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Videoclip

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Definizione
Il videoclip (conosciuto in Italia anche come video musicale o anche semplicemente
video o clip) è un breve filmato prodotto a scopo promozionale per un brano musicale,
solitamente una canzone presente in tutta la lunghezza del video.

In alcune parti del mondo, come in Giappone, è anche detto promotional video,
abbreviato in PV.

I videoclip utilizzano differenti forme stilistiche ed espressive per commentare


visivamente il brano musicale: molti di essi si compongono della semplice riproduzione
filmica del cantante o del gruppo musicale che eseguono il brano; altri creano minifilm
con trama (recitati talvolta dagli stessi componenti del gruppo) oppure non narrativi e
si possono avvalere di sequenze animate o di immagini documentaristiche.

La pratica di abbinamento di immagini filmate a brani musicali risale sin dagli anni
cinquanta, ma il videoclip diviene molto popolare a partire dall'inizio degli anni ottanta
con la nascita delle prime televisioni con palinsesto interamente musicale.

Origine dei videoclip

Come ha dimostrato con le sue ricerche Michele Bovi, i primi filmati musicali a colori
che usano le immagini per accompagnare una canzone sono realizzati in Italia, a
partire dal 1959.

In quell'anno infatti si sperimenta un juke-box ad immagini: il Cinebox, brevettato


come "fonografo visivo" dall'inventore Pietro Granelli e realizzato dalla Ottico
Meccanica Italiana diretta da Paolo Emilio Nistri. Le prime pellicole del Cinebox, girate
dai registi RAI Vito Molinari, Beppe Recchia ed Enzo Trapani, sono interpretate da
Peppino Di Capri, Domenico Modugno, Johnny Dorelli, Renato Rascel, Giorgio Gaber, i
Brutos, Gino Paoli, Edoardo Vianello e altri. Nel 1963 il Cinebox viene esportato sul
mercato americano col nome di Colorama coinvolgendo star come Paul Anka e Neil
Sedaka, ma in breve tempo l'esperimento è abbandonato.

Tra gli altri precursori del videoclip contemporaneo si possono elencare i soundie
(cortometraggi abbinati a brani musicali trasmessi da un rudimentale videojuke-box
detto "panorama soundie" nei primi anni cinquanta negli Stati Uniti), gli scopitone
(corrispettivi francesi dei soundie girati in technicolor e lanciati sul mercato nel 1964)
e le performance che sopperivano all'assenza delle band in studio in alcuni celebri
show televisivi degli anni sessanta come Ready Steady Go! (trasmesso dalla BBC) o l'
Ed Sullivan Show.
Forme vicine al videoclip contemporaneo vengono realizzate da registi di fama dalla
fine degli anni sessanta: i The Beatles per fronteggiare la continua richiesta delle loro
apparizioni in giro per il mondo per promuovere i nuovi singoli, realizzarono dei video,
col tempo sempre più particolari e fantasiosi, che venivano trasmessi dalle Tv o dai
programmi televisivi, una sorta di proto-MTV ante litteram, idea seguita anche da Bob
Dylan con il video di Subterranean Homesick Blues girato dal documentarista D. A.
Pennebaker e inserito in apertura del film del 1967 Dont Look Back, che si avvale della
presenza del poeta Allen Ginsberg come "figurante speciale".

Nel 1974 gli ABBA fecero uscire il loro primo videoclip, Waterloo, diretto da Lasse
Hallström (che dirigerà la maggior parte dei loro video), seguendo poi ad
accompagnare l'uscita dei loro singoli con dei clip promozionali. Nel 1975 i Queen
realizzano un lungo videoclip, considerato erroneamente il primo della storia grazie al
lancio ideato dai loro promoter, del loro brano Bohemian Rhapsody per il programma
televisivo Top of the pops.

Con la nascita di MTV (che il 1º agosto 1981 ha ironicamente aperto le proprie


trasmissioni con il videoclip Video Killed the Radio Star dei Buggles) e di altre
televisioni musicali il videoclip ha assunto sempre maggiore importanza nelle strategie
di lancio promozionale dei brani musicali e si è fortemente evoluto dal punto di vista
artistico.

Il primo videoclip con un alto budget di produzione è stato quello del brano Thriller di
Michael Jackson nel 1983, che fu studiato e girato come un vero film dal regista John
Landis. Il successivo videoclip considerato ancora oggi tra i più costosi fu quello di Wild
Boys dei Duran Duran nel 1984.

