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Michel Chion

"Audiovisione - Suono e
Immagine nel cinema"
Cinema Sonico
1. Proiezione del Suono
sull’immagine
Un’illusione audiovisiva. Così viene definito il cinema da Chion nelle
prime pagine del suo libro.
L’immagine senza il suono è astratta, lontana. Con il suono è reale.
Prendendo ad esempio la sequenza iniziale di Persona di Ingmar
Bergman, è possibile notare come senza il suono, il piano della mano
nell’obitorio, risulti poco concreto.
Grazie a ciò è possibile notare come la relazione suono-immagine sia di
notevole importanza.
Questa “illusione audiovisiva”, come la chiama Chion, è possibile
trovarla nella relazione suono-immagine del “valore aggiunto”

Per Valore Aggiunto si intende il valore espressivo tramite il quale un


suono arricchisce un’immagine data, arrivando a far credere allo
spettatore che quell’espressione derivi automaticamente da ciò che ha
appena visto.
Il valore aggiunto del suono all’immagine è chiaramente reciproco.

- Per Chion, nel cinema è presente un “Vococentismo”, che corrisponde


a una prevalenza della voce rispetto agli altri suoni nel missaggio
audio.
Non si tratta però della voce come urla o versi, ma come espressione
verbale, come interazione verbale tra i personaggi.
Il Vococentrismo corrisponde quindi ad un Verbocentrismo.

Vi sono due modi di creare un’emozione specifica con la musica


Musica Empatica: Esprime la propria partecipazione diretta alla scena
Musica Anempatica: si dispiega in maniera ineluttabile come un testo
scritto. Ciò produce l’effetto di un’emozione radoppiata con una sorta
di indifferenza cosmica.

L’occhio è attivo spazialmente, l’orecchio temporalmente. In base


a ciò è possibile affermare che la percezione dell’occhio, dovendo
operare su più livelli è più lenta rispetto a quella dell’orecchio.
AUDIOVISIONE
Servendosi di ciò è possibile creare anche movimenti “finti” dal suono,
per esempio l’apertura delle porte in Guerre Stellari, nelle quali non vi
era nessun movimento (soltanto un attacco di fotogrammi a porta
aperta - fotogramma a porta chiusa), ma grazie al suono l’occhio si
illudeva di aver visto la porta chiudersi. Un altro dei tanti casi in cui è
possibile notare l’utilità del suono è per esempio una scena di
combattimento di un qualsiasi film d’azione. Scindendo l’immagine dal
suono infatti, ci ritroveremmo immediatamente confusi poiché
vedremmo azioni che non hanno un immediata corrispondenza sul
piano sensoriale dell’udito. E poiché tramite l’assenza del sonoro,
l’immagine non corrisponderebbe all’aspettativa sonora che nella
nostra mente abbiamo già immaginato.

Chion parla di un altro elemento importante, ovvero quello della


temporalizzazione, che consiste nella percezione che si ha del tempo
dell’immagine, suscettibile di essere influenzata dal suono e vi si
possono notare 3 aspetti importanti: Animazione Temporale
dell’immagine, Linearizzazione temporale dei piani, Vettorializzazione
o drammatizzazione dei piani. Per il primo si parla di una percezione
dell’immagine resa dal suono in maniera più o meno accurata, nel
secondo caso una non corrispondenza tra “piano 1” e “piano 2”,
mentre il suono già fa intendere un’idea di successione. Nel terzo e
ultimo caso si fa riferimento ad un orientamento verso un futuro, si
crea aspettativa, attesa.

