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DOMANDE SULL'ESISTENZIALISMO È UN UMANISMO

Fai un una breve presentazione della conferenza (quando è stato scritto il testo? Colloca il testo nel
contesto storico e nel contesto della biografia del suo autore. Quali sono i fondamentali argomenti del
testo).
L'esistenzialismo è un umanismo è il resoconto stenografico, sul quale Sartre fece pochi ritocchi, di una
conferenza che egli tenne a Parigi lunedì, 29 ottobre 1945 al Club Maintenant, costituito subito dopo la
Liberazione da Jacques Calmy e Marc Beigbeder con lo scopo di «animazione letteraria intellettuale»; questo
testo è stato pubblicato l'anno successivo dalle Edizioni Nagel. Perché l'autore di L'essere e il nulla (1943)
vuole convincere dell'umanismo della sua dottrina? Occorre ricordare che i primi due tomi di 'I cammini
della libertà' che erano stati pubblicati da poco avevano entusiasmato e scandalizzato allo stesso tempo. Non
ci dilungheremo su ciò che in ‘L'età della ragione’ e in 'II rinvio, scandalizzò i benpensanti dell'epoca. Il suo
personaggio principale fu giudicato debole o cinico. Scriveva Sartre: «Penso che ciò che rende irritanti i miei
personaggi sia la loro lucidità. Sanno quello che sono e scelgono di esserlo senza punti fermi, senza certezze.
Sartre vi presenta il suo esistenzialismo e risponde alle critiche avanzate da pensatori cristiani o marxisti, e in
particolare dai comunisti, a cui desidera riavvicinarsi. Costituisce un'introduzione "estremamente chiara",
benché semplice, all'esistenzialismo, e può essere letto senza la minima difficoltà anche da persone non
abituate a testi filosofici più complessi. Tuttavia, la troppa semplicità di questo testo ha condotto Sartre a
rinnegarlo filosoficamente. A rigore, non può costituire altro che una introduzione al suo pensiero. Secondo
Sartre, la libertà dell'uomo è tale nel suo proprio divenire che nessuno può prevedere, nemmeno a grandi
linee, che direzione la Storia prenderà domani. Questo porta al rifiuto dell'ottimismo dei marxisti.
-I posteri ne ricorderanno due frasi, come aforismi: "l'esistenza precede l'essenza" e "l'uomo è condannato a
essere libero".
A partire dagli anni del dopoguerra che segnano il vistoso successo della filosofia esistenzialista, mentre
inaugura sul piano teorico, un confronto con il marxismo, Sartre si avvicina al Partito Comunista Francese.
PRINCIPALI ARGOMENTI: il mondo e gli altri come ostacolo alla propria libertà, vengono senz'altro
attenuati per aprirsi a una prospettiva che evidenzia e indica il mondo come realtà intersoggettiva, la libertà
umana non solo come angoscia, ma anche come opportunità e responsabilità condivise che spronano, persino
con ottimismo, all'azione e all'impegno, riconosciuti come chiave per la propria realizzazione e per la cura
delle condizioni esistenziali della comunità umana. II libro si pone finalità pratiche perché vuole incidere,
sulla condizione sociale dell'uomo ma sceglie di farlo, innanzitutto, creando le premesse per permettere
all'essere umano di abbracciare una diversa concezione di se stesso, dell'esistenza e della realtà, senza le
quali ogni sforzo, per quanto apprezzabile, si rivelerebbe vano. Ne nasce una filosofia pratica che, dunque,
non si guadagna per sottrazione dal lavoro speculativo, dal quale non può prescindere, ma si fonda sulla
capacità di chiamare a cooperare teoria e prassi. L'intenzione sartriana è svelare come la realtà umana sia
irriducibilmente intersoggettiva e libera da necessità, il che, dal punto di vista pratico, significa che in essa «l'
uomo decide di ciò che è e di ciò che sono gli altri».

