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U.D. 1,3 Normativa sulla sicurezza.

Parte 3 terza

1 Prevenzione incendi
La sicurezza antincendio è finalizzata alla salvaguardia dell’incolumità delle persone
e alla tutela dei beni e dell’ambiente, mediante il conseguimento dei seguenti obiettivi
primari:

-riduzione al minimo delle occasioni di incendio;


- stabilità delle strutture portanti per un tempo utile ad assicurare il soccorso degli
occupanti;
- limitata produzione di fuoco e fumi all’interno degli edifici e limitata propagazione
del fuoco agli edifici vicini;
- possibilità che gli occupanti lascino gli edifici indenni;
- possibilità per le squadre di soccorso di operare in sicurezza.

OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO AI FINI DELLA PREVENZIONE


INCENDI ( dal D. Lgs. 81/2008 art. 18)

Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei


lavoratori e in particolare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e
dell’evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché per il caso di pericolo grave ed
immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell’attività, alle
dimensioni dell’azienda/unità produttiva e al numero delle persone presenti.
Teoria della combustione

La condizione necessaria per avere una combustione, è la contemporanea presenza


del COMBUSTIBILE, del COMBURENTE e di una sorgente di calore
(INNESCO).Al mancare di uno di questi elementi l’incendio non si origina, oppure si
spegne se è in atto.

i lati del triangolo rappresentano i tre elementi necessari per la combustione:


-combustibile: qualsiasi sostanza capace di infiammarsi, organica o inorganica
-comburente: usualmente l'ossigeno
-fonte d'innesco: sorgente che apporta di calore al sistema
principio chimico: il principio di autocatalisi che si interpone tra il combustibile e la
fiamma
Quando uno dei tre elementi della combustione viene a mancare, questa non avviene
o se già in atto, si estingue. Quindi per ottenere lo spegnimento dell'incendio si può
ricorrere ai seguenti sistemi:
-esaurimento del combustibile: allontanamento o separazione della sostanza
combustibile dal focolaio dell'incendio;
-soffocamento: separazione del comburente dal combustibile o riduzione della
concentrazione del comburente in aria;
-raffreddamento: sottrazione del calore fino a ottenere una temperatura inferiore a
quella necessaria al mantenimento della combustione.
Le principali misure di prevenzione incendi, finalizzate alla riduzione della
probabilità di accadimento di un incendio sono:
-realizzazione di impianti elettrici a Regola d’Arte;
-collegamento elettrico a terra di impianti, strutture, serbatoi, etc.;
-installazione di impianti parafulmine;
-dispositivi di sicurezza degli impianti di distribuzione e di utilizzazione delle
sostanze infiammabili;
-ventilazione dei locali;
-utilizzo di materiali incombustibili;
-adozione di pavimenti ed attrezzi antiscintilla;
-mantenere separati i combustibili dai comburenti.

2 La Protezione Passiva e la Protezione Attiva


LA PROTEZIONE PASSIVA
Insieme delle misure di protezione che non richiedono l’azione dell’uomo o
l’azionamento di un impianto e che hanno l’obiettivo di limitare gli effetti
dell’incendio nello spazio e nel tempo.
Esempi:
-barriere antincendio;
-isolamento dell’edificio;
-muri tagliafuoco, schermi strutture con caratteristiche di resistenza al fuoco,
commisurati ai carichi d’incendio;
-sistemi di ventilazione;
-sistema di vie d’uscita commisurate al massimo affollamento ipotizzabile
dell’ambiente di lavoro e alla pericolosità delle lavorazioni.
LA PROTEZIONE ATTIVA
Insieme della misure di protezione che richiedono l’azione dell’uomo o
l’azionamento di un impianto e sono finalizzate alla precoce rilevazione
dell’incendio, alla segnalazione e all’azione di spegnimento dello stesso.
Esempi:
estintori;
rete idrica antincendi;
impianti di rilevazione automatica d’incendio;
impianti di spegnimento automatici;
dispositivi di segnalazione e d’allarme;
evacuatori di fumo e di calore.
3 Il Piano di Emergenza
Contiene quelle informazioni che servono per mettere in atto i primi comportamenti e
le prime manovre permettendo di ottenere nel più breve tempo possibile i seguenti
obiettivi:
-salvaguardia ed evacuazione delle persone;
-messa in sicurezza degli impianti di processo;
-compartimentazione e confinamento dell’incendio;
-protezione dei beni e delle attrezzature;
-estinzione completa dell’incendio.
SCOPO DEL PIANO DI EMERGENZA: consentire la migliore gestione possibile
degli incidenti ipotizzati, determinando delle sequenze di azioni che sono ritenute le
più idonee al fine di controllare le conseguenze dell’incidente stesso.

