Sei sulla pagina 1di 47

SEMEIOTICA

NEUROLOGICA

1
VALUTAZIONE DEL PAZIENTE IN AMBITO NEUROLOGICO
I pazienti con sintomi neurologici vengono valutati in maniera graduale tramite il metodo clinico
neurologico, che consiste nelle seguenti valutazioni:
• Identificazione della posizione anatomica della lesione o delle lesioni che causano la
sintomatologia
• Identificazione del processo fisiopatologico coinvolto
• Formulazione di una diagnosi differenziale
• Selezione di test specifici e appropriati
L'identificazione dell'anatomia e della fisiopatologia della lesione attraverso un'accurata anamnesi
e un attento esame neurologico può limitare notevolmente il numero di diagnosi differenziali e
conseguentemente la quantità di test necessari. Questo approccio non deve essere sostituito dalla
prescrizione istintiva di TC, RM e altre analisi di laboratorio; un tale atteggiamento porta a errori e a
costi aggiuntivi che potrebbero essere evitati.
Per identificare la localizzazione anatomica, l'esaminatore prende in considerazione alcuni elementi,
tra cui
• La lesione si trova in una o più sedi?
• La lesione è limitata al sistema nervoso, oppure è parte di una malattia sistemica?
• Quale struttura del sistema nervoso è coinvolta?
Le parti specifiche del sistema nervoso da considerare sono rappresentate dalla corteccia
cerebrale, dalla sostanza bianca sottocorticale, dai gangli della base, dal talamo, dal cervelletto,
dal tronco encefalico, dal midollo spinale, dai plessi brachiale o lombosacrale, dai nervi periferici,
dalla giunzione neuromuscolare e dal muscolo.
Una volta che viene identificata la posizione della lesione, si valutano le categorie di cause
fisiopatologiche; esse comprendono
• Vascolare
• Infettiva
• Neoplastica
• Degenerativa
• Traumatica
• Tossico-metabolica
• Immunomediata
Se applicato correttamente, il metodo clinico neurologico permette un approccio sistematico
anche nei confronti del caso clinico più complesso, e i medici vengono raramente fuorviati da
mimetismi neurologici (p. es., quando i sintomi di un ictus acuto sono in realtà causati da un tumore
al cervello o quando l'insorgenza di una paralisi rapidamente ascendente, che suggerirebbe la
sindrome di Guillain-Barré, è in realtà secondaria a una compressione del midollo spinale).

Finalità
- RICERCA DI SEGNI DI ALTERAZIONE DEL NORMALE FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA NERVOSO
- È FINALIZZATO, ASSIEME ALL'ANAMNESI (SINTOMI), A DETERMINARE PRESENZA E SEDE
ANATOMICA DI UNA LESIONE NEUROLOGICA (DIAGNOSI DI SEDE)
- SCELTA DI EVENTUALI TEST STRUMENTALI O DI LABORATORIO AL FINE DI OTTENERE DIAGNOSI
EZIOLOGICA

2
Terminologia semeiotica
- SEGNO: manifestazione evidenziabile oggettivamente a seguito di un determinato stimolo o
in condizioni spontanee; un segno patologico di definisce assente o presente
- FENOMENO: sintomo o segno evocato da una manovra dell'esaminatore o in un contesto
specifico riferito dal paziente
- MANOVRA O STIMOLO: azione dell'esaminatore volta ad evocare un determinato segno o
fenomeno
- PROVA O TEST: sequenza complessa di azioni richiesta al paziente per esplorare una funzione

APPROCCIO AL PAZIENTE
Anamnesi
- Patologica: raccolta delle informazioni su patologie ed interventi chirurgici pregressi (remota,
prossima)
- Familiare: presenza di patologie simili o ricorrenti in famiglia
- Lavorativa: raccolta di informazioni dettagliate circa l'attività lavorativa
- Psico sociale: indagine sulla struttura e sullo sviluppo della personalità e sulla qualità
dell'ambiente domestico
- Farmacologica: accurata indagine sull'assunzione di farmaci
- Caratteristiche personali del paziente: dominanza manuale, uso di alcool, tabagismo,
droghe, preferenze/ abitudini sessuali, stress

Esame obiettivo
ESAME DELL'ATTEGGIAMENTO: consiste nella valutazione del corpo del paziente nel suo insieme con
il fine di evidenziare elementi patologici che non potrebbero essere valutati con un esame
segmentale. Si effettua con l'ispezione del paziente rilevandone l'aspetto statico. Tale esame
comprende la forma, la posizione, le dimensioni, la simmetria delle singole parti del corpo, la
motricità generale sia statica che dinamica.

ESAME DEL DECUBITO: è l'osservazione del paziente che si trova


disteso sul letto. Si valuta:
- La posizione del corpo rispetto al piano del letto (decubito supino, prono, laterale)
- Stato di attivo sostegno o di abbandono passivo dei segmenti corporei sul piano del letto
(decubito attivo, passivo)
- Le posizioni intrinseche e reciproche degli arti, del capo e del tronco in relazione alla posizione nel
letto
- L'obbligatorietà o meno della posizione assunta (decubito obbligatorio,
preferito, indifferente).
• DECUBITI PATOLOGICI ATTIVI:
- Decubito da rigidità decorticata: si osserva nelle lesioni della capsula interna o del peduncolo
cerebrale, il pz presenta una flessione spastica dell'arto sup. associata ad un estensione dell'arto
inf. e flessione plantare del piede.
- Decubito da rigidità decerebrata: è osservabile nella lesione mesencefalica. Si manifesta con
una esaltazione dei riflessi di postura antigravitaria di sostegno. Consiste in un'estensione e
iperpronazione bilaterale degli arti superiori, estensione degli arti inferiori e flessione plantare dei

3
piedi.
• DECUBITI PATOLOGICI PASSIVI:
- Decubito passivo tetraplegico: si tratta di un decubito obbligato passivo del tronco e degli arti,
che giacciono in completo abbandono sul piano del letto, mentre il capo, lo sguardo e la
mimica sono attivi. È segno di tetraplegia flaccida.
- Decubito passivo comatoso: si tratta di un decubito obbligato in cui tutti i segmenti si trovano in
stato di abbandono per presenza di ipotonia diffusa. Si trova negli stati di coma con associata
ipotonia muscolare generalizzata.

ESAME DELLA FACIES


Facies composita: è il volto di un individuo in buono stato di salute, presenta uno sviluppo armonico
dei suoi segmenti (superiore, medio e inferiore), normalità delle sue strutture, privo di atteggiamenti
dovuti a stati fisici e/o psichici anormali.
Alcune patologie neurologiche possono alterare l'aspetto del paziente dopo la fase
acuta e permanere nel tempo. Alterazioni della facies sono:
• Facies comatosa: si presenta con tratti inerti, cadenti e distesi, palpebre chiuse, bocca
semiaperta.
• Facies figèe o facies a maschera: tipica del morbo di Parkinson, si presenta amimica, rigida,
scarsamente espressiva, rari i normali movimenti di ammiccamento delle palpebre.
• Facies amiotrofica: riscontrabile nella SLA e nelle paralisi pseudobulbari, con gravi alterazioni
trofiche dei muscoli glosso-labiali.
• Facies pleurante: la si può osservare nella paralisi bulbare progressiva, la bocca di fa beante,
con il labbro inferiore pendente e gli angoli stirati (espressione triste piagnucolosa). Quando il
malato ride, la sua bocca rimane esageratamente aperta, assumendo un’espressione
sardonica particolare, come se non finisse mai di ridere, che ricorda la maschera della
commedia antica (segno di Trousseau)
• Facies miopatica: si caratterizza per la difficoltà a chiudere le palpebre e a soffiare, le guance
infossate, inespressività del volto, con le pliche naso-labiali spianate, gli occhi ben aperti, il
labbro sup. che sopravanza quello inf. L'immobilità delle labbra si evidenzia nel riso, si osserva la
mancata accentuazione dei solchi naso-labiali e il sollevamento della guancia (riso
trasversale). Nei casi più avanzati il volto è totalmente inespressivo (facies da sfinge).
• Facies di Hutchinson: riscontrabile negli esiti di gravi traumi cranio-encefalici, compare un ptosi
palpebrale bilaterale con fissità dei globi oculari in asse, per cui il paziente è costretto a
reclinare il capo indietro e a corrugare la fronte per vedere dinnanzi a sé e ciò gli conferisce un
aspetto tipico di sonnolenza.
• Facies informis: nelle paralisi del VII nervo cranico, in esiti di traumatismi cranio-facciali, si
evidenzia una differente espressione tra i due lati del volto che può sfuggire a riposo ma si
evidenzia quando il paz. ride e contrae quei muscoli.
• Facies tetanica: nei paz. con postumi di tetano, l'intensa contrazione dei muscoli masticatori,
con impossibilità di aprire la bocca e determina a volte un atteggiamento particolare del
volto al sorriso, con stiramento delle commissure labiali, per cui il viso del paz. mostra una sorta
di grigno (facies ad risus sardonicus). Tale aspetto è presente anche nella tetania da crisi
ipocalcemica.
• Facies pagetica: nel morbo di Paget si evidenzia un contrasto tra volume del volto e

4
grandezza del cranio. La volta cranica è appiattita e il perimetro poligonale.
• Facies sclerodermica: è il volto del paziente affetto da sclerodermia, il trofismo della cute e
notevolmente alterato con il sottocute che si riduce o sparisce del tutto. L'atrofia e la sclerosi
della cute conferiscono un aspetto di maschera rigida e inespressiva dei vari stati emotivi.
Caratteristiche le labbra sottili (microcheilia), la rima orale che si apre poco (microstomia) e che
non si chiude completamente lasciando scoperti in parte i denti incisivi, il naso affilato, le rughe
della fronte spianate.

ESAME DELLA STAZIONE ERETTA


L'esame della stazione eretta è essenzialmente un esame dell'equilibrio (o coordinazione globale),
ovvero il bilanciamento delle funzioni statiche nello spazio. Questa funzione però è solo
apparentemente statica, poiché mantenuta da una condizione di equilibrio dinamico tra alcuni
sistemi, tra cui il sistema labirintico, le afferenze propriocettive, il sistema cerebellare e quello visivo da
una parte, un'adeguata distribuzione della forza muscolare, del tono muscolare e la normalità delle
strutture osteoarticolari dall'altra. Il disturbo nel mantenimento della stazione eretta configura un
quadro denominato distasia.
Nella posizione normale, i gruppi muscolari interagiscono tra di loro in modo che il centro di gravità
del complesso tronco-testa-arti superiori cada sulla verticale al punto medio delle articolazioni
coxofemorali; il centro di gravità corporeo sopra le ginocchia sia sulla verticale al punto medio
dell'asse tra le ginocchia; mentre il centro di gravità di tutto il corpo sia sulla verticale al punto medio
dell'asse tra le articolazioni tibio-peroneo-astragaliche dei due lati.
Alcune variazioni di questo equilibrio si instaurano quando il soggetto si trova in altre posizioni come
quella di riposo o nella posizione dell'attenti.
Nell'esame della stazione eretta si deve valutare la capacità del paziente. di assumere e mantenere
correttamente la stazione eretta invitandolo a porsi nella posizione di attenti a piedi uniti, con gli arti
superiori lungo i fianchi a palme rivolte in avanti, testa eretta e occhi aperti.

Sarà necessario osservare:


- Come questa posizione venga assunta e se possa essere mantenuta senza sostegno;
- Se l'asse longitudinale del corpo sia perpendicolare al suolo o se vi siano inclinazioni,
oscillazioni, tendenza alla caduta.
- Se si verifichi barcollamento, allargamento della base d'appoggio dei piedi o utilizzo degli arti
superiori come bilanciamento.
- Se vi siano atteggiamenti abnormi.
- Se vi siano ipercinesie.

La chiusura degli occhi aggiunge ulteriori informazioni all'esame, sottraendo il sistema al controllo
visivo si possono osservare i deficit propriocettivi. A tal proposito la prova di Romberg è la manovra di
screening più utilizzata.

TEST DI ROMBERG: il paziente è posto in stazione eretta, piedi uniti, braccia lungo i fianchi, palme
rivolte in avanti, prima ad occhi aperti poi chiusi. È utile per testare l'equilibrio, si possono aggiungere
delle difficoltà riducendo la base d'appoggio o distraendo l'attenzione del paz.
Il test è positivo se il paziente presenta oscillazioni che aumentano con la chiusura degli occhi, in
quanto viene a mancare la compensazione visiva al deficit propriocettivo (lesioni dei cordoni

5
posteriori del midollo traumatiche e vascolari, deficit vestibolari, radicolopatie e neuropatie
periferiche, sindrome cordonale).
Negli esiti di lesioni cerebellari il fenomeno è negativo, poiché il paz. oscilla già ad occhi aperti e
l'equilibrio non viene peggiorato dalla chiusura degli occhi.
Prova del filo di piombo di Barrè è utile per ricercare inclinazioni minime o deviazioni del capo e/o
del tronco. Il soggetto deve essere valutato sia frontalmente sia lateralmente, per ricercare
eventuali spostamenti sui vari piani. Nel soggetto normale in stazione eretta, con le gambe
leggermente divaricate e gli occhi chiusi, le due metà del corpo mantengono una perfetta
simmetria rispetto al filo di piombo posto sul piano sagittale.
Nel soggetto con lesione labirintica unilaterale, dopo qualche tempo si può osservare un lieve
spostamento del corpo verso il lato del labirinto leso.
Nel soggetto anziano può capitare che venga applicata una strategia non adeguata e il soggetto
perda l'equilibrio. La valutazione di queste strategie è effettuata ponendo il paziente in piedi con gli
occhi aperti, vengono applicate delle spinte sagittali e laterali, dapprima lievi per indurre delle
risposte di caviglia, poi brusche per determinare delle risposte di bacino. Questo test deve essere
eseguito in sicurezza, permetterà di rilevare se il soggetto è in grado di adeguare la risposta motoria
allo stimolo applicato.

