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La differenza tra le uscite totali e le entrate totali del settore pubblico al tempo t
è data da
ed è chiamato
disavanzo (o deficit) se è positivo, cioè se le uscite superano le entrate
avanzo (o deficit negativo) se è negativo, cioè se le entrate superano le uscite
Il disavanzo è suddiviso in due componenti:
G t – T t : disavanzo primario (se positivo) o avanzo primario (se negativo) che è
la differenza tra spesa pubblica ed entrate fiscali al tempo t
r t B t – 1 : spesa per interessi sullo stock debito pubblico del periodo precedente,
data dal prodotto tra il debito B t – 1 e il tasso di interesse medio sul debito
stesso, r t
Disavanzo e debito
Come viene generato il debito pubblico?
Se il deficit è positivo, al tempo t il settore pubblico sta utilizzando più risorse di
quante ne ottiene tramite l’imposizione fiscale
e ha quindi necessità di reperire ulteriori risorse
ricorrendo al deficit, o disavanzo totale
La variazione di debito tra il periodo t – 1 e il periodo t è pari al disavanzo totale:
Rimborso nell’anno 2
Anno 1: il governo genera un deficit pari a 1
B1 − B0 = rB0 + (G1 − T1) = r · 0 + 1 = 1
Anno 2: il governo rimborsa tutto il debito, così che B2 = 0:
B2 = (1 + r) B1 + (G2 − T2) = 0
da cui
(1 + r) B1 + (G2 − T2) = 0
(T2 − G2) = (1 + r) B1 = (1 + r)
Rimborso nell’anno t
...
Anno t: il governo vuole ripagare il debito, che nel frattempo è diventato
Bt = (1 + r) Bt−1 + (Gt − Tt) = (1 + r) (1 + r)t−2 B1 = (1 + r)t−1 + (Gt − Tt)
Un debito pari a 0 in t implica che Bt = 0:
Bt = (1 + r) t−1 + (Gt − Tt) = 0
da cui
(Tt − Gt) = (1 + r) t−1
Per ripagare al tempo t un debito pari a 1 generato al tempo 1 è necessario
produrre un avanzo primario pari a (1 + r)t−1 B1, che aumenta esponenzialmente
col passare del tempo e dipende dal debito iniziale e dal tasso di interesse reale.
Il tasso di interesse
Il tasso di interesse sul debito, cioè sui titoli di Stato:
non è uno strumento di politica fiscale
non può essere direttamente influenzato dal Governo
Non è però indipendente dalle politiche attuate dal Governo:
se i mercati percepiscono un rischio maggiore associato ai titoli di Stato, il tasso
di interesse sale:
politiche fiscali che aumentano il deficit primario non solo fanno aumentare il
deficit, ma fanno (probabilmente) aumentare il tasso di interesse
annunci di provvedimenti ‘rischiosi’ (es.: ritorno alla sovranità monetaria, non
rispetto dei trattati europei) fanno tipicamente aumentare il tasso di interesse
instabilità politica e incertezza fanno aumentare il tasso di interesse
Lo ‘spread’ è la differenza tra il tasso di interesse sui titoli di Stato italiani e quelli
tedeschi con scadenza decennale.
Il tasso di interesse non è però indipendente dalle politiche attuate dal Governo.
Il rapporto debito/PIL
Partendo dall’andamento del debito
Bt = (1 + r) Bt−1 + (Gt − Tt)
possiamo dividere tutto per il PIL al tempo t e ottenere che
da cui, moltiplicando e dividendo il primo termine sul lato destro per Yt−1,
ricaviamo
Aumento il deficit, (Gt − Tt), così facendo faccio aumentare il tasso di crescita
del PIL (g) tanto da ridurre il rapporto debito/PIL
(Bt/Yt − Bt−1/Yt−1 < 0)
Sarebbe il sogno di qualsiasi Governo, ma questo meccanismo non è mai stato
verificato empiricamente
Uno dei pilastri delle riforme economiche attuate da Reagan negli Stati Uniti
Deficit e rapporto debito/PIL
Vale il meccanismo opposto? Attuando politiche fiscali restrittive e generando avanzi
primari (aumentando T o riducendo G) è possibile far ridurre il rapporto debito/PIL?
Quali soluzioni?
Se il debito è alto:
aumentare il deficit non fa aumentare il PIL a sufficienza da ridurre il rapporto
debito/PIL
ridurre il deficit potrebbe far calare il PIL così da peggiorare il rapporto
debito/PIL
ristrutturare il debito (‘default’), cioè decidere di non onorare gli impegni
presi e non restituire una parte o tutto il debito, potrebbe avere effetti
negativi sull’economia:
si riduce la ricchezza delle famiglie
si riduce il patrimonio delle banche, che potrebbero fallire
si riduce il valore dei fondi pensione
...