Definizione
Il videoclip (conosciuto in Italia anche come video musicale o anche semplicemente
video o clip) è un breve filmato prodotto a scopo promozionale per un brano musicale,
solitamente una canzone presente in tutta la lunghezza del video.
In alcune parti del mondo, come in Giappone, è anche detto promotional video,
abbreviato in PV.
La pratica di abbinamento di immagini filmate a brani musicali risale sin dagli anni
cinquanta, ma il videoclip diviene molto popolare a partire dall'inizio degli anni ottanta
con la nascita delle prime televisioni con palinsesto interamente musicale.
Come ha dimostrato con le sue ricerche Michele Bovi, i primi filmati musicali a colori
che usano le immagini per accompagnare una canzone sono realizzati in Italia, a
partire dal 1959.
Tra gli altri precursori del videoclip contemporaneo si possono elencare i soundie
(cortometraggi abbinati a brani musicali trasmessi da un rudimentale videojuke-box
detto "panorama soundie" nei primi anni cinquanta negli Stati Uniti), gli scopitone
(corrispettivi francesi dei soundie girati in technicolor e lanciati sul mercato nel 1964)
e le performance che sopperivano all'assenza delle band in studio in alcuni celebri
show televisivi degli anni sessanta come Ready Steady Go! (trasmesso dalla BBC) o l'
Ed Sullivan Show.
Forme vicine al videoclip contemporaneo vengono realizzate da registi di fama dalla
fine degli anni sessanta: i The Beatles per fronteggiare la continua richiesta delle loro
apparizioni in giro per il mondo per promuovere i nuovi singoli, realizzarono dei video,
col tempo sempre più particolari e fantasiosi, che venivano trasmessi dalle Tv o dai
programmi televisivi, una sorta di proto-MTV ante litteram, idea seguita anche da Bob
Dylan con il video di Subterranean Homesick Blues girato dal documentarista D. A.
Pennebaker e inserito in apertura del film del 1967 Dont Look Back, che si avvale della
presenza del poeta Allen Ginsberg come "figurante speciale".
Nel 1974 gli ABBA fecero uscire il loro primo videoclip, Waterloo, diretto da Lasse
Hallström (che dirigerà la maggior parte dei loro video), seguendo poi ad
accompagnare l'uscita dei loro singoli con dei clip promozionali. Nel 1975 i Queen
realizzano un lungo videoclip, considerato erroneamente il primo della storia grazie al
lancio ideato dai loro promoter, del loro brano Bohemian Rhapsody per il programma
televisivo Top of the pops.
Il primo videoclip con un alto budget di produzione è stato quello del brano Thriller di
Michael Jackson nel 1983, che fu studiato e girato come un vero film dal regista John
Landis. Il successivo videoclip considerato ancora oggi tra i più costosi fu quello di Wild
Boys dei Duran Duran nel 1984.
Il videoclip più costoso nella storia è Scream, di Michael Jackson, costato 7 milioni di
dollari.
Author:
Antonio Grande
INTRODUZIONE
La maggior parte della letteratura di settore, unita all'intuizione comune che spesso si
eleva al rango di sapere, colloca la nascita del videoclip a metà anni '70, spesso con
precisione nel 1975 col famosissimo video dei Queen "Bohemian rhapsody" e più
sociologicamente con l'affermazione di necessità industriali proiettate verso il pubblico
tipiche dell'era New Pop2. Tale interpretazione è da considerarsi almeno parzialmente
erronea in quanto già prima, spesso molto prima, nel campo dell'audiovisivo si sono
avute manifestazioni che se non potevano definirsi videoclip in toto (manca ancora la
tecnologia video vera e propria), sicuramente ne possedevano parecchie
caratteristiche specie espressive per forma e ritmo ma anche industriali con le prime
forme di promozione del mercato discografico. Questo periodo sperimentale è da
includere nella storia del videoclip che altrimenti potrebbe risultare come nato da una
sorta di "big-bang" audiovisivo mentre è palesemente frutto della stratificazione delle
sperimentazioni audiovisive "fissate" nella storia tramite il rapporto col pubblico nel
sapere comune che in quest'ottica risulta ora completo. Come spiega efficacemente
Martin Scorzese3 per il cinema, il fenomeno è frutto quindi di una progressiva presa di
coscienza audiovisiva: "Ho sempre pensato che il linguaggio visivo è altrettanto
importante del linguaggio verbale. Quello che i pionieri del cinema stavano esplorando
erano le tecniche specifiche del mezzo. Così facendo, inventarono un nuovo linguaggio
basato sulle immagini piuttosto che sulle parole, quella che si potrebbe definire una
grammatica visuale...". Il periodo che ruota attorno alla nascita del cinema è un
grande calderone in cui ribollivano alcune idee che si sarebbero fatte grande strada
nel corso del secolo. Il dibattito su gli elementi che possano essere riconducibili a
sviluppi nel filone del videoclip è aperto. Fra le eterogenee interpretazioni riscontrate
la più efficace e minuziosa mi sembra quella di Bruno di Marino che va a rintracciare
contatti sin da Wagner e Reynaud per la sinestesia artistica, passando per gli ormai
famosi esperimenti di Edison e Dickson4 per arrivare all'avanguardia vera e propria e
alla scuola russa di cinematografia, momenti storici che a mio parere hanno
contribuito maggiormente alla "metastasi" audiovisiva del videoclip.