Quali sono le fondamentali critiche che cristiani e marxisti fanno all’esistenzialismo? Alla luce della
posizione di Sartre ne La Nausea queste critiche sono giustificate?
(P. 45)-La prima critica è sicuramente quella di indurre l'uomo al quietismo di disperazione, poiché recluse
tutte le soluzioni, si dovrebbe considerare in questo mondo l'azione del tutto impossibile e sfociare in una
filosofia contemplativa, la contemplazione per Sartre è un lusso che ci conduce ad una filosofia borghese. Ci
hanno inoltre accusati di mettere in evidenza i lati peggiori dell’uomo e di trascurare le bellezze ridenti e gli
aspetti luminosi della natura umana come ad esempio il sorriso di un bambino. Ancora ci accusano di essere
venuti meno alla solidarietà umana, di considerare l'uomo come isolato dalla soggettività pura, dall'io penso
di Cartesio.
Da parte dei cristiani ci si rimprovera di negare la realtà e la consistenza dell’agire umano, in quanto
sopprimendo Dio e i valori stabili in eterno, non resterebbe altro che la gratuità pura e semplice, per cui
ciascuno può fare ciò che vuole.
-Nella Nausea la questione della disperazione viene chiaramente espressa dalla sensazione di angoscia e
impossibilità di evadere dal peso dell'Esistenza da parte di Sartre e in qualche modo si presenta diversamente
dalla modalità ottimistica della Conferenza. Sempre nella Nausea, la solitudine del protagonista, in quanto
solo e abbandonato a se stesso pesa moltissimo e si parla poco di corrispondenza con gli altri, anzi gli altro
vengono definiti negativi in quanto, al contrario di Sartre non capiranno mai di star sbagliando nella visione
della vita, perché mentre lui vede chiaramente il disagio e la Nausea, loro probabilmente giustificandosi non
la vedranno mai. Ogni uomo a sé!

Come definisce Sartre l’esistenzialismo?


Possiamo dire che per Sartre con “esistenzialismo" intendiamo per esistenzialismo una dottrina che rende
possibile la vita umana e che, d'altra parte, dichiara che ogni verità e ogni azione implicano sia un ambiente,
sia una soggettività umana. “L'uomo esiste innanzitutto, si trova, sorge nel mondo, e si definisce dopo (…)
all’inizio non è niente. Sarà solo in seguito e sarà quale si sarà fatto".

Che cosa significa che l’esistenzialismo è quella dottrina secondo la quale l’esistenza precede
l’essenza? Spiega a fondo questa affermazione, soffermandoti sulla differenza che questa concezione ha con
la visione tecnica del mondo.
(P.51)- "Quando si considera un oggetto fabbricato, come, ad esempio, un libro o un tagliacarte, si sa che tale
oggetto è opera di un artigiano che si è ispirato ad un concetto. L'artigiano si è riferito al concetto di
tagliacarte e, allo stesso modo, ad una preliminare tecnica di produzione, che fa parte del concetto stesso e
che è in fondo una «ricetta». Quindi il tagliacarte è da un lato un oggetto che si fabbrica in una determinata
maniera e dall'altro qualcosa che ha un'utilità ben definita, tanto che non si può immaginare un uomo che
faccia un tagliacarte senza sapere a che cosa debba servire. Diremo dunque, per quanto riguarda il
tagliacarte, che l'essenza- cioè l'insieme delle conoscenze tecniche e delle qualità che ne permettono la
fabbricazione e la definizione- precede l'esistenza”.
-Visione tecnica del mondo: l'essenza precede l'esistenza: non posso costruire qualcosa senza sapere a che
cosa servirà, Dio come creatore che sa con precisione cosa crea; l'uomo incarna un certo concetto che
nell'intelletto di Dio. Ogni uomo è esempio particolare di un concetto generale, quello di uomo.
Per contro, invece, abbiamo l'espressione contraria in cui “L'esistenza precede l'essenza": dunque un essere
che esiste prima di essere definito da alcun concetto: quest'essere è l'uomo. L'uomo esiste innanzitutto, si
trova, sorge nel mondo e si definisce dopo. Non è dunque definibile in quanto all'inizio non è niente. L'uomo
è ciò che si vuole e quale si concepisce dopo l'esistenza.

