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L'ABORTO

A cura di: Marta Burroni, Martina Di Tommaso,


Matilde Rosu, Clorinda Sani, Sara Soldati
ABORTO E
MEDICINA
L’aborto è sostanzialmente l’interruzione di una
gravidanza.

Si possono distinguere vari tipi di aborto, troviamo infatti:


1. Con aborto farmacologico s'intende l'interruzione della
gravidanza effettuata tramite il ricorso a specifici
farmaci.
2. Con aborto chirurgico o terapeutico intendiamo
l’interruzione della gravidanza tramite un intervento
apposito che può avvenire anche dopo i 90 giorni
previsti dalla legge.
3. Esiste questo terzo tipo di aborto che è quello
definito spontaneo il cui feto può essere espulso
totalmente o in parte dal corpo della madre a
causa di specifiche problematiche venutesi a
creare nel corpo della madre stessa.

Che cos'è il raschiamento?


Il cosiddetto raschiamento è il breve intervento che si fa per
l'asportazione del prodotto del concepimento: si fa in
sedazione profonda e dura pochi minuti. Si torna a casa in
giornata. In realtà, l'espressione più corretta è svuotamento e
revisione della cavità uterina. Questo tipo di processo viene
utilizzato anche per l’aborto spontaneo.

L'aborto chirurgico prevede l’aspirazione del materiale


ovulare dalla cavità uterina solitamente preceduta dalla
dilatazione del collo uterino: è un intervento eseguito in sala
operatoria, della durata di circa 10-20 minuti; può essere
effettuato, a scelta della donna, in anestesia locale o totale.
ABORTO E
RELIGIONE
La posizione delle religioni rispetto all’interruzione volontaria di gravidanza è solitamente di condanna.
Per quanto riguarda gli ebrei essi sono contrari all’aborto, ad eccezione nel caso di pericolo per la salute
della madre. Gli aborti terapeutici devono essere valutati caso per caso e inoltre il loro Dio stabilisce che
se due uomini vengono alle mani e nella lotta colpiscono una donna incinta, causandole l'aborto o la
nascita prematura del bambino, essi devono essere multati secondo il danno causato al bambino.
Mentre considerando che per i cattolici la vita è un dono di Dio all’uomo,ne consegue che l’aborto
volontario , volto a impedire lo sviluppo della vita, equivale ad un omicidio, con conseguente peccato
mortale, in quanto con questa scelta l’uomo si contrappone arbitrariamente alla volontà di Dio. Allo
stesso modo, i cosiddetti metodi di contraccezione di emergenza, che impediscono l’annidamento dello
zigote nell’utero, vengono considerati aborti. La vita di ogni essere umano è un bene indisponibile per
l’uomo e questi è chiamato a difenderla dal concepimento alla morte naturale .
Nella religione cristiana vige divieto di aborto anche nei confronti di donne vittime di violenza sessuale,
anche se minorenni. Lo stesso Papa Francesco ha condannato più volte l’aborto anche se nel Giubileo
del 2016 ha concesso a tutti i preti del mondo la facoltà di assolvere le donne che hanno abortito.

Nel caso dei Buddisti l’aborto è vietato perché considerato


una violenza nei confronti di un essere vivente. Il Dalai Lama,
però, si è espresso a favore di una valutazione “caso per caso”
e della scelta del “male minore”. La Soka Gakkai (scuola laica
del buddhismo Nichiren giapponese) ammette l’aborto in
caso di pericolo per la madre e altri casi, e non esprime una
posizione di totale rifiuto, lasciando al fedele la scelta di
coscienza. Comunque non è possibile trovare una posizione
univoca, in quanto nel buddhismo non c’è un organismo
autoritativamente rappresentativo. La religione musulmana
consente l’uso della pillola del giorno dopo e ogni pratica
abortiva antecedente all’impianto dell’ovulo fecondato
nell’utero. È altresì concesso l’aborto nei casi di rischio
sanitario per la madre. L’aborto è proibito anche in caso di
stupro. Infine gli induisti sono contro all’aborto anche se si
registra una certa tolleranza nei confronti dei trasgressori,
mentre i Testimoni di Geova sono profondamente contrari
all’aborto.

