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DIALOGO E INCULTURAZIONE

INTRODUZIONE

Questo elaborato verterà sull’opera Dialogo di Paolo Trianni, filosofo e teologo che ha preso in
esame il tema attuale del dialogo nelle sue diverse sfaccettature. Dopo aver brevemente presentato
la struttura del libro, ci accingeremo ad approfondire, pur nei limiti che questo lavoro ci consente, il
tema dell’interculturalità, all’interno della dinamica più ampia del dialogo nella sua declinazione
interculturale.

L’interculturalità è stata scelta in relazione al mio indirizzo di studio: quello pastorale-ministeriale.


Portare la Buona Notizia è la missione che Gesù ha dato alla Sua Chiesa, ma portarla a tutte le genti
obbliga la comunità ecclesiale ad entrare in dialogo con il mondo. L’evangelizzazione, però, diviene
un ambito attendibile laddove la Chiesa rappresenta una testimonianza autentica di dialogo.

STRUTTURA DELL’OPERA

La struttura dell’opera è divisa in 3 parti principali, oltre alla parte introduttiva e conclusiva, che
corrispondono alle tre macro aree che contraddistinguono il dialogo: dopo una prima parte dedicata
al dialogo filosofico, nella seconda si passa al dialogo interculturale, per poi passare, nella terza ed
ultima parte, al dialogo interreligioso. Ogni parte, è divisa, a sua volta in tre sotto capitoli dedicati
all’approfondimento dell’argomento in questione.

Nel libro viene data una definizione al dialogo già nell'introduzione: è la forma specifica del
divenire della vita. Oggi è diventato un'urgenza storica e il dialogo si configura come speranza del
nostro tempo, dove a mancare è proprio il dialogo.

La definizione del dialogo, da un punto di vista teologico, viene data poco successivamente: si fa
riferimento ad un documento del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, Dialogo e
annuncio n 9, dove si parla di dialogo come «ogni tipo di relazione mirata alla mutua comprensione
e al mutuo arricchimento, nel pieno rispetto della verità e della libertà»; inoltre, questo stesso
documento elenca quattro forme di dialogo: dialogo di vita, dialogo di azione, dialogo
dell’esperienza religiosa e dialogo teologico.

Sul piano filosofico, il dialogo è incentrato sul personalismo: dialogo e persona, infatti, sono la
stessa cosa, attraverso il dialogo si arriva alla verità di noi stessi, e anche al riconoscimento
dell’altro.
La prima parte è dedicata alla filosofia del dialogo, quindi comprendente anche l'antropologia del
dialogo, il metodo e la formazione al dialogo (non basta parlare in generale del dialogo, fino a che
non viene insegnato come si dialoga).
Serve un metodo al dialogo, ma il paradosso sta nel fatto che non può avere un metodo. Avere un
metodo significa avere un punto di vista, possedere una verità, partire da un preconcetto e questo
preclude un dialogo autentico. Occorre dialogare attraverso un non-metodo, altrimenti il dialogo
correrebbe il rischio di trasformarsi in missione, qualora, per esempio, il punto di partenza fosse la
Rivelazione. L’importanza del sapersi rispettare anche nella diversità, sta, infatti, alla base di un
dialogo autentico; saper sospendere, mettere tra parentesi la propria credenza, intesa come
sovrastruttura dogmatica e culturale, non significa, però, fare a meno della fede, perché, quando il
dialogo non conserva l’alterità, diventa comparazione, accostamento da cui non deriva la
risoluzione di problemi.
L'impegno nel e per il dialogo dovrebbe essere una missione laica di tutti, ognuno nel suo piccolo.
Sono affrontate anche altre tematiche molto importanti, come la questione della verità: le religioni
mettono di fronte ad un problema di fondo comune, la contraddizione, il dire cose perfettamente
opposte; il problema della verità è quindi fondamentale quando si prendono in esame le religioni.
Vengono affrontati anche il tema della non-violenza, intesa come forma che prende il dialogo, e
dell'ospitalità.

Nella seconda parte l'autore si dedica al dialogo interculturale, guida per il quale è stato Raimond
Pannikar, vista la sua doppia appartenenza alla cultura occidentale e a quella indiana. Umanesimo,
interculturalità e missione saranno messi in rapporto al dialogo.
Successivamente, approfondiremo il tema dell’inculturazione, preso in esame proprio in questo
secondo capitolo del libro.

