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Tutte le funzioni degli animali prevedono una reazione metabolica che viene svolta su un substrato.

Da questa reazione, in genere, si vengono a formare dei prodotti, ma anche degli scarti e, cioè, dei
cataboliti. L’azoto è fondamentale nella vita degli animali in quanto serve alla costruzione di due
categorie di molecole essenziali per la vita. L’azoto come prodotto di scarto, quando comincia a
concentrarsi, diventa tossico per le cellule e, quindi, per gli organismi. Per questo motivo c’è bisogno
che l’eccesso di azoto venga espulso all’esterno attraverso cataboliti. L’apparato che si occupa di
questa espulsione prende il nome di sistema escretore. L’unico modo che hanno gli animali per
non “sentire” la tossicità dell’azoto è diluirlo enormemente. Questa reazione, però, richiede una
grande quantità di acqua. Per questo motivo gli animali terresti sono costretti, al termine di questo
processo, a recuperare la quantità di acqua per mantenere l’equilibrio osmotico.

I liquidi che contengono i rifiuti del metabolismo azotato sono disciolti nel celoma o in spazi
interstiziali.

La condizione idrosalina a cui sono esposti gli animali acquatici varia. La stessa considerazione va
fatta anche nel caso degli animali terresti. Nella maggior parte degli animali marini, il liquido presente
negli spazi interstiziali e nelle cellule di questi è acqua di mare. La condizione idrosalina interna,
quindi, è uguale a quella dell’ambiente in cui vive. Il flusso netto sarà sempre pari a 0: quanta acqua
entra, tanta acqua esce. Questi animali sono osmoconformi e, siccome rilasciano ammoniaca,
vengono detti animali ammoniotelici.

Negli animali di acqua dolce o negli animali che vivono in acque salmastre viene a mancare
l’osmosità perché questo porterebbe ad un’estrema riduzione del sodio esterno alle cellule e
comprometterebbe il corretto funzionamento delle cellule, degli organi e dei sistemi di organi di un
animale. La condizione reale e, cioè, quella in cui si vengono a trovare, impone che questi animali
debbano obbligatoriamente regolare i flussi di acqua per mantenere costante la quantità di sale
all’interno di una cellula, la stessa che permette il corretto funzionamento. Questi animali sono
animali osmoregolatori e si oppongono alla naturale tendenza dell’acqua di entrare e di uscire. Se
l’acqua esterna è a concentrazione salina minore, l’animale tende ad assumere acqua e a diluire i
suoi sali interni. Viceversa, se l’acqua esterna è estremamente salata, l’animale tende a perdere
acqua. Questa condizione è vera soprattutto per gli animali terresti, altrimenti non riuscirebbero a
controllare la perdita di acqua.

Un animale che vive in acque dolci, se perde acqua con i cataboliti azotati, la recupera perché già
naturalmente tende ad acquisire più acqua. Questo è, tuttavia, un vantaggio. Alcuni animali possono
presentare anche degli organi che, anziché espellere acqua, portano fuori dei sali. In ogni caso,
devono regolare questi flussi per permettere il corretto funzionamento delle strutture interne. Anche
gli animali di acqua dolce sono animali ammoniotelici. Ciò è diverso per gli animali che vivono in
acque salmastre. Questi animali espellono ancora ammoniaca, ma vanno a controllare con delle
particolari vesciche la tempistica di rilascio dell’acqua, in modo tale da non creare degli squilibri.

Gli animali terresti, come tutti gli altri animali, sono costretti ad eliminare i prodotti del metabolismo
azotato. Nell’espellere questi rifiuti, però, perdono molta acqua. La prima strategia che mettono in
atto, evitando di andare in contro a disidratazione, è quella di andare ad agire sulla macromolecola
in cui sono concentrati gli atomi di azoto. Il metabolismo azotato di questi animali fa sì che la loro
molecola di espulsione non sia l’ammoniaca, ma l’urea. L’urea è una sostanza altrettanto tossica,
ma il suo vantaggio sta nel fatto che nella singola molecola di urea ci siano due atomi di azoto e, di
conseguenza, viene persa metà della quantità di acqua. Per questo motivo, gli animali terresti sono
animali ureotelici. Gli animali terresti, tuttavia, hanno messo in atto anche un’altra strategia: lungo
tutto il tratto che porterà il filtrato ad essere espulso, man mano che ci si avvicina alla fine, viene
recuperata acqua. Per poter effettuare questo fenomeno di filtrazione al contrario, gli animali devono
prendere i sali e li devono portare all’interno delle cellule. Di conseguenza, l’acqua per osmosi
tenderà ad uscire dal tubulo e a rientrare nelle cellule. In questo modo l’animale recupera acqua e,
in prossimità dell’uscita, il filtrato che si concentra viene espulso fuori. Soltanto gli animali che hanno
un carico energetico alto e, cioè, quegli animali che si nutrono attivamente, possono permettersi
queste strategie perché per poter richiamare acqua e, di conseguenza, poter rilasciare acqua, c’è
bisogno di molta energia.