L'ABORTO NEL
MONDO...
POLONIA SLOVACCHIA NUOVA ZELANDA ARGENTINA
il 22 ottobre entra in 17 novembre 2021 è marzo 2020 viene varata
vigore la legge che vieta stata bocciata per un la legge che depenalizza
l’aborto, salvo caso di voto la legge che voleva l’aborto( 65 voti a favore e
incesto , stupro o vietare l’aborto, 51 contrari) ,consente alle 3030 donne morte dopo
pericolo per la vita della donne di ricorrere
nonostante l’aborto sia aborti clandestini ,
madre, ma viene vietato all’aborto entro le prime
al momento legale un 4900 donne ricoverate
in caso di 20 settimane di
terzo dei medici è per complicazioni dopo
malformazioni gravi e gestazione, prima era
obbiettore di coscienza consentito solo in caso di aborti insicuri la metà
letali per il feto e di
ovvero può rifiutarsi di incesto, malformazione ha meno di 25 anni.
problemi sanitari che
praticare l’aborto. del feto, o disturbi
portano l’inevitabile

mentali o fisici della
morte post parto del

madre.
neonato.
AMERICA EL SALVADOR MALTA E
LATINA LIECHSTEIN
in Uruguay l’aborto è legale per le c’è il divieto d’aborto, centinaia
prime 12 settimane, A Cuba e Oaxaca
l’aborto è stato depenalizzato, in
di donne muoiono perché vietano l'aborto
ricorrono ad aborti clandestini,
Honduras,Nicaragua,Cile e Haiti
l’aborto è illegale , in altri paesi una le donne sospettate vengono
donna può abortire solo se dimostra arrestate, alcune donne sono
che la sua vita o quella del feto sono in state arrestate per un aborto
pericolo. In Colombia una donna può spontaneo causato da un
abortire se la sua vita è in pericolo, se è
malore,le donne vittime di
stata stuprata o per malformazioni del
feto ; se ricorre ad una gravidanza
violenza devono portare a
illegale vengono previsti dai 16 ai 54 termine la gravidanza (anche
mesi di reclusione.( tra il 2005 e il 2017, una bambina di 10 anni vittima
2290 donne arrestate, 502 minorenni). di stupro).

... E IN ITALIA
COME SI ARRIVA ALLA LEGGE SULL'ABORTO?
Prima del 1978, l’interruzione volontaria di gravidanza era considerata reato dal codice penale italiano, che lo puniva con la
reclusione da due a cinque anni, comminati sia all’esecutore dell’aborto che alla donna stessa.
Con la diffusione del femminismo ed un cambiamento della sensibilità morale, la legge sull’aborto in Italia e la legislazione
proibitiva fu radicalmente modificata, anche a fronte dell’elevatissimo numero di aborti illegali, che causavano spesso
complicazioni gravi ed un grande numero di morti.
Nel 1975, i Radicali con la loro campagna referendaria che sollevò nel nostro Paese l’onda antiproibizionista, si autodenunciavano
alle autorità di polizia per aver praticato aborti, e venivano arrestati, il segretario del Partito Radicale Gianfranco Spadaccia, la
fondatrice del Centro d’Informazione sulla Sterilizzazione e sull’Aborto (CISA) Adele Faccio e la militante radicale Emma Bonino.
Il 5 febbraio una delegazione comprendente Marco Pannella e Livio Zanetti, direttore de L’espresso, presentava alla Corte di
Cassazione la richiesta di un referendum abrogativo di una serie di articoli riguardanti i reati d’aborto su donna consenziente, di
istigazione all’aborto, di atti abortivi su donna ritenuta incinta, di sterilizzazione, di incitamento a pratiche contro la procreazione,
di contagio da sifilide o da blenorragia.
Dopo aver raccolto oltre 700.000 firme, il 15 aprile del 1976 veniva fissato il giorno per la consultazione referendaria, che però non
ebbe seguito perché il presidente Leone fu costretto a sciogliere le Camere per la seconda volta. Intanto, però, la Corte
Costituzionale, con la storica sentenza n. 27 del 18 febbraio 1975 aveva consentito il ricorso all’IVG per motivi gravi motivando che
non era accettabile porre sullo stesso piano la salute della donna e la salute dell’embrione o del feto.
Finalmente nel 1978 arrivava la legge 194, ovvero la legge sull’aborto, che da allora consente alla donna, nei casi previsti, di poter
ricorrere alla IVG in una struttura pubblica (ospedale o poliambulatorio convenzionato con la Regione di appartenenza).

COSA
PREVEDE LA
LEGGE?
Secondo questa legge una gravidanza può essere interrotta solo se
comporta un pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Nel primo trimestre (entro i primi 90 giorni dall’ultima
mestruazione) l’aborto è ammesso sulla base di una dichiarazione
della donna che ritiene che la prosecuzione della gravidanza possa
rappresentare un pericolo per la sua salute fisica o psichica.
Dopo il primo trimestre è ammesso solo nei casi in cui un medico
rilevi e certifichi che la gravidanza costituisce un grave pericolo
per la vita della donna o per la sua salute fisica o psichica (ad
esempio: a causa di gravi anomalie genetiche e/o di malformazioni
dell’embrione o del feto, o a causa id gravi patologie come tumori o
patologie psichiatriche).

