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CORSO BASE DI TECNICA FOTOGRAFICA

Juri Iaboni, 2016


CORSO BASE DI TECNICA FOTOGRAFICA. Juri Iaboni, 2016

INDICE

- Prefazione……………………………………………………………………………………………………………………………3

- Lezione 1: ISO………………………………………………………………………………………………………………………4

- Lezione 2: Otturatore e Diaframma……………………………………………………………………………………..5

- Lezione 3 e 4: Macchine Fotografiche e Come Funziona una Reflex………………………………….…7

- Lezione 5: Gli Obiettivi………………………………………………………………………………………………………..13

- Lezione 6: PDC……………………………………………………………..…………………………………………………….15

- Lezione 7: Angolo di Campo e Lunghezza Focale………………………………………………………………..17

- Lezione 8: Realtà Pratica………………………………………………………………………………………………….…21

- Risorse e Strumenti Utili………………………………………………………………………………………………….…30

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PREFAZIONE

Uno dei sensi più utilizzati dall’essere umano è la vista. Colori, forme, gradienti, e tutti quegli elementi legati a
questo senso e dunque alle immagini recepite dal nostro cervello attraverso gli occhi sono solo visibili grazie
alla luce. Senza luce ci sarebbe l’oscurità, e con essa l’inesistenza del mondo tangibile, la morte.
La luce è l’elemento fondamentale della fotografia. La variabile primaria di una equazione dai risultati
strabilianti ed a volte al di fuori del rigore matematico che ne regola il funzionamento.
Se la fotografia è la poesia, allora, la macchina fotografica rappresenta il lessico, la grammatica.
Cosi come la musica, la fotografia è possibile solamente grazie alla tecnica fotografica insita nelle macchine. I
tasti di un pianoforte o le corde di una chitarra azionate a caso non daranno mai nessuna musica ma solo
rumore.
Le chiavi di un flauto azionate senza tecnica non produrranno musica, ma pur muovendole correttamente,
senza il giusto fiato, non avremo altro che rumore senza senso.
Se la musica è la fotografia, il flauto è la macchina fotografica, allora il fiato è la passione e l’emozione che si
mette nel fotografare.

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Nota: nel testo troverai dei termini in maiuscolo grassetto. Questi sono termini tecnici fondamentali inerenti
alla fotografia e che dovrai fare tuoi in quanto onnipresenti nella vita di un fotografo. Li spiegherò con
l’avanzare dei concetti e presto saranno chiaramente comprensibili.

LEZIONE 1 – GLI ELEMENTI DELLA FOTOGRAFIA - ISO

Abbiamo già detto che la luce è la variabile primaria e fondamentale per l’esistenza della fotografia.
Cerchiamo di capire cosa avviene durante l’ESPOSIZIONE di un supporto fotografico. Parlo di supporto
fotografico poiché’ i sensori digitali hanno fatto la loro comparsa nella fotografia solo negli ultimi 20 anni e
prima di allora si sono utilizzate lastre o pellicole fotosensibili.
Dunque, l’esposizione implica la presenza di un qualcosa di “impressionabile”. Questo supporto naturalmente
avrà una certa capacità di “registrare” la luce che riceve, questa capacità viene specificata da un valore
chiamato ISO nel caso dei sensori digitali e chiamato ASA nel caso delle pellicole.
Mentre nelle pellicole questo valore è fisso, nei sensori digitali questo valore può essere variato tramite
impostazioni. Maggiore è il numero e maggiore sarà la capacità del sensore/pellicola di essere impressa dalla
luce. Ma è anche vero che maggiore sarà questo valore e maggiore sarà la “grana” presente sulla fotografia
finale. ISO maggiori vengono utilizzati quando c’è scarsità di luce, per esempio di notte, in interni di sera oppure
in ambienti bui come chiese o teatri.
Perché’ all’aumentare del valore ISO aumenta la grana, o in termini tecnici RUMORE? Perché il sensore della
macchinetta in quel caso è capace di ricevere minori informazioni, potendo però approssimare ciò che
restituisce, cioè la fotografia.
Nella maggior parte delle macchine fotografiche digitali, il range ottimale di utilizzo degli ISO va da 100 ad 800,
in modo da avere risultati puliti da rumore eccessivo ed utilizzabili per ogni applicazione. Alcune macchine di
ultima generazione funzionano egregiamente fino a 6400 ISO, altre addirittura si spingono oltre i 100000 ISO.
Ricorda però che la scarsa capacità di una macchinetta di lavorare ad alti ISO non è affatto un deterrente a
foto di qualità. Per anni fotografi famosissimi hanno scattato con pellicole 100 ASA senza che nessuno si
lamentasse del rumore.
Questo degli ISO è forse un concetto avanzato per qualcuno a digiuno di ogni nozione tecnica fotografica ma,
personalmente, ritengo che sia necessario per poi muoversi più facilmente per comprendere ciò che segue.

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LEZIONE 2 – GLI ELEMENTI DELLA FOTOGRAFIA - OTTURATORE E DIAFRAMMA

Dunque, cosa avviene praticamente quando si realizza una foto? Avendo già parlato del sensore/pellicola,
dobbiamo capire come la luce riesce ad impressionare questo supporto fotosensibile. Il risultato è dato dalla
combinazione tra quantità di luce e tempo di esposizione.

Come puoi vedere nell’immagine, il tutto avviene grazie alla camera oscura, cioè un luogo chiuso
completamente impermeabile alla luce, con un solo accesso per quest’ultima, ovvero il fono stenopeico.
Considera dunque la camera oscura come il corpo della tua macchina fotografica. La luce, convogliatrice
dell’immagine dell’oggetto che si sta fotografando, attraversa il foro che nel caso di una macchina fotografica
è il DIAFRAMMA (posto all’interno dell’obiettivo) e, per regole fisiche che non sto qui a spiegare, capovolto, va
ad imprimere il supporto, sensore digitale o pellicola che sia.
Questo era fondamentalmente l’aspetto ed il funzionamento delle prime macchine fotografiche: una scatola
di legno con un buco.