Spiega l’affermazione di Sartre “L’uomo è ciò che si fa”.


Questa affermazione è il principio primo dell’esistenzialismo. Ed è anche quello che si chiama la
soggettività, con questo vogliamo dire che l'uomo ha una dignità più grande della pietra o del tavolo. L'uomo
in primo luogo esiste, ovvero è ciò che si slancia verso l’Avvenire e ciò che ha coscienza di proiettarsi verso
l’Avvenire. L'uomo è un progetto che vive sé stesso soggettivamente, nulla esiste prima di questo progetto,
nulla esiste nel cielo intellegibile. L'uomo sarà quello che avrà progettato di essere. Non quello che vorrà
essere. È responsabile di quello che è si fa cadere su di lui la responsabilità della sua esistenza. Dicendo
questo non intendiamo dire che l'uomo è responsabile della sua stretta individualità, ma che è egli è
responsabile di tutti gli uomini.

Quali sono le conseguenze morali della concezione sartriana dell’uomo? Soffermati sul nesso libertà,
responsabilità, angoscia.
L'angoscia: (non annulla e non ostacola l'agire nell’angoscia io agisco) ogni uomo che è consapevole che con
ogni sua scelta sceglie per tutta L’umanità è soggetto all'angoscia, la domanda che ognuno di noi deve porsi
ogni volta che compie una scelta è:"e se tutti facessero così?". Ogni uomo deve agire come se tutta l'umanità
si basasse sulle sue scelte. Ognuno di noi ha dentro di sé l'angoscia nelle decisioni che prende e chi dice di
non averne la sta solo mascherando. L'angoscia non impedisce di agire anzi è ciò che ci permette di
analizzare a fondo ogni possibilità facendo in modo che quando prendiamo la nostra decisione questa sia
quella che abbiamo ritenuto più giusta. Gli esistenzialisti pensano che l'uomo sia chiamato in ogni momento
a inventare l'uomo stesso. Anche ogni volta che dobbiamo chiedere un consiglio sappiamo già, in base a chi
lo chiederemo, che tipo di risposta riceveremo. Angoscia dunque della responsabilità. L'uomo che assume un
impegno ed è consapevole di essere non soltanto colui che sceglie di essere, ma anche un legislatore che
sceglie, nello stesso tempo (per sé e per l’umanità), non può sfuggire al sentimento della propria completa e
profonda responsabilità.
Libertà: non vi è determinismo: l'uomo è libero, l'uomo è libertà. Se, d'altro canto, Dio non esiste, non
troviamo davanti a noi dei valori o degli ordini che possano legittimare la nostra condotta. Così non abbiamo
né dietro di noi né davanti a noi, nel luminoso regno dei valori, giustificazioni o scuse. Siamo soli, senza
scuse. Situazione che mi pare di poter caratterizzare dicendo che l'uomo è condannato a essere libero.
Condannato perché non si è creato da solo, e ciò non di meno libero perché, una volta gettato nel mondo, è
responsabile di tutto quanto fa. L'uomo senza appoggio né aiuto è condannato in ogni momento a inventare
l'uomo.

Quale è la differenza fra l’angoscia e la nausea?


L'angoscia è in rapporto alla libertà, esperienza del nulla, il fatto di essere liberi, dunque privi di senso, tutto
dipende soltanto da noi!
La nausea, per contro, è in rapporto ad un pieno da cui noi non possiamo evadere, da un pieno che ci
imprigiona, un'estasi dell’eccesso: esperienza del “troppo" sommerso da un reale.
Ancora l'angoscia è la sensazione della vita, per la presenza dell’eccesso di esistenza e non della mancanza.

Che cosa è la malafede? In quale contesto Sartre ne parla?