6
TEST DI UEMURA: ci si pone alle spalle del paz. Avendo cura che non cada, gli si chiede di sollevare un
po' il piede destro ad occhi aperti. Si valuta se il paz. riesce a mantenere l'equilibrio per 10 sec.
successivamente gli si chiede di sollevare il piede sinistro. I soggetti con disequilibrio spesso non
riescono a mantenere l'appoggio monopodalico con gli occhi chiusi per 10 sec. Il soggetto con
lesione vestibolare riesce a mantenere la posizione solo quando è in appoggio sulla gamba del lato
sano

ESAME DELLA DEMBULAZIONE


Nel cammino gli arti inferiori compiono alternativamente movimenti dall'indietro all'avanti,
succedendosi regolarmente nelle fasi di appoggio e di oscillazione.
Il cammino si compone di passi, si distinguono:
- Il passo o semipasso anteriore e posteriore (parte anteriore e posteriore del passo),
rappresentati rispettivamente dal tratto antistante o retrostante al passaggio verticale (incrocio
con l'arto portante).
- La lunghezza del passo è costituita dalla distanza lineare che intercorre fra gli estremi
posteriori delle impronte immediatamente successive di un piede.
- La durata si calcola tenendo conto del tempo intercorrente fra i due appoggi calcaneari
immediatamente successivi dello stesso piede.
Le evoluzioni compiute dagli arti inf. per costituire il ciclo deambulatorio si possono studiare secondo
lo schema di Fischer. Nello svolgimento di tale ciclo vi è per ognuno dei due arti, la sequenza di una
fase di oscillazione e una di appoggio, e viceversa.
Nel cammino la successione della funzionalità dei vari gruppi muscolari avviene nel seguente modo:
il semipasso avviene con la contrazione dei muscoli gemelli e del soleo che sollevano il calcagno e
flettono la gamba, staccano già il piede dal suolo. Subito dopo si contraggono i m. flessore lungo
delle dita e flessore lungo dell'alluce. Il distacco del piede dal suolo è pure favorito dall'azione dei
peronieri, del tibiale post. E dei muscoli propri del piede. Staccandosi dal suolo, un arto diventa
oscillante e l'altro è portante. Al distacco dal suolo succede la flessione della coscia sul bacino ad
opera del m. ileopsoas e la flessione della gamba sul ginocchio a opera degli ischio-crurali. Entrano
quindi in azione il tibiale anteriore e l'estensore lungo dell'alluce, i quali flettono dorsalmente il piede e
lo ruotano all'indietro. In tal modo l'arto si raccorcia ed evita di urtare il suolo con la punta del piede
nel movimento di oscillazione anterograda.
Il raccorciamento raggiunge il suo massimo nel momento in cui l'arto oltrepassa la verticale.
Oltrepassato l'arto portante esteso e poggiato con tutto il piede, l'arto oscillante si estende a opera
del m. quadricipite per iniziare l'atteraggio. Il suolo è toccato dal calcagno, quindi dal margine
esterno e la testa dei metatarsi, successivamente dal quinto verso il primo. Nella discesa verso il suolo
i m. tibiale anteriore e lungo estensore dell'alluce esercitano un azione di freno sulla punta del piede
in modo che il contatto con il suo sia dolce. Una volta compiuto il semipasso l'arto si estende
saldamente a opera dei quattro m. del quadricipite e da oscillante diventa portante, mentre l'altro
arto inizia il movimento di oscillazione anterograda in modo da completare il passo intero. È
consigliabile osservare il malato specialmente nella fase di doppio appoggio, quando entrambi i
piedi toccano il suolo.

7
È importante l'osservazione del paziente seduto che viene invitato ad alzarsi per camminare, è
necessario esaminare come tale movimento venga eseguito. Per passare dalla pos. seduta a quella
eretta si inclina il tronco in avanti per azione dei muscoli ileopsoas, che fanno punto fisso sul
femore; anche i quadricipiti, facendo punto sulle tibie, estendono le ginocchia. Quindi si
contraggono i glutei che, facendo punto fisso sull'ala iliaca, estendo da coscia sul bacino e poi,
prendendo punto fisso sul femore, la pelvi. I muscoli che coadiuvano in seguito l'estensione del corpo
sono i retti addominali, i piramidali, gli obliqui esterni e interni. La difficoltà nel primo tempo, quando si
estendono le cosce sulle gambe, mentre il corpo si inclina in avanti, denota un insufficienza del
quadricipite. La difficoltà che insorge nel secondo tempo, dopo l'estensione delle ginocchia, quando
si raddrizza il tronco, con la rotazione indietro del bacino sui femori fissi, denota un insufficienza dei
glutei.

L'esame dell'andatura deve essere praticato a occhi sia aperti che chiusi, sia nel cammino in avanti
che a ritroso. L'osservazione se è possibile deve essere effettuata sia sul piano orizzontale, ma anche
in salita, in discesa, nell'atto di salire e scendere le scale, nella corsa. Ciò per evidenziare deficit
muscolari di determinati gruppi.

• CAMMINO IN SALITA
La fase di doppio appoggio è più protratta, l'arto oscillante si poggia in flessione e, il piede prende
contatto con il suolo con l'intera pianta (anziché con il tallone). Lo sforzo maggiore è sopportato
dai muscoli della coscia dall'arto portante, soprattutto il quadricipite che solleva il tronco. I muscoli
posteriori della coscia estendono l'articolazione dell'anca e coadiuvano l'azione del grande gluteo.
I muscoli del polpaccio sollevano il tallone e favoriscono lo spostamento in avanti. Possiamo mettere
in evidenza con il cammino in salita il deficit del quadricipite. Il malato compensa con
l'inclinazione maggiore del corpo in avanti in modo da mantenere passivamente esteso il ginocchio

8
senza l'intervento del quadricipite.

Il muscolo maggiormente coinvolto nella salita delle scale è il quadricipite, se è paralizzato ciò è
impossibile. La fase di doppio appoggio è prolungata. L'avanzamento è aiutato da un'inclinazione in
avanti del tronco per spostare in avanti il centro di gravità e dell'anteropendolazione dell'arto
superiore controlaterale.

• CAMMINO IN DISCESA:
L' arto oscillante arriva all'appoggio in completa estensione e tocca il suolo con il tallone. Appena
toccato il suolo l'arto portante si flette leggermente e il quadricipite sostiene il peso del corpo
coadiuvato da un certo grado di velocità di caduta per l'inclinazione del piano. L'insufficienza del
quadricipite è più evidente dall'impossibilità di compensare con una maggiore inclinazione in avanti
del tronco, come avviene in salita. È possibile osservare anche la funzionalità dei muscoli estensori del
tronco.

Nella discesa dalle scale, i movimenti sono uguali a quelli del cammino in discesa. Il suolo è toccato
prima con la punta e poi con il resto del piede, contrariamente a quanto accade nel cammino su
piano orizzontale.

Nella corsa, la successione dei movimenti è più rapida che nel cammino su piano orizzontale e la
flessione è maggiormente accentuata. Nella corso si mettono in evidenza eventuali asimmetrie fra i
due lati ed è possibile osservare il comportamento dei movimenti di bilanciamento degli arti superiori,
i quali risultano alterati in presenza di insufficienza funzionale del deltoide.

PROVE PER ALTERAZIONI DELL'ANDATURA


In casi particolari è possibile utilizzare altre prove semeiologiche per lo studio dell'andatura:
- Prova di Babinski-Weil o prova della marcia a stella utile per una diagnosi differenziale. Un
soggetto normale, a occhi bendati, è in grado di marciare in avanti e poi indietro, tornando
pressappoco al punto di partenza. Un soggetto con ipofunzione labirintica destra devierà verso
destra nella marcia in avanti e ancor di più nella marcia all'indietro. In casi di lesione cerebellare
si osserva deviazione omolaterale alla lesione nel cammino in avanti, in casi di lesione temporale
o frontale la deviazione ha luogo dal lato opposto alla lesione.
- Prova della marcia a compasso: invitando il paz. A fare 8 passi, in avanti e indietro,
ripetutamente a occhi chiusi, in caso di lesioni emisferiche cerebellari si verificherà una graduale
rotazione verso il lato colpito
- Prova della marcia in tendem o del funambolo: il paz. marcia seguendo una linea retta
immaginaria anteponendo un piede all'altro. Il paz. con lesione del verme cerebellare è
incapace di eseguirla, il paz. con atassia sensitiva compensa con il controllo visivo.

ALTERAZIONE DELL'ANDATURA
Nell'esame dell'andatura bisognerà segnalare:
- Alterazioni degli arti (accorciamento, malformazioni congenite, affezioni articolari, anchilosi ecc.)
- Alterazioni della motilità volontaria di tipo centrale o periferico (emiplegia, paraplegia ecc.)
della motilità automatica, del tono e del trofismo.
- Alterazioni nella regolazione dei movimenti che turbano il cammino (sindromi atassiche

9
cerebellari, vestibolari, sensitive, miste ecc.)
- Alterazioni che abbiano genesi psichica (isterismo, schizofrenia ecc.)

Le alterazioni dell'andatura possono essere dovute a varie cause ed essere limitate a un solo
arto oppure estese a entrambi gli arti. Possono essere suddivise nei seguenti raggruppamenti:
- Andature claudicanti
- Andature antalgiche
- Andature neuropatiche-miopatiche
- Andature piramidali
- Andature extrapiramidali
- Andature atassiche
- Andature miste

Andature claudicanti. Le cause più frequenti della claudicazione sono quattro:


- Dolore
- differenza di lunghezza degli arti inferiori
- alterazioni articolari
- alterazioni cinetiche dei vari gruppi muscolari

Di fronte a processi dolorosi dell'arto inferiore (radicolopatie del nervo sciatico, coxartrosi,
paraosteoartopatie) il paz. abbrevia il più possibile il carico sull'arto dolente durante la fase di
appoggio dello stesso. Il paz. tenta di fuggire dall'arto dolente verso quello sano, sul quale mantiene
più a lungo il carico (claudicazione di fuga di Lorenz).
Il progetto riabilitativo parte da un attenta diagnosi del dolore che provoca la zoppia,
determinando se esso sia di origine nervosa o osteoarticolare. Il riabilitatore deve indagare sulle
modalità di insorgenza, sulla durata, sulla precisa localizzazione, il momento della giornata in cui si
presenta, la postura che lo evoca o lo fa diminuire.
Il riabilitatore spesso si troverà a dover esaminare una zoppia che per età e condizioni cliniche del
paz. potrebbe essere imputabile a una coxartrosi o a una sciatalgia. Verificare se il dolore è più
presente la notte a riposo, o durante la fase attiva della giornata, può rappresentare il primo passo
verso una diagnosi differenziale
Il dolore tipico della coxartrosi, nella sua fase iniziale, è di origine infiammatoria: presente durante la
notte, migliora con l'attività. Al contrario il dolore neuropatico è più costante, peggiora nella
stazione eretta, con i carichi e con la deambulazione. Completano la diagnosi le indagini
strumentali (radiografie, TAC, RMN, EMG ecc)
Nella coxartrosi si osserva zoppia di fuga con un accorciamento apparente del passo dovuto
all'atteggiamento obbligato di adduzione. Si determinano comportamenti di difesa in posizione
antalgica a salvaguardia del dolore.
Negli esiti di lesione del secondo motoneurone, si ha un insufficienza muscolare e allo scopo di
stabilire un equilibrio il paz. cerca periodicamente di fermarsi più a lungo sull'arto malato che su
quello sano (claudicazione di sosta). Entrambe le forme vengo riunite nella claudicazione detta di
cadenza perchè risulta alterata la sequenza delle fasi di appoggio dei due arti.

10
• Claudicazione di caduta: si osserva quando gli arti inf. hanno differente lunghezza oltre 2-3
cm., si determina un abbassamento del tronco nel passaggio dell'appoggio dall'arto lungo a
quello corto, che poi risale nel passaggio inverso (utile plantare con rialzo).
• Claudicazione da inchino: se l'inclinazione del tronco si verifica sul piano sagittale (nelle
contratture e anchilosi in flessione dell'anca e del ginocchio, nelle anchilosi o rigidità ad
angolo retto del piede, nella paralisi del quadricipite con retrazione dei flessori) a ogni
appoggio sull'arto difettoso si osserva un'oscillazione del tronco in avanti come per fare un
inchino.
• Claudicazione di sigillo: si osserva quando il piede è piatto sul suolo senza il movimento di
rotolamento ma rigido, tale condizione si realizza in presenza di spasticità importante del
quadricipite femorale.

ANDATURE

ANDATURE ANTALGICHE
Lombosciatalgia: il paziente cammina cercando di evitare l'allungamento e lo stiramento del nervo
che si verificherebbero se estendesse normalmente la gamba sulla coscia nella fase di appoggio. Si
instaura un eccessivo lavoro articolare degli arti inf. per supplire a quello della colonna, con flessione
accentuata delle cosce e delle ginocchia e passi corti.
Lombosciatalgia: abolizione o quasi dei movimenti pendolari degli arti superiori. Portamento rigido
del tronco, con shift (deviazione laterale) o flessione anteriore.

ANDATURE NEUROPATICHE-MIOPATICHE
Andatura steppante: si ha in seguito a paralisi nervose periferiche. Si osserva nella paralisi del tibiale
anteriore negli esiti di fratture traumatiche della testa peroneale con lesione dello SPE. Il piede ha un
certo grado di equinismo, quando nella fase oscillante, si verifica l'atterraggio, il contatto con il
suolo avviene con l'avampiede e poi con il calcagno. Per compensare l'equinismo durante la
fase oscillante del piede si ha una maggiore flessione d'anca e ginocchio.

Nella paralisi del tricipite surale il piede, atteggiato in talismo, si distacca dal suolo e vi si appoggia
assai bruscamente, durante la fase di oscillazione del piede è mantenuto in flessione dorsale per la
prevalenza dei muscoli dorsi-flessori.

La paralisi del quadricipite femorale, se non è molto grave, viene compensata con una maggiore
inclinazione in avanti del tronco e una recurvatura del ginocchio. Se però il tronco viene flesso
all'indietro il paz. cade a terra per assenza dei meccanismi compensatori.

Nella paralisi del piccolo e medio gluteo si osserva il pendolo delle anche di Lorenz, come nella
lussazione congenita dell'anca e coxa vara. Nel soggetto sano questi due muscoli hanno la
funzione di far ruotare il bacino sul proprio asse antero-posteriore e di inclinarlo sul lato dell'arto
portante per sollevare quello oscillante. Se questi due muscoli sono paralizzati quando il peso del
corpo grava sull'arto colpito, nella fase portante il bacino non può più basculare, allora l'arto sano,
che deve essere sollevato per la fase oscillante, trova compenso in un'incurvatura della colonna
vertebrale verso l'arto colpito. Quando l'arto colpito diventa oscillante, non potendo sollevarsi

11
abbastanza dal suolo per la mancata inclinazione del bacino, trova compenso nell'inclinazione del
tronco verso il lato sano. Nella paralisi del grande gluteo la fase di appoggio sull'arto colpito è molto
precaria perchè l'anca non può essere mantenuta estesa con la necessaria forza. Spesso il paz. è
costretto, all'appoggio della mano sulla coscia e all'uso del bastone.
La paralisi isolata degli abduttori dell'anca è rara, più spesso è accompagnata dalla paralisi del
quadricipite oppure alla paralisi del grande gluteo e del quadricipite. In questo caso il compenso si
attua accentuando la recurvatura del ginocchio, iperestendendo l'anca e compiendo movimenti di
oscillazione laterale equilibratrice del tronco.
Nella paralisi isolate dei muscoli latero-addominali il cammino è scarsamente alterato in quanto il
sollevamento del bacino dal lato colpito oscillante viene a compiersi ugualmente grazie a uno
sforzo degli abduttori dell'anca sana in appoggio. Se questi muscoli non riescono a far fronte si
verifica il fenomeno del Trendelenburg nella fase di appoggio sull'arto del lato sano.
Nella paralisi dei muscoli erettori del tronco il malato assume un atteggiamento con notevole
spostamento indietro delle spalle e accentua, nel cammino, tale atteggiamento, all'inizio
dell'appoggio anteriore della gamba allo scopo di impedire che l'accelerazione orizzontale lo
faccia cadere in avanti.
Quando la paralisi dei suddetti muscoli è associata a paralisi del grande gluteo, come avviene in
esiti di talune miopatie, si osserva il rovesciamento all'indietro della parte alta del tronco ancora più
accentuato, lo slancio delle braccia all'indietro è più energico e, compare una notevole
accentuazione della lordosi lombare.
Nei soggetti miopatici si osserva quel particolare dondolamento sulle anche per cui tale andatura è
definita anserina. L'andatura anserina è dovuta soprattutto a due fattori:
- Un’inclinazione laterale del bacino esagerata a ciascun passo, dal lato dell'arto oscillante;
- Un’inclinazione laterale del tronco nel suo insieme, con pendenza dal lato opposto, cioè dal lato
dell'arto portante. L'origine di questi due fenomeni risiede nell'insufficienza delle masse muscolari
del bacino e specialmente del medio gluteo. Il bacino, non essendo più trattenuto dal lato
portante da una forza sufficiente, ricade a ciascun passo dal lato oscillante, attratto dall'arto che
vi è sospeso. Il movimento del tronco è una conseguenza del movimento anormale del bacino. Se
il tronco seguisse l'inclinazione verticale del bacino provocherebbe la caduta, per cui per
mantenere l'equilibrio e conservare la linea di gravità nella base di sostegno, formata dall'arto
portante, la parte alta del tronco si inclina da questo lato.

