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LA DONNA NELLA LETTERATURA SPAGNOLA DEI SECOLI D’ORO TRA OPPRESSIONE E INTRAPRENDENZA

prof. Federica Cappelli

IL CONTESTO STORICO-CULTURALE
L’espressione Siglo de Oro indica un movimento di apice della cultura spagnola, corrisponde difatti al periodo di maggior gloria
politica e militare della Spagna, ma soprattutto alla fioritura artistica e letteraria che conseguentemente si sviluppò. Siamo soliti
datare l’inizio di questo periodo con l’ascesa al trono di Carlo V, avvenuta nel 1516, e determinarne la fine nel 1648. Più in generale,
parliamo di un momento storico che si sviluppa dai primi anni del Cinquecento e si estende per tutto il Seicento, per cui è più
opportuno parlare di “secoli d’oro” e indicare il Cinquecento come Rinascimento e il Seicento come Barocco.
Il RINASCIMENTO è riconosciuto come il secolo della supremazia spagnola, della rinascita rispetto all’oscurità del Medioevo, è il
risultato dello sforzo iniziato dai Re Cattolici (Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona), e proseguito con i regni di Carlo V e
Filippo II, e quindi con eventi storici alquanto considerevoli come l’annessione del Portogallo all’impero spagnolo, l’espulsione dei
mori e la Conquista dell’America. Durante questo primo periodo si registrano aumento demografico, espansione economica e
coloniale, strenua difesa della religione cattolica: sinteticamente possiamo definirlo un periodo caratterizzato da fiducia, equilibrio
ed armonia.
Al contrario, il BAROCCO è un periodo decisamente più complesso e pessimistico, soffre le conseguenze, anche economiche, delle
costanti guerre e delle svariate bancherotte che caratterizzano il regno di Filippo II. Seguirà un breve periodo in cui con Filippo III
la Spagna riesce a godere nuovamente di un periodo di pace, fino a che nel 1618, ha inizio la Guerra dei Trent’anni. Il regno che si
ritrova poi il successore, Filippo IV, non è altro che un regno indebolito, con numerosi problemi militari e finanziari e altrettanti
riguardanti il popolo, per lo più causati dall’aumento delle imposte e da svariate epidemie.
Inevitabilmente, sia il periodo di supremazia sia quello di decadenza hanno influito a livello culturale e sociologico.
Lo abbiamo visto con la caratterizzazione della società: una sociedad estamental, dunque gerarchica, rigida, a compartimenti
stagni, deterministica, che non permette l’ascesa, né alcun tipo di progressione, con delle eccezioni per quei titoli nobiliari che
vengono venduti dalla monarchia, dai privati e dalla chiesa in cambio di costruzioni di immobili o squadre armate di
sovvenzionamento. Questa società segue ancora il modello di origine medievale e presenta due macrosfere sociali: i privilegiati,
quali aristocrazia e alto clero, che godono dei privilegi assoluti per cui non sono punibili né perseguibili ed esenti da imposte, e i
non privilegiati, quali popolo basso, artigiani, commercianti, contadini, basso clero e borghesia.
A reggere questa società sono i valori religiosi e quelli aristocratici come l’honor, un sentimento personale che corrisponde alla
capacità di ognuno di adempiere agli obblighi sociali. Viene perduto ogni volta che un individuo subisce un’offesa, pertanto, nella
maggior parte dei casi, ha inevitabilmente a che fare con una figura femminile, quindi con tradimenti e violenze subite a cui sono
poi gli uomini a rimediare per poter recuperare l’onore perduto attraverso duelli o assassinii. Quando parliamo di honor, è
importante sottolineare la differenza che sussiste fra questo e il concetto di honra, termine con cui si intendono la stima e il
rispetto che gli altri rivolgono, dunque nella opinione che gli altri hanno sulla virtù di un individuo e il suo modo di vivere e
rispettare le rigide convenzioni sociali dell’epoca. In generale sono due concetti che si legano, con la sola differenza che il primo
dipende da noi stessi e il secondo dal modo in cui gli altri vedono.
Un altro aspetto importante che contribuisce al mantenimento dell’honor e della rispettabilità nella società è la limpieza de
sangre, concetto che si manifesta già a partire dal Quattrocento ed in particolare con la Reconquista, e che si consolida sempre
più in questi anni. Secondo questa, è necessario dimostrare la propria purezza di sangue rendendo palese l’inesistenza di sangue
moro o ebraico nella propria discendenza da ben quattro generazioni, e certificandola con gli estatutos de limpieza de sangre.
L’obiettivo è quello di impedire ai conversos e ai moriscos di accedere ai posti privilegiati della società. In alcuni casi queste
certificazioni sono frutto di corruzione, amicizie o cospicue disponibilità economiche. Essere un cristiano viejo è motivo di onore
e orgoglio, un uomo era dunque ciò che rappresentava nella società.

IL RUOLO DELLA DONNA


Durante il Siglo de Oro la donna occupa un ruolo strettamente marginale. La società in cui la donna di questo periodo vive è di
tipo patriarcale per cui tutte le decisioni all’interno della famiglia vengono prese dai componenti maschili. Privilegi, diritti e obblighi
sono stabiliti sin dalla nascita e non vi è spazio per alcun tipo di mobilità sociale.
Generalmente la vita della donna si svolge all’interno dell’ambiente domestico e non gode di un proprio spazio nell’ambiente
pubblico. Il suo principale compito è difatti quello di procreare, badare ai figli, gestire la casa e servire il marito: è esclusivamente
angelo del focolare domestico. Le veniva concessa un’educazione sommaria, quella indispensabile affinchè essa potesse
adempiere in modo migliore a questi obblighi, un’educazione che comunque sia prevedeva l’insegnamento di pratiche come il
ricamo, il cucito, qualche base di matematica e, in alcuni casi, la lettura e la scrittura.
Nasce, a riguardo, la cosiddetta cuestión femenina, un dibattito intellettuale riguardante la figura della donna, i suoi compiti e la
sua istruzione, dal quale emergono opinioni contrastanti. Molti si mostrano contrari all’istruzione femminile e addirittura a
sostegno dell’inferiorità naturale dell’intelletto femminile, fra questi Fray Luis de Leon, Michel Foucault.
Vi sono però anche autori con un’apertura maggiore sull’argomento; particolarmente considerevole e all’avanguardia appare
Erasmo da Rotterdam, il quale sostiene il coinvolgimento della donna nella vita pubblica, critica lo stato di totale ignoranza cui le
donne sono relegate, promuove la loro educazione, in quanto utile per il bene del loro matrimonio e della loro famiglia. A favore
dell’istruzione femminile è anche Juan Luis Vives, il quale promuove l’educazione delle donne, ma a patto che di questa non ne
venga fatto sfoggio, né un uso distorto.
Generalmente il ruolo della donna cambia a seconda del momento dell’esistenza in cui si trova.
-La donna nubile di solito è promessa fin dalla sua giovanissima età a un uomo che la famiglia stessa sceglie in base alle esigenze,
fino all’età adulta i padri e i fratelli si occupano della salvaguardia della sua castità, compito che, dopo il matrimonio, spetta al
marito. Il matrimonio viene inteso come un contratto, un’unione economica tra due famiglie della medesima estrazione sociale.
Secondo questo contratto, la donna, per suggellare tale alleanza, deve apportare una dote, quanto più cospicua questa fosse tanto
più la ragazza avrebbe acquistato importanza agli occhi dei suoi pretendenti. Ne deriva che il matrimonio è un lusso che si possono
permettere solamente le famiglie più benestanti o la figlia maggiore di una famiglia. Accade spesso che la donna sia violata prima
di essere sposata, in questi casi il matrimonio è un mezzo di riparazione.
-La vedovanza invece rappresenta un’occasione di libertà per la donna, che non è più succube di alcun tipo di controllo maschile
né da parte del coniuge né della famiglia. È istintivo percepire la condizione della vedovanza come una condanna per la donna,
infatti essa è tenuta a seguire un codice etico molto rigido secondo cui deve ostentare continuamente il loro dolore, vestendosi in
un certo modo, mostrando uno sguardo addolorato e non intrattenendo alcun tipo di rapporto sociale. Nei casi in cui la donna
vedova fosse molto giovane, le è concessa una seconda possibilità per cui potrebbe risposarsi. Qualora invece avesse dei figli,
questo sarebbe il motivo per cui potrebbe assumere compiti maschili ed essere di conseguenza socialmente accettata, pur
rimanendo una figura ibrida che tutti giudicano poco seria. -Quale miglior ‘appiglio’ della religione in un’epoca di crisi e perdita
dei valori come questa? Il convento rappresenta, infatti, un porto sicuro nel quale rifugiarsi, è l’altra destinazione delle donne, a
volte per vocazione religiosa, altre per sottrarsi a un’unione non gradita, altre ancora perché impossibilitate economicamente a
disporre della dote matrimoniale di cui ho in precedenza parlato. In generale, il convento è un ambiente eterogeneo molto severo,
dove vivono donne di diverse età e di diversa provenienza sociale, per cui anche in questo caso si crea una sorta di
gerarchizzazione, ognuna ha una posizione e un ruolo che non è possibile cambiare. Le donne vengono istruite, ovviamente non
in maniera completa, in quanto si limitano a leggere testi di natura religiosa o moralista e vengono costantemente controllate
anche in quelli che sono gli scambi epistolari.

