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l'audiovisione suono e immagine

nel cinema
Teoria Del Cinema
Universita degli Studi Roma Tre (UNIROMA3)
8 pag.

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L’audiovisione, Chion

Capitolo 1
La realtà privata di suono risulta astratta, innaturale. Eliminando l’immagine e mantenendo il suono, la
percezione risulta reale ma incompleta. L’audiovisione – unione di suono e immagine – acquisisce il proprio
ritmo solo se le due componenti sono integrate in un unico prodotto. L’audiovisione è prodotto dell’unione
fra suono e immagine: non è soltanto somma fra i due ma apporta un valore aggiunto.

Valore aggiunto: valore espressivo e informativo di cui un suono arricchisce un’immagine data, sino a far
credere che quell’informazione o quell’espressione siano naturali e siano già contenute nell’immagine. Il
valore aggiunto funziona soprattutto grazie alla sincronizzazione di suono e immagine, che permette di
istituire una relazione immediata e necessaria fra qualcosa che si vede e qualcosa che si sente. Tutto ciò che
è sullo schermo assume tramite il suono una consistenza e una materialità – naturale – di cui non si può fare
a meno.
Il valore aggiunto è innanzitutto quello del testo all’immagine: il suono nel cinema è per prima cosa
verbocentrico. La voce intesa come supporto verbale (linguaggio) viene messa in evidenza e separata dagli
altri suoni. Il perfezionamento tecnologico si è concentrato sulla parola in modo che essa non sia fedele ma
piuttosto intellegibile e chiara. Il suono cinematografico è verbo centrico perché lo è anche l’essere umano.
La voce che accompagna l’immagine orienta, guida e struttura le modalità di visione e dunque la visione
stessa. Il valore aggiunto del testo sull’immagine influisce sulla strutturazione stessa dell’immagine
inquadrandola rigorosamente.
Il valore aggiunto è reciproco: se il suono rende l’immagine differente da come sarebbe senza di esso,
l’immagine fa sentire il suono diverso da come sarebbe se l’immagine non ci fosse. Il suono trasformato
dall’immagine che esso influenza riproietta infine su quest’ultima il prodotto delle loro reciproche influenze.
Ad esempio, uno stesso suono può, seconda del contesto drammatico e visivo, raccontare cose assai diverse,
perché lo spettatore cinematografico legge il film in relazione al criterio del sincronismo e della
verosimiglianza globale.
Il valore aggiunto all’immagine è anche identificato nella musica, la quale crea nel cinema una specifica
emozione, in rapporto alla scena mostrata, in due diversi modi:
• Tramite ritmo, tono, fraseggio, in relazione ai codici culturali di tristezza, gioia, emozione e
movimento: musica empatica;
• Musica indifferente alla situazione mostrata; l’effetto è di raddoppiare l’emozione che scaturisce
dall’immagine, l’emozione individuale dei personaggi e dello spettatore è raddoppiata proprio
perché ignorata: musica anempatica. Vi sono anche rumori anempatici.
• Musica di presenza: non hanno una risonanza emozionale precisa.

Influenze del suono sulle percezioni di movimento e velocità


Nel contratto audiovisivo, percezione del suono e dell’immagine si influenzano a vicenda e si contaminano.
Il suono, a differenza del visivo, presuppone il movimento come prima condizione; il suono è azione. Il
suono implica per propria natura uno spostamento, un’azione. Può anche indicare immobilità, ma in casi
limitati. Traccia di un movimento o di un tragitto, il suono ha una dinamica temporale propria.
Le percezioni sonora e visiva hanno ciascuna una propria andatura media:
• L’orecchio analizza, lavora e sintetizza più velocemente dell’occhio,
• Il suono è veicolo del linguaggio,
• L’occhio è più lento dell’orecchio perché lavora contemporaneamente nello spazio che esplora e
nella successione temporale dell’azione;
• L’orecchio, invece, isola una lkinea appartenente al suo campo d’ascolto e la segue anche nello
spazio.
• L’occhio è abile spazialmente;
• L’orecchio è abile temporalmente.

