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Prima rivoluzione industriale

Una delle conseguenze che abbiamo visto della rivoluzione industriale è l’abolizione della legge
sul grano (Corn Law), che erano dei dazi doganali a protezione della produzione cerealicola
inglese introdotti in seguito al blocco economico di Napoleone: per proteggere la produzione
nazionale gli inglesi avevano introdotto nel 1815 questi dazi.
Abbiamo osservato che questi dazi sul grano avevano un e etto considerevole sull’economia
inglese, ovvero mandavano a proteggere gli interessi dei proprietari agricoli perché se ci sono i
dazi bulò grano chi usa la terra per vendere un grano ottiene un vantaggio perché è protetto
rispetto alla concorrenza estera il cui prezzo è tenuto arti ciosamente alto dal dazio, e io posso
alzare il mio prezzo no aduna centesimo in meno alla concorrenza estera.

E: punto equilibrio mercato nazionale


Nel commercio internazionale, per i singoli
paesi, il prezzo di un prodotto, a meno che non
siamo india o Cina, è una costante (Pint).
L’o erta è inferiore rispetto al prezzo di equilibrio
nazionale, quindi quando ci si apre ad un
mercato internazionale senza dazi c’è una
minore produzione interna.
La domanda però è maggiore perché il grano
costa meno e più persone se lo possono
permettere.
Se lo stato introduce un dazio allora l’o erta
nazionale cresce rispetto al libero mercato,
mentre la domanda interna si contrae dato che il
grano viene a costare di più
Il rettangolo verde è l’introito dello stato perché
CD misura le importazioni con il dazio e su quelle importazioni le aziende estere devono pagare il
dazio, quindi importazioni per dazio mi da quanto guadagna lo stato.

Se ci concentriamo sul rettangolo giallo (guadagno produttori nazionali con il dazio) riusciamo a
dire che il dazio va a vantaggio dei proprietari terrieri e svantaggia gli industriali perché chi
produce grano ottiene un guadagno/ha la possibilità di guadagnare, ma chi produce grano ha
bisogno della terra e il mercato dice che se guadagni di più, allora mi paghi più la terra, cioè la
terra viene a costare di più.
L’unica cosa che fanno i proprietari con le terre è a ttarle, ma i prezzi delle terre aumentano dato
che i pro tti che si fanno usando la terra aumentano.
Il provvedimento dei dazi avvantaggia i proprietari (nobili) che, senza fare niente, vedono
apprezzati i loro beni.
• Esempio stupido: ci sono due bar che hanno lo stesso proprietario che li a tta a 10$, dato che i
bar sono pro cui qualcuno fa un’o erta e si propone di pagare l’a tto a 12 anziché a 10.

I dazi danneggiano gli industriali perché questi vogliono vendere i loro prodotti, ma se il prezzo del
grano (bene primario) aumenta ci sono meno soldi in tasca ai compratori e quindi gli industriali
vedono ridursi la loro fetta di mercato.
Siccome il regno unito è stato investito dalla produzione industriale, l’industria sta diventando il
settore primario dell’economia inglese e ci sono ri essi anche in ambito politico come la riforma
elettorale, quindi l’industria inizia ad essere tenuta in grande considerazione e la legge sul grano
viene abolita per evitare di danneggiare gli industriali e di garantire un pro tto a un settore
dell’economia che è parassitario, dato che non c’è un’impresa dietro all’a tto della terra.

