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La pena di morte al giorno d’oggi (Luca Maria Incarnato)

LA PENA DI MORTE AL GIORNO D’OGGI

Figura 1: Paesi che hanno eseguito condanne a morte nel 2020. Fonte: Amnesty International

Al giorno d’oggi sono più della metà gli stati che hanno abolito la pena di

morte, mentre ancora 58 paesi hanno una legislatura attiva (di cui solo 2

passiva, non eseguono condanne a morte) e sono : Afghanistan, Antigua e


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Barbuda, Bahamas, Bahrain, Bangladesh, Barbados, Bielorussia, Belize,

Botswana, Ciad, Cina, Comore, Cuba, Repubblica democratica del Congo,

Dominica, Egitto, Guinea Equatoriale, Etiopia, Guyana, India, Indonesia, Iran,

Iraq, Giappone, Giamaica, Giordania, Kuwait, Lesotho, Libya, Malaysia,

Nigeria, Corea del Nord, Oman, Pakistan, Territori Palestinesi, Arabia

1 Dati di Amnesty International.


Fonti: www.amnesty.it, www.ohchr.org, www.wikipedia.org
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La pena di morte al giorno d’oggi (Luca Maria Incarnato)

Saudita, Singapore, Somalia, Sud Sudan, San Kitts e Nevis, Santa Lucia,

Saint Vincent e Grenadine, Sudan, Siria, Taiwan, Thailandia, Trinidad e

Tobago, Uganda, Stati Arabi Uniti, Stati Uniti d’America, Vietnam, Yemen,

Zimbabwe. La pena di morte è una procedura con cui al condannato viene

sottratta la vita per aver commesso un omicidio. Ragionando su questa

definizione di pena di morte notiamo delle analogie con alcune forme

giuridiche antiche risalenti alle prime civiltà della storia: la legge del

taglione. Questa legge, apparsa per la prima volta nel codice di Hammurabi

(il primo documento giuridico scritto), legittima l’equa restituzione di un torto,

da parte di un individuo, a colui che per primo l’ha inflitto. La pena di

morte appare così un iperbolica applicazione della legge del taglione, in

quanto la prima viene eseguita quando il condannato viene accusato di

omicidio. In questo caso è lo Stato, in rappresentanza della famiglia

dell’individuo a cui il condannato ha tolto la vita, che restituisce il torto

togliendo a sua volta la vita al colpevole di omicidio. Appare evidente

l’arretratezza culturale della pena di morte, perché ha le sue radici in un

tipo di legge che, ai bambini, viene passata come “sbagliata”. Quando da

piccoli ci veniva fatto un torto ci veniva anche detto che non bisognava fare

“occhio per occhio e dente per dente”, perché è sbagliato nuocere il prossimo.

Lo stesso Gesù avrebbe detto ai suoi discepoli nel Discorso alla Montagna:

“Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi

dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu


porgigli anche l'altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la
tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio,
tu fanne con lui due. Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un
prestito non volgere le spalle.” (Matteo, 5, 38-42)

Fonti: www.amnesty.it, www.ohchr.org, www.wikipedia.org


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La religione però appare in contraddizione con se stessa, nel libro biblico

dell’Esodo leggiamo:

“Colui che colpisce un uomo causandone la morte, sarà messo a morte. ”

(Esodo, 21, 12-17)

Il tema è abbastanza delicato e nella storia sono state molte le

interpretazioni e le opinioni circa la pena di morte e la legge del taglione.

Una di queste interpretazioni è quella dell’intellettuale illuminista del XVII

secolo Cesare Beccaria, che con il suo saggio breve, Dei delitti e delle pene,

definisce un “teorema” di assegnazione di una condanna.

“Perché ogni pena non sia una violenza di uno o di molti contro un privato
cittadino, dev'essere essenzialmente pubblica, pronta, necessaria, la minima
delle possibili nelle date circostanze, proporzionata a' delitti, dettata dalle
leggi” (Dei delitti e delle pene, XLVII)

Beccaria critica la pena capitale in quanto delitto non autorizzato compiuto

direttamente dallo stato. Anche il filosofo inglese del XVII secolo Thomas

Hobbes si schiera a contro la pena di morte: egli formula una serie di

condizioni e di principi che governavano l’uomo nello stato di natura, lo stato

antecedente a quello civile, e uno di questi è proprio il principio di

autoconservazione. Per Hobbes, pur essendo riconosciuta la completa

alienazione dell’individuo al sovrano, questo non ha il diritto di uccidere per

mano dello stato un altro individuo, perché andrebbe contro il principio di

Fonti: www.amnesty.it, www.ohchr.org, www.wikipedia.org


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autoconservazione, che non è uno statuto civile ma naturale e in quanto tale

non può essere oltrepassato.

