Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
15
3
IN COPERTINA:
Illustrazione di Anton Špacapan.
Cinema
Questo volume
a cura di
Campanotto Editore
è stato impresso
a Pasian di Prato
nel laboratorio d’arte
Grafiche Piratello
nel mese di giugno 2006
ISBN 88-456-0804-2
4
a cura di
Simone Venturini
IL RESTAURO CINEMATOGRAFICO
PRINCIPI, TEORIE, METODI
Campanotto Editore
5
S i m o n e V e n t u r i n i
6
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
SOMMARIO
INTRODUZIONE Pag. 9
PRINCIPI
METODO E MATERIA
7
S i m o n e V e n t u r i n i
OLTRE IL FILM
Effetto diorama.
Sulla nozione di testo nel cinema delle origini. Una nota ” 133
Leonardo Quaresima
BIBLIOGRAFIA ” 143
8
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
INTRODUZIONE
9
S i m o n e V e n t u r i n i
del restauro cinematografico, in Gian Piero Brunetta (a cura di), Storia del cine -
ma mondiale. Teorie, strumenti, memorie, vol. V, Einaudi, Torino 2001. Il saggio
di Nicola Mazzanti, Note a pie’ pagina (Per un glossario del restauro cinematogra -
fico), è stato pubblicato in Luisa Comencini - Matteo Pavesi (a cura di), Restauro,
conservazione e distruzione dei film, Il Castoro, Milano 2001 e costituisce la base
per un successivo e più ampio saggio: Gian Luca Farinelli - Nicola Mazzanti, Il
restauro: metodo e tecnica, in Gian Piero Brunetta (a cura di), Storia del cinema
mondiale. Teorie, strumenti, memorie, vol. V., Einaudi, Torino 2001.
Lo scritto di Paolo Bertetto, L’eidetico, l’ermeneutica e il restauro del film, è
stato pubblicato (con il titolo Lo eidético, la hermeneutica y la restauracion del
filme) in “Archivos de la Filmoteca”, n. 10, 1991. L’intervento di Dominique Païni,
Restaurare, conservare, mostrare è stato pubblicato nell’edizione italiana in
“Cinegrafie”, n. 10, 1997. L’edizione originale e integrale di Ségolène Bergeon, Il
restauro dei film, è: Le Restauration des films, in “CinémAction”, n. 97, 2000.
L’edizione originale e integrale del saggio di Paolo Cherchi Usai è: El film que
hubiera podido ser; o, el análisis de las lagunas considerado como una ciencia
exacta, in “Archivos de la Filmoteca”, n. 10, 1991. Il contributo di Leonardo
Quaresima, Effetto diorama. Sulla nozione di testo nel cinema delle origini. Una
nota, è stato pubblicato in Michele Canosa (a cura di), La tradizione del film.
Testo, filologia, restauro, “Cinema & Cinema, n. 63, 1992. Il saggio, nella versione
integrale, di Antonio Costa, O for Original, è stato pubblicato in Gian Luca
Farinelli - Nicola Mazzanti (a cura di), Il cinema ritrovato. Teoria e metodologia
del restauro cinematografico, Grafis, Bologna 1994.
Vorrei qui ringraziare la disponibilità degli autori e degli editori dei contributi
raccolti nel volume. Ringrazio per la fiducia, la stima e i continui stimoli offerti
Leonardo Quaresima, Roy Menarini, Francesco Pitassio, Davide Pozzi. Un rin-
graziamento particolare va a Mariapia Comand per avere seguito con affettuosa
pazienza e fiducia il mio lavoro. Un ringraziamento va a Paolo Bertetto per i pre-
ziosi consigli offerti. Un ringraziamento a Michele Canosa e Nicola Mazzanti per
gli stimoli e gli sferzanti ammonimenti. Ringrazio inoltre per la disponibilità
Matteo Pavesi. Un ringraziamento va a Marco Cumin per il prezioso e insostitui-
bile aiuto. Un sentito ringraziamento, per la pazienza e l’amicizia, ad Alice
Autelitano, Cristiano Poian, Gianandrea Sasso e Anton Spazzapan.
[S.V.]
10
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
A Misa
11
S i m o n e V e n t u r i n i
12
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
Nel corso del Novecento le modalità e i processi di distruzione dei film da una
parte e della loro conservazione dall’altra si sono costantemente affrontate e con-
frontate, selezionando e costituendo il patrimonio filmico della memoria cinema-
tografica1. Questi due fenomeni complementari, come la memoria e l’oblio, si sono
fin dal principio tradotti in letteratura, istituzioni deputate e prassi d’azione
sulla materia filmica.
Il restauro filmico si costituisce storicamente come azione e ambito minore e
particolare. Come nella tradizione degli altri contesti artistici e culturali, si
affianca solo recentemente all’opera di conservazione del film, sia in termini
potenziali di disciplina o ambito teorico ancora in fieri e in parte rimasto incom-
piuto, sia in termini di prassi.
Se dovessimo osservare e interpretare nel complesso il percorso storico di isti-
tuzione della pratica del restauro filmico e della sua problematizzazione teorica e
metodologica potremmo distinguere principalmente tre fasi - che si sovrappongo-
no, si avvicendano e si intersecano fra loro, giungendo a nominare la pratica del
restauro prima e a intensificare poi e progressivamente la complessità della
riflessione sull’oggetto.
La prima appare come una fase in cui il restauro è latente, nascosto e si rivela
in negativo: ovvero pone le basi storiche, culturali e concrete della propria neces-
sità attraverso la materia da cui trae origine: le copie dei film proliferano, si
riproducono e si differenziano; contemporaneamente si ammantano di corruzioni
e in molti casi, in parte o totalmente, scompaiono. Questo primo periodo giunge
negli anni Trenta a cristallizzarsi - nella riflessione estetica e culturale, nonché
nell’azione istituzionale - in un momento “forte” di scoperta dell’oggetto e ha
come conseguenza principale la conservazione materiale delle pellicole.
La seconda fase - tra gli anni Cinquanta e Settanta - coincide con la scoperta
delle potenzialità dell’oggetto e con l’opportunità di restituire un valore estetico,
storico, d’uso all’oggetto preservato e di renderlo fruibile in un nuovo contesto
mediatico e per nuovi pubblici. Un periodo che giunge all’emergenza della pratica
del restauro, e di conseguenza alla fruizione di opere filmiche cui sono state resti-
tuite le qualità e le caratteristiche perdute: degli “inediti” ripristinati, ricostruiti
e offerti a una re-visione estetica e storico-culturale eccezionale (in termini
13
S i m o n e V e n t u r i n i
Conservare, preservare
14
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
15
S i m o n e V e n t u r i n i
zione critica dei testi e delle copie, di manifestazione di nuove occorrenze perfor-
mative e “rivelatrici” dei film d’archivio (in sala e progressivamente nei circuiti
televisivi), nonché di recupero del valore d’uso perduto12.
Tuttavia, questa fase, prima e durante la parallela e connessa emergenza
delle prime esperienze di restauro è contraddistinta da un sentimento e da una
sensazione implicita di incompiutezza. È in questo momento che affiora progres-
sivamente l’esigenza estetica, storica e culturale sincronica (cioè che è sempre
dell’epoca che agisce sul film, lo “problematizza’ e lo “racconta” in modo nuovo)
che trasla il film da un piano di relativa indifferenza della copia conservata, tra-
smessa e proposta a un piano di attenzione necessaria e irrinunciabile verso il
recupero delle qualità - figurative, narrative - perdute.
Come vedremo più avanti ciò dipende anche da un’ideologia del testo filmico -
come concezione che vede il film come un insieme compiuto e coerente da dover
ricondurre a uno stato “originale” e che applica retroattivamente la concezione
contemporanea del film come testo e oggetto della storia del cinema e del restau-
ro -, nonché da un’idea di cinema come forma di spettacolo che non ammette l’in-
completo, il lacunoso, il corrotto, il “rovinato”.
