergente e
una soluzione di disinfettante a basso livello. Rientrano:
 FONENDOSCOPI, SFIGMOMANOMETRI, TERMOMETRI CLINICI ASCELLARI, PRESIDI
PER IL MOVIMENTO E PER I DECUBITI, PADELLE;
È compito del personale di supporto la detersione dei disinfettanti non critici e la
detersione delle padelle nell’apposito macchinario.

34. Il candidato descriva le procedure riguardanti il paziente sottoposto a dialisi


(peritoneale, emodialisi, emofiltrazione, etc.)

La dialisi è un terapia che sostituisce parzialmente la funzionalità renale, si rende


necessaria eseguirla quando i reni non sono più in grado di lavorare autonomamente
(rimuove sostanze tossiche, liquido in eccesso, ect). Viene utilizzata principalmente nei
pazienti con insufficienza renale cronica, patologia che comporta la perdita progressiva
ed irreversibile della funzione renale. I due principali tipi di dialisi sono: l’emodialisi e
dialisi peritoneale.
Nell’emodialisi il sangue viene estratto dal corpo, fatto circolare nell’emodializzatore
che esegue la filtrazione e reimmesso nell’organismo. Il dispositivo per la dialisi contiene
una membrana semipermeabile, che suddivide lo spazio interno in più componenti: 1)
contiene il liquido per la dialisi; 2) sangue inviato alla macchina da un catetere arterioso.
Per questo tipo di dialisi, il pz deve avere una FAV (fistola artero venosa) che consiste
nella creazione chirurgica di un’anastomosi tra una arteria e una vena vicina di calibro
opportuno.
Ruolo dell’infermiere nell’ ED
1) Assicurare la scelta consapevole del trattamento dialitico;
2) Effettuare la metodica: preparazione e controllo apparecchiatura e materiale;
somministrazione dei farmaci; controllo e cura della FAV; monitoraggio P.V.; stato di
idratazione e alimentazione.
Dialisi peritoneale, sfrutta una membrana presente all’interno del corpo, il “peritoneo”,
allo stesso modo in cui viene usata la membrana semipermeabile nell’emodialisi. Il
peritoneo contiene migliaia di piccoli vasi sanguigni, caratteristica che lo rende utile
come dispositivo di filtraggio. Durante questo tipo di dialisi, il liquido dialitico viene
introdotto grazie ad un catetere all’interno della cavità peritoneale. Trascorso un
determinato periodo di tempo, il liquido dializzato viene rimosso dalla cavità
addominale.
Ruolo dell’infermiere nell’ DP
1) Assistere il pz nel posizionamento del catetere peritoneale, effettuato
chirurgicamente in sala operatoria;
2) Inizio educazione terapeutica, effettuare scambi CAPD, cambio set, assicurare
alimentazione e idratazione, un buon igiene e ambiente sicuro.
L’emofiltrazione, è quasi sempre utilizzata in ambienti critici di cura con insufficienza
renale. È molto simile all’emodialisi, differenzia principalmente nel processo di
filtrazione. Entrambe le procedure utilizzano una membrana semipermeabile per
filtrare il sangue, ma con diverse dinamiche. L’emofiltrazione utilizzata un moto di
convenzione-diffusione, mentre l’emodialisi solo la diffusione. La convenzione-
diffusione applica una pressione positiva per far passare acqua e soluti attraverso la
membrana filtrante. Invece nella diffusione, il moto è casuale per osmosi.
Complicanze dialisi: prurito, ipotensione, sovraccarico di liquidi, peritonite, aumento di
peso, indebolimento delle ossa.

35. Il candidato descriva le procedure e le competenze infermieristiche


riguardanti la presa in carico del paziente che deve essere sottoposto a nutrizione
parenterale totale.

La nutrizione parenterale può essere totale o periferica. La nutrizione parenterale


totale (NPT), è l’infusione endovenosa di acqua, proteine, carboidrati, elettroliti, minerali
e vitamine attraverso un catetere venoso centrale (CVC). Poiché le soluzioni per NPT
sono ipertoniche (altamente concentrate rispetto al sangue), sono somministrate
esclusivamente in vene centrali a flusso elevato. È considerata una procedura invasiva,
per cui viene utilizzata quando non è possibile l’accesso enterale o quando il paziente
non è in grado di tollerare l’alimentazione enterale. La NPT non è priva di rischi. Il
controllo delle infezioni è della massima importanza. L’infermiere deve sempre
osservare la tecnica asettica chirurgica quando cambia le soluzioni, i deflussori, le
medicazioni e i filtri. soluzioni per NPT sono ricche di glucosio, le infusioni vengono
avviate gradualmente per prevenire l’iperglicemia. I livelli di glucosio vengono
monitorati durante l’infusione. Quando la terapia NPT deve essere interrotta, la velocità
di infusione NPT viene abbassata lentamente. La nutrizione parenterale periferica
(NPP) si somministra attraverso le vene periferiche e per questo non può essere
costituita da preparati come quelli delle linee centrali(destrosio 10%-12% e lipidi), è
somministrata a pazienti che necessitano di nutrizione endovenosa per un breve
periodo o quando il posizionamento di un CVC è controindicato.
MATERIALE
OCCORRENTE
 Soluzione NPT
 Cerotto segnatempo
 Pompa di infusione
 Deflussore con filtro
PREPARAZIONE
 Ispezionare e preparare la soluzione. Ispezionare la soluzione per controllarne la
torbidità o la presenza di particelle in sospensione e verificare che sia integro.
 Prima di somministrazione qualsiasi soluzione NPT: controllare la data di scadenza.
Confrontare i nutrienti nella sacca prescrizione del medico. Applicare un cerotto
segnatempo sul contenitore della soluzione.
TECNICA
2. Far assumere al pz una posizione comoda, seduta o sdraiata.
3. Lavare le mani e osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
4. Sostituire la sol. In corso con sol. NPT prescritta. Verificare il corretto funzionamento
del CVC. Assicurarsi che il deflussore sia dotato di un filtro. Collegare il deflussore a una
pompa di infusione se disponibile. Collegare la NPT al CVC. Se presente un multilume,
collegare al lume appropriato (solo NPT).
5. Regolare e monitorare la velocità di flusso. Predisporre la velocità prescritta e
monitorare ogni 30minuti. Non sospendere bruscamente. Durante la fase iniziale di
infusione di lipidi monitorare i PV ed effetti collaterali.
6. Monitorare il pz per eventuali complicanze. Cambiare il set di somministrazione e il
filtro ogni 24 ore. Rilevare i PV ogni 4 ore. Informare il medico se si manifesta febbre o
PV irregolari. Verificare con gli stick il livello di glucosio nel sangue ogni 6ore.
7. Valutare il peso e le misure antropometriche. Pesare il pz ogni giorno. Un incremento
maggiore di 0,5 kg indica un’assunzione eccessiva.
8. Documentare tutte le informazioni utili sulla cartella clinico infermieristica del pz.
36. Il candidato è chiamato a casa di un paziente che non urina. Descriva come
effettua la valutazione per definire se è in stato di anuria o di ritenzione urinaria e
quale procedure mette in atto per la soluzione del problema assistenziale.

All’arrivo al domicilio, l’infermiere effettuerà subito un accurata raccolta dati


concentrando sul modello di eliminazione del pz. Per cui si cercheranno informazioni
utili sulla diuresi delle precedenti 24 ore. E’ bene comprendere subito qual è la natura
del problema, per cui partiamo con capire se è un problema di anuria o ritenzione
urinaria.
Con il termine “anuria” si intende la sospensione quasi totale della produzione di urina,
con diuresi inferiore a 100ml nelle 24 ore.
Con “ritenzione urinaria” si intende invece l’accumulo di urina nella vescia, come
conseguenza dell’incapacità – parziale o totale – della vescica di svuotarsi. Pur avendo
entrambe in comune il risultato della mancata emissione di urina del meato uretrale –
nella ritenzione urinaria l’urina viene prodotta dai reni ed inviata in vescia, dove l’urina
rimane bloccata, mentre invece nell’anuria l’urina non viene proprio prodotta o
comunque viene prodotta in quantità estremamente minime. Nella maggior parte dei
casi è abbasta facile capire se la mancata emissione di urina è legata ad anuria o a
ritenzione urinaria, specie nelle fasi tardive. L’accumulo di urina presente nella
ritenzione urinaria dà come segno il “globo vescicale” una condizione caratterizzata
dall’aumento di volume della vescica che può arrivar ea contenere fino a 3000/4000ML,
riconoscibile anche solo alla vista, nel basso addome. La soluzione che potrebbe essere
messa in atto è cateterizzare il pz, nel caso in cui si riscontrano stenosi non forzare
l’ingresso, e drenare l’urina in più tempi non tutta in una volta (rischio ipotensione).

37. Il candidato descriva la procedura e le competenze infermieristiche in regime


di ricovero e domiciliare per la presa in carico in un paziente con ileostomia a cui
deve essere sostituita la sacca e relativa placca.

La stomia è un abboccamento di un’ansa intestinale o di un uretere alla parete


addominale, praticata per permettere l’eliminazione di feci o urine con perdita della
continenza. La colostomia è un abboccamento del colon (intestino crasso). Le stomie
intestinali sono spesso classificate in base a (a) stato permanente o temporaneo, (b)
localizzazione anatomica e (c) costruzione dello stoma, l’apertura creata nella parete
addominale con la stomia. Un’ileostomia generalmente drena l’estremità distale
dell’intestino tenue, produce feci liquide. Il drenaggio è costante e non può essere
regolato, inoltre contiene alcuni enzimi digestivi che danneggiano la cute. Per questo
motivo, i pz con ileostomia devono indossare costantemente un presidio e assumere
particolari precauzioni per evitare danni alla cute. Rispetto alle colostomie, l’odore è
lieve, in quanto la presenza di batteri è minima. La cura dello stoma e della cute è
importante soprattutto in un’ileostomia,  È importante valutare la cute peristomale per
la presenza di irritazione ogni volta che si sostituisce il presidio. Qualsiasi irritazione o
lesione cutanea deve essere trattata immediatamente.
Un presidio per stomia dovrebbe proteggere la pelle, raccogliere le feci e controllare
l’odore. Il presidio è costituito da una placca protettiva e un sacchetto.  I presidi possono
essere costituiti da un unico elemento, quando la placca protettiva è già attaccata al
sacchetto, oppure da due elementi, un sacchetto con una flangia e una placca cutanea
separata con una flangia posta per fissare il sacchetto. I sacchetti possono essere chiusi o
drenabili. Solitamente, i sacchetti drenabili sono utilizzati dai soggetti che hanno bisogno
di svuotare il sacchetto più di due volte al giorno. I sacchetti chiusi sono spesso utilizzati
dai soggetti che hanno una scarica dello stoma regolare. I presidi per stomia possono
restare applicati fino a 7 giorni. Se la cute appare eritematosa, erosa o ulcerata, il
sacchetto dovrebbe essere cambiato ogni 24-48 ore per consentire il trattamento
appropriato della cute. Il sacchetto va svuotato quando è pieno per un terzo o per metà
poiché può causare il distacco.
VALUTARE
 Colore dello stoma: dovrebbe apparire rosso e leggermente umido. Stomi pallidi o
scuri, bluastro indicano un’insufficiente circolazione sanguigna nell’area.
 Misura e forma dello stoma: inizialmente possono apparire edematosi ma il gonfiore
diminuisce dopo 2 o 3 settimane fino a un massimo di 6. In caso contrario può essere
espressione di complicanze (occlusione).
 Sanguinamento dello stoma: inizialmente una leggera emorragia quando viene
sollecitato è normale.
 Stato della cute peristomale: rossore e irritazione da 5 a 13 cm deve essere
segnalato.
 Quantità e qualità feci: valutare quantità , odore e consistenza feci.
 Disturbi: sensazione di bruciore sotto la placca.
MATERIALE
OCCORRENTE
 Guanti monouso
 Padella
 Sacca antitraspirante (per sacchetti monouso)
 Fazzoletto o tampone di garza
 Guida di misurazione per lo stoma
 Penna o matita e forbici
 Sacchetto per stomia nuovo
 Morsetto di chiusura terminale
TECNICA
1. Prima di effettuare la procedura, presentarsi e verificare l’identità del paziente
secondo il protocollo della struttura.
2. Lavare le mani e osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
3. Indossare i guanti monouso.
4. Provvedere alla riservatezza del pz. La procedura può essere eseguita in bagno.
5. Aiutare il pz a mettersi in posizione seduta o distesa a letto.
6. Slacciare la cintura se indossata.
7. Svuotare il sacchetto e rimuovere la placca protettiva della stomia. Svuotare il
contenuto drenabile nella padella o nel water attraverso l’apertura sul fondo.
Controllare consistenza, colore e quantità . Tirare la placca protettiva lentamente, dalla
parte superiore verso il bagno tenendo la cute tesa. Gettare il sacchetto monouso in una
busta antitraspirante.
8. Pulire e asciugare la cute peristomale e lo stoma. Usare della carta igienica per
rimuovere le feci. Usare acqua calda sapone neutro e telo da bagno per pulire cute e
stoma. Asciugare tamponando.
9. Controllare lo stoma e la cute peristomale. Ispezione lo stoma per colore misura.
10. Preparare e applicare la placca protettiva. Usare il misuratore per determinare la
dimensione dello stoma. Sul retro della placca segnare un cerchio della stessa
dimensione presa. Tagliere seguendo il segno tracciato. Non creare un’apertura più
grane di 0,30,6 cm rispetto allo stoma. Rimuovere lo strato posteriore in modo da
esporre il lato adesivo. Centrare il singolo elemento costituito da placca protettiva e dal
sacchetto sopra lo stoma e premere sulla cute per 30 secondi. Se invece è il sistema a
due elementi, centrare la placca protettiva per 30 secondi poi incastrare il sacchetto
sulla flangia. Togliere e gettare i guanti. Lavare le mani.
11. Documentare tutte le informazioni sulla cartella clinico infermieristica.

38. Il candidato deve effettuare un’iniezione parenterale intramuscolare. Descriva


procedure e competenze.

I farmaci iniettati nel tessuto muscolare tramite iniezione intramuscolare (IM) vengono
assorbiti più velocemente rispetto a quelli somministrati per via sottocutanea, per la
maggiore vascolarizzazione dei muscoli. Le iniezioni in un grande gruppo muscolare non
dovrebbero eccedere i 5ml negli adulti. La lunghezza dell’ago deve essere sufficiente per
raggiungere il muscolo e può variare da persona a persona. Per i pz esile è sufficiente un
ago lungo 2,5mm mentre per quelli obesi può essere necessario aghi fino a 10-15mm. In
genere si utilizzano aghi da 3,8mm e 2,5mm nei bambini.

SEDI
Ventrogluteale, collocata nel muscolo medio gluteo. È preferita per le IM in quanto: non
contiene grandi nervi o vasi; è lontana dalle ossa; Può essere utilizzata nei bambini di età
superiore a 1anno e adulti. Il pz assume decubito laterale con le ginocchia piegate e
sollevate leggermente il torace. Per stabilire la posizione esatta, si pone il palmo della
mano sul grande trocantere, con l’indice sulla spina iliaca superiore anteriore e il medio
verso i glutei, formando un triangolo lì rappresenta la zona di iniezione.
Vasto laterale: è raccomandata come sito di elezione per le iniezioni intramuscolare nei
bambini al di sotto di 1 anno di età .
Dorsogluteale, è quella più utilizzata per le iniezioni IM, tuttavia si tratta di un sito
prossimo al nervo sciatico e arteria glutei superiori. Iniettando quindi il farmaco vicino o
all’interno possono comparire delle complicanze (intorpidimento, dolore, paralisi).
Retto femorale, situata sulla parte anteriore della coscia, il principale vantaggio è
l’auto-somministrazione però è dolorosa.
Deltoidea, non è spesso utilizzata, in quanto la massa muscolare risulta ridotta, viene
scelta per la rapidità di assorbimento.
TECNICA Z, viene consigliata per tutte le IM in quanto si è dimostrata meno doloroso
rispetto la tecnica tradizionale e riduce la diffusione di farmaci irritanti e scoloranti. Le
evidenze ne supportano l’efficacia e la raccomandano.
MANOVRA LESSER: aspirazione per verificare che l’ago non sia entrato in un vaso.
PREPARAZIONE
 Controllare la scheda della terapia. Confrontare l’etichetta con la scheda della
terapia. Effettuare i tre controlli. Leggere etichetta: quando viene preso dal carrello,
prima di aspirare il farmaco, dopo averlo aspirato.
TECNICA
1. lavare le mani
2. Preparare il flacone o fiala con il farmaco da aspirare.
3. Provvedere alla riservatezza del pz.
4. Preparare il pz. Verificare l’identità . Per cui decubito supino, laterale, prono o
ortopnoico.
5. Spiegare l’effetto del farmaco e i suoi benefici.
6. Scegliere e disinfettare la sede. Indossare i guanti monouso. Detergere la sede con un
tampone imbevuto con movimenti circolari. Lasciare asciugare.
7. Preparare la siringa. Togliere il cappuccio
8. iniettare il farmaco utilizzando la tecnica Z. con la mano non dominante tendere la
cute 2,5cm di lato. Pungere con angolo a 90°. Tenere il cilindro con ma mano non
dominante. Aspirare 5-10 secondi. Se compare sangue estrarre l’ago eliminare tutto e
preparare una nuova iniezione. Se non c’è traccia di sangue iniettare lentamente il
farmaco.
9. Dopo l’iniezione attenere 10 secondi ed estrarre l’ago. Applicare una pressione sulla
zona e asciugare.
10. Eliminare l’ago nell’apposito dispositivo di sicurezza. Togliere e gettare i guanti.
Documentare tutte le informazioni utili nella cartella clinico infermieristica. Verificare
l’effetto del farmaco.

39. Il candidato deve effettuare un’iniezione parenterale sottocutanea. Descriva


procedura e competenze.

La via sottocutanea prevede che il farmaco venga somministrato, attraverso una


siringa, nel tessuto sottocutaneo. È comunemente utilizzata per farmaci non assorbibili a
livello gastrointestinale (quali l’eparina, l’insulina, l’eritropoietina), che richiedono
somministrazioni in piccole quantità , con una diffusione lenta, ma costante nel tempo.
SEDI: la parte superiore esterna del braccio; la superiore anteriore della coscia; area
periombelicale; l’area scapolare; le aree superiori ventrogluteale e dorsogluteale.
Il tipo di siringa da utilizzare per le iniezioni sottocutanee varia in base al farmaco da
somministrare, generalmente 1 o 2 ML. La misura e la lunghezza degli aghi vengono
scelte in funzione della massa corporea del pz e dell’area prescelta (adulto normale: 25g
16mm 45°; 9,6mm 90°). L’insulina ha un siringa standard, composta da UI con scala 1 a
100(1ML). La somministrazione sottocutanea deve ruotare in modo ordinato per
ridurre i danni al tessuto sottocutaneo. Inoltre bisogna sapere che l’insulina viene
assorbita in modo diverso nelle differenti parti del corpo, più veloce nell’addome, meno
nelle braccia e ancora meno coscia e gluteo.
VALUTAZIONE
 Eventuali allergie del pz al farmaco. Controllare lo stato e l’aspetto della zona scelta
per l’iniezione (rilevare lesioni, eritema, gonfiore, ecchimosi, infiammazione, danni
tessutali).
PREPARAZIONE
 Controllare la scheda della terapia. Confrontare l’etichetta con la scheda della
terapia. Effettuare i tre controlli. Leggere etichetta: quando viene preso dal carrello,
prima di aspirare il farmaco, dopo averlo aspirato.
TECNICA
1. lavare le mani
2. Preparare il flacone o fiala con il farmaco da aspirare.
3. Provvedere alla riservatezza del pz.
4. Preparare il pz. Verificare l’identità . Far assume una posizione che permetta il
rilassamento del braccio, addome o gamba.
5. Spiegare l’effetto del farmaco e i suoi benefici.
6. Scegliere e disinfettare la sede d’iniezione. Non deve essere dura, gonfia, presentare
cicatrici. Indossare i guanti monouso. Detergere la sede con il tampone antisettico con
movimenti circolari. Far asciugare la zona.
7. Preparare la siringa per l’iniezione. Rimuovere il cappuccio.
8. Iniettare il farmaco. Se il pz presenta una bassa densità di tessuto adiposo si effettuerà
un plica cutanea. Se invece il pz presenta >12mm di tessuto adiposo sarà necessario
praticare l’iniezione a 90° con cute distesa.
9. Rimuovere l’ago. Mentre si preme la cute con la mano non dominante. Se presenta
sanguinamento esercitare una pressione sul sito con una garza.
10. Eliminare il materiale. La siringa va nel apposito dispositivo per taglienti.
Documentare tutte le informazioni utili sulla cartella clinico infermieristica.
CONSIDERAZIONI: L’eparina non si aspira mai, non massaggiare la sede dopo l’iniezione.
Secondo l’ADA (2004) l’aspirazione di routine non è più raccomandata nell’insulina. Nel
eparina potrebbe danneggiare il tessuto circostante e provocare ecchimosi.

40. Il candidato viene chiamato a casa di un paziente non autosufficiente per


effettuare l’insulinoterapia. Descriva la procedura di preparazione e
somministrazione dell’insulina.

L’insulinoterapia si rende necessaria quando una persona soffre di diabete mellito, una
malattia cronica caratterizzata dall’aumento della concentrazione di glucosio nel sangue.
Viene iniettata per via sottocutanea nelle sedi: parte superiore esterna del braccio, parte
superiore anteriore della coscia, area peri-ombelicale, area scapolare, area superiore
dorsogluteale. Si somministra con apposite siringhe graduate in UI con scala 1 a
100(1ML). È importante prima della somministrazione di insulina, valutare i livelli di
glicemia attraverso la misurazione del glucosio nel sangue capillare.
MATERIALE
OCCORRENTE
 Siringa da insulina;
 Insulina (conservata al fresco se non usata 2°-8°, se usata temperatura ambiente)
 Antisettico.
 Garza
 Contenitore per taglienti.
TECNICA
ASPIRAZIONE FARMACO
 Controllare la limpidezza del farmaco. Prendere la siringa da insulina e aspirare un
volume d’aria pari al volume del farmaco da aspirare. Aspirare il farmaco.
MESCOLARE DUE TIPI DI INSULINA
Alcune prescrizioni possono indicare di miscelare l’insulina rapida e l’insulina
lenta(NPH).
 Una volta aspirata un volume d’aria pari al volume totale dei farmaci da aspirare.
Iniettare una quantità d’aria nel flacone di insulina lenta pari alla quantità da
aspirare ed estrarre l’ago. Iniettare aria nel flacone dell’insulina rapida e aspirare la
quantità necessaria. Inserire nuovamente l’ago nel flacone di insulina lenta e aspirare
solo la quantità necessaria.
INIEZIONE
4. Preparare il pz. Verificare l’identità . Far assume una posizione che permetta il
rilassamento del braccio, addome o gamba.
5. Spiegare l’effetto del farmaco e i suoi benefici.
6. Scegliere e disinfettare la sede d’iniezione. Non deve essere dura, gonfia, presentare
cicatrici. Indossare i guanti monouso. Detergere la sede con il tampone antisettico con
movimenti circolari. Far asciugare la zona.
7. Preparare la siringa per l’iniezione. Rimuovere il cappuccio.
8. Iniettare il farmaco. Se il pz presenta una bassa densità di tessuto adiposo si effettuerà
un plica cutanea. Se invece il pz presenta >12mm di tessuto adiposo sarà necessario
praticare l’iniezione a 90° con cute distesa.
9. Rimuovere l’ago. Mentre si preme la cute con la mano non dominante. Se presenta
sanguinamento esercitare una pressione sul sito con una garza.
10. Eliminare il materiale. La siringa va nel apposito dispositivo per taglienti.
Documentare tutte le informazioni utili sulla cartella clinico infermieristica.

41. Il candidato illustri in quale caso viene utilizzato il catetere vescicale a tre vie
e quali sono le procedure da attuare per la sua gestione.

Il caso in cui viene utilizzato il catetere vescicale a tre vie è per i pz che necessitano di
un’irrigazione vescicale. L’irrigazione rappresenta un lavaggio con una soluzione
specifica. L’irrigazione vescicale è praticata su prescrizione medica per pulire la vescica
e/o per trattare un’infezione vescicale tramite l’instillazione di una soluzione antisettica.
Viene utilizzata una tecnica sterile. Le irrigazioni dei cateteri sono praticate di solito per
mantenerne o ripristinarne la pervietà , per esempio per rimuovere i coaguli di sangue
che si sono formati in vescica e che li ostruiscono. Esistono tre modalità per irrigare: (1)
irrigazione intermittente che mantiene il circuito chiuso tramite l’introduzione della
soluzione attraverso il canale di aspirazione. (2) irrigazione chiusa, continua o
intermittente, tramite un catetere a tre vie e (3) un sistema aperto a intermittenza.
MATERIALE
OCCORRENTE
 Guanti monouso (2 paia)
 Catetere a permanenza in posizione
 Tubo e busta di drenaggio (se non in posizione)
 Morsetto del tubo di drenaggio
 Tamponi antisettici
 Contenitore sterile
 Soluzione sterile per irrigazione, riscaldata o a temperatura ambiente
(etichettare l’irrigazione, scrivendo tutte le informazioni sui farmaci che sono
stati aggiunti alla soluzione originale nonché la data, l’ora e le iniziali
dell’infermiere)
 Deflussore da infusione
 Asta per fleboclisi
TECNICA
1. Spiegare al pz che l’irrigazione non è dolorosa e non provoca disagio.
2. Lavare le mani e osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
3. Provvedere alla riservatezza del pz.
4. Indossare i guanti monouso.
5. Svuotare la busta di drenaggio e misurare-registrare la quantità e caratteristiche
dell’urina. Eliminare guanti e urina.
6. Preparare il materiale. Lavare le mani. Collegare il tubo di irrigazione alla soluzione e
farla defluire mantenendo la punta sterile. Indossare i guanti mono e detergere
l’ingresso del deflussore con tamponi antisettici. Collegare il tubo di irrigazione al
catetere a tre vie. Togliere e gettare i guanti. Lavare le mani.
7. Irrigare la vescica. Indossare i guanti monouso. Aprire il morsetto di regolazione sul
tubo di infusione del liquido di irrigazione e regolare il flusso come prescritto (40-60
gocce/minuto). Verificare quantità , colore e trasparenza del liquido drenato. Se a
intermittenza determinare se deve rimane nella vescica. Chiudere il morsetto sul tubo di
drenaggio vescicale.
8. Controllare il pz e l’eliminazione urinaria. Valutare il benessere del pz. Svuotare la
busta di drenaggio e misurarne il contenuto. Togliere e gettare i guanti. Lavare le mani.
9. documentare tutto le informazioni sulla cartella clinico infermieristica.
42. Il candidato simuli un addestramento ad uno studente infermiere sui sistemi
di raccolta urine a circuito aperto e di un sistema a circuito chiuso (differenze,
utilizzo e gestione).

I cateteri a permanenza sono solitamente collegati a un sistema di drenaggio di raccolta


urine che può essere a circuito aperto o chiuso. l sistema di drenaggio delle urine a
circuito chiuso non dovrebbe essere mai staccato dal catetere. Bisognerebbe effettuare
l’igiene del meato urinario con acqua e sapone quotidianamente, lavando anche la parte
del catetere in direzione dal meato verso l'esterno. Il sistema di raccolta urine a circuito
chiuso, consente di svuotare la sacca, senza interrompere la continuità del sistema di
deflusso delle urine, tramite un rubinetto, normalmente situato in fondo della sacca
stessa. Evitare quindi, in ogni azione della procedura, che il rubinetto entri in contatto
con il contenitore delle urine.
Lo svuotamento della sacca del catetere vescicale a circuito chiuso:
 Lavare le mani. Indossare i guanti.
 Controllare: quantità , caratteristiche(colore, odore) delle urine nel sacchetto.
 Posizionare una padella o contenitore delle urine sotto la sacca e aprire il rubinetto
di deflusso. Svuotare la sacca.
 Non mettere la sacca sopra il livello della vescica, non lasciare la sacca sul pavimento.
Il sistema a circuito aperto invece, si ha la possibilità di scollegare il catetere dalla sacca
della raccolta delle urine. È privo di rubinetto di scarico per cui bisogna fare attenzione
perché vi è maggior rischio di contatto con liquido biologico.
 Procurarsi una nuova sacca di raccolta urine.
 Lavarsi le mani. Indossare i guanti.
 Informare il pz sulla procedura. Controllare: quantità , caratteristiche (colore, odore)
delle urine nel sacchetto.
 Clampare il catetere per fermare il deflusso di urina lungo il tubo di drenaggio.
Rimuovere il vecchio sistema di drenaggio e sostituirlo con il nuovo. Declampare il
catetere. Svuotare la sacca piena nel WC. Togliere i guanti lavare le mani. Registrare i
dati utili nella cartella clinico infermieristica.
43. Il candidato illustri come attua la procedura per il calcolo del bilancio idrico in
unità di degenza e in unità intensiva.