Andatura oscillante: nell'insufficienza dei muscoli spino-lombari, sempre in esiti di processi miopatici,
viene a mancare la lordosi lombare di compenso e allora il malato, per ristabilire l'equilibrio e
mantenere il centro di gravità, sposta la metà superiore del tronco e il capo in avanti o all'indietro.
Agli spostamenti del tronco fa contrasto il comportamento degli arti inferiori che, nella fase di
oscillazione, sono sollevati eccessivamente e ribattuti al suolo con violenza (andatura a passo di
parata).

ANDATURE PIRAMIDALI
Andatura falciante: nel soggetto emiplegico in cui si verifichi un evoluzione clinica verso la spasticità
dell'arto inferiore, le modificazioni dell'andatura sono determinate dalla presenza di un estensione di
ginocchio scarsamente modificabile attivamente. Quando l'arto oscillante è portato in avanti
mancando il raccorciamento determinato dalla flessione della coscia sul bacino e della gamba sul
ginocchio, per cui l'arto è costretto a compiere un movimento di semicerchio per proseguire il

12
passo. Nel compiere questo movimento il piede in atteggiamento varo-equino, sfiora il suolo con il
suo margine antero- esterno o con la punta. Se l'equinismo è esagerato il paz. avanza a piccoli passi
e, anziché portare avanti alternativamente i due arti, cammina in maniera che il piede sano non
oltrepassi mai il piede paralizzato.

Andatura paraparetica o parapareto-spastica: si realizza in conseguenza di lesioni del midollo


spinale localizzate sotto il rigonfiamento cervicale, assume aspetti diversi secondo l'intensità della
spasticità. Nei casi più lievi o quando la paresi spastica è ancora all'inizio, il paz. cammina
speditamente, però, nel momento in cui si tocca il suolo con il piede, l'arto di irrigidisce conferendo
un andatura saltellante. Nei casi più gravi il paz. incede con difficoltà. Gli arti inf. si irrigidiscono
quando toccano il suolo, il piede è animato da oscillazioni cloniche che si trasmettono alla coscia,
le cosce sono ravvicinate e le ginocchia si toccano, il piede in atteggiamento varo-equino tocca il
suolo con la punta. Il bordo interno del piede striscia contro il suolo nel cammino verso il lato
indenne (segno di Schuller). Nelle forme avanzate, per l'impossibilità di effettuare il raccorciamento
dell'arto oscillante, il paz. Avanza inclinando e ruotando il tronco verso il lato opposto con un
movimento traslazionante che coinvolge tutto il corpo: andatura da gallo.

Andatura a forbice: caratteristica delle PCI è un andatura pareto-spastica, per ipertono dei m.
adduttori della coscia, gli arti tendono a incrociarsi e una gamba viene spinta contro l'altra a ogni
passo.

Andatura a piccoli passi: nella sindrome pseudo-bulbare si osserva una andatura caratterizzata
dall'incedere lento, a piccoli passi, strisciando a ogni passo la pianta del piede sul suolo. Il passo
appare raccorciato e strisciante, la marcia è più lenta tendente a falciare a causa della spasticità. I
movimenti pendolari sono relativamente conservati. Compare negli infarti lacunari multipli dei gangli
della base e delle vie piramidali (vasculopatie cerebrali senili).

ANDATURE EXTRAPIRAMIDALI
Andatura Parkinsoniana: si compie con passi piccoli e affrettati. La testa e il tronco sono inclinati in
avanti, gli avambracci flessi e addotti al tronco. I piedi scivolano faticosamente al suolo con ritmo
sempre più accelerato che dà l'impressione che il paz. stia per cadere in avanti (andatura
festinante). Contrapposto a questo tipo in flessione, si riscontra a volte un tipo in estensione.
L'inclinazione in avanti del capo e del tronco è uguale, ma gli arti sup. si presentano estesi sia
nell'articolazione del gomito sia in quella del polso. La mano è deforme e atteggiata come se
dovesse scrivere con un penna, le mani sono tenute leggermente all'interno, appoggiate sulle
cosce. Anche gli arti inf. sono estesi, durante il cammino si flettono leggermente, per cui il paz.
cammina rigidamente.

Andatura da dromedario: nella dystonia musculorum deformans l'atteggiamento è caratterizzato da


prominenza delle natiche dovuta all'iperlordosi lombare, associata alla flessione di una o entrambe
le gambe in corrispondenza dell'anca, che si accentua durante la marcia, che somiglia a quella di
un dromedario. È caratteristica della sclerosi multipla, la cui deambulazione è difficoltosa per la
presenza di movimenti oscillatori del capo e del tronco, pur in assenza di alterazioni a carico degli
arti inf.

13
ANDATURE ATASSICHE
L'atassia è un disturbo della coordinazione che altera la misura e la direzione del movimento
volontario e le sinergie posturali e di equilibrio che a questo sono strettamente associate. Non
sempre le andature atassiche sono evidenti, nelle forme latenti bisogna sensibilizzare l'esame con
altre prove, come la prova della marcia a stella, la marcia in tandem, le prove di Fournier. Le
principali forme di atassia sono quattro: atassia sensitiva basata su disturbi della sensibilità
propriocettiva; atassia cerebellare dovuta a postumi di lesioni del cervelletto; per quanto riguarda
l'andatura atassia labirintica, dovuta a lesioni dell'orecchio; infine, le atassie cerebrali.

14
Andatura atassica sensitiva: è caratterizzata dall’aggravamento dei disturbi dell’andatura alla
chiusura degli occhi e dalla diminuzione o scomparsa della sensibilità propriocettiva agli arti. Può
essere conseguente a lesioni dei cordoni posteriori midollari di diversa eziologia, o esiti di lesioni della
via ascendente sensitiva, nelle lesioni a focolaio del tronco, nella sindrome talamica pura e nella
sindrome parietale. In questa forma atassica i centri corticale e sottocorticali non hanno nozione
della posizione dei segmenti del corpo, dei cambiamenti di posizione, e della resistenza incontrata
dai muscoli essendo lese a determinati livelli le vie della sensibilità profonda. A questo disturbo il paz.
Cerca di supplire controllando con lo sguardo i vari movimenti corporei e in particolare il cammino,
se viene a mancare tale controllo l’atassia si accentua. Nell’atassia cerebellare tale influenza
manca. Nell’atassia conclamata l’andatura è notevolmente compromessa, il piede è sollevato in
alto oltre misura e in maniera repentina per poi cadere pesantemente al suolo battendo il
calcagno. Le gambe sono lanciate bruscamente in alto e in fuori come quelle di un burattino, i
movimenti del cammino sono sempre più scoordinati fino a richiedere il sostegno del braccio di
qualcuno.

Andatura falciante: nel soggetto emiplegico in cui si verifichi un evoluzione clinica verso la spasticità
dell’arto inf., le modificazioni dell’andatura sono determinate dalla presenza di un estensione di
ginocchio scarsamente modificabile attivamente. Quando l’arto oscillante è portato in avanti
mancando il raccorciamento determinato dalla flessione della coscia sul bacino e della gamba sul
ginocchio, per cui l’arto è costretto a compiere un movimento di semicerchio per proseguire il
passo. Nel compiere questo movimento il piede in atteggiamento varo-equino, sfiora il suolo con il
suo margine antero- esterno o con la punta. Se l’equinismo è esagerato il paz. Avanza a piccoli
passi e, anziché portare avanti alternativamente i due arti, cammina in maniera che il piede sano
non oltrepassi mai il piede paralizzato.

Andatura paraparetica o parapareto-spastica: si realizza in conseguenza di lesioni del midollo


spinale localizzate sotto il rigonfiamento cervicale, assume aspetti diversi secondo l’intensità della
spasticità. Nei casi più lievi o quando la paresi spastica è ancora all’inizio, il paz. Cammina
speditamente, però, nel momento in cui si tocca il suolo con il piede, l’arto di irrigidisce conferendo
un andatura saltellante. Nei casi più gravi il paz. Incede con difficoltà. Gli arti inf. Si irrigidiscono
quando toccano il suolo, il piede è animato da oscillazioni cloniche che si trasmettono alla coscia,
le cosce sono ravvicinate e le ginocchia si toccano, il piede in atteggiamento varo-equino tocca il
suolo con la punta. Il bordo interno del piede striscia contro il suolo nel cammino verso il lato
indenne (segno di Schuller). Nelle forme avanzate, per l’impossibilità di effettuare il raccorciamento
dell’arto oscillante, il paz. Avanza inclinando e ruotando il tronco verso il lato opposto con un
movimento traslazionante che coinvolge tutto il corpo: andatura da gallo.
Andatura a forbice: caratteristica delle PCI è un andatura pareto-spastica, per ipertono dei m.
adduttori della coscia, gli arti tendono a incrociarsi e una gamba viene spinta contro l’altra a ogni
passo.

Andatura a piccoli passi: nella sindrome pseudo-bulbare si osserva una andatura caratterizzata
dall’incedere lento, a piccoli passi, strisciando a ogni passo la pianta del piede sul suolo. Il passo
appare raccorciato e strisciante, la marcia è più lenta tendente a falciare a causa della spasticità. I
movimenti pendolari sono relativamente conservati. Compare negli infarti lacunari multipli dei gangli

15
della base e delle vie piramidali (vasculopatie cerebrali senili).

PIANI, ASSI e DEFOTMITÀ


Il piano sagittale che contiene il baricentro coincide con il piano sagittale che divide in due il
volume del corpo. Nella stazione eretta la linea di gravità incrocia pressappoco al centro la base
d'appoggio, formata da poligono delineato dai margini laterali dei due piedi e dalle due linee che
uniscono le punte e i talloni.
Piani ortogonali:
- Piani sagittali sono verticali passano al centro del corpo, dividendolo in due metà di destra e
sinistra.
- Piani frontali sono verticali, dividono il corpo in parte anteriore e posteriore, o ventrale e dorsale.
- Piani orizzontali o trasversali: dividono il corpo in una parte superiore e inferiore, o craniale e
caudale.
Gli assi anatomici sono linee immaginarie che vengono utilizzate per tracciare l'asse sul quale si
svolgono i movimenti di rotazione. Gli assi sono:
- Longitudinale (verticale), perpendicolare alla base di appoggio, quando il corpo è in posizione
eretta.
- Trasversale (orizzontale), è diretto da sinistra a destra ed è perpendicolare all'asse longitudinale.
- Sagittale (antero-posteriore) è diretto dalla superficie posteriore alla superficie anteriore del
corpo. È perpendicolare agli altri due.

ATTEGGIAMENTI
- Indifferente: quando il segmento corporeo in esame assume indifferentemente qualsiasi
posizione, nell'ambito dei piani di movimento che gli sono propri.
- Obbligato o coatto: quando il segmento corporeo esaminato, a causa di fattori patologici
(dolore rigidità), è costretto a mantenere un a determinata posizione. In genere in caso di dolore
articolare la posizione migliore è quella di flessione intermedia.

DIREZIONE DEI MOVIMENTI


- Flessione: movimento per cui un segmento tende a formare con un altro un angolo sempre più
acuto.
- Estensione: movimento per cui un segmento tende a disporsi sullo stesso piano dell'altro.
- Abduzione: allontanamento dal piano mediale del corpo.
- Adduzione: avvicinamento al piano mediale del corpo.
- Rotazione: movimento compiuto da un segmento intorno al proprio asse principale.
- Circonduzione: movimento per cui un segmento descrive un cono ad apice corrispondente al
capo articolare.

DEFORMITÀ
• Deformità semplici: possono riguardare gli assi e determinare sul piano frontale:
- Varismo accentuazione di convessità esterna.
- Valgismo accentuazione della convessità interna.

16
Sul piano sagittale:
- Procurvamento curva a convessità anteriore.
- Recurvamento curva a convessità posteriore.

Sul piano trasversale:


- Supinazione rotazione verso l'esterno
- Pronazione rotazione verso l'interno

Deformità del rachide


In stazione eretta la colonna vertebrale deve apparire rettilinea sul piano frontale, deve presentare tre
curve che si compensano tra loro sul piano sagittale: lordosi cervicale, cifosi dorsale, lordosi lombare.
L'esame obiettivo va condotto in ortostatismo, valutando con un filo a piombo un eventuale squilibrio
tra il tronco e la pelvi. Il filo a piombo va poggiato a livello dell'apofisi di C7 e deve cadere nella
piega interglutea (segno dello strapiombo).
Per la valutazione del rachide cervicale il filo va appoggiato alla tuberosità occipitale.
Successivamente si valuta eventuale asimmetria delle spalle, dei fianchi del bacino. Il segno del
gibbo va valutato nella posizione del gibbo, facendo flettere il paziente con il tronco in avanti
(Forward Bending Test). Si valuta anche un'eventuale rigidità del rachide nel movimento di flessione
laterale del tronco.

Alterazione patologiche:
Sul piano sagittale: scoliosi è una deformazione permanente laterale e rotatoria della colonna
vertebrale che determina alterazioni sia estetiche sia funzionali. In base alla sede si distinguono in
cervicodorsali, dorsali, dorsolombari (apice D12- L1) e lombari. In base al lato convesso della curva in
destro-convessa e sinistro-convessa. In base alle caratteristiche in non strutturali (posture
compensatorie), sintomatiche e strutturali. In base alla gravità in lievi (<20°), moderate (20-40°), gravi
(>40°)

17
Eziopatogenesi della scoliosi: è multifattoriale e nella maggior parte dei casi sconosciuta (scoliosi
idiopatica). Tra queste vi sono:
- Scoliosi neurogene conseguenti a lesioni nervose centrali (paralisi spastica).
- Scoliosi miogene dovute a malattie muscolari (miopatie) o retrazioni muscolari.
- Scoliosi desmogene per retrazione o lassità dei legamenti o della capsula articolare.
- Scoliosi artrogene conseguenti a lesioni dello scheletro di tipo traumatico o patologico.
- Scoliosi statica dovuta a un'alterazione del bacino e della colonna per dismetria degli arti
inferiori o lussazione congenita dell'anca o, limitazione dell'adduzione o abduzione dell'anca.

