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1.3) Corpi-macchina
È proprio il corpo una
dimensione fondamentale
per indagare i fenomeni di
significazione: è unʼentità
paradossale attraverso cui
percepiamo il mondo, anche
se esso stesso ne è parte.
Da un lato è grazie al corpo
che ci affacciamo al mondo
(esterocezione), dallʼaltro
esso guarda a se stesso,
percependosi percepire
(prorpiocezione). Questo ne
fa hnentita ambigua,
soggettiva e oggettiva.
Le logiche so mantiche
permeano lʼindividuo, ma la
società si da a partire da
individui che sono
innanzitutto corpi, quindi
lʼintersiggettività deve
essere considerata
unʼintercorporeità, tanto
nelle premesse (a partire dai
corpi) quanto nelle
conseguenze (produr corpi).
Il problema alla base dei
processi di significazione ha
a anche fare con i sensi,
intesi come precondizione
corporea indispensabile alla
percezione considerata
come atto situati fisicamente
e socialmente. A
fondamento di ogni
processo semiotico cʼè un
processo percettivo quindi
qualunque stativa si deve
basare su unʼestesia. Ma se
la percezione è qualcosa di
costruito e se ha a che fare
con la società ci si deve
interrogare su questʼultima,
su quali siano i confini ecc.
Latour dice che se vogliamo
capire come funziona la
società si devono
riconsiderare i modi di
esistenza delle entità che
riteniamo ne facciano parte.
Analizzando fiabe e racconti
ci si confrontava con entità
non umane che non solo
agivano ma erano
fondamentali per il testo. È
questa la distinzione fra
attori e attanti: gli attori sono
antropomorfi e si
definiscono per la loro
natura figurativa, gli attanti
sono forze profonde della
narrazione caratterizzati per
la capacità di agire,
indipendentemente da una
natura umana o no.
Sono le caratteristiche della
macchina a influenzare la
costruzione del fotografo in
quanto ibrido: la fotografia
non è lʼesito di unʼidea che
diviene realizzabile grazie ad
unʼattrezzatura
appositamente concepita,
ne è lʼesatto contrario. La
fotografia non è una cosa né
una pratica, è un modo di
relazionarsi con ciò che si ha
intorno.
Per comprendere la
percezione dobbiamo
sorprenderla e per farlo
dobbiamo tradurla
assumendola come un testo.
● Inquadrare
● Regolare
● Scattare
E da questi aspetti
scomporremo lʼoggetto in
parti (analisi configurativa),
compareremo diverse
soluzioni (analisi tassica) ed
evidenzieremo gli effetti che
ciascuna configurazione
materiale produce in termini
pratici e simbolico (analisi
funzionale).
1.5) Impugnare/
trasportare
La gran parte degli oggetti
deve essere trasportata e
agita e questo da forma
allʼergonomia che si
occupa della relazione fra
oggetti e corpi. Nella
fotografia il modo di genere
in mano la macchina
fotografica ha a che fare
solo con la praticità dʼuso,
ma con la maniera in cui il
fotografo si relazionerà con
ciò che lo circonda.
La Brownie di Kodak eliminò
ogni difficoltà tecnica,
portandola alla portata di
tutti, riducendola ad una
scatola nera e un pulsante.
La Leica 1 di Leica
proponeva che non fosse più
lʼocchio del fotografo a
cercare la macchina
fotografica, ma questa ad
essere portata davanti ad
esso, essendo alleggerita e
compattata.
Dalla Nikon F parte una vera
e propria serie pensata per
professionisti.
Nella Nikon F e nella F2 non
viene ricavato un posto per
le dita che invece andavano
ad afferrare lʼobbiettivo ma
con la F3 alla sinistra spunta
una protuberanza che
permetteva di tenerla e di far
scorrere la pellicola con il
pollice. Nella F4 si parte
proprio da questo punto
dʼappiglio pee garantire
maggiore comodità e la
pellicola si trascina da sola.
