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Organizzazione e Regolamentazione della Professione e Risk Management

Organizzazione e Regolamentazione della Professione e Risk Management


Diritto e Organizzazione dei Servizi Sanitari (Slide 1)

Aziende Ospedaliere: Modelli passati e attuali


In Italia, un’azienda ospedaliera è una struttura di ricovero pubblica: essa fa parte del servizio
sanitario nazionale, che svolge la funzione di ospedale, ed è adibita anche a prestazioni
specialistiche.

Cenni storici – Dopo l’Unità d’Italia, la legge 17 luglio 1890, n° 6972 (“Legge Crispi”) qualifica
le aziende ospedaliere come “istituti pubblici di assistenza e beneficenza” (IPAB); successivamente,
la legge 12 febbraio 1968, n°132 li trasforma in enti pubblici.
Con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (legge 23 dicembre 1978, n°833) gli ospedali di
particolare rilevanza e grandezza vengono dotati di una autonomia speciale > solo con la legge 30
dicembre 1992, n° 502 assumono la denominazione di azienda ospedaliera.

Caratteristiche – Le aziende ospedaliere assicurano attività sanitaria di specializzazione con


dotazioni di tecnologie diagnostico-terapeutiche avanzate e innovative: svolgono i compiti attribuiti
in maniera specifica dagli atti della programmazione regionale > sono dotate di un dipartimento di
emergenza e accettazione.

Classificazione – Secondo il decreto legge 13 settembre 2012, n° 158 (convertito in legge 8


novembre 2012, n°189) le aziende ospedaliere vengono distinte in 3 classi, a seconda del bacino di
utenza:
di base, con un bacino compreso tra 80.000 e 150.000 abitanti, con pronto soccorso e un
numero essenziale di specialità;
di primo livello, con 150.000-300.000 abitanti, con dipartimenti di emergenza-urgenza e
diverse specialità e tecnologie avanzate > ad esempio, un pronto soccorso, un reparto medicina,
un reparto chirurgia e dodici reparti specializzati;
di secondo livello, tra 600.000 e 1.000.000 di abitanti, prevalentemente ospedali di grandi
dimensioni non scorporati dalla ASL e particolari specializzazioni, ad esempio con l’aggiunta di
neurochirurgia e cardiochirurgia.

Requisiti – L’autonomia è stabilita dalla Regione, e può essere ottenuta se presente:


un’organizzazione dipartimentale;
un sistema di contabilità suddivisa per centri di costo;
vi devono essere almeno 3 unità operative di alta specializzazione;
occorre la presenza del reparto di emergenza ed accettazione di secondo livello;

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vi devono essere programmi integrati di assistenza su base regionale e interregionale dove


osserva il ruolo di ospedale di riferimento;
deve risultare un’attività di ricovero in degenza ordinaria per pazienti residenti in regioni
diverse di almeno il 10% superiore rispetto ai valori medi della regione di appartenenza (si
contano gli ultimi 3 anni);
deve risultare un indice di complessità della casistica dei pazienti in ricovero ordinario di
almeno il 20% superiore rispetto ai valori medi della regione di appartenenza (si contano gli
ultimi 3 anni);
un proprio patrimonio immobiliare che permette lo svolgimento delle attività istituzionali di
tutela della salute e di erogazione di prestazioni sanitarie.
Il finanziamento dell’azienda ospedaliera è sostenuto dal bilancio regionale ma anche dal numero di
ricoveri che sostiene ogni anno.

Tipologie
IRCCS > gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) sono particolari aziende
ospedaliere pubbliche o private che svolgono attività di ricerca clinica, nonché di gestioni di
servizi sanitari d’eccellenza;
Policlinici Universitari > questi policlinici sono stati costituiti con decreto del rettore delle
università italiane, con funzione sia di assistenza sanitaria pubblica che didattica universitaria, e
dotate di strategia gestionale autonoma. Nel contempo sono strutture sanitarie di ricovero e cura
accreditate del Servizio Sanitario Nazionale;
Presidio Ospedaliero > si tratta di un ospedale non costituito in azienda ospedaliera, in quanto
privo dei requisiti di legge e, pertanto, gode di un’autonomia molto minore. Esso comunque
possiede autonomia a livello direttivo (presenza di un dirigente medico responsabile delle
funzioni igienico-organizzative e un dirigente amministrativo responsabile della gestione
amministrativa) e autonomia funzionale con contabilità separata, seppur interna al bilancio
dell’azienda sanitaria locale (ASL) di riferimento. Il direttore sanitario del presidio ospedaliero
dipende dal direttore generale dell’ASL.

Verso le nuove aziende sanitarie – Punto di partenza: Legge regionale 17/2014 (“Riordino
dell’assetto istituzionale e organizzativo del Servizio sanitario regionale e norme in materia di
programmazione sanitaria e sociosanitaria) – Perché la riforma:
invecchiamento della popolazione;
modifiche del quadro epidemiologico;
innovazione in medicina ed in ambito tecnologico e scientifico;

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sostenibilità economica del sistema.


La rete Ospedaliera regionale viene organizzata secondo il modello HUB and SPOKE e si compone
di 4 presidi SPOKE e di 4 presidi HUB.
HUB
SPOKE
Santa Maria degli Angeli di Pordenone, presidio
Gorizia e Monfalcone
ospedaliero di 1° livello;
La tisana e Palmanova
Santa Maria della Misericordia di Udine, 2° livello;
San Daniele e Tolmezzo
Cattinara o Maggiore di Trieste, 2° livello;
San Vito al Tagliamento e Spilimbergo
IRCCS Burlo Garofolo di Trieste.

