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Di Filippo d’Albero
A cura di Alex Piovan
A Nando
Sommario
1. Cos’è il Powerbuilding
2. I vantaggi di questo approccio
3. I principi fondamentali dell’approccio ibrido
4. fissare gli obiettivi
5. v.f.i. - volume, intensità e frequenza (programmazione)
5.2 il volume
5.3 l’intensità
5.4 la frequenza
5.5 conclusioni
6. Progressione dello stimolo allenante
6.1 progressione del volume
6.2 progressione dell’intensità
6.3 progressione della frequenza
6.4 densità dell’allenamento
6.5 rapporto tra le progressioni
7. la selezione degli esercizi
7.1 la selezione degli esercizi accessori (del dott. Riccardo padovan)
8. Conclusioni
Ringraziamenti
1.Cos’è il Powerbuilding
Fino alla metà del XVI secolo gli esseri umani furono convinti che la
Terra fosse collocata al centro dell’universo e che gli altri pianeti le
ruotassero attorno. Questa visione dell’universo è definita geocentrica. Nel
1543 Copernico pubblicò il libro De revolutionibus orbium coelestium, nel
quale confutava questa convinzione riprendendo le teorie di Aristarco da
Samo e asserendo che, in realtà, al centro dell’universo c’era il sole. Il
punto di vista eliocentrico stravolse totalmente le dottrine fin ad allora
predominanti, per questo si parla di rivoluzione copernicana.
In secondo luogo, penso sia più stimolante per il lettore che ogni
nozione scientifica sia filtrata dall’esperienza personale, che rende la teoria
più immediata e fruibile. Ogni passo di questo percorso sarà perciò
accompagnato da esperienze dirette e/o da esempi pratici, in cui si
applicheranno i principi enunciati a situazioni verosimili.
Forza e ipertrofia
Si deve distinguere tra l’oggettività della forza e la soggettività
dell’estetica. La prima è oggettiva, e la si può misurare grazie al carico che
viene sollevato. La seconda è soggettiva, varia da persona a persona e
quindi non è misurabile.
Il progresso della forza, in quanto tangibile e fattuale, è l’indice del
miglioramento della propria condizione. Un riscontro di questo tipo è
vantaggioso soprattutto per gli atleti avanzati, i quali, a differenza dei
neofiti (che otterranno progressi estetici più immediati e visibili), potranno
continuare a tracciare la propria crescita anche quando l’adattamento del
corpo faticherà a manifestarsi.
Da anni si è a conoscenza del rapporto che lega forza e ipertrofia. La
forza che esprimiamo è influenzata da più fattori:
Ovvero:
▪ Panca 4 x 6
▪ Spinte con manubri su panca inclinata 3 x 10
▪ Spinte con manubri su panca piana 3 x 10
▪ Croci ai cavi alti 3 x 12
• GIORNO A:
▪ Panca 4 X 6
▪ Spinte con manubri su panca inclinata 3 X 10
• GIORNO B:
▪ Spinte con manubri su panca piana 3 X 10
▪ Croci ai cavi alti 3 X 12
Spesso si cita la storia del barattolo che deve essere riempito, metafora,
a seconda del contesto, della vita o del tempo. Per far sì che esso riesca a
contenere il maggior numero di elementi possibile, senza tuttavia escludere
quelli più importanti, è necessario iniziare inserendoci quelli
imprescindibili, rappresentati come i più voluminosi (in genere palline da
ping pong). Successivamente, via via che lo spazio diminuisce, ci si
metteranno dentro elementi sempre più piccoli (come dei sassolini), fino a
colmare i piccoli spazi rimasti vuoti con la sabbia e l’acqua. I primi
elementi sono quelli più importanti nella vita di un individuo, quelli
necessari al suo sostentamento e alla sua felicità. Il resto – ovvero ciò che
può essere utile ma non necessario o piacevole ma non utile – va inserito
successivamente, affinché colmi gli interstizi. Se lo si fosse aggiunto prima
- se, ad esempio, la prima cosa inserita nel vaso fosse stata l’acqua - non si
sarebbe potuto aggiungere nient’altro: l’acqua avrebbe occupato tutto lo
spazio disponibile.
Facendo nostra questa metafora e adattandola al contesto (consci di
rovinarne l’impatto emotivo), facciamo finta che il barattolo sia il
protocollo di allenamento e gli elementi con cui possiamo riempirlo i
singoli componenti della programmazione e dell’allenamento.
Come detto poco fa, la prima cosa da fare è mettere nel contenitore
(leggi: nel protocollo) gli elementi fondamentali, insostituibili, le palline
grandi, che occuperanno la maggior parte dello spazio. Nel nostro caso le
palline grandi sono il V.I.F. (volume, intensità, frequenza). Solo dopo aver
assicurato la presenza del V.I.F. potremo occuparci di riempire gli spazi
vuoti con ulteriori elementi – senza dimenticare che anche la disposizione
di questi ultimi va stabilita in funzione della loro rilevanza[14].