Come scrive Torsello,
Il restauro quindi non contribuisce solo alla storiografia e alla storia del cine-
ma sottoponendo allo storico i testi “corretti” su cui lavorare, il restauro «aggiun -
ge oltre che recuperare», ovvero crea una nuova storia e una nuova estetica, e si
costituisce come forma particolare e interna al cinema a sé contemporaneo.
L’epoca dei grandi restauri e delle “rivelazioni”: Napoleone alla conquista di Metropolis
16
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
direzione si devono i primi restauri del cinema tedesco del muto: film di Paul
Wegener, Friederich Wilhelm Murnau e in particolare la prima ricostruzione di
Metropolis (Fritz Lang, 1927).
La prima operazione di restauro condotta dal Národní filmový archiv di Praga
risale al 1969 con Svatý Václav (Jan Stanislav Kolár, 1929).
Nel 1975 la Bowser fornirà un ottimo esempio di ricostruzione e di documen-
tazione (sotto forma di un articolo apparso sui Cahiérs de la Cinémathèque) di A
Corner in Wheat (David Wark Griffith, 1909)15. Tra il 1973 e il 1980 Brownlow
propone a Washington, Londra e New York due fasi del restauro di Napoléon
(Abel Gance, 1927). Robert Gitt nel 1975 inizia a lavorare alla ricostruzione di
Lost Horizon (Frank Capra, 1937) all’American Film Institute e successivamente
a l l ’ U C L A - con i restauri di metà anni Ottanta di Becky Sharp ( R o u b e n
Mamoulian, 1935) e di The Toll of the Sea (Chester Franklin, 1922) - riapre l’inte-
resse e la ricerca nel restauro del film a colori avviato da Harold Brown e il
Museum of Modern Art di New York nel 1970 con il restauro di The Black Pirate
(Albert Parker, 1926).
Le prime e maggiori “esibizioni” di film restaurati sollecitano una riflessione
sempre più consistente che si allarga dagli specialisti alla comunità degli storici e
degli studiosi di cinema. Così, a partire dalla fine degli anni Settanta, a fianco
della “pratica” del restauro si moltiplicano gli interventi che sottolineano e pro-
pongono la necessità e l’avvento di una moderna filologia del film. La prassi del
restauro sollecita così la riflessione teorica. Come testimoniava Brunetta nel
1981,
fino a poco tempo fa […] i critici e gli storici del cinema non sembravano
preoccuparsi troppo della qualità della testimonianza. Il textus receptus era
la vulgata eguale per tutti16
A partire dai primi anni Settanta e fino alla prima metà degli anni Ottanta,
in coincidenza con questo primo picco di maturità e di attenzione approfondita al
restauro del film, sono forse due le componenti, per così dire esogene, che sorreg-
gono e fondano la necessità epistemologica del restauro e della ricostruzione filo-
logica: da un lato una dimensione economica e industriale, dall’altra uno stato
della sfera culturale.
Gli archivi delle majors americane e più in generale delle case detentrici dei
diritti di proprietà e sfruttamento diventano una voce importante nella politica
economica cinematografica e un patrimonio da rivalutare e rimettere in circola-
zione.
La perdita di valore è correlata all’esaurirsi del tempo di vita, nel senso di
sfruttamento commerciale, del film. L’affermazione del medium televisivo prima
(tra gli anni Cinquanta e Settanta) e dell’home video poi, rinnova ed estende la
validità dei film del passato in termini di sfruttamento commerciale.
I film - sospesi, ‘congelati’ e privati di valore d’uso - sono riversati in settori
che ne richiedono sempre più massicciamente l’utilizzo e che quindi spostano l’at-
tenzione dal conservare al mostrare. Ai film “conservati” viene restituito, sotto
17
S i m o n e V e n t u r i n i
[…] il restauro è un attività radicata nella modernità […] non è un caso che
il restauro si affermi pienamente negli ultimi vent’anni, quando sembrano
venire meno le letture ideologiche, pragmatiche e tendenziose del cinema e
prende piede un rapporto più diretto con il testo e con il linguaggio20.
18
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
È in questo periodo, che si può collocare l’inizio della terza fase di confronto
con l’oggetto. A partire dagli anni Ottanta e in particolare modo nel decennio suc-
cessivo si scopre e si indaga la problematicità teorica e metodologica interna alla
preservazione e al restauro del film.
Se il Congresso FIAF di Brighton del 1978 è stato per gli storici del cinema
uno dei momenti forti della rinascita della propria disciplina e di accensione della
“passione infiammabile”, i restauri di M e t r o p o l i s, I n t o l e r a n c e (David Wa r k
Griffith, 1916), Napoléon rappresentano per gli studiosi di cinema le prime illu-
minanti esperienze di restauro moderno.
Così, la nascita della storiografia avanzata del cinema e la nascita del restau-
ro e della moderna filologia del film hanno in comune lo stesso retroterra cultura-
le, le stesse spinte innovative e si intrecciano fin dal loro principio: «il “laborato-
rio” dello storico del cinema è ormai legato a un laboratorio meno metaforico,
quello degli archivi del film»25.
Ancora, l’allargamento della nuova storiografia cinematografica allo studio
del cinema delle origini, ai modelli e ai processi produttivi e tecnologici, trova
nella ricerca laboratoriale sui film d’archivio interessi analoghi e convergenti.
Nasce così un primo periodo di grande attenzione verso un possibile approccio
moderno alla filologia e al restauro del film, nel senso di un paragone e di una
equivalenza con le spinte avvertibili nella seconda metà dell’Ottocento nella filo-
logia letteraria e nel restauro d’arte e architettonico. Borde, Brunetta, Bowser,
Cherchi Usai, Cosandey, Farassino, Edmonson, Patalas, Pinel, solo per citarne
19
S i m o n e V e n t u r i n i
20
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
21
S i m o n e V e n t u r i n i
22
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
[…] the notion of the original is one of the crucial structuring principles of
any artistic heritage, separating what is important from what is not, what
deserves to become part of the canon from what does not […] In this
market of reconstruction and collector’s edition, the notion of the original
plays a decisive role in shaping the accessibility and driving the circulation
of old films44
Sarà attraverso una determinata apertura della prassi e del discorso teorico
intorno al restauro filmico agli apporti del restauro d’arte e della filologia lettera-
ria e attraverso la problematizzazione ulteriore della nozione di testo e di quella
di originale che i presupposti e le problematiche individuate si risolveranno, cre-
diamo temporaneamente e parzialmente, maturando in un tentativo di fondazio-
ne di un assetto teorico e metodologico generale.
A partire dagli anni Novanta, avremo così da una parte l’assunzione del meto-
do filologico, con l’ipotesi e la ricostruzione di archetipi e di versioni all’interno
dell’approccio analitico-comparativo; con l’analisi delle varianti e l’individuazione
di guasti, errori, difetti. Dall’altra avremo la raffinazione del processo di restauro
- tanto in termini di prassi metodologica basata sulla conoscenza storica e tecni-
ca, sulla decostruzione/duplicazione/ricostruzione e sull’esame critico dei mate-
riali, quanto in termini di assunzione di riferimenti teorici provenienti da alcuni
“maestri” del restauro e della conservazione moderna (Brandi soprattutto, e in
seconda battuta Riegl). Tali apporti condurranno, durante lo scorso decennio, a
raccogliere le sollecitazioni precedenti e a costituire alcuni percorsi di fondazione
di una teoria e di un metodo del restauro cinematografico.
Se gli anni Settanta e Ottanta hanno rappresentato il dominio della prassi del
restauro e della prima problematizzazione dell’oggetto, il decennio successivo
sembra rappresentare il tentativo di passaggio a un approccio metodologico al
restauro.