LA SCRITTURA FEMMINILE
(Saggio “La mujer de actriz a autora”) È inevitabile pensare, vista la scarsa importanza della donna all’interno della società
spagnola de Siglo de Oro, che lo stesso ruolo marginale le fosse attribuito anche in campo letterario.
Per esaminare il rapporto che la donna intrattiene con la scrittura ci siamo soffermati su tre aspetti: la donna personaggio, la
donna attrice e la donna autrice.
-La donna personaggio è una figura piuttosto standardizzata, tipizzata, molto spesso dal carattere forte e indipendente,
caratteristiche che non hanno niente a che vedere con l’effettivo ruolo della stessa all’interno della società dell’epoca e che hanno
l’obiettivo di spingere verso un cambiamento nella posizione sociale.
-La donna attrice è colei che ha trasgredito le regole per aver deciso di guadagnarsi da vivere con la recitazione e di esibirsi in
pubblico, decisioni che per l’epoca erano ritenute decisamente spregevoli. La professione di attrice viene accolta nel 1587 con
l’approvazione del Consejo de Castilla della richiesta di una compagnia italiana di far esibire le proprie attrici. Richiesta che viene
appunto accettata, ma con delle limitazioni che obbligano le donne a recitare solamente nei panni di personaggi femminili, se
coniugate ed accompagnate dai propri mariti.
-Per quanto riguarda la donna autrice, sono poche le autrici di cui abbiamo notizie, la maggior parte di esse non ha ricevuto
un’educazione soddisfacente o comunque non aveva i mezzi per scrivere. Le poche donne che si inseriscono nel mondo della
scrittura, oltre a riscuotere gran successo sono anche decisamente significative da un punto di vista letterario, in quanto, non solo
riescono a oltrepassare il limite sociale accedendo alla parola e alla scrittura, ma spesso hanno anche il coraggio di addentrarsi in
generi poco “battuti”, vedi il caso di Maria de Zayas, o ancora Santa Teresa de Jesus che costituisce il primo esempio di scrittura
al femminile, o ancora Ana Caro, Feliciana Enríquez.

Saggio “La mujer en el teatro del siglo espanol”


Il saggio si propone di trattare il tema del personaggio femminile partendo dall’analisi di tre autori: Lope de Vega, Tirso de Molina
e Calderon de la Barca.
Le loro opere vengono suddivise in COMEDIAS e in OBRAS SERIAS.
• Nelle commedie la donna diventa la vera protagonista dell’opera, controlla la scena e va contro l’ordine sociale imposto dagli
uomini; è quindi una donna amorale, che vuole sposarsi con l’uomo che ama e non teme di prendere l’iniziativa, è una donna
libera, trasgressiva e ingegnosa. Sostanzialmente c’è una totale inversione del ruolo.
Es. Comedias de Capa y Espada
• Nelle opere serie la donna si riduce invece ad essere la depositaria dell’onore e tutto lo sviluppo dell’opera ruota attorno a
questo tema, la donna può essere sia attiva che passiva
Es. El medico de su honra, Fuente Ovejuna
IL TEATRO DEL 600 (Saggio “Teatro e letteratura nella Spagna Barocca”)
Il teatro svolge nel panorama seicentesco un ruolo fondamentale, diventa una sorta di scuola per il popolo: una sorta di scuola in
quanto aveva un valore didattico e morale, e per il popolo perché attraverso il teatro si raggiungeva un pubblico molto più vasto
che con la letteratura in quanto questo poteva essere seguito anche dalle classi sociali più basse e più analfabete.
Quindi teatro e vita si compenetravano, la vita si vede riflessa nel teatro e questo dice ciò che va corretto nella società allo scopo
di diffondere il comportamento che questa dovrebbe avere, in particolare è istruttivo da un punto di vista culturale nel senso che
vuole trasmettere l’ideologia conservatrice e immobilista per quanto riguarda la disposizione gerarchica della società (carattere
sociale della commedia barocca). Anche da un punto di vista politico, il teatro barocco mira ad istruire, o forse più che ad istruire
ad influenzare il pubblico e a supportare quella che era una società signorile e monarchica (funzione politica del teatro).
Allo stesso tempo secondo Maravall il teatro barocco è però anche occasione di distrazione, divertimento e intrattenimento per
le masse.
La tipica rappresentazione teatrale del XVII secolo si apriva con alcuni accordi musicali che servivano per attirare l’attenzione del
pubblico, a questi seguiva la recitazione di un romanzo o di un poema che aveva l’obiettivo di catturare la benevolenza del pubblico
e presentare la compagnia.
I temi che venivano trattati erano i conflitti d’amore, i casi di onore, quelli di subordinazione o ribellione al re, e ancora le differenze
di strato sociale.
Gli ambiti scenici teatrali sono tre: il teatro dei corrales, quello di corte e quello delle celebrazioni del Corpus Christi.
• il corral de comedia sono i primi teatri stabili, permanenti, sorgono in relazione con le confraternite (società di assistenza
benefica per i bisognosi), infatti il primo in assoluto è inaugurato dalla confraternita de la Pasion nel 1568 ed è il corral de la
Pacheca. In un primo momento i corrales erano autorizzati a tenere rappresentazioni settimanali, poi, su imitazione delle
compagnie teatrali italiane, iniziano a svolgersi due volte per settimana.
Generalmente si svolgevano fra la Pasqua e il Corpus, interrompendosi durante la Quaresima per motivi di lutti reali. Il miglior
momento era però l’inverno in quanto il calore estivo era troppo difficile da sopportare.
Fino al 1615 erano gli ospedali ad amministrare e finanziare i corrales, una volta che i fondi non furono più sufficienti i corrales
passarono sotto il controllo del comune e da questo momento lo spettatore che vuole avere un posto a sedere per godersi le
rappresentazioni, dovrà pagare una certa somma per la compagnia degli attori e un’altra per il proprietario del corral.
Per quanto riguarda la struttura, questi erano situati nei cortili degli edifici, quindi all’aria aperta, ed era delimitato ad
entrambi i lati dalle abitazioni. Vi era un tendone che serviva oltre che per proteggere dal sole o dalla pioggia, per contenere
la luminosità naturale e offrire così una migliore visibilità. In questi cortili vi era uno spazio centrale riservato al pubblico in
piedi, mentre ai lati di questo vi erano delle gradinate riservate a coloro che appartenevano a una classe sociale alta. Sopra
queste vi erano delle specie di appartamenti esclusivamente per i nobili, i dotti e le autorità. Tutto ciò è riservato agli uomini,
per le donne esclusivamente nobili mi erano delle stanze riservate.
Lo scenario si trovava al fondo, coperto da un tetto, ad un’altezza di circa 2 metri e mezzo e con una superficie approssimativa
di 8,5x4,8 metri.
• il teatro cortesano, la cui prima rappresentazione è documentata in Spagna nel 1548 a Valladolid, era un modello sviluppato
appunto dalla corte che nasce dall’integrazione di alcuni aspetti del corral con l’influenza del modello italiano. Per quanto
riguarda la messa in scena si distinguevano due tipi di rappresentazioni di corte: quelle semplici, e qui ci riferiamo a
rappresentazioni caratterizzate da uno spazio chiusa e dalla sola uscita in scena dei rappresentatori; e quelle complesse,
caratterizzate dalla presenza di luci, musiche, attrezzature ecc.
• il terzo tipo di teatro è l’auto sacramantal, molto vicino al teatro di corte in quanto dispone dei soliti mezzi ed effetti
sorprendenti, ma che si differenzia da questo per il valore simbolico e religioso che ha.
Per quanto riguarda i rappresentanti, tutto ruota attorno la figura dell’autore, è lui ad occuparsi degli aspetti finanziari della
compagnia, a comprare le commedie ai poeti per poi studiarle ed adattarle, ed è sempre lui ad assumere gli attori; questi potevano
essere di titolo, quindi con una certa reputazione professionale oppure quelli specializzati nei ruoli comici che avevano molta
meno considerazione.
“EL ARTE NUEVO DE HACER COMEDIAS”. LA COMEDIA NUEVA
Il teatro seicentesco è un teatro regolato da norme, da regole, che Lope de Vega illustra nel trattato “El arte nuevo de hacer
comedias”, pubblicato per la prima volta nell’edizione di Rimas del 1609.
Si tratta di un trattato che non è nato a caso ma è il frutto di un contesto ben preciso, infatti unisce tutti i risultati della sua e della
precedente produzione. Sostanzialmente capisce che era giunto il momento di elaborare una sorta di regola del teatro chiamata
COMEDIA NUEVA1 unendo i frutti dei vari periodi culturali, è per questo motivo che il teatro dei secoli d’oro viene definito teatro
classico spagnolo.
Il fine di questo trattato è quello di popolarizzare il teatro così da arrivare a più persone possibili.
Quando scrive il suo trattato Lope de Vega ha praticamente tutti i critici e i lettorati contro, ma nonostante questo l’opera riesce
a diventare un pilastro del teatro dell’epoca.
Vediamo i concetti affrontati da Lope de Vega:
- il primo concetto che viene affrontato è quello della tragicommedia, una nuova tipologia teatrale in cui il tragico viene
mescolato al comico. Questo perché Lope crede che nella vita di tutti i giorni ci sia tragico e comico uniti e fusi insieme,
per cui unire i due generi significava fare un teatro verosimile alla realtà
- per quanto riguarda la divisione del dramma, Lope commenta la distribuzione in 3 atti che corrispondono al momento
dell’esposizione, al momento del nodo e a quello dell’epilogo. All’interno di questa struttura ogni atto è diviso in grandi
blocchi
- Lope esige un linguaggio puro e casto che si adegui tanto alla situazione come al personaggio. Identifica 6 livelli linguistici
che attribuisce a 6 diversi personaggi:
1) il lessico colto del discorso epico del personaggio potente
2) il lessico critico del vecchio saggio
3) il lessico amoroso degli amanti
4) il lessico comico dei personaggi divertenti
- Lope fa riferimento al concetto del decoro, sostenendo il mantenimento di questo. Parla di decoro moral che ha a che
fare con la rappresentazione di certi temi quali ribellione, adulterio, ecc.; e decoro drammatico che consiste
nell’adeguazione del comportamento e del linguaggio dei personaggi alle convenzioni del suo ruolo, quindi al suo livello
sociale
- Lope menziona due macrotemi in particolare: l’onore e le azioni virtuose in quanto hanno una capacità emotiva sulla
gente rilevante. Allo stesso tempo per chiamare l’attenzione del pubblico è importante la pluralità dei temi, quindi
commedie che a volte trattano di storia nazionale, a volte di leggende, altre di mitologia e altre ancora ad esempio della
vita dei santi
- lo schema dei personaggi è piuttosto standardizzato e prevede 6 personaggi:
1) La Dama (nobile, bella, fedele al galan, audace)→ la mujer esquiva, la mujer varonil e la bandolera
2) Il Galan (anche lui nobile e bello, generoso e leale)
3) Il Poderoso (solitamente superbo e violento)
4) Il Viejo (prudente, saggio e valoroso)
5) Il Gracioso (comico)
6) La Criada (compagna del gracioso con analoghe caratteristiche)