(P.81)- Possiamo comprendere perché la nostra dottrina faccia orrore a un certo numero di persone. Perché,
spesso, esse hanno un solo modo di sopportare la loro miseria, ed è di pensare: «Le circostanze sono state
contro di me, io valevo molto di più di quello che sono stato; è vero, non ho avuto grandi amori, grandi
amicizie, ma questo è avvenuto perché non ho incontrato un uomo o una donna che ne fossero degni; non ho
scritto ottimi libri, perché me ne è mancato l'agio; non ho avuto figli a cui dedicarmi, perché non ho trovato
l'uomo con il quale avrei potuto costruire la mia vita.
Per l'esistenzialista non c’è amore all’infuori di quello che si realizza, non c'è genio all'infuori di quello che
si esprime in opere d’arte. Colui che pensa al contrario di così e definito da Sartre in malafede! Chiunque si
rifugi dietro la scusa delle sue passioni, chiunque inventi un determinismo è un uomo in malafede.
“Perché, basandoci sulla scelta, non potrebbe scegliersi in malafede? Sartre risponde che non deve giudicare
questo uomo moralmente, ma definire la sua malafede un errore. Non si sfugge ad un giudizio di verità. La
malafede è una menzogna perché dissimula la totale libertà dell’impegno. Ciascuno è pienamente
responsabile della vita che ha condotto, di ciò che è e nel mondo in cui si trova a vivere. Negarlo significa
raccontarsi storie e ribadisce Sartre è in malafede: atteggiamento in cui inganno soprattutto me stesso,
quando ci si schiaccia in una situazione dalla quale non riusciamo ad andare oltre. (Uomini non angosciati a
credere di non essere legati all'agire e quindi non provarla agire in malafede.

Perché Sartre afferma che l’uomo è condannato alla libertà?


L’uomo è l’Avvenire dell’uomo, l'uomo che costruisce il suo destino, non precostituito, di conseguenza trova
luogo la sua libertà e dignità. Questa libertà dell'uomo, per Sartre, è la sua condanna. Siamo abbandonati da
una morale certa e universale e da Dio. L'uomo condannato alla libertà in quanto totalmente responsabile
delle conseguenze delle proprie scelte su se stesso e sugli altri.

Sartre indica un criterio per discernere un’azione buona da una cattiva? Soffermati sull’esempio del
suo allievo che va a chiedere consiglio su come comportarsi. Che cosa ci vuole spiegare Sartre con
questo esempio?
(P.69)- Siamo abbandonati: per darvi un esempio che permetta di comprendere meglio che cosa intendo per
abbandono, citerò il caso di un mio allievo, venuto a chiedermi consiglio nelle circostanze seguenti. Nella
sua famiglia i rapporti tra il padre e la madre si erano guastati e d'altra parte il padre tendeva a collaborare
con i tedeschi; il figlio maggiore era caduto durante l'offensiva germanica del 40, mentre il figlio minore, il
mio allievo, giovane dotato di sentimenti un po' primitivi ma generosi, lo voleva vendicare. La madre viveva
sola con l'unico figlio rimastole, affranta per il mezzo tradimento del marito e per la fine dell'altro figlio, e
vedeva in lui la sola consolazione. Quel giovane in quel momento poteva scegliere tra partire per
L’Inghilterra e arruolarsi nelle Forze Francesi di Liberazione-e quindi abbandonare la madre- o restare
presso la madre e consolarne l'esistenza.