Il principio di specificità ci dice che come ci alleniamo riflette ciò che stiamo cercando di
ottenere. In modo più specifico alla phase potentiation, i sotto-principi di adattamento diretto
e compatibilità delle modalità allenanti ci dicono che non possiamo allenarci, con
produttività massima, per tutto allo stesso momento.
Adattamenti e abilità
Perché abbiamo speso così tanto tempo per parlare di specificità? Dove
si posiziona l’ipertrofia nel triangolo? Possiamo rispondere a entrambe le
domande con un’unica risposta.
L’ipertrofia è un adattamento, non un’abilità. Non è possibile
allenare un adattamento, lo si può solo indurre mediante il miglioramento
di un’abilità.
In natura essere belli non è una caratteristica necessaria alla
sopravvivenza, mentre lo sono le tre abilità che abbiamo collocato ai
vertici del triangolo (forza, velocità e resistenza). Il corpo umano non
avverte fisiologicamente l’esigenza di diventare più bello, ma può
diveltarlo a mezzo di un allenamento mirato a migliorare una (o più) di
queste abilità.
Sì, abbiamo sottolineato come non si possa riempire l’intero triangolo,
e dunque parlare di più abilità potrebbe risultare fuorviante. Le abilità
condizionali descrivono le tre differenti capacità di base di tradurre
l’energia in un gesto atletico. Pertanto, esse si possono combinare. Tra la
forza e la velocità troveremo la forza veloce (esplosività), mentre tra la
forza e la resistenza troveremo la forza resistente.
Come si arriva all’ipertrofia? Grazie a un adattamento indotto
dall’allenamento di tutte le sfaccettature della capacità denominata
“forza”. Per ottenere il massimo sviluppo ipertrofico un atleta deve
dedicare attenzione - in ordine di importanza - a:
1. Forza resistente
2. Forza massima
3. Forza veloce
La forza resistente si trova al primo posto per coloro che desiderano un
adattamento ipertrofico. Come per ogni altro sport, anche nel
powerbuilding si deve essere consci dell’inevitabilità di alcuni
compromessi. Questo, più che per gli utenti che vogliono ottimizzare
l’estetica (giacché la forza massima ricopre comunque un fattore rilevante
nella costruzione ipertrofica), è vero soprattutto per gli atleti che vogliono
eccellere nel powerlifting. Quest’ultimi, pur giovando anche
dell’allenamento delle altre, per ottenere il massimo dei risultati dovranno
riservare una maggiore attenzione alla forza massima.
Per gli amatori gli aspetti descritti poco fa sono meno visibili, dato che
i passaggi tra un focus e l’altro sono molto meno significativi. Il connubio
dei due elementi può pertanto essere molto più accentuato e solido durante
tutta la preparazione. De-adattarsi rispetto a uno stimolo (ovvero
sensibilizzarne nuovamente la ricezione da parte del corpo) è molto utile
per migliorare le prestazioni. Bisogna abituarsi a passare da un focus
all’altro per tutta la durata della preparazione, imparando a non
demoralizzarsi se l’aspetto che in una fase non viene allenato
primariamente manifesta uno stallo o un lieve calo.
5. V.I.F. – Volume, Intensità e
Frequenza (Programmazione)
Fissato l’obiettivo, si può procedere alla programmazione
dell’allenamento.
Per strutturare un allenamento efficace è fondamentale la gestione
delle tre variabili fondamentali, ovvero:
▪ Giorno 1: Allenamento A
▪ Giorno 2: Allenamento B
▪ Giorno 3: Allenamento C
▪ Giorno 4: Allenamento D
• Settimana 2
▪ Giorno 1: Allenamento D
▪ Giorno 2: Allenamento E
▪ Giorno 3: Allenamento A
In questo caso il microciclo avrà una durata di (circa) 10 giorni.
I microcicli sono a loro volta contenuti in una struttura temporale di
durata maggiore, chiamata mesociclo.
▪ Power Lower
▪ Power Upper
▪ Hypertrophy Lower
▪ Hypertrophy Upper
▪ Giorno 1: 4x6 che diventerà con il tempo un 4x5 con 10kg in più
della settimana 1
▪ Giorno2: 4x4 che diventerà con il tempo un 4x3 con 10kg in più
della settimana 1
▪ Giorno3: 4x2 che diventerà con il tempo un 4x1 con 10kg in più
della settimana 1
L = kg x reps x set x p
▪ IPERTROFIA:
1. Esercizio 1 3x8 (24 REP – 3 SERIE)
2. Esercizio 2 3x12 (36 REP – 3 SERIE)
3. Esercizio 3 2x15 (30 REP – 2 SERIE)[21]
Per un totale di 90 REP ALLENANTI e 8 SERIE.
L’opposto della hi fatigue debt è la low fatigue debt (“a basso debito
di fatica”), che prevede di mantenersi sempre al minimo volume efficace
per garantire un progresso costante nel tempo, riducendo al minimo il
rischio di infortunio dovuto all’accumulo di fatica. Protocolli di questo
tipo hanno, perciò, mesocicli di una durata media sensibilmente superiore
e minor frequenza di microcicli e scarichi.