L'esame per la valutazione del bilancio idrico di un paziente comprende aspetti relativi
all'esame di molti degli apparati corporei, tra cui la cute, la cavità orale e le membrane
mucose, gli occhi, i sistemi cardiovascolare e respiratorio, lo stato neurologico e
muscolare. Tre misurazioni cliniche del bilancio idrico che l'infermiere può iniziare in
maniera indipendente sono le pesate giornaliere, i parametri vitali e le entrate e le
uscite di liquidi.
Pesate giornaliere. Le misurazioni giornaliere del peso corporeo forniscono una
valutazione dello stato di idratazione di un paziente. Variazioni significative del peso in
un breve lasso di tempo sono indicative di cambiamenti idrici acuti. Ogni chilogrammo
di peso equivale a 1L. La perdita o l’aumento rapido del 5-8% del peso corporeo indica
un deficit o eccesso di liquidi severo.
Parametri vitali. Variazioni nei PV potrebbero essere indicative di uno squilibrio idrico
in atto o imminente. Ad esempio, un aumento della temperatura corporea potrebbe
essere una conseguenza della disidratazione o una causa di maggiori perdite di liquidi.
Entrate e uscite di liquidi. La misurazione e la registrazione di tutte le entrate e le
uscite di liquidi (E/U) in un periodo di 24 ore fornisce dati importanti sul bilancio idrico
ed elettrolitico del paziente. Per entrate si intendono i liquidi introdotti nell’organismo
attraverso l’alimentazione, la terapia infusionale, nutrizione enterale/parenterale,
trasfusioni. Per uscite si intendono tutti i liquidi persi dal pz attraverso la diuresi, feci,
vomito/ristagno SNG, drenaggi, sudorazione (che si calcola sapendo che a 36°C si perde
0,5 ml/kg/h all’aumentare della TC di 1°C la perdita aumenta di 0,1 ml/kg/h). Si può
distinguere in:
 Bilancio positivo: quantità entrata è maggiore di quella in uscita.
 Bilancio negativo: quantità in entrata minore a quella in uscita (pz disidratato)
 Bilancio equilibrato.
44. Il candidato è chiamato ad assistere un paziente che emette grosse quantità di
liquido dalla bocca. Descriva come procede per effettuare una valutazione tra
vomica ed ematemesi e le priorità assistenziali che mette in atto.

Per vomica si intende l’ emissione dalla bocca di materiale semiliquido o solido più o
meno abbondante in genere purulento contenuto o penetrato nell’albero respiratorio. Il
paziente, durante un accesso di tosse con dispnea, all’improvviso emette dalla bocca e
dalle narici una notevole quantità di liquido purulento, ciò può comportare a volte
addirittura il pericolo di asfissia. Dopo l’episodio acuto, il paziente ha l’impressione di
stare bene, ma la vomica ha la tendenza a ripetersi. Le cause principali sono ascessi
polmonari e cisti. Gli interventi assistenziali sono mirati a l’effettuazione di esami:
macroscopici delle secrezioni osservando consistenza, odore, colore e quantità . L’esame
microscopico viene effettuato invece raccogliendo un campione di espettorato per
l’esame biochimico, batteriologico e citologico. La valutazione comprende la rilevazione
dei PV in particolare la saturazione.
L’ematemesi consiste nella perdita di sangue dallo stomaco, dall’ esofago o dal duodeno
attraverso il vomito. Le cause possono essere varici esofagee, ulcera gastroduodenale,
traumi, neoplasie esofagee. L’ infermiere deve valutare che tipo di liquido viene emesso
e la quantità . Nel caso di ematemesi il colore del sangue ci può far capire la derivazione
del sangue:
 Rosso vivo: si può pensare a sanguinamento esofageo;
 Scuro (vomito caffeano): si può pensare a un sanguinamento gastrico o duodenale.
La conseguenza più temuta dell’ematemesi è lo shock ipovolemico, una sindrome
caratterizzata da una ridotta perfusione a livello sistemo con ipossia cellulare diffusa e
disfunzione degli organi vitali. È necessario riconoscere segni e sintomi dello shock
ipovolemico: cute pallida fredda e sudata, ipotensione, tachicardia, dispnea. La priorità
assistenziale mira a prevenire il peggioramento delle condizioni cliniche del pz, per cui
si attua un monitoraggio costante dei PV, calcolo del bilancio idrico, ripristinare la
volemia con infusione di liquidi (su prescrizione del medico). Se c’è il sospetto di rottura
di varici esofagee è necessario introdurre una sonda di Sengstaken-Blakemore per
controllare il sanguinamento. Viene esercitata una pressione sul cardias e contro le
varici esofagee mediante tamponamento con il doppio palloncino. Il sondino ha 4
aperture: Aspirazione gastrica, aspirazione esofagea, insufflazione del palloncino
gastrico, insufflazione del palloncino esofageo. Il palloncino viene gonfiato con 100-
200ml di aria, il corretto posizionamento verificato mediante radiografia.

45. Il candidato deve posizionare un catetere a permanenza in un paziente a


domicilio. Descriva le procedure assistenziali.

Il cateterismo urinario rappresenta l’introduzione di un tubo flessibile cavo, o catetere,


nella vescica attraverso l’uretra. Tale tecnica deve essere eseguita solo quando è
assolutamente necessaria, in quanto possono essere introdotti microrganismi nella
vescica. Possiamo classificare il in base a:
Calibro: si misura in CH o FR= 1/3 di mm. (M= 18-22 Ch; D= 12-16 Ch).
Materiale: sono comunemente di gomma, lattice(10g), silicone o polivinilcloruro (PVC).
Numero vie: 1 via per il cateterismo intermittente; a 2 vie permette l’ancoraggio in
vescica con un palloncino all’estremità ; a 3 vie, una permette il drenaggio delle urine,
una per il gonfiaggio del palloncino, e la terza per l’irrigazione.
Possono essere usati cateteri temporanei, inseriti per drenare la vescica e poi
immediatamente rimossi, o cateteri a permanenza, che vengono lasciati in vescica per
drenare l’urina. I cateteri in PVC sono considerati a breve termine e possono restare in
sede fino a 7 giorni.
Il catetere temporaneo, o catetere di Nelaton, è costituito da un tubo a singolo lume con
un piccolo occhiello o apertura a circa 1,25 cm dalla punta di inserzione.
In questo caso si parla di catetere a permanenza, o catetere di Foley, contiene un
secondo piccolo canale all’interno per tutta la sua lunghezza. Questo canale è collegato a
un palloncino vicino alla punta di inserzione. Dopo l’inserimento del catetere, il
palloncino viene gonfiato per mantenerlo ancorato all’interno della vescica. I palloncini
di ancoraggio dei cateteri a permanenza sono misurati in base al volume di liquido o aria
con il quale possono essere gonfiati.
MATERIALE
OCCORRENTE
 Catetere sterile di calibro idoneo.
 Kit cateterismo o strumenti singoli sterili:
o Guanti sterili
o Traverse impermeabili
o Soluzione antisettica
o Garze
o Pinze anatomiche
o Lubrificante idrosolubile
o Busta di raccolta per l’urina
o Contenitore per campione di urina
o Siringa preriempita con acqua sterile.
o Guanti monouso
 Materiale per praticare la pulizia perineale
 Telo da bagno
PREPARAZIONE
 Indossare i guanti monouso e praticare le cure perineale localizzando bene il meato
urinario. Togliere e gettare i guanti. Lavare le mani.
TECNICA
4. Mettere il pz in posizione adeguata. Donna: supino ginocchia flesse, piedi distanziati
anche ruotate verso l’esterno. Uomo: supino con cosce distanziate.
5. Se è previsto dal protocollo della struttura indossare i guanti e iniettare gel o
anestetico.
6. Aprire il kit o predisporre i presidi. Posizionare un telo impermeabile sotto il bacino
senza contaminarlo.
7. Indossare i guanti sterili.
8. Organizzare il materiale rimanente. Bagnare garze con soluzione antisettica. Aprire il
lubrificante.
9. collegare la siringa preriempita nella via dedicata al palloncino e verificarne il corretto
funzionamento.
10. Lubrificare il catetere (2,5-5 cm DONNE; 15-17,5cm UOMINI) e collegare la busta di
raccolta.
11. Detergere il meato. La mano non dominante si considererà contamina dal momento
in cui si tocca il pz. DONNA: con la mano non dominante si divaricano le grandi labbra in
modo da rendere visibile il meato. Prendere le pinze anatomiche, afferrare una garza
imbevuta detergere le grandi labbra dall’alto verso il basso. Usare una nuova per il lato
opposto. Ripetere la procedura con le piccole labbra. L’ultima per il meato.
UOMO: mano non dominante afferrare il pene. Se necessario ritirare il prepuzio. Con le
pinze anatomiche afferrare una garza imbevuta e detergere il meato con movimenti
circolari fino alla base.
12. Introdurre il catetere. Si afferra il catetere a 5-7,5cm dalla punta. Si inserisce, un
leggera resistenza è normale se necessario ruotare il catetere. Far avanzare il catetere
altri 5 cm quando l’urina inizia a defluire.
13. Tenere il catetere con la mano non dominante. Gonfiare il palloncino del volume
contrassegnato. Se il pz lamenta fastidio aspirare e far avanzare il catetere e gonfiare
nuovamente. Tirare delicatamente il palloncino per assicurarsi che sia ancorato. Fissare
il catetere con un cerotto o un dispositivo di fissaggio del catetere.
14. detergere l’area perineale da qualsiasi residuo antisettico o lubrificante. Eliminare
tutto il materiale. Togliere i guanti. Lavare le mani. Documentare tutte le info nella
cartella clinico infermieristica.

46. Il candidato deve effettuare un’istillazione vescicale in paziente a cui è stato


prescritto un farmaco chemioterapico. Descriva la procedura e le competenze
infermieristiche.

L’instillazione vescicale è una procedura attraverso la quale dei farmaci (antitumorali)


vengono introdotti lentamente nella vescica e lasciati permanere per un periodo di
tempo indicato, prima di essere drenati, espulsi o prelevati. Viene effettuata per esporre
i tessuti di una particolare area alla soluzione. I rischi sono correlati:
 alla fuoriuscita del farmaco durante la preparazione, per ridurre i rischi sono
disponibili sistemi chiusi di trasferimento dei farmaci che aiutano a prevenire
l’esposizione.
 Fuoriuscita durante l’instillazione che può verificarsi in seguito alla rimozione del
catetere, poiché il farmaco potrebbe essere all’interno del catetere. È preferibile
anche qui un sistema chiuso, per collegare le siringhe ai cateteri si utilizza l’attacco
Luer lock, può essere utilizzato anche un adattatore.
Si utilizzano sia i cateteri intermittenti che i catetere Foley, di piccolo calibro.
Avvolgendo una traversina assorbente all’attacco Luer lock per la somministrazione e
prima della rimozione del catetere, cosi si riduce di esposizione cutanea e
contaminazione di ambiente. Inoltre bisogna ricordare che tutto il materiale utilizzato
per l’instillazione vescicale ha subito un’esposizione al farmaco quindi va smaltito in un
contenitore utilizzato per i rifiuti chemioterapici.
In alcune strutture, dopo che i farmaci sono stati instillati, il pz viene fatto ruotare sul
fianco destro e sinistro ogni 15 minuti per facilitare il contatto del farmaco con l’intera
mucosa della vescica.
1. Spiegare al pz la procedura.
2. Lavare mani
3. Provvedere alla riservatezza.
4. Posizionare il pz in una posizione comoda. Introdurre il catetere. Praticare un
lavaggio vescicale.
5. Preparare il farmaco con un sistema chiuso per evitare l’esposizione.
6. Instillare il farmaco. Tenendo il catetere verso l’alto. Rimuovere il catetere. Aspettare
un’ora o il tempo previsto. Chiedere al pz di ruotare sul letto ogni 15 min.
7. Dopo 1 ora, far urinare il pz. Togliere e gettare i guanti. Lavare le mani e registrare
tutto sulla cartella clinica infermieristica del pz.
Un altro aspetto fondamentale dell’assistenza infermieristica è l’educazione terapeutica
del pz. Prima di dare inizio ad una terapia intravescicale, è necessario informare il pz
riguardo al meccanismo d’azione della terapia alla quale saranno sottoposti e degli
eventuali effetti collaterali che potrebbero verificarsi. In questo tipo di educazione sono
compresi gli schemi terapeutici e i controlli post-procedura. Le abilità comunicative e le
attitudini degli infermieri sono fondamentali per stimolare fiducia e determinazione a
completare la procedura e possono promuovere una compliance di lungo termine.

47. Il candidato illustri la procedura assistenziali e la gestione infermieristica


dall’inserimento alla rimozione di un C.V.P.

I cateteri venosi periferici sono i dispositivi che consentono un accesso vascolare.


Permette il collegamento tra superficie cutanea e una vena del circolo periferico al fine
di garantire un accesso venoso per infusione di liquidi, farmaci. I siti di elezioni sono le
vene del braccia (basilica, cefalica) o le vene metacarpali dorsali delle mani, bisogna
scegliere il braccio non dominante per evitare di ostacolare i movimenti del pz. I
dispositivi endovenosi che si possono utilizzare sono:
 L’agocannula o angiocatetere è un tubo di plastica in materiale semirigido,
flessibile (teflon) provvisto di un mandrino di metallo utilizzato per perforare la cute
e la vena che poi viene rimosso. Sono presenti varie misure che variano per
diametro.
 Butterfly vengono usati in terapie endovenose di breve durata.
VALUTARE
 Se il pz presenta allergie al cerotto, al disinfettante.
 Le braccia e le mani per reperire il sito di accesso. Evitare i siti già utilizzati.
MATERIALE
OCCORRENTE
 Guanti monouso
 Laccio emostatico
 Tamponi antisettici di clorexidina 2% o iodio povidone 10%
 Agocannula (20-22gauge indicato per la maggior parte degli adulti)
 Medicazione occlusiva trasparente
TECNICA
1. Prima di effettuare la procedura, presentarsi e verificare l’identità del pz secondo il
protocollo della struttura.
2. lavare le mani.
3. preparare il pz. Far assume un posizione comoda, seduta o sdraiata. Esporre la zona.
4. Selezionare il sito per la puntura venosa. Identificare la vena, sufficientemente distale
da polso e gomito, palpabile. Posizionare un telo sotto il braccio.
5. dilatare la vena. Applicare il laccio emostatico 15-20cm sopra il sito della puntura
venosa. Non troppo stretto. Incoraggiare il pz a stringere e rilasciare il pungo. Usare la
mano non dominante in quanto più sensibile.
6. Ridurre il dolore al minimo, applicazione di ghiaccio per 3 minuti garantisce
un’analgesia. Oppure lidocaina 1%.
7. Indossare i guanti e detergere il sito. (clorexidina 2%). Con movimenti circolatori. Far
asciugare.
8. Inserire il catetere. Estrarre il catetere dalla confezione. Rimuovere la copertura
dell’ago e controllare il corretto funzionamento. Utilizzare la mano non dominante per
tendere la cute. Inserire l’agocannula con angolo 15-30° quando si percepisce una
mancata resistenza verificare la presenza di sangue nel lume, ridurre l’angolo quasi
parallelo alla cute e far avanzare il catetere mantenendo il mandrino. Se si nota defluire
sangue fuori vena rimuovere l’ago rimuovere il laccio applicare una pressione con la
garza.
Allentare il laccio emostatico. Esercitare una pressione sulla vena prossimale al catetere
per eliminare la fuori uscita di sangue dal catetere. Rimuovere il mandrino e collegare
l’estremità del deflussore al catetere. Eliminare il mandrino nel dispositivo per taglienti.
11. Fissare il catetere con la medicazione occlusiva già pronta. Se non disponibile
utilizzare cerotto trasparente. Impiegando tre strisce di 7,5cm.
RIMOZIONE
4. Chiudere il deflussore di infusione. Allentare il cerotto sul sito. Indossare i guanti
monouso e tenere una garza sopra il sito.
5. rimuovere l’ago. Applicare una pressione decisa sul sito per 2-3minuti.
6. esaminare il CVP rimosso. Controllare che sia integro.
7. coprire il sito della puntura. Applicare una medicazione sterile. Togliere e gettare i
guanti. Lavare le mani.

48. Il candidato illustri le caratteristiche, la manutenzione, la sanificazione e la


sterilizzazione dei principali ferri chirurgici e dei principali presidi utilizzati in
sala operatoria.

Gli strumenti chirurgici sono di solito in acciaio inossidabile , metallo cromato o


addirittura in plastica. Per una buona maneggevolezza non devono essere né troppo
pesanti e allo stesso tempo né troppo leggeri. La superficie deve essere possibilmente a
superficie sabbiata, brunita o satinata, per evitare la formazione di riflessi che
potrebbero dare fastidio durante il loro uso.
Gli strumenti chirurgici si dividono in:
Strumenti da taglio:
 Bisturi: sono strumenti designati all’incisione e alle sezioni dei tessuti. Vengono
distinti in lanceolati e panciuti.
 Forbici: possono essere rette curve, a punta smussa, a punta acuminata. Sono usati
per la dissezione di tessuti, vasi, tagli di fili di sutura. Es. FORBICI DI MAYO: utilizzate
per la sezione di fili di sutura.
Strumenti emostatici: le pinze emostatiche vengono usate per il controllo e la tenuta
dell’emostasi. Possono essere curve, lunghe, corte. Possono avere una presa dentata
(kocher) o presa smussa (Pean, Klemer).
Strumenti da presa: sono pinze che servono a mantenere i tessuti durata la dissezione
o per aiutare nella sutura. Le più comuni sono anatomiche, chirurgiche. Pinze Duval,
pinze di Babcock, Faure, Backaus.
Divaricatori: strumenti necessari per assistere la visualizzazione del campo operatorio.
Portaghi: è lo strumento adibito ad afferrare e sostenere l’ago per l’infissione nei tessuti
per annodare il filo. Gilles.
Per sterilizzazione si intende qualsiasi processo fisico o chimico che porta alla
distruzione di tutte le forme di microrganismi viventi. Il processo di sterilizzazione deve
essere compatibile con le caratteristiche del dispositivo da trattare e soprattutto prima
di essere sottoposto alla pratica. E’ fondamentale decontaminare e pulire il materiale.
Le fasi a cui vengono sottoposti gli strumenti chirurgici sono:
1. Raccolta: questa fase inizia in sala operatoria al termine dell’intervento. Indossando
i DPI chi se ne occupa deve evitare di manipolare direttamente il materiale
contaminato, il quale viene inserito in contenitori muniti di manici laterali.
2. Decontaminazione: è un’operazione di disinfezione preliminare alla pulizia del
presidio, il quale viene immerso in soluzione disinfettante specifica per il tipo di
materiale da trattare, per 30 minuti. Possono essere utilizzati vari prodotti quali:
soluzione di preparato a base di Cloro, Clorexidina Gluconato all’1,5% e di Cetramide
al 15%, Polifenoli Sintetici in soluzione combinata con detergenti anticorrosivi (per
ferri chirurgici).
3. Lavaggio: ha lo scopo di rimuovere i residui di sostanze organiche. Affinchè tale
procedura sia efficace è necessario che gli strumenti complessi vengano smontati. Il
lavaggio può essere effettuato manualmente o con metodo meccanico/chimico (l’uso
della macchina lavaferri con temperatura superiore a 90°, riduce il rischio di
infortuni degli operatori sanitari). Nella pulizia manuale lo strumentario deve essere
immerso in una soluzione detergente a base di tensioattivi. Dopo l’immersione i ferri
vanno spazzolati con setole delicate nelle zone in cui presentano incastri e nei punti
più critici possono essere utilizzati scovolini e pistole di acqua compressa. Il lavaggio
ad ultrasuoni invece può essere usato con quei dispositivi piccoli e delicati; consiste
nella formazione di bolle di gas create da onde ultrasoniche che implodono nel
liquide consente rilascio di energia d’urto.
4. Risciacquo: deve essere effettuato con acqua corrente demineralizzata per
rimuovere residui di detergente.
5. Asciugatura: Vengono usati teli di cotone dopo aver indossato DPI e usare la pistola
ad aria compressa per l’asciugatura interna.
6. Controllo e manutenzione: controllare tutto il materiale da sottoporre a
sterilizzazione.
7. Selezione: consiste nella suddivisione del materiale secondo il processo di
sterilizzazione da utilizzare e tipologia di confezionamento.
8. Confezionamento: permette la rimozione dell’aria e di proteggere il materiale
sterilizzato e conservarne la sterilità sino al momento dell’uso.
9. Sterilizzazione: i materiali sanitari possono essere sterilizzati mediante mezzi: fisici
(calore secco, calore umido, radiazioni ionizzanti); chimici (ossido di etilene, gas
plasma, glutaraldeide).
 Calore secco: mediante apposite stufe al cui interno si possono raggiungere fino
200°. Ma ha scarse capacità di penetrazione. È andato in disuso.
 Colore umido: distrugge in tempi brevi la maggior parte delle spore batteriche
sfruttando l’azione del vapore. (autoclave)
 Radiazioni ionizzati gamma: agiscono danneggiando il DNA e la loro azione
antimicrobica è rapida, ma si limitano solo alle superfici esposte.
 Ossido di etilene: è usato soprattutto in ambito ospedaliero data la sua pericolosità .
Ha la caratteristica di impregnare a lungo gli oggetti trattati.
 Gas plasma: è un gas contenente elettroni, ioni, radicali liberi e atomi prodotti in un
campo elettrico. A differenza degli altri metodi, non lascia alcuna sostanza residua.
Non è tossico, è costoso, temperatura bassa 40-45, può essere utilizzato su tutto
tranne stoffa, composti in grado di assorbire il perossido.
 Glutaraldeide: disinfettante di alto livello. I tempi di sterilizzazione sono molto
lunghi: 10 ore per ottenere una completa distruzione delle spore.
CONTROLLI
 Fisici: vengono effettuati con strumenti fissi. I metodi: Prova di umidità residua:
verificare che l’umidità sia aumentata entro i limiti; Test di bowie dick: controlla
che l’aria sia stata rimossa e la successiva capacità del vapore; (ogni ciclo). Vacuum
test: verificare che durante il ciclo non ci sia infiltrazione di aria.
 Chimici: si basano sull’uso di indicatori che reagiscono agli stimoli fisici o chimici e
cambiano colore. (ogni confezione)
 Biologici: spore di microrganismi altamente resistenti poste su un porto inerte o
contenuto in provetta. (ogni settimana)

49. Il candidato descriva le procedure e gli interventi da attuare per il


posizionamento, la mobilizzazione e deambulazione della persona con alterata o
compromessa autonomia funzionale.

La mobilizzazione e la deambulazione, oltre che permettere all’uomo di interagire con


l’ambiente, contribuiscono a migliorare la funzionalità dei principali organi e apparati, in
particolare respiratorio e circolatorio. Le persone affette da varie patologie che
comportano una ridotta mobilità , soprattutto gli anziani costretti a letto, sono soggette a
una serie di alterazioni di tutto l’organismo definite nel loro insieme come sindrome da
immobilizzazione (ipocinetica), che può progredire fino a disfunzioni e danni
irreversibili.
La correttezza del posizionamento della persona allettata è fondamentale per garantire
benessere, un adeguato allineamento del corpo, prevenire la comparsa di schemi
posturali patologici, di contratture, di lesioni da decubito, di complicanze respiratorie e
vascolari. Le posture al letto vengono stabilite in base alla condizione clinica,
considerando lo stato di vigilanza del paziente, la collaborazione, il deficit motorio, il
tono muscolare, la presenza di dolore, le condizioni della cute, problemi circolatori, ecc.
E’ importante la variazione della posizione nell'arco delle 24 ore, effettuare cambi
regolari ogni 2 ore, soprattutto nei casi di prolungato allettamento. Utilizzare ausili come
cuscini, schiume o materassi a pressione alternata per alleviare la pressione sulle
prominenze ossee. [vedere domanda 7 e 75 per posizioni e movimentazione]
DEAMBULAZIONE
Nell’assistenza di un paziente con deambulazione difficoltosa si deve tener conto delle
caratteristiche individuali del soggetto e della patologia che può presentare. Valutare il
tempo di allettamento, i parametri di base, la forza muscolare degli arti inferiori, i mezzi
richiesti per deambulare (es. cinture ergonomiche, deambulatore, stampelle, bastone),
attuare misure per alleviare il dolore. Pianificare la durata della passeggiata o ridurla in
base alla tolleranza del pz. La deambulazione dei pazienti può essere delegata al
personale di supporto previa valutazione iniziale delle abilità del pz.
Prima di iniziare: presentarsi, lavarsi le mani, spiegare al pz cosa si sta facendo,
assicurarsi che il paziente abbia capito cosa è stato richiesto di fare e il livello di
collaborazione che potrà offrire.
-Nell’assistere una persona malata, ricordarsi di utilizzare sempre calzature chiuse e
antiscivolo.
-Far indossare gli abiti non ingombranti ma comodi, con possibilità di prese di sicurezza.
-Applicare calze elastiche se prescritte
-Far rimanere il pz seduto sul letto per almeno 1 minuto per evitare l’ipotensione
ortostatica (vertigini, tachicardia) e controllare la pressione.
-Fare attenzione a eventuali deflussori, cateteri, sacche di drenaggio.
-Garantire la sicurezza del pz durante l’assistenza alla deambulazione
-Il percorso deve essere privo di ostacoli, non disomogeneo, non scivoloso, non esposto a
sbalzi di temperatura.
-Usare la cintura per camminare per incrementare la sicurezza.
-Durante gli spostamenti del paziente, non ci si deve mai sbilanciare e si deve cercare di
mantenere un corretto assetto della colonna.
-Non imporre mai al paziente la propria velocità di marcia, ma lasciare che sia il paziente
stesso a scandire il tempo.
-Farlo guardare diritto davanti a lui.
-Se il pz è particolarmente debole o instabile camminare accanto al lato più debole e
sostenere il malato a livello del braccio libero e cingerlo con l’altro braccio intorno alla
vita (afferrando la cintura di trasferimento).
-Prevedere delle pause, e far sì che nelle vicinanze ci sia sempre un punto per riposarsi;
non andare oltre le sue forze.
-Accertarsi sempre che in prossimità vi siano punti di appoggio nel caso vi siano
improvvisi malori, è consigliabile avere vicino un altro operatore con una sedia vicino da
usare in caso di necessità .
-Proteggere il pz che sta cadendo mentre cammina, se non è presente una sedia nelle
vicinanze, farlo sdraiare orizzontalmente a terra, sostenendo il pz sulla schiena
facendolo scivolare delicatamente sulle proprie gambe.
-L’assistenza alla deambulazione può essere fatta anche da due infermieri posti ai lati
del pz.
-Una volta terminata la deambulazione accompagnare il pz a letto o sulla poltrona e
annotare la procedura (tempo, spazio percorso, sintomi del pz).
50. Il candidato illustri le procedure di medicazioni semplici e avanzate.