Ipercifosi: la deviazione del rachide a convessità posteriore è aumentata rispetto alla norma. La cifosi
dorsale fisiologica misurata sul piatto superiore di T2 al piatto inferiore di T12 è normalmente di 20-40°.
Una cifosi cervicale o lombare è sempre patologica. Le ipercifosi si distinguono in congenite e
patologiche (fratture vertebrali o schiacciamento dei corpi vertebrali).

Iperlordosi: è la deviazione del rachide a convessità anteriore aumentata rispetto al normale. Si


associa spesso all'ipercifosi dorsale con finalità compensatorie. Quando è di grado notevole può
essere secondaria a patologie congenite o acquisite delle ultime vertebre lombari come
spondilolistesi, o altre patologie come lussazione bilaterale delle anche.

Cifoscoliosi è la combinazione di una cifosi e una scoliosi, alla cui base possono esserci processi
infiammatori, traumi, infezioni, alterazioni neuromuscolari.

Esame del torace: in alcune miopatia, come la distrofia facio-scapolo-omerale, l'arco costale appare
molto rilevato e strapiomba nella cintola molto sottile (torace di vespa).

18
Deformità dell’arto superiore
Nell’arto superiore esiste un valgismo fisiologico tra l'asse del braccio e dell'avambraccio, eventuali
diminuzioni (gomito varo) o accentuazioni (gomito valgo) sono patologiche. Gli assi di avambraccio
e mano sono allineati, sul piano frontale e sagittale eventuali disallineamenti sono patologici. Le
anomalie sono legate a lesioni cerebrali e lesioni dei nervi periferici.

Deformità nelle lesioni cerebrali:


Mano da fachiro: atteggiamento tipico della mano nella paralisi spastica, la mano è chiusa a pugno in
contrattura serrata. Le dita flesse premono con forza contro il palmo.
Dita a baionetta: nelle emiplegie cerebrali infantili è possibile osservare che le dita delle mani
assumono una flessione palmare della terza falange e una iperestensione della seconda.
Mano ipotalamica: nelle lesioni ipotalamiche la mano a volte si presenta con una flessione di tutte le
dita tranne una, indice o medio, irrigidita in estensione.
Mano talamica: consiste in una flessione forzata delle dita, con dolore, parestesie e lesioni trofiche.
Assume a volte atteggiamenti atassici con instabilità delle dita, a volte atteggiamenti pseudoatetosici
con dita abdotte e movimenti incessanti (mano talamica atassica).
Mano a zampa d'anatra: nei disturbi con atetosi la mano appare lievemente flessa al polso e con le
dita estese e abdotte.

Deformità nelle lesioni dei nervi periferici:


Lesioni del nervo radiale: nella lesione completa (cavo ascellare) la mano è cadente l’atteggiamento
è dovuto alla paralisi dei muscoli estensori dell'avambraccio innervati dal nervo radiale. Le dita sono
semiflesse, l'avambraccio è flesso e pronato. I riflessi radiali e tricipitale sono assenti. Nella paralisi di
alcuni rami, si può riscontrare la paralisi dei muscoli estensori del I, III E IV dito (mano che fa le corna) il
livello della lesione è sotto il gomito.

Lesioni del nervo mediano: la mano ad artiglio mediano è una deformazione caratterizzata da
flessione spesso irriducibile delle falangi distali del pollice, indice e medio per atrofia muscolare.
facendo chiudere il pugno si ha la mancata flessione del pollice, indice e medio (mano
benedicente). In certe lesioni distali come la sindrome del tunnel carpale, ma anche nelle lesioni
midollari a livello di C6-C8 (malattia del motoneurone) il pollice stirato indietro dal lungo estensore, si
pone sullo stesso piano delle altre dita, non si ha la possibilità di opporre il pollice alle altre dita (mano
di scimmia). Si avrà atrofia dell'eminenza tenar.

19
Lesione del nervo ulnare: la mano ad artiglio ulnare, si presenta in atteggiamento di flessione delle
falangi distali di IV e V dito, con estensione della prima falange. Si aggiunge ipotrofia dell'eminenza
ipotenar e interossei (solchi profondi tra i metacarpi), si osserva anche nelle lesioni midollari a livello di
C8-T1.

Lesioni combinate: la mano ad artiglio si ha per paralisi combinata dei nervi mediano ed ulnare o per
lesione dei rispettivi segmenti midollari. La paralisi atrofica dei lombricali determina un caratteristico
atteggiamento di estensione della prima falange con flessione delle altre, per l'azione dei m.
antagonisti estensori e flessori comuni delle dita si osserva nella SLA. Negli stadi avanzati di SLA l'atrofia
associata dei m. dell’eminenza tenar e ipotenar e degli interossei può evidenziarsi nella cosiddetta
mano di scimmia con artiglio.

Nella siringomelia (una rara condizione patologica, in seguito alla quale si formano una o
più cisti ripiene di liquido all'interno del canale spinale. Se le cisti, dette anche siringi, si espandono,
possono danneggiare gravemente il midollo spinale e pregiudicare la trasmissione dei segnali
nervosi), che causa la lesione dei nervi ulnare e mediano (fermo restante l'integrità del radiale),
l'atteggiamento riscontrabile, consiste nell'estensione della mano sull'avambraccio e delle prime
falangi delle dita sui metacarpi (per azione dei muscoli estensori), con flessione delle seconde e
terze falangi (per paralisi degli interossei e lombricali) la mano assume la cosiddetta posizione del
predicatore. Nelle paralisi combinate dei nervi dell'avambraccio (radiale, ulnare e mediano)
l'atteggiamento della mano quando i muscoli si atrofizzano è quello della mano appiattita. Se sono
colpiti anche i muscoli flessori ed estensori dell'avambraccio si ha la mano cadaverica o scheletrica.

Deformità del bacino


La linea bisiliaca (passante tra le spine iliache
anteriori superiori) è perfettamente
orizzontale; la sua inclinazione, sempre
patologica, è dovuta all'accorciamento di un
arto, o a vizioso atteggiamento dell'anca in
flessione.

20
Deformità dell’arto inferiore
Tipico aspetto della neuropatia ereditaria degenerativa, è quello a gambe di cicogna, in cui l'atrofia
muscolare interessa i m. distali degli arti inferiori
Nell'emiplegico si rileva il recurvatum di ginocchio per lassità delle strutture posteriori e la spasticità del
quadricipite femorale.

Esiste un valgismo fisiologico tra l'asse della coscia e quello della gamba. Soprattutto nella donna,
eventuali diminuzioni (varo) o accentuazioni (valgo) sono patologiche.

Sotto carico è normale una lievissima angolazione verso l'esterno tra l'asse longitudinale e il retropiede
(valgismo fisiologico del piede); la presenza di un'angolazione all'interno (piede varo) o un aumento
di quella verso l'esterno (piede valgo) ha invece significato patologico.
Nel piano sagittale esiste sotto carico un angolo di 90° aperto anteriormente tra l'asse longitudinale
della gamba e quello del piede. L'aumento di questo angolo (piede equino) e la sua diminuzione
(piede talo) sono di natura patologica.

21
Nel piano orizzontale l'asse longitudinale del retropiede e quello dell'avampiede si trovano su un'unica
linea, deve considerarsi patologica sia un angolazione aperta all'esterno (avampiede abdotto) sia
all'interno (avampiede addotto).
Hanno un significato patologico anche un atteggiamento
coatto in rotazione esterna, per cui il margine esterno del
piede si solleva e la pianta tende a guardare l'esterno
(piede pronato), e in rotazione interna, per cui il margine
interno del piede si solleva e la faccia plantare tende a
guardare all'interno (piede supinato).

La regione plantare presenta medialmente una lieve


concavità detta volta plantare longitudinale mediale; la
sua diminuzione (piede piatto) o la sua accentuazione
(piede cavo) hanno significato patologico.

Il valgismo accentuato si associa a piede piatto, il varismo a


piede cavo. L'ispezione degli arti inf. prevede un esame
delle gambe e dei piedi.

La deformità più frequente è il piede cavo associato a neuropatie ereditarie sensitivo-motorie


(malattia di Friedrich). A postumi di lesioni cerebrali si ha un atteggiamento di piede equino-varo.
Nella paralisi del tibiale anteriore si ha il piede ad artiglio, con deformità dovute alle contratture degli
antagonisti. Si riscontra in polineuropatie croniche ad esordio infantile (Charcot-Marie-Tooth) nelle
ernie discali con interessamento del nervo sciatico.

Deformità da variazione di lunghezza


La deformazione in accorciamento o allungamento degli arti inf. è detta eterometria. Si distingue una
vera eterometria di origine genetica o traumatica, da una falsa o funzionale, frutto della diversa
programmazione delle catene mio-fasciali.
Si può manifestare con una inclinazione o rotazione del bacino, provocando curvature o torsioni della
colonna vertebrale. La valutazione si effettua a paz. supino utilizzando un metro a nastro, si misura
della cresta iliaca antero sup. al punto medio piatto tibiale e con una seconda misurazione
proseguendo fino al malleolo mediale. Sommando le due lunghezze si avrà quella totale.

ESAME DINAMICO
Lo studio della motilità passiva viene condotto chiedendo al paziente di mantenere decontratta la
muscolatura interessata e valutando l'escursione articolare del segmento scheletrico. La motilità
attiva permette di valutare oltre all'ampiezza dei movimenti nei vari piani anche la potenza
muscolare. Sul piano sagittale si osservano flessione ed estensione. Sul piano frontale abduzione e
adduzione. Sul piano orizzontale o trasverso rotazioni esterne o supinazioni, rotazioni interne o
pronazioni. I movimenti si misurano con i gradi di libertà di movimento, dalla pos. di riposo che
corrisponde al grado zero. Le enartrosi hanno tre gradi di movimento. si muovono su tre piani, le altre si
muovono su uno o due piani.

22
Si misura l'ampiezza con il goniometro che può evidenziare diverse condizioni di escursione articolare:
- Normale, articolarità indenne
- Ridotta, rigidità
- Abolita, anchilosi
- si ricercano eventuali segni di motilità in piani diversi da quelli normali, il loro riscontro può
essere patologico (lassità legamentosa).
La valutazione della motilità attiva e passiva articolare è fondamentale della diagnosi differenziale tra
affezioni ad interessamento articolare ed extrarticolare. Nelle patologie dell'articolazione vi è infatti
una limitazione severa dei mov. sia attivi che passivi, mentre la motilità passiva è risparmiata nelle
forme extrarticolari. Nelle forme con dolore riferito, entrambi i mov. attivi e passivi sono conservati.

Polso e mano
Come test di screening chiediamo al paziente di stringere le dita a pugno, poi di estendere ed
allargare le dita, flettere ed estendere i polsi, deviarli in direzione radiale e ulnare.
Flesso-estensione del polso: paziente seduto avambraccio pronato oltre il bordo del tavolo asse del
goniometro a livello dello stiloide ulnare, braccio fisso parallelo all'ulna.
Deviazione ulnare e radiale del polso, paz. seduto, avambraccio pronato oltre il bordo del tavolo,
asse del goniometro a livello della faccia dorsale dell'articolazione del polso, braccio fisso lungo la
mediana dell'avambraccio.

Gomito
Lo studio dei mov. rotatori del gomito vanno fatti con gomito flesso, altrimenti la rotazione può essere
effettuata tramite la spalla.
Flesso-estensione e iperestensione: paz. supino o seduto, braccio del goniometro in posizione
anatomica con gomito esteso 0°. asse a livello dell'epicondilo laterale omero, braccio fisso rivolto
verso l'acromion. Muovere avambraccio anteriormente e posteriormente.
Prono-supinazione: paz. Seduto, braccio lungo il fianco con gomito flesso a 90°, avambraccio in pos.
intermedia, mano che stringe una matita a pugno. Ruotare l'avambraccio esternamente e
internamente. Asse del goniometro sopra la testa del terzo metacarpale, braccio fisso perpendicolare
al pavimento.

Spalla
Movimenti combinati: sollevamento anteriore fino alla verticale, portare la manto dietro il collo
(abduzione ed extrarotazione), successivamente sotto le scapole (intrarotazione).
Elevazione della spalla in flessione: paz. supino o seduto, braccio del goniometro lungo il fianco con la
mano rivolta medialmente.
Flessione dell'articolazione glenomerale, come sopra, per la valutazione dell'escursione passiva,
stabilizzare la scapola ponendo una mano sul margine ascellare.
Estensione della spalla, posizione prona o seduta, braccio lungo il fianco con la mano rivolta
medialmente. Si porta l'omero indietro stabilizzando la scapola, a gomito flesso.
Elevazione della spalla in abduzione, paz. seduto o supino, omero lungo il fianco e addotto viene
extraruotato per evitare il contatto tra trochite ed acromion. Si porta l'omero lateralmente e in alto fino
al limite del movimento. Braccio fisso del goniometro parallelo allo sterno, mobile parallelo all'asse
longitudinale dell'omero.

23
Abduzione dell'articolazione glenomerale: paz. seduto o supino, braccio lungo il fianco con gomito
flesso a 90°, si stabilizzano scapola e clavicola.
Abduzione e adduzione spalla sul piano orizzontale: paz. seduto, spalla abdotta a 90° in rotazione
neutra, gomito flesso, avambraccio in pos. intermedia. Si sostiene il braccio in abduzione e lo si porta
prima posteriormente e poi anteriormente. Braccio fisso del goniometro perpendicolare al tronco.
Intrarotazione della spalla: pos. prona con spalla abdotta di 90°, gomito flesso di 90°, avambraccio
intermedio. Stabilizzare la scapola. Spostare il palmo della mano verso il soffitto. Asse del goniometro
sull'olecrano ulnare.
Extrarotazione della spalla:paz. supino, spalla abdotta di 90°, gomito flesso di 90°, avambraccio in pos.
intermedia. Stabilizzare la scapola, il dorso della mano viene spostato verso il pavimento.
Si possono valutare intra-ed-extrarotazione in pos. seduta, con gomito flesso a 90°, avambraccio in
pos. Intermedia, braccio in abduzione di 15°(intra) o addotto (extra). Asse del goniometro a piatto
sotto l'olecrano. Si porta la mano verso l'addome (intra) o lontano da esso (extra) fino al limite del
movimento.