Il prodotto di scarto preferenziale per gli insetti, così come per gli uccelli, invece, è l’acido urico. In
questo caso parliamo di animali uricotelici. L’acido urico contiene diversi atomi di azoto. Questi
animali, in particolare, eliminano i prodotti di eccesso del metabolismo azotato sotto forma di
guanina; ciò consente a questi animali invertebrati terresti di non perdere acqua anche dovendo
eliminare i cataboliti provenienti dal metabolismo. Quando questi animali sintetizzano l’acido urico,
quest’ultimo viene diluito. Nel corso del viaggio che l’acido urico fa fino ad essere espulso, viene
spesa energia per riassorbire dei sali e contestualmente, per osmosi, riassorbire acqua fino al punto
tale da far precipitare i sali ed espellere tutto sotto forma di cristalli e, cioè, in forma solida.

Questi sistemi consentono agli animali di essere distinti gli uni rispetto agli altri sulla qualità del
catabolita rilasciato. Tutto va collegato con le tipologie dei sistemi di escrezione presenti animale
per animale.

Spesso, molti di questi animali osmoconformi possiedono un isoscheletro.

I platelminti hanno una forma corporea schiacciata. Tutto questo, in realtà, è l’effetto della mancanza
di un apparato respiratorio. Uno degli organi in cui si osserva l’organizzazione dei platelminti è
l’organo escretore. Quando si ha a che fare con un sistema escretore, quest’ultimo, in genere, è
associato ad un sistema di trasporto. Il mezzo di trasporto corrisponde all’apparato circolatorio
oppure ai sistemi celomatici. I platelminti, però, sono privi di spazio e sono sprovvisti di un sistema
circolatorio. Lungo tutto il corpo di questi animali, in particolare, esiste un sistema di tubuli che prende
il nome di sistema protonefridiale, costituito da protonefridi. Si tratta di una serie di cellule che
vanno a formare un’impalcatura altamente ramificata in grado di raggiungere tutti i comparti
extracellulari del corpo dell’animale. All’estremità, tutte queste ramificazioni terminano con delle
cellule che funzionano da veri e propri tappi. L’altra estremità del tubulo, invece, comunica con
l’esterno attraverso un’apertura che prende il nome di nefridioporo. Queste cellule svolgono il
compito di tappo terminale interno di questi sistemi. Nello specifico, vengono chiamate cellule a
fiamma, in grado di ripiegarsi e formare, appunto, un tappo. Sono cellule provviste di lunghe cilia
rivolte verso l’interno del tubulo. La loro membrana cellulare, anziché essere continua, è sottile e
ripiegata. Le cilia, in particolare, sono inserite all’interno del lume. Il loro compito è quello di muoversi
e creare un vortice che tende a spingere il liquido lontano. All’esterno, invece, creano una pressione
negativa e, di conseguenza, tutti i liquidi extracellulari vengono attratti verso la membrana esterna
di queste cellule che formano il cappuccio dei tubuli. In prossimità di questi ripiegamenti il liquido
cellulare, contenente anche i prodotti di rifiuto provenienti dal metabolismo cellulare, è sottoposto ad
un processo di filtrazione selettivo, il quale porta all’interno determinate sostanze. Durante tutto il
decorso di questo filtrato che deve arrivare al nefridioporo per poter essere espulso, in realtà, una
parte dell’acqua e, cioè, i sali, attraverso principi di trasporto attivo, vengono rilasciati all’esterno del
tubulo e, di conseguenza, l’acqua ritorna indietro concentrando il filtrato che viene espulso sotto
forma di urina.

Quando consideriamo animali pseudocelomati, provvisti di sistemi che adeguatamente si occupano


di recuperare tutti i rifiuti dei diversi metabolismi e trasportarli in quei posti là dove dovranno essere
smaltiti, il discorso cambia. Il sistema di trasporto in questi animali corrisponde al liquido contenuto
all’interno del celoma. In genere, nelle porzioni laterali, in due punti del corpo, sono presenti due
sistemi di vasi, il sistema H, i quali funzionano come canali escretori attraverso cui viene portato
all’esterno tutto il materiale di scarto.