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Ora però, se provassimo a realizzare una foto così come illustra il disegno, il risultato sarebbe catastrofico. La
foto verrebbe completamente bianca, cioè SOVRAESPOSTA.
Infatti, come ho già accennato, la corretta esposizione è frutto di due elementi, la quantità di luce, cioè la
dimensione del foro (che negli obiettivi fotografici è variabile, per questo si chiama diaframma) e la quantità
di tempo che questa luce attraversa il foro.
Entra dunque in ballo un altro elemento meccanico fondamentale per ogni macchina fotografica reflex, cioè
l’OTTURATORE (che si trova dentro il corpo della reflex). Nel caso del disegno della pagina precedente,
considera l’otturatore come un tappo che il fotografo toglie dal foro e rimette quando il supporto ha ricevuto
la giusta quantità di luce.
Nel caso di pellicole, queste non potevano mai uscire dalla camera oscura (CORPO MACCHINA) e dal rullino
(anch’esso impermeabile alla luce) prima di essere sviluppate. Le fotocamere digitali non hanno questo
problema poiché’ le foto sono sotto forma di informazioni digitali ma comunque il sensore non riceve mai altra
luce oltre a quella che fanno passare diaframma e otturatore durante lo SCATTO.

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LEZIONE 3 e 4 – MACCHINE FOTOGRAFICHE E COME FUNZIONA UNA REFLEX

Dopo aver accennato come è nata approssimativamente la fotografia e le prime macchine fotografiche, voglio
parlare brevemente delle strade verso le quali le macchine fotografiche si sono evolute e quali sono i principali
tipi.
La fotografia si è senza dubbio evoluta verso la portabilità e verso la commercializzazione di massa. Al lato
estremo iniziale di una linea temporale evolutiva, possiamo di certo mettere il banco ottico. Questo non è altro
che una camera oscura (come quella che abbiamo già visto) con l’aggiunta di una lente a distanza variabile
rispetto al supporto fotografico, mediante un sistema a soffietto. In parole povere gli aggeggi con cui fanno le
foto di gruppo nei film ambientati nel primo ‘900.
Questi dispositivi fotografici facevano uso di lastre fotosensibili, così come diversi altri che ne sono derivati. La
vera rivoluzione della fotografia portatile e di massa, è stata la comparsa della pellicola. Un supporto
fotografico contenuto nei cosiddetti rullini di varie dimensioni e generi.
L’altro vero avvenimento principale dell’evoluzione fotografica è l’invenzione delle SLR. Single Lens Reflex. Per
ora mi limito a dire che una SLR (per gli amici REFLEX), si contraddistingue dalle altre da: OBIETTIVI
intercambiabili ed un MIRINO OTTICO.
Le reflex di oggi prendono il nome di DSLR, cioè Digital Single Lens Reflex. Le macchine fotografiche compatte
o quelle con lenti non intercambiabili, cosi come quelle istantanee, non sono DSLR.
Nell’era moderna della fotografia, le macchine sono state e vengono classificate principalmente in base alla
dimensione del supporto su cui “registrano” le immagini.
Con l’analogico troviamo:
- Pieno formato – Il tradizionale rullino che ha il FRAME (la singola immagine) grande circa 36mm x 24mm
(chiamato generalmente 35mm)

- Medio formato – Macchine fotografiche più rare e sofisticate, nonché costose. I cui supporti, rullini o mini
lastre, hanno grandezza di 6cmx6cm o 5cmx6cm o comunque più grandi del 35mm ma più piccole del 4”x5”
(pollici)

- Banco ottico – che come sappiamo usa lastre maggiori di 4”x5”


Non consideriamo le istantanee.
Con il digitale il discorso diventa un po’ più complesso. Siccome all’inizio dell’era digitale, le possibilità
tecnologiche e produttive non permettevano di creare dei sensori di grandi dimensioni, anche per aspetti
economici, sono stati inventati sensori più piccoli ma che venivano e vengono tutt’ora classificati sempre
rispetto al formato pieno (FULL FRAME, cioè 36mm x 24mm). Questo viene considerato come unità di misura
1:1

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Quindi oggi sul mercato troviamo:


- DSLR FULL FRAME – Macchine fotografiche con sensore digitale di 36mm x 24mm

- DSLR APS-C – Le più comuni. Macchine reflex che hanno sensori più piccoli il cui rapporto di grandezza cambia
leggermente da produttore a produttore. Il sensore APS-C Canon per esempio ha un rapporto di 1:1,6

- DSLR APS-H – Ormai quasi scomparse o comunque rare sul mercato del nuovo. Sono macchine reflex molto
sofisticate. Create non per una convenienza economica ma per poter sfruttare il rapporto di ingrandimento di
1:1,3 del sensore per foto naturalistiche ad animali, oppure foto astronomiche o sportive.

