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Università degli studi

di Perugia
Corso di laurea in filosofia e
scienze tecniche psicologiche
TESINA IN PSICOLOGIA DEL LAVORO

“Leadership aziendale e leadership militare:


due modelli a confronto.”

Professore: Studentessa:
Franco Cocchi Francesca Piazzai
Matricola: 319486

1
Anno accademico 2022-2023
INDICE

ABSTRACT ………………………………………………………………………….. 3

INTRODUZIONE ……………………………………………………………………. 4

CAPITOLO 1: LA LEADERSHIP
1.1 Cos’è la leadership? ……………………………………………………… 6
1.2 Chi sono i leader? ………………………………………………………… 8
1.3 I diversi stili di leadership ……..………………………………………… 12

CAPITOLO 2: LA LEADERSHIP MILITARE


2.1 La leadership in ambito militare ………………………………………… 14
2.2 I leader delle Forze Armate Italiane …………………………………….. 17
2.3 Come formare un buon leader ………………………………………….. 20

CAPITOLO 3: DIFFERENZE E ANALOGIE TRA LEADERSHIP


CIVILE E MILITARE ……………………………………………………………. 22

CONCLUSIONI …………………………………………………………………… 24

BIBLIOGRAFIA ………………………………………………………………….. 25

2
ABSTRACT

In questo elaborato viene approfondito il tema della leadership partendo da una definizione
generale del termine per arrivare ad analizzare due contesti in cui può essere osservata.
Nel primo capitolo verrà considerata la cosiddetta “leadership civile ”, ovvero quella che si
svolge all’interno delle aziende, passando in rassegna alcune teorie e approcci ad essa legati
come, ad esempio, la personalità o l’intelligenza e il comportamento.
Nel secondo capitolo verrà analizzata la leadership in ambito militare con un particolare focus
sui leader delle Forze Armate Italiane.
Nel terzo capitolo, infine, verranno discussi i punti di contatto e le differenze che ci possono
essere tra i leader aziendali e militari, dal punto di vista di questi ultimi.

3
INTRODUZIONE

Fin dall’antichità il leader è sempre stato una figura centrale all’interno delle società.
Era visto come una persona che doveva comandare e guidare gli altri; nella civiltà greca il
leader per eccellenza era l’eroe della mitologia incarnato da Omero come l’uomo da cui
prendere esempio.
Se pensiamo alla storia emergono figure come Mahatma Gandhi, Nelson Mandela, Martin
Luther King che incarnano gli esempi per apoteosi del leader e hanno costituito delle
personalità esemplari alle quali oggi si guarda ancora con ammirazione, tentando di emularle
nei diversi ambiti che caratterizzano la leadership.
In passato il leader rispondeva anche ai bisogni di appartenenza ad un gruppo, di vicinanza di
un capo e di solidarietà per il raggiungimento comune dell’obiettivo e, ad oggi, questo aspetto
è rimasto immutato: il leader viene visto come una persona che si fa notare all’interno delle
varie organizzazioni e che, di conseguenza, viene scelto per guidare il lavoro degli altri per
raggiungere un obiettivo comune, stimolando e motivando le persone ad adottare dei
comportamenti che altrimenti non metterebbero in atto; un grande risultato si raggiunge solo
attraverso la coesione e la condivisione.
La scelta della trattazione di questo tema deriva dal fatto che all’interno delle aziende è
sempre più presente un linguaggio bellico che rimanda alla figura di un leader autoritario che
detta degli ordini che devono essere eseguiti.
La metafora bellica all’interno delle aziende è sicuramente un modo per motivare i dipendenti
all’urgenza del fare ma in realtà semplifica troppo il sistema perché non dà spazio all’analisi;
inoltre, questo tipo di linguaggio rimanda inevitabilmente a situazioni tragiche caratterizzate
da morti e feriti ma l’ambiente di lavoro deve invece essere vissuto con immagini positive che
mettano al centro la collaborazione.
Si configura quindi controproducente perché le aziende non hanno bisogno di esecutori ma di
persone che abbiano ottime capacità nel problem solving e che siano in grado di analizzare la
situazione in modo critico, riflettere e ampliare lo sguardo.
L’utilizzo di questo tipo di linguaggio, però, è comprensibile se teniamo in considerazione
che è stato proprio il mondo militare ad aver avviato i primi studi e approcci sulla leadership
che ancora oggi vengono seguiti.

4
Alla luce di questo, ho ritenuto interessante approfondire i modelli di leadership aziendale e
militare (seppur in maniera breve e sintetica in confronto alla vastità della letteratura relativa a
questo tema) per poter dimostrare quali siano i punti di contatto e le eventuali differenze.

