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Biblioteca di Linguistica
collana diretta da Massimo Arcangeli
La collana prevede una serie di volumi, affidati alle cure di
diversi specialisti, dedicati ad aspetti essenziali della linguistica
e ad alcuni temi forti della linguistica contemporanea. Ogni
volume sar costituito da una parte teorica introduttiva, da
unampia antologia e da un glossario ragionato, e conceder uno
spazio privilegiato alla linguistica italiana. Un Dizionario ragionato di linguistica assommer alla fine in s tutti i dizionari
acclusi ai vari volumi. A utile corredo della collana prevista
inoltre la pubblicazione di una serie di supplementi di approfondimento di singoli temi.
Fabio Rossi
IL LINGUAGGIO
CINEMATOGRAFICO
Copyright MMVI
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
info@aracneeditrice.it
via Raffaele Garofalo, 133 a/b
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
8854807990
INDICE
1. Lanalisi linguistica del film: tendenze e terminologie
1.1. Questioni terminologiche e metodologiche . . . . . . . . . . . . . .
1.2. I testi filmici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3. Preliminari semiologici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4. Preliminari linguistici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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51
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79
99
3. Cinema e letteratura
3.1. Considerazioni generali, con qualche cenno alle differenze
tra i linguaggi teatrale e cinematografico . . . . . . . . . . . . . . .
3.2. La cena delle beffe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3. Ladri di biciclette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.4. Le amiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.5. Linnocente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.6. Passione damore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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188
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247
5. Il doppiaggese
5.1. Cenni storici, tecnici e teorici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.2. Pratiche ed esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.3. Il dialetto e le lingue straniere nel doppiaggio . . . . . . . . . . .
5.4. I titoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Il linguaggio cinematografico
Illustrazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Antologia critica
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549
561
567
577
583
11. Pietro Pucci, Il dialetto reinventato (italianizzato, contaminato, ibridato?) dal cinema del secondo dopoguerra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
594
12. Raffaello Patuelli, Doppiaggio: il problema dei calchi e delladattamento alle abitudini linguisticoculturali del pubblico . . . . . . . . . . . .
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607
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615
620
Glossario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Indice dei film . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Indice delle illustrazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Il linguaggio cinematografico
che sfruttano loralit nelle societ che conoscono la scrittura, a differenza di quella primaria, propria delle civilt senza un sistema graf ico di riferimento) cfr. O NG
(1982/1986: 21, 191193, 223 et passim). La categoria linguistica del trasmesso la
comunicazione fonicoacustica, e a volte anche visiva, indiretta (mediante telefono,
radio, cinema, televisione, registratori, ecc.) stata individuata e descritta da SABATINI (1982: 106) e approfondita da SABATINI (1997a). Dunque, senza lasciarsi fuorviare
dal termine trasmettere (che, in un senso pi specifico, vuol anche dire diffondere attraverso i mezzi radiotelevisivi), la lingua dei mass media (entro cui rientra la lingua filmica) soltanto una componente della lingua trasmessa. Per parlato riprodotto cfr.
R AFFAELLI (1992: 152); di simulatori di parlato parlano invece
M ANCINI /V EDOVELLI /D E M AURO (1993: 121), mentre di falsa oralit Z UMTHOR
(1983/1984: 11) e di falso parlato BANFI (1999: 16).
3. Cfr. NENCIONI (1976/1983), cui si rimanda una volta per tutte per i concetti di
parlatoparlato (vale a dire spontaneo, a faccia a faccia, non programmato) e di parlatoscritto (le riproduzioni scritte del parlato).
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ne possiede comunque la spontaneit, diventa poi parlatorecitato e pu acquisire una sorta di spontaneit trasposta quando lattore, in una sorta di transfert, si cala completamente
nella parte e assume la personalit del personaggio, aggiungendo al testo verbale proferito (e nato scritto dalla penna dellautore) tutti quei tratti paralinguistici [ Glossario, PARALINGUISTICO] e cinesici [ Glossario, CINESICO] inscindibili dal
parlato e invece sempre inesorabilmente assenti nella scrittura,
anche in quella pi mimetica [ Glossario, MIMETICO] nei
suoi confronti4.
4. LAVINIO (1986: 19). Quella dello scritto per essere detto come se non fosse
scritto viene dunque a collocarsi tra le varie tipologie di testo scritto (secondo la griglia
di CICALESE 1999: 184). Ecco le altre: scritto dialogico mimetico del parlato (chat lines);
scritto per essere detto e ampliato (conferenze); scritto per essere letto ad alta voce
(avvisi orali, telegiornale, testi liturgici); scritto informale per s stessi (diario); scritto
per essere letto integralmente o consultato (a vari livelli di formalit: lettere, giornali,
libri, dizionari, enciclopedie) (ibid.). In realt la bipartizione tra testi scritti e parlati
sembra oggi eccessivamente rigida (e il cinema ne una prova), come hanno dimostrato,
per esempio, gli studi sui nuovi mezzi telematici (email, chat, etc.), efficacemente definiti da PISTOLESI (2004: 2930) come forme di scrittura secondaria.
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Il linguaggio cinematografico
5. RAFFAELLI (1992: 47). Alla terminologia del cinematografo delle origini (apparecchio, cinematografia, quadro, etc.) dedicato RAFFAELLI (1992: 2143). Precoce
intervento sui tecnicismi cinematografici GADDA (1927).
6. Cfr. almeno RAFFAELLI (1978), (1990), (1992: 3038, 159162), (1993b),
(1996c), (1996d), (2001: 901907) e (2003b). Alcuni tecnicismi filmici nati in inglese e
prelevati, adattati o ricalcati dallitaliano (da cartoni animati a western) sono invece
analizzati da RAFFAELLI (1991: 9697).
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Tabella 1.1
soggetto scaletta trattamento sceneggiatura copione (livello scritto)
parlato filmico in presa diretta (livello orale)
lista dialoghi o dcoupage o continuity script (livello [tra]scritto)
[postsincronizzazione dei film italiani] (livello orale)
traduzione adattamento (livello scritto)
doppiaggio missaggio testo filmico definitivo (livello orale)
sceneggiatura desunta o dcoupage o trascrizione del film (livello [tra]scritto)
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Il linguaggio cinematografico
7.
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18
Il linguaggio cinematografico
10. Il rapporto tra sceneggiatura e dialoghi del film stato studiato (con commento delle varianti), tra gli altri, da BRUNETTA (1970: 7080), sui film di Pasolini, e da
ROSSI (1999: 249273), su Le amiche, 1955, di Antonioni.
11. Anche in questa sudditanza alla pagina scritta, oltrech nella preferenza per le
riprese [ Glossario, RIPRESA] in studio piuttosto che in esterno e per la presa diretta
del suono piuttosto che per la SINCRONIZZAZIONE [ Glossario], il cinema americano
classico molto pi vicino al teatro rispetto a quello italiano.
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Il linguaggio cinematografico
21
16. Cfr. almeno ROSSI (1999a: 2131). Ricordiamo qui che ai punti e alle virgole
abbiamo sostituito, come da convenzione largamente accettata per le trascrizioni del
parlato, le barre semplici (/) e doppie (//), che indicano, rispettivamente, il passaggio da
unUNIT TONALE [ Glossario] a unaltra e la fine di un enunciato con funzione e intonazione assertive. Abbiamo inoltre utilizzato le parentesi uncinate (< >) per contrassegnare il fenomeno della sovrapposizione di turno dialogico, vale a dire lesecuzione
simultanea di battute, o di porzioni di esse, da parte di due o pi attori, e le parentesi
quadre per porzioni di testo scarsamente o per nulla ([]) comprensibili (le parentesi
quadre racchiudenti tre puntini indicano inoltre, come di consueto, porzioni di testo
omesse). Il segno sh indica la pronuncia substandard (o regionale) della sibilante palatale (come per es. in shtare stare in certe parlate centromeridionali), mentre cj indica la
pronuncia di ci elisa davanti a parola iniziante per a, o, u, in luogo dellequivoca grafia
cho, caveva e simili (mantenuta, ovviamente, nelle trascrizioni tratte da altri autori).
Eventuali notazioni del trascrittore sulla situazione comunicativa (per es., a chi si rivolge
il parlante) sono scritte in corsivo e tra parantesi tonde dopo il nome del locutore, che
sempre in maiuscoletto. Ai film citati ci si riferisce mediante il titolo per esteso (nei film
stranieri, il titolo italiano seguito, tra parentesi, da quello originale, se diverso), lanno
della prima proiezione pubblica (di norma per i film italiani, mentre quello della produzione per i film stranieri, cos come in Guidorizzi sotto citato, seguendo inevitabilmente
la difformit di datazione della bibliografia specializzata) e il nome del regista o, qualora ignoto (per il muto) o nel caso di film danimazione, della Casa di produzione. Per
una consultazione pi agile, la filmografia conclusiva raccoglie lelenco completo dei
film citati nel corso del volume. Per i dati filmografici ci siamo avvalsi di BERNARDINI
(1980), (1981), (1991), (1992), (1993a) e (1993b), C HITI /P OPPI (1991), L ANCIA
(20012002) e GUIDORIZZI (1986), (1988) e (1993). Per i dati ivi mancanti, siamo ricorsi
anche a M EREGHETTI (2005) e al sito The Internet Movie Database
(http://www.us.imdb.com). Per non appesantire la filmografia, abbiamo omesso la data
darrivo in Italia dei film stranieri (segnalandola nel testo soltanto nei casi di ritardo particolarmente interessanti), di solito differita di un anno rispetto alla DISTRIBUZIONE [
Glossario] in patria (per la realizzazione del doppiaggio, naturalmente; periodi di espor-
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Il linguaggio cinematografico
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quadratura dei soli piedi dei protagonisti (BRUNETTA 1991: 80; cfr. anche FOLENA 1970a:
IX e FOLENA 1970b). Metafora, metonimia e altre figure retoriche nel film muto sono
state analizzate da BRUNETTA (1970: 333).
18. Si vedano gi METZ (1964: per il quale il film non pu essere considerato una
lingua, bens un linguaggio, visto che manca della doppia articolazione) e PASOLINI
(1972/1991: 167297, per il quale il cinema la lingua scritta della realt [ Antologia critica, 1]).
19. Per prototipo, nelle scienze umanistiche, si intende il rappresentante migliore, il caso pi chiaro di appartenenza alla categoria, definito operativamente dal giudizio delle persone sulla bont di appartenenza alla categoria [] (BAZZANELLA
2002b: 19). Sulla necessit di adottare un modello di studio a prototipo (che tenga cio
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Il linguaggio cinematografico
Tabella 1.2
TRATTI SEMIOTICI
Ritmo autotrainato
Correggibilit
Convivialit
Multisensorialit
Gestione dei frames ed enciclopedia
Citabilit
Livello zero di iconicit
Intelligenza attivata
AMICHEVOLEZZA
VISIONE
+
+
+
Simultanea
Alta
LETTURA
+
+
+
+
Sequenziale
Bassa
In altri termini, il messaggio scritto presuppone un pi scaltro decodificatore, in grado di gestire molti frames [ Glossario, FRAME] non sempre semplici e in possesso di un numero
spesso elevato di conoscenze pregresse. Ricordiamo che con
frame (in ingl., letteralmente, cornice, ma in questo caso
sarebbe pi appropriata una traduzione come quadro di riferimento) e con ENCICLOPEDIA [ Glossario] si intende una situazione (frame), e un insieme o bagaglio di situazioni (enciclopedia), gi presenti nella memoria dellINTERLOCUTORE [ Glossario], necessarie per interpretare situazioni nuove ma analoghe
a quelle conosciute. Per esempio, se mi si parla delle doti tecniche di un calciatore, dovr richiamare alla memoria il quadro di
riferimento partita di calcio, per poter capire quanto mi viene
detto. Qualcuno chiama i frames anche copioni, scenari, schemi,
modelli mentali o sceneggiature20.
conto della tendenziale, e non assoluta, appartenenza di un oggetto a una categoria in
base alla maggior concentrazione di certe propriet tipiche e alla minor presenza di propriet tipiche di categorie diverse), per lanalisi delle differenze modali, o diamesiche,
tra scritto, parlato e trasmesso, cfr. anche BAZZANELLA (1998) e ROSSI (2003a: 451, utile
anche per i concetti di canale, modo e modalit nelle differenze scritto/parlato/trasmesso). Sullopposizione semiotica e sociologica tra visione e lettura si legga anche COSTA
(1993: 1744).
20. I frames sono depositi di conoscenze stereotipiche che variano al variare
della cultura di una data comunit e dovrebbero garantire e soddisfare gli orizzonti di
attesa per cui, data la conoscenza di un fatto, dovremmo essere in grado di prevederne
le successive riproposizioni (C ICALESE 1999: 178). Cfr. anche B ROWN /Y ULE
(1983/1986: 303324).
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Il linguaggio cinematografico
al coinvolgimento esclusivo della vista nella lettura. Questi ultimi elementi (ma se ne possono aggiungere altri: il luogo e lorario della fruizione di un film, per es., sono molto pi vincolati e
vincolanti rispetto a quelli della fruizione di un libro) possono
sembrare, nella loro ovviet, scarsamente associabili alle caratteristiche linguisticotestuali di unopera. Eppure si pensi
allimportanza degli elementi di disturbo e distrazione (correlati
anche con il ritmo eterotrainato) nella fruizione del film e, a
proposito della convivialit,
ai significati aggiunti e alle interferenze che si possono verificare nel corso della fruizione stessa. Lempatia fra le componenti del pubblico un dato ineludibile: le risate e le lacrime
sono contagiose; sentir ridere pu spingere a prestare pi
attenzione agli elementi comici o pu esaltarli, cos come
veder piangere pu sottolineare gli elementi commoventi, e
caricarli di un significato diverso da quello che avremo loro
attribuito senza una suggestione esterna.
Le risate, le lacrime, i commenti in sala rimandano, inoltre, a
unaltra differenza: quella della comunicazione del giudizio
che, nel caso del film pu essere contestuale alla fruizione,
mentre nel libro sempre posteriore23.
Per citabilit si intende la possibilit di riportare letteralmente porzioni di testo: un libro pu essere citato in ogni sua parte
mediante il semplicissimo uso delle virgolette o della lettura di
un brano, mentre un film, a meno che non se ne riproietti una
scena, non pu essere se non parafrasato (con relativa perdita
dellimmagine). Il livello zero di ICONICIT [ Glossario] dellimmagine (sembra quasi un paradosso) comporta il fatto che
una qualsiasi immagine significa innanzitutto s stessa (limmagine di un cane significher essenzialmente cane, anche se non
si possono escludere utilizzazioni metaforiche o simboliche di
certe immagini e la loro differente interpretazione a seconda del
contesto, come dimostrato dagli esperimenti di Kulesov)24, a
23. NUVOLI (1998: 3031).
24. Il regista e teorico sovietico Lev Vladimirovic Kulesov, com noto, dimostr
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Il linguaggio cinematografico
Tabella 1.3
1.
2.
3.
4.
5.
dellattenuazione delle variet e della normalizzazione linguistica, come si riassume in due schemi, il primo rielaborato sulla
base di SABATINI (1982) e (1997a) (Tabb. 1.31.4).
Anche qui giover spiegare alcuni tecnicismi. Con FEEDBACK
[ Glossario] (letteralmente segnale di ritorno, reazione,
retroazione) si intende la capacit del parlante di sentire, e
quindi di controllare, quanto sta dicendo ed eventualmente di
autocorreggersi [ Glossario, AUTOCORREZIONE]. chiaro che
questa possibilit presente soltanto negli scambi comunicativi
realmente reciproci, e non in un testo monologico in cui un mittente (autore) parla a un destinatario (pubblico) spesso lontano
nel tempo e nello spazio e in pi, nel caso del cinema, privato
del diritto di replica (qual , invece, lapplauso o il fischio a teatro, possibile anche al cinema, ma, ovviamente, senza controreazione degli interpreti). Lo schema seguente d conto di quello che potremmo definire il doppio livello comunicativo del parlato filmico, cio la comunicazione riprodotta dagli attori (perlopi doppiati) che dialogano tra loro, e il livello, pi profondo,
di comunicazione tra un mittente (autori del film) e un destinatario (pubblico) che non pu, evidentemente, rispondere ma soltanto ricevere (Tab. 1.5).
25. MCLUHANN (1964: 318) assimilava la fattura del film al lavoro di unorchestra,
nelletichetta di azione artistica collettiva.
29
Tabella 1.4
TRATTI LINGUISTICI
Uniformit delle unit pragmatiche
[ Glossario, PRAGMATICA]
e testuali (turni, frasi, enunciati)
Tendenza alla monologicit
Estensione delle unit
(turni, frasi, enunciati)
Sovrapposizioni, sporcature
e altri incidenti dialogici
Pianificazione, coerenza e coesione
Ricorso ad elementi
para ed extralinguistici
Complessit morfosintattica
Densit lessicale
Presenza del dialetto
Polarizzazione in base al genere
SCRITTO
-
ORALE
-
PARLATO FILMICO
+
+
+
+/-
+
-
+
+
+
+
+
+
+
+/+/+/-
Tabella 1.5
1 livello (comunicazione a doppio senso o interazione riprodotta):
ATTORIDOPPIATORI ATTORI-DOPPIATORI
2 livello (comunicazione a senso unico):
AUTORI PUBBLICO
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Il linguaggio cinematografico
re comicit o terrore: si pensi, tra i tanti esempi, al raffinatissimo La rosa purpurea del Cairo (The Purple Rose of Cairo),
1985, di Woody Allen, con quel continuo rivolgersi degli attori
direttamente al pubblico in sala e con linterazione tra attori e
pubblico riprodotti nel film; oppure al thriller The Ring, 2002,
di Gore Verbinski (remake del giapponese Ringu, 1998, di
Hideo Nakata), con la terrificante bambina morta che esce dal
televisore per uccidere gli spettatori e con elementi (acqua,
mosche) che passano da fuori a dentro lo schermo e viceversa.
Il teatro, grazie alla compresenza di pubblico e attori nella
medesima sala, dispone sicuramente di mezzi maggiori per
abbattere la QUARTA PARETE [ Glossario] (ovvero quella ideale che separa il palco dal pubblico): da Pirandello in poi infatti abbastanza frequente linterazione (diretta o riprodotta, come
nei Sei personaggi in cerca dautore o Stasera si recita a soggetto) tra attori e spettatori (sfruttatissima nel teatro comico, fin
dalle origini greche, e nellAVANSPETTACOLO [ Glossario]) e,
da sempre, la possibilit di questi ultimi di dare ai primi un evidente segnale di feedback (applausi, fischi, commenti a voce
alta, etc.), al quale gli attori possono a loro volta reagire (ringraziando, inchinandosi, etc.).
Con simulazione alludiamo alla natura realistica del parlato
cinematografico, il quale, anche quando si allontana dal livello
colloquiale, comunque sempre pi vicino al parlato spontaneo
[ Glossario, PARLATO PARLATO] di quanto non possa mai
esserlo un testo scritto, soprattutto per via dellassenza, nel
secondo, dei cosiddetti elementi paralinguistici (pause, intonazioni) ed extralinguistici [ Glossario, EXTRALINGUISTICO]
(timbro e volume della voce, gesti, mimica facciale [ Glossario, MIMICO], etc.).
Con TURNO [ Glossario], o turno dialogico o conversazionale, o battuta, si intende una porzione di testo orale pronunciata da un solo locutore (o parlante) e delimitata dalla presa di
parola da parte di altri locutori o dalla fine del dialogo. Di solito
la conversazione presuppone almeno due turni di due diversi
locutori; un monologo invece costituito da un solo turno.
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ENUNCIATO [ Glossario] invece il termine col quale i linguisti designano una porzione di testo, autonoma dal punto di
vista dellintonazione, del senso e della sintassi, identificabile
con la realizzazione di un solo ATTO LINGUISTICO [ Glossario]
( insomma il corrispettivo orale di quello che nello scritto
detto periodo o frase [ Glossario, ENUNCIATO], pi o meno)27.
Sporcature e incidenti dialogici sono tutti quegli elementi
(frequenti nel parlato reale scarsamente progettato, quasi assenti
nel film doppiato) che rendono iperrealistica una conversazione:
battute sovrapposte dei parlanti, parole interrotte, enunciati
sospesi, frange di suoni inarticolati come certe interiezioni e
pause vocalizzate [ Glossario, PAUSA VOCALIZZATA] del tipo
ehm, hm, etc.
Un testo, infine, si definisce lessicalmente denso se il numero delle sue parole piene (i lessemi veri e propri, dotati di un
significato autonomo: sostantivi, aggettivi, verbi, la gran parte
degli avverbi) supera quello delle parole vuote (ovvero le parole
grammaticali: congiunzioni, preposizioni, articoli, etc.) e se
contiene poche ripetizioni. Studi recenti sulla lingua del cinema
hanno mostrato come il parlato cinematografico sia in certo qual
modo a met strada tra la bassa DENSIT [ Glossario] lessicale
del parlato spontaneo e colloquiale e lalta densit della lingua
scritta, cos come sia tendenzialmente pi complesso del parlato, ma meno dello scritto, sul terreno della sintassi e della
morfologia (variet dei tempi e dei modi verbali, tipo e grado di
subordinazione e altro). Lestensione dei turni e degli enunciati,
inoltre, molto superiore nel film, rispetto ai dialoghi reali,
tant vero che non mancano scene cinematografiche in cui il
parlato si avvicina al monologo.
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Il linguaggio cinematografico
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gnasse il cinema, anche detto settima arte o decima musa (cfr. MENARINI 1955: 22, 40 e
ROSSI 1996: 41).
41. Cfr. MENARINI (1955: 153) e DE MAURO (1963/1993: 122). Di questo e di altri
calchi dallinglese propagati dal doppiaggio si parler nel 5.2.5.
42. Il fenomeno del riuso nella lingua giornalistica stato recentemente denominato ripetizione polifonica da BAZZANELLA (2004).
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Il linguaggio cinematografico
sulla lingua comune e provocando talora la completa cristallizzazione dellespressione: quanti, tra i giovani, sono in grado di
cogliere il riferimento filmico nei casi elencati qui appresso?
Lesemplificazione, che sarebbe sterminata e in continua evoluzione, si limita ad alcuni casi particolarmente noti e frequenti
(tra parentesi, il cognome del regista del film il cui titolo riprodotto in tutto o in parte dallespressione in questione): al di
sopra di ogni sospetto (Petri); larmata Brancaleone (Monicelli); lattimo fuggente (Dead Poets Society, Weir); brutti sporchi e
cattivi (Scola); bulli e pupe (Guys and Dolls, Mankiewicz); day
after (Meyer); giovent bruciata (Rebel Without a Cause, Ray);
la grande abbuffata (La Grande bouffe, Ferreri); incontri ravvicinati (Close Encounters of the Third Kind, Spielberg); inferno
di cristallo (The Towering Inferno, Guillermin, Allen); luci della
ribalta (Limelight, Chaplin); mezzogiorno di fuoco (High Noon,
Zinnemann); nove settimane e mezzo (Nine 1/2 Weeks, Lyne);
scandalo al sole (A Summer Place, Daves); scene da un matrimonio (Scener ur ett ktenskap, Bergman); sedotta e abbandonata (Germi); i soliti ignoti (Monicelli); viale del tramonto
(Sunset Boulevard, Wilder).
Anche i personaggi dei film di successo, perlopi americani,
vengono spesso usati come antonomasie: Rocky pugile, uomo
forte, tenace e coraggioso (dallomonimo film di John G. Avildsen, del 1976, che impose sugli schermi lattore italoamericano
Sylvester Stallone; con ben quattro seguiti, fino al 1990),
Rambo uomo forte e coraggioso, ma, soprattutto, che esibisce
ridicolmente il prorio coraggio e la propria forza fisica (dal
nome del protagonista, il solito Stallone, del film First Blood,
1982, di Ted Kotcheff, intitolato in italiano Rambo; con due
seguiti fino 1988), Conan persona dai modi primitivi e violenti
(dai film Conan il barbaro [Conan the Barbarian], 1981, di
John Milius, e Conan il distruttore [Conan the Destroyer],
1984, di Richard Fleischer, entrambi con Arnold Schwarzenegger). Ma il fenomeno ben pi antico, come mostrano esempi
che per la maggior parte degli utenti, ormai, hanno perso la loro
trasparenza etimologica: cretinetti (dal nome assunto in Italia
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2. IL PARLATO FILMICO
DAL CINEMA MUTO AL
NEOREALISMO
2.1. Le origini
Il cinema non mai stato veramente muto e la pratica del
doppiaggio nasce ben prima del sonoro. Le due affermazioni
non sono motivate dal gusto per il paradosso ma hanno un loro
fondamento.
Fin dalla sua nascita, convenzionalmente stabilita nel 1895,
in Francia, ad opera dei fratelli Lumire (ma, com noto, non
mancano esempi precedenti e in altri paesi: in primo luogo il
Kinetoscope o Kinematoscope dello statunitense Thomas
A. Edison)1, il cinema ha sempre dovuto fare i conti con il
suono (laccompagnamento musicale, prima dal vivo poi registrato) e con le parole (le didascalie [ Glossario, DIDASCALIA],
i titoli [ Glossario, TITOLO]). Insomma possiamo dire che il
testo filmico nasce, s, dapprima e nelle sue fasi sperimentali,
come semplice fotografia in movimento, ma diventa quasi subi-
1. Quello che solitamente viene considerato il primo film della storia La Sortie des Usines Lumire [Luscita dagli stabilimenti Lumire] di Auguste e Louis Lumire, proiettato per la prima volta a un pubblico pagante (ma non mancano proiezioni private precedenti) al Salon Indien di Parigi, il 28 dicembre 1895. Famosi anche gli altri
titoli di quella serata: LArrive dun train la Ciotat [Larrivo di un treno alla stazione
della Ciotat], La Sortie du port [Luscita dal porto], Le Djeuner du bb [La colazione
del beb]. Numerosi sono i volumi dedicati alla fase aurorale del cinema: cfr. almeno
SADOUL (1947/1965) e, per il cinema italiano, BERNARDINI (1980) e (1981). Per il primo
film della storia, realizzato e gi sincronizzato con le parole nel 1889 dai collaboratori di
Edison, cfr. RAFFAELLI (1992: 220).
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45
5.
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6. Cfr. RAFFAELLI (1992: 63, 150). Anche i rumori venivano talora sincronizzati
dietro il telone, come ricordano le testimonianze citate da BERNARDINI (1980: 145146).
7. Cfr. da ultimo RAFFAELLI (2003a: 1821), ma gi RAFFAELLI (1992: 5964) e
(2001: 859861). Gustosi, a riguardo, i ricordi di prima mano di MENARINI (1955: 12,
14), a proposito del lettore di didascalie: Le ineffabili didascalie che spiegavano quel
po di trama che la visione non bastava a chiarire, venivano lette ad alta voce, in origine,
dallinserviente stesso, in considerazione del fatto che lanalfabetismo non era, in quei
tempi, cosa da trascurarsi. Poi, per rispetto al pubblico, lutile servizio venne abolito, e
allora i pi eruditi fra gli spettatori, leggevano ad alta voce, e nessuno protestava ferocemente per il disturbo come succederebbe oggi. Anzi, rammento che molte persone,
soprattutto donne, cercavano di sedersi accanto a spettatori che leggessero a voce alta, e
ci per non perdere una sola parola; e se per caso qualche didascalia passava sotto silenzio, cera sempre chi protestava: Non c nessuno che legga forte, qui? Erano cose che si
facevano con la massima naturalezza e seriet. A proposito della sincronizzazione dal
vivo, lautore ricorda la prima, lontana intuizione di ci che il film sonoro avrebbe
potuto offrire al pubblico, seppure sfociata in ingenui e grossolani tentativi che oggi non
si possono rammentare senza buonumore: dietro lo schermo non vi era parete, bens un
ambiente di servizio, in cui prendevano posto alcuni attori professionisti o filodrammatici, i quali, dopo di aver assistito in sala alla prima proiezione del film per farsi unidea
della vicenda, passavano in quella specie di retrobottega e, con gli occhi fissi sul rovescio della tela, guardando la proiezione per trasparenza, parlavano a voce alta, inventando sui due piedi frasi e dialoghi, recitando quasi a soggetto come nella gloriosa Commedia dellarte. Non vi erano due spettacoli, naturalmente, cui corrispondessero le medesime parole; a volte gli attori tacevano quando avrebbero dovuto parlare, e viceversa;
spesso si impappinavano e confondevano scene diverse; e si sentivano voci maschili
quando sullo schermo si muovevano labbra femminili. Ma il pubblico godeva, e gustava
enormemente lo spettacolo.
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8. RAFFAELLI (1992: 5960 n. 25). Cfr. anche BERNARDINI (1980: 199) e (1981:
6671).
9. Rudimentali sistemi di colorazione manuale della pellicola risalgono al 1894,
nei film destinati ai Kinetoscopi Edison. Sistemi meccanici di riproduzione del colore si
impongono a partire dal 1906 (cfr. BERNARDINI 1980: 198199, 205206).
10. Per le riserve contro il sonoro e contro le didascalie in altri paesi si veda
comunque RAFFAELLI (2001: 862869).
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celebre dichiarazione di Chaplin, che arriver molto tardi a servirsi della voce nei suoi film (in Il grande dittatore [The Great
Dictator], 1940): Secondo me, la voce nel cinema inutile.
Sarebbe come voler dipingere una statua, come voler mettere
belletto su guance di marmo. Le parole toglierebbero la parola
allimmagine11. E quella di Hitchcock: Con lavvento del
sonoro, il cinema si bruscamente irrigidito in una forma teatrale []. Quando si scrive un film indispensabile tenere nettamente distinti gli elementi di dialogo e gli elementi visivi e,
ogni volta che possibile, dare la preferenza ai secondi sui
primi12. Secondo i teorici russi, un cinema parlato sarebbe
stato privo di senso (perch MIMSI [ Glossario] della vita e
non arte n ideologia)13, mentre la sincronizzazione poteva ottenere risultati artistici rilevanti soltanto combinando immagini e
musiche: Il cinema sonoro [] pu essere realizzato come
contrappunto audiovisivo14. Per gli italiani, si ricordino almeno DAnnunzio: Io abmino il cinematografo sonoro, ed ho in
uggia le didascalie letterarie che credono commentare il colore
e il movimento delle immagini silenziose15; e Tot: io non ho
il dono della parola e nel caso mio il dialogo smonta e immeschinisce tutto. Sono un comico muto, n antico n moderno
perch non esiste la comicit antica o moderna, esiste la comicit, punto e basta. E meglio che con i dialoghi so esprimermi
con la mimica16. Vorrei essere, come maximum, il protagonista di un cartone animato. Anche perch vorrei parlare pochissimo17. Anche un professionista della parola al cinema, lo sce-
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20. Cfr. BERNARDINI (1980: 141142, 201), anche sullaccompagnamento musicale dal vivo.
21. Cabiria, 1914, di Giovanni Pastrone (RAFFAELLI 1992: 241).
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La didascalia tematica, infine, esprime idee di carattere universale, talora sotto forma di citazione, com quella dantesca
(Paradiso, XIII, 5254) di Fabiola, 1918, di Enrico Guazzoni:
24. RAFFAELLI (2001: 866868).
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37.
38.
39.
40.
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O Mitra,
re Sole,
la Morte richiama alla Vita,
ristora.
Timplora
la Madre preclara
de Numi41.
41.
42.
43.
44.
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Oppure:
Caro nipote!
Caro zio! Ti presento la signorina Titina Sgambetti, mia fidanzata
Ehi! Amico, quella mia cugina!
Il cuore dello zio Pancrazio batte fortemente46.
Le fatiche pi gravose.
Limpresa d una parte di paga in vettovaglie che si consumano nel recinto del cantiere.
Dopo unora si ritorna al lavoro e al pericolo.
Allospedale47.
Come si vede, a far da contraltare (minoritario) alla propensione per la letterariet pi trita, non manca certa ricerca della
mediet linguistica, per via della gi ricordata vocazione al realismo da sempre presente nel nostro cinema, accanto alle produzioni spettacolari e alle ricostruzioni storicomitologiche:
La produzione nazionale [italiana] [] costretta da vari fattori, quali lelementarit del messaggio filmico e le sue limitanti modalit demissione e di ricezione [per via dellelevatissimo tasso di analfabetismo del nostro pubblico] mir ad
attenersi sempre, anche negli anni aurei, a quel sistema linguistico, permeato di sostanziale mediet, che mezzi gi allora in
61
espansione come il telegrafo e il telefono, il giornalismo e persino certa letteratura stavano consolidando: assunse insomma
un lessico corrente, una fraseologia stereotipata, una sintassi
lineare48.
Va infine menzionato a parte il procedimento schiettamente
dotto della chiosa che, animato forse da cura divulgativa oppure da pedante sufficienza, riusciva per a rendere comprensibili certe espressioni rare o idiomatiche: si veda in Cenere di
Mari, 1917: Rosalia gli mise al collo la rezeta (amuleto) e gli
raccomand di non staccarsene mai49.
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Il linguaggio cinematografico
Ne conseguono, in et giolittiana, le prime norme della censura (istituita ufficialmente, per il cinema, nel 1913: dunque,
nonostante un inveterato luogo comune, il controllo e lautarchia linguistica del film iniziano nel decennio precedente la
marcia su Roma):
I titoli, i sottotitoli e le scritture, tanto sulla pellicola quanto
sugli esemplari della domanda, debbono essere in corretta lingua italiana. Possono tuttavia essere espressi in lingua stranie-
63
52. Regolamento per lesecuzione della legge 25 giugno 1913, n. 785, relativa
alla vigilanza sulle pellicole cinematografiche, approvato con Regio decreto 31 maggio
1914, n. 352 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale, 9 luglio 1914, n. 162 (RAFFAELLI
1992: 170). Tale norma, con qualche aggiustamento, rimase nella sostanza invariata
anche nellepoca del sonoro. Sulla censura in ambito cinematografico cfr. in particolare
RAFFAELLI (1999).
53. Lha scoperto RAFFAELLI (1994b: 90).
54. RAFFAELLI (2003a: 198; alle pp. 195204 si pu leggere lintera trascrizione
del film). Si ricorda che Torino a met degli anni Dieci era uno dei pi importanti centri
cinematografici, tanto da giustificare lappellativo di filmopoli. Tra il 1907 e il 1914 vi
nascono una quindicina di Case di produzione. Furono prodotti a Torino KOLOSSAL [
Glossario] del calibro di Cabiria, per lItala Film (cfr. BRUNETTA 1991: 3438).
55. RAFFAELLI (1992: 76). Con lillustre precedente di Nfama!, 1924, di Elvira
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Il linguaggio cinematografico
Notari, al quale la censura non solo impose la riscrittura delle didascalie in corretta lingua italiana, ma neg, eccezionalmente, il nulla osta per lesportazione allestero
(RAFFAELLI 1992: 211). Ricordiamo che Elvira Notari fu regista fecondissima (i suoi
film erano assai richiesti anche allestero, per esempio dagli emigrati italiani in America) e a capo della Casa di produzione cinematografica Film Dora, a gestione familiare,
specializzata nella realizzazione di sceneggiate.
56. Per le prime formulazioni del concetto di italiano popolare unitario (italiano
incertamente dominato da chi ha per madrelingua il dialetto) cfr. D E M AURO
(1963/1993: 118126 et passim), (1970) e (1974); CORTELAZZO (1976); SANGA (1981).
Sullitaliano regionale (variet intermedia tra dialetto e lingua, pi vicina alla seconda
nella morfosintassi, pi al primo nella pronuncia e nella fraseologia) cfr. almeno CORTELAZZO (1977); POGGI SALANI (1982); BERRUTO (1983); CORTELAZZO/MIONI (1990); PELLEGRINI (1990); SABATINI (1990); TELMON (1993) e (1994); DACHILLE (2002a).
57. Da piccirella, 1922, di Elvira Notari (RAFFAELLI 1992: 76).
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61. Alcuni esempi sono riportati da RAFFAELLI (1992: 163216) e (2001: 889890).
62. RAFFAELLI (2003a: 39). Cfr. inoltre, sulla traduzione delle didascalie, RAFFAELLI (2001: 887890).
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Semmai star al critico scrupoloso confrontare specificamente il lavoro dei singoli adattamenti con i film originali.
I film dimportazione sono spessissimo titoleggiati in modo
da interessare il pubblico dorigine. In un film recentissimo,
in una scena fra due soldati, uno dei quali tormenta una biondina, laltro dice: Blondes prefer gentlemen: that try you
out. Ossia: le bionde preferiscono i signori (e signori, per
gentlemen, non traduce che troppo approssimativamente):
ci ti esclude. Non vha chi non veda il nesso con il famoso
romanzo di Anita Loos, perfettamente sconosciuto al gran
pubblico italiano, Gentlemen prefer blondes. Che cosa
dovrebbe fare il riduttore []? Tradurre quel titolo pure spiritosissimo per chi conosce linglese ed il grande successo letterario americano? Starebbe fresco! Ed ove capitasse, come
nel Segretario di pap una dicitura come questa: LUfficio di
spedizioni di J. B. e R. T. where gentlemen prefer bonds.
Come dovrebbe tradurre il riduttore? Dove i signori (gli
uomini, i gentiluomini) preferiscono i magazzini di deposito
delle dogane? (Bonds), le polizze? (Bonds), le balle?
(Bonds)?
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Dunque i problemi delladattamento dei frames da un pubblico allaltro, che tanta parte avranno nel cinema sonoro doppiato,
come si vedr nel quinto capitolo, nascono gi col cinema muto.
E Giannini rincara la dose, mostrando come i cambiamenti fossero non soltanto formali (linguistici) ma spesso sostanziali,
anche nel tessuto iconico (invertendo le parti del film originale,
per esempio) e nella trama:
Sanno quante volte una moglie, in film, diventa sorella o cugina, o zia, o levatrice e stiratrice perch moglie non potrebbe
assolutamente essere? [] Quanti finali di film diventano
principio di primo atto, quanti personaggi cattivi diventano
buoni, quanti personaggi che muoiono terminano invece il film
in perfetta salute? Laderenza dei film stranieri alla mentalit e
al gusto italiano data da noi, qui in Italia []64.
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inversioni sintattiche, allotropia e alternanza di forme concorrenti67, uso transitivo di verbi intransitivi e viceversa e reggenze
verbali desuete, lessico abbastanza anche se quasi mai troppo
ricercato) e si avalla lo iato tra scritto e parlato, contribuendo
cos a collocare i divi e le dive del cinema in un mondo onirico,
lontanissimo dalla realt, desiderato ma irraggiungibile come
lalfabetizzazione di gran parte degli italiani dellepoca. Certo
per che quella lingua filmica, presa nel suo complesso e
dunque anche nelluso fattone nei programmi di sala, nelle integrazioni orali, nei richiami degli inservienti, nei prossimamente dei nuovi film, etc. , entrer, seppure non integralmente,
nelle abitudini della cinematografia successiva e alcune espressioni alloggeranno stabilmente, magari con uso figurato o scherzoso, nellitaliano contemporaneo: si prendano comica finale
(dallabitudine di proiettare cortometraggi [ Glossario,
METRAGGIO ] comici alla fine dei primi compositi spettacoli
cinematografici, musicali, teatrali e di intrattenimento vario),
ecco i nostri e arrivano i nostri, mani in alto (su cui cfr.
5.2.5). Ma si pensi anche a Arrivederci e grazie, lultima didascalia del film, gustosa e cara al ricordo nella sua ingenua cortesia [], cui faceva eco linserviente con gli altrettanto tradizionali: Signori, uscita! oppure: Si esce da questa parte!68.
[cio Arbace], Fra gli artigli del falco; e la serie di personificazioni, da Il Fauno di
Mari, 1917: La Femmina, Il Vizio, La Sregolatezza, La Fortuna, LIngordigia
(RAFFAELLI 1991a: 83).
67. Per es. tra disprezza, dispregia e sprezza, o tra ella e essa (nelle didascalie
panziniane degli Ultimi giorni di Pompei, 1926, di Gallone e Palermi, in RAFFAELLI
1994b: 9092).
68. MENARINI (1955: 1213).
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72. La prima parte riportata da RAFFAELLI (1992: 153154), la seconda da RAF(1994a: 275).
73. RAFFAELLI (1994a: 275).
74. Palio, 1932, di Blasetti (RAFFAELLI 1994a: 275).
75. Gli uomini, che mascalzoni, 1932, di Camerini (RAFFAELLI 1994a: 275).
FAELLI
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tore dialogico [ Glossario, SEGNALE DISCORSIVO], tanto frequente nel parlato spontaneo76.
Vediamo qualche altra battuta significativa colta dallascolto
del medesimo film (Gli uomini, che mascalzoni), cruciale
nella storia del cinema per vari motivi (a parte il lancio della
celeberrima canzone Parlami damore Mari, parole di Ennio
Neri, musica di Cesare Andrea Bixio): intanto impone il primo
divo del sonoro Vittorio De Sica, nei panni del giovane piccoloborghese aspirante dandy, ma in fondo dal cuore semplice e
generoso e, nonostante le sbandate per le signore dellalta
societ, in cerca soltanto di una brava e umile ragazza. Inoltre
d il via alla corrente comica (successivamente detta dei
TELEFONI BIANCHI [ Glossario], per via delle scenografie
degli interni inverosimilmente sfarzose, basate sul bianco e sul
nuovo oggetto simbolo dellincipiente capitalismo italiano: il
telefono) caratterizzata dalla contrapposizione tra ricchi e poveri
e dal gioco di equivoci nato dal tentativo di passare da una
sponda sociale allaltra. Gli uomini, che mascalzoni narra le
avventure di un giovanotto, Bruno, autista privato, il quale sinvaghisce dellumile Mariuccia e, per far colpo su di lei, si spaccia per il ricco proprietario dellauto che guida. A causa dellequivoco, Bruno rischier di perdere per sempre Mariuccia, che
tuttavia alla fine riuscir a sposare, nellimmancabile lieto fine.
Si registrano nel film alcune battute di tono popolare o gergale,
magari di ascendenza teatrale: Che domani dEgitto? esclama
il commendatore alla dichiarazione (falsa) di De Sica che la
macchina rotta e che sarebbe stata riparata lindomani77; Ohi
pelandrona! Sveglia! intima il padre a Mariuccia.
MARIUCCIA: Non sapevo che lei che lei era/ impiegato//
BRUNO: Beh/ e adesso che lo sa? Mi lasci stare//
MARIUCCIA: Perch?
76. Sul ma e sulle a inizio di enunciato o di turno dialogico cfr. SABATINI (1997b).
77. Sul modulo dEgitto, tanto frequente in Tot, cfr. ROSSI (2002a: 244245).
Sulla sua origine cfr. LURATI (1998: 5361) e BECCARIA (1999: 177).
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BEPPE: Che ?
GIANNI: S, vuol dire che sto l, con loro
BEPPE: Ah, codr!
(Poco dopo, il giornalaio Gianni indossa gli abiti eleganti di
Max Varaldo).
GIANNI: Il paletot! Come sto?
BEPPE: Stai una vera codr!79.
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rischierebbe dassumere un valore artistico proprio, a tutto scapito della visione filmica, in ibrido e sterile connubio. E concludeva: Ora, sarebbe tempo che anche il DIALOGHISTA [
Glossario] cinematografico si associasse con lena e buon diritto
a unopera che si prosegue da pi di un secolo, alla quale hanno
contribuito e Manzoni e Verga e Pirandello, e a cui lavorano pi
o meno inconsapevolmente giornalisti e padri di famiglia e
uomini della strada: la creazione di una lingua italiana di tutti i
giorni82.
In un primo momento si cerc una soluzione economica,
ricalcando i dialoghi relativamente dimessi di noti lavori del
teatro regionale, previa attenuazione di eventuali tratti idiomatici meno comprensibili ai pi. Ci si rivolse al romanesco di
Petrolini (Nerone di Blasetti, Il medico per forza e Cortile di
Campogalliani), al napoletano di Viviani (La tavola dei poveri
di Blasetti), al vernacolo toscano di Novelli (Acqua cheta di
Zambuto). Ma lesperimento fu abbandonato dopo il 1933 per
ragioni sia ideologicoculturali (ostilit del regime fascista
verso il dialetto quale fomite di tendenze regionalistiche), sia
anche estetiche: il dialogo talora sembrava appesantire insopportabilmente il racconto filmico, per cui ad esempio si ritenne
opportuno sfoltire, in La tavola dei poveri, le battute di Viviani, gi registrate in presa diretta.
Nel cuore degli anni Trenta, nellambito dun sistema produttivo disciplinato capillarmente da un potere politico tendente a
uniformare i cittadini in ogni manifestazione di vita e persino
nellinterazione linguistica (si pensi alla campagna contro il lei
allocutivo [ Glossario, ALLOCUZIONE], dal 1938), fu perseguito lideale di un italiano uniforme e medio, cio regolato
secondo una norma astratta, non riconducibile n alluso teatrale o letterario n alluso vivo, provvedendo nel contempo a
isolare, per cos dire puristicamente in cornice, ogni esperienza anomala: dal dialogo plurilingue (cos per esempio in Il
grande appello di Camerini), a quello in italiano dotato dinnesti dialettali, frequenti soprattutto nelle commedie dei
telefoni bianchi, dopo il 193783.
79
84. BRUNETTA (1977: 343). Sul cinema degli anni Trenta disponiamo ormai di una
bibliografia abbastanza ricca, che pu essere recuperata soprattutto nellintroduzione di
Gian Piero Brunetta al bel volume di RUFFIN/DAGOSTINO (1997: 1132), pressoch in
tutti i lavori di Sergio Raffaelli citati nel presente volume e in SAVIO (1975) e (1979).
85. RAFFAELLI (1994a: 277).
86. RAFFAELLI (1992: 94).
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91. Cos MENARINI (1955, titolo) battezzava lo studio linguistico del film, detto
anche linguistica cinematografica a p. 9.
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92. La nascita di Cinecitt (1937) e, due anni prima, del Centro sperimentale di
cinematografia (ma gi nel 1932 era in attivit la Scuola Nazionale di Cinematografia,
diretta da Alessandro Blasetti) fu voluta e incoraggiata dal governo mussoliniano, con
evidente intento propagandistico: Perch lItalia Fascista diffonda nel mondo pi rapida la luce della civilt di Roma recitava il manifesto pubblicitario della neonata Cinecitt (BRUNETTA 1991: 181). Gi nel 1924 era nato lIstituto LUCE (LUnione Cinematografica Educativa), dedito soprattutto alla realizzazione di cinegiornali e documentari di
propaganda, con qualche incursione nel cinema di finzione, anchesso propagandistico.
Gli investimenti dello Stato in campo cinematografico furono enormi (oltre allincoraggiamento alla produzione nostrana, secondo i principi autarchici che inibivano la distribuzione di film stranieri: gi nel 1935 il tetto massimo di film americani da proiettare in
Italia stabilito in 250): Dai dati reperibili negli annuari della SIAE il pubblico, negli
anni di guerra, affolla le sale cinematografiche in misura superiore agli anni di pace. Il
cinema diventa il luogo privilegiato verso cui convogliata la spesa e limpiego del
tempo libero della maggior parte della gente. Tra il 1940 e il 1942 lincremento dei
biglietti venduti superiore del 30% e raggiunge quasi cinquecento milioni su un totale
di circa 80.000 giornate di programmazione di oltre cinquemila sale sparse su tutto il
territorio nazionale. Il cinema lo spettacolo per eccellenza e gli sforzi del governo
puntano a indirizzare verso questa forma di divertimento, che assorbe circa l80% della
spesa nel campo dello spettacolo. Nel 1940 si aprono 200 nuovi cinema rurali e nel
1941 sono inaugurate [] 258 nuove sale (BRUNETTA 1991: 177). Figura essenziale, in
questa fase di investimento statale sul cinema, fu Luigi Freddi (18951977), dal 1934
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Talora i barbarismi compaiono proprio con intento puristico, come accade, anche se non senza certa ironia, nel film di
Blasetti Contessa di Parma, 1937, sullitalianizzazione del lessico francese della moda:
INDOSSATRICE: Sono una mannequin alla Maison Printemps!
SIG.RA ROSSI (con scherno): Ah ah! Printemps. Primavera!
Non sente come pi bello! Primavera!! Dunque lei
unindossatrice ai magazzini Primavera
INDOSSATRICE: Non ho mai visto un modello cos grazioso.
Soltanto lidea di quei revers
SIG.RA ROSSI: Si dice risvolti! Beh, lidea di quei risvolti?
IMPIEGATO: labito da sposa che chiuder il defil ehm
la sfilata!
EX DIRETTORE: Entendu ehm inteso!
CONOSCENTE: Scusi, lei campione di cosa? Di football o di
automobile?
GINO (seccato): Di calcio!!99.
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zione (negativa) dei personaggi snob, e iniziano a comparire le forme sostitutive; in qualche caso il rifiuto delle voci
straniere sottolineato in maniera esplicita dal dialogo;
194044: frequenza bassa e crescente affermazione delle
forme sostitutive101.
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104. Su tutta la storia di questa norma cfr. RAFFAELLI (1993c) e (2000). Il divieto
comport anche curiosi voltafaccia, come quello noto dellAllodoli, che nellarticolo del
1937 [ Antologia critica, 4.I] preferiva il Lei al Voi, mentre un anno dopo plaudiva
alla sparizione del Lei come affermazione di cameratismo e di comunanza di fede che
stringe nelle espressioni di colloquio e di scrittura tanti milioni di italiani (RUFFIN/DAGOSTINO 1997: 7071).
105. BRUNETTA (1991: 179).
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sta , direttore e docente del Centro sperimentale di cinematografia e fondatore, nel 1937, del periodico Bianco e nero (la
principale rivista cinematografica dellepoca, insieme con
Cinema). Il film, liberamente tratto da un racconto di Matilde
Serao, mette in pratica le teorie del Chiarini e si configura come
un filmsaggio (di raffinata fattura) del Centro sperimentale,
girato nei suoi studi e con i suoi allievi e docenti (alla sceneggiatura collaborarono col Chiarini Umberto Barbaro e Francesco Pasinetti, figurechiave del Centro). Via delle Cinque Lune,
spesso tacciato di freddo calligrafismo e di bozzettismo, interessa in realt proprio per le soluzioni linguistiche, del tutto in
linea con la ricerca di un linguaggio immediato, aderente alla
condizione sociale dei personaggi e allambiente, assai vicino al
parlare comune e alieno da qualsiasi artificio letterario, perseguita da Chiarini106.
Vediamone qualche esempio: Io piuttosto mangio pane e
sputo/ ma lo strozzino/ abbi pazienza no! esclama indignato
Federico contro la seconda moglie Teta. Ecco come il protagonista Checco, sotto le mentite spoglie di un amico, perora la propria causa con la sora Teta (come la chiamano tutti, alla romana), matrigna di Ines di cui Checco innamorato:
Eh lamore/ lamore! I guai ce li danno a noi! Sai tu cj hai faccia tosta/ hai presenza di spirito/ mi fai un piacerone/ se sei un
vero amico! E uno si crede di trovare chiss che arpia/ e invece
si trova davanti una donna come voi! Ehm non non si
capisce se se la madre o la figlia// Beh/ si sa/ uno ci rimane come un carciofo//:
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107. Sulla relazione tra cinema e teatro comici e stampa umoristica cfr. GIACOVEL(1995: 17) e ROSSI (2002a: 27 n. 23 e relativa bibliografia).
108. Diamo ormai per assodata letichetta di espressionismo attribuita a Tot e ad
altri comici gi da Contini e poi da De Mauro, Meldolesi e altri (Cfr. ROMEO 1998b: 88
e ROSSI 2002a: 2021, 3940).
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sese, nel suo bel filmsaggio Il mio viaggio in Italia (1999, utilissima antologia dei principali film italiani, da Pastrone a Fellini, commentati dal regista americano), ricorda che alcuni film di
Rossellini (Europa 51, 1952; Viaggio in Italia, 1954), nel doppiaggio dallinglese (lingua parlata dagli attori stranieri del film
in presa diretta, Ingrid Bergman inclusa) allitaliano, subirono
una sorta di depurazione dei dialoghi: senzaltro non doveva
esser facile, per le autorit di allora, digerire argomenti quali il
suicidio (perlopi infantile), la crisi di coppia e la dissoluzione
della fiducia nei valori borghesi di rispettabilit e di benessere.
Lincipiente Commedia allitaliana, dedita comera allironia di
costumi e malcostumi di casa nostra, non poteva non riflettere
questo clima avverso al NEOREALISMO [ Glossario]: tra le
tante piccole prove, una battuta della moglie di Sordi (lattrice
Luisella Beghi) nella Bella di Roma, 1955, di Luigi Comencini,
la quale, alluscita dal cinema, si scaglia contro questi film italiani/ pieni di stracci/ di miseria, rifacendo il verso alla strumentale indignazione andreottiana.
Sulla lingua di Tot (come degli altri personaggi sopra citati)
si parler in gran parte nel quarto capitolo. Qui si aggiunga
qualche esempio dai primi film, forse meno pirotecnici dei successivi, e quasi privi di presenze dialettali (San Giovanni decollato a parte), caratterizzati da una vena nonsense cara ai futuristi. Oggetto dellironia di Tot e compagni sono prima di tutto
le lingue speciali, il burocratichese e tutte le formule cristallizzate e in generale gli automatismi linguistici:
TOT: Il funzionario civico municipale/ un aggettivo qualificativo di genere funzionatorio// Il funzionario/ fisiologicamente funziona/ con la metamorfosi estiva della metempsicosi// La metamorfosi del funzionamento/ muove la
leva idraulica delle cellule che agendo sullarteriosclersi
del soggetto patologico/ lo fa funzionare nellesercizio
delle proprie funzioni// Hai capito?
BAMBINA (Miranda Bonansea): No//
TOT: E neanche io// (Fermo con le mani!, 1937, di Gero
Zambuto).
97
TOT: La scimmia/ non proprio una bestia del regno animale// Ma bens/ una metamorfosi vulcanica/ dellumanit
integerrima// La paratomia delluomo sintetico/ una sintesi delle cellule umanitarie/ che/ a prescindere dalla corpulenza anatomica maschile/ escludendo ben inteso la
parte addominale delle mucose logiche/ abbiamo il nervo
simpatico/ che soffre dantipatia e simpatia// Cos/ che/
calcolando/ la distanza epidermica/ fra/ luomo e il gorilla/
assistiamo/ al caso specifico/ della vostra perfetta rassomiglianza/ con lo scimpanz// chiaro?
Ogni fiore ha il suo linguaggio linguistico// Ed appunto attraverso questo suo linguaggio/ che il cuore si esprime con la eco
del suo linguaggio enigmistico// chiaro? (Due cuori fra le
belve, 1943, di Giorgio C. Simonelli).
98
Il linguaggio cinematografico
AGOSTINO: Come/ che ne capisco io! O mamma! Che ne capisco io! (ridendo, togliendosi i guanti e strappando la scarpa di mano al calzolaio) Dai qua! In primis/ et antimonio/
una scarpa fine si fa di capretto/ o di vitellino di latte//
CALZOLAIO: Perch/ questo qua che cos?
AGOSTINO: Questo qua che cos? Ah ah! Questa la madre/
del vitello// Chiamata volgarmente/ vacchetta//
NONNO: Che professore!
AGOSTINO: Secondis// Questa tinta/ fatta col vitriuolo!
CALZOLAIO: No//
AGOSTINO: S! s! Vitriuolo// E difatti/ un signore/ appena sopra/
vi poggia/ il dito/ del pipistrello della mano/ se lo se lo
sporca// Se lo anilifica// (mostrando il dito) Guarda// Terzis//
Terzis/ questa suola/ non battuta a dovere// E difatti/ dopo
un giorno/ o due/ di marcia/ o di camminamento a piedi/
mette fuori la lingua/ come un cane da caccia// Ancora due
parole// Non ho finito verbo// Gli elastici/ sono di cotone// E
non di seta! E perci cedono// Vedi// Vedi/ che cedono// La
tremezza/ usata/ fraudolente// I punti di questo guardione/
sono dati con la zappa/ e non con la lesina// Dico/ lesina//
Ed infine/ mio caro amico/ le solette interne/ guarda/
CALZOLAIO: Piano!