Secondo l'affermazione di Kant usa l’umanità come fine, non come mezzo, possiamo dire che “agisci in
modi tale da rispettare la dignità umana, non usare il prossimo come strumento”
Sartre con questo esempio vuole dirci che se il suo allievo scegliesse di trattare la madre come fine per non
abbandonarla, finirebbe per usare i suoi compagni come mezzo, ma per contro se scegliesse di seguire i suoi
compagni, lasciando la madre a casa da sola, questa finirebbe per essere strumentalizzata, dunque l'allievo si
ritrova di fronte al una scelta nella quale non sa se trattare come persona l'uno o l'altro, non sa scegliere,
scegliendone uno fa decadere tutto il resto. Questo è il rischio, che equivale alla condanna della nostra
libertà, qualsiasi scelta prenderà farà del male all’altra parte!
L’aiuto che Sartre dice di poter dare all'allievo non risiede in nessuna delle opzioni presentate: potrebbe agire
per carità cristiana, per valori e sentimenti (ma i valori sono sempre vaghi e indefiniti), e il sentimento
(questo mi spingerebbe in una certa direzione, ovvero verso l’amore per la madre. Ma a questo punto
potremmo chiederci cosa guida il nostro sentimento? Beh non è altro che la nostra stessa scelta. La scelta
acquista valore nel momento in cui la si attua concretamente. Dunque Sartre ci dice: non possiamo scegliere
né dentro né fuori di noi la risposta che spinge ad operare in un modo rispetto ad un altro. Dunque scegliamo
noi stessi chi essere e cosa fare, l'abbandono va di pari passo con l’angosciaà sono libero, ma questa libertà è
la mia condanna.

Che differenza c’è fra la “Natura umana” e la condizione umana? Perché Sartre introduce questa
differenza?
Sartre dice che le leggi dovrebbero occuparsi della condizione degli uomini e non della loro presunta natura:
《se è impossibile trovare in ciascun uomo un'essenza universale, che sarebbe la natura umana, esiste però
un’universalitá umana di condizione (…) ma essa non è data, essa è perpetuamente costruita》.
L'universalità è dunque un fine verso ciò tendere, non un dato dal quale partire e costituisce un valore
fondato dagli uomini, non una condizione naturale, già data, che questi dovrebbero semplicemente
riconoscere e salvaguardare.
Dato che non può esistere una natura a priori che dica all'uomo come essere e in quale modalità, dato che
l'uomo è ciò che si fa da sé, Sartre definisce quella che è la “condizione umana": ovvero ciò che accomuna
tutti gli uomini.

Come fa Sartre a giustificare che l’esistenzialismo si oppone al quietismo? E come giustifica


l’affermazione che “l’esistenzialismo non può riporre speranza se non nell’agire” e che “la sola che
consente all’uomo di vivere è l’azione”?
(P.81)- la dottrina che vi presento è proprio l'opposto del quietismo, perché essa dice: non c'è realtà che
nell'azione. Essa va ancora più lontano, perché aggiunge: l'uomo non è niente altro che quello che progetta di
essere; egli non esiste che nella misura in cui si realizza; non è, dunque, niente altro che l'insieme dei suoi
atti, niente altro che la sua vita. Al contrario del quietismo in cui credono che sia immersa questa filosofia
esistenzialista, Sartre la giustifica dicendo che non può peccare di quietismo in quanto l’esistenzialismo non
è pessimistico che volge alla disperazione, bensì è ottimista. Ancora Sartre si oppone anche a quello che
definiscono uno “scoraggiamento” dato che l'uomo non viene scoraggiato, ma piuttosto pone la speranza
solo nell’agire, nell'azione. La speranza non è esterna né illusoria, bensì concreta dell'uomo che la sta
compiendo!
Dunque non può essere considerata una filosofia del quietismo, dato che definisce l'uomo in base all'azione,
né come una descrizione pessimista dell'uomo, in quanto il destino dell'uomo risiede nell'uomo stesso.
L'esistenzialismo è ottimista perché poneva speranza dell’uomo nell’agire. Grazie all'azione l'uomo crea e
costruisce ciò che è!