5
CAPITOLO 1: LA LEADERSHIP
1.1 Cos’è la leadership?

Al tema della leadership e a cosa rende grande un leader si sono interessati da tempo
psicologi, storici e studiosi della politica 1, tuttavia non esiste una definizione univoca del
termine.
Arthur G. Jago2 si riferisce alla leadership in termini di processo e di proprietà; nel primo caso
fa riferimento all’utilizzo di un’influenza non coercitiva per dirigere e coordinare le attività
dei membri di un gruppo con lo scopo di raggiungere determinati obiettivi comuni. La
leadership come proprietà, invece, è relativa alle caratteristiche che presentano coloro che
vengono reputati in grado di esercitare un’influenza decisiva sul gruppo.
Smircich e Morgan (1982)3 la descrivono come il processo con cui una persona cerca,
riuscendoci, di definire la realtà degli altri; da questa affermazione si evince anche che non
solo i leader influenzano le azioni delle altre persone, ma anche le loro percezioni di sé e
dell’ambiente.
Una definizione più articolata viene proposta dall’APA Dictionary of Psychology che si
esplica nell’insieme dei processi coinvolti nel guidare gli altri, tra cui l’organizzazione, la
direzione e il coordinamento, e la motivazione dei loro sforzi verso il raggiungimento di
determinati obiettivi. Inoltre afferma che la leadership tende ad essere:
 Reciproca: i leader influenzano i seguaci e viceversa
 Transazionale: i leader e i seguaci condividono tempo, energie e abilità per aumentare
le loro ricompense congiunte
 Trasformazionale: i leader ispirano e motivano i seguaci
 Cooperativa piuttosto che coercitiva: i seguaci accettano volontariamente i
suggerimenti dei leader

È poi importante sottolineare la differenza tra il concetto di leadership e quello di “headship”:


nel primo caso il leader viene riconosciuto dal gruppo come qualcuno in grado di orientarlo e,
di conseguenza, gli viene concesso il potere direttamente dai seguaci; nella headship, termine
derivato dall’inglese che si collega in italiano alla parola “capo”, il potere viene concesso
tramite successione e quindi dall’esterno.
1
Aronson, 2019
2
Arthur G. Jago, 1982
3
Donald. M. Truxillo, Tayla. N. Bauer, B. Erdogan, 2020

6
Da queste definizioni emerge implicitamente che il ruolo di leadership è inevitabilmente
connesso a quello di potere, inteso come la capacità di influenzare o controllare il
comportamento degli altri. A questo proposito, Raven et al. (1992)4 hanno condotto una serie
di studi dai quali è emerso che ci sono sei principali fonti di potere che poi sono state
confermate anche da ricerche successive; tali tipologie sono:
1. Potere di coercizione: capacità di usare la forza per ottenere l’obbedienza di qualcun
altro
2. Potere di esperienza: capacità di usare il proprio sapere e il rispetto ottenuto per
influenzare gli altri
3. Potere di informazione: capacità di usare le proprie conoscenze
4. Potere di ricompensa: l’uso del diritto di offrire incentivi desiderati
5. Potere di riferimento: il potere che deriva dall’essere stimati e ammirati
6. Potere legittimo: deriva da una posizione di autorità grazie a elezione, selezione o
attribuzione

Il potere legittimo, di ricompensa e di coercizione sono associati a coloro che occupano un


ruolo formale all’interno di un’organizzazione, mentre gli altri tipi di potere possono
appartenere a chiunque facente parte dell’organizzazione. Tuttavia, nel caso della leadership,
è fondamentale che le basi del potere non siano coercitive.5

1.2 Chi sono i leader?

4
Donald. M. Truxillo, Tayla. N. Bauer, B. Erdogan, 2020), pp. 207-208
5
Ibidem

7
Tra tutti coloro che si sono interessati allo studio del tema della leadership, una delle risposte
più conosciute riguarda la teoria della grande persona6, secondo la quale alcuni tratti
fondamentali della personalità fanno di una persona un buon leader, indipendentemente dalla
natura della situazione che si trova ad affrontare. Se questa teoria risultasse vera dovremmo
essere in grado di isolare questi tratti fondamentali di personalità che possono trasformare
chiunque in un vero leader.
Leader si nasce o si diventa?
Sicuramente una parte delle capacità personali dipende dal DNA ma è anche vero che molte
caratteristiche possono essere sviluppate nel corso della vita grazie alle esperienze, più o
meno positive, che ognuno di noi fa.
Secondo la teoria dei tratti di Galton, ci sono delle tipologie di personalità che favoriscono
l’efficacia nella leadership e sono caratterizzate da ambizione, abilità, personalità forte e
ambiziosa. Secondo questa teoria leader si nasce ma poi bisogna capire se effettivamente lo si
può essere attraverso l’apprendimento e l’esperienza.
Da una meta-analisi condotta da Judge et al. (2002)7, emerge che ci sono dei tratti di
personalità che sono significativi per alcuni stili di leadership come l’estroversione e la
coscienziosità.
De Neve et al.8, hanno condotto uno studio su gemelli e hanno dimostrato che ci sono delle
caratteristiche genetiche collegate ad un miglior stile di leadership, in particolare la ricezione
del neurotrasmettitore acetilcolina che è coinvolto anche nella nostra capacità di essere
determinati e nell’andare verso le situazioni più impegnative e stressanti senza perdere la
motivazione.
È anche vero, però, che altri studiosi, come il team di Boyatzis 9 della Georgia, hanno
affermato che per essere un buon leader bisogna anche diventarlo. In particolare, dimostrano
che bisogna coltivare delle capacità empatiche, relazioni e delle competenze specifiche non
tutti hanno in dotazione genetica e che bisogna acquisire sul campo.
Dalla loro ricerca è emerso che ci sono due reti neurali nel nostro cervello: la “task-positive
network”, orientata alla risoluzione dei problemi e la “default mode network “, rivolta alle
relazioni. Vengono di seguito illustrate.

