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I DIRITTI

UMANI:
L’ARTICOLO 5
A cura di Marta Burroni
INDICE
I DIRITTI UMANI - slide 1

L’ARTICOLO 5 - slide 2

CONTRO LA TORTURA… - slide 3

E IN ITALIA? - slide 4

PERCHÉ SI PARLI DI TORTURA OCCORRE… - slide 5

IL CASO STEFANO CUCCHI - slides 6-8


I DIRITTI

UMANI
LA DICHIARAZIONE


ATNESERP TLEVESOOR RONAELE

ELASREVINU ENOIZARAIHCID AL
Il 10 dicembre 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite

approvò e proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

Dopo questa solenne deliberazione, l'Assemblea delle Nazioni

Unite diede istruzioni al Segretario Generale di provvedere a

diffondere ampiamente questa Dichiarazione e, a tal fine, di

INAMU ITTIRID IED


pubblicarne e distribuirne il testo non soltanto nelle cinque lingue

ufficiali dell'Organizzazione internazionale, ma anche in quante

altre lingue fosse possibile usando ogni mezzo a sua disposizione.

La Dichiarazione è composta da un preambolo e da 30 articoli.

Le norme che compongono la Dichiarazione sono ormai

considerate, dal punto di vista sostanziale, come principi generali

del diritto internazionale e come tali vincolanti per tutti i soggetti

di tale ordinamento.
ARTICOLO 5
“NESSUN INDIVIDUO POTRÀ ESSERE

SOTTOPOSTO A TORTURA O A

TRATTAMENTO O A PUNIZIONI CRUDELI,

INUMANI O DEGRADANTI.”

Non sono ammesse deroghe al divieto, neppure nel contesto di

'stati di necessità'. La tortura figura nell'elenco dei crimini contro

l'umanità, come tale perseguibile anche ai sensi del Diritto

internazionale penale e del Diritto internazionale umanitario.


LA CONVENZIONE CONTRO LA TORTURA ED ALTRE

AL ORTNOC PENE O TRATTAMENTI CRUDELI, INUMANI O

…ARUTROT DEGRANTI, ADOTTATA DALL'ASSEMBLEA GENERALE

DELLE NAZIONI UNITE IL 10 DICEMBRE 1984,

STABILISCE ALL'ARTICOLO 1 LA SEGUENTE

DEFINIZIONE DI TORTURA:

“Tortura indica qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una

persona gravi dolori o sofferenze, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da

essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o

una terza persona ha commesso o è sospettata aver commesso, di intimorirla o di far

pressione su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi

altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze

siano inflitte da un pubblico ufficiale o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o

su sua istigazione, o con il suo consenso

espresso o tacito”.
IN MATERIA È ANCHE IN VIGORE UNA CONVENZIONE EUROPEA

DEL 1989. IN VIRTÙ SIA DI QUESTA SIA DELLA CONVENZIONE

ONU DEL 1984 SONO IN FUNZIONE DUE APPOSITI COMITATI

?AILATI NI E FORMATI DA ESPERTI INDIPENDENTI, COL COMPITO DI

MONITORARE L'APPLICAZIONE DELLE RISPETTIVE CONVENZIONI

E, PER IL COMITATO EUROPEO, ANCHE DI EFFETTUARE VISITE

DIRETTAMENTE NEI LUOGHI DI DETENZIONE TEMPORANEA (POSTI

DI POLIZIA) O PERMANENTE (CARCERI).

Nonostante la pressione esercitata dai pertinenti organi delle Nazioni Unite, il Codice penale

italiano non contiene ancora una norma che preveda, espressamente, il reato di 'tortura'. Nei

primi anni 2000, ci furono dibattiti e proposte in Parlamento. Ci fu chi avanzò una proposta

con una definizione di tortura per così dire lassista avuto riguardo all'entità delle sofferenze

psichiche, nel senso che, perché si configurasse il reato, occorreva che la minaccia di

inflizione di danno venisse iterata. Insomma, non sarebbe bastato che il pubblico ufficiale

dicesse una sola volta "se non parli, ci saranno gravi conseguenze per tuo padre o tua

sorella". Avrebbe dovuto ripetere la minaccia due, tre, quattro volte.. Il tentativo era di

snaturare il concetto fissato dalla Convenzione Onu. Occorre vigiliare perché in Italia il

concetto di tortura sia mutuato alla lettera dall'articolo 1 di detta Convenzione.