Il videoclip più costoso nella storia è Scream, di Michael Jackson, costato 7 milioni di
dollari.
Author:

Antonio Grande

INTRODUZIONE

La comunicazione audiovisiva, dagli albori sino ad oggi, ha sviluppato diverse quanto


variegate forme espressive che si sono gradualmente adattate ai tempi, alle
tecnologie e a tutte le sfaccettature sociali che hanno caratterizzato un mondo, quello
del '900, in rapida evoluzione. Il videoclip è da considerarsi come una delle "forme
brevi" della comunicazione audiovisiva le cui modalità espressive prendono forma
dall'esigenza di promuovere un bene di consumo immateriale come la musica. La
breve durata temporale e l'accezione commerciale di tale prodotto, che potrebbero
sembrare caratteristiche negative almeno per il lato artistico, non influiscono
negativamente sull'elevato potenziale espressivo del prodotto, trasformandosi anzi in
"paletti" che costringono il videoclip a superare i tradizionali limiti delle forme
audiovisive più consolidate per andare a pretendere una propria autonomia
espressiva. Per quanto a occhi inesperti il videoclip possa sembrare un'accozzaglia di
immagini e suoni, con un'attenta analisi si rivelano tracce di una sperimentazione
originale che coinvolge in una vera e propria "messa in scena", nel vero senso
dell'espressione, immagini, suoni e ritmi. Proprio sul versante narrativo c'è da
sottolineare come il videoclip ormai non si limiti a proporre "storielle" lineari che tanto
ricordano altre accezioni dell'audiovisivo, ma va in direzione di un "assemblaggio
inedito di frammenti", spesso di archivio ovvero preesistenti nella cultura audiovisiva
ma riproposti e inseriti nel discorso videoclip. Quanto detto non può che mettere in
evidenza il lavoro e le strategie di montaggio che divengono nel videoclip il campo
significativo di creazione espressiva, andando a privilegiare il frammento all' unità
narrativa, la ripetizione, la ricorsività a dispetto della successione logica delle
sequenze, l'esibizione di "imperfezioni" audiovisive al contrario della perfezione del
dolby e della fotografia cinematografica, e soprattutto la de-sincronizzazione rispetto
alla spesso obbligatoria coincidenza fra immagini e suoni. Tale prospettiva del
montaggio come regolatore dell'espressività del videoclip non può far altro che
rimandarci alle origini dell'audiovisivo dove sarà necessario andare ad evidenziare
alcuni dei passi fondamentali nell'immenso calderone di produzioni e sperimentazioni
che hanno permesso il plasmarsi di modalità espressive altamente articolate come
quelle che stiamo trattando. Per passare ad una anticipazione di quanto sarà trattato,
la prima parte del lavoro sarà dedicata ad una ricostruzione per punti fondamentali dei
contributi significativi per la nascita ed evoluzione del videoclip. Difatti, quanto sopra
detto, va anticipato nel tempo perché se si parla di frammentazione nel montaggio
non può non venire in mente la scuola Russa (solo l'asincrono ci rimanda
tranquillamente al "Manifesto dell'asincronismo"), con esponente di spicco
"l'omnicitato", Ejzsenstein fondamentale per le teorie sull'accostamento di immagini
significative prima e di suoni poi. Altro settore di sperimentazione che ha dato
importanti impulsi all'espressione del videoclip è sicuramente l'avanguardia che pur
producendo materiale più di carattere artistico e non ancora legato ad esigenze
commerciali ha gettato importanti basi per la nostra "forma breve", come per Renè
Clair e il suo "Entràcte", da molti definito il primo e vero capostipite, o l'altro antenato
Fischinger da altri indicato come anticipatore del moderno videoclip con "Komposition
in Blau". Molti sono stati i tentativi di ricostruzione storica ed è sempre stato aperto e
acceso il dibattito sul primo videoclip. In questa sede sarà data rilevanza non tanto ai
primati temporali quanto a primati espressivi e significativi che hanno segnato
l'audiovisivo sempre nel rapporto con il pubblico fruitore che determina quali aspetti si
"tramandano" sotto forma di segni per diventare modalità espressive del videoclip
contemporaneo. Sicuramente sono da citare i "Soundie" statunitensi, il Cinebox e lo
Scopitone veri e propri Juke-box visivi che hanno indirizzato molto i gusti del pubblico
e che si sono proposti in forme e luoghi diversi determinando fortemente la
caratterizzazione di un vero e proprio "genere" con modalità espressive peculiari,
teoria che ho intenzione di sostenere in questo lavoro. Per parlare di veri e propri
videoclip dobbiamo arrivare fra la metà degli anni settanta, con le prime apparizioni, e
gli anni '80 quando, superata l'ostilità del mondo della televisione, il videoclip prende
piede grazie alla spinta dell'industria discografica il cui apporto non è da considerarsi
in maniera negativa anche se finalizzato al profitto, anzi è proprio grazie alla spinta al
guadagno che il videoclip è stato portato a diventare la più avanzata (almeno dal lato
espressivo) forma di comunicazione audiovisiva contemporanea. Definiti, quindi, i
passi fondamentali nella storia della costruzione delle nostre modalità espressive,
nella seconda parte del lavoro saranno analizzate le varie forme espressive su cui fa
leva il videoclip e le strategie di comunicazione adottate per raggiungere scopi ben
"targettizzati" nella società contemporanea. E' importante, per inquadrare le varie
forme, analizzare i pur sempre incompleti e imprecisi tentativi di classificazione
linguistica ed espressiva che comunque ci sottolineano alcuni aspetti fondamentali
nella comprensione espressiva: minimo comun denominatore di tale processo è
sicuramente l'ibridazione linguistica comune a tutti i videoclip e portata dallo
"strumento espressivo" per eccellenza, il montaggio. Analizzando quindi il montaggio,
le varie strategie di enunciazione, il rapporto fra immagini e suoni, il processo di
costruzione della star, andremo a cercare di sostenere l'autonomia espressiva del
linguaggio del videoclip. La terza parte del lavoro sarà dedicata all'analisi di un
videoclip, proprio negli aspetti appena citati per andare a capire quanto definito
teoricamente, per intendere quanto siano sottili i meccanismi di costruzione
espressiva di tali forme brevi che si distinguono anche da tutte le altre simili per il
tempo breve di durata ma non per la forma (si pensi alla pubblicità che promuove un
prodotto mentre il videoclip promuove una confezione, un pacchetto che attraverso la
star arriva solo in un secondo momento al vero e proprio prodotto fisico che fra l'altro
si sta smaterializzando grazie alla frontiera virtuale che non lo rende più tanto fisico
come in passato). Tale considerazione apre la strada alla quarta e ultima sezione del
lavoro dove saranno analizzate le strade contemporanee per provare ad ipotizzare
prospettive future di un mondo della comunicazione che va verso l'immateriale della
rete mutando, di prospettiva, anche la produzione dei lavori stessi. Il mezzo di
comunicazione "leader" del videoclip è stato a lungo tempo la televisione, rispetto alle
quale sono stati distinti due periodi di evoluzione nella distribuzione del videoclip
contemporaneo: dallo sviluppo di inizi '80 a fine anni '90, il videoclip ha conosciuto
nuove modalità di rapporto col pubblico grazie alla diffusione prima nelle televisioni
generaliste e successivamente nei canali tematici, satellitari; a partire dal boom del
digitale e di internet quindi da fine '90, il videoclip ha conosciuto evoluzioni "fuori la
televisione" essendo proposto in diversi formati su internet, sul telefonino, sul
palmare, oltre che via satellite. Quindi il videoclip "nuota" in un panorama altamente
influenzato dalla tecnologia che a sua volta influenza la società che è il pubblico del
videoclip stesso: ogni forma espressiva, specie quelle di accezione commerciale, vive
del rapporto col pubblico e se il pubblico e i suoi bisogni variano, lo fanno di
conseguenza anche i prodotti a loro dedicati. Proveremo quindi , in ultima analisi, ad
ipotizzare dove si può arrivare, facendo presenti quelle che potrebbero essere le linee
di tendenza. Il tutto tenendo presente che il rapporto tecnologia/società
contemporanea si presta difficilmente a previsioni proprio per una "natura"
sperimentale e legata a diverse dinamiche che intrecciandosi, provocano numerosi
sconvolgimenti. Allora che cos'è un videoclip? E' utile, ai fini di un miglior
inquadramento del raggio di azione di questo lavoro, dare una definizione di questa
forma breve che per le sue ibride caratteristiche sfugge a molti tentativi di
tipicizzazione. Il videoclip è letteralmente1 un "ritaglio di video", ovvero un formato
audiovisivo di natura breve costruito su un brano musicale con immagini molto veloci
e frammentate e altri espedienti creativi per raggiungere in maniera fortemente
comunicativa il fruitore; il carattere promozionale di tale audiovisivo, nel corso del
tempo, è stato anche il "propulsore espressivo" che ne ha consentito uno sviluppo
creativo che ha reso il videoclip una delle più avanzate forme di audiovisivo
contemporaneo. Con l'era digitale si sono allargate le possibilità produttive e si sono
generate importanti evoluzioni che hanno modificato il genere sia dal punto di vista
del mercato sia da quello espressivo.