Com’è strutturata un’azienda sanitaria: gli elementi che la caratterizzano


Esempio: IRCCS Burlo Garofolo – Il Burlo, in quanto ospedale di alta specializzazione di rilievo
nazionale e in coerenza con gli indirizzi del Piano Sociosanitario Regionale, garantisce l’assistenza
ad alta complessità e specialità per l’area materno-infantile in ambito regionale, nazionale e
internazionale, in rete con le strutture di Pediatria e Ostetricia-Ginecologia regionali e con gli
Ospedali Pediatrici Italiani.
Garantisce, inoltre, l’assistenza materno-infantile di base per l’area triestina, in collaborazione con
l’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste.
La visione strategica del Burlo è orientata a:
garantire lo stesso, elevato, livello di salute a tutti i bambini, gli adolescenti e le donne del FVG,
direttamente o indirettamente, svolgendo il ruolo di hub regionale per l’area materno-infantile,
in un sistema hub-spoke non solo ospedaliero, ma anche ospedale-territorio, coordinando nel
contempo la ricerca e l’innovazione, nonché la didattica e la formazione per l’area materno-
infantile;
sviluppare il proprio ruolo nella rete assistenziale e scientifica nazionale e internazionale al fine
di confrontare e trasferire esperienze, nonché di rappresentare un polo di attrazione per pazienti
e professionisti, promuovendo nel contempo la crescita e lo sviluppo di altre realtà sanitarie,
soprattutto in aree disagiate del mondo.

Atto aziendale – L’atto aziendale è lo strumento che disegna l’organizzazione e le articolazioni di


governo dell’Azienda Sanitaria e i suoi rapporti con gli Enti locali, la Regione e le rappresentanze
dei cittadini.
Tra gli aspetti da sottolineare vi sono la partecipazione dei professionisti alle scelte strategiche
aziendali, le funzioni di ricerca e innovazione, l’organizzazione distrettuale e dipartimentale.

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Assetto istituzionale
Organi istituzionali
- Direttore Generale
- Direttore Amministrativo
- Direttore Sanitario
- Direttore Scientifico
Organismi collegiali
Direzione strategica

Professioni Sanitarie – Aspetti generali (Slide 2)


Le professioni sanitarie sono quelle professioni che lo Stato Italiano riconosce e che, in forza di un
titolo abilitante, svolgono attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione.
Negli ultimi 20 anni è stata avviata e realizzata una profonda riforma delle professioni sanitarie
infermieristiche, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, nonché della professione di
ostetrica, sia nell’aspetto ordinamentale che in quello formativo.
Ciò rappresenta un’esigenza di adeguamento all’evoluzione scientifica e tecnologica della sanità, ai
nuovi bisogni per una diversa organizzazione del lavoro e all’integrazione del nostro SSN nell’UE.

Cenni storici – La riforma delle professioni sanitarie contemplata dalla legge 42 del 1999, è stata la
più profonda e discontinua innovazione nell’organizzazione del lavoro, nell’ordinamento
professionale e nella formazione che non ha pari in altri comparti pubblici e privati, determinata
dall’esigenza di adeguamento all’evoluzione scientifica e tecnologica della sanità e ai nuovi bisogni
di salute.

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Testo Unico delle Leggi Sanitarie (R.D. n. 1265/1934) – Distingueva coloro che operavano nel
campo della sanità in 3 categorie:
professioni sanitarie principali > medico chirurgo, veterinario, farmacista e, dal 1985,
l’odontoiatra;
professioni sanitarie ausiliarie > levatrice, assistente sanitaria visitatrice e infermiera
diplomata;
arti ausiliarie delle professioni sanitarie > odontotecnico, ottico, meccanico ortopedico ed
ernista, tecnico sanitario di radiologia medica e infermiere abilitato o autorizzato.

D. Lgs 502/1992: avvio del processo di professionalizzazione – L’attuale regime normativo che
ordina le professioni sanitarie ha come fonte iniziale il D. Lgs 502/1992, che stabilì anche che era
compito del Ministero della Sanità individuare e regolamentare i profili professionali dell’area
sanitaria; inoltre, trasferisce la formazione dalla sede regionale a quella universitaria, inserendola
nella stessa Facoltà di Medicina e Chirurgia.

D.M. 745/1994: da mansionario a profilo professionale


Mansionario > fortemente esecutivo, attributivo di specifici compiti e basato su una
elencazione di compiti e attribuzioni ai quali l’esercizio professionale deve attenersi e quindi
limitarsi.
Profilo professionale > regolamenta e definisce il contenuto peculiare del tipo di prestazione, i
titoli professionali richiesti e le specifiche abilitazioni stabilite dalla legge per l’esercizio della
professione e, concretamente, prevede un’ampia attribuzione di autonomie e responsabilità.
Il D.M. 745/1994 stabilisce che il Tecnico di Laboratorio Biomedico:
è l’operatore sanitario in possesso del diploma universitario abilitante, responsabile degli atti
di sua competenza;
svolge attività di laboratorio di analisi e di ricerca relative ad analisi biomediche e
biotecnologiche e, in particolare, di biochimica, microbiologia e virologia, farmacotossicologia,
immunologia, patologia clinica, ematologia, citologia e istopatologia;
svolge con autonomia la propria prestazione lavorativa in diretta collaborazione con il
personale laureato di laboratorio;
è responsabile del corretto adempimento delle procedure analitiche e del proprio operato;
verifica la corrispondenza delle prestazioni erogate agli indicatori e standard predefiniti dal
responsabile della struttura;
controlla e verifica il corretto funzionamento delle apparecchiature utilizzate, provvede alla
manutenzione ordinaria e all’eventuale eliminazione di piccoli inconvenienti;

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partecipa alla programmazione e organizzazione del lavoro;


svolge la sua attività in strutture di laboratorio pubbliche e private secondo la normativa
vigente, in rapporto di dipendenza o libero professionale;
contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente
all’aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e alla ricerca.