Nella F5 vi è una diversa
concezione dellʼinterfaccia-
uomo dove si assottiglia
lʼimpugnatura principale e se
ne aggiunge una al di sotto,
per una presa verticale che
però impediva di scattare le
foto così nella. La F5 così
cambia lʼaspetto
dellʼapparecchio, rivedendo
la presa e aggiungendo una
soluzione per favorire un
modo del tutto diverso di
comporre il fotogramma.
1.6) Inquadrare
Inquadrare vuol dire mettere
qualcosa dentro una
cornice. La storia dellʼarte ci
mostra come in alcuni casi si
sia fatto di tutto per negare
la necessità di un confine in
cerca di un effetto di realtà
(trompe lʼoeil) e in altri si è
teorizzati come spazio
complesso: Magritte decide
di far seguire alla cornice del
suo La Représentation il
corso di donna che mostra.
1.7) Lʼobiettivo
Non si può parlare di
inquadratura riferendosi solo
al dispositivo di mira, infatti a
determinarla è anche
lʼocchio della macchina
fotografica, lʼobiettivo.
Il sistema reflex ha sostituito
il telemetro, che consente al
fotografo di vedere quel che
vede lʼobiettivo, allineando
così la percezione umana a
quella della macchina.
Lʼazione dellʼobiettivo è
quella di ampliare o ridurre le
proporzioni fra le dimensioni
di ciò che viene inquadrato:
normale (lunghezza focale
43mm), teleobiettivo
(maggiore di 43mm,
ingrandisce cui che viene
inquadrato riducendo
lʼangolo di campo),
grandangolare (minore di
43mm, rimpicciolisce ciò
che viene inquadrato
aumentando lʼangolo di
campo).
Nella scelta di quale
obiettivo utilizzare sono
coinvolti sia aspetti tecnici
che di natura estetica: le
focali sono distinte sulla
base del genere fotografico
(grandangolari per il
paesaggio, teleobiettivi per il
ritratto, più lunghe per sport
o natura).
Un obiettivo agisce sulla
composizione del
fotogramma e sulle
caratteristiche dellʼimmagine
ed anche sulla relazione fra
chi inquadra e ciò che viene
inquadrato, modificandone il
ruolo narrativo di entrambi.
La semiotica riconosce
diversi tipi di fotografi:
destinanti (costruiscono un
sistema di valori comune
con il proprio soggetto),
aiutanti (persone
ioercompetenti abili a
risolvere ogni problema,
facendo apparire al meglio il
proprio soggetto) e soggetti
operatori (capaci di
scomparire alla vista fino al
momento di entrare in
azione). Ognuno di essi avrà
una focale preferita in
funzione al modo di
interagire con il mondo in
cerca dellʼattimo perfetto. La
ricerca non è la volontà di
creare una scena artificiale,
ma di far in modo che si
producano quelle condizioni
necessarie affinché listante
decisivo sia esattamente
nellʼattimo in cui il fotografo
è pronto a ritrarlo.
1.8) Regolare
Non è solo il “cosa”
inquadrare a contare, ma
anche il “come” che ha a
che fare con le colazioni che
la macchina offre.
Per Calabrese si parla di
errore quando non è
possibile dare
unʼinterpretazione ad
eccezione di una “realista”,
mentre di effetto estetico
quando si può dare a questa
deviazione dalla visione
normale un significato altro
rispetto allʼillusione
referenziale.
La cosa che ci interessa è
come tutto questo insieme
di regolazioni, automatismi e
programmi si traducano a
livello dellʼinterfaccia
dellʼoggetto. Se in una
visione meccanicistica il
rapporto fra la funzione e il
comando è legata a
parametri presunti oggettivi
quali la raggiungibilità di
questʼultimo, si produce un
determinato effetto.
Nelle macchine spesso non
è lʼuomo a prenderne il
comando ma a volte le si
può forzare per farne quello
che si vuole: vi è un
comando che può
sovraesporre (schiarire
lʼimmagine, più leggibilità a
zone più scure) o
sottoesporre (rendere più
scura lʼimmagine, per creare
unʼatmosfera o compensare
aree triplo illuminate) il
fotogramma alla luce;
questo è permesso da una
rotella che è posta o sul
dorso, quindi guardando dal
mirino, oppure sulla parte
superiore del corpo, quindi
prima che venga portata
allʼocchio. Per il primo caso
si favorisce una variazione
continua realizzata durante
lʼinquadratura, quindi porre
lʼeffetto come una cosa che
sta a valle della
composizione e in funzione
di essa di determina; per il
secondo caso si invita con
lʼinterfaccia ad una
regolazione preventiva,
questo vuol dire concepire
lʼatto creativo come
qualcosa che comincia
prima che si sia deciso cosa
inquadrare.
