Sei sulla pagina 1di 10

Pietro Spataro - Condizionamento operante: Discriminazione, generalizzazione e

apprendimento di aspettative

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

1 di 10
Pietro Spataro - Condizionamento operante: Discriminazione, generalizzazione e
apprendimento di aspettative

Indice

1. L’APPRENDIMENTO DISCRIMINATIVO NEL CONDIZIONAMENTO OPERANTE ..................................... 3


2. GENERALIZZAZIONE E COMPRENSIONE DEI CONCETTI ........................................................................ 5
3. CONDIZIONAMENTO OPERANTE COME APPRENDIMENTO DI ASPETTATIVE ....................................... 7
BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................................................. 10

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

2 di 10
Pietro Spataro - Condizionamento operante: Discriminazione, generalizzazione e
apprendimento di aspettative

1. L’apprendimento discriminativo nel


condizionamento operante

Che cosa apprende un ratto durante una procedura di condizionamento operante? La

risposta più semplice è che un ratto condizionato in una gabbia di Skinner apprende a premere

una leva in risposta ad una particolare ‘situazione’, che include il trovarsi all’interno della gabbia.

La pressione della leva viene rinforzata solo quando è presente l’insieme di stimoli abitualmente

esperiti dentro la gabbia: quindi, la risposta operante diventa quindi più probabile in presenza degli

stessi stimoli. La specificità dell’associazione tra gli stimoli presenti all’interno della gabbia e la

risposta condizionata è evidenziata dal fatto che il ratto non preme la leva quando si trova in una

gabbia diversa da quella utilizzata per il condizionamento o in un altro luogo in cui la risposta non è

mai stata rinforzata.

La procedura di condizionamento discriminativo consente di condizionare un animale a

produrre una specifica azione in risposta a stimoli molto più specifici rispetto all’ambiente interno

della gabbia. Essenzialmente, questo metodo consiste nel rinforzare le risposte dell’animale in

presenza di un determinato stimolo e nell’estinguerle in assenza dello stimolo stesso (ovvero, in

presenza di qualsiasi altro stimolo). Quindi, per esempio, per addestrare un ratto a premere la leva

ogni volta che sente uno specifico suono, occorre alternare periodi in cui il suono è presente e la

risposta viene rinforzata a periodi in cui il suono è assente e la risposta non è rinforzata. Dopo

numerose prove, il ratto imparerà a rispondere premendo la leva non appena sente il suono e

smettendo quando il suono cessa.

In questo esempio, il suono è denominato ‘stimolo discriminativo’, in quanto segnala la

disponibilità del rinforzo: infatti, il suono è presente quando la risposta viene rinforzata, mentre è

assente quando la risposta non viene rinforzata. Uno stimolo discriminativo nel condizionamento

operante è per certi versi analogo allo stimolo condizionato nel condizionamento classico, in

quanto è in grado di evocare una specifica risposta come risultato di un precedente

apprendimento. La differenza fondamentale con il condizionamento classico è che la risposta

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

3 di 10
Pietro Spataro - Condizionamento operante: Discriminazione, generalizzazione e
apprendimento di aspettative

operante non è di natura riflessa: piuttosto, lo stimolo crea una situazione ottimale perché la

risposta venga spontaneamente prodotta dall’animale.

Il condizionamento operante discriminativo, al pari della medesima procedura nel

condizionamento classico, è uno strumento utile per studiare le capacità sensoriali di animali e

bambini molto piccoli che non possono esprimere le proprie sensazioni a parole. Ad esempio, in un

esperimento i ricercatori utilizzarono come rinforzo un sorso di acqua zuccherata per condizionare

neonati di appena un giorno a girare il capo da un lato quando sentivano un certo suono, e a

girarlo dall’altra parte quando sentivano il ronzio di un cicalino. Questi neonati appresero dunque

a produrre due azioni diverse in risposta a due stimoli discriminativi diversi: ciò dimostra, tra le altre

cose, che essi erano in grado di percepire la differenza tra i due suoni.

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

4 di 10
Pietro Spataro - Condizionamento operante: Discriminazione, generalizzazione e
apprendimento di aspettative

2. Generalizzazione e comprensione dei concetti

Nelle lezioni precedenti, abbiamo visto che, in una procedura di condizionamento classico,

gli animali che hanno appreso a rispondere ad un determinato stimolo condizionato

risponderanno anche a stimoli molto simili ad esso: questo fenomeno è noto come

generalizzazione. Analogamente, nel condizionamento operante, si ha che, dopo una procedura

di condizionamento discriminativo, gli animali risponderanno anche a nuovi stimoli che

percepiscono come simili allo stimolo discriminativo. Questa procedura è stata proficuamente

utilizzata per analizzare la comprensione dei concetti da parte degli animali.

