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FAQ “Politica e Superbonus”

1 – era necessario, o almeno opportuno il Superbonus ?

Si, lo era. Il Superbonus è un’iniziativa che risale all’estate 2020 e prende piede nel
quadro delle iniziative per risollevare l’Italia dopo la crisi generata dalla pandemia da
Covid. Il Superbonus è una misura che ha risollevato la nostra economia generando
900mila nuovi posti di lavoro e contribuendo alla crescita del PIL nel 2021 e 2022 per
almeno il 20%. Quello che si tende continuamente a sottovalutare, inoltre, è il risparmio
derivante dal efficientamento energetico. Secondo diversi studi il risparmio di gas dovuto
al miglioramento della coibentazione è stato pari a circa 12GWh/anno, pari a 2 miliardi di
metri cubi di gas, oltre due terzi al degli obiettivi fissati dal governo per la crisi energetica.
Inoltre, i tre quarti del patrimonio edilizio italiano sono in classe energetica peggiore di D,
quasi il 60% sono nelle classi F e G e la recente direttiva europea EPBD rende
“incommerciabili” dal 2030 gli edifici in queste classi, e già l’annuncio è stato sufficiente
per abbatterne il valore.

2 – era necessario, o almeno opportuno il blocco sulla cessione dei crediti ?

No, per nulla. Ammesso che il problema fosse la “mancanza di limiti” o “l’eccessivo
ricorso” ai crediti del Superbonus, bastava imporre un tetto annuale, così come avviene,
ad esempio per gli incentivi delle CER. Inoltre imporre il divieto a Regioni, Province e
Comuni è molto discutibile dal punto di vista della legittimità costituzionale, e stride
fortemente con le politiche di autonomia, soprattutto fiscale, di cui la Lega da sempre è
il primo sostenitore. E soprattuto questa scelta, calata veramente “con il favore delle
tenebre”, e attuata a sopresa pochi giorni dopo le elezioni regionali, mette in ginocchio
un intero settore economico che aveva avuto un ruolo importante nella ripresa del paese.
E’ l’esatto opposto di quello che avrebbe dovuto fare un governo che ha a cuore il bene
del paese, delle sue imprese e dei suoi cittadini.

3 - è vero quando i politici dicono «è stata una politica scellerata che ci costa 2mila euro a
testa» o “100 miliardi di euro di debiti” come indicato in TV da Giorgetti (Lega) ed altri?

No, ma andiamo con ordine. I crediti Superbonus ammessi a detrazione al 31 gennaio


2023 erano circa 71 miliardi di euro, spalmati in un periodo variabile tra i 4 e i 10 anni, in
funzione della origine del credito (5 anni per i crediti “nativi”, 10 anni per lo sconto in
fattura o la cessione del credito), e soprattutto sono “crediti di imposta”, cioè abbuoni
sulle tasse da pagare. Di fatto lo stato non eroga, e soprattutto non anticipa neanche un
euro, semmai rinuncia attraverso le rate, ad incassi futuri. Inoltre non si tiene
minimamente conto delle maggiori entrate, per di più anticipate, dovute all’incremento di
fatturato e riduzione di evasione fiscale. Chi ha fatto questi calcoli, Censis e CNI (Consiglio
Nazionale Ingegneri) hanno calcolato che 100 euro investiti dallo stato in “crediti fiscali”
hanno un ritorno pressochè immediato di 70 euro e un costo effettivo per lo stato di 30
euro. Portano in dote un incremento di valore del PIL, importante perché noi siamo
valutati dal rapporto deficit/PIL e quindi migliorano la nostra posizione, e un incremento
nel valore degli immobili, minori emissioni di CO2 e minori consumi energetici. 70 milioni
di euro di crediti, avrebbero un costo “netto” di 3 miliardi di euro l’anno. Nel 2016 il
salvataggio del monte dei Paschi di Siena, disposto in una notte, portò alla costituzione di
un fondo da 20 miliardi di euro.
4 - è vero che con l’acquisto dei crediti Regioni, Province e Comuni si sarebbero indebitati?