Un animale celomato, invece, come nel caso degli anellidi, oltre ad avere liquido presente all’interno
dei sacchetti celomatici, sono provvisti anche di un sistema circolatorio. Presentano un vaso dorsale,
che cammina al di sopra dell’intestino, e un vaso ventrale che, al contrario, cammina al di sotto
dell’intestino. In realtà, non si tratta di veri e propri vasi. Sono stesso le pareti dei mesenteli
mesodermici che vanno a costituire le pareti di questi vasi. Il sistema circolatorio è costituito anche
da vasi in grado di connettere il vaso dorsale a quello ventrale. In questi animali, a livello dorsale, si
ha una filtrazione per pressione tra il vaso interno e la parete celomatica. Di fatto, le scorie del
metabolismo azotato camminano prima nel sistema circolatorio e, successivamente, passano
all’interno del liquido celomatico. Nel corso del loro percorso trovano una sorta di imbuto ciliato, il
quale prende il nome nefrostoma, che fa entrare del liquido all’interno di canali che vanno a
costituire una struttura che prende il nome di metanefridio, il quale comunica all’esterno con
un’apertura che, in particolare, si chiama nefridioporo. A differenza del protonefridio, il metanefridio
presenta aperture da entrambi i lati. Quindi, è un tubulo con due aperture: una guarda verso
l’esterno, l’altra guarda verso l’interno. Lungo tutto il percorso di questo tubulo metanefridiale e a
livello della vescica terminale, avviene un fenomeno di recupero dell’acqua. Il metanefridio, tuttavia,
non è considerato un vero e proprio organo escretore. A livello delle cellule a fiamma avviene il
filtraggio e, quindi, quello che entra all’interno del tubulo è il filtrato reale. Il metanefridio, invece, è
soltanto un “canale” che serve per portare fuori il tutto. Lungo il canale avviene il riassorbimento, ma
il filtraggio vero e proprio avviene tra il sistema circolatorio e la membrana mesodermica. Funziona,
quindi, più da sistema di osmoregolazione.

N. B. Negli invertebrati tutto il sistema digerente corrisponde all’intestino.

In moltissimi invertebrati, molluschi e crostacei si ritrovano delle condizioni molto simili a quelle dei
metanefridi. La vera rivoluzione si osserva negli insetti. In particolare, il sistema escretore degli insetti
prende il nome di tubuli del Malpigli. Un insetto ha un sistema nervoso ventrale costituito da una
massa sopraesofagea, cingoli e gangli ventrali. Lungo il canale digerente di questi animali, a livello
della separazione tra intestino medio e intestino inferiore, si vengono a creare tubuli ramificati. I
tubuli del Malpigli hanno un compito preciso. Gli insetti sono provvisti di un apparato circolatorio. A
differenza degli anellidi, però, sono privi del vaso ventrale. Pertanto, esiste soltanto un vaso dorsale
perché il loro sistema circolatorio è un sistema aperto: esiste un organo che pompa l’emolinfa e la
spinge all’interno dei vasi. Ad un certo punto questi vasi si interrompono, si aprono e tutto il contenuto
viene versato all’interno di spazi in cui stagna l’emolinfa. Tutte le volte che la struttura pompa e
spinge questa sostanza, si viene a creare una pressione negativa che, in particolare, richiama il
sangue all’interno dei vasi. Il sangue rientra e viene spinto, poi, a livello del cuore. L’acqua
osmoticamente si sposterà all’interno dei tubuli, portando con sé anche le sostanze di scarto. Il
liquido viaggia e arriva ad entrare all’interno del canale intestinale, portando ad un cambio di pH. Ciò
consente una precipitazione dei cristalli dell’acido urico, il quale diventa solido e viene estruso dal
liquido contenuto. Contemporaneamente, nella porzione dell’intestino medio avviene esattamente il
contrario. Le cellule di questa zona dell’intestino, per trasporto attivo, trasportano all’esterno dei sali
e, di conseguenza, l’acqua dal lume intestinale, osmoticamente, viene tirata dietro facendo sì che
l’animale possa recuperarla e lasciando all’interno dell’intestino soltanto i cristalli dell’acido urico, i
quali saranno espulsi insieme alle feci. Questo sistema è finemente regolato da alcuni ormoni, come
nel caso delle chinine o l’ormone diuretico (CRF), preposti all’equilibrio idrosalino.

Anche i crostacei, così come gli aracnidi, hanno una struttura metanefridiale.

I molluschi cefalopodi sono gli unici ad avere un sistema circolatorio chiuso.

Negli cnidari, la cavità che segue la bocca, prende il nome di cavità gastrovascolare. Quando
l’animale ingerisce il cibo porta all’interno anche l’acqua e l’acqua porta con sé l’ossigeno che,
disciolto, bagna tutte le cellule.

Nel caso dei poriferi, è sempre la camera centrale della struttura di una spugna che funziona da
galleria di trasporto. La loro parete esterna è costituita da cellule appiattite, le quali prendono il nome
di pinacociti e che, nello specifico, vanno a costituire il pinacoderma. L’acqua dall’esterno,
attraverso i porociti, entra all’interno. L’interno della parete di una spugna è costituito da cellule che
prendono il nome di coanociti. Il coanoderma comunica con l’esterno attraverso un’apertura che
prende il nome di osculo. Entrando l’acqua all’interno dei pori, porta con sé anche i nutrienti e
l’ossigeno.

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