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INDICE

1. INTRODUZIONE

2. LE CARATTERISTICHE DELLA LUCE


• Intensità
• Direzione
• Durezza
• Colore

3. IL FLASH E LE SUE FUNZIONI


• Tipologie di illuminazione
• Regolazioni del flash a slitta
• Caratteristiche tecniche dei flash a slitta e terminologia
• Accessori per i flash a slitta

4. USARE IL FLASH
• Quando usare il flash
• Come usare il flash

5. IL FLASH COME STRUMENTO CREATIVO


• Flash diretto frontale
• Flash di accentatura e fill-in
• Open flash

6. CONCLUSIONI

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1. INTRODUZIONE

Già mi pare di vedere lo scetticismo che ti si dipinge sul viso.

Flash?! Ma non è una roba da fotografo di matrimoni?

Esatto, proprio così. Ma tu lo sai perché i fotografi matrimonialisti fanno ampio uso del
flash? No?! Beh, forse è questo il problema…

Molti fotografi, amatori ma non solo, snobbano l’uso del flash sostenendo che
preferiscono fotografare solo “in luce naturale” (che poi, vedremo dopo perché,
sarebbe molto più corretto parlare di luce ambiente). In realtà però, chi parla così di
solito lo fa perché non conosce le potenzialità del flash e non ha mai imparato a usarlo
correttamente.

Come vedremo invece, quando usato con consapevolezza, il flash ti dà la possibilità di


avere maggiore controllo sulla resa tonale della tua immagine, senza andare in alcun
modo a intaccarne l’autenticità o la naturalezza.

Per questa ragione, il flash è uno strumento che (come il treppiede, i filtri o gli altri
accessori del fotografo) non è obbligatorio usare sempre, ma è importante conoscere.
Solo così infatti avrai la possibilità di avvalertene, quando opportuno, nel modo
corretto.

Dal punto di vista tecnico, il flash è una sorgente luminosa che emette lampi di luce
(flash per l’appunto) di durata infinitesimale, ma di una potenza tale da contribuire in
modo significativo a impressionare il sensore.

Nota che ho scritto “contribuire”, perché il concetto fondamentale da assimilare


quando usi l’illuminazione del flash è che non devi intenderla come una fonte
alternativa alla luce ambiente, quanto piuttosto come un complemento che ti
permette di armonizzare e bilanciare l’illuminazione complessiva della scena.

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La luce del flash quindi va a integrare quella ambiente e a miscelarsi con questa, in
modo tale da permetterti di ottenere l’immagine che ti sei prefigurato.

In questo contesto, l’obiettivo primario di questo piccolo libro è dunque quello di farti
prendere confidenza con questo approccio alle fonti di luce addizionali. E per rendere
le cose più facili e immediatamente applicabili alla fotografia di tutti i giorni, abbiamo
deciso di partire dalle condizioni più semplici:

un solo flash a slitta,


montato sulla macchina o tenuto a poca distanza da questa.

Nello scrivere questo manuale, non è stato nostro intento affrontare complessi schemi
luce da studio. Abbiamo infatti immaginato che questo avrebbe comportato un
inevitabile incremento della lunghezza e della complessità del trattato, a fronte di una
utilità molto limitata per la maggior parte degli amatori, anche avanzati.

Abbiamo invece preferito concentrarci sul mostrare le opportunità e le modalità di


usare la luce flash nelle situazioni di scatto più comuni, con l’obiettivo di fornire al
lettore un riferimento veloce e sintetico grazie al quale acquisire consapevolezza nello
scegliere come e quando – nel contesto di una normale sessione fotografica – può
essere utile fare ricorso a una fonte di luce addizionale.

Questo manuale si rivolge dunque primariamente al principiante che voglia avvicinarsi


al mondo della luce flash con consapevolezza e, soprattutto, che abbia la curiosità di
scoprirne le potenzialità.

Il lettore più esperto, pur essendo già a conoscenza della maggior parte delle nozioni
presentate nel libro, potrà comunque beneficiare di una guida sintetica per il ripasso
dei concetti fondamentali e di qualche spunto di riflessione per un uso più consapevole
di questo eccezionale accessorio.

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Alla luce di tutto questo, il manuale è organizzato in quattro parti:

1. La luce. La prima sezione è dedicata a riprendere i concetti fondamentali relativi


alla luce, validi sia per la luce ambiente che per quella flash. Vedremo insieme
quali sono le proprietà e le caratteristiche della luce rilevanti per il fotografo, e
in che modo queste possono incidere sulla resa di una fotografia.

2. I flash. Nella seconda sezione del manuale tratteremo le principali soluzioni


tecniche che ti permettono di ottenere fonti di luce addizionali sulla scena.
Approfondiremo in particolare le caratteristiche e le funzioni principali dei flash
a slitta, che devi imparare a conoscere se vuoi controllare consapevolmente
l’illuminazione.

3. Come usare il flash. La terza sezione è dedicata a fornirti le linee guida


fondamentali che ti permettono di utilizzare i flash a slitta sul campo, valide
nella grande maggioranza delle situazioni di scatto più comuni.

4. Il flash come strumento creativo. L’ultima parte del manuale è dedicata a


descriverti tre esempi (di autori affermati) che mostrano come potresti pensare
di fare uso del flash a scopo creativo. Esempi che puoi usare come traccia per
cominciare a sperimentare e arrivare poi a elaborare il tuo stile personale.

Augurandomi dunque che questo testo possa aprire la strada alle tue future
esplorazioni e sperimentazioni fotografiche, diamo il via al nostro percorso con la
prima sezione dedicata alla luce.

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2. LE CARATTERISTICHE DELLA LUCE

La parola stessa fotografia letteralmente significa “scrivere con la luce”, dunque non
è necessario adottare particolari perifrasi per sottolineare quanto il controllo della luce
sia importante per ottenere un’immagine fotografica efficace.

Ma quello che voglio proporti qui è di provare a concentrare l’attenzione sull’altra


faccia della luna: l’ombra.

Sì perché luce e ombra sono come Yin e Yang: una non esiste davvero senza l’altra. E
in fotografia, in particolare, sono quasi sempre le ombre a definire la qualità della luce
e non viceversa.

Cerco di spiegarmi. Un’immagine fotografica di per sé ovviamente non può generare


luce e quindi non può riprodurre l’illuminazione di una scena, dunque l’unico
strumento a disposizione del cervello di chi osserva per tentare di ricostruire le
condizioni di luce al momento dello scatto, paradossalmente, sono le ombre.

Spesso non ce ne rendiamo conto, ma le ombre di un’immagine ci forniscono


moltissimi elementi capaci di condizionare il nostro modo di interpretarla.

→ Le ombre ci danno indicazioni sul contesto in cui è stata scattata la fotografia,


per esempio suggerendoci il momento della giornata in cui presumibilmente è
avvenuta la ripresa (a seconda della loro lunghezza e di quanto sono nette, vedi
anche dopo).

→ Le ombre conferiscono profondità e tridimensionalità alla fotografia. L’ombra


infatti (insieme alle linee convergenti) è uno dei simboli più potenti di
profondità. Se ci pensi è ovvio: l’ombra può esistere solo in un contesto
tridimensionale (un soggetto bidimensionale è privo di ombre), dunque è chiaro
che il nostro cervello interpreterà la presenza di ombra come un indicatore di
tridimensionalità. Viceversa un’immagine senza ombre risulterà più piatta e
bidimensionale.

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→ Le ombre contribuiscono a definire la chiave di lettura emotiva di un’immagine.
Un’immagine “dark” tende ad essere associata immediatamente a un’idea di
mistero, inquietudine (fino alla paura), eventualmente tristezza e/o violenza.
Mentre un’immagine luminosa, virtualmente senza ombre, ha un che di
angelico (e infatti viene spesso usata nelle fotografie di bambini).

→ Le ombre contribuiscono a definire la dinamicità di un’immagine. Un’immagine


contrastata tende a trasmettere una sensazione di dinamicità, di tensione, di
drammaticità, fino ad arrivare alla violenza. Al contrario, un’immagine poco
contrastata comunica quiete, staticità, serenità, pace. Ma il contrasto non è
altro che il passaggio più o meno netto tra luce e ombra. Se le ombre sono nette
e ben definite, allora l’immagine risulterà contrastata. Viceversa, se le ombre
sono smussate e morbide, l’immagine sarà poco contrastata.

Soggetto senza ombre

La ragione di tutta questa digressione iniziale, forse l’avrai già capito, è che in questo
manuale vorrei proporti di guardare al flash più come un regolatore delle ombre che
non delle luci.

Con il flash infatti potrai:

→ Introdurre delle ombre che prima non c’erano (o accentuarne di esistenti)

→ Eliminare (o ridurre) alcune delle ombre causate dalla luce ambiente

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Questo ti permetterà in pratica di modulare la combinazione di ombre (e quindi luci)
che definiscono la scena che stai riprendendo, in modo da renderla più aderente
possibile al messaggio che vuoi trasmettere (e quindi più efficace nel comunicare al tuo
pubblico).

Vedremo nelle prossime sezioni come e perché tutto questo potrebbe essere di tuo
interesse. Prima però, è fondamentale conoscere la materia prima con la quale ti
troverai a lavorare. Come ogni buon cuoco infatti, è importante prima di tutto
prendere confidenza con gli ingredienti che dovrai utilizzare. Ed è per questo che
dedicheremo le prossime righe a definire le caratteristiche fondamentali della luce
(Tutta! Non solo quella del flash).

Dal punto di vista del fotografo, le caratteristiche della luce che devi imparare a
considerare sono fondamentalmente quattro:

1. Intensità
2. Direzione
3. Durezza
4. Colore

1. Intensità
Indica la quantità di luce disponibile. Ovviamente è cruciale per determinare una
corretta esposizione del sensore, ma non solo. Una maggiore intensità di illuminazione
infatti farà apparire i colori più brillanti e saturi, e aumenterà intrinsecamente il
contrasto.

Dunque, anche una semplice variazione dell’intensità di illuminazione (senza


modificare né la posizione della sorgente di luce, né la sua dimensione) può cambiare
l’atmosfera di uno scatto in modo significativo, e va tenuta in considerazione.

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2. Direzione
La direzione è una caratteristica cruciale dell’illuminazione, perché definisce di rimando
la forma e la dimensione delle ombre e, attraverso queste, ci comunicherà moltissime
informazioni sul contesto e l’intento dello scatto.

La fonte di illuminazione naturale che domina le nostre vite è il sole che, con varie
inclinazioni, proviene sempre dall’alto.

Per questa ragione il nostro cervello è abituato a percepire come “naturale” una
illuminazione dall’alto verso il basso e invece percepisce come “strana”, “misteriosa”
o “paurosa” l’illuminazione dal basso verso l’alto (hai presente quando i ragazzini
usano una torcia elettrica per illuminarsi il viso dal basso verso l’alto mentre si
raccontano le storie dell’orrore?).