No, per nulla. L’utilizzo dei crediti fiscali del Superbonus si realizza attraverso la
compensazione con i debiti fiscali. I fondi che gli enti avrebbero versato all’erario sotto
forma di tasse o contibuti, nella misura in cui gli enti stessi avrebbero deciso di
compensare con crediti, sarebbero stati diversamente utilizzati cedendoli in cambio dei
crediti Superbonus. Quelle risorse sono già in bilancio e l’operazione è contabilmente e
fiscalmente neutra, non comportando alcun tipo di onere. Tanto che regioni amministrate
dal centro-destra avevano annunciato di impegnarsi ad acquistare i crediti, il Piemonte
per almeno 50 milioni di euro, ma anche la Sardegna e l’Abruzzo, in rappresentanza di
tutte le componenti della maggioranza di governo. Alberto Cirio, governatore del
Piemonte dichiara: “La Regione Piemonte intende soccorrere il sistema della cessione dei
crediti dei bonus edilizi acquistandone per 50 milioni l'anno da banche e intermediari
finanziari, con l’obiettivo di dare un aiuto concreto a cittadini e imprese per continuare
ad accedervi” Concludendo con “l’operazione per la Regione non avrà alcun costo: i
crediti acquisiti andranno infatti a compensazione degli oneri fiscali con lo Stato“.

5 - è vero che il Superbonus è stato una grande fonte di frodi?

Non particolarmente. Il meccanismo del Superbonus, come strutturato in origine, aveva


dei paletti molto stringenti, primo tra tutti la richiesta di conformità urbanistica e
catastale dell’immobile, e un tetto all’incentivo per ogni singola tipologia di intervento.
Secondo il quotidiano “Il Messaggero” in un articolo del 12 Febbraio 2022, che cita dati
della Agenzia delle Entrate, concludendo che “Le frodi sui bonus edilizi hanno riguardato
in quasi la metà dei casi lo sconto del 90 per cento per il rifacimento delle facciate dei
condomini. Il dato è stato rivelato dall’Agenzia delle Entrate, che ha depositato in Senato,
su richiesta della Commissione bilancio, una tabella nella quale è stato indicato il peso di
ciascuna agevolazione all’interno dei 4,4 miliardi di truffe subite dal Fisco. L’altro dato che
è emerso, e che ha dato il “la” a un nuovo scontro politico, è la circostanza che soltanto
il 3 per cento delle frodi hanno riguardato il Superbonus del 110 per cento, quello
invece maggiormente colpito dalla stretta del governo sulla cessione multipla dei
crediti.” Le modifiche introdotte nel 2022 dal governo Draghi con il decreto
“semplificazioni bis” hanno ridotto drasticamente il perimetro dei controlli, permettendo
di fatto l’accesso agli incentivi anche ad immobili con criticità catastali e/o urbanistiche
senza la possibilità di revoca degli incentivi. Non a caso l’80% di tutte le richieste sono
state depositate negli ultimi 12 mesi.
6 – ma questo intervento ce lo ha chiesto l’Europa?

No. Benchè ci sia stato un intervento proprio della Lega per chiedere all’Europa in qualche
modo di “contestarcelo”. In una audizione alla camera del 14 Febbraio 2023, il
rappresentante di Eurostat, interrogato al riguardo, ha riconosciuto che l’emissione e la
successiva compensazione di crediti fiscali, per la Unione Europea non sono considerati
“debito”. Questa notizia, tal quale e senza inutili fronzoli, è stata pubblicata su “Italia
Oggi” che non è certamente un quotidiano politico. Riportiamo testualmente il passaggio:
“Per Eurostat il Superbonus c.d. 110% non è debito pubblico. L’impatto è invece sul
deficit e prescinde dalla classificazione del credito come pagabile o non pagabile, da cui
deriva solo il collocamento temporale della spesa”. Il decreto che ha “ucciso” la
circolazione dei crediti del Superbonus, e molte imprese, non ha nemmeno questo alibi.
Anzi la direttiva EPBD specifica che: “Gli Stati membri devono istituire punti di
informazione gratuiti e programmi di ristrutturazione a costo zero. In particolare,
bisognerebbe premiare le ristrutturazioni profonde, soprattutto quelle degli edifici con le
prestazioni peggiori, mettendo a disposizione sovvenzioni e sussidi mirati a disposizione
delle famiglie vulnerabili”. Alla luce di queste tendenze risulta ancora più inaccettabile la
strategia del Governo Meloni di voler andare nella direzione completamente opposta.

7 - è vero che il Superbonus ha avvantaggiato i ricchi?