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Solitamente si distinguono due cicli della Comedia Nueva:
• il primo ciclo è quello di Lope de Vega ed è più spontaneo e libero, appartengono a questo ciclo Lope de Vega, Mira de Amescua, Velez
de Guevara, Tirso de Molina,
• il secondo ciclo è quello di Calderon ed è caratterizzato da una tendenza al perfezionamento, appartengono a questo ciclo Calderon,
Rojas Zorrilla, Moreto, Solis e Bances Candamo.
LOPE DE VEGA (1562-1635)
Lope de Vega è stato uno dei più importanti scrittori, poeti e drammaturghi spagnoli infatti la sua produzione letteraria e teatrale
conobbe un successo impressionante, si parla di circa 2000 commedie che ci sono pervenute.
Viene considerato il fondatore del teatro del Siglo de Oro, inteso come assemblatore, fissatore di formule teatrali (vd. El arte
nuevo de hacer comedias).
La sua esperienza con le donne è inscindibile dalla sua produzione: tutte le donne della sua esistenza hanno infatti ispirato la sua
produzione, in particolare abbiamo ricordato Elena Osorio e Juana, donne che lo hanno tradito e che hanno lasciato una certa
impronta in lui.
Nelle sue opere sono presenti tutte le tipologie di donne nei confronti delle quali lui assume due posizioni: in alcune opere sembra
essere vicino alle donne e prendere a cuore la loro situazione, in altre sembra voglia dimostrare come queste siano pericolose se
vengono istruite.

Fra le opere principali:


La Dama boba (1613)→ La commedia è ambientata nel 1500 e parla di due sorelle, Finea e Nise, in cerca di marito che sono vittime
del machismo imperiale del regno. Nei confronti di questo una di loro decide di scrivere per esprimere il suo odio, mentre l’altra
si finge sciocca. Le due sorelle nell’opera rappresentano la difficoltà della donna a riconoscersi e ad essere riconosciuta come
essere umano. Entrambe sono capaci di prendere decisioni e architettare strategie per raggiungere i propri scopi; ciò che è
importante è che entrambe scelgono il cammino per la propria felicità a partire dalla loro libertà e dalla loro coscienza (anche se
Finea si sposa con un uomo cinico che ha come unico obiettivo la sua dote e invece Nise, avendo perso le speranze di ritrovare il
suo amato, si sposa con il primo pretendente che gli capita).
Fuenteovejuna (1619) → La commedia è ambientata nella seconda metà del 1400 nella cittadina di Fuenteovejuna, oggi Fuente
Obejuna, nella provincia di Córdoba. Un commendatore pretende lo ius primae noctis (diritto pretese di un signore di sostituirsi
al marito per la prima notte di nozze) dagli abitanti del paese, e di fronte al loro rifiuto fa rapire i giovani Laurenzia e Frondoso, il
giorno delle loro nozze, per poter approfittare di lei e punire lui dell'affronto. Laurenzia tuttavia scappa dalla rocca dove era
rinchiusa e con un appassionato discorso induce alla rivolta il popolo che, tutto assieme, espugna il palazzo di Férnan Gómez e lo
uccide, infilzando la sua testa su una picca. Quando un giudice cercherà di trovare il colpevole, tutti gli abitanti dichiarano che
l'uccisore è "Fuente Ovejuna" e il re, non potendo individuare il colpevole e messo al corrente degli abusi di Fernán Gómez,
assolve tutto il popolo.
El castigo sin venganza (1631)→ E’ una tragedia nella quale si parla dell’amore fra il Conde Federico con Casandra, la giovane
sposa di suo padre, il Duque de Ferrara e della reazione di quest’ultimo alla scoperta dell’adulterio. Il tema principale è l’honor,
che si manifesta nel castigo che il Duca impone agli amanti occultando la causa reale (il suo disonore) sotto una falsa causa politica.
L’argomento è ispirato in un fatto realmente accaduto in Italia.

“LA VENGADORA DE LAS MUJERES”


L’opera viene collocata tra il 1615 e il 1620, negli anni di maturità dell’autore.
Il tema protagonista dell’opera è l’intelligenza, che rappresentava un grave problema per l’epoca in quanto tramite la conoscenza
si va a creare una capacità critica di ribellione.
1° atto Si apre con il dialogo tra Laura e suo fratello Arnaldo in seguito all’ennesimo rifiuto della ragazza di sposare il
Principe di Transilvania, ennesimo pretendente.
Nel tentativo di persuaderla Arnaldo non riesce a convincerla in quanto Laura, grazie alla sua istruzione, è arrivata alla conclusione
che odia tutti gli uomini, tutto il genere maschile per cui non ha nessuna intenzione di sposarsi. Si definisce vengadora de las
mujeres, proponendosi di creare un’accademia in cui istruire le donne ad odiare gli uomini e vendicarsi così delle ingiustizie subite.
I due primi pretendenti, il Duca Alejando e il Principe Augusto non vengono presi nemmeno in considerazione mentre il terzo con
il suo insistente corteggiamento riesce a diventare suo segretario.
2° atto Si apre con il dialogo tra due allieve di Laura riguardo Lisardo che non è di certo passato inosservato soprattutto
da una delle due, Diana. Il duca Alejandro nota la vicinanza fra i due e decide di farsi aiutare proprio da Lisardo facendogli
consegnare a Laura un nastro per capelli capace di fare un incantesimo.
Questa verrà testata su Julio, servo di Laura, che si innamora perdutamente del duca.
Intanto Arnaldo convince Laura a sposarsi ma lei lo farà solamente con colui che eccellerà sia con la spada e quindi in un duello,
che con la piuma e quindi nella scrittura di un libro.
In realtà si tratterà di una farsa che Laura attuerà per far perdere tempo e distrarre il fratello.
3° atto Il torneo è già concluso, il vincitore è un misterioso cavaliere, Laura travestita da uomo. Alla fine Laura ammette
di essersi innamorata del suo sfidante Lisardo, e si sposeranno.

PERSONAGGIO DI LAURA
Singolare come figura di donna se si paragona al siglo de oro in quanto ci viene presentata un’idea di donna colta che mostra un
atteggiamento nuovo nei confronti degli uomini, quella della mujer esquiva: che non è sottomessa, non ascolta, rifiuta le regole,
gli uomini, l’amore e il matrimonio perché in lei è più forte la voglia di intraprendenza. È attraverso la conoscenza e l’istruzione
che Laura è arrivata ad essere così, in questo senso l’istruzione è un pericolo per la donna.