L.42/1999: professioni sanitarie… non più ausiliarie – Si tratta di una legge importante per una
molteplicità di aspetti e che riguarda tutte le professioni sanitarie non mediche, con importanti
riflessi anche per la professione medica. Uno degli aspetti principali è la scomparsa della
suddivisione delle professioni sanitarie in “principali” e in “ausiliarie”.

L.42/1999: Art. 4 – I diplomi e gli attestati conseguiti in base alla precedente normativa sono
resi equipollenti ai diplomi universitari ai fini dell’esercizio professionale e dell’accesso alla
formazione post base. I punti salienti della legge sono i seguenti:
il superamento dei mansionari;
acquisizione del concetto più evoluto di:
1. autonomia professionale nel rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali;
2. profilo professionale;
3. ordinamento didattico;
4. codice deontologico.

L.251/2000: apre la stagione delle autonomie – Si conclude il percorso di valorizzazione e


responsabilizzazione delle professioni sanitarie e vengono ridisegnate le competenze di tutte le
professioni sanitarie, entro i limiti definiti dai profili professionali e dai codici deontologici.
La legge va a disciplinare le professioni sanitarie allocandole nelle 4 aree:
professioni sanitarie infermieristiche e professione sanitaria ostetrica;
professioni sanitarie riabilitative;
professioni tecnico-sanitarie;
professioni tecniche della prevenzione.
L’art.5 della legge 251 coinvolgendo nuovamente il Ministero della Sanità e dell’Università,
prevede l’istituzione delle lauree specialistiche, per la dirigenza della professione.
L’art.3 disciplina nello specifico le Professioni Tecnico-Sanitarie.
Fondamentali i concetti di autonomia e responsabilità > il concetto di autonomia prevede:
la discrezionalità delle scelte operative;
la relativa assunzione di responsabilità;
la competenza nella valutazione dei bisogni;

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la capacità di pianificare gli interventi e verificarne i risultati.


Il concetto di responsabilità riguarda invece:
l’attitudine ad essere chiamati a rispondere a qualche autorità di una condotta professionale
riprovevole;
la conoscenza degli obblighi connessi allo svolgimento di un incarico;
l’impegno a mantenere un comportamento congruo e corretto.
La legge organizza le 22 professioni sanitarie in 4 aree:
area 1 > infermieristica-ostetrica (es. infermiere, ostetrica);
area 2 > riabilitativa (es. fisioterapista, logopedista);
area 3 > area tecnico sanitaria (es. tecnico di laboratorio biomedico) e tecnico assistenziale
(es. tecnico ortopedico, igienista dentale);
area 4 > preventiva (es. tecnico della prevenzione).

D.D.M.M. 2 aprile 2001: determinazione delle lauree universitarie delle professioni sanitarie
Vengono definite le classi e gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea triennale e specialistica per
le professioni sanitarie.

Legge 1 febbraio 2006, n° 43 – Questa legge rende possibile la trasformazione del collegio
professionale in ordine professionale e classifica il personale appartenente alle professioni sanitarie
come segue:
professionisti, in possesso del diploma di laurea;
professionisti coordinatori, in possesso del master di 1° livello in management;
professionisti specialisti, in possesso del master di 1° livello in clinica;
professionisti dirigenti, in possesso della laurea specialistica con l’esercizio dell’attività per
almeno 5 anni.

Il tecnico di laboratorio: dagli anni ’60 ai giorni nostri (Slide 3)


Evoluzione dei laboratori
Testo Unico delle leggi sanitarie (1934) – Si parla di laboratorio analisi con il Laboratorio di
Igiene e Profilassi, divisi in due sezioni di chimica e microbiologia.
1938 > il R.D. 1631/1938 prevede un laboratorio annesso alle maggiori divisioni cliniche per le
analisi principali (primi accenni ufficiali alla figura del Tecnico di Laboratorio).
Anni ’60-’70 – Fino agli anni ’60 in Italia i laboratori centrali esistono solo in casi eccezionali;
esistono laboratori come appendice dei reparti di medicina.
Con il DPR 128/1969 il Servizio di Laboratorio viene disciplinato nelle sue articolazioni autonome
di analisi chimico-cliniche, microbiologia, anatomia patologica e medicina trasfusionale.

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Nel 1955 nascono le prime scuole a fini speciali e vengono attivati i primi corsi semestrali per
“tecnico di laboratorio”.
1968 e 1969 – Vengono definite la posizione giuridica dei Tecnici di Laboratorio operanti negli
ospedali italiani e vengono precisate le attribuzioni proprie di ciascuna categoria di personale
medico e paramedico e per il Tecnico; con la contrattazione sindacale, si arriverà al mansionario
F.I.A.R.O.
Mansionario
Tecnici di laboratorio Capitecnici
Coadiuvano il personale sanitario Controllano e dirigono il servizio dei tecnici e del
Possono eseguire prelievi di sangue personale ausiliario
Preparano materiali e apparecchiature Custodiscono lo strumentario
Provvedono alla manutenzione degli apparecchi Dirigono e controllano l’archivio di reparto
Curano registri e archivi Altro