Sempre per la stessa ragione, tra l’altro, anche gli impianti di illuminazione di interni
tendono a privilegiare schemi di illuminazione dall’alto verso il basso.

Dunque, il primo elemento da tenere in considerazione quando valuti la direzione della


luce di un flash è che più la rendi simile a quella del sole (in una qualunque delle
posizioni che assume durante la giornata) più otterrai un effetto “naturale”, più ti
allontani da questo riferimento e più otterrai un effetto “artificioso” (non
necessariamente nel senso negativo del termine).

In secondo luogo, l’inclinazione della luce del sole cambia durante il giorno e con il
passare delle stagioni, quindi cambiare la direzione di illuminazione (più obliqua o più
verticale) invia allo spettatore utili informazioni riguardo al contesto temporale in cui
è stata scattata (o in cui vogliamo suggerire che sia stata scattata la fotografia).

Accanto a queste considerazioni generali però, ogni direzione di illuminazione è


caratterizzata da specifiche peculiarità dal punto di vista fotografico. In questo senso
possiamo distinguere 5 direzioni fondamentali della luce rispetto al soggetto illuminato.

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1. ILLUMINAZIONE FRONTALE

L’illuminazione frontale o quasi frontale del soggetto (quindi con la sorgente


luminosa allineata con la fotocamera) produce immagini relativamente poco
contrastate e “piatte”. Piatte perché le ombre scompaiono (quasi) dietro ai
soggetti, e quindi non contribuiscono alla resa tridimensionale della fotografia.
Al tempo stesso, l’illuminazione del soggetto (in particolare delle superfici
verticali) tende ad essere più uniforme rispetto ad altre situazioni, e questo può
essere utile per ottenere una buona resa cromatica.

2. ILLUMINAZIONE LATERALE

La luce arriva da un lato (per esempio una finestra) ma sempre con una certa
componente frontale (la finestra sta di lato ma un po’ davanti al soggetto,
piuttosto che dietro). Questo tipo di illuminazione esalta le ombre, pur
mantenendo una buona illuminazione del soggetto.
Per questo, è una delle modalità di illuminazione più utilizzate, per ottenere un
buon compromesso tra resa della tridimensionalità e resa cromatica/tonale.

Illuminazione laterale

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3. RETROILLUMINAZIONE (CONTROLUCE)

Le ombre si rivolgono verso la fotocamera, perché la fonte luminosa è posta


parzialmente o completamente dietro il soggetto.
Il controluce esalta la profondità e la drammaticità dell’immagine,
aumentandone il contrasto e esaltandone le ombre. La resa cromatica può
essere molto difficoltosa, proprio a causa del contrasto elevato ma, quando
viene gestita al meglio, può produrre effetti estremamente efficaci.

Controluce

4. ILLUMINAZIONE VERTICALE DALL’ALTO

L’illuminazione completamente verticale (come quella della luce diretta del sole
nel mezzo di una giornata estiva) è forse l’unica soluzione che sarebbe meglio
evitare in tutte (o quasi) le situazioni.
Le ombre “cadono” dritte e contribuiscono poco alla profondità. Al tempo
stesso i contrasti tendono a essere alti e la resa cromatica scarsa (i raggi di luce
colpiscono le superfici verticali solo tangenzialmente).
Insomma, più svantaggi che vantaggi.

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Illuminazione dall’alto

5. ILLUMINAZIONE DAL BASSO


Innaturale per definizione (in natura è molto rara da osservare), di certo non
passa inosservata. E’ difficile da usare senza cadere in cliché stereotipati, ma se
ci riesci l’effetto è assicurato.

3. Durezza
La cosiddetta durezza della luce (o, se preferisci, il suo contrasto) determina due effetti:
1. Quanto sono nette le linee di passaggio tra zone di luce e zone di ombra
2. Quanta differenza di luce c’è tra un’area in ombra e una in piena luce

Provo a farti un esempio per intenderci. Immagina una stanza senza finestre e con le
pareti nere. L’unica fonte di luce è una piccola ma potente torcia a led.

Quando la punti contro il soggetto noterai che:

1. Le parti del soggetto illuminate direttamente dalla torcia sono ben leggibili,
quasi illuminate a giorno, mentre le superfici non esposte alla luce della torcia
sono praticamente nere

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2. Le ombre proiettate dal soggetto sono nette, corpose, di un nero quasi solido.
Sembrano quasi dei disegni.

Ecco, questa è un’illuminazione molto contrastata (molto dura).

Viceversa, considera una stanza con le pareti bianche. Una tenda di lino spesso (ma
chiaro) lascia filtrare la luce del sole del mattino.

→ Il tuo soggetto è ben illuminato, ma quasi non proietta ombre, che


comunque sono appena più scure delle superfici direttamente illuminate
dalla luce della finestra.

→ Se poi ti concentri su un’ombra, vedrai che è sfumata, con i contorni quasi


indefiniti. Sembra che la luce degradi dolcemente senza una vera e propria
soluzione di continuità.

Ecco, questa è una illuminazione morbida.


Non so se ci hai fatto caso, ma quali sono le differenze fondamentali tra le due
condizioni che abbiamo appena descritto?
Sono 2:
1. La sorgente di luce: una piccola torcia nel primo caso; una grande finestra
tendata nel secondo.
2. Le pareti della stanza: scure nel primo caso, bianche nel secondo.

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Entrambi questi fattori contribuiscono a rendere la luce dura (nel primo caso) o
morbida (nel secondo). E la ragione è semplice: la durezza della luce dipende dalla
dimensione relativa della superficie illuminante.

In pratica, più la sorgente luminosa è piccola più l’illuminazione risultante sarà


contrastata; più la sorgente luminosa è grande, più la luce risultante sarà diffusa e
l’illuminazione morbida.

Le pareti bianche aiutano ad ammorbidire la luce perché, riflettendo la luce,


contribuiscono ad aumentare la superficie illuminante che, così, non si limita più alla
sola finestra, ma si estende a tutta la superficie di rivestimento della stanza.

Nota bene però, che l’estensione della superficie illuminante non va considerata in
assoluto, ma relativamente alla distanza dal soggetto illuminato.

Il sole per esempio, pur essendo enorme in termini assoluti, è una piccola sorgente di
luce per la Terra, proprio a causa della sua distanza. Ma se il cielo è nuvoloso, le nubi
fanno da diffusore (un po’ come la tenda che copre la finestra) trasformando la
superficie illuminante che diventa tutto il cielo coperto di nubi – molto, ma molto più
grande del puntino che è il sole nel cielo.

Ed ecco perché quando il cielo è coperto


la luce è diffusa e le ombre sono morbide.

Quando usi il flash puoi applicare gli stessi ragionamenti. Come vedremo, hai la
possibilità di variare la durezza della luce variando la distanza del flash (più lo allontani,
più la sorgente diventa piccola in termini relativi, più la luce sarà dura; e viceversa), ma
anche utilizzando dei modificatori di luce che possano variare la superficie relativa di
emissione della luce (allargandola e quindi ammorbidendo l’effetto oppure
restringendola e quindi indurendo il contrasto).

In generale, tieni conto sempre che la fotocamera sopporta un range di contrasto


molto inferiore a quello gestibile a occhio nudo, dunque – nel dubbio - è sempre
meglio optare per una luce leggermente più morbida piuttosto che per una troppo
dura.

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4.Colore

Quella che chiamiamo luce è una miscela di fotoni a diverse lunghezze d’onda. Ogni
lunghezza d’onda viene percepita dal nostro occhio come un colore. Quella che noi
definiamo luce bianca è una miscela in cui molte lunghezze d’onda (da 380 a 760nm
circa) diverse sono miscelate quasi perfettamente alla pari, e corrisponde alla
radiazione emessa dal sole.

Ma in realtà è molto raro che ci troviamo a fotografare in luce perfettamente bianca.


Basta che il cielo sia coperto, per non parlare della possibilità che sia presente una
sorgente di luce artificiale, perché questo miscuglio di lunghezze d’onda venga
perturbato significativamente quando non stravolto.

Il motivo per cui tutto questo ci interessa è che la composizione della luce incidente
che illumina un soggetto, ovviamente influenza anche la composizione della luce
riflessa (che poi sarà quella che impressiona il sensore) e questo può avere un effetto
estremamente rilevante sulle nostre immagini.

Spesso sottovalutiamo questa proprietà della luce (tolti i casi particolari di


illuminazione con faretti colorati o gli effetti delle luci decorative) per il semplice
motivo che il nostro cervello fa un continuo lavoro di compensazione.

Quando i nostri occhi registrano la presenza di una dominante colorata nella luce
ambiente, il nostro cervello fa (in tempo reale e in automatico a livello completamente
subconscio) un’operazione di sottrazione. In questo modo, a noi appaiono
cromaticamente equivalenti una scena ripresa alla luce del sole, e una sua analoga
illuminata da lampade a incandescenza.

Ma in realtà, dal punto di vista fisico, le due situazioni sono completamente diverse. La
scena illuminata dalla lampada a incandescenza è molto più “gialla”, e questo giallo
verrà registrato dal sensore della macchina fotografica. Dunque è fondamentale
imparare a gestirlo.

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Le diverse tonalità di colore che può acquisire la luce sono state definite in una scala
che viene chiamata “temperatura di colore”, legata all’osservazione che un corpo
riscaldato, quando arriva a incandescenza, emette una luce che cambia di colore al
crescere della temperatura del corpo stesso.

Quando diventa incandescente il corpo inizia a emettere luce rossa, che poi diventa
progressivamente gialla, bianca, azzurra, blu e poi viola, per arrivare in fine
all’ultravioletto.

Definendo quindi il colore della luce come la temperatura del corpo che la emette, una
luce fredda (1000-3000°K) sarà tendente al rosso, mentre una luce molto calda (10000-
20000°K) tenderà al blu o al violetto.

La cosa genera un risultato contro-intuitivo e un po’ paradossale che può creare


inizialmente qualche confusione, perché

Ma basta farci l’abitudine, alla fine è tutto abbastanza lineare.

Sta di fatto che quando in una fotografia percepiamo questa presenza di un


cromatismo legato alla luce che illuminava la scena, cerchiamo di correggerla
attraverso un’operazione che chiamiamo “bilanciamento del bianco”. Questo può
essere impostato direttamente in camera oppure, con più precisione, può essere
eseguito in post-produzione, durante lo sviluppo dell’immagine.

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Il principio è semplice:

se la dominante è blu, compenserò amplificando un po’ tutti i segnali sul rosso;


viceversa, se la dominante è rossa, amplificherò i segnali blu.

Oltretutto, ormai, la gran parte del lavoro viene svolta egregiamente dai software di
gestione delle immagini, che sono in grado di ottenere un perfetto bilanciamento nella
gran parte delle situazioni semplicemente selezionando un punto di riferimento
nell’immagine che abbia tonalità neutra (un bianco o un grigio).