Quindi l’abolizione della legge sul grano l’abbiamo studiata per capire come la politica, le
istituzioni, ma anche le regole che lo stato pone all’economia cambiano per adeguarsi ai
cambiamenti avvenuti nel mondo economico.
L’abolizione di questa legge viene associata al trionfo del libero scambio perché a livello
internazionale, oltre a questi discorsi che abbiamo indicato, ci sono altre conseguenze: nel
momento in cui gli inglesi riducono o eliminano i dazi sul grano possono andare a fare accordi
bilaterali con i paesi che importano grano in Inghilterra, in modo che in cambio loro importino nei
loro paesi i prodotti industriali. Quindi anche a livello internazionale l’apertura al libero scambio è
funzionale, nell’ottica degli inglesi, per esportare nel mondo i loro prodotti industriali.
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Problema periodizzazione
cioè di quando inizia un periodo storico e di quando ne nisce un altro:
gli storici hanno discusso su quando sia l’inizio dell’età contemporanea, o meglio ancora di
quando inizia il ‘900 e ci sono due grandi ipotesi
• La prima è nata intorno ad un libro chiamato “secolo breve” di Hobsbawm (storico di
orientamento marxista) che identi cava il ‘900 come il secolo del socialismo e quindi inizia nel
1917 (rivoluzione russa) e nisce nel 1989 (caduta muro di Berlino, nisce la parabola
dell’unione sovietica), quindi viene detto secolo breve per un’interpretazione spiccatamente
politica.
• L’altra scuola di pensiero parla del ‘900 come di un secolo lungo, perché l’età contemporanea
comincerebbero nel 1870, quindi prima dell’inizio cronologico del ‘900, in quanto qui iniziano
quelle trasformazioni che poi producono il mondo in cui viviamo oggi e che portano i paesi ad
abbandonare il regime dell’* , cioè:
Quando abbiamo parlato della rivoluzione industriale abbiamo detto che inizialmente i capitali che
vengono investiti nell’industria provengono essenzialmente dal commercio internazionale,
dall’agricoltura e inizialmente anche dal reinvestimento degli utili (un artigiano che ha una
manifattura e investe i suoi pro tti per costruire le macchine).
Nella seconda metà dell’800, c’è la cosiddetta rottura del collo di bottiglia che consiste nella
meccanizzazione dei trasporti e la rivoluzione industriale non coinvolge più semplicemente le
fabbriche che producono beni, ma coinvolge l’intero sistema dei trasporti; questo vuol dire che
gran parte dell’Europa è coperta dalle tratte ferroviarie e l’industria navale ha cominciato a
produrre standard di navi a vapore che hanno grandi capacità di traposto; diventa quindi possibile
pensare la produzione e la commercializzazione di un bene a livello internazionale.
Discorso contemporaneità: le zone del mondo sono diventate più “vicini” perché i trasporti sono
migliori e consentono la comunicazione e il trasporto di beni e persone in modo più facile ed
agevole.

Quindi la produzione delle varie aziende comincia ad essere pensata in termini internazionali,
questo processo di internazionalizzazione delle varie aziende è parallelo da un lato alla riduzione
della concorrenza a livello internazionale: la logica è che il mio teatro di concorrenza economica
non è più il singolo stato nazionale, ma è il mondo, quindi io vado a competere con soggetti di
altri paesi e all’interno non voglio avere problemi.
Assistiamo a processi di fusione di aziende e costruzioni di monopoli all’interno dei vari paesi.
Uno dei monopoli più importanti e famoso anche nella cultura di massa è Rockefeller, che
riguarda l’industria del petrolio negli stati uniti: procede per successive acquisizioni delle aziende
che operavano nello stesso settore a livello nazionale, arriva ad ottenere il monopolio dell’industria
del petrolio/ idrocarburi negli stati uniti e si proietta a livello concorrenziale nel mondo.
Le grandi aziende sono suddivise in settori, ognuno dei quali in qualche modo ri ette il mercato di
riferimento, oppure servono all’organizzazione interna.
• Per esempio se sono Rockefeller e voglio vendere in Europa avrò bisogno di un settore della
mia azienda che si occupa dell’Europa (del marketing, del commercio, delle acquisizioni, delle
leggi..)