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Queste differenze di velocità nell’analisi non sono percepite dall’ascoltatore poiché interviene il valore
aggiunto. Punteggiature sonore e rapide marcano percettivamente alcuni momenti e imprimono nella
memoria una traccia audiovisiva forte (esempio schiaffi, colpi).
In realtà l’orecchio ascolta per brevi spezzoni, e ciò che viene percepito e memorizzato da esso consiste in
brevi sintesi tra i due e i tre secondi dell’evoluzione del suono, che formano delle Gestalt globali ( 2-3
secondi percepiti come una forma di insieme). Inoltre, sentiamo i suoni dopo averli percepiti: l’ascolto non è
perfettamente simultaneo.

Influenza del suono sulla percezione del tempo nell’immagine


Il tempo dell’immagine è influenzato dal suono in tre diversi modi:
• Animazione temporale dell’immagine
• Linearizzazione temporale dei piani: il suono sincrono impone un’idea di successione; quando una
successione di immagini non pregiudica di per se stessa il concatenamento temporale delle azioni
che essa illustra, l’aggiunta di un suono realistico e diegetico impone ad essa un tempo reale, lineare
e successivo
• Vettorializzazione del tempo reale: il suono è in grado di tracciare un asse temporale – unilaterale -
sul quale si svolgono gli eventi rappresentati. Il senso di passato e futuro è marcato dal suono
Questi tre aspetti dipendono dalla natura delle immagini e dei suoni messi in rapporto. Se:
• L’immagine è fissa: il suono è in grado di inserire l’immagine in una temporalità che esso introduce,
• L’immagine ha una propria temporalità: la temporalità del suono si combina con quella
dell’immagine, i due strumenti suonano contemporaneamente.
Ad esempio, vi sono micro-ritmi visivi (fumo, pioggia, fiocchi di neve, ecc.) che creano valori ritmici rapidi
e fluidi e instaurano nell’immagine stessa una temporalità vibrante e fremente.
La temporalizzazione dipende anche dal tipo di suoni: il suono può più o meno animare un’immagine in
relazione al proprio ritmo:
• Mantenimento del suono: un suono dal mantenimento uniforme e continuo anima di meno di un
suono variabile e discontinuo;
• Prevedibilità o imprevedibilità dello svolgimento sonoro: ritmo regolare conferisce prevedibilità
(con ritmo serrato e regolare si ha tensione); ritmo irregolare conferisce imprevedibilità;
• Definizione del suono: un suono ricco di frequenze acute genera allarme.
La temporalizzazione dipende anche dal modello di agganciamento tra suono e immagine e dalla
ripartizione dei punti di sincronizzazione.
L’animazione temporale dell’immagine da parte del suono non è un fenomeno puramente fisico e meccanico
ma in essa svolgono il proprio ruolo codici cinematografici e culturali.

Capitolo 2
Vi sono tre differenti disposizioni di ascolto cinematografico, finalizzate a oggetti differenti:
• Ascolto causale: fornisce, a partire dalla sola analisi del suono, informazioni precise e sicure circa
l’origine della sua causa (visibile o invisibile che sia). L’ascolto causale è il più diffuso, ma anche il
più influenzabile ed ingannabile. L’ascolto causale ha tre livelli:
1. Riconosciamo la causa precisa e individuale, di solito grazie al contesto, tramite il quale
deduciamo naturalmente e logicamente quale sia la sorgente del suono.
2. Non riconosciamo la sorgente particolare del suono (non sappiamo quale sia l’oggetto, la
persona o l’animale in particolare che emette un determinato suono), ma riconosciamo la
categoria dal quale esso proviene, ovvero riconosciamo una natura di causa a partire da
determinati indizi soprattutto temporali.
3. Seguiamo una storia causale di un certo suono (come si sviluppa).
Nel cinema l’ascolto causale è costantemente manipolato in particolare tramite l’uso della sincresi.
• Ascolto semantico: fa riferimento ad un codice o ad un linguaggio per interpretare un messaggio
(cerca di capire il significato). È un ascolto di tipo differenziale.