A partire dagli inizi degli anni Novanta e fino quasi ai giorni nostri non pochi
saggi, interventi, monografie collettive hanno proposto e redatto principi istitu-
23
S i m o n e V e n t u r i n i
24
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
soprattutto legati all’assunzione del “testo filmico” come veicolo e oggetto dell’ap-
plicazione del metodo e alla legittimità di un’attività teoretica finalizzata alla
costituzione di una teoria del restauro:
Poiché se è vero che sia il film che il codice manoscritto sono fatti entrambi
per essere copiati, non bisogna dimenticare una differenza di fondo: nel
cinema la copia, per quanto si distinguano in essa elementi testuali e ele-
menti di supporto non è in sé consultabile o leggibile ma diventa a sua
volta supporto, anzi uno dei supporti, per quell’altro testo che è la proiezio-
ne cinematografica50
25
S i m o n e V e n t u r i n i
26
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
27
S i m o n e V e n t u r i n i
Oltre il film
28
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
As yet there is not a general acceptance of the notion that a full restoration
is not obtained until the image is restored, the music is restored, and the
final product is screened in front of an audience. It is the screening of a
restored image and musical accompaniment for a public that constitutes the
true restoration of this form [corsivo mio, nda]68
29
S i m o n e V e n t u r i n i
caratteristiche già saldo patrimonio del cinema degli inizi: la tendenza del
film ad esistere anche “fuori dallo schermo”, la situazione che vedeva le
immagini cinematografiche come parte di uno spettacolo più complesso […]
non si può analizzare il cinema “delle origini” utilizzando le stesse categorie
del cinema contemporaneo […] In ogni caso è necessario partire da una pre-
cisa consapevolezza: il testo “film delle origini” non coincide affatto con l’og -
getto pellicolare. È fatto di questo - più tutto l’insieme di apparati di spettaco -
larizzazione in questo stesso si trovava inserito e raccordato [corsivi suoi].
Ogni storia del cinema che non tenga conto di tale passaggio non solo è desti-
nata a cogliere una porzione del suo oggetto, ma anche a darne una immagi-
ne fortemente deformata. Una filologia del cinema che ignori questo dato è
destinata, a sua volta, a mancare per larga parte il proprio bersaglio70
30
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
le nel porsi quale sia il fine del restauro cinematografico: se il restauro è da una
parte ricostruzione e recupero delle qualità perdute (l’esigenza di recupero), dal-
l’altra è funzionale a una attualizzazione e una ritestualizzazione inevitabile e a
una messa in valorizzazione per il presente. Come ha notato la Bergeon, la con-
servazione è necessaria, il restauro è contingente71.
Il metodo si scopre così - riflettendo sull’instabilità, sulla permeabilità origi-
naria dei confini del testo filmico e sull’impermanenza dell’immagine72, - variabi-
le dipendente e in funzione del fine e del valore (in senso riegliano) che si può
attribuire all’edizione restaurata e al patrimonio cinematografico.
Possiamo allora immaginare che il restauro coinvolga necessariamente la sti-
pulazione di un accordo73 con il presente nel momento in cui interroghiamo il
passato, ovvero di ridefinire teoricamente l’oggetto del restauro e di ricercare i
modi di relazione e di accordo tra il “palinsesto” del passato che vorremmo “resti-
tuire” e il presente che lo dovrà accogliere.
In un prezioso e in parte sottovalutato scritto di Giorgio Bertellini - che ha,
crediamo, “colpito” Patalas74 - troviamo scritto:
31
S i m o n e V e n t u r i n i
punti che fanno sì che la teoria del restauro si trovi oggi in difficoltà a interpreta-
re i mutamenti in atto.
Di qui l’utilità e l’esigenza, oltre a una ripresa più ampia dei possibili apporti
del restauro tradizionale (architettonico, archeologico, d’arte), di prendere in con-
siderazione e di fare convergere maggiormente nel restauro i metodi, i modelli e
le teorie avanzate della storiografia cinematografica e gli ambiti teorici riconduci-
bili allo studio della ricezione del testo, dell’intermedialita e dei processi di rime-
diazione, nonché in ultima analisi di verificare le possibilità di aprire il restauro
filmico al restauro “culturale”, dove le “edizioni critiche” potrebbero costituire
l’ambito applicativo in grado di fondere proficuamente l’approccio filologico con il
dialogo storico-culturale tra passato e presente. Avvicinare ovvero la materia,
l’oggetto e l’identità del restauro al valore d’uso attuale delle edizioni restaurate.
Si avverte quindi, durante gli anni Ottanta e Novanta, a fianco delle spinte
fondative, una corrente contigua, frammentaria e mai giunta a una teorizzazione
complessiva. Una serie di approcci che interrogano e propongono la concezione di
un testo spettacolare, che investigano i fenomeni di “ritestualizzazione” e di pro-
duzione di “nuove realtà percettive”, che mostrano più attenzione all’evento e alla
performance, aprendo così e implicitamente alla riflessione sulla dimensione
pragmatica, comunicativa e di ricezione del testo restaurato e sulla sua colloca-
zione, funzione e valorizzazione nel presente77.
Tuttavia, se il restauro è - come abbiamo già anticipato e come vedremo poi
nelle sue definizioni - un processo, una modalità e un metodo di recupero di
caratteristiche perdute, appare ovvio, fisiologico e costrittivo che sia stata ricer-
cata e si ricerchi tuttora soprattutto quella compiutezza e coerenza del senso
all’interno della dimensione testuale e materiale rappresentata dal film.
Osservando ancora le teorizzazioni più recenti si avverte come ambiti apparen-
temente lontani tra loro si apparentino, evidenziando questa tensione verso la
compiutezza e verso un senso univoco (o molteplice: le versioni) da ricostruire e
“restituire” al presente a partire da ciò che per più ragioni l’ha perduto nel tempo.
Dall’altra parte allora ecco che i fautori del testo spettacolare, dell’evento e
della performance solo parzialmente riproducibile incarnano una volontà e un
pensiero in parte contrastante e al contempo complementare.
Una dinamica e un opposizione tra atteggiamento conservazionistico e restau-
rativo forse - come nel restauro architettonico, nella dialettica tra preservazione
dell’esistente e ricostruzione dell’unità potenziale - e, forse, come ha indicato Païni
32
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
33
S i m o n e V e n t u r i n i
«provare allora a definire il restauro come un’attività unica che aspiri a dotarsi di
un metodo» e a «esercitare quella “critica del restauro” senza la quale non avremo
mai un metodo e una teoria degni di questo nome»84.
Gli indizi e le ragioni potrebbero essere molte, proviamo a inquadrarne alcune
a partire da un breve articolo di Paolo Cherchi Usai, intitolato Il restauro inutile,
apparso nel 1998. Cherchi Usai, osservatore attento e studioso di primissimo
piano, non solo nel campo della preservazione, riassumeva fin dal sottotitolo del-
l’articolo il passaggio da un periodo frenetico di «corsa al capolavoro “perduto e
ritrovato”» a un periodo in cui mutavano sensibilmente gli indirizzi di politica
culturale e di significato del concetto di “restauro”. Nell’articolo il «restauro inuti-
le» si concretizza in una pericolosa «sindrome del rifacimento» di cui l’autore
cerca di riassumere alcuni motivi.
Cherchi Usai, partendo da un concetto di preservazione (che ribadirà anche in
seguito) come ambito comprensivo delle pratiche di conservazione, duplicazione,
ricostruzione e fruizione (dal termine inglese preservation con i significati e le
pratiche che gli si attribuiscono in questo contesto culturale e linguistico) osserva
come il termine restauro sia al contrario e in quel momento sempre più attribuito
a operazioni di “ristampa” di un film (la preservazione classica tradita nella sua
accezione più larga, che abbraccia la fortuna critica e il mercato delle edizioni
restaurate e sfrutta le tecniche e le prassi di routine di laboratori più o meno spe-
cializzati nel campo del restauro). Cherchi Usai coglieva, a mio parere, almeno
tre punti fondamentali del mutamento in atto che vorrei evidenziare:
34
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
35
S i m o n e V e n t u r i n i
Negli ultimi anni, dai programmi europei ai piani di sviluppo dei conglomera-
ti privati detentori del patrimonio cinematografico, degli archivi del film e dei
laboratori di restauro, la tendenza più avanzata è quella di premiare e perseguire
la creazione di banche dati, l’interconnessione delle risorse, la conversione
hardware e software al digitale e la messa a disposizione di utenti e clienti diffe-
renziati il materiale filmico e non filmico.