Dunque perché preoccuparci tanto del colore della luce?

Perché, soprattutto parlando di flash, il problema sopraggiunge quando miscelo


sorgenti di luce diverse.

Fino a che fotografo alla luce del sole infatti, sarà semplice bilanciare l’immagine.
Stessa cosa se fotografo a lume di candela.

Ma che succedere se uso un flash in una scena illuminata da lampadine a


incandescenza?

Il flash (lo vedremo dopo) è tarato per emettere luce bianca (5500°K), le lampadine
possono emettere luce a 1800-2000°K (quasi arancio). Come faccio a bilanciare il
bianco in questa situazione?

Mi ritroverò con una parte della scena illuminata principalmente dalla luce a
incandescenza e un’altra illuminata prevalentemente dal flash. Se bilancio per la luce
flash, l’intorno illuminato a incandescenza virerà verso il giallo-arancio. Viceversa, se
bilancio per l’illuminazione ambiente, le aree illuminate dal flash vireranno verso il
verde-bluastro.

Insomma, se non l’avevo già pensata così, può diventare un gran pasticcio.

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Per questo diventa importante tenere in conto il colore delle componenti di luce che
contribuiscono a illuminare la scena: se sono uniformi posso dimenticarle e applicare i
bilanciamenti standard. Viceversa, se sono disomogenee posso:

→ Decidere di sfruttare il mix in modo creativo, ottenendo viraggi cromatici


particolari
→ Cercare di compensare in ripresa, alterando una o più delle sorgenti (per
esempio applicando filtri e gelatine colorate) in modo da armonizzare la
combinazione.
→ Rendere chiaramente dominante una fonte di luce rispetto alle altre, in modo
da minimizzare la contaminazione.

Ovviamente, tutto questo diventa tanto più rilevante nel contesto d’uso dei flash, che
si troveranno intrinsecamente armonizzati nella fotografia in luce solare (sono tarati
per emettere luce sostanzialmente bianca), ma che invece dovranno essere trattati con
grande attenzione quando si volesse fotografare in interni alla presenza di altre fonti
di luce (non bianca).

Lo stesso soggetto fotografato con temperature di colore differenti

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3. I FLASH E LE LORO CARATTERISTICHE

Intanto però, voglio chiarirti quali sono le caratteristiche importanti da conoscere


rispetto ai flash, in modo che tu le abbia presenti quando discuteremo di come usarlo.

In questo capitolo quindi vedremo:


→ Quali sono le tipologie principali di fonti luminose a disposizione del
fotografo, e quali possono essere più utili per te
→ Quali sono le regolazioni tipiche di un flash, e cosa comportano
→ La terminologia tecnica che devi conoscere per capire i flash e scegliere quale
comprare
→ Quali sono gli accessori che puoi considerare e a cosa ti possono servire

Tipologie di illuminazione

Esistono 4 tipologie principali di luci che puoi pensare di usare come fotografo:
1. I faretti a luce continua
2. I flash monotorcia
3. I flash a slitta
4. Il flash integrato (“pop-up”, su alcuni tipi di fotocamera)

Le prime due classi di di luci (torce e faretti) rappresentano la tipica soluzione da studio
fotografico e, per ragioni sia logistiche (sono tipicamente più ingombranti e pesanti, e
spesso necessitano di generatori o altre fonti di energia) che economiche (un set da
studio può comportare un investimento decisamente significativo), non ti consiglio di
prenderle in considerazione prima di aver fatto un po’ di esperienza.

Per questo non le tratteremo qui, anche se molti dei principi che discuteremo riguardo
all’uso del flash sono generali e dunque, se vorrai, potrai applicarli pari pari anche
all’illuminazione da studio quando sarà il momento.

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Allo stesso modo, accenneremo solo brevemente qua e là al flash integrato sulla
fotocamera (per le fotocamere che ne sono dotate), in quanto lo possiamo considerare
un apparato che può essere utilizzato talvolta in mancanza di un flash a slitta, anche se
con molte più limitazioni (legate soprattutto alla scarsa potenza e alla poca mobilità).

Ci concentriamo invece sul mondo dei flash a slitta, che costituisce il miglior
compromesso tra flessibilità d’uso, resa, costo e maneggevolezza per chi vuole
cominciare seriamente a gestire l’illuminazione della scena, sia in interni che in esterni.

I flash a slitta sono unità portatili che possono essere montate direttamente sulla
fotocamera (grazie appunto alla slitta) o su appositi supporti (collegati alla macchina
fotografica via cavo o tramite sistemi wireless).

Le caratteristiche che differenziano i flash a slitta rispetto a quelli integrati in camera,


rendendoli di gran lunga preferibili a questi ultimi, sono principalmente quattro:

1. La possibilità di comandarli anche da remoto. La fonte luminosa non


necessariamente deve essere allineata all’obiettivo, ma può essere posizionata
in modo da illuminare la scena con l’angolo che preferiamo.
2. A differenza dei flash integrati sulla fotocamera, i flash a slitta sono dotati di una
testa illuminante orientabile, il che ci permette di direzionare il fascio di luce,
per esempio facendolo rimbalzare sul soffitto piuttosto che su una parete. In
questo modo la luce illuminerà la scena indirettamente, producendo (quando
ne abbiamo bisogno) un’illuminazione più diffusa e morbida.
3. La potenza. Questa varia da modello a modello, ma può raggiungere anche livelli
elevati, e certamente sempre superiori a qualunque flash integrato. Questo,
come vedremo, è molto importante perché condiziona fortemente la distanza
massima a cui può essere utilizzato un flash (il flash integrato perde quasi
completamente di efficacia già a distanze di pochi metri).
4. Le possibilità di regolazione. Con i flash a slitta abbiamo più possibilità di
intervenire manualmente sulla regolazione della luce, il che (quando ne
abbiamo la possibilità) ci dà più controllo sulla resa complessiva dell’immagine.

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Regolazioni dei flash a slitta

Come abbiamo detto all’inizio di questo capitolo, i flash emettono lampi di luce. Il
lampo di un flash a slitta è direzionale e regolabile in quanto ad ampiezza e potenza.
Infatti, la testa del flash (che come abbiamo visto è orientabile) contiene una lampada
(che può essere attivata a sua volta in modo regolabile) e delle parabole che
concentrano la luce in modo da proiettare un fascio luminoso di ampiezza variabile
nella direzione da noi desiderata.

Le regolazioni attraverso le quali possiamo controllare un flash a slitta hanno dunque


a che fare principalmente con:

1. La direzione della luce. Come abbiamo già visto questa la possiamo gestire da
un lato posizionando la testa illuminante (sulla fotocamera o altrove) e dall’altro
orientando il fascio di luce.

2. La forma del cono di illuminazione. Le parabole contenute nella testa flash sono
regolabili in modo da concentrare di più o di meno il fascio. L’angolo del cono di
illuminazione è espresso in millimetri, corrispondenti alla lunghezza focale di un
obiettivo di analogo angolo visuale. In pratica un flash con un cono di luce di
200mm emetterà un fascio di luce con un angolo tale da illuminare la visuale di
un obiettivo da 200mm. Il modo più ovvio di usare questa regolazione è quello
di far coincidere la focale dell’obiettivo utilizzato con quella del flash, in modo
da far combaciare il campo di illuminazione con l’inquadratura (se il flash è
montato sulla fotocamera e orientato frontalmente). E’ però possibile
disaccoppiare creativamente questi valori, in modo da creare un cono di luce
che non illumini in modo uniforme tutta la scena (regolando il flash in modo da
proiettare un cono di luce equivalente a una focale superiore a quella
dell’obiettivo che stiamo usando).

3. La potenza della luce illuminante. In realtà la lampada del flash emette lampi
sempre della stessa potenza, ma quella che può variare è la durata del lampo.
Noi non ce ne accorgiamo perché il flash di luce è comunque talmente breve da
rimanere sempre istantaneo ai nostri occhi ma, variandone la durata, la
lampada può variare la quantità di luce con cui contribuisce all’illuminazione
della scena.

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Un po’ come per la macchina fotografica, anche nel caso dei flash le regolazioni
possono avvenire in modalità manuale o automatica. Vedremo più avanti quando ti
conviene usare una o l’altra modalità e come queste interagiscano con le altre
regolazioni della fotocamera.

Qui mi basta dirti che i flash in grado di coordinarsi automaticamente con la


fotocamera vengono anche detti TTL (through the lens). Sapere che un flash può
lavorare in modalità TTL è importante perché, come vedremo, questo di permette di
fruirne con una velocità e una facilità d’uso impensabili se dovessi operare con una
regolazione completamente manuale.

Caratteristiche tecniche dei flash a slitta e la loro terminologia

Quando ti trovi a comprare un flash a slitta dovrai valutare una serie di caratteristiche
tecniche rilevanti per il suo utilizzo.
Vediamo quelle più importanti.

1. Compatibilità con la fotocamera – Il primo, ovvio, punto è che il flash deve


essere compatibile con la fotocamera su cui lo vuoi montare. Ogni produttore infatti
adotta un sistema di attacco (slitta) specifico, che non è lo stesso per tutti. Per esempio,
questo significa che, se acquisti un flash da usare su una macchina Nikon, non potrai
poi usarlo su Canon, e viceversa.

2. Velocità di sincronizzazione e HSS – La velocità di sincronizzazione in


realtà è una caratteristica della fotocamera più che del flash (e infatti la troverai
indicata nel libretto di istruzioni della tua fotocamera), ma la vediamo qui perché ha a
che fare con il modo in cui potrai usare la tua luce addizionale.
Abbiamo detto che il lampo del flash può essere considerato istantaneo, quindi
dovrebbe poter funzionare per qualunque velocità dell’otturatore (e infatti, come
vedremo, non userai il tempo di scatto per regolare la luce catturata dal sensore in
caso di illuminazione con flash, ma solo il diaframma).
Tuttavia, per motivi meccanici, non è propriamente così.

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La tendina dell’otturatore infatti ci mette un certo tempo a scorrere e scoprire (o
coprire) tutto il sensore. Questo tempo è pari a 1/250 – 1/300 di secondo. Questo
significa che se io dovessi usare una sola tendina che prima scopre tutto il sensore e
poi lo ricopre tutto, non potrei avere una velocità di scatto maggiore di 1/250 o 1/300,
a meno di non aumentare la velocità della tendina stessa.

Per superare questo limite, gli ingegneri hanno sviluppato un sistema a due tendine,
nel quale la seconda tendina “insegue” la prima, e comincia a ricoprire il sensore prima
che la prima tendina abbia finito di scoprirlo tutto. In questo modo, io posso accorciare
il tempo di esposizione semplicemente facendo partire la seconda tendina poco dopo
la prima, senza dover velocizzare la velocità intrinseca di movimento delle tendine
stesse.