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• Ascolto ridotto: ascolto rivolto alle qualità e alle forme proprie del suono, indipendentemente dalla
causa e dal suo senso. Il suono viene considerato come oggetto di osservazione in se stesso (difetto
umano di interpretare i suoni mediante un vocabolario sinestesico). Cinema e video spesso
impiegano i suoni per il loro valore figurativo, semantico o evocativo, in riferimento a cause reali o
suggerite, o ai testi; raramente i suoni sono impiegati come forme e materie in sé.
Ascolto acusmatico (cfr schizofonia): si sente il suono senza vederne la causa. Tale condizione può
modificare il nostro ascolto e attirare la nostra attenzione su caratteri sonori che la visione simultanea delle
cause ci nasconde, perché quest’ultima rinforza la percezione di certi elementi del suono e ne occulta altri.
L’acusmatico rivela il suono in tutte le sue dimensioni.

Capitolo 3
Agli inizi del cinema sonoro (1927), si pensava che il visivo e il sonoro fossero due catene parallele e
liberamente legate, senza dipendenza unilaterale. Si teorizzava dunque un contrappunto audiovisivo in cui le
due “voci” del sonoro e del visivo viaggiavano contemporaneamente e sincronicamente ma erano slegate e
indipendenti l’una dall’altra. Tutto sbagliato: il cinema tende ad escludere la possibilità di un simile
funzionamento contrappuntistico. Suono e immagine sono strettamente intrecciati e legati fra loro dai punti
di sincronizzazione.
Il contrappunto audiovisivo è presente quotidianamente in televisione, ma nessuno se ne accorge (eventi
sportivi: l’immagine segue una propria strada e il commento un’altra). Il contrappunto audiovisivo viene
notato solo se oppone l’immagine e il suono su un punto preciso, non di natura ma di significato; cioè
soltanto se esso pregiudica la natura del suono come quella dell’immagine poiché postula una certa
interpretazione lineare del senso dei suoni riducendo peraltro tale “senso” in generale ad una pura questione
di identificazione e di causa. Il contrappunto audiovisivo si nota se c’è una dissonanza audiovisiva, ovvero
uno scarto invertito della convenzione dell’accoppiamento suono-immagine.

La colonna audio non esiste: il film non ha necessariamente una totalità unitaria della componente sonora. Il
sonoro cioè non ha significato autonomo. I suoni senza immagine non formano un complesso dotato di unità
interna; inoltre, ogni elemento sonoro allaccia con gli elementi narrativi contenuti nell’immagine dei rapporti
verticali simultanei, diretti e pregnanti. I suoni reagiscono, ciascuno individualmente, con il campo visivo.
La colonna immagine invece esiste in quanto deve il proprio essere e la propria unità alla presenza di un
quadro, ovvero un luogo di immagini investito dallo spettatore.
Il montaggio del suono non ha creato un’unità specifica: i suoni, come le immagini cinematografiche, si
montano. Mentre il montaggio ha creato per l’immagine un’unità specifica (il piano, che è utile per
individuare una serie di punti di riferimento all’interno del film, che non è un’unità narrativa strutturale in sé,
ma è comunque un’unità oggettivamente definita e neutra), non abbiamo nulla di simile per il suono. Il
montaggio del suono nel cinema non ha creato un’unità specifica: non c’è un’unità del montaggio audio, le
giunte sonore non sono evidenti all’ascolto e non ci permettono di delimitare tra esse blocchi identificabili.
Il suono non può essere suddiviso in blocchi oggettivamente definiti perché:
• La colonna audio è formata da diversi strati realizzati e fissati indipendentemente che vengono
sovrapposti gli uni sugli altri: come individuare i tagli dei diversi strati?
• Il raccordo tra un frammento e l’altro può non essere udibile, e questa è una caratteristica
naturale del suono; ma vi possono anche essere tagli sonori assai bruschi e netti.
• Dunque, il suono non può essere suddiviso in unità di montaggio che si basino su unità di
percezione. Il segmento sonoro non si sintetizza nella percezione di una totalità particolare. È
la percezione sequenziale e temporale che domina nel suono, almeno al di là di una durata
brevissima.
• Non è possibile creare fra due segmenti sonori che si succedono un rapporto di natura astratta e
strutturale, come quelli che possono allacciarsi tra i piani visivi.
Il suono di un film non è tuttavia un flusso senza tagli: vi sono unità che vengono individuate in funzione di
criteri specifici in relazione ai differenti tipi di suoni sentiti. Ad esempio: il dialogo è divisibile in battute/