«Le passioni che spingono l'uomo alla pace sono la paura della morte, il
desiderio di quelle cose che sono necessarie per una vita confortevole, e la
speranza di ottenerle attraverso il proprio lavoro. E la ragione suggerisce dei
principi capaci di assicurare la pace, sui quali gli uomini possono essere
indotti ad accordarsi. Questi principi sono quelli che sono anche definiti leggi
di natura.» (Leviatano, I, 13)

Il 10 dicembre del 1948 fu firmata da 48 paesi su 58 appartenenti alle

Nazioni Unite un documento, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ,

nel quale vengono stabiliti i diritti umani. In esso si recita:

“Articolo 3
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria
persona.”

Tutt’oggi questo documento è in vigore negli stati firmatari ma in alcuni

paesi non sembra essere rispettato. In particolare nei seguenti: Afghanistan,

Egitto, India, Iran, Iraq, Pakistan, Siria, Stati Uniti d’America. Questi

paesi sono quelli che, secondo il rapporto di Amnesty International nel 2020,

hanno condannato ed eseguito la pena di morte, ma sono anche parte di quei

48 paesi che hanno firmato la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Però, come a breve vedremo, questo non è stato l’unico articolo ad essere

infranto dai suddetti stati.

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Tra gennaio e dicembre 2020 sono stati raccolti dati circa le esecuzioni e le

condanne a morte da numerosi stati in cui è ancora in vigore la pena

capitale. Tali dati provengono da diverse fonti: dati ufficiali, pronunce

giurisdizionali, testimonianze degli stessi condannati, delle loro famiglie o dai

loro stessi legali. Per un numero limitato di paesi la documentazione

insufficiente o i governi poco collaborativi hanno costretto il processo di

acquisizione di dati a ripiegare su organizzazioni della società civile. Ad

esempio in Cina e Vietnam i dati circa la classificazione di esecuzioni e

condanne a morte sono considerati segreti di stato e pertanto quasi


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impossibili da ottenere .

Il 2020 è stato un anno particolare anche per gli apparati giuridici dei vari

stati, la pandemia da COVID-19 ha indotto numerose interruzioni e

sospensioni. Sebbene dal punto di vista sanitario questa sia stata una

sciagura, della situazione circa la pena capitale non possiamo dire altrettanto:

a livello globale il numero di esecuzioni è diminuito del 26%, ottenendo il

valore più basso negli ultimi dieci anni e confermando il trend positivo di

diminuzione continua, anno per anno, dal 2015. Anche il numero di condanne

(1477) ha subito un modesto calo, del 36%, rispetto al 2019.

La diminuzione di esecuzioni e condanne è dovuta, non solo dai rallentamenti

della pandemia da COVID-19, ma anche dall’abolizione, o riduzione, della

pena capitale in alcuni stati: A maggio il Ciad ha abolito la pena di morte

per qualsiasi reato, a dicembre il Kazakistan ha intrapreso una campagna di

promozione dell’abolizione della pena di morte e il Colorado è diventato il 22°

stato degli Stati Uniti ad abolire la pena di morte. Invece non sono state

2 Da ora in poi l’uso del simbolo (+) indica che i dati si riferiscono ad una stima o ad un quantitativo inferiore al
numero effettivo.
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rilevate esecuzioni o condanne in Bahrein, Bielorussia, Giappone, Pakistan e

Sudan. Il Sudan stesso ha anche abolito la pena di morte per il reato di


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apostasia , mentre l’Arabia Saudita, che era uno degli stati con il maggior

numero di condanne ed esecuzioni, ha abolito la pena di morte per individui

con età inferiore a 18 anni.

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Durante la sessione plenaria dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite 123

stati hanno votato a favore della risoluzione che richiama gli stati ad

istituire una moratoria sulle esecuzioni in ottica dell’abolizione totale della

pena capitale. Si tratta di 19 voti in più rispetto al 2007, anno dell’adozione

della prima risoluzione.

Il percorso per la globale abolizione della pena di morte è costante ma

nonostante alcuni stati si siano adoperati nella riduzione o nell’abolizione

della pena, ci sono invece stati che producono tutt’oggi dati allarmanti: in

Egitto il trend è stato opposto, il numero di esecuzioni è più che triplicato e

l’amministrazione Trump negli Stati Uniti ha autorizzato e ripreso la

condanna a livello federale dopo 17 anni di sospensione e in soli cinque mesi

e mezzo 10 persone sono state condannate a morte. L’aggravante della

pandemia da COVID-19 non ha portato, in queste realtà, dei miglioramenti: i

processi penali non hanno subito sospensioni o interruzioni, per cui è stata

messa in pericolo la salute dei giudici, degli avvocati e dei condannati stessi.