(Devo necessariamente aprire una parentesi sul rapporto di ingrandimento che riprenderò approfonditamente
in futuro. Penso che tutti sappiamo che ogni macchina fotografica ha un obiettivo attraverso il quale riceve la
luce e quindi le immagini. Gli obiettivi sono composti da una serie di lenti all’interno di essi. Senza addentrarci
troppo nella meccanica e nelle regole fisiche che regolano il funzionamento di un obiettivo, diamo per appurato
che il fascio di luce che vi entra ha delle proprietà fisiche ben definite. Questo fascio di luce, dunque, verrà
proiettato sul sensore, dallo stesso obiettivo, sempre allo stesso modo, ed avrà di conseguenza una determinata
area di incidenza. La nostra macchina mantiene l’obiettivo ad una distanza costante dal sensore. Se immaginiamo
di proiettare questo fascio di luce su di un sensore FULL FRAME e su di un sensore APS-C, è facile intuire che
parte di questo fascio di luce fuoriuscirà dai lati del sensore APS-C, in quanto più piccolo, e quello che verrà
inviato alla memoria della macchina fotografica sotto forma di immagine, sarà, in questo caso, solamente ciò
che è stato effettivamente proiettato sul sensore.
Da qui si capisce che mentre un sensore Full Frame riceve l’intero fascio di luce, un sensore più piccolo ne riceve
solo una parte e di conseguenza l’immagine scattata sarà “ingrandita”. In pratica noi non avremo una immagine
fisicamente più grande, ma solo ravvicinata, di quello che stiamo fotografando.)

Vari produttori di macchine fotografiche digitali hanno, negli ultimi anni, sviluppato diversi tipi di sensori ed a
volte anche inventato degli standard propri.
Troviamo sensori da 1” di larghezza, oppure sensori chiamati 4/3, micro 4/3 e così via. All’utente amatoriale
tutto ciò poco importa visto che sullo schermo del pc vedrà immagini quasi identiche a prima vista, cosa che
per molti è più che soddisfacente.
Oltre alle DSLR ed alle compatte (macchine quasi completamente automatiche e con ottica integrata) oggi
troviamo sul mercato un boom destinato a crescere sempre di più e che forse un giorno potrebbe mandare in
pensione le DSLR, cioè le MIRRORLESS. Come dice la parola stessa, macchine senza specchio. Spiegherò più
approfonditamente cosa si intende per specchio ma, in linea di massima, le mirrorless sono macchine con
obiettivo intercambiabile ma senza mirino ottico, spesso sostituito da mirino elettronico.
Ultimamente sono state prodotte anche macchine fotografiche digitali Medio Formato ma parliamo di sistemi
molto sofisticati, con lenti dedicate e di utilizzo esclusivamente professionale.
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Un breve accenno ai Megapixel è ora doveroso.

Dopo tutto questo discorrere sulla grandezza dei sensori, penso che venga spontanea la domanda: ma allora
cosa sono i Megapixel? Detto tra noi, soprattutto da 10 anni a questa parte, i megapixel sono lo strumento
diabolico più utilizzato dalle case produttrici per vendere macchine fotografiche alle masse.
Basti pensare che il 90% degli utenti medi fotografici non ha bisogno di macchine che superano i 16 Megapixel.
E potrebbero vivere felicemente anche con 12 Megapixel per il resto della loro vita.
Tutti i sensori digitali sono formati da pixel, cioè dei “puntini” ricettori di informazioni luminose. Sappiamo che
ogni raggio luminoso è composto da fasci di colore che compongono l’iride. Combinandosi, riescono a creare
qualsiasi colore esistente in natura. I pixel “approssimano” la composizione della luce scomponendola in tre
colori: il rosso, il verde ed il blu. Quindi ogni pixel legge le percentuali di questi tre colori presenti nella luce
ricevuta e crea delle immagini digitali mediante queste informazioni. Ogni dispositivo che usa pixel, sia ricettori
che trasmettitori, segue lo stesso funzionamento basato sul modello di colore RGB (Red, Green, Blue).
Ora, siccome le dimensioni del sensore sono costanti, un maggiore numero di Megapixel (cioè Milioni di Pixel
calcolati dal rapporto lato x lato) implica una maggiore densità di informazioni. Quindi in teoria un sensore con
più megapixel dovrebbe essere migliore di uno che ne ha meno.
Fino ad un certo punto.
Questo perché’ i modi di fruire queste immagini digitali sono limitati e non necessitano di così tante
informazioni.
Un sensore da 12 Milioni di Pixel (12 Megapixel) restituisce una immagine di 4048 x 3040 pixel.
Per esempio, uno schermo full HD di una TV o di un computer possiede solamente 1920 x 1080 px. Quando
visualizziamo una immagine da 12mpx su uno schermo full HD, certo si vedrà benissimo, ma tutti i pixel in
eccesso saranno scalati ed approssimati per essere riprodotti dallo schermo che ha una densità minore di pixel.
Per quanto riguarda la stampa, lo standard per una immagine stampata di qualità è di 300dpi. DPI significa Dot
Per Inch, cioè Punto Per Pollice. Il punto è sinonimo di pixel.
Un pollice (Inch) equivale a 25,4mm ed un foglio informato A4 è grande 297mm x 210mm.

Quindi:
297/25,4 = 11,69 x 300= 3507
210/25,4 = 8,27 x 300 = 2481

Allora per stampare una foto in formato A4 alla RISOLUZIONE di 300dpi, avremo bisogno (ottimale) di una
immagine digitale di almeno 3500 x 2500 pixel circa. Ancora più piccola di una immagine creata da un sensore
da 12 Megapixel.

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Finalmente arriviamo al succo del discorso. Tutte queste parole per spiegare come funziona una macchina
fotografica. Forse un po’ troppe ma di certo utili a rispondere a domande e soddisfare dubbi che sarebbero
presto sorti.

Ecco la REFLEX. Un aggeggio meccanico (diventato anche elettronico con l’era digitale) composto da due parti
disassemblabili: il CORPO MACCHINA e l’OBIETTIVO (o LENTE).
Partiamo dal principio. Obiettivo e corpo macchina si assemblano mediante la BAIONETTA (volgarmente
chiamata attacco). Ogni produttore ha una propria baionetta, quindi obiettivi e corpi di diverse marche non
sono intercambiabili tranne che mediante l’utilizzo di adattatori, i quali creano più disagi che vantaggi. Non è
quindi una pratica comune.
Ogni tipo di baionetta ha una sigla che la contraddistingue. Canon usa per esempio la sigla “EF”, Nikon invece
la sigla “AF”.