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frasi/parole; la musica può venire scomposta in temi melodici. Tali unità non sono specificatamente
cinematografiche e dipendono completamente dal tipo di suono e dal livello di ascolto scelto. La divisione in
unità del suono allora, dato che non è unitari e generalizzato, si subordina all’unità visiva del piano.

Logica interna del concatenamento audiovisivo: Concatenamento delle immagini e dei suoni concepito
per rispondere ad un processo organico flessibile di sviluppo, di variazione e di crescita che nasce dalla
situazione stessa. Essa privilegia dunque le modificazioni continue e progressive; non utilizza cesure brusche
se non quando la situazione lo richiede.
Logica esterna del concatenamento audiovisivo: Concatenamento di immagini e dei suoni che risente
degli effetti di discontinuità e di cesura in quanto interventi esterni al contenuto rappresentato. Il cinema
d’azione moderna gioca molto con la logica esterna.

Funzioni del suono nella catena audiovisiva


1. Unificare. La funzione più diffusa del suono nel cinema consiste nell’unificare il flusso delle
immagini e nel legarle fra loro:
• A livello temporale;
• A livello spaziale, facendo sentire ambienti globali che creano un quadro generale in cui
l’immagine sembra contenuta;
• Le immagini vengono inserite in uno stesso flusso tramite la presenza di una musica orchestrale
che si sottrae alla nozione di tempo e spazio reali.
2. Punteggiare. Se si considera il testo teatrale come un continuum, le strategie per punteggiare tale
testo sono pause, intonazioni, respirazioni, gesti, ecc. che scandivano la rappresentazione teatrale. Il
cinema muto segue lo stesso procedimento, aggiungendovi però le didascalie e i cartelli. Il suono
sincrono introduce la punteggiatura senza demandarla alla recitazione; il suono stesso è usato come
punteggiatura (sottolineare una parola, scandire un dialogo, chiudere una scena). La musica può
svolgere nel cinema un ruolo eminente di punteggiatura. La musica può anche creare una
punteggiatura simbolizzante, dando ciò rilievo ad un certo particolare visivo tramite il suono.
Inoltre, il novanta per cento della musica del grande schermo è dominata da il leitmotiv (tema
musicale caratterizzante) che accompagna un personaggio o un’idea chiave del film. La
punteggiatura fatta dal sonoro di certi gesti e battute mira a eliminare il loro carattere puramente
realistico e momentaneo per farne degli elementi significanti nell’ambito di una messa in scena
globale. In tal modo, la musica o il suono assumono la funzione di simbolizzazione espressiva
(procedimento che deriva dall’opera lirica). Tale funzione del suono è possibile se gli interventi
sonori sono puntuali e sincroni. La sincronizzazione è nel cinema un criterio predominante e giunge
a legare insieme suoni e immagini anche se tutto li oppone.
Anche gli elementi di sfondo sonoro possono essere utilizzati come strumenti di punteggiatura. Essi
abitano e definiscono uno spazio, contrariamente ai suoni permanenti, che rappresentano lo spazio
stesso.
3. Separare. Con il cinema sonoro emerge anche l’importanza che il silenzio ha all’interno del film in
relazione alla sua capacità di separare. Il silenzio non è facile da ottenere, nel cinema: si rischia che
sia scambiato per una disfunzione tecnica. Perciò, per le riprese in esterni, si registrano i silenzi
caratteristici di quel certo luogo: il silenzio non è assenza di suono; ci sono tanti silenzi quanti sono
gli ambienti. Inoltre, il silenzio non è dato, ma si deve produrre tramite un contesto ed una
preparazione scenica. Il silenzio non è mai un vuoto neutro, ma è il negativo di un suono che si è
sentito prima o che si immagina: è il prodotto di un contrasto.
4. Punto di sincronizzazione. Un punto di sincronizzazione è, in una catena audiovisiva, un momento
saliente di incontro sincrono tra un momento sonoro e un momento visivo, in cui la sincresi risulta
più accentuata. I punti di sincronizzazione hanno sempre un senso in rapporto al contenuto della
scena e alla dinamica generale del film; essi danno alla catena audiovisiva il suo fraseggio. Esiste
anche il punto di sincronizzazione evitato. Il colpo è l’emblema del punto di sincronizzazione ed è la