Perché si parli di tortura devono essere contestualmente

presenti alcuni elementi imprescindibili:


…ERROCCO ARUTROT

ID ILRAP IS ÉHCREP
1. Attraverso una determinata azione vengano inflitti

alla vittima dolori o sofferenze, fisiche omentali e che

l’intensità di tali sofferenze sia tale da definirli gravi.

2. I dolori e le sofferenze devono essere inflitti

intenzionalmente e non dunque frutto di una mera

negligenza.

3. L’inflizione intenzionale di dolore o sofferenze deve

essere compiuta per uno scopo specifico e cioè

quello di ottenere informazioni o confessioni oppure

di punire oppure di intimorire oppure ancora in

ragione di qualsiasi forma di discriminazione.

4. L’identità dell’autore dell’azione deve essere

riconducibile ad un agente della funzione pubblica.


IL CASO STEFANO CUCCHI
La sera del 15 ottobre 2009, Stefano Cucchi, 31 anni e una lunga

storia di tossicodipendenza alle spalle, viene fermato dai

carabinieri in un parco romano mentre nell’ambito di

un’operazione di contrasto allo spaccio di stupefacenti è sorpreso

a cedere degli involucri trasparenti ad un altro giovane in cambio

di una banconota. A partire da quel momento per Stefano ha

inizio una lunghissima settimana che lo condurrà alla morte dopo

averlo visto transitare in due caserme dei carabinieri, nelle celle di

sicurezza e nell’aula di un tribunale, in infermerie e stanze di

pronto soccorso, in prigione e infine nel reparto carcerario

dell’ospedale Pertini.

In base alle evidenze emerse si può certo affermare che nelle ore

successive al fermo Cucchi subì almeno un’aggressione la quale

gli provocò gravi dolori e sofferenze, sia fisiche che psichiche.


Una cosa è certa: Cucchi non è caduto dalle scale. Stefano Cucchi è

ONAFETS OSAC LI stato vittima di violenza intenzionale mentre, dopo essere stato arrestato,

si trovava nelle mani dello Stato. Lo riconoscono i giudici nelle motivazioni

della sentenza d’appello e lo afferma esplicitamente la procura di Roma

quando parla di “violentissimo pestaggio” da parte dei carabinieri.

Le violenze subite da Stefano, occorse in un momento successivo

all’arresto, sono certamente riconducibili ad agenti della funzione

pubblica. Secondo le nuove indagini della Procura di Roma gli autori del

pestaggio sarebbero i carabinieri, i primi ad aver avuto in custodia

IHCCUC

Stefano dopo l’arresto.

Riguardo ai motivi che fecero scaturire l’azione dei carabinieri, la Procura

scrive che “il pestaggio fu originato da una condotta di resistenza posta in

essere dall’arrestato al momento del fotosegnalamento presso i locali

della compagnia carabinieri Roma Casilina, subito dopo la perquisizione

domiciliare”.

IL CASO STEFANO CUCCHI


LA SEQUENZA CAUSALE DEGLI EVENTI CHE IN SEI GIORNI HANNO PORTATO

ALLA DEMOLIZIONE DI UN ESSERE UMANO È DUNQUE COMPLETA.

L’AGGRESSIONE VIOLENTA, LA TORTURA; IL TRAUMA CHE COLPISCE IL

CORPO E LA MENTE; IL MANIFESTARSI DI UNA SINDROME POST-TRAUMATICA

ACUTA CON I SUOI SEGNI E I SUOI SINTOMI; UNA GRAVE ALTERAZIONE

DELLA FUNZIONE VITALE DELLA NUTRIZIONE CON PERDITA O DIMINUZIONE

DELL’APPETITO, RIFIUTO DEL CIBO E DEI LIQUIDI CON CONSEGUENTI

DISIDRATAZIONE E DRASTICO CALO DI PESO; LA SINDROME DI INANIZIONE

CHE DIVORA LE RISERVE DELL’ORGANISMO E CHE CERTAMENTE

CONTRIBUISCE COME CONCAUSA DECISIVA A PROVOCARE IL SUCCESSIVO

ARRESTO CARDIACO E LA MORTE.

TALE RICOSTRUZIONE DEGLI EVENTI PATOGENI SPIEGA QUELLO CHE VIENE

PERCEPITO DA CHIUNQUE SI AVVICINI CON UN MINIMO DI ATTENZIONE A

STEFANO CUCCHI NON SAREBBE

QUESTA VICENDA; VALE A DIRE CHE

MORTO SE NON FOSSE STATO ARRESTATO QUELLA NOTTE DEL 15

OTTOBRE DI SETTE ANNI FA.


GRAZIE PER

L’ATTENZIONE!

- MARTA

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