La lomografia è il contrario
della fotografia: vi è un
incoraggiamento al ritorno
dellʼanalogico nella sua
peggiore incarnazione,
usando pellicole scadute e
macchine giocattolo, in
modo che il controllo da
parte dellʼuomo sia
impossibile: si esalta lʼerrore.
1.9) Scattare
La percezione del fotografo
non solo è
multidimensionale, ma
anche trasformata dalla
presenza a macchina; il
fotografo deve ascoltare. Si
simula infatti il suono dello
scatto che ha una finalità
pratica: serve a comunicare
al fotografo che
lʼapparecchio si è attivato, e
fa parte dellʼesperienza che
è fotografare.
Se consideriamo fotografare
come unʼazione possiamo
dire cʼè questa può essere
considerata un mezzo per
ottenere un fine. È
lʼimmagine a dare un senso
a tutto ciò che viene prima .
Se la consideriamo invece
unʼesperienza è un modo di
dare senso al mondo.
Fotografando percepiamo
noi stessi nellʼatto di
percepire e siamo spinti a
riflettere su quel mondo che
non possiamo smettere di
sentire e che, attraverso un
corpo trasformato da una
macchina, diventa “reale”.
2)SEGNI
2.1) Il senso di un saluto
Questa copertina arriva nelle
mani di Barthes e come tutti
i settimanali dal 1955
iniziano a fare illustra con
una fotografia il proprio
articolo. Colpisce la sua
semplicità, la sua apparente
innocenza: il ragazzo ha un
volto serio, concentrato e
completamente assorbito
nel gesto. Il saluto è rivolto a
qualcosa in alto, la bandiera
della patria, e lʼinquadratura
la accentua, rendendo il suo
viso più imponente. Non ma
si vede ma la di avverte.
Barthes dice che da
questʼimmagine si enuncia il
fatto che tutti, senza
distinzione di colore,
servono fedelmente la
Francia. Ma vi è un
significato nascosto, la
legittimazione del
colonialismo, legittimata da
chi vi si dovrebbe opporre
con più resistenza.
Nel libro Miti dʼoggi si
mostra come la scienza dei
segni potesse essere
utilizzata come metodologia
per analizzare prodotti sia
elevati (lettura) che popolari.
Tutto può essere
considerato mito attraverso
il processo semiotico che lo
riguarda: come la società
viene significata da ciò che
produce. Conoscere la realtà
vuol dire fare un senso a ciò
che la costituisce, assumere
tutto come un segno che si
collega ad altri. Ogni segno
è arbitrario e da qui ha luogo
la naturalizzazione: ciò
che era frutto di un arbitrio
diviene necessario, la cui
pretesa è quella di dormire
un principio esplicativo
totalizzante, un ideologia.
Per diventare mito
lʼimmagine si deve svuotare
del senso e per garantirne la
sua efficacia la società deve
diffondere la propria
ideologia, una continua
traduzione del messaggio.
Per Barthes la forma del
mito non è un simbolo:
lʼimmagine è troppo ricca di
senso e troppo facilmente
svuotabile di esso.
2.2) Retoriche
dellʼimmagine
Nel Il messaggio
fotografico si articola
lʼaspetto dellʼarbitrarietà del
segno. Per Saussure il
segno è costituito da
significante e significato il
cui rapporto non ha nulla di
necessario ma che una volta
fatto diventa necessario:
senza conoscere il codice
non è possibile interpretare
correttamente il segno. La
fotografia ne è lʼeccezione
infatti porta due messaggi:
1) quello preso alla lettera
che non ha bisogno di un
codice per essere decifrato
perché è lʼesito dellʼanalogia
fra significato e significante;
2) quello che ha una matrice
culturale e deve essere
interpretato nella sua
funzione. Il paradosso non
sta nellʼesistenza dei due
messaggi, uno denotato
(senso primo che lʼimmagine
comunica: soldato saluta la
bandiera) e uno connotato
(ulteriore significato che la
società vuole farci leggere:
legittimazione colonialismo),
ma sta nella codifica che
subentra nel secondo tempo
rendendo la fotografia un
messaggio naturale e
culturale. Ma la fotografia è
piena di dettagli e possibili
letture così spesso vi si
accosta un testo in modo da
essere compresa come è
ritenuto giusto dalla società.