L’applicabilità di questi effetti trattati varia a seconda della natura delle


immagini e dei suoni in rapporto con esse. Innanzitutto vi è da
premettere che per lasciarsi influenzare dal suono, l’immagine deve
essere prestante. Suoni che appaiono fuori contesto, rispetto all’ambito
in cui sono stati inseriti non faranno vibrare l’immagine.
Vi è da considerare inoltre il livello di aspettativa che un suono può
produrre o meno. Ad esempio un suono costante di un’orchestra o un
ronzio di insetti notturni ci fa stare sull’attenti, pronti a cogliere
qualsiasi variazione.
La musica inoltre, nel caso avesse un ritmo rapido, non accelera
obbligatoriamente la percezione di un’immagine. Si può quindi
affermare che il suono ha temporalizzato l’immagine, imponendo un
tempo di scorrimento del film. Il minimo tintinnio difatti impone un
tempo reale, un ritmo, irreversibile. L’avvento del sonoro mise in
AUDIOVISIONE
difficoltà moltissimi cineasti del cinema muto, che lo ritenevano
superfluo, non accorgendosi di quanto in realtà fosse essenziale (Su
questo tema è realizzato il film “The Artist” del 2011). Senza il suono, il
cinema non sarebbe l’esperienza che è, un esempio tra tanti è cercare
di immaginare un film come Dunkirk senza il sonoro. Verrebbe rimosso
agli atti metà del film. Lo stesso Tarkovskji ,senza il suono, non avrebbe
potuto scrivere che “il cinema è l’arte di scolpire nel tempo”.
2. I tre ascolti

Chion analizza tre tipi di ascolto differenti nel cinema.


Si tratta di:
Ascolto Casuale: lo spettatore fa uso e si serve del suono
per identificarne la matrice o la causa, visibile (suono come
informazione aggiuntiva) o non visibile (suono come principale
fonte di informazione) che essa sia. L’ascolto casuale è il più
diffuso tra tutti.
Ascolto Semantico: lo spettatore sentendo il suono fa
riferimento ad un linguaggio o ad un codice per interpretare ciò
che sta sentendo. Un esempio tra tanti il linguaggio parlato.
Ascolto Ridotto: L’ascolto della qualità e delle forme del
suono. Indipendentemente dal contesto in cui è utilizzato. Viene
praticato quando ad esempio individuiamo un timbro di voce o
quando sentiamo una nota alta o bassa.