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Tutti gli obiettivi sono composti da un certo numero di lenti di varie dimensioni, spessore, concave, convesse,
ravvicinate, ecc. Gli obiettivi si dividono principalmente in FISSI, o meglio, A FOCALE FISSA, e ZOOM.
Se è semplice capire cosa fa uno zoom, allora è altrettanto semplice capire cosa fa un obiettivo fisso. Resta
fisso. Dunque l’immagine che vediamo attraverso la macchina fotografica resta uguale, non può essere
avvicinata o allontanata a meno che non siamo noi a muoverci.
La lunghezza focale degli obiettivi viene espressa in mm (millimetri) più è piccolo il numero e meno ciò che
fotografiamo sembrerà ravvicinato. Al contrario, più è alto il numero, maggiore sarà l’ingrandimento di ciò che
vediamo.
All’interno di tutti gli obiettivi vi è il DIAFRAMMA. Il concetto è stato più o meno già spiegato. Il diaframma è
composto da una serie di lamelle che aumentano o diminuiscono l’apertura del foro stenopeico attraverso il
quale passa la luce che entra nel corpo macchina.
L’apertura del diaframma viene indicata da un numero preceduto dalla sigla lettera “f” (minuscola).
Questo numero indica sempre la massima apertura raggiungibile dall’obiettivo. Minore è il numero che segue
la f e maggiore è l’ampiezza di apertura di cui l’obiettivo è capace. In linea di massima, gli obiettivi con numero
di diaframma più piccolo sono più sofisticati e di conseguenza più costosi.

Esempio di obiettivo:

Nikon AF-S DX 18-55mm f/3.5-5.6


Saltando le prime sigle che vedremo in futuro, questo obiettivo è dunque:
- Zoom che va da 18mm a 55mm

- Ha diaframma che a 18mm può aprire fino ad f3.5, invece a 55mm può aprire solamente fino ad f5.6

Ecco dunque una nuova nozione legata la diaframma. Molti zoom, soprattutto quelli meno sofisticati ed
economici, hanno un diaframma ad apertura massima variabile. Gli obiettivi a focale fissa hanno invece sempre
e comunque un solo numero di apertura massima diaframma.
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Più o meno tutti gli obiettivi, sia fissi che zoom, sia costosi che economici, possono chiudere il diaframma fino
a f22.
Superato l’obiettivo, il fascio di luce, e quindi la futura immagine, entra nel corpo macchina e rimbalza su uno
specchio. Da qui dunque deriva il nome di REFLEX. Tutte le macchine fotografiche che non usano il metodo
che spiegherò adesso, non sono reflex.
Lo specchio nelle reflex non ha fini relativi alla creazione dell’immagine, ma serve semplicemente a veicolare
fino al nostro occhio ciò che stiamo INQUADRANDO attraverso l’obiettivo.
Dopo essere rimbalzata sullo specchio, l’immagine, entra nel PENTAPRISMA. Questo non è altro che un
blocchetto di cristallo le cui facce, angolate tra di loro, riescono a far rimbalzare l’immagine proveniente dallo
specchio fino a farla arrivare al nostro occhio tramite il MIRINO.
Il rigonfiamento che è presente sulla sommità di tutte le reflex non è dunque messo lì per fare posto al flash,
bensì contiene il pentaprisma. Il flash integrato è arrivato molto dopo.

Il mirino usato dalle reflex si chiama MIRINO OTTICO, proprio perché’ sfrutta regole di trasmissione ottica della
luce. Come accennavo in precedenza, le fotocamere che non utilizzano il meccanismo dello specchio e del
pentaprisma, ma che hanno comunque obiettivi intercambiabili, vengono dette MIRRORLESS e, non potendo
veicolare fisicamente l’immagine dall’obiettivo al mirino, hanno sostituito quest’ultimo con un MIRINO
ELETTRONICO il cui funzionamento è a questo punto palese.
Ora viene il bello. Fin qui non abbiamo scattato nemmeno una foto. Ma allora cosa succede quando premiamo
quel benedetto pulsante?
Se ci facciamo caso, mentre guardiamo nel mirino e scattiamo una foto, l’immagine scompare per qualche
frazione di secondo. Questo perché’ in quel momento avviene la magia della fotografia.
Lo specchio si alza e libera il passaggio della luce verso l’OTTURATORE.
Ecco un altro termine che abbiamo già incontrato. L’otturatore non è altro che il tappo della scatola che
togliamo e rimettiamo per far passare solamente la luce necessaria a creare la foto.
Dunque, rispettando i TEMPI DI SCATTO che abbiamo impostato, l’otturatore si apre per una frazione di
secondo e lascia che la luce, finalmente, vada sul sensore, giusto il tempo necessario per creare la foto.
Il tempo durante il quale l’otturatore rimane aperto viene indicato in frazioni di secondo e in secondi.
La maggior parte delle macchine fotografiche comuni possono lasciare aperto l’otturatore da un minimo di
1/3000 di secondo ad un massimo di 30”.
Altre macchine più sofisticate superano questi valori.
Nel caso delle macchine digitali, l’immagine è ora diventata, appunto, digitale. Mediante il meccanismo dei
pixel che ho spiegato in precedenza, essa viene ora mostrata sullo schermo LCD ed è già immagazzinata della
memoria della fotocamera.