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rappresentazione più diretta e immediata del punto di sincronizzazione audiovisivo nel film i colpi
sono sempre amplificati. Nei film d’azione sono particolarmente sfruttati i punti di sincronizzazione
accentuati: il tempo dilatato permette un’analisi del movimento in cui – per la maggior parte delle
volte – il suono rallenta e dà spazio all’immagine.
Molla della sincronizzazione è la sincresi: saldatura inevitabile e spontanea che si produce tra un fenomeno
sonoro e un fenomeno visivo puntuale quando questi accadono contemporaneamente, e ciò
indipendentemente da ogni logica razionale. La sincresi permette doppiaggio, post-sincronizzazione e
sonorizzazione. Ma essa non è del tutto automatica: si realizza secondo leggi gestaltiche ed effetti di
contesto. La sincresi è orientata da abitudini culturali, ma ha anche una base innata. È grazie alla sincresi che
si formano le configurazione audiovisive più sottili e sorprendenti. L’abitudine ci ha portati a considerare il
fenomeno della sincresi come naturale e cinematograficamente privo di interesse.

Quadro: nel cinema si parla di immagine al singolare, mentre in un film sono presenti centinaia di
immagini; questo avviene perché esse si manifestano tutte su un unico luogo, il quadro, che è il loro
contenente che preesiste alle immagini. Esso è luogo di proiezione delimitato e visibile.
Invece, per quel che riguarda i suoni, non esiste un loro contenente sonoro preesistente, perché:
• Vi possono essere più suoni sovrapposti;
• I suoni possono avere diversi livelli di realtà (il quadro visivo si situa su un piano per volta).
I suoni si dispongono in rapporto al quadro visivo e al suo contenuto in due modi:
• In: fanno parte del campo visivo in quanto sincroni; la sorgente appare nell’immagine e
appartiene alla realtà che questa evoca;
• Fuori campo: Il suono è acusmatico rispetto a ciò che viene mostrato nel piano;
• Off: suono al di fuori del campo visivo. La sorgente non è soltanto assente dall’immagine, ma
anche non diegetica, ovvero situata in un altro tempo e in un altro luogo rispetto alla situazione
direttamente evocata (commento, musica).
Dunque il suono cinematografico dipende in tutto dall’immagine che accompagna, sia che sia in sia che sia
off: non esiste un luogo dei suoni, non esiste una colonna audio.

I suoni non sono soltanto in, off e fuori campo: vi sono dei punti intermedi e regioni ambigue. Bisogna allora
introdurre nuove categorie:
• Suono d’ambiente: avvolge una scena e abita il suo spazio senza sollevare la questione della
localizzazione e della visualizzazione della sorgente. I “suoni-territorio” servono a marcare un
luogo con la loro presenza continua e onnipresente;
• Suono interno: suono che corrisponde all’interno fisico e mentale del personaggio. Può essere
un suono interno oggettivo (fisiologico) o suono interno soggettivo (voce mentale);
• Suono on the air: suono che proviene da un medium o un oggetto presente sulla scena. Il
suono della musica on the air attraversa le zone in, off e fuori campo.
Le diverse zone del suono sono collegate le une alle altre. È la posizione della sorgente sonora che richiama
tali distinzioni.