Non sono d’accordo con chi sostiene di dover stare sempre “con
l’acqua alla gola” sull’MRV, poiché sono convinto abbia più rischi che
vantaggi. Dato che questo sport è una maratona e non uno sprint, bisogna
pensare alla longevità dell’atleta (da natural, per ottenere ottimi risultati,
occorrono tanti anni e tanta costanza). “Tirare sempre con l’acqua alla
gola” non è una delle strategie migliori. Apprezzo di più un approccio
ibrido: non stare per forza al minimo volume recuperabile, ma strutturare i
propri blocchi allenanti con un’oscillazione fra il minimo e il massimo;
una programmazione in cui si abbiano sporadici mesocicli di “shock”,
strutturati in modo più affine a un mesociclo hi fatigue debt, alternati a
periodi in cui si lavora a livelli di stress inferiori, favorendo così il
recupero (low fatigue debt).
I periodi dell’allenamento
Come abbiamo anticipato, le alte intensità non sono sostenibili ad alti
volumi e, viceversa, gli alti volumi non sono sostenibili ad alte intensità.
Nelle schede, in genere, la priorità è alterna o si hanno periodi di
“compromesso”, in cui si cerca una via di mezzo. Ecco i periodi che si
possono incontrare:
1. Periodo di accumulo: è il periodo di costruzione e richiederà
più tempo a chi ha come focus primario l’ipertrofia (e dunque
l’estetica).
L’atleta usa il 70% del suo 1RM ed esegue il numero di serie (a RPE
8) che serve ad accumulare il volume previsto in quella seduta;
L’atleta fa tante serie da 4 con l’80% del suo 1RM quante servono a
raggiungere un RPE 8.
La frequenza di allenamento
Iniziamo ad analizzare la frequenza dal primo dei tre modi di confrontarsi
con essa: quanto frequentemente ci alleniamo. Una delle domande più
gettonate è: quante volte dobbiamo allenarci a settimana? In generale, si
consiglia dalle tre volte in su. Questa affermazione non è dettata da
particolari evidenze scientifiche, ma da osservazioni empiriche: due
sedute, infatti, risultano essere insufficienti per accumulare un volume
adatto a dare all’organismo sufficiente stimolo per continuare a crescere,
specie quando non si è più neofiti.
Per avere più chiaro il numero di allenamenti che dobbiamo fare a
settimana, calcoliamo l’indice di efficienza nell’accumulo del volume. È
constatazione prescientifica che allenarsi più spesso semplifichi il
raggiungimento del volume necessario.
Immaginiamo di dover accumulare (in media) 15 serie allenanti
settimanali per i principali movimenti del nostro corpo. Partendo dal basso,
abbiamo:
▪ estensione dell’anca;
▪ spinta orizzontale;
▪ spinta verticale;
▪ trazione orizzontale;
▪ trazione verticale.
▪ Quali sono i focus primari per i suoi scopi? Di questi si deve tenere
conto per stabilire il grado di intensità (percepita) più consono al
suo protocollo.
▪ ripetizioni;
▪ serie;
Queste sono le tre variabili che si devono gestire per avere una
progressione nel volume. È necessario per forza lavorarle tutte e tre
contemporaneamente? Assolutamente no. Anzi, è meglio sfruttare un
modulo che si focalizzi su una di esse alla volta. In modo più chiaro:
progredire in modo specifico in una delle tre variabili, mantenendo le
altre costanti.
▪ recupero percepito
▪ fame/sazietà
▪ sonnolenza
▪ fastidi articolati
▪ affaticamento muscolare
▪ doms
▪ ecc.
1) Fase di accumulo:
❖ Settimana 1
▪ Giorno 1: 3 x 8 x 70%
▪ Giorno 2: 3 x 6 x 75%
▪ Giorno 3: 3 x 4 x 80%
❖ Settimana 4
▪ Giorno 1: 6 x 8 x 70%
▪ Giorno 2: 6 x 6 x 75%
▪ Giorno 3: 6 x 4 x 80%
2) Fase di intensificazione:
❖ Settimana 1
▪ Giorno 1: 3 x 6 x 75%
▪ Giorno 2: 3 x 4 x 80%
▪ Giorno 3: 3 x 2 x 85%
❖ Settimana 4
▪ Giorno 1: 5 x 6 x 75%
▪ Giorno 2: 5 x 4 x 80%
▪ Giorno 3: 5 x 2 x 85%
3) Picco:
❖ Settimana 1
▪ Giorno 1: 3 x 4 x 80%
▪ Giorno 2: 3 x 2 x 85%
▪ Giorno 3: 3 x 1 x 90%
❖ Settimana 4
▪ Giorno 1: 4 x 4 x 80%
▪ Giorno 2: 4 x 2 x 85%
▪ Giorno 3: 4 x 1 x 90%
Obiettivo: Intensificazione
Intensità di carico: 75-85 %
Volume di Picco: 4870
Settimana di picco (ultima del programma):
Tutto ciò che resta da fare è calare l’intensità (per esempio al 90%) per
il periodo rimanente del programma di picco.