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LEZIONE 5 – GLI OBIETTIVI (O LENTI)

Cerchiamo di conoscere meglio i vari componenti dei sistemi fotografici che utilizzano lenti intercambiabili.
Ogni marchio di fotografia importante (i principali sono Canon e Nikon) ha in catalogo dalle 50 alle 100 lenti
diverse in produzione. Proprio in questi giorni Canon ha annunciato il traguardo di 120.000.000 di lenti
prodotte sin dalla fondazione.
Per quanto riguarda il nuovo, si parte da un minimo di 50/70 euro ad un massimo di 20.000/30.000 euro per
le lenti commerciali. Ci sono lenti speciali prodotte in serie limitatissima che raggiungono cifre impensabili.
E’ sicuramente vero che conviene più investire su lenti di qualità e risparmiare qualcosa sul corpo macchina
piuttosto che il contrario. Ma perché’ queste cifre da capogiro? Come ho già accennato in precedenza, gli
obiettivi sono composti da una serie di lenti di vetro esterne ed interne, di varie dimensioni e fattezze. Lo
scopo di tutti gli obiettivi è quello di trasmettere la luce al supporto fotografica nel modo più neutro possibile.

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Parlo di neutralità, poiché’ sono diversi i problemi di natura fisico/ottica che possono insorgere quando la luce
attraversa un qualsiasi corpo, sia esso solido come il vetro oppure liquido come l’acqua o anche gassoso come
l’aria. Incontriamo diffrazione, aberrazione cromatica, astigmatismo, distorsioni varie, e chi più ne ha più ne
metta.
Lo scopo dunque di ogni obiettivo è quello di evitare o ridurre al massimo, compensandoli, questi effetti ottici.
Ne deriva dunque che l’ingegnerizzazione di obiettivi più sofisticati comporta attenzioni maggiori, materiali
migliori e tecniche produttive difficili e quindi costose che, insieme alla necessità di creare obiettivi per
professionisti in grado di avere l’apertura del diaframma più ampia possibile, giustifica (in parte) l’aumento di
costo per molti obiettivi. Di norma possiamo affermare che costruire uno zoom di qualità sarà sempre più
impegnativo e quindi costoso che costruire un fisso di qualità. Principalmente per il numero di lenti convolte.
Come già spiegato, diverse sono le caratteristiche che distinguono i vari obiettivi. Andiamo ad elencarle:
- Fissi o Zoom, in base alla caratteristica di poter avvicinare/allontanare il soggetto ripreso oppure no.

- In base alla lunghezza focale e dal range preso in considerazione troviamo:

FISHEYE (5-15mm), ULTRAGRANDANGOLARI E GRANDANGOLARI (10-30mm), NORMALI (30-70mm),


TELE (70-200mm) E SUPERTELE (200mm+).
- A FUOCO MANUALE (MANUAL FOCUS) o a FUOTO AUTOMATICO (AUTOFOCUS) cioè per la capacità di mettere
a fuoco automaticamente solo premendo il pulsante di scatto oppure se questa operazione deve essere fatta
manualmente tramite la ghiera di MESSA A FUOCO (MAF) sull’obiettivo.

- Con STABILIZZATORE oppure senza

- In base all’apertura massima del diaframma che come abbiamo visto può andare da f1.0 (obiettivi rarissimi e
super costosi) ad f22 (nell’ apertura minima. Nessun obiettivo ha una apertura massima di f22. Il minimo è f8
per obiettivi di già scarsissima qualità e non molto comuni)

- Poi ci sono altre caratteristiche che per l’utente medio amatoriale passano in secondo piano come:
TROPICALIZZAZIONE, DISTANZA MINIMA DI MAF, ANGOLO DI CAMPO, diametro dei filtri utilizzabili, ed altre.

Cerchiamo ora di analizzare approfonditamente tutte o quasi queste caratteristiche.

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LEZIONE 6 – PDC
Una lezione su un paio di concetti importanti per capire cosa succede alle proprie fotografie col variare dei
parametri di cui abbiamo parlato.

VARIAZIONE DEL DIAFRAMMA


Abbiamo detto che il diaframma regola la quantità di luce che entra dalla lente durante lo scatto.
All’aumentare dell’apertura del diaframma (quindi al diminuire del valore di questo es.: f2.8>f3.5) offriremo
più luce al sensore mentre questo cattura la foto e potremmo quindi diminuire il valore ISO e velocizzare
l’apertura dell’otturatore. Fisicamente parlando, agiremo su quella che si chiama PROFONDITA’ DI CAMPO
(PDC).
Immaginiamo che il nostro soggetto sia ad una distanza X da noi. La profondità di campo è la distanza che
intercorre tra un ipotetico piano di messa a fuoco posto davanti al soggetto ad una distanza X-a ed il piano di
messa a fuoco posto dietro al soggetto ad una distanza X+a.
All’aumentare dell’apertura del diaframma, la PDC diminuirà ed al contrario aumenterà col diminuire
dell’apertura del diaframma. Tutti gli oggetti perfettamente a fuoco che vedremo inclusi nella nostra foto,
saranno dunque contenuti all’interno della PDC o DEPTH OF FIELD (DOF) in Inglese.
Aperture ampie di diaframma e quindi PDC ridotta, vengono di solito preferite per eseguire ritratti, dove, grazie
a questo fenomeno, si riesce a mettere in risalto il soggetto ripreso. Per amplificare l’effetto di sfocato alle
spalle del soggetto, si può, oltre che aprire il diaframma, scegliere di ambientare la foto con uno sfondo molto
distante. Per quanto riguarda la ripresa di paesaggi, ad esempio, dove lo scopo principale è riprendere tutti gli
elementi in modo nitido, si tende ad aumentare la PDC chiudendo il diaframma a valori quasi sempre superiori
ad f5.6

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Qui è esplicito il concetto di PDC.

