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Meriggiare pallido e assorto

Si tratta di una poesia scritta da Montale. È suddivisa in quattro versi, di cui tre
quartine e l’ultima composta da cinque strofe. I versi sono liberi poiché sono
presenti novenari, decasillabi ed endecasillabi. La prima e l’ultima strofa sono
caratterizzate da rime baciate, la seconda strofa presenta una rima alternata
mentre l’ultima strofa presenta molte consonanze ( abbaglia, meraviglia,
travaglio, muraglia, bottiglia). Il poeta descrive un paesaggio nei pressi del
mare e attraverso i riferimenti visivi e uditivi riusciamo a immaginarci il luogo.
Inoltre sono presenti molti verbi all’infinito che hanno in comune i campi
sensoriali uditivi e visivo così da poter interpretare al meglio il contesto della
poesia.In contrapposizione al linguaggio semplice ci sono alcuni termini aurei
tra cui meriggiare (stare a riposo nelle ore più calde del pomeriggio), assorto
(immerso profondamente in un processo mentale legato all’immaginazione),
veccia (pianta erbacea) e Travaglio (sofferenza). La poesia è molto malinconica
e nel rigo 17 il poeta fa capire che nonostante i lunghi travagli, alla fine del
“viaggio” troverai altre sofferenze da affrontare. Nella poesia “Nebbia” di
Pascoli il muro serve, invece, a nascondere le sofferenze e a scappare da esse.

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