AGOSTINO: Che piano! Sono di cartone/ e non di pelle//
FIGLIA: Pap!
GENERO: Professore!
AGOSTINO: Perci/ mio carissimo signor ciabattino/ queste
scarpe sono da fiera// Sei e cinquanta// E se non sapete
fare il calzolaio/ andate a fare il farmacista! Che meglio!
Rimembris/ omnibus// Cio/ ricordati/ uomo// Che calzolaio si nasce! Non si diventa! Ah ah! Ostregheta! (San Giovanni decollato, 1940, di Amleto Palermi).
99
2.5. Il Neorealismo
2.5.1. Alla base della lingua del cinema neorealistico c un
paradosso: se si voleva una ripresa documentaria acusticamente
fruibile bisognava necessariamente sacrificare il realismo verbale del film mediante il ricorso al doppiaggio. Per poter ottenere
la massima verosimiglianza dellimmagine e anche per la limitatezza dei mezzi economici a disposizione, registi e produttori
dellimmediato secondo dopoguerra (o a guerra ancora in corso,
nel caso di Roma citt aperta) decisero infatti di avvalersi perlopi di attori non professionisti e di girare le scene preferibilmente in esterno o comunque non in studi cinematografici,
distrutti nel conflitto. Naturalmente, la prima soluzione scelta,
dal punto di vista fonico, fu quella della recitazione in presa
diretta. Tuttavia, alla fine della lavorazione dei film, di fronte
allinadeguata resa sonora (sia per via delle riprese in esterno,
sia soprattutto per linesperienza recitativa degli attori, che,
quandanche straordinariamente espressivi iconicamente, si
rivelarono sgradevoli e incomprensibili allascolto), i cineasti
furono costretti a sincronizzare gran parte delle scene servendo112. Per unulteriore esemplificazione dello stile espressionistico di Tot si rimanda a ROSSI (2002a).
100
Il linguaggio cinematografico
113. Oltre alla pi volte richiamata vocazione al vero del cinema delle origini,
101
BRUNETTA (1991: 236) ricorda limpennata realistica degli anni Trenta, evidente nella
dichiarazione di Longanesi del 1933: Basterebbe uscire in strada, fermarsi in un punto
qualsiasi e osservare quel che accade durante mezzora, con occhi attenti e senza preconcetti di stile e fare un film italiano naturale e logico.
102
Il linguaggio cinematografico
114. BRUNETTA (1991: 300). Per laccezione zavattiniana di neorealismo (eliminazione della componente tecnicoprofessionale del cinema, che doveva in certo qual
modo farsi da s, essere una copia fedele della realt), pi o meno sinonimo di verismo,
cfr. RAFFAELLI (1992: 106 n. 85).
115. Ovvero, come gi chiarito nel 1.3, secondo un modello che tenga conto
della tendenziale, e non assoluta, appartenenza di un oggetto a una categoria in base alla
maggior concentrazione di certe propriet tipiche e alla minor presenza di propriet tipiche di categorie diverse.
116. Riguardo alla coralit, illuminanti sono le parole di BRUNETTA (1991: 285):
In questo periodo [limmediato secondo dopoguerra] il pubblico destinatario e protagonista dei film realizzati. Lo schermo non pi lo specchio deformante delle piccole
brame della sala, ma la proiezione dellanima collettiva, una superficie osmotica che in
certi casi mostra una permeabilit perfetta tra i due spazi.
103
Oreste Biancoli, Suso Cecchi DAmico, Franci, Gherardo Gherardi, Gerardo Guerrieri); La terra trema, 1948, di Visconti (alla
sceneggiatura collaborarono Visconti e Franco Zeffirelli, oltrech, non accreditati, vari abitanti di Aci Trezza, attori non professionisti del film); Il cammino della speranza, 1950, di Pietro
Germi (sceneggiatura di Germi, Fellini, Tullio Pinelli); Umberto
D., 1952, di De Sica (sceneggiatura di Zavattini).
Eccezioni a parte (Roma citt aperta, che incass 162 milioni di lire), i film neorealistici appena citati non furono molto
apprezzati dal pubblico italiano; alcuni, come La terra trema,
furono un vero e proprio fiasco (35 milioni di incasso su 120 di
spesa). Il gusto del pubblico si avvicin infatti pi al genere
comico (meno dialettale e quindi pi comprensibile del genere neorealistico)117 e a quello melodrammatico in lingua colta
che a quello neorealistico:
Un gruppo di sei film rappresentato da I figli di nessuno, Catene, Tormento, La sepolta viva, Tot cerca casa, Core ngrato
ha avuto [] un numero di spettatori cinque volte superiori al
gruppo di altri sei film rappresentato da Ladri di biciclette,
Germania anno zero, Il cammino della speranza, La terra
trema, Bellissima, Umberto D., e cio, allincirca 30.000.000
di spettatori il primo gruppo e 6.000.000 il secondo. Alla luce
di queste cifre, che unanalisi pi dettagliata porta a risultati
ancora maggiormente sorprendenti (il rapporto, per esempio,
tra Umberto D. e Don Camillo di uno a quattordici, il film I
figli di nessuno ha avuto 7.000.000 di spettatori) si pu capire
il valore polemico della frase di Balzs che nel cinema larte
non la cosa pi importante118.
117. Dopo la fase di conversione cinematografica dellavanspettacolo lasse linguistico lungo cui si orienta e si stabilizza la produzione della commedia vede il predominio di forme centromeridionali anche se, per buona parte degli anni cinquanta, si
continua a preferire al dialetto la forma italianizzata (quasi una traduzione) di discorsi
pensati in dialetto. In prospettiva si assiste, comunque, allestensione del romanesco e
allaffermazione di linguaggi gergali e marginali di piccoli gruppi (BRUNETTA 1993:
III, 331).
118. CHIARINI (1954/1976: 82). Per unanalisi storicosociale del fenomeno fondamentale SPINAZZOLA (1974): Le graduatorie commerciali danno la misura esatta del
fallimento delloperazione neorealista nel suo punto programmatico pi ambizioso e
104
Il linguaggio cinematografico
Mentre i film del primo filone citato dal Chiarini (tutti in italiano perlopi formale) hanno esercitato un forte potere condizionante sulle abitudini linguistiche del pubblico, i fenomeni
dialettali di certi film neorealisti non hanno [avuto] alcuna incidenza sulla conoscenza linguistica degli spettatori119.
Responsabili dellinsuccesso non furono soltanto le difficolt
linguistiche (certo determinanti per La terra trema), ma anche
fattori quali il ritorno in massa del cinema hollywoodiano, fortemente inibito durante gli ultimi anni del fascismo (tra il 1945 e
il 1946 furono importati 600 film!), e il grande desiderio del
pubblico di evadere e di rimuovere le disgrazie appena trascorse
(e alluopo le commedie e le superproduzioni americane erano
loptimum) piuttosto che di vederle in perfetta evidenza sul
grande schermo. Sono questi gli anni, tra laltro, di massima
espansione del cinema in Italia, e dunque anche quelli di massima influenza della sua lingua sulle vaste platee: dal 1945 al
1955 il numero delle sale e dei biglietti venduti sale progressivamente e il cinema batte gli incassi delle manifestazioni teatra-
delicato: la volont di indurre un mutamento radicale nei rapporti fra cinema e pubblico,
quali si esplicano negli spettacoli strutturati industrialmente. []. Solo verso il finire
degli anni cinquanta questa dispersione di energie [degli autori neorealisti] si interrompe: e assistiamo al formarsi, nel clima del benessere neocapitalista e del disgelo politico,
duna seconda ondata neorealista. [] [Q]uesti film [della nuova tendenza realistica
della fine degli anni Cinquanta] avallano prestigiosamente lentrata dellItalia nellepoca
del cinema di massa: lepoca in cui il sistema industriale apprende a confezionare prodotti dotati, per cos dire, di una comunicativit interclassista. Viene a risolversi la tensione, e se vogliamo lequivoco su cui si reggeva il neorealismo, che progettava di rivolgersi ai ceti subalterni ma trovava gli interlocutori elettivi solo nellala radicale dellintellettualit borghese (SPINAZZOLA 1974: 1112). In particolare sugli incassi milionari
(oggi plurimiliardari) dei film con Tot cfr. BISPURI (1997): Tot a colori incass
774.750.000, corrispondenti a 41.500.000.000 attuali, per un totale di 6.390.000 spettatori (p. 108); si tratta dellincasso pi alto tra tutti i film di Tot e di uno dei pi alti nella
storia del cinema italiano.
119. BRUNETTA (1993: III, 305). Cfr. anche RAFFAELLI (1992: 113): La preoccupazione di conciliare le istanze espressive con le resistenze del mercato italiano indusse
di fatto i cineasti del tempo, con il consenso di critici e di linguisti [], ad alleggerire la componente dialettale, per esempio adottando il romanesco che, con accorta attenuazione dei tratti pi peculiari, suonava non dissimile dalla variante locale dellitaliano; oppure limitando a battute isolate gli innesti schiettamente dialettali meno comprensibili.
105
li e sportive. Il 1955 sar, nella storia italiana, lanno del massimo numero di biglietti venduti. Da quellanno in poi, un lento
ma progressivo declino120.
A determinare la fama dei principali film del Neorealismo
furono dunque alcuni critici illuminati, soprattutto francesi121, e,
in seguito, il successo, ancora una volta presso la critica e un
pubblico ristretto di intellettuali, incoraggiato anche dallassegnazione di alcuni Oscar122.
120. Nel 1955 si registr unaffluenza di circa 819.000.000 di spettatori per un
incasso di circa 116.691.000.000 di lire (cfr. QUAGLIETTI 1980: 252). Dal 1956 in poi il
declino delle frequenze del pubblico regolare e progressivo (con una diminuzione di
ben 29 milioni di unit sul totale dei biglietti venduti e una contrazione degli incassi di
quasi 670 milioni nel solo 1956, secondo SPINAZZOLA 1974: 165), fatta eccezione per
qualche impennata nel 1959 e nel 1960 e per un complessivo buon livello dal 1960 al
1974, prima di una caduta repentina fino ad oggi (BRUNETTA 1991: 432). Per quantificare
il crollo, basti confrontare i 750 milioni di biglietti venduti nel 1960 con i 93 milioni del
1988 (cfr. BRUNETTA 1991: 439441). vero che gli incassi [in un primo momento]
non ne risentono; ma ci dipende solo dalladozione di un rimedio fittizio, il progressivo
e costante aumento del prezzo dei biglietti dingresso, passato da una media di 142 lire
nel 1955 alle 204 del 1963 (SPINAZZOLA 1974: 165). Non sempre proporzionale il
numero dei film italiani prodotti, che registra comunque un forte incremento dal 1945 al
1954, anche grazie ad una legge del 1949 che incentiva la produzione nazionale: nel
1945 i film prodotti sono appena 25, ma gi nellanno successivo sono saliti a quota 62
[]. [N]el 47 si producono 67 film; 54 nel 48; 94 nel 49; 104 nel 50; 107 nel 51;
148 nel 52; 161 nel 53; 201 nel 54. Il 55 e 56 sono anni di crisi e il numero scende
rispettivamente a 133 e 105 unit. Poi nel 57 si assiste a una ripresa con 129 film prodotti, ripresa confermata dalla cifra dellanno successivo che sale a 137 (BRUNETTA
1991: 290291).
121. Cfr. BAZIN (1958/2000: 317318), cit. nel 4.2.1.
122. Lelenco completo degli italiani vincitori di Oscar si pu leggere in
BIZIO/LAFFRANCHI (2002). Qui ricordiamo soltanto i casi pi significativi (rimandando
alla nostra filmografia conclusiva per i dati completi sui film citati), senza contare le
numerosissime nominations (o candidature) italiane: 1947, Sciusci, miglior film straniero (Oscar onorario); 1949, Ladri di biciclette, miglior film straniero (Oscar onorario);
1955, Anna Magnani, miglior attrice protagonista per La rosa tatuata; 1956, La strada,
miglior film straniero; 1957, Le notti di Cabiria, miglior film straniero; 1961, Sophia
Loren, miglior attrice protagonista per La ciociara; 1962, Ennio De Concini, Pietro
Germi e Alfredo Giannetti, migliore sceneggiatura originale di Divorzio allitaliana;
1963, 8 e 1/2, miglior film straniero; 1964, Ieri oggi domani, miglior film straniero;
1970, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, miglior film straniero; 1971,
Il giardino dei Finzi Contini, miglior film straniero; 1974, Amarcord, miglior film straniero; 1987, Lultimo imperatore, miglior film straniero e altri otto Oscar (regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio, musica, scenografia, costumi, sonoro); 1989, Nuovo
Cinema Paradiso, miglior film straniero; 1991, Mediterraneo, miglior film straniero;
106
Il linguaggio cinematografico
Alla diffusione di un italiano filmico dai tratti formali, quando non aulici, in questo periodo, ha contribuito anche la grande
popolarit dei film tratti da (o ispirati a) opere liriche, ben cinque soltanto nel 1946: Il barbiere di Siviglia di Mario Costa;
Lucia di Lammermoor di Piero Ballerini; Rigoletto di Carmine
Gallone (girato nel 46 ma distribuito nel 47); Il cavaliere del
sogno (Gaetano Donizetti) di Camillo Mastrocinque (girato nel
46 ma distribuito nel 47) e, sempre di Gallone il regista per
antonomasia dei FILMOPERA [ Glossario] nostrani , Avanti
a lui tremava tutta Roma, una sorta di Tosca in versione metateatrale, con Anna Magnani. Nonostante i tagli e gli aggiustamenti linguistici123, questi film non fecero che confermare il
successo interclassista della lingua dei libretti e la convinzione,
presso il grande pubblico, che la vera poesia e la lingua elegante
dovessero essere costruite a base di stereotipi e con pi duno
sguardo verso il passato. Unampia fetta dei divi schermici degli
anni Cinquanta sar costituita proprio da famosi cantanti lirici,
da Beniamino Gigli, a Tito Gobbi, a Gino Bechi. Naturalmente
spesso si ricorreva ad attori non cantanti doppiati da interpreti
celebri (com il caso di Sophia Loren, doppiata da Palmira
Vitali Marini nella Favorita, 1952, di Cesare Barlacchi, e da
Renata Tebaldi nellAida, 1953, di Clemente Fracassi)124. Sulla
stessa linea vanno collocati anche i numerosi film biografici sui
compositori, da Giuseppe Verdi, 1953 (lastro di Busseto
senzaltro il pi cinegenico nei cieli operistici, per il comodo,
1998, La vita bella, miglior film straniero e altri due Oscar (Benigni come miglior
attore protagonista e Piovani miglior musica).
123. Sulle caratteristiche linguistiche del filmopera (o operafilm o cineopera) e
sulle manipolazioni rispetto agli originali musicali cfr. GATTA (2005). Va da s che quando usiamo melodramma al cinema intendiamo due diversi concetti: sia i film (musicali)
tratti da opere liriche (o, meglio, opere liriche, pi o meno tagliate, adattate per il cinema), sia quelli (non musicali, tipo Catene e simili) dai toni enfatici e dallo stile ridondante propri del mlodrame (ovvero melologo) francese (da cui il francesismo MLO
[ Glossario] con cui sono solitamente designati).
124. Anche se, in questi casi, doppiaggio non sarebbe il termine pi appropriato, a
rigore, visto che lattore ad adattarsi ai movimenti labiali del cantante (recitando, dunque, sulla base del disco) e non viceversa.
107
quanto improprio, sfruttamento delle tematiche patriotticorisorgimentali), di Raffaello Matarazzo, a Casa Ricordi, 1954, di
Gallone, costellati di arie dopera. Un discorso del tutto diverso,
ovviamente, andrebbe fatto per quei registi che si servono di
brani operistici e dello stile melodrammatico in chiave simbolica (o realistica, nel senso di rappresentazione non passiva della
realt storica) e critica (sul contrasto tra i valori morali rappresentati e quelli reali), primo fra tutti il Visconti di Bellissima
(con brani dal donizettiano Lelisir damore) e di Senso (che si
apre con Il trovatore di Verdi). Va da s che in questi ultimi casi
non si tratta di unutilizzazione popolare, bens ipercolta, e
quindi priva di influenze linguistiche sulle ampie platee.
Per tornare al Neorealismo, i principali artefici della nuova
corrente furono dunque i registi De Sica, Rossellini e Visconti e
lo sceneggiatore Zavattini. Grande ispiratore, per tutti, il Verga
verista, nei confronti del quale piovevano dichiarazioni di ammirazione125. Naturalmente Zavattini non lunico sceneggiatore degno di essere ricordato nel cinema italiano dellimmediato
secondo dopoguerra, ma senzaltro il pi rappresentativo e
dunque lunico del quale forniremo brevissime coordinate biografiche. Si aggiunga che solo a partire da questo momento agli
sceneggiatori attribuito un certo riconoscimento e iniziano in
questi anni (o hanno cominciato poco innanzi) a dare le loro
prime prove i nomi storici del cinema italiano: Sergio Amidei,
Ettore Margadonna, Ennio Flaiano, Ennio De Concini, Suso
Cecchi DAmico, Age e Scarpelli, Rodolfo Sonego, Tonino
Guerra, Tullio Pinelli, Federico Fellini, Leo Benvenuti, Piero De
Bernardi, Ettore Scola e moltissimi altri (per non parlare delle
collaborazioni pi o meno occasionali di scrittori, Moravia e
Pasolini in testa)126. Se tutto, nel cinema, frutto della collabo125. Cfr. ALICATA/DE SANTIS (1941/1976); TAGLIABUE (1990: 52).
126. Manca qui lo spazio per dedicarci come dovuto a questi artisti. Ci limitiamo
dunque in questa nota a dire due parole sulle personalit di spicco (rimandando, tuttavia,
ai capitoli successivi per annotazioni linguistiche su alcuni titoli qui appena citati).
Ennio Flaiano, giornalista, critico teatrale, romanziere, commediografo, caratterizzato
da uno spiccato gusto per la satira di costume, diede il suo apporto fondamentale soprat-
108
Il linguaggio cinematografico
tutto a celebri sceneggiature per molti film di Fellini (Lo sceicco bianco, 1952; I vitelloni, 1953; La strada, 1954; Il bidone, 1955; Le notti di Cabiria, 1957; La dolce vita,
1960; 8 e 1/2, 1963, etc.). Per altri registi, si ricordano, tra i numerosi titoli: Guardie e
ladri, 1951, di Steno e M. Monicelli; La notte, 1961, di M. Antonioni. Suso Cecchi
DAmico (figlia del letterato e direttore storico della Cines Emilio Cecchi, moglie del
musicologo Fedele DAmico figlio del fondatore dellAccademia dArte Drammatica
Silvio DAmico , madre dellanglista, adattatore e sceneggiatore Masolino DAmico)
scrittrice e traduttrice colta e raffinata, a suo agio in sceneggiature di ogni genere, dal
cinema dautore e di matrice letteraria (collabor a molti film di Antonioni e Visconti) al
Neorealismo (Ladri di biciclette), dalla commedia (Lonorevole Angelina, 1947, di
Zampa; Peccato che sia una canaglia, 1954, di Blasetti) agli sceneggiati televisivi (Le
avventure di Pinocchio, 1972, di Comencini; Ges di Nazareth, 1977, di Zeffirelli). Age
(Agenore Incrocci) e (Furio) Scarpelli sono senzaltro tra i padri della Commedia allitaliana. Le loro sceneggiature (centinaia, quasi tutte a quattro mani) spiccano per
approfondimento psicologico dei personaggi (Ceravamo tanto amati, 1974, di Scola),
originalit linguistica (Larmata Brancaleone, 1966, e Brancaleone alle crociate, 1970,
di Monicelli; Dramma della gelosia [tutti i particolari in cronaca], 1970, di Scola) e
insuperabile senso della risata (I soliti ignoti, 1958, di Monicelli, oltre a decine di film
con Tot). Age, come gi visto, anche autore di un manuale di scrittura cinematografica (AGE 1990).
127. BRUNETTA (1991: 330). Lo stesso concetto sviluppato anche in BRUNETTA
(1993: IV, 6997) [ Antologia critica, 8.II], cui si rimanda anche per lapporto fondamentale degli sceneggiatori al rinnovamento linguistico del cinema italiano del secondo dopoguerra. Si ribadisce qui che lattribuzione dei film unicamente al regista soluzione da noi abbracciata soltanto per convenzione e per brevit, consci che una storia
della sceneggiatura cinematografica italiana, ancora tutta da scrivere, riserverebbe non
poche sorprese.
109
Venerd, 1941, Un garibaldino al convento, 1942), che confezionano le trame e i dialoghi di almeno un quarto della produzione italiana del periodo128, passando con disinvoltura da un
genere allaltro. Aldo De Benedetti, per es., lavora contemporaneamente per De Sica e Bragaglia. Che dire poi del geniale critico letterario e cinematografico Giacomo Debenedetti (autore
tra laltro, sotto lo pseudonimo di Gustavo Briareo, di un acutissimo articolo sul doppiaggio [ Antologia critica, 13]), sulla
cui figura solo di recente gli studiosi di cinema stanno indagando? Fu coautore anche di numerose sceneggiature, in molte
delle quali non fu accreditato, essendo ebreo, per via delle leggi
razziali: La mazurka di pap, 1938, di Oreste Biancoli; La fanciulla di Portici, 1940, di Mario Bonnard, La bisbetica domata,
1942, di Ferdinando Maria Poggioli; Il cappello da prete, 1944
(ma girato nel 1943), sempre di Poggioli, e molte altre; fu anche
assistente alla regia di Camerini in Grandi magazzini, 1939.
Cesare Zavattini, come si diceva, il personaggiochiave
della nuova cinematografia italiana. Singolare esempio di artista
a tutto tondo (scrittore, regista, pittore), il suo esordio alla sceneggiatura con Dar un milione, 1935, di Camerini. Da allora
scrisse oltre 130 tra soggetti e sceneggiature, fino al 1982. Le
prime istanze realistiche (e soprattutto linteresse alle storie
della piccola gente e la propensione per le atmosfere rarefatte,
talora naves) appaiono in Avanti c posto, 1942, di Bonnard
e in 4 passi fra le nuvole, 1942, di Blasetti. Nel 1943, con I
bambini ci guardano, 1944, inizia il lungo e proficuo sodalizio
con De Sica, per il quale scriver, tra laltro, Sciusci, 1946;
Ladri di biciclette, 1948; Miracolo a Milano, 1951; Umberto D.,
1952; La ciociara, 1960; Il giardino dei Finzi Contini, 1970. Per
altri registi si ricordano almeno Una domenica dagosto, 1950,
di Luciano Emmer e Bellissima, 1951, di Visconti129. con lui,
praticamente, che la figura dello sceneggiatore inizia a uscire
110
Il linguaggio cinematografico
111
Come evidente, data leterogeneit degli artisti in questione, il Neorealismo ebbe molte anime, sottocorrenti e sottopoetiche che non il caso qui di commentare (dal documentarismo
di stampo veristico del primo Rossellini alla tendenza al romanzato di De Sica e Zavattini, dallideologia marxista del primo
Visconti, di Aristarco e di Vergano al misticismo di certo Zavattini e di certo Rossellini, etc., tutti problemi ampiamente dibattuti, tuttora in parte irrisolti e forse irresolubili e comunque non
pertinenti al nostro lavoro)131. Sicuramente la ricerca del parlato
il pi possibile vicino alla realt, dunque del dialetto, accomuna
tutti, come risulta evidente dalle numerose dichiarazioni di
Zavattini e di De Sica, tra gli altri.
2.5.2. Secondo alcuni, gi Ossessione, 1943, di Luchino
Visconti (sceneggiatura di Visconti, Mario Alicata, Giuseppe De
Santis e Gianni Puccini [Figg. 47]), dovrebbe essere definito
un film neorealistico: per il frequente uso di riprese in esterno,
per la lucida descrizione di gente umile e di situazioni di angoscia e di degrado ambientale e morale (come dimenticare la
canottiera sudata e sporca di Massimo Girotti nella sua prima
entrata nella cucina di Giovanna, con una ZOOMATA [ Glossario], tra laltro, che della storia del cinema e che ricorda molto
la prima inquadratura di John Wayne in Ombre rosse, a confer-
sito del progetto filmico di Guido/Fellini: Vede/ ad una prima lettura/ salta agli occhi
che la mancanza di una idea problematica/ o/ se si vuole/ di una premessa filosofica
[] rende il film una suite di episodi assolutamente gratuiti/ e pu anche darsi divertenti/ nella misura del loro realismo ambiguo// Ci si domanda cosa vogliono realmente gli
autori// Ci vogliono far pensare? Vogliono farci paura? Il gioco rivela fin dallinizio una
povert dispirazione poetica mi perdoni/ ma questa pu essere la dimostrazione pi
patetica/ che il cinema irrimediabilmente in ritardo di cinquantanni su tutte le altre
arti// Il soggetto/ poi/ non ha neanche il valore di un film davanguardia// Bench qua e
l/ ne abbia tutte le deficienze// Ho preso degli appunti/ ma non credo che le saranno
utili// Mi rimane un po misterioso/ il fatto che lei abbia pensato a me per una collaborazione che/ francamente/ non so come si potrebbe realizzare//.
131. Almeno di religiosit epica di Rossellini, marxismo estetizzante di
Visconti, paterno lirismo della piccola cronaca di De SicaZavattini, dramma di
libert e di riscatto sociale del popolare De Santis parla ORATI (1983: 151). Su questi
temi fondamentale MICCICH (1978).
112
Il linguaggio cinematografico
113
dibile carica erotica dei protagonisti, insolita, nella sua esplicitezza, per lepoca: sicuramente deve aver inciso anche la scelta
di Clara Calamai (il primo seno nudo comparse a parte
della storia del cinema nella Cena delle beffe, 1942, di Blasetti),
che sostitu allultimo momento Anna Magnani, incinta; senza
dubbio la Magnani avrebbe fatto virare il film dalla sensualit
(comunque stilizzata) alla passionalit di stampo verista.
Ecco come Giovanna d libero sfogo, con Gino, alle proprie
emozioni:
GIOVANNA: Lo sai tu/ che cosa sia un uomo vecchio?
GINO: No// Ma me lo immagino//
GIOVANNA: Non puoi immaginarlo// Non puoi sapere che cosa
sia per una donna/ vivere con un uomo vecchio// Tutte le
volte che mi tocca con quelle mani/ grasse/ vorrei mettermi a urlare! Non sono una signora/ io// Sono una povera
disgraziata// Ma non ne posso pi!
Che una donna potesse rivendicare il proprio diritto allamore carnale era del tutto inaudito, allepoca. Ma, per spostarci sul
piano linguistico, non una parola, un costrutto, una sfumatura di
pronuncia avvicina questa, n altre battute di Gino e Giovanna,
a un parlato credibile per lepoca (il primo congiuntivo del
brano appena citato addirittura ipercorretto). Le uniche sfumature regionali di Ossessione sono alcune battute incomprensibili, in apertura di film, qualche altro enunciato pronunciato da
comparse (an fan che litighr non fanno che litigare, detto
in ferrarese col tipico an non e la palatalizzazione della a
dellinfinito allinizio del secondo tempo, a proposito di
le coscienze dei giovani critici antifascisti forse pi di quanto non li affascini la Spagna,
costringendoli a vere e proprie acrobazie per evitare e rimuovere il problema [] a
rappresentare il senso della partecipazione antifascista alla guerra di Spagna, ma la sua
presenza, la forte carica allusiva che circonda il suo passato non passano inosservate e
scuotono la coscienza ormai risvegliata dello spettatore. In poche immagini Visconti
sembra essere riuscito a racchiudere il non detto di un intero conflitto, a illuminare un
motivo traumatico tenuto nascosto da immagini che, comunque, non sono mai state
capaci di esaltare e celebrare la lotta dei paladini della fede contro le forze infernali.
114
Il linguaggio cinematografico
Gino e Giovanna; poco prima, laffittacamere parlava in napoletano) e qualche sfumatura settentrionale del marito di Giovanna,
Giuseppe (Juan De Landa, ovviamente doppiato). Bench la
sintassi risulti semplificata, rispetto alla media dei dialoghi filmici italiani coevi, non sfugge certa ricercatezza espressiva, di
stampo teatrale, in tutte le battute del film:
GIOVANNA: Ora ricordo/ il giorno che sei arrivato qui/ per la
prima volta// Non avevi neanche le calze ai piedi// Capisco
perch ti ho voluto cos bene// Subito// E perch lho cos
odiato/ lui// Neanche se volessi/ potrei farti pi del male/
ora// Nemmeno per impedirti di andare via/ se vuoi// Perch/ aspetto un bambino// Da te/ Gino//
GINO: Cosa dici?
GIOVANNA: S// Ne avevo gi il dubbio// Ma ora sono certa//
Dovevo parlartene// Dovevo parlarti di questa cosa/ Gino//
Prima/ era tutto confuso// Ma ora ci vedo chiaro// Ci ho
pensato molto// Ho pensato a noi due// Al bambino// Vedi/
perch noi/ che abbiamo rubato una vita/ possiamo renderne unaltra// Per questo/ non ho pi paura// Non ho pi
nessun rancore/ verso di te// So/ che ti amo/ Gino// E non
potr mai/ farti del male// Ma tu/ come potrai vincere la
tentazione/ di sfogare il tuo odio contro di me? Adesso/ se
vuoi puoi farlo// Ti ho detto tutto// Sono qui//.
A fronte di fenomeni delluso medio (che temporale: il giorno che sei arrivato qui; ridondanza pronominale: lho cos odiato/ lui; lessico generico: Dovevo parlarti di questa cosa;
frasi fatte: ci vedo chiaro; preferenza per la paratassi e per i
brevi segmenti piuttosto che per lipotassi: S// Ne avevo gi il
dubbio// Ma ora sono certa; Prima/ era tutto confuso// Ma ora
ci vedo chiaro// Ci ho pensato molto// Ho pensato a noi due// Al
bambino), spicca il periodare ricercato (Neanche se volessi/
potrei farti pi del male; come potrai vincere la tentazione/ di
sfogare il tuo odio contro di me?), che ha ununica forte eccezione, nel film, con il seguente errore di consecutio temporum:
Dovevo immaginarlo/ che da un momento allaltro te ne puoi
andare, dalle labbra di Giovanna nella parte conclusiva del film.
Il realismo degli ambienti poveri e sordidi e stralci di lingua agile
115
116
Il linguaggio cinematografico
3. CINEMA E LETTERATURA
3.1. Considerazioni generali, con qualche cenno alle differenze tra i linguaggi teatrale e cinematografico
Nella lettura del presente capitolo (che amplia quanto gi
pubblicato in ROSSI 2003b) il lettore dovr richiamare alla
memoria gli schemi presentati nel primo capitolo, relativamente al rapporto tra scritto, parlato e parlato filmico e tra testo che
si guarda e testo che si legge ( 1.2, 1.3, 1.4.1). Dopo alcune
considerazioni di carattere generale sul rapporto tra cinema,
teatro e letteratura, verranno commentati cinque esempi specifici di trasposizione testuale, di cui segue lelenco (corredato
anche delledizione scelta per le citazioni) e che verranno, per
brevit, dora in avanti richiamati compendiosamente col solo
titolo:
La cena delle beffe, 1942, regia di Alessandro Blasetti, sceneggiatura di Renato Castellani e Blasetti, tratto dal dramma
di Sem Benelli, La cena delle beffe (1909), Milano, Treves, 1918.
Ladri di biciclette, 1948, regia di Vittorio De Sica, sceneggiatura di De Sica, Cesare Zavattini, Oreste Biancoli, Suso
Cecchi DAmico, Adolfo Franci, Gherardo Gherardi,
Gerardo Guerrieri, tratto dal romanzo di Luigi Bartolini,
Ladri di biciclette (19461948), introduzione di Valerio
Volpini, Milano, Longanesi, 1988.
Le amiche, 1955, regia di Michelangelo Antonioni, sceneggiatura di Antonioni, Suso Cecchi DAmico, Alba De Cspedes, tratto dal racconto di Cesare Pavese, Tra donne sole
117
118
Il linguaggio cinematografico
(1949), in Id., La bella estate, TorinoNovara, MondadoriDe Agostini, 1992, pp. 215330.
Linnocente, 1976, regia di Luchino Visconti, sceneggiatura di
Suso Cecchi DAmico, Enrico Medioli e Visconti, tratto
dal romanzo di Gabriele DAnnunzio, Linnocente (1892),
Milano, Mondadori, 1992.
Passione damore, 1981, regia di Ettore Scola, sceneggiatura
di Scola e Ruggero Maccari, tratto dal romanzo incompiuto di Iginio Ugo Tarchetti, Fosca (1869), Milano, Mursia,
1989.
3 Cinema e letteratura
119
pio e trasferire sullo schermo i soggetti di derivazione colta consent al cinema unulteriore legittimazione e lopportunit di
rivolgersi anche ad un pubblico medioborghese3. BRUNETTA
(1977: 333) [ Antologia critica, 8.I] ha giustamente assimilato il cinema alla biblioteca dellitaliano medio, per via dellusuale attivit di trascrizione e divulgazione (con inevitabili
conseguenze di semplificazione e banalizzazione dei testi originari) del repertorio pi disparato dalle origini fino ad oggi.
Tanto la filmografia dautore quanto quella popolare, italiana e
straniera, si basano, in effetti, soltanto in minima parte su soggetti originali e questo, come in parte stato gi accennato nel
2, particolarmente evidente nel primo periodo dellarte filmica
italiana. La vocazione letteraria dei soggetti cinematografici
nasce praticamente con la nascita del film a soggetto:
Tra il 1905 e il 1912 il cinema italiano, nato ritardato (e
quindi costituzionalmente ipotonico), ci fa assistere a una massiccia immissione di vitamine e proteine letterarie nel suo
corpo. In principio fuit traductio: gi dai primi soggetti si
assiste a un processo di conversione, ridefinizione e riduzione
di tutti i motivi della memoria storica e letteraria, concepita
come un unico testo, un giacimento aureo inestinguibile entro
cui attingere a larghe mani senza il minimo complesso di inferiorit. Lepica, il romanzo, il teatro, la poesia, la letteratura
popolare, subiscono lo stesso trattamento [] [I]l fatto che ci
si ponga, dai primi passi, di fronte alla letteratura di tutti i
tempi, come a un unico e indifferenziato grande testo isomorfico, apre un problema specifico: quello dellesistenza di unideale biblioteca dellitaliano elaborata dallindustria letteraria alla fine dellottocento, che pesca i suoi modelli ideali e i
testi di base nelle biblioteche di Don Ferrante e del sarto dei
Promessi sposi, che si tenta di convertire in base alla propriet transitiva in una corrispondente filmoteca ad uso
nazionale e internazionale. Il cinema, nella logica dei produttori, diventa mezzo di allargamento degli orizzonti culturali,
privilegiato e potenziale produttore di una cultura di massa
veicolo forte di esportazione della cultura italiana. O una lin-
3.
120
Il linguaggio cinematografico
Tra le ambizioni dei nostri primi cineasti c quella di eternare la letteratura: Oramai non esistono pi nella letteratura
pagine ingiallite e nella natura cose morte, poich il cinematografo le anima e le fa rivivere, assicurando loro una esistenza
eterna5. Ci si accosta, pertanto, dapprima alle opere letterarie
maggiori, sia perch di sicuro appiglio sul pubblico, sia per la
pretesa vocazione didattica del cinema. Il lancio dei film era
infatti spesso di questo tenore: Non tralasciate di portare i
vostri bambini a questo spettacolo istruttivo6. Non stupir,
dunque, lincredibile numero degli adattamenti cinematografici
dei Promessi sposi: la prima riduzione del romanzo manzoniano
I promessi sposi, 1908, di Mario Morais, prodotto dalla L.
Comerio e C. di Milano; segue Linnominato, 1909, di Mario
Caserini, Cines; I promessi sposi, 1911, riduzione di Lucio
DAmbra, regia di Ugo Falena, Film dArte Italiana; e, con il
medesimo titolo, di Eleuterio Rodolfi, Societ Anonima Ambrosio, 1913; di Ubaldo Maria Del Colle e Ernesto M. Pasquali,
1913; di Mario Bonnard, BonnardFilm, in due episodi (sonorizzati nel 1940), 1922; di Mario Camerini, 1941 (Figg. 89); di
Mario Maffei, 1964, per non citare che i film pi noti, sino ad
arrivare alle riduzioni televisive (I promessi sposi, 1967, di Sandro Bolchi; con lo stesso titolo, di Salvatore Nocita, 1989;
Renzo e Lucia, di Francesca Archibugi, 2001 e altri ancora)7.
Naturalmente, con le trasposizioni nascono anche le prime critiche sui tagli, sulle banalizzazioni e sul generale impoverimento
4. BRUNETTA (1991: 5152). TAGLIABUE (1990: 1316) calcola che dal 1907 al
1920 sono circa 200 i film italiani tratti da opere letterarie, a partire da Il fornaretto di
Venezia, 1907, di Mario Caserini, prodotto dalla Cines e tratto dallomonimo dramma di
Francesco dallOngaro.
5. Come recita Il giornale dItalia agli inizi del Novecento (MARTINELLI/TORTORA 2004: esergo iniziale).
6. MARTINELLI/TORTORA (2004: 15).
7. Cfr. BETTETINI/GRASSO/TETTAMANZI (1990) e MARTINELLI/TORTORA (2004).
3 Cinema e letteratura
121
122
Il linguaggio cinematografico
Limportanza della fonte letteraria non venne intaccata dallavvento del sonoro, al punto che il primo film parlante italiano, La canzone dellamore, 1930, di Righelli, tratto, come gi
detto, assai liberamente dalla novella In silenzio di Pirandello.
Nel ventennio fascista quasi tutti i film italiani di soggetto non
originale sono tratti da opere teatrali, pochi da opere narrative.
Gran parte degli sceneggiatori dellepoca costituita da drammaturghi: Alessandro De Stefani, Aldo De Benedetti, Gherardo
Gherardi, Guido Cantini, Luigi Bonelli, Sergio Pugliese, Dino
Falconi, Cesare Giulio Viola, Cesare Vico Lodovici, Tomaso
Smith11.
Alcuni autori sono stati iperutilizzati, come fonti di soggetti,
dal nostro cinema a tutte le altezze cronologiche. TAGLIABUE
(1990: 8485, 97, 150152 et passim), per esempio, riporta 7
film tratti da Canti o episodi della Divina commedia12; 9 dal
Decameron; 8 da Luigi Capuana; 7 dal Pinocchio di Collodi
(cui andr aggiunto il film di Benigni del 2002); 23 da Gabriele
DAnnunzio; 18 da Edmondo De Amicis; 7 da Grazia Deledda;
13 da Carolina Invernizio; 29 da Alberto Moravia; 31 da Luigi
Pirandello; 31 da Emilio Salgari; 7 da Leonardo Sciascia; 14 da
Giovanni Verga, etc. Ancora oggi, i soggetti originali sono in
percentuale minoritaria, rispetto a quelli tratti da romanzi, drammi o novelle13. E questo curioso: il cinema per certi aspetti si
pone come linguaggio autonomo talora addirittura linguaggioguida, nella civilt dellimmagine e tuttavia non riesce a
prescindere dallaltro da s, nella consapevolezza che la costruzione di una storia impresa complessa e fondamentale, nella
riuscita di un film, e che quindi una falsariga narrativa spesso
10. TAGLIABUE (1990: 21).
11. Cfr. BRAGAGLIA (1993: 8182).
12. Sulla presenza di Dante nel cinema cfr. CASADIO (1996).
13. [A]lmeno il 70% dei film attualmente prodotti sono in varia misura debitori
rispetto ad un racconto letterario (BUSSI 1996: 14).
3 Cinema e letteratura
123
14. molto pi comodo partire da un romanzo, un aiuto, si trova tutto un materiale, atmosfere, personaggi, un solido impianto narrativo (testimonianza di Pietro
Germi, riportata da BRAGAGLIA 1993: 141).
15. Cfr. MANZOLI (2003: 9698). Delleffetto rebound del cinema sulla letteratura parla diffusamente COSTA (1993: 4561).
16. Cfr. PASOLINI (1972/1991: 176183), per il quale possibile trovare anche dei
corrispettivi filmici di DISCORSO INDIRETTO LIBERO [ Glossario]. Sulle polemiche
suscitate dalle teorie semiologiche di Pasolini cfr. COSTA (1993: 128158).
17. Simultaneit, multiprospettivismo e montaggio sono i tre elementi strutturali
di cui la letteratura si servita prevalentemente a partire dai primi del Novecento e
soprattutto per influenza del linguaggio cinematografico (cfr. NUVOLI 1998: 28).
124
Il linguaggio cinematografico
3 Cinema e letteratura
125
20. Peccato che molti repertori, anche accurati, ignorino o non segnalino lattivit
di sceneggiatori di questi autori, quasi fosse irrilevante in un profilo biografico e professionale. Si legga a titolo desempio la scheda su Alba De Cspedes, in Letteratura italiana. Gli Autori. Dizionario biobliografico e Indici. AG, diretta da Alberto Asor Rosa,
Torino, Einaudi, 1990, p. 670: non una parola sulla sua partecipazione alla sceneggiatura delle Amiche e altre (per es., Nessuno torna indietro, 1945, di Blasetti, tratto dallomonimo romanzo della stessa De Cspedes del 1938), nonostante che si accenni alla sua
collaborazione con radio e giornali.
126
Il linguaggio cinematografico
21. Sulla prima collana editoriale italiana di sceneggiature (desunte dalla visione
del film), per la gloriosa Cappelli di Bologna, fondata e diretta da Renzo Renzi e attiva
tra gli anni Cinquanta e Settanta, cfr. MANZOLI (2003: 67), il quale ricorda anche come
la trasformazione del film in libro fosse dettata, in passato, dallesigenza di tutelarsi dal
plagio e soprattutto di garantire al cinema dignit artisticofilologica pari a quella del
teatro e della letteratura. Unaltra storica collana di sceneggiature Cinema della
Casa del Mantegna di Mantova (cfr. AGE/SCARPELLI/MONICELLI 1989).
3 Cinema e letteratura
127
128
Il linguaggio cinematografico
23. Il lettore dovrebbe astenersi ancora una volta, come gi avvertito nel primo
capitolo, dal caricare questi concetti di una connotazione per cos dire moralistica: il
fatto che un film tratto da un romanzo risulti fatalmente meno ricco di scarti dalla lingua
media rispetto alla fonte non necessariamente un difetto della trasposizione, bens
uninevitabile conseguenza del passaggio da un sistema di comunicazione a un altro.
3 Cinema e letteratura
129
Urge a questo punto una breve parentesi sui principali caratteri distintivi dei linguaggi cinematografico e teatrale24. Partiamo dalle analogie, che non sono molte: si tratta, in entrambi i
casi, di diasistemi di codici (immagini, parole, rumori, suoni),
con un testo scritto di riferimento, destinati a un tipo di fruizione collettiva. Inoltre, la storia dei due mezzi, nellultimo secolo,
si intersecata pi volte, dal momento che il cinema ha preso in
prestito dal teatro sia molti termini tecnici (battuta, copione, regia, scena, scenografia, soggetto, teatro, etc.), sia gran parte dei
suoi protagonisti (lo vedremo pi diffusamente nel 4.1). Per il
resto, s gi ricordato che il testo teatrale essenzialmente
opera di un singolo autore, mentre la sceneggiatura (con i suoi
numerosi rimaneggiamenti prima, durante e dopo le riprese del
film) un prodotto dquipe. Lattenuazione del ruolo dellautore, dunque, e i continui passaggi di testo in testo e di esecutore
in esecutore conferiscono ai dialoghi cinematografici maggiore
agilit e inclinazione al plurilinguismo e allibridismo.
Ma la differenza fondamentale tra le due forme risiede nel
fatto che il testo teatrale concepito per essere replicato e spesso tramandato anche nella forma scritta (molto pi spesso di
quanto non accada con le sceneggiature), mentre il film concepito per il riuso in tempi brevi (ininfluente, seppure interessante sotto altri punti di vista, il caso dei cosiddetti remake,
nuovi film a tutti gli effetti). Naturalmente il fenomeno in
gran parte spiegabile con il prestigio del teatro (quantomeno
tragico) nel sistema delle arti, teatro ritenuto cio immortale, al
pari della letteratura classica, di contro alla natura commerciale ed effimera del cinema. Lirripetibilit, la deperibilit, lilleggibilit e la maggiore vendibilit del testo filmico comportano vistose conseguenze dal punto di vista delle scelte e delle
24. Esigua, nel complesso, anche la bibliografia dedicata al parlato teatrale (se si
escludono le trattazioni di taglio storicoletterario, dedicate perlopi a singole opere o
autori, e la pletora di saggi sulla lingua pirandelliana): cfr. almeno NENCIONI (1976/983);
STEFANELLI (1982) e (1987); TRIFONE (1994), (1995) e (2000). Sui rapporti tra testo teatrale e testo filmico cfr. CHIARINI (1957) [ Antologia critica, 2] e MAMONE (1992).
130
Il linguaggio cinematografico
tecniche compositive25: propria del testo cinematografico lesigenza di immediatezza, di dire tutto e subito per farsi capire
da tutti qui e ora. Per questo il dialogo filmico ha quasi sempre
uno stile mimetico mentre il dialogo teatrale si rif alla lingua
della tradizione letteraria, poco preoccupato della riproduzione
della realt. Il testimone privilegiato (soprattutto a distanza di
anni) di un dramma o di una commedia la pagina scritta, quello di un film non la sceneggiatura. Allagile hic et nunc del
parlato del cinema, il teatro (si escludono qui le forme non prototipiche quali la Commedia dellArte, lavanspettacolo, la sceneggiata, etc., nonch qualche esempio di teatro parlatoparlato contemporaneo) contrappone un parlato pi sorvegliato e
antirealistico. Non sar inutile ricordare che la maggior parte
dei copioni su cui lavorano attori e registi teatrali riproduce
fedelmente (non mancano le eccezioni) la lingua delloriginale,
mentre le battute definitive dei film non coincidono mai con la
sceneggiatura di partenza. Per tutti questi motivi il dialogo filmico, seppure commisto di strutture tipiche dello scritto e del
parlato, tendenzialmente pi verosimile, direi attualizzato
(cio pi vicino a un atto linguistico reale che alla lettura della
pagina scritta), rispetto a quello teatrale. Non a caso luso traslato degli aggettivi teatrale e cinematografico, nella lingua
comune (per es.: perch sei sempre cos teatrale?; questo
romanzo scritto in uno stile cinematografico), sostanzialmente antonimico: sinonimo di enfatico, artefatto, il primo, di
agile e realistico, il secondo.
Anche dal punto di vista prosodico, i parlati filmico e teatrale sono diversissimi. Infatti la differenza dei mezzi di diffusione (il corpo dellattore e lacustica del teatro per il parlato
scenico tradizionale oggi peraltro sempre pi spesso amplificato , le complesse apparecchiature magnetiche e oggi
digitali di registrazione, sincronizzazione e amplificazione per
il parlato filmico) fa s che lintonazione e la pronuncia degli
25. Cfr. A MELIO (1994: 9294). Sulla fuggevolezza del testo f ilmico cfr.
CASETTI/DI CHIO (1990: 811).
3 Cinema e letteratura
131
attori al cinema non possano non essere pi realistiche (paradossalmente: il microfono, pur filtrando e amplificando la
voce, la rende meno artefatta) di quelle degli attori sul palcoscenico. Questo perch la manipolazione della voce consente
agli attori cinematografici di rinunciare a certe tecniche di
impostazione vocale essenziali a teatro (o quantomeno tuttora
insegnate nelle scuole di recitazione) per una corretta ricezione
del testo. Si allude qui, soprattutto, alla marcata e innaturale
scansione e accentazione delle ultime sillabe delle parole degli
attori di teatro e, viceversa, alluso cinematografico di battute
sporche e buttate, di pianissimi e addirittura di parole
mute (movimenti labiali privi si suono), inattuabile o comunque scomodo a teatro; inoltre agli effetti di parlato sulla musica e sui rumori di scena, tanto frequenti sullo schermo e tanto
rari sul palcoscenico26.
La diversa percezione da parte dello spettatore condiziona
anche la formazione del testo a livello morfosintattico e pragmatico [ Glossario, PRAGMATICA]: labbondante uso di deittici [ Glossario, DEISSI], verbali e gestuali, che a teatro permettono di individuare il destinatario e il tema dellenunciato, al
cinema diventa pleonastico grazie alla deissi intrinseca della
macchina da presa, intesa come occhio del pubblico oltrech del
regista e degli attori. Daltro canto, per, il maggiore ancoraggio referenziale e pragmaticosituazionale del dialogo filmico (vale a dire la sua simulazione del parlato spontaneo, con
tanto di coinvolgimento emotivo degli interlocutori tra loro e
con largomento della conversazione) rispetto al testo teatrale fa
s che nel primo sinnalzi la frequenza di segnali discorsivi e di
elementi deittici. In altre parole, se prendiamo il modello bipartito (comunque troppo rigido, ancorch nato per attenuare leccessiva schematicit della contrapposizione tra scritto e parlato
ampiamente esemplificata nei 1.2, 1.3 e 1.4) messo a punto
da Koch e Oesterreicher sulla distanza/vicinanza (da intendersi
26. Su alcune caratteristiche della voce amplificata al cinema si torner nel
5.1.4. Dello stile recitativo buttato si parler nel 5.3.1.
132
Il linguaggio cinematografico
Tabella 3.1
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
IMMEDIATEZZA
Comunicazione privata
Interlocutore familiare
Emozionalit forte
Ancoraggio pragmatico e situazionale
Ancoraggio referenziale
Compresenza spaziotemporale
Cooperazione comunicativa intensa
Dialogo
Comunicazione spontanea
Libert tematica
DISTANZA
Comunicazione pubblica
Interlocutore sconosciuto
Emozionalit debole
Distacco pragmatico e situazionale
Distacco referenziale
Distanza spaziotemporale
Cooperazione comunicativa minima
Monologo
Comunicazione preparata
Fissit tematica27
come rapporto sia tra gli interlocutori, sia tra questi ultimi e il
testo prodotto e ricevuto), dobbiamo collocare tanto il parlato
teatrale quanto quello filmico grosso modo a met strada tra i
due poli (intendo, naturalmente, il piano del dialogo riprodotto
tra gli attori, visto che quello con gli spettatori secondo lo
schema del 1.4.1 fa parte di un tipo di comunicazione pubblica e dunque, per definizione, distante), tendenzialmente
spostato verso il polo della vicinanza (o immediatezza) il parlato filmico, verso quello della distanza il parlato teatrale, soprattutto nei punti 3, 4, 5, 7, 8 e 9 della Tabella 3.1.
2) Riduzioneadattamento. , insieme con la successiva, la
modalit prediletta dal cinema. Il testo di partenza viene in gran
parte rispettato nella trama generale, nei personaggi, nellambientazione, ma privato del discorso indiretto (solo raramente
trasformato in vocecommento fuori campo: nel nostro corpus,
solo in Passione damore), che, per meglio dire, viene transcodificato nella componente meramente iconica (e talora anche
musicale) del film. I dialoghi vengono opportunamente trattati:
27. Lo schema tratto da KOCH (2001: 18), ma per un approfondimento sul bipolarismo scritto/parlato (o, pi correttamente, immediatezza/distanza: non tutto il parlato
immediato, n tutto lo scritto distante) cfr. anche KOCH (1988) e (1997) e
KOCH/OESTERREICHER (1985), oltre a quanto gi segnalato nel 1.4.1.
3 Cinema e letteratura
133
134
Il linguaggio cinematografico
28. La battuta rimarr per sempre attaccata a Nazzari come segno di riconoscimento ed varie volte citata anche al cinema, come accade per esempio nei Vitelloni,
1953, di Fellini, allorch Alberto Sordi fa ridere le ballerine, sedute in trattoria, dicendo
a una di loro: Piccina mi piaci// E chi non beve con me/ peste lo colga.
3 Cinema e letteratura
(scene 24):
Questi due fratelli/ sono stati miei persecutori fino dallinfanzia// Costoro sono forti con letizia/ come i leoni// Io li guardavo sempre con meraviglia! E quanto pi era incantato della
loro forza/ mi acciuffavano forte con le zampe/ le zanne/ e mi
torturavano// Mi dicevano gli altri/ abbi cuore! Sii uomo!
Ribellati! Loro stessi/ ridendo/ maizzavano// Ed appena che
alzavo un dito solo [] S/ rido! Rido/ perch un altra
donna/ ho scelto per amarla// Assai pi bella e pi lusingatrice! Essa si chiama/ Vendetta! Ah Dio! La saprei dipingere/ da
quanto lho sognata/ e posseduta in sogno! La farei gaia/ beffarda/ sghignazzante! E in pieno riso mostrerebbe i denti canini/ e gli occhi lampeggianti/ verdi! La toga elegantissima
strappata da una parte/ mostrerebbe le cicatrici rosse della sua
carne martoriata! E la sento parlare! Mi direbbe/ chi ama me/
tutte le donne ama! Chi tocca me/ tutte le gioie tocca! Ma per
avermi/ se vuoi avermi/ eh/ ridi! Ridi! Ridi!
DRAMMA
135
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Il linguaggio cinematografico
FILM
(scena 12):
3 Cinema e letteratura
137
patente di antichit e di regionalit del film: concio conciato, desiare, gaglioffo, ingollare ingoiare, madonna, manigoldo, messere, onorando, ragna ragnatela, stracco
stanco.
30. Ma diceva giustamente Antonioni: Quando si distacca una storia dalle parole
che la esprimono, che la fanno racconto compiuto in s che cosa rimane? Rimane una
vicenda che equivale a un fatto di cronaca letto su un giornale, al racconto di un
amico (BRUNETTA (1970: 126).
31. Sui motivi della scelta, si legga DE SICA (1948).
138
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Il linguaggio cinematografico
sulla base dei dialoghi, visto che non di sole parole vive un film
e non di solo discorso diretto un libro. Zavattini e compagni si
lasciarono ispirare in pi di una descrizione, nellallestimento di
alcune scene, come per esempio nellincontro di Antonio col
ladro, a Trastevere. Per chi ha in mente quella parte del film
(poco prima del finale), non sar difficile riconoscere pi di un
dettaglio nella pagina di Bartolini, soprattutto nella presentazione di quella ilarit convulsa della delinquenza romana e nei
ritratti del bullo del quartiere e della madre del ladro:
Via del Mattonato una straduccia silenziosa, appoggiata al
monte del Gianicolo []. Sotto larco dun androne erano cinque giovanotti. Stavano scherzando, giocarellando, come fan
sempre ladri e delinquenti. Ridono in perpetuo! La loro ,
per, una ilarit convulsa []. I ladri mi riconobbero subito, e
si misero a lazzeggiare. Uno, pi sguaiato degli altri, si fece
avanti e domand: Sor ma, dove vai cos abbonora?.
[] Risposi che andavo in cerca duna bicicletta che mera
stata rubata due giorni or sono, in Via dei Baullari. Fece, uno,
per dileggio:
E dopo due giorni ancora la vai cercando? Ancora non lhai
ritrovata?
E gli altri (mi saltarono addosso come le vespe): Tutti vengono qui, a cercare le robe rubate: ma cosa siamo, noi? Siamo
ladri?.
Io non mi sogno di dir questo, risposi molto placidamente
ma vorrei vedere cosa fareste voi se, non essendo ricchi, ma
anzi, essendo poveri impiegati, con uno stipendio che non
sufficiente per campare quindici giorni su trenta, e sia pure
nutrendosi di solo pane e sole erbe, avesse a smarrire, perdere,
un oggetto del valore di quindicimila lire!
Rispose uno di loro: Sor ma, cambia discorso, cambia!.