Dal 2009 anche nel nostro paese è possibile interrompere volontariamente una gravidanza con il metodo farmacologico, grazie all’immissione in
commercio del mifepristone, o RU486.
Eppure, secondo la relazione del Ministero della Salute sull’attuazione della legge 194, in Italia solo il 21% delle IVG avviene con la RU486. Questa
bassa percentuale è dovuta principalmente alle difficoltà organizzative legate alle modalità di ricovero previste dalle regioni. In quasi tutte le
regioni italiane, infatti, per l’aborto medico, che comporta l’assunzione di due farmaci a distanza di 48 ore l’uno dall’altro, è stabilito il ricovero
ordinario fino all’avvenuta espulsione del prodotto del concepimento (ossia è previsto un ricovero di almeno tre giorni).
Al contrario, nella stragrande maggioranza degli altri paesi in cui si fa uso della RU486 tale procedura viene espletata in assoluta sicurezza in
regime ambulatoriale o a domicilio. Non solo: mentre nel resto d’Europa la pillola abortiva si può assumere entro le 9 settimane, in Italia il limite è
fissato a 7.
Di fatto la legge 194 del 1978 stabilisce che tutte le interruzioni volontarie della gravidanza sono “terapeutiche”, poiché ammette l’aborto solo nei
casi in cui la gravidanza o il parto costituiscano un pericolo per la salute fisica o psichica della donna. Nei primi 90 giorni di gravidanza, è la donna
stessa che valuta la propria condizione e dunque il pericolo potenziale per la propria salute; successivamente invece spetta al medico accertare il
rischio grave per la sua vita o la sua salute, fisica o psichica.
Comunemente viene invece definito terapeutico l’aborto praticato oltre il novantesimo giorno di gestazione (cioè nel secondo trimestre). La legge
194 lo prevede all’articolo 6.
La legge 194 non definisce un limite di epoca gestazionale per l’aborto terapeutico, ma raccomanda che, nel caso in cui il feto abbia raggiunto uno
stadio di sviluppo che ne permette la sopravvivenza al di fuori dell’utero, attorno alle 22-24 settimane, il medico metta in atto tutti gli interventi per
salvaguardarne la vita; pertanto, al fine di scongiurare la possibilità di gravi danni neonatali, si tende a non procedere oltre la 22-24 settimana, pur
tenendo sempre in conto la compatibilità della patologia fetale con la possibilità di vita autonoma.
Per procedere oltre le 22-24 settimane in caso di rischio concreto per la vita della donna e la legge specifica che, in questo caso: “il medico che
esegue l’intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto”. Nel caso in cui la malattia o la malformazione venisse
diagnosticata dopo le 22-24 settimane, sarebbe opportuno procedere alla cosiddetta soppressione del feto in utero, o feticidio, come raccomandato
dalle principali linee guida internazionali.
La difficoltà a reperire in Italia centri che lo praticano costringe purtroppo la donna molto spesso a rivolgersi all’estero.

OBIEZIONE DI STRUTTURA E DI COSCIENZA


In Italia, nonostante l’aborto sia legalizzato, l’obiezione di
struttura, non ammessa dalla legge 194 (solo il 60% degli ospedali
con reparto di ostetricia ha un servizio IVG) e la dilagante
obiezione di coscienza, aggravano anno dopo anno il disservizio in
molte Regioni, limitando di fatto il diritto alle scelte riproduttive e
alla salute di molte donne che vivono nel nostro paese.

Oggi il problema della legge 194 in Italia riguarda principalmente


l’obiezione di coscienza.
La legge 194, all’articolo 9, sancisce infatti la possibilità del
personale sanitario di sollevare obiezione di coscienza.
Secondo i dati del Ministero della Salute è obiettore di coscienza il
70% dei ginecologi che lavorano negli ospedali pubblici o nelle
strutture convenzionate autorizzate. Inoltre, contrariamente a
quanto stabilito dallo stesso articolo 9, solo il 65% delle strutture
tenute ad applicare la legge lo fanno realmente. Questa “obiezione
di struttura” costituisce un altro grave ostacolo per il diritto alla
salute delle donne.

LE NOSTRE IDEE
SUL TEMA
DELL'ABORTO
... E LA
Sentiamo diRELIGIONE?
dissentire dall'opinione della religione
cattolica in quanto, come detto prima, riteniamo
che nessuno all'infuori della donna stessa possa
decidere per le sorti del suo feto. Le casistiche
possono essere molteplici, dalle più gravi (ad
PRO ALL'ABORTO esempio nel caso di una donna vittima di violenza)
Noi cinque ragazze del gruppo aborto ci a quelle più meramente legate a scelte personali
riteniamo fortemente pro all'aborto. Ritieniamo della donna, ma in ogni caso, a prescindere da
che sia una scelta che spetta solo ed questo, ogni donna dovrebbe essere libera di fare
esclusivamente alla donna e che nessuno Stato o ciò che vuole con il suo corpo e dovrebbe avere il
nessuna religione possa in alcun modo influire diritto di ricevere l'assistenza di cui necessita.
su questa decisione.

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