6
Aronson, 2019, pp. 235
7
Donald. M. Truxillo, 2020), pp. 207-208
8
Emmanuel De Neve, S. Mikhaylov, Christopher T. Dawes, Nicholas A. Christakis, James H. Fowler, 2013
9
Boyatzis RE, Rochford K and Jack Al, 2014

8
Fig.1: The task-positive network (TPN)

La rappresentazione TPN corrisponde a più reti definite da correlazioni positive. I pannelli di sinistra
mostrano solo il TPN derivato da anti-correlazioni in blu. I pannelli di destra mostrano le reti derivate da Yeo
et al. (2011)10 con sovrapposizione sostanziale. Le etichette indicano la migliore comprensione corrente delle
funzioni primarie delle parti chiave del TPN.

Fig.1.2: The default mode network (DMN)

10
Yeo, B. T., Krienen, F. M., Sepulcre, J., Sabuncu, M. R., Lashkari, D., Hollinshead,M., et al. (2011). The
organization of the human cerebral cortex estimatedby intrinsic functional connectivity. J. Neurophysiol. 106,
1125–1165. doi:10.1152/jn.00338.2011
(PDF) Antagonistic Neural Networks Underlying Differentiated Leadership Roles. Available from:
https://www.researchgate.net/publication/260761456_Antagonistic_Neural_Networks_Underlying_Differentia
ted_Leadership_Roles [accessed Feb 10 2023]

9
C’è una forte sovrapposizione nella rappresentazione DMN basata su anti-correlazioni e correlazioni positive
nei dati sullo stato di riposo. I pannelli di sinistrano mostrano solo il DMN derivato da anti-correlazioni in

arancione/giallo. I pannelli di destra mostrano le reti derivate da Yeo et al. (2011)11 con sovrapposizione
sostanziale. Le etichette indicano la migliore comprensione corrente delle funzioni primarie delle parti chiave
del DMN.

Un buon leader dovrebbe avere e integrare entrambi i network per poter avere la capacità di
essere orientato agli obiettivi senza perdere mai di vista il fatto che ha a che fare con le
persone e quindi, saper guidare gli altri significa anche saper entrare in risonanza con loro.
L’approccio comportamentale di McGregor afferma invece che leader si diventa attraverso
l’osservazione degli altri leader e, quindi, attraverso l’esperienza e l’apprendimento.
L’odierna psicologia della leadership propone quattro tipi di approcci differenti: l’approccio
situazionale, l’approccio della contingenza, l’approccio transazionale e trasformazionale.
La prima teoria afferma che il carattere non ha così importanza e che la funzione di leadership
possa essere assolta da chiunque abbia l’incarico di leader; è una posizione abbastanza
estrema e, infatti, pochi psicologi sono d’accordo e la maggior parte di loro risponde con la
“times theory”12 (teoria del momento giusto) che ribadisce la stretta correlazione tra leader e
contesto, per cui le persone diventano buoni leader a seconda dei diversi tipi di contesto.
Quest’ultima prospettiva è nota in psicologia come approccio della contingenza.
Gli approcci transazionali fanno invece riferimento alla qualità delle relazioni che si
instaurano tra leader e seguaci; i leader adottano stili caratterizzati da gratificazioni
contingenti, management attivo per eccezioni, management passivo per eccezioni e lasseiz-
faire.
11
Yeo, B. T., Krienen, F. M., Sepulcre, J., Sabuncu, M. R., Lashkari, D., Hollinshead,M., et al. (2011). The
organization of the human cerebral cortex estimatedby intrinsic functional connectivity. J. Neurophysiol. 106,
1125–1165. doi:10.1152/jn.00338.2011
(PDF) Antagonistic Neural Networks Underlying Differentiated Leadership Roles. Available from:
https://www.researchgate.net/publication/260761456_Antagonistic_Neural_Networks_Underlying_Differentia
ted_Leadership_Roles [accessed Feb 10 2023]
12
S.A. Haslam, S.D. Reicher, M.J. Platow, 2013