Chion continua parlando di situazione d’ascolto acusmatica,


ovvero una situazione nella quale si sente un suono senza che
ne si veda la causa.
Con il suono inoltre, a differenza delle immagini, siamo come
imposti, obbligati ad udire ciò che ci è presentato. Non abbiamo
un mezzo di esclusione per l’orecchio così come la palpebra per
l’occhio. Ci può sfuggire un fotogramma, ma non un suono.
3. Linee e Punti
Una forma ideale del cinema sonoro ( orizzontale), sarebbe quella in
cui immagine e suono formano due catene liberamente legate tra di
loro senza dipendenza l’una dall’altra. Il videoclip è un esempio
esplicativo di questa forma.Per rapporto armonico si intende il rapporto
stesso tra un suono e ciò che accade contemporaneamente
nell’immagine.
Il contrappunto audiovisivo invece, spesso presente in tv, si riferisce ad
episodi nei quali ad esempio l’immagine segue una propria strada e il
commento, o suono che sia, una propria.
A livello percettivo, il suono in montaggio è molto diverso
dall’immagine. Se ad esempio ci viene facile riconoscere diversi blocchi
di montaggio visivo tra gli attacchi/stacchi di diverse inquadrature, la
situazione è un po più complicata per quanto riguarda il suono.
Il missaggio sonoro è spesso realizzato in maniera tale da non sentire
gli attacchi/stacchi o le variazioni tra le diverse colonne. Vi sono
chiaramente le eccezioni, Godard stesso ad esempio tendeva ad
evidenziare queste discontinuità date dai salti, minimizzando il
montaggio invisibile e trattando il suono come un immagine.
Tuttavia quando siamo di fronte ad un audiovisivo, i tagli delle
immagini continuano ad essere il primo riferimento della percezione,
aiutata però dal suono tramite l’utilizzo della “punteggiatura”. Così
come in un testo virgole, punti, sottolineature, ecc., ci aiutano a seguire
o a marcare il filo del discorso, così nel cinema tintinnii, rintocchi, passi,
suoni di una campana sono ottimi modi per scandire il tempo di una
scena, sottolineare un qualcosa o chiudere un dialogo ad effetto.Altri
elementi che possono, ma non sono tenuti, ad avere un ruolo di
punteggiatura sono gli elementi di sfondo sonoro. Questi elementi
possono essere usati per l’appunto per “creare” lo spazio di un film.
Anche il silenzio è un elemento di sfondo sonoro (per questo si
registrano gli “ambientali” di certi spazi). Seppur possa sembrar banale
il silenzio può essere anche un grande uso della punteggiatura in
quanto è un qualcosa che va raggiunto, va preparato. Si nota una
situazione di silenzio subito dopo un forte rumore, o viceversa. Un
chiaro esempio dell’uso del silenzio ce lo fornisce Martin Scorsese con
la sua filmografia ma in particolare con “Silence”, nel film i momenti di
silenzio ambientale, o come punteggiatura, sono alternati a momenti di
grande frastuono (uno tra i tanti il momento della crocifissione tra le
onde).
Elementi del genere creano dei punti di sincronizzazione. Un incontro
vero e proprio tra suono e immagine, che può risultare più evidente in
casi come: dopo la preparazione data da una puntaeggiatura, per la
relazione suono-immagine (ad esempio un grido e un primo piano), per
il suo valore affettivo o sematico (una parola importante che viene
detta in un certo modo).La rappresentazione più immediata del punto
di sincronizzazione resta però un pugno, che nella realtà non fa
necessariamente rumore, ma se nel cinema non lo facesse non
sembrerebbe inflitto realmente.
4. La scena Audiovisiva
In un film è possibile sovrapporre un numero ipotetico di infiniti suoni in
maniera simultanea, facendo in modo di collocarli in diversi livelli di
realtà. Il quadro visivo invece si mantiene su uno soltanto di questi
livelli.
Quando un suono viene presentato insieme ad un immagine si
rapportano in base al contenuto di quest’ultima: alcuni suoni ne
entrano a far parte in quanto sincorni, altri ne restano ai bordi, altri si
pongono fuori dalla dieresi come la musica off.
Si distinguono poi diversi tipi di suono, come il suono ambiente, un
suono onnipresente che può anche marcare l’ambiente, o come il
suono interno che pur essendo rappresentato nel pieno dell’azione
corrisponde all’interno del personaggio (respiri, voci mentali). Legato al
suono interno è il concetto di voce io, una voce interna che lo
spettatore interiorizza in quanto la percepisce quanto propria.
La musica, al contrario dell’immagine, non è soggetta a barriere spazio-
temporali, o agli elementi che devono relazionati alla realtà diegetica.
La musica può essere diegetica (da schermo) o extradiegetica(da
buca). Oppure può essere anche entrambe, venendo prima presentata
come extradiegetica ma poi integrata come diegetica (ad esempio una
canzone che si scopre poi provenire da un grammofono dopo una
carrellata).
Il suono stereo ha permesso al cinema sonoro di sperimentare diversi
effetti. Uno tra questi è l’effetto quinta, prodotto nel momento in cui un
suono in uscita da un inquadratura si dilunga su uno degli altoparlanti
di destra o sinistra, come a dare l’impressione che lo schermo si
estenda effettivamente nella sala.
E parlando di estensione, l’ambiente sonoro può aumentare all’interno
del suo stesso contesto. Si parla infatti di “estensione nulla” quando
sentiamo gli stessi rumori che sente un personaggio. Mentre invece per
“estensione vasta” si intende quando, pur trovandoci in un luogo
chiuso ad esempio, sentiamo anche i suoni degli esterni.
La soppressione dei suoni in questo senso è adatta ai fini di una
immedesimazione nel personaggio, entrando nel suo punto di vista. Ciò
è utile ai fini del punto di ascolto che si esplica in due sensi: spaziale e
soggettivo. Il primo è da dove sento io nello spazio, per soggettivo si
intende ciò che sente il personaggio, che si ritiene sia lo stesso di ciò
che senta lo spettatore. Ma chi determina il punto d’ascolto?
Indubbiamente l’immagine. Volontariamente o involontariamente
l’immagine definisce chiaramente la posizione nello spazio.
5. Il Reale e la Resa