Ma, a questa provocazione, sort fuori un altro di essi, col cappello alla brasiliana, a falde larghissime, cupola quasi conica:
uno che satteggiava a guappo maestro e che era il pi giovane
fra gli altri, e che dimostrava tendenza a capeggiare; uno, cio,
dei tanti antichi squadristi, per farmi osservare che Trastevere
Trastevere e che la vera Roma Trastevere. E che, insomma,
erano burini tutti coloro che non consideravano alla stregua
dovuta il grande Trastevere. Come si vede, costui putiva di antico romano, e di recente fascista. Se il fascismo non fosse caduto,
sarebbe diventato laguzzino, il boia del suo gruppo rionale.
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3.4. Le amiche
Dopo aver esaminato i rapporti intrattenuti con la fonte dal
cinema in costume (maggiore fedelt, con inevitabili semplificazioni) e da quello neorealistico (assoluta libert, con notevoli
approfondimenti), passiamo ora a un tipico film dautore, che
mostra una modalit di sfruttamento del testo letterario di segno
ancora diverso37. Intanto occorre dire che lopera qui scelta per
la riduzione non appartiene, contrariamente alla tendenza del
cinema non soltanto popolare, alla letteratura cosiddetta minore;
lapprofondimento psicologico dei personaggi, la capacit evocativa dello stile e labile ricostruzione dello sfondo sociale (la
grassa e provinciale borghesia di Torino) fanno del racconto di
Pavese una delle punte pi alte del Novecento italiano. Se a questo si aggiunge la stesura della sceneggiatura da parte di una letterata (Alba De Cspedes), di una delle pi prolifiche e valide
scrittici per il cinema (Suso Cecchi DAmico) e dello stesso
Antonioni e la realizzazione della regia di uno degli autori pi
raffinati del cinema del dopoguerra, si comprende come non
possa essere questo il caso n di un impoverimento della fonte
(come purtroppo stato pi volte detto erroneamente) n del
trattamento di questultima come semplice spunto (sebbene pro37. Dal punto di vista tematico, la riduzione filmica di Tra donne sole stata analizzata da BRUNETTA (1970: 125158), mentre, per il punto di vista linguistico, si rimanda a ROSSI (1999a: 241273). La sceneggiatura di questo e di altri film di Antonioni
leggibile in ANTONIONI (1964).
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3.5. Linnocente
La trama dannunziana, rispettata con qualche aggiustamento,
fornisce a Visconti lo spunto per tratteggiare, in questo suo ultimo film uscito postumo, un impietoso ritratto di quella grossa
borghesia che porter lItalia al fascismo (dir lo stesso regista
a proposito del film)40, ben oltre, ovviamente, le stesse intenzioni di DAnnunzio. Latteggiamento di Visconti nei confronti dellInnocente il medesimo mostrato dal regista in altri film di
matrice letteraria (Senso, Il gattopardo [Figg. 1415], Morte a
Venezia, etc.): alla puntuale ricostruzione storicoscenografica
(il film si apre con unambigua dichiarazione di fedelt: inquadrata una mano, quella di Visconti, che sfoglia il romanzo, mentre i titoli di testa ci avvertono che si tratta di una libera riduzione; come a dire: il romanzo stato letto attentamente, ma
metto le mani avanti sulla mia personale interpretazione) corrisponde un approfondimento notevole dei contenuti (talora una
39. Numerosi sono gli esempi di dialettalizzazione della fonte letteraria (cfr. anche
4.1.1). Uno di questi La viaccia, 1961, di Mauro Bolognini, sceneggiato da Vasco
Pratolini, Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa dal romanzo Leredit di
Mario Pratesi e studiato da MARASCHIO (1992), la quale osserva anche lulteriore impennata dialettale nel passaggio dalla sceneggiatura al film.
40. DE GIUSTI (1997: 157158).
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GIULIANA: No//
TULLIO: Ha uno stile cos aulico/ enfatico// Al punto di essere
insopportabile//
GIULIANA: Come puoi dire una cosa simile? Ha uno stile/
straordinario/ quello che mincanta// come una musica//
Non puoi/ giudicare un artista/ una persona come lui/ per
aver sfogliato/ qua e l il suo libro/ al circolo//
TULLIO: Te la prendi a cuore// Sar quel grande scrittore che tu
dici ma un maleducato// Questo almeno me lo consentirai// La dedica che ti ha scritto/ non solo/ enfatica/ ma
anche inopportuna/ se si pensa/ che rivolta a una signora
incontrata/ una sola volta//
GIULIANA: Lho rivisto altre volte// Dopo la sera in cui lho
conosciuto da Federico//
TULLIO: Ah! Prendi la carrozza?
GIULIANA: No/ preferisco fare due passi// Ci vediamo pi
tardi//.
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evidente, anche in questa scena, lintento degli sceneggiatori di rendere il discorso pi colloquiale (pur nel rispetto complessivo del dialogo originale), eliminando, tra laltro, i tratti
retorici pi vistosi della prosa dannunziana (ebbene; riescita; i
passati remoti parl e accenn; la battuta Sapendoti cos
apprensivo, mha pregata di non parlartene, con gerundio e
participio concordato con loggetto femminile, nel film diventa:
Giuliana mi ha proibito di parlartene/ finch non ne era sicura; Che tu ne scriva; Figlio benedetto, che diventa Cara/
cara creatura/ nostra!) e adottando, per converso, le frasi dislocate e con pleonasmi pronominali tipiche del parlato (di malesseri come quello di oggi/ lei ne ha gi avuti parecchi; finch
glielo dico io/ che deve usare certe precauzioni/ lei non ci
crede; Me lavete fatto sospirare/ eh/ questo momento?!).
Addirittura il conome del dottor Vebesti (evidentemente troppo
ricercato) viene semplificato in dottor Milani.
Inoltre, lo sgomento di Tullio nellapprendere la gravidanza
(evidentemente adulterina) della moglie, che nel romanzo
espresso dalle parole, nel film manifestato dalla mimica
impietrita (straordinaria) dellattore (Giancarlo Giannini).
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Il film di Scola lunico del corpus a servirsi della voce narrante fuori campo come corrispettivo, in alcune scene, della
voce del narratore in prima persona del romanzo. In un caso, la
voce narrante di Giorgio viene rispettata quasi alla lettera
(ovviamente soltanto nelle prime parole, per via dei soliti tagli e
delle semplificazioni stilistiche), ma posticipata rispetto al
romanzo. Lo spostamento qui particolarmente efficace e funzionale al mezzo filmico, poich ci che nel romanzo serviva da
introduzione, spiegazione e descrizione del primo incontro tra
Giorgio e Fosca nel film avrebbe, se mantenuto in quella posizione, ridotto leffettosorpresa che il regista vuol ottenere nel
mostrare allo spettatore lincredibile bruttezza della donna e
quindi tutta lenormit di quellamore: giustamente al cinema le
immagini debbono parlare prima delle parole, le quali oltretutto,
in una descrizione, risultano pleonastiche. questo uno dei rari
casi in cui la macchina da presa riesce a migliorare la pagina
scritta, amplificandone le suggestioni. Ancora una volta i silenzi, al cinema, possono essere molto pi espressivi delle parole e,
per chi ha presente il film in questione, nulla potrebbe sostituirsi
allincedere silenzioso dellombra di Fosca (leccellente attrice
Valeria DObici) dietro la vetrata della scala, lansia di Giorgio
di vederla accresciuta dal rumore dei passi e dalla musica
e la sua espressione attonita di fronte alla donna. Leggiamo di
seguito i due brani (nel romanzo, a p. 59):
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Dio! Come esprimere colle parole la bruttezza orrenda di quella donna! Come vi sono belt di cui impossibile il dare una
idea, cos vi sono bruttezze che sfuggono ad ogni manifestazione, e tale era la sua. N tanto era brutta per difetti di natura,
per disarmonia di fattezze ch anzi erano in parte regolari
quanto per una magrezza eccessiva, direi quasi inconcepibile a chi non la vide; per la rovina che il dolore fisico e le
malattie avevano prodotto sulla sua persona ancora cos giovine [].
Dio! Come esprimere colle parole la bruttezza di quellinfelice! La sua deformit/ e le sue sofferenze/ incombevano come
una sinistra presenza/ su quel luogo della stupidit militare//
Dove lozio si alternava alle fatiche/ ma non alla noia//.
Per il resto, la volont di regista e sceneggiatori sembra essere stata quella di rendere meno inconcepibile, per il moderno
spettatore, il rapporto tra Giorgio e Fosca, introducendo numerosi elementi volti ora a spiegare alcuni atteggiamenti dei protagonisti, ora a renderli pi scolpiti, meno ambigui, quasi nel
timore che il pubblico potesse non capire bene o non meravigliarsi abbastanza (timori frequentissimi nei cineasti): in entrambi i casi ne risulta un effetto chiaramente banalizzante. Nel
romanzo, per esempio, si dice che Fosca stata sul punto di
rimanere incinta in un precedente matrimonio, mentre nel film
si sottolinea che quelle nozze durarono soltanto tre ore, che Fosca dunque vergine e che baratterebbe la vita per ununica
notte damore. Nel romanzo, Clara lascia Giorgio soltanto per
non esserne lasciata, mentre nel film labbandono motivato
dallapprendimento della relazione con Fosca (dunque, per una
banale e troppo moderna crisi di gelosia). Anche la voce fuori
campo viene giustificata (come spesso accade, al cinema) nel
film: alla fine lo spettatore apprende che tutta la storia non
altro che un racconto fatto da Giorgio a un altro personaggio
(che tra laltro conclude il film con una sorta di morale femministica del tutto distante dalla fonte) e non un resoconto diaristico, come in Tarchetti. Del resto, si sa, il cinema mal tollera la
rappresentazione della scrittura (con qualche eccezione, natural-
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42. La funzione della voce (in campo e fuori campo) nel cinema stata analizzata in ROSSI (2002b: 165170).
1. Le etichette di scuola e specchio delle lingue attribuite al cinema e alla televisione sono state discusse da SIMONE (1987) [ Antologia critica, 16]. La stesura di
questo capitolo deve moltissimo, come del resto tutto il volume, ai saggi di Sergio Raffaelli, e in particolare al suo noto capitolo sul dialetto filmico, risalente al 1983 e confluito poi in RAFFAELLI (1992: 45144, parzialmente riportato in Antologia critica,
10). Abbiamo inoltre rielaborato e ampliato le considerazioni gi fatte in ROSSI (2002c)
e, a proposito di Alberto Sordi, in ROSSI (2003c). Altri due riferimenti imprescindibili,
sullargomento del dialetto filmico, sono GIANNARELLI (1982) e AA. VV. (1985).
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adattabilit di quella soluzione linguistica al complessivo sistema di codici di un film: un doppiaggio antirealistico, per esempio, pu essere molto pi funzionale del dialetto puro (che risulterebbe forse stridente o addirittura straniante rispetto alle scelte
musicali, narratologiche, fotografiche, scenografiche e alle attese del pubblico), in un film di avventura o di fantascienza.
La cronologia dellimpiego del dialetto riprodotto dal cinema segue le tappe gi delineate da RAFFAELLI (1992: 80142):
dal 1930 al 1945 si riconoscono almeno la fase degli anni della
Cines (con le coloriture fonetiche locali dei film sonori dei primordi), quella cosiddetta degli anni di Freddi (rigorosamente
dialettofobi) e quella degli anni di guerra (con un uso dei dialetti pi consistente, dal macchiettismo al realismo); dal 1945 a
oggi individuiamo almeno la fase della dialettalit imitativa
(del Neorealismo), quella della dialettalit stereotipata (del
NEOREALISMO ROSA [ Glossario] e della Commedia allitaliana) e quella della dialettalit espressiva (quando non espressionistica) e riflessa (di certo film satirico, da Tot a Fellini alla
Wertmller, e di dotti recuperi filologici, da Olmi a Cottafavi).
Del primo periodo, si ricordano gli involontari tratti fonetici
degli attori ancora non abituati al nuovo mezzo. Per esempio,
nel primo film sonoro italiano, La canzone dellamore (1930), la
protagonista Isa Pola tradisce la propria origine emiliana nellintonazione e in particolare nella realizzazione della sibilante5; analogamente dicasi per certe inclinazioni romane di Elio
Steiner e napoletane di Olga Capri. Neppure nel doppiato dei
primordi mancano inflessioni dialettali, dapprima dovute a doppiatori italoamericani, successivamente alle discutibili scelte di
qualche direttore di doppiaggio nostrano.
Protagonista delle prime consapevoli utilizzazioni dialettali
del cinema sonoro senza dubbio Alessandro Blasetti (tra i pi
versatili registi italiani: ha diretto da film storici a commedie,
utilizzando dallitaliano letterario allitaliano delluso medio al
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no del prete garibaldino e di qualche altro personaggio, ricorrendo addirittura al latino e alle lingue straniere (tedesco e francese) non sottotitolate, Blasetti affida proprio a questo caleidoscopio linguistico il fulcro della trama del film sullunit dItalia. Si tratta di un film corale, dunque, in cui il vero protagonista
il popolo e la sua lingua, o meglio i suoi dialetti ( chiara la
volont, ideologica pi che realistica, di mostrare il Risorgimento come un fenomeno collettivo)9, e che funger da modello per
analoghi esperimenti sul plurilinguismo italiano: Pais, 1946, di
Rossellini e Il cammino della speranza, 1950, di Germi. Lo
stesso Blasetti, non senza un briciolo di vanit, era ben consapevole della novit di un uso cos esteso del plurilinguismo sul
grande schermo:
con una certa fierezza mi ricordo di essere stato il primo a far
sentire il siciliano accanto al toscano, al romanesco e al lombardo in un film italiano. E tutti questi dialetti riuniti a fronte
della lingua francese, della lingua tedesca [], mi sembra []
anche in questo, di essermi avvicinato alla realt10.
9. Volont che era tuttuno con quella di considerare il fascismo come lideale
continuatore popolare del Risorgimento, come dimostra la scena conclusiva del film,
successivamente tagliata, con le camicie nere che sfilano di fronte agli ultimi garibaldini con il saluto romano (ARISTARCO 1985: 25).
10. SAVIO (1979: I, 129130).
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In Vecchia guardia, 1935, compaiono il romanesco, il toscano (se tirano col manganello noi si tira con la pistola, se tiran
con la pistola, noi sadopra le bombe se adopran le bombe, noi
si mette in funzione la mitragliatrice, se tiran con la mitragliatrice, miseria cane, si tira col cannone)11 e accenti settentrionali,
mentre in Unavventura di Salvator Rosa, 1939, il napoletano.
Il valore della variet dialettale quale caratteristica positiva
(e non ostacolo) dellidentit italiana talora reso esplicito,
anche in altri film, dalle dichiarazioni di qualche personaggio.
Accade per esempio in una battuta dellimpresario teatrale milanese di Amo te sola, 1935, di Mattoli:
IMPRESARIO: Sono veramente contento che propi ch a Miln
intel me teter, dopo tanto repeloto, ghe sia staa un cos
grande sucesso dovuto a un volontario bolognese
VOLONTARIO: Grazie, grazie
IMPRESARIO: E a uno napoletano! Con tuti questi dialeti l
propi una festa italiana!12.
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19. Altri casi simili sono riportati da RUFFIN/DAGOSTINO (1997: 93, parzialmente
citato in Antologia critica, 6).
20. RUFFIN/DAGOSTINO (1997: 100).
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A proposito delle tendenze dialettofobe del fascismo, ricordiamo che gi nel dicembre 1931 il capo ufficio stampa di Mussolini, Gaetano Polverelli (poi ministro della Cultura popolare),
aveva emanato una direttiva che imponeva di non pubblicare
articoli, poesie o titoli in dialetto26, confermata e inasprita in
pi battute (1934, 1938 e oltre). E il Duce stesso in varie occasioni aveva manifestato le sue paure che il dialetto si infiltrasse
nellinsegnamento scolastico. Una circolare del 1935 ostacolava
le rappresentazioni teatrali in dialetto, mentre per il cinema un
provvedimento del 1941 proibiva agli attori di pronunciare battute dialettali. Si registra anche, nel 1939, un anonimo articolo
del Giornale dello spettacolo, nel quale si propone si abolire
il dialetto nel film, per la maggiore e migliore comprensione
del parlato e per fare opera migliore ditalianit e per indurre il
popolo a disabituarsi alleloquio del natio borgo e della natia
citt27. Ma, come noto, il regime fascista aveva una doppia
anima: da un lato intendeva dare di s, soprattutto allestero,
unimmagine moderna ed efficiente (ununica e illustre lingua
per una nazione compatta e forte), che mal si conciliava con la
ruralit e la frammentazione dialettale propriamente italiane;
dallaltro, non intendeva rinunciare ad atteggiamenti populistici
di facile presa, che traevano pimento soprattutto da una sentimentalistica rivalutazione delle origini popolari e dialettali degli
italiani (e in tal senso il gi citato Vecchia guardia di Blasetti
un film emblematico: da taluni amato, da altri temuto come apologia dello squadrismo che il governo voleva fingere di aver
dimenticato). Oltretutto,
lanima strapaesana del fascismo poteva utilmente essere
arruolata nella battaglia contro gli esotismi [] ma costituiva
un fattore di resistenza ad un profondo sradicamento dei dialetti. Alle risorse lessicali dei vernacoli avevano anzi talvolta
attinto, nellintento di espellere dal nostro vocabolario le paro-
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le straniere, anche i pi fieri sostenitori dellitalianit della lingua. Latteggiamento nei confronti dei dialetti appare insomma
lanello pi debole della politica linguistica del fascismo28.
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31. La fitta presenza del gergo nel cinema italiano e doppiato degli anni TrentaCinquanta minutamente esemplificata in MENARINI (1955: 155184).
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Il ruolo assunto dal dialetto nei film neorealistici non giunge dunque inaspettato, ma anticipato da alcuni titoli, soprattutto, ma non solo, commedie (la vocazione mimetica, e quindi dialettale, insopprimibile nei generi comici italiani), degli
anni Quaranta. Manca naturalmente, prima del Neorealismo,
qualsiasi intento ideologicosimbolico nelluso dei dialetti
(qualche eccezione con 1860 e Montevergine), che, fino al
1945, fungono da indicatore etnicosociale, catalizzatore
comico o, tuttalpi, da lingua del cuore contrapposta alla lingua della ragione.
4.1.2. Nel 1942 debuttano sul grande schermo lattore teatrale genovese Gilberto Govi e il romano Aldo Fabrizi, i quali
immetteranno nei film una quantit non trascurabile di dialettalismi, almeno fonetici. Nei suoi quattro film (Colpi di timone,
1942, di Gennaro Righelli; Che tempi!, 1948, di Giorgio Bianchi; Il diavolo in convento, 1951, di Nunzio Malasomma; Lui,
lei e il nonno, 1959, di Anton Giulio Majano), Gilberto Govi
opera un processo di italianizzazione e di autotraduzione del
genovese, impiegato anche nel caso della presentazione delle
sue commedie dialettali a un pubblico non genovese (e poi alla
pi vasta platea televisiva)32.
Sempre dal teatro (perlopi di variet o regionale), dopo i
casi di Petrolini, Viviani e Dina Galli gi visti, provengono
anche altri celebri attori dialettali, quali il catanese Angelo
Musco (memorabili almeno le sue interpretazioni nellAria del
continente, 1935 e Pensaci, Giacomino!, 1936, di Righelli [Fig.
19]; Fiat voluntas Dei, 1935, di Palermi; Il feroce Saladino,
1937, di Bonnard [Fig. 20]), il veneziano Cesco Baseggio (Le
scarpe al sole, 1935, di Marco Elter; La vedova, 1939, di Goffredo Alessandrini; Piccolo alpino, 1940, di Oreste Biancoli;
Canal Grande, 1943, di Andrea Di Robilant, e molti altri),
Erminio Macario, i De Filippo, Anna Magnani e Tot, che
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debuttano tutti sul grande schermo negli anni Trenta e che portano con s un bagaglio pi o meno ingente di dialettalismi33.
Il torinese Macario , tra i comici citati, quello che italianizza pi di tutti la propria variet piemontese (resta per, quanto
meno, qualche vocale turbata). Il suo umorismo poggia essenzialmente sullaria svagata, sulla mimica [ Glossario,
MIMICO] da bambino, sui giochi di parole e su certi vezzi di pronuncia: lanci la moda della sillabazione nasalizzata delle parole difficili (bantenrionlongincamente, cardiompal
mo, encinclompedia, impertronfinco, rimpentin
zione, spieganzione). Propag anche alcune espressioni
quali lo vedi come sei (che anche il titolo del suo film pi
famoso, 1939, di Mattoli: Lo vedi come sei Lo vedi come
sei?!), strazio dellanima, fa duopo, a prescindere (gli ultimi
due ripresi da Tot), nonch labuso ironico di termini ricercati
o semplici intercalari quali comunque, eziandio, laonde (i primi
due furono poi ripresi anche da Tot)34. Ma a Macario sono care
anche alcune formebandiera del romanesco (lingua umoristica
e filmica per eccellenza, dato il ruolo egemone del MarcAurelio e di Cinecitt): zozzetto, stropicciarsene infischiarsene,
frescone, fasullo35. E non manca qualche timido riferimento ironico alla politica autarchica del regime:
CIPRIANO (Macario) (in un negozio di alimentari): Buonasera.
Avete del caviale autentico?
COMMESSO: S.
CIPRIANO: Ma VolgaVolga, steppasteppa Oci ciornie
COMMESSO: Ah, s s, capisco il nostro caviale di buonissima qualit!
CIPRIANO: Quanto al quintale?
33. Aristarco ricorda peraltro giustamente come spesso il cinema durante il fascismo si limitasse a fare un teatro dialettale come quello di Govi, di Musco, dove di cinematografico non cera assolutamente nulla e quindi non sarebbe neppure il caso di parlare di dialetto nel cinema, ma di dialetto caso mai nel teatro fotografato (ARISTARCO
1985: 28).
34. Cfr. MENARINI (1955: 123124).
35. Cfr. RUFFIN/DAGOSTINO (1997: 130).
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Altre variet figurano nel film. Per esempio quella meridionale (abruzzese) del caratterista Virgilio Riento (un controllore
vessatore, e oltretutto direttore della banda del dopolavoro, nella
quale Cesare suona i timpani), che deforma tutte le parole
mediante sonorizzazione delle occlusive sorde:
CONTROLLORE: (a Cesare Montani) Sendide/ Mondani
CESARE: Prego/ Montani//
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Anche qui fanno da comparse occasionali il veneto, il napoletano e altre variet, tanto che tale plurilinguismo far esclama-
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Fabrizi; E nnamo/ mo piantamola co sti pomiciamenti! (intima la Magnani ai due uomini che la stanno toccando).
Anche in questo film Fabrizi si concede qualche arcaismo
dialettale, come amichi amici, o la desinenza amio: alla
cavalla: Te ricordi quando passamio pe Roma/ che ce guardavano tutti?.
Litaliano di Tino Scotti (il balordo del film: notevole che
proprio lui pronunci la parola camerata) , come s detto, ridicolmente artefatto, come viene sottolineato anche dal risentito
contrappunto della Magnani:
Io affronto le platee/ giro il mondo/ per regalarmi qualche
gioiello/ poi gli innocenti se li vanno a gioc alle corse// []
Io dico che quando uno senza quatrini/ capace di fare qualunque cosa! [] Sto morto de fame! [] Sei un morto de
fame! Sei un morto de fame! Sei un morto de fame! Sei un
illuso/ che non fa ride nessuno// Quando lavori te/ so fischi e
pernacchie// Ma come vi f ride/ co sta faccia da fame/ che
cj hai?! [] Ma pussa via!
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cinema, della radio e poi della televisione, sede delle principali scuole di recitazione e
degli studi di doppiaggio, etc.), dellegemonia del romanesco sugli altri dialetti cfr. DE
MAURO (1963/1993: 124126, 149201); BRUNETTA (1991: 333336); ROSSI (1999a:
6566). Sulle peculiarit linguistiche del romanesco nello spettro diatopico italiano cfr.
almeno TRIFONE (1992), TRIFONE (1993), VIGNUZZI (1988), (1994a), (1994b) e (1995),
DACHILLE/GIOVANARDI (1995) e (2001), DACHILLE (2002b). Va inoltre ricordato che,
sul terreno della pronuncia degli attori, prevalse, sul finire degli anni Trenta, una certa
tolleranza per alcuni tratti romani (timbro vocalico, etc.), secondo lantico principio
della lingua toscana in bocca romana, sancito dapprima da BERTONI/UGOLINI (1931a)
e (1931b) e poi, in misura minore, dal DOP (cfr. SERIANNI 2002: 99100). Naturalmente
un ulteriore incremento alla tirannia del romanesco filmico sar dato dallemulazione di
certe tendenze neorealistiche inaugurate da Roma citt aperta e da Ladri di biciclette e
dallenorme popolarit di attori come Aldo Fabrizi e Anna Magnani (cui presto si
aggiungeranno Alberto Sordi e tanti altri). Dalla concomitanza del prestigio di Roma
come capitale del cinema con la peculiarit interna del parlato romano (la cui fisionomia
dialettale assai sfibrata, sia per la secolare vicinanza con il fiorentino e quindi con litaliano, sia per la compagine plurilingue di Roma, centro di immigrazione) e con linnata inclinazione del cinema allibridismo si sviluppa cos una sorta di lingua franca del
cinema, definita da Moravia pi come un italiano sfatto (GIANNARELLI 1982, V) che
un dialetto vero e proprio. Non mancano peraltro le reazioni allabuso del romanesco
rispetto allitaliano e agli altri dialetti: Migliorini parl di dialetto sguaiato e bonaccione della capitale in filmucci di terzordine, dotati per di uninfluenza notevole
(MIGLIORINI 1990: 117); SPINAZZOLA (1965) coni invece la felice etichetta di neoitaliano per questa lingua tipicamente filmica intermedia tra litaliano e il dialetto, uno strumento espressivo ibrido e composito, ma dotato di notevole duttilit e di un efficace
potere unificante. Caustico contro il dialetto filmico Pucci [ Antologia critica,
11], secondo il quale il dialetto usato in quasi tutti i films italiani un dialetto elaborato, annacquato, arbitrario, un dialetto che nessun parlante reale di quellambiente in
verit parla (PUCCI 1959: 824). Sullargomento cfr. ancora VALLINI (1962) e VARESE
(1963: 187). Bisogner aspettare alcune produzioni pi o meno recenti (dei registi Sergio Citti, Claudio Caligari, Ricky Tognazzi, Daniele Vicari, anche ad opera di giovani
attori come Ricky Memphis e Valerio Mastandrea) per tornare a sentire un romanesco
meno annacquato. Sul romanesco filmico dal dopoguerra a oggi cfr. anche LILL (1994) e
CICCOTTI (2001).
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Limportanza e linnovazione linguistica principale del Neorealismo consistono non tanto nel grado di approssimazione alla
realt del dialetto riprodotto, n nella frequenza dei tratti regionali, n nel numero dei film dialettali (molto pochi), bens nellaver dato dignit al dialetto quale strumento di comunicazione: il dialetto, cos a fianco a fianco talora con litaliano e
persino con lingue straniere, assumeva per la prima volta nella
storia del cinema italiano una posizione non pi subalterna ma
di parit assoluta44. Al centro della scena vengono inoltre collocati tutti quei personaggi che fino a quel momento avrebbero
potuto interpretare soltanto ruoli da comparsa: dar loro la parola
e costruire un film sul loro esprimere giudizi sul mondo e sulla
storia45 significa necessariamente aprire la strada al parlatoparlato in dialetto. Soltanto unItalia che stava per conquistare finalmente una lingua parlata unitaria poteva rivalutare, e
mettere in scena col dovuto distacco e senza vergogna, il plurilinguismo dialettale; non un caso che il tasso di dialettalit
presente nei film salga con laumento delle competenze linguistiche degli italiani e sia inversamente proporzionale al livello
culturale dei destinatari del prodotto: infatti i film neorealistici
registrarono un successo di lite (di critici e intellettuali), come
gi detto, mentre a livello popolare furono spiazzati da titoli
come Catene, i cui protagonisti (un meccanico e una casalinga
interpretati da Amedeo Nazzari e da Yvonne Sanson) non parlavano certo il napoletano del 1949, ma un inappuntabile italiano
da manuale, o meglio litaliano dei doppiatori. A partire dal
Neorealismo, insomma, il cinema smette i panni dellinsegnante
di lingua (li ceder, a partire dal 1954, alla televisione, almeno
fino agli anni SettantaOttanta), per assumere il ruolo di specchio delle lingue46. Ma sar uno specchio via via sempre pi
semplificante (a causa della tendenza alla stereotipizzazione
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La sintassi del brano riportato presenta unarchitettura complessa, sia negli usi verbali (Se io avessi del tempo da perdere/
mi divertirei molto/ a parlare con voi del vostro commercio),
sia nellestensione degli enunciati e nel grado di incassatura
(Come voi chiamate un uomo/ il quale non solo fornisce documenti falsi e rifugio a italiani/ che preparano attentati contro i
nostri soldati/ ma d asilo e aiuto persino a disertori tedeschi?!). Anche lestensione dei turni dialogici e lassenza di
autocorrezioni, di ripensamenti e di esitazioni, di segnali discorsivi e di strutture segmentate [ Glossario, SEGMENTAZIONE]
avvicina la lingua di Roma citt aperta pi allo stile della lingua
scritta letteraria che a quello del parlatoparlato. Il lessico
estremamente ricercato e spesso (per luso di perifrasi che sostituiscono verbi comuni: avere conoscenza per conoscere) ridondante (soprattutto quello del locutore straniero Bergman: segno
che, pi che alla verosimiglianza, gli autori hanno teso qui al
simbolismo della lingua del potere): compiere, costui, eserci-
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smo (non mancano per le incongruenze fonetiche, specialmente nel doppiato degli episodi romano e fiorentino). In ciascuno
dei sei episodi, allimpettito italiano radiofonico e cinegiornalistico della voce fuori campo extradiegetica si contrappongono
le diverse parlate vive dItalia (siciliano, napoletano, romanesco, fiorentino, romagnolo e veneto), oltrech linglese, il tedesco e litaliano con forte accento americano:
Me fratre e me patre sono fra da quattro juorne// Du vote ca
tento di lassare a chiesa []// Hanno paura di mannarammici
sola// Vi cj accombagno// Canoscio bene a strada// Vegno co
voe//.
Chesta a chiave e casa// E ccase songhe aperte/ ma a
chiave on serve chi// Ha cantate bune/ ma un m piaciute
proprie//.
Che vi? Che vai cercando? tutta la sera che sta brutta
disgraziata sta a guard da sta parte//.
Ma i cche la vole he si sappia/ noi? Co tutto quello h successo/ e sha altro da pensare!49.
E she mia moglie maveshe dato mente a me/ e i maialini li
aveshimo meshi in te cunventi/ i tudeshchi non ce li portavano
mica via!
Gavreste ninte da darme da magnare?
Quel che gavemo// Un poca de polenta//.
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Il linguaggio cinematografico
50. Sul film di Dmytryk cfr. BONDANELLA (1985) e (2004: 2935). Sullinfluenza
del realismo letterario americano sul nostro Neorealismo (Ossessione tratto da Cain) e
di questultimo sul cinema americano cfr. BONDANELLA (1983) e (1985).
51. RAFFAELLI (1992: 107).
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52. Dello stesso anno, si ricordino anche puttana, stronzo e mignottona nello scandaloso La dolce vita, di Fellini.
53. BRUNETTA (1991: 479).
54. Gruppo di famiglia in un interno, 1974, di Luchino Visconti (COVERI/BENUCCI/DIADORI 19982: 260). Si sar notato lo stridore, non casuale, tra il turpiloquio pesante
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Il linguaggio cinematografico
Tra i primi a servirsi sistematicamente del linguaggio scurrile nei dialoghi filmici con intento comicoammiccante (per
trovare una facile complicit col grande pubblico) sono stati i
registi Umberto Lenzi e Bruno Corbucci, nella serie di film (a
partire da Il trucido e lo sbirro, 1976, di Lenzi, e Squadra antiscippo, 1976, di Corbucci) che vedevano come protagonista il
ladro, successivamente ispettore, romanaccio detto Er Monnezza, interpretati dallattore cubanonewyorkese Tomas Milian, doppiato assai efficacemente da Ferruccio Amendola. Da
prodotto ultrapopolare, i film di Lenzi e Corbucci sono via via
assurti a cult movie (per la postmoderna estetica del trash tipica
degli anni NovantaDuemila)55, come del resto lo storico Febbre da cavallo, 1976, di Steno. Ne prova, in anni recentissimi,
la riproposta di entrambe le produzioni: Febbre da cavallo
La mandrakata, 2002, di Carlo Vanzina (figlio di Steno), con
gli stessi Gigi Proietti ed Enrico Montesano, protagonisti del
primo film; Il ritorno del Monnezza, 2005, del medesimo Vanzina (tra i principali artefici insieme col fratello, lo sceneggiatore Enrico dellabbassamento in senso scurrile dei pallidi resti della Commedia allitaliana), con Claudio Amendola
(figlio di Ferruccio) nel ruolo del commissario. A film siffatti,
sintende quelli della prima generazione e non i loro fragili
emuli, va riconosciuto almeno il merito di aver contribuito a
svecchiare il doppiaggese e ad aver fornito un romanesco
talora meno ibridato e censurato del solito. Stesso merito va
individuato nelle pirotecniche deformazioni di Amici miei,
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Del resto, della natura fortemente innovativa del film sembrava gi perfettamente consapevole il suo regista:
Io cercavo [] una vicenda di quelle che accadono a tutti, e
specialmente ai poveri, e che nessun giornale si degna di ospitare. []. Il mio scopo [] di rintracciare il drammatico
nelle situazioni quotidiane, il meraviglioso della piccola cronaca, anzi della piccolissima cronaca, considerata dai pi come
materia consunta. Che cos infatti il furto di una bicicletta,
tuttaltro che nuova e fiammante per giunta? []. Perch
pescare avventure straordinarie quando ci che passa sotto i
nostri occhi e che succede ai pi sprovveduti di noi cos
pieno di una reale angoscia? La letteratura ha scoperto da
tempo questa dimensione moderna che puntualizza le minime
cose, gli stati danimo considerati troppo comuni. Il cinema ha
nella macchina da presa il mezzo pi adatto per captarla. La
sua sensibilit di questa natura, e io stesso intendo cos il
tanto dibattuto realismo. Il quale non pu essere, a parer mio,
un semplice documento. Se il ridicolo vi in questa storia, il
ridicolo delle contraddizioni sociali su cui la societ chiude un
occhio; il ridicolo dellincomprensione per la quale molto
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difficile che la verit e il bene si facciano strada. Alla sofferenza degli umili il mio film dedicato59.
E naturalmente anche alcuni intellettuali italiani comprenderanno la statura del regista: Cesare Pavese definir De Sica il
miglior narratore italiano del momento.
Gran parte del merito del film spetta sicuramente ai dialoghi,
che perdono completamente la patina retorica e bigotta della
fonte (provvidenzialmente alquanto tradita, come mostrato nel
3.3: il romanzo di Luigi Bartolini, Ladri di biciclette, 1946 e
poi, con leggere modificazioni, 1948), nonostante la postsincronizzazione, del resto propria di tutti i film qui commentati ad
eccezione della Terra trema. I dialoghisti del film hanno optato
per un romanesco di livello mediobasso dei protagonisti e di
alcuni personaggi secondari, contrapponendolo talora, con grande efficacia e con chiaro intento polemico, allitaliano di tono
elevato. Accade per esempio nella scena della messa di beneficenza organizzata da un gruppo di signore e signori tanto ricchi
e pii quanto insensibili al dramma del derubato Antonio; litaliano standard e il latino diventano qui i codici della freddezza,
dellipocrisia e dellindifferenza della chiesa nei confronti dei
poveri, rigorosamente dialettofoni60:
VECCHIO: Signor/ e la minestra?
DONNA1: Eh/ dopo/ dopo// Le gavette bisogna Chi venuto
qui per la prima volta/ sappia/ che le gavette/ vanno portate
nel cortile// Ecco// <Dunque/ avanti/ avanti/ presto! Su su/
non perdiamo tempo! Bravi/ cos// Benissimo! Benissimo>!
UOMO1: <[]! Andiamo! Presto>! E con questa barba/ finita? Andiamo!
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61. Per unanalisi dei fenomeni dialettali dei brani qui riportati si rimanda a ROSSI
(1999a: 191203).
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62. Il titolo completo del film La terra trema (Episodio del mare) e appare,
soprattutto nella prima parte (che avrebbe dovuto designare lintera trilogia), irrelato
dalla trama. Esso acquista senso soltanto alla luce dellultimo episodio della trilogia
(mai girato, come neppure il secondo, dedicato alle zolfatare), che avrebbe dovuto trattare della rivolta dei contadini contro i latifondisti, una rivolta in cui la grande cavalcata
dei rivoluzionari avrebbe fatto tremare tutta la terra di Sicilia. Quanto ai finanziamenti,
gli scarsissimi fondi destinati dal PCI al progetto vennero presto meno e il film pot
essere concluso soltanto grazie alla vendita dei beni personali di Visconti. La scarsit di
fondi comport anche la mancata inclusione dei nomi degli interpreti nei titoli del film
(dai quali assente anche il riferimento a Verga, poich gli eredi non cedettero i diritti) e
provoc una specie di sciopero (presto risoltosi) degli attori che volevano essere pagati
subito: quasi che il lavoro in un film sulla rivolta contro lo sfruttamento abbia aiutato gli
interpreti a prendere coscienza dei propri diritti sindacali.
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Il linguaggio cinematografico
dei poveri recita la didascalia iniziale del film scritta da Antonello Trombadori), pi espressiva che documentaria, pi
espressionistica che naturalistica, contro qualsiasi idea di
neorealistica improvvisazione o di supposta spontaneit popolare63. Spesso, per ammissione degli stessi interpreti, Visconti e
Zeffirelli prediligevano alcune parole ed espressioni soltanto per
il loro suono ( il caso del frequente macari anche) e non per
il contenuto. Altre volte, viceversa, il concetto da veicolare
prendeva il sopravvento. Tutto questo evidente da brani del
film come il seguente (parla Ntoni):
Carusi, sintti a mia: uora vi ricu caiu pinzatu di fari Pi tanti
e tanti anni, e macari seculi, mu avutu tutti locchi chiusi
macari i patri e i patri di nostri patri ca nun ci vermu cchi
chiaru! U virstuvu tutti, na para i iorni arreri, comu si camminaru i cosi Picch vuliti continuari a frivi sfttiri i
Ramunnu, Larienzu e cumpagnia? Chi cci mntunu iddi? Ca ci
nu tuttu u vscutu e nuddu arrsicu. Larrsicu e u pirculu,
lavemu tuttu nuutri: arrsicu di varchi a da rroba, arrsicu di
nostri frati chiddi chi nichi, ca crsciunu e fanu a fini di nuutri, ncazzarati intra na aggia di meseria! Iu u sacciu, ca
vuutri i faciti sempri sti rraggiungimenti: macari iu laiu fatti
tanti voti. Iu sacciu ca sarriva a n puntu ca tuttu si cunfunni
na nostra testa comu u cianciolu ca i pisci aggiranu sempri
rintra e nun trovanu unni nsciri Allura nni rassignamu64.
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Mena laccarezzava colla mano [] Il mare amaro ripeteva ed il marinaro muore in mare.
FILM:
Ci penser io a trovarvi dandare a giornata. Voi e vostro nipote Alessi, non dubitate; gli diceva Piedipapera bisogna
che vi contentiate di poco, sapete! Forza di giovane e consiglio di vecchio.
FILM:
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Il linguaggio cinematografico
per incontrare analoghe riproposizioni integrali del dialetto, sottotitolato (a differenza del film di Visconti), sul grande schermo:
esperimenti altrettanto coraggiosi ma parimenti elitari e destinati ad attrarre pi la critica che il grande pubblico.
Significativo il caso dei primi film siciliani di Germi, In
nome della legge, 1949 (Fig. 27) e Il cammino della speranza,
1950 (Figg. 2830): lambientazione e il dichiarato intento di
denuncia avrebbero richiesto ladozione del dialetto, mentre
gran parte dei personaggi dei due film si esprime in un italiano
quasi senzaccento, ad eccezione di alcuni personaggi secondari
(qualche sicilianismo fonetico nei mafiosi minori e qualche
voscienza, nel primo film), soprattutto nel secondo film (che
pure, nellimpianto corale della trasmigrazione dal Sud al Nord
in cerca di un lavoro, partecipa in pieno del clima neorealistico).
Anche Il ferroviere, 1956, di e con lo stesso Germi (doppiato da
Gualtiero De Angelis), nonostante il permanere di certe istanze
neorealistiche quali lambientazione nel proletariato romano,
non lascia trapelare alcuneffrazione alla norma linguistica, se
non per un ridassero (che popolare pi che regionale) detto
dal socio del protagonista.
Conclude la rassegna neorealistica Umberto D.., 1952, di De
Sica, film che, rispetto ai precedenti, d ampio spazio a un protagonista unico: lattore preso dalla strada (anzi, in questo caso
dalluniversit di Firenze, presso cui insegnava Glottologia)
Carlo Battisti 67. Per questo motivo, e anche per levidente
volont di depurare il romanesco e gli altri dialetti dalle tinte
pi marcate, il film di De SicaZavattini ben si presta a concludere il mimetismo dialettale del Neorealismo. Il film mostra
subito il suo solido impegno sociale, dedicato al problema delle
pensioni troppo basse e della depressione degli anziani, e la
67. Sulla figura di Carlo Battisti, professore e attore, e sui suoi rapporti col cinema
neorealistico (in seguito alla conoscenza di De Sica, Battisti inizi a interessarsi attivamente al cinema, con una serie di saggi e la realizzazione di alcuni documentari) cfr.
BANFI (1993) e le testimonianze dello stesso protagonista (BATTISTI 1952, 1955a, 1955b,
1957). Il Battisti fu il primo, dopo il Menarini, a intravedere le grandi possibilit di uno
studio scientifico della lingua del cinema (BATTISTI 1952).
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Il linguaggio cinematografico
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Spiccano, tra laltro, lineccepibile morfologia verbale (futuri, passati remoti, congiuntivi e condizionali; participio passato
accordato con loggetto: tho ritrovata), la sintassi complessa
(fino al quarto grado di subordinazione: Ti ricordi/ quella
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Il linguaggio cinematografico
volta/ che volevi scappare di casa/ per venire da me/ che stavo a
Salerno/ a fare il soldato?), la presenza di figure retoriche
(terne, climax, anafore e simili, sottolineate nel brano sopra citato) e la densit locutiva di enunciati e unit tonali: lestensione
media di un enunciato parlatoparlato stabilita in 6,28 parole,
mentre lestensione delle unit tonali si attesta su una media di
cinque sillabe, superando di rado le undici; nel brano citato da
Catene incontriamo invece un enunciato di 21 parole e ununit
tonale di 14 sillabe (ho sentito che sei ancora innamorata di
me)69. Per non parlare della pronuncia, quasi sempre assolutamente in linea con i manuali di ortoepia (com naturale, per i
doppiatori di professione). Si nota infine anche uninsolita frequenza (rispetto al parlato spontaneo pi che allo scritto) di
nomi propri e di pronomi in funzione allocutiva, evidentemente
dovuta alla necessit di fornire allo spettatore tutte le coordinate
per la corretta decodificazione del testo, e quindi anche di ricordargli i nomi dei protagonisti, oltrech indotta, molto probabilmente, dallesempio del doppiaggio (come si vedr nel 5.2.4).
In pratica, la stessa lingua dei melodrammi hollywoodiani (ma
con unambientazione che debitrice in pi di un tratto al
nostro Neorealismo, a rimarcare lo stridore delloperazione), e
limpressione accresciuta dalle stesse voci dei doppiatori dei
film doltreoceano: a parte Amedeo Nazzari, che doppia s stesso, infatti, Yvonne Sanson doppiata da Lidia Simoneschi (la
voce italiana di Ingrid Bergman, per capirci) e Aldo Nicodemi
(il ladro Emilio) ha la voce di John Wayne o di Humphrey
Bogart (il celeberrimo Emilio Cigoli). Il riferimento letterario di
questo genere di film ovviamente il romanzo dappendice e
larmoyant, col quale condivide anche la vocazione popolare e
lantirealismo linguistico (direttamente proporzionali): per un
corrispettivo contemporaneo, si prenda la lingua ultrasorvegliata delle soap opera, tipo Beautiful.
69. Per i valori medi del parlatoparlato cfr. CRESTI (2000: I, 149, 233 ss.).
215
La scelta linguistica di Matarazzo fu premiata da un successo strepitoso, tanto che Catene fu il primo film italiano a superare la soglia del miliardo di lire di incasso. Da questo derivarono molti altri film dello stesso regista, con la solita fortunata
coppia di attori (NazzariSanson) e con le medesime caratteristiche linguistiche: Tormento, 1950, I figli di nessuno, 1951, Chi
senza peccato, 1952, Torna!, 1954, Angelo bianco, 1955,
Malinconico autunno, 1958. Limpatto sul grande pubblico non
pot non avere anche una ricaduta linguistica, in virt della carica intrinsecamente didattica di quello stile. Erano anche quei
dialoghi da libro di scuola, pi ancora che da teatro, infatti, oltre
allindiscussa abilit di intrecciare vicende strappalacrime di
Raffaello Matarazzo e compagni, che avvincevano gli italiani
semianalfabeti del dopoguerra, quegli italiani che cercavano,
come sempre, lidentificazione con i personaggi dello schermo e
che, da dialettofoni e poveri, sognavano in realt di parlare la
lingua delle persone per bene. Chi pensava che la Sanson
poteva essere una [sua] vicina di casa e Amedeo Nazzari []
uno che avev[a] intravisto70, non savvedeva, forse, della perfetta operazione produttiva basata sulla (dis)simulazione: unItalia in dissesto che dava di s non pi limmagine (acustica)
della depressione e dellignoranza (nei suoi mille dialetti), bens
quella delle capacit di competizione con realt meno svantaggiate (per es., quella americana).
Ma quella di Catene (e della maggior parte dei film coevi,
dalle grandi produzioni storiche, quali Fabiola, 1949, di Blasetti, a tutta la filmografia straniera doppiata71, alla continuazione
del filone borghesebrillante di emulazione americana: Blasetti,
Camerini, il Mattoli senza Tot, il De Sica non neorealista e
altri), sebbene maggioritaria, non lunica strada percorsa dai
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Il linguaggio cinematografico
nostri dialoghisti non neorealisti. Sopravvive anche la linea preneorealistica, per cos dire, della regionalit di colore di certa
produzione comica nostrana. il caso (oltre ai vari esempi di
ascendenza teatrale commentati a proposito di Tot), tra i tanti,
del romanesco macchiettistico e consolatorio della Magnani,
peraltro con felicissimi giochi linguistici, in Abbasso la miseria!, 1945 e Abbasso la ricchezza!, 1946, di Gennaro Righelli.
Specialmente il secondo film tratteggia con irresistibile umorismo, e anche con variegato realismo linguistico, la trasformazione della popolana sra Gioconda nellarricchita donna
Gioconda, che tenta, senza riuscirci, di camuffare le proprie
umili origini (rinasce cos la borghese vergogna del dialetto,
derisa da Righelli, che il Neorealismo aveva tentato di debellare): Ehi/ piccolo/ per favore mi vuoi aprire il cancello/ s? A
faccia da impunito/ hai capito che me devi ven a apr/ s o
no?; dora in poi cerchiamo di parlare solamente italiano//;
in fondo ce lho nel sangue/ la nobilt// Eh s, noblesse oblige//. Abbasso la miseria, tra laltro, mostra tutta la variegata
realt linguistica della capitale, nella quale possibile udir parlare, oltrech in romano, in veneto, ligure, piemontese, napoletano Al solito, i forestierismi tendono a essere pronunciati
alla francese, anche i nomi propri (dottor Jachl per dottor
Jekyll). Di ascendenza teatrale le paronomasie e le deformazioni utilizzate per deridere unalfabetizzazione assai incerta:
anatomica atomica, eliofante elefante, orario uranio, pilico
plico. Anche nel primo film, infine, si coglie lironia sulla
diglossia diafasica della Magnani: da Ce lhanno fatta/ finalmente// ad Alfin son giunti//.
Il desiderio di riscatto socioeconomico attraverso la lingua
un chiodo fisso degli italiani (filmici, ma forse non solo) del
secondo dopoguerra (ma anche del primo, se ricordiamo i film
cameriniani con De Sica) che si ritrova sarcasticamente esibito
in molte commedie: E parli italiano/ benedetto Iddio!, ironizzer di l a poco Tot, in Tot a colori, 1952, di Steno e Monicelli. Tra queste, in Una domenica dagosto, 1950, di Luciano
Emmer, precoce esempio di Neorealismo rosa dai dialoghi par-
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Il linguaggio cinematografico
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denza. E, parallelamente al prevalere del qualunquismo sullimpegno sociale (E poi/ anche senza divent onorevole/ cj ho da f
tanta de quea politica/ a casa! Fra n marito/ i guai/ i regazzini
Certe discussioni/ che a cammera manco se le sogna!), sembra
prevalere litaliano (ora standard ora regionale) sul dialetto della
sora, non pi onorevole, Angelina:
Non so che di// Io ve devo di na cosa/ sola// Credo che non
sar mai/ onorevole// [] N so bona// Non so capace//
Vedete/ mentre stavo dentro/ me so venute in mente tante
idee// Il governo dovrebbe f f/ alla gente/ la galera obbligatoria// Come l servizio militare// Hm/ eh gi! Un po perch/
tutti quanti/ n annetto almeno ce lo meritiamo// E un po perch l dentro/ te se rischiarano le idee// Cos io/ l/ me so
accorta che so solamente una come voi// Una chha passato la
vita a mette assieme il pranzo co la cena/ a combatte co le
finestre senza vetri/ co lumidit/ co tutti i guai che sapete
meglio de me// E anche se/ come dite voi/ merito mio/ se cj
abbiamo na casa/ che manco ce sognavamo davercela/ ho
capito che questo non el sistema/ pe f lonorevole// Pe quello che me riguarda/ poi/ me so accorta che/ per f la politica/
la famiglia mandava per aria// E io ai regazzini miei ce tengo!
Io me li vojo tir su come me pare! E poi/ anche senza divent
onorevole/ cj ho da f tanta de quea politica/ a casa! Fra n
marito/ i guai/ i regazzini Certe discussioni/ che a cammera
manco se le sogna! Io so sicura/ che non rimpiangerete se
lascio il posto a qualcuno pi bravo/ pi preparato de me// A
qualcuno che ve possa veramente/ aiut! A qualcuno che co
pi calma/ co pi sistema/ non se lascer freg// Perci perci ve dico addio! Ve saluto! Per/ quando me chiamerete pe
baccaj/ sar sempre pronta/ perch/ questa lunica cosa/ che
me vi naturale// Cos er partito nostro non se sciojer/ no! Ma
manco ala cammera/ andr// Rester fra noi/ baccajeremo in
famiglia// Cos saremo tutti quanti onorevoli// Ma onorevoli
sul serio/ per!
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Il linguaggio cinematografico
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La scelta del dialetto contro litaliano affettato difesa esplicitamente dalle parole del protagonista, che ribadiscono anche
la morale dellopera e, forse, la volont di Castellani di distaccarsi dagli usi linguistici della cinematografia corrente. La vita
va accettata con semplicit e ottimismo:
ANTONIO: Buongiorno signor maresciallo eccellenza// Io so
tornato e f o soldato/ e volesse firmare il congedo//
MARESCIALLO: Con undici mesi/ che sei stato in citt/ non sei
riuscito/ a parlare litaliano//
ANTONIO: Eh/ signor maresciallo/ se io volessi toscaneggi/
farei la figura del fesso// Invece quando parlo il dialetto
mio/ mi capisco//
MARESCIALLO: E tutti gli altri/ come ti capiscono?
ANTONIO: Eh/ si mettono con le recchie pi vicine/ e mi capiscono//.
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forme prossime allitaliano73: Fa mbresso/ sagli! fai presto, sali, intima Antonio a Carmela; A lettera ce laggio leggiuta// dice don Vincenzo a Carmela; O matrimonio nu
lusso troppo proibbitissimo/ pa a povera gente// dice Antonio
a Carmela.
Conferma la scarsa confidenza con litaliano (verosimile,
nella Campania rurale del 1950) da parte dei personaggi del
film anche lerrore commesso da Carmela nel cucire la scritta
sul cappello di Antonio: AUTITA (anzich AUTISTA). E soprattutto lanalfabetismo della madre di Antonio, costretta a farsi
leggere la lettera del figlio da don Vincenzo, al quale raccomanda di farlo con molto sentimento: spassosissima, infatti,
la lettura drammatizzata e mimata dellinterprete. Anche la
scena del telefono socio e pragmalinguisticamente verosimile, oltrech divertente: Antonio e Carmela, infatti, alle prese
con un mezzo col quale non hanno confidenza, parlano a voce
altissima.
Anche le tematiche e lambientazione (ma non certo lideologia) di Due soldi di speranza fortemente debitrice nei confronti del Neorealismo. Ecco il commento di un poliziotto sulla
ricerca di lavoro di Antonio a Napoli: E venite a Napoli a lavorare? Queste so cose e pazzi! Co na popolazione di due milioni di abitanti/ e ce ne sta di disoccupazione/ chillo viene a
Napoli a lavorare// Favoritemi o libretto di lavoro//.
Non mancano, ovviamente, le scene stilizzate e teatrali.
Sopra tutte, quella di Antonio che va dalluomo che ha insidiato
la sorella, in pretto stile (non senza ironia) da sceneggiata napoletana:
MADRE DI ANTONIO: Figlio/ figlio mio! Figlio mio/ che fai? Ti
vuoi rovinare?! Che sei venuto a f? Che sei venuto a f?
E se tu vai carcerato/ come viviamo noi? Tu non lia a f/
73. Nonostante che, come ricorda RAFFAELLI (1992: 114), i dialoghi del film siano
stati fortemente italianizzati, rispetto alla prima versione in teanese stretto incisa dalla
viva voce del protagonista Vincenzo Musolino.
223
74. Tra questi, Fernaldo Di Giammatteo, per il quale il film narra una storia trasteverina, tutta in dialetto, [] secondo esigenze e lezioni neorealistiche, che fin
davvero per essere in sintonia con lo sviluppo della societ italiana, soprattutto del suo
costume (DI GIAMMATTEO 1990: I, 803).
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Il linguaggio cinematografico
SALVATORE: Io cj ho una lombaggine! Capirai/ con questa umidit/ quella/ sempre per prati/ vuole andare! Di/ ma lo sai
che ieri sera mi sono trovato un grillo in tasca?
ROMOLO: per quello/ che tho sentito che fischiavi// Sbrgati/
va//
(Romolo e Salvatore rientrano in casa)
ALVARO: (a Salvatore) Di/ ma mamma le lenzuola non ce le
cambia mai? (agitandosi nel letto, spaventato) Ah! Ah!
E questo che ?
SALVATORE: Ah! il grillo de Iolanda// Poverello! Credevo che
se ne fosse <andato// Vieni qua>/ bello//
ALVARO: <Vattene>! Mannaggia! Ma come/ tu la sera vai con
le donne/ e poi io nel letto ci trovo lerba/ i papaveri/ i grilli?! E se sapevo cos/ andavo a dormire a Villa Borghese!
Almeno risparmiavo diecimila lire al mese/ no?! <Eh>!
ANNAMARIA: <Salvatore>/ il latte si fredda//
SALVATORE: Prendimi i vestiti/ e portali di l//
ALVARO: Porta via tutto! E non ritornare! Perch cj ho sonno//
E tu chiudi la finestra/ va// (guardando, terrorizzato, sotto
le coperte e poi rimettendosi a dormire) Eh! Ah// Hm//
VFC UOMO: (gridando in lontananza da fuori, a stento percepibile) Stracciarolo! Robba vecchia []!
(Annamaria fruga nei pantaloni di Salvatore e prende una
fotografia)
ALVARO: (a Salvatore) Hai preso tutto?