Saggio “Lope de Vega y la educacion de la mujer”


Il tema dell’educazione femminile è stato centrale nella polemica sul ruolo della donna, in questo saggio si parla della posizione
che Lope de Vega assume all’interno di questo dibattito.
Per alcuni l’attitudine di Lope era negativa e reazionaria mentre per altri era positiva e avanzata, per cui la sua posizione non è
totalmente chiara. Analizzando però le sue opere vediamo che in molti dei suoi scritti Lope elogia le donne e le eroine dotte, fra
cui anche Santa Teresa e Maria de Zayas.
Un esempio è la Vengadora de las mujeres, opera in cui Lope de Vega non critica le donne ma una caratteristica precisa di Laura,
il suo essere inizialmente ostile al matrimonio e all’amore, il suo essere una mujer esquiva, in quanto secondo lui l’amore è il fine
di tutte le donne, anche di quelle più intraprendenti.
Un altro esempio è quello di Rosaura in El alcalde mayor in cui lei è descritta come una studiosa così brava da diventare appunto
sindaco ma che rinuncia ai compiti di essere moglie e madre.
Dalle sue commedie si capisce anche che Lope crede che le donne siano anche capaci di competere con il genere maschile.
MIGUEL DE CERVANTES (1547-1616)
È stato uno scrittore, romanziere e drammaturgo spagnolo la cui vita è riflessa in molte delle sue opere: esilio, carcere, battaglie,
ecc., tutte esperienze importanti che hanno influenzato la sua produzione.
È importante anche il fatto che ha vissuto quasi sempre con personaggi femminili (moglie, figlia, zia) e questo nelle opere si riversa
quando ci parla dell’universo femminile con grande attenzione e sensibilità. Riguardo questo tema infatti possiamo dire che le
sue figure femminili fanno da tramite tra la donna passiva e quella attiva.

“NOVELAS EJEMPLARES”
Conduce una vita di ristrettezza economica, che cambia con l’uscita prima del Don Quijote (1605 prima parte-1615 seconda parte)
e poi delle Novelas Ejemplares nel 1613. Le novelle esemplari sono uno dei prodotti della maturità di Cervantes, nel senso che
escono quando lui ha 63 anni anche se la critica pensa che siano state composte negli anni precedenti in maniera graduale anche
perché alla fine del 1600 viene trovato un codice in cui sono presenti 3 sue novelle. In generale sulla datazione la critica non ha
trovato molti riferimenti storici per prendere una posizione fissa.
Si tratta di 12 novelle di breve estensione (da 30 a 60 pagine), questo numero 12 è un numero importante che ritorna, 12 gli
apostoli, 12 i segni zodiacali, ecc., per alcuni critici è proprio questo numero a dare unità alle varie novelle.
Cosa sono queste novelle? Non sono racconti perché non sono brevi come questi, sono piuttosto dei brevi romanzi all’interno dei
quali si trattano principalmente il tema dell’amore e quello dell’onore.
Con questa opera Cervantes introduce per la prima volta in Spagna il termine di origine italiana “novella”, sembra perché in quegli anni si leggeva
il Decameron di Boccaccio in Spagna e la gente aveva familiarizzato con tale genere.
Il richiamo principale era proprio il titolo: ‘novelas’ perché novelle erano quelle di Boccaccio e ‘ejemplares’, termine con cui Cervantes scatena
la curiosità del pubblico in quanto il Decameron era piuttosto provocatorio e di carattere sensuale per cui l’aggettivo scelto dal nostro autore
risultava ovviamente strano. È proprio questo termine a presentare un’unità di fondo che non è il contenuto ma che risiede nel fatto che ognuna
delle narrazioni vuole offrire al lettore un insegnamento morale. Oltre a questo l’intento di Cervantes è quello di intrattenere il pubblico, ma
senza eccedere, senza allontanarsi dalla realtà (ce lo spiega nel prologo). Attraverso il titolo Cervantes vuole indirizzare il pubblico a una certa
lettura, le sue novelas hanno anche un contenuto serio e alto.
Cervantes è orgoglioso di questa raccolta, proprio perché è il primo autore spagnolo ad aver composto delle novelle sullo stile boccacciano.

La gitanilla
La protagonista femminile si chiama Preciosa, è la storia di questa ragazza rapita da neonata ed allevata dai gitani come una
zingarella anche se le sue origini erano nobili. Proprio per questo si distingueva sempre dalla massa, motivo per cui un giorno un
cavaliere di nome Don Juan si innamora di lei. Preciosa lo rifiuta rispondendogli a tono e proponendoli un accordo a cui è lei a
porre le condizioni: lui deve fingersi gitano per 2 anni e poi avrebbero deciso se sposarsi o meno.
Attraverso questa possibilità di scelta che Cervantes dà a Preciosa, le conferisce lati intraprendenti, in questo senso possiamo dire
che l’autore appare come anti-convenzionale per la letteratura dell’epoca pur però rimanendo fedele alla tradizione, al tema del
matrimonio, a quello dell’onore e al rispetto per le gerarchie della società.
TIRSO DE MOLINA (1579-1648)
Tirso de Molina fu un poeta e un drammaturgo spagnolo appartenente al I ciclo della Comedia Nueva.
È un uomo di chiesa fin dalla sua giovane età, prende infatti i voti molto presto e appartiene al orden de la merced.
Scrive numerose opere, ma a noi ne sono pervenute solamente 70 tutte scritte tra il 1624 e il 1633.
Fu un seguace di Lope de Vega, per cui anche lui si propose come difensore della commedia nuova ma con delle differenze, gli
aspetti principali che lo contraddistinguono sono tre:
1. Tirso scrive drammi storici legati a fatti reali presenti o passati mentre Lope de Vega scrive i suoi drammi traendo le
vicende dalle raccolte di romances, per cui Tirso è più fedele alla storia;
2. Tirso basa le sue commedie sulla comicità;
3. A differenza di Lope de Vega, caratterizza molto di più i personaggi, soprattutto quelli femminili.
Il ruolo della donna nelle sue commedia è centrale, Tirso mostra un forte rispetto verso il loro abito e si mostra molto
attento a sensibile verso questo genere (non è maschilista come Lope), pur non conoscendolo in prima persona. In
generale le sue sono esempi di mujer varonil, quindi di donne forti che decidono e che detengono il potere. Secondo Tirso
entrambi i generi possiedono le stesse virtù.

Fra le opere da ricordare che abbiamo citato:


La prudencia en la mujer (1635) → per la caratterizzazione del personaggio di dona Maria, riconosciuto come quello più riuscito
in tutto il teatro del 600, che rappresenta la donna che detiene tutto il potere
Marta la piadosa → perchè costituisce l’esempio della tecnica progressiva di Tirso secondo cui l’opera teatrale è basata su
sequenze causa-effetto durante le quali il ritmo avanza in accelerazione continua per cui l’attenzione del pubblico è sempre più
attiva. La storia è quella di Marta che inganna attraverso il travestimento da devota con lo scopo di arrivare al matrimonio con
Luis.
Don Gil de las calzas verdes→ in cui si ritrae il personaggio di Juana, una donna energica, una mujer varonil che si traveste da
uomo. Il suo compito è quello di recuperare il proprio innamorato nel senso di portare sulla retta via l’amato, di migliorarlo,
salvarlo dal suo comportamento negativo.

“EL BURLADOR DE SEVILLA”


Si tratta dell’opera con cui Tirso de Molina ha raggiunto la fama universale, è un’opera teatrale del 1630 ed è la prima opere che
dà l’avvio al mito del Don Juan. Il mito del Don Giovanni è stato oggetto di diverse versioni nel corso dei secoli che non riguardano
solo la letteratura spagnola ma anche quella oltre i confini spagnoli.
A questo proposito abbiamo citato:
• Antonio de Zamora che nel 700 riscrive l’opera di Tirso
• Jose de Zorilla che invece riscrive il testo del don Juan riadattandolo completamente alle attese di un pubblico romantico, e
quindi inserendo un finale in cui il burlador si pente e si innamora.
All’origine del mito del Burlador ci sono 3 diverse versioni:
1) El burlador de Sevilla y convidado de piedra, il titolo dell’opera a noi pervenuto
2) Tan largo me lo fiais, il titolo di una seconda versione
3) El burlador de Sevilla atribuido, un testo completamente diverso modificato dalla compagnia teatrale Roque de Figueroa
La critica si è divisa in due versanti:
- Una parte che crede nell’esistenza di un Burlador del 1612 che ha portato a due versioni diverse, una quella che noi
conosciamo e l’altra è Tan largo me lo fiais (versione più accreditata)
- Un’altra parte che dà più importanza alla versione attribuito a Tirso del Burlador de Sevilla.
Il problema delle versioni e dell’origine di un testo è causato dalla mancanza dei diritti d’autore, dalle copie che non venivano
tenute dagli autori e dalle compagnie che le rielaboravano, per cui alla fine venivano fuori tante versioni diverse (questo è il
problema testuale di questa opera).

È la storia di questo cavaliere che con la sua presenza e il suo ingegno inganna diverse dame dando loro la propria parola. Si narra
nello specifico della sua fuga da Napoli e del suo viaggio a Siviglia, in seguito a cui il padre di un ingannata deciderà di vendicarsi
uscendo dalla tomba per portarlo con sé.

