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L’EUTANASIA IN GENERALE

Dal punto di vista etimologico il termine eutanasia deriva dal greco eu (bene)
e thanathos (morte): “buona morte”.
L’eutanasia assume diverse “forme” a seconda delle modalità con cui essa è “compiuta”.
• Attiva, qualora la morte sia provocata tramite la somministrazione di farmaci che
inducono la morte.
• Passiva, qualora la morte sia provocata mediante l'interruzione o l'omissione di un
trattamento medico necessario alla sopravvivenza dell’individuo.
• Volontaria, qualora la morte sia richiesta esplicitamente del soggetto. Questo è
possibile quando la persona è capace di intendere e di volere oppure mediante il
cosiddetto testamento biologico.
• Non-volontaria, qualora la morte sia richiesta da una persona espressamente
designata a decidere per conto di un individuo non capace di intendere e di volere.
• Suicidio assistito, è una forma di eutanasia attiva e volontaria in cui al suicida
vengono forniti i mezzi e le competenze necessarie a porre termine alla propria vita.
Non si può parlare di eutanasia nel caso di accanimento terapeutico.
Le motivazioni addotte per cui viene attuata ordinariamente nell’attuale contesto culturale si
riconducono sostanzialmente alla necessità di evitare la sofferenza propria ed altrui.
Parlare di “eutanasia”, in campo giuridico, come il rifiuto informato e consapevole di cure è
corretto? Il paziente è obbligato, contro la sua volontà, a sottoporsi ad un trattamento
sanitario? Come ci si deve porre nello stabilire una giurisdizione circa tale argomento che non si
riduca né alla condanna a morte né all’accanimento terapeutico? Qual è il confine tra i due
estremi?
In Italia l’eutanasia è vietata anche se sta emergendo un dibattito sul diritto di scelta del
paziente in merito anche alle fasi terminali della propria esistenza:
In Italia, l’eutanasia attiva è assimilabile, in generale, all’omicidio volontario (art. 575 del
codice penale).
• Passiva e in/volontaria: L’eutanasia passiva è sempre vietata, tranne nei casi di
morte cerebrale.
• Attiva e in/volontaria: L’eutanasia attiva è vietata. In caso di consenso del malato, ci
si riferisce all’articolo 579 del codice penale, omicidio del consenziente, punito con
reclusione da 6 a 15 anni.
• Suicidio assistito: E’ un reato, in virtù dell’art. 580 c.p.: "Istigazione o aiuto al
suicidio".

Sia la bioetica laica che la bioetica cattolica si esprimono su questo argomento.


POSIZIONE BIOETICA LAICA

Essa è concentrata prevalentemente sulla QUALITA’ DELLA VITA. Si interroga sui seguenti
punti:
1. Il senso del soffrire e del morire.
2. Il diritto a vivere una vita “qualitativamente” dignitosa.
3. Il dovere di autoproclamarsi padroni indiscussi della decisione circa la sua cessazione,

A queste domande la bioetica risponde, sinteticamente, così:

1. Non c’è niente di più disumanizzante che la sofferenza inutile di un malato terminale
[Prof. Michele Schiavone].
2. Il fine, anche a costo di portare alla morte, deve essere l’eliminazione delle sofferenze
inutili, per garantire una qualità di vita dignitosa.
3. La prospettiva della bioetica laica ha come fondamento il garantire al cittadino la piena
realizzazione della propria volontà sulla sua esistenza.
- Il progresso biomedico e biotecnologico ha reso oggi possibile prolungare la vita attraverso
la cura di molte malattie, un tempo mortali, e mediante macchinari in grado di mantenere le
funzioni vitali in modo artificiale. Queste capacità scientifiche sono all’origine di nuove
opzioni che però non è detto siano concepite da tutti come sistemi per migliorare la qualità
della propria vita.
- La bioetica laica si prefigge l’obbiettivo di garantire che gli individui possano decidere
indipendentemente. Ad esempio, per alcuni essere tenuti in vita in modo artificiale può non
coincidere con una vita ancora degna di essere vissuta.
- La capacità di scegliere per se stessi in modo indipendente comporta il diritto di ricevere
informazioni precise e complete sulla diagnosi, sulle opzioni di cura e l’eventuale intervento,
le loro conseguenze e i loro rischi. Solo dopo aver ricevuto tali informazioni, il paziente dà il
proprio consenso o rifiuta le terapie proposte dal medico.
POSIZIONE BIOETICA CATTOLICA

Essa è concentrata prevalentemente sulla SACRALITA’ DELLA VITA.