Attualmente il videoclip, insieme ad altre forme brevi quali ad esempio trailers e spot
pubblicitari, costituisce uno dei topoi privilegiati per la sperimentazione del linguaggio
audiovisivo. Il senso di questa mia affermazione sta nel fatto che attraverso il videoclip è
possibile saggiare le nuove possibilità che ci offre un uso oramai sempre più massiccio delle
tecnologie digitali anche solo nei termini di una nuovissima resa estetica dell’immagine. Il
videoclip sempre di più va confermandosi come il manuale di studio di tutto l’odierno cinema
digitale in quanto assurge a punto di riferimento di gran parte del cinema attuale dove
l’immagine è sempre di più la tela elettronica del regista che divenuto pittore digitale ne
detiene il controllo assoluto pixel per pixel esattamente come un pittore rinascimentale aveva il
dominio assoluto su ogni singolo pigmento.
In ogni videoclip gli SFX fanno la parte del leone, sono moltissimi e anche piuttosto evidenti.
Molti clips hanno uno stile forse eccessivamente “barocco”, caligarista.
A tale proposito, Tom Gunning è il teorico del cinema che ha contestato la leggenda che da
sempre accompagna la visione del primo film della storia (Arrivée d’un train à la Ciotat,
Lumière, 1895) sostenendo che il pubblico del Salon Indien poteva anche essersi spaventato,
ma certamente non era così ingenuo da credere veramente che un treno stesse piombando in
sala. Secondo Gunning ciò che ha stupito gli spettatori è stata proprio la differenza tra ciò che
sapevano essere reale e ciò che vedevano con i propri occhi, ossia essi ammirarono la capacità
del medium cinematografico di creare un’illusione così autentica da farli credere per un istante
a una cosa impossibile.
Con il digitale c’è il ritorno ad un cinema d’attrazione, e più in generale, a un prodotto
audiovisivo che gioca proprio su queste discontinuità. In sostanza lo spettatore odierno si
meraviglia degli SFX perché ha ormai grammaticalizzato il linguaggio cinematografico come a
dire che gusta appieno un trompe l’oeil perché comprende cos’è un trompe l’oeil.
Gli strumenti utilizzati nell’analisi fanno perno sulle teorie enunciazionali greimasiane.
La durata di questo video è di 8 minuti e 41 secondi. E’ stato realizzato da Francis Lawrence
verso la fine del 2004 in occasione dell’uscita dell’album Love, Angel, Music, Baby di Gwen
Stefani. La prima inquadratura del video riguarda l’arrivo della cantante all’aeroporto di Los
Angeles. Scopo di questo suo viaggio è quello di fare un provino presso una famosa casa
discografica per presentare una canzone che le consentirà di firmare con la major un contratto
da un milione di dollari. Ben presto però le sue certezze iniziano a vacillare ed entra in una
sorta di crisi di ispirazione. Ad un certo punto la si vede, infatti, in sala d’incisione provare
qualche verso al pianoforte ma un blocco di creatività non le permette di proseguire. La
vediamo alzarsi per andare a prendere un caffè finché la sua attenzione è catturata da uno
strano annuncio pubblicitario affisso proprio sulla macchinetta distributrice che promette di
risolvere ogni tipo di blocco creativo. La cantante non si perde d’animo e si rivolge presso
quello che sembra essere uno studio per la psicoanalisi. Qui, dopo essersi sottoposta a un test
psicologico preliminare basato su risposte multiple, entra in scena la dottoressa che si prende
carico della sua patologia. Ma, come per magia, mentre esponeva i suoi problemi alla
dottoressa, all’improvviso uno strano pupazzetto rosa, simile ad un coniglietto, inizia ad
animarsi. E’ così che Gwen entra in una dimensione molto particolare, baroccheggiante, satura
di colori e di strani personaggi, una sorta di carrolliano mondo delle meraviglie che ricorda
molto la scenografia e la fotografia di Big Fish di Tim Burton.