In una serie di esperimenti classici, Herrnstein (1979) condizionò dei piccioni a beccare un

tasto per ottenere dei semi utilizzando come stimoli discriminativi diapositive con immagini

naturalistiche. Lo studioso selezionò due diverse categorie di immagini: le diapositive di una serie

contenevano sempre l’immagine di un albero (o di una parte di esso), mentre le diapositive

dell’altra serie non comparivano alberi. I piccioni ricevevano i semi come ricompensa solo se

beccavano il tasto quando la diapositiva conteneva un albero, mentre non ottenevano nulla se

beccavano il tasto quando l’immagine non conteneva alberi. I risultati dimostrarono che, dopo 5

giorni di addestramento, tutti i piccioni erano in grado di discriminare perfettamente tra le due

categorie di immagini.

Ora, la domanda che si pose Herrnstein (1979) era la seguente: i piccioni imparavano a

riconoscere ogni immagine come uno stimo a sé stante, oppure apprendevano una regola in

base alla quale distinguevano le immagini in due categorie? Per rispondere a questa domanda,

Herrnstein presentò ai piccioni delle diapositive completamente nuove, che non avevamo mai

visto prima, senza mai fornire loro alcun rinforzo (ovvero, senza mai fornire i semi come

ricompensa). I risultati dimostrarono che i piccioni beccavano con frequenza maggiore quando la

nuova diapositiva conteneva l’immagine di un albero. Questi dati suggeriscono che,

apparentemente, i piccioni basavano le loro risposte su un concetto di ‘albero’ (dove con il

termine ‘concetto’ si intende una regola per raggruppare gli stimoli in categorie diverse).

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

5 di 10
Pietro Spataro - Condizionamento operante: Discriminazione, generalizzazione e
apprendimento di aspettative

Esperimenti successivi hanno dimostrato che i piccioni possono formarsi concetti su

automobili, sedie, volti umani femminili e maschili, e perfino su simboli astratti. Wasserman (1995),

ad esempio, addestrò dei piccioni a beccare uno di quattro tasti, a seconda che la diapositiva

rappresentava un’automobile, un gatto, una sedia o un fiore (Figura 1).

Figura 1. Esempio di setting sperimentale nell’esperimento di Wasserman (1995)

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

6 di 10
Pietro Spataro - Condizionamento operante: Discriminazione, generalizzazione e
apprendimento di aspettative

3. Condizionamento operante come apprendimento di


aspettative

Come per il condizionamento classico, i primi comportamentisti era favorevoli alla teoria

stimolo-risposta, secondo la quale nel condizionamento operante si stabilisce un forte legame tra

la risposta condizionata e gli stimoli presenti subito prima di emettere la risposta. Nel caso specifico

degli studi condotti con la gabbia di Skinner, quindi, il ratto apprenderebbe una connessione tra gli

stimoli presenti all’interno della gabbia (o, in alternativa, tra uno specifico stimolo discriminativo) e

la pressione della leva. Tuttavia, altri studiosi hanno sostenuto che durante il condizionamento

operante l’animale apprende molto più che la semplice associazione stimolo-risposta. Secondo

questa ipotesi alternativa, il ratto apprenderebbe anche la relazione S-S tra stimolo discriminativo e

stimolo rinforzante (ovvero, apprendono il fatto che il suono segnala la disponibilità di cibo) e la

relazione R-S tra risposta e stimolo rinforzante (ovvero, apprendono il fatto che la pressione della

leva produce il rilascio di cibo).

In particolare, per Tolman (1959) l’animale sottoposto ad una procedura di

condizionamento operante apprende una aspettativa mezzo-fine: in altre parole, il ratto apprende

che una particolare risposta, prodotta al momento appropriato (in presenza degli stimoli esperiti

all’interno della gabbia, oppure in presenza dello stimolo discriminativo) porterà ad una certa

conseguenza. Secondo questa teoria, il suono non attiva direttamente la risposta: piuttosto, il

suono genera nell’animale l’aspettativa che premendo la leva otterrà un certo cibo – cioè la leva

è vista come il mezzo per ottenere un certo fine. L’animale può poi decidere se premere o meno la

leva, a seconda di quanto sia affamato e di quanto desidera quel particolare cibo.