Una medicazione è definita semplice quando ha uno scopo essenzialmente protettivo di


tutte quelle ferite non complicate da infezione e che non presentano perdita di sostanza.
Queste ferite guariscono per prima intenzione cioè senza la formazione di tessuto di
granulazione. I presupposti su cui si basa sono: l’essiccamento, l’emostasi, la protezione
dalle infezioni l’occultamento della ferita. Il tipico esempio di ferita che richiede una
medicazione semplice è la ferita chirurgica (sulla quale si applica una medicazione a
piatto o una medicazione asciutta), ovviamente quando non complicata dalla presenza di
drenaggi o da situazioni patologiche come l’infezione.
Le medicazioni avanzate sono fatte da materiale biocompatibile che garantisce il
mantenimento di un ambiente umido corretto nel letto della ferita così da favorire una
riparazione tissutale più rapida. I presupposti su cui si basa sono: mantenere il micro
ambiente umido, rimuovere essudati e tessuti necrotici, mantenere una temperatura
costante, permeabilità all’ossigeno, protezione da infezioni, maneggevoli, atraumatiche
alla rimozione, basso costo.
La medicazione prevede 4 fasi: detersione, antisepsi, sbrigliamento, medicazione
avanzata.
Detersione: si effettua irrigando la ferita con soluzione fisiologica o ringer lattato, per
rimuovere il materiale necrotico e la carica batterica.
Antisepsi: l’antisettico va applicato su ferite infette e poi deterso perché possono essere
citolesivi, si usano clorexidina allo 0,05% e iodopovidone 1%.
Sbrigliamento: meccanico (sfregamento con garza), enzimatico (con enzimi proteolitici
che denaturano la necrosi), autolitici (autodigestione dell’escara sfruttando gli enzimi
presenti nell’escara), chirurgico (rimozione urgente dell’escara con strumenti
chirurgici).
TIPI DI MEDICAZIONI AVANZATE:
ALGINATI: fibre in tessuto non tessuto derivate da alghe marine. Prima dell'uso
appaiono
soffici e lanose, ma a contatto con l'essudato, si trasformano in gel. Producono un
ambiente umido e sono utili su lesioni piane e cavitarie. Hanno proprietà emostatiche.
Non è una medicazione occlusiva. Le fibre di alginato hanno proprietà emostatiche.
Esiste la preparazione con argento ad effetto battericida per il controllo della carica
batterica necessita medicazione secondaria di fissaggio.
IDROCOLLOIDI: medicazioni avanzate che realizzano un ambiente umido e assorbono
medie quantità di essudato. Disponibili in placche e paste, promuovono la crescita del
tessuto di granulazione. In presenza di essudato assorbono il liquido e maleodorante
producono un gel. Medicazione occlusiva, per l'utilizzo necessita attenzione. Efficace in
lesioni superficiali. IDROFIBRE: medicazioni avanzate a base di carbossimetilcellulosa
che promuovono un ambiente umido e non determinano traumatismo sulla sede di
lesione durante la loro rimozione. Assorbono consistenti quantità di essudato
gelificandosi in modo selettivo. Non occlusiva. Esiste la preparazione con argento ad
effetto battericida per il controllo della carica batterica. Necessita di medicazione
secondaria di fissaggio.
IDROGELI: medicazioni avanzate idrofiliche sotto forma di gel, promuovono l'ambiente
umido. Contengono alte percentuali di acqua (fino all' 80%) e possono idratare lesioni
necrotiche stimolando il debridement autolitico per effetto della macerazione provocato
dall'acqua. Necessita medicazione secondaria di fissaggio.
POLIURETANO IN SCHIUMA e POLIURETANO ESPANSO: Usata in alternativa agli
idrocolloidi. Esercita una funzione meccanica sulla ferita favorendo il micromassaggio e
stimolando la circolazione. Funzione assorbente: asciuga la ferita passivamente senza
seccarla, favorisce il passaggio di ossigeno, permette la rimozione di impurità .
POLIURETANO IN FILM (pellicola): Medicazione semi occlusiva, usata per proteggere
punti d'inserzione di cateteri intravenosi. Utili come fissaggio secondario, Proteggono la
cute dalle forze di trazione e frizione della cute. Attenzione particolare al momento della
rimozione essendo dotate di adesivo. Il film in poliuretano essendo impermeabile offre
un ottimo isolamento alle ferite durante il bagno o la doccia.

51. Il candidato illustri la procedura per l'esecuzione di un EGC e quali elementi


anomali del tracciato debbono subito essere comunicati al medico.

L’elettrocardiogramma è uno strumento diagnostico che misura l’attività elettrica del


cuore. L’ECG standard a 12 derivazioni consiste in tre derivazioni bipolari standard
(I,II,III), tre derivazioni unipolari, 6 derivazioni precordiali unipolari.
MATERIALE
OCCORRENTE
 Elettrocardiografo;
 Elettrodi o ventosi con gel;
 Guanti monouso;
PROCEDURA
1. Prima di effettuare la procedura, presentarsi e verificare l’identità del pz. Spiegare
cosa si sta facendo, perché e come può collaborare.
2. Lavare le mani.
3. Provvedere alla riservatezza del pz.
4. Portare l’elettrocardiografo vicino a letto. Posizionare il pz supino al centro del letto
con le braccia lungo i fianchi. Esporre i polsi caviglie e torace.
5. Applicare il gel agli arti. Posizionare gli elettrodi agli arti secondo il colore. Giallo:
braccio sinistro; Rosso: braccio destro; Nero: gamba destra (funge da scarico energia a
terra); verde: gamba sinistra; connettere i fili agli elettrodi degli arti.
6. Posizionare gli elettrodi nel torace.
V1: quarto spazio intercostale destro sternale;
V2: quarto spazio intercostale sinistro sternale;
V3: sul punto equidistante tra V2 – V3.
V4: Quinto spazio intercostale linea medioclavicolare sinistra;
V5: Quinto spazio intercostale linea ascellare anteriore;
V6: Quinto spazio intercostale linea ascellare media.
7. Chiedere al pz di rilassarsi e respirare normalmente. Si consiglia di non parlare e
rimanere immobile. Premere AUTO. Osservare la qualità del tracciato. Rimuovere
elettrodi dal pz. Asciugare il gel con delle garze. Inviare per consulenza il tracciato.

FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE
Consiste in un ritmo ventricolare irregolare in cui non è possibile distinguere il
complesso QRS, il tratto ST e l’onda T. È causa comune di morte improvvisa.
ISCHEMIA MIOCARDICA
Può essere subendocardica o transmurale.
L’ischemia subendocardica è associata a sottoslivellamento del tratto ST.
L’ischemia transmurale è associata a sopraslivellamento del tratto ST.
52. Il candidato descriva la procedura e le competenze infermieristiche in regime
di ricovero e domiciliare per l’effettuazione di una medicazione di tracheostomia.

La teracheostomia è la creazione di un’apertura permanente della trachea e della cute,


con conseguente comunicazione tra trachea cervicale e l’ambiente esterno, consente un
passaggio di aria atto a garantire un efficace respirazione. Una cannula tracheostomica è
costituita da una cannula esterna, che viene inserita nella trachea, con una flangia che
poggia sul collo e che ne permette la fissazione tramite nastri. Alcuni dispositivi sono
dotati di una cannula interna che può essere rimossa per la pulizia periodica.
L’infermiere assiste il pz portatore di tracheostomia garantendo pervietà della cannula e
riducendo il rischio di infezioni. Come parte integrante della cura, la medicazione e in
nastri devono essere sostituiti ogni volta che si sporcano. Poiché una medicazione
sporca rappresenta un terreno fertile per i microrganismi, causano escoriazioni e lesioni
della cute. Inoltre bisogna ricordare che le garze non devono essere tagliate, poiché le
fibre possono essere aspirate.
MATERIALE
OCCORRENTE
 Kit di pulizia per trachestomia sterile monouso, o contenitore sterile, spazzola di
nylon
 Occorrente aspirazione
 Soluzione fisiologica
 Guanti sterili
 Guanti monouso
 Medicazioni sterili preconfezionata o garze 10x10
 Nastri orlati
 Forbici pulite
TECNICA
4. Preparare il pz e il materiale. Far assumere al pz una posizione semiseduta o seduta.
Sottoporre ad aspirazione se necessario Aprire il materiale per la cura della
tracheostomia. Preparare il campo sterile. Versare la soluzione di immersione.
Indossare i guanti monouso. Rimuovere l’erogatore di O2. Sbloccare la cannula
interna e rimuoverla. Posizionarla nella soluzione di immersione. Rimuovere la
medicazione sporca. Gettare i guanti e la medicazione. Indossare i guanti sterili
5. Pulire la cannula interna. Rimuoverla dalla soluzione di immersione. Pulire il lume
interno con la spazzola di nylon o scovolino. Ispezionarla e battere contro il bordo
del contenitore.
6. Riposizionare e fissare la cannula interna. Inserire seguendo il decorso. Attivare il
sistema di bloccaggio.
7. Detergere l’incisione e la flangia. Pulire con garze inumidite con fisiologica o acqua
ossigenata.
8. Applicare una medicazione sterile. Usare una medicazione per tracheostomia
preconfezionata. Oppure ripiegare una garza 10x10cm forma di V. Posizionare la
med sotto la flangia.
9. Cambiare i nastri. Usare un nastro pulito.

53. Il candidato descriva come deve essere effettuata la gestione, medicazione e


aspirazione delle vie aeree dalla cannula tracheostomica o dal tubo endotracheale

L’aspirazione si rende necessaria per rimuovere le secrezioni dalla trachea e dai bronchi,
in modo da preservare la pervietà delle vie aeree. Il metodo tradizionale di aspirazione
di un tubo endotracheale o tracheostomico è conosciuto come metodo aperto. Se un pz è
collegato a un ventilatore automatico, l’infermiere stacca il tubo del ventilatore, aspira le
vie aeree, ricollega il pz al ventilatore ed elimina il catetere di aspirazione usato.
L’aspirazione comporta diverse complicazioni, quali ipossiemia, traumi alle vie aeree,
infezioni nosocomiali e aritmie cardiache dovute all’ipossiemia. Per ridurre queste
complicanze bisogna: aspirare solo quando è necessario; Utilizzare una tecnica sterile;
iperinsufflazione; iperossigenazione; misura adeguata del catetere.
MATERIALE
OCCORRENTE
 Ambu collegato all’ossigeno 100%;
 Telo sterile
 Catetere di aspirazione
 Guanti sterili
 DPI
 Soluzione fisiologica o acqua fisiologica sterile, bacinella sterile
PREPARAZIONE
Valutare la respirazione. Mettere i guanti monouso e appoggiare una mano sui lati del
torace per sentire le vibrazione tipiche. Auscultare l’apice e la base dei polmoni. Togliere
e gettare i guanti.
4. Preparare il pz. Far assumere la posizione semi-fowler,
5. Preparare il materiale. Collegare l’apparecchio di rianimazione all’erogatore di
ossigeno. Regolare il flusso al 100%. Aprire il materiale sterile: catetere di
aspirazione e bacinella sterile. Versare fisiologica sterile o acqua sterile nella
bacinella. Mettere un telo sterile sopra il torace del pz. Accendere l’aspiratore e
regolare la pressione tra 80 e 120 negli adulti. Indossare i DPI se necessario.
Indossare i guanti sterili Mantenere il catetere con la mano dominante e il connettore
con la mano non dominante. Collegare al tubo di aspirazione.
6. Sciacquare il catetere. Con fisiologica sterile usando la mano dominante. Con il
pollice della mano non dominante chiudere il foro di controllo dell’aspirazione e
aspirare un piccola quantità .
7. Se il pz non presenta grosse quantità di secrezioni iperventilare i polmoni con un
pallone di rianimazione. Chiudere l’aiuto a un altro infermiere. Comprimere da tre a
cinque volte.
8. Se presenta grosse secrezioni non iperventilare con l’ambu: mantenere collegato
l’erogatore di ossigeno e incrementarlo al 100%.
9. Inserire il catetere senza aspirare. Se si avvertono resistenze ritirare il catetere per
1-2cm prima di aspirare.
10. Eseguire l’aspirazione. Aspirare per 5-10 secondi ostruendo il foro del catetere con il
pollice della mano non dominante. Ruotare mentre lo si estrae. Ritirare sciacquare il
circuito. Iperventilare il pz. Aspirare nuovamente se necessario.
11. Rivalutare lo stato di ossigenazione (osservare colorito). Aspettare 2-3minuti prima
di un'altra aspirazione.
12. Riordinare il materiale. Spegnere l’aspiratore. Scollegare il catetere. Avvolgere il
catetere nel guanto sterile rivoltato.
13. Provvedere al comfort del pz. Documentare tutto sulla cartella clinica infermieristica.
MEDICAZIONE DOMANDA 54
54. Il candidato descriva la procedura della terapia E.V. e infusionale in regime di
ricovero e domiciliare.

I farmaci somministrati per via endovenosa (EV) penetrano direttamente nel torrente
ematico del pz attraverso un vaso sanguigno, pertanto questa tecnica viene utilizzata
quando è necessario che il farmaco agisce rapidamente. Si utilizzano i set di
somministrazione/infusione consistono in un sistema di perforazione a spina, una
camera di gocciolamento, una valvola a rotella o un morsetto a vite, un tubo con porte
secondarie e un cappuccio protettivo sopra l’adattatore dell’ago. Le soluzioni
endovenose possono essere classificati in: isotoniche(utilizzate spesso per ripristinare il
volume vascolare), ipotoniche/ipertoniche (hanno una concentrazione di soluti
inferiore/superiore del plasma), soluzioni elettrolitiche (come fisiologica 0,9%), glie
espansori di volume in seguito ad una severa perdita di sangue. L’infusione endovenosa
deve essere preparata prima della puntura venosa, in modo che passa essere pronta
prima di essere collegata al catetere.
INFUSIONE ENDOVENOSA
Il materiale occorrente sarà : guanti monouso; set per infusione; contenitore di soluzione
parenterale sterile; etichetta per EV; Asta fleboclisi;
3. Far assume al pz una posizione comoda;
4. Applicare un’etichetta nel contenitore soluzione se è stato aggiungo un farmaco.
5. Aprire e preparare il set di infusione. Chiudere il morsetto.
6. Perforare il contenitore della soluzione. Rimuovendo il cappuccio dal puntale del
deflussore.
7. Apprendere il contenitore della soluzione si un’asta fleboclisi. (1m sopra la testa del
pz)
8. Riempire la camera di gocciolamento. Schiacciare leggermente la camera.
9. Aprire il morsetto e rimuovere l’aria dentro il deflussore. Chiudere di nuovo il
morsetto. Collegarlo all’accesso venoso se libero. Se no
10. Scollegare il deflussore utilizzato. Indossare i guanti monouso. Posizione un garza
sterile sotto l’uscita del catetere. Chiudere il deflussore. Tenere agocannula con la
mano non dominante, rimuovere il deflussore facendo movimenti di trazione e
rotazione.
11. Collegare il nuovo deflussore e stabilizzare l’infusione.
12. Assicurare un flusso di infusione appropriato.
13. Etichettare il deflussore EV con l’orario e data di inizio infusione.
14. Fissare il tubo del deflussore alla cute del pz.
15. Documentare tutte le info sulla cartella clinica infermieristica.
MANTENIMENTO INFUSIONE
Una volta che l’infusione endovenosa è stata preparata, è responsabilità dell’infermiere
mantenere la velocità prevista e prevenire le complicazioni associate alla terapia EV.
1. Osservare ogni ora la velocità di flusso. La posizione del contenitore della soluzione
se si trova ad 1m sopra il sito EV.
2. Controllare la pervietà del deflussore EV, dell’ago o del catetere. Osservare la camera
di gocciolamento. Se l’infusione scorre a una velocità inferiore a quella prescritta,
abbassare il contenitore della soluzione sotto il livello del sito di infusione e
osservare il ritorno venoso. Oppure valutare se il becco di clarino dell’ago si trova
contro la parete della vena. Sollevare e abbassare l’ago facendo attenzione. Verificare
se è presente una perdita localizzata, stringere il deflussore all’agocannula.
3. Ispezionare il sito per rilevare segni di infiltrazioni di liquidi. Se è presente
rimuovere l’ago. Mettere una compressa calda sul sito dell’infiltrazione. Se riguarda
un farmaco vescicante viene detta stravaso, possono causare delle gravi lesioni. Per
cui interrompere l’infusione, rimuovere il deflussore e cercare di aspirare il farmaco
rimasto. Si dovrebbe iniettare l’antidoto (sentire il medico).
4. Ispezionare il sito per rilevare segni di flebite. Può essere il risultato di un trauma
meccanico o irritazione chimica, i segni sono: arrossamento, calore e gonfiore.
SOSPENSIONE (rimozione del catetere)
Infusione di grandi volume di liquidi EV: ovvero diluire un farmaco in un grande
volume, rappresenta il metodo più sicuro. Vengono spesso utilizzate la soluzione
fisiologica o ringer lattato.
Infusioni endovenose a intermittenza: rappresenta un metodo di somministrazione di
un farmaco in una piccola quantità di soluzione EV, come 50 o 100 ML. Il farmaco viene
somministrato a intervalli regolari, ad es. ogni 4 ore, e infuso per breve periodo in una
linea secondaria. La linea secondaria può essere tandem (collegata alla principale) o
inserita nell’infusione principale tramite raccordo a piggyback.
Un altro metodo è con una pampa a siringa o mini-infusore. Il farmaco diluito in una
siringa viene collegato alla linea primaria EV tramite un mini-infusore.
Infusione in bolo: vengono somministrati farmaci non diluiti direttamente nel sistema
circolatorio. Viene praticata quando un farmaco non può essere diluito o in emergenza.
Possiamo avere:
 BOLO ENDOVENOSO ATTRAVERSO TAPPO EV CON AGO:
Detergere l’entrata di iniezione con il tampone antisettico. Inserire l’ago della siringa con
soluzione fisiologica attraverso l’entrata e aspirare fino a far defluire il sangue. Lavare la
cannula iniettando lentamente 1ml di soluzione fisiologica. Rimuovere l’ago e la siringa.
Detergere nuovamente l’entrata con tampone antisettico. Inserire l’ago della siringa
contenente il farmaco preparato. Iniettare il farmaco lentamente alla frequenza di
infusione raccomandata e utilizzare l’orologio per calcolare il tempo di iniezione.
Osservare il paziente attentamente per cogliere eventuali reazioni avverse e alla fine
rimuovere l’ago e la siringa quando è stato somministrato tutto il farmaco.
 BOLO ATTRAVERSO TAPPO EV SENZA AGO:
Detergere l’entrata di iniezione con il tampone antisettico. Inserire la siringa contenente
la fisiologica nell’ingresso. Lavare la cannula con 1m di soluzione fisiologica. Togliere la
siringa. Inserire la siringa con il farmaco. Togliere la siringa. Ripetere il lavaggio con 1ml
di fisiologica.
 LINEA PREESISTENTE:
Detergere l’ingresso con tampone antisettico. Bloccare il flusso EV chiudendo o piegando
il deflussore sopra l’ingresso di iniezione. Collegare la siringa al sistema EV. Sistema con
ago e senza ago. Iniettare il farmaco. Rilasciare il morsetto.
DEFLUSSORI
Il deflussore con macro-gocciolatore: consente la somministrazione di una quantità
maggiore di soluzione e una velocità d’infusione superiore poiché la quantità di
soluzione per ciascuna goccia è maggiore
Il deflussore con micro-gocciolatore: fornisce 10, 15, 20 gocce per ml. di soluzione, è
usato per pazienti pedriatrici e per quei pazienti adulti, che richiedono l’infusione di
piccole quantità di soluzione o infusione attentamente controllate, somministra una
piccola quantità di soluzione per ciascuna goccia, fornisce 60 gocce di soluzione per ml.
Il deflussore per la trasfusione di sangue e plasma: è provvisto di un filtro posto al
interno del gocciolatore.
Deflussori a volume controllato: consentono l’infusione di quantità precise di liquidi e si
chiudono automaticamente quando l’infusione è terminata, prevenendo l’ingresso di
aria nella linea endovenosa. I sistemi d’infusione a due vie: consentono l’infusione
separata o simultanea di due soluzioni diverse; il deflussore con un secondo ingresso
per iniezione e una valvola di controllo consente l’infusione intermittente di una
soluzione aggiuntiva e al termine di questa di questa al ritorno automatico all’infusione
della soluzione primitiva.
Deflussori con presa d’aria: sono utilizzati per infondere una soluzione contenuta in un
flacone senza presa d’aria; quelli privi della presa d’aria sono utilizzati per flaconi con
presa d’aria.
Dial-a-flo: dispositivo cilindrico graduato, serve a regolare la velocità del flusso, è
costituito da due cilindri concentrici che possono ruotare sul loro asse determinando
una variazione di un canale in cui scorre il liquido da infondere, la scala graduata
all’esterno, consente di regolare i millimetri/minuto di liquido da infondere. Elastomero:
dotati di un serbatoio di gomma elastica, collegato mediante un deflussore all’ago
cannula, ha la capacità di somministrare una quantità di farmaco in 12-24 ore.

55. Il candidato illustri la procedura di esecuzione di un prelievo periferico di


sangue venoso a scopo diagnostico nell’adulto e nel neonato.

Il prelievo venoso comporta la penetrazione di una vena con un ago, per ottenere un
campione da sottoporre a esami ematochimici. Sedi nell’adulto sono preferibili: Vene
cefalica, basilica, mediana del gomito, mediana dell’avambraccio, mediano-cefalica,
mediano basilica, metacarpali. Nel neonato reperire un accesso venoso superficiale è più
difficile a causa della cedevolezza delle pareti dei vasi sanguigni e del loro calibro, è
spesso consigliabile quindi la giugulare esterna e la femorale.
MATERIALE OCCORRENTE:
• Siringa vacuette (per il sistema vacutainer)
• Aghi sterili monouso e raccordo butterfly
• Contenitore con batuffoli di cotone
• Soluzione disinfettante
• Laccio emostatico
• Guanti
• Provette sottovuoto per il sistema Vacutainer di diverso tipo specifiche per i campioni
di sangue da prelevare
• Portaprovette
• Contenitore per aghi usati (o oggetti taglienti)
• Cestino per rifiuti
• Etichette per ciascuna provetta in cui devono essere indicati i dati di identificazione del
paziente
• Richiesta per il laboratorio di analisi (cartacea o per via informatica)
• Cerotto
PROCEDURA CON SISTEMA VACUTAINER:
• Informare il paziente
• Applicare il laccio emostatico 10-15 cm al di sopra della sede scelta.
• Indossare i guanti.
• Individuare la vena più adatta per effettuare il prelievo.
• Chiedere al paziente di stringere la mano velocemente più volte.
• Massaggiare, se necessario, lungo la vena in direzione del cuore.
• Detergere la sede scelta con un tampone imbevuto di soluzione antisettica dall’alto
verso il basso o in modo circolare passando una sola volta sulla stessa zona.
• Raccordare l’ago alla camicia del sistema sottovuoto ed introdurlo con l'apertura a
becco di clarino rivolta verso l'alto, 1 cm circa al di sotto della sede dove l'ago deve
penetrare nella vena, tendendo la cute al di sotto del punto di inserzione senza
ostacolarne la manovra o il flusso di sangue.

• Una volta che l'ago è stato inserito attraverso la cute, abbassarlo continuandone
l’introduzione in modo da seguire il decorso della vena.
• Introdurre la provetta sottovuoto nella camicia, spingendola all'interno del cilindro in
modo che l'ago penetri attraverso l'estremità nel sistema sottovuoto.
• Prelevare la quantità di sangue richiesta per i test prescritti.
• Rimuovere il laccio emostatico non appena è stata prelevata una quantità sufficiente di
sangue.
• Portare un tampone di cotone o di garza in prossimità della sede di inserzione dell'ago
e sfilare l'ago mantenendolo in linea con la vena e attivando il sistema di protezione
quando predisposto
• Gettare il sistema Vacutainer (ago e camicia) nel contenitore per oggetti taglienti.
Togliersi i guanti e lavare le mani.
A differenza dell’adulto, il neonato non è in grado di collaborare, per cui vi è la necessità
di due operatori per la corretta esecuzione del prelievo. Uno fa il prelievo, uno mantiene
la corretta posizione del neonato.
Prelievo sangue da un vaso capillare, invece ha lo scopo di esaminare la quantità di
glucosio nel sangue.
Materiali:
Glucometro e lancetta, pungidito, garze, tampone disinfettante, guanti monouso.
Procedimento:
Informare il paziente della procedura e metterlo in una posizione confortevole.
Indossare i guanti e prelevare la lancetta.
Scegliere la sede in cui eseguire il prelievo (in genere la zona laterale dei polpastrelli
della mano)e massaggiare delicatamente, ponendo l'arto in posizione declive.
Disinfettare la zona con cotone imbevuto di soluzione disinfettante e lasciare asciugare.
Prendere la lancetta e metterla nel glucometro.
Mantenendo il palmo della mano rivolto verso il basso, pungere il punto prescelto.
Comprimere senza toccare la zona fino a che non spunti la goccia di sangue.
Posizione la goccia di sangue sulla lancetta.
Mentre che il glucometro analizza il risultato, posizionare una garza sulla zona punta.
Infine smaltire il tutto e registrare il risultato, comunicando eventuali alterazioni al
medico.

56. Il candidato illustri come descriverebbe ad uno studente infermiere la


procedura per l’individuazione dei siti per l’I.M.

I siti per l’individuazione per IM sono:


Ventrogluteale, collocata nel muscolo medio gluteo. È preferita per le IM in quanto: non
contiene grandi nervi o vasi; è lontana dalle ossa; Può essere utilizzata nei bambini di età
superiore a 1anno e adulti. Il pz assume decubito laterale con le ginocchia piegate e
sollevate leggermente il torace. Per stabilire la posizione esatta, si pone il palmo della
mano sul grande trocantere, con l’indice sulla spina iliaca superiore anteriore e il medio
verso i glutei, formando un triangolo lì rappresenta la zona di iniezione.
Vasto laterale: è raccomandata come sito di elezione per le iniezioni intramuscolare nei
bambini al di sotto di 1 anno di età . La sede è situata sulla porzione antero-laterale della
coscia. Nell’adulto si trova dividendo in tre parti l’area dal grande trocantere del femore
al condilo femorale laterale e selezionando il terzo centrale.
Dorsogluteale, è quella più utilizzata per le iniezioni IM, tuttavia si tratta di un sito
prossimo al nervo sciatico e arteria glutei superiori. Iniettando quindi il farmaco vicino o
all’interno possono comparire delle complicanze (intorpidimento, dolore, paralisi). Si
indentifica palpando la spina iliaca posteriore superiore e disegna una linea
immaginaria dal grande trocantere. La zona di iniezione è laterale e superiore a quella
linea. La palpazione dell’ileo e del trocantere è importante.
Retto femorale, situata sulla parte anteriore della coscia, il principale vantaggio è
l’auto-somministrazione però è dolorosa.
Deltoidea, non è spesso utilizzata, in quanto la massa muscolare risulta ridotta, viene
scelta per la rapidità di assorbimento. Viene localizzata dall’infermiere posizionando
quattro dita sul muscolo deltoide, con il primo sull’acromion. A circa 5 cm sotto.
TECNICA Z, viene consigliata per tutte le IM in quanto si è dimostrata meno doloroso
rispetto la tecnica tradizionale e riduce la diffusione di farmaci irritanti e scoloranti. Le
evidenze ne supportano l’efficacia e la raccomandano.
MANOVRA LESSER: aspirazione per verificare che l’ago non sia entrato in un vaso.

57. Il candidato descriva la procedura e le competenze infermieristiche in regime


di ricovero e domiciliare per l’effettuazione di un prelievo per emocoltura ad una
paziente affetta da una grave infezione ai polmoni.

L’emocultura consiste nel prelievo di un campione di sangue tramite venipuntura, per


individuare le invasioni batteriche e le infezioni sistemiche del circolo sanguigno
(setticemie). In tale procedura, si preleverà un campione di sangue in due bottiglie, una
contenente un terreno di coltura per aerobi e un’altra un terreno di coltura per anaerobi.
2-3 emoculture dovrebbero essere effettuate ad 1 ora all’altra e da siti diversi. Il prelievo
deve essere effettuato nel picco febbrile o in corrispondenza delle prime fasi febbrili.
MATERIALE
OCCORRENTI
 Sistema vacutainer con butterfly e campana
 2 flaconi per coltura (aerobi e anaerobi)
 Guanti
 Laccio emostatico
 Mascherina
 Etichetta con i dati del pz.
 Antisettico (clorexidina 2%)
 Garze, cerotto.
PROCEDURA
1. Prima di effettuare la procedura, presentarsi e verificare l’identità del pz. Spiegare
cosa si sta facendo, perché e come può collaborare.
2. Lavare le mani.
3. Provvedere alla riservatezza del pz.
4. Aiutare il pz ad assumere una posizione comoda, seduto o sdraiato.
5. Identificare la sede. Esporre il braccio e applicare il laccio emostatico 10-15cm sopra il
sito scelto. Indossare i guanti non sterili.
6. Raccordare l’ago butterfly al vacutainer.
7. Disinfettare il sito. Se si utilizza la clorexidina, frizionare avanti e indietro per circa 30
secondi. Usando un altro tampone, disinfettare il tappo dei flaconi di coltura.
8. Con la mano non dominante tendere la cute mentre si eseguire la venipuntura con
l’ago. La punta smussa rivolta verso l’alto. Inserire l’ago a 15 .
9. stabilizzare l’ago, spingere verso il dispositivo vacutainer il primo flacone (aerobi)
finché il tappo non è stato punto. Riempire 10-15ml di sangue. Poi passare al flacone
anaerobi.
10. Dopo aver prelevato tutti i campioni di sangue richiesti, togliere l’ultima flacone dal
vacutainer. Mettere una garza sopra il sito di puntura e togliere lentamente l’ago dalla
vena. Applicare una compressione delicata sulla sede della puntura. Eliminare l’ago e
vacutainer nel contenitore per oggetti taglienti. Togliere e gettare i guanti. Lavare le
mani.

