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PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA E GESTIONE DELLE RISORSE UMANE


IL SISTEMA ORGANIZZATIVO AZIENDALE
Il sistema organizzativo aziendale esprime un modello di interpretazione delle imprese secondo una
prospettiva sistemica, prendendone in considerazione i principali aspetti fondamentali: quello
strutturale, quello umano, quello gestionale e quello tecnologico.
La pianificazione organizzativa riguarda la struttura aziendale (il sistema aziendale) ed è risultante
dell’interazione dinamica tra i seguenti elementi:
 Strategie e orientamenti di fondo
 Strutture e ruoli
 Risorse Umane
 Meccanismi operativi
 Tecnologie

IL PERCORSO STRATEGICO PER LA FORMAZIONE DELLA STRATEGIA


La strategia attiene ad un processo e prevede una serie di fasi:
 l’intenzione strategica è un
orientamento secondo cui l’impresa
vuole andare e possono essere
abbandonate alcune interazioni iniziali.
 all’interno dell’azienda c’è una strategia
emergente (strategia decisa)
 quello che mettiamo in pratica è però
ancora diverso perché magari c’è una
parte non attuata (strategia attuata).
Quindi nell’attuare una stratega ci
scontriamo con forze interne che magari ci fanno mettere in atto una parte della strategia
Interazione = dove si vuole andare
Strategia, struttura e gestione sono collegate ma tra loro interviene anche la struttura degli attori ecc.

ALCUNI ASPETTI DA CHIARIRE


1. Relazione tra progettazione organizzativa e
sostenibilità del vantaggio competitivo
2. Strategie e risorse umane

Nella prospettiva del conseguimento di un vantaggio competitivo sostenibile, la progettazione


organizzativa prende le mosse dall’analisi strategica condotta:
1. Corporate: strategia a livello aziendale – architettura delle unità di business
2. Business: strategia a livello di business (singole unità di business – teatro con ristorante all’interno)
Le diverse tipologie di SBU (Strategic Business Unit) rilevanti per la progettazione organizzativa:
1. Core Business: è l’attività core (principale) dell’azienda – che meglio riflette la mission
2. Business Cerniera: sono dei business vicini al core business (telefono e cuffiette)
3. Business Captive: servono per la funzione di altre aree strategiche. Sono di supporto sia per la mia
che per le atre aziende.
Da queste tre business unit ci fanno capire le interdipendenze tra le aree di business ci fanno
estrapolare l’analisi strategica

LE DETERMINANTI DELLE SCELTE DI PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA


I bisogni strutturali emersi in fase di analisi strategica orientano le scelte di progettazione organizzativa
attraverso:
1. l’individuazione delle diverse combinazioni di caratteristiche organizzative
2. la definizione della forma organizzativa più idonea
3. l’analisi delle interazioni tra la struttura organizzativa e gli altri aspetti del sistema organizzativo
aziendale

LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA: cos’è


1. Definisce il raggruppamento delle attività dell’impresa in posizioni organizzative
2. Viene rappresentato nell’organigramma che definisce la struttura organizzativa (con un vertice ecc.)
3. La scelta del modello dipende da (approccio contingente):
a) La dimensione aziendale, intesa come il volume di risorse da gestire (organico del personale,
mezzi di produzione, materie prime)
b) La situazione prodotto-mercati (McDonald ha varie divisioni geografiche – strategie diverse a
seconda della collocazione prodotto-mercato)
c) La tecnologia, ossia il contenuto tecnologico dei vari prodotti/servizi
d) La struttura e la dinamica dell’ambiente
e) Le strategie adottate
Tutti questi fattori concorrono per la struttura organizzativa.
1. L’adeguatezza della struttura organizzativa deve essere valutata facendo riferimento a:
a) l’efficienza (ottimizzazione degli input in relazione agli output – minimizzare input e
massimizzare output)
b) l’elasticità operativa (elasticità  essere in grado di modificarsi senza modificare gli obbiettivi e
la strategia – adattarsi) – rispondere ad aumenti quantitativi della produzione
c) l’elasticità strategica - a la capacità di modificare in modo tempestivo le caratteristiche
qualitative dei propri prodotti/servizi, in risposta alle mutate condizioni ambientali;
d) l’elasticità strutturale - la capacità di rispondere in modo flessibile alle variazioni ambientali
2. Tre modelli organizzativi di riferimento:
a) funzionale (forma U) ogni divisione ha una sua funzione – l’organizzazione è divisa per funzioni e
ogni parte ha le sue caratteristiche
b) multidivisionale (forma a M)
c) holding (forma a H)
A. MODELLO FUNZIONALE