No. Le unità immobiliari ammesse al beneficio potevano essere al massimo 2 per codice
fiscale e con limiti precisi al costo degli interventi. Secondo i dati dello studio pubblicato
da Nomisma nel 2022 risulta che: “Nonostante le accuse che la misura favorisca i ceti
medio-alti ben 483.000 famiglie (al 30/06/2022) grazie al Superbonus hanno potuto
riqualificare la propria abitazione a costo zero”. Gli strumenti della cessione del credito e
dello sconto in fattura avevano proprio questo fine permettendo a chi aveva redditi bassi
e quindi minore capacità fiscale, di cedere il credito a soggetti che ne potevano usufruire
al loro posto. La recente stretta normativa che impedisce ogni forma di cessione del
credito e sconto in fattura, invece privilegia i più benestanti che hanno un reddito alto
che può assorbire completamente il credito fiscale.

8 – perché proprio il 110% e non il 90 o il 100% ?

Quando nacque il Superbonus il costo del denaro era lo 0% (zero). Per la sua natura
emergenziale era sembrato opportuno garantire la copertura al 100% dei costi. Ci sono
state in passato iniziative fiscali come il “superammortamento”, caro agli industriali, che
permettevano di detrarre fiscalmente somme maggiori (il 130%) di quelle impegnate. In
realtà lo stato non eroga direttamente alcuna somma, e la maggiorazione del 10%
sembrava un incentivo sufficiente per invogliare gli istituti di credito ad erogare
anticipatamente la liquidità necessaria, ricevendone un compenso più che adeguato. Quel
10% che può sembrare tanto era a copertura del rischio, perché un rischio c’è sempre, e
dei costi. Oggi che il costo del denaro è al 3%, il 110% non sarebbe più sufficiente per
rendere accettabile per le banche l’anticipo di liquidità, perché su 10 anni l’operazione è
in perdita. E questo vale anche per i crediti già erogati e che verrano restituiti a rate entro
il 2031. Alle banche anticipare i crediti del Superbonus ad oggi non conviene più, e il
blocco di Giorgetti sembra essere più a beneficio loro che dei conti dello stato.
9 – i costi sono davvero insostenibili (approfondimento su domanda #3)?

No, ma va spiegato. Tutti gli studi indipendenti concordano sul fatto che il costo reale
per lo Stato è molto minore rispetto all'ammontare dei crediti fiscali, attestandosi a
circa il 30% del totale del credito concesso, oppure un più prudente 56% per lo studio
dell’ordine dei Commercialisti, che però a differenza di altri dichiaratamente non tiene
conto di alcune parti dell’indotto. Oltretutto parliamo di un costo spalmato su diversi
anni. Non è assolutamente corretta la narrazione governativa che continua a parlare di un
costo totale di “X miliardi” (ognuno cita cifre diverse), considerandolo come se fossero
fondi erogati direttamente dallo Stato e non dalle banche sotto forma di anticipo di cassa
garantito dai crediti fiscali. Non viene mai preso in considerazione da questi raffinati
economisti l’apporto in termini di maggiori entrate per lo stato, che in questi ultimi mesi è
stato utilizzato per il “caro bollette” (altrimenti da dove sarebbero venuti quei fondi?).
Se ci fosse stato realmente un problema di sostenibilità per il Superbonus, per risolverlo
sarebbe stato sufficiente disciplinarne maggiormente l’uso diluendolo nel tempo, al
contrario di quanto si è fatto con il governo Draghi, ammettendo ai benefici immobili di
ogni tipo a prescindere dalla loro legittimazione.
Ancora più scorretta è la narrazione secondo cui si vieta agli enti locali, cioè Regioni,
Province e Comuni, di acquistare i crediti perché “costituiscono debito”. I crediti sono
posti in compensazione con i debiti attraverso gli F24, è sostanzialmente un giroconto
fiscale, neutro per le amministrazioni locali, a vantaggio di cittadini ed imprese.

10 – E’ vero che quella del superbonus è una legge fatta male?