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LEZIONE 7 - ANGOLO DI CAMPO E LUNGHEZZA FOCALE

Questa può essere l’ultima delle lezioni prettamente tecniche sul funzionamento delle macchine fotografiche
e degli obiettivi.
Qualche riga fa ho diviso le varie lunghezze focali degli obiettivi classificandole con dei nomi diversi. Quello che
succede fisicamente al variare della lunghezza focale, quindi del valore espresso in millimetri relativo
all’obiettivo è, principalmente, la variazione dell’ANGOLO DI CAMPO.
Consideriamo l’angolo di campo come l’ampiezza di un cono il cui vertice corrisponde al centro del sensore e
che fuoriesce dall’obiettivo riprendendo tutto quello che cade all’interno del suo fascio.

Minore è la lunghezza focale e maggiore sarà l’angolo di campo. Come si può vedere nella foto dunque, un
obiettivo da 8mm sarà in grado di includere 180° di visuale all’interno della foto ripresa. E così via sino ad
arrivare al SUPERTELE che includeranno 2° o meno.
Quando si possiede un obiettivo zoom, in grado quindi di variare la lunghezza focale, questo è quello che
succede quando si “zooma”, si riduce l’angolo di visuale proiettando l’immagine sempre sulla stessa area del
sensore. In realtà dunque non ci si avvicina affatto al soggetto ripreso.
Ma una cosa ancor più importante accade col variare della lunghezza focale e ciò diventa di cruciale importanza
nella scelta di un determinato obiettivo in base al tipo di foto che si vuole realizzare:
All’aumentare della lunghezza focale, accade quello che in gergo viene chiamato APPIATTIMENTO DEI PIANI.
Conoscendo qualche nozione di prospettiva, questo concetto è semplice da comprendere. Osservando foto di
edifici per esempio, ce ne sono alcune dove gli spigoli delle case sembrano molto acuti e le dimensioni molto
allungate.

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Questa per esempio:

Gli obiettivi grandangolari che vanno da 10mm fino a 30mm danno risultati simili. Minore sarà la lunghezza
focale e più accentuato sarà questo effetto.
Altre foto invece, rappresentano le dimensioni più schiacciate e gli angoli molto più appiattiti. Questo perché’
all’aumentare della lunghezza focale vi è appunto uno SCHIACCIAMENTO o APPIATTIMENTO DEI PIANI.
I tre esempi seguenti rendono molto bene il concetto appena spiegato. Lo stesso edificio ripreso a 15mm, a
50mm ed a 200mm.
Il fotografo naturalmente ha dovuto allontanarsi dall’edificio per riprenderlo alle stesse proporzione in tutte
le foto e si nota moltissimo come varia il risultato al variare della focale.
Avviene appunto uno SCHIACCIAMENTO DEI PIANI. Se immaginiamo la realtà ripresa suddivisa mediante piani
cartesiani ortogonali, allora possiamo dire che all’aumentare della lunghezza focale, la distanza di questi piani,
(soprattutto quelli trasversali alla direzione di ripresa) apparirà minore al nostro obiettivo.

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Tale fenomeno diventa cruciale nella scelta dell’obiettivo rispetto al tipo di foto che vorremo realizzare. Nella
ritrattistica per esempio, il range focale migliore è quello che va da 35mm a 135mm. Scendendo al disotto dei
35mm, qualora si fosse troppo vicini al soggetto, si incorre in un distanziamento dei piani con conseguente
allungamento delle proporzioni del viso per esempio.

Un naso pronunciato apparirà ancora più prominente.

Invece se superiamo focali di 135mm, otterremo l’effetto opposto. Uno schiacciamento dei piani con
conseguente allargamento delle proporzioni e quindi un ingrassamento del viso per esempio.

La prima foto è realizzata con un grandangolo. La seconda con un teleobiettivo. In entrambe l’omino è grande
uguale e la distanza della macchina fotografica azzurra non è cambiata. Il risultato come vediamo è totalmente
diverso.

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GENERI FOTOGRAFICI E SITUAZIONI TIPO

Riguardo a quello di cui parlavamo qualche tempo fa, cercherò ora di elencare alcune situazioni tipo e cercare
di IPOTIZZARE delle impostazioni ottimali di scatto. Impresa ardua poiché’ siccome la foto è e deve essere
prevalentemente soggettiva, risulta difficile spiegare come comportarsi.
È mia intenzione soffermarmi maggiormente sulla logica da seguire piuttosto che cercare di fornire dei numeri
riguardanti le impostazioni.
Mi soffermerò brevemente anche su altri elementi ed accessori di cui ancora non abbiamo parlato.
Tutto quello detto fino ad ora è riferito al fotografare “correttamente”. Il concetto di correttezza risulta
confortevole per molti ma a lungo andare diventa noioso.

Prima di proseguire voglio dare un consiglio pratico riguardo a ciò che faccio personalmente nel 95% delle foto
che scatto.
- IMPOSTO IL VALORE ISO PIU BASSO POSSIBILE IN BASE ALLA LUCE A DISPOSIZIONE. PIU LUCE = ISO PIU BASSI

- SCATTARE IN PRIORITA’ DI DIAFRAMMA. CIOE’ IMPOSTARE IL VALORE DELL’OTTURATORE AUTOMATICO IN


MODO CHE LA MACCHINA SCEGLIERA’ QUALE VELOCITA’ SIA MEGLIO USARE IN BASE ALLA LUCE DI CUI SI
DISPONE ED ALLE ALTRE IMPOSTAZIONI SCELTE.