In questo modo si possono ottenere tempi di esposizione molto più brevi, fino a 1/8000
di secondo (ormai tipico di quasi tutte le fotocamere).

Con il movimento a doppia tendina però, in ogni istante solo una piccola striscia di
sensore viene esposta alla luce, tutto il resto è coperto. Ed è qui che insorge il problema
con il flash.

Dato che il lampo del flash è istantaneo, andrà a impressionare solo la strisciolina
di sensore esposta alla luce nel preciso istante in cui il lampo viene emesso, tutto il
resto resterà “buio”.

Ed è per questo che, in condizioni normali, il flash può essere utilizzato solo per tempi
di scatto più lunghi del cosiddetto tempo di sincronizzazione, ovvero del tempo minimo
di scatto per cui il sensore resta per un attimo tutto scoperto prima che la seconda
tendina cominci a ricoprirlo.

Questo, come abbiamo visto, dipende unicamente dalla velocità a cui scorrono le
tendine, e tipicamente è di 1/250 o 1/300 di secondo, anche se tende a scendere con
il migliorare della tecnologia.

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Ma – c’è sempre un ma – esiste una soluzione tecnica che ti permette di scattare con
il flash anche a tempi più brevi di quello di sincronizzazione, attraverso una funzione
che viene chiamata HSS (High Speed Sync).

In pratica il flash, invece che emettere un singolo lampo di luce, si mette a pulsare
inviando una raffica di lampi che mantengono illuminato il sensore mano a mano che
le due tendine lo percorrono tutto. In questo modo anche se solo una striscia di
sensore è esposta a ogni lampo, grazie all’emissione pulsante la luce del flash riesce a
impressionare tutto il sensore.

L’HSS è fantastico, perché infrange l’ultima barriera all’uso del flash in condizioni di alta
velocità di scatto, ma ha 2 controindicazioni:

i. Il consumo delle batterie. Emettendo un lampo pulsante, il flash ovviamente


consuma molta più energia. Quindi, se lo usi in modalità HSS, la sua autonomia
in termini di numero di scatti tenderà a scendere in modo significativo.

ii. La potenza. La potenza massima del flash si riduce quando lo usi in modalità
HSS, quindi devi essere preparato a perdere un paio di stop. E’ il prezzo da
pagare per poter scattare ad alta velocità.

3. L’angolo minimo di illuminazione – Come abbiamo detto, le parabole che


concentrano il fascio di luce del flash possono essere regolabili, in modo da adattare
l’angolo di illuminazione all’ottica con cui stiamo scattando (un’ottica più lunga implica
un angolo di ripresa più piccolo).

Ovviamente però, non tutti i flash possono essere regolabili nello stesso modo.
Tipicamente la focale minima per cui il flash riesce ad illuminare tutto il campo di
ripresa (senza ricorrere a diffusori o a pareti riflettenti) è di 28mm, ma invece la focale
massima (e quindi l’angolo minimo di illuminazione) può variare di molto, arrivando
anche a 200mm e più.

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A seconda di come pensi di utilizzare il tuo flash, e con che obiettivi pensi di
accoppiarlo, questo può essere un fattore più o meno rilevante da tenere in
considerazione. Ad esempio, se vorrai ottenere degli effetti di illuminazione spot molto
concentrata solo su una piccola porzione della scena di ripresa, allora un flash che ti
permette di ottenere un fascio molto stretto (quindi che arriva a una focale equivalente
molto lunga) potrebbe essere un vantaggio per te.

4. Comandi a distanza – Tutti i flash a slitta sono pensati per poter essere montati
direttamente sulla fotocamera ma, come vedremo, spesso può essere utile disassare
la direzione della luce illuminante rispetto all’obiettivo, in modo da non ottenere
un’illuminazione del soggetto completamente frontale.

E i flash a slitta ti permettono di farlo, perché possono essere attivati anche


quando non direttamente montati sulla fotocamera.

Ogni brand adotta una sua propria filosofia e delle proprie soluzioni per mettere in
comunicazione il flash con il corpo macchina (per altro, i vari produttori tendono a
inseguirsi e copiarsi l’un l’altro, quindi poi molte soluzioni le ritrovi ripetute con varianti
passando da un brand a un altro), ma sostanzialmente i sistemi di comunicazione
attualmente disponibili possono essere suddivisi in tre categorie:

A) Via cavo – Questo in pratica non è diverso dall’avere il flash montato sulla
fotocamera. Semplicemente, attraverso un cavo che fa da prolunga, avrai la
possibilità di allontanare il flash dal corpo macchina. E’ un sistema molto
semplice ed economico, perché tutta la gestione è esattamente uguale a
quando hai il flash direttamente montato sulla macchina. I contro sono legati
alla lunghezza del cavo (che ti limita nella scelta del posizionamento del flash) e
al suo ingombro (che può intralciarti nella tua attività).

B) Wireless ottico – Molti flash possono comunicare tra loro per via ottica. Nikon
sfrutta questo sistema per permetterti di comandare un flash a distanza
attraverso il flash integrato sulla fotocamera. Il vantaggio è la possibilità di
comunicare senza fili, senza bisogno di dover acquistare ricetrasmittenti
particolari. Lo svantaggio è che la comunicazione ottica tipicamente non regge
grandi distanze, è sensibile a qualunque ostacolo che si interponga tra il
trasmittente e il ricevente (anche solo una tenda), e non sempre è compatibile
con il controllo TTL.

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C) Wireless radio – E’ il sistema che sta diventando dominante. Sono sempre di più
le fotocamere e i flash che funzionano nativamente anche da ricetrasmittenti.
In alternativa esistono accessori (trigger, vedi dopo) che ti permettono di
comandare via radio qualunque flash da qualunque fotocamera. L’unico
svantaggio è il costo. Il vantaggio è la possibilità di lavorare senza cavi, anche a
distanza considerevole, anche in presenza di ostacoli fisici tra trasmittente e
ricevente.

5. Il numero guida – Ho lasciato per ultimo questo punto, ma ci tengo a trattarlo,


perché da un lato è il più ostico, ma dall’altro, se inizi a usare i flash, ti capiterà così
spesso di parlarne che penso sia importante fare in modo che tu abbia le idee chiare
fin dall’inizio.

Ma partiamo dalle definizioni: il numero guida è un modo di esprimere la potenza di


un flash. Nasce ai tempi in cui le torce flash erano a potenza e ad angolo di
illuminazione fissi. Nel momento in cui non posso variare l’ampiezza del fascio e la
potenza del lampo, mi rimangono solo due fattori che incidono sulla quantità di luce
che impressionerà il mio sensore:

→ L’apertura del diaframma della fotocamera, perché cambiando la


dimensione del foro attraverso il quale la luce arriva al sensore possiamo
modulare la quantità assoluta di luce che passa nel tempo
(indipendentemente dal fatto che si tratti di luce ambiente o di luce flash).

→ La distanza tra il flash e il soggetto che viene illuminato. Perché la luce si


disperde mano a mano che si allontana dalla sorgente che l’ha generata
(secondo una legge chiamata del “quadrato dell’inverso della distanza”), e
dunque un soggetto più lontano riceverà e rifletterà verso il sensore una
quantità di luce ridotta rispetto a un soggetto più vicino.
Il numero guida mette in relazione questi due fattori e ti permette di calcolare, per una
sensibilità convenzionale di 100 ISO, quale apertura di diaframma devi usare per
ottenere l’esposizione corretta di un soggetto a una certa distanza:

Numero Guida = Apertura Diaframma x Distanza Soggetto

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Dunque, se voglio fotografare un soggetto a 10m di distanza dovrò usare un’apertura
di:
AperturaDiaframma = NumeroGuida / 10

Più la potenza del mio flash cresce, più potrò tenere il diaframma chiuso (indicato da
un numero più grande) a parità di distanza di scatto.

Alternativamente, immaginiamo di voler scattare a f/2 per poter ottenere un bel fuoco
selettivo (vedremo poi cosa significa esattamente). Possiamo calcolare
immediatamente a che distanza dobbiamo mettere il soggetto per ottenere una
esposizione corretta:
Distanza = NumeroGuida/2
Ma…

Come abbiamo visto, oggi (per fortuna) i flash a slitta hanno la possibilità di variare la
propria potenza (in realtà cambiando la durata del lampo) e, molto spesso, possono
variare l’ampiezza del fascio regolando la parabola interna alla testa.
Questo significa che il numero guida non è più fisso, infatti:

→ Ovviamente cambia se cambio la potenza del flash.

→ Se concentro il fascio di luce, a parità di potenza, l’area illuminata riceverà


più luce. Dunque, nuovamente, il numero guida cambia: cresce se stringo il
fascio (aumentando la focale equivalente) e si riduce se allargo il fascio
(riducendo la focale equivalente).

Ne consegue che non posso più usare il numero guida per “guidare” l’impostazione del
mio flash in ogni situazione, ma devo interpolare una serie di fattori: potenza, distanza,
apertura del fascio e, con le fotocamere digitali, anche gli ISO variabili.

Se a questo aggiungiamo il fatto che tutti i flash a slitta pienamente compatibili con
una data fotocamera sono ormai gestibili anche attraverso controllo TTL (through the
lens, ovvero si possono autoregolare attraverso l’esposimetro della fotocamera), puoi
facilmente dedurre che l’utilità pratica del numero guida ormai è pressoché nulla.

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Resta però il fatto che, se lo sai leggere, il numero guida resta l’indicazione più precisa
(o, per meglio dire, l’unica) della potenza del flash, e quindi ti può essere molto utile,
soprattutto nel momento in cui devi scegliere che strumento acquistare.

Per leggere correttamente il numero guida però devi fare attenzione ad alcuni dettagli:

→ In primo luogo devi controllare se la distanza è espressa in metri o in piedi (nel


sistema anglosassone). I numeri guida calcolati su distanze espresse in piedi sono
infatti circa 3 volte più grandi di quelli calcolati su base metrico-decimale a parità
di potenza (un piede è circa 1/3 di metro).

→ In secondo luogo, il numero guida è espresso per il cono di luce corrispondente


al campo di ripresa di una specifica focale (per es. 100mm). Se io aumento la
focale, il numero guida cresce perché concentro il fascio di luce. Se riduco la
focale, il numero guida diminuisce perché allargo il cono e la luce si disperde di
più. Questo significa che posso confrontare due numeri guida solo quando sono
espressi per la stessa focale. Nella scheda tecnica di ogni flash trovi una tabellina
con i numeri guida per ciascuna delle focali su cui può essere regolata la parabola
del flash.

→ In terzo luogo, il numero guida normalmente è calcolato per una sensibilità


standard di 100 ISO, ma negli Stati Uniti (per esempio), lo puoi trovare spesso
espresso per 400 ISO. In quel caso per convertirlo devi moltiplicare o dividere per
un fattore 2: NG 100ISO = NG 400ISO / 2.