CAPITOLO 1 - EVOLUZIONI STORICHE, IL FILONE DI RICERCA ESPRESSIVA E I PRIMI


PASSI SUL MERCATO

Linee guida dall'era della sperimentazione al contemporaneo

1.1 Gli antenati del videoclip

La maggior parte della letteratura di settore, unita all'intuizione comune che spesso si
eleva al rango di sapere, colloca la nascita del videoclip a metà anni '70, spesso con
precisione nel 1975 col famosissimo video dei Queen "Bohemian rhapsody" e più
sociologicamente con l'affermazione di necessità industriali proiettate verso il pubblico
tipiche dell'era New Pop2. Tale interpretazione è da considerarsi almeno parzialmente
erronea in quanto già prima, spesso molto prima, nel campo dell'audiovisivo si sono
avute manifestazioni che se non potevano definirsi videoclip in toto (manca ancora la
tecnologia video vera e propria), sicuramente ne possedevano parecchie
caratteristiche specie espressive per forma e ritmo ma anche industriali con le prime
forme di promozione del mercato discografico. Questo periodo sperimentale è da
includere nella storia del videoclip che altrimenti potrebbe risultare come nato da una
sorta di "big-bang" audiovisivo mentre è palesemente frutto della stratificazione delle
sperimentazioni audiovisive "fissate" nella storia tramite il rapporto col pubblico nel
sapere comune che in quest'ottica risulta ora completo. Come spiega efficacemente
Martin Scorzese3 per il cinema, il fenomeno è frutto quindi di una progressiva presa di
coscienza audiovisiva: "Ho sempre pensato che il linguaggio visivo è altrettanto
importante del linguaggio verbale. Quello che i pionieri del cinema stavano esplorando
erano le tecniche specifiche del mezzo. Così facendo, inventarono un nuovo linguaggio
basato sulle immagini piuttosto che sulle parole, quella che si potrebbe definire una
grammatica visuale...". Il periodo che ruota attorno alla nascita del cinema è un
grande calderone in cui ribollivano alcune idee che si sarebbero fatte grande strada
nel corso del secolo. Il dibattito su gli elementi che possano essere riconducibili a
sviluppi nel filone del videoclip è aperto. Fra le eterogenee interpretazioni riscontrate
la più efficace e minuziosa mi sembra quella di Bruno di Marino che va a rintracciare
contatti sin da Wagner e Reynaud per la sinestesia artistica, passando per gli ormai
famosi esperimenti di Edison e Dickson4 per arrivare all'avanguardia vera e propria e
alla scuola russa di cinematografia, momenti storici che a mio parere hanno
contribuito maggiormente alla "metastasi" audiovisiva del videoclip.