Accesso ai concorsi – Nel DPR 130/1969 sono elencate le categorie di personale che possono
prestare servizio negli ospedali e vengono individuati i requisiti di partecipazione ai concorsi
pubblici. Per i TLB i requisiti sono: diploma di scuola speciale universitaria; titolo acquisito con
corso ospedaliero; titolo di perito chimico; titolo di istituto tecnico femminile.
1970 > vengono ammessi ai concorsi anche coloro che possiedono la qualifica di operatore
chimico. Il tecnico di laboratorio da quindi ora derivazione da 5 diverse scolarità: in alcuni enti
vengono inoltre ammessi i laureati in Scienze Biologiche per le competenze specifiche di quella
professione.
1967 > nell’inserimento contrattuale il tecnico di laboratorio è stato considerato in base al
minore dei titoli richiesti dalla normativa. Nel 1967, con l’accordo FIARO-sindacati, il tecnico
di laboratorio è collocato tra l’ausiliario e l’impiegato amministrativo.
1978 > in seguito alla legge 833/1978 il tecnico di laboratorio viene inserito nel Ruolo
Sanitario-personale tecnico professionale.
1982 > nel DPR 162/1982 si portano i corsi da 2 a 3 anni con l’ultimo anno di specializzazione.
1983 > nel contratto di lavoro il tecnico di laboratorio viene collocato al 5° livello stipendiale a
metà tra l’ausiliario (1° livello) e il personale laureato di laboratorio (9° livello).
1984 > si definiscono 3 profili professionali:
1987 > l’operatore professionale collaboratore viene collocato al 6° livello stipendiale;
l’operatore professionale dirigente all’8° livello stipendiale.

Inserimento contrattuale > anni ’90 – 2000: il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro
1998/2001 classifica il personale in 4 categorie > A, B, C e D.

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Oggi > OPERATORE PROFESSIONALE COLLABORATORE CATEGORIA D.

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro 2019/2021 classifica il personale in 5 aree alle quali
fanno capo 3 ruoli > sanitario, socio sanitario e tecnico:
area degli operatori ausiliari;
area degli operatori;
area degli assistenti;
area dei professionisti della salute e dei funzionari;
area del personale di elevata qualificazione.

Oggi chi è il Tecnico di Laboratorio Biomedico? Il TLB è un esercente una professione sanitaria
che esplica la sua attività a seguito del conseguimento del diploma di laurea o titolo equipollente
riconosciuto dallo Stato. I 4 elementi necessari per determinare il campo proprio d’attività e
responsabilità sono: il codice deontologico, il profilo professionale, l’ordinamento didattico e la
formazione post-base.
Il profilo professionale viene istituito con DM 745/1994: in esso viene individuata la figura del
TSLB con il relativo profilo e competenze.
Il codice deontologico è l’insieme di regole, principi e consuetudini di autodisciplina cui il TSLB
deve ispirarsi nell’esercizio della professione, a tutela del cittadino, della collettività, de decoro e
della dignità professionale. Il codice si compone di:
disposizioni generali > viene definito il TSLB e quali sono i suoi doveri e responsabilità;
osservanza del codice deontologico > cos’è il codice e qual è il campo di intervento del TSLB.
Vengono considerati, tra gli altri, dignità professionale; segreto professionale; documentazione e
tutela dei dati; condotta professionale; aggiornamento e formazione professionale; onorario;
rapporti con utenti e società.
La condotta del TSLB è dato dalla somma dei ruoli e delle competenze > l’esercizio della
professione comporta doveri di impegno alla tenuta di un comportamento irreprensibile e allo
svolgimento di un ruolo costruttivo, assumendo compiti che consentono una efficace lotta contro le
malattie e una efficace promozione della salute.
La responsabilità del TSLB ha un duplice significato:
impegno nel mantenere un comportamento congruo e corretto;
attitudine a essere chiamati a rispondere a qualche autorità di una condotta professionale
riprovevole.
Si hanno risvolti giuridici se:
la condotta professionale è incompatibile con l’esercizio della professione;

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l’errore è imperdonabile e inescusabile.

Normative
Diploma di scuola speciale universitaria o attestato di abilitazione
Con il decreto 30 gennaio 1982 il Ministero della Sanità fissa i requisiti dei titoli di studio abilitanti
alle professioni.

Diploma universitario
Legge 19 novembre 1990, n°341 > riforma degli ordinamenti didattici universitari (unificazione
del percorso formativo a livello nazionale).
Decreti legislativi n°502/1992 e 517/1993: viene demandata al Ministero della Sanità
l’individuazione dei Profili Professionali e al MURST (Ministero dell’Università) di definire gli
ordinamenti didattici di concerto con il Ministero della Sanità.

Formazione Post Base


Il conseguimento della Laurea Triennale
può essere considerato la conclusione
della vita accademica di un TSLB
oppure il punto di inizio, verso nuovi
traguardi formativi.

Tramite la formazione post-lauream il professionista può consolidare la propria formazione, darle


un orientamento più pratico ed accrescere così le competenze acquisite in ambito professionale ed
accademico.

Educazione Continua in Medicina (ECM)


DM 745/1994 – Il TLB contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre
direttamente all’aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e alla ricerca.
Il risultato è una formazione continua > questa è richiesta per diversi motivi:
sviluppare le nuove competenze che sono richieste per far fronte al cambiamento tecnico-
produttivo e alle trasformazioni socio-culturali in corso;
aggiornare e rinnovare il patrimonio di professionalità esistenti, prevenendo i rischi di una loro
obsolescenza;
favorire percorsi articolati di sviluppo e di mobilità professionale.