L’accesso ai materiali e la commercializzazione del patrimonio filmico è al con-
tempo - nella sua ambiguità - anche una risposta alla concentrazione dei finan-
ziamenti verso singoli e spettacolari progetti di restauro e un modo per indirizza-
re la politica culturale verso una maggiore e rinnovata attenzione alla preserva-
zione dei materiali e verso una fruizione (anche attraverso il restauro) diversifi-
cata qualitativamente (nel senso dei supporti, dei media e dei contesti di ricezio-
ne) e più ampia quantitativamente sia in termini di utenti finali che in termini di
film reperibili presso archivi o sul mercato.
Si parla e si scrive allora di democratizzazione (o di estremizzazione neo-liberi-
sta e secolarizzazione) dell’accesso al patrimonio filmico e di una prospettiva
attuale e futura per gli archivi del film che oscilla tra la marginalizzazione (il pre-
dominio dell’accesso digitale e degli utenti “liberi”) e l’intensificazione dell’impor-
tanza del loro ruolo (selezione, programmazione, orientamento dell’utenza)90.
Più in generale, attraverso i sistemi, le tecnologie e i processi digitali - spesso
e superficialmente liquidati fino a poco tempo fa per il costo elevato e per la scar-
sa garanzia qualitativa e preservativa - uno degli obiettivi sembra essere quello
di realizzare annualmente un piano di preservazione/restauro e accesso ai mate-
riali che parta dalla considerazione pragmatica dell’enorme consistenza dei mate-
riali presenti negli archivi cinematografici91. Un possibile scenario vedrebbe la
triade utenti, accesso e contenuti orientare le politiche di preservazione e restau-
ro a discapito del ruolo degli archivi92.
Dopo l’epoca dei grandi restauri, «delle rivelazioni a getto continuo»93 e delle
riedizioni (tuttora in corso) ecco l’epoca dell’accesso, in grado di garantire teorica-
mente una preservazione e la fruizione dei materiali che sia maggioritaria come
quota percentuale (in virtù dell’enorme quantità di titoli e film conservati) e un
restauro tout court dei materiali, tanto corretto in termini di metodo e prassi
quanto minoritario nella quota percentuale.
Più in generale, da questa prospettiva si comprende come negli ultimi anni,
dopo l’epoca dei grandi restauri e della prassi del restauro, dopo il periodo di fon-
dazione metodologica del restauro cinematografico, l’accesso abbia imposto una
maggiore attenzione alle pratiche e allo studio della preservazione e della digita-
lizzazione (chiave tecnologica primaria dell’accesso), a fronte di una marginaliz-
zazione della riflessione teorica e metodologica sul restauro come lo avevamo
inteso e conosciuto fino alla fine degli anni Novanta.
36
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
Fabbriche, regimi
37
S i m o n e V e n t u r i n i
Non più o non solo dal film al film, ma il processo di restauro digitale ha come
propria finalità (che ne condiziona il metodo) il trasferimento dell’immagine su
un media di visualizzazione.
Ecco allora l’uso che faccio qui del termine intermediazione con un valore sim-
bolico mutuato dall’elemento materiale, tecnico e concettuale di cui più spesso si
parla: l’intermediato digitale.
L’intermediazione è allora il luogo di una nuova “fabbrica”, derivata dall’indu-
stria cinematografica e audiovisiva contemporanea e che mantiene molto più
labilmente dei rapporti di similarità con la fabbrica originaria e con i cicli di
manutenzione e corruzione che hanno trasmesso la tradizione esistente.
L’intermediazione si costituisce allora come un luogo “concettuale” differente
dalla catena della duplicazione (linearità cinematografica versus reticolato inter-
mediale) e che risponde a un diverso assetto: il regime dell’intermediazione.
Credo ci si dovrà confrontare, attraverso la riflessione teorica, con questi e
altri aspetti della preservazione e del restauro contemporaneo, considerato che la
rimediazione e la migrazione sono prassi e concetti entrati recentemente nel pro-
cesso di restauro filmico. A differenza ad esempio del restauro audio dove ciò
avviene da tempo.
Da qui una serie di domande: Che cosa ne è del restauro oggi? Occorre ripen-
sare la necessità o meno del restauro filmico? Che cosa intendiamo con restauro
del film? Occorre definirlo nuovamente, allargandone o delimitandone l’operati-
vità teorica e pratica? Quali sono gli apporti che i cinema studies possono dare al
restauro cinematografico?
38
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
Definire il restauro
39
S i m o n e V e n t u r i n i
40
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
[…] il complesso delle procedure, dei criteri, delle tecniche e delle pratiche
necessarie a mantenere l’integrità, a ripristinare il contenuto e ad organiz-
zare l’esperienza intellettuale di un’immagine in movimento in modo per-
manente […] Duplicazione, restauro, conservazione, ricostruzione (quando
necessaria), accesso, ed esibizione nelle condizioni più appropriate sono
tutti elementi costitutivi dell’attività di preservazione delle immagini in
movimento104
41
S i m o n e V e n t u r i n i
42
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
tutta probabilità ogni attività sull’originale volta al cambiamento dello stato della
materia conservata (riparazione, pulizia, duplicazione, edizione, ricostruzione,
etc.) dovrà essere presa in considerazione come una delle dimensioni del restauro.
Possiamo allora proporre una prima e provvisoria interpretazione: la preservazio-
ne è da intendersi come forma e articolazione primaria del restauro.
Per quanto riguarda invece le nozioni di restauro e ricostruzione, Mazzanti da
una parte e Cherchi Usai dall’altra propongono le seguenti definizioni:
43
S i m o n e V e n t u r i n i
Nel cinema, il primo ordine rimane per lo più nascosto, omesso e celato alla
re-visione estetica e culturale: in qualità di processo e non di prodotto, in termini
di occultamento delle copie sopravvissute116, in virtù della traduzione nella dupli-
cazione delle caratteristiche iniziali, siano esse irrimediabilmente da sacrificare
(come le superfici di sacrificio nel restauro architettonico) o siano state riportate
a uno stato precedente alla corruzione identificata.
Il restauro filmico a un secondo ordine operativo diviene quindi non restitu-
zione del passato, ma progettazione del nuovo. Se l’articolazione primaria del
restauro coincide con la preservazione, l’articolazione secondaria deriva, allo
stato attuale della letteratura, dalla convergenza tra restauro tout court e rico-
struzione filologica117.
Il restauro quindi e complessivamente come manutenzione, come recupero di
qualità perdute e come ricostruzione-riduzione della tradizione e della genealogia
alle singolarità ‘testuali’, filologicamente e storicamente accertabili ai fini di una
loro riproposta inedita nella contemporaneità.
44
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
Note
1 Cfr. con Paolo Cherchi Usai, L’ultimo spettatore. Sulla distruzione del cinema, Il Castoro, Milano 1999
[tit. or. Decay Cinema (IV): History and Aesthetics of Moving Image] e con Raymond Borde, L e s
Cinémathèques, L’Age d’Homme, Paris 1983, pp. 15-27, vedi anche la parziale traduzione italiana: R.
Borde, Storia delle distruzioni, in Michele Canosa (a cura di), La tradizione del film. Testo, filologia,
restauro, “Cinema & Cinema”, n. 63, pp. 93-103.
2 Per un primo orientamento sul tema della “scoperta” del film come oggetto di conservazione vedi
Penelope Houston, Keepers of the Frame. The Film Archives, BFI, London 1994; Paolo Cherchi Usai, La
cineteca di Babele, in Gian Piero Brunetta (a cura di), Storia del cinema mondiale, vol. V, Teorie,
Strumenti, Memorie, Einaudi, Torino 2001, in particolare pp. 995-1003; R. Borde, Les Cinémathèques,
cit..; Anthony Slide, Nitrate Won’t Wait: Film Preservation in the United States, Mc Farland & Co.,
Jefferson, North Carolina and London 2000 (1a ed.: 1992). Cfr. inoltre con Gian Luca Farinelli e Nicola
Mazzanti, Verso una teoria del restauro cinematografico, “Cineteca”, nn. 8-9, novembre-dicembre 1990, e
con Rosa Carluccio, Dai primi cineclub alla biblioteca dell’immagine, in Paolo Cherchi Usai (a cura di)
Dedicato ai film da salvare, sezione monografica di “Segnocinema”, n. 20, novembre 1985, in particolare
pp.19-20.