10
Le ricerche affermano che la relazione tra comportamenti transazionali ed efficacia dipende
dalla dimensione della leadership transazionale che si prende in considerazione.
Una teoria influente di questo approccio è la teoria dell’equità13 che sostiene che le persone
coinvolte nel processo diminuiscono la loro motivazione in base a quanto viene percepita
meschina la leadership.
L’ultimo approccio è quello trasformazionale che nasce, secondo James Burns 14, quando
leader e seguaci lavorano insieme abbandonando l’idea che una persona faccia qualcosa
perché è obbligata.
I leader trasformazionali sono caratterizzati da quattro comportamenti: l’influenza idealizzata
(o carisma), la motivazione ispirazionale, la stimolazione intellettuale e la considerazione
individualizzata. Modellano la percezione che gli impiegati hanno di se stessi e permettono
loro di comportarsi in maniera coerente con i propri valori, ottenendo devozione sia per la
causa portata avanti dal leader che per il leader stesso15.
Le meta-analisi suggeriscono che i comportamenti del leader trasformazionale sono collegati
positivamente all’efficacia dell’unità lavorativa.

1.3 I diversi stili di leadership

Lo stile di leadership è una tipologia di comportamento che un manager adotta per pianificare,
organizzare e controllare il lavoro della propria squadra; si riferisce al grado con cui il leader
sa ascoltare, individua finalità e standard, sviluppa piano d’azione, gestisce altre persone,

13
S.A. Haslam, S.D. Reicher, M.J. Platow, 2013
14
Donald. M. Truxillo, Tayla. N. Bauer, B. Erdogan, 2020
15
Ibidem

11
fornisce feedback, supporta la crescita dei collaboratori e stabilisce relazioni personali con
loro.
I leader migliori, in genere, agiscono in base ad uno o più stili di leadership e passano
abilmente da uno stile all’altro in base alla situazione in cui si trovano. Gli stili tradizionali di
leadership sono sei:
 Leader visionario: è una persona che riesce ad avere una soluzione chiara e a farla
visualizzare altrettanto chiaramente ai membri della sua squadra; è quel leader che
cerca di creare una sorta di “sogno condiviso” e quindi è uno stile che per essere
vincente ha bisogno di tanto carisma, empatia, sicurezza in sé e credibilità personale.
È uno stile positivo e utile in situazioni di cambiamento.
 Leader-Coach: sviluppa la motivazione connettendo i desideri e le aspirazioni delle
singole persone agli obiettivi aziendali; è quindi molto abile perché ha la capacità di
far emergere le potenzialità di ogni singolo membro della squadra aiutandolo a
migliorare le sue performance per raggiungere i risultati richiesti. È uno stile
fortemente positivo utile soprattutto nelle situazioni in cui serve aiutare i collaboratori
a performare meglio ma anche a creare i percorsi di sviluppo personale.
 Leader democratico: è una persona che sviluppa motivazione negli altri raccogliendo
le loro indicazioni e coinvolgendoli in un’operatività partecipativa che tende a
responsabilizzare ogni dipendente verso il raggiungimento degli obiettivi richiesti. In
linea generale questo stile è finalizzato a valorizzare le singole persone e, pertanto, è
molto vantaggioso in termini di produttività; è utile quando serve sviluppare adesione,
consenso e in quei momenti in cui servono degli input operativi.
 Leader affiliativo/federativo: è prevalentemente focalizzato sulle persone e tende
soprattutto ad armonizzare le situazioni prevenendo ed evitando conflitti all’interno
del suo gruppo di lavoro. È uno stile positivo e si rivela utile nelle situazioni di stress o
di crisi in cui serve motivare le persone.
 Leader incalzante: è un leader esigente, focalizzato sull’obiettivo e sviluppa la
motivazione attraverso la carica verso obiettivi sfidanti e emozionanti; dal momento
che è una persona orientata al successo, esige perfezione e rapidità nei propri
collaboratori. Goleman afferma che il rischio di questo stile di leadership potrebbe
essere quello di minare le dinamiche interne del gruppo di lavoro (qualcuno potrebbe
sentirsi inadatto e non all’altezza) e quindi l’impatto della leadership potrebbe essere
negativo a causa della cattiva gestione e della mal interpretazione.

12
 Leader autoritario-coercitivo: sviluppa la motivazione con l’intenzione di abbattere
le paure, agisce in maniera autoritaria, impone la propria visione, esige sicuramente
rispetto, non ammette generalmente repliche e non accetta fallimenti. Questo
approccio porta ovviamente ad un clima molto teso e insoddisfatto, il che è
controproducente. Risulta uno stile appropriato solo nelle situazioni di emergenza in
cui c’è una crisi e si deve invertire la tendenza.