1.1.2 Le "fondamenta" di Ejzsenstejn e della scuola russa

L'autore che più ha contribuito ad un'azione di codifica delle immagini in movimento


ed al quale si può fare riferimento per tutto lo scibile audiovisivo è di sicuro Sergej M.
Ejzenstejn; basta citare la sua definizione di film quale "sintesi suprema di tutte le
manifestazioni artistiche" per trovarci già molto vicini all'universo del videoclip. Nei
suoi testi come "La forma cinematografica", "La natura non indifferente", "Il
montaggio", troviamo concetti fondamentali come "montaggio metrico", "ritmico",
"tonale", "sovratonale", e suggestioni teoriche come "lo sconfinamento delle immagini
nella musica", siamo solo fra gli anni '20 e gli anni '40 proprio dove si sta cercando di
collocare l'origine del videoclip. Parlando di "montaggio verticale", Ejzenstejn fa
riferimento ad ogni possibile forma di prodotto filmico-video-sonoro attribuendo
all'elemento musicale la capacità espressiva di collegare componenti apparentemente
disomogenei del prodotto audiovisivo (parole e colori, testo della sceneggiatura e pura
dinamica visiva delle inquadrature). L'elemento musicale va a creare la "legatura
audiovisiva" di un'opera andando a coordinare elementi apparentemente disomogenei
ed andando a definire una sorta di "partitura visiva". La prova tangibile di quanto
Ejzenstejn proiettasse le sue analisi direttamente verso il futuro audiovisivo previsto e
codificato è contenuta in un documento redatto assieme ad altre due menti della
scuola russa Pudovkin e Aleksandrov. Il documento è una dichiarazione a tre voci sul
"futuro del sonoro" e appare quasi come una profezia su tutto quello che sarebbe
accaduto nei decenni successivi nel rapporto tra musica e immagini in movimento. C'è
il doveroso tributo al montaggio, "il mezzo fondamentale e unico con cui il cinema ha
raggiunto un così alto livello espressivo", che ha il gran merito di conferire un'efficacia
visiva alle immagini infondendo ad esse la capacità di imprimersi nella mente dello
spettatore per la carica "iconografica" data da tagli in inquadrature, fotografia nel
senso cinematografico della parola, dalla carica di "eccitazione" del ritmo del
montaggio. Dalle teorie di Ejzenstejn si può riferire che l'opinione pubblica e la
letteratura hanno piazzato l'origine del videoclip solo negli anni '70 proprio perché i
clip dagli anni '30 agli anni '70 sono stati montati con uno stile che il maestro russo
avrebbe definito "contrappuntistico" ovvero che tende ad assecondare, sottolineare o
almeno rispettare il ritmo della canzone in direzione di un'esaltazione della partitura
musicale. Tale interpretazione viene poi spazzata via dagli anni '70 e '80 sull'onda di
una massiccia e ormai sistematica industrializzazione del prodotto che porta, come
sottolineeremo in seguito, il montaggio ad essere l'aspetto principale del linguaggio
del videoclip che si esprime con un utilizzo "estremo" dell'editing (chiaramente di
matrice russa), sciogliendolo da ogni metrica puramente musicale per tirarlo
all'inseguimento di una cinesi quantomeno veemente e purtroppo spesso sgraziata.
Molto presto, infatti, la crescita di fruizione del videoclip ha portato lo "speed editing",
ovvero l'estrema velocità di montaggio ad essere elemento distintivo per il videoclip
fra i prodotti audiovisivi. Un'altra teoria di Ejzenstejn che assume lo status di linea
guida per il videoclip è "il montaggio delle attrazioni" ovvero il "libero montaggio di
azioni arbitrariamente scelte, indipendenti, ma con un preciso orientamento verso un
determinato effetto tematico finale" ed è così che vengono accostate ad esempio
immagini della popolazione in "Sciopero" affiancate ad un bue al macello, l'impatto
visivo è dei più forti e dallo shock di questo accostamento si crea l'effetto tematico
chiarissimo ormai per il pubblico. Gli anni della scoperta del sonoro vedono ancora una
volta Ejzenstejn all'avanguardia. Con grande anticipo, riesce ad elaborare un film "La
corazzata Potemkin" tenendo nella massima considerazione la sua componente
musicale ancora, ricordiamo bene, non unita nella colonna sonora alle immagini,
attribuendo perciò a quello che era un commento sonoro non più la funzione di
contorno come da eredità del cinema muto ma attribuendogli un ruolo caratterizzante
all'interno dell'opera cinematografica. Ma il punto di maggiore interesse per tale
ricerca di radici del videoclip, dove Ejzenstejn si spinse sino alle soglie dell'assunto
tecnico e concettuale è rintracciabile in "Aleksàndr Nevskij" opera stilata in
collaborazione col compositore Prokof'ev dove vi sono sequenze in cui le inquadrature
sono montate sulla colonna sonora già precedentemente incisa. Una vera e propria
rivoluzione copernicana, non più la musica in funzione commento rispetto alle
immagini bensì inquadrature la cui disposizione viene subordinata rispetto a una
preminente struttura sonora: la musica diviene testo immutabile, le immagini si
devono sforzare di seguirla armonicamente, proprio quello che avviene per la
costruzione del videoclip musicale. Il manifesto "Il futuro del sonoro" va a toccare
anche, al quarto punto, il tema tecnologico asserendo che "la scoperta tecnica non è
un fattore casuale nella storia...ma lo sbocco naturale dell'avanguardia
cinematografica"; cosa che è successa con numerosi artisti che hanno accolto le
innovazioni tecnologiche per materializzare nuove forme espressive altrimenti non
ricreabili tranne che nella loro fantasia e che succede ancora oggi con la rivoluzione
digitale. Come possiamo dedurre da quanto detto sul Ejzenstejn e la scuola russa ci
sono delle anticipazioni fondamentali nella teoria già dagl'anni del cinema muto da
rintracciare per capire come hanno preso forme le eterogenee modalità espressive del
videoclip contemporaneo.