“La vita dell'uomo proviene da Dio, è suo dono, sua immagine e impronta, partecipazione del
suo soffio vitale. Di questa vita, pertanto, Dio è l’unico signore: l'uomo non può disporne. Dalla
sacralità della vita scaturisce la sua inviolabilità, inscritta fin dall'origine nel cuore dell'uomo,
nella sua coscienza” (Ibid., 39-40).
Da questo estratto deriviamo come la bioetica cattolica sia completamente contro l’eutanasia,
intesa come un prevaricare dell’uomo su Dio, che decide della vita che non è propria sua, ma di
Dio in quanto suo dono per l’uomo.
Da un altro punto di vista, l'eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone
diversamente abili, ammalate o prossime alla morte, quindi moralmente inaccettabile. Anche
se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona
ammalata non possono essere legittimamente interrotte.
Così un'azione (eutanasia attiva) oppure un'omissione (eutanasia passiva) che provoca la
morte allo scopo di porre fine al dolore, è contraria alla dignità della persona umana e al
rispetto di Dio suo Creatore.
L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto
ai risultati attesi può essere legittima (accanimento terapeutico). Non si ha lo scopo di
procurare la morte ma si accetta di non poterla impedire.

POSIZIONI DI ALTRE RELIGIONI


CHIESA PROTESTANTE: Nella Chiesa d'Inghilterra è iniziata una discussione non
pregiudizialmente ostile alla pratica dell'eutanasia: il primo a sollevare il tema è stato,
nel novembre 2006, il reverendo Tom Butler, vescovo di Southwark, che ha sostenuto la
giustezza della sospensione delle cure («in alcune circostanze») anche se si sa che esse
porteranno alla morte.

BUDDHISMO: Secondo il buddismo non sussite un obbligo morale a preservare la vita a tutti
costi o a continuarne artificalmente una ormai spenta. Il riconoscimento dell'ineluttabilità della
morte è notoriamente al centro dell'insegnamento buddista. Tentare di prolungare la vita oltre il
suo corso naturale ricorrendo alla tecnologia significa negare la realtà della vita umana.
Sembrerebbe quindi giustificabile il rifiuto di trattamenti medici eccessivi che non possono far
altro che posporre per qualche tempo l'inevitabile. Tuttavia, alla domanda sulla sua opinione
sull'eutanasia, il Dalai Lama ha detto che i buddisti credono che ogni vita sia preziosa e
nessuna più della vita umana, e che "L'eutanasia dovremmo evitarla, ma in casi particolari si
potrebbero fare delle eccezioni”. Sempre per il buddismo, le cure vanno fermate se non vi è "la
possibilità di recuperare la coscienza e le funzioni mentali". Nel buddismo, "nei casi di male
incurabile c'è una pratica che consente l'abbandono della coscienza dal corpo"; negli altri casi
"anche noi parliamo di suicidio".

ISLAMISMO: in genere l'islamismo è schierato contro l'eutanasia. Per l'islam, la distruzione di


una vita altrui è sempre considerata intrinsecamente immorale. Rispetto all'eutanasia, la
condanna morale sta nel fatto che questa enfatizza gli aspetto positivi della morte e quelli
negativi della vita. Viene insomma ritenuto immorale affermare che morte sia migliore della
vita.
La proibizione dell'eutanasia non implica però un'adesione al vitalismo, e in particolare all'idea
che la vita debba essere prolungata a ogni costo. L'astensione dal cibo e il rifiuto degli
interventi medici quando la fine è ormai certa e prossima non sono considerati immorali. dato
che ciò significa semplicemente accettare la morte come parte inevitabile della vita. Inoltre non
esiste immunità per il medico che unilateralmente e attivamente decida di aiutare un paziente
a morire.

EBRAISMO: Dall'interpretazione delle proprie scritture, anche l'ebraismo ha tratto una morale
sfavorevole all'eutanasia. E' proibito ogni atto che possa accelerare la morte di un agonizzante,
a nessuno è concesso il diritto di procurare la morte anche se si tratta di un processo
irreversibile e imminente, e anche se per i medici non c'è più alcuna speranza di vita, e anche
se è il malato stesso a richiederlo. Il medico non deve agire direttamente in questo senso, né
deve consigliare al malato i modi per togliersi la vita da solo.

INDUISMO: L'induismo rispetta fortemente la vita umana, ed è in genere contrario all'eutanasia,


ma lascia comunque libertà di coscienza. Considera invece il suicidio, cui è contrario in
assoluto, un atto che causa impedimento alla liberazione finale, aumentando il "Karma"
negativo individuale.

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