- IMPOSTARE IL DIAFRAMMA MANUALMENTE. GRAZIE A QUELLO CHE ABBIAMO DETTO, SARA’ FACILE CAPIRE A
CHE APERTURA CI CONVIENE SCATTARE

- GESTIRE L’ESPOSIZIONE DELLA FOTO TRAMITE LA COMPENSAZIONE DELL’ESPOSIMETRO AUTOMATICO.


SEGUENDO I PUNTI APPENA SPIEGATI, BASTERA’ SOVRAESPORRE O SOTTOESPORRE PER AVERE FOTO PIU O
MENO LUMINOSE.

PER REGOLARE TUTTO CIO’ È NECESSARIO LEGGERE IL MANUALE DELLA MACCHINE CHE SI POSSIEDE SICCOME
OGNI MODELLO E MARCA DIFFERISCE DALLE ALTRE.

FOTO DI STRADA (STREET PHOTOGRAPHY) - diurna


Genere principe della fotografia. I grandi maestri Rene Burri, Henri Cartier Bresson, Frank Capa sono stati
maestri di questo genere. Vivere la realtà, la vita quotidiana con in mano la macchina fotografica e cercare di
cogliere quelle scene e situazioni che si presentano una sola volta
Si fotografa a mano libera e velocemente poiché’ non si fa uso di attori o persone in posa. Il 35mm è sempre
stata considerata LA focale per la street photography. Personalmente preferisco il 28mm che permettere di
includere più cose nell’inquadratura e costringe ad avvicinarsi di più alle situazioni. Tempi di scatto veloci, per
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immortalare l’attimo. Diaframma a discrezione, tenendo conto della PDC che si vuole ottenere. Il tutto
naturalmente sempre in base alla luce ed alla scena.

Rene Burri

FOTO DI STRADA (STREET PHOTOGRAPHY) - notturna


Sempre a mano libera. Qui abbiamo bisogno di tempi di scatto più lenti possibile. ISO tendenzialmente alti. In
base alla luce si può stare intorno al diaframma f4 ma, se le condizioni lo richiedono, qui una lente capace di
aprire a f2.8 è il minimo obbligatorio.

Brassai
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RITRATTI ESTERNI
Focali dai 30/35mm fino a 150/200mm. Siccome si ha la possibilità di spostarsi allontanandosi o avvicinandosi
al soggetto, il ritratto può essere più o meno ambientato, cioè può includere più o meno sfondo. Si
preferiscono sempre lenti con diaframma molto ampio, il minimo per avere risultati sopra la norma vuol dire
avere obiettivi capaci di f1.2 o massimo f2.8. Naturalmente anche l’obiettivo più scarso del mondo può dare
risultati ottimi in mano ad un vero artista/fotografo.

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RITRATTI IN STUDIO
Ritratti eseguiti in ambiente interno. Spesso si accorcia il range di focali utilizzati. Si va dai 50mm fino ai 135mm.
Maggiormente per ragioni di spazio. Spesso in interno i professionisti usano soluzioni artificiali per quanto
riguarda l’illuminazione, mediante flash, riflettori, ombrelli, ecc. Se non si possiede un CORREDO sopra la
norma meglio sempre scattare con una buona luce naturale per ottenere risultati migliori.

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PAESAGGISTICA DIURNA
Qui è obbligatorio l’uso di un buon cavalletto. Un buon cavalletto si riconosce dalla stabilità generale, quindi
dalla sezione delle gambe e da una buona testa, meglio se a sfera, in grado di sopportare un peso superiore ai
5 Kg. Un consiglio personale sui cavalletti è quello di considerare la marca TRIOPO, prodotta in Polonia ed
acquistabile facilmente su EBay che offre kit completi di cavalletto+testa a partire da circa 130 Euro.
Per i paesaggi di norma vengono utilizzati obiettivi grandangolari o super grandangolari. Su FF si va dai 12mm
fino ai 24mm. Si scatta con diaframmi medi, ottimamente tra f5.6 ed f8. Tempi di scatto lunghi, per questo il
cavalletto è indispensabile onde evitare mosso.
Di solito si scatta in modalità Manual Focus, cosa non obbligatoria ma comunque preferibile in alcune
situazioni. Molto importante, se l’obiettivo che stiamo utilizzando è un obiettivo stabilizzato, bisognerà allora
disattivare lo stabilizzatore. Questo perché’, siccome lo stabilizzatore non fa altro che effettuare micro
movimenti con lenti interne in modo da compensare i nostri movimenti involontari mentre scattiamo,
dall’altro lato, in condizioni iperstatiche come quelle su cavalletto, crea esso stesso dei micromovimenti che si
diffondono a tutto il corpo macchina e quindi al sensore.

Esempio di paesaggio diurno. Da notare il fatto che si riesce a vedere cosa c’è sotto la superficie dell’acqua.
Questo perché’ la foto è stata realizzata montando sull’obiettivo un filtro POLARIZZATORE che, tra le altre cose,
aiuta ad eliminare la propagazione dei riflessi. Aiuta inoltre a dare maggiore contrasto alla foto dal momento
che elimina in parte l’influenza delle particelle di acqua presenti nell’atmosfera sotto forma di umidità.

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PAESAGGISTICA NOTTURNA

La paesaggistica notturna di ambientazioni più o meno illuminate da luce artificiale (borghi, città, strade, ecc.)
segue più o meno le stesse direttive della paesaggistica diurna. Fondamentalmente, togliendo luce, si deve
sottostare alle regole di cui abbiamo già parlato.
Mantenendo il diaframma intorno ad f5.6/f8, ma avendo meno luce, si dovranno di conseguenza alzare i tempi
di scatto, a volte anche di molto. Per cercare di mantenere i tempi di scatto relativamente bassi, si possono
alzare gli ISO. Naturalmente, siccome lo scopo della paesaggistica è comunque creare foto da “cartolina”, gli
ISO non potranno essere eccessivi, direi non superiori a 400/640.
Siccome l’otturatore può essere regolato solo fino a 30”, qualora questo tempo non ci bastasse, subentra una
nuova modalità della fotocamera che non abbiamo ancora menzionato. La modalità di scatto B (o BULB).
Utilizzando questa modalità, saremo noi manualmente a decidere i tempi di scatto. Non regolandoli con un
valore, bensì azionando manualmente l’otturatore premendo il pulsante di scatto per tutto il tempo che
riterremo necessario. Tale modalità viene spesso azionata tramite dispositivi wireless oppure tramite
telecomando remoto in modo tale da non trasmettere vibrazioni alla macchinetta con la nostra mano.

