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La chiusura dei manicomi ha portato, oltre allo sviluppo dei vari CSM (centri di
salute mentale), a due effetti diametralmente opposti: da un lato la nascita di nuove
case di cura private e dall’altro, nelle zone più povere, la nascita di una sorta di nuova
classe sociale costruita dai “matti de istituzionalizzati” non più seguiti da nessuno e
lasciati a vivere come dei barboni nei bassifondi delle città.
Ogni anno circa 800mila italiani sono assistiti nei Dipartimenti di salute mentale,
significa che circa venti milioni di persone, in quarant’anni, sono state curate e
seguite senza essere rinchiuse nei manicomi. È la stima degli esperti della Società
italiana di psichiatria (Sip), in occasione dei quarant’anni di vita della legge 180, la
cosiddetta “legge Basaglia”, la riforma della psichiatria che ha sancito la chiusura dei
manicomi e ha ridato dignità e diritti alle persone.
Le patologie più diffuse
Secondo i dati della Sip, su circa 800mila persone assistite ogni anno nei dipartimenti
di salute mentale (pari all’1,5 cento della popolazione adulta), circa il 20 per cento
degli utenti ha problemi di schizofrenia o altri disturbi mentali dello spettro autistico,
il 31 per cento ha disturbi dell’umore (soprattutto depressione maggiore e disturbo
bipolare), il 13,5 per cento degli utenti soffre di disturbi nevrotici (disturbo ossessivo
compulsivo, stress post traumatico, di panico o da ansia).
Ma sono in aumento gli utenti con disturbi della personalità (circa il 7 per cento), altri
disturbi psichici e che fanno uso di sostanze (circa il 18%), da quelle tradizionali
quali alcol, eroina, cocaina, cannabis, alle nuove dipendenze, per esempio, da
cannabinoidi e psicostimolanti sintetici. Secondo le stime degli esperti, nel nostro
Paese la prevalenza delle persone affette da disturbi mentali in un anno è all’incirca
dell’8 per cento, il che significa che l’assistenza pubblica, complice anche lo stigma
che ancora esiste verso il disagio mentale e chi ne soffre, intercetta solo una parte
degli utenti.
Scarse risorse
L’aumento delle malattie mentali in questi anni è stato inversamente proporzionale
alle risorse stanziate per affrontarle. Oggi l’Italia è al ventesimo posto in Europa sia
come numero di psichiatri sia come spesa per la salute mentale, a fronte di cifre
doppie o triple in Paesi come Francia, Germania e Regno Unito. Il budget medio
nazionale per la salute mentale è circa il 3,5 per cento della spesa sanitaria
complessiva, anche se per la Conferenza Stato Regioni la percentuale da destinare
alla salute mentale dovrebbe essere pari al 5 per cento del Fondo sanitario nazionale.
Ma solo tre aree del Paese, Emilia Romagna e Province autonome di Trento e
Bolzano, raggiungono questo standard, ben 15 Regioni sono al di sotto del 3,5 per
cento.
Non abbiamo bisogno di nuove leggi ma di un nuovo Progetto obiettivo nazionale per
la Salute mentale con vincoli di osservanza, per le Regioni, per superare le troppe
differenze tra aree del Paese, soprattutto al Sud dove si registrano le maggiori
criticità».
3 La contenzione
La contenzione può essere definita come un particolare atto sanitario-assistenziale
effettuato attraverso mezzi chimici-fisici-ambientali utilizzati direttamente
sull’individuo o applicati al suo spazio circostante per limitarne i movimenti.
Si possono distinguere quattro tipi di contenzione:
-contenzione fisica: applicazione presidi sulla persona o uso degli stessi come
barriera nell’ambiente che riducono o controllano i movimenti;
-contenzione chimica: somministrazione farmaci che modificano il comportamento
come tranquillanti e sedativi;
- contenzione ambientale: attuazione di cambiamenti apportati all’ambiente in cui
vive un soggetto per limitare o controllare i suoi movimenti;
- contenzione psicologica o relazionale o emotiva: ascolto e osservazione empatica
del soggetto che si sente rassicurato e potrebbe ridurre l’aggressività.
Si definiscono mezzi di contenzione fisici e meccanici i dispositivi applicati al corpo
o allo spazio circostante la persona per limitare la libertà dei movimenti volontari.I
mezzi di contenzione fisica si classificano in:
-mezzi di contenzione per il letto (per esempio spondine);
-mezzi di contenzione per la sedia (per esempio corpetto);
-mezzi di contenzione per segmenti corporei (per esempio polsiere, cavigliere);
-mezzi di contenzione per postura obbligata (per esempio cuscini anatomici).
Secondo una revisione sistematica del 2007 le spondine, applicate o corredate al letto,
sono strumenti di sicurezza utilizzati per ridurre il rischio di scivolare, rotolare o
cadere accidentalmente dal letto.
Non sono una forma di contenzione se usate per proteggere il soggetto dalla caduta
accidentale dal letto, o se usate per i pazienti immobilizzati.
Se invece sono usate per contrastare la volontà di un paziente di alzarsi dal letto sono
da considerare una forma di contenzione.
Tuttavia le spondine in genere non circondano completamente il letto cosicché non
potrebbero impedire di trattenere il paziente a letto contro la sua volontà.
Inoltre in letteratura non ci sono prove che l'uso della contenzione riduca il rischio di
cadute e secondo alcuni studi la contenzione può essere causa diretta di morte e
sembra vi sia una relazione tra durata della contenzione e comparsa di danni indiretti
in quanto i soggetti sottoposti a contenzione per più di quattro giorni hanno un’alta
incidenza di infezioni ospedaliere e di lesioni da decubito.