58. Il candidato descriva le procedure assistenziali e la gestione infermieristica


dall’inserimento alla rimozione del SNG.

Il sondino nasogastrico (SNG) viene inserito attraverso la via nasofaringea o


orofaringea fino allo stomaco. I presidi solitamente utilizzati sono sondini nasogastrici
di grosso calibro. Un esempio è dato dal sondino di Levin, un sondino di gomma o
plastica a singolo lume con fori in prossimità della punta, e il sondino di scarico di Salem
a doppio lume. Il lume maggiore permette la conduzione dei liquidi allo stomaco o la
rimozione del contenuto gastrico. Quando il sondino di Salem è utilizzato per
l’aspirazione del contenuto gastrico, il lume minore permette l’ingresso dell’aria
atmosferica per impedire l’aspirazione della mucosa nel caso in cui il sondino aderisca
alla parete dello stomaco, evitando quindi l’irritazione della mucosa gastrica. I sondini
nasogastrici sono indicati quando è necessario fornire una via di alimentazione o per:
prevenire la nausea, vomito e distensione gastrica dopo un intervento chirurgico;
rimuovere il contenuto dello stomaco per eseguire un esame di laboratorio; effettuare
un lavaggio gastrico in caso di avvelenamento o overdose;
Un altro sondino spesso utilizzato per l’alimentazione è il sondino di alimentazione di
piccolo calibro, che è più soffice, più flessibile e meno irritante ed è disponibile in
diverse misure sono più idonei per : pz che non tollerano l’alimentazione per via
gastrica; pz che devono stare distesi a letto, pz che hanno limitazioni nella motilità
gastrica,
MATERIALE
OCCORRENTE
 Sondino di calibro grande o piccolo
 Cerotto adesivo anallergico da 2,5 cm di larghezza
 Guanti monouso
 Lubrificante idrosolubile
 Siringhe da 20 a 50ML con adattatore
 Bacinella
 Phmetro
 Fonendoscopio
TECNICA
4. Far assumere al pz la posizione di fowler alta. Controllare le narici. Indossare i guanti
monouso. Chiedere al pz di iperestendere la testa controllare l’integrità delle
mucose. Scegliere la narice che garantisce il maggior passaggio di aria.
5. Prepara il sondino. Se sondino di piccolo calibro, assicurarsi che il filo guida sia
fissato. Se sondino grosso calibro porre il sondino in una bacinella di acqua tiepida.
6. Valutare la lunghezza del sondino necessaria a raggiungere lo stomaco. Utilizzare la
punta del naso alla punta del lobo dell’orecchio alla punto del processo xifoideo dello
sterno. Segnare questa distanza.
7. Lubrificare la punta. Inserire il sondino. Chiedere al pz di iperestendere il collo e far
avanzare. Esercitare una leggera pressione con movimento di torsione per superare
il nasofaringe. Se si incontra una resistenza ritirarlo e inserirlo nell’altra narice.
Quando il sondino ha raggiunto la gola, il pz può avvertire soffocamento.
Incoraggiare il pz a bere e a deglutire. Se presenta vomito interrompere e far
riposare il pz. Se si avverte un cambiamento di colore indica il posizionamento nel
tratto respiratorio quindi estrarre.
8. Controllare l’esatto posizionamento del sondino. Aspirare il contenuto dello stomaco
e controllare il PH, dovrebbe indicare acido. Quasi tutti i sondini sono radiopachi
quindi la sua posizione può essere confermata tramite radiografia. Porre un
fonendoscopio sull’epigastrio e iniettare 5-20ML di aria nel sondino, mentre si
ausculta il suono sibilante.
9. Fissare il sondino al naso. Se il pz ha la pelle grassa, detergere prima il naso. Tagliare
7,5 cm di cerotto e dividerlo per lunghezza da una parte, lasciandolo interno per
2,5cm dall’altra. Posizionare il cerotto sopra il naso mettendo i due lati divisi o sotto
o interno al sondino.
10. Una volta determinata la corretta posizione, collegare il sondino a un apparecchio di
aspirazione o alimentazione come indicato.
RIMOZIONE
4. Liberare il sondino. Indossare i guanti monouso. Scollegare il sondino dal sistema di
aspirazione, se presente. Staccare il sondino dal pigiama del pz. Rimuovere il cerotto
adesivo.
5. Rimuovere il SNG. Chiedere al pz di fare un respiro profondo e di trattenere.
Chiudere il sondino con la mano con il guanto. Ritirare delicatamente. Mettere il
sondino nella busta di plastica. Controllare l’integrità .
6. Provvedere al comfort del pz. Cura orale.
7. Eliminare il materiale utilizzato. Togliere e gettare i guanti.
8. Documentare tutte le informazioni sulla cartella clinico infermieristica.
59. Il candidato descriva con quali modalità attua le procedure assistenziali e la
gestione infermieristica della PEG.

La gastrostomia endoscopica percutanea (PEG) è utilizzata per supportare una


nutrizione a lungo termine, per più di 6-8 settimane. Viene effettuata chirurgicamente o
mediante laparoscopia nello stomaco. L’incisione chirurgica viene stretta con una sutura
interno al sondino o al catetere per evitare perdite intorno al tubo. Per la guarigione
sono necessarie medicazioni della ferita seguendo le norme di asepsi. Il catetere è
provvisto di una protuberanza esterna e di un palloncino di fissaggio gonfiabile interno
per mantenerlo in posizione. Una volta che si è stabilizzato può essere rimosso e
reinserito a goni pasto. In alternativa, può essere utilizzato un sondino a livello cutaneo
che viene lasciato in sede e si collegata a un set di alimentazione. Il tipo, la frequenza e la
quantità dell’alimentazione devono essere prescritti dal medico. L’alimentazione
enterale può essere somministrata in modo intermittente o continuo. L’alimentazione
intermittente comporta la somministrazione di 300/500 mL di miscela enterale
diverse volte al giorno. L’alimentazione continua viene generalmente somministrata
per un periodo di 24 ore usando una pompa di infusione. L’alimentazione ciclica è
caratterizzata da una somministrazione continua in meno di 24 ore. viene
somministrata ai pazienti attraverso dei sistemi aperti o chiusi. I sistemi
aperti utilizzano per la somministrazione un contenitore aperto in alto o una siringa.
I sistemi chiusi consistono di un contenitore predisposto che viene bucato con il
sondino enterale e collegato allo strumento di accesso enterale.
ALIMENTAZIONE TRAMITE PEG
5. Inserire il sondino di alimentazione se non già posizionato. Rimuovere la
medicazione e gettare i guanti. Indossare guanti nuovi. Lubrificare la punta del
sondino e inserirlo nella stomia per 10-15cm.
6. Verificare la localizzazione. Determinando il corretto posizionamento del sondino, si
aspirano le secrezioni e controllare il Ph e il prodotto residuo. Se l’alimentazione è
continua ogni 4-6h. Rimuovere lo stantuffo della siringa. Versare 15-30ML di acqua,
rimuovere il morsetto del sondino.
7. Somministrare l’alimentazione. Mantenere la siringa da 7 a 15 cm sopra la stomia.
Versare la miscela nella siringa. Aggiungere 30ML di acqua prima che si svuoti la
siringa. Chiudere il morsetto e rimuovere la siringa. Se il sondino è fissato in sede
rimuovere la siringa e chiudere con un morsetto. Se non è in sede rimuovere il
catetere per l’alimentazione. Togliere e gettare i guanti.
8. Assicurare il comfort e la sicurezza del pz. 30 minuti sollevato. Verificare lo stato
peristomale. Generalmente viene lavata con acqua e sapone neutro ogni giorno.
Possono essere usati vaselina, ossido di zinco e applicare garze 10x10 già tagliate
intorno al sondino.
9. Documentare tutto nella documentazione clinico infermieristica.
SOMMINISTRAZIONE DI FARMACI
5. Indossare i guanti. Se il pz è in nutrizione continua mettere pausa.
6. Scollegare il tubo usato per la nutrizione del sondino. Mettere un tappo nel tubicino.
7. Verificare la collocazione del sondino aspirando misurando il ph.
8. Schiacciare o piegare il sondino gastrico. Aspirare il contenuto e misurare il volume
residuo.
9. Reinserire nello stomaco. Schiacciare o piegare il sondino e rimuovere la siringa.
10. Somministrare il farmaco. Rimuovere lo stantuffo della siringa e collegarla al
sondino. Inserire 30ML di acqua nel cilindro prima di somministrare il farmaco.
Chiedere il tubo prima che tutta l’acqua venga introdotta. Versare il farmaco. Se non
bisogna somministrare un altro eseguire un lavaggio di 30ML con acqua di rubinetto.
Schiacciare o piegare il sondino e ricollegare al tubicino dell’alimentazione. Se era
collegato ad un sistema di aspirazione tenere chiuso per 20-30 minuti.
11. Documentare tutto nella cartella clinico infermieristica.

60. Il candidato illustri come istruirebbe il personale di supporto sulle procedure


per il corretto smaltimento dei rifiuti ospedalieri, liquidi biologici e taglienti.

Il personale di supporto è la figura che in ambito ospedaliero svolge la propria attività su


indicazione degli operatori professionali preposti all’assistenza sanitaria e a quella
sociale e agisce sotto la diretta responsabilità dell’infermiere, quindi l'infermiere è
tenuto ad assicurarsi che il personale di supporto è ben informato riguardo allo
smaltimento dei rifiuti e nel caso in cui viene accertato che ci siano delle lacune ha il
dovere di istruirlo. Innanzitutto deve spiegare come sono classificati i rifiuti, come
devono essere smaltiti, come devono essere depositati e quali sono i rischi connessi alla
loro gestione. I rifiuti ospedalieri sono classificati come segue:
a) Rifiuti sanitari non pericolosi sono costituiti da materiale metallico non
ingombrante, materiale metallico ingombrante, vetro per farmaci e soluzioni privi di
deflussori e aghi, gessi ortopedici.
b) Rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani sono gli imballaggi dei medicinali (vetro,
carta, cartone, metalli etc.), le bende, gli indumenti dei degenti (se non affetti da malattie
infettive), la spazzatura e i rifiuti di giardinaggio provenienti da strutture sanitarie, i
rifiuti provenienti dalla preparazione o dalla somministrazione di pasti serviti ai degenti.
Per poter fare la raccolta differenziata, sono necessari dei contenitori di raccolta per il
vetro e il metallo, per la carta, per la plastica e per il materiale non reciclabile. Gli effetti
letterecci sporchi invece sono raccolti in sacchi trasparenti.
c) Rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo sono prodotti in ambito sanitario
che presentano almeno uno di questi pericoli: tossico, infiammabile, nocivo o irritante;
da arginare è solo il rischio chimico e non infettivo, parliamo di sostanze chimiche di
scarto pericolose e contenenti sostanze pericolose e batterie.
d) Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo provengono da ambienti di isolamento
infettivo o sono venuti in contatto con qualche liquido proveniente dai pazienti
ricoverati in tali reparti. Fanno parte dei rifiuti ospedalieri a rischio infettivo anche
sangue, feci, urine, secrezioni vaginali, liquido seminale, liquido sinoviale, liquido
amniotico, espettorato e i rifiuti derivanti da attività di laboratorio. Sono gestiti tramite
appositi imballaggi riportanti il simbolo del rischio biologico e l'etichettatura Rifiuti
Sanitari Pericolosi a Rischio Infettivo o Rifiuti Pericolosi a Rischio Infettivo taglienti o
Pungenti.
Il materiale tagliente come i bisturi o i rasoi e quelli pungenti come gli aghi, i pungidito
o le lancette, devono essere smaltiti in contenitori rigidi di plastica, dotati di un sistema
per sganciare gli aghi in sicurezza e di un sistema di chiusura irreversibile da usare
quando i rifiuti hanno raggiunto il livello di riempimento massimo. Una volta chiusi,
vanno smaltiti nei contenitori per i rifiuti pericolosi a rischio infettivo. I contenitori
vanno chiusi con l'apposita fascetta, senza toccare o comprimere il contenuto. Durante lo
smaltimento dei rifiuti vanno indossati i DPI (guanti, mascherina, occhiali a seconda del
caso), inoltre devono essere rispettate le modalità di raccolta dei rifiuti (non riempire
per più di 2/3 del contenitore) e di manipolazione dei contenitori (non pressare il
contenuto) e quando possibile è indicata la copertura vaccinale. Tutti i contenitori
devono essere etichettati con le indicazioni riguardo il simbolo di pericolo, la classe di
pericolosità , data di confezionamento e Unità Operativa. Se sono rifiuti speciali
pericolosi si deve indicare con la lettera "R" nera su un fondo giallo. I rischi connessi alla
gestione dei rifiuti possono essere di tipo infettivo, conseguenti a infortuni con
conseguenti ferite da taglio o da punta, di tipo chimico dovuti alla presenza di sostanze
chimiche derivanti dall'attività ospedaliera e rischi traumatici dovuti alla
movimentazione dei contenitori.

61. Il candidato descriva le procedure assistenziali e la gestione infermieristica


del paziente collegato ad un dispositivo per ventilazione meccanica e
l’effettuazione della broncoaspirazione in regime di ricovero e domiciliare.

La ventilazione meccanica è una procedura che ha lo scopo di sostituire o integrare


l'attività dei muscoli inspiratori per mezzo di un ventilatore meccanica, fornendo
l'energia necessaria ad assicurare al polmone un volume di gas adeguato. Può essere a
pressione negativa e a pressione positiva. Con quella a pressione negativa si crea una
depressione all'interno del polmone (pressione negativa) che durante l'inspirazione
permette l'entrata dell'aria. Sono di uso semplice, adatti per un uso domestico e non
richiedono l'intubazione.
Con quella a pressione positiva invece si insuffla nelle vie aeree, a pressione positiva,
una miscela di gas, quindi anche l'aria. Tale tipo di ventilazione si può effettuare in modo
invasivo, attraverso la tracheotomia o attraverso il tubo endotracheale o in modo non
invasivo, attraverso maschere facciali, nasali o casco che una volta fissate al volto
possono essere collegate al ventilatore. La ventilazione può essere controllata, assistita e
assistita-controllata.
Con quella ventilazione controllata il paziente deve adattarsi al ritmo della macchina: è
il ventilatore a iniziare e a terminare l'atto inspiratorio e svolge da solo il lavoro
respiratorio.
Con la ventilazione assistita il ventilatore eroga pressione solo a comando del paziente
(il paziente inizia l'atto e il ventilatore aiuta il paziente durante il lavoro respiratorio).
Infine con la ventilazione assistita-controllata ogni atto respiratorio è sostenuto dal
ventilatore: il paziente respira spontaneamente ma viene impostata una frequenza
respiratoria minima sul ventilatore e qualora il ventilatore non registra alcuno sforzo da
parte del paziente, vengono ad esso erogati atti respiratori alla frequenza minima
impostata. Altre modalità ventilatorie possono essere sono la Cpap o la niv. Attraverso la
Cpap si mantiene una pressione costantemente positiva; non è una modalità ventilatoria,
ma è un metodo per mantenere positiva la pressione all'interno delle vie aeree, in modo
da evitare il collasso degli alveoli. Il paziente respira spontaneamente per cui deve
essere in grado di esercitare una sua forza inspiratoria. La NIV invece è una ventilazione
vera e propria, non invasiva, che si eroga attraverso maschera facciale, nasale o casco.
L’assistenza infermieristica si basa sul:
 Monitorizzare la saturazione dell’ossigeno e i valori EGA;
 Rilevare eventuali edemi;
 Controllare il bilancio idrico
 Promuovere posizionamenti che favoriscono la respirazione come pos. Ortopnoica.
 Valutare lo stato di coscienza, PV, corretto funzionamento ventilatorio, integrità
cutanea.

La broncoaspirazione è una procedura che consente la rimozione delle secrezioni


presenti nell’albero bronchiale per mezzo di una fonte di aspirazione (a domicilio è un
dispositivo mobile) e di un sondino (che non dovrebbe occlude più della metà del
diametro interno della via aerea artificiale) inserito nelle vie aeree tramite vie naturali o
artificiali per mantenere la pervietà e promuovere gli scambi respiratori. Viene eseguita
se vi è necessità , dopo aver valutato la qualità e l’efficacia respiratoria del pz attraverso:
Valutazione visiva: osservando presenza di alterazione della frequenza respiratoria con
dispnea, tosse, colorito cianotico, respiro superficiale.
Valutazione auscultatoria: con fonendoscopio i rumori del respiro, gorgogli o rantoli
dovuti al aumento delle secrezioni.
Valutazione tattile: toccando con il palmo della mano il torace per sentire eventuali
vibrazioni trasmesse dal passaggio d’aria.
Le complicanze della procedura possono essere: ipossiemia, aritmie, aumento
diminuzione della pressione arteriosa.
Sono indicate nei pz sottoposti a ossigenoterapia continua, pz che hanno dimostrato
aritmie cardiache durante la manovra che può essere necessario iperossigenare il pz per
almeno 1 minuto.
MATERIALE OCCORRENTE
Apparecchio d’aspirazione; sonda per l’aspirazione; raccordo Y sterile; soluzione
fisiologica per l’aspirazione; disinfettante per le mani; guanti monouso; guanto sterile;
DPI (camice, maschera, occhiali); sacchetto per rifiuti.
Procedura:
- Accertare la necessità della broncoaspirazione; se necessario aspirare prima le
secrezioni
presenti nel naso e retrobocca
- Informare il paziente e determinare il grado di collaborazione del paziente.
- Posizionare adeguatamente il paziente; decubito supino se incosciente, altrimenti
favorire la posizione ortopnoica o semiortopnoica.
- Indossare i dispositivi di protezione individuale nel seguente ordine: maschera
chirurgica, occhiali e camice e disinfettare le mani.
- Aprire la confezione con la sonda per aspirare, senza farla uscire dalla confezione.
- Connettere la sonda al raccordo a “Y”.
- Impostare l’apparecchio di aspirazione ad una pressione massima di 120 mmHg ed
accenderlo.
- Quando è possibile il paziente va incoraggiato ed va aiutato a tossire prima di
procedere alla bronco aspirazione.
- Disinfettare le mani, indossare i guanti non sterili ed mettere il guanto sterile sulla
mano con la quale si sfila la sonda dalla confezione.
- Sfilare la sonda dalla confezione mantenendo la massima sterilità , evitando di
contaminare la punta.
- Introdurre la sonda con delicatezza nella cannula (senza aspirazione). Di regola non si
supera la lunghezza della cannula. Solo in caso di necessità si scende oltre di 1-2 cm fino
ad arrivare alle secrezioni.
- Mettere il pollice sull’apertura libera del raccordo a “Y” e ritirare la sonda ruotandola
(non effettuare movimenti sali e scendi). La pressione massima di aspirazione è di 120
mmHg.
- Informare costantemente il paziente ed invitarlo a tossire.
- Procedere all’aspirazione che non deve superare i 10-15 secondi.
- nuovo sondino e cambiando il guanto sterile. In tal caso lasciare riposare il paziente
per un istante tra un’aspirazione e l’altra ed invitarlo ad eseguire dei respiri profondi. Si
raccomanda di utilizzare al massimo due passaggi di aspirazione.
- Alla fine dell’aspirazione togliere la sonda dall’aspiratore ed eliminarla nel sacchetto
dei rifiuti insieme al guanto sterile. Il raccordo a “Y “ viene sostituito ogni 24 ore.
- Risciacquare il tubo dell’aspiratore con soluzione fisiologica e posizionarlo
nell’apposito involucro (il tubo va cambiato 1 volta alla settimana e viene eliminato).
- Posizionare l’accessorio indicato sulla tracheotomia (secondo la prescrizione medica:
naso artificiale, valvola fonatoria o tappo).
- Togliere i guanti, disinfettare le mani ed inseguito togliere la maschera chirurgica, gli
occhiali* ed il camice*. (*vanno cambiati ogni 24 ore o prima se visibilmente sporchi).
- Aiutare il paziente ad assumere una posizione comoda.
- Riordinare tutto il materiale e la camera; chiudere il sacchetto dei rifiuti ed
allontanarlo dalla camera.
- Disinfettare le mani.
- Documentare l’avvenuta aspirazione ed eventuali osservazioni (la quantità ed il colore
del secreto, le condizioni del paziente, ecc.).

62. Il candidato deve effettuare un EGA. Descriva la procedura da seguire per


l’effettuazione di un prelievo arterioso all’adulto ed al neonato.

La procedura è stata discussa durante il consiglio superiore della sanità del 23/06/2005.
Delegata all’infermiere nella sede radiale.
L’emogasanalisi consiste nel prelievo di sangue arterioso, che serve per valutare
l’adeguatezza dell’ossigenazione, l’equilibrio acido-base e monitorare trattamenti. Si
valutano i parametri del PH del sangue, la pressione parziale dell’ossigeno (pO2) la
pressione parziale della Co2, bicarbonati, lattati. La siringa utilizzata in questa
procedura è eparinizzata già pronta solitamente.
Prima di effettuare un prelievo arterioso è bene effettuare il test di Allen, per
determinare se l’arteria ulnare porti una quantità di sangue sufficiente ad irrorare la
mano e le dita, nel caso si provochi un danno all’arteria radiale durante il prelievo.
1. Far chiudere il pungo al pz per diminuire il flusso di sangue nella mano.
2. Utilizzare medio e indice per occludere ulnare e radiale per alcuni secondi.
3. Far aprire la mano al pz. Si noterà il palmo della mano pallido. Rilasciare la pressione
sull’ulnare. Se la mano diventa rossa indica che la perfusione riempie i vasi. Se no
provare dall’altra mano.
MATERIALE
 Siringa emogas;
 Garze ;
 Cerotto;
 Tampone per disinfettare, clorexidina;
 Etichetta per dati;
PROCEDURA
1. identificare il pz e spiegargli la procedura.
2. lavarsi le mani. Indossare i guanti.
3. provvedere alla privacy.
4. Posizionare il pz in una posizione comoda. Stendere bene il braccio.
6. Disinfettare il sito di iniezione. Identificare il sito con la palpazione senza effettuare
eccessiva pressione e senza toccare il sito disinfettato.
7. tenere la smussatura dell’ago verso l’alto con angolo a 45°.
8. Pungere e osservare il deflusso di sangue.
9. Dopo aver effettuato il prelievo, ritirare la siringa e comprimere con una garza. Per
almeno 5 minuti. Se il pz è in terapia anticoagulante 10-15 minuti.
10. Analizzare il campione nell’apposito macchinario. Facendo attenzione nel
maneggiare il campione. Smaltire l’ago nell’apposito contenitore per taglienti. Mettere i

Nei neonati

risultati nella cartella clinica del pz.


63. Il candidato descriva le procedure assistenziali per la gestione di impianti
infusionali a DEVICE (CVC; Porth; PICC; Med line, ect)

Una linea venosa centrale è un catetere inserito in una vena di grande calibro localizzato
centralmente nel corpo. La punta del catetere può terminare nella vena cava superiore o
nell’atrio destro del cuore. Le linee venose centrali vengono inserite principalmente per:
 Evitare al pz numerose punture venose con catetere EV periferici;
 Somministrare sol k sono altamente irritanti per le vene di piccolo calibro;
 Consentire i prelievi di campioni di sangue quando questi devono essere
effettuati frequentemente;
 Monitorare la pressione venosa centrale.
Le linee venose centrali standard consistono in cateteri di varia lunghezza, di solito in
poliuretano o gomma di silicone. Esistono quattro tipi principali di linee centrali:
 Cateteri centrali percutanei: vengono di solito posizionati nella vena succlavia,
vena giugulare interna, femorale. Per l’inserimento percutaneo, l’operatore utilizza
un catetere con un mandrino per penetrare la vena. Quando la vena è stata perforata
e l’ago correttamente posizionato, il catetere viene stabilizzato, fissato alla lunghezza
desiderata e suturato alla cute. Quando il catetere è in posizione, il mandrino viene
rimosso.
 Il PICC, è un catetere centrale inserito perifericamente, è molto lungo (da 45-60)
è inserito in una vena del braccio(basilica, cefalica) e si estende al terzo distale della
vena cava superiore. Le linee PICC possono rimanere in posizione per oltre 6 mesi.
Una variazione del PICC è rappresentata dall’impiego di cateteri da 8 a 20 cm per
terapie che durano 3 o 4 settimane.
 Cateteri venosi centrali tunnellizzati: sono cateteri inseriti chirurgicamente e
vengono impiantati attraverso dei tragitti sottocutanei. Possono rimanere per anni.
 Accessi impiantati: sono singoli o multilume e sono costituiti da un catetere
introdotto nella vena succlavia collegato a un accesso posizionato chirurgicamente
sotto la cute, solitamente nella parte superiore del torace del pz.

I dispositivi di accesso vascolare impiantati (DAVI) sono posizionati chirurgicamente


completamente sotto la cute. In questo modo, presentano il vantaggio di non essere
visibili e non richiedono cambi di medicazione o altro tipo di assistenza associata alle
linee centrali con componenti esterni. Cmq i DAVI devono essere accessibili impiegando
un ago inserito attraverso la cute del pz. Questo ago deve essere un ago di Huber, in
modo che parti del setto di entrata non siano asportate ogni volta k l’ago viene inserito.
Il Port-a-cath è un catetere venoso centrale totalmente impiantabile, che può essere a
punta aperta o chiusa e può avere uno o più resorvoir.
GESTIONE DAVI:
1. Presentarsi e verificare l’identità del pz.
2. Lavarsi le mani. 3. Provvedere alla privacy.
4. Preparare il sito di inserzione. Posizionare il dispositivo accesso vascolare impiantato
e il setto (disco al centro dell’accesso), dove verrà inserito l’ago. Preparare la cute
iodiopavidone, clorexidina. Indossare guanti sterili. Per ridurre il disaggio della puntura
si può utilizzare un impacco di ghiaccio.
5. Inserire l’ago di Huber. Afferrare il dispositivo tra le dita della mano non dominante.
Inserire l’ago nel setto con un angolo di 90°. Evitare di muovere o piegare l’ago quando il
setto è perforato. Quando l’ago tocca il setto aspirare del sangue per verificare il corretto
posizionamento. Effettuare un lavaggio con fisiologica.
6. Prevenire la manipolazione e lo spostamento dell’ago. Se rimane in posizione per un
tempo maggiore per il prelievo di sangue o lavaggio, fissarlo alla cute. Supportarlo con
garze e applicare una medicazione occlusiva trasparente sul sito.
7. Collegare il deflussore all’infusione o un tappo di accesso per infusioni a
intermittenza. L’ago può rimanere in situ 1 settimana.
8. Dopo l’uso eseguire un lavaggio finale con eparina.
9. togliere e gettare i guanti. Documentare tutto.
Per prelievo di un campione di sangue. Aspirare 10 ML si sangue ed eliminarli. Aspirare
il campione. Instillare 10 ML lenti di fisiologica. 5 ML di eparina per mantenere la
pervietà .
GESTIONE LINEEA CENTRALE
1. presentarsi e verificare la procedura.
2. lavare le mani e osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
3. Posizionare il pz in modo appropriato.
4. Etichettare tutte le vie di accesso nell’utilizzo di cateteri multi lume. (es. lume distale
per monitore PVC e infondere sangue, centrale NPT, prossimale sol EV). oppure tramite
codice cromatico.
5. Verificare i collegamenti dei deflussori. Controllare ogni 2h. Coprire con nastro i tappi.
6. Sostituire i deflussori in base ai protocolli previsti. Il deflussore NTP dovrebbe essere
cambiato ogni 24h se contengono emulsioni di grassi; ogni 72h se non.
7. Cambiare medicazione del CVC. A seconda del tipo di medicazione.
8. Somministrare le infusioni. Si può usare una pompa per i liquidi. Istruire il pz a
effettuare la manovra di Valsava qualora la linea si interrompa. Se non è capace mettere
il pz in posizione supina e chiudere il lume.
9. Applicare tappi sulle vie non utilizzate e lavarle regolarmente. Chiudere con un tappo
il lume non in uso. Prima di utilizzarlo detergere il raccordo o tappo con soluzione
alcolica o iodio. Lavare i lumi con fisiologica, alcune strutture utilizzano eparina. Per i
lavaggi utilizzare una siringa da 10 ML o più grande.
10. Somministrare i farmaci prescritti. Se un lume usato per la somministrazione dei
farmaci è stato lavato con eparina, aspirarla ed eliminarla oppure lavare la linea con 5-
10ML di fisiologica. Dopo introduzione del farmaco, lavare con fisiologico e poi con
eparina se indicato dalla struttura.
11. Monitorare il pz per eventuali complicazioni. Verificare i PV, colorito cute, stato
mentale, l’aspetto del sito d’inserzione. Se si sospetta un’infezioni sostituire NPT il
sangue o altre infusioni, cambiare il deflussore EV e la medicazione e conservare le
soluzioni rimanenti per le analisi di laboratorio registrare il numero di lotto. Se il lume è
occluso può dipendere da un trombo. Una radiografia del torace deve essere effettuata
per verificare che il catetere sia posizionato correttamente. Se si sospetta embolia
somministrare ossigeno sotto prescrizione medica.
MEDICAZIONE
La letteratura consigli di cambiare le medicazioni trasparenti a intervalli regolari a meno
che non siano bagnate allentate o sporche. Le medicazione di garza dovrebbero essere
cambiante ogni 48h, mentre quelle semipermeabile trasparente possono essere lasciate
fino a 7 giorni.