I primi quattro creano una risonanza che aumenta le prestazioni, gli ultimi due andrebbero
invece usati con cautela anche se sono utili in alcune situazioni specifiche.
Per capire come i diversi stili di leadership influenzano un’organizzazione e il suo clima
emotivo, viene riportata una ricerca di Goleman 16 su un database globale di 3871 dirigenti in
cui sono stati valutati diversi fattori chiave che hanno influenzato l’ambiente di lavoro.
I risultati hanno dimostrato che i leader che hanno usato stili con un impatto emotivo positivo
hanno visto rendimenti finanziari decisamente migliori di quelli che non lo hanno fatto e
soprattutto, la cosa più importante, che i leader con i migliori risultati non praticavano solo un
tipo di leadership: questo perché il professionista percepisce la sfida in anticipo, estrae
rapidamente lo strumento giusto e poi lo applica.

CAPITOLO 2: LA LEADERSHIP MILITARE


2.1 Leadership in ambito militare

16
Goleman Daniel, 2002

13
Prima di affrontare l’argomento, occorre dare un piccolo spazio alla definizione dei ruoli
all’interno dell’Esercito, affinchè si possano capire gli attori coinvolti nei processi di
leadership.
La gerarchia militare dell’Esercito vede in cima gli ufficiali generali (capo di stato maggiore,
generale di corpo d’armata con incarichi speciali, tenente generale, maggior generale,
brigadier generale), poi ci sono gli ufficiali superiori (colonnello, tenente colonnello,
maggiore, ufficiali inferiori, primo capitano e capitano, tenente e sottotenente), a scendere
troviamo i sottoufficiali (ruolo maresciallo, primo luogotenente, luogotenente, primo
maresciallo, maresciallo capo, maresciallo ordinario e maresciallo) e infine i sergenti e la
truppa.
Una squadra è formata da tre fireteam che a loro volta sono composti da gruppi di tre o
quattro uomini; coloro che si occupano di gestire questi gruppi di uomini sono
rispettivamente, gli squad-leader e i fireteam-leader.
La differenza principale tra queste due figure è che lo squad-leader ha la facoltà di decidere i
movimenti di tutti gli altri fireteam e, di conseguenza, di dare ordini a tutti gli altri ma per
garantire l’efficienza di tutto il fireteam serve un uomo esperto.
Nell’ambito militare il termine “comandate” racchiude certamente tutte le caratteristiche del
leader ma la leadership in questo ramo si concentra più che altro sulle relazioni che si
instaurano tra leader e subordinati.
Oltre all’approccio relazionale, gli studi militari sulla leadership si sono appellati anche
all’approccio della personalità che pone l’attenzione sia sui tratti di personalità legati alla
figura dei leader che alla produzione di biografie e documentazioni sull’arte del comando.
Nell’approccio relazionale rientrano anche i legami con i membri del gruppo di riferimento e
le ricerche raccolte nel volume “The American Soldier”17 mostrano che ci sono delle
incongruenze tra la visione degli ufficiali e quella dei soldati.
Vengono di seguito illustrate.

Tabella 2.1: Motivazioni al combattimento suddivisi tra ufficiali e veterani di truppa


Truppa Ufficiali
DOMANDA: generalmente, in DOMANDA: quando le cose si
base alla tua esperienza, che cosa ti fanno difficili per i tuoi uomini,

17
Stouffer S.A, Suchman E.A., Leland C. Devinney, Shirley A. Star, R.M. Williams, 1949

14
Incentivi ha spinto maggiormente ad andare quali incentivi ritieni che li
avanti e a fare del tuo meglio? spingano a combattere ancora?
Portare a termine il compito 39% 14%
Solidarietà con il gruppo 14% 15%
Senso del dovere ed autostima 9% 15%
Il pensiero di casa e dei propri 10% 3%
affetti
Autoconservazione 6% 9%
Ragioni ideali 5% 2%
Vendicatività 2% 12%
Leadership e disciplina 1% 19%
Altri motivi 14% 11%

Come si può notare, se per gli ufficiali la leadership e la disciplina erano gli elementi utili per
condurre i propri soldati al combattimento, per i subordinati questi fattori erano quasi
irrilevanti.
In base al confronto con altre domande emerge anche che la figura dell’ufficiale inferiore ha
un ruolo importante nella coesione del gruppo perché non rappresenta solo l’autorità ma
anche un effettivo membro del gruppo.
In un’istituzione autoritaria come l’Esercito, dove la responsabilità va dall’alto verso il basso
attraverso una catena di comando e dove le regole formali richiedono obbedienza a ogni
livello, le qualifiche di leadership sono variabili della massima importanza per il successo o il
fallimento dell’organizzazione18.
Possiamo distinguere due stili di leadership19. Il primo approccio si basa sul controllo e sul
potere che vengono utilizzati dal comandante per guidare i suoi soldati verso il corretto
svolgimento delle attività; sono previste anche forti sanzioni in caso di inadempienza o
infrazioni disciplinari e/o regolamentari. La leadership è quindi basata sulla minaccia e sulla
soggezione delle punizioni.
Il secondo stile di leadership ha come presupposto di base la fiducia e il rispetto reciproco e si
rivela il più efficace perché si appella all’autorealizzazione, alla competenza e alla stima
promuovendo la crescita professionale dei soldati; inoltre, sentendosi parte del gruppo, questi
leader condividono gli obiettivi comuni all’interno di un’atmosfera organizzativa positiva.