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L’ECM comprende:
aggiornamento professionale > è l’adeguamento delle diverse professionalità in funzione
dell’evoluzione scientifica e tecnica, il rinnovamento delle conoscenze professionali in modo
che l’operatore sia adeguato al tempo e alle esigenze del contesto;
formazione permanente > consiste nelle attività finalizzate a migliorare competenze, abilità
tecniche e manageriali e i comportamenti degli operatori con l’obiettivo di garantire efficacia,
appropriatezza, sicurezza ed efficacia.
La professionalità del TLB può essere definita da 3 caratteristiche:
il possesso di conoscenze teoriche aggiornate (il sapere);
il possesso di abilità tecniche o manuali (il fare);
il possesso di capacità comunicative e relazionali (l’essere).
Il rapido e continuo sviluppo della medicina rendono necessario che l’operatore sanitario sia
costantemente aggiornato e competente > la formazione può essere residenziale (es. seminari,
convegni) o avvenire sul campo oppure a distanza (FAD).
La legge 214/2011 sancisce l’illecito disciplinare sanzionabile per il professionista del servizio
sanitario nazionale senza crediti ECM, con sanzioni quali l’impossibilità della progressione di
carriera e multe pecuniarie > vengono istituiti organi deputati al controllo e all’applicazione delle
sanzioni. Tra gli organi coinvolti nel sistema ECM troviamo il Ministero della Salute, gli Ordini
professionali e le Società scientifiche.

Ruolo ordini professionali – Gli ordini professionali e le relative Federazioni rivestono un ruolo
centrale nella certificazione della formazione svolta. Dal 2014 sono gli enti di controllo e del
rilascio delle dovute certificazioni ai propri iscritti con le dovute segnalazioni e/o applicazioni di
sanzioni laddove previste per il sanitario non in regola con i dovuti crediti ECM.

Nascita dell’ordine professionale (Legge 3/2018 – Legge Lorenzin) – Slide 4


Cos’è l’Ordine Professionale?
Si tratta di un’istituzione di “autogoverno” di una libera professione: i soggetti che ne fanno parte
devono essere iscritti in un apposito albo, detto albo professionale.
L’albo professionale esercita il controllo e la sorveglianza sugli iscritti, erogando sanzioni
disciplinari ove è previsto.
La denominazione di ordine professionale viene di solito usata in relazione a quelle professioni per
cui è richiesto un titolo di studio di livello non inferiore alla laurea, oltre ovviamente al
superamento del relativo esame di abilitazione.
Invece per le professioni per cui è sufficiente un diploma di scuola secondaria superiore, si usa di
solito la denominazione di collegio professionale.
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La gestione di autogoverno si realizza attraverso:


il governo deontologico della professione riguardo a comportamenti censurabili del
professionista che non rientrano nella legge ordinaria, nei quali possono essere disposte sanzioni
proprie, o sussidiarie, come l’ammonimento, la sospensione e la radiazione;
la tenuta e la revisione dell’Albo degli Iscritti;
la tutela delle funzioni proprie della professione, attraverso la segnalazione di abusi alla
magistratura, ai sensi dell’art. 348 c.p.;
la partecipazione alle Commissioni di esame di Stato per l’abilitazione di un aspirante
all’iscrizione;
l’espressione di pareri su materie che riguardano la categoria nei confronti di Enti e Istituzioni
pubbliche;
gli atti di profilo amministrativo.

Funzioni – Gli ordini professionali sono enti di diritto pubblico che hanno la funzione di:
tutelare i cittadini riguardo a prestazioni professionale che, essendo di tipo intellettuale, non
sono sempre valutabili secondo standard normativi rigorosi;
garantire la qualità delle prestazioni erogate e la congruità degli onorari applicati.

Organi dell’ordine – L’ordinamento delle professioni sanitarie individua quali organi dell’Ordine
provinciale:
l’assemblea degli iscritti all’Albo;
il Consiglio direttivo;
gli organi individuali (presidente, vice presidente, segretario, tesoriere);
il Collegio dei revisori.
Assemblea – L’assemblea è costituita da tutti gli iscritti agli Albi tenuti dall’Ordine e ha funzione
di eleggere ogni 3 anni i componenti del Consiglio direttivo e del Collegio dei revisori: si riunisce
una volta l’anno per l’approvazione del bilancio preventivo e del conto consuntivo.

Consiglio direttivo – Il Consiglio direttivo è eletto ogni 3 anni ed è composto da un numero di


membri che varia in rapporto al numero degli iscritti all’Albo.
Ha il compito di rappresentare e guidare il gruppo professionale.
È investito di tutti i poteri attribuiti all’Ordine per il governo della professione.
Può essere sciolto quando non risulta in grado di funzionare regolarmente; lo scioglimento è
disposto con decreto del Ministero della Salute, sentito il parere della Federazione nazionale.
Tra le funzioni del Consiglio Direttivo troviamo le seguenti:

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interporsi nelle controversie tra sanitario e sanitario, o tra sanitario e persona o Ente a favore dei
quali il sanitario abbia prestato la propria opera professionale, procurando la conciliazione delle
vertenze o dando il suo parere;
compilare e tenere l’albo degli iscritti all’Ordine e pubblicarlo all’inizio di ogni anno;
vigilare sulla conservazione del decoro e dell’indipendenza dell’Ordine.

Organi individuali – Gli organi individuali sono 4: presidente, vicepresidente, segretario e


tesoriere > questi 4 organi vengono eletti dal Consiglio direttivo e rivestono particolare importanza
in quanto ad essi è affidata la conduzione dell’attività quotidiana dell’Ordine e la proposizione al
Consiglio direttivo delle linee d’azione e di ogni altra iniziativa.