La terza parte è, invece, dedicata al dialogo interreligioso. Il professore prende in esame alcuni
documenti, sia del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, che del Concilio Vaticano II, in
modo particolare, Nostra Aetate e Dignitatis Humanae.
Nostra Aetate, dichiarazione che si occupa del rapporto della Chiesa in dialogo con le religioni non
cristiane, di cui, l’affermazione più forte della dichiarazione (NA 2) è quella in cui si dice che «la
Chiesa nulla rigetta di ciò che è vero e santo in queste religioni», facendo riferimento proprio alle
religioni non cristiane.
Dignitatis Humanae, documento centrato sul diritto alla libertà religiosa, che risente molto
dell'attività di Teillhard de Chardin.
In particolare, viene dedicata un'ampia parte del libro ai teologi che hanno dialogato altre religioni,
quali ebraismo, induismo, buddismo e islam.
Infine, Trianni, ragiona su una tematica rilevante: la mistica comparata. Egli, cioè, ha cercato di
comprendere in quale misura si possono comparare le mistiche, essendoci due chiavi di lettura
opposte. Simone Weill asserisce che la mistica è uguale ovunque, nel senso che esiste un’unica
verità mistica, mentre Henri De Lubac, al contrario, contesta questa tesi dell’unitarietà del
misticismo.
Affronta, inoltre, la possibilità effettiva dell'esistenza di un dialogo teologico: anche se, nel mondo
attuale, sono aumentati incontri di dialogo interreligioso, oggi si è persa una densità teologica di
fondo. Il dialogo che si fa oggi è soprattutto un dialogo di vita, che pur importante, non esaurisce la
necessità di approfondire il dialogo dal punto di vista teologico.

L’INCULTURAZIONE
L’inculturazione, è un fenomeno sociologico, antropologico, ma anche teologico.
Per comprendere a pieno la dinamica e l’intenzione di questo processo, è però necessario chiarire il
concetto di cultura. Già nel Concilio Vaticano II viene riconosciuta l’importanza della cultura, della
sua difesa e della sua promozione, infatti, Gaudium et Spes, al numero 53, ne dà una definizione:
Con il termine generico di «cultura» si vogliono indicare tutti quei mezzi con i quali l'uomo
affina e sviluppa le molteplici capacità della sua anima e del suo corpo; procura di ridurre in
suo potere il cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro; rende più umana la vita sociale, sia
nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il progresso del costume e delle
istituzioni; infine, con l'andar del tempo, esprime, comunica e conserva nelle sue opere le
grandi esperienze e aspirazioni spirituali, affinché possano servire al progresso di molti, anzi
di tutto il genere umano3.
Giovanni Paolo II, nel suo Discorso all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la
scienza e la cultura, afferma che «La cultura è ciò per cui l’uomo in quanto uomo diventa più
uomo».
In particolare, il rapporto tra Vangelo e cultura è stato affrontato anche dall’Esortazione apostolica
Evangelii Nuntiandi, che al n. 20 precisa che Vangelo ed evangelizzazione non si identificano con
la cultura, ma che tuttavia la costruzione del Regno non può avvenire prescindendo dalla cultura, in
quanto gli uomini sono ad essa profondamente legati.
Perciò, nell’ambito della cultura è compresa anche la credenza religiosa, da cui ne deriva, quindi, la
possibilità di un dialogo interculturale. Un dialogo che permette di far interagire i contenuti della
teologia con quelli della cultura ed è proprio ciò che si intende con teologia dello scambio (ramo

3
http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-
ii_const_19651207_gaudium-et-spes_it.html 12/01/2021
teorizzato da Jules Monchanin). Il dialogo fra culture religiose è una forma di dialogo interreligioso,
ma più propenso all’inculturazione4.
L’enciclopedia Treccani, nella sezione dedicata alla teologia, definisce così l’inculturazione:
Il termine indica l'incarnazione e la riespressione del Vangelo nelle varie culture, mediante
la trasformazione, l'integrazione e il potenziamento dei loro autentici valori. Mentre i
cattolici, soprattutto a partire dall'assemblea del sinodo dei vescovi del 1977, parlano di
inculturazione, i teologi protestanti preferiscono usare il neologismo contestualizzazione
("contextualization") o l’espressione teologia in contesto ("Theologie im Kontext") che
esplicita l'attenzione al contesto socio-culturale in cui viene accolto e assimilato l'annuncio
evangelico5.