Fatte tutte queste premesse, un flash con un numero guida più grande tende a darti
più flessibilità, perché è dotato di una maggiore potenza massima, e quindi è
utilizzabile in un range più ampio di condizioni. Ovviamente il contraltare è che costerà
di più.

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Accessori per i flash a slitta

Ti sembrerà strano parlare di accessori di un accessorio, ma ci sono almeno tre


complementi di un flash che potresti trovarti a dover acquistare, e dunque – seppur
brevemente – voglio darti qualche indicazione in merito.

1. Le batterie – Più che di un accessorio parliamo di una necessità. I flash a slitta sono
comodi perché sono portatili e relativamente leggeri. Questo è possibile grazie al fatto
che sono alimentati a batterie, tipicamente 4 batterie stilo (AA).
Solo due consigli al riguardo.
Il primo è di utilizzare assolutamente batterie ricaricabili, sul lungo termine ne avrai un
vantaggio economico davvero consistente.
Il secondo è di non lesinare sulle batterie. Compra batterie a lunga durata e con
mantenimento prolungato della carica (significa poterti portare meno pacchi per ogni
sessione di scatti). Inoltre, tieni sempre ben separate le batterie cariche da quelle
scariche e cerca di non mescolarle. L’ideale (per preservare l’efficienza e la durata delle
batterie) è che ogni lotto da 4 venga sempre usato e ricaricato insieme, in modo da
sincronizzare le ricariche e quindi la vita delle batterie. Quindi comprati degli astucci
per tenere in ordine i gruppi di pile, e poi facci un minimo di attenzione.
Vedrai che se segui queste semplici regole ne avrai un vantaggio enorme (sia in termini
economici che di performance).

2. I modificatori di luce – E’ possibile che all’inizio deciderai di farne a meno ma, se ti


appassioni all’uso delle luci, i modificatori ti possono aprire un mondo di creatività.
Non è questa la sede per trattare l’argomento in modo approfondito, ma
sostanzialmente possiamo identificare 3 grandi categorie di modificatori:

a. I modificatori di colore. Sono gelatine o filtri che ti permettono di cambiare il


colore della luce emessa dal flash (che di base è tarata per essere luce bianca
a 5000°K, vedremo nella prossima sezione come si legge la temperatura della
luce). Li puoi usare per uniformare la luce del flash alla luce ambiente (che
magari non è luce solare), in modo da ottenere una miscela con una dominante
uniforme e più facile da gestire in post produzione. Oppure li puoi utilizzare a
scopo creativo, per produrre degli effetti cromatici particolari attraverso
l’introduzione volontaria di dominanti di colore inusuali.

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b. I diffusori del fascio luminoso. Sono una famiglia enorme di strumenti (dai
pannelli riflettenti, agli ombrelli, alle lightbox e beauty dish) che ti permettono
di diffondere la luce in uscita dal flash per ottenere un’illuminazione più
morbida (vedremo più avanti cosa significa).

c. I concentratori del fascio luminoso. Sono strumenti (come griglie e tubi di


prolunga) che concentrano il fascio luminoso emesso dal flash. Ti permettono
di concentrare la luce in punti ben precisi, ottenendo un’illuminazione più dura
e contrastata. Di solito non si usano come unica fonte di illuminazione.

Se posso darti un consiglio, quando volessi cominciare a sperimentare con i


modificatori ti suggerisco di iniziare con un ombrello di medie dimensioni (60 o 90 cm
di diametro). Ti permetterà di prendere confidenza con la luce diffusa con un
investimento modesto, e attraverso uno strumento molto flessibile e facilmente
trasportabile e dunque utilizzabile in molte situazioni diverse.

3. I trigger – I trigger ti permettono di comandare uno o più flash a slitta a distanza


attraverso un segnale radio. In questo modo puoi collocare le tue luci sulla scena e poi
gestirle in manuale o tramite TTL attraverso una trasmittente che viene montata sulla
slitta della fotocamera. Rappresentano uno strumento già più avanzato, di cui
probabilmente non sentirai il bisogno almeno all’inizio. Ma, anche qui, se ti appassioni,
con un investimento relativamente contenuto ti puoi aprire un mondo di possibilità.

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4. USARE ILFLASH

Come abbiamo anticipato, è molto comune tra i fotografi (non solo dilettanti) ripudiare
l’uso di fonti di luce addizionali rispetto a quella ambiente.

Parlo di luce ambiente, e non di luce naturale, perché in realtà molto spesso ti troverai
a fotografare in situazioni nelle quali la luce ambiente è fornita, in tutto o in parte, da
fonti di luce artificiale (per esempio illuminazione di interni, illuminazione stradale, fari
e proiettori di vario genere, e così via).

Dunque, quello che distingue davvero la luce flash dalle altre fonti di luce è il fatto che
la aggiungi tu alla scena (e la controlli, sia in termini di potenza che di posizionamento),
non tanto il fatto che sia prodotta artificialmente.

Inoltre, tutti i flash sono tarati per emettere luce intorno ai 5000°K, quindi molto vicina
come tonalità alla “luce naturale”, contrariamente a molte altre fonti di luce ambiente
(neon, luci a incandescenza, ecc.) che sono soggette a dominanti molto diverse (se i
concetti di temperatura di colore e di dominante non ti sono chiari, riprendi la sezione
precedente dedicata al colore della luce).

Paradossalmente quindi, e volendo provocare un po’, potremmo quasi dire che è più
“naturale” il flash rispetto a molte altre fonti di luce meno controllate e meno
controllabili.

Questo inciso è importante, perché è strettamente connesso al concetto chiave


intorno al quale ti inviterò a costruire tutto il tuo approccio all’uso del flash, ovvero:

La luce del flash non va vista come un’alternativa alla luce ambiente, ma piuttosto
come un complemento a questa. La luce ambiente e quella flash vanno considerate
come due sorgenti di luce complementari, che puoi dosare a piacere (o quasi), come
fossero gli ingredienti di un piatto.
Il segreto è tutto qui.

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A. QUANDO USARE IL FLASH

Ci sono piatti buonissimi cucinati senza fare uso di spezie, come ce ne sono altri in cui
le spezie diventano quasi protagoniste della ricetta. Nel mezzo, un universo di ricette
in cui le spezie partecipano, stando più o meno in sordina, all’armonia globale del
gusto, senza che chi degusta il piatto debba essere necessariamente consapevole di
quante o quali spezie sono state usate.

Un cuoco, lui sì sarà capace di de-costruire il piatto e capire come e perché sono
state usate le spezie, ma il commensale comune apprezzerà più semplicemente
l’insieme (se ben confezionato).

Con il flash è uguale. Ci sono immagini in cui l’illuminazione con il flash rappresenta
essa stessa un elemento distintivo e caratterizzante dello scatto.

Ci sono immagini in cui il flash non serve.

Ci sono immagini in cui lo spettatore comune facilmente non si accorge della sua
presenza, ma il flash gioca un ruolo importante per la costruzione della fotografia.

Grossomodo, possiamo distinguere due scenari principali in cui puoi trovarti a


utilizzare delle luci flash:

1. La fotografia da studio, nella quale la luce flash è la fonte quasi unica di


illuminazione, e tutta la scena viene “disegnata” dalle luci che disponi tu. In
questo caso, quasi sempre, le fonti luminose sono più di una, e parte di queste
vengono utilizzate proprio per ricreare una sorta di luce ambiente in forma
controllata.
2. La fotografia in ambiente (che sia esterno o interno), nella quale la luce flash si
sovrappone e si integra a quella ambiente, in modo tale che entrambe le fonti
luminose contribuiscano in modo significativo a impressionare il sensore.

Ora, sebbene la fotografia da studio rappresenti un mondo interessante e affascinante


da molti punti di vista, qui ci concentriamo sul secondo scenario, che è poi quello che

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si trovano ad affrontare il 99% dei fotografi amatori: uso di un singolo flash in un
ambiente che presenta già altre fonti luminose.

In questa situazione, l’errore comune alla maggior parte dei fotografi che poi rinnegano
l’uso della luce flash, è quello di pensare che la luce diretta del flash sia sostitutiva
rispetto a quella ambiente.

Allora vengono fuori delle immagini così:

foto senza flash

Immagini piatte, senza ombre, molto artificiose.

Questo succede perché partiamo da un presupposto sbagliato: c’è poca luce, quindi
decido di illuminare il soggetto puntandogli il flash addosso.

Invece no, la luce flash deve integrarsi armonicamente con la luce già presente
nell’ambiente e, se vuoi ottenere un effetto naturale, quasi sempre devi utilizzare il
flash in modo indiretto (quindi facendolo rimbalzare contro una superficie che riflette
la luce e la diffonde).

Dunque lo scopo di questo capitolo del corso ha due obiettivi:


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1. Mostrarti in che situazioni può esserti utile usare un flash singolo (anche
montato sulla macchina)
2. Mostrarti come fare per equilibrare la luce ambiente con quella del flash nelle
diverse situazioni

Ma andiamo con ordine. Innanzitutto, perché può tornarmi utile fotografare con il
flash?

Le situazioni più ricorrenti in cui può esserti utile usare un flash (in particolare un flash
a slitta montato sulla fotocamera) sono due:

1. Il soggetto (e/o l’ambiente) è poco illuminato in assoluto

2. Voglio modificare la distribuzione delle luci e delle ombre sul soggetto

LUCE DIFFUSA UNIFORME


In alcuni casi voglio che la mia fonte di illuminazione aggiuntiva sia il meno invasiva
possibile e voglio che si distribuisca uniformemente sul soggetto e nella scena.

In pratica, voglio aggiungere un po’ di luce, interferendo il meno possibile con gli
equilibri in essere.

Allora di norma quello che prediligo è una illuminazione diffusa e uniforme, che
aggiunga una certa quantità di luce senza sostanzialmente modificare l’assetto delle
luci e delle ombre già esistenti.

Come la ottengo?

La cosa più semplice è far riflettere la luce del flash su una superficie ampia e
posizionata in alto. Per esempio, in interni, un soffitto bianco è perfetto.

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La superficie deve essere ampia in modo che la luce riflessa sia molto diffusa (puoi
rivedere il capitolo sulla durezza della luce se il concetto non ti è familiare); inoltre deve
essere posizionata in alto, perché il nostro cervello è abituato a considerare “normale”
l’illuminazione che proviene dal sole, dunque una fonte posizionata in alto tende a
essere percepita come “naturale” e poco invasiva.

E’ molto semplice, ma devi adottare due piccoli accorgimenti:

1. La superficie riflettente non deve essere troppo distante (come abbiamo visto,
la potenza illuminante del flash decade molto rapidamente al crescere della
distanza quindi, se la parete che riflette è troppo lontana il tuo flash non darà
nessun contributo apprezzabile all’illuminazione). Se sei in esterna o in un
ambiente molto grande potrebbe essere quindi necessario utilizzare un
pannello riflettente (un ombrello o altri modificatori) per ottenere l’effetto
desiderato.