Spiega l’affermazione “noi abbiamo a che fare con una morale dell’azione e dell’impegno”.
Questo ci dice che l'uomo è perpetuamente impegnato a costruirsi. L’essere umano, la vita e il mondo tutto
non sono che l'esito del nostro operato o del nostro impegno.
L'impegno indica la consapevolezza che sin dalla nascita “l'uomo si trova in una situazione organizzata, nella
quale egli stesso è impegnato, egli impegna con la sua scelta l'umanità intera e non può evitare di scegliere".
Per non considerare questa situazione solo come una condanna, ma anche come un’opportunità di
realizzazione personale, occorre ricordarsi che solo proiettandosi e perdendosi fuori di sé l'individuo fa
esistere l’uomo”, “condannato a darsi forma di continuo, l'essere umano non coincide mai con ciò che è,
esattamente come l'esistenza e la realtà trascendono sempre ogni datità"
Sintetizza tutti gli argomenti che Sartre utilizza per controbattere alla critica che l’esistenzialismo sfocia
nell’inattivismo e nella disperazione.
Impossibile definire come inattivismo l'esistenzialismo in quanto filosofia che impegna l'uomo tramite
l’azione e che quindi per farsi ha appunto bisogno di essere dinamico e attivo, crearsi tramite un proprio
progetto, che oltre ad impegnare se stesso impegna anche tutti gli altri ed è anche impossibile definirla
tendente alla disperazione in quanto filosofia ottimista. Per disperazione s’intende che noi ci limiteremo a far
assegnamento su ciò che dipende dalla nostra volontà o sull'insieme delle probabilità che rendono la nostra
azione possibile. Agire senza speranza.
Come risponde Sartre alla critica di soggettivismo e solipsismo? Che cosa intende per soggettivismo?
(p.87)-Sartre a questa critica di soggettivismo risponde dicendo che il punto di partenza è in effetti la
soggettivitá dell'individuo, e questo per ragioni strettamente filosofiche. Perché vuole una dottrina fondata
sulla verità e non un complesso di belle teorie piene di speranza, ma senza un fondamento reale. Non vi può
essere altra verità che questa: io penso, dunque sono. La soggettivitá che si raggiunge a titolo di verità non è
soggettivitá rigorosamente individuale. Con l'io penso si raggiunge noi stessi di fronte l’altro e l’altro è tanto
certo per noi quanto noi siamo certi di noi medesimi. La verità su noi stessi ricaviamo tramite l’altro. L'altro
è indispensabile alla mia esistenza. Ed è cose parleremo di “intersoggettività" ed è in questo mondo che
l'uomo decide di ciò che egli è e di ciò che sono gli altri.

Quale è il rapporto fra la morale e la creazione artistica?


(P.97)- rispetto a questo Sartre ci pone un paragone affermando che non si parla di una morale estetica, ma
così come un’artista s'impegna nella costruzione del suo quadro senza ispirarsi a regole stabilite a priori, ma
tutto si avrà quando l'opera sarà fatta. È chiaro che non esistono valori estetici a priori, ma che ci sono valori
che si colgono in seguito, nell’armonia del quadro, nei rapporti che ci sono tra la volontà creatrice e il
risultato. Lo stesso accade nell'ordine morale. L'arte e la morale hanno in comune la creazione e l'invenzione.
Non possiamo decidere a priori su ciò che si deve fare. Non esistono valori precostituiti.

In che senso l’esistenzialismo di Sartre è una filosofia della libertà?


Si parla di filosofia della libertà in quanto l'uomo è libero, l'uomo è libertà. Se Dio non esiste non troviamo
davanti a noi dei valori o degli ordini che possano legittimare la nostra condotta. Non abbiamo
giustificazioni, siamo solo senza scuse. Di conseguenza l'uomo è condannato a essere libero. La realtà umana
è libera da necessità il che significa che in essa l'uomo decide di ciò che è e di ciò che sono gli altri.
L'individuo è libero nella valutazione, scelta e iniziativa, ma sempre non chiuso in sé stesso, bensì presente
in un universo umano. Per filosofia della libertà intendiamo anche la libertà come fondamento di tutti i
valori, la libertà non puó avere altro scopo che di volere se stessa! Noi vogliamo la libertà per la libertà e
volendo la libertà scopriamo che essa dipende interamente dalla libertà degli altri e che dalla libertà degli
altri dipende dalla nostra. Ovviamente la libertà, come definizione dell'uomo, non dipende dagli altri, ma
poiché vi è impegno io sono obbligato a volere contemporaneamente alla mia libertà, la libertà degli altri.