SALVATORE: Mo ti fai sta mesata di sonno! Ti saluto//
(esce dalla camera)
ALVARO: Hm// (Salvatore rientra in camera) Ahah! Ma quando
ci vai/ a lavorare?
SALVATORE: Mi sono scordato il borotalco//
ALVARO: Ma che tencipri/ poi!
SALVATORE: Lo so io// Ah/ se ti ricapita nel letto/ non gli far
male/ al grillo// Che quello il grillo di Iolanda//.
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Il linguaggio cinematografico
227
Romolo ha invitato a cena Giovanna (Marisa Allasio, doppiata da Maria Pia Di Meo):
ROMOLO: (seduto ad un tavolo, con Giovanna) Hai visto/ in
che bel posto tho portata? Ti piace?
GIOVANNA: S// Ma tu ce lhai/ i soldi?
ROMOLO: Certo/ che ce lho// E poi voglio vedere/ se questi
amici miei non mi fanno lo sconto!
CAMERIERE2: Per chi / sto pollo?
CAMERIERE3: Per Romolo e Giovanna//
CAMERIERE2: E tu glielo porti? Se io fossi in te/ ci penserei
due volte//
CAMERIERE3: (portando il pollo a Romolo) Hai ordinato pollo?
ROMOLO: Eh//
CAMERIERE2: Ma ce lhai/ i soldi?
ROMOLO: S/ ce lho//
CAMERIERE3: Fammeli vedere?
ROMOLO: (mostrandogli i soldi) Ti//
CAMERIERE3: Va bene// (gli d il pollo)
GIOVANNA: (faticando a tagliare il pollo) Oh/ ma pure questo
pollo/ antico romano?
ROMOLO: Giovanna? (facendo un brindisi) Al nostro amore//
GIOVANNA: Sta attento a non sporcarti il vestito// Che ancora
non lhai pagato//
UOMO1: Ma era proprio lui?
DONNA1: Ma s// Li ho visti//
ROMOLO: Questa/ la vita che mi piacerbbe fare// Senza pensieri/ e con un sacco di soldi// Pensa come sarbbe bello/
se uno di questi ricconi mi adottasse// Lo sai che a un
amico mio/ gli andato a casa il principe Alfieri/ e lha
adottato? E adesso fa il signore// Come mi piacerbbe/
andare da pap e dirgli/ pap/ il principe Alfieri/ mi vuole
per figlio// Che bella soddisfazione/ gli darei!
LEONETTO: (avvicinandosi a Giovanna e sedendosi al tavolo)
Giovanna!
GIOVANNA: Leonetto!
LEONETTO: Eh/ chi si rivede? Ma doveri andata a finire?
GIOVANNA: Ho cambiato quartiere/ no?
LEONETTO: Ah/ s// Apposta/ non ti trovavamo pi// E noi/
dagli a telefonarti! Lo sai chi c/ al nostro tavolo?
GIOVANNA: Eh//
LEONETTO: Gianni con la moglie/ Renata/ e Ugo con la fidanzata// Te lo ricordi/ Ugo/ eh?
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Il linguaggio cinematografico
vasto pubblico nazionale e assemblandoli secondo schemi funzionali a situazioni comunicative elementari e ripetitive76,
forse la creazione linguistica pi originale del cinema italiano
(indipendentemente, beninteso, dalla funzionalit e dal valore
estetico), destinata a una fortuna decennale, da certo cinema
dautore (Germi) a tutta la Commedia allitaliana e oltre. Il
grande pubblico apprezz, rise e cadde nellinganno, abituato ad
accettare, daltronde, che tutto sul grande schermo finzione e
convenzione: come si pu credere che qualcuno faccia la parte
di qualcun altro, altrettanto plausibile una lingua ficta (pi
vicina allo scritto che al parlato) che funga da dialetto vivo.
Lasciamo per il momento in sospeso per concluderlo nel
6 lexcursus cronologico sul dialetto filmico, fermandoci a
Poveri, ma belli, che funge da momento di transizione ben identificabile tra il Neorealismo e la Commedia allitaliana. Pare ora
opportuno fare una sosta sui due massimi rappresentanti di un
uso consapevole, acuto ed esteticamente rilevante del plurilinguismo e delle variazioni diastratica e diafasica sul grande
schermo: Tot e Alberto Sordi.
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FRATELLO: Giulia!
GIULIA: Oh! Debbo andare// A presto/ amore mio//
ANTONIO: (starnutisce)
GIULIA: Salute//
ANTONIO: Grazie//
GIULIA: A presto/ amore mio//
ANTONIO: Addio/ Giulietta//
GIULIA: Addio//
ANTONIO: Addio/ Giulietta//
GIULIA: Addio//
ANTONIO: Giulietta!
GIULIA: Ho capito! Ciao!
ANTONIO: Ah/ e un tarrabbi! Eh! Scusa tanto! []// Parolacce/ finzioni/ e starnutone/ (ride) che sha da f/ pe sta
promozione! (Chi si ferma perduto, 1960, di Sergio Corbucci),
a quello popolare:
Signorina veniamo noi con questa mia addirvi che scusate se
sono poche ma settecento mila lire; noi ci fanno specie che
questanno c stato una grande moria delle vacche come voi
ben sapete.: questa moneta servono a che voi vi consolate dai
dispiacere che avreta perch dovete lasciare nostro nipote che
gli zii che siamo noi medesimo di persona vi mandano questo
perch il giovanotto studente che studia che si deve prendere
una laura che deve tenere la testa al solito posto cio sul
collo.;.; salutandovi indistintamente i fratelli Caponi (che
siamo noi) (Tot, Peppino e la malafemmina, 1956, di
Mastrocinque)80.
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Altre volte un dialetto viene scambiato per una lingua straniera, viva o morta, o viceversa. Il bitontese (variet del pugliese parlata a Bitonto, in provincia di Bari) viene scambiato per
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Il linguaggio cinematografico
arabo, in unincomprensibile litania nella quale si riesce a captare soltanto un iterato, minacciosissimo, mia! detto contro Tot
(Le sei mogli di Barbabl); de visu scambiato per sardo:
devessere sardo (Le sei mogli di Barbabl; Letto a tre piazze,
1960, di Steno); anche a statu quo e a brevi manu tocca la
medesima sorte;
TOT: Ma allora proprio sardo! [] Te lo dicevo/ io// Questo
sardo spaccato//
CASTELLANI: Ma no/ latino!
TOT: Sar latino/ collaccento sardo// (Le sei mogli di Barbabl).
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Il cavalier Antonio Cocozza (Tot) chiede al suo futuro consuocero, il ragionier Giuseppe DAmore (Aldo Fabrizi), se ha
un tic (tight) per limminente matrimonio dei figli; Giuseppe,
risentito, risponde:
GIUSEPPE: No/ io non cj ho nessun tic// Quale tic?
ANTONIO: In occasione del matrimonio/ ci vuole il tic//
GIUSEPPE: Ah/ il tight/ vuol dire/ lei//
ANTONIO: Tight?
GIUSEPPE: Tight//
A NTONIO : Che buffo nome! Noi/ a Napoli/ diciamo la
sciammria// Ragioniere/ lei si deve fare una bella
sciammria// (Tot, Fabrizi e i giovani doggi, 1960, di
Mattoli).
Tot si spaccia spesso per poliglotta (modestamnde/ qualche lingua la parlo: Tot, Peppino e la dolce vita, 1961, di
Corbucci). Nel caso seguente, combinando sempre inglese, francese e italiano storpiato, tenta di abbordare due turiste americane:
ANTONIO: Excuse moi/ please/ se vous plait// Da quante/ tamp/
PEPPINO: Da quante?
ANTONIO: Tamp/ voio/ voi due/ state/ in Italia// Cio qui/ a
Roma/ in Romagna/ in Romania/ va// [] Noi/ vogliam/
savur/ ove/ voio/ abitt// Dov la vostra/ abt// La chesa/
va// La chesa//
PEPPINO: La chesa//
ANTONIO: Quanduno/ s stanc/ voglio andar a chesa// Me
voglio riposare// Un tandn
PEPPINO: Ma tu stai parlando barese! (Tot, Peppino e la
dolce vita).
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Come al solito, lintento di Tot, dei registi e degli sceneggiatori di questi film non tanto mimetico (anche se ne derivano, talora, ritratti indubbiamente realistici della stratificazione
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Il linguaggio cinematografico
geo e sociolinguistica dellItalia del dopoguerra) quanto ludicoespressionistico: le lingue straniere e i dialetti, ancor pi dellitaliano, si prestano al puro gioco del significante. Ed ecco,
dunque, che shall I go? devo andare? viene frainteso da Tot
come cj hai la gotta? e come on! come commare (Siamo
uomini o caporali?, 1955, di Mastrocinque); scotch bevanda
come scocciante (Il coraggio, 1955, di Domenico Paolella); un
montgomery diventa un bel cocmeri americano (La banda
degli onesti, 1956, di Mastrocinque); how do you do? come
va? viene tradotto con due pi due e where do you live?
dove vivi? con vuoi unoliva? (Tot, Peppino e la malafemmina); Rocco e Rocco sta per rock and roll (Tot, Peppino e i fuorilegge); un whisky e un Pernod diventano un fischio e
un pernacchio (Tot a Parigi, 1958, di Mastrocinque); uninsegna al neon diventa una mostra al nailon (I tartassati, 1959,
di Steno), etc. etc.
Anche lelevata frequenza di interiezioni, ideofoni, pause
vocalizzate e suoni pi o meno inarticolati, oltrech la riproduzione della balbuzie e i giochi verbali basati sulliconicit dei
nomi propri, rispondono alla medesima volont di far regredire
la lingua a una sorta di linguaggio primitivo e pregrammaticale
e di utilizzare i suoni linguistici come note musicali. Infatti
ideofoni e interiezioni vengono spesso cantati:
strano// (cantando) strano// strano// Mi sembra molto
strano// Ma/ chiss/ perch// Ah/ s s s s/ capisco// Zunzunzn// Capisco/ forse// (parlando) Questi vorranno venire
di persona// Eh gi/ vengono di persona// Tippetippetp/ qui//
E allora bisogna che io m mi mi affretti a terminare il
secondo tempo// Strano// Perch gli ho mandato quasi tutta
lopera// Mah// Affrettiamoci a finire il secondo tembo// Eh
gi// Perch da un momndo allaltro/ possono venire qua/
bussano alla porta// Ndr// Chi ? Leditore Tiscordi//
Oppure/ ndr// Chi ? Leditore Zozzogno// Eccomi qua/
il maestro// Prego/ si accomodi// Grazie// (alla cameriera)
Eccoci qua// Questa la mia opera// Il mio capolavoro// Eccolo qui// Ho gi trovato il titolo/ sai? S// La chiamer/ Epopea
italica// Magnifico// (mostrando le spartito alla cameriera)
Vedi/ cara/ qui siamo al terzo atto// Quando Cristoforo Colombo/ fa rapire/ Elena di Troia// Che poi sopraggiunge la madre
di Elena Beh/ beh/ lasciamo perdere/ vai// Mi ci vorrebbe
unispirazione// Sendi/ mia buona e dolce fandesca/ apri
meglio la finestra// Fa che io mi ispiri// Poich i temi della
natura/ sono sembre i suggerimndi migliori// S// Fa che io
mi ispiri// Voglio origliare// Origlio// Hmhm// (ascoltando il
rumore dellacqua di una fontana e tentando di riprodurlo con
il pianoforte. Immagine della fontana) S/ hm/ s! Eccola! S!
Ah! (scrivendo sul pentagramma) Do// Do// Si diesis// Re fa//
Croma// Semicroma// Biscroma// Un accidente/ in chiave//
Eheheheh// (ascoltando il canto di un uccellino e tentando di
riprodurlo con il pianoforte e con la voce. Immagine di due
uccellini) Chichichich// Chichichich// Chichichich// S//
(scrivendo sul pentagramma) una biscroma// un si// Si/
biscroma// Biscroma si// (suonando e cantando) Chichichich// Eheh// (sentendo il rumore di uno sciacquone. Immagine
di Rocco al bagno. Antonio chiude il pianoforte e si alza di
scatto) Bah! Ma come si pu comborre in questa casa?! Ecco!
Uno scroscio di igienico idraulico! Non si pu creare! In questa casa non si sende altro che parolacce/ la pndola che bolle/
la vacca che partorisce! Che ispirazione pu venire furi?!
Cloclocloclocl// Meeh// Ssh// Ah/ te possino ammazz! Ma
ann Robba da pazzi! (suona il campanello) Ro Han
han hanno suonato! Hanno suonato! Oh Dio/ hanno suonato! Questo devess i;
ROCCO (R. DAssunta): (entrando, dopo aver sfondato la
porta) Vuoi piantarla? Scimunito [autentico]/ ah?!
ANTONIO: (cantando) Ah/ ah/ ah/ <ah>//
ROCCO: <Vuoi finirla>/ s o no?!
ANTONIO: un la// un la// <Oh>!
ROCCO: <Vuoi finirla>/ s o no?
ANTONIO: (cantando) Vuoi finirla/ s o no? Ripeti//
ROCCO: Vuoi finirla/ s o no?
ANTONIO: (cantando) Do re mi fa sol do do/ do re mi fa sol do
do/ do re mi fa sol do do/ do re mi fa <sol do do// S>//
ROCCO: <Ah! Ah>!
ANTONIO: <Eh>// Bene/ bene// Questo me piace// Questo me
piace// Sulla quarta corda// (prende il violino e tenta di
riprodurre i lamenti di Rocco) Ah/ s//
ROCCO: < pazzo>!
ANTONIO: <Ah/ s>// Ah/ s// (Rocco rompe un vaso e esce,
Antonio canta) Taratattattara/ tatara/ ah// Vuoi finirla/ s o
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Il linguaggio cinematografico
84. Per i riferimenti alla commedia classica e dellArte cfr. ROSSI (2002a: 2829);
per quelli a Rabelais e al carnevale cfr. ROSSI (2002a: 166 n. 4). Il melodramma comincia ben prima dellopera buffa a interessarsi al gioco delle lingue, come mostra Xerse, di
Nicol Minato, 1655, nel quale, al secondo atto, il personaggio di Elviro vestito da
vendi fiori cos finge altro linguaggio (II 1): Ah, chi voler fiora / De bella giardina.
/ Giacinta indiana, / Tulipana, Gelsomina. / Ah, chi voler fiora / De bella giardina. / []
Da mia, che cercar? / Voler fiora comprar? [] / Ti chi star? / E perch dimandar? [] /
Ariodate de chista / Citt Signur, che star a Re vassallo / Haver figlia Romilda, e Re
voler / Chista sposar, e dir, / Se nu sposar morir. / [] Nu saper altro (cfr. ROSSI 2005:
233244).
245
85. I personaggi interpretati dal comico [Tot] vogliono impossessarsi della lingua nazionale e nei loro tentativi coinvolgono gli interlocutori in discussioni metalinguistiche, simulando sicurezza nel possesso delle regole grammaticali e stilistiche. Il pubblico contemporaneo rideva, ritrovando negli sforzi di Tot le proprie aspirazioni al possesso della lingua italiana (ROMEO 1997: 114).
86. Gli scherzi di Tot hanno aiutato i pi [] ad avvertire, prima ancora che il
ridicolo dellaulicit fuor di luogo, la aulicit stessa di certi elementi lessicali, che per
linnanzi, se noti, rischiavano di essere adoperati in contesti che non li esigevano affatto (DE MAURO 1963/1993: 122). Della ridicolizzazione dellitaliano ufficiale, compiuta incrociando preziosismi aulici e formule burocratiche, parla SPINAZZOLA (1974:
95). Secondo CRESTI (1982: 294) Tot ha trasformato la caratterizzazione dialettale
degli errori, che per secoli servita a connotare grottescamente il popolo dialettofono,
in unaccusa rivolta ai pedanti, ai censori, o pi modestamente a quelli che non avevano
il coraggio di parlare semplicemente.
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Lo stesso Sordi, infatti, ben consapevole delle proprie capacit e del proprio ruolo nella storia del cinema italiano, ribadir
in pi occasioni questesigenza realisticocritica:
Non ero un virtuoso, ero un anonimo qualunque, perch assomigliavo alla gente comune. Mi rifiutavo di recitare in termini accademici, perch adottavo il linguaggio di tutti i giorni:
nei film io parlavo come accade nella vita, entrando nel
cuore degli spettatori89.
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tutta la spontaneit. Quella si acquista con la professionalit. Lei, comunque, deve parlare un linguaggio diverso da
quello che parla la gente. Ma io, al contrario, cominciando a
fare teatro, seppur da dilettante, capivo che dovevo limitare i
miei entusiasmi, la frenesia di esibirmi, e sapermi invece rendere pi accessibile al pubblico91.
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Il linguaggio cinematografico
1966 (con Fumo di Londra), Sordi decise di passare anche dallaltra parte della macchina da presa. Gi da anni partecipava
attivamente ai soggetti e alle sceneggiature (almeno da Mamma
mia, che impressione!, 1951, di Roberto L. Savarese), collaborando in particolar modo con Rodolfo Sonego, che scrisse per
Sordi decine di film, a partire dal Seduttore, 1954, di Franco
Rossi. Com noto, sullapporto personale di Sordi anche a sceneggiature ufficialmente non sue, non c accordo tra le varie
testimonianze: Monicelli tiene tuttora a precisare il ruolo determinante degli sceneggiatori e del regista, a scapito dellattore;
viceversa Suso Cecchi DAmico.
Anche sul potere condizionante di alcune scelte, soprattutto
linguistiche, Sordi aveva ben visto: quante delle sue battute
(pur se scritte da altri, alla sua recitazione che debbono la
celebrit) diverranno presto proverbiali? Oltre a quelle citate
nel corso di questo paragrafo, si ricordino almeno le seguenti:
Ammazza che fusto! (Un giorno in pretura, 1954, di Steno);
auanagana (forse deformazione dellinglese I wonna go
voglio andare, Un americano a Roma, 1954, di Steno); Ma
chi te conosce a te? Pussa via/ brutta bertuccia! (Il segno di
Venere, 1955, di Risi); Bboni! Bboni! State bboni! (La grande guerra, 1959, di Monicelli); E non ci facciamo sempre
riconoscere! (Il vedovo, 1959, di Risi, e, con minime varianti,
in molti altri film).
Il successo cinematografico di Sordi arriver tardi (non
prima degli anni Cinquanta, bench il primo film risalga al
1937: Il feroce Saladino, di Mario Bonnard), quando al comico
gi arrideva la fama come doppiatore e conduttore radiofonico.
Sempre nel 1937 divenne la seconda voce italiana ufficiale di
Ollio (Oliver Hardy), ma la sua carriera come doppiatore non si
limit alle comiche: lo riconosciamo come voce di Robert Mitchum, John Ireland, etc. e almeno, tra le tante voci doppiate del
cinema italiano, nel biciclettaio di piazza Vittorio, in una scena
di Ladri di biciclette, e, per i noti paradossi della postsincronizzazione (cfr. 5.1.2), come voce di Marcello Mastroianni in
Una domenica dagosto, 1950, di Luciano Emmer.
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mio fulgido. Ma quello che ti devo dire te lo dico sai: imbecille imbecillone ci sei tu, maestro Bitonzo con la tua lingua
incalunniosa, la tua bacchetta, il Panza e quellEster invergognosa, ti zan! zan!99.
Segnaliamo le caratteristiche salienti di questo italiano composito: forme dotte e libresche (annunzio, genti, mistificatore),
frasi fatte e paroletormentone (fantastico), espressioni ecclesiasticoburocratiche costruite con una morfosintassi traballante, con errori di preposizione e omissioni di articolo (verso la
meta di perdizione, parlo sempre in cuore aperto in mia
schiettezza e in mio fulgido), regionalismi (dalle apocopi come
capit, sign e so sono, al segnale discorsivo tipico di Roma:
ah) e tic, come quello di deformare alcune parole col prefisso
in/m (impeccatore, incalunniosa, invergognosa, invituperi)100.
Mentre Mario Pio agiva al telefono (Prondo Mario Pio//
Con chi parlo/ con chi parlo io?), il conte Claro (con gli stessi
tic), nobile decaduto e scroccone, risponde alle lettere in un
giornale e poi va a trovare di persona i mittenti:
Io sono il conte Claro, tutti lo sanno non vero? Sono un
conte decaduto e in prima pagina mai nessuno mi cha veduto.
Eppure nella mia vita, anche se sono sospettato, non ho mai
fatto male neppure ad un animaletto E cos bench sia conte
quando arriva lora de magn me tocca rest a letto. Mintenda
chi mintenda sta frecciata da distanza. Comprendi limportanza? Ma non ci improlunghiamo in argomenti che in un
indomani potrebbero urtare la suscettibilit di alcuni ambienti
di reportaggio101.
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cinematografico. Infatti i suoi personaggi radiofonici e del doppiaggio ci tramandano ora litaliano ai massimi livelli di formalit e di deregionalizzazione (doppiaggio, tranne Ollio), ora una
mescidanza italoinglese (Ollio), ora un italiano in bilico tra
ambizioni di cultura e italiano regionale romano con inflessioni
mediane (Mario Pio e il Conte Claro).
La prima parte importante di Sordi, negli oltre 150 film da
lui interpretati, senzaltro quella di Mamma mia, che impressione!, 1951, di Savarese, sua ventiduesima pellicola. Lopera
intende sfruttare, gi nel titolo, il successo del personaggio
Mario Pio, con le sue peculiarit linguistiche. Anche Tot e i Re
di Roma, 1952, di Steno e Monicelli, attinge ai tic dello stesso
personaggio: con un fare indisinvolto. Sordi interpreta qui il
sadico e viscido maestro Palocco. La sua lingua volutamente
affettata, composta di parole difficili, di frasi fatte e di espressioni bizzarre (burocratiche o formali), tra le quali ricordiamo:
Ti nascondi/ con fare furbesco (a Tot); Sono oltremodo
radioso di vederla (al capufficio); In sua memoria; In sua
vergogna; Il suo cuore in mia anima e lintercalare Signor
archivista capo, vessatorio nei confronti del povero Tot, che
veste i panni dellarchivista Ercole Pappalardo, raccomandato
senza licenza elementare. questa lunica occasione che i due
grandi attori, Sordi e Tot, ebbero di recitare insieme. Entrambi
cos attenti alla componente linguistica, oltrech a quella mimicoscenica, pur con tutte le differenze che li distinguevano: il
primo era pi verbale e meno mimico del secondo, bench il
secondo, con le parole, abbia giocato e innovato molto pi del
primo. Non sfuggano, peraltro, i numerosi tratti che li accomunavano: lamore per il teatro, il VARIET [ Glossario], la canzone. Entrambi, allinizio della carriera cinematografica, brillarono per una comicit del tutto lontana da quella corrente e, per
questo, poco gradita al grande pubblico e alla critica ufficiale.
Determinante fu per lattore lincontro con Federico Fellini:
sempre del 1952 infatti Lo sceicco bianco, dove Sordi interpreta, magistralmente, il ruolo eponimo dello sceicco eroe dei
fumetti rosa, e dellanno successivo lAlbertone dei Vitelloni
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tuttavia mai raggiungere le punte del comicononsenseparodiahorror segnate, anche in questo, dal Tot di Che fine ha
fatto Tot baby?, 1964, di Ottavio Alessi: in Tot la cattiveria si
fa quasi surreale, mentre la negativit dei personaggi sordiani
sempre molto realistica). La caratteristica che accomuna tutti i
ruoli di Sordi la vilt, che, come disse Fellini, quella tipica
del giovanotto cresciuto sotto il fascismo e buttato dentro una
democrazia che non capisce107. Pi volte lattoreautore ammise di trovarsi a suo agio nello smontare i personaggi negativi:
Nasceva cos, fra il 54 e il 60, leroe negativo che appassionava, divertiva, e che, per la prima volta da quando il cinema
italiano era nato, provocava nel pubblico una catarsi alla rovescia: la catarsi dei difetti, dei cattivi sentimenti108.
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A un gatto:
Gattomammone// Mi sono accorto sai// Fai finta a legge il
giornale/ ah/ sei una spia/ sei/ vuoi cantare? Canta i salmi//
(fingendo di sparare al gatto e poi prendendolo in braccio)
Tang! Tang! Tang! Ti devo sopprimere! Odo dei passi// Sei
stato tu gattomammone? Hai cantato? Ti! Becca sto regaluccio// Tang! Tang! Tang! Io mapposto//.
Si segnalano gli adattamenti approccio, da approach, e luccasti, da looked, oltre ai cultismi (daccatto) covare, fosco, lampeggiar. E infine la celeberrima scena dei maccheroni:
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5. IL DOPPIAGGESE1
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Tant vero che negli ultimi anni sono fioriti corsi universitari in Traduzione multimediale per il cinema e la televisione, in
cui si formano traduttori specializzati per gli adattamenti audiovisivi, e la trasposizione filmica utilizzata sempre pi spesso
come strumento didattico per linsegnamento linguistico 5.
3. Luis Borges in MARASCHIO (1982: 138).
4. GHEZZI (1995: 139, 218).
5. Si veda per esempio il corso postlaurea in Traduzione multimediale per il
cinema e la televisione istituito dalla SSLiMIT (Scuola Superiore di Lingue Moderne
per Interpreti e Traduttori) di Forl (Universit di Bologna), a partire dal 1996; frutti di
quel corso sono almeno HEISS/BOLLETTIERI BOSINELLI (1996) e BOLLETTIERI BOSINELLI/HEISS/SOFFRITTI/BERNARDINI (2000). Sullutilizzazione didattica del cinema per linsegnamento dellitaliano, cfr. quanto gi detto nel 4.1.1 n. 4.
5 Il doppiaggese
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Cimentarsi con i testi degli adattamenti cinetelevisivi e colloquiare con gli adattatori costituisce spesso, per lo studioso di
linguistica, un salutare passaggio dalla teoria alla pratica e permette di constatare che, bene o male, gli annosi temi della
norma grammaticale, della fedelt alloriginale, dei molteplici
livelli del testo e simili non sono freddi cimeli da biblioteca,
bens il pane quotidiano per alcune categorie professionali.
5.1.2. La storia del parlato filmico italiano intimamente
legata, fin dai primordi del sonoro, alla pratica del doppiaggio6.
Abbiamo gi detto ( 2.1) come, addirittura, il doppiaggio nasca
in realt prima ancora del sonoro, dati i casi, abbastanza frequenti, di attori che, dal vivo, nascosti dietro il telone, recitavano le battute in sincronismo labiale con i personaggi del film.
Ma alla tecnica della postsincronizzazione propriamente detta,
intesa come incisione di una nuova colonna sonora sostituita,
almeno per quanto riguarda i dialoghi, a quella originaria, si
arriv abbastanza tardi (pi o meno stabilmente nel 1931, salvo
singoli esperimenti precedenti, vale a dire quattro anni dopo il
primo film parlato) e mediante percorsi tortuosi.
Linvenzione del sonoro rec immediatamente il problema
dellesportazione dei film, ovvero della loro traduzione. La
soluzione scelta in un primo momento fu quella che sembrava la
pi rapida ed economica: lammutolimento delle pellicole (visto
che a partire dal decretolegge 11 febbraio 1923, cit. nel
2.4.2, luso pubblico di parole straniere, scritte o parlate, era
colpito da straordinari oneri fiscali e dal 1930, con espresso riferimento al cinema, era del tutto vietato)7 e il ripristino dei car6. La storia del doppiaggio pu essere letta soprattutto in QUARGNOLO (1967) e
(1986); CALDIRON/HOCHKOFLER (1981); GUIDORIZZI (1986) e (1999); QUAGLIETTI (1991:
5159); CASTELLANO (1993) e (2000). I fenomeni semiologici e linguistici delladattamento cinetelevisivo sono invece affrontati principalmente in SHOCHAT/STAM (1985);
C AMERINI /B IARESE (1986); BACCOLINI /B OLLETTIERI B OSINELLI /G AVIOLI (1994);
HEISS/BOLLETTIERI BOSINELLI (1996); ROSSI (1999d); BOLLETTIERI BOSINELLI/HEISS/SOFFRITTI/BERNARDINI (2000); PAVESI (2006).
7. Dopo uniniziale tolleranza nei confronti dei film cantati in lingua straniera (il
doppiaggio italiano ha preferito doppiare, di norma, fino agli anni Cinquanta, anche le
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Il linguaggio cinematografico
telli con didascalie in italiano. Il capolavoro di King Vidor Alleluja (Hallelujah), 1929, usc nel 1930 in Italia privo del sonoro
e con didascalie posticce e intollerabili 8. Non difficile
immaginare che il pubblico mal sadattasse a rinunciare, prima
ancora di esservisi assuefatto, alla novit, tanto fragorosamente
pubblicizzata, dei film parlati al cento per cento (che, per la satira dellepoca, erano ormai diventati letti al cento per cento)9.
Fu cos che si studiarono alternative quali la conservazione
della COLONNA [ Glossario] originale (fuori legge, con
pochissime eccezioni, come s detto) e ladozione delle didascalie (non amate dal nostro pubblico per il noto tasso di analfabetismo), limpiego di una vocetraduzione fuori campo e infine
il metodo pi costoso di tutti: la realizzazione di versioni multiple. Nel 1930 la Paramount apr uno studio in Francia, a Joinville, appositamente realizzato per questo tipo di riprese. La tecnica consisteva nel girare una stessa scena invariati il soggetto,
la scenografia e i costumi parlata in lingue diverse; solitamente cambiava il regista e molto spesso anche gli attori.
Insomma, per permettere a pubblici di lingue diverse di comprendere lo stesso film, lo si rigirava interamente tante volte
quante erano le lingue richieste, fino a pi di dieci versioni!10.
canzoni dei film, soluzione oggi ammissibile quasi soltanto per il cinema di animazione,
che assegna alla musica una componente testuale e commerciale primaria: cfr. DI GIOVANNI 2000) e di quelli di argomento sportivo, celebrativo, militare e simili, lufficio di
revisione fece divulgare il 22 ottobre 1930 la comunicazione di norme pi rigide che
sarebbero rimaste definitive: Il Ministero dellInterno ha disposto che da oggi non
venga accordato il nulla osta alla rappresentazione di pellicole cinematografiche che
contengano del parlato in lingua straniera sia pure in qualche parte e in misura minima.
Di conseguenza tutti indistintamente i films sonori, ad approvazione ottenuta, porteranno sul visto la condizione della soppressione di ogni scena dialogata o comunque parlata in lingua straniera (RAFFAELLI 1992: 191). Come si vede, la comunicazione non fa
riferimento a didascalie in lingua italiana.
8. RAFFAELLI (1992: 82 n. 49).
9. QUARGNOLO (1967: 66).
10. Cos Mario Camerini descrive la sua esperienza di regista italiano per i film a
edizioni plurime: Una follia. La Paramount a Parigi aveva, agli inizi del sonoro, degli
stabilimenti a Joinville: si giravano di seguito, sullo stesso set, con la macchina fissa,
con i posti stabiliti, dodici o tredici versioni diverse. Io andai con Carmen Boni e Pilotto, facevo le mie scene e uscivo. Poi veniva il regista tedesco, poi quello spagnolo, poi
5 Il doppiaggese
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quello francese e cos via (PAOLINELLI/DI FORTUNATO 2005: 5). Cfr. anche quanto raccontato da Camerini in SAVIO (1979: I, 203226): secondo il regista, a Joinville si arrivava a girare fino a venti copie, in lingue diverse, dello stesso film (p. 207). Su Joinville
cfr. anche PAVOLINI (1936) e QUARGNOLO (1986: 3334). Film in versione multipla furono girati anche negli stabilimenti cinematografici italiani e tedeschi (cfr. RAFFAELLI
1992: 192 n. 57).
11. Secondo la testimonianza di Goffredo Alessandrini riportata in SAVIO (1979: I,
656: 1113). Dati filmografici diversi in BERNARDINI (1992: 6).
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Il linguaggio cinematografico
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13. Quasi soltanto nei documentari, nelle interviste o in alcuni film presentati nei
festival, si adotta anche la tecnica cosiddetta VOICE OVER [ Glossario] o oversound,
ovvero della voce (o voci) fuori campo che traduce il dialogo originale, pure udibile in
sottofondo e leggermente anticipato rispetto alla vocetraduzione.
14. Cfr. QUARGNOLO (1986: 41).
15. PAOLINELLI/DI FORTUNATO (2005: 6).
16. Cfr. Goffredo Alessandrini in SAVIO (1979: I, 1516).
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Il linguaggio cinematografico
17. Se il ruolo della censura fu dapprima abbastanza blando, per via dellesiguo
numero delle sale equipaggiate per le proiezioni sonore (appena 120 su 3000: cfr. RAFFAELLI 1992: 190 n. 3), non mancano, verso la fine del regime, episodi clamorosi, come
quello di Casablanca, 1943, di Michael Curtiz, che viene distribuito in Italia nel 1946
dopo essere stato pesantemente rimaneggiato: le armi vendute da Rick agli etiopi contro
laggressione dei fascisti italiani vengono, invece, vendute ai cinesi; litaliano Ferrari,
leader delle attivit illegali a Casablanca, viene francesizzato in Ferrac; la battuta di
Laszlo: avete combattuto contro i fascisti in Spagna sfuma in avete combattuto per la
democrazia in Spagna; il personaggio del capitano Tonelli che fa il saluto romano al
capitano Renault viene tagliato e altro ancora (cfr. MEREGHETTI 2005: 468; interi brani
del film originale, con relativo adattamento italiano, sono trascritti in PAOLINELLI/DI
FORTUNATO 2005: 1417). Gi nel 1938, Marco Polo fu trasformato in scozzese, per
mascherare il ritratto sfavorevole degli italiani: Uno scozzese alla corte del Gran Kan
(The Adventures of Marco Polo), 1938, di Archie Mayo. Notevoli, inoltre, anche dopo il
crollo del regime, alcuni palinsesti onomastici del doppiaggio volti a deitalianizzare i
nomi dei delinquenti filmici: il gangster Johnny Rocco viene ribattezzato Johnny Rocky,
nellIsola di corallo (Key Largo), 1948, di John Huston; il gangster Martino Roma
diventa Martino Rosky, nellUrlo della citt (Cry of the City), 1948, di Robert Siodmark; lassociazione criminale Mano Nera, nel film La Mano nera (Black Hand conosciuto in Italia anche come La legge del silenzio), 1950, di Richard Thorpe, diventa spagnola (il doppiaggio italiano trasferisce lassassinio del poliziotto da Napoli a Cuba), a
scapito di tutti i riferimenti italiani disseminati nel film (canzoni napoletane, immagini
del Vesuvio, gondole e torre di Pisa; cfr. FINK 1985: 214215 e MEREGHETTI 2005:
15461547). Un altro caso scandaloso quello di Marijuana (Big Jim McLain), 1952,
di Edward Ludwig: prodotto durante la Guerra Fredda e in pieno maccartismo, il film,
che trattava la storia di un complotto di comunisti antiamericani, venne distribuito in Italia non soltanto con il titolo modificato, ma anche con una sostanziale alterazione della
trama, diventando cos una storia di narcotrafficanti (PAOLINELLI/DI FORTUNATO 1995:
18). I cambiamenti apportati dagli odierni adattatori alla versione originale del film sono
perlopi limitati allenfatizzazione della pronuncia regionale di qualche personaggio,
come accade, per esempio, in Un uomo da marciapiede (Midnight Cowboy), 1969, di
John Schlesinger, in cui il personaggio interpretato da Dustin Hoffman si chiamo Ratso
nelloriginale ma Sozzo nella versione italiana, dove il solito Ferruccio Amendola parla
con marcato accento meridionale. Altri esempi saranno commentati oltre.
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18. Cfr. RAFFAELLI (1992: 190195). Il primo film giunto in Italia gi doppiato, nel
1931, fu il gi citato Carcere (The Big House), di Hill (cfr. RAFFAELLI 1992: 82 n. 49),
mentre il primo doppiato in Italia, nel 1932, fu A me la libert ( Nous la libert), 1931,
di Ren Clair, con ladattamento di Alessandro De Stefani (QUARGNOLO 1986: 43).
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Il linguaggio cinematografico
Lattanzi (la regina del doppiaggio storico, adorata, imitata e biasimata per il suo celebre birignao: Greta Garbo, Marlene Dietrich, Rita Hayworth), Giulio Panicali (Robert Taylor, Tyrone
Power, Bing Crosby), Gero Zambuto (Wallace Beery), Lauro
Gazzolo (caratterista: Barry Fitzgerald, Bud Abbott; la riconoscibilissima voce di tanti vecchietti dei western), Romolo Costa
(il primo Clark Gable, Gary Cooper), Lidia Simoneschi (Vivien
Leigh, Jennifer Jones, Ingrid Bergman), Rosina Fiorini Galli
(moglie del gi citato Augusto: Joan Crawford), Mario Besesti
(Charles Laughton).
Quasi tutti hanno esordito come attori di teatro e molti di
loro hanno ricoperto vari ruoli cinematografici, talora anche
come registi (Zambuto). Da allora, il ruolo artistico delladattatore e del doppiatore cominci a essere teoricamente apprezzato, come testimoniano oltretutto lusinghiere innovazioni terminologiche quali dialoghista e concertatore, che furono proposte
nel 1937 da Giacomo Debenedetti per designare rispettivamente
il riduttore e il direttore del doppiaggio19. Altri neologismi si
imposero rapidamente: adattamento, riduzione, ridurre e riduttore, sincronizzare, sincronizzazione e sincronismo, che diede
subito vita allabbreviazione gergale sin (oggi sinc [ Glossario, SINCRONISMO LABIALE])20. A lungo oggetto di remore esterofobe fu doppiaggio, colpevole di ricalcare il francese doublage (a sua volta calco dellinglese dubbing, gi derivato dal francese medievale adoubler addobbare), al quale i puristi continueranno a preferire doppiatura (per loperazione) e doppiato
(per il risultato), su suggerimento del 1941 di Bruno Migliorini21. Sia doublage sia dubbing (che dunque nulla spartisce col
19. RAFFAELLI (1995: 46). Il brano di Debenedetti (sotto lo pseudonimo di Gustavo Briareo: BRIAREO 1937) riportato in Antologia critica, 13.
20. Cfr. VECCHIETTI (1935: 38). Tra le coniazioni meno fortunate, tavolo sonoro
(minuscolo cinematografo applicato ad un tavolino per far scorrere la pellicola in
sede di doppiaggio, ovvero moviola), in CANTINI (1935). Il neologismo moviola (nome
commerciale americano derivante da movie), attestato in italiano fin dal 1930 (cfr. RAFFAELLI 1979a), compare, tra laltro, in BRIAREO (1937: 154).
21. Il Panzini considera doppiaggio [i]nutile, invece di doppiato o doppiatura
(cfr. PANZINI 1905/1942, s. v. doppiaggio). Su una posizione intermedia LILLI (1935),
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che distingue tra doppiaggio operazione e doppiato risultato. La storia del termine
doppiaggio si legge ora in RAFFAELLI (2001: 892893 n. 72).
22. Per esempio in CORTINI VIVIANI (1936). Di mischiatura delle colonne sonore parla Freddi in una sua lettera, citata nel 4.1.2.
23. Le recensioni dei film stranieri degli anni Trenta si concludevano spesso con
un breve paragrafo dedicato alla versione italiana, segno che il doppiaggio era considerato un aspetto tuttaltro che accessorio di un film e anche, ovviamente, che cera tutto
linteresse a difendere pubblicamente la campagna di autarchia linguistica. Scrive Jacopo Comin a proposito dei Lancieri del Bengala (Lives of a Bengal Lancer), 1935, di
Henry Hathaway: Linterpretazione stata ottima quasi sempre: a voler essere pignoli
si pu notare che il Costa (Gary Cooper) talvolta leggermente artificioso e che il Ruffini (Franchot Tone) non ha tutta quella disinvolta eleganza di recitazione che pregio
delloriginale. Ma in compenso il Marcacci (Richard Cromwell) ha almeno tanta spontaneit e freschezza quanto lattore stesso e il Ferrari e il Cristina (Guy Standing e Aubrey
Smith) danno alla loro interpretazione una solidit costruttiva piena di carattere. I dialoghi sono tradotti con abilit senza perdere il gusto delloriginale (rubrica I Film, in
Bianco e nero, I, 1, 1937, pp. 7799: 84). Oppure lo stesso Comin, a proposito dellImpareggiabile Godfrey (My Man Godfrey), 1936, di Gregory La Cava: Se talvolta ci
avviene in queste note di trattar male qualcuno dei doppiaggi che andiamo sentendo,
bisogna sempre intendere le nostre parole in relazione allinsieme dei lavori: bisogna,
ossia, capire che un doppiaggio che noi consideriamo scadente lo soltanto perch
numerosissimi altri sono addirittura perfetti. In s, magari, esso migliore di tutto quello che si fatto allestero in materia. Noi abbiamo, in genere, dei direttori di doppiaggio
(esempio tipico il Savini) che hanno saputo portare i nostri attori ad una perfezione non
solo di sincronia, fatto puramente meccanico eppure gi difficilissimo a raggiungersi,
ma anche di recitazione cinematografica che non ha nulla da invidiare alla naturalezza
ed alla spontaneit della presa diretta delloriginale. Non sempre tuttavia i riduttori dei
dialoghi dimostrano altrettante capacit. Questo dellImpareggiabile Godfrey , invece,
un caso in cui i dialoghi superano forse, per eleganza, per intelligenza e per gusto gli
stessi dialoghi originali. Evelina Levi che ha ridotto i dialoghi ha perfettamente compreso lo spirito delloriginale, si inserita con un garbo squisito nellandamento satirico
del film ed ha trovato una forma italiana aderente in ogni momento ed in ogni sua parte
a quella forma americana che presentava non poche e non lievi difficolt di rielaborazione (ID., rubrica I Film, in Bianco e nero, I, 3, 1937, pp. 90105: 98). evidente la
differenza rispetto alle recensioni odierne, che tendono perlopi a tacere del doppiaggio.
Peraltro, come si pu vedere gi a partire dalla sesta annata (1942) della rivista Bianco
e nero (il periodico, fondato e diretto da Luigi Chiarini, del Centro sperimentale di
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28. Emilio Cigoli, intervistato da SAVIO (1979: I, 341348), dichiara che, tra gli
altri, un attore del calibro di Osvaldo Valenti fu sempre doppiato perch [p]arlava un
po con accento emiliano, oltre alla voce che non si prestava molto. Era piuttosto stridula (p. 342).
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un male) utile solo a fini commerciali, per consentire la fruizione della filmografia straniera. Una parte dei fustigatori del doppiaggio coincideva, in realt, coi delusi del sonoro (Chaplin).
Secondo la maggior parte dei registi e dei teorici del cinema, il
doppiaggio era inaccettabile sul piano estetico e, per dir cos,
etico, per via della scissione della componente verbale da quella
iconica. Per Jean Renoir una mostruosit, una specie di sfida
alle leggi umane e divine29. Secondo JeanMarie Straub una
legge fascista (sulla difesa della lingua italiana!) ha fatto dellItalia la camera a gas dei film stranieri30.
La lingua ideale del doppiaggio venne ritenuta, da taluni, la
meno marcata, la pi impersonale, la pi lontana dalla
poesia31, una lingua il pi possibile anonima, pur essendo
grammaticalmente e sintatticamente italiana32. Ed proprio sul
grammaticalmente e sintatticamente italiana che si appiglieranno le critiche dei puristi alleccesso di forestierismi nel doppiaggio, stando, per esempio, alle critiche di Adolfo Franci
riportate da Gilberto Altichieri. Altichieri, daltra parte, ammira
le bracciate di slang immesse nel cinema americano, e le
basse inflessioni e i barbarismi di altre cinematografie: che
senso avrebbe un doppiaggio puristico di un film realistico e
plurilingue?33. Per molti altri, invece, il cinema deve essere nor-
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Il linguaggio cinematografico
Anche Paolo Milano apprezza il lavoro dei traduttori di dialogo, i quali azzeccano qualche volta un italiano molto pi
spregiudicato e fantasioso di quello di certi burocrati dialoghisti
di film nostrani38.
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35.
36.
37.
38.
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Va ricordato, peraltro, a conferma della frequente inconciliabilit tra questioni teoriche e problemi pratici connessi con la
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Il linguaggio cinematografico
realizzazione filmica, che lo stesso Antonioni far doppiare integralmente tutti i suoi film, anche quelli girati con attori italiani.
Tra i registi nostrani, Federico Fellini ha sempre dichiarato linsostituibilit del doppiaggio per la propria personale visione
dellarte cinematografica, ammettendo di aver fatto recitare agli
attori spesso soltanto dei numeri. Il regista vuole riserbarsi il
diritto di manipolare fino allultimo il testo della sceneggiatura,
nella convinzione che soltanto in fase di doppiaggio grazie
anche a tipici espedienti espressionistici felliniani, dagli effetti
deco, alle voci di personaggi di sfondo che sembrano parlare in
primo piano e viceversa prenda vita e corpo la versione definitiva dellopera filmica: Non potrei fare a meno del doppiaggio. Anche le voci che in genere restano a uno stadio neutro,
nella ripresa diretta, con il doppiaggio possono essere manipolate, esaltate, magari aggiungendo un vago accento esotico che
conferisce autorevolezza e innocenza41.
durante il doppiaggio che torno a dare grande importanza ai
dialoghi. [] Io sento il bisogno di dare al sonoro la stessa
espressivit dellimmagine, di creare una sorta di polifonia.
perci che sono contrario, tanto spesso, a utilizzare dello stesso attore il volto e la voce. Limportante che il personaggio
abbia una voce che lo renda ancor pi espressivo. Per me il
doppiaggio indispensabile, unoperazione musicale con la
quale rinforzo il significato delle figure. N mi serve la presa
diretta. Molti rumori della presa diretta sono inutili. Nei miei
film, per esempio, i passi non si sentono quasi mai. Ci sono dei
rumori che lo spettatore aggiunge con un suo udito mentale,
non c bisogno di sottolinearli: anzi, se li sente veramente,
disturbano. Ecco perch la colonna sonora un lavoro da fare
a parte, dopo tutto il resto, insieme alla musica42.
5 Il doppiaggese
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43. Tra gli oppositori al doppiaggio della seconda generazione ricordiamo almeno
PASOLINI (1972/1991: 266): Limmagine e la parola, nel cinema, sono una cosa sola: un
topos []. [I] film, specialmente in Italia, per via [] del doppiaggio, sono sempre parlati male: e il tuono una specie di rigurgito o di sbadiglio che zoppica dietro al lampo
[]. In realt il fenomeno del lampo e del tuono un fenomeno atmosferico unico: il
cinema cio audiovisivo.
44. Cfr. JACQUIER (1995: 265). Sulluso dei sottotitoli (peraltro compendiari e
semplificati rispetto alloriginale) e in generale sulla presenza della parola scritta e tradotta nel film sonoro cfr. RAFFAELLI (2001: 891892) e quanto detto supra, 2.2.1.
Sugli inevitabili vincoli di durata e di lunghezza imposti ai sottotitoli, HATIM/MASON
(2000: 430) avvertono: These are physical constraints of available space (generally up
to 33, or in some cases 40 keyboard spaces per line; no more than two lines on screen)
and the pace of the soundtrack dialogue (titles may remain on screen for a minimum of
two and a maximum of seven seconds). Sullimpoverimento delloriginale procurato
dai sottotitoli cfr. PAOLINELLI/DI FORTUNATO (2005: 3641). Alle prassi alternative al
doppiaggio (sottotitoli e voice over) sono dedicati i saggi contenuti in HEISS/BOLLETTIERI BOSINELLI (1996: 281338) e in BOLLETTIERI BOSINELLI/HEISS/SOFFRITTI/BERNARDINI
(2000: 111181).
45. COVERI (1995b: 45). Sottolineare (o quantomeno non tentare di dissimulare) la
falsit del doppiaggio (e dunque utilizzare una lingua antirealistica, non marcata in
alcun modo, asettica o aculturale, come efficacemente chiamata da GATTA 2000: 103) ,
per taluni, lunico modo per non renderlo ridicolo e sleale: Il primo falso in doppiaggio
loriginale stesso. Il cinema, infatti, nato come immagine e solo a un certo punto si
messo a parlare, cosa che non appartiene alle ombre cinesi di cui il cinema, in fondo,
uno sviluppo tecnico. Sembrer strano ma il testo doppiato, fin quando mantiene la sua
alterit nei confronti del testo originale, dichiara una sua valenza innovativa, cio si integra nellopera darte, presentandola sotto una forma duplice; prima ti offre loriginale,
poi ti offre il dubbio che quello che tu senti sia qualche cosa di diverso rispetto allopera
primaria. [] il doppiaggio un falso perch non assolutamente loriginale, anche se
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Il linguaggio cinematografico
5.1.4. Ma vediamo ora, prima di passare allanalisi linguistica di lacerti filmici, come avviene, in sintesi, la realizzazione
del doppiaggio. Abbiamo gi detto, nel 1.2, che la traduzione
di primo grado, per dir cos, dei dialoghi (quella, insomma, eseguita soltanto sulla base della trascrizione del parlato originale,
senza necessariamente tener conto delle immagini) passa nelle
mani delladattatore dialoghista (o dialoghista adattatore:
sostanziale, e non meramente formale, la doppia etichetta), scelto o dalla societ di distribuzione o da quella di doppiaggio cui
la prima ha gi affidato la lavorazione del film. A costui spetta
non soltanto il compito di avvicinare le nuove battute il pi possibile ai movimenti labiali degli attori, ma soprattutto quello di
rendere i dialoghi credibili, scorrevoli, come se fossero stati
scritti e recitati direttamente nella lingua di arrivo senza far sentire il tramite della lingua di partenza. ladattatore il responsabile unico del nuovo testo, di cui in parte nuovo autore (donde
la denominazione di dialoghista). Oneri e onori di tale compito
gli sono ormai riconosciuti anche dalla legislazione vigente sul
diritto dautore, che fa esplicito riferimento alladattatoredialoghista (cos definendolo dal 1993, mentre prima si parlava,
genericamente e riduttivamente, di traduttore per il cinema)
mentre tace sulla figura del traduttore vero e proprio (inteso
uguale. Per il doppiaggio, per sua natura, deve essere falso per risultare vero. Perch
se tenta di essere vero, allora appare in tutta la sua modestia, in tutta la sua povert.
Cosa significa questo? Che il doppiaggio deve rispettare prima di tutto la propria falsit,
deve essere assolutamente falso, a parte determinati limiti tecnici come la lunghezza
delle battute anche questo limite, tuttavia, pu essere trascurato []. Perch il falso,
purtroppo, non porta con s la figura del doppio, ma porta con s, legato al guinzaglio,
limbecille che ci ha creduto. Ecco perch nel momento di trasparenza, quando si fa
qualche cosa che non loriginale dobbiamo sempre far sapere che non loriginale
(LIONELLO 1994: 46, 50). Tuttora esemplare, per il rapporto vero/falso nel cinema sonoro postsincronizzato, Cantando sotto la pioggia (Singin in the Rain), 1952, di Stanley
Donen e Gene Kelly, il cui doppiaggio, tra laltro, mantiene i gustosi errori delloriginale: babbalea per babbea, spregiudizievole e dalaterio per spregiudicato e deleterio, pirografo per paragrafo, deto per data, musichevole per musicale, confermia per conferma,
entusiasta per entusiastica, monotoniche per monotone, etc.: tutto concorre a ritrarre,
con una comicit ancora irresistibile, la confusione babelica del tormentato passaggio
dal muto al sonoro al doppiato.
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lavorazione imposta dalla committenza) sulla qualit. Inoltre importante tener conto
delle sottoripartizioni delle singole componenti del macrotesto audiovisivo: il dialogo,
per esempio, solo una delle componenti certo non la pi marginale, certo la pi
peculiare dellimmagine sonora del film. Immagine sonora che fatta s di parole,
ma anche di fonemi, di rumori, di musica. In altri termini il film, pi che parlare, suona
(GALASSI 1996: 411).
54. Sui due diversi tipi di traduzione (ovvero sulle abitudini socioculturali della
domestication, localization o addomesticamento e della foreignization o estraniamento,
cruciali nella traduttologia degli ultimi anni soprattutto ad opera di Lawrence Venuti)
cfr. almeno VENUTI (1998: 154155) e (1995/1999: IIV, 47, 141199 et passim); DENTON (1999: 10) e (2000); GALASSI (1999); ULRYCH (2000).
55. MEGALE (1995: 293).
56. Dallintervista di Francesca Palermo a Gianni G. Galassi in PALERMO (2005:
132133).
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60. quanto accade, per esempio, in Nata ieri (Born Yesterday), 1950, di George
Cukor, film tutto giocato, metalinguisticamente, sugli errori grossolani degli ignorantissimi protagonisti Harry e Billie (dalla doppia negazione ai fraintendimenti, dalla deformazione lessicale alle infrazioni della morfologia verbale, dai gergalismi ai popolarismi), sistematicamente raddrizzati nel doppiaggio decisamente formale, come illustrato
in ROSSI (1999a: 289897). Oggi si tende sempre pi spesso a riprodurre gli errori
(voluti) delloriginale nelladattamento italiano, come accade, per esempio, nel remake
di Nata ieri (Born Yesterday), 1993, di Luis Mandoki, e, molto pi fedelmente e coerentemente, in The Terminal, 2004, di Steven Spielberg, film interamente basato sul progressivo (in verit troppo veloce per essere credibile, gi nelloriginale) apprendimento
linguistico del russo Tom Hanks.
61. Cfr. almeno BRUNETTA (1991: 408) e FINK (1994: 35).
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raggiunto dal doppiaggio si mostrer assai presto come lo strumento pi congeniale al dialogo filmico: la lingua di Catene, ma
anche di tanta Commedia allitaliana, in questo senso emblematica, come risulta dai 4.2.2, 6.1.1, 6.3. La crisi economica
del cinema dellultimo trentennio, inoltre, induce molti registi
a girare, per opportunit commerciale, i film in edizione inglese, e a offrire cos al mercato nazionale un parlato italiano succedaneo, che inevitabilmente risulta di solito imbastardito dalla
doppiatura (si veda, tra i non recenti esempi illustri, Ultimo
tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, 1973)66.
5.2.2. Un utile strumento di verifica del tasso di formalit
degli adattamenti del primo decennio della storia del doppiaggio
fornito dalla riedizione di alcuni film, motivata, com noto,
dallo smarrimento o dal deterioramento della colonna sonora
della prima versione sincronizzata, non certo dallesigenza di un
aggiornamento linguistico. Non mancano, cionondimeno, esempi pi o meno riusciti di rinnovamento stilistico. Il secondo doppiaggio (1980) di Furia (Fury), 1936, di Fritz Lang, presenta
numerosi e apprezzabili tentativi di un coerente aggiornamento
lessicale e sintattico (si noti soprattutto il passaggio dal Voi al
Tu o al Lei, gi auspicato da alcuni critici dellepoca67, lo svecchiamento degli insulti e il passaggio da una sintassi legata a
una segmentata, pi vicina al parlato):
66. RAFFAELLI (1994a: 283). Se, per la produzione pi vicina a noi o per i film italiani dichiaratamente realistici, persuade la considerazione di PAVESI (1994: 131: sembra [] che i poliziotti dei film americani non parlino come i poliziotti dei nostri film,
gli innamorati o i genitori e i figli neppure), per il passato e per i dialoghi italiani pi
impettiti ha ragione MARASCHIO (1982: 147), secondo cui gli innamorati [dei film stranieri doppiati] tendono a parlare come la maggior parte degli innamorati dei nostri film,
i genitori anche, i poliziotti anche e cos via. Ma, se questa per Maraschio era la prova
del positivo svecchiamento operato dai dialoghi filmici italiani su quelli doppiati, per
noi, di contro, linfluenza da leggersi nella direzione opposta. Di influenza del doppiaggese sullitaliano teleschermico (e conseguentemente anche filmico) parla GATTA
(2000).
67. Tra gli altri, lAllodoli e il Patuelli [ Antologia critica, 4.I e 12].
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riadattato in:
POLIZIOTTO: Ferma il motore, amico, metti le mani sul volante.