Trama.
1° atto→Le avventure di Don Juan cominciano nel palazzo di Napoli, dove il nostro personaggio era stato mandato dal padre come
una sorta di punizione dopo una prima burla non precisata per sfuggire alle conseguenze.
Don Juan è in compagnia di Catalinon, la sua controfigura, il servo che rappresenta la figura del Gracioso, ha la caratteristica di
essere codardo perchè ha paura di tutto ed è la figura che veicola la comicità e che ha lo scopo di alleviare il pathos.
A Napoli don Juan si burla della Duchessa Isabela che è corteggiata al Duca Octavio al quale non si concede perché non c’era la
promessa. Viene burlata da don Juan e nel suo cedimento sembra esserci una sorta di ribellione al passaggio alla sfera
matrimoniale. Isabela tace quando viene disonorata e questo è tipico dei nobili del tempo: non si parla apertamente del proprio
disonore, lo si fa solo dinanzi il cospetto del re.
In seguito a questa burla, Don Juan scappa con l’aiuto di Don Pedro, suo zio e ambasciatore di Spagna alla corte di Napoli. Sul
cammino verso la Spagna, in seguito a un naufragio arriva a Tarragona dove conosce la pescatrice Tisbea, che vive in un capanna,
che simboleggia la sua verginità; è una mujer esquiva dotata di una forte autostima (infatti inizia il suo monologo con “yo”) che
non crede nell’amore e che detesta il sesso maschile; offre aiuto ed accoglienza a don Juan che si approfitterò di questo per
burlarsi di lei. Anche lei cederà al suo corteggiamento, ma secondo la critica lo farà più per una possibile scalata sociale che per
innamoramento. Durante la seduzione Don Juan non le rivela la sua identità ma sa ugualmente chi è perché gli viene riferito da
Catalinon quando il nobile era svenuto dopo il naufragio. Quando Tisbea si rende conto di essere burlata cade in una profonda
tristezza, dice di avere l’anima che brucia (tema del fuoco), e promette di vendicarsi e di recarsi dal re.
2° atto→E’ alla corte di Re Alfonso XI che comincia il secondo atto, il re vuole riparare il danno fatto da Don Juan a Napoli facendolo
sposare con la Duchessa. Durante la sua permanenza qui, parlando con il marchese de la Mota, sente parlare di sua cugina dona
Ana de Ulloa e decide di ripetere con lei l’inganno di Napoli fingendosi in questo caso il marchese. Ana è innamorata del cugino
ma dovendo sottostare alle decisioni di chi detiene il suo onore non può sposarlo. Decide di sfidare apertamente la situazione
scrivendo un biglietto in cui dichiara il suo amore per il cugino e dandogli un appuntamento. Affiderà tale biglietto a Don Juan che
lo legge e decide di approfittarsene. Quando all’appuntamento si recherà don Juan con il mantello del marchese Ana se ne
accorgerà e inizierà a gridare. Il padre accorrerà in suo aiuto e deciderà di vendicare la figlia ma muore nel duello contro Don Juan.
Ella è l’unica di cui non sappiamo se don Juan abbia infine goduto, non abbiamo la certezza che sia stata violata, ma sicuramente
sedotta e burlata.
3° atto→Il terzo atto si apre con Don Juan in fuga che arriva nel paese di Dos hermanas dove si sta per celebrare il matrimonio fra
Batricio e Aminta. È proprio Aminta la sua prossima vittima: Don Juan si siede al posto del promesso sposo di Aminta presso il
banchetto nuziale e le dice che in realtà è lui il suo promesso sposo, Aminta in un primo momento lo rifiuta, allora don Juan decide
di ingannare Batricio e il padre della giovane dicendo loro di aver sedotto Aminta. Così facendo Batricio rinuncia al matrimonio e
il padre sembra convincersi che sarà il nobile don Juan lo sposo della figlia. A questo punto Aminta molto ingenuamente cade nella
trappola e cede a don Juan.
Proseguendo il viaggio verso Siviglia, in un cimitero vedrà la statua di Don Gonzalo de Ulloa, e inizierà a burlarsi pure di questa
invitandola a cenare con lui. La statua risponderà accettando l’invito, quando Don Juan si presenta alla cena la statua lo prende
per mano e lo conduce all’inferno. Per quanto riguarda l’episodio della statua, Tirso prende spunto da una leggenda popolare
spagnola che racconta di un giovane che sbeffeggia la statua di un defunto illustre in un cimitero prendendo questa statua per la
barba, motivo per cui il morto si vendicherà del giovane e verrà punito dalla legge divina.

Struttura.
Da un punto di vista tematico l’opera si struttura in due tempi:
-le 4 burle di don Juan architettate secondo una struttura ben precisa, una modalità 2 a 2, che vede ingannate due nobili e
due plebee e che sono articolate in due fasi: inganno e fuga;
-e l’episodio della cena e del castigo, grazie al quale capiamo come l’opera ha una funzione moraleggiante: il peccatore
ostinato deve pentirsi il prima possibile perché la giustizia divina è fulminante, non si devono ignorare i consigli e gli avvisi
come Don Juan. Allo stesso tempo l’obiettivo di Tirso è quello di mostrare una critica della società dell’epoca, denunciare
l’omertà che copre i peccati compiuti dai nobili nei confronti delle giovani donne.

I personaggi.
I personaggi non sono stereotipati e sono descritti più psicologicamente e caratterialmente.
Per quanto riguarda l’universo femminile, le donne di Tirso non vengono mai descritte fisicamente o identificate per dei tratti
particolari, questo perché essendo un’opera teatrale doveva essere portata in scene da attrici che non sempre potevano avere
delle caratteristiche esatte che corrispondessero a ciò che l’autore avesse scritto. Oltre a questo Tirso credeva anche che la
bellezza della donna non risiedesse nelle caratteristiche fisiche ma piuttosto nell’unione di queste con quelle morali.
Soffermandoci sui personaggi maschili, questi sono le vittime indirette degli inganni di don Juan. Agiscono tutti più o meno al solito
modo senza distinzione di classe: tacciono, non si ribellano e accettano comunque di unirsi in matrimonio con donne violate da
un altro uomo.

La figura di Don Juan


La caratteristica più evidente di questo personaggio sembra essere la sensualità in realtà il suo obiettivo è quello della burla, del
gusto di danneggiare e di macchiare. Questa burla è importante dire che non si rivolge solamente ai personaggi femminili, ma
anche contro quelli maschili (es. Duca Ottavio, Marchese de la Mota, la statua, il re) per cui è ovvio che Don Juan pecca anche
contro la società e la legge. Infatti è un anti-caballero, un anti-noble nella misura in cui in questo personaggio si invertono nel
senso opposto le virtù della caballería: al posto di proteggere i deboli quali donne, anziani, abusa di loro, al posto di sostenere la
verità e l’onore, tradisce questi valori.
MIRA DE AMESCUA (1574-1644)
Antonio Mira de Amescua è un poeta e drammaturgo spagnolo che come anni si trova vicino a Lope de Vega ma che come produzione
posizioniamo tra Calderón de la Barca e Lope de Vega.
La sua produzione oltre ad essere cospicua, è anche molto variegata: si parla di commedie i cui temi sono storici e anche amorosi ma
anche di auto sacramental e quindi ti temi religiosi. In questo senso si percepisce la doppia anima di Amescua: da una parte quella di
poeta cortigiano più profana e dall’altra quella di sacerdote ovviamente religiosa.
Per quanto riguarda l’universo femminile, inizialmente la critica ha fatto prevalere l’idea che l’autore fosse un autore misogino che
ripudiava le donne, poi ci si è resi conto che Mira de Amescua non offriva solamente figure femminili connotate negativamente bensì
anche donne fiere, indipendenti che apprezza e non denigra assolutamente.
Abbiamo visto diversi esempi di donne attraverso alcune sue opere:
No hay burlas con las mujeres → è la storia di Arminda che riceve ingiustamente un ceffone da un certo don Lope e per questo decide
di vendicarsi con l’uccisione. Si tratta di una vendetta spropositata, esagerata che serve all’autore per muovere una critica verso il ruolo
passivo della donna a cui la società la relega e anche per criticare la prassi della vendetta personale.
Amor, ingenio y mujer → è un’opera che vuole soppiantare la ley salica. È ambientata in Sicilia e vede come protagonista della commedia
Matilda, una mujer varonil che viene allevata come se fosse un maschio e che per questo si cala così tanto nell’identità maschile da
arrivare a corteggiare una donna. Durante il corteggiamento si innamora del fidanzato di questa e la situazione che si viene a creare viene
riparata con il matrimonio.
La figura di Matilda è connotata in maniera ambigua: si presenta come donna al suo amato e come un uomo alla corte, perché il suo
scopo è quello di salire al trono per poter cambiare le legge salica.
La casa del Tahur → abbiamo citato questa commedia per trattare una figura femminile forte che non appare mai nel teatro del siglo de
oro, quella della madre vedova. In questa commedia, al contrario della prassi, la madre non sceglie un pretendente per la figlia ma la
istruisce su come dovrebbe essere il suo futuro marito e su come lei dovrebbe fare.