64. Il candidato deve preparare e somministrare un farmaco chemioterapico.


Descriva le procedure per la somministrazione e per la gestione degli effetti
collaterali più comuni.

La chemioterapia è un tipo di cura dei tumori, che usa farmaci per distruggere le cellule
neoplastiche. I farmaci citotossici devono essere preparati sotto cappa sterile di
sicurezza biologica, l'aria ambiente è spinta attraverso una griglia anteriore per formare
una barriera in grado di proteggere l'operatore.
Le cappe dovrebbero restare accese 24 su 24,e disinfettarle regolarmente. Il materiale
che bisogna disporre guanti, camici con polsi a maglia, telini assorbenti, garza
tamponcini disinfettanti, sacchetti ermetici per i rifiuti contaminati, contenitori rigidi
per smaltire aghi. Prima di somministrare i farmaci chemioterapico si devono lavare
accuratamente le mani indossare i guanti, indossare un camice chiuso sul davanti e polsi
a maglia, tutti i dispositivi di protezione individuale.(guanti, camice, mascherina, cuffie
ed occhiali protettivi).
PROCEDURA
1. Informare il pz sulla procedura, modalità di somministrazione e effetti collaterali.
2. Coinvolgere il pz sul piano di cure e stimolarne inoltre la partecipazione pure dei
familiari.
3. Prima di iniziare la somministrazione verificare: pz, dose, modalità , eventuali
complicanze.
4. La sequenza dei farmaci avviene secondo dei protocolli di trattamento.
5. Si utilizzano un nuovo deflussore per ogni sacca o flacone. Fare attenzione quando si
stacca il deflussore. Deve essere sempre controllati e asciugati con garze.
6. Al termine le sacche devono essere eliminate senza staccare il deflussore. L’intero set
deve essere avvolto in un telino assorbente, introdotto in un sacco raccoglitore per
rifiuti citotossici e sigillato. Tutti i materiali contaminati devono essere eliminati con
cautela in contenitori specifici.
Uno dei maggiori pericoli legati alla terapia per EV è lo stravaso, che può provocare
complicanze quali lesioni, infiammazioni e necrosi locale. Nel caso in cui si verifichi agire
tempestivamente, sospendendo subito il farmaco lasciando l’ago in situ, attraverso il
quale si somministra l’antidoto. Applicando un per almeno 24h un borsa del ghiaccio
sulla zona interessata.
EFFETTI COLLATERALI
Dermatite: prevenire lesioni da grattamento (antistaminici)
Alopecia: avvertire il pz che la caduta dei capelli è temporanea e può coinvolgere pube,
ascelle, ciglia e sopra ciglia.
Nausea e vomito: somministrare farmaci antiemetici per ridurre al minimo gli stimoli
esterni che possono indurre il vomito.
Diarrea, stipsi. Controllare idratazione, impiegare lassativi.
Dolore: il sintomo più frequente.

65. Il candidato illustri la procedura di effettuazione del triage in pronto soccorso.

Il triage è un processo decisionale dinamico che si rende necessario ogni volta che la
numerosità dei soggetti da trattare contemporaneamente supera la capacità della
risposta immediata da parte dell’equipe del PS. È stato proposto per OTTIMIZZARE
L’ASSISTENZA SANITARIA. Serve per valutare precocemente i pz, in modo da attribuire
a ciascuno di essi un codice di priorità a cui adeguare TEMPI e MODALITÀ
D’INTERVENTO. La valutazione delle priorità è definita attraverso un CODICE COLORE,
utilizzando come criteri degli indicatori:
 indicatori vitali sono le alterazioni a carico della via aerea, della respirazione,
della circolazione e dell’assetto neurologico (mantenimento e stabilità dell’ABCD)
 indicatori generali sono problemi concomitanti che aumentano la gravità
(intensità del dolore, dell’emorragia, di alterazioni della temperatura)
 indicatori specifici primari sono direttamente collegati ai segni/sintomi
(localizzazione del dolore toracico, dinamica di un evento in caso di trauma)
 indicatori specifici secondari sono indirettamente collegati ai segni/sintomi
(età , fattori di rischio)
Il triage è costituito da una serie di fasi:
1. valutazione sulla porta (A-B-C-D)
2. raccolta dati mirata
3. rivelazione dei parametri vitali e breve esame fisico mirato
4. attribuzione del codice colore
5. rivalutazione
CODICE ROSSO: molto critico, priorità massima, pazienti con compromissione di
almeno una delle funzioni vitali, accesso immediato alle cure. es. convulsioni in atto,
cefalea acuta con deficit neurologici;
CODICE GIALLO: paziente in potenziale pericolo di vita, nei quali vi è minaccia di
cedimento di una funzione vitale. es. dolore toracico, assunzione incongrua di farmaci.
Accesso entro 10-15 min e rivalutazione ogni 15 min;
CODICE VERDE: paziente che non presenta compromissione significativa dei parametri
vitali, che non appare particolarmente sofferente e per il quale è estremamente
improbabile un peggioramento del quadro clinico. es. cefalea senza segni neurologici
associati in paziente cefalico noto. Accesso entro 30-60 min e rivalutazione ogni 30 min;
CODICE BIANCO: richiesta di prestazioni sanitarie che non rivestono alcun carattere di
urgenza e per le quali potrebbero essere effettuati altri percorsi (intra o extra
ospedalieri). es. dermatite, tonsillite, congiuntivite. accesso entro 60-120 min e
rivalutazione a richiesta.

66. Il candidato descriva le procedure assistenziali in regime di ricovero o


domiciliare per la gestione di un paziente affetto da SLA. Descriva le procedure
assistenziali per la gestione del paziente con supporto ventilatorio CPAP o NIV.

La sclerosi laterale amiotrofica, nota anche come SLA, morbo di Gehrig o malattia
dei motoneuroni, è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale. Colpisce
alcune particolari cellule nervose, i motoneuroni, che garantiscono funzioni diverse,
come:
 Respirare
 Camminare
 Deglutire
 Parlare
 Impugnare gli oggetti
Ne deriva una progressiva perdita di controllo delle più importanti attività muscolari. La
morte per SLA sopraggiunge, molto spesso, a causa di un'insufficienza respiratoria
grave, dopo circa 3-5 anni dall'esordio della malattia.
La Ventilazione Meccanica Non Invasiva (Non Invasive Ventilation, NIV) è una
metodica che permette di fornire al paziente un supporto ventilatorio parziale o totale
senza ricorrere all'intubazione endotracheale o alla tracheotomia, impiegando maschere
o caschi. Riduce complicanze correlate alla ventilazione invasiva come: polmoniti
nosocomiali, sinusiti, otiti, lesioni della mucosa tracheale. La NIV mediante la maschera
nasale o facciale, inoltre, riduce in modo significativo lo stress e il disagio conseguenti
all’intubazione endotracheale e risulta più accettabile e maggiormente tollerata dal
paziente.
La CPAP è da considerarsi una ventilazione non invasiva che consiste nella respirazione
a pressione positiva. È una metodica utilizzata sia per l’assistenza domiciliare dei pz. Con
insufficienza respiratorio cronica, sia per il trattamento ospedaliero di pz con diversi
forme di insufficienza respiratoria. Il suo funzionamento consta nel far respirare
spontaneamente il pz attraverso un circuito nel quale la pressione venga mantenuta
costantemente positiva, anche nelle fase espiratoria. La PEEP pressione positiva
continua infatti, previene il collasso delle vie aeree distali a fine espirazione che
caratterizza alcune forme di ins. Respiratoria. La CPAP può essere erogata tramite
maschera (facciale o nasale), scafandro (casco), erogatore di flusso e di ossigeno o con
un ventilatore meccanico.
L’infermiere deve controllare periodicamente i parametri vitali, i valori
dell’emogasanalisi e i segni e sintomi del paziente. L’approccio dell’infermiere al pz
consiste nel:
 Tenere sempre sotto controllo il pz.
 Rassicurarlo e tranquillizzarlo.
 Informarlo spiegargli i vantaggi della terapia.
 Posizionarlo in posizione ortopnoica e comoda.
Durante la procedura bisogna controllare eventuali perdite di aria per garantire una
corretta ventilazione. La ventilazione può essere interrotta durante l’alimentazione,
l’espettorazione e le manovre di nursing, garantendo l’apporto di O2 attraverso le
cannule nasali. Controllare i punti di pressione della maschera. Controllare EGA dopo 1
ora se richiesto.

67. Il candidato descriva le procedure assistenziali dalla richiesta alla


somministrazione di emoderivati.

Una trasfusione di sangue è l’introduzione di sangue intero o di alcuni componenti (es.,


plasma o eritrociti) nella circolazione venosa. Il sangue umano è classificato in quattro
gruppi principali (A, B, AB e O) sulla base degli antigeni presenti sulla superficie degli
eritrociti. Questi antigeni possono causare reazioni immunitarie quando vengono a
contatto con sangue non compatibile. Inoltre è presente anche il fattore Rh, un altro
antigene che può causare reazioni emolitiche in soggetti che presentano anticorpi diretti
contro di essi. Sono definite quindi rh positivo e rh negativo. Per evitare reazioni
trasfusionali emolitiche, il sangue del donatore e del ricevente vengono testati per
verificarne il tipo e la compatibilità crociata.
Il sangue arriva alla struttura sanitaria, dal centro trasfusionale di riferimento, in
sacchetti di plastica. Un’unità di sangue intero ha un volume di 500 mL; un’unità di
eritrociti ha un volume di circa 200/250 mL.
I set per la somministrazione di sangue (set Y) vengono impiegati per mantenere pervia
la vena mentre si inizia la trasfusione, per lavare la linea con soluzione fisiologica prima
che il sangue scorra nel deflussore e quando si presenti qualsiasi effetto avverso alla
trasfusione. Le trasfusioni di sangue di solito sono effettuate utilizzando un ago da 20
gauge o più grande o un catetere venoso.
Le reazioni trasfusionali possono essere:
Emolitica: incompatibilità Segni: freddo, febbre, mal di 1. sospendere, rimuovere
tra sangue del ricevente e testa, mal di schiena, deflussore, nuovo con
donatore dispnea, cianosi, dolore fisiologica.
toracico, tachicardia, 2. Avvisare il medico,
ipotensione. inviare il sangue rimanente.
Febbrile: pz sensibile ai Febbre, brividi, cute, 1. sospendere
globuli bianchi, piastrine arrossata, mal di testa, 2. soluzione fisiologica
proteine plasmatiche ansia, dolore muscolare Avvisare il medico
Allergica(blanda): pz Vampate, prurito, orticaria, 1. sospendere
sensibile alle proteine asma bronchiale 2. avvisare il medico,
plasmatiche antistaminico
Allergica(severa): Dispnea, dolore toracico, 1. sospendere avvisare il
reazione antigene- collasso cardiocircolatorio, medico
anticorpo arresto cardiaco 2. fisiologica. PV, RCP
Sovraccarico di liquidi: Tosse, dispnea, vene 1. Mettere seduto il pz con i
sangue trasfuso giugulari dilatate, piedi penzolanti.
velocemente rispetto alla tachicardia, ipertensione 2. sospendere o rallentare.
capacità Avvisare il medico
Sepsi: sangue contaminato Febbre alta, brividi, vomito, 1. sospendere
diarrea, ipotensione 2. fisiologica medico
3. antibiotico emocoltura
4. sangue rimane al centro
trasfusionale.

PREPARAZIONE
 Prima di effettuare la procedura, presentarsi e verificare l’identità del paziente .
 Illustrare la procedura.
 Se ha un infusione in corso verificare se l’ago ha le giuste dimensioni(18-20G). La
soluzione deve essere fisiologica.
PROCEDURA
1. Provvedere alla riservatezza del pz. Far assumere una posizione comoda, seduta o
sdraiata.
2. lavare le mani e osservare le procedure per le infezioni.
3. Preparare il materiale. Assicurarsi che il filtro nella camera di gocciolamento sia
adatto ai componenti del sangue che devono essere trasfusi. Indossare i guanti. Chiudere
tutti i morsetti sul set Y. Inserire il una fisiologica e appendere il contenitore all’asta
fleboclisi circa 1m sopra il sito.
4. Preparare il deflussore. Aprire il morsetto della fisiologica e schiacciare la camera di
gocciolamento. Espellere aria dal filtro. Aprire il morsetto principale e preparare la sol.
Fisiologica.
5. Iniziare l’infusione con fisiologica. Collegare il deflussore del sangue preparato con la
soluzione fisiologia al catetere. Aprire la soluzione fisiologica e i morsetti principali.
6. Verificare che il componente del sangue da trasfondere al pz sia quello giusto.
Controllare:
 La prescrizione con la richiesta; modulo di richiesta e l’etichetta della sacca
con il tecnico del centro trasfusionale.
 Nome del pz, numero di identificazione, tipo ABO e RH, numero del donatore,
data scadenza. Osservare se il sangue presenza colore anormale, stato di
aggregazione, bollicine.
 Con un altro infermiere confrontare la registrazione di laboratorio del con: due
identificativi del pz, numero sull’etichetta della sacca di sangue, tipo ABO e RH
sull’etichetta della sacca.
Accertarsi che gli eritrociti vengono tenuti a temperatura ambiente non più di 30
minuti prima la trasfusione (riconsegnare se non trasfuso). Piastrine non raffreddare e
tenere sempre in agitazione per prevenire la coagulazione. Infondere a una velocità di
10ML/min. Agitare la camera di gocciolamento ogni 10 min. Plasma fresco congelato:
infondere entro 24h dallo scongelamento.
7. Preparare sacca sangue. Capovolgere la sacca di sangue diverse volte per mescolare le
cellule con il plasma. Tirare i bordi di plastica del sigillo. Inserire la sacca nel set Y.
Apprendere.
8. Infondere la trasfusione di sangue. Chiudere il morsetto superiore con fisiologica.
Aprire il morsetto sotto la sacca del sangue. Regolare il flusso con il morsetto principale.
Togliere e gettare i guanti.
9 Osservare il pz per i primi 15 minuti. Far scorrere lentamente, 20 gocce/min per 15
minuti. Osservare effetti avversi. Istruire il pz sul riconoscimento di tali effetti.
10. documentare sulla cartella clinico infermieristica i dati. Registrare l’ora di inizio,
valori di riferimento dei PV, contenuto della trasfusione, N unità , sequenza, velocità .
Monitorare il pz. Dopo 15 minuti dalla trasfusione rilevare i PV. Se non sono presenti
effetti avversi ogni 30 minuti.
11. Terminare trasfusione. Indossare guanti monouso. Chiudere il morsetto del
deflussore del sangue e rimuovere l’ago. Eliminare i materiali usati.

68. Il candidato è chiamato ad assistere un paziente con emorragia gastrica.


Descrivere segni sintomi e procedure assistenziali nei vari gradi di gravità
possibili.

Le emorragie digestive manifeste si presentano con il vomito (ematemesi se il sangue è


rosso vivo; caffeano se parzialmente digerito dai succhi gastrici), perdite di sangue
attraverso il retto (enterorragia: emissione di sangue rosso vivo dal retto) oppure con
l'evacuazione di feci nere (melena). L'ematemesi indica un sanguinamento in atto o
recente, con origine nella prima parte del tratto gastrointestinale (esofago, stomaco o
duodeno). Il vomito caffeano, invece, è di colore nerastro poiché il sangue rimane per
qualche tempo nello stomaco.
Emorragia del tratto gastrointestinale superiore
Inizialmente, l’emorragia gastrointestinale acuta si manifesta con l’emissione di sangue
con il vomito, movimenti intestinali accompagnati dalla presenza di sangue oppure feci
scure e catramose. Il sangue emesso durante la vomizione può assumere l’aspetto di
“fondi di caffè”. I sintomi associati alla perdita di sangue possono includere:
• Stanchezza
• Debolezza
• mancanza di respiro/fiato corto
• dolore addominale
• pallore
-l’emissione di sangue con il vomito di solito ha origine in una porzione del tratto
gastrointestinale superiore;
-l’emissione di feci di colore rosso vivo o scuro può avere origine in una porzione del
tratto gastrointestinale inferiore o essere dovuta ad un sanguinamento a carico di una
parte del tratto gastrointestinale superiore;
-l’emorragia gastrointestinale a lungo termine può passare inosservata o causare
stanchezza, anemia o feci nere;
L’intervento dell’infermiere è fondamentale per rilevare segni e sintomi di
sanguinamento e prevenire uno shock ipovolemico. L’assistenza infermieristica deve
mirare a prevenire il peggioramento delle condizioni con una serie di procedure
assistenziali:
 Posizionamento di un catetere venoso periferico, di grosso calibro (14gauge).
Importantissimo per infondere velocemente liquidi, emoderivati e farmaci per
ripristinare la volemia e scongiurare uno stato di shock dovuto ad una massiva
perdita di sangue.
 SNG: drenare il sangue, effettuare lavaggi con acqua fredda (vasocostrizione).
 Esame obiettivo ed esami di laboratori0 (emocromo, ricerca sangue occulto)
 Collaborare con il medico durante indagini strumentali: endoscopia (EGDS).
 Monitoraggio dei parametri vitali: in particolare, associazione di tachicardia e
ipotensione sono campanelli d’allarme di emorragia.
 Valutare le caratteristiche del sanguinamento, la modalità di insorgenza e la
durata.
 Monitoraggio del bilancio idrico, registrare liquidi infusi e perdite dovute a
vomito, feci ed eliminazione urinaria.
 Monitoraggio diuresi, cateterizzazione urinaria per monitoraggio, in quanto
un’oliguria può essere associata ad una perdita massiva di sangue e al conseguente
stato di shock.
69. Il candidato deve informare le maestre di una scuola elementare sulle
procedure di utilizzo del defibrillatore automatico e semiautomatico. Simuli
l’evento formativo.

Nel nostro Paese la vendita e l’utilizzo della versione automatica del Defibrillatore non è
prevista, e l’utilizzo della versione Semi-Automatica deve essere associata ad un regolare
attestato BLS-D, espansione del noto corso di sopravvivenza BLS con l’aggiunta della D
(DAE). Si è ritenuto che i rischi per chi utilizza il Defibrillatore, oltre che per il “paziente”
su cui viene usato, diminuiscono radicalmente con la versione semi-automatica, motivo
per il quale in Italia si è deciso di utilizzare unicamente quest’ultima versione. La
differenza tra un Defibrillatore Automatico ed uno Semi-Automatico riguarda
fondamentalmente i tasti a bordo degli apparecchi. il Defibrillatore Automatico ne ha
uno solo “ON/OFF“: una volta sistemati gli elettrodi sulla vittima, si accende
l’apparecchio che analizza il ritmo e decide autonomamente se effettuare la scarica
elettrica oppure no. Nella versione semiautomatica, invece, i tasti presenti sono due
ON/OFF e SHOCK: dopo aver attaccato gli elettrodi, si accende l’apparecchio che effettua
i controlli del ritmo della vittima e consiglia eventualmente il rilascio della scarica
all’operatore che può effettuarlo attraverso il pulsante rosso.
Procedura: utilizzare il defibrillatore automatico esterno.
1. Riconoscere l’arresto cardiocircolatorio.
2. Iniziare la RCP fino all’arrivo del DAE. (Se si dispone di un DAE nelle vicinanze
applicare subito il DAE senza RCP).
3. Accendere il DAE e applicare gli elettrodi sulla cute asciutta: uno sulla parte
superiore dx del torace vicino alla clavicola e l’altro nella porzione inferiore sx
appena sotto il capezzolo.
4. Iniziare l’analisi del ritmo assicurandosi che nessuno tocchi il pz (analisi x 10-15
sec).
5. Se il DAE segnala la necessità di shock gridare “libero” per assicurarsi che nessuno
tocchi il pz e impartire lo shock.
6. Riprendere la RCP fino a che per 2 min (5 cilci di RCP) e ripetere l’analisi del ritmo.
70. Il candidato descriva come effettua la valutazione e la gestione della disfagia,
in relazione alla prevenzione e gestione della complicanza (polmonite ab
ingestis).

La disfagia è un’alterazione della normale progressione del bolo nelle vie digestive
superiori, causata da una disfunzione anatomo-funzionale dell'apparato digerente e
consistente nella difficoltà a deglutire. Può riguardare solo i cibi solidi, o anche quelli
semiliquidi o liquidi.
Segni e sintomi
A seconda della localizzazione la disfagia si può presentare con una clinica differente:
 le manifestazioni cliniche della disfagia orofaringea sono rappresentate da
difficoltà nel controllo del bolo nella cavità orale con perdita di saliva o cibo dalla
bocca, tosse, sensazione di soffocamento per aspirazione nelle vie aeree, rigurgito
nasale, ma anche affaticamento durante il pasto;
 la disfagia esofagea, invece, si può manifestare con sensazione di cibo che si blocca
a livello della parte bassa della gola o nel torace.
L’infermiere svolge un ruolo fondamentale, identificando segni e sintomi che possono
far sospettare disfagia andando a valutare asimmetria della rima orale, alterazioni della
mimica facciale, perdita di saliva, secchezza delle fauci ecc…
E’ fondamentale coinvolgere i familiare e un caregiver per monitorare l’alimentazione e
l’idratazione del paziente nelle 24h.Ovviamente tutti coloro che nutrono in pz devono
essere a conoscenza delle metodiche corrette prima e dopo i pasti.
Prima del Pasto:
Favorire un ambiente tranquillo senza troppe distrazioni, controllare che il soggetto sia
ben riposato, vigile e non sotto effetto di farmaci, controllare il cavo orale e aspirare se
necessario e controllare che il soggetto sia in grado di comunicare eventuali difficoltà .
Dopo il pasto:
Eseguire l’igiene orale e controllare che non ci siano residui di cibo, tenere la persona
seduta per almeno 30 min, valutare il quantitativo di cibo assunto e se non sufficiente
valutare l’utilizzo di una nutrizione in parallelo NE o NPT. Nel caso in cui la disfagia
persista per più di 15 gg e si presuma una durata per più di 60 gg è consigliabile il
posizionamento della PEG.
Scelta dei cibi
Ove possibile assecondare i gusti del pz per invogliarlo a mangiare, possiamo
suddividere tra :
 Solidi : richiedono preparazione e masticazione accurata
 Semisolidi-Semiliquidi: non richiedono masticazione, sono omogenei e compatti
 Liquidi: non richiedono manovre preparatorie da parte della bocca.
Come alimentare la persona
1) Posizionare il pz seduto almeno 20 min prima del pasto
2) Porsi al suo stesso livello o più basso dei suoi occhi in modo che possa vederci
3) Evitare di far parlare la persona
4) Dare il tempo necessario
5) Se la persona si affatica somministrare sei piccoli pasti al giorno
6) Incoraggiare la tosse dopo la deglutizione
7) Se c’è ipersalivazione insegnare alla persona a deglutire la saliva tra un boccone e
l’altro
8) Fare attenzione alle dimensioni dei bocconi, evitare cannucce o siringhe per la
difficoltà nel controllo di flusso e quantità dei liquidi ingeriti.
9) Non lasciare mai il pz da solo quando mangia o beve
*In emergenza Manovra di Heimlich

71. Il candidato illustri quali procedure mette in atto per la prevenzione delle
complicanze da immobilizzazione o sindrome ipocinetica.

Nella gestione del paziente con ridotta autonomia funzionale, l’infermiere è responsabile
dell’esecuzione di operazioni di movimentazione al fine di evitare complicanze da
immobilizzazione e sindrome ipocinetica. Quest’ultima consiste in un complesso di
patologie che insorgono in seguito ad allettamento prolungato. I principali apparati che
possono essere colpiti da questa condizione sono:
APPARATO LOCOMOTORE: L’immobilizzazione prolungata può causare ipotrofia
muscolare, deformazione delle cartilagini che impediscono il movimento delle
articolazioni.
APPARATO CARDIOVASCOLARE: Una delle complicanze è l’ipotensione ortostatica,
causata dalla riduzione del ritorno venoso al cuore per stasi venosa; di conseguenza è
necessario l’utilizzo delle calze antitrombo.
APPARATO RESPIRATORIO: L’immobilizzazione prolungata provoca un aumento del
ristagno di secrezioni polmonari, che possono causare bronchiti e polmoniti.
APPARATO GASTROENTERICO: La posizione supina può rendere difficoltosa
l’introduzione di cibo e la deglutizione, portando a riduzione dell’apporto di nutrienti. Di
conseguenza, i tempi di transito gastrointestinale sono allungati e si incorre alla stipsi,
trattata con clisteri evacuativi.
APPARATO TEGUMENTARIO: la complicanza principale della sindrome da
immobilizzazione è l’insorgenza delle ulcere da decubito.
Per prevenire la comparsa di queste complicanze è necessario evitare il prolungato
riposo a letto, incoraggiando la precoce mobilizzazione del paziente appena le
condizioni lo consentano. Bisogna inizialmente sollecitare la postura seduta per ridurre i
disturbi dell’equilibrio e, successivamente, al movimento ed alla ripresa delle consuete
attività .

Anche se il paziente non può scendere dal letto, è importante incoraggiarlo a svolgere
piccoli movimenti come pettinarsi o mangiare, in quanto aiuta anche a mantenere
l’autostima e l’autonomia nelle semplici attività quotidiane.

Infine, per una prevenzione efficace della sindrome ipocinetica è determinante la


motivazione non solo del paziente, ma anche dei familiari e/o caregiver, senza la quale
nessun successo potrà essere garantito.

72. Il candidato deve istruire il personale di supporto sulla corretta


movimentazione dei carichi, principi ergonomici nell’erogazione dell’assistenza e
utilizzo dei dispositivi e dei presidi. Simuli l’evento formativo.