JOHN: Che cos, una rapina?
POLIZIOTTO: Te la stavi filando a tutta birra, a quanto pare. []
POLIZIOTTO: Su con le mani, non fare il furbo!
JOHN: Ma io non ho nessunarma68.
UOMO: Avete forse intenzione di proteggere quel furfante?
SCERIFFO: piuttosto comico che tu, malandrino, mi richiami
al rispetto della legge
riadattato in:
UOMO: Cosa cerca di fare? Proteggere quel verme?
SCERIFFO: il colmo che tu, scarafaggio, venga ad insegnare a
me il mio mestiere69.
Vorrei sapere se suo marito le ha telefonato. Oh, voglio sapere qualcosa!
riadattato in:
Non che suo marito le ha telefonato, che sa qualcosa?70.
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Il linguaggio cinematografico
71. Il primo doppiaggio fu eseguito dalla Fono Roma e dalla CDC, adattamento a
cura di Roberto De Leonardis, direzione del doppiaggio di Giulio Panicali. Come al
solito, per lepoca, il nome dei doppiatori non specificato nei titoli del film. Il secondo
doppiaggio, ad opera della SEFIT e della CDC, diretto da Francesco Vairano e adattato
da Roberto De Leonardis (ma, come vedremo, alladattamento originale sono state
apportate alcune modificazioni), vede come protagonisti: Margherita Buy (Lilli), Claudio Amendola (Biagio), Marco Columbro (Whisky), Massimo Rossi (Gianni), Nancy
Brilli (i gatti siamesi e Gilda) e altri. Quasi soltanto nel genere danimazione un film
pu essere ridoppiato per cause diverse dallo smarrimento della colonna sonora originale (cfr. MARASCHIO 1982: 150; COMUZIO 1993: 11).
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I DOPPIAGGIO:
Siam siam siam del Siam/ siam siamesi// Siam flatelli ma non
siamesi// Questa nuova casa ispezional dobbiam// Se ci galba
folse un pezzo ci lestiam// Tu lo vedi in quella palla un pesciolin? S// Lhanno messo sotto vetlo/ povelin// Ola noi lo libeliamo/ ed eziandio/ ci giochiamo a testa e coda/ tu ed io// Senti
quel piagnucolio? C un pupo l// Chiss quanto latte in gilo
ci sal// Nella culla celto un po ne tlovelem// E un bel planzettin/ insieme ci falem//.
II DOPPIAGGIO:
Siam siam siam del Siam/ siam siamesi// Siam gemelli monosiamesi// Questa casa ispezionale noi dovlemo// Se ci piace
molto a lungo lestelemo// Tu lo vedi in quella palla un pesciolino? S// Lhanno messo sotto vetlo/ povelino// Ola noi lo libeliamo/ e sai che festa// Ci mangiamo io la coda/ e tu la testa//
Senti quel piagnucolio? C un pupo l// Chiss quanto latte in
gilo ci sal// Nella culla celto un po ne tlovelemo// E un bel
planzettino/ insieme ci falemo//.
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Hes a tramp/ but they love him// Breaks a new heart every
day// Hes a tramp/ they adore him/ and I only hope hell stay
that way// Hes a tramp/ hes a scoundrel/ hes a rounder/ hes a
cad/ hes a tramp/ but I love him/ yes/ even I have got it pretty
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bad// You can never tell when hell show up// He gives you
plenty of trouble// I guess hes just a nocount pup// But I wish
that he were double// Hes a tramp// If hes a tramp hes a good
one/ and I wish that I could travel his way/ wish that I could
travel his way/ wish that I could travel his way//.
I DOPPIAGGIO:
un briccon/ giramondo// Spezza un cuore/ ogni d// spaccon/ vagabondo// Ma io spero che rimanga cos// un briccon/
un randagio/ malvagio/ un tesor/ un birbon/ ma ladoro/
s/ beh/ persino mi ha spezzato il cuor// Non si pu mai dir
quel che far/ per sar qualche guaio// un fannullone/ lo si
sa/ ma vorrei averne un paio// un briccon/ vagabondo/ e peggior di lui non c// Ma io darei mezzo mondo/ per poter vagabondare con lui/ per vagabondare con lui/ per vagabondare con
lui//.
II DOPPIAGGIO:
un briccone/ giramondo// Spezza un cuore/ ogni d// spaccone/ vagabondo// Ma io spero che rimanga cos// un briccone/ un randagio/ malvagio/ un tesoro/ un birbone/ ma
ladoro/ anche se lui mi ha spezzato il cuor// Non si pu mai
dire quel che far/ per sar qualche guaio// un fannullone/
lo si sa/ ma vorrei averne un paio// un briccone/ vagabondo/
e peggiore di lui non c// Ma io darei mezzo mondo/ per poter
vagabondare con lui/ per vagabondare con lui/ per vagabondare con lui//.
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(vedi subito sotto), diventa Whisky (ma sarebbe stato pi appropriato, anche se forse meno noto ai pi, Scotch, a questo punto)
nel doppiaggio, dove si perde ogni altro riferimento alla Scozia
se non nellallusione alla nota bevanda in voga in quel paese.
Tornando alle canzoni di Lilli e il vagabondo, anche il brano
portante del film subisce lo stesso innalzamento diafasico (dalloriginale al doppiaggio) e la riduzione (stavolta non leliminazione) dellapocope (dal primo al secondo adattamento):
ORIGINALE:
This is the night/ its a beautiful night/ and they call it bella
notte// Look at the skies/ they have stars in their eyes/ on this
lovely bella notte// [] This is the night/ and the heavens are
right/ on this lovely bella notte/ on this lovely bella notte//.
I DOPPIAGGIO:
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77. Cfr. GALASSI (1994: 64). Senza considerare qui che la battuta deve adattarsi a
tutta la mimica facciale, anzi direi allintera corporeit dellattore, non certo soltanto ai
movimenti labiali, per essere accettata come credibile dallo spettatore. PAOLINELLI/DI
FORTUNATO (2005: 6768), oltrech di sincrono labiale, parlano dellimportanza di
sincrono gestuale (il rispetto dei movimenti del corpo, in funzione dei quali decidere
cosa far dire allattore), sincrono lineare (il rispetto della lunghezza, della durata
della frase originale), sincrono ritmico: o isocronico, il pi importante, lunico
che va rispettato anche quando lattore si trova fuori campo. il cosiddetto ritmo interno della frase, composto da pi elementi: la struttura morfosintattica della lingua originale, la velocit di recitazione, il timbro impresso alla frase dellattore, che condizionato dalla situazione e dal luogo dove si svolge la scena, il senso.
78. LICARI/GALASSI (1994: 160).
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81. Il pessimo rapporto degli italiani con le lingue straniere (concausa del quale
sar anche la pratica del doppiaggio) ci confermata da numerosi errori di pronuncia
nei film doppiati fino a qualche decennio fa. Particolarmente frequente, tra laltro, la
pronuncia, cos com scritto, del toponimo San Francisco (per es. nella Fuga [Dark
Passage], 1947, di Delmer Daves, e in Eva contro [Eva All About Eve], 1950, di Joseph
L. Mankiewicz). Si ricordi anche il Liverpl detto in Prigionieri del passato [Random
Harvest], 1942, di Mervyn LeRoy. Altri casi in MENARINI (1955: 187188).
82. Dallintervista di Francesca Palermo a Gianni G. Galassi in PALERMO (2005:
128129).
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Il linguaggio cinematografico
Come adattare questo brillante gioco iconicoverbale? Solitamente i giochi di parole vengono radicalmente sostituiti con
altri di pari carica comica, ma in questo caso limmagine della
foca ancorava irrimediabilmente al testo. Lidea fulminante
venne alladattatore Sergio Jacquier, il quale risol[s]e la battuta
con un geniale: Focalizziamo!85. Un altro esempio felicissimo, sempre dalla penna generosa di Sergio Jacquier, il gioco
di paronomasia di Frankenstein junior (Young Frankenstein),
1974, di Mel Brooks: werewolf there castle (dove la prima
parte di werewolf lupo mannaro paronima di where dove)
adattato in: lupo ulul castello ulul, coerente tanto con la
mimica indessicale e il percettibile ululato di un lupo, quanto
con la carica umoristica del contesto originale.
5.2.4. Oltre allinnalzamento diafasico rispetto alla fonte (su
cui si torner), altri tratti tipici della lingua doppiata dei primordi erano, e sono rimasti tuttora, la bassa frequenza di sporcature,
sfrangiature, false partenze [ Glossario, FALSA PARTENZA],
sovrapposizioni dialogiche, interruzioni. come se i realizzato-
5 Il doppiaggese
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ri della versione postsincronizzata del film tendessero ad azzerare le anomalie del parlato in situazione, vale a dire tutti quegli
elementi che ne compromettono la perfetta intelligibilit. Ma
sono proprio quegli elementi a rendere il parlato realistico e
distante dallo scritto, anche se, appunto per questo, sono difficilmente riproducibili in uno studio di doppiaggio: per esempio,
per ottenere una buona sovrapposizione dialogica occorrerebbe
far recitare insieme pi interlocutori, mentre la prassi del doppiaggio consiste nel separare il pi possibile i turni di lavorazione, in modo da convocare i singoli attori per doppiare, nel minor
tempo possibile, tutte le scene che li riguardano. Uneccezione
costituita talora dalle scene di brusio, che dovrebbero essere tra
le pi realistiche del doppiaggio di un film. Purtroppo, per,
vuoi per risparmiare su qualche minuto in meno di lavoro, vuoi
per lerrata convinzione che il pubblico non se ne accorga, talvolta sono proprio queste le uniche scene, insieme ad alcuni
brani di parlato radiotelevisivo inseriti nel film, a non essere
doppiate e dunque a rimanere del tutto decontestualizzate86.
Sembra specifica del testo filmico (differentemente da quelli
parlato e scritto), segnatamente di quello doppiato, la ridondanza
di vocativi (sia nellallocuzione lessicale, vale a dire la presenza
di nomi propri o comuni usati in funzione allocutiva, sia in quella pronominale). La funzione delliterazione del nome proprio
quella di mantenere nella versione doppiata il nome che compare nelloriginale (difficilmente sostituibile [] per ragioni di sincronismo labiale)87. Si travasa dunque in italiano una peculiarit
dellinglese, trascurando il fatto che la ripetizione del nome di
battesimo spesso comunica in italiano un eccessivo calore ed una
maggiore familiarit rispetto a quanto probabilmente inteso nelloriginale inglese o americano88.
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Il linguaggio cinematografico
89. Esattamente lopposto, per quanto riguarda titolo + nome, di quanto accade in
inglese (cfr. ULRYCH 1996: 147), che dunque, anche in questo caso, il doppiaggese si
limita a ricalcare goffamente.
90. MENARINI (1955: 186).
91. A proposito della resa indebita di you inglese con tu italiano, PAVESI (1994:
141) osserva puntualmente: Non forse vero che tutti associano agli americani una
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italiano e straniero. Altre parole inequivocabilmente ricondotte dagli spettatori pi attenti alla tradizione del doppiaggio (sebbene nate altrove), che le ha usurate, sono:
bambola, pupa, sgualdrina e lolofrastico affermativo gi (yeah). Il doppiaggio degli
ultimi anni tende a sottrarsi a certi stereotipi, come si pu vedere dalleliminazione di
buddy e mate compagno, amico negli esempi seguenti: Excuse me, buddy adattato
in: Scusi, le dispiace? (peraltro diafasicamente innalzato rispetto alloriginale);
Sorry, buddy adattato in: Scusa (The Terminal, 2004, di Steven Spielberg [PALERMO
2005: 103]); Marcus, wheres the phone? Wheres the phone, mate? adattato in:
Marcus, dov il telefono? Dov il telefono Marcus? (About a Boy, 2002, di Paul e
Chris Weitz [PALERMO 2005: 109]).
94. MENARINI (1955: 155).
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95. Dai calchi del doppiaggio metteva in guardia gi il Patuelli nel 1936 [ Antologia critica, 12]. Cfr. inoltre almeno MENARINI (1955: 153155, 185188); MARASCHIO (1982: 149150); PAVESI (1994: 137138); ROSSI (2000). Tra i calchi precocemente entrati nelluso comune grazie al doppiaggio, Raffaelli ricorda mani in alto! (hands
up!), registrato gi dal Panzini nel 1935 (cfr. PANZINI 1905/1942, s.v. hands up! e RAFFAELLI 2001: 900 n. 94) e attestato in italiano gi almeno dal 1914, secondo la testimonianza riportata da RAFFAELLI (1992: 247 n. 45).
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123. Gli adattatori moderni sono solitamente molto pi attenti su questo fronte: 2
ounces of meat, a 6pound ham e 1/4 lb of bacon sono stati rispettivamente adattati in: 100 grammi di carne, un prosciutto di 3 chili e 2 etti di bacon, in 84 Charing Cross Road, 1986, di David Hugh Jones (BOVINELLI/GALLINI 1994: 92). Mentre
accettato che la valuta rimanga quella del Paese di origine, e sarebbe impensabile tradurre al cambio corrente somme in dollari, il discorso diverso per i pesi, le lunghezze
ecc., in cui necessario valutare se lo spettatore sia in grado di fare al volo lequazione,
senza distrarsi dalla comprensione e dal coinvolgimento nella vicenda che il doppiaggio
vuole favorire. Non quindi un abuso, a nostro parere, tradurre le libbre in etti e le
miglia in chilometri, in quanto quello che si perde in localizzazione lo si recupera in
comprensione (PAOLINELLI/DI FORTUNATO 2005: 77).
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Il linguaggio cinematografico
Ancora nel 1979 vengono sostituiti o eliminati nomi di personaggi in realt ben conosciuti anche dallo spettatore italiano
medio: When it comes to relationship, Im the winner of the
August Strindberg Award adattato in: Quando si tratta di rapporti con le donne io sono il vincitore del premio Sigmund
Freud; This is shaping up like a Nol Coward play. Somebody
should go make martinis adattato in: Sta diventando un film
commedia anni 50. Qualcuno dovrebbe cominciare a servire
dei Martini124.
Nei casi di bilinguismo presenti nella colonna sonora originale, le glosse esplicative vengono di norma eliminate dal doppiaggio. [SIGNORA:] (a proposito di sua sorella) She stole a
man from me// Sha preso il mio uomo// [] Shes going back
to Sicily// Ritorna in Sicilia// adattato in: Io ero fidanzata con
un uomo del mio paese/ e lei mi prese il mio uomo// [] E ora
in volo per la Sicilia/ // In Sicilia/ ritorna//125.
Quanto nelloriginale era semplice traduzione dallitaliano
(o dal dialetto) allinglese, diventa semplice ripetizione o riformulazione (spesso non giustificata, come incongruo sembra lo
sguardo interlocutorio dellascoltatore che non capisce il primo
enunciato straniero) nel doppiaggio: Pisc nee mane// Pipi in
your hands []// A pisciazza/ faci i caddi duri// Makes calls
hard// Makes the root hard// adattato in: Piscia intee mano//
Sta tranquillo/ non te fa male! Piscia intee mano! [] La pisciazza/ fa i caddi duri// Fa duro il callo// Fa dura la radice//126.
Altre volte la glossa viene mantenuta nel doppiaggio, ma da
italiano/inglese si passa al bilinguismo dialetto/italiano, che
pu, dunque, giustificare la richiesta di spiegazione (magari per
semplice supponenza) da parte dellinterlocutore, come nel
seguente esempio tratto da Big Night, 1996, di Stanley Tucci e
Campbell Scott:
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adattato in:
PRIMO: Ce vo n bo chi de sale?
SECONDO: Scusa?
PRIMO: Manca di sale?
Qualunque riferimento alla lingua delloriginale viene solitamente cancellato nelladattamento: He asks to nuns to write
English. Hundreds letters adattato in: Lui chiesto a suore di
scrivere lettere. Centinaia di lettere; He doesnt speak English adattato in: Quel poveretto non capisce una parola;
Whats BH? In English Victor Navorski adattato in:
Che vuol dire BH? In suo alfabeto Victor Navorski127.
In effetti, le altre due soluzioni (tradurre English con inglese o
trasformarlo in italiano, pure praticate, in passato) sarebbero
parimenti stranianti per il pubblico nostrano, il quale in un caso
noterebbe la differenza tra litaliano parlato nel film e il riferimento allinglese e, nellaltro, non potrebbe fare a meno di sorridere nel constatare il riferimento allitaliano in un contesto
integralmente straniero, come gi ricordato a proposito di Lilli e
il vagabondo.
5.2.8. Un altro fenomeno proprio delladattamento filmico
consiste nella cosiddetta pratica dello spostamento, che ha la
funzione di riequilibrare la connotazione stilistica e il colore
sociolinguistico dellintero film. Se, per questioni di intraducibilit, di sincronismo labiale o di aggancio con il codice iconico,
non possibile rendere certe espressioni in italiano nel momento in cui vengono dette nelloriginale, si fa in modo di introdurre espressioni analoghe, o quantomeno di cifra stilistica simile,
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Il disvelamento (o, se si preferisce, la naturalizzazione) delloriginale a favore del pubblico nostrano viene perseguito talo128. GALASSI (1994: 67).
129. LICARI/GALASSI (1994: 159).
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il frame arredamento lezioso e atmosfera ostentatamente ospitale sia pi familiare per il pubblico di partenza che per quello
di arrivo. Questultimo, tuttavia, da anni ormai ha ben presente
il significante, oltrech il significato, utilizzato nelloriginale,
che avrebbe potuto quindi tranquillamente essere assunto senza
alcuna traduzione, come del resto avviene abitualmente nellitaliano comune (che ha accolto ormai anche lacronimo B&B).
132. Tra i numerosi esempi possibili, Lamazzone mascherata (Riders of the Purple Sage), 1931, di Hamilton MacFadden, con inflessioni tra il romanesco e il napoletano (cfr. RAFFAELLI 1992: 83).
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133. Nel cinema [] qualche volta il doppiatore deve sapere sparire e lasciare le
cose come stanno []. NellUomo di Aran poema cinematografico di fragore oceanico, di cupezza nordica, nelledizione italiana cerano certe interruzioni di pescatori in
dialetto che parevano e volevano forse essere napoletano, e sciupavano ogni nostra commozione davanti a quella barbarie desolata di natura che non doveva essere richiamata a
visioni solari e serene, in quel momento (ALLODOLI 1937: 8) [ Antologia critica,
4.I]. Analogamente Paolo Uccello, nella recensione a Fortunale sulla scogliera (Cape
Forlorn), 1931, di Ewald Andr Dupont (I Film, in Bianco e nero, I, 12, 1937, pp.
107109: 109): I marinai che, allarrivo di Eileen, nel faro, ne criticano la maniera di
suonare e poco dopo ne intuiscono il passato di ballerina, hanno un accento lievemente
toscaneggiante che stona coi tipi dei marinai che si suppongono sperduti nel lontano
continente asiatico.
134. Cfr. MARASCHIO (1982: 146) e RAFFAELLI (1992: 8385) e (1996e: 28). COVERI (1984) ricorda inoltre il Bogart napoletanizzato del Mistero del falco (The Maltese
Falcon), 1941, di John Huston. Altri casi di film stranieri doppiati, almeno parzialmente,
in italiano regionale sono Solaris (Soljaris), 1972, di Andrej Tarkovskij (adattato da
Dacia Maraini e ignobilmente dimezzato dalla distribuzione italiana); Trash, i rifiuti di
New York (Trash), 1970 (ma uscito in Italia nel 1974), di Paul Morrissey (dialoghista e
direttore del doppiaggio Pasolini); La rivolta (Duvar), 1983, di Yilmaz Gney (citati da
COSULICH 1985: 49).
135. Un film del periodo, caratterizzato dallevidente inflessione straniera del doppiatore del protagonista maschile, Prigionieri del passato (Random Harvest), 1942, di
Mervyn LeRoy, film costellato, tra laltro, di goffi aulicismi: mi manderai in convulsioni; lagrime; ben vago conforto.
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Il linguaggio cinematografico
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ti e poi anche in quelli nostrani: diventer la lingua quasi esclusiva della mafia. La sua sostituzione in un film di animazione si
fa, dunque, praticamente obbligatoria.
In effetti, nonostante gli esempi isolati appena ricordati, il
dialetto, o meglio litaliano regionale, entrer stabilmente nel
doppiaggio italiano soltanto dopo il 1972, anno di uscita, per
lappunto, del Padrino (The Godfather), di Francis Ford Coppola (Figg. 3537). Linflessione siciliana, non pi limitata alle
comparse ma estesa ai protagonisti, diventa cos da allora il pi
evidente segnale di riconoscimento cinematografico degli italiani dAmerica, e in particolare dei mafiosi137. Soffermiamoci,
dunque, sulle soluzioni linguistiche di alcuni film di mafia, a
partire dalla celebre trilogia di Coppola (seguono il primo film
The Godfather, Part Two, 1974 e The Godfather, Part Three,
1990), tuttora modello indiscusso e citatissimo dei film malavitosi italiani e stranieri138. Il primo problema da risolvere, in film
come questi, nei quali litaliano entra a pieno titolo tra le lingue
della colonna sonora originale, consiste nel far rilevare, in sede
137. Sugli stereotipi degli italiani dAmerica visti da Hollywood cfr. almeno BON(1999) e (2004), CASELLA (1998) e ROSSI (2006b).
138. Bench il genere mafia movie sia di origine ben pi antica (The Black Hand:
True Story of a Recent Occurrence in the Italian Quarter of New York, 1906, di Wallace
McCutcheon: La Mano nera, come noto, la prima associazione malavitosa italoamericana.), Il padrino pu ben essere definito the Rosetta Stone of Mafia folklore
(BONDANELLA 2004: 306). Lo dimostra laumento considerevole dei soggetti mafiosi
dopo il primo film di Coppola (si calcolano approssimativamente 108 film americani
sulla mafia fino al Padrino, 314 dopo, secondo STELLA 2003: 186187) e la quantit
incredibile di citazioni di cui lopera tuttora oggetto, dai limoni nei film di Piva (cfr.
6.2.1), agli squali nel film di animazione Shark Tale, 2004, della DreamWorks (con tanto
di voce di De Niro e dialetto siciliano), alla pubblicit di una nota automobile, che
riprende palesemente lincontro di don Vito Corleone con i capifamiglia (nello spot si
parla anche di un Michael Cicci: un Willie Cicci compare nel Padrino I e II) del primo
Padrino. Alcune espressioni del film sono poi divenute proverbiali: da pezze novanta
(in siciliano anche nelloriginale) personaggio di spicco e, nel linguaggio della mafia,
uomo potente e temuto allinterno dellorganizzazione (cfr. GRADIT, s. v. pezzo1, dove
tuttavia non si fa menzione del film; allinizio lespressione designava il petardo pi
grosso fatto esplodere alla fine di uno spettacolo pirotecnico), a unofferta che non pu
rifiutare (an offer he can not refuse), e simili, che allude alla politica delle minacce e
dei ricatti in stile mafioso. Anche laccezione gergale di padrino, fatta risalire (dal GRADIT) al 1982, sembra propagata, o rivitalizzata, dal successo del film di Coppola.
DANELLA
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Il linguaggio cinematografico
139. I problemi della resa di idioletti, socioletti, etnoletti, regioletti e dialetti nelladattamento cinematografico sono affrontati da SALMON KOVARSKI (2000).
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Questo il doppiaggio:
MICHAEL: Fabrizio/ spiega che c un equivoco//
FABRIZIO: S signore//
MICHAEL: Io/ ecco/ mi dispiace che vi siate offeso//
FABRIZIO: Parlavamo senza malizia//
MICHAEL: Io sono forestiero qui//
FABRIZIO: in Sicilia che poco//
MICHAEL: E non mia abitudine provocare la gente senza
ragione//
FABRIZIO: Non volevamo mancare di rispetto n a voi n a
vostra figlia//
VITELLI: Ma cu i chistu? E chi voli i me figghia?
MICHAEL: Sono un americano/ sono nascosto qui//
FABRIZIO: un amico di amici/ capite//
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Il linguaggio cinematografico
La scena dimostra, ancora una volta, limpossibilit di scindere la componente iconica da quella verbale. Tutta la mimica
infatti inequivocabilmente legata alla traduzione simultanea,
con quel guardare, da parte di Calo e Vitelli, alternativamente
ora Michael ora Fabrizio. Inoltre lo stupore di Fabrizio e di Calo
di fronte alla richiesta di matrimonio di Michael, formulata in
inglese, si giustifica per via del fatto che soltanto loro lhanno
capita, non certo il padre della ragazza, finch non gli viene tradotta. Se nelloriginale lo spettatore non coglie alcuno scollamento tra immagini e parole, lo stesso non pu dirsi per la versione italiana140, dove Fabrizio, per rendere credibile la ripetizione delle battute da italiano a italiano tenta di dare a Vitelli,
140. [Q]uanti interpreti superflui che ripetono con dispendio mimico battute gi
capite! (RAFFAELLI 1991b: 99).
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po Ottoni: perch ormai il dialetto calabresesiciliano al cinema irrimediabilmente associato alla Mafia143.
Quello che rende un po meno distante dal parlatoparlato
lattuale doppiaggese, dunque, non tanto la presenza di regionalismi quanto lo stile recitativo dei doppiatori di oggi rispetto a
quelli di ieri. Il merito di aver rinnovato la tradizione spetta
soprattutto a Ferruccio Amendola, per anni doppiatore, tra laltro, di Hoffman, De Niro, Pacino (nel Padrino e in moltissimi
altri film), Stallone. Gi alla fine degli anni Sessanta, egli introdusse la recitazione cosiddetta buttata144, vale a dire trascurata, con impostazione meno impettita e pronuncia meno ossequiosa delle norme del DOP.
5.3.2. Come abbiamo gi in parte visto con lesempio del
Padrino, un altro problema rilevante per i realizzatori del doppiaggio quello del plurilinguismo, in particolar modo se una
delle lingue delloriginale litaliano. Abbiamo gi detto che, se
il contesto lo consente, litaliano passa a una variet regionale,
per meglio contrapporsi allitaliano standard usato come equivalente della lingua non marcata nella colonna sonora originale.
Altre volte, tuttavia, i realizzatori optano per la sostituzione dellitaliano con unaltra lingua. quanto accade in Un pesce di
nome Wanda (A Fish Called Wanda), 1988, di Charles Crichton.
Nelloriginale, la protagonista eponima si eccita ogniqualvolta
sente parlare italiano (con enunciati sempre mal costruiti e talora fuori contesto, quasi recuperati da un corso di italiano per
principianti); nel doppiaggio la lingua erogena diventa lo spagnolo, con opportuno adattamento dei frames culturali (anche se
lo stereotipo gastronomico regge pi sullitaliano che sullo spagnolo):
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WANDA: Fa la telefonata//
OTTO: Un momentito/ mi querida//
WANDA: No!
OTTO: Almuerzo//
WANDA: Niente spagnolo//
OTTO: Ol!
WANDA No! No!
OTTO: Para empezar/
WANDA: No!
OTTO: Dos ensaladas verdes con pimientos//
WANDA: No!
OTTO: Y Paella a la valenciana//
WANDA: No!
OTTO: Y chuleta de cordero
WANDA: Fa quella telefonata/ Otto// Sei davvero spagnolo?
OTTO: Seguro que s// Il mio nome Ocho// Significa Otto. Di
hasta luego a George//
WANDA: Addio George//
OTTO: (al telefono) Io quera hablar con la polica/ por favor//
WANDA: Otto!
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ORIGINALE:
WANDA: Archie?
ARCHIE: Hm?
WANDA: Do you speak Italian?
ARCHIE: I am Italian! Sono italiano in spirito! Ma ho esposato una donna che preferisce lavorare nel giardino a
far/ lamore passionato/ un sbaglio/ grande! But its
such an ugly language// What about Russian? (dopodich passa al russo, sortendo lo stesso effetto eccitante
su Wanda).
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DOPPIAGGIO:
WANDA: Archie?
ARCHIE: Hm?
WANDA: Tu parli spagnolo?
ARCHIE: Io soi espaol! Y con todo mi espirito// Pero soi casado con una mujer/ que le gusta mas trabajare nel jardn/
que a fere lamor// Y es un equivocacin grandsima! Ma
una lingua che non mi piace// Che ne diresti del/ russo?
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MIKE: Ma vogghiu ca
SOLLOZZO: Che ?
MICHAEL: Come se dice What I want (e seguita a parlare
in inglese perch non gli vengono le parole in italiano, per
lui seconda lingua e non prima come per suo padre).
DOPPIAGGIO:
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145. Oppure mediante la (ormai desueta) sostituzione dellinquadratura con unaltra, simile, ma con le scritte in italiano. Il cinema delle origini preferiva eliminare le
scritte di scena mediante il taglio dellintera inquadratura (cfr. RAFFAELLI 2001: 892).
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5.4. I titoli
A conclusione del capitolo, giover spendere qualche parola
sulla traduzione dei titoli dei film, spesso vituperata, da pubblico e critica, come eccessivamente quanto immotivatamente
infedele146. La traduzione del titolo di un film indubbiamente
meno problematica rispetto alladattamento dellopera filmica
nel suo complesso, giacch mancano i vincoli del sincronismo
labiale e, a parte qualche eccezione di virtuosismo grafico
(emblematica, di recente, la raffinatissima grafica dei titoli di
testa della Mala educacin, 2004, di Pedro Almodvar, che
forse anche per questo stato distribuito col titolo originale),
quelli dellinterazione tra codice iconico e codice verbale. Sussistono, daltra parte, evidenti vincoli pragmatici: il titolo, quale
carta di presentazione del film, esercita infatti una funzione di
richiamo per lo spettatore, al punto tale che nella sua traduzione il criterio dellefficacia comunicativa prevale su quello
della fedelt147.
Solo di rado il titolo tradotto letteralmente: la Casa di
distribuzione del film (essa, in effetti, e non il regista n il produttore, impone il titolo di esportazione) preferisce di solito
titoli ammiccanti e ritenuti per varie ragioni pi accattivanti delloriginale. Peraltro, talora la traduzione letterale non che un
calco con errori pi o meno grossolani: Les Quatrecent coups,
1959, di Franois Truffaut, fu tradotto in italiano con linsensato
I quattrocento colpi, laddove lespressione francese vale fare il
diavolo a quattro o essere uno scavezzacollo; La Chvre,
1981 (pi o meno il capro espiatorio), di Francis Veber, diventa in italiano La capra, che fa pensare a un ignorante, piuttosto
che a uno sbadato sfortunato come invece il protagonista del
film; The Big Heat, 1953, di Fritz Lang, diventa Il grande caldo:
Il titolo, tradotto alla lettera nelledizione italiana, in realt
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1. Cfr. in particolare, oltre agli insostituibili BRUNETTA (1991) e (1993, III e IV),
LIZZANI (1980) e MICCICH (1965), soprattutto GILI (1980), DAMICO (1985), NAPOLITANO (1986), CARPITELLA/DE MAURO/RAFFAELLI/NAPOLITANO (1986), DIADORI (1992),
COVERI (1994) e GIACOVELLI (1995). Sullorigine dellespressione commedia allitaliana cfr. CAMERINI (1986: 179180) e RAFFAELLI (1992: 116 n. 95). Data la fortuna dellespressione, continueremo a servircene, in luogo del meno marcato commedia italiana [ Glossario, COMMEDIA ALLITALIANA], oggi preferito dagli studiosi.
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In questo senso emblematico il plurilinguismo del film inaugurale della Commedia allitaliana, I soliti ignoti, 1958, di Monicelli; eccone i protagonisti: un napoletano, un siciliano, una veneta, un bolognese e due romani. Ovviamente la riuscita delloperazione trapianto dei germi neorealistici rosa nel filone comicogrottesco garantita dallottimo livello recitativo degli interpreti prediletti del genere (Gassman, in particolare, anche lui prestato dal teatro, spicca per lincredibile propensione al mimetismo regionale5 ed esordisce come attore comico proprio nei Soliti ignoti), oltrech dallabilit degli sceneggiatori, Age e Scarpelli
in testa. A dispetto della critica ufficiale, le risorse migliori, nel
cinema dagli anni Sessanta ad oggi e non ultima la capacit di
interpretare in tempo quasi reale, anche dal punto di vista linguistico, il tumultuoso passaggio epocale da una societ agricola ad
una postindustriale , sono state impiegate nei generi comici
piuttosto che in quelli drammatici, salvo eccezioni.
Tra le migliori commedie allitaliana si ricorda senza dubbio
Il sorpasso, 1962, di Dino Risi, soprattutto grazie allabilit di
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te la zanzara, 1967), polizieschi e spionistici. Come gi osservato a proposito di Catene, il livello culturale dei destinatari di
un film (ma anche di un romanzo) inversamente proporzionale
al tradizionalismo e alla formalit dei dialoghi. Per le produzioni pi impegnate, di carattere storico, dedicate perlopi agli
eventi della seconda guerra mondiale, si oscilla tra litaliano
standard di base (che tipico anche di altra produzione colta,
dai film di Visconti, La terra trema e Rocco e i suoi fratelli a
parte, a quelli di Antonioni, a quelli non romani di Pasolini,
etc.) e quello regionalmente colorito di alcuni personaggi. Dopo
qualche anno di latitanza, in seguito allinsuccesso di pubblico
delle opere neorealistiche, il nostro cinema torna infatti a interessarsi alla guerra e alla Resistenza: dal Generale Della
Rovere, 1959 a Era notte a Roma, 1960, di Rossellini; da Tutti a
casa, 1960, di Comencini alla Ciociara, 1960, di De Sica, a
Kap, sempre del 1960, di Gillo Pontecorvo, e tanti altri. Anche
quando saffrontano altre epoche e altre latitudini il riferimento
pi o meno indiretto sembra essere sempre alla realt
storicopolitica dellItalia contempornaea (Senso, 1954, di
Visconti; La battaglia di Algeri, 1966, di Pontecorvo, etc., quasi
tutti in italiano non connotato diatopicamente; tra le eccezioni,
La grande guerra, 1959, di Mario Monicelli, dove, protagonisti Sordi e Vittorio Gassman, circolava una mistione attendibile
di variet regionali ditaliano e di dialetti8, e i film di Luigi
Magni, in un romanesco in bilico tra i toni della storia, della
commedia e della farsaccia: Nellanno del Signore, 1969; La
Tosca, 1973; In nome del Papa Re, 1977; In nome del popolo
sovrano, 1990).
Stessa oscillazione nei film di impegno politico e militante,
ora pi spostati verso la regionalit (Indagine su un cittadino al
di sopra di ogni sospetto, 1970, La classe operaia va in Paradiso, 1971 e La propriet non pi un furto, 1973, di Elio Petri),
ora verso litaliano standard (pi numerosi, questi ultimi, dato
8.
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9. Cfr. Il bel volume Il trionfo del privato, RomaBari, Laterza, 1980, con saggi
di Ernesto Galli della Loggia, Marina Bianchi, Natalia Aspesi, Ugo Volli, Alfonso M. Di
Nola, Raffaele Simone, Nello Ajello.
10. BRUNETTA (1991: 456). Unanalisi dettagliata del film si ha in MICHELI (1994:
2330).
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13. Non a caso, verso la fine del film (Leclisse), Alain Delon chieder alla Vitti,
innervosito: Ecco/ tu non sai dire altro! Non lo so! Ma insomma/ perch vieni con me?
E non dirmi che non lo sai!.
14. Durante leclisse probabilmente si fermano anche i sentimenti, ebbe a dire
Antonioni (TINAZZI 1995: 18). Con ricercata simmetria, il film si apre, senza parole, con
leclisse del rapporto di coppia, e si conclude, sempre in silenzio, con le splendide
immagini delleclisse meteorologica.
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Ovviamente la Commedia allitaliana, nella sua (spesso qualunquistica) satira sulla cultura ufficiale, non potr non affinarsi le unghie sul criptico e intellettualissimo Antonioni. E
infatti, puntualmente, lo sbruffone Gassman confessa allinibito
Trintignant, nel brano del Sorpasso sopra citato, di essersi fatto
na bella pennichella alla proiezione dellEclisse. Se ne ricorder forse Fantozzi, nellimmortalare La corazzata Potmkin
(Bronenosec Potmkin), 1925, di Ejzenstejn, inflittagli dai superiori, come una cagata pazzesca (Il secondo tragico Fantozzi,
1976, di Luciano Salce).
La linea di Antonioni, almeno per quanto riguarda luso
intermittente della parola, seguita, in epoca recente, soprattutto da Marco Bellocchio, che in un caso si dedicato proprio al
fenomeno dellafasia (Il sogno della farfalla, 1994). La storia
della funzione dei silenzi al cinema (con illustri esempi stranieri, naturalmente, da Bergman ad Angelopoulos) sarebbe interessantissima ma ancora tutta da scrivere.
6.1.2. E veniamo ora ai dialetti e agli italiani regionali. Se
escludiamo legemonia romana (per la quale, basti la trascrizione di Poveri, ma belli sotto riportata, oltre ai titoli di volta in
volta citati) e, molto pi tenue almeno sul territorio nazionale,
quella napoletana (nella versione italianizzata proposta dai De
Filippo, Tot, De Sica, Loren e tanti altri, oppure in quella pi
dialettale dei film musicali e delle sceneggiate, raramente
apprezzate al Nord: fra le eccezioni, Guaglione, 1956, di Giorgio Simonelli, con Claudio Villa, qualche titolo con Mario
Merola e, pi recentemente, con Nino DAngelo), non sono
molte, fino a tutti gli anni Settanta, le variet regionali rappresentate con un certo realismo (bench nei registri prossimi allitaliano) e per uno spazio non limitato a singole macchiette di
contorno.
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19. Per le caratteristiche del siciliano cfr. ALFIERI (1992) e TROVATO (2002).
20. Didascalia iniziale di Placido Rizzotto, 2000, di Pasquale Scimeca. Il riferimento alla nota conclusiva di Conversazione in Sicilia, di Elio Vittorini (Milano, Bompiani,
1941): Ad evitare equivoci o fraintendimenti avverto che, come il protagonista di questa
Conversazione non autobiografico, cos la Sicilia che lo inquadra e accompagna solo
per avventura Sicilia; solo perch il nome Sicilia mi suona meglio del nome Persia o
Venezuela. Del resto immagino che tutti i manoscritti vengano trovati in una bottiglia.
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Volendo schematizzare luso del siciliano filmico, estendendo il discorso fino a oggi, possiamo individuare almeno quattro
filoni: 1) quello realistico (di solito presente nei film di denuncia tipo Mery per sempre, 1989 [Fig. 40] e Ragazzi fuori, 1990,
di Marco Risi, o lappena citato Placido Rizzotto, pi vicini al
dialetto puro in alcuni personaggi che allitaliano regionale); 2) quello attenuato (litaliano regionale sicilianeggiante fa
da contraltare a quello padaneggiante in Romanzo popolare,
1974, di Mario Monicelli e in Delitto damore, 1974, di Luigi
Comencini [Fig. 41]), che prevalentemente di matrice macchiettistica (dalle satire di Germi alle farse con la coppia FranchiIngrassia, entrambe caratterizzate da un italiano regionale
con tratti di forzatura e di innaturale italianizzazione: il siciliano
parlato dalla doppiatrice della Sandrelli o da Mastroianni, nei
film di Germi; litaliano di Franco e Ciccio, che di regionale ha
soltanto certe intonazioni e poche parole), oppure, di rado, epicizzante (Salvatore Giuliano, 1962, di Francesco Rosi); 3) quello espressionistico, per dir cos, proprio, per esempio, di certi
film della Wertmller (con volute esagerazioni e distorsioni,
soprattutto ad opera di Giancarlo Giannini: Mim metallurgico
ferito nellonore, 1972 [Fig. 42]21; Travolti da un insolito destino nellazzurro mare di agosto, 1974); 4) e infine quello doppiato dei mafiafilm americani (o italiani postsincronizzati), oscillanti tra usi annacquati, incongrui ed esasperati (gli esempi sono
nel 5.3.1). Un esempio recente di siciliano attenuato credibile
e non macchiettistico, perfettamente funzionale ai contenuti e
simbolicamente contrapposto (in quanto lingua della mafia)
allitaliano standard (lingua della ribellione e, in questo caso,
della legalit e della moralit) quello dei Cento passi, 2000, di
Marco Tullio Giordana: Peppino Impastato, ostentatamente ita-
21. In questo film forme bandiera del siciliano (ancorch esasperate nella pronuncia: figghio e bottana/ i!; rombere la minghia!; amuninni picciotti!; tu me fai
mrere tu mi fai morire) si alternano a pronunce francamente abnormi come fuora
fuori.
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lofono, rifiuta tanto il siciliano dei boss locali quanto lamericano (e litaloamericano) di quelli doltreoceano22.
Continuando la rassegna delle variet regionali meno fortunate, si pu citare il milanese di Ermanno Olmi (Il posto, 1961;
ma le variet padane ricorrono anche in molti altri film del regista: Il tempo si fermato, 1960; I fidanzati, 1963 [Fig. 43]; E
venne un uomo, 1965 riedito in versione italianizzata; Un
certo giorno, 1969, etc., fino ai Recuperanti e allAlbero degli
zoccoli, di cui si dir tra poco) e il torinese nei Compagni, 1963,
di Mario Monicelli, pi diastraticamente modulato e verosimile
il primo (Il posto, affettuoso schizzo linguistico della Milano
impiegatizia del tempo, dove la dialettalit ascendeva dal livello
popolare verso le variet diastratiche e diafasiche dellitaliano
popolare di citt e del contado, e senza soluzione di continuit
finiva con lincludere quello formalizzato fino al ridicolo della
burocrazia)23 del secondo (I compagni, ambientato in una fabbrica nellOttocento e quindi in un clima culturale che non giustifica luso della variet pi italianizzata). Dellemiliano e del
romagnolo, a parte Fellini, si ricorderanno quasi esclusivamente
i film di Pupi Avati: Una gita scolastica, 1983; Impiegati, 1984;
Noi tre, 1984; Festa di laurea, 1985, e altri24.
6.1.3. Un discorso a parte richiede la Toscana, su cui faremo
una breve sosta, motivata dalla recente e crescente popolarit di
questa regione sul grande schermo. Le variet toscane, a parte
qualche accento involontario nei primi film sonori e poco
altro25, sono tra le ultime ad essere riprodotte dal nostro cinema:
22. Un brano tratto dal film analizzato in A. ROSSI (2003: 116117).
23. RAFFAELLI (1996a: 331).
24. Sul dialetto romagnolo nel cinema, a partire dai primi film sonori fino agli
ultimi film di Fellini, ricchissimo di informazioni GORI (1997).
25. Per esempio, qualche film con il celebre comico e canzonettista fiorentino
Odoardo Spadaro (18951965; quello di La porti un bacione a Firenze, per intenderci).
Londata filodialettale inaugurata, tra i primi, da Alessandro Blasetti e poi rinvigorita dal
Neorealismo, come gi visto nel 4, lascer le variet toscane sullo sfondo. Nel blasettiano 1860, per esempio, abbiamo gi rilevato le imperfezioni presenti nella riproduzione del parlato toscano. Due altri esempi di film toscani sono citati da RAFFAELLI
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(1992: 9094): Acqua cheta, 1933, di Gero Zambuto, tratto da una commedia di Augusto Novelli film dominato da certa toscanit, peraltro assai attenuata, nellintonazione e nella profluvie di bono, di novo, di costrutti quali la ride, noi si mangia e Il
re dInghilterra non paga, 1941, di Giovacchino Forzano, film di propaganda politica
contro la perfida Albione e dai dialoghi toscaneggianti e trecenteschi.
26. NENCIONI (1983b: 3334). Per un approfondimento su questi temi cfr. GIACOMELLI (1975), POGGI SALANI (1997), BINAZZI (1992) e (1997) e ROSSI (1999e). Secondo
DE MAURO (1985: 57) Roberto Benigni riuscito laddove generazioni di linguisti hanno
fallito, dimostrando come il toscano sia un dialetto come tutti gli altri e, come tale,
possa risultare ostico al resto degli italiani.
27. Testimonianza raccolta da PARIGI (1988: 174). Simili constatazioni sullantipatia della parlata toscana al cinema si trovano in GIANNARELLI (1982, III). Queste considerazioni potranno essere facilmente estese anche per spiegare lesiguit di usi comici,
comunque ieri pi di oggi, dei dialetti settentrionali (le lingue del Nord sono avvertite
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come il codice del potere economico e politico), con qualche eccezione (da Renato Pozzetto a Paolo Rossi) soprattutto televisiva ed escludendo, come al solito, la leggera patina fonetica di molti personaggi di contorno.
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mantiene il proprio ostentato e inossidabile italiano senzaccento, Tognazzi e Moschin si sforzano (pur con scarsi risultati) di
mimare una pronuncia vagamente toscaneggiante. Come al solito, le comparse sono doppiate pi verosimilmente, come si pu
osservare nel brano seguente (spiccano numerose spirantizzazioni, ridondanza pronominale del tipo te tu, lessico regionale
si veda rimbischerito e giusta intonazione):
UOMO: (tentando invano di parcheggiare): E un centro/ via!
DONNA: Ma se shentra un tir/ shentra!
UOMO: E un cj ha sterzo/ hesta macchina!
DONNA: Ma che se rimbischerito/ oggi/ te? E che tu fai?
UOMO: Oh/ fo! E fo che un centro?! Sembra he shentri/ e
poi e un centro!
DONNA: Lo so io i che tu shha/ the! Te tu ti se mbriachato
ancoggi! Te tha ribevuto/ sai!
UOMO: Io?!
DONNA: Fammi sentire i ffiato/ fammi! Lo sento/ sa?! Hai
bevuto/ sai?! O tu un me la racconti giusta/ te/ sai?
UOMO: O fammi riprovare!
DONNA: Ma che riprovare?! Andiamo a casa/ andiamo! Forza/
ni! Andiamo/ forza/ via!
Dopo il primo Amici miei, spetta senzaltro a Roberto Benigni il merito di aver portato la parlata toscana al grande successo cinematografico e televisivo28 e ad aver cos infranto definitivamente il pregiudizio che voleva il toscano antipatico e anticomico. Il toscano di Benigni una variet pi rurale del fiorentino29: egli proviene infatti dalla provincia di Arezzo e ha origine contadina. La dialettalit dei primi film del Benigni attore
senzaltro superiore rispetto agli ultimi: come se il crescente
successo di pubblico (anche internazionale) e di critica avesse
prodotto una volontaria sprovincializzazione della lingua. In
effetti, in nessun altro film liperparlato di Benigni sembra rag-
28. DellEra Benigni, iniziata in televisione nel 1976, parla AMBROGI (1992).
29. La mia toscanit rurale, profondocontadina, dichiara lattore in PARIGI
(1988: 92).
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30. Di altra opinione PARIGI (1988: 3637), secondo la quale Benigni, consapevolmente, pi che ricercare il realismo dialettale, aderisce a quei depositi di cultura
contadina, in un certo senso universali, che ancora sopravvivono [] in ogni parlato
popolare []. Benigni sa benissimo che per riportare al senso questo sistema deve forzarlo, metterlo a nudo attraverso lesagerazione e la stilizzazione, deve superarne la
dimensione naturalistica e banale operando una sorta di sublimazione dal basso.
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originalit degli usi linguistici dei suoi dialoghi, i quali si caratterizzano, tra laltro, per linserimento pi o meno esteso di
brani in dialetto in un contesto italiano che, chiudendoli e quasi
comprimendoli in cornice, sembra attenuare e quasi annullare
la loro funzione comunicativa33. Dal parco uso di inserti o sfumature dialettali dei primi film (Lo sceicco bianco, 1952; I
vitelloni, 1953; La strada, 1954; pi marcato e realistico luso
del romanesco nelle Notti di Cabiria, 1957, con la consulenza
linguistica di Pasolini), si passa al pieno inscenamento del plurilinguismo, sia come cifra distintiva della realt romana34, sia,
soprattutto, come metafora (spesso di carattere onirico) dellinafferrabilit del reale e dellassenza di punti di riferimento,
come avviene con La dolce vita, 1960, in cui allitaliano e al
romanesco si alternano il napoletano, il veneto, il siciliano,
lumbro, litaliano deformato dagli stranieri (Ekberg), linglese,
il francese, lo spagnolo; e, in minor grado, con 8 e 1/2, 1963,
dove si riconoscono almeno romano, toscano, napoletano,
romagnolo, inflessioni settentrionali e straniere, inglese, francese e tedesco. Nei film successivi (soprattutto in Amarcord,
1973, ma gi in 8 e 1/2) il dialetto (autobiograficamente romagnolo) passa ad assumere una funzione quasi espressionisticoesoterica. la lingua ora del ricordo, del sogno, della
coscienza, come nella vecchia nonna rievocata in 8 e 1/2, intelligibile solo in minima parte:
Azidn dun azidn! La legna/ l tuta bagneda/ stan! Le
vagabn de gat/ l com vos non// El ciapa la port de chesa/ e
lal torn solamnt per magnr// Tet verggn! Vat/ a l! Oh!
Alultima volta/ aio sbatt la porta in tla fazaza// Ah ah! E lho
lass fora/ par du d// So che [] pot spusarme unaltra
volta// E a putia st sicura/ chalavria a truvr ben! Do! chi
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Ora la lingua dei diversi, delle voci fuori dal coro (lindemoniata Saraghina, sempre in 8 e 1/2).
Fin dal suo primo film, Fellini mostra uninsolita sensibilit
nella cura dei dialoghi. Nello Sceicco bianco, infatti, insieme
con Sordi, Antonioni e Flaiano, mette a punto una perfetta caricatura linguistica dellitaliano dei rotocalchi rosa, pieno di stereotipi fatti di arcaismi e poetismi inerziali e di sfondoni di italiano popolare:
DONNA: Che strano. Mi sembra di non essere pi io.
SCEICCO (Sordi): Quando vado in barca mi succede la stessa
cosa. Una strana amara felicit si impadronisce di tutto il
mio essere. Oh, er gabbiano. Er gabbiano. Caro gabbiano
[] Una felicit che proviene dal ricordo di una vita
posteriore. Anteriore. Posteriore o anteriore? Anteriore.
Quando chiss che eravamo noi due, forse io un pirata e
me sa che tu, una sirena.
DONNA: Che stupida, mi viene da piangere, eppure sono cos
felice. Sono pazza e felice, mi crede?
S CEICCO : Ma mettete a sede qui. Famme il favore. Vieni,
vieni36.
La repentina commutazione di codice lingua aulica/romanesco, divertente e realistica insieme, mostra tutta la doppiezza
cialtrona dello sceicco, che la stessa del suo idioma: pomposo
ufficialmente e rozzo non appena la sua incontenibile natura
ferina ha modo di emergere. Questa duplicit linguistica simboleggia il contrasto di due mondi,
quello della sciocca e vanitosa favola del fumetto e quello del
rione vero e volgare. Fernando Rivoli [ questo il nome dello
35. Per unaltra trascrizione di questo brano (e di altri) e per una sua traduzione in
italiano si rimanda a GORI (1997: 5658).
36. SORDI (2000: 250).
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sceicco] sta sospeso fra questi due mondi, dondolandosi sullaltalena, con le sue coscione, col suo sorriso fatuo e volgare,
con la sua vistosa e logora acconciatura da sceicco che gli
scivolata di traverso37.
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40. Cfr. MARASCHIO (1992: 154155 n. 11). La preferenza accordata da Fellini alla
postsincronizzazione piuttosto che alla presa diretta gi stata commentata nel 5.1.3.
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nonostante le apparenze, antirealistica. Le studiatissime sceneggiature felliniane (con limmancabile apporto di penne quali
quelle di Ennio Flaiano, Tullio Pinelli, Brunello Rondi, Tonino
Gruerra e altri) hanno ben rappresentato anche le ultime tendenze dellitaliano, favorendone a un tempo la rappresentazione e
la divulgazione. Prova ne sono i fortunati neologismi gi citati
nel 1.4.2: amarcord, bidone, dolcevita, paparazzo, vitellone.
Vari sono i brani e i fenomeni che illustrano la natura ancipite (realistica e simbolica, autobiografica ed espressionistica) dei
dialoghi felliniani. In 8 e 1/2, ad esempio, spicca luso frequente
di diminutivi (Senti Guido/ quella cosina che mi avevi promesso?; Ma contento contento/ o contentino?; ci sar pure
qualche localino anche nel nostro albergo/ no?; ti trovo un
po pallidino/ come mai?; neanche una piegolina; Stai buonino con quella borsetta/ me la rompi// Ci tengo tanto a quella
borsettina me lha regalata lui//; Orologino/ orologino/ orologino!; Come sei noiosina!) e di ideofoni fumettistici (sbac,
sgnac, sgulp, smac, smar, snor, squit, etc.), oltrech qualche
deformazione italoinglese (di Guido/Fellini: super tardon
super tardone, vecchio; Una crisi di ispirescion?; Cosa fai?
Anche tu mi rompi i coglions?). La funzione profonda ma evidente, oltre a quella ludicomimetica di identificare la superficialit di Carla (Sandra Milo), lamante di Guido, e la puerile
freschezza di questultimo (Marcello Mastroianni, alter ego di
Fellini), quella di far retrocedere (anche in senso onirico e psicanalitico) lespressione verbale ai suoi livelli pi infantili, primitivi e quasi pregrammaticali.
Analogamente si dica per le inflessioni regionali, per esempio in un brano come il seguente (sempre da 8 e 1/2):
GUIDO: Di dov/ lei?
EVA: (con accento smaccatamente romano) De Trieste! (Ride)
CESARINO: Evviva lItalia!
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Ma soprattutto nella rappresentazione della Babele linguistica del set cinematografico (il cinema, come il circo, sempre
per Fellini metafora del gioco di specchi della vita) che il realismo/simbolismo dei dialoghi felliniani raggiunge i suoi risultati
pi alti: lintersecarsi di voci e variet, di mittenti e destinatari,
getta lo spettatore in un completo disorientamento e, nel contempo, gli mostra, con una fedelt impressionante, il carosello
di richieste, suppliche, ordini, finzioni, convenevoli, etc. che
caratterizzano una giornata di lavoro a Cinecitt (bench la
scena seguente veda il regista Guido, alle prese con linizio
della lavorazione del suo ultimo film, nellalbergo di unimprecisata localit termale), con ladozione assolutamente realistica
di fenomeni dellitaliano regionale e delluso medio (dislocazioni, farfugliamenti, ripensamenti). E il tutto, ricordiamolo,
41. CRESTI (1982: 305309).
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idiomi oltre a quelli finora commentati. Per il pugliese possiamo ricordare I basilischi, 1963, di Lina Wertmller (oltre alle
celebri caratterizzazioni farsesche in alcuni film con Tot42 e
alle pi recenti e scialbe prestazioni di Lino Banfi), una sorta
di rivisitazione dei Vitelloni, dislocata dieci anni dopo in un
paese del Tavoliere delle Puglie43. Di una certa fortuna, a
livello popolare, ha goduto il pugliese comicamente deformato
dal milanese Diego Abatantuono (autonominatosi, fin dagli
esordi teatrali, il terrunciello) in una serie di trash movies in
voga negli anni Ottanta: I fichissimi, 1981, Eccezzziunale
veramente e Viuuulentemente mia, 1982, di Carlo Vanzina, i cui
titoli diventarono subito proverbiali44. Successivamente, ma
sempre a livelli di estrema italianizzazione (fino ai film di Alessandro Piva esclusi, sotto commentati), si ricordano la pronuncia pugliese di Sergio Rubini (attore e regista della Stazione,
1990) e di Michele Placido e altri (in Liberate i pesci, 2000, di
Cristina Comencini).
Per il sardo, lesempio pi celebre Padre padrone, 1977, di
Paolo e Vittorio Taviani, che tuttavia, rispetto allintensit della
trama, tutta retta sulla difficolt di integrazione anche linguistica del protagonista, adotta un italiano regionale del tutto comprensibile e non certo una delle variet alloglotte parlate in Sar-
42. Spicca Guglielmo Inglese, soprattutto nei panni del giardiniere nel celebre
duetto con Tot, in Tot a colori, 1952, di Steno e Monicelli.