Ogni divisione ha una sua


funzione  l’organizzazione
aziendale è divisa per funzioni

1. Elevata specializzazione funzionale (Se uno si occupa per 20 anni di vendite se si sposta avrà
difficoltà)
2. Elevata rigidità strutturale (le risorse sono allocate per funzioni – non sposti persone specializzate)
3. Elevata efficacia ed efficienza in caso di:
a) modeste dimensioni aziendali
b) bassa differenziazione di prodotto e a lungo ciclo di vita – hanno pochi prodotti che hanno un
lungo ciclo di vita (saranno sul mercato per tanto tempo)
c) tecnologia stabile
d) ambiente stabile
e) strategie basate sullo sviluppo in mercati preesistenti e sulla penetrazione in nuovi mercati
4. Metodi di attenuazione della rigidità funzionale (metodo della rotazione – ogni tot. Si spostano
persone per attenuare la rigidità)

B. MODELLO MULTIDIVISIONALE

Non è diviso solo per funzioni,


infatti vi è un presidente, le
funzioni ecc.
Rispetto a questo quello
funzionale ha un’elevata
rigidità

1. Elevata autonomia delle


divisioni (o per prodotto o per aree geografiche)
2. Elevata elasticità operativa (la struttura è facilmente modificabile)
3. Elevata efficacia ed efficienza in caso di:
a) crescita delle dimensioni aziendali
b) proliferazione di prodotti/servizi
c) sviluppo tecnologico
d) ambienti competitivi tendenzialmente instabili
e) strategie di differenziazione
4. Grado di divisionalizzazione e strutture centrali (quanto è divisa in divisioni)
La condivisione delle attività può essere sostenuta secondo due soluzioni:
1. Creazione di Direzioni Centrali che operano a livello corporate; nel caso si tratti di un’attività di
supporto della catena del valore
2. Creazione di una divisione autonoma o Direzione Centrale di Servizio, nel caso in cui si proceda alla
condivisione di attività operative
Le divisioni possono assumere, in funzione della complessità della struttura organizzativa, l’articolazione
della struttura strategica, del grado di divisionalizzazione, diverse configurazioni:

Come
parte di un’impresa società autonoma tante società singole che fanno capo
ad
un’azienda madre (come Ferrero)
IL MODELLO A HOLDING

Un esempio è la Ferrero che detiene la Nestlé, la Ferrero


Rocher…
Lo schema è una scala dal basso verso l’alto
Due soluzioni a seconda del ruolo svolto dalla capogruppo (a
seconda delle divisioni):
1. Finanziaria di gestione – gestisce altre aziende ma hanno
autonomia
2. Caposettore-capogruppo – al suo interno ha divisioni
come Amazon o Ferrero

Ad esempio Amazon è una holding capogruppo perché ha le sue gestioni Amazon ed ha acquistato altre
aziende  holding capogruppo
Un’azienda che gestisce solo altre aziende. La Exor (famiglia Agnelli) detiene le squadre holding di
gestione
LE STRUTTURE MATRICIALI
1. Articolazioni organizzative
secondo due o più dimensioni che
intervengono (appropriato per le
imprese culturali):
1. unità di business-funzione
2. progetto-funzione
3. funzione-prodotto
2. Unità organizzative di due
tipologie:
1. operative
2. di supporto

LE STRUTTURE PER PROGETTI


1. Struttura funzionale di base (permanente) e una struttura temporanea per progetti
2. Opera efficacemente al verificarsi delle seguenti condizioni:
a) dimensioni medio-grandi; (permettono di avere responsabili per ciascuna funzione)
b) prodotti a brevissimo ciclo di vita; (come tour che ci sono una volta l’anno)
c) prodotti che rispondono a specifiche esigenze della clientela; (elevato fatturato singolo)
d) elevato fatturato unitario dei progetti; (come produzioni cinematografiche)
e) innovazione continua;
f) strategie di segmentazione e forte differenziazione.
3. Ruolo centrale del capo-progetto (project manager, si occupa di gestire progetti come attività
quotidiane ma anche progetti specifici – ha competenze manageriali legate ai soggetti)