Nell’ambito delle professioni sanitarie, ed in particolare quella infermieristica, i disturbi


muscolo-scheletrici assumono particolare rilievo. Per evitare l’insorgenza di tali
problematiche, l’infermiere deve utilizzare due metodi di movimentazione dei pazienti:
1. METODI DI TRASFERIMENTO USANDO PICCOLI AUSILI DI MOVIMENTAZIONE: sono
tecniche di movimentazione effettuate per mezzo di ausili minori che consentono di
spostare più facilmente il pz riducendo le sollecitazioni meccaniche per il rachide
dell’operatore sanitario. Tra questi rientrano:
Teli ad alto scorrimento: teli di diverse misure realizzati in materiali a basso attrito
che facilitano il passaggio del pz da piano a piano in assenza di dislivello, oppure lo
spostamento del pz a letto.
Cinture ergonomiche: cinture rivestite da materiale antiscivolo che possono essere
applicate alla vita del pz parzialmente collaborante, permettono all’operatore di guidare
il movimento senza sollevare il pz.
Capra
Pedane rotanti: E’ una pedana costituita da due dischi sovrapposti che consentono la
rotazione in stazione eretta del paziente con appoggio monopodalico. La superficie,
antiscivolo su entrambi i lati, rende il presidio sicuro e stabile. Va usato per i pazienti
che riescono a mantenere una stazione eretta ma non sono in grado di muovere i piedi.
Può essere usato per lo spostamento dal letto alla carrozzina o viceversa, o dalla
carrozzina alla sedia. Ovviamente dopo l’uso va rimosso dal pavimento, per motivi di
sicurezza
2. METODI DI TRASFERIMENTO USANDO GRANDI AUSILI DI MOVIMENTAZIONE:
queste tecniche di movimentazione vengono effettuate, per mezzo di apparecchi
sollevatori elettromeccanici, su pz non collaboranti, pz particolarmente pesanti, o in
situazioni particolarmente difficili. Essi eliminano la necessità di eseguire
movimentazioni manuali nelle situazioni più pericolose come: sollevamento sul letto-
sollevamento dal letto alla carrozzina- sollevamento dentro e fuori la vasca-
sollevamento da terra- sollevamento dei pz politraumatizzati o obesi.
Qualsiasi tipo di operazione di movimentazione, anche se si usano ausili di
movimentazione, va eseguita rispettando alcuni principi di base: quando necessario,
richiedere sempre l’aiuto di un collega o di un altro operatore; prima della manovra
informare il paziente, se in grado di comprendere, e spiegare come collaborare così da
ridurre lo sforzo dell’operatore e aiutare il paziente ad acquistare autonomia. Le
operazioni di movimentazione che coinvolgono pazienti immobilizzati vanno eseguite
almeno da due operatori e utilizzando presidi. I principi generali sono quelli ormai noti,
ma sempre da rammentare, di ergonomia:
 durante il sollevamento o il trasferimento, posizionarsi il più vicino possibile al pz, se
necessario inginocchiandosi sul letto per evitare di chinarsi o allungarsi sul letto
durante il trasferimento. Questo evita sforzi con la schiena o torsione;
 per una postura corretta, prima di iniziare il sollevamento o il trasferimento del pz,
l’operatore deve tenere le gambe leggermente divaricate con un piede leggermente
in avanti per avere un base d’appoggio più ampia.
 durante il sollevamento del pz, bisogna utilizzare i muscoli delle gambe e dei fianchi
invece di quelli della parte superiore del corpo, piegando e poi raddrizzando
lentamente le ginocchia mentre si solleva il pz.
 la posizione della colonna vertebrale deve seguire la sua curva naturale, evitando di
sovraccaricarla quando ci si allunga o ci si china.
 particolare attenzione va dedicata a come si afferra il pz: si deve usare sempre tutta
la mano, identificando le aree che consentono una presa salda, per esempio a livello
della zona pelvica, della vita, delle scapole e mai per le braccia o gambe.
 se il pz va movimentato in una posizione tale per cui deve essere a una certa distanza
dal tronco o con movimenti che prevedono una torsione o inclinazione del tronco, ci
si deve posizionare il più vicino possibile al pz.
 si deve cercare il più possibile di mantenere una postura corretta, se il posto o
l’ambiente di lavoro non consentono la movimentazione manuale di carichi a una
altezza di sicurezza, si deve cercare di regolare l’altezza del letto e cercare sempre di
usare ausili che riducano lo sforzo dell’operatore.

73. Il candidato descriva le competenze infermieristiche nelle procedure


assistenziali per toracentesi.

La toracentesi è l’introduzione di un ago nella cavità pleurica, tra pleura parietale e


pleura viscerale. Possiamo distinguere una toracentesi esplorativa (a scopo
diagnostico) e una toracentesi evacuativa (a scopo terapeutico).
A scopo diagnostico viene praticata prelevando un piccolo campione di trasudato o di
essudato per effettuare un esame: chimico, fisico, batteriologico, citologico.
A scopo terapeutico vengono drenate grosse quantità di liquido che comprimono i
polmoni e quindi possono arrecare danni respiratori al paziente. È possibile inoltre
anche introdurre farmaci ad azione topica nel cavo pleurico. Una volta drenata la
soluzione si procede con una pneumotoracentesi, ovvero l’introduzione di una certa
quantità di aria nel cavo pleurico alla scopo di impedire l’adesione delle pleure.
Le competenze infermieristiche durante la procedura saranno rivolti a:
 preparazione ambiente, materiale, del paziente;
 assistenza pre, durante e post procedura;
 collaborazione con il medico durante la pratica;
 conservazione campioni;
 registrazione procedura;
 riordino materiale;
MATERIALE
Set per toracentesi; disinfettante; anestetico; garze e batuffoli sterili; telini sterili; guanti
sterili e monouso; cerotto e forbici; se richieste provette per campioni; reniforme;
PREPARAZIONE PAZIENTE
 Informare il paziente sulla procedura a cui verrà sottoposto (CONSENSO
INFORMATO).
 Far osservare un digiuno di almeno 12h.
 Far espletare i bisogni fisiologici prima della procedura.
 Effettuare un’accurata detersione della cute nel punto in cui dovrà essere inserito
l’ago.
POSIZIONE DEL PAZIENTE
Decubito ortopnoico: su di un letto di medicheria o sulla sponda del letto. Far poggiare
i piedi su di uno sgabello per dare maggior comodità all’ammalato e per consentire il
rilassamento dei muscoli.
Versamento posteriore: porre un tavolino davanti al paziente e invitarlo ad
abbracciare un cuscino al fine di distanziare gli spazi intercostali.
Versamento laterale: si invita il paziente a tenere il braccio del lato da pungere
sollevato sul capo. L’infermiere assisterà il paziente nel mantenere la posizione.
DURANTE LA PROCEDURA
La toracentesi è una pratica di competenza medica. Il sito di puntura è il bordo superiore
dello spazio intercostale scelto. Prima della puntura l’infermiere dovrà disinfettare la
zona interessata, praticare l’anestesia e coprire il torace con un telino forato per
circoscrivere la zona di inserzione. Si invita il paziente a trattenere il respiro e a non
tossire durante l’introduzione. Il medico introduce l’ago. Una volta estratto l’ago,
l’infermiere applica una medicazione complessiva (si pone un batuffolo sterile sul sito di
puntura, sollevando una plica cutanea e ponendo su questa un cerotto. Coprire tutto con
una medicazione a piatto chiusa sui quattro lati con del cerotto, 2/3 che coprono la cute
e 1/3 la medicazione.
POST PROCEDURA
Far assumere un decubito laterale. Alcuni consigliano un decubito antalgico sul alto del
torace sottoposto a puntura. Secondo altri questa posizione potrebbe provocare un
collasso dei polmoni, per cui bisognerebbe preferire il decubito sul lato sano del torace.
Invitare il paziente a non eseguire movimenti bruschi per 6-8 ore successivi alla
puntura.
Rilevare i P.V. durante e ogni 2 ore dopo la toracentesi e segnalare anomalie come
cianosi, dispnea, P.V. alterati, tosse. Le complicanze possono essere: PNX, collasso ed
edema polmonare.

74. Il candidato descriva le competenze infermieristiche nelle procedure


assistenziali per rachicentesi.

La rachicentesi è l’introduzione di un ago nello spazio subaracnoideo (tra aracnoide e


pia madre). Viene definita anche come puntura lombare in quanto l’ago viene inserito
tra L3-L4 nell’adulto, L4-L5 nel bambino; per prelevare del liquido cefalo rachidiano o
liquor. Il liquor è un trasudato plasmatico prodotto dai plessi coroidei dei ventricoli
laterali del encefalo. In condizioni fisiologiche è trasparente e limpido come acqua di
roccia. Può presentarsi:
torbido, in stati infiammatori delle meningi.
Purulento, nelle meningiti gonococciche, stafilococciche e meningococciche.
Emorragico, in caso di traumi e di emorragia meningea e cerebrale.
Gli scopi possono essere: diagnostici, per effettuare esami di laboratorio di tipo fisico,
chimico, batteriologico e citologico. Oppure terapeutico, per introdurre anestetici,
sottrarre liquor in caso di ipertensione endocranica.
Le competenze infermieristiche durante la procedura saranno rivolti a:
 preparazione ambiente, materiale, del paziente;
 assistenza pre, durante e post procedura;
 collaborazione con il medico durante la pratica;
 conservazione campioni;
 registrazione procedura;
 riordino materiale;
MATERIALE
Aghi Laborde, siringhe e aghi per anestesia locale, pinza da presa, pinza per
disinfezione, etere, batuffoli e garze sterili, guanti sterili, cerotto, provette etichettate,
farmaci pronto soccorso, reniforme.
PREPARAZIONE PAZIENTE
Informare il paziente sulla procedura a cui verrà sottoposto;
Far osservare un digiuno di almeno 4 ore;
POSIZIONE DEL PAZIENTE
Decubito ortopnoico, il pz siede al centro del letto con le braccia conserte, il capo è
chinato verso le ginocchia e i piedi sono penzolanti (per evitare che possa tirarsi durante
la puntura). L’infermiere si pone davanti stringendogli le gambe tra le proprie e
ponendo una mano dietro la nuca e una nella spalla.
Decubito laterale, pz in decubito laterale destro o sinistro. Le gambe flesse sull’addome
ed il capo è inclinato verso le ginocchia. L’infermiere lo sostiene con una mano nella
nuca e il cavo popliteo.
DURANTE LA PROCEDURA
Sistemare una traversa alla base della schiena(D.O.) o sotto il fianco(D.L.). Sgrassare con
etere e disinfettante. Porre un telino con foro centrale per circoscrivere la zona di
inserzione. Praticare l’anestesia locale. Ricordare al pz di non muoversi durante
l’introduzione dell’ago. In condizione fisiologiche il liquor esce a goccia a goccia. In caso
di ipertensione la fuoriuscita sarà a getto. L’infermiere accosta le provette all’ago per
raccogliere i campioni. Terminato il prelievo il medico reinserisce il mandrino e
rimuovere l’ago, l’infermiere comprime il sito di puntura con un batuffolo imbevuto di
disinfettante e poi con un batuffolo asciutto. Infine l’infermiere applica una medicazione
compressiva.
POST PROCEDURA
Il paziente dovrà assumere la posizione prona per le prime 2 ore e la posizione supina
per le successive 6 ore. Entrambe senza cuscino per consentire il ristabilimento della
pressione cerebrospinale. Il riposo a letto dovrà continuare per le successive 24 ore.
La diminuzione della pressione endocranica può causare cefalea, vertigini, vomito,
convulsioni. Prima, durante e dopo la puntura lombare l’infermiere deve monitorare il
P.V.
75. Il candidato descriva le competenze infermieristiche nelle procedure
assistenziali per la biopsia epatica.

La biopsia epatica consiste nel prelievo di tessuto epatico mediante un apposito ago. Lo
scopo è puramente diagnostico, infatti è utile per compiere diagnosi di un’eventuale
epatopatia attraverso lo studio istologico del parenchima epatico prelevato. Può essere
eseguita a cielo coperto (alla cieca mediante aspirazione transcutanea); e a cielo
scoperto (in laparoscopia o ecografia guidata). La sede dove viene praticata è il 7°-9°
spazio intercostale nella zona compresa tra linea ascellare anteriore e posteriore.
Le competenze infermieristiche durante la procedura saranno rivolti a:
 preparazione ambiente, materiale, del paziente;
 assistenza pre, durante e post procedura;
 collaborazione con il medico durante la pratica;
 conservazione campioni;
 registrazione procedura;
 riordino materiale;
PREPARAZIONE PAZIENTE
Informare il paziente sulla procedura a cui verrà sottoposto;
Far osservare un digiuno di almeno 4 ore; controllare P.A. e F.C;
Controllare che il pz abbia eseguito un’accurata pulizia igienica della zona intervento e
se non è autonomo provvedere alla pulizia e cura igienica.
MATERIALE
Ago di Meneghini, bisturi, tutto il necessario per la disinfezione, siringa da 20ML,
fisiologica, borsa del ghiaccio, capsulette a vetrino d’orologio con etichetta, pinze Peon,
guanti sterili e monouso, garze e telini sterili.
POSIZIONE DEL PAZIENTE
Supina, ruotato leggermente sul fianco sinistro con un cuscino sotto e il capo ruotato a
sinistra.
DURANTE LA PROCEDURA
Dopo la disinfezione della regione e anestesia locale, il medico pratica un incisione
cutanea con il bisturi. Aspira nella siringa da 20Ml fisiologica e innesta l’ago da biopsia
sulla siringa. Introduce l’ago nel punto prescelto, fuori dalla capsula epatica. Inietta circa
metà della soluzione fisiologica per allontanare frammenti di tessuto. Si invita il pz a
restare in APNEA ESPIRATORIA per evitare lesioni. Il medico affonda l’ago e lo estrae
ponendo la punta dell’ago nella provetta etichettata contenente il liquido di fissaggio.
POST PROCEDURA
Il pz va posto in decubito laterale destro sul cuscinetto rigido per circa 2 ore, in modo da
creare una compressione sulla medicazione. È utile frapporre una borsa del ghiaccio. Il
pz deve osservare un riposo a letto pe 24-48 ore, mentre l’assunzione dei liquidi può
iniziare dopo 12 ore. Monitorare il pz ogni 2 ore controllando F.C., P.A., condizioni
generali. La complicanza più grave è l’emorragia per cui F.C. aumentata e P.A. bassa si
devono tempestivamente segnalare al medico.

76. Il candidato descriva le competenze infermieristiche nelle procedure


assistenziali per paracentesi.

La paracentesi è una puntura effettuata sull’addome per drenare liquido ascitico dalla
cavità peritoneale. Per ascite si intende la raccolta di liquido anomalo nella cavità
peritoneale. La presenza di liquido ascitico è frequente nei pz affetti da cirrosi epatica.
Gli scopi della paracentesi sono: diagnostico, per effettuare esami fisici, chimici,
batteriologici e citologici. Terapeutico, per decomprimere gli organi addominali ed il
diaframma. La paracentesi viene effettuata nello spazio compreso dall’ombelico alla
sinfisi pubica.
Le competenze infermieristiche durante la procedura saranno rivolti a:
 preparazione ambiente, materiale, del paziente;
 assistenza pre, durante e post procedura;
 collaborazione con il medico durante la pratica;
 conservazione campioni;
 registrazione procedura;
 riordino materiale;
PREPARAZIONE PAZIENTE
Informare il pz sulla procedura a cui verrà sottoposto.
Far osservare un digiuno di almeno 12 ore.
Inviare il pz a svuotare la vescica (in quanto è presente un elevato rischio di pungerla).
Misurare la circonferenza addominale e pesarlo.
POSIZIONE DEL PAZIENTE
Semiseduto, a letto leggermente inclinato sul fianco per facilitare il deflusso del liquido.
MATERIALE
Ferro servitore sterile, siringhe per anestesia, pinza per disinfezione cutanea, set
monouso paracentesi, disinfettante iodoforo, garze e batuffoli sterili, cerotto e forbici,
farmaci pronto soccorso, reniforme.
DURANTE LA PROCEDURA
Sistemare cerata e traversa sul letto; far assumere la posizione semiseduta; disinfettare
la cute; utilizzare un telino forato per circoscrivere la zona interessata; ridisinfettare; il
medico introduce l’ago, raccogliere eventuali campioni in provette, raccorda ago al tubo
di drenaggio (rubinetto a 3 vie). Durante la fuori uscita del liquido, monitorare i P.V. Ad
evacuazione ultimata, rimosso l’ago si applicherà a seconda dei casi un punto di sutura e
la parte sarà coperta con garze sterili fissate con del cerotto. Il pz sarà posto sul fianco
destro in posizione semiseduta o supina al fine di impedire lo stillicidio del liquido della
ferita.

77. Il candidato descriva le competenze infermieristiche nelle procedure


assistenziali per puntato midollare.

Il puntato midollare consiste in un prelievo di un campione di midollo osseo rosso per


mezzo di una puntura dello sterno, cresta iliaca, ipofisi spinosa vertebrale o della
tibia. Quest’ultima viene eseguita solo in soggetti in età pediatrica poiché presentano un
tessuto osseo meno duro e più spugnoso, per cui sono meno esposti al rischio di fratture
durante la puntura. Nell’adulto si preferisce invece la sede sternale perché e di più facile
accesso e controllo successivo, ha però dei svantaggi legati al fatto che il pz assiste
direttamente alla pratica, dolorosa, con il rischio di trapassare lo sterno e pungere l’atrio
destro e l’arto. Viene effettuato a scopo diagnostico. Il campione viene strisciato su
vetrini per essere sottoposto a mielogramma e mielocoltura.
Il mielogramma è un esame di natura morfologica volto a valutare la percentuale di
cellule mature, immature e non mieloidi nel midollo osseo.
La mielocoltura è un esame batteriologico che ha lo scopo di valutare la presenza di
microrganismi patogeni nel midollo osseo.
Le competenze infermieristiche durante la procedura saranno rivolti a:
 preparazione ambiente, materiale, del paziente;
 assistenza pre, durante e post procedura;
 collaborazione con il medico durante la pratica;
 conservazione campioni;
 registrazione procedura;
 riordino materiale;
PREPARAZIONE PAZIENTE
Informare il pz sulla procedura a cui verrà sottoposto. Di fondamentale importanza è
anche il supporto psicologico, al fine di dissipare ansie e timori.
POSIZIONE DEL PAZIENTE
Decubito supino, con le braccia distese lungo il corpo. Un cuscino rigido sotto il torace
per innalzare lo sterno esponendo la zona da pungere.
MATERIALE
Ferro servitore sterile, aghi per puntura midollare, siringhe, vetrini, disinfettante, etere,
anestetico, farmaci pronto soccorso, batuffoli e garze, reniforme, guanti.
DURANTE LA PROCEDURA
Osservare le condizioni del pz; Rilevare i P.V.; porre sul lettino cerata e traversa; Far
assume al pz la posizione per la procedura; scoprire il torace e sgrassare la zona da
pungere con etere; disinfettare la zona interessata; anestesia locale; disinfettare e
applicare un telino forato per circoscrivere la zona da pungere; il campione raccolto va
strisciato sui vetrini già compilati con i dati del pz e adagiati su di un foglio di carta.
Dopo la puntura, l’infermiere esegue una compressione con garza sterile almeno per 5
minuti (valutare se è affetto da disturbi della coagulazione). Praticare una medicazione
compressiva con batuffolo e medicazione a piatto e poggiare una fisiologica per
esercitare pressione. Controllare P.V. ogni 2-3 ore per 30 minuti (rischio shock).

78. Il candidato descriva le competenze infermieristiche nelle procedure


assistenziali per la biopsia renale.

La biopsia renale è una procedura medica che consente di prelevare piccoli frammenti
di tessuto renale per esaminarli al microscopio ottico ed elettronico e
all'immunofluorescenza.
INTERVENTI INFERMIERISTICI
 Ampliare le conoscenze del paziente sulla pratica da eseguire, garantire un ambiente
calmo e tranquillo.
 Se il paziente avverte dolore, somministrare un antidolorifico se prescritto.
 Posizionare il paziente in posizione semi-seduta per favorire una migliore
respirazione.
 Lavare le mani ed osservare le procedure per il controllo delle infezioni.
 Controllare i PV del paziente periodicamente.
MATERIALE OCCORRENTE
Piano superiore del carrello
 Disinfettante a base di iodiopovidone
 Ago TRU-CUT con meccanismo a scatto o manuale. Esso è costituito da una parte
scanalata e una parte tagliente (20cm e diverse dimensioni).
 Aghi da spinale per iniezione dell’anestetico locale
 Anestetico locale (lidocaina al 2%)
 Dispositivi di protezione individuale sterili
 Guanti sterili
 Garze sterili
 Telini e teli sterili con e senza adesivo
 Medicazione sterile compressiva
 Cerotto
 Provette sterili per esame istologico con etichette
 Contenitore reniforme
 Occorrente per infusione endovenosa: aghi cannula, deflussori, soluzione di NaCl.
Piano inferiore del carrello
 Occorrente per tricotomia
 Contenitore per i rifiuti
 Detergenti e falda di cotone
PROCEDURA
Preparazione del paziente nei giorni precedenti all’esame:
 Qualche giorno prima dell’esame è opportuno sospendere alcuni farmaci,
prevalentemente quelli che alterano la coagulazione del sangue, come il warfarin
(Coumadin) oppure gli antiaggreganti (aspirina, ticlopidina, etc). Il nefrologo darà
informazioni sui farmaci da assumere o meno.
 Prima della biopsia vengono praticati alcuni esami del sangue e delle urine al fine di
escludere la presenza di infezioni in atto e di alterazioni della coagulazione del
sangue.
 Digiuno assoluto nelle 4 ore precedenti e seguenti la procedura;
 Il giorno dell’esame è spesso richiesto il digiuno da circa 8 ore.
 Controllo Pressione arteriosa e Frequenza cardiaca;
 Prima di praticare la biopsia renale informare il paziente su come si esegue la
procedura e su eventuali misure da adottare prima e in corso dell’esame.
 Preparare l’ambiente alla procedura, garantire un microclima adeguatamente
riscaldato, luminoso, privo di fonti di disturbo e pulito.
 Verificare che il paziente abbia accettato e firmato il consenso
 Verificare i valori degli esami ematici (emocromo, creatininemia, tempo di
protrombina)
 Verificare i p.v. e trascriverli nella documentazione infermieristica
 Invitare il paziente ad urinare;
- Accertare che il paziente non sia allergico all’anestetico locale che verrà utilizzato. Se
prescritto, somministrare un sedativo.
- Garantire la privacy
- Effettuare la tricotomia lombare;
- Inserire un ago cannula per eventuale terapia endovenosa
- Far assumere al paziente la posizione prona e preparare tutto per l’ecografia renale
- Scoprire il paziente il minimo indispensabile
- Alla fine dell’ecografia far assumere al paziente la posizione laterale destra oppure
prona con un leggero rialzo (cuscino) sistemato al di sotto dell’addome per favorire la
superficializzazione del rene, a seconda delle disposizioni del medico.
Fase di esecuzione
- Identificare il paziente
- Assicurarsi che sia stato rispettato il digiuno da almeno 6/8 ore
- Eseguire l’igiene delle mani
- Indossare dispositivi di protezione individuale non sterili (guanti monouso non sterili,
mascherina con visiera, camice non sterile in TNT)
- Effettuare disinfezione dell’area da pungere con soluzione a base di iodiopovidone con
movimenti circolari (il sito d’inserzione può essere sottocostale o più raramente
infracostale)
- In questa fase l’infermiere si posiziona al lato del paziente per rassicurarlo ed
evidenziare eventuali segni di malore (pallore, sudorazione etc.) che potrebbero
incorrere durante la procedura, per aiutarlo a mantenere la posizione corretta,
prepararlo alla sensazione di pressione e di puntura che deriva dall’infiltrazione
dell’anestetico locale. Per incoraggiarlo a trattenersi dal tossire, per informarlo
dell’importanza di avere la sua collaborazione nel trattenere il respiro per circa 10
secondi quando gli sarà richiesto, per evitare lesioni del diaframma e della pleura.
- Collaborare con il medico per la preparazione della siringa con anestetico, porgendo al
medico la fiala in cui questo infilerà l’ago per prelevarne la quantità idonea.
- Eseguire anestesia locale della cute tramite iniezione allo scopo di eliminare o ridurre il
dolore del prelievo
- Con la guida dell’ecografia si introduce l’ago TRU-CUT, senza che il paziente senta alcun
dolore.
- A questo punto si invita il paziente a fare un respiro profondo in modo da avvicinare il
rene all’ago. Si sentirà quindi il rumore di uno scatto, è il segno che il prelievo è
avvenuto.
- Il medico verifica ecograficamente eventuale presenza di emorragia
- Una volta tolto l’ago l’infermiere esegue una medicazione a compressione sterile
- Si applica del ghiaccio sul sito
- Si posiziona il paziente in posizione supina prona con un cuscino sotto l’addome
- Riordinare il materiale e smaltire i rifiuti
- Eseguire l’igiene delle mani
- Provvedere all’invio del campione in laboratorio
- Registrare tutto nella cartella infermieristica (giorno, ora, sede della biopsia, eventuali
campioni raccolti, p.v.)
Controlli successivi
- Controllare il paziente ogni 15 minuti per la prima ora
- Controllare i PV
- Introdurre liquidi
- Controllare la diuresi e il dolore
- Raccogliere il campione seriale delle urine e controllare la presenza di ematuria
- Spiegare al paziente che per almeno due settimane dovrà astenersi da attività
eccessivamente stancanti
- Istruire il paziente su eventuali segni di sanguinamento, come il dolore al fianco,
svenimento, aumento della F.C.

79. Il candidato descriva le competenze infermieristiche nella prevenzione e nel


trattamento del piede diabetico e delle ulcere croniche.

Il piede diabetico costituisce la complicanza più invalidante dell’iperglicemia cronica


trascurata; è una condizione d’infezione, ulcerazione e/o distruzione dei tessuti profondi
associata ad anomalie neurologiche e a vari gradi di vasculopatia periferica degli arti
inferiori. Nel piede diabetico c’è una condizione di neuropatia e vasculopatia (difetto
vascolare); la neuropatia determina una situazione di perdita della sensibilità dolorifica
e disturbo della capacità motoria. Questi fattori possono facilitare l’ulcerazione, che
potrebbe evolversi in gangrena (per perfusione ridotta dei capillari, difetto vascolare)
con conseguente amputazione del piede.
L’ulcera è una soluzione di continuo della cute che può coinvolgere l’epidermide, il
derma, l’ipoderma, i tendini, la fascia muscolare, il tessuto muscolare e le sottostanti
strutture legamentose, ossee e/o cartilaginee. Una lesione che non guarisce dopo 60 gg è
definita cronica. PREVENZIONE E CURA DEL PIEDE:
- ispezionare quotidianamente estremità , pianta piede, cute tra le dita, unghie e
prominenze ossee.
- lavare piedi ogni gg con saponi delicati.
- controllare temperatura acqua con il gomito.
- evitare di lasciare i piedi a lungo in acqua (rischio macerazione e infezione).
- asciugarli bene, con attenzione agli spazi tra le dita.
- applicare oli o creme idratanti per prevenire rottura della cute.
- evitare traumi.
- cura callosità con lima o pietra pomice.
- non camminare scalzi.
- controllo eventuali lesioni, tagli, rossori, cute disidratata, aumento temperatura,
gonfiori, abrasioni o segni d’infezione.
- utilizzare calzini: misti cotone e fibra sintetica che assorbano sudore e facciano
traspirare pelle; senza cuciture; bianchi o chiari per facilitare individuazione di eventuali
sanguinamenti; da cambiare quotidianamente.
- indossare calzature adeguate, preferibilmente su misura con tacco basso e suola
antiscivolo per ridurre le cadute.
- usare le solette per ridurre la pressione plantare (silicon-gel, per ridurre stress
plantare).
TRATTAMENTO ULCERA DIABETICA
Il processo di guarigione dipende principalmente da 3 fattori: riduzione dell’insulto, la
cura della ferita e il buon apporto di nutrimenti. Nell’effettuare la medicazione, anche a
domicilio dell’assistito, la tecnica pulita è solitamente sufficiente ma nel caso in cui,
l’assistito sia severamente immunodepresso o l’ulcera invada il torrente circolatorio, è
raccomandata la tecnica sterile.
1) Detersione: si effettua con S.F o R.L. Le più comuni tecniche sono: il tamponamento
(più usata), si deve utilizzare una minima forza meccanica e una pressione
sufficiente, durante la pulizia e si possono usare garze, spugne o tamponi -
l’irrigazione (metodo migliore), si deve utilizzare una pressione di irrigazione
sufficiente a migliorare la pulizia della ferita, senza causare trauma al fondo della
lesione.
2) Debridement o sbrigliamento: si riferisce alla rimozione dei detriti e materiali
infetti dalla superficie con lo scopo di lasciare un tessuto pulito e vitale che può
guarire per seconda intenzione. Si utilizza nel caso non è sufficiente la detersione per
rimuovere il tessuto necrotico e ci sono quattro metodi (autolitico- enzimatico-
meccanico- chirurgico) .
3) Gestione della colonizzazione batterica e dell’infezione: si effettua attraverso
una efficace pulizia ed un altrettanto efficace debridement; in presenza di secrezione
purulenta ed odorosa pulire con maggior frequenza ed effettuare delle emocolture
e/o colture della lesione, e Rx per determinare gravità lesione [agenti antisettici: lo
iodopovidone per uso acquoso (da 5 a 10%), la clorexidina gluconato soluzione
acquosa (0,05%), etc]
4) Uso di medicazioni adeguate, per assicurare le migliori condizioni affinché il
processo di riparazione tissutale segua un processo fisiologico fino alla completa
guarigione della lesione. La medicazione per le ulcere diabetiche dovrebbe:
proteggere la lesione da traumi e contaminazioni - essere permeabile all’O2 - isolare
termicamente la lesione - assorbire l’essudato in eccesso. Per medicazione avanzata
si intende un materiale di copertura che abbia caratteristiche di biocompatibilità :
processo che si identifica nell’interazione del materiale con un tessuto favorendo una
reazione desiderata.