18
Stouffer S.A, Suchman E.A., Leland C. Devinney, Shirley A. Star, R.M. Williams, 1949.
19
Palloni Elena, 2018. Rivista n.1, Ministero della difesa

15
A questo proposito il Capo di Stato Maggiore della Difesa italiano, il generale Claudio
Graziano, in un’intervista sulla missione UNIFIL 20, ha affermato proprio che la sfida più
importante è stata la creazione e il mantenimento di un clima di fiducia basato sulla credibilità
dell’azione militare.
Il leader è fondamentale nel mantenere l’armonia all’interno del gruppo e, per farlo, deve
assumersi questa responsabilità in maniera sempre maggiore grazie alla fiducia dei propri
soldati ed essere riconosciuto da loro come un leader.
Anche nell’ambiente militare quindi i comandanti hanno assunto la consapevolezza che non
basta avere l’obbedienza dei soldati per essere efficaci sul campo di battaglia ma occorre
tenere a mente che per essere dei veri leader, bisogna far sì che gli altri condividano
consapevolmente le proprie idee e che le mettano in pratica (Kort Eva, 2008).

2.2 I leader delle Forze Armate Italiane

Negli ultimi anni le Forze Armate Italiane hanno affrontato diversi cambiamenti, come la
professionalizzazione e l’integrazione del personale femminile, che hanno apportato
inevitabilmente delle modifiche nell’organizzazione e nell’esercizio della leadership.
20
Intervista de La Stampa al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano, 27 settembre
2015, reperibile su: http://www.difesa. it/SMD_/CaSMD/interviste/Pagine/Intervista-Ca- po-SMD-27092015-
LaStampa.aspx

16
Con la professionalizzazione, sancita dal Decreto Legislativo n.215 del 8 maggio 200121, lo
strumento militare veniva trasformato in professionale e questo da una parte ha facilitato il
comandante ad esercitare la leadership poiché aveva a che fare con un personale più preparato
e motivato dalla propria scelta volontaria di arruolarsi ma, dall’altra, ha comportato nei soldati
una maggiore consapevolezza dei propri diritti.
Con questo tipo di subordinati non risulta utile l’imposizione della disciplina ma occorre far
ruotare la relazione intorno al carisma. Infatti, “se le motivazioni all’ingresso sono
fondamentalmente economiche (…), spetta al comandante il ruolo cruciale del motivare in
senso istituzionale il proprio personale e convertire il progetto occupazionale in un progetto
istituzionale”22 .
L’atmosfera di continuo cambiamento che caratterizza l’ambiente militare fa comprendere la
necessità della presenza di un leader che sappia adattarsi al processo di trasformazione in
maniera rapida e che sia in grado di essere flessibile e avere una certa apertura mentale.
Tra gli uomini e le donne che appartengono all’organizzazione militare c’è l’idea condivisa
del fatto che alcune caratteristiche individuali garantiscono la figura del leader ideale; sulla
base della somministrazione di alcune interviste, possiamo individuare come si esplica questa
visione all’interno di tre dimensioni: le caratteristiche del leader, i rapporti che il leader ha
con i membri dell’organizzazione e sui rapporti del leader con gli obiettivi e la struttura
organizzativa.

Tabella 2.2: la visione ideale di leadership23

Dimensione 1: Caratteristiche Dimensione 2: Rapporti con Dimensione 3: Rapporti con


personali del leader gli altri (subordinati o pari l’organizzazione (struttura e
grado) finalità)
Carisma Ascendenza sul personale Senso del dovere

21
Decreto Legislativo 8 maggio 2001, n. 215, “Disposizioni per disciplinare la trasformazione progressiva dello
strumento militare in professionale”.
22
Ammendola Teresa, 2004. Pp. 100
23
Ricerca CeMiSS, “La leadership nelle Forze armate oggi”, dir. F. Battistelli, 2002.