1.1.3 Progenitori d'avanguardia

Il contesto storico-culturale ribolliva di spiriti artistici che, sperimentando le nuove


possibilità regalate dal mezzo audiovisivo, arrivarono a toccare limiti creativi che se da
una parte si sono poi ritrovati nel circolo chiuso che è la video arte, dall'altra hanno
spinto la ricerca in direzioni impreviste andando a influenzare decisivamente la
codifica del linguaggio contemporaneo . Le sperimentazioni si sono succedute in
diverse direzioni e certo è che il territorio della "Musica visuale" esplorato in quel
periodo per la necessità di sentire, ha influenzato la produzione linguistica audiovisiva
e rappresenta il filone di ricerca da cui, dopo un lungo e articolato percorso di sviluppo
si arriva alla videomusica, ovvero al contemporaneo videoclip. Fra i più importanti
Richter che realizza i suoi tre famosissimi cortometraggi astratti basati su quadrati e
rettangolo Rhytmus5 21, 23, 25; Eggelling che sperimenta la possibilità di dare
movimento alle composizioni pittoriche, lavorando sull'evoluzione dinamica di forme
astratte in sequenza, prima su lunghi rotoli di carta, quindi approdando al film. Il
manifesto La cinematografia futurista recita "il cinematografo è un arte a sé ... deve
distaccarsi dalla realtà, dalla fotografia, dal grazioso e dal solenne. Diventare
antigrazioso, de formatore, impressionista, sintetico, dinamico, parolibero. Occorre
liberare il cinematografo come mezzo d'espressione farne uno strumento ideale di
nuova arte..". Il carattere visivo del cinema della contrapposizione alla dimensione
teatrale, di scena riprodotta, è sostenuto energicamente dallo stesso Richter, Man
Ray6, Duchamp, Léger8: tutti questi artisti si impegnano a produrre film che allargano
gli orizzonti del cinema, le possibilità di un uso dinamico dell'immagine esteticamente
determinata. Il cinema reattivo di ricerca sperimentale, esplora continuamente le
possibilità del mezzo svincolando l'immagine cinematografica dalla soggezione al
codice narrativo. La relazione tra arti visuali e cinema si sviluppa in due direzioni: da
una parte esiste un gioco di influenze che vengono da un particolare clima artistico
verso il cinema generando il cinema futurista, il cinema cubista, il cinema surrealista,
il cinema espressionista; dall'altra il cinema con i suoi meccanismi e dinamismi
sollecita alcune ricerche dell'aria visuale. Come spiega efficacemente V. Fagone9:
"Storicamente la grammatica del cinema è stata costruita nel confronto con il
linguaggio di immagine della ricerca d'avanguardia" sottolineando poi come le opere
degli avanguardisti influenzano la "zona di crescita" tanto delle arti visive come del
linguaggio cinematografico, quindi oggi audiovisivo.
ANALISI SEMIOTICA DI UN VIDEOCLIP: “What you waiting for?” (Gwen Stefani)
1. Introduzione

Attualmente il videoclip, insieme ad altre forme brevi quali ad esempio trailers e spot
pubblicitari, costituisce uno dei topoi privilegiati per la sperimentazione del linguaggio
audiovisivo. Il senso di questa mia affermazione sta nel fatto che attraverso il videoclip è
possibile saggiare le nuove possibilità che ci offre un uso oramai sempre più massiccio delle
tecnologie digitali anche solo nei termini di una nuovissima resa estetica dell’immagine. Il
videoclip sempre di più va confermandosi come il manuale di studio di tutto l’odierno cinema
digitale in quanto assurge a punto di riferimento di gran parte del cinema attuale dove
l’immagine è sempre di più la tela elettronica del regista che divenuto pittore digitale ne
detiene il controllo assoluto pixel per pixel esattamente come un pittore rinascimentale aveva il
dominio assoluto su ogni singolo pigmento.