Se questo avviene vi è un
effetto di senso cioè come
la strategia comunicativa
mira a farla sembrare rese
combinando linguaggio
visivo e verbale.
Nella Retorica
dellʼimmagine si insiste
sullʼaspetto ideologico della
fotografia, mostrando come i
messaggi visivi possano
esercitare una forza
persuasiva simile a quella
della retorica.
In questʼimmagine
pubblicitaria di sponsorizza
la pasta Panzani e la so
rappresenta in una borsa
piena di prodotti freschi e
insieme ad altri due prodotti
da sponsorizzare,
parmigiano e sugo. La borsa
è semiaperta per produrre
un effetto di senso:
freschezza, genuinità. Sono
questi i valori che si vogliono
trasmettere insieme ad un
valore legato al linguaggio
verbale: lʼitalianità, che è
data sia dal nome di dallo
slogan.
Nella La camera chiara
lʼobiettivo è quello di usare la
semiotica per esplorare i
suoi limiti: da una
dimensione cognitiva di
passa a una patetica.
2.3) La ricerca
dellʼessenza
Brunet dice che questo
libro costituisce la
“devolgarizzazione della
fotografia”, dove intese un
processo di riqualificazione
di essa nella cultura e nella
società che la trasforma in
una pratica volta.
una relazione di
somiglianza fra segno e
oggetto che rende
motivato il rimando
(illustrazione)
– Indice: segno motivato
trasformazione del
reale, modello del
simbolo
● Referenza: foto come
2.7) La trasformazione
del reale: il simbolo
Intendere la fotografia come
un simbolo comporta che il
rapporto fra il segno e la
cosa sia mediati da un
sistema culturalmente
costruiti, un codice, con
modelli di riferimento quello
linguistico. Vi è una pretesa
neutralità dellʼimmagine
prodotta meccanicamente e
la pseudo oggettività di cui
si fa portatrice. È un effetto
di senso che diventa tanto
più forte quanto più il
meccanismo di produzione.
Questa è tutto lʼopposto del
naturale (il grandangolare
include nel lʼinquadratura più
di ciò che la visione naturale
abbraccerebbe).
approccio: immediato e
quindi culturalizzato.
Guardare è un fare
cognitivo che si avvale
di saperi. Vi è un
piacere, il to like
● Il punctum rimanda ad
Le fotografie raccontando
storie così come questa.
Non siamo sicuri di ciò che
vediamo perché non
riconosciamo con certezza
la scena che si svolge
(sfocata, mossa, sgranata).
Vi è una figura a sinistra e
sulla destra un uomo baffuto
con un cappello da militare,
al centro dei cerchi
(bersaglio?): non vi è nulla di
rilevante, la composizione è
sbilanciata.
Il ragazzo ha lʼaria inquieta,
come se fosse stato colto in
flagrante. Vi è una cesura fra
la parte destra, chiara, e la
sinistra, scura, una
discontinuità posta al
numero 7. Vi sono vari
elementi che collegano le
due foto, come i cerchi dello
sfondo con gli occhiali del
signore. Listante decisivo è
tale per il modo in cui disvela
la struttura profonda di ciò
che percepiamo, facendone
un oggetto di significazione
nuovo.
3.2) <<Forme
dellʼimpronta>>
Floch propone di andare
oltre il modo di produzione,
recuperando la vocazione
empirica della disciplina. È
convinto che la fotografia sia
un fenomeno sociale in
continuo mutamento quindi
per analizzarla si deve
partire da ciò che la genera,
da come vengono poste le
immagini, dai loro soggetti.
