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ORATIO OBLIQUA

1. CHE COSA S’INTENDE PER ORATIO OBLIQUA

L'oratio obliqua corrisponde al discorso indiretto.


Può presentarsi sia in dipendenza da un verbo di dire, pensare, rispondere, ecc., esplicito o
sottinteso, sia come discorso indiretto libero, modalità espressiva non troppo frequente in
italiano, ma piuttosto comune in latino.

I esempio:

Discorso diretto Discorso indiretto


Ci venne incontro e disse: “Farò tutto il Ci venne incontro dicendo che avrebbe fatto
possibile per voi.” tutto il possibile per noi.

II esempio:

Discorso diretto Discorso indiretto libero


"Perché ti ostini a mentire? Giulia sa tutto: ti Perché si ostinava a mentire? Giulia sapeva
ha visto ieri sera con Paola." tutto: l'aveva visto la sera prima con Paola.

In latino, nel passaggio dall'oratio recta (= discorso diretto) all'oratio obliqua, si verificano alcuni
cambiamenti che coinvolgono sia le proposizioni, sia alcuni pronomi, aggettivi e avverbi.

2. LE PROPOSIZIONI PRINCIPALI E LE LORO COORDINATE

a. I modi

Le principali enunciative (negazione non) si esprimono con accusativo + infinito;


le principali volitive (negazione ne) si esprimono con il congiuntivo.

Per principali enunciative s'intendono:


quelle all'indicativo
le interrogative retoriche non volitive
le esclamative
i congiuntivi potenziali e irreali in forma non interrogativa.

Per principali volitive s'intendono:


quelle con l'imperativo
i congiuntivi esortativo ed ottativo
le interrogative reali
le interrogative retoriche esprimenti volontà (incluse quelle con i congiuntivi potenziale
e dubitativo).

b. I tempi

I tempi dell'infinito sono il presente, il perfetto o il futuro, a seconda che il rapporto con
la reggente cui si fa riferimento (esplicito o implicito) sia di contemporaneità, di anteriorità
o di posteriorità.
I tempi del congiuntivo sono quelli richiesti dalla consecutio temporum; tuttavia tieni
presente che questa non è osservata rigorosamente.
3. LE PROPOSIZIONI SUBORDINATE

Le subordinate di modo indefinito (infinito, participio, gerundio, gerundivo, supino) restano


immutate;
le subordinate di modo finito (indicativo o congiuntivo) passano tutte al congiuntivo: gli
indicativi si trasformano infatti in congiuntivi obliqui, perché si riporta indirettamente il
pensiero di qualcuno. I tempi del congiuntivo sono quelli richiesti dalla consecutio
temporum, ma con qualche libertà.
Restano all'indicativo le frasi che introducono osservazioni obiettive o incidentali e le
relative nominali, oltre alle temporali con dum + il presente indicativo.

4. PRONOMI E AVVERBI

Nel passaggio dall'oratio recta all'oratio obliqua i pronomi personali e dimostrativi, gli
aggettivi possessivi, gli avverbi di tempo e di luogo subiscono alcune inevitabili
trasformazioni, come in italiano:
Es.: "Ieri abbiamo visto qui tuo padre" = (Dissero che) "il giorno prima avevano visto lì suo
padre".
In particolare avremo:
- se (e non ille o is!) al posto di ego (si usa però ipse al nominativo e nelle contrapposizioni);
- suus, sua, suum (e non eius o eorum/earum!) al posto di meus e noster;
- ille o is al posto di tu e vos oppure al posto di hic o iste;
- illius, illorum o eius, eorum al posto di tuus e vester.

SCHEMA RIASSUNTIVO

MODI
Oratio recta Oratio obliqua
PRINCIPALI E LORO COORDINATE

1. enunciative
(all’indicativo, interrogative retoriche
non volitive, esclamative, congiuntivi accusativo + infinito
potenziali e irreali in forma non
interrogativa)
2. volitive
(imperativo, congiuntivi esortativo e
ottativo, interrogative reali e retoriche congiuntivo
volitive)

SUBORDINATE

1. con modi indefiniti restano inalterate

2. con modi finiti congiuntivo (tranne le incidentali, le


osservazioni obiettive e le perifrasi)

TEMPI

1. i congiuntivi seguono, con una certa libertà, la consecutio temporum;


2. gli infiniti si regolano in base al loro rapporto temporale con il verbo di dire espresso o
sottinteso.
UN ESEMPIO D’AUTORE

Non tutto ti è chiaro? Niente paura. Ricorda che, in caso di dubbio, esiste un piccolo ma
utilissimo trucco: trasformare l'oratio obliqua in oratio recta, immaginando per così dire di
intervistare il personaggio il cui discorso viene riportato.
Eccoti un esempio tratto dagli Annales di Tacito (14. 1). Chi parla è Poppea, moglie di Otone e
concubina di Nerone, sdegnata con quest'ultimo, che non si decide a sposarla, e con la futura
suocera Agrippina. Le differenze tra il discorso diretto e quello indiretto sono sottolineate:

Cur enim differri nuptias suas? Formam Poppaea dicebat: "Cur enim differuntur
scilicet displicere et triumphales avos, an nuptiae meae? Forma scilicet displicet et
fecunditatem et verum animum? Timeri ne triumphales avi, an fecunditas et verus
uxor saltem iniurias patrum, iram populi animus? Timetur ne uxor saltem iniurias
adversus superbiam avaritiamque matris patrum, iram populi adversus superbiam
aperiat? Quod si nurum Agrippina non nisi avaritiamque matris aperiam? Quod si nurum
filio infestam ferre posset, redderetur ipsa Agrippina non nisi filio infestam ferre potest,
Othonis coniugio. reddar ipsa Othonis coniugio."
Perché, infatti, si rimandavano le sue nozze? Poppea diceva: "Perché, infatti, si rimandano
Evidentemente gli dispiacevano la sua le mie nozze? Evidentemente (ti) dispiacciono
bellezza e i suoi avi trionfatori, o la sua la (mia) bellezza e i (miei) avi trionfatori, o la
fecondità e il suo animo sincero? (O forse) si (mia) fecondità e il (mio) animo sincero? (O
temeva che, una volta divenuta moglie, forse) si teme che, una volta divenuta moglie,
rivelasse, se non altro, i soprusi nei confronti io riveli, se non altro, i soprusi nei confronti
dei senatori, il malcontento del popolo contro dei senatori, il malcontento del popolo contro
l'arroganza e l'avidità di sua madre? E se l'arroganza e l'avidità di (tua) madre? E se
Agrippina non poteva tollerare una nuora se Agrippina non può tollerare una nuora se
non ostile al figlio, la si rendesse a (suo) non ostile al figlio, mi si renda a (mio) marito
marito Otone. Otone!"

Osserviamo le singole frasi:

Cur enim differri nuptias suas? Formam scilicet displicere et triumphales avos, an
fecunditatem et verum animum?
Si tratta di interrogative retoriche (la seconda disgiuntiva) che equivalgono di fatto ad
enunciazioni di senso negativo ("Non c'era nessun motivo per rimandare le sue nozze; non
potevano certo dispiacergli la sua bellezza e i suoi avi trionfatori, o la sua fecondità e il suo
animo sincero"). Come tali, si esprimono con accusativo + infinito. Osserva poi il mutamento
del pronome: l'originario meae è diventato suas.

Timeri ne uxor saltem iniurias patrum, iram populi adversus superbiam avaritiamque matris
aperiat:
La principale (timeri) è enunciativa e quindi vuole anch'essa accusativo + infinito. Osserva
come gli infiniti (differri, displicere e timeri) siano tutti presenti: il rapporto con il verbo di dire
sottinteso è dunque di contemporaneità. Ne... aperiat è la completiva del precedente timeri:
trattandosi di una subordinata con un modo finito, in oratio obliqua non poteva che avere il
congiuntivo; è d'obbligo dunque una domanda: il congiuntivo era tale già in origine? O
abbiamo a che fare con un “falso congiuntivo” che nasconde in realtà un indicativo? In questo
caso la risposta è semplice: le completive con i verba timendi richiedono sempre il congiuntivo.
Notiamo che, come spesso nella oratio obliqua, la consecutio non è rispettata: aperiat è infatti
un congiuntivo presente, mentre il verbo reggente sottinteso (dixit o simili) ha sicuramente un
tempo storico.
Quod si nurum Agrippina non nisi filio infestam ferre posset, redderetur ipsa Othonis coniugio.
E' un periodo ipotetico: ma di che tipo? Infatti, poiché nella oratio obliqua tutte le
subordinate passano al congiuntivo e tutti i tempi tendono a diventare storici, tutti i periodi
ipotetici finiscono per assomigliarsi; in particolare, le protasi sono identiche. Dobbiamo
procedere per esclusione. Osserviamo l'apodosi, cioè la principale: scopriamo che dobbiamo
subito scartare qualsiasi frase di tipo enunciativo: essa avrebbe infatti l'accusativo e l'infinito,
mentre qui c'è un congiuntivo (redderetur). Si tratta dunque di una principale volitiva: e,
poiché la forma non è interrogativa, non resta che pensare ad una frase originariamente
all'imperativo o al congiuntivo esortativo (nulla, infatti, lascia supporre che si tratti di un
congiuntivo ottativo); dunque un'apodosi della realtà.
Il ragionamento ti pare troppo complicato? Non sei sicuro di avere capito? Ti resta sempre la
"prova del nove": l'intervista con il personaggio. Ascoltiamo questo discorso dalla viva voce di
Poppea, trasformando le sue petulanti recriminazioni in oratio recta:

"Perché si continua a rimandare il mio matrimonio? Non mi dirai che ti dispiacciono il mio
aspetto fisico e i miei avi trionfatori, o la mia fecondità e la mia sincerità d'animo? O forse hai
paura che, una volta divenuta tua moglie, io denunci, per tacere del resto, i soprusi nei
confronti dei senatori, il malcontento del popolo contro l'arroganza e l'avidità di tua madre! Ma
allora, se Agrippina è in grado di sopportare soltanto una nuora che vuol male a suo figlio,
mi si renda a mio marito Otone!".

Adesso è tutto chiaro: il periodo ipotetico è in effetti della realtà, con protasi originariamente
all'indicativo e apodosi al congiuntivo esortativo.

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