È importante tener presente che con l’avanzare del livello e della forza
assoluta dell’atleta sarà necessario allungare il blocco di picco
proporzionalmente a quanto l’atleta sarà vicino al suo massimo potenziale
genetico.
Alla maggior parte dei lettori di questo libro, tuttavia, sconsiglio di
pianificare blocchi di lavoro che superino le 4-5 settimane di picco.
Lavorare con percentuali di carico tanto alte, oltre a rendere l’allenamento
più tassante e pericoloso, risulta poco efficiente per accumulare volume
nel tempo, costruire massa muscolare e acquisire lo schema motorio.
Durante un lavoro di questo tipo si passa da un protocollo low set – high
rep, all’opposto low rep – high set. In questo modo possiamo ripetere più
volte il movimento e impostare (a parità di volume) intensità e carico medi
più alti, il che è specifico per il nostro obiettivo: incrementare il carico
utilizzato. Si aggiunga che ripetere molte volte una serie dello stesso gesto
ci permette di interrompere l’esecuzione, riflettere sulla tecnica e sulla
correttezza del movimento e tornare a eseguirlo in modo più preciso e
pulito.
Tuttavia, non va trascurata la multifattorialità della progressione dello
stimolo allenante: il volume relativo di picco diminuirà con l’avanzare
dell’intensità media (anche se a blocchi).
6.3 Progressione della frequenza
A che serve la progressione della frequenza allenante? La
progressione di questa variabile ha molte sfaccettature, le quali, a mio
parere, sono un po’ meno definite rispetto a quelle relative a volume e
intensità.
1) Stacco
2) Squat
3) Panca
I. Riserve Energetiche
II. Segnalazione Cellulare
III. Il sistema nervoso
IV. Struttura Tissutale
• Fosfati → Minuti
• Glicogeno → Giorni
• Sistema Nervoso → Giorni/Settimane
• Tessuti → Settimane/Mesi
I. Riserve Energetiche
• ACCUMULO
• INTENSIFICAZIONE:
• PICCO:
1. Esercizi base
1. Esercizi fondamentali
2. Esercizi per ipertrofia generale
3. Esercizi accessori
Ricapitolando…
Le fondamenta del programma richiedono che si ripartiscano
settimanalmente gli esercizi fondamentali, i quali determineranno la base
del protocollo e il “tempo” della scheda (ossia il numero di sedute
settimanali). Una volta gettate le basi, innalzeremo il secondo livello del
programma affiancando ai fondamentali gli esercizi di ipertrofia generale.
Infine, aggiungeremo gli esercizi accessori.
Riprendo un passaggio del capitolo 3 che chiarisce i principi
fondamentali dell’approccio ibrido:
1. Premessa
Nella vita ho subito molti infortuni dovuti a incidenti stradali: bulging
discali, frattura del mento, instabilità rotulea con conseguente condropatia,
eccetera. Con la genetica non mi è andata meglio: i primi fastidi
osteoarticolari - tra scoliosi e rettificazione generalizzata del rachide - mi
hanno accompagnato fin dai sedici anni. Tuttavia, compiuti i diciassette
iniziai ad allenarmi con i pesi, una passione che non mi ha più
abbandonato e che nel tempo è cresciuta sempre più, spingendomi ad
approfondire gli aspetti preventivi dell’allenamento. Qualche anno dopo
mi sono laureato al Corso di Laurea Magistrale in Scienze e Tecniche
dell’Attività Motoria Preventiva e Adattata.
Più la mia esperienza cresceva, più mi chiedevo se portare sul campo
quello che studiavo sui libri e sperimentavo su me stesso potesse essere
una buona idea e, dopo quattro anni di esperienza in sala pesi, decisi di
svolgere l’attività di coach come libero professionista, portando diversi
atleti a gareggiare nel powerlfiting e nel bodybuilding.
Per trasparenza, cito i migliori risultati raggiunti ad oggi nel
powerlifting:
Altre gare a cui mi piace prendere parte sono quelle di specialità nella
panca piana - esercizio che adoro, ma nel quale sono poco più che un
dilettante. I miei migliori risultati sono stati i 110kg nella -69 in FIPE
(2018), che mi hanno portato un bronzo ai regionali su 11 atleti, e i 125kg
a 75,52kg in FIPL (2019).
Dal 2019 sono entrato a far parte del team del Nerd Training Center.
Legge di Starling
La forza di un muscolo è direttamente proporzionale alla lunghezza delle sue fibre
all’inizio della contrazione. Un esempio. Il cuore, che è composto da miocardiociti (tessuto
muscolare non molto differente da quello scheletrico) aumenta la propria forza di eiezione
(sistole) tanto quanto più dura la fase di riempimento (diastole). Questo accade perché il
sangue che entra nel ventricolo pre-stira le cellule muscolari, determinando la conseguente
espressione di forza.
Legge di Schwann
La forza assoluta di un muscolo diminuisce man mano che esso si accorcia
contraendosi, come i corpi elastici.
1.3.2 Deltoide
Il deltoide ha tre fasci principali (senza citare quelli infiniti del
Kapandji), che hanno azioni talvolta antagoniste tra loro. Per semplicità ci
focalizzeremo sul gruppo “spalla” più che sulle sue componenti.