Prove a favore dell’ipotesi di Tolman derivano da studi che hanno esaminato gli effetti del

divario nella ricompensa. In questi esperimenti, i ratti di un primo gruppo apprendono a premere la

leva per ricevere una ricompensa di grande valore (ad esempio, un cibo molto saporito), mentre i

ratti di un secondo gruppo apprendono a premerla per ricevere una ricompensa di minor valore

(ad esempio, un cibo poco saporito). Come prevedibile, i ratti del primo gruppo tendono a

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

7 di 10
Pietro Spataro - Condizionamento operante: Discriminazione, generalizzazione e
apprendimento di aspettative

rispondere con frequenza maggiore rispetto ai ratti del secondo gruppo. Ma cosa succede se,

dopo un po’ di prove, le condizioni sperimentali vengono invertite e i ratti del primo gruppo

cominciano a ricevere la ricompensa minore?

Per la teoria S-R, i ratti del primo gruppo dovrebbero continuare a rispondere con maggiore

frequenza, almeno per qualche tempo, in virtù della forte connessione che si è stabilita nella prima

fase dell’addestramento tra la pressione della leva e il rilascio di cibo. In realtà, i risultati che si

osservano sono molto diversi. Nei ratti che passano dalla ricompensa maggiore a quella minore, il

tasso di risposta mostra un drastico declino, fino a diventare inferiore rispetto al livello medio

mostrato dal secondo gruppo: si parla in questo caso di effetto di divario negativo. Al contrario, nei

ratti che passano dalla ricompensa minore a quella maggiore, il tasso di risposta aumenta

velocemente, fino a superare il livello medio del primo gruppo: si parla di effetto di divario positivo.

Da un punto di vista cognitivo, tali effetti si spiegano solo se l’animale: a) ha appreso ad aspettarsi

una certa ricompensa; e b) è in grado di confrontare la ricompensa che riceve con quella che si

aspettava. Se il confronto è positivo, la frequenza di risposta aumenta; se invece il confronto è

negativo, la risposta diventa meno frequente.

Negli esseri umani, le ricompense possono avere effetti diversi, a seconda del significato

che assumono per chi le riceve. In un celebre esperimento di Lepper & Greene (1978), i bambini

del gruppo sperimentale ricevevano degli attestati di ‘bravo in disegno’ come ricompensa per i

loro lavori con i pennarelli. L’effetto immediato fu di aumentare il tempo dedicato al disegno,

rispetto ad un gruppo di controllo che non era mai stato ricompensato per l’attività di disegno.

Tuttavia, in una fase successiva, quando gli attestati non furono più consegnati, la frequenza

dell’attività di disegno diminuì bruscamente nel gruppo sperimentale, fino a diventare molto meno

frequente che tra i bambini del gruppo di controllo.

Il rapido declino di una attività dopo un periodo di ricompensa viene indicato col termine

‘effetto della sovragiustificazione’ ed è particolarmente probabile per i compiti a cui il soggetto si

dedica inizialmente per puro divertimento. L’interpretazione più accreditata assume che la

ricompensa aggiunga una giustificazione non necessaria per mettere in atto quel

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

8 di 10
Pietro Spataro - Condizionamento operante: Discriminazione, generalizzazione e
apprendimento di aspettative

comportamento: di conseguenza, il soggetto arriva a considerare il compito come un lavoro

(ovvero un’attività che intraprende per ottenere una ricompensa esterna), anziché come un gioco

(ovvero un’attività intrapresa per puro piacere). Quando i soggetti arrivano a considerare una

certa attività come un lavoro, smettono di impegnarsi nel compito quando esso non viene più

ricompensato; invece, se non avessero mai ricevuto ricompense, avrebbero continuato a svolgerlo

per puro piacere.

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

9 di 10
Pietro Spataro - Condizionamento operante: Discriminazione, generalizzazione e
apprendimento di aspettative

Bibliografia

• Schacter, D. L., Gilbert, D. T., & Wegner, D. M. (2014). Psicologia generale.

Bologna: Zanichelli.

• Gray, P. (2012). Psicologia. Bologna: Zanichelli.

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

10 di 10

Potrebbero piacerti anche