In ogni videoclip gli SFX fanno la parte del leone, sono moltissimi e anche piuttosto evidenti.
Molti clips hanno uno stile forse eccessivamente “barocco”, caligarista.
A tale proposito, Tom Gunning è il teorico del cinema che ha contestato la leggenda che da
sempre accompagna la visione del primo film della storia (Arrivée d’un train à la Ciotat,
Lumière, 1895) sostenendo che il pubblico del Salon Indien poteva anche essersi spaventato,
ma certamente non era così ingenuo da credere veramente che un treno stesse piombando in
sala. Secondo Gunning ciò che ha stupito gli spettatori è stata proprio la differenza tra ciò che
sapevano essere reale e ciò che vedevano con i propri occhi, ossia essi ammirarono la capacità
del medium cinematografico di creare un’illusione così autentica da farli credere per un istante
a una cosa impossibile.
Con il digitale c’è il ritorno ad un cinema d’attrazione, e più in generale, a un prodotto
audiovisivo che gioca proprio su queste discontinuità. In sostanza lo spettatore odierno si
meraviglia degli SFX perché ha ormai grammaticalizzato il linguaggio cinematografico come a
dire che gusta appieno un trompe l’oeil perché comprende cos’è un trompe l’oeil.

2. Verso un’analisi semiotica

Gli strumenti utilizzati nell’analisi fanno perno sulle teorie enunciazionali greimasiane.
La durata di questo video è di 8 minuti e 41 secondi. E’ stato realizzato da Francis Lawrence
verso la fine del 2004 in occasione dell’uscita dell’album Love, Angel, Music, Baby di Gwen
Stefani. La prima inquadratura del video riguarda l’arrivo della cantante all’aeroporto di Los
Angeles. Scopo di questo suo viaggio è quello di fare un provino presso una famosa casa
discografica per presentare una canzone che le consentirà di firmare con la major un contratto
da un milione di dollari. Ben presto però le sue certezze iniziano a vacillare ed entra in una
sorta di crisi di ispirazione. Ad un certo punto la si vede, infatti, in sala d’incisione provare
qualche verso al pianoforte ma un blocco di creatività non le permette di proseguire. La
vediamo alzarsi per andare a prendere un caffè finché la sua attenzione è catturata da uno
strano annuncio pubblicitario affisso proprio sulla macchinetta distributrice che promette di
risolvere ogni tipo di blocco creativo. La cantante non si perde d’animo e si rivolge presso
quello che sembra essere uno studio per la psicoanalisi. Qui, dopo essersi sottoposta a un test
psicologico preliminare basato su risposte multiple, entra in scena la dottoressa che si prende
carico della sua patologia. Ma, come per magia, mentre esponeva i suoi problemi alla
dottoressa, all’improvviso uno strano pupazzetto rosa, simile ad un coniglietto, inizia ad
animarsi. E’ così che Gwen entra in una dimensione molto particolare, baroccheggiante, satura
di colori e di strani personaggi, una sorta di carrolliano mondo delle meraviglie che ricorda
molto la scenografia e la fotografia di Big Fish di Tim Burton.
In questo stato paranoico-delirante, che molto somiglia al metodo paranoico-critico di Salvador
Dalì, la mente della deliziosa Gwen, come per incanto, ricomincia a trovare quella vena
creativa che sembrava avere smarrito per sempre e proprio mentre è al culmine del suo stato
visionario si risveglia ed inizia a danzare al ritmo di quel brano che prima in maniera lucida non
riusciva a comporre attraverso la traduzione di quello stato onirico in uno sfrenato ritmo
musicale.
E’ quasi impossibile non fare un parallelo con un Buñuel, con un Breton, con un Desnos o con
un Soupault e il loro modo di esprimersi attraverso quella che i surrealisti definirono la
scrittura automatica, in cui le parole fluivano sulla carta senza alcuna logica, dando vita,
attraverso un montaggio “analogico”-onirico, a immagini straordinarie simili a quelle scaturite
dai sogni.
Generalmente il montaggio di ogni videoclip è un montaggio estremamente serrato,
frammentato ma ciò non implica l’assenza di una precisa struttura narrativa. La
frammentazione non fa altro che tradurre in sequenze il ritmo del brano musicale.
Il montaggio interviene a sincronizzare e, quindi, a fondere il ritmo visivo e il ritmo musicale
nel ritmo/flusso audiovisivo.