LA STRUTTURA A MATRICE
La struttura a matrice si caratterizza per il fatto di essere articolata su due dimensioni che
contemporaneamente presidiano un’area di attività operativa.
1. Ripartisce le responsabilità organizzative mediante la definizione di una matrice di responsabilità
attraverso l’adozione di due (o più) criteri di specializzazione. La peculiarità della struttura a matrice è la
ripartizione delle responsabilità, che in capo al
responsabile di produzione e al responsabile del
progetto che devono collaborare per le singole attività.
Un punto di debolezza è però che i centri di
responsabilità sono due, si possono creare infatti
divergenze tra loro.
2. Rappresenta la soluzione organizzativa più efficace al
verificarsi delle seguenti condizioni:
a) dimensioni medio-grandi
b) prodotti a breve ciclo di vita
c) necessità di svolgere attività interne di sviluppo tecnologico
d) strategie di segmentazione e forte differenziazione
3. Può essere considerata come una evoluzione della struttura divisionale o a holding.
La struttura a matrice si caratterizza per un elevato grado di complessità interna, in quanto il suo
funzionamento richiede l’adozione di meccanismi operativi, modelli di comportamento e lo sviluppo di
una cultura aziendale in sintonia con le esigenze della struttura (tutti i meccanismi operativi devono, per
esempio, essere bidimensionali)

LE STRUTTURE RETICOLARI
Le reti (network) non sono un fenomeno nuovo rispetto al panorama organizzativo delle forme
organizzative che le imprese, o insiemi di imprese, possono adottare. Dal punto di vista della
progettazione organizzativa i network non rappresentano un vero e proprio modello struttura, quali
quelli descritti nei precedenti paragrafi (funzionale, divisionale), quanto una modalità di funzionamento
di diverse entità organizzative, interne (unità organizzative) o esterne (imprese diverse).
1. La rete interna:
a) Meccanismi organizzativi non codificati (non ci sono unità, gerarchie tra unità ma legami a rete –
non c’è gerarchia come nelle altre, è infatti più flessibile)
b) La logica a rete
2. La rete esterna: (collaborazioni)
a) Esternalizzazione (outsourcing) controllata di attività lungo la catena del valore dovuta a:
l’impossibilità dei sistemi organizzativi di adattarsi flessibilmente all’incertezza esogena e/o
legata al fatto che in alcuni anelli della catena è più conveniente il ricorso al mercato.
Le reti per l’innovazione (reti che cooperano per un obbiettivo) nascono dall’esigenza delle imprese di
cooperare nello sviluppo di nuove tecnologie. Lo sviluppo di network tecnologici generano benefici
comuni i cui elementi caratteristici sono:
1. Economie di Scala
2. Condivisione di costi e rischi
3. Sviluppo di capitale relazionale
4. Separazione e trasferimento

LE SOLUZIONI ORGANIZZATIVE PER L’ATTUAZIONE DELLE STRETEGIE DI CORPORATE


1. Valorizzazione delle interdipendenze (interrelazioni tangibili e intangibili)
2. Strutture orizzontali (svolgono la funzione di identificazione delle potenziali relazioni, di verifica della
coerenza dei piani strategici e di controllo strategico degli effetti di vantaggio competitivo delle
interrelazioni attivate):
a) Unità di pianificazione strategica; (sviluppo di un’area che si occupa solo di p. strategica)
b) Il Comitato Strategico; (istituire solo un piano strategico che si occupa solo di p. strategica)
c) I settori o gruppi;
d) I comitati di attenzione al mercato; (analizzano solo l’analisi del mercato)
3. Meccanismi di coordinamento (interessano principalmente il supporto alle attività di pianificazione
strategica e il coordinamento delle procedure organizzative interdivisionali):
a) Il Sistema di pianificazione strategica (presenta una connotazione verticale)
b) Le procedure organizzative interdivisionali

IL RUOLO DELLE STRUTTURE DI CORPORATE NELL’ATTUAZIONE DELLE STRATEGIE DI DIVERSIFICAZIONE


Se i settori sono lontani c’è la
Diversificazione conglomerale
e devo fare in modo di avere
in breve termine a far
“quadrare la cassa”
Una via di mezzo è la d. non
strettamente correlata
Se sono unità di business
vicine c’è la diversificazione
correlata.