3 R. Carluccio, Dai primi cineclub alla biblioteca dell’immagine, cit., p. 19.
4 Cfr con Roland Cosandey, Un film è un film, in “Segnocinema”, n. 20, 1985, pp. 30-36.
5 Non a caso Cosandey scrive di questo periodo - volto a salvaguardare le pietre miliari della Settima
Arte, come di un periodo “elettivo” più che “selettivo”, cui parallelamente si afferma la prima storiografia
del cinema, anch’essa generalista, elettiva, mnemonica e al contempo in gran parte separata dalla con-
servazione. La politica della preservazione e di programmazione del film d’archivio prima e di restauro
poi, come vedremo più avanti, non è immune dagli stessi procedimenti di selezione elettiva del materiale
e delle opere da preservare, restaurare e mostrare contribuendo a orientare parte della storiografia cine-
matografica. R. Cosandey, Un film è un film, cit. Va aggiunto che l’attività delle cineteche può essere
45
S i m o n e V e n t u r i n i
inquadrata come “direttiva” nei confronti degli storici del cinema, al contempo e d’altra parte Cherchi
Usai ha ricordato come spesso gli storici del cinema si sono rivolti alle cineteche per consultare una parte
minima ed “eletta” dei film conservati. Cfr. Paolo Cherchi Usai, La cineteca di Babele, op. cit. Nelle sue
conseguenze ultime, le scelte di “politica culturale” del restauro, vedi infine Alessandro Conti, Manuale
di restauro, Einaudi, Torino 2001, p. 8: «Il restauro […] gioca un ruolo determinante anche nell’individua-
zione della serie di modelli […] con i quali si costituisce nella realtà il grande museo ideale».
6 Sulla teoria dei valori vedi Alois Riegl, Il culto moderno dei monumenti. Il suo carattere e i suoi inizi,
edizione italiana di riferimento in Sandro Scarrocchia (a cura di), Alois Riegl: teoria e prassi della conser -
vazione dei monumenti, Gedit, Bologna 2003 (1° ed, CLUEB, Bologna 1995), pp. 171-236 (della prima edi-
zione) e Max Dvořák, Culto dei moderni e sviluppo artistico, in Sandro Scarrocchia (a cura di), op. cit., pp.
359-373.
7 «Possiamo oggi descrivere le principali tappe del restauro cinematografico: dagli anni trenta agli anni
settanta, la duplicazione delle copie per la loro proiezione prolunga l’esistenza di quanto sussiste […]
negli anni settanta, i primi grandi restauri “scientifici” vengono intrapresi “individualmente”[…] il perio-
do seguente, cioè il nostro, dovrebbe da un lato privilegiare l’approfondimento e la diffusione della cono-
scenza di ogni collezione, dall’altro permettere di scoprire le conseguenze critiche del restauro del film»
Dominique Païni, Restaurare, conservare, mostrare, in “Cinegrafie”, n. 10, 1997, pp. 23-24, qui pp. 108-
109.
8 R. Borde, op. cit.
9 Per una definizione di preservazione vedi il paragrafo del presente saggio Definire il restauro.
10 Enno Patalas, On Wild Film Restoration, or Running a Minor Cinematheque, “Journal of Film
Preservation, n. 56, 1998, pp. 28-39. La traduzione francese, parziale, dell’articolo di Patalas è: La restau -
ration sauvage: la gestion d’une cinémathèque parallèle, “CinémAction”, numero monografico “Les
Archives du cinéma et de la télévision”, n. 97, 2000.
11 R. Cosandey, op. cit, p. 34.
12 Walter Frodl, Concetti, valori di monumento e il loro influsso sul restauro, in Sandro Scarrocchia (a cura
di), Alois Riegl: teoria e prassi della conservazione dei monumenti, cit., p. 412 (della prima edizione): «Il
valore d’uso di un monumento dipende […] in grande misura da come esso corrisponde, tecnicamente e
nella sua potenzialità, alle esigenze moderne, cioè da come “funziona”».
13 B. Paolo Torsello, La materia del restauro. Tecniche e teorie analitiche, Marsilio, Venezia 1988, p. 22.
Torsello e Marco Dezzi Berardeschi rappresentano nel restauro architettonico la scuola “conservazionista”,
“opposta” alla scuola di restauro, ben raffigurata dalle teorizzazioni e dalla prassi di Paolo Marconi. «[Il
restauro] presuppone di ri-mettere in piena efficienza, come se fosse praticamente nuovo, il suo oggetto, e
dunque, sempre e comunque, una decisa trasformazione/mutazione, materiale e morfologica, un ritorno
all’indietro (ri-pristino), della cosa su cui si mettono le mani e che nel suo attuale status riteniamo che non
ci soddisfi», Marco Dezzi Berardeschi, intervento in B. Paolo Torsello (a cura di), Che cos’è il restauro,
Marsilio, Venezia 2005, p. 37.
14 «È infatti attorno agli anni ’60 che, ad una prassi di pura (ma indispensabile e preziosa) duplicazione
del materiale su supporto nitrato (il materiale di base per la pellicola cinematografica, in uso fino al
1950), è andata via via sostituendosi un’attività di effettivo restauro, di intervento cioè volto a ricostruire
copie più possibile “corrette” e “complete” di un testo cinematografico», G.L. Farinelli e N. Mazzanti,
Verso una teoria del restauro cinematografico, cit., p. 4.
15 Eileen Bowser, A Corner in Wheat, “Cahiers de la Cinémathèque”, n. 17, 1975.
16 G. P. Brunetta, intervento al convegno “il film come bene culturale”, in Il film come bene culturale, Atti
del convegno (Venezia 25/29 marzo 1981), La Biennale/ERI, Venezia/Roma 1982, p. 81, ora G. P.
Brunetta, Note per una filologia del cinema (1982), in Id., Avventure nei mari del cinema, Bulzoni, Roma
2001. Dieci anni dopo, Michele Canosa scrive a proposito dell’autenticità e unicità che il film acquista nel
corso del tempo: «Perché accada deve prodursi una distanza, uno scarto e un gesto di riconoscimento - che
sono esattamente le condizioni del restauro», Michele Canosa, Immagini e materia. Questioni di restauro
cinematografico, in Id. (a cura di), La Tradizione del film. Testo, filologia, restauro, cit., p. 30, qui p. 78.
La prima fase, la conservazione, costituiva appunto una premessa parziale ma non le condizioni del
restauro.
46
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
17 «In the second half of the last century, and particularly in the last fifteen years, major media compa-
nies have embarked on a large-scale operation of exploiting their own archival holdings, an activity that
the press, using a metaphor rich in historical references, aptly describes as the “mining of the archives
for coin” […] This process of “mining” the past, of turning the past into a resource, has become one of the
major sources of revenue for the large media conglomerates that dominate the global media economy»:
Vinzenz Hediger, The Original Is always Lost. Film History, Copyright Industries and the Problem of
Reconstruction, in Malte Hagener, Marijke De Valck (a cura di), Cinephilia. Movies, Love, and Memory,
University of Amsterdam Press, Amsterdam 2005, p. 135.
18 La configurazione della relazione tra archivi, tecnologie/media e cinefilia proviene da Vinzenz Hediger,
Politique des archives: European Cinema and the Invention of Tradition in the Digital Age, in Yearbook of
the Amsterdam School for Cultural Analysis for 2005, ASCA, Amsterdam, pp. 93-126. In questa direzione
le fasi di emergenza, riconoscimento e affermazione del restauro cinematografico che ho descritto possono
essere integrate e incrociate in modo proficuo con quelle proposte da Hediger.