Anca
L'articolazione dell'anca è un'enartrosi il femore si muove rispetto al bacino con tre gradi di mov. E' un
articolazione stabile in quanto deve sostenere 80% del peso corporeo. Contribuisce alla stabilità la
pressione negativa all'interno della capsula articolare e le forze sviluppate dai muscoli e legamenti.
Flessione: paz. supino, con anca e ginocchio neutri. L'asse del goniometro sopra il gran trocantere,
braccio fisso parallelo all'ascellare media
Estensione: paz. prono con anche e ginocchio neutri, asse del goniometro sopra il gran trocantere,
braccio fisso parallelo alla linea ascellare media
Abduzione: paz. supino, con arti in posizione anatomica, asse del goniometro sopra la SIAS, braccio
fisso lungo linea bispinoiliaca, mobile parallelo all'ax femore (indicate 90° considerare 0). abdurre fino
al limite consentito di 45°.
Adduzione: paz. supino, con arti in pos.anatomica, anca opposta abdotta. Asse del goniometro sopra
la SIAS, braccio fisso lungo la linea bispinoiliaca, mobile parallelo all'asse del femore (indicate 90°
considerate come 0) addurre fino al limite consentito (30).
Intra-extrarotazione: paz. seduto, anca flessa a 90°, ginocchio flesso a 90°, anca controlaterale
abdotta con il piede su uno sgabello. Asse del goniometro sulla parte centrale della rotula, braccio
fisso perpendicolare al pavimento, braccio mobile che segue la tibia. Oppure con paz. in pos. supina
con arti in pos. anatomica. Si colloca l'asse alla base del piede con il centro a livello del calcagno,
invitando il paziente a intra ed exstraruotare il piede mentre si segue l'avampiede con il braccio del
goniometro.
Test di Patrick-Hugh (FABERE test): che è
positivo se si evoca dolore all'anca o ai
glutei. Paz. supino il tallone o il malleolo di
un'estremità è posto sul ginocchio
controlaterale e la coscia viene compressa
verso il basso, con rotazione dell'anca verso
l'esterno. È positivo nelle malattie dell'art.
coxo-femorale e sacro-iliaca, negativo
nell'interessamento del nervo sciatico.

24
Manovra di Thomas: è un test utile per svelare una contrattura in flessione dell'anca, molto spesso
presente nelle patologie di questa regione. Dopo la flessione dell'anca sana fino all'addome, a paz.

supino si noterà la scomparsa della lordosi lombare.

Ginocchio
È la più complessa, estremamente mobile (diartrosi), classificata come un ginglimo angolare (o
troclea). A essa partecipano il femore con i suoi condili e la sup. patellare, la rotula e la tibia con le
sup. condiloidee. Il perone non partecipa all'art. ma solo con la tibia e parz. con l'astragalo. I mov.
possibili sono: flesso-estensione si pone il paz. supino anca anatomica e ginocchio esteso. Asse del
goniometro al condilo laterale del femore, con braccio fisso rivolto verso il gran troncantere e il
mobile che segue il perone. Flettere il calcagno contro la natica e portare in avanti oltre gli 0° di
estensione.

Caviglia
L'articolazione è composta dal complesso tibio-peroneale, entro cui bascula, nei mov. di flesso-
estensione e rotazione del piede, l'stragalo. La stabilità e la congruità articolare di queste ossa durante
l'esecuzione del movimento è data dai muscoli e legamenti.

25
SEMEIOLOGIA DEL TROFISMO, DEL TONO E DELLA FORZA
MUSCOLARE

Nell'esame della funzione motoria i muscoli devono essere esaminati in merito alla loro consistenza
(trofismo), cui segue la valutazione del tono muscolare tramite la mobilizzazione passiva.
Per trofismo muscolare s'intende il volume di massa muscolare. L'esame è ispettivo, mediante un
confronto tra muscoli omologhi sui due lati e con i muscoli vicini.
Per una valutazione più precisa si misura la circonferenza del muscolo con un metro. È utile scegliere
punti di repere per la misurazione e successivamente confrontare i due lati.
Occorre tenere presente che il trofismo varia in rapporto all'età, la razza, il sesso, le condizioni
nutrizionali, l'attività lavorativa e/o sportiva. Piccole asimmetrie si possono rilevare nel trofismo dell'arto
di dx nei destrimani per il maggior grado di utilizzo funzionale.
Affinché un muscolo sia normotrofico è necessario che sia mantenuta oltre alla sua integrità anche la
connessione con il nervo. In un muscolo denervato, le fibre diventano atrofiche in circa 90 giorni.
Nell'atrofia ex non usu la perdita di volume è del 20-25%, mentre in quella da denervazione supera
l'80%.

Variazioni del trofismo di un muscolo configurano due quadri:


• Ipotrofia muscolare: si possono avere forme miogene, in cui il muscolo è interessato da un
processo morboso come nelle distrofie muscolari, nelle miopatie non distrofiche, nelle forme
neurogene da lesione localizzata a qualsiasi livello (dal tronco del nervo alle radici e alle
corna anteriori midollari). Esistono poi forme di ipotrofia ex non usu nelle sindromi piramedali
e nelle amiotrofie parietali, localizzate principalmente agli arti sup.
• Ipertrofia muscolare: può essere fisiologica come avviene nei soggetti che effettuano attività
che sollecitano i muscoli o, patologica. La patologica a sua volta si distingue in forme vere
come la miotonia di Thomsen, o pseudoipertrofia, come le distrofie di Duchenne e Becker
(ipertrofia da aumento del tessuto connettivo)

Il tono muscolare è uno stato di tensione involontaria palpabile nel muscolo a riposo. E' possibile
riconoscere un tono di riposo da un tono posturale, o di sostegno, necessario per mantenere un dato
atteggiamento. Affinchè il muscolo sia normotonico è necessario che siano rispettate l'integrità
dell'arco riflesso spinale nelle sue componenti, un corretto equilibrio delle influenze sovrasegmentali
(corteccia cerebrale, nuclei basali, cervelletto) che si estrinsecano in svariati fasci discendenti.
Devono essere valutati due importanti elementi semeiologici con opportune manovre, ovvero la
consistenza passiva e la resistenza passiva (opposizione alla mobilizzazione passiva).

Consistenza passiva: si valuta con il test di palpazione del tendine. Il grado di ipotonia si esegue bene
sul tendine di Achille. Con i polpastrelli dei pollici l'esaminatore preme entrambi i tendini e giudica la
resistenza che essi offrono alla compressione a vari livelli. Un tendine che offre minor resistenza può
essere un precoce segno di lesione unilaterale del nervo sciatico o di una lesione cerebellare
unilaterale.

La resistenza passiva: si valuta con la prova del ballottamento delle spalle. L'esaminatore si pone alle
spalle del paz. che è in piedi con gli arti sup. rilasciati, pone le mani sulle spalle dello stesso e imprime

26
a queste mov. di rotazione intorno al lungo asse del corpo, verso destra e verso sinistra variando la
forza, l'ampiezza e gli intervalli delle spinte. Ne risultano oscillazioni degli arti sup., in caso di patologia
extrapiramidale ci sarà una diminuzione dell'ampiezza delle oscillazioni del braccio del lato colpito. In
caso di ipotonia, associata a lesioni cerebellari, l'ampiezza oscillante sarà maggiore del normale.

Test del pendolo: il paziente seduto sul bordo di un tavolo, l'esaminatore estende entrambe le gambe
allo stesso livello e poi le lascia cadere, oppure le spinge bruscamente all'indietro, normalmente si ha
una oscillazione delle gambe, che diminuisce progressivamente di ampiezza e sparisce dopo sei o
sette oscillazioni. In caso di rigidità extrapiramidale vi è una diminuzione del tempo di oscillazione. In
caso di spasticità ci può essere una lieve o nessuna diminuzione del tempo, ma c'è un cambiamento
qualitativo, i mov. sono a scosse irregolari, il mov. in avanti può risultare maggiore e più brusco di
quello all'indietro e assumere un andamento a zig-zag. Nell'ipotonia la risposta è aumentata in
ampiezza e prolungata oltre la norma. In tutte le condizioni, l'alterazione è più evidente se
monolaterale.

Prova del tono del pronatore: utile per diagnosticare una paralisi spastica di grado lievissimo. Il paz.
flette il gomito ad angolo retto, con i muscoli ben rilasciati, prendendo la mano del paz. si tenta di
portarne l'avambraccio in supinazione con movimenti bruschi, brevi, ripetuti ed eseguiti rapidamente.
Si avverte una sempre maggiore resistenza dei muscoli pronatori, che risulta tipicamente elastica e,
che aumenta proporzionalmente alla rapidità del mov. per cessare improvvisamente malgrado la
continuazione della messa in tensione.

Test del tono dell'arto superiore di Babinski: gli avambracci del paz. sono flessi passivamente a livello
del gomito, mentre i braccio viene mantenuto abdotto a livello delle spalle. In caso di ipotonia si ha
una esagerazione della flessibilità e della mobilità e l'angolo formato dall'avambraccio e il braccio è
più acuto dal lato leso. Nell'ipertonia si nota una riduzione della flessibilità dell'avambraccio contro i
braccio e la flessione passiva non può essere portata oltre un angolo ottuso.

Scala di Ashworth: attribuisce alle variazioni del tono muscolare un punteggio da 1 a 5, nella versione
più recente, la Scala di Ashworth modificata, si è introdotto un punto in più nella descrizione del tono
muscolare. Le alterazioni del tono muscolare si manifestano in eccesso, nelle ipertonie, e in difetto
nelle ipotonie. Nell'ipertonia sono due gli aspetti semeiologici da tener presente, l'ipertonia piramidale
o spasticità e l'ipertonia extrapiramidale o rigidità.

IPERTONIA PIRAMIDALE O SPASITICITÀ


Caratteristiche principali sono:
- La selettività (interessa alcuni gruppi muscolari)
- L'elasticità (la variazione di intensità)
- La modificabilità (aumenta nei tentativi di mov. volontari del segmento interessato)
- I sintomi associati (della serie piramidale)
- La cedevolezza finale (fenomeno del temperino o del coltello a serramanico, si apprezza a livello
del gomito, del polso e del ginocchio) alla mobilizzazione passiva, per la prevalenza dell'ipertono di
alcuni gruppi muscolari, la resistenza offerta è massima all'inizio della mov. e permane durante il
movimento, per poi cedere all'improvviso al termine dello stesso, come all'apertura di un temperino.

27
Le lesioni del sistema nervoso centrale producono la sindrome del motoneurone superiore, le cui
caratteristiche sono la debolezza muscolare, le alterazioni della regolazione del movimento
volontario, e soprattutto la spasticità.
La spasticità è la causa principale di disabilità nei pazienti neurologici cronici e può interferire con la
funzione motoria, con il mantenimento della postura del tronco e con la deambulazione. I
cambiamenti delle proprietà contrattili e viscoelastiche dei muscoli giocano un ruolo importante nella
patogenesi della scarsa performance muscolare.

È importante una valutazione accurata del paziente allo scopo di stabilire la severità della spasticità, il
deficit funzionale che ne deriva, la definizione degli outcomes desiderati a seguito di un trattamento
riabilitativo appropriato.

Rigidità extrapiramidale: la resistenza al mov. passivo è la stessa dall'inizio alla fine del mov.,
assumendo l'aspetto di rigidità a tubo di piombo, un fenomeno che si apprezza nel paz.
parkinsoniano, alla mobilizzazione pass. dell'arto la rigidità fa si che l'arto conservi la posizione
impostagli, risultando flessibile come un pezzo di cera.

IPOTONIA O FLACCIDITÀ
La genesi può interessare qualsiasi punto dell'arco riflesso, si può anche manifestare in disturbi
cerebellari, nella corea di Huntington, nelle lesioni acute del sistema piramidale (diaschisi), per
disconnessione funzionale dei centri soprasegmentali dai centri midollari.
Le lesioni del SNC spesso producono la sindrome del motoneurone superiore (upper motor neuron
UMN) le cui caratteristiche sono:
- Debolezza muscolare
- Alterazioni della regolazione del movimento volontario
- Spasticità
La spasticità è la causa principale di disabilità nei paz. neurologici cronici e può interferire con la
funzione motoria, con il mantenimento della postura del tronco e con la deambulazione.
L'interferenza con il mov. volontario è dovuto a vari fattori, quali un insufficiente reclutamento delle
unità motorie durante la contrazione volontaria, la riduzione del reclutamento dei motoneuroni delle
corna anteriori del midollo e una lenta scarica delle unità motorie.
Inoltre, i cambiamenti delle proprietà contrattili e viscoelastiche dei muscoli giocano un ruolo
importante nella patogenesi della scarsa performance muscolare. E' importante la valutazione della
severità della spasticità, il deficit funzionale che ne deriva, la definizione degli autcome desiderati a
seguito di un trattamento appropriato e, la scelta dei metodi di monitoraggio degli effetti del
trattamento terapeutico.

FORZA MUSCOLARE
La motilità è volontaria, automatica o riflessa, secondo che il mov. sia stato compiuto per decisione
del paz. oppure inconsapevolmente o per via riflessa provocata ad es. da uno stimolo nocicettivo.
L'esecuzione del mov. avviene per contrazione sinergica di più muscoli: agonisti e antagonisti. La
contrazione e la decontrazione di questi ultimi serve a regolare lo scatto e l'arresto del mov. e a dargli
una dosata forza, ampiezza, velocità e direzione. Il mov. è quindi la risultante di un complesso gioco
di azioni muscolari. Esige l'attività simultanea dei due sistemi: piramidale ed extrapiramidale. Nello
studio delle funzioni motorie bisogna quindi prendere in considerazione:

28
- Componente piramidale del mov.
- Componente extrapiramidale
- Tono muscolare
- Regolazione della coordinazione del mov.

MOTILITÀ ATTIVA O SEGMENTARIA


L'esame della funzione motoria si basa sull'analisi della capacità del paz. di effettuare
volontariamente il mov. e della forza che riesce a esprimere durante il mov. stesso.
La forza degli specifici gruppi muscolari inizia posizionando il distretto in esame in modo da ridurre la
forza di gravità e quindi contro resistenza crescente, sino ad una resistenza massimale. Per i paz. il
termine debolezza ha vari significati, quali fatica, impaccio o appesantimento. Una lamentata
debolezza muscolare dovrà essere definita precisamente mediante la descrizione della sede esatta,
del momento di comparsa, dei fattori scatenanti o di miglioramento e dei sintomi e segni associati.
Per l'ispezione del deficit di forza, dei tremori o altri mov. involontari, il paz.estende dapprima le
braccia e poi le gambe ( un arto indebolito tende ad abbassarsi rapidamente). Il dolore muscolare o
la compromissione di un articolazione può impedire la contrazione attiva. Un lieve deficit di forza può
causare una diminuita oscillazione del braccio durante la marcia, tendenza alla pronazione dell'arto
sup.esteso, riduzione dell'uso spontaneo dello stesso o l'extrarotazione di un arto inf. I mov. alternati
rapidi possono risultare rallentati e i mov. che richiedono destrezza (chiudere un bottone) possono
risultare compromessi.

VALUTAZIONE DELLA FORZA MUSCOLARE SEGMENTARIA


Se si riscontra una debolezza muscolare, questa può essere meglio indagata facendo ricorso a test
appropriati ai singoli muscoli implicati. E' molto importante la pos. degli arti. La valutazione della forza
muscolare può differire da un esaminatore ad un altro, per ovviare a tale problema sono state
proposte varie classificazioni del grado di debolezza. La Medical Research Council assicura un certo
grado di uniformità. La forza viene misurata numericamente in una scala che va da 5 che
corrisponde ad un valore normale, a 0 che è la completa paralisi.