Se il mio mercato è internazionale le risorse che devo utilizzare per produrre e promuovere i miei
prodotti aumentano, ho bisogno di più risorse, investimenti e personale.
Queste risorse le ottengono mettendomi insieme ad altre aziende del mio stesso paese, oppure
attraverso le banche.
Possiamo dire che con la rivoluzione dei trasporti (rottura collo di bottiglia e le trasformazioni
conseguenti) nasce il capitale nanziario che è l’unione del capitale bancario e di quello
industriale: la banca non si limita più solo a prestare soldi, ma arrivano ad entrare a far parte del
consiglio di amministrazione delle aziende perché comprandone le azioni ne diventano in parte
proprietari.
Le aziende non sono quindi più sottoposte ad un unico proprietario, ma diventano delle SPA
(società per azione) cioè delle società che prevedono più proprietari che hanno un maggiore o
minore peso all’interno della società in funzione alle quote di proprietà che possiedono di questa.
Azioni:quota di proprietà di un’azienda

Il valore dell’azione di un’azienda dipende dalla capacità di quell’azienda di fare pro tto e il
discorso vale anche in prospettiva, quindi anche se al momento un’azienda non fa grandi pro tti,
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ma ha enormi margini di pro tto per il futuro, allora anche le sue azioni sono apprezzate perché se
ne diventi proprietario ora in futuro otterrai grandi pro tti.
È chiaro che su questo si innesta un altro meccanismo, il valore di mercato di un’azione dipende
quindi sia dall’intrinseca qualità di quell’azione, ma anche da quanto questa è richiesta/ comprata
nel mercato; infatti il mercato in uenza il prezzo delle cose.

Una volta che abbiamo le società per azioni non è poi complicato costruire un monopolio perché
è su ciente che un soggetto (di un grande gruppo) acquisti azioni.
• Esempio di Carnegie che forma un monopolio nella produzione dell’acciaio. Supponiamo che io
Carnegie inizi a comprare le azioni di tutte le aziende che mi sono concorrenti, a forza di
comprarle queste aziende diventano mie.

Come si formano i monopoli


• TRUST: cioè fusioni, due aziende diventano una unica con un accordo tra proprietari.
• CARTELLI:sono soggetti che si mettono d’accordo, non si uniscono in un’unica azienda, ma si
accordano sulla quantità di beni/ merci da produrre e sul prezzo a cui venderli, alla ne sono
divise ma si comportano come un’unico soggetto
• HOLDINGS: società nanziaria, non un’industria che produce un bene concreto, ma una società
che vive di nanzia/ capitali. La sua attività principale è acquisire aziende tramite le azione e, o
guadagna dagli utili di queste azioni, oppure fa delle operazioni: spezza un’azienda in tante altre
aziende, da una parte prede quello che ha di buono (macchine, personale) e la fa comprare a
dei capitali; dall’altra parte (ciò che si chiama bad company) ci sono i debiti che piano piano
liquida. Questo meccanismo consente la costruzione di monopoli perché una holdings
acquistando la azioni di ogni azienda in un determinato ambito, controlla un intero mercato.

Perché questa cosa è collegata all’imperialismo?


C’è stata tesi secondo cui l’imperialismo è una conseguenza del capitalismo che diventa
mondiale, quindi è la sua fase suprema.
Gli storici non negano che nell’imperialismo ci siamo riferimenti all’economia, ma non è l’unico
fattore; l’imperialismo diventa proprio un progetto politico che è regno unito, cioè l’idea di un
concetto di stato formato da una madre patria, che nel progetto dei politici doveva essere
industrializzata, e da un’insieme di colonie che le forniscono materie prime e manodopera, e che
formano insieme un blocco protetto dal punto di vista economico.
Quindi è un progetto politico perseguito volontariamente sul modello inglese, che aveva una
supremazia sugli altri paesi e costituiva un modello.

Bolla speculativa della crisi del ’29 (la rivedremo)


La crisi del ’29 è una grande crisi economica che nasce nel mercato azionario (non la prima
perché è nel 1870 a livello mondiale) che è rimasta nella coscienza collettiva quasi dell’umanità
per le conseguenze che ha provocato.
Nasce perché la domanda di mercato delle azioni aumenta e il prezzo sale, quindi le azioni delle
aziende salgono, ma quelle aziende non sono in grado di fare pro tto.

Seconda rivoluzione industriale (dentro l’imperialismo)


Rispetto alla prima rivoluzione industriale le cose cambiano di nuovo e invece del libero scambio
internazionale, si torna a forme di protezionismo.
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