17
Sensibilità Comprensione per i problemi Responsabilità verso il compito
umani e professionali del
personale
Intelligenza Capacità di porsi come guida o Lealtà
esempio
Autorevolezza Rispetto Capacità di prendere decisioni
Conoscenza del personale Competenza professionale
Capacità di motivare il
personale
Equità nel trattare il personale

Un’ulteriore rappresentazione che emerge è legata alla figura del leader come guida, nel senso
che il comandante deve costituire un esempio per i soldati in modo da conquistare la loro
ammirazione e la loro stima24.
Nella visione ideale della leadership emerge dunque che il leader deve necessariamente essere
attento ai bisogni relazionali delle persone se si vuole ottenere una buona performance.
Accanto a questa rappresentazione del leader in termini di “dover essere”, si affianca la
rappresentazione fattuale relativa alla propria esperienza.
Dal confronto tra queste due prospettive25 emerge che:
 Idealmente si parla di autorevolezza basata sul carattere o sul carisma e sulla
competenza del comandante ma, di fatto, i comandanti si avvalgono spesso del grado
come unica fonte di autorità
 Idealmente la conoscenza del personale subordinato e la coesione con loro
rappresenta lo scopo primario ma, nella pratica, alcuni comandanti ignorano le
esigenze e il benessere del personale
 Idealmente un buon comandante dovrebbe saper prendere buone decisioni anche in
tempi rapidi e dovrebbe verificare che l’ordine sia stato eseguito correttamente ma, di
fatto, spesso le decisioni vengono prese senza sentire il parere dei collaboratori e ci
sono anche dei comandanti che effettuano controlli minuziosi anche sulle procedure
più semplici demoralizzando i soldati

24
Ammendola Teresa, 2004.
25
Ibidem

18
Una leadership efficace non è riconducibile solo alle caratteristiche psicologiche del leader
ma bisogna considerare anche il ruolo fondamentale agito dal contesto in cui il comandante si
ritrova ad agire e l’organizzazione militare si ritrova a fronteggiare situazioni diverse ogni
volta, che possono variare dalla routine della caserma ai diversi contesti operativi.

2.3 Come formare un buon leader

L’educazione militare è un fattore che va al di fuori dei semplici obiettivi di apprendimento


definiti nei diversi curricula; lo scopo dell’istruzione militare è quello di sviluppare il pensiero
critico e il problem solving .

19
Gli obiettivi dell’istruzione militare sono generalmente simili e la maggior parte delle nazioni
condivide un sistema simile costituito da quattro fasi26:
1. La prima fase è costituita dal corso nell’accademia militare o all’interno di
un’università che porta alla qualifica di tenente
2. La seconda fase è la formazione intermedia per i tenenti e i capitani, nella quale gli
ufficiali si specializzano in azioni militari e leadership
3. La terza fase dura uno o due anni e qui il soldato riceve una formazione nelle arti
operative, nelle strategie e nelle questioni politiche ed economiche poiché un
pianificatore operativo efficace deve essere in grado di comprendere l’ambiente in cui
agisce
4. La quarta fase ha una durata variabile e riguarda i corsi per i colonnelli riguardanti i
livelli strategici di conflitto

In un’organizzazione sono importanti quattro tipologie di apprendimento: la conoscenza,


l’abilità e le competenze, lo sviluppo personale e la collaborazione e la cooperazione27.
In ambito militare è particolarmente importante la quarta tipologia, ovvero il lavoro di
squadra in quanto la connessione tra apprendimento individuale e organizzativo è ciò che
determina il successo; in questo ambito emerge il senso della leadership militare che si esplica
nel raccogliere consenso intorno alla figura del comandante e agli obiettivi delle Forze
Armate.
Occorre, perciò, favorire l’apprendimento in relazione alle caratteristiche del militare che
deve possedere conoscenze professionali specifiche e gestionali, capacità logico-analitiche, di
sintesi, capacità comportamentali che riguardano l’autonomia, al comunicazione e la
negoziazione; deve poi possedere la capacità di comando, ovvero la leadership, e capacità di
organizzazione, prospettiva strategica e programmazione.
Bisogna poi considerare che con il progresso tecnologico va ripensata anche la leadership in
termini di competenze; occorrono infatti abilità trasversali, sia di carattere manageriale sia di
sviluppo cognitivo individuale28.
Le competenze trasversali, o soft skills, sono le competenze che afferiscono alla dimensione
della persona, per gli aspetti del pensiero, delle emozioni e delle relazioni. Differentemente
dalle hard skills, che si riferiscono alle competenze tecniche, sono il risultato dell’interazione
fra caratteristiche individuali, esperienze personali e apprendimento.
26
Palloni Elena, 2017.
27
Abrate B., 2011
28
Capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, 2022.