Una volta individuato il deficit muscolare, dobbiamo essere in grado di risalire al danno neurologico.
Bisogna tener presente che anche un soggetto fisicamente poco sviluppato è in grado di resistere al
tentativo dell'esaminatore di vincere la forza di un muscolo in piena contrazione.

29
MANOVRE SEMEIOLOGICHE

SINDROME PIRAMIDALE
Una lesione della via piramidale sopprime la motilità volontaria e, nello stesso tempo, libera
l'automatismo degli apparati motori sottostanti. La paralisi non colpisce tutti i muscoli, predilige quelli
destinati ai mov. volontari, mentre risparmia i muscoli destinati ai mov. automatici (sinergici, posturali).
Inoltre, le lesioni della via piramidale liberano anche i centri della motilità (centri del tono) che
normalmente sono sottoposti a costante inibizione da parte del sistema piramidale.
Si ha così la comparsa di mov. anormali e di una contrattura particolare dovuta a liberazione dei
centri del tono. Il deficit piramidale può essere messo in evidenza da manovre specifiche.

Prova di Mingazzini degli arti superiori: il paz. è seduto, con gli occhi chiusi e con le braccia protese in
avanti, dopo pochi istanti il braccio paretico si abbassa per il deficit dei muscoli estensori. Se il deficit è
modesto soltanto le dita della mano o la mano tenderanno ad abbassarsi. Oppure si possono
osservare continue e lente oscillazioni dell'arto.

Prova di Mingazzini degli arti inferiori: il paz. disteso supino sul letto, solleva le cosce distaccate e flesse
ad angolo retto sul bacino e le gambe estese ad angolo retto sulle cosce. Dopo pochi istanti si
osserva che la gamba paretica si abbassa sul piano del letto, si possono anche osservare oscillazioni.
Questa prova esplora i muscoli ileo-psoas e gli estensori della gamba sulla coscia.

30
Prova di Barré degli arti inferiori: è una prova dell'ipostenia degli arti inf. evidenzia il deficit dei m.
flessori della gamba dal lato della lesione. Il paz. prono sul letto, con le gambe flesse perpendicolari
alle cosce, la gamba paretica tende a cadere, lentamente o rapidamente secondo la gravità del
deficit. Se il paz. viene invitato a flettere con forza la gamba sulla coscia, dal lato affetto il mov. è
ritardato e debole.

Prova di Barrè degli arti superiori: gli arti superiori vengono portati dall'esaminatore in posizione supina
e protesa. La prova è positiva quando dal lato paretico si verifica uno slivellamento, con accenno di
flessione al gomito e al polso, pronazione e accenno di flessione delle dita con incavamento palmare.

Prova dell'accovacciamento: è una prova per paresi minima, si invita il paziente a accovacciarsi e
quindi a sollevarsi poggiando il peso del corpo su una gamba alla volta, si svelano le minime
alterazioni di forza a carico del m. quadricipite, e dei m. che stabilizzano il bacino e che partecipano
all'estensione della coscia sull'anca, i m. del dorso e del cingolo pelvico. La prova risulterà
difficoltosa anche nelle patologie del nervo periferico, del muscolo e delle articolazioni
coinvolte.

Prova della mano cava di Garcin: il soggetto seduto tiene gli avambracci flessi a circa 90°, con la
faccia palmare delle mani in avanti e le dita divaricate con forza. Si osserva, a causa dell'adduzione
del pollice, il palmo della mano del lato leso si incava, il deficit di forza dei m. estensori del pollice, che
provocano estensione ed abduzione, evidenzia la l'azione non contrastata dell'adduttore breve del
pollice.

Fenomeno della pronazione della mano: il paziente è seduto è invitato a protendere le braccia con le
palme delle mani supinate rivolte verso l'alto, le dita ed il pollice estesi, viene invitato a mantenere la
posizione. Dopo qualche minuto dal lato paretico, si osserva una tendenza alla pronazione, il
fenomeno è più evidente a occhi chiusi. Può essere accompagnato da un slivellamento verso il basso
e di lato della mano, un certo grado di flessione del gomito e di rotazione interna a livello della spalla.
Questo è un segno precoce di ipostenia che può anche presentarsi in altre condizioni che
comportano ipotonia (lesioni cerebellari).

31
RISPOSTE RIFLESSE PATOLOGICHE
Le lesioni del sistema piramidale possono portare a diverse risposte patologiche. Alcune sono
semplicemente alterazioni dei riflessi di stiramento e/o dei riflessi superficiali, fisiologicamente presenti,
mentre altre risposte sono correlate con i riflessi posturali, i riflessi primitivi e i mov. associati, fenomeni
normalmente soppressi nel corso dello sviluppo che possono tuttavia riemergere dopo disconnessione
dai centri superiori. Nonostante queste risposte siano associate alle lesioni della via piramidale, sembra
in realtà che nella maggior parte dei casi, esse conseguano il concomitante interessamento del
sistema extrapiramidale discendente dalla corteccia premotoria.

Arti inferiori
Le risposte patologiche agli arti inf. sono decisamente più costanti e definite di quelle agli arti sup.,
e hanno maggior valore.
Possiamo avere due fondamentali risposte caratterizzate da dorsiflessione del piede e da flessione
delle dita dei piedi. Esistono risposte con caratteristiche miste.
• Dorsiflessione del piede e delle dita
Il cosiddetto segno di Babinski è in realtà l'inversione di un riflesso fisiologico, il riflesso cutaneo plantare.
La stimolazione cutanea plantare, ottenuta strisciando una punta smussa lungo il bordo esterno della
pianta del piede verso l'alluce, causa un estensione anziché flessione dell'alluce nelle lesioni
piramidali. È pure presente nei primi mesi di vita per un incompleta mielinizzazione della via
piramidale.
• Prevalente flessione plantare del piede e delle dita
Nel neonato è presente un fisiologico riflesso di prensione de piede, che scompare nel primo anno di
vita. Queste risposte possono ricomparire negli adulti in presenza di una lesione del lobo frontale
controlaterale. Il più noto tra questi è il riflesso del piede di Rossolimo. Si manifesta con una flessione
delle dita del piede provocata dalla percussione della loro faccia plantare, tale segno viene evocato
percuotendo la pianta del piede, la superficie plantare dell'alluce, percuotendo o strisciando i
polpastrelli delle dita mediante l'applicazione di un colpo rapido, verso l'alto, alla punta delle dita. La
prova si effettua con paz. in posizione coricata e con le gambe estese.

Arti superiori
Le risposte patologiche agli arti sup. sono meno costanti e definite di quelle agli arti inf., è possibile
avere risposte estensorie e risposte flessorie delle dita e della mano.
• Estensione della mano e delle dita
Nel segno del polso di Chaddock, la pressione del lato ulnare del tendine del m. flessore radiale del
carpo e del palmare lungo a livello della giunzione tra avambraccio e polso o la pressione sul m.
palmare lungo causa la flessione del polso e la simultanea estensione e abduzione delle dita.
• Flessione della mano e delle dita
I più importanti fenomeni che si manifestano con questa risposta sono il riflesso di Hoffmann e quello di
Tromner entrambi sono varianti della tecnica di evocazione del riflesso flessorio delle dita e possono
essere utilizzati indifferentemente.
Il riflesso ungueale di Hoffmann, si evoca tenendo la mano del paz. dorsiflessa a livello del polso,
rilasciata e con le dita parzialmente flesse, si prende tra pollice e indice la falangetta del dito medio
del paz. e la si flette bruscamente, lasciandola subito dopo, si può osservare in caso di lesione una
flessione e adduzione del pollice, flessione dell'indice e a volte anche delle altre dita.

32
• Riflesso del medio di Tromner
L'esaminatore sostiene la mano del paziente con le dita flesse, afferrando tra pollice e indice la
falange prossimale o la falange media del dito medio parzialmente flesso del paziente poi percuote
leggermente la faccia palmare della prima falange del medio. La manovra causa flessione della altre
dita e adduzione del pollice e la risposta è la stessa osservata nel segno di Hoffmann.

MOVIMENTI PATOLOGICI ASSOCIATI


I movimenti associati, o sincinesie, sono movimenti di gruppi muscolari paretici che si verificano
involontariamente in una regione corporea in seguito a movimenti volontari o riflessi compiuti in
un'altra regione. Le sincinesie costituiscono un aspetto fisiologico della motilità come nel caso
dei movimenti pendolari degli arti superiori durante la deambulazione. Le sincinesie patologiche si
classificano in tre gruppi:
- Sincinesie di coordinazione
- Sincinesie di imitazione
- Sincinesie globali

Sincinesie di coordinazione
Si tratta di movimenti automatici involontari di gruppi muscolari sinergici che sono fisiologicamente
presenti nel neonato fino al nono mese. Quando la via di moto è lesa, questi automatismi, non
potendo essere inibiti, a volte ricompaiono e possono quindi accompagnare un mov. volontario in un
arto paretico. Possono essere di due tipi:
- Omolaterali (dirette e riflesse)
- Controlaterali (dirette e riflesse)
Sincinesie omolaterali dirette:
• Sincinesie di accorciamento: nell'individuo normale la flessione della coscia e della gamba è
accompagnata dalla flessione plantare del piede. In caso di patologia piramidale, si ha
invece la flessione dorsale del piede, durante la flessione della coscia sul bacino.
• Sincinesie di allungamento: si ha l'estensione del piede quando la gamba viene flessa sulla
coscia e la coscia sul bacino.

33
Sincinesie omolaterali riflesse
• Sincinesia omolaterale del radio-flessore: elicitando il riflesso radioflessore, dal lato paretico,
si verifica oltre alla risposta principale, anche una risposta sincinetica omolaterale di flessione
delle dita.

Sincinesie controlaterali dirette


• Sincinesia di accorciamento crociato: flettendo dorsalmente il piede sano, contro una resistenza
si ha lo stesso movimento nel piede paretico.
• Sincinesia di allungamento crociato: invitando il paz. a flettere plantarmente il piede sano, si
otterrà un flessione plantare del piede paretico.

Sincinesie controlaterali riflesse


• Sincinesia laterale del rotuleo: elicitazione del riflesso rotuleo dal lato sano determina una risposta
dal lato paretico.

Sincinesie di imitazione
Nel neonato c'è la tendenza dei movimenti. di un arto a essere accompagnati da movimenti
analoghi dell'arto controlaterale. Movimenti simili vengono fatti propri transitoriamente dall'adulto per
es. durante l'acquisizione di nuovi schemi motori o in presenza di sforzi eccessivi. Se queste
manifestazioni persistono sono da ritenersi patologiche. Nelle lesioni delle vie cortico spinali, i movimenti
involontari forzati dell'arto sano possono essere accompagnati da movimenti. involontari analoghi dal
lato paretico.

Sincinesie globali: consistono in movimenti incoordinati dei quattro arti in seguito a stimoli fisici o
emotivi nelle cerebropatie infantili. Ma soprattutto una accentuazione della ipertonia piramidale negli
arti paretici in caso di colpi di tosse, eccitazione emotiva o in seguito a stimolo doloroso.

SEGNI DI MOTILITA' INVOLONTARIA: MOVIMENTI PATOLOGICI


La diagnosi e la classificazione di questi disturbi si fonda essenzialmente sull'osservazione clinico-
semeiologica.
Fascicolazioni: sono contrazioni di un gruppo di fibre muscolari appartenenti alla stessa unità motoria,
visibili e avvertibili a livello del ventre muscolare, ma non sufficienti a determinare un movimento
articolare. Sono osservabili sia spontaneamente sia per mezzo di alcune manovre facilitanti, per
esempio percuotendo il ventre muscolare con un martelletto o, stirando la pelle soprastante.
Possono manifestarsi in alcune condizioni patologiche, quali neuropatie, radicolopatie, tetania,
malattie degenerative delle corna anteriori del midollo (SLA, siringomelia, poliomelite anteriore
acuta, tumori spinali).

Mioclonie: si tratta di un disturbo dell'attività neuromuscolare contraddistinto dalla comparsa di


contrazioni muscolari involontarie, improvvise, brevi, asinergiche e aritmiche a carico di porzioni di
muscolo o gruppi muscolari a prescindere dalla loro associazione funzionale. Tali movimenti possono
manifestarsi singolarmente o in maniera ripetitiva, in genere a carico dei m. delle estremità e del
tronco con frequenza media di 10-50 contrazioni al min. durante il riposo funzionale o meno. Possono
manifestarsi in seguito a stimoli emozionali, mentali, tattili, visivi e uditivi. Si riducono durante il

34
movimento volontario e aumentano nella fase di rilasciamento muscolare di norma scompaiono
durante il sonno.

Miochimie: sono movimenti spontanei che interessano un limitato numero di fasci muscolari
appartenenti al medesimo muscolo. Possono avere un carattere transitorio o persistente, in genere
non provocano movimeento netto dell'articolazione di cui fanno parte. Rispetto alle fascicolazioni
sono più grossolane e lente. Non hanno necessariamente un origine patologica, hanno invece un
significato patologico quando vengono riscontrate insieme alle fascicolazioni in quadri di atrofia
spinale progressiva o, in tutte quelle patologie che provocano sofferenza del II motoneurone. Sono a
volte accompagnate da crampi e da dolore.

Distonia: è caratterizzata da contrazioni muscolari protratte, diffuse, o localizzate a specifici gruppi


muscolari che causano mov. involontari, per lo più a carattere torsionale e posture anomale.

Discinesie: sono alterazioni del mov. volontario o involontario derivanti da un'alterazione del sistema
extrapiramidale. Una forma particolare è la discinesia tardiva che si verifica in paz. trattati
cronicamente con neurolettici. I sintomi possono manifestarsi anche dopo la sospensione del
farmaco. Si manifestano con la presenza di mov. involontari discinetici a carico della muscolatura
della bocca, delle labbra, della lingua e a volte anche degli arti e del tronco. La sintomatologia si
attenua o scompare nel sonno, si accentua in condizioni di tensione emotiva.

Tremore: si tratta di oscillazione più o meno ritmiche di un segmento corporeo attorno al proprio asse,
generato dalla contrazione alternante di m. antagonisti a innervazione reciproca.
Ne distinguiamo tre tipi:
- Tremore a riposo tipico del Morbo di Parkinson: causato dalla contrazione ritmica di tipo
altalenante di m. antagonisti. Scompare durante l'esecuzione di mov. volontari e tende a migliorare
quando il paz. è tranquillo, fino a scomparire di notte. Si manifesta in particolare ai segmenti distali
dell'arto sup. per cui il pollice presenta movimenti di add-abduzione e le altre dita di flesso-estensione
realizzando il mov.di contare monete.
- Tremore posturale o attitudinale: si manifesta durante il mov. per scomparire a riposo.
- Tremore cinetico o intenzionale: presente durante l'esecuzione di mov. volontari e più evidente in
concomitanza del raggiungimento dell'obiettivo. Tipico delle lesioni neocerebellari.

Corea: sintomo principale della corea di Huntington e di Sydenham, si caratterizza per mov. bruschi,
esplosivi, anarchici e imprevedibili dei muscoli del volto, della spalla e delle dita delle mani, facilitati
dall'emozione, dall'attenzione e dall'attività muscolare prolungata.