E’ una affermazione alla quale si potrebbe rispondere: “puoi farmi, per favore, un
esempio di una legge fatta bene?”. E’ una affermazione che serve solo ad alimentare
uno scontro tra tifoserie, perché manca di una valida argomentazione, premesso che a
quelle del tipo “costa troppo” o “non possiamo fare debiti” o altre simili sono già state
dare risposte esaurienti nei punti precedenti. Ma c’è un altro argomento da inserire in
questa discussione. Cosa si dovrebbe fare quando una legge è “fatta male”? Si correggono
quelli che si considerano “gli errori”, cosa che tra l’altro è stata già fatta dal Governo
Draghi, forse introducendo distorsioni peggiori, ma il punto è che le leggi si modificano.
Cosa ha fatto invece in questo caso il Governo Meloni? Contraddicendo le scelte dei suoi
stessi presidenti di regione, e le richieste di autonomia fiscale delle regioni avanzate da
sempre proprio dalla Lega, ha di fatto cancellato una misura che al paese ha portato
occupazione e posti di lavoro, ha portato vantaggi alle famiglie, ha permesso di
raggiungere degli obiettivi di risparmio energetico che l’europa ci chiedeva e oggi
addirittura ci impone, e nel farlo ha messo a rischio migliaia di imprese e gettando nello
sconforto altrettanti proprietari di immobili. Si, il Superbonus aveva un costo, che al netto
delle maggiori entrate, ad oggi è forse di 3 o 4 miliardi di euro all’anno per dieci anni, e
non di 100 miliardi subito come viene propagandato. Se è era troppo costoso si poteva
disciplinare meglio, introdurre un tetto annuo agli incentivi, o limitarlo agli immobili di
classe peggiore di E . Se c’erano frodi si potevano introdurre maggiori controlli. Il
Governo, chiamato in causa da una scelta apparentemente incomprensibile di un singolo
(Giorgetti) si sta arrampicando sugli specchi per giustificare delle scelte che non risolvono
il problema, ma ne creano uno nuovo, probabilmente più grave. Considerando oltretutto
che il blocco dei crediti agisce su tutti gli incentivi e non solo sul Superbonus.
11 –Il superbonus ha provocato una crescita ingiustificata del prezzo dei materiali?

No. L’aumento c’è stato, ma non a causa del Superbonus


Il superbonus, e in generale le misure che finanziavano interventi edilizi c’erano in Italia,
Francia e Germania, per citare paesi di dimensioni simili a noi. Le misure in questi paesi
sono state più semplici da ottenere e meno generose delle nostre, ma è un confronto che
ha poco senso senza tenere conto delle differenze strutturali e soprattutto sismiche dei
patrimoni edilizi dei diversi paesi. Eurostat pubblica un indice dei costi di costruzione per
trimestri, con base 100 al 2015. Il superbonus è nato a Giugno 2020 e per noi l’indice a
quel tempo era a 108 e oggi è a 123, quindi +23% dal 2015. Dei paesi citati, la Francia è a
126 (+26%) e la Germania è a 151 (+51%). Paesi che non hanno incentivi, come l’Olanda,
la Svezia, la Norvegia e la Repubblica Ceca si trovano a circa 140. L’ungheria a 200 la
Bulgaria a 220 e la Turchia addirittura a 650. Numeri più alti del nostro (123) indicano
prezzi, e aumenti, maggiori dei nostri. Il problema è molto più esteso del Superbonus se
andiamo a vedere i prezzi industriali in cui l’indice è ancora maggiore per l’italia, a 170
(+70%), dove la maggior parte dei paesi euopei si attesta tra il 140 e il 160, l’Ungheria a
245 e la Turchia a 817. C’è una mano invisibile, in parte legata alla guerra in Ucraina, ma
con delle componenti di speculazione che esistevano già prima e probabilmente sapevano
a cosa stavamo andando incontro, che spinge in alto tutti i prezzi, e non è il Superbonus.
Noi, in più, oggi abbiamo un governo che si preoccupa esenzialmente di tenere bassi i
redditi dei cittadini “comuni”, che da noi erano già inferiori alla media europea.

12 –Con il superbonus al 110% nessuno si preoccupava di quanto costavano gli interventi?