non correlata – dobbiamo solo


gestirle finanziariamente
Economie di scope: economie che permettono di sfruttare risorse particolari

GLI OSTACOLI ORGANIZZATIVI ALL’IMPLEMENTAZIONE DELLE STRATEGIE DI DIVERSIFICAZIONE


La mancata realizzazione delle interrelazioni (l’esito negativo di un’impresa) può dipendere da:
1. Scelta deliberata della corporate
2. Carenze nelle strategie di corporate
3. Inadeguatezza del modello organizzativo
4. Costi eccessivamente elevati
5. Resistenza delle SBU a causa di:
a) Diversità nei contesti organizzativi
b) Assenza di una cultura di corporate
c) Asimmetria nei benefici (non tutte le aziende godono degli stessi benefici)
d) Vincoli imposti dalle divisioni
e) Resistenze
f) Sistemi di incentivazione

La potenza dell’interdipendenza (l’aggregazione delle risorse crea più valore di come farebbero
singolarmente):
1. Dalle risorse umane al capitale umano (sono funzionali per un vantaggio competitivo)
2. L’importanza del capitale intangibile:
a) Valore e liquidità: la risorsa deve assumere competenze di base e deve utilizzarle in azienda
per sviluppare il suo potenziale (liquidità  capacità di essere pronti a sostenere adeguatamente
la strategia aziendale)
Occorre soffermarsi sul concetto di human capital e di organization capital: il primo tiene conto
delle competenze, dei fattori distintivi (talento) e delle conoscenze specifiche (idiosincratiche)
possedute dai dipendenti. Per quanto attiene invece al capitale organizzativo l’attenzione si
concentra sull’allineamento delle caratteristiche del personale agli obiettivi strategici, alla
capacità degli impiegati di condividere la conoscenza attraverso affiancamenti e networking.
Nel caso di human capital, la liquidità è rappresentata dal possesso da parte dei dipendenti della
giusta qualità e livello di competenze per effettuare i processi interni critici per la realizzazione
della strategia aziendale, mentre nel caso di organization capital la liquidità è data dalla capacità
dell’impresa di cambiare l’organizzazione per supportare la strategia e, al contempo, dal grado di
interiorizzazione del personale di cultura, valori, visione e missione dell’impresa
3. La liquidità può essere sviluppata attraverso interventi volti a stimolare:
a) Fedeltà del personale: intesa come estensione dei tempi di permanenza individuali dei
dipendenti oltre la soglia ritenuta minima per lo sviluppo delle competenze base;
b) Cultura organizzativa (far sentire la risorsa parte di qualcosa di importante): concepita come
insieme di valori e principi accettati e condivisi all’interno dell’impresa; un collante culturale
forte è in grado di omogeneizzare i comportamenti e favorire l’integrazione dei neoassunti
c) Ricambio generazionale (favorire l’ingresso di nuove risorse – età diverse portano competenze
diverse): inteso come avvicendamento tra risorse senior e neoassunti nelle varie posizioni;
questo fattore è legato al vantaggio competitivo e allo sviluppo del capitale umano nella misura
in cui ci siano forme strutturate di affiancamento e mentorship che accompagnino i passaggi
generazionali.

GESTIONE DELLE RISORSE UMANE


La gestione del personale si fonda su tre aspetti:
1. Formazione: può estendersi sia alle competenze (saper fare) manageriali o tecnico-specialistiche, sia
alle capacità (saper essere), legate agli aspetti comportamentali, direttivi e congnitivo-concettuali.
2. Percorsi di carriera: (senso di progredire nello sviluppo professionale)
a) Percorso di carriera lineare che si svolge attraverso spostamenti verticali all’interno della struttura
fino a raggiungere il limite della carriera.
b) Percorso di carriera da esperto, che si basa sulle competenze e sviluppo della professione.
Utilizzato in organizzazioni piatte, elevato controllo, unità che lavorano per progetti/processi
c) Percorso a spirale, che implica spostamenti tra ruoli e posizioni anche a livello trans-funzionale e
trans-divisionale
3. Sistema compensativo: (serie di decisioni strategiche e operative capaci di influenzare le motivazioni
e anche l’efficacia della people strategy e attraverso essa la realizzazione della business strategy)
a) mantenere attrattività e competitività nei confronti del mercato;
b) accrescere la performance complessiva e riconoscere, in modo differenziato, i contributi
individuali;
c) rinforzare i comportamenti organizzativi coerenti con le strategie aziendali e il processo
motivazionale delle persone;
d) mantenere/accrescere il grado di flessibilità del costo del lavoro;
e) comunicare i valori dell’organizzazione per allineare la visione del management e delle persone.