3. Struttura topologica

Attraverso l’analisi di What you waiting for? evinciamo la compresenza di due strutture macro
spaziali ben definite: uno è lo spazio della metropoli, nello specifico Los Angeles, l’altro è il
mondo iperreale nel quale la bionda cantante viene proiettata in seguito al suo stato di trance
onirico. La metropoli è a sua volta articolata in sottospazi ben evidenziati dal seguente
schema:

Metropoli vs. Mondo iperreale generato dallo stato onirico


aeroporto
strade
automobile
casa
studio d’incisione
studio medico

A questa articolazione degli spazi è correlata un’articolazione cronologica che presenta la


seguente struttura:

Metropoli Mondo iperreale Metropoli


(tempo 1) (tempo 2) (tempo 3)

Tale ripartizione cronologica è strettamente legata ad un’altra articolazione degli spazi così
strutturata:

Spazio topico vs. Spazio eterotopico


(metropoli) (mondo iperreale)
A sua volta lo spazio topico si bipartisce in spazio utopico come luogo della performanza
dell’eroe e nello specifico rappresentato dalla sala d’incisione e in spazio paratopico che è il
luogo della competenza dove l’eroe acquisisce le competenze e quindi gli strumenti per
compiere la prova, rappresentato dallo studio medico presso il quale Gwen si rivolge per
risolvere i suoi blocchi creativi.

4. Spazio topico
La metropoli costituisce il punto di partenza e d’arrivo del percorso narrativo del video.
La prima inquadratura è il primo piano di un cartello che annuncia ai viaggiatori l’arrivo a Los
Angeles. La seconda inquadratura è un piano americano della cantante che si avvia con i
bagagli verso l’uscita dell’aeroporto. Le successive inquadrature sono all’interno di
un’autovettura e ci mostrano la cantante rispondere a una chiamata giunta sul suo telefono
cellulare. Dalle prime parole pronunciate dal suo interlocutore deduciamo che si tratta del suo
Destinante ossia di colui che manipola l’agire del Soggetto-Gwen attraverso il “far-fare”. La
cantante, sulle prime, risponde: “(…) I’m not inspired…” per dire che non si sente ancora
pronta a superare la prova decisiva essendo in uno stato di profonda crisi creativa.
Trascorso un mese dal suo arrivo a Los Angeles la cantante si decide di andare a provare in
sala di registrazione. Davanti a lei c’è un pianoforte, prova ad accennare qualche verso ma un
blocco totale della sua creatività non le permette di proseguire.
Fa una pausa e si alza per andare a prendere un caffè nella speranza di uscire da quello stato
di impasse e qui nota, affisso alla macchina del caffè, un annuncio che promette qualcosa di
miracoloso: liberare dai blocchi creativi gli artisti. Gwen non perde un istante e si reca
immediatamente in quello che sembra essere uno studio per sedute psicoanalitiche. E’ questo
lo spazio paratopico, lo scenario della prova qualificante dove il Soggetto acquisisce le
competenze necessarie e propedeutiche per portare a termine la successiva prova decisiva.
Qui la dottoressa sottopone la cantante a una serie di test psicologici per cercare di
comprendere le cause di questi vuoti mentali.
In un’inquadratura successiva rivediamo di nuovo la cantante al pianoforte in sala di
registrazione. Stavolta la sua attenzione è attratta da un simpatico pupazzetto, forse è un
coniglietto, che inizia ad animarsi e a dirigersi verso di lei.
E’ a questo punto che Gwen, lanciando in aria un orologio da taschino con quadrante rosso e
che sembra avere le lancette impazzite, entra in uno stato catatonico-onirico che la proietta in
una dimensione surreale.

5. Spazio eterotopico

E’ adesso che possiamo vedere la bionda cantante nei panni di un’Alice nel suo mondo di
meraviglie e possiamo assistere all’operazione di débrayage, ossia di disinnesto spaziale
rispetto all’istanza enunciazionale che altro non è che “l’istanza che promuove il passaggio tra
la competenza e la performanza linguistiche, tra le strutture semiotiche virtuali che essa avrà il
compito di attualizzare e le strutture realizzate sotto forma di discorso”#. In questo spazio
surreale si può notare una fotografia dell’immagine satura di colore fino all’inverosimile, molto
pitturata, e alcune soluzioni di montaggio come una serie di dissolvenze-assolvenze che
esaltano ancor di più lo stato di trance visionario di Gwen.
E’ un montaggio che definirei onirico, surrealista perché le immagini fluiscono liberamente
senza alcuna logica e sono collegate tra loro in maniera analogica.
Solo verso la fine di questa macro-sequenza si può scorgere un montaggio alternato di
immagini tra la cantante proiettata nel mondo visionario e lei stessa che, in sala di
registrazione e stesa a terra a occhi chiusi, accenna qualche verso. Le immagini dell’una e
dell’altra situazione sono perfettamente sincronizzate con l’audio.