Presidente – Il presidente convoca e presiede il Consiglio Direttivo e le assemblee degli iscritti e


svolge tutte le altre attribuzioni previste dalla legge e dal regolamento o dal Consiglio e delle quali è
tenuto a curare l’esecuzione. Il presidente ha la rappresentanza dell’Ordine provinciale ed è membro
del Consiglio nazionale.

Vicepresidente – Il vicepresidente sostituisce il presidente in caso di assenza o di impedimento e


disimpegna le funzioni a lui eventualmente delegate dal presidente.

Segretario – Il segretario è responsabile del regolare andamento dell’ufficio, che è diretto dal
presidente. È il responsabile del trattamento dei dati personali relativi agli iscritti all’albo e si
occupa di curare i verbali delle adunanze dell’assemblea e del Consiglio.

Tesoriere – Il tesoriere ha la custodia e la responsabilità della cassa e degli altri valori di proprietà
dell’Ordine. Provvede alla riscossione delle entrate e del pagamento dei mandati di spesa nei limiti
degli stanziamenti del bilancio approvato dall’assemblea.

Collegio dei revisori – Il Collegio dei revisori è l’organo preposto alla vigilanza sulla gestione
contabile dell’Ordine. È composto da 3 membri effettivi e di un supplente, eletti dall’assemblea tra
gli iscritti nell’Albo non facenti parti del Consiglio direttivo. Dura in carica 3 anni e al suo interno
anch’esso elegge un presidente con il compito di coordinarne l’attività.

Ordine TSRM (Tecnici Sanitari di Radiologia Medica) e PSTRP (Professioni Sanitarie


Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione) – È stato istituito con la legge 3/2018, ed è
uno degli 8 ordini professionali che rappresentano le 30 professioni sanitarie. L’ordine contiene al
suo interno 19 professioni, ognuna rappresentata con un ALBO. Si tratta del più grande ordine
interprofessionale ed è chiamato a tutelare la professione, l’esercizio professionale e vigila affinché
nell’esercizio della professione vengano rispettate le norme deontologiche.

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Si tratta di un percorso che è durato 12 anni, iniziato con la legge 43/2006 (“Delega al Governo per
l’istituzione degli ordini ed albi professionali”) e terminato con la legge 3/2018 o legge Lorenzin
(“Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il
riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute”).

Legge Lorenzin – Riordino delle professioni sanitarie


La legge Lorenzin ridisegna la disciplina relativa al funzionamento interno degli Ordini, risalente al
1946, e vengono inserite disposizioni finalizzate a migliorare la funzionalità degli organi, a chiarire
i compiti svolti, valorizzandone, in particolare, il rilievo pubblico e la funzione deontologica, oltre
a favorire la partecipazione interna da parte degli iscritti.
La legge Lorenzin trasforma gli attuali collegi delle professioni sanitarie e le rispettive
federazioni nazionali in ordini delle medesime professioni e relative federazioni nazionali.

Da collegio ad ordine – Il nuovo ordine si differenzia dal collegio per tre motivi principali.
1. Esso è innanzitutto un ente sussidiario dello stato e non più ausiliario: l’ordine quindi si
occuperà direttamente di alcune funzioni per conto dello Stato e non solo a supporto di
quest’ultimo.
2. Altra importante differenza riguarda l’architettura istituzionale. Infatti, il passaggio da un
Collegio con un albo (dei TSRM) ad un Ordine unico contenente ben 19 albi non è una
trasformazione da poco. Proprio in ragione di questo elevato numero di albi è stata identificata
una nuova figura di rappresentanza istituzionale della professione: la commissione d’albo.
È tramite questo soggetto di rappresentanza che le professioni tutelano la loro identità e il loro
percorso istituzionale. Il consiglio direttivo mantiene invece la rappresentanza istituzionale
dell’ente, con funzioni prevalentemente gestionali.
3. Infine, le relazioni interne all’istituzione passano da intra-professionali (tra TSRM) a
inter-professionali (tra i diversi professionisti sanitari).

Obbligo di iscrizione – A tutela dei professionisti regolarmente iscritti e soprattutto degli utenti che
si sottopongono a qualsiasi trattamento sanitario per mezzo della professionalità degli operatori è
giusto ricordare la recente nota emanata dal Ministero della Salute che stabilisce che: “Tutti i
professionisti regolarmente abilitati che intendano esercitare una professione sanitaria in qualunque
forma giuridica, hanno l’obbligo di iscriversi da subito all’albo professionale di riferimento”.
Il rischio per chi svolge attività professionale senza essere iscritto è quello d’incorrere nel reato di
esercizio abusivo della professione per cui proprio la Legge Lorenzin ha inasprito pene e sanzioni.

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Organizzazione e Regolamentazione della Professione e Risk Management

Responsabilità professionale (Legge Gelli)


Legge Gelli-Bianco – Dopo oltre 15 anni di dibattito parlamentare e un primo tentativo, con la
legge Balduzzi di normare la materia, il Parlamento è riuscito oggi a dare una risposta complessiva
al tema della responsabilità professionale del personale sanitario e della sicurezza delle cure per i
pazienti. L’obiettivo della legge è quello di rispondere a due problematiche:
diminuire l’elevato contenzioso medico legale che ha portato a un sostanziale innalzamento del
costo delle assicurazioni sanitarie;
affrontare il problema della medicina difensiva che ha causato un uso distorto e incontrollato
delle risorse destinate alla sanità pubblica.

Il rischio sanitario è sempre conseguente ad altri rischi o calamità, tanto da esser definito come un
rischio di secondo grado > emerge ogni volta che si creano situazioni critiche che possono incidere
sulla salute umana. Difficilmente prevedibile, può essere mitigato se preceduto, durante il periodo
ordinario, da una fase di preparazione e di pianificazione della risposta dei soccorsi sanitari in
emergenza (es. epidemia Coronavirus).