Le scuole di ogni ordine, grado e tipo, collegi accademie e simili per oltre 100
persone presenti, ricadono nella disciplina del DM 16 febbraio 1982, quindi sono
soggette alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi da parte dei Comandi
Provinciali dei Vigili del Fuoco e debbono rispettare le norme tecniche di
prevenzione incendi nell’edilizia scolastica.
GESTIONE DEL PRIMO SOCCORSO
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO IN MATERIA DI PRIMO SOCCORSO
(dal D. Lgs. 81/2008 art. 45)
Per primo soccorso si intende l’insieme dei gesti compiuti al fine di aiutare/soccorre
una persona che ha subito un infortunio grave e non.
Il primo soccorso ha come obiettivi:
Realizzazione dei provvedimenti,
Attivare la richiesta di soccorso ai soccorsi avanzati.
I riferimenti normativi di cui si deve tener conto sono:
D.LGS. 9 APRILE 2008, N.81 E S.M.I.-CAP. III SEZ. IV “GESTIONE DELLE
EMERGENZE”
Disposizioni generali:
Al fine degli adempimenti di cui all’art. 18, comma 1, lettera t), il datore di lavoro:
Organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti del pronto soccor- so,
salvataggio, lotta antincendio e gestione dell’emergenza.
Indicare anticipatamente i lavoratori di cui all’art. 18, comma 1, lettera b) (ndr: in-
caricati di attuare le misure di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio,
prevenzione incendi e gestione dell’emergenza.).
Informare tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed
immediato ed i comportamenti da adottare.
Programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinché i lavora-
tori, in caso di grave pericolo, possano cessare l’attività per mettersi al sicuro.
Adotta i provvedimenti necessari affinché tutti i lavoratori, in caso di grave perico-
lo, possano prendere le misure adeguate per evitare conseguenze di tale pericolo.
Garantisce la presenza di mezzi di estinzione idonei alla classe d’incendio e al livello
di rischio presenti sul luogo di lavoro, tenendo conto delle condizioni in cui possono
essere usati. Quest’obbligo si applica anche agli impianti estinzione fissi, manuali ed
automatici.
Al fine di ciò che l’articolo 46 comma 1, lettera b) dice, il datore di lavoro deve
essere a conoscenza di quanto l’azienda o il luogo sia grande, quindi, tenere conto dei
rischi a cui si può incombere secondo i criteri previsti nei decreti dello stesso.
I dipendenti non possono, se non per giusta causa, non attenersi a ciò che l’articolo 46
comma 1 lettera b) decreta. Essi devono essere formati, devono coprire il numero di
per- sone necessarie per evitare, prevenire e intervenire in caso di emergenza e
devono avere le attrezzature adeguate.
Il datore di lavoro non deve, eccetto per giusta causa, chiedere ai dipendenti di
tornare a svolgere la loro attività nel caso i cui ci sia una situazione lavorativa dove
un pericolo grave ed immediato persiste.
Primo Soccorso (art. 45)
Il datore di lavoro tenendo conto delle dimensioni dell’azienda (o del luogo di lavo-
ro) e di ciò che il medico competente nominato dice, prende le giuste precauzioni
necessa- rie in materia di pronto soccorso e assistenza medica di emergenza, tenendo
conto di tutte le altre persone presenti sui luoghi di lavoro e determinando i rapporti
con i servizi esterni di emergenza, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.
Il decreto ministeriale del 15 luglio 2003, n. 388 e i successivi decreti ministeriali di
adeguamento acquisito nella Conferenza tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano, decretano le caratteristiche minime delle attrezzature
di primo soccorso, i requisiti dei lavoratori e la loro formazione, in base all’azienda
presso cui lavorano, al numero di persone che lavorano presso quella struttura ed ai
fattori di rischio.