Un esercizio fondamentale è il military press (che consiglio di
eseguire in piedi e non da seduti o peggio al multipower) con bilanciere. I
powerbuilder possono programmare questo esercizio in ottica di forza; i
powerlifter possono sfruttarlo come accessorio in quanto si tratta di una
spinta verticale, utile a chi pratica uno sport che la prevede solo
orizzontale.
A prescindere dalla specifica disciplina, consiglio un esercizio
accessorio aggiuntivo: il lento con manubri su panca inclinata.
Il motivo di questa scelta richiama quello delle spinte con manubri su
panca inclinata: lavorare in massimo allungamento e in accorciamento
incompleto per giovarne a livello posturale.
Perché la military press da seduti no e il lento con manubri sì?
Nel military press da seduti il carico lombare sarà maggiore che in
piedi, non essendoci il sostegno degli arti inferiori. Ricorrendo ai manubri
si eviterà questo problema: il peso usato sarà minore sia per la componente
di catena aperta dell’esercizio (che non permette di caricare lo stesso peso
del military press), sia per la modalità di esecuzione.
Considerando le azioni dei vari capi del deltoide, per chi adotta un
approccio ibrido potrebbe essere utile inserire delle alzate laterali (per il
capo laterale) o delle alzate posteriori (per il capo posteriore) qualora vi
fosse una carenza di questi distretti.
Qualche indicazione ulteriore:
▪ poiché si tratta di un esercizio monoarticolare e riferito a un
muscolo piccolo, caricare poco peso. Inoltre, la spalla è la nostra
articolazione più mobile e in quanto tale anche la più instabile;
▪ nelle alzate laterali, il gomito deve essere solo leggermente flesso e
non arrivare a 90°;
▪ per le alzate posteriori consiglio la versione su panca inclinata a
30° e non quella che si vede fare da seduti, con lombare
totalmente invertita, che in alcuni soggetti potrebbe causare o
aumentare la lombalgia.
1.3.4 Bicipite
È giunto il momento del parlare del muscolo più amato dagli uomini: il
bicipite. E sì, vi consiglio di allenarlo.
Oltre alla soddisfazione personale, va allenato per il suo ruolo nella
postura a livello della spalla. Infatti, nonostante entrambi i capi di questo
muscolo siano biarticolari, è quello lungo ad avere un effetto di chiusura,
se accorciato. Quindi, avendo sempre ben chiaro il secondo esempio della
legge della plasticità muscolare, l’esercizio che mette in allungamento il
capo lungo del bicipite brachiale è il curl con manubri su panca
inclinata.
Apro una piccola parentesi relativa alla legge di Starling; non l’ho
ancora nominata, ma in realtà interviene in tutti gli esempi che ho fatto.
Con questi esercizi accessori stiamo puntando a determinati muscoli o capi
articolari, ma come facciamo a interessarne specifici, soprattutto quando si
parla di capi diversi dello stesso muscolo? Sfruttando la loro lunghezza
all’inizio della contrazione (o, per fare i nerd, il numero di ponti actina-
miosina disponibili all’inizio della stessa).
Torniamo ai nostri curl su panca inclinata. È preferibile
un’inclinazione della panca tra i 60 e i 75°. Andare oltre i 60° potrebbe
essere decisamente rischioso per le spalle, anche se devo ammettere di non
aver ancora visto un’esecuzione decente a simili inclinazioni, cosa
abbastanza logica data l’anatomia dell’articolazione presa in causa (e la
mobilità di chi frequenta le palestre).
Mi piacerebbe non dover fare questa precisazione, ma temo sia
obbligata: questo esercizio va eseguito con i manubri. Utilizzare un
bilanciere non avrebbe alcun senso, visto che non si pre-stirerebbero né il
capo breve né il capo lungo, per ovvie ragioni di ingombro, e nemmeno si
accorcerebbero a dovere. Diventerebbe una specie di alzata frontale.
Consiglio la supinazione per sfruttare appieno l’azione principale del
bicipite brachiale e per lavorarlo in totale allungamento.
1.3.5 Tricipite
Spesso il tricipite viene trascurato perché, non essendo uno dei
leggendari “muscoli dello specchio” (gran pettorale, bicipite, addome,
deltoide), perde di importanza agli occhi degli utenti. Peccato che con i
suoi tre fasci vada a occupare 2/3 della circonferenza del braccio: se si
vogliono braccia grosse, è un ottimo alleato. Estetica a parte, anche il
tricipite è importante a livello posturale, essenzialmente a causa del suo
capo lungo.
In un programma tipico da powerlfiting, il tricipite lavora attivamente
nella panca piana. Il problema è che non lavora in allungamento. Prima di
tutto, quindi, occorre capire come fare a pre-stirare il capo lungo.
Immagino che ormai il meccanismo sia chiaro: bisogna puntare sulle
estensioni del tricipite a omero flesso. Più sarà flesso, più allungamento
del capo muscolare otterremo.