Localizzazione del suono: il problema della localizzazione del suono è nella maggior parte dei casi
appiattito su quello della localizzazione della sorgente. Nel cinema monopista classico i suoni provengono
tutti dallo stesso punto dello schermo; ma non per questo i suoni vengono percepiti come provenienti dallo
schermo, ma attribuiti alla sorgente rappresentata. Nel cinema vi è una calamitazione spaziale del suono
tramite l’immagine. Nel cinema multi pista si hanno invece tentativi di spazializzazione realista del suono: si
creca di creare dei compromessi fra la localizzazione mentale e la localizzazione reale del suono.

Acusmatico: suono percepito senza vedere la causa originaria (radio, disco, telefono trasmettono suoni senza
mostrare il loro emittente: sono media acusmatici).
Visualizzato: suono percepito e accompagnato dalla visione della causa o sorgente.

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In un film il suono può essere prima visualizzato, poi acusmatizzato: la sorgente esce di scena, ma il suono
persiste (identifichiamo la sorgente anche se non la vediamo). Oppure il suono può fare il percorso inverso:
essere acusmatizzato e poi visualizzato: prima appare sulla scena il suono, poi la sorgente che lo genera
(suspense: non sono sicuro di quale sia la sorgente).

Suono e sorgente del suono sono dal punto di vista spaziale due fenomeni distinti. La sorgente di un suono
può essere localizzata, mentre il suono, per sua natura, tende ad espandersi in tutto lo spazio disponibile.

Musica da buca: accompagna l’immagine da una posizione off, al di fuori dal tempo e dal luogo dell’azione.
Musica da schermo: proviene da una sorgente situata direttamente o indirettamente nel luogo e nel tempo
dell’azione.
Una musica inserita nell’azione può essere tanto commentativa quanto off. Vi sono casi misti e ambigui. La
musica da schermo è inserita in una musica da buca, staccandosi dall’azione o, nel caso inverso, quando una
musica da buca si riassorbe in una musica da schermo emessa da uno strumento localizzato.
La musica non è soggetta a barriere di tempo e spazio, contrariamente agli altri elementi visivi e sonori che
devono essere situati in rapporto alla realtà diegetica. Nonostante ciò, la musica non mette in discussione la
verità diegetica e non copre d’irrealtà la rappresentazione: fuori del tempo e fuori dello spazio, la musica
comunica con tutti i tempi e tutti gli spazi del film, ma lascia esistere questi ultimi separatamente e
distintamente. La musica consente di dilatare tempo e spazio (immobilizzazione e dilatazione del tempo).

Nel cinema monopista, il fuori campo del suono è un prodotto della visione combinata all’ascolto. Non è
altro che un rapporto fra ciò che si vede e ciò che si sente. Esso esige la presenza simultanea degli elementi.
Nel cinema multi pista si vuol far credere agli spettatori che la scena audiovisiva si prolunghi realmente nella
sala, al di fuori del quadro dello schermo (stereofonia).
Fuori campo attivo: il suono acusmatico porta lo spettatore a porsi delle domande sulla sorgente non
visibile del suono. Il suono crea un’attenzione e una curiosità, genera l’anticipazione da parte dello
spettatore.
Fuori campo passivo: il suono crea un ambiente che avvolge l’immagine e la stabilizza, senza creare il
desiderio di ricercare la sua sorgente (suoni-territorio, scenografia sonora).

Estensione dell’ambiente sonoro: spazio concreto che i suoni evocano e fanno sentire intorno al campo e
anche, all’interno del campo, intorno ai personaggi. L’estensione dell’ambiente non ha limiti reali, se non
quelli dell’universo. Sulla stessa immagine fissa e prolungata si può anche dilatare all’infinito il fuori campo
immaginato e suscitato dal suono. Ma pure, nel senso inverso, restringerlo. Il suono è suscettibile di creare
un fuori campo a estensione variabile. La stereofonia incoraggia il gioco dell’estensione.
Sospensione: un suono naturalmente implicato dalla situazione viene insidiosamente o improvvisamente
soppresso, creando una sensazione di mistero e vuoto. L’eliminazione del suono porta ad una
riconsiderazione dell’immagine