4 Pronto Soccorso Aziendale


DECRETO MINISTERO DELLA SALUTE 15 LUGLIO 2003, N. 388 -
REGOLAMENTO RECANTE DISPOSIZIONI SUL PRONTO SOCCORSO
AZIENDALE

Questo decreto è entrato in vigore il 3 febbraio 2005, il D.M. 388/2003 e prevede


adempimenti obbligatori per tutte le aziende e anche per tutte le associazioni che
dispongono di dipendenti.
Classificazione delle aziende (art. 1)
Il decreto classifica le aziende in tre diversi gruppi (A, B e C) in base a ciò di cui
l’azienda si occupa, al numero di personale assunto e dei fattori di rischio.
Organizzazione del pronto soccorso (art. 2)
Il datore di lavoro deve garantire la presenza sul luogo di lavoro di:
-cassetta di pronto soccorso (aziende di gruppo A e B) secondo quanto previsto
dall’allegato 1 del D.M. 388;
-pacchetto di medicazione (per le aziende di gruppo C) secondo quanto previsto
dall’allegato 2 del D.M. 388.
Requisiti e formazione degli addetti al pronto soccorso (art. 3)
Questo decreto prevede la formazione obbligatoria, per i lavoratori scelti ad effettuare
il primo soccorso, con istruzione pratica e teorica al fine di mettere in pratica le
misure di pri- mo intervento interno e per l’attivazione degli interventi di pronto
soccorso. Il corso dovrà avere una durata di 16 ore per le aziende di gruppo A e di 12
ore per quelle di gruppo B e C, le modalità, gli obiettivi didattici e i contenuti per lo
svolgimento dei corsi di formazione sono indicati negli allegati 3 e 4 del D.M.
388/03.
Per le aziende di gruppo A i contenuti e i tempi del corso di formazione devono
prevedere anche i rischi specifici dell’attività svolta. La formazione deve essere
effettuata da perso- nale medico competente in collaborazione, dove possibile, con il
sistema di emergenza del S.S.N. (Servizio Sanitario Nazionale). Nella parte pratica
della formazione il medico può chiedere la collaborazione di personale
infermieristico o di altro personale specializzato; La formazione deve essere ripetuta
ogni tre anni.
Attrezzature per gli interventi di pronto soccorso (art. 4)
Il medico competente in collaborazione con il datore di lavoro, dove previsto, in base
ai rischi specifici presenti nell’azienda, rende disponibili e determina le giuste
attrezzature di equipaggiamento e i dispositivi di protezione individuale per gli
addetti al primo soccorso interno e al pronto soccorso. Le attrezzature e i dispositivi
devono essere mantenuti in con- dizione da poter essere utilizzati tempestivamente ed
essere custoditi in luoghi adatti e di facile accesso.
TIPOLOGIE DI AZIENDE
GRUPPO A e B
CASSETTA DI PRONTO SOCCORSO
Apparecchio per misurare la pressione arteriosa;
Tre lacci emostatici;
Una confezione di rete elastica di media misura;
Tre flaconi di soluzione fisiologica da 500ml;
Un flacone di soluzione cutanea di iodopovidone al 10% di iodo da 1lt;
Cinque paia di guanti sterili monouso;
Due teli sterili monouso;
Dieci garze sterili 10 x 10 divise singolarmente;
Due garze sterili 18 x 40 divise singolarmente;
Una visiera para schizzi;
Un termometro;
Un paio di forbici;
Due rotoli di cerotto 2,5cm;
Due sacchi monouso per la raccolta dei rifiuti sanitari;
Due pinzette sterili da medicazione;
Due confezioni di cerotti di varie misure;
Due confezioni di ghiaccio istantaneo;
Una confezione di cotone idrofilo.
GRUPPO C
PACCHETTO DI MEDICAZIONE
Un rotolo di benda con orlo alto 10cm;
Un laccio emostatico;
Due paia di guanti sterili monouso;
Una garza sterile 18 x 40;
Un paio di forbici;
Una confezione di cerotti di varie misure pronto uso;
Un rotolo di cerotto 2,5cm;
Un flacone di soluzione cutanea di iodopovidone al 10% di iodio da 125ml;
Una confezione di cotone idrofilo;
Tre garze sterili 10 x 10 divise singolarmente;
Un sacco per la raccolta di rifiuti sanitari monouso;
Una pinzetta sterile da medicazione monouso;
Una confezione di ghiaccio istantaneo;
Un flacone di soluzione fisiologica da 250ml;
Istruzioni su come usare le attrezzature mediche e su come prestare il primo soc-
corso in attesa dei servizi di emergenza.
5 Il lavoro notturno
Il datore di lavoro ha l’obbligo di verificare i rischi derivanti dal lavoro notturno.
Sono infatti previsti particolari controlli e garanzie per la sicurezza dei lavoratori
notturni e, se si verificano condizioni di salute che comportino la non idoneità, il
lavoratore deve essere adibito a lavoro diurno.
Chi è il “lavoratore notturno”?
Il lavoratore che, durante il periodo notturno, svolge almeno tre ore del suo tempo di
lavoro giornaliero impiegato in modo normale
Il lavoratore che svolge, durante il periodo notturno, almeno una parte del suo orario
di lavoro secondo le norme definite dalla contrattazione collettiva.
Senza una disciplina da parte della contrattazione collettiva è considerato lavoratore
notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta
giorni lavorativi all’anno (riproporzionato in caso di lavoro part-time).
Quando è vietato il lavoro notturno?
Esistono delle condizioni in cui non è possibile svolgere lavoro notturno: ad esempio
gravidanza e puerperio fino al compimento di 1 anno di età dal bambino mentre è
facoltativo per la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a 3 anni.
Come accertare l’idoneità al lavoro notturno?
Il D. Lgs.81/08 stabilisce che l’idoneità debba essere periodicamente accertata
nell’ambito della sorveglianza sanitaria tramite:
-visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro
cui il lavoratore è destinato
-visita medica periodica (ogni due anni)
-visita medica su richiesta del lavoratore
Quali problemi potrebbe causare il lavoro notturno?
Il lavoro a turni, soprattutto se comprende turni notturni, rappresenta una condizione
di stress per l’organismo perché va a sconvolgere il normale ritmo del ciclo
sonno/veglia inducendo cambiamenti nella normale variabilità circadiana delle
funzioni biologiche come per esempio: la temperatura corporea, la produzione di
urina, la secrezione di alcuni ormoni. Il lavoratore lamenta quindi stanchezza,
svogliatezza, apatia e a lungo andare può avere ripercussioni vere e proprie sulla
salute.