Un ottimo esercizio è lo skullcrushers con manubri su panca piana
o leggermente inclinata. Preferisco evitare il bilanciere per avere un
lavoro più omogeneo tra i due arti e per evitare problematiche articolari a
livello dei gomiti. Una valida alternativa è l’esecuzione dello stesso
esercizio al cavo basso (con la testa rivolta verso di esso).
Se c’è sufficiente mobilità, un altro esercizio che consiglio è il french
press in piedi al cavo basso, cioè un’estensione di gomito a omero
totalmente flesso. Mi raccomando: affinché il principio di allungamento
completo non venga meno, è opportuno eseguire l’esercizio a full rom, e
non solo parzialmente.
1.3.6 Addome
Siamo arrivati all’addome. Sappiamo che con addome intendiamo
diversi muscoli: il retto, gli obliqui esterni e interni e il trasverso.
Anche i powerlifter dovrebbero dedicare all’addome un po’ di tempo.
Perché?
Nonostante squat e stacco attivino il core, sono più tassanti per la parte
posteriore dello stesso, cioè lombari, erettori, spinali e via dicendo. Un
esercizio di addominali servirà a controbilanciare il lavoro fatto con questi
due big.
In questo caso non chiamerò in causa le leggi menzionate fin qui, ma
proporrò esercizi che riflettano solamente la postura tenuta nel farli.
Per chi fa powerlifting, la soluzione migliore è il plank. In base al
livello atletico, lo si può fare senza ausili, con un rialzo sotto ai piedi o con
i piedi agli anelli. Anche il side plank è un ottimo esercizio, se non
migliore, e consigliato anche dal dr. McGill per prevenire o curare il mal
di schiena.
Per chi si allena nel bodybuilding questi esercizi vanno benissimo, ma
ci si può cimentare anche nel reverse crunch su panca addome. La
difficoltà aumenta all’aumentare dell’inclinazione della panca. Mi
raccomando: esecuzione lenta e controllata, senza inutili slanci.
1.3.7 Cosce e glutei
Perché raggruppare questi muscoli in un’unica categoria?
Perché con squat e stacco li si costruisce massivamente (a patto di
sapersi attivare correttamente sotto carico).
Se si è powerlifter, gli unici esercizi che si possono aggiungere sono i
monolaterali, ai quali ricorrere se si riscontrano notevoli differenze di
circonferenza (e probabilmente di forza) tra i due arti: affondi
all’indietro, in camminata e bulgarian squat. Questi esercizi non solo
permetteranno di colpire singolarmente gli arti inferiori, ma aiuteranno nel
migliorare il controllo e la propriocezione degli stessi. Negli utenti che
presentano notevoli differenze tra i due arti (più di 2 cm di circonferenza),
non è infrequente notare anche un diverso controllo tra i due, sovente a
discapito di quello meno sviluppato. Questo perché i compensi attuati nei
due big hanno un adattamento maggiore a livello dell’arto più sollecitato.
A bodybuilder e atleti ibridi – benché gli esercizi sopracitati vadano
bene – suggerisco di considerare anche le classiche leg extension e leg
curl, specie nel periodo che precede la gara, al fine di indurre il delinearsi
di alcuni ulteriori dettagli estetici.
Nel caso di una carenza muscolare o di una scarsa attivazione dei
glutei, la soluzione è l’hip trust, da eseguirsi con carichi adeguati se si
vogliono ottenere buoni risultati.
1.3.8 Polpacci
Tendo a mettere sempre un esercizio per il gastrocnemio a chi alleno, a
prescindere che lo scopo sia la forza o l’ipertrofia. Se da un lato serve a
riempire il gap dei due big su questo distretto, dall’altro serve anche a
preservare (se non aumentare) la mobilità della caviglia.
Spesso si sente affermare che “i polpacci non crescono, o li hai di
genetica o niente”. A chi lo afferma rispondo: e scommetto che li alleni
con costanza da anni e con una tecnica adeguata, vero?
I muscoli del polpaccio rispondono allo stimolo dell’allenamento con
sovraccarichi come tutti gli altri muscoli scheletrici del nostro corpo.
Ovviamente in alcuni soggetti risponderanno meglio che in altri, ma
questo accade con tutti i muscoli. Il punto è un altro. Raramente ho visto
atleti eseguire adeguatamente i calf; per lo più ci si imbatte in movimenti
parziali e fatti alla velocità della luce, il cui unico risultato è far perdere
tempo a chi ha davvero bisogno di usare il macchinario.
Il mio consiglio è eseguire i calf alla pressa o al multipower su step,
quindi a ginocchia distese. In questo modo verrà pre-stirato il
gastrocnemio (o gemelli) a scapito del soleo. Il primo, infatti, è più
voluminoso del secondo, nonché il diretto responsabile della mobilità della
caviglia (i tibiali lo possono essere in minor parte). Nello specifico:
posizionare 1/3 della pianta del piede sulla pedana o sullo step e scendere
col tallone finché si ha il controllo del movimento, poi spingere fino ad
arrivare in punta, sempre col massimo controllo possibile. Un errore
comune è far collassare la caviglia internamente; dovrà invece essere
mantenuta in asse con la tibia e il piede.