19 Antonio Costa, Presentazione in M. Canosa (a cura di), op. cit., p. 19.
20 vedi Paolo Bertetto, Lo eidético, la hermeneutica y la restauración del filme, “Archivos de la Filmoteca”,
n. 10, ottobre-dicembre 1991, qui, in particolare, pp. 106-107.
21 vedi Ségolène Bergeon, La restauration des films, “CinémAction”, vol. 97, 2000, qui, in particolare, p.
116.
22 Dominique Païni, Un Moderne Art des Ruines, “Cinémathèque”, n. 9, 1996 (trad. Ingl. : A Modern Art
of Ruins, “Journal of Film Preservation”, n. 54, 1997). Cfr. anche con Philippe Roger, Le temps des restau -
rations, “CinémAction”, n. 97, 2000.
23 Cfr. con A. Costa, intervento al convegno “il film come bene culturale”, in Il film come bene culturale,
cit., p. 73.
24 I film “orfani” sono i film privi di un detentore dei diritti, di un proprietario, tale definizione può essere
estesa anche ai film conservati ma privi di cure e attenzioni per ragioni economiche, di sottovalutazione
del valore estetico, storico, etc.
25 R. Cosandey, op. cit., p. 35.
26 Se il trasferimento/duplicazione della materia e del contenuto su un altro supporto può essere definita
come “migrazione”, per rimediazione intendiamo quanto segue: «La rappresentazione di un medium
all’interno di un altro viene da noi chiamata rimediazione […] A un estremo […] il medium elettronico
non si contrappone alla pittura, alla fotografia, alla stampa: piuttosto il computer diventa un nuovo modo
di ottenere accesso a questi materiali d’archivio, come se il contenuto dei vecchi media si potesse sempli-
cemente trasferire su di uno nuovo. Dal momento che la versione elettronica giustifica se stessa garan-
tendo l’accesso ai vecchi media, essa vuole essere trasparente. Il medium digitale vuole cancellare se stes-
so, in modo tale che lo spettatore possa stabilire lo stesso legame con il contenuto veicolato come se si
stesse confrontando con il medium originale», Jay David Bolter - Richard Grusin, Remediation, Guerini,
Milano 2002, p. 73.
27 Sul versante dell’indagine scientifica del colore nel cinema muto si veda Monica Dall’Asta - Guglielmo
Pescatore - Leonardo Quaresima (a cura di), Il colore nel cinema muto, Mano, Bologna 1995 e con Daan
Hertogs - Nico De Klerk (a cura di), ‘Disorderly Order’ Colours in Silent Film, The 1995 Amsterdam
Workshop, Stichting Nederlands Filmmuseum, Amsterdam 1996. Anche Païni ha giustamente correlato
tale pratica e riflessione - critica, come quella di attenzione al ‘sito’ del film - alle spinte e alle riflessioni
sul colore nel restauro d’arte e architettonico, vedi D. Païni, Restaurer, conserver, montrer, in La persistan -
ce des images, Cinémathèque française, Musée du cinéma, Paris 1996 (ed. ital.: Dominique Païni,
Restaurare, conservare, mostrare, “Cinegrafie”, n. 10, 1997), qui pp. 108-114.
28 La questione, compresa la ri-denominazione del restauratore-artista in “restauratore-autore” sarà
dibattuta e ricorrerà anche nel decennio successivo, cfr. con M. Canosa, Per una teoria del restauro cine -
matografico, in G. P. Brunetta (a cura di), Storia del cinema mondiale, cit., p. 1074, e con P. Cherchi
Usai, op. cit., p. 1034. Nella seconda metà degli anni Novanta, il Gamma Group (composto da esponenti
di archivi e laboratori europei) cercò di trovare, attraverso la ricerca scientifica in senso stretto sulla
materia e sui processi tecnologici di superare questa empasse. Cfr. con Bruno Despas - François Helt, La
restauration numérique des films cinématographiques, CST, Paris 1997, p. 44: «Une récente publication
47
S i m o n e V e n t u r i n i
du groupe GAMMA expose le propositions de Mark-Paul Meyer du Nederland Filmmuseum qui tente de
définir une analyse plus souple et plus lare de la déontologie mieux adaptée aux évolutions technologi-
ques, et de trouver une troisième voie entre le restaurateur ‘archéologue’ et le restaurateur ‘auteur’». Il
proposito di sorpassare e di evolvere rispetto a questa opposizione, fluida in realtà, trova riscontri anche
nelle proposta di un atteggiamento ingegneristico-immaginativo contenuta in Ségolène Bergeon,
Politique de restauration du patrimoine: urgences et contingence, in “Journal of Film Preservation”, nn.
58-59, 1999.
29 Paolo Bertetto, Lo eidético, la hermeneutica y la restauración del filme, cit., qui p. 106.
30 Vedi David Shepard, Silent Film in the Digital Age, in Martin Loiperdinger (a cura di), Celluloid Goes
Digital: Historical-Critical Editions of Films on DVD and the Internet, cit. e Vinzenz Hediger, The
Original Is always Lost. Film History, Copyright Industries and the Problem of Reconstruction, cit., p.
140.
31 G. P. Brunetta, intervento al convegno “il film come bene culturale”, in Il film come bene culturale, cit.,
p. 82, ora G. P. Brunetta, Note per una filologia del cinema (1982), cit.
32 Ségolène Bergeon, Politique de restauration du patrimoine: urgences et contingence, cit., pp. 9-10: «On
ne pourra jamais nier que toute intervention humaine sur un bien préexistant est une interprétation[…]
on peut meme dire que le restaurateur est le responsables des formes de notre musée imaginaire […]
Quel que soit le mode choisi […] toute intervention appartient à une certaine époque et en trahit incon-
sciemment les modes […] sont des interventions qui sont marquées du sceau et des idées qui leur sont
contemporaines». Cfr. Anche con Alessandro Conti, Manuale di restauro, Einaudi, Torino 1996 e 2001, p.
8: «Il restauro […] gioca un ruolo determinante anche nell’individuazione della serie di modelli […] con i
quali si costiuisce nella realtà il grande museo ideale»; e con Ray Edmondson, Etica e principi del restau -
ro, “Cinegrafie”, n. 4, 1991, qui p. 61: « […] ogni ricostruzione riflette le convenzioni culturali e il parame-
tro di giudizio artistico del suo tempo, e del suo tempo utilizza materiali e strumenti di ricerca […]
Probabilmente non esisterà mai una “ricostruzione definitiva”»
33 Ray Edmondson, Etica e Principi del restauro, cit., qui, p. 59.
34 Ibidem, qui p. 60.
35 Ibidem.
36 Ibidem.
37 Vedi a questo proposito Roland Cosandey, L’édition des films restaurés, “CinémAction”, n. 97, 2000 e il
saggio di Michele Canosa, Gianluca Farinelli, Nicola Mazzanti, Nero su bianco. Note sul restauro cinema -
tografico: la documentazione, “Cinegrafie”, n. 10, 1997. Quest’ultimo non a caso citato da Cosandey nel
suo studio.
38 Eileen Bowser, Alcuni principi di restauro del film, “Griffithiana”, nn. 38-39, 1990, qui p. 55.
39 S. Bergeon, La restauration des films, cit., qui p. 117. C’è da sottolineare che la Bergeon non tiene
conto del fatto che la duplicazione prevede necessariamente una “manipolazione” delle copie “originali”,
dei reperti. Pratica invasiva (riparazioni, pulizia, etc.) che deve necessariamente tenere conto dei principi
di reversibilità. Cfr. con il paragrafo Definire il restauro del presente saggio.
40 Vedi Alberto Farassino, ‘Der letzte Mann’ e il restauro dei film muti, “Immagine”, n. 3, 1985.
41 Cfr. con l’intervista di Roland Cosandey a Enno Patalas: «ci si deve rendere conto del fatto che parlare
di originale o di prima versione (urfassung) è, nella maggior parte dei casi, un’approssimazione», R.