80. Il candidato descriva le procedure assistenziali per la gestione del paziente


con sanguinamento delle vie digestive.

Il sanguinamento delle vie digestive comprende tutte le perdite ematiche che si


verificano, a qualsiasi livello, del canale alimentare. Possono interessare il tratto
digestivo superiore (origine prossimale al legamento di Trietz) o inferiore (origine
distale al legamento di Trietz) e possono essere acute, con episodi evidenti di intensità
variabile in cui l’emoglobina scende in poco tempo, o croniche, come stillicidi
emorragici, spesso occulti con sintomi e segni riflessi quali sete, cute fredda, umida e
pallida, dispnea, anemia, palpitazioni, tachicardia, ipotensione, astenia ingravescente.
Melena: emissione di feci liquide che assumono un colore nero piceo, di aspetto
catramoso per la presenza di sangue digerito.
Ematemesi: emissione di sangue con vomito da emorragia in atto o recente che ha
origine prossimale al legamento di Trietz (esofago, stomaco, duodeno) e può essere
rosso vivo, per rottura di varici esofagee o del fondo gastrico, o colore caffeano,
parzialmente digerito dai succhi gastrici, dovuto a ulcera peptica gastro-duodenale,
neoplasia gastrica, gastrite erosiva/emorragica.
Enterorragia: emissione di sangue di colorito scuro misto a feci, parzialmente digerito o
non digerito, in relazione alla sede e all’entità dell’emorragia (spesso indica un
sanguinamento basso, enterico o colico).
Ematochezia: presenza di sangue che bagna la superficie delle feci (espressione di
emorragie colo-rettali).
Rettorragia o proctorragia: emissione di sangue rosso vivo durante la defecazione,
dopo o indipendentemente da essa (emorragia di pertinenza del sigma o del retto); può
essere anche non visibile (occulto con le feci) per emissione di piccole quantità di
sangue.
L’intervento dell’infermiere è fondamentale per rilevare segni e sintomi di
sanguinamento e prevenire uno shock ipovolemico. L’assistenza infermieristica deve
mirare a prevenire il peggioramento delle condizioni con una serie di procedure
assistenziali:
 Posizionamento di un catetere venoso periferico, di grosso calibro (14gauge).
Importantissimo per infondere velocemente liquidi, emoderivati e farmaci per
ripristinare la volemia e scongiurare uno stato di shock dovuto ad una massiva
perdita di sangue.
 Anamnesi, chiedere al pz se ha avuto alterazioni delle abitudini evacuative, presenza
di dolore o dolorabilità , recente assunzione di alcuni tipi di cibo (come bietole rosse),
consumo di alcolici, assunzione di farmaci come aspirina o FANS; valutare la
sintomatologia associata e la presenza di patologie concomitanti.
 Esame obiettivo ed esami di laboratori0 (emocromo, ricerca sangue occulto)
 Collaborare con il medico durante indagini strumentali: endoscopia (EGDS),
colonscopia.
 Monitoraggio dei parametri vitali: in particolare, associazione di tachicardia e
ipotensione sono campanelli d’allarme di emorragia.
 Valutare le caratteristiche del sanguinamento, la modalità di insorgenza e la
durata.
 Monitoraggio del bilancio idrico, registrare liquidi infusi e perdite dovute a
vomito, feci ed eliminazione urinaria.
 Monitoraggio diuresi, cateterizzazione urinaria per monitoraggio, in quanto
un’oliguria può essere associata ad una perdita massiva di sangue e al conseguente
stato di shock.
 Posizione anti-shock o Trendelemburg, se pz è ipoteso si posiziona supino, con
capo più basso rispetto al bacino e alle ginocchia.
ENDOSCOPIA è un procedura diagnostica per lo studio di esofago, stomaco e duodeno.
Può avere scopo diagnostico perché permette il prelievo di reperti bioptici, e terapeutico
nel trattamento endoscopico di polipi e stenosi. Il pz va posizionato in decubito laterale
SX.
PRE DURANTE POST
Preparazione pz: digiuno Rilevare PV Rilevare PV
12h Posizionare in decubito Riordino materiale
Consenso informato laterale SX. Valutare il pz
Rimozione protesi dentarie
Preparazione presidi
Svuotare vescica
Assicurare accesso venoso
Rilevare PV

COLONSCOPIA permette la visualizzazione del colon fino al cieco. La procedura dura


circa un’ora. Il pz va posizionato sul fianco SX con le gambe raccolte verso il torace. Nel
corso della procedura potrebbe essere necessario cambiare posizione per facilitare
l’avanzamento dell’endoscopio.
PRE DURANTE POST
Preparazione intestinale: Rilevazione PV Assistere il pz fino alla
limitazione liquidi 24-72h, Posizionamento pz ripresa
clistere evacuativo Rilevazione PV
Consenso informato
Svuotamento vescicale

In base all’origine del sanguinamento e allo stato del pz possiamo mettere in atto diverse
procedure assistenziali: SNG e Sonda di Sengstaken Blakemore

81. Il candidato descriva la gestione infermieristica dell’arresto cardiocircolatorio


e procedure di BLSD da mettere in atto durante il primo soccorso e in struttura
sanitaria.

La rianimazione di base (Basic Life Support, BLS) sulle vittime di un arresto


cardiocircolatorio ha lo scopo di sostenere le funzioni vitali nell’intervallo di tempo che
precede il trattamento della causa. Tempestività e qualità del BLS condizionano sia la
sopravvivenza immediata che gli esiti a distanza.
CATENA DELLA SOPRAVVIVENZA DELL’ADULTO:
1. Riconoscimento e allarme immediato
2. RCP precoce
3. Rianimazione avanzata precoce
4. Trattamento integrativo post arresto
Secondo le linee guida dell’American Heart Association è necessario iniziare la sequenza:
circulation-airway-breathing (CAB).
C – circolo/compressioni toraciche: controllo della presenza di circolazione
attraverso la ricerca del polso [polso carotideo negli adulti e nei bambini- polso
brachiale nel lattante- polso apicale nel neonato] e, se non presente, si procede alle
compressioni toraciche:
1. Assicurarsi che il paziente sia supino su una superficie piana e rigida, allinearlo e
scoprirgli il torace. Se si sospettano lesioni spinali, ruotarlo mantenendo testa, collo e
colonna in asse.
2. Appoggiare una mano al centro del torace sulla metà inferiore dello sterno (punto di
compressione), sovrapporre l’altra mano alla prima e, intrecciando le dita, assicurarsi
che rimangano sollevate e non comprimano il torace
3. Porsi con le spalle in linea col torace sul punto di compressione e con le braccia ben
tese e
perpendicolari al torace, comprimendo con forza e velocemente senza piegare i gomiti. Il
torace si deve abbassare di 5 cm. Assicurarsi che ci sia un completo rilasciamento della
parete toracica, dopo ogni compressione, per una buona perfusione polmonare.
4. Eseguire 30 compressioni ad una frequenza 100-120 bpm/min (30 compressioni/18
sec).
BAMBINI compressioni effettuate sul terzo inferiore dello sterno con una sola mano.
LATTANTI compressioni sul terzo inferiore dello sterno effettuate con due dita
applicate perpendicolarmente allo sterno oppure con entrambi i pollici circondando con
le mani il torace del lattante (2 soccorritori).

A – apertura delle vie aeree


ESTENSIONE DELLA TESTA E SOLLEVAMENTO DELLA MANDIBOLA Porre una mano
sulla fronte della vittima spingendo verso il basso e tenendo liberi pollice e indice per
poter chiudere il naso in caso di ventilazione bocca a bocca. Allo stesso tempo con la
punta di 2-3 dita dell’altra mano si solleva il mento, provocando l’iperestensione del
capo. La bocca deve restare semi aperta e può essere necessario spostare il labbro
inferiore con il pollice della mano sul mento.
SUBLUSSAZIONE DELLA MANDIBOLA Si effettua in caso di sospetto trauma cervicale:
il soccorritore si pone dietro la testa della vittima, pone le dita (tranne il pollice) di
entrambe le mani al di sotto della mandibola e spinge energicamente verso l’alto e in
avanti, spostando la mandibola in modo che l’arcata dentaria inferiore si trovi davanti a
quella superiore; contemporaneamente con i pollici retrare il labbro inferiore in modo
che la bocca resti aperta.

B – respirazione/ventilazioni:
Prendere delle precauzioni per eseguire le ventilazioni, munendosi di mezzi protettivi
come barriera (maschera facciale).
1. Mantenere l’apertura delle vie aeree con iperestensione del capo e sollevamento del
mento
2. Chiudere il naso della vittima con pollice e indice della mano posizionata sulla fronte
3. Prendere un respiro normale e porre la propria bocca su quella del paziente facendola
aderire
completamente
4. Eseguire 2 ventilazioni, ciascuna della durata di 1 sec, controllando che il torace del
paziente inizia a sollevarsi. Se il torace non si solleva, eseguire un’altra ventilazione e poi
riprendere le compressioni toraciche, riducendo al minimo le pause tra compressioni e
ventilazioni.
LATTANTE posizione neutra della testa con uno spessore sotto le spalle per sollevare
il tronco rispetto al capo e si copra con la propria bocca sia la bocca che il naso del
lattante.
Continuare la rianimazione fino a che: non arrivano i soccorsi- la vittima dà segni di
ripresa muovendosi, aprendo gli occhi o respirando normalmente- il soccorritore è
esausto.

D – defibrillazione precoce:
1. Accendere il DAE e attaccare gli elettrodi adesivi sul torace nudo: uno sul margine
sternale superiore destro sotto la clavicola e l’altro sulla linea ascellare media e a
sinistra del capezzolo. Altre posizioni: - entrambi gli elettrodi sulla parete laterale del
torace, uno a destra e l’altro a sinistra – la piastra apicale standard e l’altra sulla zona
soprascapolare destra – un elettrodo anteriormente sul precordio e l’altro nell’area
sottoscapolare sinistra.
BAMBINO materiale adattato: elettrodi adesivi con indicazione per il
posizionamento antero-posteriore e adattatore che riduce l’energia erogata dal
defibrillatore semi-automatico.
2. Se è presente più di un soccorritore continuare la RCP durante il posizionamento
degli elettrodi. Seguire le indicazioni verbali/visive del DAE e controllare che
nessuno tocchi la vittima mentre analizza il ritmo.
3. Se riconosce ritmi defibrillabili (fibrillazione ventricolare e tachicardia ventricolare
senza polso): controllare che nessuno tocchi la vittima- premere il pulsante di
scarica- ricominciare la RCP.
4. Se non è indicato lo shock, proseguire con la RCP.

82. Il candidato descrive le manovre di disostruzione delle vie aeree nell’adulto e


nel bambino.

L’ostruzione delle vie aeree da corpi estranei è un problema più comunemente


riscontrabile nei bambini e le modalità di trattamento dipendono, non solo dall’età , ma
anche dalla gravità dell’ostruzione e dal mantenimento o meno dello stato di coscienza.
In caso di ostruzione LIEVE, in cui la vittima è ancora in grado di parlare e tossire, non
bisogna interferire con i suoi tentativi di espellere il corpo estraneo.
In caso di ostruzione GRAVE, con vittima COSCIENTE che dà segni di affaticamento o
smette di respirare o tossire, bisogna procedere immediatamente alle prime manovre di
disostruzione:
- PERCUSSIONE DELLA SCHIENA: con una mano sostenere il torace in avanti e con
l’altra assestare 5 colpi decisi tra le scapole; controllare a ogni colpo se ha prodotto
l’effetto desiderato. Per il bambino la procedura è la stessa, mentre nel caso del
lattante può essere tenuto a faccia in giù sull’avambraccio del soccorritore che gli
sostiene la mandibola con le dita.
- COMPRESSIONI ADDOMINALI (manovra di Heimlich): se non hanno funzionato le
percussioni alla schiena si procede a quelle addominali: il soccorritore si pone alle
spalle della vittima, le circonda la vita con le braccia e la tiene piegata in avanti;
stringe una mano a pugno con il pollice interno e la pone tra l’ombelico e il processo
xifoideo; con l’altra mano afferra il pugno e premendo contro l’addome, esercita le
compressioni verso l’interno e verso l’alto per 5 volte. Per il bambino la procedura è
la stessa mentre nel lattante le compressioni sono toraciche: la vittima si tiene in
braccio supina con una mano che sostiene la testa e con l’altra, utilizzando la punta di
due dita, si applicano 5 compressioni in corrispondenza dell’apofisi xifoidea.
In caso di ostruzione GRAVE, con vittima INCOSCIENTE bisogna attivare il 118 e
procedere con la RCP. Durante la rianimazione, nel momento in cui si apre la bocca
bisogna controllare rapidamente se è visibile il corpo estraneo per rimuoverlo con le
dita.
Nel caso di un bambino che perde coscienza si procede all’apertura della bocca per poter
estrarre corpi estranei visibili e poi si iperestende il capo e si tentano 5 ventilazioni di
soccorso. Se durante i tentativi di ventilazione la vittima rimane inerte, senza
movimenti, si inizia la RCP.

83. Il candidato illustri le modalità di attivazione di un sistema di soccorso intra-


extra ospedaliero.

Quando parliamo di emergenza extraospedaliera facciamo all’attivazione del 118/112


soccorso extraospedaliero, e delle varie responsabilità che la figura dell’infermiere
riveste in quest’ambito:
 Infermiere del 118/112 (centrale operativa)
 Infermiere in automedica
 Infermiere in ambulanza di soccorso
 Infermiere e defibrillazione precoce
 Infermiere ed elisoccorso
Il sistema di allarme sanitario è assicurato dalla centrale operativa del 118 se in cui
affluiscono tutte le richieste di intervento per emergenza sanitaria. La responsabilità
operativa è affidata al personale infermieristico della centrale, nell’ambito di protocolli
decisi dal medico responsabile della centrale operativa. Il personale infermieristico della
centrale è composto da infermieri con esperienza nell’area critica, o che abbiano seguito
corsi di formazione nel settore dell’emergenza. Il triage telefonico a cui è chiamato
l’infermiere di centrale operativa differisce però dal triage di pronto soccorso in quanto
si basa su protocolli in uso nella centrale operativa.
Le funzioni della centrale operativa comprendono:
1) ricezione alle richieste di soccorso
2) valutazione del grado di complessità dell’intervento da attivare
3) attivazione e coordinamento dell’intervento stesso
ALLARME AL 118 (112)
Attraverso l’intervista telefonica, la Centrale Operativa 118 raccoglie notizie relative al
luogo dell’evento ed anche informazioni riguardo la dinamica, al numero ed al tipo di
mezzi coinvolti nell’evento, al numero ed alle condizioni dei feriti.
TRIAGE E TRATTAMENTO SUL POSTO: il secondo anello della catena è relativo alla
necessità , giunti sul luogo, dopo aver valutato e messo in sicurezza la scena, di stabilire
la PRIORITA’ DI TRATTAMENTO, dettata dal numero di infortunati oltre che dalle
condizioni degli stessi (triage sulla scena). Sulla base delle priorità si provvede agli
interventi terapeutici finalizzati alla salvaguardia delle funzioni vitali ed all’adozione
delle necessarie misure d’immobilizzazione.
TRASPORTO AD IDONEO OSPEDALE DI DESTINAZIONE: il terzo anello fa riferimento
alla necessità di trasportare l’infortunato, all’ospedale di destinazione idoneo al
trattamento definitivo.
TRATTAMENTO OSPEDALIERO: comprende la gestione intraospedaliera del trauma
dall’arrivo in Pronto Soccorso al successivo iter diagnostico terapeutico

LA FASE DEL SOCCORSO EXTRAOSPEDALIERO


L’infermiere può rivestire vari compiti: infermiere del 118 (centrale operativa),
infermiere in automedica, infermiere in ambulanza di soccorso, infermiere e
defibrillazione precoce, infermiere ed elisoccorso. All’arrivo sul luogo dell’evento, il
mezzo di soccorso dovrà essere parcheggiato il più vicino possibile ma sempre in
assoluta sicurezza sia per i soccorritori sia per i presenti. Protetti dai dispositivi di
protezione individuale, la squadra di soccorso provvederà ad una rapida valutazione
della scena finalizzata alla verifica della presenza di situazioni di pericolo quali incendio,
crollo, esplosioni, traffico non interrotto, presenza di materiali tossici e/o pericolosi. Si
attiva così la sequenza ABCD
A GARANTIRE E MANTENERE LA PERVIETA’ DELLE VIE AEREE, STABILIZZARE IL
RACHIDE CERVICALE IN POSIZIONE NEUTRA.
B GARANTIRE E MANTENERE UNA VENTILAZIONE EFFICACE.
C GARANTIRE E MANTENERE UNA CIRCOLAZIONE ADEGUATA.
D VALUTARE LO STATO NEUROLOGICO. Tramite il metodo AVPU o gaslow:
A (alert) infortunato sveglio e ben orientato nel tempo e nello spazio
V (Verbal) infortunato che risponde allo stimolo verbale (cosciente ma confuso o
incosciente)
P (Pain) infortunato reattivo in qualunque modo allo stimolo doloroso
U (Unresponsive) infortunato che non reagisce a nessuno degli stimoli precedentemente
descritti.

L’emergenza intraospedaliera riguarda:


-Pronto soccorso
-Sala operatoria
-terapia intensiva
-terapia intensiva post operatoria
Fasi del Triage:
-Valutazione sulla porta: il triage inizia osservando il paziente all’ingresso del PS. Tale
fase è anche chiamata “colpo d’occhio” deve essere eseguita rapidamente, in quanto
l’infermiere deve identificare i pazienti le cui condizioni richiedono interventi
infermieristici.
-Anamnesi mirata: consiste in una breve raccolta di informazioni sul motivo
dell’accesso in PS attraverso una breve intervista rivolta al paziente, familiari o agli
accompagnatori. È necessario individuare il sintomo o problema principale, la presenza
di sintomi associati, patologie concomitanti e/o pregresse, allergie, vaccinazioni, farmaci
assunti,… raccogliere informazioni sulle circostanze dell’evento ed inizio insorgenza dei
sintomi, descrizione del problema e localizzazione dinamica del trauma, progressione
dei sintomi dall’insorgenza fino all’arrivo in PS, trattamento effettuato prima dell’arrivo
al PS ed esito e valutazione del dolore.
-Rilevazione dei PV ed esame fisico mirato
-Attribuzione del codice colore: attribuire il colore in base alla valutazione precedente
delle funzioni vitali:
ROSSO: molto critico, priorità massima dei pazienti con compromissione delle funzioni
vitali,
accesso immediato alle cure; (accesso immediato)
GIALLO mediamente critico, priorità intermedia; (accesso entro 10-15 minuti)
VERDE poco critico, priorità bassa; (accesso entro 30-60 minuti)
BIANCO non critico, pazienti non urgenti; (accesso entro 60-120 minuti o ambulatorio)
Rivalutazione.
84. Il candidato illustri quali provvedimenti prendere per la prevenzione delle
cadute ed uso dei sistemi di controllo dei pazienti geriatrici e psichiatrici:
normative sulla contenzione

I sistemi di contenzione sono dei sistemi protettivi usati per limitare l’attività fisica del
paziente o di parte del suo corpo. Lo scopo del sistema di contenzione è quello di poter
prevenire traumi a se stesso oppure agli altri. Essi sono molto usati in pazienti anziani
con demenze o pazienti psichiatrici. I sistemi di contenzione possono essere fisici o
chimici. I sistemi di contenzione fisici sono costituiti da metodi manuali o da strumenti
fisici o meccanici attaccati al corpo del pz. I sistemi di contenzione chimici sono costituiti
da sostanze farmacologiche, come ansiolitici, sedativi e neurolettici, e sostanze
psicotrope usate per controllare il comportamento asociale. Linee guida per l’utilizzo
della contenzione:
 l’utilizzo della contenzione deve basarsi sulle osservazioni presenti del pazienti e
non sul passato.
 Valutare il rischio per la sicurezza del paziente ma anche per gli altri.
 Parlare con la famiglia e con i caregiver chiedere la loro opinione del
comportamento del paziente e l’eventuale uso della contenzione.
 Prima della contenzione provare misure alternative
 Valutare il paziente se le alternative messe in atto hanno avuto successo o meno
 Avvertire il medico o la famiglia se sono necessarie delle misure di contenzione
 Individuare la misura di contenzione scegliendo il dispositivo meno fastidioso
per il paziente
 Documentare l’uso della contenzione, il dispositivo usato, l’ora, le misure
alternative, i parametri vitali, le valutazioni effettuate e i periodi di utilizzo e
sospensione dell’uso dei mezzi contentivi
 Ricordare che l’uso della contenzione fisica deve avvenire solo dopo un’accurata
valutazione del paziente, dell’ambiente e solo dopo aver cercato di eliminare i
comportamenti di disagio e dopo aver identificato fattori scatenanti. Deve
avvenire solo dopo che le misure alternative hanno fallito.
 I benefici usati nella contenzione devono essere superiori ai rischi stimati per
quella persona.
 La contenzione deve essere prescritta da un medico
 L’infermiere valuta il paziente con contenzione almeno ogni quattro ore, deve
effettuare l’assistenza ai bisogni primari (nutrirsi, igiene, eliminazioni almeno
ogni due ore) e valuta i parametri vitali ogni due ore.
Esistono diversi tipi di sistemi di contenzione. I più comune sono:
 Giubbotti di contenzione: sono indumenti con cinghie che possono essere legate
alla struttura del letto sotto il materasso e sono utilizzati per preservare la sicurezza
dei pz confusi quando sono a letto o sulla sedia a rotelle.
 Cinture di contenzione: sono utilizzati per garantire la sicurezza di tutti i pz che
devono essere spostati su barelle o su sedie a rotelle.
 Sistemi di contenzione manopola per le mani: è utilizzato per evitare che i pz di
qualsiasi età utilizzano le mani o le dita per graffiarsi e procurarsi delle lesioni.
 Sistema di contenzione per gli arti: possono essere utilizzati per immobilizzare un
arto.
 Sistemi di contenzione per gomiti: utilizzati comunemente nei bambini
impediscono la flessione dell’articolazione, cosi da risultare impossibile raggiungere
le cannule, connessioni, catetere e fasciature.
LINEE GUIDA PER L’UTILIZZO CORRETTO DELLA CONTENZIONE
• La contenzione deve essere prescritta dal medico
• Non deve essere utilizzata per sopperire a carenze di personale o deficit organizzativi e
gestionali
• La prescrizione deve contenere non solo il motivo ma anche i tempi, la frequenza ed i
metodi
• Si dovrà effettuare una rivalutazione periodica della scelta
• Occorre informare il paziente ed i familiari sulla scelta
• L’atto deve essere documentato
• Occorre sorvegliare idoneamente il paziente
• Durante il periodo di contenzione occorre programmare fasi di movimento ogni due
ore
Sono disponibili dei sistemi di monitoraggio della sicurezza elettronici in grado di
rilevare quando i pazienti stanno tentando di muoversi o di scendere dal letto. Ad
esempio, un monitor di sicurezza da letto o da sedia ha un sensore di posizione che
attiva un allarme quando il paziente tenta di scendere dal letto o dalla sedia. Un sistema
di monitoraggio della mobilità a scatola magnetica montato su un letto o su una
sedia è collegato tramite un morsetto agli abiti del paziente. Questo viene tirato se il
paziente tenta di scendere dal letto o dalla sedia, innescando un allarme. C’è da dire che
in tali sistemi di monitoraggio l’allarme si attiva anche con i normali cambiamenti di
posizione, per cui gli infermieri devono stare attenti a valutare se il paziente sta
effettivamente cercando di alzarsi dal letto o dalla sedia oppure no.
In Italia non esiste una normativa a tutela delle persone sottoposte a contenzione. L’art.
610 C.P. ritiene però che in alcuni casi si può ricorrere nel reato di violenza privato ma
che “l’azione anche violenta, come legare o anestetizzare, contraria alla volontà del pz,
esercitata non a scopo curativo diretto, bensì allo scopo di rendere possibile il
trattamento chirurgico, è giustificabile solo a patto di agire nelle necessità di salvare, o
preservare l’integrità fisica del pz stesso”. Mentre art. 605 si parla di reclusione, infatti
recita che “chiunque priva taluno della libertà personale è punito con reclusione.. se il
fatto è commesso: in danno di un ascendente, discendete o dal coniuge o da un pubblico
ufficiale. Inoltre il sanitario che attua la contenzione non deve cedere nell’abuso di mezzi
di correzione o di disciplina – art.571 in danno di una persona.

85. Il candidato descriva la procedura per la gestione dei drenaggi a caduta.

I drenaggi a caduta si utilizzano maggiormente nel periodo post-chirurgico per


permettere la fuoriuscita di un eccesso di liquido sieroematico e materiale purulento e
per promuovere la guarigione dei tessuti sottostanti. Senza drenaggio, alcune ferite
potrebbero rimarginarsi in superficie chiudendo all’interno un processo suppurativo
che potrebbe evolvere in accesso. Vengono inseriti di solito in un accesso separato e
spostato di qualche centimetro rispetto alla linea di incisioni, in modo che questo ultima
rimanga asciutta. Il principio di funzionamento di questi tipi di drenaggi si basa sulla
“Forza di gravita terrestre”: che attrae verso il centro della Terra ogni oggetto che abbia
massa, così anche il liquido da drenare presente nel catetere. All’interno di quest’ultimo
viene a formarsi una colonna di liquido che viene spinta verso terra dal suo stesso peso
specifico (attraverso la forza di gravità ), trascinando con se, per effetto della pressione
negativa che si viene a creare all’interno del tubo, altro liquido presente a monte del
catetere.

Per questi motivi, è fondamentale posizionare il catetere in modo corretto: la parte


terminale di ogni catetere, compreso il sistema di raccolta (sacche, contenitori in
policarbonato, bottiglie in vetro infrangibile, etc.) devono essere posizionati più in basso
possibile rispetto al punto in cui è inserito il catetere all’interno del corpo del Paziente. Il
passo successivo consiste nell’assicurare che non vi siano inginocchiamenti o
collabimenti su tutta la lunghezza del tubo per non causare ristagni delle secrezioni
organiche che si riversano nelle cavità da drenare.

Il drenaggio deve essere moderatamente rigido, levigato, non irritabile, mantenere le


caratteristiche chimico - fisiche iniziali, biocompatibile con i tessuti. I drenaggi possono
essere in PVC, silicone, Tygon (metà fra pvc e silicone). Essi sono raccordabili ad un
contenitore sterile graduato (sacca di raccolta).

Le sacche di raccolta per i drenaggi a caduta, sono di due tipi:


 Sacca a tenuta semplice: La sacca di raccolta a tenuta semplice è una busta in
PVC con le facciate graduate (in ml/cc) in grado di contenere sino a 2000 ml di
liquido. Al suo interno viene raccolto il materiale organico drenato dal catetere.
Viene sostituita con una sacca vuota, quando il liquido di drenaggio la riempie
completamente (fino al segno graduato dei 2000 ml) sganciandola direttamente
dal collettore del catetere.