Atetosi: sintomo prevalente di molte sindromi causate da lesioni dei gangli della base, provocate da
traumi, o asfissia neonatale, è la presenza di mov. involontari, lenti, irregolari, tentacolari, continui. I
muscoli interessati sono prevalentemente quelli della faccia e delle estremità distali degli arti.

Ballismo: rara condizione, nella maggior parte dei casi dovuta a una lesione (solitamente vascolare)
che interessa il nucleo subtamico di Luys controlaterale, è caratterizzata da mov.bruschi di tipo fasico
dalla radice degli arti (soprattutto sup.), che vengono proiettati antero-lateralmente e ruotati sil
proprio asse. Spesso è unilaterale (emiballismo)

35
Trisma: si manifesta con un serramento intenso dei mascellari per contrattura spasmotonica dei m.
masticatori, con difficoltà ad aprire la bocca, quadro sintomatico del tetano.

VALORE SEMEIOLOGICO
La conoscenza accurata delle risposte patologiche che si manifestano in seguito a lesioni delle vie
piramidali è importante sia nel corso del follow-up clinico diagnostico del paz. (per valutare
l'evoluzione del quadro motorio) sia per il suo trattamento terapeutico. Le metodiche di facilitazione
neuromuscolare prevedono l'utilizzo terapeutico di alcuni fenomeni patologici, come i movimenti
associati o sincinetici, i riflessi crociati e i riflessi di flessione.

SINDROME EXTRAPIRAMIDALE
È necessario conoscere alcuni fenomeni semeiologici utili: alcuni di questi si basano sulla ricerca di
riflessi posturali, sia agli arti superiori che agli arti inferiori.
Pull test è una prova utile per saggiare l'ipotonia nel mantenimento della stazione eretta, i riflessi
posturali di raddrizzamento. Consiste nell'imprimere una spinta dall'avanti all'indietro a livello del
tronco, si osserva una contrazione del muscolo tibiale anteriore che si oppone alla spinta. Nell'ipotonia
la contrazione appare con un certo ritardo rispetto al lato controlaterale.

La flexibilitas cerea è un fenomeno che si apprezza nel paziente parkinsoniano alla mobilizzazione
passiva degli arti, la rigidità fa sì che l'arto conservi la posizione impostagli, risultando flessibile come un
pezzo di cera. Allo stesso modo questo fenomeno viene definito rigidità “a tubo di piombo”.

Il fenomeno della ruota dentata o troclea si valuta soprattutto all'articolazione del gomito, con
movimenti passivi che permettono di valutare come la resistenza muscolare, di fronte allo
spostamento passivo, tenda a cedere a scatti, ricordando le intaccature di una ruota dentata.

Segno del contar monete o contabiglietti, caratteristico del tremore parkinsoniano. Il pollice si oppone
all'indice con un tremore flessorio alla prima articolazione interfalangea tanto da far pensare che che
il paziente stia contando monete.

Fenomeno del freezing si manifesta in fase avanzata di malattia, con un arresto improvviso dell'attività
motoria che si osserva durante la deambulazione, in particolar modo quando il pz. deve iniziare la
marcia, oppure girarsi, superare un ostacolo o deambulare in spazi ristretti (attraversare una porta).

DEFICIT DI COORDINAZIONE
La coordinazione dei movimenti è regolata dai sistemi cerebellare, sensitivo e vestibolare e il suo
controllo è assicurato dalla via lemniscale. Un alterazione a carico di uno di questi sistemi potrà
provocare alterazioni funzionali di varia entità. Gli aspetti fondamentali che si possono evidenziare
nell'esame della coordinazione segmentale sono due:
- Dismetria
- Adiadococinesia

Dismetria è l'alterazione del movimento intenzionale. I programmi motori sono disturbati e viene a
mancare il controllo predittivo dello schema del movimento. Le contrazioni dei gruppi di muscoli

36
antagonisti destinate a mantenere la postura vengono decomposte e i movimenti correttivi diventano
imprecisi. L'alterazione dell'equilibrio tra muscoli agonisti e antagonisti causa la perdita della misura
dei movimenti, che è non regolata e ampia. La mira può essere raggiunta con troppa forza
(ipermetria) e quindi essere superata, oppure il movimento tende a rallentare in vicinanza della meta
(braditeleocinesia) o ad arrestarsi prima della meta (ipometria). Più rapido è il movimento maggiore è
la dismetria.
Le prove per evidenziare la dismetria:
- Prova indice-naso viene realizzata invitando il soggetto a toccare la punta del suo naso con
l'indice (il braccio deve essere tenuto in abduzione). Nell'atassia sensoriale l'indice sbaglia direzione e
tocca il labbro o la fronte l'errore è più grave con la chiusura degli occhi. Nella patologia cerebellare
l'errore consiste in un esagerata ampiezza del movimento è più manifesto nei mov. rapidi e si
manifesta sia ad occhi aperti che chiusi.
- Prova tallone-ginocchio è l'equivalente della prova indicie-naso per gli arti inf. Il pz. affetto da
lesione cerebellare, invitato a toccarsi il ginocchio controlaterale con il tallone, compie una flessione
eccessiva della gamba e tocca con il calcagno la coscia invece del ginocchio. Analogo significato
ha la prova tallone-tibia strisciata fino al dorso del piede.
- Prova per evidenziare l'asinergia segmentale o piccola asinergia. Possono essere positive solo dal
lato della lesione cerebellare. Il pz. invitato a toccare con la punta del piede un oggetto posto a
circa 50 cm dal suolo, pochi cm distante dal ginocchio, invece di compiere simultaneamente la
flessione della coscia e della gamba, l'asinergico flette la coscia ed estende la gamba, oltrepassando
l'oggetto.
- Prove per evidenziare l'adiadococinesia prevedono l'esecuzione di movimenti rapidi alternati.
- Prova di prono-supinazione delle mani: il paziente seduto con le mani poste sulle ginocchia, è
invitato ad eseguire rapidi movimenti alternati di prono-supinazione. Il paziente affetto non è in grado,
già dopo alcuni movimenti, di mantenere il ritmo e l'alternanza della successione motoria.

SEMEIOLOGIA DELLA REFLETTIVITÀ


I riflessi vengono suddivisi in:
- Profondi (muscolo-tendinei o propriocettivi)
- Superficiali (cutanei o mucosi esterocettivi)
- Primitivi
- Posturali
- Di raddrizzamento
Si avranno riflessi vivaci con notevole ampiezza dell'escursione del movimento, bassa soglia di
eccitazione, notevole estensione del territorio delle reazioni motrici e della zona reflessogena, e riflessi
deboli con caratteristiche opposte.
Per distinguere i riflessi normali dai patologici, Babinski, consiglia di considerare due leggi:
- Della simmetria
- Dei movimenti secondari (sempre meno ampi del movimento principale) Vengono elicitati con la
percussione del tendine muscolare.
Per formulare un giudizio sulla debolezza o la vivacità dei riflessi, Babinski, ha suggerito di
considerare i seguenti caratteri:
- Ampiezza dell'escursione del movimento
- Soglia di contrazione
- Territorio delle reazioni motrici

37
- Ampiezza della zona reflessogena
- Comportamento dei riflessi nelle varie parti del corpo
Le lesioni del motoneurone inferiore provocano la diminuzione dei riflessi, mentre quelle del
motoneurone superiore provocano l'aumento dei riflessi.

Risposta muscolare riflessa → graduazione:


• 4+ risposta molto vivace, sempre patologica e si associa a cloni
• 3+ risposta vivace, probabilmente indice di malattia
• 2+ risposta di media vivacità, normale
• 1+ risposta debole ma nei limiti normali
• nessuna risposta

• 1+(R) risposta assente presente, con rinforzo


• 0 (R) non evidente contrazione muscolare anche con rinforzo, riflesso assente e molto
probabile segno di malattia

Il clono è la rapida e ritmica alternanza di contrazione e rilassamento del muscolo provocata da uno
stiramento tendineo improvviso e passivo. Talora i clono è spontaneo o scatenato da stimoli lievi, può
essere transitorio (non sempre significativo di lesione delle vie piramidali) oppure inesauribile
(maggiormente indicativo). Si manifesta più frequentemente a livello del ginocchio (evocato
imprimendo un brusco spostamento verso il basso della rotula).
La scala dei cloni si effettua valutando il numero di colpi evocato attraverso l'elicitazione del riflesso di
stiramento del gruppo muscolare interessato.
Scala dei cloni: valori
• assente
• tracce 1-2 colpi
• moderato 3-10 colpi
• sostenuto inesauribile oltre 10 colpi

PRINCIPALI RIFLESSI OSTEOTENDINEI


Riflesso gabellare: si invita il paziente a guardare verso l'alto e si percuote leggermente la radice del
naso. Nel soggetto normale la manovra provoca la chiusura delle palpebre per contrazione bilaterale
del m. orbicolare dell'occhio. Le sue varianti sono il riflesso dell'orbicolare dell'occhio e il riflesso
sovraorbitario, la cui inesauribilità è tipica della malattia di Parkinson.

38
Riflesso bicipitale: il braccio deve essere tenuto in posizione rilassata, con l'avambraccio in posizione
intermedia tra flessione ed estensione e in lieve pronazione, posizione ottimale se il gomito del
paziente è appoggiato sulla mano dell'esaminatore. Si pone il pollice sul tendine del bicipite e si
percuote con il martelletto. Una risposta esagerata si ha nelle lesioni delle vie cortico-spinali, una
riduzione di tale riflesso si realizza nelle lesioni del secondo motoneurone.

Riflesso tricipitale: viene evocato percuotendo il tendine del m. tricipite appena sopra l'olecrano (3
cm circa). Il braccio è tenuto in una posizione intermedia tra flessione ed estensione, può essere posto
sulla mano dell'esaminatore o sulla coscia del paziente. La risposta è la contrazione del muscolo con
estensione dell'avambraccio. Un accentuazione del riflesso si può avere nelle lesioni delle vie
corticospinali. Una riduzione nelle lesioni del secondo motoneurone e i suoi prolungamenti periferici.

39
Riflesso brachioradiale: percuotendo il processo stiloideo del radio, mentre l'avambraccio è in
posizione di semiflessione e semipronazione. Vi sarà una flessione dell'avanbraccio unito a una
supinazione. Il muscolo coinvolto è il brachioradiale. Un accentuazione di tale riflesso si ha nelle lesioni
delle vie corticospinali, una riduzione nelle lesioni del secondo motoneurone e i suoi prolungamenti
periferici.
Riflesso cubito-pronatore: percuotendo il processo stiloideo dell'ulna, mentre l'avambraccio è in
posizione di semiflessione e il polso di semipronazione, si avrà una pronazione dell'avambraccio
accompagnata da adduzione del polso. I muscoli interessati sono il pronatore rotondo e il pronatore
quadrato. Un accentuazione del riflesso si ha nelle lesioni delle vie corticospinali, una riduzione nelle
lesioni del secondo motoneurone e suoi prolungamenti periferici.
Riflesso rotuleo o patellare: è caratterizzato dalla contrazione del m. quadricipite femorale con
risultante estensione della gamba in risposta a uno stimolo diretto contro il tendine rotuleo. Viene
evocato con paziente seduto su una sedia con i piedi appoggiati al pavimento. L'esaminatore pone
una mano sul muscolo e con l'altra percuote il tendine rotuleo. Può essere evocato con paziente a
letto con una mano sotto il ginocchio leggermente flesso. Un'accentuazione di tale riflesso si può
avere nelle lesioni delle vie corticospinali. Una riduzione nelle lesioni del secondo motoneurone e i suoi
prolungamenti periferici.

Riflesso achilleo: viene ottenuto percuotendo il tendine di Achille appena sopra la sua inserzione sulla
superficie posteriore del tallone, La stimolazione è seguita da una contrazione dei m. surali posteriori,
gastrocnemio, soleo e plantare, con risultante flessione plantare del piede. Se il paziente è seduto o
coricato sul letto la coscia deve essere lievemente abdotta e extraruotata, il ginocchio flesso, il piede

40
in moderata inversione. Occorre porre una mano sotto il piede per produrre una moderata
dorsiflessione. Tale riflesso tende a diminuire con l'età, per cui la sua assenza nell'anziano non riveste
significato patologico. L'assenza può evidenziare patologie del nervo sciatico, neuropatie periferiche,
radicolopatie del tratto L5-S1.

RIFLESSI SUPERFICIALI: I riflessi superficiali o esterocettivi sono polisinaptici e plurisegmentali e vengono


elicitati mediante stimoli di varia natura (strisciamento, puntura ecc.) condotti su superfici cutanee o
mucose.
RIFLESSI PRIMITIVI: Chiamati anche riflessi atavici, vengono impropriamente descritti tra i riflessi presenti
in condizioni non patologiche poiché, in realtà, sono fenomeni normalmente non elicitanbili
nell'adulto in assenza di patologia. Essi possono infatti ricomparire in presenza di lesioni cerebrali
diffuse, ma che spesso interessano soprattutto i lobi frontali. Non posseggono valore localizzatorio e da
soli non hanno dignificato diagnostico (riflesso di suzione, riflesso di prensione forzata grasp reflex)
RIFLESSI POSTURALI E DI RADDRIZZAMENTO: Le risposte correlate con i riflessi posturali e di
raddrizzamento sono proprie del lattante e della prima infanzia e sono utili per valutare la normalità o
anormalità dello sviluppo del bambino. I riflessi tonici del collo sono di particolare interesse in
riabilitazione neurologica poiché sono riscontrabili nei pazienti con esiti di processi patologici a carico
della parte rostrale del tronco encefalico in presenza di lesioni diffuse (meningoencefaliti, lesioni
vascolari o neoplastiche). In questi casi se si ruota il capo del paziente da un lato, si ha estensione
degli arti verso i quali il capo è rivolto e flessione dei controlaterali, caratteristico atteggiamento “a
schermitore”.

VALORE SEMEIOLOGICO
In caso di alterazione dei riflessi superficiali o profondi si parla di ipo-areflessia o iperflessia.
Iporeflessia o areflessia: sono dovute a una lesione dell'arco diastaltico di un tratto qualsiasi: nervo
sensitivo, radice posteriore, sostanza grigia midollare, radice anteriore, nervo motore muscolo.
Lesione del nervo sensitivo: un'abolizione del riflesso si può avere per sezione traumatica del nervo.
Lo stesso avviene nelle nevriti (traumatiche, tossiche, infettive ecc.). Secondo il livello lesionale si ha la
scomparsa dei riflessi tendinei che precede l'instaurarsi dei fenomeni paralitici o rimane come unico
segno della nevrite. La ricomparsa si ha quando la nevrite giunge a guarigione, ma pur essendo il
processo clinicamente guarito i riflessi rimangono spenti o indeboliti. Un'assenza del riflesso Achilleo,
per esempio, può costituire il solo segno di pregressa nevrite sciatica.