43. BRUNETTA (1991: 529).
44. A conferma della nostalgia per il trash anni Ottanta, di questanno (2006)
Eccezzziunale veramente. Capitolo secondo me, scritto da Carlo ed Enrico Vanzina e
Diego Abatantuono, regia di Carlo Vanzina, con lo stesso Abatantuono. I fratelli Vanzina
(sui quali cfr. anche quanto gi detto nel 4.2.1, a proposito del turpiloquio filmico)
sono rimasti (insieme con Neri Parenti e pochissimi altri) quasi gli unici seguaci del film
di genere e continuano a perseguire il filone, ormai totalmente sclerotizzato, dei luoghi
comuni etnici e della corrispondenza mascheradialetto (Christian De Sica romanesco,
Boldi milanese, Abatantuono pugliese, etc.). Unitamente allinnegabile cattivo gusto di
fondo e alla risata facile, non si pu peraltro ignorare, in questi film, la stigmatizzazione
del rampantismo e della corruzione propri degli ultimi decenni, perseguita anche grazie
allinterpretazione di caratteristi di vaglia come Massimo Boldi, tra i principali artefici
del riscatto della variet lombarda come lingua della satira (a un livello superiore, per
quanto riguarda il teatro, non si dimentichi ovviamente lesempio di Paolo Rossi).
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45. ARISTARCO (1985: 29). Opposte reazioni ebbe il pubblico sardo alla proiezione
di Padre padrone, rimproverando ai registi di non essere stati abbastanza realistici e di
aver italianizzato eccessivamente i dialoghi (il padre del protagonista, Omero Antonutti,
tra laltro, nato a Udine; cfr. GIANNARELLI 1982, III). La risposta migliore a queste
accuse sembra quella di Paolo Taviani: il falso la verit dello spettacolo, una verit
superiore della realt (SETTI 2001: 145). Sulluso simbolico del dialetto nei Taviani cfr.
sempre SETTI (2001: 2526, 43, 79, 137 et passim). In particolare, unanalisi dettagliata
della lingua di Padre padrone stata condotta dalla stessa autrice alle pp. 107137.
46. CRESTI (1982: 299) osserva, tra laltro, come allinizio del film ci troviamo di
fronte, in maniera del tutto sorprendente, ad accenti meridionali abbastanza casuali, ma
soprattutto diversi per i vari fratelli (frutto, aggiungiamo noi, dellimperizia dei doppiatori).
47. Integrazione che non manca di suscitare lironia dei fratelli pi anziani: dice
Vincenzo (il fratello maggiore) al pi piccolo Ciro, incapace di completare un brindisi
in dialetto, verso la fine del film: E non ti vergogni? Non sai pi la lingua tua// Sei
diventato pi cittadino di Ginetta/ tu//.
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altri) pronuncia battute come sctete svegliati e un o saccio. Nel film trova spazio anche qualche lombardismo, per
esempio nellamico di Vincenzo, Armando: vieni avanti chel
fa fred// Ades te me spiegar cus te s vengh a f a stora
chi//. Anche in palestra si parla perlopi lombardo stretto.
Il celebre discorso di Rocco (Alain Delon) a Nadia ben
esemplifica litaliano con accento tutto cinematografico, con
deboli tratti locali48, vale a dire linnaturale ibridismo dialetto
(avessimo av i mezzi pe camp)/italiano regionale (Io
penzo che non riesco a trovarmi/ in una grande citt)/italiano
senza accento (L dove siamo nati/ dove siamo cresciuti) tipico del cinema del periodo (si noti anche linverosimile ricercatezza del congiuntivo in enunciati mistilingui: Ma penzo pure
ca non sia giusto/ che sia cos):
Io se avessi potuto rimanevo l// []// laggi/ al paese/
chavessimo av i mezzi pe camp meglio// L dove siamo
nati/ dove siamo cresciuti// Io penzo che non riesco a trovarmi/
in una grande citt// E questo pecch io/ non ci sono n nato/
n cresciuto// Parlo di me/ ma penzo pure/ ai miei parendi/ ai
fratelli/ ai paesani// Tandi riescono a/ abituarsi/ a ambientarsi
subbito// Peffino a prov li stessi desideri ca provano gli altri//
Io no// Ma penzo pure ca non sia giusto/ che sia cos// A me/
me piacerebbe/ desiderare nautomobbile/ per esempio// Ma
solo dopo av desiderato e ottenuto tutto quello che vene
prima// Voglio dire un lavoro sicuro/ fisso// Na casa// E la sicurezza dav da mangiare tutti i giorni// Forse non mi spiego
tanto bene//.
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Il linguaggio cinematografico
6.1.6. Come si evince dai titoli fin qui citati a proposito delle
variet regionali, oltre alla Commedia allitaliana va considerato
il cinema drammatico di denuncia, che favor linstaurarsi,
anche grazie a certa sua ripetitivit, di un parlato tipicamente
filmico51 (senza dimenticare, per, che il cinema comico,
nelle sue varie forme, a totalizzare gli incassi maggiori, da
almeno quarantanni). Tra i numerosi esempi, si ricordano Le
mani sulla citt, 1963, di Francesco Rosi, col suo napoletano
attenuato, e molti altri film di solido impegno civile (dello stesso Rosi e poi di Germi, Lizzani, Petri, Montaldo, etc.), quasi
51. RAFFAELLI (1996a: 334).
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52. Visconti si era adeguato ad un modello linguistico preesistente e antico; mentre Pasolini andato a cogliere, con la precisione del glottologo, lessemi e morfemi da
una particolare categoria di persone, li ha registrati, annotati e ristrutturati applicandoli
dapprima nei romanzi e successivamente nei film (DORIGO 1966: 51). Com ovvio, la
ricreazione del romanesco da parte del friulano Pasolini pi realistica nei film (grazie
alla viva voce di attori quali Franco Citti, Ninetto Davoli e altri) che nei romanzi (non
privi di oscillazioni e incongruenze inevitabili in un romanziere comunque interessato pi alla carica espressiva di certe forme che alla loro registrazione documentaria
per le quali cfr. SERIANNI 1996). Il romanesco sottoproletario di Pasolini si estremizzer
(soprattutto in direzione del turpiloquio) nei film del regista Sergio Citti (fratello dellattore Franco e consulente linguistico per i film romani di Pasolini): Ostia, 1970; Storie
scellerate, 1973 (Fig. 45); Casotto, 1977; Mortacci, 1989 e altri.
53. Le note reazioni di insofferenza mostrate dal pubblico settentrionale alluscita
di Accattone (cfr. VALLINI 1962) andranno inserite nel pi generale fenomeno della progressiva delegittimazione del prestigio della lingua di Roma analizzato da SERIANNI
(2002: 89109).
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59. Non questa la prima n lultima utilizzazione del dialetto (pi o meno integralmente riprodotto) da parte di Olmi: cfr. in particolare il film per la televisione I recuperanti, 1969 (in versione cinematografica nel 1975), in italiano regionale veneto (su cui
cfr. PRESA 1977), il gi citato Posto, 1961 (milanese) e altri. A proposito del veneto, se
ne rilever la complessiva svalutazione come macchietta di contorno, dopo i fasti cinematografici degli anni Trenta (cfr. 4.1.1). Qualche eccezione in RAFFAELLI (1992: 132).
60. Cfr. COSULICH (1985: 47).
61. RAFFAELLI (1992: 141 n. 123).
62. RAFFAELLI (1992: 142).
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tati nei loro tratti pi duri (il trucco e le occhiaie delle prostitute).
Del resto i (rari) film di ambientazione postribolare si prestano,
un po come quelli militari, alla rassegna plurilingue: lavevano
gi fatto, ma in modo molto pi tenue, Pietrangeli con Adua e le
compagne, 1960 (romanesco, napoletano, parlate settentrionali),
Bolognini con La viaccia, 1961 e soprattutto De Sica nella scena
della casa di tolleranza in Ladri di biciclette.
Si ricordi infine il geniale pastiche gaddiano per le grandi
platee66 di Monicelli, Age e Scarpelli: Larmata Brancaleone,
1966 e Brancaleone alle Crociate, 1970 (questultimo addirittura con parti siciliane in ottonari, da opera dei pupi), con la
mescidanza (non realistica) di elementi latini (pi o meno maccheronici), tedeschi, francesi, ungheresi, italiani arcaici, veneti,
toscani, umbri, laziali, campani, siciliani e quantaltro, con lintento di inventare una lingua medievale intermedia tra latino,
italiano e lingue barbare. I due film di Monicelli, tra laltro,
concedono ampio spazio ai dialetti dellItalia mediana (spicca
qualche metafonesi e dittongo mefonetico, anche a sproposito:
Antuona, fetentuona, sonorizzazioni e assimilazioni progressive
ND > nn), raramente assurti a dignit cinematografica (tra le
eccezioni, il ciociaro di Nino Manfredi):
GASSMAN: Isso tiene ragione// Isso// Semo sciolti dalo voto// E
se de ogni fatto dovemo trarre la sua significazione/ issa
questa// Dio non lo vole/ Deus non vult/ est clarum// Ergo/
riprendemo la marcia// Avante/ verso Auroca//;
UOMO: (parlando dellorsa che gli ha salvato la vita) bona//
Me trov sbacuzzato in zu la riva// Me curette/ e me portette nela grotta/ come fusse na cummare// Oh Dio/ male
nu sto// Un giorno ghianne e marroni/ un giorno radicchio
oppuramente ranocchi// Inzomma/ se campa// (Larmata
Brancaleone);
SANDRELLI: Patrone meo/ sei rindronato angra? No// Sacci
allra ca ti sar divota per la vita/ e per la morta//
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E ancora:
Ti potria cust salatu
stu parlari da sfruntatu!
Ma su grande, e accuss sia:
Libirati a chilla stria!67.
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accorpare i titoli in generalizzazioni e quadri dinsieme, problema che peraltro caratterizza lintera epoca postneorealistica trattata in questo sesto capitolo) e per lassenza di studi (si veda
comunque COVERI 1994 e 1995a). Due aspetti molto significativi, per le loro conseguenze linguistiche, sono il ritorno alla
presa diretta del suono e lapplicazione (nei casi di film postsincronizzati), oggi pressoch sistematica, della cosiddetta identit
vocevolto, secondo la quale, in base a rivendicazioni sindacali degli stessi attori, un interprete italiano non pu essere doppiato, senza sua esplicita autorizzazione, da altri che da s stesso (cfr. 5.1.2). Luso del dialetto non stereotipato da parte di
molti registi italiani (soprattutto il romanesco dei film di Claudio Caligari e Ricky Tognazzi, il romanesco e il toscano di
Daniele Luchetti e Paolo Virz, il napoletano di Salvatore Piscicelli, Mario Martone e Pappi Corsicato, il calabrese di Gianni
Amelio e il siciliano di Marco Risi), spesso con punte di integralismo non comprensibili ai pi, e la tematica sociale di molti
film inviterebbero a parlare di unondata neoneorealistica,
peraltro forse gi conclusa71.
Anche quelli che ventanni fa erano chiamati i nuovi comici gli attoriregisti Roberto Benigni, Francesco Nuti, Carlo
Verdone, Massimo Troisi e altri72 hanno rivitalizzato (attenuandone i toni farseschi e riducendone la meccanicit) gli
inserti dialettali nel cinema, che tuttavia sul versante del comico
(specialmente in prodotti di consumo) non ha mai rinunciato
alla caratterizzazione dialettale, talvolta anche molto marcata.
Si ricordino, negli anni SettantaOttanta, gli attori Renato Pozzetto (lombardo), Paolo Villaggio (ligure), Lino Toffolo (vene-
71. Di neoneorealismo parlano, tra gli altri, SESTI (1994) e COVERI (1995a).
72. Quella dei nuovi comici etichetta di comodo che unifica tendenze abbastanza diverse: il romanesco giovanilese e sinistrese di Moretti (tutto diverso dal romanesco stereotipato); lafasia di Nichetti (che infatti in Ho fatto splash non parla e in Volere volare diventa un cartoon), omaggio al grande cinema muto delle comiche classiche;
la comicit televisiva, di solito settentrionale, dei Pozzetto, Cal, Boldi e Greggio (e
anche Cristian De Sica). Per sembra legittimo fissarsi sui quattro citati anche perch
non solo attori ma anche autori (COVERI 1994: 80).
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meridionale al Nord, del puro di spirito a contatto con le contraddizioni della civilt del progresso. Il napoletano del primo
Troisi , differentemente da quello di Eduardo e di Tot, talmente lontano dallitaliano da rendere abbastanza sorprendente il
suo successo di pubblico, peraltro parallelo a quello di certa
canzone (Pino Daniele), segno dellormai matura italianizzazione che guarda con gusto e rispetto ai dialetti, senza bisogno di
attenuarli per pudore:
ARENA: Ah/ i vulvo sap solamnte tu che facive// Loro
vanno o cinema// Tu che fa/ viene? Viene o cinema?
TROISI: Nun nun o ssaccio, Rafe//
ARENA: Nun o ssa?
TROISI: No/ nun o ssaccio//
ARENA: E comm nun o ssai? Si o ssai s/ e si nun o ssai
no!
TROISI: Eh/ ma si nun o ssa
ARENA: Viene o cinema? O cinema// Viene o cinema?
TROISI: Eh/ nun o ssaccio//
ARENA: Viene o nun viene?
TROISI: Mannaggia miseria! Nun o ssaccio/ come taggia
d Mo ti ti straccio tutto qua
ARENA: Viene o no?
TROISI: Mannaggia miseria/ na cosa insopportabile!
ARENA: Viene viene o no?
TROISI: Nun o ssaccio/ Rafe/ capito? Nu nu nun voglio
ven// No/ nun vengo/ va bu? No// Seh mietteta mano
inta sacca! (Ricomincio da tre, 1981).
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osservato nei generi di consumo (letterari, oltrech cinematografici) non comici. Sempre meno netta appare oggi, peraltro,
la distinzione tra cinema dautore e cinema di cassetta (con
numerose felici convergenze: Troisi, Benigni, Tornatore, Salvatores, Virz, Muccino, Veronesi) e, conseguentemente, del
tutto estinta sembra la dicotomia tra cinema popolare (raramente in dialetto) e cinema di lite (dialettale), anche se permane la
netta inferiorit numerica dei film parlati in variet regionali
settentrionali, rispetto ai prodotti romaneschi, napoletani e siciliani. Negli anni pi recenti la frequenza dei film che ricorrono
(pi o meno realisticamente) ai regionalismi altissima: possiamo insomma dire che non esiste forse manifestazione linguistica della produzione italiana e anche di quella straniera
doppiata, posteriori al 1975, che non abbia diritto di menzione
nella categoria dei film linguisticamente regionalizzati76. Limperante monolinguismo letterario alla Matarazzo (soltanto litaliano standard poteva far incassare cifre da record), insomma,
da tempo solo un ricordo: stato ormai sostituito da un altro
clich altrettanto invadente: quello dellitaliano regionale (e
talora ibrido).
Proprio contro questa omologazione linguistica, la caratteristica forse di maggior rilievo dei film (ovviamente un numero
minimo di titoli) dellultimo ventennio proprio la riscoperta
di dialetti lontani da ogni forma di italianizzazione, di ibridismo e di stereotipizzazione. Si tratta di film tutti girati in presa
diretta (che da qualche anno, nel cinema italiano soprattutto
dautore, contende il primato alla postsincronizzazione), caratterizzati perlopi da un crudo realismo e da tematiche quasi
sempre impegnate, dallanalisi sociologica allapprofondimento psicologico. Un certo scalpore suscit Lamore molesto,
1995, di Mario Martone, rinnovando tra laltro le polemiche
sulluso dei sottotitoli (necessari da un lato, limitanti il campo
visivo [ Glossario, CAMPO] e lattenzione dello spettatore,
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italiano del barese (significativamente Vito, pur barese, interrogato da tutti circa la propria origine, visto che parla un italiano tendenzialmente standard), altre volte sono gli stessi dialettofoni ad autoglossarsi quando parlano con Vito. il caso del
malavitoso Saddam: O canosci o cecate? Il cecato/ lo conosci o no?. A proposito del soprannome Saddam, evidente
linfluenza della televisione (pi che del cinema, peraltro presente, quasi come chicca per cinefili, anche come citazione dal
Padrino, nellutilizzazione dei limoni come simbolo della
mafia) nei soprannomi di quasi tutti i delinquenti del film: Marlon Brando, Sandokan, Jey Ar.
Unaltra caratteristica della lingua dei film italiani dellultimo ventennio proprio il rapporto osmotico con la televisione
(ribadito dalla continua trasmigrazione di artisti da un mezzo
allaltro, a partire da Benigni e Troisi, per arrivare ai casi recenti: da Albanese alla Littizzetto, da Greggio a Panariello), che,
nelle sceneggiature migliori, viene presa di mira come responsabile di elevare a valori la futilit, lignoranza e il pressappochismo anche linguistici77. Sicuramente Carlo Verdone e Nanni
Moretti sono tra i primi a tratteggiare figure che si esprimono in
modo ridicolo (soprattutto per labuso di anglicismi perlopi
mal pronunciati, per tratti di italiano popolare inavvertiti e per
luso irriflesso di stereotipi e plastismi)78, facendo il verso a personaggi pi o meno noti. Memorabile, in tal senso, la giornalista
di Palombella rossa, 1989, di Moretti, che parla una lingua tutta
a base di vuote frasi fatte e inutili forestierismi (tensione morale, matrimonio a pezzi, rapporto in crisi, alle prime
armi, fuori di testa, Kitsch, chip, trend negativo), ai quali
Moretti reagisce con stizza, fino alla violenza fisica, con battute
divenute subito proverbiali:
77. Alla presenza della televisione nel nuovo cinema italiano, e in particolare nei
film di Salvatores e di Virz, dedicato SETTI (2003). Sui rapporti semiologici, storici e
produttivi tra cinema e televisione cfr. ORTOLEVA 1999.
78. Sulla lingua di plastica (fatta per lappunto di espressioni cristallizzate, di
stampo perlopi giornalistico e televisivo, e di calchi dallinglese inavvertiti come tali)
cfr. CASTELLANI POLLIDORI (1990) e (1995).
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79. COVERI (1994: 82). Di frenesia locutiva che esprime il disagio generazionale
parla RAFFAELLI (2001: 886), alludendo a Verdone. Manifesto lintento del regista di
distaccarsi progressivamente dal macchiettismo romanesco; a prositito di Maledetto il
giorno che tho incontrato, dichiar infatti: Lho ambientato a Milano e in Cornovaglia
perch volevo essere sicuro che non ci fossero nei personaggi di contorno battute come
anvedi, li mortacci tua, te possino (COVERI 1994: 82).
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80. Le eccezioni evitano comunque tutte il ricorso a scelte lessicali estreme, come
la terminologia economica nellEclisse, 1962, di Antonioni o il neoitaliano tecnologico
in altri film (cfr. RAFFAELLI 1996a: 330).
81. La legislazione italiana sul cinema ha recepito e favorito questa evoluzione e
la nuova definizione di opera filmica (fissata dal I comma dellart. 2 della legge 1
marzo 1994, n. 153), intesa ora come spettacolo realizzato su supporti di qualsiasi natura e solo prioritariamente destinato alla sala cinematografica, segna un punto di svolta
davvero significativo (BERNARDINI 1999: 1048).
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A questo si aggiunga che il duopolio televisivo (MediasetRAI) tende a trasferirsi nel mondo cinematografico, dove in
effetti i due principali colossi controllano gran parte della produzione e della distribuzione filmica nazionale, oltre a possedere un discreto numero di sale di proiezione. Tale colonizzazione
del mercato cinematografico da parte di quello televisivo modifica non soltanto le strategie produttive e promozionali del cinema, ma anche quelle comunicative scelte linguistiche, stili
recitativi, tecniche di regia e di montaggio, etc. , contribuendo cos allosmosi tra i due mezzi sopra commentata84.
Anche sotto il rispetto linguistico i dialoghi filmici hanno
battuto ogni sentiero, dal realismo allo sperimentalismo, dalla
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86. Cfr. BRUNETTA (1991: 434). Per altri dati, sempre relativi al confronto tra gli
anni doro della cinematografia italiana e gli anni OttantaNovanta, cfr. TAGLIABUE
(1990: 75).
87. SESTI (1994: 15). Analogamente, DAGOSTINI (2000), cui si rimanda per una
sintetica ma ricca rassegna del cinema italiano dalla met degli anni Settanta al 2000,
osserva che non sono tanto i talenti e le nuove tendenze, a mancare nel nuovo cinema
italiano, quanto lidentit, la riconoscibilit generale, vale a dire una solida produzione saggistica (DAGOSTINI 2000: 1111 e n.).
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coreana alliraniana). Anche per questo, oltrech per gli inevitabili limiti di spazio e per la difficolt dellosservatore di commentare con distacco gli eventi pi vicini, la nostra trattazione si
interrompe qui, ovvero alla stagione cinematografica degli anni
Novanta del secolo scorso (salvo eccezioni fino al 2006), dopo
circa cento anni di storia della lingua del film italiano.
Proprio per lenorme fortuna goduta da questo stile ci sembrato utile fornire, a conclusione della nostra rassegna, la trascrizione integrale (secondo i criteri gi chiariti nel 1.2, n. 16)
dei dialoghi di Poveri, ma belli. Ricordiamo che non si tratta
della sceneggiatura originale (scritta da Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa e Dino Risi; soggetto di Dino Risi),
bens di quella desunta, ovvero della riproduzione del testo orale
cos come compare nella versione definitiva del film. Per como-
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25 ROMOLO: per quello/ che tho sentito che fischiavi// Sbrgati/ va//
(Romolo e Salvatore rientrano in casa)
26 ALVARO: (a Salvatore) Di/ ma mamma le lenzuola non ce le cambia
mai? (agitandosi nel letto, spaventato) Ah! Ah! E questo che ?
27 SALVATORE: Ah! il grillo de Iolanda// Poverello! Credevo che se ne
fosse <andato// Vieni qua>/ bello//
28 ALVARO: <Vattene>! Mannaggia! Ma come/ tu la sera vai con le donne/ e
poi io nel letto ci trovo lerba/ i papaveri/ i grilli?! E se sapevo cos/
andavo a dormire a Villa Borghese! Almeno risparmiavo diecimila
lire al mese/ no?! <Eh>!
29 ANNAMARIA: <Salvatore>/ il latte si fredda//
30 SALVATORE: Prendimi i vestiti/ e portali di l//
31 ALVARO: Porta via tutto! E non ritornare! Perch cj ho sonno// E tu chiudi
la finestra/ va// (guardando, terrorizzato, sotto le coperte e poi
rimettendosi a dormire) Eh! Ah// Hm//
UOMO : (gridando in lontananza da fuori, a stento percepibile)
Stracciarolo! Robba vecchia []!
(Annamaria fruga nei pantaloni di Salvatore e prende una fotografia)
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1 ZIO: <[]>//
2 ROMOLO: <Buongiorno/ zio>//
3 ZIO: A questora/ ti presenti/ tu?
4 ROMOLO: Eh/ <zio Mario/ ho fatto tardi>//
5 ZIO: <Dai dai/ datti da fare>/ su! (ad una cliente) Che cosa voleva ascoltare/ signorina?
6 DONNA: Toccata e fuga in la minore di Bach//
7 ZIO: Toccata e fuga! Di prima mattina! (guardando Romolo) Oh! Certo/
lei deve avere una bella sensibilit musicale/ eh? Eh/ Bach/ sempre Bach! Si accomodi in cabina/ signorina/ che le faccio sentire la
toccata//
8 ROMOLO: (a due donne che entrano nel negozio) Buongiorno/ signorina//
9 FIGLIA: Buongiorno//
10 MADRE: <Buongiorno>//
11 ROMOLO: <Buongiorno/ signora>// Vuole ascoltare qualche disco?
12 MADRE: Ma che ne so// Questa vole Bongiorno tristezza//
13 FIGLIA: Cantata da Claudio Villa/ eh!
14 ROMOLO: S// Ah/ ma tutte ste donne/ Claudio Villa/ Claudio Villa//
Ma che cj avr? Boh! Mah!
(si sente la canzone di Claudio Villa, durante la quale Romolo apre di
scatto la porta della cabina dascolto, lasciando vedere lo zio e la donna
che si baciano)
15 ROMOLO: Oh! Pardon//
16 ZIO: Tho detto mille volte che devi bussare/ prima di entrare in cabina//
17 ROMOLO: Zio Mario/ glielhai data/ sta toccata e fuga?
18 ZIO: Non fare lo spiritoso/ che se te giochi sto posto/ dove vai/ a lavorare?! Io per compassione/ ti tengo qui// Lo sai/ s?! Eh!
19 ROMOLO: A zio Mario!
20 ZIO: Che c?
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SCENA 5: madre, figlia, Romolo, zio, Salvatore, Marisa, Annamaria. Negozio di dischi e stabilimento balneare sul Tevere. Internoesterno,
giorno.
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37 GIOVANNA: Hm//
38 SALVATORE: Come si chiamava?
39 GIOVANNA: Ugo//
40 SALVATORE: Ugo/ hai chiuso//
41 GIOVANNA: Beh/ arrivederci//
42 SALVATORE: Ma gi se ne va? Ma perch? Potevamo conoscerci meglio//
43 GIOVANNA: Ci conosceremo meglio unaltra volta//
44 SALVATORE: Conosciamoci meglio stasera// libera? Che fa/ stasera?
45 GIOVANNA: E beh/ veramente avrei un impegno/ ma ma se lei insiste
46 SALVATORE: Eh/ insisto s//
47 GIOVANNA: Allora ci troviamo alle nove/ alledicola di piazza della Pace//
48 SALVATORE: Daccordo// Alle nove// Ci sar//
1 FRATELLO: (insieme con laltro fratello, vicino al letto in cui dorme Alvaro) Uno/ due
2 SALVATORE: (dando uno schiaffo ai bambini, cacciandoli) Via! (ad Alvaro
che dorme) Capolinea// Biglietto da venticinque termina// Non
spingere// Scendiamo tutti// Siamo arivati// Scendere!
3 ALVARO: (svegliandosi di soprassalto) Ah! Ah! Che tempo fa?
4 SALVATORE: C una luna che spacca//
5 ALVARO: Ma che / sta puzza?
6 SALVATORE: (spalmandosi in testa la brillantina) Puzza?! la brillantina
Fiori dArabia! (leggendo dal barattolo della brillantina) Vi assicura il successo nella vita//
7 ALVARO: Ma quale Arabia? Quella dei beduini?
8 SALVATORE: Ma che vuoi capire de brillantina/ tu/ che tungi i capelli col
grasso delle rotaie?! (uscendo sul balcone) Romolo? Romolo!
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SCENA 12: Romolo, Salvatore, Giovanna, uomo. Piazza della Pace. Esterno, notte.
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45 GIOVANNA: che ci sono portata// Io/ nelle cose/ ci metto passione// Che
ti credi?
46 SALVATORE: Eh/ me ne sono accorto// Mi fischiano le orecchie!
(finisce la musica e Romolo rimane da solo con la scopa in mano. Risate
e urla indistinte)
47 RAGAZZO3: Ah! Romolo paga pegno!
48 BOCCIO: Dai/ che se fanno le penitenze! Forza/ ragazzi!
49 VFC RAGAZZO: Avanti!
50 ROMOLO: (a Boccio) Ma statte zitto!
51 VFC RAGAZZO: [Eh// Ndo vai]?
52 PADRE: <Ma che fai?! So le chiavi di casa>!
53 ROMOLO: (al padre, prendendo un mazzo di chiavi) <[]>// (dando a
Giovanna le chiavi di casa) Tenga//
(tutti i presenti danno a Giovanna qualche oggetto personale, per organizzare le penitenze)
54 BOCCIO: (dando un pettine a Giovanna) Il mio non se lo perda/ <eh>!
55 GIOVANNA: <No>//
56 RAGAZZO4: Stia attenta/ questo il mio/ <eh>?//
57 VFC RAGAZZO: <Questo mio>//
58 GIOVANNA: <Qua>! A me/ a me! (prendendo a caso, tra tutti gli oggetti
che le sono stati dati, un fazzoletto e mostrandolo a tutti) Di chi /
questo?
59 RAGAZZO4: Mio//
60 GIOVANNA: (riprendendo al volo il fazzoletto che le stava sfuggendo di
mano) Uh! <[Andiamo/ ragazzi]>!
61 SALVATORE: (al ragazzo4, facendo in modo che si disponga dando le
spalle a tutti i presenti, per fare la penitenza) <Adesso ti metti
sotto tu>//
62 VFC RAGAZZO: <Su>!
63 SALVATORE: <Buono buono// Cos>//
64 BOCCIO: <Calma/ ragazzi/ calma>!
65 SALVATORE: Calma/ ragazzi/ calma/ calma! (mostrando ai presenti, tranne che al ragazzo4, la mano chiusa a pugno) Questi/ da chi li vuoi?
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66 RAGAZZO4: Da Marisa//
67 TUTTI: (ridendo) <Ah>!
68 SALVATORE: <Quanti>?
69 RAGAZZO4: Uno//
70 SALVATORE: Marisa?
71 MARISA: Ecco!
72 BOCCIO: Vai/ Marisa!
73 RAGAZZO 4: (a Marisa che si prepara a dargli un pugno) Ah/ nun me f
male/ eh! (incassando il pugno) Uh! (risate generali)
74 VFC RAGAZZO: Oh!
75 RAGAZZO4: Ah/ proprio sullorologio de pap! Mannaggia!
(il ragazzo4 sposta lorologio dalla giacca ai pantaloni)
76 SALVATORE: (a tutti) Fermi! (al ragazzo4) Fermo fermo fermo fermo!
(mimando a tutti i presenti, tranne che al ragazzo4, il movimento di
un calcio) Questi/ da chi li vuoi?
77 RAGAZZO4: Da Annamaria//
78 SALVATORE: Quanti?
79 RAGAZZO4: Dieci// (risate generali)
80 VFC RAGAZZO: Chiudi gli occhi!
81 BOCCIO: Stringi i denti! (Annamaria gli d un calcio)
82 RAGAZZO4: Ahi! (risate generali) Mannaggia! Guarda qua! Mavete rotto
lorologio! E mo/ a pap/ che gli dico/ io?! <Ma va>!
83 BOCCIO: <Adesso ci pensa pap>/ a darti gli altri calci//
84 GIOVANNA: (prendendo a caso, tra tutti gli oggetti che le sono stati dati,
un pettine e mostrandolo a tutti) Di chi / questo?
85 VFC RAGAZZO: di Boccio!
86 VFC RAGAZZA: <Vai/ Boccio>!
(risate generali e commenti incomprensibili)
87 BOCCIO: (mentre lo spingono e gli danno degli schiaffi in testa) <Oh>!
Ah! Fate piano/ ah! <Fate piano>!
88 VFC RAGAZZO: <[Calma/ ragazzi]>!
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1 ROMOLO: Che jha detto/ quello? Che sono grezzo/ e che non mi piacciono i tramonti? Io lo so/ che ci va a fare lui/ sullAppia antica//
2 GIOVANNA: Ma lei che fa/ qui?
3 ROMOLO: Io vado a casa// Ma lei cj ha le mie chiavi//
4 GIOVANNA: Ah gi/ il pegno// Mi scusi//
5 ROMOLO: Per carit// Buonanotte//
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6 GIOVANNA: Buonanotte//
7 ROMOLO: Senta un po// E che altro le ha detto/ di me/ Salvatore?
8 GIOVANNA: Ha detto che lei si avvilito/ perch ci ha visti insieme//
9 ROMOLO: Ah// Senta/ a scanso di equivoci/ bene che sappia/ che io/ lei/
non la penso per niente// E neanche mi piace/ se lo vuol sapere//
10 GIOVANNA: Eh/ non sarrabbi tanto! Io non le piaccio? E va be// Mica ci
dobbiamo sposare/ no?
11 ROMOLO: Sposare? Ma io manco a baciarla/ ci proverei gusto! Ma lei non
ha capito/ che a me non dice proprio niente?
12 GIOVANNA: Guardi/ che prima cosa/ ho capito benissimo// Seconda cosa/
dubito/ che lei non ci proverbbe gusto// Terza cosa/ chi / che la
vuole baciare// Qui dentro non c nessuno/ che la vuole baciare//
Guardi// Non c anima viva// (si sente un rumore) Svelto/ nascondiamoci! (si nascondono in un angolo buio) Ss! pap!
13 SARTO: Mah! Se io fossi in te/ non me la pijerei// Tua moglie ti fa le
corna? Beh! Quel giorno che ti salta il ticchio/ lammazzi//
14 UOMO: Eh/ e e cos vado in galera//
15 SARTO: No// Perch in Italia/ la legge taiuta// Tu ammazzi tua moglie/ ti
danno trentanni// Ma se lammazzi perch ti fa le corna
16 UOMO: Hm//
17 SARTO: ti mandano assolto//
18 UOMO: Ah/ giusto// E senn/ indove li metti/ i motivi donore?
19 SARTO: Di/ ma pensi sul serio/ dammazzare tua moglie?
20 UOMO: Ah/ io no// Ma adesso/ che me lhai messo in mente/ chi me lo
leva pi/ questo pensiero?
21 ROMOLO: (sottovoce a Giovanna) Mi sa che sta discussione va per le
lunghe//
22 GIOVANNA: Perch? Sta scomodo?
23 ROMOLO: E sto stretto!
24 GIOVANNA: E faccia sto sacrificio/ no?
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Il linguaggio cinematografico
1 SALVATORE: (incontrando i ragazzi della festa che stanno ballando e cantando sulla piazza, si unisce a loro) Ol!
2 RAGAZZO: Ragazzi/ guardate chi arivato!
3 BOCCIO: Ah/ mo ce racconti tutto/ eh?
4 RAGAZZO: Ah/ facce e confidenze!
5 RAGAZZO: E dicce tutto// Che/ cj ha paura?
6 SALVATORE: E lasciatemi perdere! Ah/ ma siete scorretti forte! E che ?!
(a Boccio) Volevo vedere se era tua sorella/ se mi venivi a cercare i
particolari!
7 BOCCIO: Di/ lhai mandato in bianco/ que amico tuo/ stasera/ eh?
8 SALVATORE: Eh/ salta chi pu// Che / colpa mia/ se io piaccio alle donne/
e Romolo no?
9 BOCCIO: Ammazza/ <che dritto/ ah>!
10 RAGAZZO: <[Che volpe]>!
SCENA 17: uomo, sarto, Giovanna, Romolo. Cortile della casa di Giovanna.
Esterno, notte.
439
SCENA 18: Marisa, padre di Romolo, Annamaria, Salvatore, Alvaro, Romolo. Pianerottolo del palazzo di Romolo e Salvatore. Interno, notte.
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Il linguaggio cinematografico
1 ALVARO: Ah!
2 CECILIA: (toccando con la mano la fronte di Alvaro) Ma questo scotta!
Ha la febbre! (a Salvatore) E vuol dire che per stanotte ti sacrifichi/
e dormi per terra!
3 ANNAMARIA: Cj ha la febbre?
4 ALVARO: <Eh s/ ho la febbre>//
441
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Il linguaggio cinematografico
443
SECONDO TEMPO
SCENA 20: Romolo, Salvatore, Annamaria, Marisa. Casa di Romolo. Interno, mattina.
1 ROMOLO: Giura//
2 SALVATORE: Ma che vi//
3 ROMOLO: Giura che lhai baciata/ e che non ti sei inventato tutto//
4 SALVATORE: E va bene// Giuro//
5 ROMOLO: Di un po/ ma come lhai baciata? Perch ci sono tanti modi/
di baciare una ragazza// Ci sono pure i baci senza importanza//
6 SALVATORE: Beh/ ci siamo baciati in un modo piuttosto importante//
7 ROMOLO: E lei/ te li ha ricambiati?
8 SALVATORE: Ti dir// Ho paura che se la sia presa proprio forte// Me
mette quasi paura// Sai perch? Ma mi stai/ a sentire?
9 ROMOLO: Di/ di// Sguita//
10 SALVATORE: Perch quella una ragazza che/ se mi gira/ sono capace
pure di sposarla//
11 ROMOLO: Ah! Mi fa piacere// Allora/ quella cosa che ti volevo dire/ non
te la dico pi//
12 SALVATORE: Quale cosa?
13 ROMOLO: Riguardo alla tua futura spsa//
14 SALVATORE: Cio?
15 ROMOLO: Che lho baciata pure io//
16 SALVATORE: Che hai detto?
17 ROMOLO: Che lho baciata pure io// (Salvatore lo prende per la canottiera) E non c bisogno che me metti ste manacce addosso//
18 SALVATORE: Giura!
19 ROMOLO: Lo giuro//
20 SALVATORE: Quando lhai baciata?
21 ROMOLO: Ieri sera// Dopo che lhai lasciata tu! Aspettavo nel portone//
Anzi/ tho sentito che dicevi/ che non mi piacciono i tramonti//
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Il linguaggio cinematografico
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Il linguaggio cinematografico
SCENA 22: Romolo, Giovanna, zio, donna. Negozio di dischi. Interno, mattina.
1 ROMOLO: Buongiorno//
2 GIOVANNA: Buongiorno//
3 ROMOLO: Zio/ la signorina la servo io//
4 ZIO: La signorina/ gi servita// (a Giovanna, prendendo i soldi) Grazie// (guardando la banconota datagli da Giovanna) Ma queste
sono le cinquemila lire mie!
5 ROMOLO: E come hai fatto a riconoscerle?!
6 ZIO: Ma come?! Cj ho scritto il numero di telefono di unamica mia//
Guarda//
7 ROMOLO: Ma guarda/ tante volte/ <che giro fanno/ i soldi>!
8 ZIO: <S// A te te lo faccio f io>/ il giro/ te lo faccio fare! (a Giovanna)
Ecco il resto/ signorina// (a Romolo) Poi facciamo i conti/ noi due/
eh? <S>//
9 ROMOLO: <E sta bono/ zio>! Non me f f ste figure! Tanto te le prendi
<sulla settimana>!
10 ZIO: <Fila! Vai a prendere il camioncino della pubblicit/ che gi hai
fatto tardi! Cammina>!
11 ROMOLO: <E va bene/ vado// E vado/ vado>!
12 ZIO: (a Romolo) Va! (a Giovanna) Hm! Quella let pi shtupida/ per
un uomo!
13 GIOVANNA: Eh/ certo che allet sua/ stupidaggini se ne fanno poche//
Buongiorno e arrivederla//
14 DONNA: Ce lavete/ nu bello disco de musica allegra?
15 ZIO: Musica allegra? finita/ la musica allegra// finita!
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Il linguaggio cinematografico
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Il linguaggio cinematografico
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32 RAGAZZO: Eh//
33 RAGAZZO: Sono entrati adesso nel portone!
34 SALVATORE: (tirandosi su di scatto e gridando) Ah!
35 BOCCIO: <Ch successo>?
36 ALVARO: <Che >?
37 SALVATORE: Il termometro! (si toglie il termometro)
38 ALVARO: Te lavevo detto/ de mettelo sotto la lingua!
39 SALVATORE: Ma che/ stanno salendo?
40 RAGAZZO: S// Se tho detto che vengono su!
41 SALVATORE: Ma/ a Romolo glielavete detto/ che non lo voglio pi vedere?
42 BOCCIO: E che ne so? Se vede ch venuto pe f pace!
43 SALVATORE: E Giovanna/ che viene a fare?
44 RAGAZZO: So dieci giorni che n te fai vede/ te verr a trov//
45 SALVATORE: Ma mannaggia! Ma mica la posso ricevere cos! Scusatemi/
sor Alvaro/ <ma ho visite! Andatevene tutti di l/ e portatevi via
questo/ che ingombra! Abbiate pazienza/ sor Alvaro>//
46 ALVARO: <Che // Ah>! (mentre i cinque ragazzi sollevano di peso tutti
insieme il letto con Alvaro sopra) <Ma che fate/ ah?! Ma che/
siete pazzi?! Do me portate>?!
(battute sovrapposte e confuse dei cinque ragazzi)
47 RAGAZZO: <Ah>!
48 BOCCIO: <Apri! [Sbrgate]>!
49 RAGAZZO: <[Calma/ calma]>!
50 RAGAZZO: <La testa/ sor Alv>!
51 BOCCIO: <[] a le corna! Attento/ sor Alv>!
52 RAGAZZO: <Forza>!
53 RAGAZZO: <Via>!
54 ALVARO: <Oh Dio/ casco! Fuorilegge! Ma che ne so/ do me portano! Io
n ce capisco Ah>!
55 ANNAMARIA: <Ma che succede>?!
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Il linguaggio cinematografico
SCENA 27: Giovanna, Romolo, padre. Pianerottolo di casa di Romolo e Salvatore. Interno, giorno.
(Annamaria apre la porta di casa e vede Romolo e Giovanna, sul pianerottolo, che stanno suonando il campanello di casa di Romolo)
1 GIOVANNA: Ma/ non ce le hai/ le chiavi?
2 ROMOLO: Cos avverto che siamo arivati// Vedrai che ti piacer/ pap//
tanto buono// Cj ha una pazienza/ che si farbbe schiacciare una
noce in testa// (al padre che ha aperto la porta) Pap/ questa Giovanna//
3 PADRE: Ah/ saccomodi/ saccomodi//
4 ROMOLO: (al padre, sottovoce) Pap/ te potevi mette la cravatta//
5 PADRE: E gi/ mo mi mettevo la cravatta sul pigiama!
SCENA 28: Salvatore, Annamaria, ragazzi, Boccio, Alvaro, fratello di Salvatore. Casa di Salvatore. Interno, giorno.
1 SALVATORE: (dopo aver sentito bussare alla porta) Avanti// (ad Annamaria che entra) Ma che aspetti? Falli entrare/ no?
2 ANNAMARIA: Sono gi/ entrati! Ma a casa di Romolo!
3 SALVATORE: Che dici?!
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4 ANNAMARIA: Lha portata a casa sua/ per farla conoscere a suo padre//
5 RAGAZZO: (entrando nella camera di Salvatore) Avanti/ ragazzi! Forza!
(i ragazzi trasportano Alvaro nella camera di Salvatore. Battute sovrapposte e confuse)
6 RAGAZZO: Dai/ tira!
7 RAGAZZO: Oh!
8 ALVARO: Oh Dio!
9 RAGAZZO: <Forza>!
10 RAGAZZO: <Oh>!
11 RAGAZZO: <Attenti/ su>! Sotto! Piano/ ragazzi! Piano!
12 ALVARO: (ad un ragazzo) Ridi/ ridi! <[Mannaggia]>!
13 RAGAZZO: <Avanti>!
14 RAGAZZO: <Girte adesso/ l! Girte>!
15 BOCCIO: Girte!
16 RAGAZZO: Attenti/ attenti! []!
17 ALVARO: Dishgraziati vigliacchi!
18 RAGAZZO: [] lo tengo io!
19 RAGAZZO: Ve a sete fatta/ a scarozzata/ eh?
20 RAGAZZO: Anvedi!
21 RAGAZZO: Eh//
22 FRATELLO: (bevendo dal bicchiere di Salvatore) Oh/ buona!
23 SALVATORE: E danne un po anche a tuo fratello/ no?
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Il linguaggio cinematografico
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12 PADRE: Lei scherza! Mi doveva vedere a ventanni! Lo sa che nella traversata del Tevere a nuoto
13 MARISA: Pap/ ci racconti unaltra volta la storia del crampo?!
14 ROMOLO: Marisa/ dacci da bere qualche cosa/ su! Va a prendere un po
di vermut//
15 MARISA: Il vermut finito//
16 ROMOLO: Ah/ finito! Allora sai che gli diamo/ a Giovanna? La bottiglia
di Lacrima Christi// Quella che ti diede padre Pellegrino//
17 PADRE: Romolo/ lo sai che quella bottiglia non si pu aprire// Che della
povera mamma tua//
18 ROMOLO: E dai! Mamma contenta/ se te la bevi! E poi oggi il giorno
adatto/ scusa// Mi sono fidanzato// (a Giovanna, dopo aver preso la
bottiglia) Devi sapere/ che questa bottiglia/ ha una storia// Lo vedi/
pap se n andato/ perch/ quando la sente/ si commuove// Gliela
regal padre Pellegrino quando si sposarono// E gli disse/ con
questa/ ci dovete fare le nozze dargento/ e le nozze doro// Cio/
un bicchiere ogni venticinque anni//
19 PADRE: (davanti alla gabbia dei canarini) Ci//
20 ROMOLO: Poi/ mamma morta/ e la bottiglia rimasta chiusa//
21 GIOVANNA: Lo vedi che tuo padre cj ha pi cuore di te? Ma non ti potevi
risparmiare/ questa cattiveria?
22 ROMOLO: (assaggiando il contenuto della bottiglia) Ma questa acqua!
Hai capito?! S bevuto pure la bottiglia di padre Pellegrino! E s
preso il disturbo di ritapparla! Mo gliene dico quattro!
23 GIOVANNA: No/ adesso non lo mortificare! Lascialo stare/ poveretto//
24 ROMOLO: Chi?! Quello se mortifica?! Si vede/ che lo conosci poco!
25 PADRE: (davanti alla gabbia dei canarini) Cic// Cic// <Cic>//
26 ROMOLO: <Senti/ Marisa/ va da Annamaria>// Fatti prestare un po di
vermut// Va/ bella/ va//
27 PADRE: Cic// Cicic// Cic//
28 ROMOLO: S/ <cic/ cicic>//
29 MARISA: (urlando dallaltra stanza) <Pap>!
30 PADRE: Eh! Che c? Vengo!
31 ROMOLO: Hai visto/ che figure mi fa fare/ quello?!
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Il linguaggio cinematografico
18 BOCCIO: Marilina!
19 RAGAZZO: <Che robba/ rag>!
20 BOCCIO: <Cj ha quelle labbra>!
21 RAGAZZO: Che ?
22 RAGAZZO: <[Mamma mia]>!
23 BOCCIO: <Cj ha quelle labbra>/ che sembra <na negra>!
24 RAGAZZO: <Cj ha E cj hai raggione/ cj hai raggione>//
25 RAGAZZO: <Ma guarda quant bona>!
26 BOCCIO: Mannaggia!
27 RAGAZZO: Ah!
(la ragazza si sottratta alla vista dei cinque)
28 RAGAZZO: Che fa?!
29 BOCCIO: Quadro!
30 RAGAZZO: Ah/ ndo vai?!
31 BOCCIO: [Ndo va]?!
32 RAGAZZO: (vedendo Romolo sul balcone) Ah! Guardate un po/ chi ariva!
33 BOCCIO: A Romolo/ ma che te sei messo/ addosso?!
34 RAGAZZO: Pari n ergastolano!
35 RAGAZZO: Non je potevi f/ un pajo de calzoni a la zuava?!
36 RAGAZZO: Salvatore/ vieni a vedere// Il fidanzato de Giovanna s fatto er
vestito novo//
37 RAGAZZO: A manichino!
38 RAGAZZO: Anvedi che []!
39 RAGAZZO: Ma che/ ha spojato un pupazzo?!
40 RAGAZZO: Ma guarda che robba!
41 ROMOLO: A poveracci! Morti di fame! Vi piacerbbe/ avere un vestito
come questo! Potreste andare in giro a testa alta!
42 BOCCIO: A Romolo/ mo/ quando vai alla toletta/ puoi entrare dove c
scritto signori! (risate, poi entrano in camera di Salvatore) A
Salvat/ se quello s fatto un vestito cos per fidanzarsi/ figuriamoci il tuo/ quando gli farai da testimone alle nozze!
459
SCENA 33: VFC, camerieri 1, 2 e 3, cliente, uomini 1, 2 e 3, Romolo, Giovanna, donne 1 e 2, Leonetto, Ugo, fidanzata di Ugo. Tutti i
camerieri sono vestiti da antichi romani. I camerieri 2 e 3 sono
due dei cinque ragazzi amici di Romolo e Salvatore. Ristorante
allaperto Antica Roma. Esterno, notte.
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Il linguaggio cinematografico
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Il linguaggio cinematografico
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Il linguaggio cinematografico
14 GIOVANNA: Ho sonno//
15 ROMOLO: Solo cinque minuti//
16 GIOVANNA: Anche i dischi/ meglio <che li sentiamo di giorno>//
17 ROMOLO: <Beh/ io ti aspetto>// Se cambi idea/ bussi alla saracinesca/ e
tapro//
18 GIOVANNA: Va be// Aspettami//
19 ROMOLO: Ciao//
20 GIOVANNA: (entrata nel palazzo, tra s) Aspetta/ aspetta!
(Romolo, rimasto solo, salta e balla in mezzo a piazza Navona)
SCENA 35: Giovanna, sarto, Salvatore, Romolo. Casa di Giovanna e negozio di dischi. Interno, notte.
465
13 SALVATORE: Ma la sentite? Cj ha un altro fidanzato! E voi non dite niente?! State zitto!
14 SARTO: Giovanna/ di un po/ ma/ non ti sarai mica fidanzata con due?
15 SALVATORE: Hai approfittato che mero ammalato! Volevo vedere se stavo
bene!
16 SARTO: Su/ fate la pace! Se incominciate a litigare appena fidanzati! Eh!
17 GIOVANNA: Pap/ piantala!
18 SARTO: (rispondendo al telefono) Pronto// Chi parla? Pronto?! Giovanna/
vieni un po tu? (Giovanna va in unaltra stanza) Qui non si sente
che una musica//
19 SALVATORE: Una musica?
(Salvatore prende la cornetta. Alle inquadrature di Romolo che parla al
telefono dal negozio di dischi si alternano le inquadrature di Salvatore
che ascolta al telefono da casa di Giovanna. Musica di sottofondo)
20 ROMOLO: Giovanna// Non parlare// Ho capito// Non puoi venire/ perch
pap ancora sveglio// Appena si addormenta/ vieni per/ eh?
Senti che musica// Ho messo il disco che piace a te// Con questa
musica/ mi vengono certi pensieri! Ho una voglia di darti un bacio!
Ti darei tanti baci/ per quante stelle ci sono in cielo! Una stella
grande/ un bacio grande// Una stella piccola/ (dando un bacio alla
cornetta) un piccolo bacio//
21 SALVATORE: (tra s, mettendo una mano davanti alla cornetta) Che figlio
de Tutte frasi che glj ho insegnato io! (quasi dando un morso
alla cornetta) Ahin!
22 ROMOLO: E accarezzarti/ come le onde/ accarezzano il mare// Sarbbe/
come fare un tuffo/ dentro un mare di felicit//
23 SALVATORE: Ma dove ti tuffi/ che non sai neanche nuotare! A Romolo/ il
mare/ una brutta bestia!
24 ROMOLO: Pronto! Pronto! Ma chi parla?!
25 SALVATORE: Parlo io/ Salvatore!
26 ROMOLO: Ma che/ ho fatto il numero tuo?
27 SALVATORE: No/ hai fatto il numero giusto// E parli con Salvatore// In
casa di Giovanna! E faresti bene a non dare pi fastidio alla ragazza mia!
(Giovanna gli strappa il telefono di mano e attacca)
28 GIOVANNA: Oh! Ma che ti prende?! Mo ti metti a fare il padrone a casa mia?!
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Il linguaggio cinematografico
29 SALVATORE: Eh
30 GIOVANNA: Ma chi tautorizza/ a dire tutte ste buggie?! Ma va a dormire/
corri! Cammina! Vattene!
31 SALVATORE: E fammi salutare pap/ almeno!
32 GIOVANNA: Pap/ te lo saluto io!
33 SALVATORE: Hai visto che gli sono piaciuto/ a pap?
34 GIOVANNA: (sbattendolo fuori di casa) E non lo chiamare pap! (rispondendo al telefono) Pronto! Ah/ sei tu/ Romolo// Hai telefonato?
Salvatore?! Eh/ tavr fatto uno scherzo! Io mero messa a letto//
Ma no/ avrai sbagliato numero// Ah! Ora tarrabbi?! Senti/ non
ricominciare con la gelosia/ senn
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SCENA 37: Romolo, Salvatore. Piazza Navona, davanti al portone di Giovanna. Esterno, notte.
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Il linguaggio cinematografico
469
29 GIOVANNA: Eh/ hai ragione// Ma credi che sia facile/ capire quando un
ragazzo scherza/ o fa sul serio? Tante volte dai un bacio a uno e e
passi per una ragazza leggera// Se invece non glielo dai/ quello se
ne va/ non ti cerca pi/ e magari era quello giusto// Quello che ti
avrbbe voluto bene per tutta la vita//
30 SARTO: Beh/ vai a dormire// Buonanotte//
31 GIOVANNA: Buonanotte/ pap// E stai tranquillo// Non faccio niente/ di
male//
32 SARTO: Hm// Ma quello che mi chiama pap/ chi ?!
33 GIOVANNA: Salvatore!
34 SARTO: Ah/ Salvatore// Un bravo ragazzo/ s// Serio// S intrattenuto pi
dunora/ a parlare con me// S interessato al mio lavoro/ e indovina che cosa mha detto?
35 GIOVANNA: Che cosa?
36 SARTO: Che gli piacerbbe tanto/ imparare il mestiere di sarto//
37 GIOVANNA: Pap/ quello scherza// Lo vedi che ti fai incantare anche tu?
38 SARTO: No// Non credo che scherzi// Ho limpressione che sia seriamente
innamorato di te// E hai fatto male/ a mandarlo via cos// (se ne va)
39 GIOVANNA: (tra s) S/ forse ho fatto male//
SCENA 39: Giovanna, ragazzo, Salvatore. Casa di Giovanna e bar allaperto. Internoesterno, notte.
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Il linguaggio cinematografico
1 GIOVANNA: (correndo e urlando sul ponte) Salvatore! Salvato (trovandoselo tra i piedi, che dorme per terra) Ah/ stai l?! Dormi! Ma/
non ti dovevi ammazzare/ tu?
2 SALVATORE: Perch/ ce vo unora fissa/ per ammazzarsi? Ho voluto vivere unaltra mezzora//
3 GIOVANNA: Non potevi svegliarmi pi tardi/ allora? Mhai fatto venire fin
qui per niente!
4 SALVATORE: Sai/ perch ho aspettato a buttarmi? Per vederti unultima
volta// Per dirti/ quanto ti voglio bene//
5 GIOVANNA: Beh/ adesso mhai vista// Bttati!
6 SALVATORE: Ah/ mincoraggi?! Vuoi avere questo rimorso?!
7 GIOVANNA: Devi essere di parola// Hai detto/ che ti butti? E bttati!
8 SALVATORE: (salendo sul parapetto del ponte) Guarda che mi butto/ eh?
9 GIOVANNA: S// Se tu ti butti/ io mi faccio monaca!
10 SALVATORE: Guarda/ che da questa altezza/ anche il miglior nuotatore di
Roma/ saffoga!
11 GIOVANNA: Oh/ quanto la fai lunga!
12 SALVATORE: Va bene// Lhai voluto tu// Per/ se mi dici che mi vuoi bene/
posso pure non buttarmi//
13 GIOVANNA: E dai! (Salvatore si fa il segno della croce e si butta, rimanendo per in realt sul ciglio del ponte, non visto da Giovanna)
Salvatore! Aiuto!
(si affaccia dal ponte)
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Il linguaggio cinematografico
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1 ROMOLO: Son contento/ che la madre glielha date// Cos mha risparmiato la fatica a me//
2 GIOVANNA: Ma tu che fai/ qui?! (spingendo con disappunto le gambe di
Romolo via dal tavolino sul quale erano appoggiate) Hm!
3 ROMOLO: Tho portato un regalo// (facendole vedere una sveglia) Ti
piace?
4 GIOVANNA: Mi regali una sveglia?
5 ROMOLO: Questa una sveglia speciale// unamica mia/ che mi dice
tutto//
6 GIOVANNA: Ma che stai a dire?
7 ROMOLO: Vedi? Con questa/ stasera/ vengo a casa tua// La carico// Non ti
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Il linguaggio cinematografico
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verit/ quando Ugo mha lasciata/ mera venuta paura che nessuno
mavrbbe voluto pi bene//
22 SALVATORE: Ma pi di me/ scusa/ chi te ne pu volere? Hai trovato la
scarpa per il piede tuo// (si baciano)
23 VFC
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41 GIOVANNA: (a Ugo) Ah/ ma sta brutta abitudine non te la sai levare/ eh?
