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Jersild (nato nel 1935 in Svezia), ha una sterminata bibliografia ed è anche un

medico, quindi ha una grande impostazione scientifica. Debutta nel 1960 e firma
un manifesto con altri scrittori (“front mot formers tyranni”) contro l’esparato
sperimentalismo letterario che rischia di perdere di vista sia la spontaneità della
creazione letteraria sia l’utilizzo della letteratura come mezzo per indagare alcuni
temi sociali. In realtà usa alcuni temi sperimentali e può essere accostato alla
tradizione postmoderista anche se I suoi testi migliori tengono imbigliata la
sperimentazione formale per dedicarsi alla tematica e critica sociale, utilizzando
molti generi letterari diversi: la satira, fantastico, la fantascienza e la distopia.
Possiamo raggruppare questi genere in un macrotema che è quello dell’alienazione
dell’individuo nella società (oltre a manipolazione, spersonalizzazione fatta da
strutture di potere). Quindi anche dal punto di vista tematico Jersild è molto vicino
a temi postmodernisti.
Essendo un medico un altro argomento che lo interessa molto è l’etica della
scienza, il suo atteggiamento non è dettato da un impostazione anti-scientifica
(come di solito negli autori postmodernisti), tuttavia si interroga su alcuni
problemi etici relativi alla sua professione, soprattutto si interroga su come
un’ottica eccessivamente razionalistica possa condurre a vedere l’altro individuo
come uno strumento o un mezzo per ottenere qualcosa (che sia in termini di
guadagnoe conomico o di conquista di una maggiore conoscenza) invece di vedere
l’altro come un soggetto con diritti, detentore di un valore intrinseco. Questo tema
viene declinato in vari modi, per esempio vi è un romanzo del 1973 (il dottore
degli animali) in cui si discute la sperimentazione sugli animali, in un altro testo
del 1978 viene esplorato l’ambiente ospedaliero e ci si interroga su come vengono
trattati I pazienti. In un romanzo del 1982 viene messa in scena una classica
distopia postatomica, in un romanzo del 2009 viene messa in scena una società in
realtà virtuale che offre ai propri utenti esperienze che permettono di vivere delle
avventure che superano tutti I tabù della società reale e nel corso del romanzo
questa società virtuale diventa una sorta di setta che colonizza l’immaginario dei
suoi clienti.
Spesso abbiamo un osservatore che affronta un determinato problema come se
fosse un esperimento scientifico quindi con un ottica positivistica che fa perdere di
vista la componente umana, empatica.

Questa vocazione dell’esperimento si trova anche nel romanzo “un’anima viva”


(del 1980) non tradotto in italiano ma uno dei preferiti del Bera nazionale, in cui
troviamo una dimensione fantascientifica, in questo romanzo narratore e cavia
coincidono. Abbiamo un narratore che si chiama Ypsilon che è la cavia di un
esperimento all’interno di una corporazione di multinazionale con scopi medici in
cui vengono condotti una serie di studi scientifici non tanto per la ricerca ma
piegandola al profitto economico. Le cavie stesse diventano solamente un mezzo
per far ottenere un profitto alla società. Ypsilon viene totalmente spogliato di
qualunque umanità e racconta I fatti attraverso un monologo interiore che diventa
un’autobiografia. Il soggetto è totalmente privo di storia e identità, sappiamo che
era un malato terminale che ha donato il suo corpo alla ricerca scientifica e ora è
ridotto allo stato di cervello (è stato estratto dal corpo, gli sono stati cancellati tutti
I ricordi tranne qualche flash e Ypsilon passa tutta la sua vita in un acquario.
Il cui unico contatto col mondo esterno è un occhio che gli è stato lasciato con cui
osserva il laboratorio in cui è inserito. Nel corso della storia Ypsilon guadagna
alcune facoltà ulteriori (protesi che gli permettono di ascoltare, sviluppa una
capacità telepatica che gli permette di comunicare sia con gli altri soggetti umani
che con altre cavie animali, viene connesso a dei macchinari fondendo la sua
conscienza con quello di una macchina computerizzata) alla fine scopriamo il
senso di questo esperimento cioè alla creazione di una sorta di megacomputer
umano, organico. Alla fine della vicenda Ypsilon viene presentato ad un altro
cervello di nome Omega, idue cervelli vengono separati nei due emisferi e fusi
insieme (un emisfero di Omega e l’atro di Ypsilon) I due esmisferi razionali
vengono fusi insieme creando un super cervello razionale di nome Cortex (che
essendo puramente razionale è privo di umanità) mentre il nuovo cervello formato
dai 2 emisferi irrazionali si chiama (non se capisce il nome, ma diventa
semplicemente l’inconscio) . Cortex viene messo a “capo” di una catena di
montaggio di cervelli organici con il compito di imprimere razionalità ma alla fine
del racconto questa produzione si rivela infruttuosa e Cortex viene dismesso.
Stando alla promessa dello scienziato che disconnette Cortex, passerà alla storia
sotto formaldeide in un museo della scienza.