“CUATRO MILAGROS DE AMOR”


La commedia appartiene a Capa y Espada, il più ampio gruppo di commedie, commedie ricche di intrighi, inganni, complicazioni e tutti
quelli che sono gli stereotipi della Comedia Nueva di Lope.
Manca una data certa a questa opera ma gli studiosi la collocano fra 1629 e 1631.
La base tematica di questa commedia è il rifiuto delle due fanciulle, Lucrecia e Dona Ana, di 4 pretendenti perchè ognuno ha un difetto,
quindi siamo di fronte a un’opera che genera comicità.

Trama.
Lucrecia, dama madrileña, nobile e bella, è innamorata di Don Sancho, un cavaliere che conosce durante una passeggiata; tuttavia, a egli
riconosce un difetto, quello della codardia, e per questo decide di lasciar perdere. Lucrecia vive con suo zio Alberto, il quale vuole farla
sposare proprio con Don Sancho perchè che ha stretto un patto con il padre di Don Sancho. Alberto incarica Doña Ana, amica di Lucrecia
di convincerla affinchè quest’ultima sposi Don Sancho. Con il passare del tempo, Lucrecia conosce un altro cavaliere del quale si è
invaghita, il Capitán Alvarado, di ritorno dall’India, che però ha un altro grande difetto, è avaro.
Doña Ana è una donna ricca e di classe sociale elevata ma è brutta. Anche lei ha due galanes che le ruotano attorno che a sua volta
disprezza per i loro difetti: uno, Don Juan, è trasandato, non si cura e si veste male, mentre l’altro, Don Fernando, è presuntuoso e
artificioso nel modo di parlare. A questo punto le due amiche insoddisfatte dei loro pretendenti, per disfarsi di loro ricorrono a una serie
di cambi d’identità e di travestimenti grazie ai quali riescono a disorientare i cavalieri. Tutto ciò non basta per disfarsi di loro, tanto è che
i pretendenti decidono di andare a suonare sotto le loro finestre. Lucrezia e Ana chiedono così al primo cavaliere che passi sotto casa, di
impedire a chiunque di suonare qualsiasi strumento musicale. Casualmente, il primo cavaliere che passa da lì è proprio Don Sancho, il
quale non si fa riconoscere, indossa abiti nuovi e non è nemmeno più codardo.
Lucrecia si innamora così di lui ed affinchè possa riconoscerlo gli regala una fascia colorata. Accade però che tutti gli innamorati si
presentino dinanzi Lucrecia con fasce uguali e senza più i loro difetti. A questo punto la decisione finale è in mano a Lucrecia, che decide
di non sposare nessuno fino al momento in cui Don Sancho rivelerà la propria identità e quindi la protagonista accetta di sposarlo.

Saggio “La Falsa apariencia de Lucrecia en Cuatro Milagros de Amor”


In questa dispensa l’autore vuole comprovare se Lucrecia sia libera o meno di scegliere il proprio marito. Prima di entrare nel merito
della questione, si premette che la donna di questo periodo era generalmente una donna isolata, che non poteva partecipare alla vita
pubblica e che si occupava solo della vita domestica. Paradossalmente il matrimonio rappresentava per lei una sorta di liberazione, lo
vedeva come l’ingresso nell’età adulta, una sorta di emancipazione dall’autorità paterna. La libertà della donna era veramente limitata,
questo perchè dall’uomo come un essere pericoloso che poteva esercitare il potere sopra di lui; in conseguenza a ciò, le donne devono
essere dominate dall’uomo per evitare che siano esse a dominarlo. Poco a poco, la donna inizia ad avere più libertà anche nell’ambito
sociale, iniziano ad assistere a feste, o alla corrida de toros, chiaramente la letteratura non poteva non parlare di questo piccolo trionfo
delle donne sugli uomini.
In questo contesto la commedia del Siglo de Oro rifletteva la necessità delle donne di entrare a far parte della scena, mostrava in un
certo senso il trionfo delle donne sugli uomini ma non rifletteva del tutto la realtà, esagerava le situazioni.
Nello specifico in Cuatro milagros de amor, Lucrecia dice chiaramente di essere libera di scegliere ma tutti sappiamo che il suo matrimonio
con Don Sancho è l’unica cosa logica, oltre ad essere frutto di un patto che lo zio Alberto aveva già fatto con il padre di Don Sancho.
CALDERON DE LA BARCA (1600-1681)
Calderon de la Barca è considerato insieme a Lope de Vega, il più importante drammaturgo del Seicento spagnolo, ed anche
l’ultima grande voce del Siglo de Oro.
La sua produzione è ampia e multiforme, esplora infatti tutti i generi in voga all’epoca, ma è uno dei massimi autori in particolare
di autos sacramentales.
Il suo teatro viene diviso in due momenti dalla critica:
- la prima fase occupa lo spazio compreso tra l’inizio del 600 fino alla chiusura dei teatri (1645-1649), in questa prima fase
ritroviamo le opere di tematica profana;
- la seconda fase occupa le tre decadi posteriori ed è il momento in cui aumentano le rappresentazioni teatrali di tipo religioso,
infatti Calderon aveva nel frattempo preso i voti. Questa è la fase in cui le rappresentazioni diventano deli veri e propri
spettacoli globali con scenografie architettoniche e apporti musicali.
L’obiettivo dellacommedia di Calderón è quello di educare e istruire il pubblico, quindi si distacca dalla funzione del teatro
d’intrattenimento di Lope. A questo scopo elimina tutto ciò che gli appare superfluo per inserire la componente filosofica.
Il linguaggio è di tipo erudito e meno popolare, quindi parliamo di un linguaggio più ricercato usato anche dai protagonisti stessi
attraverso i monologhi, altra componente importante che inserisce per mostrare al suo pubblico l’anima del personaggio.
Per quanto riguarda la tematica i drammi di Calderón rappresentano la vetta del tema d’onore, la volontà dell’autore era quasi
causare uno shock nel pubblico in modo da colpire le coscienze e criticare gli aspetti della società.

“EL MEDICO DE SU HONRA”


Si tratta di un’opera drammatica databile intorno al 1637 per cui si inquadra all’interno della corrente barocca.
I temi sono l’onore e la gelosia e l’opera si articola in 3 atti:
1° atto → L’opera comincia quando Don Enrique, in cammino verso Siviglia con suo fratello Re Don Pedro e altri nobili, cade da
cavallo e perde conoscenza. Viene portato in una casa che avevano visto lungo il tragitto, quella di Gutierre e dona Mencìa, la
donna che Don Enrique aveva sempre amato ma che non aveva mai potuto sposare in quanto già promessa a Gutierre. Non appena
riprende i sensi scopre che la fanciulla si era sposata e quindi mosso dalla gelosia e dalla delusione decide di tornare a Siviglia
accompagnato proprio da Gutierre.
Mencia sospetta che il marito sia ancora innamorato di una certa Leonor e si preoccupa per la sua reputazione e il suo onore, i
suoi sospetti si riveleranno in un certo senso fondati visto che Leonor chiede giustizia al re contro Don Gutierre per aver rotto la
promessa di matrimonio. Il re chiede spiegazioni a Don Gutierre e lui confessa di averla abbandonato in quanto venuto a
conoscenza del fatto che un altro uomo entrò in casa sua, non era stata violata come persona ma era stato violato il suo spazio. Si
scopre che quest’uomo era Don Arias, amico e confidente di Don Enrique, il quale dichiarerà di essere entrato in quella casa per
un’altra donna che poi è morta di malattia.
A questo punto Don Arias e Don Gutierre si sfideranno in un duello e il Re li incarcererà.
2° atto→ Don Enrique decide di approfittare del fatto che Don Gutierre è in carcere e va a corteggiare Mencia. Nel mentre arriva
Don Gutierre, fuggito dal carcere e Mencia nasconde Don Enrique e per farlo uscire di casa finge di aver visto un ladro nella sua
casa. Don Gutierre si insospettisce perché trova il pugnale di Don Enrique e decide non di chiedere giustizia ma di fare giustizia.
3° atto→ E qui comincia l’atto finale. Don Gutierre crede che l’unica soluzione per mantenere la sua reputazione sia uccidere la
moglie e fingere che sia accaduto per un incidente. La soluzione per compiere questo omicidio è il medico chirurgo Ludovico a cui
allude il titolo dell’opera. Questo compie un salasso, ovvero preleva il sangue con le sanguisughe aiutandosi con delle bande, una
volta che verranno tolte le bende da Don Gutierre, la moglie non può che morire dissanguata. In che senso quindi medico de su
honra? Attraverso un inganno medico riuscirà a lavare con il sangue il suo proprio disonore, disonore che in realtà è presunto
perché Mencìa non lo aveva tradito.
Il re accetterà, riconoscerà il fatto e darà a Don Gutierre la mano di Leonor, mostrandosi quindi un re ingiusto.