2. La superficie che riflette deve essere di colore neutro se il resto della luce è
solare e vuoi evitare delle dominanti marcate nella foto. In caso di illuminazione
ambiente di origine artificiale, puoi usare delle gelatine per uniformare la
temperatura di colore del flash a quella della luce già presente. In alternativa,
puoi miscelare luci di temperature diverse per ottenere effetti creativi dovuti
alle dominanti.

FLASH DIREZIONALE

Esistono invece situazioni in cui il mio obiettivo principale è cambiare le proporzioni di


illuminazione del soggetto o della scena. La ragioni per cui ti può interessare ottenere
questo genere di risultato sono sostanzialmente due:

→ Voglio ridurre il contrasto della scena illuminando parzialmente delle zone


d’ombra e/o creando dei piccoli accenti di luce

→ Voglio far sì che il flash sia l’illuminazione dominante

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1. Riempire le ombre

In alcuni casi, i contrasti nella scena sono troppo marcati e, soprattutto, le zone
d’ombra cadono sul tuo soggetto in modo tale da rendere meno efficace lo scatto.
Questo può succedere quando fotografi in controluce, oppure quando la scena è
illuminata da una luce dura che proietta ombre nette e non volute (per esempio se
fotografi in pieno sole nelle ore centrali del giorno, ma potrebbe essere anche solo una
finestra se è molto laterale o posteriore rispetto al soggetto).

In questi casi la fotocamera risente del suo limitato range dinamico rispetto all’occhio
umano. Tu probabilmente riesci a leggere perfettamente la scena a occhio nudo ma,
quando scatti la foto, ti rendi conto che ci sono intere porzioni del tuo soggetto
pesantemente sottoesposte a causa delle ombre o del controluce.

Per compensare questo effetto allora puoi utilizzare quello che viene chiamato un flash
fill-in, vale a dire un’illuminazione aggiuntiva che ha l’unico scopo di schiarire le zone
d’ombra e ridurre un poco il contrasto complessivo dell’immagine.

A sinistra, controluce semplice. A destra, controluce con flash fill-in

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Per evitare l’effetto innaturale del flash sparato in faccia al soggetto, il “trucco” qui è
semplicemente quello di miscelare la luce flash a quella naturale facendo in modo che
comunque il contributo del flash sia minoritario, e non prevalichi quello della luce
ambiente. Vedremo tra poco come fare.

Se possibile, quando devi “riempire” con il flash, è sempre preferibile farlo facendo
rimbalzare la luce su un pannello riflettente (che può essere naturale, come un muro
o il soffitto, oppure un accessorio dedicato, come un ombrello o un altro modificatore
di luce).

Questo ti permette di avere della luce direzionata nel modo che preferisci (a seconda
della posizione della superficie riflettente e dell’angolo di riflessione), ma soprattutto
morbida, in modo da evitare la generazione di ombre innaturali dovute al flash, e di
rendere meno intrusiva possibile l’illuminazione supplementare.

In alcuni casi, quando la scena è troppo piatta, puoi usare lo stesso sistema per creare
degli accenti di luce che diano più profondità allo scatto. Il principio è lo stesso ma,
invece che per riempire le ombre, userai il flash per accentuare un po’ i contrasti in
modo da dare più profondità all’immagine.

Anche in questo caso, a meno che tu non stia cercando effetti particolarmente
drammatici o contrasti molto spinti, ti consiglio sempre di cercare un’illuminazione
riflessa.

In esterno, se non hai la possibilità di sfruttare superfici per riflettere la luce, cerca di
avvicinare il flash al soggetto (eventualmente usandolo staccato dalla fotocamera
grazie a un cavo o alla comunicazione radio). Paradossalmente, avvicinando il flash al
soggetto da illuminare, ne aumenti la grandezza relativa, e quindi la luce risulterà più
morbida.

2. Il flash come luce dominante

Leggermente diversa è invece la situazione in cui vuoi che il flash risulti la fonte di
illuminazione primaria per il tuo soggetto.

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I principi generali valgono anche qui nello stesso modo (la luce flash deve integrarsi
con quella ambiente e non produrre evidenti artefatti, ovviamente a meno che questo
non sia un tuo specifico intento).

Tuttavia, a quanto detto sopra possiamo aggiungere un paio di considerazioni


specifiche:

→ Quando usi il flash come luce dominante può capitare più frequentemente
che ti sia utile adottare un’illuminazione diretta, soprattutto quando vuoi
ottenere un effetto più drammatico grazie a una luce più dura. In questi casi
può essere preferibile staccare il flash dalla fotocamera, per evitare
un’illuminazione dura perfettamente frontale (che rischia di appiattire
troppo il soggetto).

→ il motivo principale per utilizzare il flash come illuminazione dominante,


piuttosto che come complemento, è quello di staccare il soggetto dallo
sfondo attraverso un’illuminazione supplementare. Questo conferisce più
risalto al soggetto stesso da un lato, e dona più profondità e
tridimensionalità all’immagine dall’altro.

Flash come luce dominante

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Bene, abbiamo così visto grossomodo tutti casi principali nei quali ti potrà capitare di
usare il flash. Passiamo quindi a definire le modalità principali con cui avrai la possibilità
di controllarlo.

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B. COME USARE IL FLASH

Venendo alla pratica dell’uso del flash sul campo, dobbiamo affrontare 3 questioni
fondamentali:

1. Il triangolo dell’esposizione, dal punto di vista del flash


2. La legge dell’inverso del quadrato della distanza
3. Le modalità di controllo del flash

1.IL TRIANGOLO DELL’ESPOSIZIONE, DAL PUNTO DI VISTA DEL FLASH

Abbiamo già detto che la chiave di tutto è considerare la luce dovuta al flash come una
delle componenti del segnale registrato dal sensore, che si somma e si integra a quello
della luce ambiente.

In pratica, in uno scatto fatto con il flash:

LuceTOT = LuceAMB + LuceFLASH

Il nostro scopo, quando scattiamo con il flash è avere sotto controllo questa equazione,
decidendo consapevolmente quanta parte del segnale totale deve venire
dall’ambiente e quanta invece deve essere dovuta al flash.

Ora la domanda è: come facciamo a disaccoppiare i due segnali, in modo da poterli


controllare in modo indipendente uno rispetto all’altro?

La risposta ci viene dal


triangolo dell’esposizione.

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Infatti, abbiamo visto come, in fotografia digitale, di norma il segnale registrato dal
sensore sia determinato dall’equilibrio tra tre fattori:

1. Apertura del diaframma


2. Tempo di esposizione
3. ISO

Cosa cambia quando fotografi con il flash?

Beh, per quanto riguarda la componente ambiente del segnale non cambia nulla,
continua a essere regolata dalla stessa triade che abbiamo enunciato sopra.

Ma per quanto riguarda la componente flash uno di questi parametri lo perdi: il tempo.
Infatti, abbiamo detto che il lampo del flash può essere considerato istantaneo. Quindi
(al netto dei problemi di sync che abbiamo già discusso nella sezione sull’attrezzatura)
la durata del tempo di esposizione è ininfluente nel determinare la quantità di segnale
luminoso dovuta al flash.

Al tempo stesso però, guadagni un parametro che prima non avevi: la potenza del flash.
Cambiare la potenza del flash ovviamente cambia il contributo di segnale luminoso
fornito dalla nostra unità di illuminazione, ma non influisce sul contributo della luce
ambiente.

Quindi in pratica ci troviamo di fronte a due triadi:


1. Diaframma / Tempo / ISO per la luce ambiente
2. Diaframma / Potenza / ISO per il flash

Ed ecco che abbiamo la possibilità di disaccoppiare i due segnali. Infatti, quando


variamo diaframma e ISO agiamo contemporaneamente sia sul segnale flash che su
quello ambiente, ma:
→ Quando variamo il tempo di scatto incidiamo solo sulla luce ambiente
→ Quando variamo la potenza del flash agiamo solo sulla sua componente di
luce
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In questo modo possiamo “pesare” le due componenti, mescolando i due ingredienti
per ottenere la miscela perfetta. A parità di segnale totale infatti:
→ Più potenza e/o meno tempo implicano un peso maggiore del flash
→ Meno potenza e/o più tempo implicano un peso maggiore della luce
ambiente

Tradotto in pratica, quando usiamo il flash come riempimento dobbiamo fare in modo
che, nella nostra equazione, la componente flash pesi meno di quella ambiente:

FILL-IN: LuceAMB > LuceFLASH

Quindi aumentiamo il tempo di scatto e diminuiamo la potenza.

Al contrario, quando vogliamo che il flash sia la fonte luminosa dominante, i rapporti
devono invertirsi:

FLASH DOMINANTE: LuceAMB < LuceFLASH

Quindi diminuiamo il tempo di scatto e aumentiamo la potenza.

Alla fine è tutto qui, e tra un attimo entreremo nel dettaglio di come gestire la cosa
durante lo scatto. Prima però, c’è ancora un concetto importante che dobbiamo
introdurre, ed è quello del decadimento dell’illuminazione flash con la distanza.

2. LA LEGGE DELL’INVERSO DEL QUADRATO DELLA DISTANZA

Abbiamo visto come tu possa disaccoppiare la componente flash della luce rispetto a
quella ambiente giocando con le variabili tempo e potenza.

Tuttavia c’è un secondo elemento che ti permette di separare le due componenti, ed


è la distribuzione spaziale degli elementi nella scena.

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Il contributo dell’illuminazione flash infatti decade con l’aumentare della distanza.
Come abbiamo visto, il numero guida mette in relazione distanza e apertura del
diaframma, e più aumenta la distanza più devi aumentare l’apertura per ottenere lo
stesso segnale.

NumeroGuida = AperturaDiaframma x Distanza

Quello che però non abbiamo discusso nel dettaglio è la velocità di questo
decadimento. Prova a pensarci: con un numero guida di 20, a 5m dobbiamo tenere
un’apertura di f/4; ma se raddoppio la distanza, passando a 10m, devo aprire a f/2.

Significa che raddoppiando la distanza perdo ben 2 stop, ovvero ho un quarto della
luce.

In fisica, questo fenomeno viene spiegato da quella che prende il nome di “legge
dell’inverso del quadrato della distanza”.

Ora, qui non ci interessa entrare nel dettaglio del perché e del come funziona questo
comportamento. Quello che invece è importante tenere presente è che il contributo
dell’illuminazione con il flash decade molto molto rapidamente mano a mano che ti
allontani rispetto al soggetto che hai preso come riferimento.

Questo in un certo senso è un altro strumento che ti permette di “disaccoppiare” il


contributo del flash rispetto a quello della luce ambiente.

Infatti, mentre puoi considerare la luce ambiente come una base constante che non
cambia, il flash è come uno strato che si va a sovrapporre in modo disuniforme: molto
denso vicino alla sorgente luminosa, e poi via via sempre più flebile mano a mano che
ti allontani da questa.