Nuova assicurazione per le strutture sanitarie e le professioni sanitarie – Legge 24/2017


Questa legge introduce una rete di “copertura assicurativa obbligatoria”, a carico delle strutture e
degli esercenti le professioni sanitarie, idonea, nelle intenzioni del legislatore, a porre rimedio alle
storture del sistema arginando il perdurante ricorso alla c.d. “medicina difensiva” e garantendo il
pieno ristoro dei danni cagionati ai pazienti.

Rischio clinico (Slide 5)


Il rischio rappresenta la combinazione della probabilità di un evento e delle sue conseguenze: è la
probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso, cioè subisca un qualsiasi danno o
disagio imputabile, anche se in modo involontario, alle cure mediche prestate durante il periodo di
degenza, che causa un prolungamento del periodo di degenza, un peggioramento delle condizioni di
salute o la morte. Il rischio clinico può essere arginato attraverso iniziative di Risk management
messe in atto a livello di singola struttura sanitaria, a livello aziendale, regionale, nazionale > queste
iniziative devono prevedere strategie di lavoro che includano la partecipazione di numerose figure
che operano in ambito sanitario.

Risk management significa letteralmente “gestione del rischio” e può essere definito come un
insieme di metodi, strategie e strumenti che consentono di identificare, valutare e ridurre il rischio.
Gli obiettivi del Risk management sono:
migliorare gli outcome > aumentare la sicurezza del paziente e delle strutture;

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Organizzazione e Regolamentazione della Professione e Risk Management

aumentare la soddisfazione del paziente > diminuire malcontenti, reclami e cause;


aumentare l’efficienza e l’efficacia dei percorsi terapeutici.

Risk Management: Attività – Un’attività di Risk management efficace si sviluppa in più fasi:
conoscenza e analisi dell’errore;
individuazione e correzione delle cause di errore;
analisi di processo;
monitoraggio delle misure messe in atto per la prevenzione dell’errore;
implementazione e sostegno attivo delle soluzioni proposte.

Come nasce il Risk management


1970: negli USA inizia la crisi del malpractise
Aumento di numero e onerosità dei rimborsi per errori nelle cure
Incremento spropositato dei premi assicurativi
Scarsità dell’offerta assicurativa per l’attività sanitaria
Restrizione del mercato delle assicurazioni sanitarie
Difficoltà nel fissare premi adeguati alla copertura del rischio cure

1971: la prima indagine governativa negli USA


Viene evidenziato da una Commissione Governativa che le denunce erano prevalentemente dovute
a danni delle cure o da cattivi risultati delle cure stesse. Viene evidenziato anche che non tutti i
danni erano dovuti a negligenza e che non tutti i danni erano prevedibili.
Gestione del rischio clinico: principali strumenti

Incident reporting – Si tratta di una modalità standardizzata delle segnalazioni spontanee da parte
degli operatori sanitari di eventi significativi per la sicurezza dei pazienti.

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Organizzazione e Regolamentazione della Professione e Risk Management

Lo scopo è disporre di informazioni sulla natura degli eventi e sulle relative cause per poter
apprendere e intervenire con le appropriate misure preventive e per diffondere le conoscenze e
favorire la ricerca specifica nelle aree a maggior criticità.

Eventi da segnalare
Near misses > quasi incidente
No harm event > evento espressione
di possibile errore ma che non ha
comportato danni al paziente
Eventi avversi > evento inaspettato
che comporta un danno per il
paziente, non intenzionale
Evento sentinella

Evento sentinella – Si tratta di un evento avverso di particolare gravità potenzialmente indicativo


di un serio malfunzionamento del sistema, che può comportare morte o grave danno al paziente.
Per la loro gravità è sufficiente che si verifichi una sola volta perché da parte dell’organizzazione si
renda opportuna:
un’indagine immediata per accertare quali fattori eliminabili o riducibili lo abbiano causato o vi
abbiano contribuito;
l’implementazione delle adeguate misure correttive.
L’audit clinico è un processo di miglioramento delle qualità che cerca di migliorare l’assistenza al
paziente e gli esiti attraverso una revisione sistematica dell’assistenza, tramite criteri precisi e la
realizzazione del cambiamento.

Risk management in Medicina di Laboratorio


La Medicina di Laboratorio è una componente fondamentale dei processi assistenziali e svolge un
ruolo di assoluta rilevanza nella prevenzione, nella diagnosi, nel trattamento e nel follow-up di tutte
le patologie > gli esiti degli esami di laboratorio influenzano almeno il 70% delle decisioni
cliniche: di conseguenza, un esame di laboratorio è utile solo in quanto permette di attuare
un’azione sul paziente.
Il processo della Medicina di Laboratorio rappresenta un momento di fondamentale importanza
nell’iter diagnostico di un paziente in quanto spesso costituisce uno dei primi punti di incontro con
il sistema sanitario > rappresenta la prima fase del processo di cura del paziente.
Quindi, la conoscenza, la consapevolezza e lo studio della tematica del rischio nell’ambito della
diagnostica di laboratorio deve essere fondamentale.

