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ETICA E BIOETICA - TEMI FONDAMENTALI

Etica e bioetica (Università degli Studi di Napoli Federico II)

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DUE CONCEZIONI DI BIOETICA


Da un lato una ricostruzione religiosa della bioetica dice che essa nasce
quando si prende consapevolezza del limite della scienza, palesatosi col
processo di Norimberga. Un modo più corretto di vedere la situazione è
invece ritenere che quegli scienziati avessero tradito la scienza a favore di
un’ideologia, la quale è la vera responsabile della disumanizzazione
dell’uomo compitasi in quegli esperimenti.
Una ricostruzione laica della bioetica ne colloca la nascita tra gli anni 60 e
70, durante la “crisi delle morali assolute”.
Da questi due paradigmi sorgono due visioni antagoniste: la sacralità della
vita, cioè l’intangibilità assoluta della vita umana, e la qualità della vita,
intesa come bene e/o autonomia delle persone.
La bioetica è un sapere del secolo breve, che prende piede dove le varie
discipline hanno una loro autonomia ma sono dialoganti tra loro, cioè nel
contesto delle società complesse. Senza le tecnologie molti dei problemi che
affrontiamo in bioetica non esisterebbero, e per questo si parla di impatti
planetari delle tecnoscienze. Inoltre in bioetica è centrale la questione
dell’ecologia.
Mentre la scienza è un dispositivo tendenzialmente avalutativo e aperto al
dibattito, lo scientismo parte dal dato scientifico e lo trasforma in questione
politica: un’ideologia scientista è ad esempio l’eugenetica. Lo scientismo
predica che etica e politica siano strettamente connessi ai risultati della
scienza. Il razzialismo insisteva sui gruppi: determinati gruppi dovevano
essere esclusi dalla società; scienziati e politici a favore dell’eugenetica
parlavano invece di soggetti eugenetici e disgenetici, la cui discendenza
dovesse essere rispettivamente promossa o impedita, sia in termini di
welfare che di vera e propria sterilizzazione coatta.
[Visione di uno spezzone del film “La custode di mia sorella”: autonomia non
vuol dire chiudersi al mondo esterno ma essere fonte delle proprie scelte.]

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ABORTO
Fino al 1975 l’aborto era illegale tranne in alcuni casi previsti dalla legge dove
la gravidanza era un pericolo per la vita della madre, legittimati anche dalla
fede cattolica. La Corte istituzionale affermò che la tutela del concepito
avesse fondamento costituzionale ma potesse entrare in conflitto con altri
bene costituzionalmente tutelati, quale la salute della persona. Si ritenne
illegittimo dunque considerare solo i casi di pericolo attuale. Articolo 32:
(rapporto tra individuo e stato) “La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce
cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in
nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
L’asse della responsabilità si sposta a favore della donna con la legge 194 del
1978: Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile,
riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio.
L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il
controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie
funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre
iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle
nascite.
La legge guarda alla donna nella sua integrità e non più solo dal punto di
vista medico, tutelando una maternità cosciente e responsabile.
Nell’82 fu istituito un comitato ad hoc tenuto a decidere della
sperimentazione sugli embrioni, consentita fino al 14esimo giorno.
LEGGE 40
La legge 40 del 2004 tentò di imporre un certo punto di vista, cercando di
ritenere legittimo solo un ristretto numero di casi. “Al fine di favorire la
soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità

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umana è consentito il ricordo alla procreazione medicalmente assistita che


assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti compreso il diritto del concepito”
se tutta la legge precedente aveva parlato di interesse alla vita del nascituro
paragonato al diritto alla vita della madre questa legge, definita la più
ideologica della storia della repubblica da Rodotà, parlava di diritto del
concepito.
Comma 1: è vietata la crioconservazione e la soppressione degli embrioni;
Comma 2: le tecniche non devono creare un numero di embrioni superiore a
quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto,
comunque non superiore a tre
Comma 3: è vietata la riduzione embrionaria di gravidanze plurime
Omologa: gameti della coppia Eterologa: gamete di un donatore esterno
È una legge solo per coppie sterili, graduale (serie di tentativi), non
eterologa, con massimo 3 embrioni non selezionabili, dei quali non è
conoscibile lo stato di salute.
Nel 2005 si tennero dei referendum parzialmente abrogativi, molto
complicati. Il primo punto riguardava la sperimentazione sugli embrioni
(questa è vietata in Europa e avviene negli Stati Uniti e in tutti i Paesi Asia).
Legge 40 del 2004 sulla fecondazione assistita: tutte le problematiche
 vieta la fecondazione che si realizza per mezzo del ricorso al seme di un
donatore esterno alla coppia, ma in tal modo si riafferma l’assoluto
primato del figlio proprio geneticamente, in una legge che
apparentemente sembra spingere verso adozione (che favorisce la
genitorialità basata su vincoli di affetto e non genetici)
 viene stravolto un principio cardine dell’ordinamento giuridico che,
all’art. 1 del codice civile, riconosce la soggettività giuridica al nato, e
non a chi è semplicemente concepito

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 si impedisce a persone fertili, ma portatrici di gravi malattie ereditarie


di optare per la procreazione artificiale al fine di evitare la trasmissione
delle stesse
 interdice l’accesso a tali pratiche alle donne single, alle coppie
omosessuali, poiché possono accedere alle tecniche di procreazione
medicalmente assistita solo coppie di maggiorenni di sesso diverso,
coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile. il diritto alla
salute non sembra poter facilmente trovar limitazioni nello stato di
nubilato, di separazione personale o vedovile.
 La legge prevede l’istituzione di un registro nazionale dei nati,
rischiando di creare una “categoria speciale”
 Il divieto di crioconservazione e l’obbligo di non formare in ogni caso
più di tre embrioni comportano la necessità della ripetizione di
trattamenti di stimolazione farmacologia dell’ovaio con conseguenti
aumenti di rischio di effetti collaterali. Indubbie le ripercussioni
negative sulla salute della donna.
 Pesantissime sono le sanzioni previste per chi viola i divieti fissati dalla
legge
 Divieto di disconoscimento della paternità e di anonimato della madre
LEGGE 194 DEL 1978
Venne confermata con un referendum del 1981, che vide la vittoria dei "sì".
Si trattava del secondo esito affermativo, dopo quello sul divorzio, che segnò
un cambiamento sociale altrettanto significativo. Pone in primo piano la
salute della donna e la difesa della gravidanza e della vita, con l'obbligo di
informare da parte dei medici prima di intervenire. Con la legge 194 del
1978, l'interruzione di gravidanza è stata riconosciuta come una pratica
legale, consentita entro 90 giorni in relazione o al suo stato di salute, o alle
sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è
avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del
concepito". La scelta spetta esclusivamente alle donne e in alcun modo al
padre. Entro il quarto e quinto mese, invece, è permesso ricorrere all'x solo

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in caso di gravi malformazioni del feto o di pericolo di vita per la donna. La