Cosandey, Conservare, restaurare, mostrare. Intervista a Enno Patalas, in P. Cherchi Usai (a cura di)
Film da salvare: guida al restauro e alla conservazione, numero monografico di “Comunicazioni di
Massa”, n. 3, 1985.
42 Cfr. con R. Cosandey, Un film è un film, cit. e Vincent Pinel, Il restauro del film. Prospettive e problemi
in P. Cherchi Usai (a cura di) Film da salvare: guida al restauro e alla conservazione, cit. Eileen Bowser
dichiara di privilegiare la “opening night”, la prima proiezione pubblica, intervista citata in A. Slide,
Nitrate Won’t Wait: Film Preservation in the United States, cit., p. 112. Sarà proprio la Bowser nel 1990 a
sintetizzare e descrivere le scelte del restauro: E. Bowser., Alcuni principi del restauro del film, cit.
Sintetizzando e astraendo, tre appaiono le questioni fondamentali che soggiacciono a tali classificazioni
procedurali: Il restauro come reintegrazione e come proposta “attrattiva” e “accordata” con il presente; il
48
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
recupero di uno degli stati “originali”; il rispetto dei segni del tempo e delle alterazioni. Cfr. con Henry
Zerner, La teoria critica dei valori di Riegl, in Sandro Scarrocchia (a cura di), Alois Riegl, teoria e prassi
della conservazione dei monumenti, cit., pp. 433-435 (della prima edizione), e con P. Cherchi Usai, El film
que hubiera podido ser; o el análisis de las lagunas considerado como una ciencia exacta, “Archivos de la
Filmoteca”, n. 10, 1991, qui pp. 125-132.
43 Nicola Mazzanti, Note a piè pagina. Per un glossario del restauro cinematografico, in Luisa Comencini
- Matteo Pavesi (a cura di), Restauro, conservazione e distruzione dei film, Il Castoro, Milano 2001, p. 20,
qui pp. 94-95.
44Vinzenz Hediger, The Original Is always Lost. Film History, Copyright Industries and the Problem of
Reconstruction, cit., p. 136 e p. 143. In questa direzione vanno segnalate per inciso le diffide legali perve-
nute ad archivi, anche in Italia, alla diffusione di copie diverse da quella “restaurata” e non riconosciute
dagli aventi diritti.
45 Le relazioni del convegno troveranno uno sbocco editoriale nel volume del 1994 curato da Gian Luca
Farinelli e Nicola Mazzanti: G.L. Farinelli - N. Mazzanti (a cura di), Il cinema ritrovato. Teoria e metodo -
logia del restauro cinematografico, Grafis, Bologna 1994.
46 M. Canosa (a cura di), La tradizione del film. Testo, Filologia, Restauro, cit.
47 G.L. Farinelli - N. Mazzanti, Il restauro: metodo e tecnica e M. Canosa, Per una teoria del restauro
cinematografico in G. P. Brunetta (a cura di), Storia del cinema mondiale, cit.
48 Cfr. per le analoghe tensioni nel restauro architettonico con Roberto Masiero, Nel definire il restauro,
in B. Paolo Torsello (a cura di), Che cos’è il restauro?, Marsilio, Venezia 2005, in particolare pp. 158-159:
«Penso anche che coloro che operano e pensano al restauro dovrebbero riflettere il più possibile usando
tutti gli strumenti a disposizione sui paradossi, sulle contraddizioni, sulle aporie che fanno del restauro
un’impossibile disciplina […] in esso sono continuamente in gioco (nei modi della teoria come in quelli
della prassi) storia e arte, storia e valori, storia e progetto. Forse potremmo fare un ultimo esperimento:
chiederci come il restauro, che in fondo non sappiamo bene cosa sia, è determinato o determina le seguen-
ti antinomie: materia/forma,forma/contenuto, natura/artificio, natura/cultura, natura/storia, nuovo/anti-
co, tradizione/progresso, creazione/ripetizione, autenticità/inautenticità, vero/falso, comprensione/pre-
comprensione, produzione/ riproduzione, libertà/necessità».
49 Giorgio Cremonini, Verso una ideologia del restauro, “Cineforum”, n. 3, marzo 1991.
50 Alberto Farassino, intervento al convegno “il film come bene culturale”, in Il film come bene culturale,
cit., s. p. (la trascrizione dell’intervento di Farassino venne aggiunta agli atti solo dopo l’edizione del
testo. Lo stesso Brunetta nel suo intervento al convegno veneziano sollecitava l’allargamento della conce-
zione del testo), qui p. 67.
51 Ibidem, p. 68.
52 Ibidem: «Ogni proiezione di un film è così un diverso attestarsi di questo film, così come ogni replica di
uno spettacolo teatrale e a differenza di quanto accade in letteratura». Tale approccio è da mettere in
relazione con le “performance” coincidenti con le presentazioni e le anteprime dei restauri del muto:
potremmo allora parlare di occorrenza testuale delle “Giornate del Cinema Muto”, occorrenza del
“Cinema Ritrovato”, etc.
53 A proposito delle posizioni di Cherchi Usai vedi P. Cherchi Usai, L’ultimo spettatore. Sulla distruzione
del cinema, cit., p. 60: «il proposito di riportare l’immagine in movimento a un ipotetico stato primordiale
ha come conseguenza la creazione di nuove realtà percettive. Ogni intervento in questa direzione aumen-
ta il divario fra lo stato attuale dell’immagine e la sua presunta condizione in quanto Immagine Modello.
A rigore di termini, il risultato di tale azione riparatrice è identico al danno cui essa intende porre rime-
dio; d’altra parte contrastarla o rinunciarvi del tutto significa illudersi di congelare l’immagine in un dato
istante della sua esistenza, e fingere che essa non abbia (più) una storia, esattamente come accade nel
tentativo di invertirne il corso». Il libro costituisce, come scrive lo stesso Cherchi Usai con molta coerenza
con le sue tesi, «il quinto progetto di una struttura in divenire». Al suo interno la riflessione appena cita-
ta sul restauro, in qualche modo apparentabile con le posizioni di Farassino. Per l’accusa di ristrettezza
dell’approccio filologico vedi P. Cherchi Usai, La cineteca di Babele, in Gian Piero Brunetta (a cura di),
op. cit., p. 1039 e P. Cherchi Usai, El film que hubiera podido ser; o el análisis de las lagunas considerado
como una ciencia exacta, cit., qui pp. 125-132.
49
S i m o n e V e n t u r i n i
50
I l R e s t a u r o C i n e m a t o g r a f i c o
76Vinzenz Hediger, The Original Is always Lost. Film History, Copyright Industries and the Problem of
Reconstruction, cit., p. 147.
77 Peraltro bisogna ricordare che molto di quello che abbiamo cercato, in maniera sintetica, di problema-
tizzare ulteriormente attraverso la ricognizione storica, era già presente agli organizzatori e curatori del-
l’incontro bolognese del 1990.
78 D. Païni, Restaurare, conservare, mostrare, cit., p. 27, qui p. 113.
79 N. Mazzanti, Note a piè pagina. Per un glossario del restauro cinematografico, cit.
80 D. Païni, La Résurgenge du fragment, in Cinémathèque, n. 10, 1996 (trad. Ingl.: A Modern Art of
Ruins, in ”Journal of Film Preservation”, n. 54, 1997), ora in Id., Le Cinéma, un art moderne, Cahiers du
Cinéma, Paris, 1997, pp. 141-147.
81Ibidem, p. 143: «L’art du film est à la fois un art et un loisir commercialisé, ayant intégré, plus diffici-
lement que les autres arts, l’incomplet et les effets d’inachèvement».
82 Peter Delpeut, Bits and Pieces. Che fare di un film quando non abbiamo che frammenti, ”Cinegrafie”,
n. 3, 1991. Eric de Kuyper, Il lavoro sul frammento, in G.L. Farinelli - N. Mazzanti (a cura di), op. cit.