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Le principali soft skills sono: leadership, capacità di lavorare in gruppo, problem solving
complesso, resilienza e gestione delle emozioni, comunicazione efficace (interpersonale e
pubblica), flessibilità, gestione dello stress, innovazione e pensiero strategico.
Possono essere acquisite tramite il metodo della discussione, la formazione esperienziale, i
laboratori riflessivi e i momenti introspettivi e, a livello istituzionale, un ruolo importante sarà
svolto dal Centro Alti Studi della Difesa che è in fase di riconfigurazione come Scuola
Superiore a Ordinamento Speciale per la formazione di livello strategico, della ricerca e della
consulenza a favore della difesa e del paese.

CAPITOLO 3: DIFFERENZE E ANALOGIE TRA LEADERSHIP CIVILE E


MILITARE

Alla luce di questa breve disamina che vede da una parte la leadership in campo aziendale e
dall’altra la leadership in ambito militare, possiamo confrontare i due modelli per portare alla
luce le differenze e i punti di contatto.
Grazie al processo di professionalizzazione e di integrazione del personale femminile a cui
sopra accennavamo, l’organizzazione militare si sta avvicinando sempre di più alla società
civile.

21
Nell’ambito della leadership, però, bisogna ammettere che tra l’organizzazione militare e
quella civile/aziendale gli stili di leadership adottati sono diversi in quanto nell’ambito
militare occorre far eseguire gli ordini in maniera ben precisa e senza discussioni, mentre in
campo aziendale bisogna scendere a compromessi con i propri dipendenti.
Il leader militare ordina e i subordinati eseguono, anche perché sono stati formati per fare
questo, sono motivati dall’adempiere il loro dovere e, probabilmente, sono spinti ad eseguire
gli ordini anche perché le conseguenze diventano responsabilità di chi ha emanato l’ordine.
In azienda, invece, i dipendenti possono mostrare atteggiamenti più critici in relazione a ciò
che viene detto dal leader e possono anche esprimere una maggiore inerzia nell’adempiere
quell’ordine
Un secondo punto di distacco tra i due modelli riguarda i livelli di performance richiesti.
Sicuramente sono diverse le finalità delle performance che nel caso del corpo militare
riguardano l’efficienza sul campo di battaglia e, indubbiamente, la vittoria; nell’ambito
aziendale invece le performance sono finalizzate al successo e i risultati sono fondamentali
Il terzo elemento da prendere in considerazione riguarda il patrimonio valoriale legato alla
leadership: la figura del guerriero, le tradizioni e i vincoli di lealtà e obbedienza caratterizzano
l’ambiente militare in cui viene richiesto anche il sacrificio personale e viene messa a rischio
la propria vita per il rispetto di questi valori.
All’interno delle aziende invece vige il principio del successo e i dipendenti sono chiamati a
rispettare l’impegno continuo, ad esprimere creatività ed innovazione.
Bisogna poi tenere in considerazione lo stress che si viene a creare in entrambe le
organizzazioni29.
In ambito militare i leader sono chiamati a controllare anche i livelli di stress dei propri
subordinati e, per farlo, occorre un importante impegno empatico; se nelle Forze Armate lo
stress è una costante continua, all’interno delle aziende questo viene sperimentato solo ai più
alti livelli gerarchici.
Per quanto riguarda i punti di contatto, possiamo ammettere che si tratta di due organizzazioni
che operano a livello internazionale e hanno una struttura complessa alla base, che devono
fronteggiare avversari sempre nuovi e che devono saper gestire al meglio le risorse per il
raggiungimento dell’obiettivo.

29
Ammendola Teresa, 2004

22
CONCLUSIONI

Questo elaborato non vuole avere la pretesa di delineare in maniera esaustiva il tema della
leadership e la sua applicazione nei due diversi contesti poiché la letteratura in questo senso è
molto vasta ma vuole essere un punto di partenza per delineare le principali caratteristiche
della leadership civile e militare.
Ad oggi, per quanto riguarda gli approcci e le teorie relative all’origine della leadership, è
stata raggiunta la consapevolezza che il successo del leader o il suo fallimento dipendono dal
contesto situazionale, che la leadership si esplica nella relazione tra leader e seguaci e che
deve confrontarsi ed evolversi in base ai cambiamenti che trasformano la realtà.

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L’assunto comune ad entrambe le tipologie di leadership è che il leader/comandante deve
suscitare sentimenti positivi tra i seguaci e renderli partecipi; pertanto, l’intelligenza emotiva,
accompagnata da un certo grado di empatia, rappresenta la caratteristica fondamentale per la
buona riuscita dello stile di leadership e quindi va coltivata sia individualmente che a livello
del gruppo.
Un leader/comandante deve assolutamente evitare fenomeni di dissonanza in modo da
contrastare sentimenti negativi come slealtà, rabbia e conflitti nei rapporti interpersonali.
È evidente, quindi, la necessità di mettere al centro le persone se non si vuole sperimentare il
fallimento, dal momento che sono proprio le persone la risorsa principale dei leader e del
raggiungimento degli obiettivi comuni ma contemporaneamente, sono anche l’elemento più
difficile da gestire.

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