No. Premesso che il committente è responsabile in solido e sa, o almeno dovrebbe


sapere, che in caso di problemi il debito è a suo carico, c’è un tariffario prestabilito.
Il MISE Ministero dello Sviluppo Economico, stabilì con un decreto del 6 Agosto 2020,
detto “Decreto Requisiti”, un preciso tariffario che indicava per ogni tipo di intervento, il
relativo costo massimo ammissibile comprensivo della mano d’opera e di tutti i materiali
di consumo. Si può discutere del fatto che qualcuno potesse essere spinto ad eseguire
lavori “non necessari”, ma va ricordato che era richiesto il miglioramento di due classi
energetiche e una o due sismiche, e gli interventi ammessi erano tutti finalizzati al
miglioramento delle prestazioni energetiche o sismiche degli edifici. Interventi legati
all’estetica o al comfort erano a totale carico del cittadino. Lo stato investiva dei soldi,
attraverso degli sconti fiscali posticipati (ricordiamolo sempre), per migliorare le case
degli italiani, dando lavoro ad imprese italiane, stimolando l’emersione dal “nero”
(vedasi anche il “cashback”) e in definitiva l’economia del nostro paese.
Per una volta i soldi dello stato venivano spesi per aiutare gli italiani, e non solo e
sempre i “soliti noti”.
13 – La responsabilità è davvero di Conte, di M5S e del PD per avere attivato questa iniziativa
senza prevederne le conseguenze?

Questa è la affermazione più squallida e vergognosa di tutte, ma va spiegata bene.


Si potrebbe rispondere che sì, forse si doveva prevedere che si sarebbero attivate tutte le
forze peggiori e più oscure del paese per mettere le mani sul PNRR, ma è una
generalizzazione e da sola non spiega davvero come sono andate le cose.
Il Superbonus è nato in un momento di grave crisi, nel quadro delle iniziative per
riattivare l’economia Italiana dopo la crisi generata dalla pandemia da Covid.
A differenza di altre agevolazioni, e lo si è visto subito, i requisiti per accedere al
Superbonus erano molto stringenti. Primo tra tutti il rispetto rigoroso delle normative
catastali ed urbanistiche: un immobile con difformità catastali, anche piccole, non poteva
beneficiare della misura. Questo vincolo molto rigido ha fatto sì che il Superbonus
partisse lentamente, poiché cittadini ed imprese, da tempo diffidenti verso lo stato e in
rapporti non certo idilliaci con l’Agenzia delle Entrate, erano giustamente preoccupati che
anche lievi incongruenze avrebbero potuto portare alla revoca delle agevolazioni.
A Dicembre 2020 in Italia gli interventi agevolati in tutta Italia erano circa 1700 per 22
milioni di euro di crediti esigibili. La normativa venne quindi aggiornata e la scadenza
estesa a Dicembre 2021. A Febbraio 2021, Conte viene “mandato a casa” e si insedia
Mario Draghi, che da molti viene definito “l’uomo delle banche”. A metà 2021 in Italia gli
interventi agevolati in tutta Italia erano circa 35000 per 6 miliardi di euro di crediti
esigibili in 10 anni.
Nel 2021, però, inizia la lotta del Governo al Superbonus e la volontà di renderlo una
misura potenzialmente insostenibile: ci sono state 7 modifiche alla normativa, la più
rilevante con il decreto “Semplificazioni-bis” mediante il quale il Governo Draghi ha
sostituito il comma 13-ter dell'art. 119 del Decreto Rilancio, che allentava alcuni vincoli,
partorendo la vera grande follia di questa misura: la CILAS e le deroghe all'art. 49 del
d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Introdurre la CILAS, inoltre, che non richiede la valutazione sullo stato legittimo, e la
mancata decadenza dell'incentivo in caso di irregolarità, è stata la vera grande mossa
del Governo Draghi che ha accelerato l’accesso indiscriminato al Superbonus, come
dimostrano i dati statistici di ENEA.
A fine 2021 gli interventi agevolati in tutta Italia erano circa 95000 per 17 miliardi di euro
di crediti esigibili in 10 anni. A metà 2022 gli interventi agevolati in tutta Italia erano circa
200.000 per 38 miliardi di euro di crediti esigibili in 10 anni
Da allora, metà/fine 2021, in pratica, è partito “l’assalto alla diligenza” del Superbonus.
Ad oggi, Gennaio 2023, gli interventi agevolati in tutta Italia sono circa 372.000 (di cui
300.000 dopo il decreto semplificazioni-bis, la crescita esponenziale nasce da lì) per 71
miliardi di euro di crediti esigibili in 10 anni.
E la colpa sarebbe di Conte che all’epoca non era nemmeno in parlamento?

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