Se nel cinema si può parlare di fotogenia per le immagini,


allora si può anche parlare di fotogenia per quanto riguarda il
suono. Un suono più definito contiene più informazioni, è più
realistico favorisce un ascolto vivo, piacevole.
Il suono in presa diretta in questo senso è sia un aiuto che
una complicazione. Un aiuto in quanto il suono in presa
diretta tende a semplificare le cose non avendo bisogno di
molte aggiunte o doppiaggi in fase di post produzione.
Complicazione perché in presa diretta potrebbero verificarsi
diversi suoni che non sono desiderati, e che magari
potrebbero conferire ad un’azione o ad un dialogo un effetto
decontestualizzato da ciò che si era programmato.
Ciò accade perché nel cinema il suono viene riconosciuto e
identificato come vero.
Il suono con ciò svolge anche una funzione narrativa, così
come ad esempio il rumore di una caduta viene
rappresentato come un tonfo rispetto alla realtà, per
evidenziarne il dolore. O così come il respiro dopo una corsa
può essere sentito benissimo, per evidenziarne
l’affaticamento.
Il suono in se rappresenta un vero e proprio universo.
Sentendo un minimo cambiamento del timbro di voce di un
personaggio ad esempio, possiamo renderci conto di un suo
cambiamento emotivo, prima ancora di vedere la sua
espressione. E’ quindi impossibile rendere un qualcosa
solamente con le immagini, bisogna aiutarsi con il suono se
lo si vuole rappresentare in tutte le sue qualità.
6. L’audiovisione vuota

Uno dei particolari personaggi che possiamo incontrare durante


un’esperienza audiovisiva è l’acusmetro.
Questo particolare personaggio acusmatico si colloca in una posizione
particolare: non è esattamente dentro all’immagine, ma non ne è
neanche del tutto fuori poiché direttamente interessato nell’azione. Al
particolare personaggio dell’acusmetro sono affidati diversi poteri, tra i
quali l’onniveggenza, l’onniscienza, e l’onnipotenza. Questo poiché
l’acusmetro (poniamo il caso che si tratti di un persecutore telefonico)
sa esattamente la posizione del personaggio, mentre quest’ultimo non
ha idea di dove sia.
L’acusmetro potrebbe porre fine alla sua situazione particolare
entrando effettivamente in scena, rimuovendo in parole povere quella
che è la “maschera” dell’acusmetro.

Per quanto riguarda invece l’utilizzo sonoro della “sospensione”, vi è da


dire che si basa su un utilizzo della relazione audiovisiva talmente
normale che la rottura genera una stranezza improvvisa, una
sospensione appunto. Di solito la sospensione viene utilizzata per
enfatizzare una scena, per farla vedere in modo impressionante.

7. Design del nome


sonoro
Pur con l’avvento del sonoro, l’immagine nel cinema continua a rimanere
un punto fisso, il fuoco dell’attenzione. L’immagine è delimitata nello
spazio, il suono le da valore.
Prima del Dolby Surround, ovvero prima degli anni ’70, i suoni nel cinema
erano stereotipati.
Ciò che risaltava era il dialogo, mentre il rumore veniva spesso scartato
per motivi tecnici e pratici, in quanto non si potevano mescolare troppi
suoni, ma doveva essercene uno sempre in risalto (il dialogo). Grazie al
Dolby invece, il film è stato fornito di più livelli audio. Ciò permette di
sentire dialoghi e rumori definiti in base al contesto nello stesso momento.
Il dolby stesso permette di “leggere” l’immagine più velocemente: ad
esempio, se un personaggio si avvicina da sinistra sentiremo la sua voce
avvicinarsi da sinistra prima di vederlo apparire in campo.
Il rumore conferisce al cinema quello che è un sentimento di materialità,
favorendo un cinema sensoriale. La parola non è più centrale ma fa parte
di un continuum sensoriale.
8. Televisione Clip e
Video
Una delle tante differenze tra Televisione e Cinema è la
posizione occupata dal suono.
Se nel Cinema infatti il suono contribuisce ad un’esperienza
sensoriale insieme all’immagine, nella Televisione il suono è
sempre primario, non è mai fuori campo e non ha sempre
bisogno di un’immagine. Per questo fondamentalmente la tv
viene definita come “una radio accompagnata da immagini” .
Per quanto riguarda il video invece c’è da dire che il suono
riveste un ruolo non direttamente preciso. Uno dei caratteri
fondamentali della videoarte è infatti il movimento, o la danza,
poiché grazie a questi ultimi il video artista può sperimentare
aumentando o diminuendo la velocità di movimento, talvolta
ricorrendo anche al fermo immagine. Difficilmente il cinema
invece presenta questi elementi.
Continuando, il cinema ha una precisa collocazione per l’audio,
mentre nel video (o videoarte) non è ben definita. Il suono può
servire soltanto da accompagnamento, oppure i certi casi può
essere uno degli elementi principali. Due esempi chiari in base
a quest’ultima considerazione sono le opere di videoarte di Vito
Acconci e Gary Hill (tra i tanti Black/White/Text, nel quale
immagine e suono partono concordanti e via via mentre
l’immagine si deforma, la segue anche l’audio).
Per il video-clip invece si intende un accompagnamento visivo
ad una canzone che può o meno essere sincronizzato con essa
e può essere relativo al testo della canzone, o completamente
distaccato e indifferente da essa.
9. Verso un audio-logo
visivo