legge prevede anche l'anonimato per chi vi ricorre e la possibilità di lasciare
il bambino in affido all'ospedale, perché una successiva adozione. È prevista
l'obiezione di coscienza per i ginecologi, salvo i casi nei quali l'intervento sia
"indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo di vita"
CLONAZIONE
La clonazione riproduttiva serve a ottenere embrioni geneticamente uguali.
Partendo dagli embrioni si tratta solo di dividerlo (come coi gemelli
monozigoti). A fini umani non è consentita, ma è usata sugli animali; sempre
a finalità riproduttiva posso adoperare un altro tipo di clonazione, il nucleo-
transfer: come per la pecora dolly, si parte da cellule di un organismo adulto.
Il caso della pecora Dolly fu la prima clonazione di un mammifero adulto.
Venne presa una cellula a DNA intero da una pecora bianca e una cellula
uovo da una pecora di un'altra razza. In laboratorio venne ricreato un
organismo con citoplasma dell’ovulo e nucleo: un embrione che trasferirono
nell’utero di una terza pecora della razza del “padre”, per dimostrare che
l’individuo non fosse legato alla razza del padre e della madre ospitante
bensì geneticamente uguale alla prima pecora.
La clonazione terapeutica non arriva a far nascere l’individuo: si prende una
cellula (che non presenta il tratto genetico) e lo si inserisce in un ovulo per
ottenere un embrione non malato. Nelle prime fasi l’embrione è fatto di
cellule staminali: dunque facendolo morire ne ottengo un gran numero
compatibili col soggetto malato.
ACCANIMENTO E CURE PALLIATIVE
Salvino Leone: ogni morte è percepita come segno di inefficienza o di un
fallimento; il paziente muore sempre più spesso in ospedale, dove la sua
compagnia sono gli strumenti, mentre i familiari “fuggono”. Sempre sul tema
dell’accanimento terapeutico si esprimono Spinsanti-Vernero; questo
termine descrive il momento in cui la disponibilità della tecnologia supera
l’umanità del medico; gli sforzi di salvare la vita a un malato, quando non
producono i risultati attesi, vengono bollati come “accanimento”. Il medico

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deve muoversi tra un troppo (disumano, contro la volontà) e un troppo poco


(abbandono prematuro del paziente). A volte sono i familiari ad “accanirsi” e
di loro il medico si sente ostaggio, temendo che le vicende ex post vengano
portate anche in tribunale. Da qui nasce anche la medicina difensiva, dove il
medico si assicura di aver fatto tutto il possibile per prevenire liti giudiziarie.
Una cura palliativa serve sì a lenire il dolore ma è anche il tentativo del
medico di accompagnare il paziente verso la morte; anche condotta
eccellentemente presenta cionondimeno problemi etici. Per il paziente e per
il terapeuta concordare l’inizio delle cure palliative vuol dire accettare
l’inesorabilità della morte nel proprio caso. L’OMS definisce cure palliative
quelle che dovrebbero migliorare la qualità della vita del paziente rilevando
e trattando i dolori e i problemi fisici, psicosociali e spirituali. È un percorso
che va avviato tempestivamente, quando al medico è chiaro che non si può
far altro. Esse non vogliono né accelerare né rallentare la morte (non
costituiscono dunque forma di abbandono) e sostengono anche i familiari
nell’elaborazione del lutto. Data l’assenza per lungo tempo a riguardo di leggi
italiane in materia siamo stati portati a parlare solo di eutanasia. Rilevante è
anche la percezione del paziente della cura. La legge del 22/12/2017 n 219
discute le norme in materia di consenso informato e di disposizioni
anticipate di trattamento; con disposizioni si intende che esse sono
vincolanti per il medico, mentre prima si parlava di “dichiarazioni” del
paziente che potevano essere accolte o meno dal medico. Uno studio
pubblicato da Singer nel 99, interrogati più di 1400 tra pazienti, familiari e
lavoratori del campo rilevò che di maggiore importanza erano ritenute la
preparazione alla morte, la decisione sulle preferenze di trattamento e su
tutte l’essere trattati come una persona “intera”.
EUTANASIA
Rispetto al tema dell’integralità della persona la chiesa cattolica si dimostra
in linea con la propria dottrina di sacralità della vita: rinunciare alle cure è
lecito e non è eutanasia. La parola eutanasia è stata utilizzata anche dai
nazisti, nel campo dell’eugenetica, dandosi come obiettivo l’evitare che le
persone provviste di un corredo genetico “negativo” si riproducessero, come
a guidare l’evoluzione umana. La morte di costoro poteva dunque essere