1.4 Ho finito!
Con queste poche pagine ho trattato praticamente tutti i distretti che ci
interessa allenare e salvaguardare nell’allenamento in palestra. Sono
consapevole della miriade di altri esercizi che esistono, ma in quanto
sostenitore del powerbuilding e dell’approccio sportivo in generale,
ritengo che sia preferibile concentrarsi su un numero ristretto di esercizi
per non perdere energie e tempo. Credo fermamente che ci si debba
concentrare sul fare meno e farlo meglio – mi riferisco al numero di
esercizi e non al volume.
L’esempio è sempre lo stesso: se voglio migliorare la mia battuta a
tennis, la allenerò una volta a settimana, magari con un’infinità di varianti
negli altri giorni, o allenerò la battuta tutti i giorni, senza arrivare al
cedimento tecnico?
Caratteristiche:
Peso Corporeo: 80kg ca.
▪ Squat: 265kg
▪ Panca: 177,5kg
▪ Stacco: 255kg
▪ Total: 697,5kg
Questi massimali gli erano valsi il terzo posto nella categoria -83kg.
Struttura:
Il totale previsto in gara era di 715kg, così suddiviso: 270kg di squat;
180kg di panca; 265kg di stacco.
Caratteristiche:
Ho scelto di portare uno scorcio del mio percorso come esempio anche
perché, a differenza di Matteo, preferisco lavorare in autoregolazione. Può
perciò essere interessante vedere come, sebbene il coach sia lo stesso
(ebbene sì: io), gli approcci possano essere diversi a seconda delle
esigenze.
Nel mio periodo agonistico nelle MMA e nella lotta ho subito molti
infortuni alle spalle, dai quali sono derivate una lesione del cercine della
spalla destra pari all’85%, la lesione di Hill-Sachs e una lesione di tendini
e legamenti dell’articolazione. Ho subito due operazioni, e ad oggi vanto
un innesto osseo con viti in titanio, una protesi alla testa dell’omero e vari
“aggiustamenti” di tendini e legamenti.
Avrei dovuto subire la stessa operazione anche alla spalla sinistra, ma
per via di grosse difficoltà nel periodo post-operatorio ho preferito evitare.
Da qui è iniziato il mio percorso con i pesi, inizialmente volto a
riabilitarmi per gli sport da combattimento.
Poiché ho uno studio di personal training nel quale trascorro quasi tutte
le mie giornate, posso permettermi di allenarmi come e quando voglio,
purché i miei impegni lavorativi lo consentano. Necessitando di diverse
sessioni e non avendo molto tempo da dedicare ai workout giornalieri, ho
deciso di stabilire una frequenza allenante di 5 volte a settimana, riducendo
il volume della singola sessione e con esso il tempo necessario a espletarla.
I miei fastidi articolari sono legati anche al carico. Vincoli di tempo e
vincoli di carico mi hanno spinto a concentrarmi sulla densità degli
allenamenti: i miei recuperi (che sono brevi per un powerlifter) mi
impongono l’uso di carichi medi inferiori, ma mi permettono di
accumulare più volume nel poco tempo a disposizione.
Notate bene: ho mostrato pima due variabili che negli altri esempi
hanno rilevanza minore. Questa è la prova che sono le nostre esigenze a
sancire la rilevanza di una variabile che in altri casi potrebbe essere
secondaria.
Caratteristiche:
Peso Corporeo: 83kg c.a. ad inizio collaborazione
▪ forza generale;
▪ ipertrofia generale.
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[1] In questa sede, al termine “forza” si è preferito il termine “prestazione”, al fine di non
generare l’errata idea che con i sovraccarichi si lavori unicamente per la forza e per l’estetica,
quando, in realtà, esistono anche lavori incentrati sull’endurance muscolare e sull’esplosività.
[2]Per semplicità ed esigenze di brevità utilizzeremo qui la definizione di powerbuilder per tutti gli
atleti con un obiettivo ibrido e a tutti gli utenti medi delle palestre.
[5] Questa visione è di certo semplicistica, ma serve a dare un’immagine di ciò a cui ci si
riferisce con l’espressione “tensione meccanica”.
[6] L’elemento k racchiude tutti i fattori che abbiamo esposto fin qui in questo capitolo.
[7] questo è particolarmente vero per movimenti come la panca piana e lo squat.
[12] Ripetizione massimale, ovvero il massimo carico con cui riusciamo a eseguire una e non
più d’una ripetizione.
[13] Changes in exercises are more effettive than in loading schemes to improve muscle
strength, Fonseca, R.M., et al., J Strength Cond Res, 2014. 28(11): p. 3085-92 e ripreso in The
muscle strength and training pyramid di Eric Helms (cfr. bibliografia di riferimento).
[14] È chiaro che, prima del V.I.F., il primo passo deve essere stabilire gli obiettivi. Tuttavia,
vista la rilevanza di questo passaggio, abbiamo deciso di riservargli un capitolo specifico (cfr. cap.
4).