(alla fidanzata di Ugo) Ma perch non gli d uno schiaffone pure
lei?!
42 FIDANZATA: Ma se parlo/ questo mi mena di pi// Hm//
43 UGO: La fidanzata mia//
44 FIDANZATA: Piacere//
45 GIOVANNA: Hm// E questo il fidanzato mio//
46 UGO: Finalmente lhai trovato/ il fidanzato che ti fa portare il costume a
due pezzi/ eh?
47 SALVATORE: Ma chi / questo! Che vole?!
48 GIOVANNA: Ma come! Non lo conosci? lex fidanzato mio!
49 SALVATORE: E chi lha mai visto?!
50 GIOVANNA: Ma s! Laltra sera/ a cena! Non ti ricordi?
51 SALVATORE: A cena?! Ma che/ te sei ammattita?
52 GIOVANNA: Ah/ gi! Scusa/ scusa/ era Romolo//
53 SALVATORE: <Ah>//
54 UGO: <Adesso>/ confondi pure i fidanzati? Non litigate// Avrete tempo
dopo sposti//
55 GIOVANNA: <Hm>//
56 UGO: <Andiamo>/ Leonetto// Andiamo a fare il bagno/ va//
57 LEONETTO: Ciao/ Giovanna//
58 GIOVANNA: Ciao//
59 SALVATORE: Ma va m
60 UGO: (alla fidanzata) E non tirare su col naso!
61 SALVATORE: Ti piaceva quel tipo l?! Ma che ci trovavi?!
62 GIOVANNA: Non lo so nemmeno io/ che ci trovavo// E fammi ballare/ no?
(ballano) E non tarrabbiare! acqua passata//
(Ugo si volta e guarda cupo Giovanna)
478
Il linguaggio cinematografico
SCENA 44: Annamaria, ragazzi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7, Boccio, Romolo, Giovanna, Salvatore, VVFC, Marisa, Ugo, ragazze 1, 2 e 3, uomo, Leonetto, ragazze e ragazzi vari. Musica di sottofondo. Stabilimento balneare sul Tevere. Esternointerno, giorno.
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ILLUSTRAZIONI
2
Figure 12. Cabiria, 1914, di G. Pastrone.
10
11
Figura 15. Alain Delon e Claudia Cardinale nel Gattopardo, 1963, di L. Visconti.
16
17
18
21
22
23
28
29
Figure 2830. Il cammino della speranza, 1950, di P. Germi.
30
35
36
37
Figura 40.
Mery per sempre, 1989, di M. Risi.
Figura 41.
Delitto damore, 1974, di L. Comencini.
ANTOLOGIA CRITICA1
1. Abbreviazioni utilizzate allinterno dei brani riportati: NDA: introduce una nota
dellautore (ovvero presente nel testo citato); NDR: introduce una nota del redattore,
ovvero dellautore del presente volume, esplicativa di qualche aspetto del brano citato. I
film menzionati in questa antologia, ed eventualmente privi dellindicazione del regista
o dellanno di edizione, sono reperibili nellIndice dei film.
523
524
Il linguaggio cinematografico
immagini significanti (vogliamo inventare, per analogia, il termine imsegni?): si tratta del mondo della memoria e dei sogni.
Ogni sforzo ricostruttore della memoria un seguito di
imsegni, ossia, in modo primordiale, una sequenza cinematografica. (Dove ho visto quella persona? Aspetta mi pare a
Zagor immagine di Zagor coi suoi palmizi verdini contro
la terra rosa in compagnia di Abd elKader immagine di Abd elKader e della persona che camminano contro le
casermette degli ex avamposti francesi ecc.) E cos ogni
sogno un seguito di imsegni, che hanno tutte le caratteristiche delle sequenze cinematografiche: inquadrature di primi
piani, di campi lunghi, di dettagli [ Glossario, DETTAGLIO]
ecc. ecc. [].
[M]entre la comunicazione strumentale che alle basi della
comunicazione poetica o filosofica gi estremamente elaborata, insomma un sistema reale e storicamente complesso e
maturo la comunicazione visiva che alla base del linguaggio cinematografico , al contrario, estremamente rozza, quasi
animale. Tanto la mimica e la realt bruta quanto i sogni e i
meccanismi della memoria, sono fatti quasi preumani, o ai
limiti dellumano: comunque pregrammaticali e addirittura
premorfologici (i sogni avvengono al livello dellinconscio, e
cos i meccanismi mnemotecnici; la mimica segno di estrema
elementarit civile ecc.). Lo strumento linguistico su cui si
impianta il cinema dunque di tipo irrazionalistico: e questo
spiega la profonda qualit onirica del cinema, e anche la sua
assoluta e imprescindibile concretezza, diciamo, oggettuale.
Per esprimermi diligentemente: ogni sistema di linsegni
raccolto e racchiuso in un dizionario. Al di fuori di quel dizionario non c nulla, se non forse la mimica che accompagna i
segni nelluso parlato [].
Loperazione dello scrittore consiste nel prendere da quel
dizionario, come oggetti custoditi in una teca, le parole, e farne
un uso particolare: particolare rispetto al momento storico della
parola e al proprio. Ne consegue un aumento di storicit della
parola: cio un aumento di significato [].
Antologia critica
525
Per lautore cinematografico, invece, latto che fondamentalmente simile, molto pi complicato.
Non esiste un dizionario delle immagini. Non c nessuna
immagine incasellata e pronta per luso. Se per caso volessimo
immaginare un dizionario delle immagini dovremmo immaginare un dizionario infinito, come infinito continua a restare il
dizionario delle parole possibili [].
In circa cinquantanni di cinema si venuto stabilendo,
vero, una specie di dizionario cinematografico, ossia una convenzione: che ha questo di curioso: stilistica prima di essere
grammaticale.
Prendiamo limmagine delle ruote del treno che corrono tra
sbuffi di vapore: non un sintagma, uno stilema [].
Non esistono dunque, in realt, degli oggetti bruti: tutti
sono abbastanza significanti in natura per diventare segni simbolici. Ecco perch lecita loperazione dellautore cinematografico: egli sceglie una serie di oggetti o cose o paesaggi o persone come sintagmi (segni di un linguaggio simbolico) che, se
hanno una storia grammaticale inventata in quel momento
come in una specie di happening dominato dallidea della scelta
e del montaggio hanno per una storia pregrammaticale
gi lunga e intensa [].
Ancora una cosa: nella sua ricerca di un dizionario come
operazione fondamentale e preliminare, lautore cinematografico non potr mai raccogliere termini astratti.
Questa probabilmente la differenza principe tra lopera letteraria e lopera cinematografica (se importa fare tale confronto).
Listituzione linguistica, o grammaticale, dellautore cinematografico costituita da immagini: e le immagini sono sempre concrete, mai astratte ( possibile solo in una previsione millenaristica
concepire immaginisimboli che subiscano un processo simile a
quello delle parole, o almeno delle radicali, in origine concrete,
che nelle fissazioni delluso, sono diventate astratte) [].
Tutto questo dovrebbe, in conclusione, far pensare che la lingua del cinema sia fondamentalmente una lingua di poesia.
Invece, storicamente, in concreto, dopo alcuni tentativi, subito
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Il linguaggio cinematografico
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2. LUIGI CHIARINI
Il dialogo cinematografico*
Della parola il film non ha mai potuto fare a meno, neppure
ai tempi del muto, quando i dialoghi erano costituiti da brevi
CHIARINI (1957).
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Il linguaggio cinematografico
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parola (testo teatrale). La dinamica del film poggia su una struttura pi articolata per cui episodi che nel dramma o nella commedia sono raccontati da uno dei personaggi, vengono tradotti
in azione diretta; le stesse esigenze di montaggio non tollerano,
molto spesso, la lunghezza delle battute teatrali. Il secondo
aspetto dato dallintegrazione, propria del film, del parlato con
lespressione mimica in unico linguaggio, e comporta, naturalmente, la necessit di scardinare la costruzione letteraria del
dialogo teatrale. La stessa recitazione cinematografica, che si
avvale tanto della possibilit di analisi della macchina da presa
(il Primo Piano dellattore pu cogliere le pi impercettibili
espressioni del volto) quanto di quelle del microfono (linterprete cinematografico non ha bisogno di mormorare gridando
secondo la felice espressione usata da Pudovkin per quello teatrale, giacch possono essere registrati i suoi toni pi sommessi,
anche i sospiri e persino lansimare), richiede una maggiore
naturalezza del dialogo, impostato comunque su una convenzione diversa da quella teatrale.
Di fronte alle opere classiche, di alto valore poetico, il problema diviene quasi insolubile e si accosta per molti riguardi a
quello della trasposizione cinematografica del melodramma. Le
numerose riduzioni dei drammi shakespeariani hanno provocato
studi e discussioni. Se in genere la critica stata quasi concorde
nel condannare i metodi di alterazione e manipolazione intesi a
rendere cinematografici i testi poetici di Shakespeare (lHamlet di Olivier, lOthello di Welles, il Giulietta e Romeo di
Castellani), non v dubbio che anche nelle forme pi rispettose
dellintegrit dellopera letteraria, come Henry V dello stesso
Olivier, limmagine finisce per prendere il sopravvento sul parlato: nel film, insomma, lo spettacolo visivo ha un risalto che va
a danno del testo [].
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Il linguaggio cinematografico
3. RUDOLF ARNHEIM
Muto contro sonoro
I.*
Dato che in queste settimane cade il decennale del cinema
parlato, abbiamo creduto opportuno di esaminare, come prima
cosa, la posizione che il pubblico cinematografico assume di
fronte a questo nuovo dono della tecnica, limitandoci alle risposte di due gruppi molto distanti, e precisamente degli operai e
degli studenti.
Fra gli operai, il film muto sembra che non abbia pi fautori.
Si delineano molto chiaramente due ragioni per cui la preferenza data al sonoro. Luomo semplice trova nello spettacolo filmico la possibilit di partecipare ad avventure emozionanti.
Non gli importa gran che se queste avventure sieno presentate o
meno con quella purezza stilistica che avvicina lavvenimento
individuale alla validit dellidea universale; cerca lo stimolo
della realt immediata. Ora, questo senso di realt immediata
evidentemente aumentato di molto dallaggiunta delle voci e dei
rumori allimmagine. Nel film sonoro c pi realismo, scrive
un operaio; esso d maggiore vita e risalto alla scena e agli
interpreti, dice un altro. Il sonoro d vita e animazione alla
scena che si svolge. (Le parole in cui si esprime questa sensazione sono spesso quasi identiche). Conseguenza del maggiore
realismo naturalmente un effetto emotivo pi intenso: il
sonoro mi d pi emozione.
Un altro vantaggio del film parlato non meno persuasivo. Il
cinema muto trovava una considerevole difficolt nello spiegare
trame un poco complicate e nel far comprendere i rapporti fra i
vari personaggi: bisognava ricorrere a simboli visivi, al mezzo
indiretto delle didascalie, ecc. La necessit delle trasposizioni
ottiche di concetti e di pensieri ha portato il cinema, indubbia-
ARNHEIM (1937).
Antologia critica
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mente, alle sue pi originali e pi belle espressioni, ma il silenzioso gesto di un giovane innamorato che sfiorava con le labbra
il bicchiere in cui la ragazza aveva bevuto, non aveva certo la
diretta comprensibilit delle poche parole banali: Ti amo
tanto!. Perci: Si pu seguire pi facilmente la trama, oppure: Il parlato definisce meglio certe situazioni che affaticherebbero troppo la mente.
Gli stessi argomenti ritornano anche nelle risposte degli studenti (Il sonoro alla portata di tutti i cervelli ci evita lo
sforzo di leggere aiuta e rende esplicite molte allusioni che
prima si affidavano al pi difficile linguaggio della pantomima o
dei giochi di inquadratura, dobbiettivo o di illuminazione), ma
sono completati da molti altri ragionamenti di diverso genere.
Gli studenti cercano di dimostrare che, al di l della loro
impressione personale, il film sonoro rappresenta in s un maggior valore assoluto: Una frase ben detta dallattore vale pi di
una frase, anche se ben letta, dallo spettatore. Il sonoro un
mezzo di registrazione pi completa: ci permette di sentire il
canto di certi magnifici artisti e, soprattutto nei film documentari, presenta, oltre allimmagine, anche le voci e rumori di
paesi lontani. I mezzi dellattore sono arricchiti, il suo lavoro
facilitato: gli interpreti manifestano una personalit pi spiccata e una mimica pi economica.
Data let degli studenti, non tutti si sentono in grado di giudicare il muto: Ne conservo pochi e vaghi ricordi Non
ricordo nessun film muto. Ci troviamo di fronte a una generazione che, frequentando le sale solo da circa dieci anni, quasi
non discute pi il sonoro; al massimo, si sforza di giustificarlo.
Una certa prevalenza dellargomento pi debole in favore del
sonoro si spiega anchessa con la giovinezza di chi lo cita: i giovani sono incantati dallidea del progresso senza indagare
troppo quale ne sia la portata. Infatti, chiamare antistorica la
preferenza data al muto, un punto di vista mai ammesso nel
campo dellarte, dove si equivalgono le opere di tutte le epoche.
Altrettanto male regge lanalogia con la tecnica (significherebbe usare la candela invece della luce elettrica), perch anche se
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Il linguaggio cinematografico
il sonoro rappresenta un importante perfezionamento della registrazione documentaria, abbracciando come fa un maggior
numero di dati reali, non , con questo, deciso ancor niente sul
valore artistico dellinnovazione. molto pi seria laffermazione che il sonoro abbia messo a disposizione del regista un
nuovo mezzo espressivo, anche se non tutti sieno disposti ad
ammettere che esso non disturba minimamente limmagine.
Molti anzi si lamentano dellirrigidimento subito dalla scena
visiva: Dopo lintroduzione del sonoro, il cinema, invece di
diventare sonoro, diventato pi o meno teatro Occorre che
la musica e il suono non invadano il primo piano, perch il cinema e rimarr sempre arte visiva Si constata una sorta di
contaminazione fra il cinema, che non parola, e il teatro, che
, quasi esclusivamente, parola Dialogo scarno: azione,
azione, azione!.
Abbiamo detto che la maggior parte dei giovani studenti non
vede la possibilit di discutere il parlato come principio, e perci le obiezioni qui citate non si dirigono contro il nuovo mezzo
in s, bens contro il suo uso attuale. quistione di misura.
Tuttavia non mancano quelli che vi sospettano un problema pi
fondamentale. D a pensare il fatto che larte di alcuni grandi
artisti, per es. quella di Keaton, stata distrutta dal parlato. Per
questa ragione, alcuni non esitano a dare la preferenza al muto:
Certi gesti di Charlot e della Garbo valgono qualunque battuta. I capolavori del cinema appartengono allepoca presonora;
ma potrebbe tuttavia darsi che la colpa non sia unicamente della
parola parlata: La sempre pi perfetta organizzazione industriale tende a fare del film un prodotto soprattutto commerciale, anonimo, o che al massimo reca limpronta della Casa editrice. Questa eleva il tono medio della produzione, ma non permette pi a personalit potenti di esprimere liberamente il proprio mondo poetico. E le opere vitali sono pi rare che mai.
Unosservazione che tocca le radici del problema estetico:
Il suono mi impedisce di gustare gesto e fotografia; e due
risposte alle affermazioni di quelli secondo i quali una maggiore
completezza dei mezzi tecnici porta ad una forma artistica pi
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II.*
Il disagio suscitato dai film sonori provocato, sembra, dal
fatto che lattenzione dello spettatore viene distolta, perch
attratta verso due campi opposti: due mezzi combattono per
conquistare lo spettatore invece di avvincerlo con forze concordi. Poich tali mezzi si affaticano a esprimere in modo doppio
lidentico soggetto, si crea una sconcertante simultaneit di due
voci, ognuna delle quali non pu dire che la met di quanto vorrebbe, perch disturbata dallaltra [].
Non pare probabile che la causa del disagio suscitato dal
cinema parlato sia di per s la combinazione di immagine in
movimento e parola parlata; giacch tale accoppiamento sembra
giustificato dallarte del teatro, arte antichissima e molto feconda. Lerrore potrebbe invece risiedere nel modo speciale in cui il
cinema parlato effettua questa tradizionale combinazione [].
[P]er giustificare laccoppiamento di pi mezzi per esempio dellimmagine animata e della parola in unopera darte
non basta il fatto che anche nella realt elementi visivi e sonori
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4. ETTORE ALLODOLI
Il (neo)purismo e lo spirito antiborghese
nella lingua del cinema
I.*
La produzione cinematografica [] talmente sui generis
rispetto alle altre letterarie artistiche che il soggettista pu rimanere allo stato di autore di canovaccio e la rielaborazione dialogicolinguistica potrebbe essere compiuta da un altro senza
troppo scandalo. Quello che occorre la massima reverenza alla
lingua italiana nel momento dellattuale sua evoluzione e nel
punto della sua freschezza reale immediata. La simultaneit
scorrevole delle cose sullo schermo non tollererebbe nel linguaggio nessuna riesumazione filologica e nessun fantasioso
anticipo. Il popolo che affolla le sale vi si deve riconoscere in
quel preciso affermarsi della personalit che il parlare. Se si
continuasse a rendere stabile una forma di espressione sbiadita,
poco colorita, fatta di svenevolezze tra borghesi e aristocratiche
n carne n pesce e cosparsa di sfarfalloni, grave sarebbe il
danno sullanimo del pubblico il quale va al cinema fiducioso,
con lintento di divertirsi anzitutto, ma lieto di uscirne come
da una scuola piacevole dove ha imparato molte cose e sar purtroppo tratto ad imitare, esprimendosi, certe superfluit ridicole
che potranno sembrare oro colato, avendole sentite in bocca a
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Il linguaggio cinematografico
nali. Un attento conoscitore della nostra lingua e di quella straniera e un osservatore al corrente dello stato attuale della lingua
nazionale non dovrebbero essere imbarazzati a ricavare i risultati migliori [].
Non vogliamo che il cinema prenda landazzo di un divertimento letterario ridotto per piccoli borghesi. Sia una cosa diversa dal libro anche per linguaggio, ma non mai un sunto n una
riduzione manualistica. Lespressione linguistica in cui si risolve
cinematograficamente Dostojewski, Hugo, Dumas, Sthendal
devessere unespressione italiana, tutta italiana attuale ma che
deve aderire e far aderire le migliaia di anime a quelle unit artistiche inconfondibili [].
Nel cinema per qualche volta il doppiatore deve sapere sparire e lasciare le cose come stanno []. NellUomo di Aran
poema cinematografico di fragore oceanico, di cupezza nordica,
nelledizione italiana cerano certe interruzioni di pescatori in
dialetto che parevano e volevano forse essere napoletano, e sciupavano ogni nostra commozione davanti a quella barbarie desolata di natura che non doveva essere richiamata a visioni solari e
serene, in quel momento. Mentre, quale drammatica efficacia,
per citare a caso, nei film di motivo cinese come Tempeste sullAsia, LAmaro T del generale Yen, Shangai Express,
ecc. il sentire dare in cinese certi secchi comandi di fucilazione
o di taglio di teste! [].
evidente che una rappresentazione in lingua originale dei
film stranieri che teoricamente toglierebbe di mezzo ogni difficolt non possibile. Sarebbe per bello immaginare il giorno
in cui i film italiani siano di tale preponderanza artistica e
numerica che possano ridurre al minimo limportazione degli
altri di fuori, e allestero siano integralmente sentiti e visti da
milioni di spettatori: trionfo imperiale della lingua italiana.
Questo un ideale ma per avvicinarvisi un poco si potrebbe
intanto da noi, pi di quello che attualmente si faccia, spesseggiare in film dati nella lingua originale, con opportuni sottotitoli, e non a un ristretto pubblico di competenti o di amatori raffinati, ma anche al gran pubblico [].
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Ogni film dovrebbe avere il suo revisore linguistico obbligatorio, e annunziato sullo schermo insieme con tutti gli altri collaboratori []. Revisore: che dovrebbe essere persona diversa
dal soggettista o dallautore dei dialoghi o dal traduttore o riduttore di quelli stranieri. Revisore: persona riconosciuta ufficialmente e responsabile dellespressione italiana nei film nostrani e
doppiati, che talvolta potrebbe non avere quasi nulla da obiettare e talvolta avere molto lavoro [].
Anche nelle produzioni cinematografiche migliori e pi intonate alla modernit del linguaggio c sempre qualche cosa che
non va []
[N]el dialogo [] [NDR: del film La kermesse eroica (La
Kermesse hroque), 1935, di Jacques Feyder] un Mi pungi
[] poteva essere sostituito benissimo da un Mi buchi.
All, all va sparendo ma ci sono ancora il rendezvous
e il savoir faire. Si sente ancora a tutto spiano ripetere nella
conversazione il voi formula di convenienza non pi comune,
non familiare, non propriamente nostra, e che d al colorito dialogico un tono mondano snobistico, un tono esagerato e falso
[].
Quante nel the? una zolla, due? (grande e dura parola,
come immeschinita!), un attimo (qualcuno degli spettatori
non dir pi un momento e vorr dire anche lui un attimo
perch lha sentito da una elegante signora sullo schermo), e
Addio in principio dincontro tra due grottesco ch la sublime parola si pronunzia solo nel licenziarsi. E si dovrebbe togliere di mezzo slubre, rgime, sdruccioli che si sentono ripetere da qualche annunziatore cinematografico, camera da letto
(basta: camera). Ultimamente ho anche sentito nellAngelo
bianco (perch non: Angiolo?): la sentinella non far passare, lei fa il suo dovere dove da notare la doppia stortura:
forma oggettiva adoperata per la soggettiva e mancata sostituzione, come luso ormai richiede, con il dimostrativo essa. E
che dire poi dei lunghissimi imperfetti in seconda persona plurale che danno carattere eccessivamente mondano [], mi
amavate, mi baciavate, mi baciucchiavate, mi aspettava-
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II.*
Il cinema influisce ogni giorno su milioni e milioni di esseri
come il libro su alcune migliaia, e questo un fatto nuovo di
divulgazione delle cose espressive, dopo secoli e secoli; perch,
anche nei periodi di massima diffusione di lettura nelle classi
popolari, il libro goduto stato sempre privilegio di una minoranza [].
[I]l tono dialogico dei film italiani (e quello dei doppiati [])
spesso slavato, sbiadito, svenevole e privo di quellevidenza
rappresentativa, cui invece arrivata la nostra prosa narrativa, la
nostra letteratura di creazione e, in parte, anche il teatro.
Il cinema, che il pi in vista e il pi diffuso tra i mezzi linguistici espressivi, dovrebbe invece essere lesempio di questo
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5. PAOLO MILANO
Lantipurismo e luso medio nella lingua del cinema*
Che lingua, che italiano devono parlare quelle larve danzanti, quelle siluette impalpabili e frementi che sono i personaggi
del Cinema? C il caso che la questione della lingua, viva e
verde con tanti secoli addosso [], ottenga finalmente un paragrafo nelle estetiche dello schermo italiano?
[] [C]he valore ideale, quale funzione esteticamente
appropriata pu avere il dialogo in un film? Gettiamoci allo sbaraglio, e, saltando a pi pari la trafila delle argomentazioni,
diciamo che il dialogo sta al film come il libretto alla musica
dopera. Per noi il film unarte figurativa a cui il movimento
impone lobbligo di narrare. Ma una pantomima tutta silenziosa, o sattiene a una vicenda molto povera, oppure sinceppa nel
racconto, perch le mancano le cerniere, quelle che nel film
muto erano fornite dalle didascalie. Ben venga dunque il dialogo ad offrire i trapassi e i nessi logici su cui si leveranno i ritmi
della visione, appunto come nellopera lirica sullordito del
libretto si annoda la trama della melodia. Ma come nel melodramma tutto funzione della musica, cos nel film tutto sbocca
nellimmagine semovente: libretto o dialogo, sono il materiale
grezzo, il recipiente, limpalcatura, la pedana da cui larte prende lo slancio. E allora, se questo vero, che dialogo si dovr
parlare? Che linguaggio sceglier il Cinema, fra i molti che ogni
lingua possiede? Il pi semplice, il pi documentario, il pi
legato allesistenza spicciola e quotidiana. Qualunque altro lin-
MILANO (1938).
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Il linguaggio cinematografico
altri sono legati a ineludibili eventi storici, fondano i loro soggetti su consuetudini locali, su attori dialettali, su celebri testi
teatrali o letterari italiani [].
Il legame fra lingua e ambientazione comunque tuttaltro
che scontato. Il fattore decisivo nel favorire la coloritura dialettale sembra essere costituito dalla tradizione teatrale. Le regioni
che pi spesso attingono a una caratterizzazione di questo tipo
sono infatti la Campania, il Veneto e la Lombardia. Anche il
piemontese e il siciliano (pi che altro attraverso luso dellitaliano regionale) godono di qualche attenzione, mentre scarsa,
fino agli anni di guerra, la presenza del romanesco e dellabruzzese, e ancor pi del ligure e dellemiliano. Determinante in
questi casi il ruolo degli attori: il romanesco e il ligure devono a
Fabrizi e Govi la loro tardiva comparsa negli anni di guerra, labruzzese (soprattutto italiano regionale) conosce una certa diffusione nella commedia grazie alle macchiette a cui d vita Virgilio Riento.
Senza la mediazione di popolari testi, o attori teatrali, il cinema si dimostra invece restio ad arrischiare un parlato regionale.
I film o sequenze ambientati sulle Alpi sono, con leccezione dei film di guerra, rigorosamente privi di elementi linguistici regionali. Il cinema non parla dunque n dialetti valdostani
n trentini, mentre per i montanari veneti si accontenta di un
dialetto riconducibile al veneziano. Naturalmente, ci si guarda
bene dal concedere qualsiasi spazio al tedesco nelle ambientazioni altoatesine: la pi violenta campagna linguistica del regime infatti proprio quella per litalianizzazione del Tirolo [].
Il Friuli, la Sardegna e buona parte delle regioni meridionali
sembrano restare escluse in questi anni da qualsiasi tipo di rappresentazione, e la loro presenza rester del tutto marginale
anche nel dopoguerra [].
Nella trasposizione del teatro dialettale si fa riferimento non
tanto al testo scritto, ma piuttosto a una tradizione orale ben
padroneggiata dagli interpreti, abituati a italianizzare progressivamente il testo delle rappresentazioni extraregionali. Rivolgendosi attraverso gli schermi alla nazione intera, gli attori adottano
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una variet linguistica che salva latmosfera dialettale senza precludere la comprensione del dialogo.
Nel passaggio dal libro o dal palcoscenico al set si possono
incontrare anche casi di integrale traduzione in italiano: si veda
ad esempio Se non son matti non li vogliamo, tratto nel 1941 da
Esodo Pratelli in collaborazione con Guglielmo Usellini e
con il commediografo veronese Renato Simoni dalla commedia veneziana Se no i xe mati no li volemo, scritta da Gino
Rocca nel 1926. Non mancano tuttavia neppure gli esempi di
procedimento opposto: si veda la corona di personaggi minori
dialettali che ravviva lambientazione romanesca di Via delle
cinque lune di Luigi Chiarini, tratto dal racconto di Matilde
Serao O Giovannino o morte, nel quale lunico elemento dialettale era costituito dalla citazione di quattro versi di una canzone
napoletana (nel film troviamo invece unaltra citazione: quella
di un sonetto del Belli). Si vedano ancora la presenza consistente dei dialetti veneto e piemontese, e di altre variet di italiano
regionale, nel Piccolo alpino di Oreste Biancoli, tratto dal popolare romanzo di Salvator Gotta, praticamente privo di elementi
dialettali. Alle prese con una delle pi celebri commedie di Goldoni, Chiarini non rinuncia a colorirla di pi inserti dialettali
non autorizzati dalloriginale: nella Locandiera (1944), oltre ad
alcune battute isolate in veneziano, introduce la recitazione a
tavola di rime dialettali, e nella parte finale una recita di Arlecchino a teatro e un brano di farsa veneziana sulla Turandot [].
I caratteristi dialettali di intonazione comica, che alla fine
degli anni trenta iniziano ad operare anche in alcuni film drammatici, costituiscono una piccola folla. Fra i maggiori andr
citato Virgilio Riento []. Fra gli altri interpreti si segnalano
Nino Taranto [], Franco Coop [], Vincenzo Scarpetta [],
Roberto Bianchi [], Nicola Maldacea [] e Agostino Salvietti [].
Il parlato regionaledialettale pi frequente negli uomini
che nelle donne, negli anziani che nei giovani, e interessa in
minima misura personaggi di elevata condizione sociale. Questembrionale attenzione sociolinguistica si ferma per nella
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vicende contemporanee o passate, anche di finzione, che si svolgono in rapporto a precisi eventi storici.
Il filone risorgimentale, particolarmente nutrito negli anni
trenta, si segnala fin dallinizio per la sua spiccata propensione
ad accogliere elementi dialettali. Questa tendenza tende a
diffondersi anche in alcuni film di argomento in qualche modo
contiguo, quelli cio che celebrano gli eroi dellideale italiano
prerisorgimentale: Fra diavolo, sul bandito Michele Pezza, La
fanciulla di Portici, su Masaniello, Unavventura di Salvator
Rosa, sullomonimo artista e spadaccino, rappresentato come un
difensore del popolo napoletano contro i dominatori stranieri.
A parte 1860 [NDR: 1934, di Alessandro Blasetti] [],
lambientazione e il dialetto (o italiano regionale), saranno prevalentemente campani, con brevi inserti in altri dialetti [].
Nei successivi film risorgimentali il dialetto perde in peso
complessivo e, a differenza da quanto avveniva in 1860, veicola
raramente ragioni ideali e politiche. Le esortazioni allimpegno,
le enunciazioni patriottiche restano affidate allitaliano, a tutto
vantaggio della retorica. La lingua regionaledialettale generalmente parlata da qualche personaggio popolare del gruppo
degli insorti [].
Dove non si mescolano le parlate di pi parti dellItalia, il
confronto diretto con gli stranieri sufficiente a legittimare il
ruolo del dialetto in difesa dellidea nazionale, contro la dominazione anche linguistica straniera [].
Si ripropone dunque un modello []: il dialetto o litaliano
regionale vengono assunti non come male minore, ma come una
sorgente di italianit popolare di fronte alla paventata contaminazione straniera. Al dialetto tocca insomma la parte di difensore della coscienza nazionale contro i pericoli della dominazione
straniera, della perdita dellidentit, dello snobismo xenofilo.
Il dialogo dialettale e pluridialettale di 1860 rester un modello per la rappresentazione degli ambienti militari: lo si potr
trovare, con decisa prevalenza delle parlate settentrionali, nei
film sulla grande guerra (Scarpe al sole, 1935; Il piccolo alpino,
1940), sulla campagna dEtiopia (Il grande appello, 1936), e
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In un cinema che preferisce alle adunate della giovent littoria le sfilate di moda per signora, e alle folle di piazza Venezia
le feste da ballo dellaristocrazia ottocentesca o dellalta societ
ungherese, non ci si pu [] aspettare di incontrare forti riflessi
della lingua ufficiale del fascismo, di parole dordine e discorsi
del duce, del suo vocabolario.
Procedimenti retorici tipici anche della lingua mussoliniana
(ad esempio laccumulazione verbale, lanafora, la predilezione
per i ritmi ternari e per gli effetti fonici), non sono naturalmente
assenti nel parlato cinematografico, ma per potervi riconoscere il
riflesso pi o meno consapevole di un modello dovrebbero comparire in insiemi di tratti coerenti o in contesti significativi. A
parte rare eccezioni, per, temi politici o ideologici restano del
tutto estranei alluniverso dialogico dei film di ambientazione contemporanea. Le finalit di intrattenimento sono quasi ovunque
preminenti, e se la polemica antiborghese o antiparlamentare sono
talvolta percepibili in filigrana, si tratta nella maggior parte dei
casi di suggestioni implicite, legate allo sviluppo narrativo, piuttosto che di aperte argomentazioni. Anche nei riguardi della
donna e della famiglia, invano si cercherebbe nel cinema il frasario fascista sulla campagna demografica, contro la donna moderna
e la donnacrisi, sebbene verso i ruoli sociali graditi al regime
vengano indirizzate nei finali anche le eroine pi anticonformiste.
Nei film di guerra non raro che compaiano orazioni militari
o bollettini radiofonici, di solito in passi brevi e non troppo elaborati: il mito fascista dellazione pienamente consonante con
le esigenze di spettacolarit e di ritmo del cinema, e i discorsi
patriottici vengono quindi liquidati con poche parole, per dare
spazio ai fatti [].
Lattualit del conflitto penetra nelle commedie in modo sottile e inconscio e trapela anche nei film in cui pi intensa la
vocazione onirica e pi pronunciata labdicazione alla realt.
La lingua diventa ancora una volta un rilevatore eccezionale:
metafore e traslati tratti dal lessico della guerra e trapiantati nellarchitettura sentimentale delle commedie tradiscono il centro
privilegiato dinteresse degli italiani [].
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Il linguaggio cinematografico
Ad un primo sguardo, la caratteristica pi evidente dellitaliano comunemente usato nel cinema degli anni trenta la sua
disponibilit ad accogliere forme in netto declino nella lingua
del Novecento e poco probabili nel parlato. il caso della i
prostetica nelle parole inizianti in s impura; dei pronomi personali egli, ella, ed esso (usato anche per referenti animati), e del
dimostrativo codesto, riscontrabili in prevalenza in contesti
drammatici. Forme come giuoco e giuocare sono molto frequenti in concorrenza alle rispettive forme non dittongate.
Anche nella flessione verbale si notano tipi ormai in disuso: fra
gli allomorfi veduto e visto, ad esempio, il primo vivissimo,
anche in contesti decisamente colloquiali e nei composti preveduto e riveduto; sia di debbo che di fo si incontrano inoltre
esempi non marcati regionalmente, anche se il secondo tipico
in contesti toscoromani. Si notano inoltre locuzioni quali per il
primo, e costrutti sintattici del tipo di possibile di fumare e
Non credi che ti convenga di finire?.
Una certa rigidit del parlato sembra tuttavia dovuta, pi che
alla morfologia e alla sintassi, ad alcune scelte delle parti invariabili e del lessico. Sebbene siano praticamente assenti gli aulicismi veri e propri, a parte i casi di uso ironico, si ha limpressione che fra le possibili varianti sinonimiche si tenda spesso ad
evitare la pi comune: ad esempio nelluso di seguitare e udire,
a svantaggio di continuare e sentire [].
Questi tratti linguistici desueti, che attraggono lattenzione
per la loro scarsa naturalezza in un contesto orale e devono aver
contribuito non poco a diffondere limmagine di un parlato rigido, imbalsamato, lontano dalluso corrente, non sono per egemoni in tutta la produzione. A ben guardare, infatti, si noter
come in molti di questi film compaia una variet di italiano
molto meno appariscente, che risulta informato a una norma
non rigida, aperta a forme proprie della lingua colloquiale e parlata, non certo gradite allora, ma spesso neppure oggi a
grammatici e maestri di scuola.
difficile dire quale sia il grado di consapevolezza dei realizzatori in questo processo. La mancanza dei copioni non ci
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Il linguaggio cinematografico
regionale [] [e] parole di provenienza gergale, fra cui si possono distinguere le voci di guerra, entrate nel lessico comune
nel primo dopoguerra, e quelle derivate dal gergo della malavita, spesso penetrate prima nelluso regionale e di qui nella lingua nazionale [].
Il film comico, sulla scia dello straordinario esempio di
Petrolini e con in prima fila interpreti come Tot, Macario,
Musco, Peppino De Filippo e Fabrizi, il luogo di un gioco
sulla lingua che ne mette in evidenza le contraddizioni, la
variet interna, la tensione fra uso letterario o specialistico e lingua comune, le difficolt dei parlanti di fronte alla lingua italiana. Giunge cos nel cinema, per il tramite della rivista e dellavanspettacolo, un tipo di comicit che ha gi alle spalle una
lunga tradizione e che conoscer infinite variazioni nel cinema
del dopoguerra [].
Con questa breve serie di istantanee sullitaliano cinematografico si cercato di contraddire limmagine di un parlato artificioso, aulico, imbalsamato, per mettere in evidenza lintrecciarsi di forze contrastanti in una lingua ancora in gestazione,
che non sa liberarsi del tutto dalle norme astratte impartite dalla
scuola, ma cerca vivacit ed efficacia comunicativa in consuetudini verbali condannate o ignorate da grammatiche e vocabolari,
ricorrendo a fini espressivi anche alluso regionale, popolare e
gergale. N le prescrizioni scolastiche, n le idiosincrasie del
regime possono impedire al cinema di impegnarsi, ora con maggiore ora con minor successo, nella ricerca di una lingua il pi
possibile adeguata alle sue necessit espressive, attingendo ad
un repertorio che, come abbiamo visto, gi dai primi anni del
sonoro pu comprendere molti dei dialetti italiani e delle lingue
europee. Per questa via il cinema si ritrova ad accogliere, in
anticipo sugli altri media, realt linguistiche in pieno sviluppo
in quegli anni come le variet regionali dellitaliano, e ad
ammettere elementi della lingua parlata di cui grammatici e
scrittori hanno diffidato e discusso per secoli.
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7. LUIGI PIRANDELLO
Cinema e teatro*
Chi mi ha sentito parlare delle esperienze dei miei molti viaggi sa con quale ammirazione io parli dellAmerica e con quanta
simpatia degli Americani. Ci che sopra tutto in America mi interessa la nascita di nuove forme di vita []. In Europa la vita
seguitano a farla i morti, schiacciando quella dei vivi col peso
della storia, delle tradizioni e dei costumi. Il consistere delle vecchie forme ostacola, impedisce, arresta ogni movimento vitale.
In America la vita dei vivi []. La vita in Europa soffre
del troppo consistere delle sue vecchie forme; e forse in America soffre del troppo muoversi senza forme durevoli e consistenti
[]. Le forme, finch restano vive, cio finch dura in esse il
movimento vitale, sono una conquista dello spirito. Abbatterle,
vive, per il gusto di sostituir loro altre forme nuove, un delitto,
sopprimere unespressione dello spirito. Certe forme originarie e quasi naturali, con cui lo spirito si esprime, non sono sopprimibili, perch la vita stessa ormai naturalmente si esprime in
esse; e dunque non possibile che invecchino mai e che siano
sostituite, senza uccidere la vita in una sua naturale espressione.
Una di queste forme il teatro.
Il mio amico Jevrejenoff [NDR: Nikolaj Nikolaevic Evreinoff], autore di una commedia che anche gli Americani hanno
molto applaudito, arriva fino a dire e a dimostrare in un suo
libro che tutto il mondo teatro e che non solo tutti gli uomini
recitano nella parte che essi stessi si sono assegnata nella vita e
che gli altri hanno loro assegnata, ma che anche tutti gli animali
recitano, e anche le piante e, insomma, tutta la natura.
Forse si pu non arrivare fino a tanto. Ma che il teatro, prima
dessere una forma tradizionale della letteratura, sia unespressione naturale della vita non , in alcun modo, da mettere in
dubbio.
PIRANDELLO (1929).
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da a lei impropria, quella della letteratura (narrazione o dramma). Su questa strada si trovata per forza in una doppia impossibilit, e cio:
1) nellimpossibilit di sostituire la parola;
2) nellimpossibilit di farne a meno.
E con questo doppio danno:
1) un danno per s, di non trovare una sua propria espressione libera dalla parola (espressa o sottintesa);
2) un danno per la letteratura, la quale, ridotta a sola visione,
viene per forza ad aver diminuiti tutti i suoi valori spirituali,
che, per essere espressi totalmente, hanno bisogno di quel pi
complesso mezzo espressivo che loro proprio, cio la parola.
Ora, dare meccanicamente la parola alla cinematografia non
rappresenta mica un rimedio al suo errore fondamentale, perch
anzich sanare il male lo aggrava, sprofondando la cinematografia pi che mai nella letteratura. Con la parola impressa meccanicamente nel film, la cinematografia, che muta espressione di
immagini e linguaggio di apparenze, viene a distruggere irreparabilmente se stessa per diventare appunto una copia fotografata
e meccanica del teatro: una copia per forza cattiva, perch ogni
illusione di realt sar perduta per le seguenti ragioni:
1) perch la voce di un corpo vivo che la emette, e nel film
non ci sono i corpi degli attori come a teatro, ma le loro immagini fotografate in movimento;
2) perch le immagini non parlano: si vedono soltanto; se
parlano, la voce viva in contrasto insanabile con la loro qualit
di ombre e turba come una cosa innaturale che scopre e denunzia il meccanismo;
3) perch le immagini nel film si vedono muovere nei luoghi
che il film rappresenta: una casa, un piroscafo, un bosco, una
montagna, una vallata, una via, fuori perci sempre, naturalmente, dalla sala dove il film si proiettato; mentre la voce
suona sempre dentro la sala presente, con un effetto, anche per
questo, sgradevolissimo dirrealt, a cui s voluto portare un
rimedio anche qui peggiore del male mettendo ogni volta, e una
alla volta, in primo piano le immagini che parlano, con questo
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Cosa legge litaliano medio e cosa possiede nella sua biblioteca ideale?
uninterrogazione che ci si pone da qualche tempo: cosa
leggeva a livello popolare, a livello piccoloborghese, che
modelli ideologici e narrativi ricercava e trasmetteva questo
ideale italiano medio?
Il cinema, da subito, pesca dentro a questi modelli e li traduce; che tipo di traduzione di strutture narrative e ideologiche si
proponga la produzione cinematografica fin dallinizio riguarda
il problema del contatto dei codici e della trascodificazione e
abbreviazione. Un esempio che vi posso dare questo: la fortuna ciclica di film tratti da romanzi popolari che si ripetuta fino
ad anni assai recenti.
I due Foscari, per es., o Il ponte dei Sospiri o anche La cieca
di Sorrento o Le due orfanelle, hanno avuto varie trascrizioni
cinematografiche fino ad un certo limite, che quello degli anni
Cinquanta.
La rifondazione e la riproposta del genere popolare o dei
modelli della letteratura popolare ottocentesca in tempi pi
recenti non hanno trovato una risposta di massa come sempre
aveva trovato negli anni Dieci, negli anni Venti, in momenti di
crisi del cinema italiano, negli anni Quaranta in prossimit di
Sal, alla fine degli anni Quaranta quando si trattava di far giocare questi modelli popolari in sostituzione [di quelli] del Neorealismo ideologicamente pi pericolosi. Perch avvenuto questo? Non funziona pi lideologia e la morale complessiva? Non
funzionano i modelli narrativi, la morale sessuale, il modo in
cui rappresentata la donna? Il problema aperto [].
Quindi: biblioteca dellitaliano medio e sua trasformazione,
come cresciuta, come si mutata e rapporto con questa filmoteca dellitaliano medio [].
Che modelli linguistici narrativi offre questo tipo di film?
[] [I]l tipo di racconto dominante che il cinema offre dalle
origini [], estremamente formalizzato e formalizzabile, ha
alle spalle, e presuppone sempre, una traduzione di modelli
anteriori di tipo ottocentesco. Il cinema non fa che prendere
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II.*
A cavallo degli anni del boom la produzione dispiega a soggettisti e sceneggiatori, con il suo fervore diniziative, una quan-
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tit di offerte impensabile nel decennio precedente. La categoria, che affronta ancora unita la diversa situazione, avverte il
mutare della domanda, laprirsi a ventaglio delle possibilit di
immissione, nel lavoro linguistico e nel racconto, sia di temi da
anni divenuti tab, che del profondo mutamento in atto nei comportamenti sociali.
Larte di bottega della sceneggiatura raggiunge, nel decennio che sta per iniziare [NDR: 19601970], il momento del
massimo splendore [].
Una generazione di scrittori per il cinema subisce un processo interno di trasformazione senza che si attui un naturale
ricambio. In pratica, tra tutte le categorie professionali, questa
la pi longeva e meno soggetta ai fenomeni dinvecchiamento.
In questo periodo, che appare come un momento alto e
profondo della parabola creativa di gruppo, si determina anche
una progressiva specializzazione, formazione di team fissi con
registi, che facilita il riconoscimento dellapporto degli sceneggiatori. La commedia unifica i procedimenti ed esalta laffermarsi
di una tendenza dominante, che assoggetta tutte le altre [].
[Molti] sceneggiatori, nel momento in cui riescono a raggiungere risultati di rilievo, contribuiscono a spostare lasse della
produzione dalla parte dellinvenzione di soggetti cinematografici originali a scapito della dipendenza e del cordone ombelicale
mai spezzato con quellideale biblioteca popolare, a cui pi volte
ci si richiamati fin dalle origini del muto. Dopo quasi cinquantanni di sfruttamento di un repertorio canonico di situazioni, intrecci, personaggi, avvenimenti della letteratura, teatro,
opera lirica, i legami si sciolgono quasi di colpo. A svolgere un
analogo servizio sar chiamata, dora in avanti, la televisione.
Lindustria culturale ha mutato le sue regole: si va alla conquista di nuovi pubblici, si varano programmi di massima divulgazione di collane economiche e il cinema avverte la necessit,
in parallelo, di promuovere lo spettatore a un contatto pi stretto
e frequente con trascrizioni di testi dalla letteratura contemporanea. Non pi dignitose esecuzioni, ma interpretazioni molto
marcate, motivate e personali dei testi a cui si attinge.
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due mondi, della distanza quasi galattica tra di loro (Capolinea, Capolinea?, Lambrate, Lambrate?). Per
comunicare si ricorre a singole parole, a gesti, fotografie, come
fa ancora Rosaria mostrando la foto di Vincenzo al bigliettaio:
Mio figlio. Suo figlio!. lui che ci ha fatto venire qui.
Nello stesso tempo vengono attivati una serie di processi che
sviluppano una grande mobilit linguistica in senso geografico,
dialettale, sociale, generazionale e travolgono rapidamente tutto
luniverso neorealistico e post.
Il viaggio linguistico vede affiorare, nello stesso tempo, i
nuovi protagonisti del boom, delleconomia sommersa, del
miracolo, accanto alle sopravvenienze sociologiche degli anni
cinquanta. Come quelle dei ragazzi di vita dei primi film di
Pasolini [].
Il movimento e luso del linguaggio sono [] doppi: da una
parte, si mira alla dissoluzione, alla disgregazione, allafasia, al
silenzio e alla perdita di comunicazione, dallaltra, si cerca di
innestare, su un corpo linguistico ibrido (in cui la tendenza
verso la lingua unitaria non schiaccia del tutto le resistenze dialettali), continui apporti e neoformazioni italiane e straniere. Il
frequente spostarsi dei protagonisti oltre frontiera arricchisce le
competenze linguistiche, mostra un dominio sempre pi sicuro
di vari tipi di lingue [].
Un fenomeno che ha contribuito alla disgregazione linguistica con intenzioni meno nobili riguarda lingresso crescente di
forme verbali apertamente scurrili, oscene e volgari. La trivializzazione, che nei primi anni sessanta appare come una caratteristica legata alle aree sociali del sottoproletariato (i protagonisti
dei film di Pasolini), dilaga poi nella commedia e, poco a poco,
invade anche le zone alte della produzione fino a toccare un
regista come Visconti, tradizionalmente legato a un tipo di linguaggio non trasgressivo anche se carico di espressivit [].
Concepito inizialmente come un modo di liberazione da una
serie di tab sessuali, linvasione del lessico osceno, o almeno la
sua estrema familiarizzazione, agisce a scapito di altre forme di
attivit linguistica e conoscitiva e impoverisce le tensioni inno-
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lo, latinismi e pseudolatinismi come deus vult, deus non vult, est
claro, una serpe in pectore, currere, deformazioni verbali in
serie sentuto, sparuto, finuto, gli avverbi e le voci come
indrieto, arreto, innante, sanza, le congiunzioni anco e
almanco Linvenzione di questa lingua franca dura solo lo
spazio di due film (il secondo Brancaleone alle crociate) e
costituisce un notevole sforzo di rinnovamento dei moduli linguistici in un momento di grande dilatazione delle possibilit
visive.
9. ALBERTO MENARINI
Come funziona e come andrebbe sorvegliato
il parlato filmico italiano*
Sappiamo che doppiare un film cosa seria e difficile e che
ci sono difficolt tecniche e materiali notevoli. Anzitutto, gli
interpreti ascoltano il parlato originale e lo traducono; altri
esperti debbono adattare questa traduzione in modo che la sua
durata quadri con quella delloriginale, e che i suoni coincidano,
per quanto possibile, con i movimenti delle labbra dellattore
sullo schermo; i doppiatori, imparata la parte, la recitano dinanzi al microfono per impressionare la colonna sonora italiana, e
per far ci debbono procedere scena per scena, pezzo per pezzo,
con la pellicola tagliata in frammenti. Infine, c la difficile fase
del montaggio finale.
Tutto questo rende praticamente ancor pi ardua la redazione
del testo definitivo del doppiato italiano che deve sostituire
quello originale straniero, redazione delicata e complessa, per
cui tutte le capacit tecniche del regista, del direttore di produzione, dellautore dei dialoghi, o di chiunque vi debba metter
mano, sono chiamate a raccolta. La scelta del tono generale del
parlato e dello strato linguisticosociale intonato allazione e
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allambiente del film, forse la pi delicata. Bisogna, mi sembra, decidere sullopportunit, o sulla possibilit, di rispettare
quelli originali, nel qual caso occorre mantenere per tutta la
durata del film unaderenza, un equilibrio e unarmonia che solo
un mestiere raffinato e un notevole temperamento artistico possono assicurare; oppure, optare per uno spostamento sopra un
piano diverso, e rimettersi allora al giudizio di persone dotate
della sensibilit, del gusto e dellesperienza necessarie. Infatti il
cinema non soltanto tecnica pura ma anche arte e psicologia, e
il pubblico ha esigenze proprie, che possono benissimo non
accordarsi con le vedute professionali, o commerciali, dei produttori del film.
Tuttavia, il pubblico conosce ben poco dei criteri che guidano detti esperti nella scelta del parlato italiano, originale o
doppiato che sia, e specialmente nellimpiego di determinate
parole o locuzioni la cui adozione avrebbe dovuto generare
dubbi e perplessit e imporre accurate valutazioni preventive,
sia perch appartengono a un settore speciale della nostra lingua
(tecnico, popolare, triviale, ecc.), sia perch sono particolari di
una data zona o regione e quindi probabilmente ignoti a una
parte del pubblico stesso. persino dubbio che di criteri veri e
propri si possa sempre parlare, e ad ogni modo si ha limpressione che anche queste faccende vengano risolte in famiglia,
intendo dire senza lintervento dei tecnici meglio qualificati,
vale a dire degli specialisti della lingua.
Eppure, il problema di porre sulle labbra degli attori teatrali
e cinematografici e degli annunciatori alla radio un linguaggio
che sia abbastanza vivace e originale da avvincere gli ascoltatori, ma non tale da urtarne la sensibilit e le abitudini linguistiche
con uscite stonate o scorrette, nonch di evitare regionalismi o
forme della lingua troppo arcaiche o troppo moderne, che
rischierebbero di non venire intese dal nostro pubblico (il quale
ha una omogeneit relativa, essendo geograficamente distribuito
da unestremit allaltra del Paese e comprendendo ogni strato
sociale), un problema concreto e importante che merita considerazione [].
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Lindustria cinematografica costituisce oggi un fattore importante nellevoluzione della lingua, tanto che in certi particolari
casi ne pu essere persino arbitra, pi ancora di quanto non lo
sia la radio la quale, per varie ragioni, non pu competere col
cinematografo. Il film pi personale, riunisce le impressioni
auditive con quelle visive, e si lascia ricordare molto meglio di
una semplice radiotrasmissione inserita fra le tante dei multiformi programmi. Con le sue prime, seconde e successive visioni,
vive pi a lungo, insiste pi a fondo, incide maggiormente sulla
memoria del pubblico; e, penetrando ovunque sia una sala di
proiezione (secondo una statistica del 1953, le seimila sale cinematografiche italiane del 1946 sono gi diventate pi di dodicimila, collocando lItalia al terzo posto dopo gli Stati Uniti e la
Russia), esercita col suo grande potere persuasivo una cospicua
forza innovatrice e unificatrice insieme della lingua nazionale,
cos in bene come in male. Potendo soddisfare compiutamente
le esigenze della vista, oltre che quelle delludito, dispone di
possibilit tecniche le quali sono invece inibite alla radio, che
deve a volte ricorrere a compromessi e a tentativi di assaggio
per cercare di risolvere i suoi problemi.
dunque necessario e urgente che lindustria cinematografica si renda esatto conto delle pubbliche responsabilit che le
derivano da queste condizioni, e che le affronti con seriet e con
mezzi adeguati, ricorrendo allaiuto e al consiglio dei competenti in materia, cos come si vale dellopera di specialisti nei
numerosi altri campi tecnici e artistici che essa investe. Il cinematografo gode ormai dellincondizionato favore del pubblico,
e possiede forza e prestigio capaci di imporre alla massa un
indirizzo collettivo sulla via delleducazione tanto individuale
quanto sociale. E disdegnare di rivolgere queste forze a mete
pi elevate da quelle costituite dalla semplice fortuna delle singole iniziative sul piano industriale, trascurando fra laltro il
rispetto per la lingua, che patrimonio comune ed elemento
primo delleducazione di un popolo, significa sciuparle.
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quanto praticato, ma certamente intralciato da difficolt organizzative ed economiche fra cinema e piazza dapprima [] e
presto fra cinema e teatro, dove fu pioniere Leopoldo Fregoli
che, attivo con il suo Fregoligraph fra il 1898 e il 1903, dava la
voce ai propri personaggi cinematografici cantando e interloquendo, nascosto dietro lo schermo. Quanto a integrazioni di
matrice teatrale in dialetto orale sappiamo per esempio che nel
1907 Biasio el luganegher di Almerico Roatto (della Rialto) fu
commentato a Venezia da filodrammatici che dietro lo schermo
recitavano battute in dialetto veneziano, possibilmente in sincronia con le immagini [].
Occorre aggiungere [] che anche dopo laffermazione
della didascalia scritta non cessarono gli episodi di integrazione
filmica orale. Per esempio talora, specialmente nel dopoguerra,
le melodie cantate o trascritte sullo schermo venivano eseguite
dal vivo presso il telone []; e pi raramente le didascalie dialogiche erano recitate da attori in carne ed ossa: il che avvenne,
per citare un caso, verso la fine del muto nel cinematografo
napoletano di Iride Menotti Cattaneo, il quale per Il fu Mattia
Pascal di Marcel LHerbier ingaggi certi Antonio Jovine e
Giuseppina Lo Turco per collocarli, muniti di megafono,
accanto allo schermo dove, seguendo i movimenti delle labbra
dei protagonisti del film, recitavano le didascalie che avevano
mandato a memoria []. Resta infine da osservare qui che
poteva prestarsi a interferenze dialettali quella lettura pubblica
delle scritte filmiche, lettura assai diffusa come oltretutto
conferma ladozione non rara nei film comici di didascalie
cadenzate e rimate, in funzione appunto duna dizione a voce
alta a beneficio di analfabeti e di pigri, che cess del tutto
soltanto con luscita dal mercato dei film muti, ben oltre il
1930; infatti tale lettura poteva dar luogo non solo a svarioni ma
anche a rese locali per lo meno fonetiche dellitaliano [].
Nessun film anteriore alla guerra sopravvive, che io sappia,
ad attestare ladozione di didascalie in dialetto []. Il dialetto
non sconveniva peraltro alla produzione comica, che avrebbe
potuto utilizzarlo non tanto per le comiche (cortometraggi da-
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Abbiamo poi notizia di vistose interferenze fonetiche dialettali in certi film di Hollywood doppiati in sede per il mercato italiano, fra il 1931 e il 1932. Per esigenze di bilancio e organizzative infatti [] si ricorreva ad attori presi dalla colonia italiana di
Los Angeles o fatti venire da New York. Cerano delle compagnie italiane diciamo dialettali, e quindi siciliane o napoletane,
per cui parlare litaliano, quello vero, era un problema [].