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praticata in contesti legalizzati, ad esempio negli ospedali psichiatrici, a


scapito di molti disabili: il cosiddetto programma T4. La medicina
tradizionale soleva confrontarsi con morti premature e con poco spazio di
libertà, in una continua battaglia contro la morte, nel seno della tradizione
vitalista; questa si è però dovuta confrontare con l’avanzamento tecnologico.
Grazie alle dichiarazioni anticipate è come se il dialogo tra medico e paziente
continuasse anche quando il paziente non possa più prendervi
consapevolmente parte. Molte di quelle che a prima vista giudichiamo
“richieste di aiuto a morire” rispondono talvolta a diverse domande, come il
bisogno di una maggiore spiritualità o di essere ritenuti ancora importanti in
qualche modo.
LAICITÀ
Nel testo costituzionale non c’è la parola laicità ma è stata dichiarata
principio supremo dalla Corte costituzionale: lo stato non è indifferente alle
religioni ma le prende in considerazione senza scegliere di adeguare la
propria attività ad esse; si fa garante della pluralità dei valori dei cittadini.
CELLULE STAMINALI
Nel 1988 ci fu il primo bambino a ricevere cellule staminali dal cordone
ombelicale (in questo caso la sua neonata sorella) per curare con successo la
propria malattia, l’anemia di Fanconi. Quando parliamo di staminali parliamo
di cellule che guariscono alcune malattie che prima si guarivano col trapianto
del midollo: hanno cioè le stesse cellule emopoietiche (che generano
sangue). Quando i medici distruggono il midollo malato la persona risulta
libera da malattia ma incapace di proseguire senza il trapianto di un midollo
sano.
> rapida disponibilità e accorciamento dei tempi di ricerca
 Basso rischio di infettività
 Il rischio di rigetto è più basso
 La compatibilità è più vantaggiosa

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La legge italiana del 2009 prevede tre casi:


-Allogenico: uso queste cellule per una persona diversa rispetto a quella da
cui prelevo le cellule -> donazione (biobanca)
-Dedicato: si sa già di una malattia; le cellule tornano o al donatore stesso o
ad esempio al fratellino; la madre può chiedere che il cordone ombelicale
venga conservato per la famiglia stessa;
In questi due casi lo Stato provvede al pagamento. La terza scelta è invece
sostenuta economicamente dalle famiglie ed è ritenuta così rara che lo stato
italiano non consente alle aziende italiane di conservare il cordone, così che
bisogna rivolgersi all’estero. È il caso dell’impiego autologo, dove non ho
certezza del bisogno di quelle cellule.
Solo Italia e Francia hanno fortemente disincentivato quest’impiego,
generando un dibattito. I pareri internazionali si sono orientati per
incentivare la donazione e disincentivare l’impiego autologo. Il comitato
francese disse nei primi anni del 2000: “Il pericolo più grande della società
nel mettere in piedi biobanche private consiste nel contraddire il principio di
solidarietà, senza il quale una società non sopravvive”.
Il comitato europeo considerò che queste attività andassero scoraggiante ma
non messe al bando: queste biobanche dovrebbero operare sotto stretto
controllo. Assicurandosi che queste non promettano più di quanto possono
offrire, esse possono continuare la loro attività. Il parere della Francia dieci
anni dopo restò lo stesso, affermando che anzi in quel momento andava
maggiormente disincentivato la pubblicità ingannevole di queste banche. La
legge italiana non è però particolarmente efficace né nell’incentivare le
donazione né nel disincentivare le biobanche private. I sociologi del STS
(science and technology studies: studia molto i rapporti tra scienza e società)
hanno contrapposto regime di verità e regime di speranza: nella logica della
donazione pubblica si insiste sul dire che donare è un gesto tanto solidale
quanto scientificamente sensato, mentre nell’ottica della conservazione
privata si frappongono ansia e fiducia nel futuro (potresti ammalarti… ma la
scienza progredirà).
La legge italiana raggiunge il culmine del paternalismo nel caso di questa
legge, frapponendo cittadini esemplari che scelgono di donare e cittadini di

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serie B, egoisti. Le aziende private dicono che invece le persone son capaci di
documentarsi e prendere queste decisioni.
Per conservare il cordone bisogna che venga conservato e isolato nel corso
dei primi 3 minuti; alcuni studi cominciano ad evidenziare la possibilità che
mantenere il cordone per 6 minuti giovi invece al bambino proprietario del
cordone, e dunque che l’intera questione andrebbe rivisitata: la comunità
scientifica è al momento divisa in merito.

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