Che cosa intende Sartre per Umanismo nella Conferenza? C’è una differenza con il modo di
presentare l’Umanismo ne La Nausea? In che senso l’esistenzialismo è un umanismo?
Per Umanismo Sartre intende un termine tecnico che vede l'uomo costantemente fuori di sé stesso, solo
progettandosi e perdendosi fuori di sé egli fa esistere l'uomo e solo perseguendo fini trascendenti, egli può
esistere. L'uomo essendo questo superamento e cogliendo gli oggetti in relazione a questo superamento, è al
centro di questo superamento. L'umanismo esistenzialista è il collegamento tra la trascendenza che
costituisce l'uomo e la soggettività di questo che non è chiuso in sé stesso: umanismo, perché l'uomo si rende
conto di essere legislatore di sé stesso, cercando fuori di se uno scopo egli potrà realizzarsi. Sartre conclude,
affermando che la sua teoria esistenzialista è atea, perché crede che il destino dell'uomo dipenda solo da lui
stesso e non dall'esistenza o meno di Dio, non è questo che determina l'uomo. L'uomo non è mai un fine,
perché l'uomo è sempre da fare.
Oltre all'Umanismo esistenzialista, Sartre descrive anche un Umanismo classico che ritiene assurdo perché
soltanto il cane o il cavallo potrebbero dare un giudizio complessivo dell'uomo ed affermare che l'uomo è
stupefacente. Non si può ammettere che l'uomo possa dare un giudizio all'uomo. L’esistenzialismo ci
dispensa da ogni giudizio di questo genere.
Ne La Nausea l’umanismo viene visto da Sartre come disgustoso facendo riferimento alla figura
dell’Autodidatta che data la sua esperienza in guerra prova amore per l’uomo in quanto uomo e ne rispetta
principi e valori. Invece Sartre in quanto uomo solo vede tutta l'umanità come negativa e diffidente
dall'angoscia dell’esistenza che cercano in qualche modo di non considerare tale.

Spiega l’affermazione “anche se Dio esistesse, ciò non cambierebbe nulla”?


“Anche se Dio esistesse, ciò non cambierebbe nulla": con questa affermazione Sartre ci dice che noi non
pensiamo che il problema sia quello dell’esistenza di Dio, ma la vera problematica sta nel fatto che l'uomo
ritrovi se stesso e si persuada che niente può salvarlo da se stesso, fosse pure una prova valida dell’esistenza
di Dio. In questo senso l’esistenzialismo è un ottimismo, una dottrina d'azione, e solo per malafede -
confondendo la loro disperazione con la nostra- i cristiani possono chiamarci “disperati". L’esistenzialismo
dunque non vuole essere ateo in modo tale da esaurirsi nel dimostrare che Dio esiste, ma semplicemente
esiste o meno, non cambia nulla.
Sartre dice che anche gli atei non hanno capito fino in fondo ciò, ci sono degli atei che lo sono con la minima
spesa, Sartre dice che fare a meno di Dio è una cosa gravosa, pesante, perché è il venir meno di una certezza
per l’uomo.
Sartre riprende la famosa frase di Dostoevskij “Se dio non esiste tutto è permesso”, se viene meno Dio
l’uomo è abbandonato, non ha nessuna ancora ne dentro né fuori di sé, non può mai trovare delle scuse, non
potrà fornire delle giustificazioni, dire che la sua vita è così per la natura, per le condizioni date e fissate, non
c’è nessun determinismo, tutto è ricondotto alla responsabilità del singolo. Non possiamo più guardare il
cielo cercando di trovare un aiuto, ma dobbiamo reinventarci di continuo sapendo che non c’è nessuna
consolazione. Bisogna agire nella consapevolezza che nulla potrà salvarci dagli esiti della nostra azione. La
vita di un uomo è soltanto quella che lui ha saputo vivere e decidere senza alibi.

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