 Sacca munita di valvola di non ritorno e rubinetto di scarico: Questa sacca, a


differenza della sacca a tenuta semplice, è munita di rubinetto di scarico e valvola
di non ritorno che garantiscono la “chiusura del sistema” (chiamate appunto
“sacche a sistema chiuso”) ed il suo utilizzo in condizioni di asetticità e massima
sicurezza, sia per l’Infermiere che per il Paziente. Queste sacche possono
rimanere in sede, cioè collegate al catetere di drenaggio, per periodi molto più
lunghi delle comuni sacche a tenuta semplice. Infatti, il rubinetto posto sulla
parte inferiore della sacca, permette di svuotare periodicamente la busta senza
doverla disconnettere al catetere di drenaggio. Ciò assicura che non venga
interrotto il flusso di liquido drenato dal catetere, e che si riduca quindi, il
pericolo di infezione causato dalla manovra di disconnessione periodica della
sacca (durante la sua sostituzione) dal catetere di drenaggio.
In genere hanno forma rettilinea e possono presentare l’estremità terminale a lume
aperto, a becco di flauto, con fori laterali contrapposti. Di questo tipo di drenaggi fanno
parte anche le sonde Petzer e Malecot e i drenaggi a t o di Kher per il drenaggio biliare.
Comunemente sono provvisti di due o più filamenti radiopachi lungo il decorso.
Lo scopo profilattico riguarda: il controllo di eventuali perdite ematiche, biliari o di altri
liquidi organici.
Lo scopo diagnostico serve: per effettuare analisi qualitative, e dosaggio biochimici e
culturali.
In genere si inseriscono nella cavità intraperitoneale, extraperitoneale e nello spazio
pleurico. Una volta posizionati in situ devono essere sufficientemente lunghi per il
confort del paziente e deve essere ancorato alla cute con sutura. Deve essere sempre
coperto da una medicazione.
I principali drenaggi a caduta libera sono:
 Drenaggio di Penrose: è posizionato in una ferita quando le secrezioni saranno
abbondanti e potranno riguardare la guarigione. il drenaggio di Penrose è un
tubo di gomma aperto alle estremità . Permette di drenare fluidi per azione
capillare in una medicazione assorbente. I drenaggi di Penrose sono di solito
usati dopo un intervento chirurgico o per il drenaggio di una cavità ascessuale.
Dopo una procedura chirurgica, il chirurgo posiziona un estremità del drenaggio
nella ferita. L’altra estremità passa attraverso gli strati cutanei della ferita o
attraverso un'altra incisione creata per il drenaggio. Un drenaggio di Penrose non
è fissato con sutura. Una spilla da balia è di solito posizionata nell’ estremità del
drenaggio che fuoriesce dalla ferita, sulla cute, per non permette che lo stesso
scivoli all’interno dell’incisione. Questo tipo di drenaggio può essere spinto in
avanti o accorciato per permettere di drenare differenti aree della ferita. La
pervietà e la posizione del drenaggio sono incluse nella valutazione della ferita.
 Drenaggio a T: o drenaggio biliare è talvolta posto nel dotto biliare comune dopo
rimozione della cistifellea o dopo apertura del coledoco. Il tubo a T drena la bile
mentre il paziente guarisce dall’intervento chirurgico. Una parte del drenaggio è
inserita nel dotto biliare comune e l’altra parte è fissata alla parete addominale e
connessa a un sistema chiuso di drenaggio. Spesso un rubinetto a tre vie è
inserito tra il tubo a T e il drenaggio a sistema chiuso per permettere la chiusura
del drenaggio, se necessaria. La quantità di drenaggio deve essere valutata a ogni
cambio di turno, documentata e inclusa nel totale delle uscite.
Procedura: inserzione di un drenaggio a caduta.
1. Portare il letto ad un’altezza comoda per l’operatore (altezza gomito).
2. Aiutare il paziente ad assumere una posizione comoda che consenta un accesso
facile alla ferita, coprire con l’asciugamano l’area intorno alla ferita e porre la
carta assorbente sotto di essa.
3. Porre il contenitore di raccolta graduato sotto la valvola d’uscita della sacca del
drenaggio, senza toccare l’uscita, svitare il tappo e svuotare la sacca, pulendo
successivamente con una garza il foro d’uscita e sostituire il tappo.
4. Misurare e valutare le caratteristiche del liquido di drenaggio e eliminandolo
secondo i protocolli vigenti nella struttura.
5. Controllare la posizione del drenaggi prima di rimuovere la medicazione.
Togliere delicatamente la medicazione e se si incontra resistenza aiutarsi con
prodotti a base di silicone o con soluzione fisiologica, per rimuovere i cerotti.
6. Dopo aver rimosso la medicazione valutare la presenza, la quantità , il tipo, il
colore, l’odore delle secrezioni, gettare la medicazione sporca nell’apposito
contenitore.
7. Esaminare la sede del drenaggio per aspetto e secrezioni e valutare la presenza
di dolore.
8. Pulire la sede del drenaggio con la soluzione usando pinze e garze bagnate o
batuffoli di cotone. Partire dalla sede d’inserzione facendo movimenti circolare
verso la periferia usando ogni garza solo una volta.
9. Asciugare la cute e stendere dei protettori della cute estendendolo all’esterno,
anche nella zona dove andranno ad aderire i cerotti.
10. Mettere una garza assorbente tagliata sotto il drenaggio creando come un
cuscinetto.
11. Fissare la medicazione con cerotti o attraverso una medicazione trasparente
facendo attenzione a non piegare il tubo.
12. Dopo aver fissato la medicazione apporre su di essa ora e data; rimuovere il
materiale rimasto e porre il paziente in posizione comoda, con le spondine alzate
e riposizionando il letto ad un livello più basso.
13. Controllare lo stato del drenaggio ogni 4 ore e la medicazione ogni cambio di
turno
14. Documentare sulla cartella la sede della ferita e il tipo di drenaggio, la loro
valutazione e la pervietà del drenaggio, valutare l condizione delle suture, delle
secrezioni, dello stato cutaneo. Registrare qualsiasi cura della cute e la
medicazione applicata, le reazioni del paziente e il suo livello di dolore,
includendo l’eventuale somministrazione di analgesici. Documentare l quantità
dell’entrate e delle uscite, la quantità della bile drenata rimossa dalla sacca del
drenaggio.

86. Il candidato descriva le competenze infermieristiche nelle procedure per la


gestione dei drenaggi in aspirazione.

Un drenaggio aspirante è un dispositivo connesso ad un sistema di aspirazione a


soffietto o a bottiglia sottovuoto. Un sistema ormai in disuso era costituito da motorini di
aspirazione che raccordati al tubo di drenaggio permettevano un’ aspirazione
controllata (dovrebbe essere il bulau).
I drenaggi a soffietto si presentano con una molla dilatatrice che permette l’espansione e
l’aspirazione. Si possono ricaricare semplicemente contraendo il soffietto e riattivando
la molla.
Le bottiglie sottovuoto permettono l’aspirazione una volta raccordate al drenaggio. Il
vuoto si può ricreare attraverso l’aspirazione dell’aria interna. Questo tipo di drenaggi
sono molto comuni e permettono una aspirazione continua che secondo la forza del
mantice o del vuoto creato può essere a bassa o alta aspirazione. Il drenaggio è costituito
da un tubo multiforato che viene posizionato in situ mentre la parte terminale può
essere inserita in un grosso ago che perforando la cute viene fatto fuoriuscire, ancorato
alla cute mediante sutura e raccordato al circuito del sistema aspirante. In questo modo
si ottiene un circuito chiuso e unidirezionale. Il circuito si attiva mediante l’apertura di
una clamp che consentendo un maggiore o minore stringimento del tubo regola il
deflusso. Il punto di fuoriuscita del drenaggio viene opportunamente coperto con una
medicazione.

Un sistema di drenaggio chiuso di una ferita consiste in un drenaggio collegato a un


aspiratore elettrico o a un aspiratore portatile, come l’Hemovac o il Jackson Pratt. Il
sistema chiuso riduce la possibilità che i microrganismi possano penetrare nella ferita
tramite il drenaggio. I tubi di drenaggio sono suturati in posizione e collegati a un
raccoglitore che mantiene costantemente una bassa aspirazione. Questi sistemi di
aspirazione permettono costantemente una misurazione accurata della quantità di
drenaggio. Il posizionamento del tubo di drenaggio spetta al chirurgo come ribadito
nella risposta precedente. Solitamente l’aspirazione viene sospesa da tre o cinque giorni
dopo l’intervento o quando la quantità di sostanza drenata è minima. L’ infermiere è
responsabile del sistema di aspirazione o meglio del mantenimento dell’ aspirazione.
Quando l’infermiere svuota il contenitore di drenaggio deve indossare i guanti ed evitare
il contatto con l’ingresso del drenaggio. Per ristabilire l’aspirazione l’infermiere poggia il
contenitore sulla superficie solida con l’ingresso aperto. Il palmo della mano comprime
tra loro cima e fondo (del contenitore) e con l’altra mano si deterge l’apertura e il tappo
con un tampone disinfettante. Per ristabilire il vuoto necessario per il funzionamento del
drenaggio chiuso, bisogna sostituire il tappo del drenaggio prima di rilasciare la
pressione esercitata dalla mano.
 Drenaggio di Jackson Pratt: un drenaggio di Jackson Pratt raccoglie le
secrezioni di una ferita in un dispositivo a forma di bulbo che è compresso per
formare una delicata aspirazione. Il drenaggio consiste in un tubo perforato
connesso a un unità portatile sottovuoto. È inserito dal chirurgo dopo un
operazione chirurgica vicino alla ferita che deve essere drenata. Il drenaggio
passa attraverso la cute in un incisione separata. Questo tipo di drenaggio viene
usualmente suturato alla cute. Il sito di drenaggio viene lasciato libero all’aria
dopo le prime 24 ore di intervento. Questo drenaggio è usato tipicamente per la
chirurgia addominale e della mammella. Quando le secrezioni si accumulano
nell’ampolla la stessa si espande e perde il suo potere di aspirazione e quindi
necessita di una ricompressione. Questo tipo di drenaggio deve essere vuotato
dopo 4 o 8 ore o quando è pieno per meta di secrezioni o di aria. Comunque in
accordo con l’infermiere il drenaggio può essere svuotato e ricompresso più
frequentemente.

 Drenaggio di Hemovac: un drenaggio di Hemovac è collocato in una cavità


vascolarizzata, dove ci si aspetta un drenaggio di sangue dopo un intervento
chirurgico, come un intervento addominale o ortopedico. Il drenaggio consiste in
un tubo perforato connesso a un unità portatile sottovuoto. La suzione è
mantenuta comprimendo un dispositivo a soffietto dell’ unità di raccolta. È
inserito dal chirurgo dopo un operazione chirurgica in prossimità dell’area che
deve essere drenata. L’altra estremità passa attraverso la cute in un incisione
separata. Questi drenaggi di solito sono suturati nel posto. Il sito di drenaggio
viene lasciato libero all’aria dopo le prime 24 ore di intervento. Quando le
secrezioni si accumulano nell’unità di raccolta la stessa si espande e perde il suo
potere di aspirazione e quindi necessita di una ricompressione. . Questo tipo di
drenaggio deve essere vuotato dopo 4 o 8 ore o quando è pieno per meta di
secrezioni o di aria. Comunque in accordo con il giudizio dell’infermiere il
drenaggio può essere svuotato e ricompresso più frequentemente.
Procedura: gestione del drenaggio chiuso della ferita.
1. Posizionare il dispositivi Hemovac o Jackson- Pratt sul telo impermeabile, quindi
dopo aprire il tappo dell’unità di drenaggio; capovolgere l’unità e svuotarla nel
contenitore di raccolta.
 Variazione: Hemoviac
 Posizionare il dispositivo su una superficie solida e piana con l’entrata
aperta;
 Posizionare il palmo della mano sull’unità e comprimere tra loro la
parte superiore e quella inferiore, pulire l’apertura con il tampone
imbevuto di disinfettante;
 Avvitare il tappo di drenaggio prima di rilasciare la pressione delle
mani, ciò ripristina l’aspirazione necessaria per il funzionamento del
sistema di drenaggio chiuso.

 Variazione: Jackson- Pratt


 Comprimere il bulbo con l’entrata aperta;
 Mentre si effettua una stretta compressione del bulbo, detergere le
vie di uscita;
 Riposizionare il tappo.
2. Fissare il dispositivo al vestiario del pz o posizionare l’unità di aspirazione sul
letto quindi assicurarsi k l’unità rimanga sotto il livello della ferita in modo k
facilita il drenaggio.
3. Misurare accuratamente e registrare la quantità del drenaggio, le sue
caratteristiche e il colore, eliminando successivamente il liquido.
4. Se la sede del drenaggio ha una medicazione, togliere delicatamente la
medicazione e se si incontra resistenza aiutarsi con prodotti a base di silicone o
con soluzione fisiologica, per rimuovere i cerotti.
5. Dopo aver rimosso la medicazione valutare la presenza, la quantità , il tipo, il
colore, l’odore delle secrezioni, gettare la medicazione sporca nell’apposito
contenitore.
6. Esaminare la sede del drenaggio per aspetto e secrezioni e valutare la presenza
di dolore.
7. Pulire la sede del drenaggio e le suture con la soluzione usando pinze e garze
bagnate o batuffoli di cotone. Partire dalla sede d’inserzione facendo movimenti
circolare verso la periferia usando ogni garza solo una volta.
8. Asciugare la cute e le suture; stendere dei protettori della cute estendendolo
all’esterno, anche nella zona dove andranno ad aderire i cerotti.
9. Mettere una garza assorbente tagliata sotto il drenaggio creando come un
cuscinetto; togliere i guanti.
10. Fissare la medicazione con cerotti o attraverso una medicazione trasparente
facendo attenzione a non piegare il tubo.
11. Dopo aver fissato la medicazione apporre su di essa ora e data; rimuovere il
materiale rimasto e porre il paziente in posizione comoda, con le spondine alzate
e riposizionando il letto ad un livello più basso.
12. Controllare lo stato del drenaggio almeno ogni 4 h e le medicazioni a ogni cambio
di turno, controlli più frequenti possono essere necessari se la ferita è più
complessa o se le medicazioni si saturano rapidamente.
13. Documentare la sede della ferita e del drenaggio, la valutazione della ferita e
della sede del drenaggio, la pervietà del drenaggio. Annotare se le suture sono
intatte e la presenza di secrezione e le sue caratteristiche sul vecchio drenaggio
quando è stato rimosso. Includere l’aspetto della cute circostante e documentare
la pulizia della sede del drenaggio. Registrare la cura della cute e l’applicazione
della medicazione. Annotare che l’ampolla del drenaggio è stata vuota e
schiacciata nuovamente e le istruzioni del paziente e dei familiari, il livello di
dolore del paziente, l’efficacia degli interventi non farmacologici o dell’analgesia,
se è stata somministrata. Documentare la quantità e le caratteristiche del
drenaggio nella registrazione delle entrate e delle uscite.

87. Il candidato descriva le competenze infermieristiche nelle procedure


assistenziali per l’esecuzione di una gastrolusi.

La gastrolusi o “lavanda gastrica”, è una metodica utilizzata per lo svuotamento


forzato dello stomaco. In emergenza va eseguita in tutti i soggetti che hanno ingerito,
accidentalmente o volontariamente, sostanze tossiche. Va eseguita il prima possibile, nel
senso che l’intervallo di tempo dipende dalla sostanza ingerita e dalle condizioni
gastriche (stomaco vuoto=assorbimento veloce; stomaco pieno=assorbimento lento).
Prima della procedura. Raccolta anamnesi al fine di valutare indicazioni e
controindicazioni (es. varici esofagee; sostanza responsabile intossicazione; dose.)
Controindicazioni. Presenza di crisi convulsive (necessaria intubazione).
Alterazione stato di coscienza (necessaria intubazione).
Ingestione di distillati di petrolio, solventi, olio essenziale. Ingestione di sostanze
fortemente schiumogene.
Esecuzione. Posizione del pz. Il pz cosciente deve essere posto in decubito laterale
sinistro, possibilmente su un lettino inclinato con il capo declive rispetto al corpo. Tale
postura consente di pescare più facilmente con la sonda il contenuto gastrico e riduce il
passaggio del liquido di lavanda attraverso il piloro durante l’esecuzione. La posizione
declive del capo riduce i rischi di aspirazione del contenuto gastrico in caso di vomito. Se
tale postura non è possibile, va eseguita in posizione supina (es. pz intubato).
Sonde. Le sonde da lavanda gastrica sono in materiale trasparente e possiedono alcuni
orifizi laterali di grandi dimensioni nella parte terminale. Per la lunghezza si trovano
indicatori per valutare la profondità di inserimento. Nell’adulto sono indicate sonde con
calibro da 30 a 50 French (10 a 16 mm) con lunghezza di circa 120cm. Le sonde con
diametro superiore a 1 cm consentono di recuperare facilmente materiale solido; per
liquidi senza presenza di cibo, è possibile utilizzare sonde o sondini inferiori (0,5cm).
Posizione sonda. Le sonde possono essere introdotte sia per via oro-gastrica che naso-
gastrica. L’introduzione per via oro-gastrica è generalmente meglio tollerata.
Aspirazione. Una volta verificata la corretta posizione dell’estremità del sondino nello
stomaco, si aspira il contenuto gastrico. L’aspirazione deve precedere l’immissione di
liquido e deve proseguire fino a quando lo stomaco è vuoto.
Conservazione del campione. Se indicato, conservare un campione del contenuto
gastrico aspirato per eventuali analisi.
Lavaggio. Una volta completata l’aspirazione del contenuto gastrico, si inizia il lavaggio
dello stomaco. Devono essere introdotti e rimossi volumi fissi di liquido (200ml
nell’adulto; 20-50ml per bambini di età inferiore a 5 anni; 100ml nei bambini di età
compresa tra 5 e 12 anni), una quantità maggiore di liquido stimolerebbe il passaggio di
liquido nel duodeno. La fuori uscita del liquido dallo stomaco deve avvenire facilmente
sfruttando la forza di gravità ; il recupero del liquido può essere facilitato esercitando un
lieve massaggio sullo stomaco o aspirando con una siringa.
Quantificazione del lavaggio. La lavanda deve essere proseguita fino a quando
fuoriesce liquido chiaro e limpido, privo di residui solidi; continuare il lavaggio fino ad
utilizzare 1-2l di liquido. È consigliabile tenere un bilancio della quantità di liquidi
introdotti e quella recuperata per evitare squilibri elettrolitici.
Tipo di liquido. Nell’adulto può essere eseguita con acqua potabile o soluzione
specifiche a temperatura ambiente. Nel bambino è indicata soluzione fisiologica (per
possibili rischi di ipoatriemia) che dovrebbe essere riscaldata a 35-40°C.
Addizione di antidoti. Se prescritto possono essere aggiunti al liquido di lavanda
eventuali antidoti (es. carbone vegetale alla fine).
Rimozione sonda. Al termine della lavanda, deve essere rimossa dopo essere stata
chiusa o pinzata, per evitare aspirazione di liquido.

88. Il candidato descriva le procedure e le competenze infermieristiche nella


misurazione della pressione venosa centrale e nella misurazione della pressione
arteriosa centrale.

I pazienti critici richiedono una valutazione continua del sistema cardiovascolare per
diagnosticare e gestire le loro condizioni cliniche. Questo viene effettuato attraverso il
monitoraggio invasivo della Pressione Arteriosa (PA) e della Pressione Venosa
Centrale (PVC) attraverso l’introduzione rispettivamente di un catetere arterioso e di
un catetere venoso centrale. Al catetere è necessario collegare:
 un trasduttore ( è presente in reparto un kit specifico ) che converte la pressione
rilevata in un segnale elettrico visibile sul monitor attraverso un’onda e un valore
 sostegno per il trasduttore
 una sacca di Soluzione Fisiologica per consentire il lavaggio manuale e continuo
del circuito rilasciando dai 3 ai 5 ml di soluzione all’ora per evitare la formazione
di coaguli nel catetere (FLUSH)
 una sacca a pressione all’interno della quale posizioniamo la sacca di soluzione
fisiologica e che deve mantenere una pressione di 300 mm Hg
 un cavo di connessione al monitor
 un modulo specifico per il monitor
 monitor

l CVC deve essere collegato al trasduttore esclusivamente dal lume distale per ottenere
una corretta ed attendibile misurazione della PVC. La PVC è la pressione rilevata in vena
cava superiore all’ingresso dell’atrio destro e permette di valutare il funzionamento del
ventricolo dx e il ritorno venoso nella parte dx del cuore. La PVC è un parametro
emodinamico utile da osservare quando si gestisce un paziente instabile e va
monitorizzata nel tempo e correlata allo stato clinico del paziente. I valori normali della
PVC variano in un range che va da 0 a 8 mm Hg.
Un aumento della PVC può essere dovuto a ipervolemia o a condizioni cliniche come
l’insufficienza cardiaca. Una diminuzione della PVC indica una riduzione del precarico
del ventricolo dx, molto spesso causato da ipovolemia.

Per misurare correttamente la PVC è necessario che il punto di riferimento dello zero
(corrispondente al livello del trasduttore ) sia sempre a livello dell’atrio dx.
A tale scopo sono stati individuati 2 punti di repere:
 l’asse flebostatico, definito come il punto d’incrocio tra la linea immaginaria che
parte dal 4′ spazio intercostale sulla margine sternale e sì prolunga fino
all’ascella, e la linea intermedia fra superficie anteriore e posteriore del torace;
 il livello flebostatico, definito dalla linea immaginaria orizzontale che attraversa
l’asse flebostatico.
Il trasduttore ( lo zero ) deve essere al livello dell’asse flebostatica per una accurata
misurazione della PVC.
La misurazione della PVC può essere effettuata con il paziente in posizione semiseduta,
mantenendo però il trasduttore alla stessa altezza del livello flebostatico. Per maggiore
precisione, il punto d’incrocio fra asse e livello flebostatico andrebbe segnato sul torace
del paziente, così da garantire che le varie misurazioni che si effettuano avvengano in
condizioni sovrapponibili e quindi confrontabili.
Per eseguire l’azzeramento del trasduttore si deve fermare le eventuali infusioni che si
stanno somministrando dal lume distale del CVC, si chiude il rubinetto del trasduttore
verso il paziente mettendo così il sistema in comunicazione con l’aria ambiente.
Si preme poi il tasto di azzeramento sul modulo inserito nel monitor e si attende la
conferma che l’azzeramento è stato eseguito.
Si ripristina infine il collegamento del trasduttore con il paziente e si rileva il valore della
PVC.
Per la rilevazione della PA il procedimento e lo stesso che per la PVC.

89. Il candidato deve istruire il personale di supporto sull’utilizzo delle


appropriate sostanze disinfettanti e antisettiche a seconda dei substrati su cui
utilizzarle. Simuli l’evento formativo.

L’infermiere per garantire la sicurezza e la qualità delle prestazioni, deve valutare il


livello di formazione, di esperienza e di abilità pratiche acquisite dal personale di
supporto, soprattutto prima di delegare alcune funzioni assistenziali. In primo luogo si
andrà a chiarire e differenziare il concetto di disinfettante e antisettico.

L’antisettico: sostanza di natura chimica capace di prevenire o bloccare lo sviluppo di


agenti patogeni attraverso l’inibizione o distruzione degli stessi sui tessuti viventi. Un
requisito necessario dell’antisettico è l’assenza di tossicità e di azione irritante
sull’organismo su cui viene impiegato.
Disinfettante: sostanza di natura chimica in grado di distruggere agenti patogeni in fase
di sviluppo (batteri, funghi, virus escluse le spore batteriche). Tale termine deve essere
inteso in senso restrittivo per indicare prodotti da applicarsi su oggetti inanimati
(superfici, dispositivi).
CORRETTO USO DEI DISINFETTANTI E ANTISETTICI
1. Tutte le superfici da trattare vanno accuratamente deterse e asciugate prima di
utilizzare un disinfettante.
2. Non miscelare mai due o più tipi di disinfettanti/antisettici;
3. Non lasciare i contenitori dei disinfettanti aperti.
4.Tutti i disinfettanti/antisettici vanno mantenuti chiusi, lontano da fonti di calore.
5. Non conservare garze già imbevute di antisettico in quanto le fibre della garze,
assorbendo il principio attivo, riducono il potere antibatterico dell’antisettico.
6. Scrivere sempre la data di apertura con un pennarello sul disinfettante/antisettico.
7. Prima di disinfettare una superficie è importante procedere con un’accurata PULIZIA.
90. Il candidato descriva le modalità di protezione del rischio infettivo e biologico
del personale sanitario. Vaccinazione e supporti assistenziali.

Il rischio infettivo e biologico in ambito assistenziale si presenta a carico di tutti quei


soggetti che entrano in contatto, diretto o indiretto, con i liquidi biologici degli ammalati
o pz che possono risultare portatori di patologie infettive. Ogni operatore sanitario deve
sapere che l'obiettivo delle misure di precauzione è quello di proteggere i pazienti, oltre
che se stessi; è anche noto che la prevenzione della maggior parte delle infezioni
acquisibili in ospedale, compresa l’infezione da HIV, non richiede sistemi complicati e
raffinati, ma solo l’osservanza di semplici norme, quali:
 accurato lavaggio delle mani;
 l’adozione di appropriate dispositivi di protezione individuale;
 adeguata decontaminazione delle attrezzature e il corretto smaltimento dei rifiuti
consentono di evitare la trasmissione di infezioni in ospedale.
La trasmissione delle malattie si possono verificare attraverso le vie:
1) aerea; 2) contatto; 3) attraverso goccioline;
1) Avviene per disseminazione sia di nuclei di goccioline, sia di particelle di polvere
contenenti l’agente infettivo.
2) Il passaggio di microrganismi da un pz infetto verso un ospite recettivo può avvenire
per contatto nella cute non integra, punture accidentali, contatto con mucose integre
(occhi, cavo orale, naso). Può verificarsi quando il personale infermieristico svolge
un’attività assistenziale .
3) Attraverso le goccioline emesse dal pz mentre parla o tossisce, o durante manovre
invasive (aspirazione, broncoscopia) possono essere trasmessi alcuni virus (es.
influenza, parotitico, rosolia) o malattie come difterite, pertosse, polmonite e meningite
epidemica.
Una particolare attenzione deve essere posta nella prevenzione di malattie trasmesse
attraverso il sangue, di cui EPATITE B, EPATITE C, INFEZIONE DA HIV, rappresentano gli
eventi più gravi in relazioni alla prognosi a tutt’oggi ancora non favorevole. L’infermiere
non dovrebbe MAI dimenticare che sempre deve adottare le precauzioni universali, ogni
pz di cui non si conosce l’anamnesi va considerato potenzialmente infetto e vanno
utilizzati le giuste precauzioni.
MODALITA’ DI PROTEZIONE
1. LAVAGGIO DELLE MANI, è riconosciuto come la più importante misura per
ridurre il rischio di trasmissione di microrganismi. Devono essere lavate
immediatamente in caso di accidentale contatto con sangue o altri liquidi
biologici e dopo la rimozione dei guanti.
2. GUANTI, riducono l’incidenza di contaminazione delle mani e devono essere
sempre indossati nei casi di: contatto con sangue o liquidi biologici; esecuzioni
procedure di accesso vascolari; prelievi; cute non integra;
3. CAMICI DI PROTEZIONE, i camici protettivi devono essere indossati durante
l’esecuzione di procedure assistenziali che possono produrre l’emissione di
goccioline o schizzi di sangue o altro liquido biologico;
4. MASCHERE, OCCHIALI, COPRIFACCIA PROTETTIVI, Diversi tipi di mascherine,
occhiali e schermi facciali vengono usati da soli o in combinazione per fornire
adeguate misure di protezione. I dispositivi di protezione respiratoria per la
prevenzione della TBC, deve soddisfare i criteri prestazionali raccomandati nelle
linee-guida per la prevenzione della tubercolosi emanate dalla commissione
nazionale per la lotta all’AIDS e sono disponibili in ospedale ( Filtranti Facciali di
classe FFP2S).
Decontaminazione, pulizia, disinfezione e sterilizzazione di presidi e attrezzature
I presidi medici e gli strumenti riutilizzabili impiegati per l’assistenza al pz infetto,
devono essere ricondizionate prima del loro impiego su altri pz. Le fasi del trattamento
del materiale sono: Decontaminazione- Pulizia – Disinfezione – sterilizzazione.
Pulizia, sanificazione e disinfezione di superfici ed ambienti
È opportuno attenersi ad alcuni principi generali seppur il rischio infettivo legato a
pavimenti, arredi sia di scarsa rilevanza:
- Accurata sanificazione; prima di procedere alla disinfezione è indispensabile pulire;
durante le operazioni e disinfezioni di pulizia indossare i guanti di gomma e camici di
protezione e mascherine;
VACCINI: l’emendamento Mussini sancisce che a partire dal 1 gennaio 2018, gli
operatori sanitari in questo caso gli infermieri dovranno presentare documentazione di
effettiva immunizzazione. I vaccini obbligatori sono 10:
Anti-poliomielitica; anti-difterica; anti-tetanica; anti-epatite B; anti-pertosse; anti-
Haemophilus influenzae B; anti-morbillo; anti-rosolia; anti-parotite; anti-varicella;
PROTOCOLLO POST-ESPOSIZIONE
HIV: il trattamento dovrebbe cominciare il prima possibile, perché potrebbe essere
meno efficace se iniziato più di 24 ore dopo l’esposizione. Eseguire il test per HIV dopo
l’esposizione a distanza di 6 settimane, 3 mesi e 6 mesi.
Epatite B: eseguire il test anti-HBV 1 o 2 mesi dopo l’ultima dose di vaccino.
Somministrare agli operatori non immunizzati HBIG e/o il vaccino per l’epatite B da 1 a
7 settimane dopo l’esposizione.
Epatite C: eseguire i test anti-HCV e ALT subito dopo l’esposizione (test base) e da 4 a 6
mesi dopo.

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