Saggio “La victimacion de la mujer”


La domanda che O’Connor si pone in questo saggio è: Calderon ha approvato la morte di Mencia richiesta dal codice dell’onore?
Per rispondere a questa questione, innanzitutto c’è da dire che la la situazione, il contesto e i personaggi dell’opera sono tutti
elementi che si trovano al limite nel senso che il dramma non riflette del tutto e in modo adeguato la vita spagnolo del XVII secolo.
Il tema dell’onore, argomento su cui ruota l’intera trama, è secondo Calderon separato dalla virtù per legarsi sempre più alla
reputazione pubblica che i personaggi sono disposti a salvaguardare ad ogni costo compreso quello di uccidere.
Con quest’opera Calderon vuole criticare questa degenerazione del codice dell’onore che è arrivato a richiedere l’omicidio di
donne innocenti e della loro vittimizzazione per mano maschile.
MARIA DE ZAYAS Y SOTOMAYOR
Maria de Zayas è la scrittrice più famosa del suo tempo, sappiamo che ha vissuto nella prima metà del 600 ma non sappiamo con
certezza né la data di nascita né quella di fine.
Quella di Maria de Zayas è una grande personalità femminile che si staglia sul panorama letterario spagnolo del 600, come unica
esperienza di scrittrice donna e libera. L’unica letterata del tempo è Juan Inez de la Cruz, che però è una donna di convento, quindi
con un tipo di letteratura differente.
Maria de Zayas costituisce un esempio raro perché alla donna del 600 era impedito l’accesso alla lettura, alla cultura perché si
pensava che attraverso lo studio avrebbe potuto minare il dominio maschile, quindi in questo panorama lei esce dagli schemi,
costituisce un’eccezione. Le sue opere sono molto apprezzate dal pubblico lettore, questo fino al 700 quando le sue opere
verranno censurate perché considerate troppo licenziose, da questo momento la sua opera cadrà nella dimenticanza e Maria de
Zayas verrà solo criticata.
La sua maggiore fama si lega alla narrativa, in particolare alle Novelas amorosas y ejemplares (1637) che prima si chiamavano
Honesto y entretenido sarao, e ai Desenganos amorosos (1647) che prima si chiamavano Parte segunda del sarao.

“NOVELAS AMOROSAS Y EJEMPLARES”


Nonostante appaia nel titolo del suo primo libro, l’autrice rifiuta la parola novela seppur in Spagna ormai il pubblico avesse già
familiarizzato con tale genere grazie al Decameron di Boccaccio, ma preferisce definire i suoi componimenti con il nome di
maravillas, in quanto il suo obiettivo è esattamente quello di meravigliare ed ottenere così l’ammirazione del pubblico. Allo stesso
tempo vuole denunciare le limitazioni e le restrizioni a cui sono sottoposte le donne nella società del 1600 mettendo in guardia le
donne dagli uomini.
Del modello boccacciano vengono adottati la cornice, la scansione giornaliera e l’alternarsi di narratrici e narratori; infatti, si tratta
di dieci racconti di dame e cavalieri a proposito delle loro vicende amorose, narrati dai protagonisti stessi in 5 notti differenti a 2
a 2, durante un entretenido recreo, con il semplice scopo di ravvivare le serate natalizie di Lisis, la padrona di casa sofferente.
I temi che vengono trattati sono quelli dell’onore e del desengano (sentimento del tempo di insicurezza e incertezza della societa
legato a questa disillusione di essere stati sbattuti contro una realtà brutta ovvero che la Spagna non era più quella potenza che
avevano fatto credere, Maria de Zayas lo usa per richiamare questo sentimento).

Saggio “Las heroinas de las Novelas amorosas y ejemplares”


Il saggio in questione riguarda le protagoniste, le eroine dei racconti di Maria de Zayas. Queste sono donne con un temperamento
forte, deciso, che lottano per recuperare il loro onore e il loro amore, che manifestano le loro inquietudini e i loro desideri, che
ricorrono anche al travestimento pur di compiere un atto di vera libertà individuale; è il caso delle novelle “La Burlada Aminta” e
“El juez de su causa”.
Al contrario la raccolta dei Desenganos amorosos presenta una galleria di donne sottomesse ai convenzionalismi dell’epoca e con
una certa carica erotica esplicita, donne che cedono dinanzi all’impulso amoroso non tanto per attrazione sessuale quanto invece
per compiere un atto di vera libertà individuale; è il caso della novelle “El prevenido enganado”.

PROLOGO “AL QUE LEYERE”


Maria de Zayas scrive questo prologo perché è consapevole del fatto che in molti possono stupirsi e prendere per folla la sua
audacia di scrivere.
Il punto di partenza del prologo è il fatto che secondo l’autrice le donne e gli uomini sono composti dallo stesso sangue, dagli stessi
organi e dagli stessi sensi per cui la differenza di cui tutti parlano non sta nella mancanza di intelligenza delle donne bensì sta nella
crudeltà con cui gli uomini tengono rinchiuse le donne senza concederli un’educazione.
SEGUNDA NOVELA. LA BURLADA AMINTA
La novella racconta la storia di Don Pedro, un nobiluomo sposato e con un figlio andato a servire Re Filippo II nella campagna d’Italia
contro il Duca di Savoia. Don Pedro aveva una nipote, Aminta, la quale le era stata affidata alla morte di suo fratello.
Aminta era invidiata da tutte le donne e desiderata da tutti gli uomini che però sapevano che era inutile corteggiarla perché tanto era
promessa sposa del cugino.
Un giorno per caso arriva a Segovia Don Jacinto con a seguito una donna, Flora, che era la sua amante ma che faceva passare per sua
sorella; alla sola vista il nobiluomo si innamora però di Aminta. Essendo il suo un desiderio impossibile inizia a soffrire per amore tanto
da ammalarsi, così Flora decide di indagare, scopre la causa di tanto dolore e decide di aiutarlo facendolo ricorrere all’inganno.
Il piano di Flora consiste nel far regalare ad Aminta gioielli da parte di Don Jacinto e nel frattempo di diventare sua amica. Da quel
momento Don Jacinto comincia a camminare notte e giorno davanti casa di Aminta finchè non viene notato da Dona Elena, vicina di casa
di Aminta. Don Jacinto coglie al volo l’occasione per far recapitare attraverso Elena un anello e una lettera ad Aminta.
Il giorno seguente Aminta si reca a messa dove le si avvicina Flora, la quale inizia a lodare il fratello. Aminta ammette a questo punto di
essersi innamorata ma di non poterlo sposare in quanto lo zio non avrebbe mai accettato. Flora la convince a fare tutto di nascosto a
casa di Dona Elena. Una volta celebrato il finto matrimonio vogliono partire verso una nuova città.
Parallelamente, accade che lo zio si accorge della sparizione di Aminta, ma anche indagando non riesce a scoprire nulla finchè tutta la
città non verrà a sapere dell’accaduto e la notizia giungerà anche a lui. È il momento di valutare il da farsi, decide di uccidere Dona Elena
in modo che non possa raccontare nulla, e nel frattempo, con la scusa di organizzare la partenza, nasconde Aminta sotto il nome di
“Vittoria” presso Dona Luisa, una nobile signora di sua fiducia fuori città fino al momento in cui non si sarebbe reso pubblico il loro
matrimonio. Vittoria scopre a questo punto attraverso le notizie udite in città l’inganno di Don Jacinto e cade nella tristezza.
A questo punto, Don Martin, figlio di Dona Luisa, che si era nel frattempo innamorato di lei, irrompe nella sua stanza e le giura di punire
per lei quel misfatto e di sposarla successivamente. Aminta accetta ma vuole essere lei a vendicarsi e Martin dovrò solo accompagnarla
e proteggerla.
Aminta si veste così da uomo, Don Martin da servo e insieme lasciano la casa. In men che non si dica trova Jacinto al quale si presenta
come un giovane scappato di casa pronto a servire il suo padrone. Sarà sotto queste nuove vesti che ucciderà la coppia.
Nel frattempo muore le zio e Aminta decide di non far sapere niente di sé al cugino e di vivere tutta la vita con Martin con il nome di
Vittoria.

Il tema cardine di questa novella è l’onore, Aminta non lascia che siano lo zio, il cugino o Don Martin a riscattare il suo onore ma è lei
stessa a cercare vendetta, motivo per cui poi non può tornare a Segovia (non ha i diritti dell’uomo, lei non può riscattare il suo onore, è
semplicemente un’omicida).
Accanto al tema dell’onore c’è il tema del travestimento, che svolge un ruolo importante sin dall’inizio, che non riguarda solamente lo
scambio di abiti ma anche di nomi, di identità.