Prima del suono un linguaggio testuale non era escluso dal cinema. Si
faceva infatti uso dei cartelli, e tramite l’alternanza tra essi e gesti o
reazioni si creava un linguaggio. Ciò imponeva chiaramente
un’interruzione nella narrazione per far posto al cartello. Il sonoro
invece fa accadere tutto contemporaneamente.
Vi sono tre modalità di presenza della parola nel cinema sonoro:
Parola Teatro: ovvero quando il dialogo sentito ha una funzione
drammatica, informativa o affettiva. Sin dal momento in cui viene
scritta la sceneggiatura, fino al momento del montaggio è tutto
costruito per rendere centrale la parola del personaggio, il suo valore, il
suo significato.
Parola Testo: solitamente affidata ad un narratore onnisciente
(voice over), o comunque ad una voce esterna alla narrazione. La
parola testo ha una funzione evocativa.
Parola Emanazione: quando la parola diventa un aspetto dei
personaggi. Non viene sentita per intero, o magari non deve essere
sentita per intero.

Si crea così una sorta di relativizzazione della parola, che viene offerta
in modo non continuo, sfuggente, mancando quindi di una chiarezza
totale. Si può quindi giungere ad un “chiaroscuro verbale”, ovvero
un’alternanza tra parole comprese e parole che sfuggono.
Vi sono altri modi di relativizzare la parola e sono:
Rarefazione (presenza della parola rarefatta)
Proliferazione (tramite una sovrapposizione eccessiva di parole o
dialoghi tra personaggi, le parole si annullano automaticamente)
Poliglottismo (utilizzo di una lingua straniera)
Parola sommersa (la parola viene inglobata a seconda delle
situazioni, per poi riuscirne o rientrarne)
Perdita di intelligibilità (lo spettatore è cosciente di una perdita di
comprensione)
Decentramento (non tutti gli elementi sono centrati sul dialogo
quindi è difficile ascoltarlo)
10. Introduzione ad
un’analisi Audiovisiva
Con un’analisi audiovisiva si mira a cogliere una logica tra il
rapporto suono-immagine di un film.
Uno dei metodi per applicare quest’analisi consiste nel
guardare la sequenza prima con suono e immagine, poi senza
suono ma con l’immagine, poi senza immagine ma con il suono
ed infine nuovamente con entrambi.
Per far ciò la colonna audio deve avere una certa consistenza,
ovvero come un insieme di suoni sono amalgamati insieme.
Questa consistenza deve avere un equilibrio generale dei livelli,
per favorirne la comprensione allo spettatore. Ogni suono
inoltre, deve essere in un certo senso “legato” al prossimo, così
da dare una sensazione di continuità.
Riguardo all’analisi, torna spesso utile comparare suono e
immagine su una stessa questione: suono e immagine possono
per esempio avere ritmi diversi e tuttavia coesistere, oppure il
suono potrebbe essere definito e l’immagine poco chiara, o
viceversa, creando un effetto di estraniazione interessante.
Il suono ha anche il potere di suggerire, o evocare immagini
(come abbiamo già visto nel caso della porta automatica di Star
Wars), implementando falsi ricordi nella mente dello spettatore.

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