Management By Objectives: L’incentivazione per obiettivi consiste nell’erogazione di una parte


aggiuntiva di ricompensa monetaria rispetto alla retribuzione annua lorda stabilita e di misura variabile.
Tale variabilità è in funzione al raggiungimento di un mix di obiettivi assegnati all’inizio del periodo di
riferimento e formalmente documentabili all’interno di uno schema contrattuale e in un regolamento
che individua e fissa le relative regole di funzionamento.
Per costruire un adeguato MBO è fondamentale l’identificazione degli obbiettivi attraverso
l’individuazione delle aree chiave di risultato:
 prioritari per le strategie aziendali;
 significativamente correlati con le prestazioni individuali, influenzabili dalla persona incentivata
(l’MBO è caratterizzato da un’incentivazione individuale e non di gruppo);
 realistici, ambiziosi e sfidanti (non troppo facili) ma comunque raggiungibili;
 misurabili e controllabili attraverso i sistemi aziendali;
 della dimensione temporale.
Gli obbiettivi dovrebbero essere SMART (significativi-misurabili-statistici-raggiungibili-legati ad una
dimensione temporale). Ciò serve anche alla gestione delle risorse umane, e quindi a segnare degli
obbiettivi.
Occorre associare a ogni obiettivo degli indicatori di performance adeguati e coerenti con la strategia di
incentivazione, che possono essere (Fontana, 1994):
 reddituali: si riferiscono alla performance economica dell’organizzazione nel suo complesso e/o
singole unità organizzative;
 finanziari: scaturiscono dal piano degli investimenti e dal budget finanziario;
 fisici: volti al mantenimento di un adeguato livello di efficienza dei processi operativi;
 temporali: per esempio, per realizzare la dismissione di un impianto entro una certa data, la
dimensione temporale assume un ruolo critico;
 strategici: hanno come riferimento il piano strategico dell’organizzazione e sono di lungo periodo;
 di integrazione: identificano corresponsabilità rispetto a obiettivi critici
LE BASI PER LA SOSTENIBILITÀ DEL VANTAGGIO COMPETITIVO ATTRAVERSO IL CAPITALE UMANO:
L’APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO
Lo sviluppo della conoscenza organizzativa si basa sul processo di trasformazione della conoscenza nelle
due dimensioni:
 tacita-esplicita;
 individuale-collettiva.
La conoscenza tacita è profondamente radicata nell’azione e si esprime in un saper fare derivante
spesso dall’interiorizzazione e implementazione di una conoscenza esplicita (codificata). La dimensione
collettiva (organizzativa) della conoscenza tacita implica il possesso da parte degli operatori, oltre che di
un saper fare, anche di un saper essere finalizzato a combinare, enfatizzare, sviluppare, razionalizzare e
contestualizzare tale conoscenza.
Le alleanze strategiche: L’apprendimento organizzativo fondato sull’esperienza e sull’attività di ricerca
all’interno della singola impresa può risultare lento e parziale, se non viene alimentato e integrato con le
altre forme di apprendimento (per imitazione, per innesto e sinergico) nell’ambito di alleanze
strategiche con altre imprese. Le alleanze rispondono all’esigenza delle imprese di accedere a risorse
complementari a quelle possedute. Raramente, infatti, un’impresa possiede tutte le risorse e
competenze per sviluppare contemporaneamente diverse tecnologie e nuovi prodotti.
La protezione brevettuale e organizzativa delle tecnologie, lo sviluppo della prospettiva del knowledge
management, cioè delle funzioni di acquisizione e uso delle conoscenze, con la costituzione di ruoli di
presidio dei processi di formazione delle competenze – come il knowledge manager, il director of
organizational learning, il chief learning officer, il vicepresident of knowledge transfer – l’adozione di
sistemi di valutazione e di incentivazione del personale basati sulle competenze costituiscono alcuni
degli strumenti sui quali si fondano le politiche di protezione delle competenze distintive.

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