6. Spazio utopico: la sala di registrazione

Ogni débrayage presuppone un embrayage ossia un innesco, un ritorno all’istanza


dell’enunciazione che si ha quando Gwen si risveglia dal suo stato onirico e traduce quel sogno
in una ballata indimenticabile.
Viene spontaneo a questo punto un parallelismo con Buñuel che parlando della sua
collaborazione con Salvador Dalì nella realizzazione di Un Chien Andalou disse: “Questo film
nacque dall’incontro fra due sogni”. Questo video non fa, quindi, che risaltare la geniale
visionarietà di Lawrence, uno fra i più interessanti videomakers del panorama contemporaneo.
In questa sequenza Gwen la si vede dimenare come un’invasata baciata dalla grazia ispiratrice
che le permette di far fluire le parole sulla sua bocca quasi in maniera automatica.
Questo luogo, secondo lo schema narrativo greimasiano è il luogo della performanza dove il
fare modalizza l’essere e la star compie la prova decisiva che verrà poi sanzionata
(positivamente o negativamente).
Generalmente, ogni testo audiovisivo ha una propria struttura narrativa che è possibile
organizzare secondo lo schema greimasiano:

MANIPOLAZIONE SANZIONE
far-fare essere dell’essere

performanza competenza
cognitiva di S2 cognitiva di S2

COMPETENZA di S1 PERFORMANZA di S1
essere del fare far essere

atto pragmatico

La sanzione (positiva) arriverà nel momento in cui si vede comparire, inquadrata in mezza
figura, la dottoressa che bussando dal retro della vetrata che affaccia sulla sala di
registrazione, pronuncia le seguenti parole: “Miss Stefani…Miss Stefani! I’ve got the bill!”. La
richiesta del conto per la prestazione specialistica fornitale costituisce, così, l’indice del
superamento della prova decisiva da parte della cantante e il rispetto del contratto fiduciario
stipulato con il suo Destinante.

7. Testo della canzone

What you waiting for?

What an amazing time. What a family. How did the years go by? Now it’s only me.
Tick… tock…
Like a cat in heat stuck in a moving car. A scary conversation shut my eyes can’t find the
brake. What if they say that you’re a climber? Naturally I’m worried if I do it alone. Who really
cares cause it’s your life you never know it could be great. Take a chance cause you might
grow.

Rit. WHAT YOU WAITING FOR?


Tick… tock …take a chance you stupid ho.

Like an echo pedal you’re repeating yourself. You know it all by heart, why are you standing in
one place? Born to blossom, bloom to perish. Your moment will run out cause of your sex
chromosome. I know it’s so messed up how our society all thinks. Life is short, you’re capable.
Look at your watch now. You’re still a super hot female. You got your million-dollar contract.
And they’re all waiting for your hot track.

Rit. WHAT YOU WAITING FOR?

I can’t wait to go back and do Japan. Get me lots of brand new fans. Osaka, Tokyo. You
Harajuku girls, damn you’ve got some wicked style. Look at your watch now. You’re still a
super hot female. You got your million-dollar contract. And they’re all waiting for your hot
track.

Rit. WHAT YOU WAITING FOR?


Take a chance you stupid ho.

8.Conclusioni

Sostanzialmente, questo videoclip come molti altri, è un formato breve dell’audiovisivo che
lavora molto sulla condensazione per via di un montaggio serratissimo che però non va ad
inficiare il corpus narrativo del video. Il videoclip si conferma, così, sempre più uno
straordinario laboratorio per la sperimentazione dell’immagine dove il montaggio, oltre che
temporale, è soprattutto spaziale, ossia all’interno dell’immagine. Lev Manovich sostiene che
questo è un modo di operare tipico della logica del database in quanto la linearità non è più
l’unica regola. La sintagmaticità delle immagini sfuma verso la paradigmaticità e viceversa.
Non esistono più confini precisi perché questi sono oramai sfrangiati e ciò lo si deve all’uso
sempre più massiccio delle nuove tecnologie digitali in tutte o quasi le fasi della lavorazione
dell’audiovisivo.
“Il risultato è quindi un nuovo cinema in cui la dimensione diacronica non viene più privilegiata
rispetto alla dimensione sincronica, il tempo non viene più privilegiato rispetto allo spazio, la
sequenza non viene più privilegiata rispetto alla simultaneità, il montaggio temporale classico
non viene più privilegiato rispetto al montaggio all’interno della singola scena. (…) Il tempo
viene spazializzato (…)”.

9. Bibliografia

BISACCIA Antonio, Punctum fluens, Meltemi, Roma, 2002

CASSANI Diego, Manuale del montaggio, UTET, Torino, 2000

MANOVICH Lev, Il linguaggio dei nuovi media, Olivares, Milano, 2002

MARSCIANI Francesco, ZINNA Alessandro, Elementi di semiotica generativa, Esculapio,


Bologna, 1991

MILLAR Gavin, REISZ Karel, La tecnica del montaggio cinematografico, Lindau, Torino, 2001

MURCH Walter, In un batter d’occhi, Lindau, Torino, 2001

PEZZINI Isabella (a cura di), Trailer, spot, clip, siti, banner, Meltemi, Roma, 2002
10. Webgrafia

http://www.youtube.com/watch?v=AVL9jNxj7z8

http://www.gwenstefani.com

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