[15] Bisogna osservare che, nonostante alcuni studi (mediante l’uso di EMG) dimostrino che le
croci con manubri generano un’attività maggiore nel gran pettorale, la qualità dell’esecuzione della
panca piana ha un notevole impatto nel coinvolgimento del muscolo target durante l’alzata.
L’importanza del gesto tecnico vale chiaramente anche per le croci: affinché l’esercizio sia
proficuo, l’esecuzione deve essere il più precisa possibile. Quale che sia l’esercizio scelto,
un’esecuzione poco accurata ne comprometterebbe i risultati.
[16] Il che è vero solo in parte: la tensione meccanica è comunque fondamentale per lo stimolo
ipertrofico. Quando si va su un numero di ripetizioni molto alto, il carico non deve decrescere al
punto da rendere non allenante la serie; altrimenti ci sarebbe possibile crescere sollevando una
penna per tantissime volte, ma questo non accade.
[17] In particolare uno studio sulla frequenza delle alzate della squadra di powerlifting
norvegese, di cui si trovano l’abastract e il link per la lettura qui:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/m/pubmed/29324578/
[18] S’intende che gli esempi siano molto riduttivi. Il loro scopo serve solo a rendere un’idea
generale di ciò di cui si sta parlando.
[19]
Come anticipato, quest’alternanza di stimoli genera un circolo
virtuoso, in cui l’una fase è propedeutica all’altra e ne viene poi
positivamente influenzata.
[20] Io stesso prediligo, nella programmazione personale, questo metodo.
[24] A seconda del profilo psicologico dell’atleta, potremmo trovarci di fronte a persone che
sottostimano o sovrastimano il loro massimale.
[25] Per approfondire il D.U.P. si invita il Lettore a fare riferimento all’introduzione del
capitolo 5 – V.I.F.
[26]
A questa stima, dobbiamo mettere in conto di aggiungere anche il
tempo impiegato per lo stretching e il riscaldamento.
[27] Vale anche in questo caso il consiglio di non interpretare quanto esposto come un dogma;
non voglio consigliare a chiunque di eseguire le alzate con elevata frequenza nell’arco della
settimana: la frequenza con cui si allena un’alzata deve essere scelta tenendo a mente tre principi
generali:
- quantità di volume necessario per progredire;
- impatto sulla fatica;
- frequenza minima per generare adattamenti positivi.
[28] Per una trattazione più dettagliata a questo proposito, cfr. infra cap. 6.
[29] Ovviamente, qui si fa riferimento al primo approccio con un atleta che non conosciamo.
Qualora lo conoscessimo o avessimo strutturato - in precedenza - altre sue programmazioni,
avremmo dati di partenza a cui rifarci per basare le nostre analisi.
[30] Magari verso la fine, così da essere certi di aver dissipato sufficiente fatica.
[31] Si
noti che la progressione del carico allenante avviene tra la prima
e la seconda settimana.
[32] Nel powerlifting si hanno tre tentativi per sollevare il massimo carico possibile.
[34] Per aumentare l’ipertrofia si può fare ricorso a queste tecniche di allenamento. Tra di esse,
consiglio soprattutto i jump-set, in quanto esiste un discreto bacino di ricerche che ne evidenzia le
proprietà. Quali? La differenza principale tra i jump-set e le altre tecniche, per esempio i super-set,
è che nei primi non si ha un altrettanto evidente deterioramento della tecnica nel tempo, dal
momento che nei jump-set si accostano movimenti di due gruppi muscolari diversi, antagonisti tra
loro, le cui esecuzioni consentono, alternatamente, il riposo dell’altro, favorendo una tecnicità
superiore ed un carico medio utilizzato più alto.
[35] Per ottimizzare la risposta ipertrofica è comunque consigliato
stimolarlo in entrambi i modi.
[36] Ognuna di queste variabili necessita di tempi differenti per dissipare la fatica accumulata
ed essere ripristinata.
[37] I concetti fisiologici analizzati sono stati presi dal libro Scientific principles of training del
Phd Mike Israetel
[38] Per ciascun blocco, abbiamo evidenziato la variabile cui è dedicato primariamente.
[39] Per facilitare la consultazione, suddividiamo gli atleti in tre possibili categorie, cosicché
ciascun lettore possa individuare più comodamente la propria.
[40] Quali struttura e leve perfette per queste alzate e capacità coordinative ed esecutive
eccellenti
[41] Salvo diversa indicazione, per tutti gli esercizi di questo capitolo consiglio di preferire un
RPE tra il 7 e il 9, poiché le esecuzioni devono essere curate e non si deve mai arrivare a cedimento.
[43] Matteo era molto più competente nelle serie a basse ripetizioni, e le prescrizioni di alte
ripetizioni non venivano quasi mai rispettate.
Alcuni riferimenti dettagliati sono già presenti nel testo. In questa sezione si elencano manuali,
[44]
paper e pubblicazioni che mi sono stati utili nella stesura del volume, alcuni dei quali (come per es.
alcuni studi del dottor Schoenfeld) ho ampiamente citato, e di cui consiglio la lettura per
approfondire gli argomenti trattati.