41
Lesione della radice posteriore: nelle radicoliti si hanno quasi costantemente modificazioni dei riflessi,
che sono indeboliti o assenti. Abolizione dei riflessi si ha precocemente nella tabe, nelle sclerosi
combinate del midollo e nelle compressioni midollari per azione lesiva sulle radici posteriori e sulla
sostanza grigia. Possiamo avere una compressione brusca come nelle forme traumatiche con fratture,
o lenta come nei tumori. Nel primo caso si realizza la sindrome da sezione più o meno completa con
areflessia, paralisi flaccida e anestesia. Dopo la fase di shok midollare ricompaiono i riflessi, molto più
vivaci e le modificazioni del tono. Nel secondo caso l'areflessia si verifica quando la paralisi è flaccida
o nella forma cutaneo-riflessiva.
Le compressioni della cauda equina si manifestano con una ipoareflessia generalizzata più o meno
estesa secondo le radici compresse. Il livello superiore della compressione è determinato
dall'abolizione del riflesso e dei riflessi corrispondenti alla radice più alta.
Lesioni della sostanza grigia midollare: tipico esempio è dato dalla poliomelite anteriore acuta. Già
presente nel periodo preparalitico, quando si arriva alla concentrazione del campo paralitico
l'areflessia è localizzata secondo i segmenti colpiti ed è difinitiva. Se di fronte ad un quadro di atrofia
muscolare progressiva si rileva una esagerazione dei riflessi profondi bisogna pensare che oltre
all'atrofia delle corna anteriori esiste una lesione del fascio piramidale (SLA).
Altre lesioni midollari (mieliti, siringomielia, tumori) aboliscono i riflessi il cui arco diastaltico passa per i
segmenti colpiti, ma modificano anche i riflessi sottostanti attraverso una lesione delle vie discendenti.
Lesioni delle radici anteriori e del nervo motore: le stesse cause che possono colpire le radici posteriori
e il nervo sensitivo, possono ledere anche la via centrifuga dell'arco diastaltico con ipo o areflessia
tendinea.
Se c'è una lesione del muscolo che è l'organo effettore del riflesso si ha areflessia (miosite, atrofie
muscolari). Non sempre l'abolizione dei riflessi segue il grado di atrofia, potendo verificare ipo o
areflessia anche quando le masse muscolari sono poco atrofiche.
Ipereflessia: si ha esagerazione dei riflessi osteotendinei quando il fascio piramidale è leso in
qualunque punto del suo decorso. L'ipereflessia può riguardare un solo arti (lesioni encefaliche
controlaterali o spinali omolaterali) o entrambi gli arti inf. (lesione spinale, paraplegia spastica) o nei
quattro arti (lesione encefalica o del tronco cerebrale al di sopra di C4)

SEMEIOLOGICA DELLA SENSIBILITÀ


La sensibilità è una funzione che mette in relazione l'individuo con il proprio corpo e con l'ambiente
circostante. I sistemi sensitivi sono suddivisi in sistema afferente viscerale e uno somatico.
Il sistema afferente viscerale generale: innerva le cavità rivestite da mucosa del cranio e del collo,
organi e tessuti contenuti nella cavità toracica, addominale e pelvica.
Le vie afferenti somatiche generali: possiedono un recettore in periferia (meccanocettori,
termocettori,nocicettori) specializzato a tradurre in impulsi nervosi gli stimoli sensitivi. I recettori
inoltrano l'impulso ai neuroni sensitivi di prim'ordine, che trasmettono a loro volta l'informazione al
neurone talamico e di qua alla corteccia sensitiva primaria. Al talamo di un lato giungono sempre
informazioni sensitive controlaterali.
L'esame si esegue passando uno spillo sul viso, sul dorso, sul corpo e sui quattro arti. Al paz. viene
chiesto se avverte la stessa intensità di puntura sui due lati e se la sensazione è di tipo smusso o
puntorio.
La funzione sensoriale corticale si valuta chiedendo al paz. di riconoscere una moneta posta nella
mano (stereognosi), i numeri scritti sulla palma della mano (grafestesia) e di distinguere se sulla palma
e sulle dita si applicano stimoli su due punti o su uno solo. La sensibilità termica può essere testata

42
strofinando fiale contenenti acqua fredda o calda.
La propriocezione, ovvero il senso di posizione delle articolazioni, si valuta muovendo verso l'alto o
verso il basso le falangi distali delle dita della mano e quindi gli alluci. Se il paz. ha difficoltà a
riconoscere questi movimenti a occhi chiusi si dovranno esaminare le altre articolazioni più prossimali
(caviglia se non riconosce i mov. dell'alluce)
Qualora ci sia un'alterazione della percezione posturale, il paziente non sarà in grado di mantenere la
stazione eretta a piedi uniti e a occhi chiusi (prova di Romberg).
Per valutare la percezione delle vibrazioni, si pone un dito sotto l'articolazione interfalangea distale del
paz. e si poggia il diapason colpito delicatamente. L'esaminatore sente la vibrazione attraverso
l'articolazione del paz. e normalmente sentirà la cessazione nello stesso momento del malato. La
sensibilità tattile epicritica viene valutata mediante un batuffolo di cotone. Se la sensibilità risulta
alterata, si deve stabilire se la distribuzione anatomica interessa i nervi periferici (a guanto), alcuni
particolari nervi (mononeurite multipla), le radici nervose (radiculopatia), il midollo spinale (un
metamero inf.a quello della ipoestesia), il tronco encefalico (alterazioni crociate volto-corpo della
sensibilità o sindromi alterne) o dell'encefalo (emianestesia). La localizzazione della lesione è
confermata determinando se la debolezza motoria e le alterazioni dei riflessi seguono una
distribuzione simile.

Sensibilità esterocettive o superficiali


Il metodo più semplice per testare la sensibilità dolorifica prevede l'utilizzo di uno spillo. Con il paziente
a occhi chiusi si possono alternare la stimolazione con la testa o con punta dello spillo chiedendogli se
avverte aguzzo o smusso. Gli stimoli non devono essere troppo ravvicinati nè in successione rapida
(sommazione degli impulsi). L'esame va condotto da aree di sensibilità alterata verso aree di
sensibilità normale.
Valutazione della sensibilità tattile protopatica: bisogna condurre uno stimolo delicato sulla cute del
paziente tipo un batuffolo di ovatta avvolto all'estremità di uno stuzzicadenti. La cute va sfiorata. Si
chiede al paziente di segnalare quando o se avverte lo stimolo e di specificare che tipo di stimolo.

Sensibilità propriocettive e profonde


La sensibilità di pressione o barestesica si esercita una forte pressione con un dito o oggetto smusso
sulla cute. L'anabarestesia o l'ipobarestesia indicano assenza o riduzione del senso di pressione.
La sensibilità di posizione o batestesica si testa con il paziente a occhi chiusi si pone un braccio in una
determinata posizione, lo si sposta e poi si chiede di portarlo nella posizione precedente.
L'anabatiestesia e l'ipobatiestesia indicano la perdita e la riduzione del senso di posizione.
La sensibilità di movimento o cinestetica è la valutazione del movimento e della direzione dello stesso.
L'acinesia o l'ipocinesia indicano rispettivamente la perdita e la riduzione del senso di movimento.
La sensibilità dolorifica profonda è la valutazione del dolore alla pressione sui tendini (tendine
d'Achille). La analgoestesia profonda e l'ipoalgoestesia profonda indicano la riduzione della capacità
di avvertire lo stimolo dolorifico profondo.
La sensibilità di vibrazione o sensibilità pallestesica si saggia con il diapason vibrante posto su di una
prominenza ossea (alluce, malleolo tibiale, cresta tibiale ecc.) il paziente a occhi chiusi deve avvertire
la vibrazione e valutarla in termini di durata e intensità. L'assenza della capacità di avvertire lo stimolo
vibratorio è detta anestesia vibratoria, la riduzione ipoestesia vibratoria.

43
DISTURBI SOGGETTIVI DELLE SENSIBILITÀ
DOLORE
Una classificazione del dolore lo distingue:
- Dolore organico
- Dolore funzionale
- Dolore acuto
- Dolore cronico
- Dolore nocicettivo (somatico, viscerale)
- Neuropatico
Parestesie: sono sensazioni abnormi che il paz. avverte in assenza di stimoli oggettivi in corrispondenza
di un territorio nervoso centrale o periferico, fisse per tipo e sede, fastidiose. Riguardo il tipo sono varie
le più comuni sono: formicolio, bruciore, addormentamento, pesantezza, senso di calore o freddo,
strisciamento. Sono associate a scariche ectopiche spontanee lungo un assone sensitivo.
Disestesie: sono mutamenti di percezione, ovvero stimoli con alcune caratteristiche che vengono
avvertiti come dotati di caratteristiche diverse. Possono essere disestesie temporali (ritardo), disestesie
quantitative (l'addizione), disestesie spaziali (errore di localizzazione). Sono di solito indizio di lesioni a
livello cortico-sottocorticale delle strutture sensitive, ma anche affezioni periferiche (neuropatie)

UTILIZZO DELLE SCALE DI VALUTAZIONE


La necessità di valutare l'effetto del trattamento riabilitativo e di monitorarlo nel tempo rende la
misura in riabilitazione un elemento fondamentale. Per tale scopo sono state ideate scale di
valutazione, che possano non solo fornire una lettura oggettiva del percorso riabilitativo del paz., ma
anche la comunicazione e lo scambio di informazioni fra professionisti.
Al riabilitatore spetta il difficile compito di misurare le diverse dimensioni della disabilità relative alla
menomazione della struttura o della funzione, alla limitazione nelle attività, alla restrizione della
partecipazione e della qualità della vita.
Nella pratica clinica definire i livelli di affidabilità di uno strumento diagnostico è fondamentale. In
questo le scale di valutazione non rappresentano un eccezione, poiché devono essere considerate
strumenti diagnostici a tutti gli effetti. Avvicinandoci al loro studio e al loro utilizzo è chiaro quanto
sia necessario anche conoscere la loro sensibilità e specificità. Queste due caratteristiche
descrivono la capacità di una scala d'individuare con esattezza i soggetti che realmente presentano
una determinata condizione clinica.
Il compito che viene affidato alle scale di valutazione nell'epoca della Riabilitazione Basata sulle
Evidenze (EBR) è quello di verificare l'effettiva efficacia dell'intervento riabilitativo. In Medicina
Riabilitativa vi è un interesse per particolari misure, dette outcome, in grado di confrontare lo stato
attuale del paz. con quello relativo a una situazione precedente. Il termine outcome racchiude infatti
l'insieme dei risultati del trattamento riabilitativo ed è l'espressione non solo de recupero oggettivo
acquisito, ma anche delle percezioni soggettive che determinano la qualità della vita della persone.

Caratteristiche delle scale


Ciascuna scala di misurazione si caratterizza per:
- Target group o destinatari (diagnosi, età)
- Finalità o scopo
- Natura (o tipo di dimensione valutata): qualitativa e quantitativa

44
- Tipo (o struttura della scala): prova, osservazione, questionario, test, check list
- Livelli di misura: nominale, ordinale, intervallare, a rapporto
- Proprietà psicometriche: affidabilità, validità, responsività
- Aspetti applicativi: appropriatezza, precisione, interpretabilità, accettabilità e fattibilità Esse
vengono classificate in base alla loro finalità, come indice:
- Discriminativo, distingue tra individui che presentano oppure no una particolare caratteristica o
funzione
- Predittivo, classifica i soggetti in categorie, secondo come ci si aspetta che evolverà la loro
situazione
- Valutativo, misura l'entità del cambiamento delle attività funzionali nel tempo e dopo il
trattamento

Valutazione dei disturbi o disordini del movimento


Scala Tinetti (Tinetti, 1986): valuta l'equilibrio, cammino e rischio cadute. È un mezzo validato molto
importante quando si parla di medicina e riabilitazione. Ha riscosso molto successo per la sua
precisione nel prevedere e prevenire il rischio di cadute. E' composta da due parti ben distinte:
- Una riguarda l'equilibrio che si compone di 9 items con un punteggio che può variare da 0 a un
massimo di 16
- L'altra analizza l'andatura e si compone di 7 items con punteggio compreso tra 0 e 12
Le valutazioni che vengono eseguite sul paziente misurano l'abilità dello stesso seguendo una scala
ordinale a 3 punti:
0 incapacità di eseguire la richiesta
1 capacità di eseguirla, ma con adattamento
2 capacità di eseguirla senza adattamento
Una volta somministrata correttamente al paziente è possibile ottenere un punteggio tra 0 e 28. sulla
base di questo si riesce a quantificare il rischio caduta e avere una base può cui costruire programmi
riabilitativi appropriati.

Scale di esito funzionale


Glasgow Outcome Scale (Glasgow Coma scale)
Utilizzata per il buon livello di validità, attendibilità e semplicità, è stata concepita inizialmente per
l'applicazione su pazienti con trauma cranico ma può essere comunque utilizzata per il paz. in coma.
E' nota per la valutazione del grado di profondità del coma, prende in considerazione l'apertura degli
occhi (E), la riasposta motoria (M), e la risposta verbale (V). Il punteggio è determinato dalla somma
dei punteggi dei singoli parametri (E+M+V). Il massimo è 15 il minimo è 3.
I paz. in coma hanno un punteggio inferiore o uguale a 7, quelli non in coma superiore a 7. Un
punteggio di 3 o 4 si associa a evoluzione quasi sempre sfavorevole (più del 90% di decessi). Nel
traumatizzato con punteggio sup. a 8 si osserva un buon recupero con evoluzione sfavorevole del
25%.

Scala di Rankin si utilizza per valutare il livello di inabilità totale. Il suo ambito di utilizzo è
principalmente dello dell'ictus, sia in fase acuta, sia post-critica (es. dopo una trombolisi). Si compone
di 7 items con uno score da 0 a 6 dove 0 indica l'assenza di disabilità e 6 il massimo dell'inabilità. Nella
Scala di Rankin modificata è stato rimosso l'ultimo item quello riguardante il paz. deceduto.

45
La Scala di Barthel (Barthel Index, BI) rappresenta la misura universalmente accettata per la
valutazione dell'autonomia. Presenta una forte validità e affidabilità ed è appropriata per lo
screening, la valutazione formale e il monitoraggio. Richiede pochi minuti di osservazione del paz. da
parte dell'operatore ed esplora 10 items concernenti tutte le possibili attività quotidiane (mangiare,
lavarsi, vestirsi, spostarsi dalla sedia al letto, mobilità, capacità di salire le scale, ecc.). nel complesso si
tratta di una breve scala ordinale il cui punteggio totale esprime le richieste di assistenza nelle attività
della vita quotidiana e varia da un punteggio 0 (totalmente dipendente) a un punteggio 100
(totalmente indipendente).

Valutazione delle attività di base della vita quotidiana


La Scala delle ADL di Katz
Le attività considerate dal questionario sono 6 e fanno riferimento alle più elementari capacità di
cura della propria persona quali: la nutrizione, il controllo degli sfinteri, il movimento, l'uso dei servizi
igienici, vestirsi, fare il bagno. L'indice di autonomia nelle attività di vita quotidiana è basato sulla
valutazione dell'autonomia dei pazienti nel fare il bagno, vestirsi, andare ai servizi, spostarsi, controllare
gli sfinteri e alimentarsi.

46
47

Potrebbero piacerti anche