In sintesi, come ci fa comprendere Trianni, quando si parla di inculturazione si fa riferimento


all’apertura dialogica della Chiesa nei confronti di altre culture religiose con l’intenzione di rendere
l’annuncio cristiano adeguato ad una determinata cultura.
Nello specifico il nostro autore ne dà una definizione precisa: «con inculturazione si intende lo
sforzo messo in atto dalla Chiesa per far penetrare il messaggio di Cristo in un determinato
ambiente socio-culturale6». Tutto questo richiede di entrare in dialogo con il mondo nel quale la
Chiesa si trova a vivere, immedesimandosi, e quindi aprirsi, alla cultura dei popoli ai quali è rivolto
l’annuncio: è solo questo che può rendere autentico il dialogo. Accogliere elementi positivi, che
sono in armonia con il Vangelo non significa nascondere o mettere da parte la propria identità e le
proprie credenze.
L’Esortazione apostolica Ecclesia in Asia di Giovanni Paolo II, sostiene al n. 21, come
«l'evangelizzazione e l'inculturazione siano tra loro in naturale ed intima relazione», ribadendo poi,
ciò che era già stato detto con l’Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi .
La logica che ne sta alla base è quella dello scambio e mai dell’imposizione, per questo la si può
definire anche come interculturalità. Si attua, perciò, senza dubbio, una crescita, una fecondazione e
un arricchimento reciproco sulla base del riconoscimento dei valori peculiari dell’altro.
L’obiettivo principale di questo processo concettuale è rendere sempre più universale la fede
cristiana, per spogliarla dalla particolarità che, invece, non permette a Cristo di essere accolto e
riconosciuto ovunque e sempre. È questo, ciò che intende Giovanni Paolo II nella Fides et ratio 72,
quando esplicita l’invito a ri-narrare l’annuncio del Vangelo secondo filtri culturali. Per cui, rendere
universale l’accoglienza della Buona Novella, passa attraverso l’incarnazione di essa in una cultura
determinata, senza che ne rimanga legata. «L’annuncio evangelico dovrebbe essere improntato a un

4
Cfr. P. TRIANNI, Dialogo, Padova, 2019, 104-105.
5
https://www.treccani.it/enciclopedia/inculturazione 13/01/2021
6
TRIANNI, Dialogo, 112.
doppio e opposto ritmo: la capacità di strutturarsi attraverso culture nuove e differenti e la capacità
di de-strutturarsi per rendere più facile l’intesa dialogica7».
Ci sono molti documenti della Chiesa che parlano dell’interculturazione, ne vediamo alcuni.
Uno fra tutti è l’Esortazione apostolica Ecclesia in Oceania di Giovanni Paolo II: al n. 16, dopo
aver sottolineato l’importanza di questo processo e aver chiarito di cosa si tratta, si dice che
L'inculturazione nasce dal rispetto sia del Vangelo che della cultura nella quale esso è
annunciato e accolto. [...] L'autentica inculturazione della fede cristiana è fondata sul mistero
dell'Incarnazione. [...] Il Figlio di Dio assunse la carne, «nato da donna» (Gal 4, 4) in uno
specifico tempo e luogo. Per preparare un evento così rilevante, Dio scelse un popolo con
una cultura distinta. [...] Ciò che Dio fece tra il popolo prescelto rivelò cosa voleva fare a
favore di tutta l'umanità, di ogni popolo e di ogni cultura.

Ciò che leggiamo nel documento appena citato, è lo stesso concetto che Trianni esprime, anche se
in parole diverse:
la Parola è entrata in una specifica cultura assumendola e esprimendosi attraverso di essa.
Ciò, però, non deve essere letto come un’assolutizzazione di questo specifico mondo
culturale bensì, all’opposto, come un’indicazione affinchè i cristiani sappiano prolungare
l’incarnazione [...] ad altri mondi culturali.

Di fatto, è lo stesso Paolo che da seguito a questa logica espansiva, e che ci offre la testimonianza di
inculturazione del Vangelo, come ci ricorda la Lettera Enciclica Redemptoris Missio di Giovanni
Paolo II al n. 25
I discorsi di Listra e di Atene (At 14,15); (At 17,22) sono riconosciuti come modelli per
l'evangelizzazione dei pagani: in essi Paolo «entra in dialogo» con i valori culturali e
religiosi dei diversi popoli. Agli abitanti della Licaonia, che praticavano una religione
cosmica, egli ricorda esperienze religiose che si riferiscono al cosmo; con i greci discute di
filosofia e cita i loro poeti.

I primi cristiani forniscono l’esempio, pur progressivo, di un’apertura ai gentili: il cristianesimo,


infatti, si è sviluppato e si è potuto strutturare anche grazie a categorie filosofiche ellenistiche.

CONCLUSIONE
Concludendo, allora, un annuncio autentico del Vangelo, come anche Trianni ci ribadisce, si
compie attraverso l’interculturalità e l’universalità, sapendo ben discernere aspetti secondari e
contingenti da aspetti fondamentali della nostra fede. Evangelizzazione e rispetto dialogico verso
l’uomo e la sua libertà vanno di pari passo, come ben possiamo dedurre anche dai documenti
magisteriali. La comunità ecclesiale, allora, dovrebbe rappresentare, come è chiamata ad essere, una
testimonianza e un esempio di dialogo per tutta la società.
7
TRIANNI, Dialogo, 115.

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