In questo stato paranoico-delirante, che molto somiglia al metodo paranoico-critico di Salvador
Dalì, la mente della deliziosa Gwen, come per incanto, ricomincia a trovare quella vena
creativa che sembrava avere smarrito per sempre e proprio mentre è al culmine del suo stato
visionario si risveglia ed inizia a danzare al ritmo di quel brano che prima in maniera lucida non
riusciva a comporre attraverso la traduzione di quello stato onirico in uno sfrenato ritmo
musicale.
E’ quasi impossibile non fare un parallelo con un Buñuel, con un Breton, con un Desnos o con
un Soupault e il loro modo di esprimersi attraverso quella che i surrealisti definirono la
scrittura automatica, in cui le parole fluivano sulla carta senza alcuna logica, dando vita,
attraverso un montaggio “analogico”-onirico, a immagini straordinarie simili a quelle scaturite
dai sogni.
Generalmente il montaggio di ogni videoclip è un montaggio estremamente serrato,
frammentato ma ciò non implica l’assenza di una precisa struttura narrativa. La
frammentazione non fa altro che tradurre in sequenze il ritmo del brano musicale.
Il montaggio interviene a sincronizzare e, quindi, a fondere il ritmo visivo e il ritmo musicale
nel ritmo/flusso audiovisivo.
3. Struttura topologica
Attraverso l’analisi di What you waiting for? evinciamo la compresenza di due strutture macro
spaziali ben definite: uno è lo spazio della metropoli, nello specifico Los Angeles, l’altro è il
mondo iperreale nel quale la bionda cantante viene proiettata in seguito al suo stato di trance
onirico. La metropoli è a sua volta articolata in sottospazi ben evidenziati dal seguente
schema:
Tale ripartizione cronologica è strettamente legata ad un’altra articolazione degli spazi così
strutturata:
4. Spazio topico
La metropoli costituisce il punto di partenza e d’arrivo del percorso narrativo del video.
La prima inquadratura è il primo piano di un cartello che annuncia ai viaggiatori l’arrivo a Los
Angeles. La seconda inquadratura è un piano americano della cantante che si avvia con i
bagagli verso l’uscita dell’aeroporto. Le successive inquadrature sono all’interno di
un’autovettura e ci mostrano la cantante rispondere a una chiamata giunta sul suo telefono
cellulare. Dalle prime parole pronunciate dal suo interlocutore deduciamo che si tratta del suo
Destinante ossia di colui che manipola l’agire del Soggetto-Gwen attraverso il “far-fare”. La
cantante, sulle prime, risponde: “(…) I’m not inspired…” per dire che non si sente ancora
pronta a superare la prova decisiva essendo in uno stato di profonda crisi creativa.
Trascorso un mese dal suo arrivo a Los Angeles la cantante si decide di andare a provare in
sala di registrazione. Davanti a lei c’è un pianoforte, prova ad accennare qualche verso ma un
blocco totale della sua creatività non le permette di proseguire.
Fa una pausa e si alza per andare a prendere un caffè nella speranza di uscire da quello stato
di impasse e qui nota, affisso alla macchina del caffè, un annuncio che promette qualcosa di
miracoloso: liberare dai blocchi creativi gli artisti. Gwen non perde un istante e si reca
immediatamente in quello che sembra essere uno studio per sedute psicoanalitiche. E’ questo
lo spazio paratopico, lo scenario della prova qualificante dove il Soggetto acquisisce le
competenze necessarie e propedeutiche per portare a termine la successiva prova decisiva.
Qui la dottoressa sottopone la cantante a una serie di test psicologici per cercare di
comprendere le cause di questi vuoti mentali.
In un’inquadratura successiva rivediamo di nuovo la cantante al pianoforte in sala di
registrazione. Stavolta la sua attenzione è attratta da un simpatico pupazzetto, forse è un
coniglietto, che inizia ad animarsi e a dirigersi verso di lei.
E’ a questo punto che Gwen, lanciando in aria un orologio da taschino con quadrante rosso e
che sembra avere le lancette impazzite, entra in uno stato catatonico-onirico che la proietta in
una dimensione surreale.