Il racconto è una grande domanda su cosa costituisce l’umano e varie porzioni si


interrogano su diversi elementi di idea di coscienza umana (in una parte si fa
vedere l’importanza delle sensazioni e della connessione col mondo esterno, c’è
tutta una parte in cui Ypsilon riflette sulla memoria che gli è stata portata via per
definire la propria identità, in un’altra parte c’è l’invaghimento di Ypsilon per una
ricercatrice che si prende cura di lui quindi si riflette l’importanza della sfera
amorosa per definire la propria identità.) l’interrogativo di base e se siamo
riducibili alla pure biologia (quindi la nostra coscienza è solo chimica) o se invece
esista qualcosa di trascendente (un’anima). Il romanzo non prende posizione ma si
limita a porre l’interrogativo.
Il racconto mette in contrapposizone 2 ottiche diverse: l’ottica materialista e
tecnocratica di questa corporazione da una parte e dall’altra la parte trascendentale
delle riflessioni di Ypsilon. Il messaggio che emerge da questo racconto è che una
progressiva tecnologizzazione del mondo rischi di essere problematica e deleteria
per l’essere umano, il nostro personaggio è letteralmente prigioniero della
tecnologia.
Se da un lato c’è il mito del processo tecnologico, quasi evoluzionistico, in
contrapposizione c’è la singola vicenda di Ypsilon che viene ridotto a puro oggetto
(tanto che quando Ypsilon non è più utile alla ricerca viene ucciso e messo in un
vaso di formaldeide).
Anche qui c’è una concezione duplice dell’essere umano, un’altro degli
interrogativi che il romanzo ci pone è se a renderci umani sia la razionalità o
l’emotività, se esista una di queste due qualità che è essenziale e senza la quale
non si è più umani. L’abbozzo di risposta che il romanzo ci dà è che l’umanità è il
prodotto della fusione di queste due cose.

In questo testo il nostro soggetto ha una serie di rapporti sia con soggetti umani
che gestiscono l’esperimento sia con soggetti non umani, animali. La presenza
degli animali è molto visibile sul piano del linguaggio metaforico la condizione di
Ypsilon è spesso descritta attraverso metafore del mondo animale. Queste
metafore ricalcano il processo di deumanizzazione che Ypsilon subisce, viene
associato ad animali tradizionalmente rivoltanti.
All’interno del laboratorio c’è anche una cavia canina che cerca di elemosinare
compassione e amore dai ricercatori non sapendo che sono I suoi carcerieri,
Ypsilon guarda questo cane con disprezzo perchè non si rende conto o non vuole
rendersi conto della situazione in cui è e non si ribella.
Un’altra cavia, una scimmia diventa amica di Ypsilon racconta telepaticamente il
suo passato, le racconta di quando viveva in libertà ed è stata rapita dai trafficanti
di animali per essere venduta, fornendo così a Ypsilon una sorta di passato, di
“identità” a cui aggrapparsi. Con il contatto di un soggetto non umano, il nostro
personaggio può quantomeno sognare un contatto di libertà per sfuggire alla realtà
tecnocratica in cui si trova. Il romanzo ci racconta Ypsilon come vari soggetti,
diventando così un “soggetto nomade”, in bilico tra l’animale,l’umano e la
macchina.

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