Lemergere attorno al 1930 di una produzione con impronte
anche linguistiche regionali lo possiamo [] rilevare lungo gli
anni della Cines, [] velocemente riassorbito, fino verso il
1935. I promotori duna tale produzione furono Stefano Pittaluga ed Emilio Cecchi (e Alessandro Blasetti fu lesecutore pi
assiduo []) [].
Fu realizzato nel 1933, dunque nei primordi del sonoro, in
presa diretta, 1860 di Blasetti, un film che va considerato il prototipo di noti viaggi nellItalia dialettale, quali in particolare
Pais (1946) di Roberto Rossellini e Il cammino della speranza
(1950) di Pietro Germi. Qui infatti per la prima volta, come Blasetti amava vantare [], i dialoghi introducono il siciliano
accanto al toscano, al romanesco e al lombardo, al ligure e al
piemontese, nonch al tedesco, al francese e al latino: il tutto
per subordinato quantitativamente allitaliano. Non c dubbio
che in questa celebrazione dellimpresa siciliana di Garibaldi la
componente linguistica abbia, con la sua spregiudicata variet di
codici anche non illustri e di registri, riflessi sia espressivi (conferendo ad esempio schiettezza e dimensione popolare alla
cadenza epicizzante del racconto), sia soprattutto
ideologicopolitici, in quanto la compresenza di italiano e di
dialetti di tutta la penisola, nei dialoghi e nelle canzoni di commento, esprime una interpretazione del Risorgimento in chiave
popolare e di concorde partecipazione interclassista di tutte le
forze politiche [].
Verso il 1935 [] il dirigismo di regime si estese anche al
cinema [].
Molto rare e scolorite perci le testimonianze dialettali di
questi anni. I comici (fra i nuovi, Tot nel 1937), assurgendo a
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protagonisti o comprimari, limitavano la loro dialettalit a variazioni regionali per lo pi fonetiche dellitaliano. Il dialetto continua a essere consentito per alle macchiette di contorno [].
Lattenuazione delle manifestazioni dialettali fu peraltro in
certo grado compensata dallaffermarsi, anche nei film di produzione nazionale [], dun italiano insolitamente dimesso e
funzionale, che entrava in competizione vincente con la tradizione libresca, che peraltro ebbe parecchie occasioni di imporsi
[].
I provvedimenti repressivi nei confronti delle manifestazioni
dialettali in ambito giornalistico, teatrale e librario [] si riverberarono anche sul cinema, che anzi attizz forse per primo nel
1939 gli sdegni dialettofobi []. Ma non diventando poi di
fatto, il cinema, bersaglio esplicito delle condanne ufficiali,
certe remore andarono celermente affievolendosi, nel pieno
della guerra. E a vincerle contribuirono di sicuro per esempio il
vistoso gradimento del pubblico [] e anche lorientamento del
mondo cinematografico []. Ecco perci presente, nel prospero
genere della commedia (i cosiddetti film dei telefoni bianchi)
almeno un personaggio che si esprima in dialetto [], ma
anche laprirsi, sempre meno infrequente con il prolungarsi
della guerra, di squarci dialettali in film drammatici soprattutto
dambiente popolare [].
Possiamo [] riconoscere forse nella propensione al dialetto
e pi in generale al realismo minore di tanti film dellepoca, un
bisogno di sintonia rassicurante e consolatoria, che appunto
pure un linguaggio familiare o dimesso pu offrire [].
Nel ricostruire la vicenda complessa e densa del dialetto
riprodotto dopo il 1945 procederemo [] per [] tre stadi, che
con denominazioni sommarie ma perspicue [] chiamerei stadio della dialettalit imitativa fra il 1945 e il 1952, stadio della
dialettalit stereotipata fino verso il 1962, stadio infine della
dialettalit espressiva e riflessa [].
Dopo decenni di compressione il dialetto pot irrompere nel
cinema sul finire della guerra. La sua espansione per non fu
immediata e imponente quanto potrebbe indurre a ritenere certa
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va non dissimile dalla variante locale dellitaliano; oppure limitando a battute isolate gli innesti schiettamente dialettali meno
comprensibili [].
Accanto a pochi film neorealisti si svilupp una produzione
pi tradizionale che esasper in funzione comica ma talora
anche drammatica certa propensione gi vitale negli anni di
guerra verso un italiano sempre meno sorvegliato, che poteva
accogliere anche occasionalmente battute in dialetto di varia
provenienza [].
Pare doveroso riconoscere che nemmeno questo tipo di produzione, spesso capace di penetrare capillarmente nel mercato
sia urbano sia rurale, fu per in grado di fornire competenze
nuove al pubblico del dopoguerra. Tuttavia la sua incidenza linguistica, ancora non palese, indiretta, fu storicamente notevole,
perch con il suo italiano con basso quoziente di formalizzazione e occasionalmente arricchito da componenti dialettali determin un clima di tolleranza e di assuefazione nei confronti di
realizzazioni verbali non conformi, soprattutto in ambito fonetico, al modello offerto altrettanto capillarmente dalla radio e
pure da certo cinema nazionale (dattualit, documentario, in
costume), nonch da tutto quello straniero doppiato [].
Il 1952 e il 1962 segnano i confini approssimativi della dialettalit stereotipata. Non dovrebbe suscitare perplessit la data
di inizio. Il 1952 infatti vide labbandono pressoch definitivo
di progetti neorealistici, dopo linsuccesso di Umberto D., e il
prevalere, anche in seguito alla fortuna di Due soldi di speranza,
duna produzione leggera, convenzionale pure nelle sue trovate
dialettali stantie. Orientativa si deve considerare invece la scelta
del 1962 [], anno di esplosione della commedia di costume
(la si disse allora commedia allitaliana), oscillante fra satira
(Divorzio allitaliana di Germi) e divertimento (Il sorpasso di
Dino Risi): un genere che instaur un rapporto tendenzialmente
mimetico con la lingua reale (concorrendo con la sua popolarit
alla graduale espansione di tale rapporto a tutto il cinema sia
nazionale sia straniero doppiato) e che quindi and facendo
sempre pi propri non tanto i dialetti, ormai in regresso, quanto
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PUCCI (1959).
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Anche un linguista dovr riconoscere che il cinema neorealista ha diffuso e continua a diffondere forme dialettali e gergali
che passano pian piano nel dominio nazionale (si pensi a
bidone, bullo, ecc. ecc.); n va sottovalutata la ricchezza espressiva venuta nelle mani del regista, in un dialogo come quello del
cinema ove la battuta ha da essere agile, precisa, stringente,
compendiativa com di una intera situazione visiva.
Tuttavia il modo in cui si cercato di risolvere il problema di
un parlato popolare, di un linguaggio narrativo nuovo, cio il
ricorso al dialetto in forma materiale e documentaria, tradisce
una pericolosa tendenza letteraria verso il bozzettismo e il quadro provincialedialettale, verso una interpretazione corporativo dialettale del mondo popolare []. Nel film sessodialettale (si ricordi per esempio la serie Pane Amore e, Poveri, ma
belli, ecc.) limpasto dialettale stato abilmente elaborato in
modo folcloristico [] in modo da far risaltare quanto vi di
pi tradizionale e di pi acquisito nel piccolo mondo dialettale
del borgo o del quartiere. Naturalmente per ha qualcosa di
popolare, di folcloristicamente popolare ed quella sua patina
di falsa freschezza e di falsa spregiudicatezza che manda in visibilio le folle piccoloborghesi. il dialetto che abbassa i popolani a macchietta, nel migliore dei casi a personaggi divertenti e
che ha un rivelatore riscontro con certi personaggi dialettali dei
programmi regionali della RAI [].
Nel film neorealista invece la contaminazione dialettale,
assai pi discreta, in generale, esprime, senza sdilinquimenti e
falsificazioni le speranze o le angosce del personaggio popolare
(talora in modo estremamente documentario si pensi a certe
battute delleroe di Ladri di biciclette); non d cio interpretazione annacquata del mondo popolare, tuttavia interpreta questo stesso mondo in modo del tutto particolare. Si prenda per
esempio Pais. A parte lepisodio dei monaci romagnoli (intrinsecamente pi bozzettistico, anche se non privo di numerose
scoperte) si veda come nellultimo episodio sulle sponde del Po,
il partigiano che muore dicendo dialettalmente: Adio mama!
riduca la grandezza della scena nella quale fra inglesi e tedeschi
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PATUELLI (1936).
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scritto che in questo caso sta per licenseplate che vuol dire
appunto targa [].
Di fronte alle frasi poi, la confusione aumenta: John! dir
nella miglior buona fede il capo della polizia al suo dipendente
che ha accoppato or ora tre banditi, fra cui il fratello dellamata,
la quale per questo fa la scontrosa e non vuol pi vederlo,
John, hai fatto un bel lavoro!.
E la gente, che ha visto tutto, ride e condivide. Perch per
noi, almeno in senso figurato, la frase ha un valore ironico: Hai
fatto un bel lavoro! dice la mamma al bimbo dopo il malestro.
E rivolta ai grandi vuol dire: Bella coglioneria!. Il che non
esattamente la traduzione del You have done a good work che
ha un senso solo e ben chiaro.
passato un uomo? Datemi i connotati, subito! chiede il
poliziotto durante la caccia al bandito.
Vestito di grigio, risponde linterrogato, alto tanto, occhi
scur[i], pelo nero. Una risata formidabile rompe nella sala la
drammaticit della situazione. Sporcaccione! dicono le signore.
Macch; air in inglese, vuol dire indifferentemente pelo e
capelli. Quello intendeva i capelli. Lo sporcaccione, se mai,
stato chi ha tradotto [].
Quando, per fare leccentrico in un locale elegante, il giovane milionario ordina per s e per la sua bella dama una onion
soup, la fantasia non soccorre il nostro traduttore fino a trovare
un piatto italiano che abbia il corrispondente valore popolare,
ad esempio la zuppa di fagioli, ma deve piattamente tradurre
una zuppa di cipolle che da noi non esiste. In America, un
giovane dice vuoi sposarmi e un marito parla del giorno in
cui la moglie acconsent di sposarlo. Da noi, dove luomo che
sposa la donna, questo linguaggio lo potr usare, tuttal pi, un
principe consorte [].
Occorre che il traduttore abbia una sensibilit e una abilit
politica nellambientare il film: il che non vuol dire come
accaduto, far diventare cattolico un prete protestante, o dare bei
nomi italiani ai protagonisti. Ma significa dare ai personaggi,
agli avvenimenti, un tono comprensibile per il popolo italiano
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BRIAREO (1937).
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ANTONIONI (1940).
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[I]l giorno in cui il film avesse ritrovato la perduta internazionalit, anche questo stratagemma delle didascalie sovrimpresse cadrebbe lasciando finalmente libera la proiezione da
qualsiasi disturbo, il pi lieve. E non si rivolge con questo nessuna accusa al sonoro; magari al parlato, poich in realt il reciproco rapporto fra immagine e parola appare sovente sproporzionato. Ma occorrerebbe un intero trattato di estetica per dimostrarlo; n daltronde si vuol negare la piena legittimit artistica
di alcune opere abbondantemente parlate (vedi buona parte dellultimo cinema francese, dove per la parola aveva una sua precisa realistica funzione). Si vuole semplicemente indicare lessenza del cinematografo in un equilibrio otticoacustico nel
quale limmagine ha una posizione preminente rispetto alla
parola, questa rappresentando uno, e uno solo, degli elementi
che vanno compresi nel termine suono. Gridi, risa, sospiri,
temporali, gorgoglii, rumori di oggetti, di macchine e via dicendo, rientrano con la musica in quel termine: ed tutto materiale
intenzionalmente comprensibile, che ha il solo torto di essere di
uso delicato e difficile, laddove la parola appare di una straordinaria comodit.
Il giorno che il dialogo avesse una funzione di componente
emotivo, in modo da non alterare lautenticit del cinematografo,
che e rimane prettamente visiva e ritmica, quel giorno il doppiaggio e ogni altro ritrovato soccomberebbero automaticamente
di fronte alla raggiunta universalit dellarte dello schermo.
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Il linguaggio cinematografico
comune in vastissimi strati della popolazione, ha trovato nellanalfabetismo un limite non valicabile, e fra le popolazioni,
soprattutto fra quelle meridionali, viventi fuori delle zone industrializzate e urbanizzate, ha incontrato resistenze che solo
occasionalmente sono venute meno. Cinema, radio, televisione
hanno varcato questi limiti e vinto queste resistenze, riuscendo a
rendere normale e quasi quotidiana la presenza di modelli linguistici italiani in ambienti regionali e sociali in cui il dialetto
aveva prima dominato senza contrasti.
Il cinema sonoro, rapidamente diffusosi in Italia dopo il
1930, nel dopoguerra richiamava agli spettacoli il 48,6% della
popolazione []. Un sondaggio dellIstat nel 1958 consent di
stabilire una percentuale anche pi alta, quella del 64,9% [].
Le percentuali per categoria e per regione si distribuiscono
intorno alla media nazionale senza gli sbalzi constatabili per la
stampa: la percentuale minima dei frequentatori di spettacoli
cinematografici si ha tra i coltivatori dipendenti (57,5%), la
massima tra imprenditori e liberi professionisti (84,8%), ed
entrambe sono relativamente prossime alla media globale; altres non distanti sono la massima (Roma e provincia 76%) e la
minima (Abruzzi 46,3%) percentuale regionale. La forza di
penetrazione del cinema nelle classi e nelle regioni pi povere
emerge confrontando lettori di giornali e frequentatori di sale
cinematografiche: in Puglia, Basilicata, Calabria essi sono
rispettivamente 34,3% e 58,7%; in Sicilia 38,4% e 64%, nel
Lazio meridionale e Campania 45,9% e 63%; in Sardegna
50,9% e 69%. Per cospicue percentuali della popolazione meridionale il cinema sonoro stato dunque la prima fonte di conoscenza della lingua nazionale.
Radio e televisione, nella loro distribuzione percentuale, presentano, rispetto alla stampa, le stesse caratteristiche del cinema, ma ancora pi accentuate [].
Il contributo linguistico del cinema, della radio, della televisione non si esaurito nella diffusione dellitaliano in ambienti
legati al dialetto: esso stato, come e pi ancora che nel caso
della stampa, molto complesso.
Antologia critica
617
Si detto che il cinema sarebbe costretto a rinnovare di continuo i propri mezzi linguistici e a generalizzarne luso []. In
realt, le innovazioni attribuibili al linguaggio cinematografico
non sono numericamente confrontabili con quelle lanciate dai
giornali: il carattere di massa dello spettacolo, e la condizione
dello spettatore (che non ha, ovviamente, la possibilit, concessa al lettore, di ritornare materialmente e mentalmente su una
parola) rendono obbligatorie battute di dialogo brevi, sintatticamente e lessicalmente semplici e perspicue, cio conformi a
usi linguistici gi largamente noti. Le innovazioni sorte nellambito cinematografico hanno per avuto una fortuna grandissima:
basti ricordare picchiatello, adattato dallinglese pixillated in
arrivata la felicit, il s? prolungato che, calcato sullanalogo
yes? anglosassone, ha largamente sostituito il tradizionale pronto? nelle risposte telefoniche; ma esse tuttavia, come si detto,
sono state assai poche.
Una apparente deroga a quanto ora si affermato circa le
perspicuit del lessico, e insieme un secondo contributo del linguaggio cinematografico, importante non meno delle rare innovazioni, costituito dalluso che esso fa di parole e costrutti
aulici, inseriti in un contesto fortemente prosaico e quotidiano
per sorprendere e divertire lo spettatore. Il gag dellaulicit
risalirebbe a Petrolini e sarebbe poi stato ripreso, prima del
secondo conflitto, da Macario, ma certamente il napoletano Tot
riuscito meglio di tutti a trarne profitto: si pensi, per esempio,
allo scambio di battute dellImperatore di Capri (TOT: Ha
duopo. U N TALE [improvvido]: duopo TOT [severo,
riconfermando]: Ha duopo) o alluso di arcaismi come quisquilie. Su questi elementi, grazie anche alla sua mimica molto
espressiva, il comico napoletano ha attratto il ridicolo, e ne ha
cos bruciato le possibilit duso irriflesso: chi ripensi alle lettere di prigionieri italiani della prima guerra mondiale e alle ingenue inserzioni di elementi aulici, di origine melodrammatica, in
una compagine lessicale poverissima e semidialettale [], pu
valutare quanto gli scherzi di Tot hanno aiutato i pi [] ad
avvertire, prima ancora che il ridicolo dellaulicit fuor di
618
Il linguaggio cinematografico
luogo, la aulicit stessa di certi elementi lessicali, che per linnanzi, se noti, rischiavano di essere adoperati in contesti che
non li esigevano affatto.
Ma i comici e, pi in genere, tutto il cinema che ha adoperato il dialetto hanno dato alla storia linguistica italiana un terzo
importante contributo che va per altro inteso in un quadro pi
ampio e complesso di quello puramente linguistico. Il cinema
ha creato, in Italia come altrove, specialmente a partire dagli
anni della seconda guerra mondiale, un nuovo folklore. Come
stato giustamente notato, titoli di film, personaggi e interpreti
sono stati assunti a elementi costitutivi di nuove tradizioni
popolari []. Per altro, occorre aggiungere che in Italia il
nuovo folklore ha avuto una importanza particolare: esso
stato, allorigine, unitario, e ci ha costituito, date le condizioni
storiche della Penisola, un fatto nuovo. Insieme a questi nuovi
contenuti popolari unitari, il cinema ha favorito lo svilupparsi
dellitaliano popolare unitario: nel 1939 il pi tenace e noto studioso di linguistica italiana, Bruno Migliorini, poteva spingersi
ad asserire che in Italia, dato il persistere dei dialetti come sistemi linguistici adoperabili nella vita privata e semiprivata, non
esisteva un idioma popolare comune, paragonabile allo slang o
allargot []. A nostro avviso, un italiano popolare, subalterno,
prende a formarsi gi negli anni della Grande Guerra []; ma
soprattutto negli anni del secondo dopoguerra che la situazione
linguistica italiana mutata per questa parte soprattutto grazie
allazione del cinema e, dal 1954, della televisione.
Spesso, con accenti qualche volta drammatici, il cinema e la
televisione sono stati accusati di abusare dei dialetti, di diffondere i dialetti oltre i loro limiti, di perpetrare una aggressione
alla buona lingua italiana: ma proprio usando il dialetto (del
resto, va osservato, in forme quasi sempre blande, lessicalmente
scolorite perch possano riuscire largamente comprensibili), il
cinema ha diffuso la consapevolezza del carattere regionale dei
dialetti. Film come La terra trema o In nome della legge o
Divorzio allitaliana hanno fissato nella coscienza nazionale la
nozione dello stretto legame tra il dialetto siciliano e la realt
Antologia critica
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Il linguaggio cinematografico
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Il linguaggio cinematografico
per qualche tempo, lessico quotidiano almeno dei giovani, significa a mio avviso che una parte non indifferente degli italiani si
riconosce in questo modo di parlare, che non pi dialetto ma
non ancora italiano, rivelando cos il proprio status linguistico
e sociolinguistico, intermedio tra i dialetti e la lingua [].
Per concludere, []
(a) il rapporto tra mass media e pubblico, dal punto di vista
linguistico, oggi molto diverso da quello che descriveva De
Mauro quasi ventanni fa: i media non alfabetici, esaurita la loro
funzione di prima scuola di lingua comune, ne hanno acquisita
sempre pi vistosamente una di specchio linguistico della
societ;
(b) i principali tratti che questo specchio rivela sono due: il
pluralismo linguistico (dovuto alla molteplicit originaria dei
dialetti) della societ italiana, non attenuato (o poco attenuato)
dallitalianizzazione linguistica che ventanni fa ci si sarebbe
potuti aspettare;
(c) la fortissima tendenza a presentare un parlato specificamente rientrante nella categoria del parlato parlato o addirittura delliperparlato, che oggi il modello linguistico al quale i
media non alfabetici (cinema compreso) espongono di pi al
pubblico;
(d) i media alfabetici non rivelano speciali interscambi linguistici coi loro lettori, n sembrano influenzarne il comportamento linguistico; sono stazionari non solo dal punto di vista
della diffusione quantitativa, ma anche da quello della scrittura
e della confezione;
(e) conclusione generale: anche osservata attraverso la lente
dei mass media, la societ italiana appare linguisticamente quella che anche altri indicatori sembrano descrivere: una societ
orizzontalmente e verticalmente multipla, con larghe plaghe di
analfabetismo e di disaffezione dalla scrittura, esposta a vere
esplosioni di parlato spontaneo.
GLOSSARIO
ADATTAMENTO.
ADATTATORE DIALOGHISTA
ALLOCUTIVO
DIALOGHISTA ADATTATORE.
ALLOCUZIONE.
ALLOCUZIONE.
Linsieme degli elementi (contestuali e scenografici, linguistici e no) che permettono di identificare il luogo e la situazione (storica e sociale) in cui si immagina svolto un film, un COPIONE o una loro parte.
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Il linguaggio cinematografico
ANELLO.
Breve spezzone di pellicola, cos denominato, in origine, per via della forma circolare data dalla coda incollata alla
testa dello spezzone, creato per lallestimento della versione
doppiata di un film, ovvero per consentire ai doppiatori, al direttore e allassistente di DOPPIAGGIO di fruire di una ripetizione continua del brano da doppiare. Il termine tuttora in uso,
bench non si utilizzi pi la pellicola, in sede di doppiaggio,
bens una copia digitale del film, elettronicamente suddivisa in
piccoli brani.
ANGOLAZIONE.
Glossario
627
ASINCRONO.
ASSOLVENZA
DISSOLVENZA.
Fenomeno tipico del PARLATO SPONTANEO, consistente nel correggere (ripetendo una o pi parole o
sostituendole, emettendo suoni inarticolati, etc.) quanto si
appena detto.
AUTOCORREZIONE.
TURNO DIALOGICO.
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Il linguaggio cinematografico
CAMERA.
CAMPO LUNGHISSIMO.
CAMPO MEDIO.
CARRELLATA
CARRELLO.
CARRELLO .
CENTRO DEITTICO
DEISSI.
CINEMA DI GENERE
CINEOPERA
GENERE.
FILMOPERA.
Glossario
CINEPRESA
629
MACCHINA DA PRESA.
CINESICO.
COLONNA.
Ciascuna delle varie tracce (o bande o piste) magnetiche della pellicola: oltre alla colonna video e alla colonna delle
musiche ci sono almeno la colonna dialoghi (di solito pi duna)
e la colonna internazionale, contenente i suoni e i rumori del
film, detti effetti sala, effetti speciali e effetti ambiente.
COLONNA SONORA.
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Il linguaggio cinematografico
Glossario
631
CODESWITCHING.
Detto anche lista dialoghi, la trascrizione dei dialoghi fatta a film ultimato, finalizzata alla realizzazione del DOPPIAGGIO.
COPIONE. Testo scritto (perlopi ad uso degli attori e dei registi) contenente i dialoghi di unopera teatrale o di un film in funzione del loro allestimento.
CORTOMETRAGGIO
DATA DI EDIZIONE.
METRAGGIO.
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Il linguaggio cinematografico
Glossario
DEITTICO
633
DEISSI.
DENSIT LESSICALE .
DETTAGLIO.
DIALOGHISTA. Chi compone le battute di dialogo e di monologo della SCENEGGIATURA di un film. Spesso quella del dialoghista una mansione che rientra nei compiti dello sceneggiatore, ma talora, come spesso accade nel cinema statunitense, le
due figure sono nettamente distinte. Il termine usato talvolta
come sinonimo di DIALOGHISTA ADATTATORE.
DIALOGHISTA ADATTATORE.
634
Il linguaggio cinematografico
DIDASCALIA.
DISCORSO DIRETTO RIPORTATO. Si ha quando chi parla cita letteralmente le parole di un altro o anche di s stesso: ti ricordi
quando ti ho detto o adesso o mai pi?.
DISCORSO INDIRETTO LIBERO.
Glossario
635
ha i DEITTICI spaziotemporali, solitamente orientati sulla persona di cui si sta parlando, e certe espressioni (esclamazioni,
imprecazioni, modi di dire) che non possono non appartenere ad
altri che alla persona stessa: stava pensando che, porca miseria,
qui voleva farla finita, adesso!.
DISSOLVENZA.
DISSOLVENZA.
DISSOLVENZA.
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Il linguaggio cinematografico
DOPPIAGGIO. Insieme delle procedure atte ad ottenere la creazione di una nuova COLONNA dialoghi di un film e, anche, il testo
che ne risulta, ovvero la versione doppiata del film. Il doppiaggio
viene realizzato in uno studio di incisione e SINCRONIZZAZIONE
del suono e vi partecipano un direttore, un assistente, un fonico di
sala, vari doppiatori (vale a dire attori che debbono sostituire la
propria voce, ma non il proprio volto, a quella degli attori sullo
schermo), un sincronizzatore e un fonico di MISSAGGIO.
DOPPIARE
DOPPIAGGIO.
DOPPIATORE
DOPPIAGGIO.
ENCICLOPEDIA.
Insieme di FRAMES.
ENUNCIATO.
Glossario
637
carne il sesso, let, gli stati danimo e di salute, etc.), senza tuttavia modificare il significato delle parole.
FABULA.
Nucleo originario di una narrazione, successione cronologica e lineare degli eventi di un racconto, successivamente
intrecciati (mediante digressioni, salti temporali in avanti e
allindietro, omissioni, intromissione di altre storie, etc.) per esigenze espressive e narrative.
FALSA PARTENZA.
NEO,
FEEDBACK.
Genere cinematografico consistente nella versione filmica (solitamente tagliata e pi o meno manipolata,
rispetto alloriginale partitura) di unopera lirica. Il genere fu in
gran voga negli anni QuarantaSessanta del Novecento, soprattutto grazie al regista Carmine Gallone. Pi recentemente, il
genere stato rispolverato da Franco Zeffirelli. Mentre i
filmopera pi antichi erano assai simili ad allestimenti teatrali
( RIPRESE quasi tutte dinterno e con scarsi MOVIMENTI DI
MACCHINA), quelli pi moderni tendono ad avvicinarsi ad altri
generi cinematografici, con uso di esterni e di effetti speciali.
FLASHBACK.
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Il linguaggio cinematografico
FLASHFORWARD.
FLASHBACK;
FONDU
DISSOLVENZA.
FOTOGRAMMA. Unit minima di riferimento, di forma quadrangolare, della pellicola cinematografica impressionata. Lo
scorrere dei fotogrammi (a velocit variabile secondo le epoche
e gli stili, dai 16 ai 24 fotogrammi al secondo), mediante avvolgimento meccanico della pellicola, d lidea del movimento
delle immagini. Ogni singolo fotogramma pu essere considerato equivalente a una fotografia.
FRAME. Tecnicismo inglese dal significato letterale di cornice, usato in linguistica e in semiotica nellaccezione di quadro di riferimento, ovvero situazione gi presente nella memoria, necessaria per interpretare situazioni nuove ma analoghe a
quella conosciuta. I frames sono depositi di conoscenze stereotipiche che variano al variare della cultura di una data
comunit e dovrebbero garantire e soddisfare gli orizzonti
di attesa per cui, data la conoscenza di un fatto, dovremmo
essere in grado di prevederne le successive riproposizioni
(CICALESE 1999: 178).
Glossario
FRASE
639
ENUNCIATO.
FUORI CAMPO.
GENERE.
Parola dai molteplici significati e usata come tecnicismo in vari ambiti, tra i quali quelli linguistico e cinematografico.
1) In grammatica, con genere si intende lessere femminile, maschile o neutro (questultimo esiste soltanto in certe lingue, come
per es. il latino o il tedesco) dei sostantivi, degli aggettivi, degli
articoli e di certi pronomi. 2) In sociolinguistica (e in altre branche
del sapere), sono molto studiate le opposizioni di genere, ovvero le
caratteristiche ritenute distintive del modo di comunicare di uomini, donne, omosessuali, transessuali. 3) Da anni, non pi soltanto
negli Stati Uniti, florido il filone cosiddetto dei gender studies
studi del/sul genere, in base al genere, vale a dire lo studio delle
varie forme espressive (storia dellarte, della musica, della letteratura, del cinema, etc.) nelle loro differenze a seconda del fatto che
lautore e i destinatari ideali siano uomini, donne, omosessuali,
transessuali. 4) In cinematografia, invece, quando si parla di cinema di genere si intende qualcosa di completamente diverso. In
questo caso, infatti, genere ha un significato analogo a quello che
ha in letteratura e nelle arti, vale a dire categoria cui appartengono determinate opere in base a vari criteri di accorpamento: dai
temi, allo stile, etc.. Cinema di genere dunque quello facilmente
identificabile in base ai temi, ai costumi e allo stile adottati: il
cinema storicomitologico (il genere cosiddetto peplum il manto
degli dei e degli antichi romani, dai tipici costumi dei protagonisti), quello di fantascienza, dellorrore, western, pornografico, etc.
GESTUALE
MIMICO.
640
Il linguaggio cinematografico
pee, oppure i nomi propri utilizzati come se avessero un significato autonomo (non a caso si chiama Felice), rispondono a
unesigenza di iconicit, cos come la tendenza, tipica della sintassi del parlato, a mettere al primo posto la parte del discorso su
cui si concentrano la massima attenzione ed emotivit del parlante: un attimo solo ti chiedo; tempo non ne ho davvero.
ICONICO.
IN CAMPO
FUORI CAMPO.
INNALZAMENTO DIAFASICO. Aumento della formalit, passaggio da uno stile pi colloquiale a uno pi sorvegliato. fenomeno frequente nella lingua di un film doppiato in italiano rispetto
alla lingua originale del medesimo film.
INQUADRATURA.
lazione (salti temporali, digressioni, etc.). Il termine, spesso sostituito dallinglese PLOT, solitamente contrapposto a FABULA.
INTRODUTTORE DIALOGICO:
JUMPCUT
SEGNALE DISCORSIVO.
STACCO.
KOLOSSAL. Tecnicismo dalla grafia tedesca (bench sia attestata, pi recentemente, anche la forma colossal) ma dalla pronun-
Glossario
641
LIBRETTISTA.
LINGUISTICA TESTUALE.
642
Il linguaggio cinematografico
del tempo e del modo verbali, per es.); come vengano strutturati
i testi al loro interno (per es., la differenza tra titolo, sottotitolo,
articolo nei giornali; la scansione in paragrafi nello scritto,
oppure la suddivisione in unit informative nel discorso parlato), etc. Si usa spesso, anche in italiano, la denominazione
inglese di textlinguistics. Se ci si riferisce invece specificamente
allo studio dei diversi tipi di testo, si parla spesso di tipologia
testuale.
LISTA DIALOGHI
LOCUTORE.
CONTINUITY SCRIPT.
LUNGOMETRAGGIO
METRAGGIO.
MACCHINA DA PRESA. Apparecchio che consente di impressionare la pellicola destinata alla proiezione cinematografica. Linvenzione della m.d.p. (abbreviazione con cui loggetto spesso
designato, per es. nelle SCENEGGIATURE) viene convenzionalmente attribuita ai fratelli Auguste e Louis Lumire nel 1895,
anche se non mancano analoghi apparecchi precedentemente
brevettati dallamericano Thomas A. Edison.
MEDIOMETRAGGIO
METRAGGIO.
MLO. Termine francese designante un genere cinematografico, destinato al consumo delle pi ampie platee, fortemente
influenzato dai toni teatrali tipici del mlodrame (melologo,
cio testo teatrale recitato originariamente con inserti strumentali e non melodramma, cio testo teatrale cantato) e dellopera lirica e da quelli della letteratura dappendice, vale a dire
basato su storie strappalacrime damore e di tradimento. In Italia eccelse nel genere, tra gli altri, il regista Raffaello Matarazzo
(Catene, 1949; Tormento, 1950; I figli di nessuno, 1951; Chi
senza peccato, 1952; Torna!, 1954; Angelo bianco, 1955;
Malinconico autunno, 1958) o, pi recentemente, Franco Zeffi-
Glossario
643
CAMPO MEDIO.
MIMSI.
MIMETICO.
MIMETISMO
MIMSI.
MISTILINGUISMO
CODEMIXING.
644
MIXAGE
Il linguaggio cinematografico
MISSAGGIO.
MONOLOGICIT. Caratteristica di un testo (detto monologico) costituito da un solo turno [ TURNO DIALOGICO] o nel quale la
TURNAZIONE fortemente sbilanciata a favore di un solo LOCUTORE. Questo tipo di testo sar dunque tendenzialmente pi vicino
ai caratteri dello scritto che a quelli del PARLATO PARLATO.
MONTAGGIO .
MOVIMENTO DI MACCHINA.
Glossario
645
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Il linguaggio cinematografico
OBIETTIVO.
OPERAFILM
FILMOPERA.
VOICE OVER.
PANORAMICA. Movimento rotatorio (in senso perlopi orizzontale, ma anche verticale) della MACCHINA DA PRESA, atto a
comunicare lidea, per es., dello sguardo di un personaggio che
perlustra lo spazio attorno a s. Pu anche fungere da RACCORDO tra due diverse SCENE o far parte di un PIANO
SEQUENZA.
PARALINGUISTICO.
Vengono talora cos denominati quegli elementi (a nostro giudizio in realt pienamente linguistici) non
codificati dalle grammatiche ma pure utili nel determinare il
valore degli ENUNCIATI: ritmo (e quindi alternanza di suoni e
pause) e intonazione (e quindi alternanza di parti pi gravi e pi
acute). La presenza di pause, per es., consente di percepire il
Glossario
647
PARLATO PARLATO.
PARLATO PARLATO.
Il parlato spontaneo (detto anche in situazione), quello cio di una normale conversazione a faccia a faccia, non preparata prima a tavolino n condotta dai parlanti con
la consapevolezza di essere registrati. Si contrappone allo scritto
e ad altre forme di parlato, quali il parlato scritto (testo scritto
per essere letto o recitato ma anche testo scritto che imita il parlato), il parlato recitato (imparato a memoria sulla base di un
testo scritto), il parlato telefonico (non a faccia a faccia), il parlato riprodotto o simulato (dalla letteratura mimetica, da certo teatro o dai mass media: televisivo, radiofonico, filmico, etc.). Letichetta di parlatoparlato, e gran parte della tipologia e degli
studi che ne seguirono, risale, in Italia, a NENCIONI (1976/1983).
PARLATO RECITATO
PARLATO PARLATO.
PARLATO RIPRODOTTO
PARLATO SCRITTO
PARLATO PARLATO.
PARLATO PARLATO.
PARLATO SIMULATO
PARLATO PARLATO.
PARLATO SPONTANEO
PARLATO PARLATO.
648
Il linguaggio cinematografico
PARTICOLARE
DETTAGLIO.
PAUSA VOCALIZZATA.
PEPLUM
GENERE.
PIANO. Mentre il CAMPO ha come riferimento lo spazio inquadrato, il piano si riferisce alla figura umana: secondo la porzione di
essa occupante l INQUADRATURA si parla, dunque, di FIGURA
INTERA, PRIMO PIANO, PRIMISSIMO PIANO, DETTAGLIO, etc.
PIANO AMERICANO.
COLONNA.
Glossario
649
PLOT .
POSTPRODUZIONE
PRODUZIONE.
INQUADRATURA di un personaggio dalle spalle alla testa. Lindicazione di tale inquadratura solitamente
abbreviata in PP.
PRIMO PIANO.
PRODUZIONE.
Il complesso delle attivit tecniche, imprenditoriali, organizzative, amministrative, etc., necessario alla realiz-
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Il linguaggio cinematografico
CLAUSOLA.
QUESTION TAG.
Forma interrogativa colloquiale tipica dellinglese, consistente nel formulare unasserzione seguita dal verbo
ausiliare (e dal soggetto) dellasserzione stessa in forma interrogativa: youre not married, arent you? non sei sposato, vero?.
Glossario
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SCALETTA.
SCENA.
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Il linguaggio cinematografico
DCOUPAGE.
SCENEGGIATURA DI LAVORAZIONE
SCENEGGIATURA TECNICA
SCENEGGIATURA.
SCENEGGIATURA.
SCENOGRAFIA.
SEGMENTAZIONE.
Parola (o gruppo di parole), parzialmente svuotata del significato originario, usata per sottolineare
Glossario
653
Unit di misura filmica intermedia tra l INQUAe la SCENA , ma che pu anche coincidere con
entrambe, bench il termine sequenza sia meno specifico degli
altri due. Si tratta di un segmento filmico costituito da una o pi
inquadrature che sviluppa ununit di contenuto narrativo.
talora usato come sinonimo di PIANO SEQUENZA.
DRATURA
SGUARDO IN MACCHINA.
SINCRONISMO LABIALE.
Tecnica di DOPPIAGGIO, abitualmente detta sinc dagli addetti ai lavori, consistente nel far coincidere il pi possibile i movimenti delle labbra dellattore con le
parole recitate dal DOPPIATORE. Si ottiene un buon sincronismo se l ADATTATORE e il direttore di DOPPIAGGIO fanno
recitare ai doppiatori parole italiane contenenti vocali e consonanti dal grado di apertura delle labbra simile il pi possibile a
quello dei suoni presenti nella lingua originale.
SINCRONISMO LABIALE.
654
SINCRONIZZATORE
Il linguaggio cinematografico
SINCRONIZZAZIONE.
SINCRONIZZAZIONE.
INQUADRATURA che presuppone la corrispondenza tra occhio dello spettatore, occhio del regista e occhio di
un personaggio del film. Si verifica quando la MACCHINA DA
PRESA, inquadrando qualcosa, ci d lillusione che a guardare in
quel momento sia un personaggio del film.
SOGGETTIVA.
SOGGETTO.
Glossario
SOPRASEGMENTALI, TRATTI
655
TRATTI SOPRASEGMENTALI.
SOTTOTITOLO.
Porzione di testo scritta disposta orizzontalmente nella parte inferiore dello schermo, o sovrimpressa
allimmagine o, pi raramente, proiettata subito al di sotto di
essa. I sottotitoli possono essere utilizzati per diverse ragioni:
per tradurre (sintetizzandolo) il testo verbale di un film in lingua
straniera; per agevolare la comprensione dello spettatore (per es.
nel caso di non udenti oppure nel FILMOPERA, dal testo cantato non sempre facilmente intelligibile); per integrare parti
della narrazione [ DIDASCALIA].
SOURCE ORIENTED TRANSLATION. Tipo di traduzione orientata
sullautore e sulla fonte (source) originale, detta anche filologica, ovvero attenta prevalentemente a restituire al fruitore della
lingua B la lingua in cui si traduce un testo il pi possibile vicino alla volont dellautore in lingua A la lingua delloriginale. Si contrappone alla TARGET ORIENTED TRANSLATION.
SOVRAPPOSIZIONE DIALOGICA
SOVRAPPOSIZIONE DI TURNO.
SOVRAPPOSIZIONE DI TURNO.
TO SPONTANEO,
Ha le stesse caratteristiche del SOTTO salvo la posizione (nel bordo superiore dello schermo).
Sono ormai frequenti nel teatro dopera, in cui vengono proiettati, in bianco su sfondo nero, sulla parte superiore del boccascena.
SOVRATITOLO .
TITOLO,
SOVRIMPRESSIONE.
656
Il linguaggio cinematografico
STORYBOARD.
VARIET.
Glossario
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moderno ed elegante (tra cui vari apparecchi telefonici, solitamente bianchi, ben in vista). Il genere si poneva come corrispettivo nostrano della commedia sofisticata statunitense (basato
dunque su prevedibili intrighi amorosi e sul rapporto, sempre a
lieto fine, tra persone appartenenti a classi sociali diverse) e non
mancava, nei suoi frutti migliori (Mario Camerini), di certa
bonaria e ironica presa in giro dei signori e dei loro emuli. Vi
erano deliberatamente evitati riferimenti alla povert, al disagio
e ad ogni altro argomento spiacevole che potesse ostacolare le
aspettative oniriche del pubblico medio.
TESTO. Tradizionalmente un testo un insieme di pi frasi
aventi argomento affine e medesimo scopo comunicativo. Oggi i
confini di testo si sono notevolmente allargati: qualunque insieme di segni (un quadro, un film, una fotografia, un brano musicale, etc.) rispondente almeno ai requisiti di coerenza, coesione,
interpretabilit e intento comunicativo pu essere considerato
un testo, indipendentemente dalla sua lunghezza. Anche una
sola parola pu costituire un testo (per es. la scritta Chiuso sulla
porta di un negozio), o addirittura un cenno o un gesto: per es. il
moto della testa o della mano per indicare s o no. Dato lallargamento semantico del termine, possono insorgere equivoci:
occorrer, per es., distinguere il testo filmico, preso nel suo
complesso (dato dallinsieme delle componenti visiva, sonora e
verbale), dal testo verbale del film (riguardante la sola componente dei dialoghi).
TESTO FILMICO
TESTO.
TEXTLINGUISTICS
LINGUISTICA TESTUALE.
TIPOLOGIA TESTUALE
LINGUISTICA TESTUALE.
TITOLI DI CODA
TITOLO.
TITOLI DI TESTA
TITOLO.
658
Il linguaggio cinematografico
Glossario
659
TURNAZIONE.
TURNO DIALOGICO.
TURNO DIALOGICO.
UNGHERESE,
UNIT TONALE.
Parte dell ENUNCIATO (anche se molti enunciati sono costituiti da una sola unit tonale) articolata con un
profilo intonativo omogeneo, vale a dire senza brusche ascese o
discese di tono. il corrispettivo fonico di ununit dinformazione, ovvero di quella parte denunciato che pu avere la funzione di elemento gi noto (detto topic o tema), di elemento
nuovo, saliente per chi parla e su cui far concentrare lattenzione di chi ascolta (detto comment o rema o focus), etc. [ PARALINGUISTICO].
660
Il linguaggio cinematografico
VARIET.
SINTAGMATICO, VERBO.
VOICE OVER.
ZOOMATA.
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Domenica dagosto, Una, 1950, di L. Emmer, 197, 216-217, 250, 278.
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Don Juan, 1926, di A. Crosland, 70.
Doa Mentiras, 1930, di A. Migliar, 269.
Donna bianca, La, 1930, di J. Salvatori, 269.
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Due colonnelli, I, 1962, di Steno, 237.
Due cuori fra le belve, 1943, di G. C. Simonelli, 97, 99, 236.
Duello al sole (Duel in the Sun), 1946, di K. Vidor, 300.
Due marescialli, I, 1961, di S. Corbucci, 231.
Due soldi di speranza, 1952, di R. Castellani, 220-223, 509, 591, 645.
E alla fine arriva Polly (Along Came Polly), 2004, di J. Hamburg, 315 n.
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arrivata la felicit (Mr. Deeds Goes to Town), 1936, di F. Capra, 36 n. 38,
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Famiglia impossibile, Una, 1941, di C. L. Bragaglia, 110.
Fanciulla di Portici, La, 1940, di M. Bonnard, 109, 170, 553.
Fantozzi, 1975, di L. Salce, 352.
Fari nella nebbia, 1942, di G. Franciolini, 177.
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Feroce Saladino, Il, 1937, di M. Bonnard, 178, 250, 502.
Ferroviere, Il, 1956, di P. Germi, 210.
Festa di laurea, 1985, di P. Avati, 359.
F.F.S.S., cio che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi
pi bene?, 1983, di R. Arbore, 388 n. 64.
Fiat voluntas Dei, 1935, di A. Palermi, 178.
Fichissimi, I, 1981, di C. Vanzina, 378.
Fidanzati, I, 1963, di E. Olmi, 359, 516.
Fifa e arena, 1948, di M. Mattoli, 41.
Figaro e la sua gran giornata, 1931, di M. Camerini, 172.
Figaro qua Figaro l, 1950, di C. L. Bragaglia, 81, 133, 234-235 n. 82.
Figlia perduta, La (Internes Cant Take Money), 1937, A. Santell, 544.
Figli di nessuno, I, 1951, di R. Matarazzo, 103, 215, 642.
Film damore e danarchia: ovvero Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella
nota casa di tolleranza, 1973, di L. Wertmller, 388-389.
Finalmente parlo, 1921, di U. Gracci, 47, 584.
Fine del gioco, La, 1970, di G. Amelio, 382, 402.
Folla, La (The Crowd), 1928, di K. Vidor, 66.
Fontamara, 1977, di C. Lizzani, 572.
Fornaretto di Venezia, Il, 1907, di M. Caserini, 120 n. 4.
Fornaretto di Venezia, Il, 1939, di J. Bard (pseudonimo di D. Coletti), 277.
Fortezza nascosta, La (Kakushi toride no sanakunin), 1958, di A. Kurosawa,
325.
Fortuna viene dal cielo, La, 1942, di A. Ratoni [Rthonyi], 187.
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Il linguaggio cinematografico
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Il linguaggio cinematografico
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Il linguaggio cinematografico
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700
Il linguaggio cinematografico
701
Presa del potere da parte di Luigi XIV, La (La Prise de pouvoir par Louis
XIV), 1966, di R. Rossellini, 1966.
Presa di Roma, La, 1905, di F. Alberini, 57.
Prigionieri del passato (Random Harvest), 1942, di M. LeRoy, 305 n. 81, 325
n. 135.
Principessa Tarakanova, La, 1938, di M. Soldati, 277.
Privatsekretrin, Die, 1931, di W. Thiele, 269.
Professione reporter, 1975, di M. Antonioni, 648.
Promessi sposi, I, 1908, di M. Morais, 120.
Promessi sposi, I, 1911, di U. Falena, 120.
Promessi sposi, I, 1913, di E. Rodolfi, 120.
Promessi sposi, I, 1913, U. M. Del Colle e E. M. Pasquali, 120.
Promessi sposi, I [in due episodi], 1922, di M. Bonnard (sonorizzato nel
1940), 120.
Promessi sposi, I, 1941, di M. Camerini, 120, 494-495.
Promessi sposi, I, 1964, di M. Maffei, 120.
Propriet non pi un furto, La, 1973, di E. Petri, 350.
Quando le donne avevano la coda, 1970, di P. Festa Campanile, 90 n. 103, 391
n. 69.
Quando le donne persero la coda, 1972, di P. Festa Campanile, 391 n. 69.
Quant bello lu murire acciso, 1976, di E. Lorenzini, 388.
Quarto potere (Citizen Kane), 1941, di O. Welles, 36.
Quattrocento colpi, I (Les Quatrecent coups), 1959, di F. Truffaut, 342.
4 passi fra le nuvole, 1942, di A. Blasetti, 82, 108-109.
Quei due, 1935, di G. Righelli, 180.
Quelli della montagna, 1943, di A. Vergano, 554.
Quinto potere (Network), 1976, di S. Lumet, 36, 401.
Quo Vadis, 1913, di E. Guazzoni, 641.
Rabbia, La, 1963, di P. P. Pasolini (prima parte) e G. Guareschi (seconda
parte), 385.
Racconti del cuscino, I (The Pillow Book), 1995, di P. Greenaway, 124, 159.
Ragazzi fuori, 1990, di M. Risi, 358, 398.
Raggio verde, Il (Le Rayon vert), 1986, di E. Rohmer, 316 n. 113, 322.
Rambo (First Blood), 1982, di T. Kotcheff, 38.
Ramona, 1936, di H. King, 544.
Rapsodia satanica, 1917, di N. Oxilia, 52 n. 23, 56, 59.
Ratataplan, 1979, di M. Nichetti, 405.
Ratto delle Sabine, Il, 1945, di M. Bonnard, 99.
Re burlone (anche noto come I cospiratori del golfo), 1935, di E. Guazzoni, 171.
Recuperanti, I, 1975 (in versione televisiva gi nel 1969), di E. Olmi, 359, 387
n. 59.
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Il linguaggio cinematografico
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704
Il linguaggio cinematografico
705
Tot a colori, 1952, di Steno e M. Monicelli, 81, 104 n. 118, 216, 230 n. 77,
231, 233 n. 81, 237-238, 240-245, 378 n. 42, 510.
Tot a Parigi, 1958, di C. Mastrocinque, 242.
Tot cerca casa, 1949, di Steno e M. Monicelli, 103, 235 n. 82, 240.
Tot cerca moglie, 1950, di C. L. Bragaglia, 246.
Tot cerca pace, 1954, di M. Mattoli, 362.
Tot contro i quattro, 1963, di Steno, 237.
Tot dArabia (Tot de Arabia), 1965, di J. A. de La Loma, 41.
Tot diabolicus, 1962, di Steno, 235-236 n. 82.
Tot e Carolina, 1955, di M. Monicelli, 237, 362.
Tot e Cleopatra, 1963, di F. Cerchio, 41.
Tot e i Re di Roma, 1952, di Steno e M. Monicelli, 81 n. 90, 254.
Tot e Marcellino, 1958, di A. Musu, 41.
Tot, Eva e il pennello proibito, 1959, di Steno, 246.
Tot, Fabrizi e i giovani doggi, 1960, di M. Mattoli, 239, 246.
Tot le Mok, 1949, di C. L. Bragaglia, 41.
Tot nella luna, 1958, di Steno, 246.
Tot, Peppino e i fuorilegge, 1956, di C. Mastrocinque, 231, 242.
Tot, Peppino e la dolce vita, 1961, di S. Corbucci, 41, 239-240.
Tot, Peppino e la malafemmina, 1956, di C. Mastrocinque, 233, 237-238,
242, 351, 620.
Tot terzo uomo, 1951, di M. Mattoli, 41.
Tragica notte, 1942, di M. Soldati, 549
Trash, i rifiuti di New York (Trash), 1970, di P. Morrissey, 325 n. 134.
Tratta delle bianche, La, 1952, di L. Comencini, 278.
Travolti da un insolito destino nellazzurro mare di agosto, 1974, di L.
Wertmller, 358.
Tre aquilotti, I, 1942, di M. Mattoli, 81 n. 89, 554.
Trecento della Settima, I, 1943, di M. Baffico, 177.
Trucido e lo sbirro, Il, 1976, di U. Lenzi, 198.
Truman Show, The, 1998, di P. Weir, 400.
Tu mi turbi, 1983, di R. Benigni, 365.
Tutti a casa, 1960, di L. Comencini, 177, 350, 406.
Uccellacci e uccellini, 1966, di P. P. Pasolini, 383-384, 385 nn. 56 e 58.
Ultima carrozzella, L, 1943, di M. Mattoli, 181, 184-186, 552.
Ultima follia di Mel Brooks, L (Silent Movie), 1976, di M. Brooks, 405.
Ultimi giorni di Pompei, Gli, 1913, di E. Rodolfi, 68 n. 66.
Ultimi giorni di Pompei, Gli, 1926, di C. Gallone e A. Palermi, 53, 56, 69 n.
67
Ultimo bacio, L, 2001, di G. Muccino, 401.
Ultimo imperatore, L (The Last Emperor), 1987, di B. Bertolucci, 105 n. 122.
Ultimo tango a Parigi, 1972, di B. Bertolucci, 42, 294.
706
Il linguaggio cinematografico
707
708
Il linguaggio cinematografico
709
n. 20, 134, 137, 164-167, 174175, 177, 193, 208 n. 63, 215,
359 n. 25, 492, 501, 552-553,
588.
Blier B., 363.
Bobby Solo, 349.
Bocci G., 408 n. 89.
Bogarde D., 340.
Bogart H., 214, 273, 325 n. 134.
Boiardo M. M., 314.
Boito C., 137.
Bolchi S., 120.
Boldi M., 346, 378 n. 44, 393 n. 72.
Bollettieri Bosinelli R. M., 23, 266267 nn. 5-6, 283 n. 44, 313 n.
102.
Bolognini M., 124, 146 n. 39, 260,
389, 497, 571.
Bondanella P., 196 n. 50, 327 nn.
137-138.
Bonelli L., 122.
Boni C., 268 n. 10.
Bonnard M., 94, 99, 109, 120, 181,
250, 502-503.
Bontempelli M., 63.
Borelli L., 39.
Borges L., 266 n. 3.
Borgna G., 253.
Borgnetto R. L., 63.
Bovinelli B., 315-316 nn. 111-112,
316 n. 114, 319 n. 123.
Bragaglia C., 118 n. 2, 122 n. 11,
123 n. 14, 138 n. 32.
Bragaglia C. L., 41, 81, 94, 109, 133,
180, 234 n. 82, 237, 246.
Braggiotti F., 277.
Brancati V., 121 n. 8, 124, 125, 572.
Brando M., 399.
Brecht B., 571.
Brenta M., 388.
Briareo G. (Debenedetti G., detto: v.).
Brignano E., 394.
Brignone G., 89, 170.
710
Il linguaggio cinematografico
Castellano A., 267 n. 6, 279 nn. 2930, 281-282 nn. 40-41, 286 n.
48, 334 n. 144.
Castellazzi di Sordevolo D., 121.
Castellitto S., 401.
Cavara P., 388.
Ceccherini M., 366.
Cecchi E., 108 n. 126, 125, 588.
Cecchi DAmico S., 103, 107, 108 n.
126, 117-118, 143, 250.
Celi A., 363, 390, 394.
Cellini B., 171.
Cerami V., 125.
Cerchio F., 41.
Cerio F., 187.
Cervi T., 255.
Chabrol C., 343, 645.
Chaplin C., 38, 48, 66, 273, 279, 300
n. 75, 534.
Checchi A., 182.
Chenal P., 112 n. 132.
Cher (Sarkisian LaPiere C., detta),
339.
Cherubini B., 71.
Chiabrera G., 297.
Chiara P., 572.
Chiari W., 394.
Chiarini L., 77, 83, 92-94 e n. 106,
103 n. 118, 104, 129 n. 24, 170,
275 n. 23, 279 n. 32, 291 e nn.
58-59, 346 n. 2, 527-531, 551.
Chiti R., 21 n. 16.
Chopin F., 567.
Cicalese A., 13 n. 4, 24 n. 20, 33,
638.
Cicero N., 42.
Ciccotti E., 186 n. 39.
Cigliano A., 323 n. 130.
Cigoli E., 214, 273, 277-278 e n. 28.
Ciorciolini M., 42.
Citti F., 383 n. 52, 386.
Citti S., 186 n. 39, 197, 383 n. 52,
518.
711
712
Il linguaggio cinematografico
713
714
Il linguaggio cinematografico
n. 16, 358, 363, 382, 391, 506507, 513, 574, 588, 591, 630.
Ges S., 121 n. 8.
Gherardi G., 49 e n. 18, 103, 117,
122.
Ghezzi E., 266 n. 4.
Ghione E., 70.
Giachetti F., 177, 581.
Giacomelli G., 360 n. 25.
Giacovelli E., 94 n. 107, 220 n. 72,
345 n. 1.
Giampalmo L., 401.
Giannarelli A., 161 n. 1, 186 n. 39,
293 n. 63, 312 n. 96, 360 n. 27,
379 n. 45.
Giannetti A., 105 n. 122.
Giannini Giancarlo, 154, 262, 347 n.
5, 358, 388.
Giannini Guglielmo, 66, 68 e nn. 6364, 273, 276 n. 24, 289 n. 52.
Gigli B., 106, 277.
Gigli S., 40.
Gili J.A., 345 n. 1.
Ginzburg N., 572.
Giordana M. T., 358.
Giovanardi C., 186 n. 39.
Girotti M., 111-112.
Gissing G., 40 n. 52.
Glori E., 277.
Gluck C. W., 151.
Gobbi T., 106.
Godard J.L., 645.
Goethe J. W. von, 62.
Gogol N. V., 124.
Goldoni C., 85, 172, 551.
Gondry M., 344.
Gori G. M., 39 n. 49, 40 n. 53, 71 n.
71, 359 n. 24, 369 n. 35.
Gotta S., 551.
Goulding E., 269.
Govi G., 82, 178-179 e n. 33, 550.
Gozzano G., 121 e n. 8.
Grable B., 318-319.
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