Punto di vista:
• Accezione spaziale: da dove vede lo spettatore:
• Accezione soggettiva: quale personaggio, nell’azione, si ritiene veda ciò che vede lo spettatore.
Punto di ascolto:
• Accezione spaziale: da dove sente lo spettatore, da quale punto dello spazio figurato sullo
schermo o nel suono;
• Accezione soggettiva: quale personaggio, a un dato momento dell’azione, si ritiene che senta
ciò che sente lo spettatore. È l’immagine che crea il punto d’ascolto soggettivo: ad esempio con
il primo piano del personaggio si fa sentire il suono come se fosse sentito dal personaggio
stesso o con le voci telefoniche.

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La realtà trasposta sulle due dimensioni audiovisive è una radicale riduzione sensoriale. Il suono del cinema
non è un prodotto completamente naturale ma è frutto di manipolazioni tecniche. Non c’è ragione che i
rapporti audiovisivi così trasposti non appaiano gli stessi della realtà e che i suoni registrati sembrino veri.
Suono e immagine, già nell’esperienza concreta e indipendente dal cinema, non legano. L’unità suono-
immagine nel cinema è puramente illusoria e rimanda all’idea di unità vera.

Definizione sonora (comprensibile e chiaro): finezza e precisione della registrazione sonora nella resa dei
dettagli; è in funzione della sua larghezza della banda di frequenza e della sua ricchezza di dinamica
(importanza delle frequenze acute: più dettagli e informazioni, contribuiscono ad un effetto di presenza e
realismo). Nei moderni cinema, il suono è purificato, privo di riverbero, chiaro. Ciò non ha nulla a che fare
con il suono che sentiamo naturalmente nella realtà.
Fedeltà sonora (simile alla realtà): nozione rischiosa e fuorviante che dovrebbe supporre una comparazione
permanente tra l’originale e la sua riproduzione entrambi presenti. La nozione di alta fedeltà è puramente
commerciale e non corrisponde a nulla di preciso o verificabile.
Oggi la definizione viene considerata come prova di fedeltà, cosa non vera.
Un suono più definito, contenente più informazioni è suscettibile di comportare più indizi materializzanti e
favorisce un ascolto più vivo, spasmodico, rapido, pronto, in particolare tramite il susseguirsi di frequenze
acute e fenomeni agili che si trovano in quello zone.

Fotogenia e fonogenia: la fonogenia era una caratteristica della voce ed era considerata una qualità
essenziale per essere registrati dai mezzi dell’epoca (’20 – ‘30) che non erano in grado di registrare voci
troppo basse. Oggi non si usa più questo termine in quanto ci si è convinti che i mezzi di registrazione sonora
siano trasparenti. Si parla invece ancora di fotogenia: non si può catturare la realtà completamente, non si è
mai soddisfatti dei risultati. La convinzione che il suono registrato sia neutro, trasparente e puro forse vuole
anche indicare il fatto che l’ascolto mediato è diventata la condizione d’ascolto base, che si sostituisce
all’ascolto diretto: la realtà acustica mediata è diventata più reale della realtà.
Il sonoro cinematografico è un prodotto finemente ricostruito tramite scelte ed eliminazioni, in relazione a
ciò che esige il regista: è una costruzione.
Ciò che suona vero per lo spettatore e il suono vero sono due cose differenti. Per valutare la verità di un
suono facciamo di solito riferimento più ai codici maggiormente diffusi dai media piuttosto che alla nostra
diretta esperienza vissuta (soprattutto per riferirci ad esperienze che non possiamo aver vissuto: guerra o
paesaggi esotici). In verità, la realtà non ci mette nelle condizioni di ascoltare in sé i suoni che la
punteggiano.: il contesto influenza eccessivamente la loro percezione. La nostra esperienza reale e totale dei
suoni è un’esperienza mediata dai codici mediali.