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Organizzazione e Regolamentazione della Professione e Risk Management

Il processo della Medicina di Laboratorio si compone di 3 fasi: preanalitica, analitica e post-


analitica.
La fase preanalitica comprende tutte quelle fasi del processo che avvengono sia al di fuori del
laboratorio (richiesta dell’esame, preparazione del paziente, prelievo campione, conservazione,
trasporto e consegna del campione) che all’interno del laboratorio (verifica appropriatezza, check-
in, centrifugazione, smistamento).
La fase analitica comprende tutte quelle fasi in cui il campione viene processato producendo un
dato analitico (manutenzione preventiva periodica, manutenzione giornaliera, formazione del
personale, calibrazione degli strumenti, CQI e CQE).
La fase post-analitica comprende la validazione del referto, la sua interpretazione e valutazione, la
sua trasmissione al reparto richiedente o al paziente esterno, che diventa così parte integrante
della documentazione clinica.

In quale fase del processo di laboratorio si possono verificare gli errori? Tutte le fasi descritte
del processo della Medicina di Laboratorio sono soggette a potenziali cause di errore che possono
influire in maniera negativa sia sul dato che sulla salute del paziente.
In generale, possiamo distinguere 3 tipologie di errori:
1. errori di laboratorio causati da problemi organizzativi al di fuori del laboratorio;
2. errori esclusivamente all’interno del laboratorio;
3. errori all’interfaccia Laboratorio/Clinico.

Errori di laboratorio causati da problemi organizzativi al di fuori del laboratorio

Errori esclusivamente all’interno del laboratorio

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Organizzazione e Regolamentazione della Professione e Risk Management

Errori all’interfaccia laboratorio-clinico

Fase preanalitica: più errori


Vari studi hanno osservato che la fase preanalitica, cioè quella in cui è maggiormente presente una
componente umana, nonché quella che si svolge in maggior misura al di fuori del controllo del
personale del laboratorio, risulta essere quella che registra il più alto tasso di errore.
La fase preanalitica rappresenta un momento fondamentale nel rapporto tra il laboratorio e il
clinico-paziente e condiziona le fasi successive alla processazione del campione, fino al referto
finale > in questa fase si concentrano circa il 70% degli errori diagnostici.
Gli errori nella fase preanalitica:
conducono ad una concatenazione di errori con risvolti negativi per il paziente;
possono determinare rischi di gravi ripercussioni sulla vita del paziente, come disagi o disabilità
che influiscono sulla qualità di vita effettiva e di quella percepita e/o talvolta anche la morte;
comportano inevitabilmente un allungamento dei tempi di degenza e uno spreco di risorse
umane.

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Organizzazione e Regolamentazione della Professione e Risk Management

In circa il 30% dei casi, l’errore di laboratorio determina comunque effetti indesiderati o negativi
per l’outcome, in quanto determina il ricorso a ulteriori esami, non solo di laboratorio, ma anche
esami più costosi e invasivi con conseguenti effetti negativi dal punto di vista psicologico per il
paziente e aumento ingiustificato dei costi per il sistema.

Pensiero basato sul rischio – Il Risk based Thinking assicura l’identificazione e il controllo del
rischio nei sistemi e nei processi. ISO 9001:2015 prevede un nuovo modello di approccio sistemico
al rischio nella progettazione e applicazione del SGQ nelle organizzazioni sanitarie: questa ISO è
caratterizzata dall’introduzione di un approccio sistematico al tema del rischio.
Questa nuova versione dello standard è, infatti, la prima a parlare di rischi in maniera esplicita,
stabilendo specifici requisiti ai quali adempiere in fase di pianificazione, applicazione,
mantenimento e miglioramento continuo del Sistema Qualità.

Step 1: Analisi del Contesto – Viene valutato il contesto interno ed esterno della propria
organizzazione, tenendo conto delle aspettative degli utenti. Vengono definiti tutti gli elementi che
intervengono nel processo di Laboratorio e che in qualche modo possono influenzare
significativamente il Sistema di Gestione della Qualità.
Step 2: Valutazione del Rischio – Si tratta del processo complessivo di identificazione, analisi,
ponderazione del rischio e trattamento. Successivamente vanno identificate le fonti di rischio, le
aree di impatto, gli eventi, le cause e le loro potenziali conseguenze.

Risultato – Il risultato dell’analisi porta ad individuare i processi con più criticità. Nell’ambito dei
Laboratori di Patologia Clinica si vanno a valutare tutte e 3 le fasi. Quasi sempre, tenendo conto
dell’aspettativa/esigenza dell’utenza, si evidenzia che la fase preanalitica presenta le maggiori
criticità. Viene compilata una tabella dove si analizza in dettaglio tutta la fase preanalitica tenendo
conto degli eventi associati e delle cause scatenanti il rischio di avere: reclami, contestazioni ed
eventuali risarcimenti.
Tra le azioni di miglioramento che si possono intraprendere troviamo:
la formazione continua del persona amministrativo/infermieristico nelle fasi di accettazione e/o
prelievo;
diffusione di documenti sul sito aziendale;
audit in funzione dei reclami pervenuti con il personale del Reparto coinvolto;
materiale del corso (slide, relazioni) consultabile da tutti gli operatori sul sito aziendale.

Ruolo del Tecnico di Laboratorio Biomedico


Partecipa alle iniziative per la gestione del rischio clinico.

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Organizzazione e Regolamentazione della Professione e Risk Management

Identifica, previene, affronta gli eventi critici relativi ai rischi di varia natura derivanti dalle
attività delle varie aree.
Fornisce il suo contributo per la prevenzione dell’errore che può causare danno al paziente.
Identifica, previene e affronta gli eventi critici relativi ai rischi di varia natura e tipologia
connessi con l’attività nelle diverse aree del laboratorio.
Attua e controlla direttamente tutte le fasi del processo preanalitico, analitico e post-analitico.
Garantisce la tracciabilità dei processi gestendo in modo appropriato la documentazione di
lavoro informatica e cartacea.

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