QUINTA NOVELA. LA FUERZA DEL AMOR


È la storia di Laura, una dama nobile e bella, che vive a Napoli con il padre Don Antonio e i fratelli Don Alessandro e Don Carlo.
Ad una festa incontra Don Diego, i due si innamorano e si sposano. Prima del matrimonio, Don Diego aveva frequentato Nise, un’altra
nobildonna di Napoli, che non riuscendo a rinunciare a lui inizia a perseguitarlo fino a riuscire a rifarlo innamorare di lei.
Don Diego inizia così a odiare Laura tanto da arrivare ad insultarla e picchiarla. Laura scopre il tradimento e decide di affrontare Nise in
chiesa chiedendole di rinunciare a Don Diego senza riuscirsi.
I suoi familiari non possono che accorgersi della sofferenza di Laura, ma dopo aver provato a sfidare Don Diego più volte decidono di
abbandonarla al suo destino e trasferirsi.
Laura decide a questo punto di reagire, si rivolge ad una fattucchiera per avere un filtro d’amore per il marito. Questa le farà una richiesta
un po’ particolare, le dice di procurarsi quale pelo di barba e di capelli e dei denti di un impiccato.
Per procurarsi le reliquie Laura si traveste da cameriera e va nella cappella fuori Napoli in cui si appendevano gli impiccati in
decomposizione.
Don Carlo quella stessa notte si sveglia di soprassalto come se sentisse sua sorella in pericolo, monta a cavallo e si ferma proprio all’altezza
della cappella senza voler proseguire. Vi entra, riconosce la sorella e la porta con sé a casa del padre.
Il mattino seguente tutta la famiglia si reca a Napoli davanti al Vicerè, viene fatto chiamare Don Diego infuriato come un leone.
Laura racconta tutto ciò che è accaduto e annuncia di voler entrare in convento. Nel sentire il racconto di Laura Don Diego prova rimorso
e chiede al Viceré di convincere la dama a tornare a vivere con lui promettendo un comportamento esemplare e di rinchiudere la sua
amante in convento.
Tutti sembrano essere soddisfatti dalla richiesta di Don Diego, tutti tranne Laura che rimane ferma sulla sua posizione.
Don Diego disperato torna a casa, si arruola e muore nella guerra tra Filippo III e il Duca di Savoia.
Una volta completamente libera Laura prende i voti di monaca.

In questa novella l’autrice prende spunto dall’opera “La fuerza de la Sangre” di Cervantes, novella in cui si affronta il tema
dell’atteggiamento approfittatore dell’uomo nei confronti delle donne che mostrano un atteggiamento rivendicatore (Leocadia viene
violata e viene fatta sposare col suo approfittare Rodolfo).
Interessante in questa novella è il fatto che il caos non avviene prima del matrimonio, per cui questo non ha un ruolo di risoluzione del
conflitto a differenza di molte altre novelle.
I temi sono molti: la violenza contro il corpo e la psiche femminile, la ricerca dell’autonomia e della libertà, il travestimento.
NOVELA NONA. EL JUEZ DE SU CAUSA
La novella si ambienta a Valenzia dove vive Estela, una dama illustre promessa a Don Carlos. In quella stessa città abitava anche Claudia,
una dama dai costumi ben più liberi, innamorata anch’essa di Don Carlos al punto da decidere di averlo ad ogni costo.
Non riuscendo ad ottenere alcuna attenzione, decide di ricorrere all’inganno: era appena morto il servo di Don Carlos, decide così di
procurarsi abiti maschili e prendere il suo posto. In poco tempo riesce a conquistarsi la sua fiducia tanto da conoscere tutti i suoi desideri
e pensieri più intimi.
Intanto Estela e Don Carlos iniziano a frequentarsi, Don Carlos vuole chiedere la sua mano quando giunge a Valenzia un conte italiano
che si innamora a prima vista della donna. Sia il conte che Don Carlos chiedono la sua mano ai genitori, e questi decidono di concederla
al conte, ma Estela non è d’accordo e inizia a fare di tutto per mandare a monte le nozze e fuggire con il suo amato Carlos a Barcellona.
Il servo Claudio era a conoscenza delle loro intenzioni e non fa altro che disperarsi, finchè non bussa alla sua porta Amete, che un tempo
era il servo del padrone di Carlos, il quale è innamorato di Estela. I due si alleano con l’obiettivo di separare i due amanti, il piano è quello
di portare Estela con l’inganno sulla spiaggia dove, a dire di Claudio il servo fidato, l’avrebbe aspettata il suo amato; una volta lì Amete
l’avrebbe catturata e portata Fez, mentre Claudia sarebbe rimasta a Valenzia per coronare il suo sogno. Tutto procede secondo i piani
con la sola differenza che Amete aveva portato con sé Claudia per timore che potesse raccontare qualcosa, in questo modo anche lei era
stata ingannata.
A Valenzia i genitori di Estela si accorgono della sua scomparsa e trovano un biglietto in cui lei stessa scrive di essere fuggita con Don
Carlos; si recano alla sua casa e lo accusano di averla rapita e imprigionata.
Nel frattempo a Fez, Estela viene maltrattata da Amete così Claudia per paura di fare la stessa fine sposa con il fratello di Amete, a lei
molto affezionato. Amete non riesce a possedere Estela e chiede aiuto a Claudia che ricorre all’inganno offrendoli una finta via di fuga,
una volta che Estela si accorge, non è disposta a perdere l’onore e inizia a gridare. Le sue urla vengono sentire dal figlio del Re, che giunge
sul luogo e vede Amete abusare della donna. Insieme a tutti i cavalieri del regno sfiderà Amete e lo arresterà insieme a Claudia.
Estela decide di travestirsi da uomo e recarsi a Tunisi al servizio dell’imperatore, diventa soldato e persino capitano da tanto che era
abile. Un giorno tra i soldati dell’esercito vede il suo Don Carlos, inizia a riempirlo di domande ma senza svelare la sua identità e i due
stringono un rapporto di amicizia tanto da nominare Don Carlos suo segretario.
Un giorno muore il viceré e al suo posto viene mandata Estela, la prima causa che le affidano è proprio la sua perché era arrivata una
nuova denuncia contro Don Carlos. Estela decide di mettere alle strette Don Carlos aspettando il momento in cui l’uomo dichiari amore
eterno, ma lui ha ormai cambiato idea sulla sua donna.
Ecco che Estela presa dall’ira inizia a raccontare tutte le sue sventure e si rivela. Alla fine Estela e Don Carlos convolano a nozze.

I temi affrontati sono quelli dell’inganno e del tradimento, del travestimento, dell’amore, della donna forte e intraprendente che arriva a
ricoprire addirittura la carica di un uomo.

DECIMA NOVELA. EL JARDIN ENGAÑOSO


La novella racconta la storia di una nobile famiglia di Saragozza composta da madre, madre e due figlie graziose e bellissime, Costanza e
Teodosia. Di Costanza si innamora Jorge, un ricco e giovane galan del posto; Costanza gradisce le sue attenzioni ma le accetta con
modestie in modo da non recare danno al suo onore. Il fratello di Jorge è invece innamorato di Teodosia, fra loro due le cose non vanno
altrettanto bene, Teodosia infatti lo detesta proprio perché è innamorato di Jorge. Proprio per questo cerca il modo di separare i due
amanti. L’atteggiamento di Teodosia nei confronti di Federico preoccupa Costanza che infatti cercherà di aiutarlo più e più volte.
Questo rapporto che si crea fra i due è motivo di gelosia per Jorge, ed è a questo punto che Teodosia mette in atto il suo piano: vuole far
odiare a Don Jorge la sorella per poi andare a sostituirsi a lei, per farlo gli dice che Federico e Costanza si amano e stanno per sposarsi.
L’esito però è che Jorge uccide il fratello e fugge, senza insospettire nessuno.
Passa il tempo e il padre delle due ragazze muore, e Teodosia ancora non si dà pace, vuole far sposare la sorella in modo da essere lei
quella disponibile in caso di ritorno di Jorge.
Arriva in città un gentiluomo di nome Carlos che si innamora di Costanza ma che non può sposarlo in quanto povero. Decide di ricorrere
a uno stratagemma, diventa innanzitutto amico della madre e poi si finge malato in fin di vita, tanto da fare testamento a Costanza e da
chiederla in sposa. Costanza si commuove ed accetta.
Due anni dopo questo matrimonio torna Don Jorge e inizia nuovamente il corteggiamento di Costanza. A questo punto Teodosia, persa
ogni speranza si ammala gravemente. Costanza aveva capito che l’unico rimedio alla malattia della sorella era Don Jorge, per questo gli
chiede di sposare la sorella in cambio della sua amicizia e della sua riconoscenza. Jorge rifiuta e dichiara amore eterno a Costanza che
decide di metterlo alla prova: se riuscirà a creare un giardino nella piazzetta davanti casa, lei si concederà.
Si offre di aiutarlo il demonio che fa firmare a Jorge un contratto dove si stabilisce l’anima in cambio del giardino.
Il mattino seguente, alla vista del giardino, Costanza chiede al marito di ucciderla per aver dato un prezzo al suo onore, ma Carlos dice di
essere lui a dover morire in modo da non impedirle di mantenere la parola data. Nel momento in cui proverà ad uccidersi viene fermato
da Jorge che racconta il suo patto con il diavolo e decide di scogliere Costanza dalla promessa e di morire tanto ormai non ha più anima
né amore.
Appare nella scena finale il diavolo con il contratto firmato in mano, lo strappa e sparisce insieme al giardino. Ora che sono tutti salvi e
felici si celebrano le nozze tra Teodosia e Jorge.

Questa novella attraverso la presenza del demonio, risalta il tema del sovrannaturale che non si ritrova nelle altre novelle.

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