Resa. Nel cinema il suono viene riconosciuto dallo spettatore come vero, efficace e adatto non se esso
riproduce il suono esatto della realtà ma se rende (traduce, esprime) le associazioni legate a quella causa.
Non si deve dunque ricercare lo stesso effetto della sorgente sonora reale quanto piuttosto tradurre un effetto,
una sensazione associata alla sorgente. Al rumore continua ad essere attribuita, nel senso comune, la capacità
di raccontare la causa da cui viene prodotto e di risvegliare le impressioni legate a quella causa.
Il suono ha effetti emotivi, è legato alla sfera emozionale. Il suono ha la capacità di dare una resa di
sensazioni non soltanto uditive ma anche fisiche e psichiche (richiama la sinestesia). Fenomeni complessi
che coinvolgono l’intero sistema sensoriale sono resi (e ridotti) nel cinema tramite il solo canale audiovisivo.
Il suono dunque non ha soltanto il compito di ricreare la realtà sonora dell’evento rappresentato, ma anche
quello di raccontare un afflusso di sensazioni composite.

Indizi sonori materializzanti: esercitano un’influenza sulla percezione stessa della scema mostrata e sul suo
senso. Essi rimandano alla materialità del suono: sorgente e come viene emesso o ottenuto. Nel contratto
audiovisivo, il calibrato dosaggio di indizi sonori materializzanti è un fondamentale mezzo di messa in
scena, di strutturazione e di drammatizzazione.

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Spesso il suono richiama un’altra dimensione ed è svincolato dal presente.

L’avvento del parlato nel cinema apporta una frattura che intacca aspetti
Economici
Tecnologici
Estetici
Anche con l’introduzione del sonoro, il cinema rimane ontologicamente legato all’immagine (necessità di un
quadro di proiezione). In contrapposizione a quest’idea, Ruttman, con Week-end del 1930, vuole fare un
cinema di soli suoni.
Lo schermo rimane il fuoco dell’attenzione: è lo schermo che continua a fare spettacolo, e ciò indica la
centralità dell’immagine. L’immagine è delimitata nello spazio, mentre il suono si espande. Il suono dà
valore all’immagine.

Effetti del suono multi pista (Dolby anni Settanta):


• Riabilitazione e affermazione del rumore: prima del multi pista, i rumori del film erano
funzionali intervenivano puntualmente ed erano stereotipati. Solo dialoghi e musiche venivano
considerati. I suoni erano poveri e astratti per povertà tecnologica. Il rumore veniva scartato per
ragioni:
tecniche: problemi di registrazione;
culturali: il rumore è stato sottovalutato sul piano estetico (la musica da buca si sostituiva
al rumore reale: astrazione e simbolizzazione).
Il Dolby diede al fil una pluralità di piste sonore consentendo di sentire dialoghi e rumori definiti in
sovrapposizione (rumori veri, stereotipati).
• Guadagno e definizione: la tecnologia del suono, prima del multi pista, non permetteva di
mescolare troppi suoni e si doveva sceglierne uno come principale, che doveva essere il più
riconoscibile possibile (suoni e voci stereotipati). Con la banda passante più larga emergono
nuove possibilità tecniche di miscelazione dei suoni definiti (identità sonore, non più
stereotipi);
• Infusione del suono nell’immagine: ci si orienta sia con l’udito che con la vista; un suono più
definito porta a leggere l’immagine con più immediatezza. Suoni definiti, personalizzati.
• Trasformazione della percezione dello spazio: il suono genera, nel cinema multi pista, un
supercampo: suoni d’ambiente (suoni-territorio) circondano lo spazio visivo. Essi possono
provenire da altoparlanti al di fuori dello schermo. Il supercampo sonoro fa sentire al di fuori al
di fuori della scena rappresentata sullo schermo si svolge altro. Lo spazio del film non è più
legato all’immagine dello schermo (suono globale).
• Materialità delle cose e degli esseri;
• Sensazione: la ricerca della sensazione ha sostituito la ricerca della chiarezza del suono
stereotipato, la finezza dei sentimenti, situazioni o rigore narrativo.
La parola non è più centrale nel film e tende ad essere inglobata in un continuum sensoriale

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