Prende spunto da Bourdieu
che aveva ricostruito i diversi
modi di concepire la
fotografia: la realtà non
preesiste alla fotografia più
di quanto non possa essere
considerata uno dei prodotti.
Conta la forma che essa può
assumere, intesa come da
Saussure e Hjelmslev.
Questʼultimo considerava il
segno la regolazione istituita
tra i due piani che
caratterizzano il linguaggio,
espressione e contenuto.
In Forme dellʼimpronta
Floch presenta le regole che
formano la fotografia. Il titolo
è un ossimoro poiché da un
lato lʼimpronta è unica,
dallʼaltro le forme (plurale)
dicono il contrario. Offre una
visione sistematica della
fotografia in cui viene data
priorità a le logiche del
senso che la rendono un
testo.
quando la densità è
superiore alla media
(opere dei pittori
iperrealisti). È un
linguaggio plastico
3.5) Dimensione
topologica
Quando ci viene chiesto di
descrivere la foto noi
inizieremo a elencare quello
che vediamo: a sinistra una
signora e a destra una mano
di una scimmia. Per i più
competenti la signora sarà
Jane Goodall, una delle più
importanti etologhe, e la
mano apparterrà ad uno
scimpanzé. Il triangolino
bianco potrebbe essere un
quaderno così assoceremo
la figura della donna a quella
di una studiosa.
Se si specchia lʼimmagine
noi la leggiamo da sinistra
verso destra (sinistra :
destra = causa : effetto). Si
parla quindi di
semisimbolismo essendo un
tipo di relazione che oltre a
riguardare coppie di tratti
non ha valore generale, ma
viene istituita in un testo
specifico e vige solo al suo
interno.
Se analizziamo
questʼimmagine vedremo
che forma un disegno
geometrico che ne
costituisce la dimensione
eidetica. Il piede e la mano
dellʼuomo disteso indicano
gli angoli inferiori
dellʼimmagine facendoci
guardare il suo confine
3.7) Dimensione
cromatica
Con la scoperta del colore
nella fotografia questo si
limita ad arricchire i vecchi
soggetti per inventarne di
nuovi.
Nella foto alcune dei
soggetti appaiono mossi,
dinamizzando la scena che
sarebbe stata statica. Un
ruolo fondamentale lo ha il
dipinto sullo sfondo, la Cena
a casa di Levi, criticato
perché poco inerente alla
tradizione. Lʼinquadratura ne
accentua lʼeffetto trompe
lʼoeil creando una continuità
fra lo spazio del quadro e
quello della sala. Alcuni degli
abiti dei soggetti ritratto
corrispondono con quelli
che allo ammirano, con un
ritorno dei colori (verde, blu,
rosso e giallo).
4)DISCORSI
4.1) Fotografia
testimonianza
Questa foto ha vinto il World
Press Photo e documenta
lʼomicidio di un
ambasciatore russo. Sono
tre le caratteristiche che li
hanno reso interessante:
l. Lʼattentatore è un
giovane curato, bello e
giovane, che assume
una posa da popstar per
farsi ascoltare, ancora
con la pistola fumante
accanto
m. Lʼattentatore era un
poliziotto e quindi
consapevole a cosa
stesse andando incontro
n. Lʼintera azione si è
svolta sotto le
telecamere, in un vero e
proprio set allestito e
illuminati per una mostra
fotografica
Vi sono state due
opposizioni contro questa
foto, una che riteneva
rappresentasse al meglio la
definizione del World Press
Photo (parla dellʼodio dei
nostri tempi); lʼaltra invece
aveva un problema etico
(mostrava atti troppi crudeli
e brutali).
Quanto più una fotografia è
ben fatta, riuscendo a
terrorizzare alla perfezione,
tanto meno siamo portati a
ritenerla vera e questo, per
una fotografia di reportage,
è un problema.
La foto ha vinto per la sua
forza, non per la sua
esteticità.
La microfotografia può
bloccare attimi fuggenti ma il
senso dellʼimmagine si
riduce ad un gesto tecnico:
manca una storia; lo
spettacolo finisce lì non cʼè
nessuna azione, nessun
movimento.