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Per metterla sul pratico, se il tuo soggetto è illuminato correttamente con il flash a un
metro, già a 2 metri avrai una perdita di illuminazione di 2 stop, oltre i 2 metri puoi
considerare il contributo del flash praticamente ininfluente.

Quindi tutto lo sfondo della tua fotografia sarà illuminato


esclusivamente dalla luce ambiente,
anche se stai fotografando con il flash.

Ovviamente se collochi il tuo soggetto principale a una maggiore distanza dalla luce,
anche il range complessivo di illuminazione si allargherà un po’, ma il principio resta lo
stesso, e puoi sfruttarlo per “isolare” la zona d’azione della tua luce supplementare.

Ne conseguono due considerazioni:

1. Se usi il flash per illuminare un primo piano, tutto lo sfondo che è a più del
doppio della distanza del soggetto principale dalla luce sarà illuminato quasi
solo dalla luce ambiente.

2. Se un qualche elemento si interpone tra la sorgente della luce e il tuo soggetto


principale, devi tenere presente che, se hai tarato l’esposizione per il soggetto
primario, l’elemento in questione quasi certamente sarà sovraesposto.

Bene, acquisito quest’ultimo blocco di informazione, siamo pronti a scendere sul


campo.

3. LE MODALITÀ DI CONTROLLO DEL FLASH

Epurando il discorso da tutte le appendici più o meno trascurabili, fondamentalmente


hai due modi per gestire il tuo flash:

1. Manuale
2. Automatico/TTL, perché sfrutta l’esposimetro interno della fotocamera
(through the lens) per autoregolarsi

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Nella vita reale, a meno che tu non ti appassioni ai ritratti in posa e agli still life, è molto
probabile che nel 99% utilizzerai il flash in modalità automatica/TTL. La ragione è
semplice: la velocità di esecuzione.

Infatti, regolare il flash in manuale in modo appropriato richiede tutta una serie di
scatti preparatori, che vanno ripetuti ogni volta che cambia la distanza tra il soggetto
e la sorgente luminosa.

Questo è incompatibile con la velocità di scatto richiesta dalla maggior parte delle
situazioni più comuni, e dunque ben venga il TTL.

Detto questo però, soprattutto all’inizio, ti consiglio di prendere confidenza con il flash
usato in modalità manuale, perché ti permette di capire davvero come si traducono in
pratica tutti i principi che abbiamo enunciato fino a qui, e soprattutto ti permette di
“farti l’occhio” che ti servirà a prevedere il comportamento del flash quando non avrai
tempo di fare prove e scatti multipli.

La difficoltà più grande nell’uso del flash infatti è la pre-visualizzazione degli effetti che
avrà sull’immagine finale. Tu puoi vedere come la luce ambiente “cade” sulla scena.
Allenando l’occhio puoi imparare a leggere le ombre, e capire se la luce è più dura o
più morbida, se la tua fotografia sarà molto contrastata o molto poco.

Con il flash non è la stessa cosa, perché puoi solo immaginare la luce che sarà emessa
con il lampo e i suoi effetti potrai vederli solo registrandoli con il sensore, l’occhio non
avrà mai la percezione diretta di come il flash illumina la scena.

Certo, rispetto ai tempi della pellicola non c’è paragone: ora infatti puoi valutare quasi
in tempo reale il contributo del flash nel tuo scatto, guardando l’immagine appena
scattata sul display, o scaricandola direttamente sul computer.

Tuttavia, se non hai la possibilità di fare molti scatti di prova, resta il fatto che devi
imparare a immaginare come il flash illuminerà la scena, senza vederlo direttamente.
C’è bisogno di un allenamento specifico, e riprendere in manuale scene e soggetti
deliberatamente predisposti allo scopo è esattamente quello che serve.
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1. Regolazione del flash in manuale

Quando regoli il flash in manuale sfrutti al massimo il disaccoppiamento


tempo/potenza. Infatti, sai che puoi regolare il contributo della luce ambiente
semplicemente cambiando il tempo di scatto e puoi modificare il contributo del flash
modificandone la potenza.

Per lavorare con il flash in modalità manuale è importante che la distanza tra il soggetto
e la sorgente di luce cambi il meno possibile (a causa della legge dell’inverso del
quadrato della distanza). Quindi per le tue prove in manuale ti consiglio almeno
inizialmente di collocare la fotocamera su un treppiede e di montare il flash sulla
telecamera o (meglio ancora) su uno stativo dedicato (in modo da poter giocare e
sperimentare con il posizionamento della luce; ne puoi trovare davvero a pochi euro –
occhio solo a comprare anche l’adattatore per poterci montare il tuo flash).

Una volta allestita la scena (anche se solo per esercizio, mettiti in condizioni in cui il
flash possa dare un contributo utile o per lo meno apprezzabile, per esempio perché la
luce ambiente genera ombre che vorresti “riempire”), trova un’esposizione che possa
essere definita “corretta” per la luce ambiente usando un tempo di esposizione
relativamente lungo (per esempio 1/15 di secondo, oppure 1/30 di secondo).

Scatta una fotografia e avrai l’immagine della “componente ambiente”, senza flash.

A questo punto devi però valutare il flash (in manuale):


→ Posiziona la ghiera di controllo della potenza del flash più o meno a metà scala.
→ Riduci il tempo di scatto a un valore tale che una fotografia senza flash venga
quasi completamente nera. Per esempio, se lo scatto normoesposto per luce
ambiente era 1/15 di secondo potresti impostare il tempo a 1/250 di secondo.
→ Fai un primo scatto senza flash, per vedere che la foto venga effettivamente
molto scura (se non lo è devi ridurre ancora il tempo, eventualmente usando
la funzione HSS, oppure devi chiudere un po’ il diaframma).
→ Infine fai uno scatto con il flash. Ecco, questo è il contributo del flash se lo
imposti a media potenza.
→ A questo punto aggiusta la potenza del flash in su o in giù fino ad ottenere uno
scatto esposto correttamente.

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Disclaimer – Attenzione, ovviamente puoi svolgere tutti i passaggi sopra con qualche
scatto di prova in meno se ti avvali dell’aiuto di un esposimetro esterno. Ma il bello del
digitale è proprio che alla fine è più preciso guardare direttamente l’istogramma di uno
scatto di prova, piuttosto che inferire le impostazioni da una lettura esposimetrica.
Dunque (soprattutto come amatore) puoi cavartela benissimo anche con un semplice
trial-and-error.

Tornando a noi, ora che hai trovato le condizioni anche per il flash, se torni ad
aumentare il tempo di scatto in modo da avere un’esposizione corretta per la luce
ambiente, otterrai uno scatto in cui le due componenti sono relativamente bilanciate.
Et voilà.

In più però, guardando le due foto (senza flash e con il flash ma tempo ridotto di
esposizione) puoi vedere esattamente quale parte del segnale della tua immagine
finale viene dal flash, e quale viene dalla luce ambiente.

Ora immaginiamo che il flash ti sembri troppo “sparato”, ti basta abbassare la potenza
del flash (tipicamente da un minimo di ½ di stop a un massimo di 2 stop) per ridurre
progressivamente il suo contributo e renderlo una semplice luce di riempimento.

Supponiamo invece che tu voglia portare il flash ad essere la tua luce principale,
usandolo come strumento per “staccare” il soggetto dallo sfondo. Ti basterà lasciare la
potenza regolata com’è (o al massimo alzarla di 1/3 – 1/2 stop) e accorciare
leggermente il tempo di scatto (in modo da sottoesporre per la luce ambiente di 1/2 –
1 stop).

Ed ecco che magicamente il tuo soggetto risulterà più luminoso, con lo sfondo che
invece tende a scendere in una leggera penombra.

Una volta capito questo meccanismo fondamentale puoi cominciare a divertirti,


cambiando la distanza e l’angolazione della luce (per modificarne la durezza e la
direzione di illuminazione), sperimentando la differenza tra la luce diretta e la luce
riflessa (sempre in termini di durezza), oppure provando i modificatori di luce (vedi la
prima parte).

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Come dicevo, questo approccio un po’ macchinoso in realtà è molto utile anche se non
fai still life o fotografia da studio, perché ti permetterà di acquisire “l’occhio”, ovvero
la capacità di prevedere l’effetto che avrà un certo flash posizionato in un certo posto
con un certo angolo.

Una volta che avrai preso confidenza (almeno un poco) con questa attività di pre-
visualizzazione sarai pronto per passare alla più comoda modalità TTL.

2. Regolazione del flash in modalità automatica TTL

Come ti anticipavo, questa sarà la modalità che ti troverai a usare probabilmente nel
90% dei casi fuori dallo studio.

Molto semplicemente il flash (quando compatibile con la fotocamera) si interfaccerà


direttamente con il sensore esposimetrico della fotocamera stessa, in modo da
regolare automaticamente la propria potenza.

In questo modo, senza che tu debba fare nulla, il flash “troverà” automaticamente la
potenza “corretta” da usare per ogni distanza di lavoro, senza bisogno di aggiustamenti
da parte tua.

Ma come fare a equilibrare il contributo della luce ambiente rispetto alla luce flash?

E’ semplice (una volta che hai assimilato il concetto di fondo). Il sistema TTL che regola
il flash è dotato di una funzione di compensazione dell’esposizione che segue la stessa
logica della funzione di compensazione dell’esposizione della fotocamera, solo che lo
fa specificatamente per la componente flash (vedi il libretto di istruzioni per scoprire
come gestirla con il tuo specifico flash).

Dunque puoi usare la compensazione dell’esposizione della fotocamera per regolare il


contributo della luce ambiente, mentre con la compensazione del flash puoi regolare
la componente di illuminazione supplementare.

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Per il flash fill-in, tendenzialmente ti troverai a impostare una compensazione nulla o
leggermente positiva per la luce ambiente (da +0 a +1 stop) in condizioni di scatto
normali) e leggermente o mediamente negativa per il flash (da -1/3 a -2 stop).

Per usare il flash come sorgente principale di luce, imposterai leggermente positiva la
compensazione del flash (da +0 a +1/2 stop), e neutra o leggermente negativa quella
dell’ambiente (da 0 a -1 stop).

Ovviamente queste sono solo indicazioni di massima da cui partire, ma che dovrai
adattare e rielaborare a seconda delle condizioni specifiche di scatto e di quello che
sarà il tuo intento.

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5. IL FLASH COME STRUMENTO CREATIVO

Fino a qui abbiamo visto insieme quelle che sono le potenzialità del flash come
strumento tecnico di integrazione e complementazione della luce ambiente.

In quest’ultima sezione però, voglio illustrarti brevemente come scelte ben definite in
ambito di uso del flash possano diventare un nodo cardine dell’armamentario creativo
del fotografo.

A questo scopo ho deciso di riprendere quattro esempi tratti da un grande testo di


riferimento per chiunque sia interessato ad acquisire una maggiore sensibilità nella
lettura del linguaggio fotografico – Educare lo sguardo, di Roswell Angier.