Questi ultimi sono stati colpiti più duramente dalla pandemia, in quanto ha

portato alla limitazione delle visite e dei contatti sociali in carcere, anche

questi luoghi poco attenti all’emergenza, evidenziando la crudeltà della pena

3 Totale ripudio del proprio credo, in particolare religioso.


4 La risoluzione delle Nazioni Unite (solitamente proclamata in forma biennale) è l’atto giuridico più importante che
l’ONU possa adottare. Solitamente riguarda una decisione da adottare al raggiungimento della maggioranza nella
votazione a cui partecipano i paesi membri.
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capitale. In alcuni casi è stato anche vietato ai condannati la consulta dei

loro avvocati o dello staff legale che li assiste. Questo è un’altra delle tante

violazioni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani , in particolare

dell’articolo 7 che recita: “Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto,

senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti
hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la
presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale
discriminazione”. Oppure dell’articolo 11 comma 1: “Ogni individuo accusato di
un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata
provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte
le garanzie necessarie per la sua difesa.”, ma sono molti altri gli articoli
della dichiarazione che non vengono rispettati nei casi di uso della pena

capitale.

“Un sistema moderno di


giustizia penale deve essere
ragionevolmente accurato, giusto,
umano e tempestivo. La nostra
recente esperienza con la scelta
del governo federale di
riprendere le esecuzioni
conferma che la pena di morte
non può essere conciliata con
questi valori”.
Figura 2: Dati sulle esecuzioni statali, federali e nello stato del Texas
tra 2019 e 2020

(Stephen Breyer, Giudice associato della Corte suprema degli Stati Uniti)

Fonti: www.amnesty.it, www.ohchr.org, www.wikipedia.org


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Il 2020 è stato il terzo anno consecutivo in cui è stato registrato il minor


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numero di esecuzioni nei dieci anni precedenti, con un totale di 483+

esecuzioni (il 26% in meno del 2019, il cui numero ammonta a 657+, e il

70% in più al picco del 2015, con 1634+ esecuzioni). L’88% di queste

esecuzioni provengono dai seguenti paesi: Iran (246+), Egitto (107+), Iraq

(45+) ed Arabia Saudita (27+), non includendo i dati della Cina che si
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presumono essere decisamente maggiori .

Figura 3: Numero di paesi abolizionisti negli anni

5 Viene portato all’attenzione che tali numeri sono inferiori alla somma reale a causa del protezionismo di dati di
alcuni paesi.
6 L’organizzazione Amnesty International ha interrotto le comunicazioni con la Cina circa l’acquisizione di dati sulla
pena capitale, sfidando le stesse autorità cinesi a dimostrare il trend positivo di diminuzione dell’uso della pena di
morte.
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Questa riduzione di esecuzioni è dovuta a due paesi in particolare: Iraq, che

ha dimezzato il numero di esecuzioni (da almeno 100 nel 2019 ad almeno 45

nel 2020), e all’Arabia Saudita che ha ridotto dell’85% le esecuzioni (da 184

a 27). L’Egitto invece, come già scritto precedentemente, ha più che triplicato

il numero di esecuzioni (da almeno 32 ad almeno 107). Il numero di paesi

che hanno applicato la sentenza di condanna a morte sono diminuiti rispetto

al 2019 andando da 20 a 18 paesi. Ciò è dovuto al Giappone, al Pakistan, al

Singapore e al Sudan che non hanno eseguito sentenze capitali, mentre India,

Oman e Qatar hanno ripreso dopo anni di interruzioni nel passato.

Figura 4: Numero di esecuzioni negli anni

Tra le tecniche di esecuzione più diffuse al mondo ci sono: decapitazione,

fucilazione, impiccagione, iniezione letale e la sedia elettrica, mentre non sono

pervenuti dati circa la lapidazione.

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Anche le condanne a morte nel 2020 sono diminuite a livello globale. Si

registrano almeno 1477 condanne a morte, un decremento del 36% rispetto

all’anno precedente (2307) e del 53% rispetto a cinque anni prima (2016,

almeno 3117).

Non sono stati ricevuti dati di condanne a morte in paesi come la Malesia,

La Nigeria e lo Sri Lanka nei quali erano stati registrati alti numeri negli

anni precedenti.

Dato allarmante è anche quello delle persone detenute nel “braccio della

morte”, cioè detenute in attesa di esecuzione. Alla fine del 2020 almeno
28567 persone erano detenute in attesa di esecuzione e in nove paesi è

detenuto l’82% dei condannati: Iraq (7900+), Pakistan (4000+), Nigeria

(2700+), Stati Uniti (2485), Bangladesh (1800+), Malesia (1314+), Vietnam

(1200+), Kenya (1000+) e Sri Lanka (1000+). In paesi come l’Arabia Saudita,

Cina, Corea del Nord, Egitto ed Iran i dati non sono stati divulgati o non

sono accessibili, per cui non è possibile fare una stima precisa, ma ci si

aspetta un valore abbastanza elevato.