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Altra situazione invece per le foto del cielo stellato e della via lattea.

Queste sono foto stupende e relativamente facili da realizzare in ambienti con bassissimo inquinamento
luminoso. Qui si scatta completamente in manuale. La messa a fuoco sarà anch’essa manuale su infinito
poiché’ la macchina, nel buio quasi totale, non riesce a mettere a fuoco automaticamente. Il diaframma dovrà
necessariamente essere al di sotto di f2.8 e la focale dovrà per forza essere un super grandangolare.

Diverse cose qui entrano in ballo per la riuscita di una buona foto: la nitidezza della lente, la tendenza al
COMA di questa, l’ABERRAZIONE CROMATICA, la necessità di scattare in IPERFOCALE, ecc.

Stelle con COMA Aberrazione Cromatica


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Non mi dilungo a descrivere nei minimi dettagli tutte queste tecniche poiché’ ci vorrebbero dieci capitoli per
soddisfare tutti i punti chiave. Riporto qualche esempio di seguito. Puntualizzo solo che ogni obiettivo ha una
resa diversa tra il centro del frame e gli angoli. La qualità di una lente si capisce analizzando in primo luogo la
presenza o meno di difetti agli angoli del frame, punti in cui ogni problema si manifesta prima che al centro.
FLARE, COMA, ABERRAZIONE CROMATICA, DISTORSIONI, PERDITA DI NITIDEZZA, sono tutti elementi che
vengono analizzati per capire la qualità di una lente.

FOTO DI FAUNA (e SPORT) E FLORA (e MACRO)

Le foto di flora sono facilmente classificabili e spesso rientrano in altri generi. Siccome le piante ed i fiori
stanno più o meno immobili, daranno al fotografo il tempo necessario a capire come meglio fotografarli. Di
questo genere fotografico fa spesso parte anche la fotografia MACRO. Questo tipo di foto sono riprese
estremamente ravvicinate di un soggetto tanto da evidenziarne particolari quasi invisibili ad occhio nudo.
Sono permesse tramite l’uso di lenti apposite ed attrezzature di illuminazione adeguate.

Per quanto riguarda le foto di Fauna, sia terrestre che Avifauna, il discorso cambia. Qui si scatta quasi sempre
con focali Super Tele o comunque superiori ai 200mm. Siccome gli animali (e gli sportivi) non stanno fermi ed
è molto più bello immortalare situazioni dinamiche, si ha bisogno di scattare con tempi molto rapidi. Di
conseguenza serve molta luce ed un diaframma ampio.
Qui è dove troviamo le lenti più costose in assoluto. Le serie professionali di lenti che vanno dai 300mm in su,
partono dai 5000 Euro fino ad arrivare ai 20.000 e più. Naturalmente dei risultati eccellenti possono essere
raggiunti anche con lenti amatoriali che costano poco più di 200 Euro. Basta saperle usare ed avere le
condizioni giuste, oppure crearsele.

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Buona Luce!
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RISORSE E STRUMENTI UTILI

- Il triangolo dell’esposizione: http://www.fotocomefare.com/triangolo-dell-esposizione/


- La migliore community online Italiana e forse nel mondo: www.juzaphoto.com
- Bel sito internet: https://www.lensculture.com/
- Sito dell’agenzia Magnum: https://www.magnumphotos.com/
- Articolo molto bello di Settimio Benedusi: http://www.benedusi.it/blog/en/daniela/
- Esercizio utile sempre di Settimio Benedusi: http://www.benedusi.it/blog/compito-delle-vacanze/
- Utile guida: http://www.thephoblographer.com/2016/09/30/6-tips-using-kit-lens-low-light/#more-95069
- Fotografi Magnum: https://www.magnumphotos.com/photographers/
- Grandi Fotografi: http://www.grandi-fotografi.com/single-post/2015/08/25/10-fotografi-italiani-
contemporanei-che-dovresti-conoscere
- Corsi utili: https://www.nikonschool.it/corsi-nikon/
- Steve McCurry: http://stevemccurry.com/
- Bell’articolo: https://www.magnumphotos.com/events/event/an-image-that-changed-everything/

Per concludere, una volta lette e studiate le mie lezioni, bisogna fare tanta pratica. Avere il più possibile la
macchina fotografica in mano e scattare tante fotografie. Cercare per prima cosa di capire cosa si sta facendo
e poi iniziare a perseguire un obiettivo. Spesso è molto utile osservare foto di altri fotografi e cercare di imitarle
utilizzando le proprie conoscenze e, se necessario, apprenderne di altre.

Un solo consiglio su come continuare lo studio della fotografia è quello di leggere tanto sulla Composizione
Fotografica. A tal proposito mi sento di consigliare un libro in particolare:

Michael Freeman – L’occhio del Fotografo (Photographer’s Eye)

Vi lascio infine con una celebre citazione di Robert Capa, tra tutte la mia preferita:

"Se le tue foto non sono buone abbastanza, sei tu che non eri vicino abbastanza." - Robert Capa

Buona Luce!

Juri Iaboni

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