83 Vedi il paragrafo Definire il restauro del presente saggio.
84 N. Mazzanti, Note a piè pagina. Per un glossario del restauro cinematografico, cit., p. 22, qui p. 97.
85 P. Cherchi Usai, Il restauro inutile, “Segnocinema”, n. 91, 1998, articolo successivamente integrato e
rivisto in P. Cherchi Usai, L’ultimo spettatore. Sulla distruzione del cinema, cit.
86 Droit des œuvres et métiers du patrimoine cinématographique et audiovisuel en Europe, (29 novembre -
1 dicembre 2005, Bibliothèque nationale de France/Bibliothèque du film).
87 Cfr. con P. Cherchi Usai, La cineteca di Babele, in G.P. Brunetta (a cura di), op. cit.
88 «In our context, ‘access’, represents the link between collection and user»: Nancy Goldman, Access to
Documentation Collcections, in “Papers from Technical Symposium on Documentation”, FIAF-
Documentation Commission, Bruxelles, 1992, p. 58. L’accesso è da lungo tempo uno dei principi-guida
degli archivi del film, qui interessa articolarlo in funzione di una serie di considerazioni teoriche partico-
lari e limitate che inevitabilmente allontanano parzialmente il termine dal suo significato storico e istitu-
zionale.
89 P. Cherchi Usai, L’ultimo spettatore. Sulla distruzione del cinema, cit., pp. 79-81.
90 Vedi V. Hediger, Politique des archives: European Cinema and the Invention of Tradition in the Digital
Age, cit.
91 In questa direzione va segnalata l’incidenza e l’importanza del progetto “FIRST” (Film Conservation
and Restoration Strategies). Coordinato dall’ACE e dalla Cinémathèque Royale di Bruxelles e conclusosi
nel 2004, si poneva il seguente obiettivo iniziale: «the objective of the FIRST project is to bring together
different stakeholders in order to improbe knowledge of archive film, its transfer, restoration, preserva-
tion, cataloguing and distribution in the digital domain. And, vice-versa, to improve knowledge on the
possibilities already offered in the Digital domain, along with its limitations, and its possible, future
developments», First, State of the Art Reports.
92 N. Mazzanti, Access going Digital. Some technical Issues, paper presentato al 61° Congresso FIAF
(Ljubljana, 5-10 giugno 2005), all’interno dei workshop della Commissione tecnica della FIAF.
93 P. Cherchi Usai, Il restauro inutile, cit.
94 Vedi Paul Read - Mark-Paul Meyer (a cura di), Restoration of Motion Picture Film,
Butterworth/Heinemann, Oxford 2000.
95 Ibidem.
96 Paul Read, Digital Image Restoration - Black Art or White Magic? in Dan Nissen, Lisbeth Richter
Larsen, Jesper Stub Johnsen (a cura di), Preserve then Show, DFI, Copenhagen 2002, p. 159. Di P. Read
vedi anche il paper presentato paper presentato al 61° Congresso FIAF (Ljubljana, 5-10 giugno 2005),
all’interno dei workshop della Commissione tecnica della FIAF: Scanning the film and making the access
version. From restorations for the cinema to affordable access to the content.
51
S i m o n e V e n t u r i n i
97 B. Paolo Torsello, La materia del restauro. Tecniche e teorie analitiche, Marsilio, Venezia 1988, p. 15.
98 B. Paolo Torsello (a cura di), Che cos’è il restauro?, Marsilio, Venezia 2005, p. 14.
99 Michele Canosa, Per una teoria del restauro cinematografico, in Gian Piero Brunetta (a cura di), cit., p. 1075.
100 B. Paolo Torsello (a cura di), Che cos’è il restauro?, cit., pp. 14-15.
101 Ci limitiamo a riportare la definizione che ne dà Cherchi Usai: «è l’attività che ha come traguardo la
presentazione di un resoconto visivo immaginario […] di come un’immagine in movimento potrebbe appa-
rire se alcune o tutte le sue parti fossero sopravvissute»: P. Cherchi Usai, La cineteca di Babele, in Gian
Piero Brunetta (a cura di), op. cit., p. 1039 e a portare come esempio la ricreazione del film perduto
London After Midnight (Tod Browning, 1927) realizzata, con materiale non filmico, da Rick Schmidlin.
102 N. Mazzanti, Note a piè pagina. Per un glossario del restauro cinematografico, cit. Cfr. con G. L.
Farinelli - N. Mazzanti, Il restauro: metodo e tecnica in G. P. Brunetta (a cura di), op. cit., p. 1121: «[…]
intervento di “conservazione attiva” volto a garantire la trasmissione al futuro del contenuto dell’oggetto
conservato. In pratica il film viene duplicato su un nuovo supporto. Nella sua accezione corrente, la pre-
servazione indica il mero intervento di duplicazione, senza apportare modifiche (per esempio editoriali) al
materiale originale». Indicativi sono la sostituzione di “reperto” con “oggetto” - legato a uno svincolamen-
to dal restauro tradizionale (quello archeologico) e all’esplicitazione della dialettica film-oggetto/film-
opera - e la sostituzione di “materiale di partenza” con “materiale originale”, segno implicito di una ricer-
ca di un equilibrio maggiore tra il processo di restauro (di cui l’originale diventa il punto di avvio del
metodo e di cui il film “restaurato” coincide con l’approdo finale della migrazione e della traduzione meto-
dologica) e l’oggetto del restauro (la materia dell’oggetto originale). R. Edmondson, in Etica e principi del
r e s t a u r o, cit., dà la seguente definizione di conservazione che comprende anche la preservazione così
come la intende Mazzanti: «designa i procedimenti necessari ad assicurare la sopravvivenza nel miglior
stato possibile, delle immagini e dei suoni che costituiscono un film (questo implica i modi corretti di
deposito e di gestione delle pellicole, e possibilmente la stampa e la riparazione delle copie)».
103Farinelli e Mazzanti definiscono la conservazione come “conservazione passiva”, vedi G. L. Farinelli -
N. Mazzanti, Il restauro: metodo e tecnica, op. cit.
104 P. Cherchi Usai, La cineteca di Babele, cit., p. 1037.
105 Paolo Marconi, Dal piccolo al grande restauro. Colore, struttura, architettra, cit. Cfr. anche con M.
Canosa, Per una teoria del restauro cinematografico, cit., p. 1074: «un intervento tecnico non è solo condi-
zione del restauro, ne è già una fase».
106 Bruno Despas - François Helt, La restauration numérique des films cinématographiques, cit.
107 N. Mazzanti, Note a piè pagina. Per un glossario del restauro cinematografico, cit., p. 21, qui p. 96.
108 Ibidem.
109 P. Cherchi Usai, La cineteca di Babele, op. cit., p. 1038.
110 N. Mazzanti, op. cit., p. 21, qui p. 96.
111 P. Cherchi Usai, La cineteca di Babele, cit., p. 1039.
112 B. Paolo Torsello, La materia del restauro. Tecniche e teorie analitiche, cit., p. 22.
113 P. Cherchi Usai, La cineteca di Babele, cit., p. 1039.
114 Cfr. con R. Edmondson, Etica e principi del restauro, cit. Più confuse, ma non dissimili e sintomo
comunque di una certa reciproca permeabilità, le definizioni proposte da Pinel: V. Pinel, Il restauro del
film. Prospettive e problemi, in P. Cherchi Usai (a cura di), op. cit. Vedi anche le definizioni “FIAF” conte-
nute in Henning Schou (a cura di), Préservation des films et du son, FIAF, Bruxelles 1990.
115 Intervento di Marco Dezzi Berardeschi, in B. Paolo Torsello (a cura di), op. cit., p. 39
116 Cfr. S. Bergeon, La restauration des films, cit., qui pp. 115-121.
117 All’interno e attraverso queste due articolazioni si situano le modalità singolari, costituite, nel proces-
so e nelle occorrenze restaurate, dalle scelte preliminari identificabili nell’esame critico dei materiali
della materia e nella finalità fruitiva. Cfr. con P. Cherchi Usai, El film que hubiera podido ser; o el análi -
sis de las lagunas considerado como una ciencia exacta, qui pp. 125-132.
52