Gli Stati Uniti d’America hanno numerosi problemi nel loro sistema

giudiziario. Sono tanti i casi che evidenziano tutte le falle giudiziarie ma una

situazione particolare è quella di Rocky Myers, in Alabama. Rocky Myers è

un afroamericano detenuto da 26 anni nel braccio della morte dopo esser

stato condannato a morte per l’omicidio della sua vicina nel 1991.

Cresciuto in New Jersey con un educazione elementare, a Rocky Myers è

stato diagnosticato, durante la sua infanzia, una disabilità intellettiva. Questa

però non è mai stata considerata dai vari tribunali interessati al suo caso, in

quanto questi si basano principalmente sul test del quoziente intellettivo,

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criterio giudicato arretrato e inadeguato già nel 2014. Il team legale di Myers

non è mai stato sufficientemente solido da poter gestire la sua situazione: il

suo primo legale, d’ufficio, ha abbandonato senza preavviso la causa facendogli

perdere le cause chiave, oltrepassando anche i termini massimi per i vari

ricorsi. Inizialmente la giuria, composta da una maggioranza di uomini

bianchi, ha suggerito al giudice la pena dell’ergastolo senza possibilità di

libertà condizionale, ma il giudice ha ignorato la raccomandazione e ha

comunque condannato l’uomo a morte.

La giuria non ha nessuna prova solida

contro l’imputato: le testimonianze sono

ricche di incongruenze e accuse di

pressioni sulla polizia, il videoregistratore

rubato alla vittima (unica prova materiale

in possesso della difesa) è stato, nelle


Figura 5: Rocky Myers, detenuto da 26
opinioni di Myers che sostiene la sua anni nel braccio della morte
innocenza, torvato in strada abbandonato.

La sua esecuzione era stata fissata nel 2004 per poi esser rimandata nel

2012 e ancora in attesa di una data precisa in vista dell’approvazione di una

nuova meccanica di esecuzione per asfissia da azoto.

Nel 2017 il caso Myers è stato messo al bando per l’annullamento della

sentenza della giuria, ma gli standard internazionali sui diritti umani vieta a

coloro che sono già nel braccio della morte di beneficiare di tale riforma e

nel 2020 la Corte Suprema ha respinto la richiesta di risarcimento avanzata

da Myers, violando l’articolo 8 della Dichiarazione Universale dei Diritti

Umani, che recita: “”gni individuo ha diritto ad un'effettiva possibilità di


ricorso a competenti tribunali contro atti che violino i diritti fondamentali a

Fonti: www.amnesty.it, www.ohchr.org, www.wikipedia.org


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lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge”. Il governatore dell’Alabama


ha, però, la possibilità di stabilire un risarcimento e di concedere la grazia a

Rocky Myers.

Poichè Myers è affetto da una disabilità ed essendo stata essa trascurata

durante i processi, il sue caso chiaramente viola gli articoli 1 e 7 (poc’anzi

citato) della Dichiarazione. Tale primo articolo recita: “Tutti gli esseri umani

nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di


coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.” , ma
Rocky Myers non è stato trattato con eguale dignità perché è stata

completamente ignorata la sua disabilità mentale.

Questo non è l’unico caso di uso erroneo della pena di morte, fenomeno che

si è esteso anche durante tutto il 2020.

I dati presi in considerazione poc’anzi appartengono al “Rapporto di Amnesty

International sull’uso della pena di morte nel mondo” . Amnesty International


è un’organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei

diritti umani, sanciti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, nelle

varie zone del mondo, con lo scopo di promuoverne il rispetto con

imparzialità. Fondata nel 1961 in Inghilterra, ha ottenuto diversi

riconoscimenti tra cui il premio Nobel per la pace nel 1977


7
e il premio

Colombe d’Oro per la Pace nel 1991


8

7 Ottenuto per l’attività di “difesa della dignità umana contro la tortura, a violenza e la degradazione”.
8 Ottenuto per l’azione contro la violazione dei diritti umani nell’anno della Guerra del Golfo.
Fonti: www.amnesty.it, www.ohchr.org, www.wikipedia.org
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DOCUMENTAZIONE:

- Rapporto di Amnesty International sull’uso della pena di morte nel mondo

- Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

Realizzato da:

Luca Maria Incarnato


IV A Liceo Scientifico
Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II

Fonti: www.amnesty.it, www.ohchr.org, www.wikipedia.org


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