4.8) Fotografia
referenziale
4.10) Fotografia
sostanziale
È Adams lʼinventore della
straight photography, che
predica la necessità di una
fotografia pura, priva di
qualunque alterazione. La
fotografia mitica
presupponeva che il
linguaggio fotografico fosse
in grado di costruire una
realtà dʼordine diverso da
quello che vediamo, invece
quella sostanziale,
essendone la negazione,
riporta la concretezza del
mondo, alla sua riproduzione
diretta. Lo sguardo punta
una semplice rosa posata su
un tavolo, oggetti quotidiani.
Il livello del dettaglio e la
perfetta luce ci danno la
sensazione tattile oltre che
visiva e lo sguardo finisce
per passare su ogni cosa
quasi accarezzandola.
Negare la fotografia
referenziale vuol dire
attribuire al linguaggio
fotografico la possibilità di
fare ciò che in linea teorica
gli riesce più difficile:
distaccarsi dalla realtà.,
lʼimmagine costruisce una
nuova realtà. La fotografia
obliqua invece fa di tutto per
rimanere in questa
condizione di
indeterminatezza: ciò che
vediamo è comune ma ci fa
chiedere cosa rappresenti e
come sia stata fatta. Stampa
le sue fotografie in formato
fuori dal comune, rendendoli
da lontano come opere
astratte ma avvicinandosi si
può iniziare a riconoscere
ciò che viene mostrato. Nella
fotografia Amazon si mostra
il suo magazzino pieno di
oggetti. La visione è
realistica ma non reale, più ci
si avvicina più ci si
concentra su porzioni di
materia più piccole. Così si
dimostra lʼiperrealismo che
non è affatto intrinseco alla
fotografia: è un effetto di
senso che bisogna produrre
con tecniche che sono
certamente diverse da
quelle della pittura.
Lʼattenzione al dettaglio
finisce per farci vedere in
modo diverso la realtà, in
particolare quella industriale
dei prodotti di consumo.
4.12) Strategie
fotografiche
Non è unʼimmagine
rappresentativa, non vi è
nessun volto, nessuna
espressione, nessun gesto.
Vi è unʼassenza dei dettagli,
un forte mosso, una grana
evidente che la rendono una
fotografia sporca. Anche la
composizione sembra
distaccarsi da qualche ti
aspetteremmo da un
reportage. Lʼimmagine
sembra frutto di una ricerca
che si addice alla
spontaneità che un
reportage dovrebbe
significare. Funziona perché
è unʼimmagine sostanziale,
è la materialità del supporto
ad agire semioticamente,
generando precisi effetti di
senso. Lʼimmagine è un
mezzo, una testimonianza
ma il suo linguaggio non è
rappresentativo, è un
linguaggio che nega ogni
costruzione, ogni
immaginazione, ogni effetto
di realtà per farci sentire
fisicamente la situazione.
Nella macrofotografia vi è un
linguaggio diverso per
rendere lo scatto unico.
Ghizzi mette la sua
competenza tecnica al
servizio delle proprie volontà
espressive, vuole raccontare
una storia. Riprende lʼinsetto
con un ingrandimento tanto
da ricavarne le minuscole
gocce di rugiada dove vi è
riflesso un fiore, lʼoggetto di
desiderio. Basta questo per
trasformare la foto, lʼinsetto
sta facendo qualcosa,
aspetta allʼoggetto e questo
è proporzionato alla quantità
di riflessi che lo riproducono.
Non si vuole descrivere la
realtà ma articolarla. Il
genere è obliquo.
Didi-Huberman analizza
due foto uguali ma con
riquadratura diversa di un
campo di concentramento
dove si mostrano i corpi
morti. La foto
originariamente era
contornata dalla porta della
camera a gas, da dove il
fotografo aveva scattato la
foto. Nella prima foto
(immagine tagliata) si tratta
di una foto referenziale,
mentre nel secondo
(immagine originale) si tratta
di una foto obliqua, che ci
spinge a riflettere che erano
proprio i prigionieri a dover
“gestire” i corpi.
Quando una fotografia
funziona è perché una
macchina semiotica si è
messa in morto,
coinvolgendo il suo fruitore.