5. Spazio eterotopico
E’ adesso che possiamo vedere la bionda cantante nei panni di un’Alice nel suo mondo di
meraviglie e possiamo assistere all’operazione di débrayage, ossia di disinnesto spaziale
rispetto all’istanza enunciazionale che altro non è che “l’istanza che promuove il passaggio tra
la competenza e la performanza linguistiche, tra le strutture semiotiche virtuali che essa avrà il
compito di attualizzare e le strutture realizzate sotto forma di discorso”#. In questo spazio
surreale si può notare una fotografia dell’immagine satura di colore fino all’inverosimile, molto
pitturata, e alcune soluzioni di montaggio come una serie di dissolvenze-assolvenze che
esaltano ancor di più lo stato di trance visionario di Gwen.
E’ un montaggio che definirei onirico, surrealista perché le immagini fluiscono liberamente
senza alcuna logica e sono collegate tra loro in maniera analogica.
Solo verso la fine di questa macro-sequenza si può scorgere un montaggio alternato di
immagini tra la cantante proiettata nel mondo visionario e lei stessa che, in sala di
registrazione e stesa a terra a occhi chiusi, accenna qualche verso. Le immagini dell’una e
dell’altra situazione sono perfettamente sincronizzate con l’audio.
MANIPOLAZIONE SANZIONE
far-fare essere dell’essere
performanza competenza
cognitiva di S2 cognitiva di S2
COMPETENZA di S1 PERFORMANZA di S1
essere del fare far essere
atto pragmatico
La sanzione (positiva) arriverà nel momento in cui si vede comparire, inquadrata in mezza
figura, la dottoressa che bussando dal retro della vetrata che affaccia sulla sala di
registrazione, pronuncia le seguenti parole: “Miss Stefani…Miss Stefani! I’ve got the bill!”. La
richiesta del conto per la prestazione specialistica fornitale costituisce, così, l’indice del
superamento della prova decisiva da parte della cantante e il rispetto del contratto fiduciario
stipulato con il suo Destinante.
What an amazing time. What a family. How did the years go by? Now it’s only me.
Tick… tock…
Like a cat in heat stuck in a moving car. A scary conversation shut my eyes can’t find the
brake. What if they say that you’re a climber? Naturally I’m worried if I do it alone. Who really
cares cause it’s your life you never know it could be great. Take a chance cause you might
grow.
Like an echo pedal you’re repeating yourself. You know it all by heart, why are you standing in
one place? Born to blossom, bloom to perish. Your moment will run out cause of your sex
chromosome. I know it’s so messed up how our society all thinks. Life is short, you’re capable.
Look at your watch now. You’re still a super hot female. You got your million-dollar contract.
And they’re all waiting for your hot track.
I can’t wait to go back and do Japan. Get me lots of brand new fans. Osaka, Tokyo. You
Harajuku girls, damn you’ve got some wicked style. Look at your watch now. You’re still a
super hot female. You got your million-dollar contract. And they’re all waiting for your hot
track.
8.Conclusioni
Sostanzialmente, questo videoclip come molti altri, è un formato breve dell’audiovisivo che
lavora molto sulla condensazione per via di un montaggio serratissimo che però non va ad
inficiare il corpus narrativo del video. Il videoclip si conferma, così, sempre più uno
straordinario laboratorio per la sperimentazione dell’immagine dove il montaggio, oltre che
temporale, è soprattutto spaziale, ossia all’interno dell’immagine. Lev Manovich sostiene che
questo è un modo di operare tipico della logica del database in quanto la linearità non è più
l’unica regola. La sintagmaticità delle immagini sfuma verso la paradigmaticità e viceversa.
Non esistono più confini precisi perché questi sono oramai sfrangiati e ciò lo si deve all’uso
sempre più massiccio delle nuove tecnologie digitali in tutte o quasi le fasi della lavorazione
dell’audiovisivo.
“Il risultato è quindi un nuovo cinema in cui la dimensione diacronica non viene più privilegiata
rispetto alla dimensione sincronica, il tempo non viene più privilegiato rispetto allo spazio, la
sequenza non viene più privilegiata rispetto alla simultaneità, il montaggio temporale classico
non viene più privilegiato rispetto al montaggio all’interno della singola scena. (…) Il tempo
viene spazializzato (…)”.
9. Bibliografia
MILLAR Gavin, REISZ Karel, La tecnica del montaggio cinematografico, Lindau, Torino, 2001
PEZZINI Isabella (a cura di), Trailer, spot, clip, siti, banner, Meltemi, Roma, 2002
10. Webgrafia
http://www.youtube.com/watch?v=AVL9jNxj7z8
http://www.gwenstefani.com