Angier, nel suo testo, riprende diversi autori analizzandone le scelte tecniche in
funzione delle loro intenzioni creative. Ne ho scelti tre, che dimostrano tre
interpretazioni completamente diverse dello stesso “strumento”.

Disclaimer – per ragioni legate al copyright, non troverai le immagini direttamente


riprodotte qui, ma puoi vederle cliccando sui link che trovi lungo il testo.

1. Flash diretto frontale

Il primo caso che voglio mostrarti è quello di un uso del flash diretto come fonte
assolutamente prevalente (quasi unica) di luce.

Questa situazione è quella che più si avvicina (dal punto di vista tecnico) al modo in cui
i neofiti (e le macchinette automatiche) sfruttano l'illuminazione artificiale.

Guarda questa foto di Chauncey Hare, tratta dal progetto Interior America (1971). Vedi
come l'immagine diventa piatta, quasi senza ombre (per via dell'illuminazione
frontale), assolutamente artificiosa? Insomma, esattamente tutte le caratteristiche
che normalmente ci portano a odiare il flash…

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Solo che se fatta con deliberata consapevolezza, anche questa scelta può diventare un
potente veicolo espressivo.
In Interior America (1971), Hare usa un flash frontale, incorporato nella fotocamera.
L'intento del fotografo è duplice.

La luce diretta frontale ricorda le riprese della polizia scientifica sul luogo del crimine.
Il flash illumina tutto, ogni dettaglio. L'effetto poi è ulteriormente amplificato dall'uso
di una fotocamera a grande formato.

Il messaggio che passa è quello di un'analisi minuziosa, quasi pedante, dello stato delle
cose.

Inoltre, proprio questa illuminazione piatta diventa uno strumento retorico che
comunica l'impotenza, lo smarrimento e l'abbandono delle condizioni della classe
operaia ritratta da Hare con il suo lavoro.

Un elenco implacabile e asettico della desolazione che pervade la scena:


→ lo sguardo vacuo (rivolto nel vuoto, verso un televisore spento) e la postura
dimessa e sgraziata del soggetto.
→ la ragazza sembra esausta, quasi abbandonata in uno stato di torpore, con
la sigaretta accesa.
→ Il lampadario, spoglio, come se ne mancasse un pezzo.
→ Il cesto del bucato abbandonato, i cavi a vista, la carta da parati slabbrata
sopra il battiscopa.

Hare documenta la decadenza del proletariato statunitense, con un progetto che è


quasi il complemento naturale di Americans (di Robert Frank). Frank ha raccontato la
provincia attraverso gli esterni, la strada. Hare completa il viaggio, documentando le
dimore, gli interni vissuti da questa gente.
Tutto il progetto è basato su questo stile di ripresa. Ne emerge un senso, un codice
perfettamente coerente con lo scopo del lavoro.

Come vedi, anche il flash frontale può trovare la sua collocazione in un piano di lavoro
strutturato e consapevole...

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2. Flash di accentatura e fill-in

Il secondo caso cui voglio fare accenno è meno estremo del primo, e rappresenta il tipo
di soluzione che probabilmente potrebbe tornarti utile con più frequenza.

Rineke Dijkstra, nei suoi scatti combina la luce ambiente e quella generata dal flash in
modo che contribuiscano in parti quasi uguali a definire l'immagine.

In questo esempio, il flash contribuisce poco più della luce ambiente a illuminare il
soggetto (lo puoi vedere se osservi il digradare della luce sulla sabbia). Così otteniamo
un'immagine in cui le figure di primo piano si staccano leggermente dallo sfondo,
proprio grazie al fatto di essere leggermente più chiare in conseguenza
dell’illuminazione supplementare fornita dal flash.

Vedi come la ragazza risulta un poco più chiara del mare e


del cielo che le fanno da sfondo?

Questo ci permette di conferire una leggera enfasi al soggetto, mantenendo però ben
equilibrate le due fonti di luce. L'immagine resta assolutamente naturale, e solo un
occhio attento può accorgersi dell’uso di una fonte di illuminazione supplementare.

Come abbiamo visto nella sezione precedente di questo manuale, puoi impostare il
tempo in modo da sottoesporre di 1 o 2 stop (di solito meglio 1, max 1.5, per evitare
effetti troppo artefattuali) la luce ambiente, e poi invece regolerai il flash per avere
un’esposizione corretta (o una leggera sovraesposizione) del soggetto. In questo modo
il flash diventa l'illuminazione dominante della scena, e tu otterrai un effetto simile a
quello dei ritratti della Dijkstra.

Al contrario, se facciamo sì che il flash contribuisca un po' meno della luce ambiente
all'illuminazione, allora ci troviamo di fronte al cosiddetto effetto fill-in, perché la fonte
principale di illuminazione (anche per il soggetto) è quella ambientale.

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Il flash “sparisce” e diventa davvero impercettibile, ma possiamo usarlo per smorzare
o ammorbidire ombre indesiderate.

Nel caso tu voglia tenere la luce ambiente come fonte primaria di illuminazione, puoi
impostare il tempo in modo che l'esposizione ambiente sia corretta. A questo punto
dovrai compensare la potenza del flash, così da sottoesporre di uno stop l'illuminazione
artificiale. Ed ecco l’effetto fill-in, con il flash che compensa parzialmente le ombre
generate dall'illuminazione ambientale.

NOTA TECNICA – spesso, quando vuoi fare in modo che l’illuminazione flash risulti il più
naturale possibile (e si noti il meno possibile) ti conviene usare la luce riflessa invece
che il flash puntato direttamente sul soggetto. I principi sono assolutamente gli stessi,
ma otterrai una luce più morbida (grazie alla più ampia superficie illuminante) e quindi
meno “invasiva”.

Tieni conto che, una volta che sei in grado di gestire l'equilibrio tra luce ambiente e
luce artificiale nella tua scena, virtualmente puoi fare quello che vuoi. Puoi miscelare
questi due utilizzi della luce flash nelle modalità che preferisci.

Addirittura, potresti complicare a piacere lo schema di illuminazione per ottenere


effetti da scenografia cinematografica, come negli scatti di Gregory Crewdson.
Ma questo lo lasciamo per quando avrai fatto un po’ di pratica ☺.

3. Open flash

La terza (e ultima) modalità di uso del flash che vorrei mostrarti è il metodo che viene
definito "open flash".

N.B. attenzione, il termine "open flash" viene usato anche per tecniche di illuminazione
tipo light painting, ma qui non ci riferiamo a questo. L'ambiguità, come vedrai tra un
attimo, nasce dal fatto che, come nel light painting, anche qui si utilizza una
combinazione di esposizioni lunghe e illuminazione con il flash, ma è completamente
diversa la gestione della luce ambiente: nel light painting la luce ambiente è assente o
molto molto scarsa mentre, nel caso che discutiamo qui, la luce ambientale è cruciale
per il raggiungimento dello scopo.
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Il principio si fonda sul fatto che, come abbiamo detto prima, l'illuminazione flash è
insensibile al tempo di scatto. Inoltre, dato che il lampo è pressoché istantaneo,
l'immagine sarà sempre "congelata", senza alcun accenno di mosso.

Questo però ovviamente non vale per quanto riguarda il contributo fornito dalla luce
ambiente.

Immaginiamo una scena come quelle che abbiamo descritto prima, con una leggera
prevalenza di illuminazione artificiale.

Diciamo che per ottenere l'equilibrio di una esposizione flash corretta, combinata con
una sottoesposizione ambientale a -1 stop, ho impostato il diaframma a f/8 e il tempo
di scatto a 1/4sec.

A questo punto, se la scena non è perfettamente statica e/o se io non sto usando un
treppiede per scattare, potrebbe essere (o meglio, posso provocare volontariamente)
che la componente di immagine derivata dall'illuminazione ambientale risulti mossa,
mentre ovviamente la parte dell'immagine registrata grazie al flash sarà perfettamente
nitida (dato che viene registrata istantaneamente).

Questo effetto può produrre delle immagini affascinanti, che coniugano nello stesso
scatto la fissazione del dettaglio iper-nitido generata dal flash, e un senso di
sfuggevolezza, instabilità e movimento dato dal mosso.

Questo scatto di Bruce Gilden (After the Off) è un perfetto esempio dell'efficacia
comunicativa di questa tecnica, quando usata con maestria.

I due sguardi penetranti e nitidi, così come i lineamenti scolpiti e la sigaretta fumante
del soggetto più anziano sulla destra. E poi un effetto alone - "ghosting" - che conferisce
un aura di sospensione, instabilità e indeterminatezza a tutto l'intorno.

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NOTA TECNICA: se vuoi sperimentare con l'open flash fai occhio alle impostazioni del
flash. Di norma infatti, il lampo è sincronizzato con la prima tendina dell'otturatore,
questo significa che viene impressionata per prima l'immagine data dall'illuminazione
artificiale, che poi viene seguita da una "scia" generata dal tempo lungo di esposizione
in luce ambiente. Spesso però gli effetti migliori si ottengono invertendo l'ordine: prima
la scia a tempo lungo, e poi la "chiusura" dell'immagine con il lampo del flash. Per
ottenere questo tipo di immagine devi sincronizzare il flash con la seconda tendina.
Trovi sul libretto di istruzioni della fotocamera (o dell'unità di illuminazione) come farlo.

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6. CONCLUSIONI

Siamo giunti alla conclusione di questa breve digressione nel mondo dell'illuminazione.
Ma prima di salutarci voglio lasciarti con un compito:

Scegli una scena facile da riprendere (non è importante che si tratti di una fotografia
davvero interessante) con un soggetto in primo piano e poi diversi piani di sfondo a
distanze diverse.

Meglio se la scena è in esterno, in modo da poterti confrontare con tante condizioni


diverse di luce naturale, ma va bene anche un interno con una buona illuminazione
proveniente da fuori (per esempio una grande finestra).

Ora organizzarti per riprendere la scena in diversi momenti della giornata (quindi con
diverse condizioni di luce ambientale), e ogni volta scatta con la stessa inquadratura in
(almeno) queste quattro condizioni:

→ Solo luce ambiente.


→ Luce ambiente come illuminazione dominante con flash fill-in a -1 stop.
→ Flash come illuminazione dominante con luce ambiente a -1.5 stop.
→ Open flash con esposizione ambientale da almeno 1/8 di secondo (se non
c'è movimento sulla scena puoi utilizzare l'ICM - Intentional Camera
Movement - per generare l'effetto mosso)

Studia come cambiano le immagini al variare della tecnica di ripresa. Cerca di


immaginarti come potresti sfruttare i diversi metodi quando fai le tue fotografie.

Ora sei pronto.


Applica uno di questi approcci a uno scatto che hai in mente e comincia a sviluppare
il tuo stile nell’uso del flash !
Il team di Reflex Mania

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