In particolare a breve termine si può andare incontro a:


In particolare, per quanto riguarda i lavoratori turnisti e notturni, i rischi per la salute
si manifestano attraverso i seguenti effetti:
• problemi cardiovascolari e gastro-
intestinali;
• disturbi alimentari;
• disturbi del sonno;
• sindrome del jet-lag;
• abuso di fumo di tabacco;
• stress e ansia;
• patologie sulla funzione riproduttiva
femminile .
La perturbazione del ciclo sonno-veglia oltre a causare problemi di insonnia favorisce
anche un eccessivo livello di sonnolenza durante il turno di lavoro.
Chi lavora a turni è quindi mediamente più stanco e ha un rischio più alto di andare
incontro a errori e a incidenti sul lavoro. La stanchezza infatti porta a una distorsione
della percezione, della capacità di ragionamento, di giudizio e di presa di decisione:
tali distorsioni si manifestano con un ritardo nei tempi di reazione e riduzione delle
abilità cognitive, come il ragionamento logico e la concentrazione.
Per quanto riguarda le donne, inoltre, molti studi segnalano che le turniste hanno più
frequentemente irregolarità dei cicli e disturbi mestruali rispetto alle donne che
lavorano solo di giorno. Si registra inoltre una frequenza minore di gravidanze e di
parti regolari tra le turniste, soprattutto tra quelle che lamentano cicli mestruali
irregolari, e un numero maggiore di aborti.
Tra le misure preventive suggerite per diminuire i problemi di salute associati al
lavoro a turni occorre:
- ridurre il più possibile il ricorso al lavoro notturno;
- evitare turni di lavoro di 9-12 ore per impedire l’eccessivo affaticamento;
- non fissare un inizio del turno troppo presto al mattino, in modo da ridurre la perdita
della fase REM;
- prevedere un giorno di riposo dopo il turno di notte;
- limitare i cambi di turno improvvisi;
- aumentare i riposi compensativi in base ai turni notturni svolti;
- programmare un’adeguata sorveglianza sanitaria.

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