- Durante la rivoluzione c’è stato un periodo dominato dal partito Giacobino. Tra i capi di quel
partito ci fu Robespierre, che in molti suoi discorsi elogiava Rousseau e la sua opera.
I rivoluzionari, soprattutto quelle frange estremiste radicali dei rivoluzionari, hanno fatto un uso
strumentale dell’opera di Rousseau in particolare, dell’illuminismo giuridico più in generale.
Loro avevano bisogno di un testo, di una base giuridica sulla quale fondare quelle loro posizioni
estremiste, e ritennero di trovarle in particolare nell’opera di Rousseau, nel suo contratto sociale.
Senza dubbio alcune delle idee professate da Rousseau avevano in comune con la rivoluzione certi
postulati, come un generico egualitarismo, o ancora l’idea della sovranità popolare. Però qui ci si
deve arrestare perché Rousseau era un democratico, e odiava ogni forma di violenza.
Rousseau non aveva mai teorizzato una rivoluzione né avrebbe potuto avallare certe degenerazioni
che assunse la rivoluzione francese.
Quindi quando si studia la rivoluzione francese bisogna aver ben presente questo profilo e capire
che certe frange dei rivoluzionari hanno fatto uso strumentale dell’illuminismo giuridico in
generale, e in particolare dell’opera di Rousseau.
- Frase con la quale si apre il suo scritto più importante che si intitola “contratto sociale”:
“L’uomo nasce libero ovunque e ovunque è in catene”
Rousseau registra e denuncia quindi il fatto che ovunque l’uomo si trova vittima di un ordine
sociale fondato sulla disuguaglianza e sulla privazione di libertà.
Ecco allora che Rousseau, che è un illuminista e quindi strettamente legato a quel giusnaturalismo
di cui tanto vi ho parlato, si pone il problema di quale debba essere il contratto sociale ideale.
Per lui il contratto ideale è quello che ha la libertà del singolo come obbiettivo, e l’eguaglianza di
tutti gli individui come presupposto. È una caratteristica questa del contratto sociale che si evince da
questa definizione con cui si apre il contratto sociale.
- Altra definizione celebre che percorre poi anche gli anni della rivoluzione è questa della legge:
“la legge è espressione della volontà generale”.
Quindi l’idea da cui trae origine la sovranità popolare.
- Rousseau teorizza anche la realizzazione di un codice. In particolare pensa a tre diversi codici:
1. Codice politico, assimilabile ad una carta costituzionale
2. Codice civile
3. Codice criminale
Quindi in Rousseau c’è ben presente l’idea di codice, ma che codice?
Questa domanda ve la pongo sulla base di quello che era il ruolo del giudice.
Il ruolo del giudice ricorre spesso negli scritti degli illuministi perché forte era il profilo della
giustizia. Gli illuministi si interrogano a lungo sui caratteri che doveva avere il giudice.
La figura del giudice teorizzata da Rousseau è molto diversa dalla figura teorizzata da Montesquieu
(giudice privato di qualsivoglia potere discrezionale).
Il giudice a cui pensa Rousseau è un giudice che deve avere ancora un certo margine di
discrezionalità, limitato ovviamente, lui non sta pensando al giudice di antico regime, però non è
neanche quel giudice la cui attività è meramente meccanica.
Pertanto secondo Rousseau a capo del giudice deve rimanere un certo margine di discrezionalità
perché si tratta di un codice che ha norme generali e astratte, però la generalità e l’astrattezza sono
pensate anche dagli altri illuministi perché per loro deve esserci il destinatario unico che si realizza
con la norma generale e astratta. Caratteristica di questo codice è che per Rousseau è impossibile
redigere un codice che sia assolutamente completo.
II PARTE:
- Di Beccaria qualcosa abbiamo già visto. Oggi ci occupiamo brevemente di quello che fu il suo
scritto più famoso.
Questo pamphlet intitolato “dei delitti e delle pene”, la cui prima edizione uscì anonima nel 1764 a
Livorno.
Già da titolo noi possiamo evincere l’oggetto di questo testo che riguarda il diritto è il processo
penale.
È un’accusa forte a diritto penale vigente. Ecco, le critiche non sono nuove per noi perché Beccaria
rivolge al diritto penale vigente un tipo di critica ormai circolante da secoli dell’illuminismo in poi:
1. caos delle interpretazioni
2. ossequio ai giudici
3. vita dei cittadini dipende dalle capricciose interazioni tra dottrina e giurisprudenza
La parte più importante è la Pars costruens, la proposta che Beccaria fa per risolvere i gravi difetti
del diritto penale. Anche Beccaria ragiona a lungo, come tutti i suoi colleghi illuministi, suolo ruolo
del giudice, e la matrice di tutto il suo ragionamento è Montesquieu.
Quindi Beccaria approva pienamente quella concezione di Montesquieu del giudice, e sviluppa
ulteriormente quel concetto scrivendo che l’attività del giudice deve ridursi ad un mero sillogismo.
- Il sillogismo era una forma di argomentazione logica che risaliva ad Aristotele, che prevedeva
l’individuazione di una conseguenza/conclusione partendo da due premesse.
Il sillogismo di Beccaria doveva consistere in:
1. Premessa maggiore: legge
2. Premessa minore: azione confine o no alla legge
3. Conseguenza: libertà o pena
Sostanzialmente il giudice pensato da Beccaria doveva valutare se la condotta posta in essere
dall’imputato fosse o meno vietata dalla legge, integrasse o meno un reato. Da quella condotta
integrava il reato allora il giudice doveva limitarsi a irrogare la pena, se invece il comportamento
non integrava il reato, l’imputato doveva essere lasciato libero e quindi assolto.
La forma per un giurista ha peso, in questo caso il linguaggio.
Quindi quando si parla di pena, il legislatore commina la pena, il giudice la irroga.
Beccaria sposa in pieno l’idea di una giurisprudenza meccanica.
- Il primo strumento per Beccaria per risolvere quei problemi e difetti del diritto penale era
ricostruite il ruolo del giudice, e poi ovviamente l’idea di codice. Codice che doveva arginare il
potere discrezionale del giudice, un codice che doveva fare certezza, ovvero ogni individuo doveva
essere messo nelle condizioni di conoscere prima cosa è lecito e cosa non lo è.
- I caratteri che dovrebbe avere il diritto penale codificato:
1. Principio di legalità: teorizzato per la prima volta da Hobbes, diventa un caposaldo per tutti gli
illuministi
2. Principio di proporzionalità: deve esserci un rapporto di proporzionalità tra il reato è la pena.
Più un reato è grave, maggiore sarà la pena comminata dal legislatore. Meno grave è il reato, meno
grave/severa deve essere la pena.
3. Uguaglianza della pena per tutti i consociati: ecco il superamento del particolarismo giuridico.
Deve esserci una pena uguale per tutti.
4. Codice completo con un unico destinatario: norma generale astratta
5. Personalità della pena: no confisca dei bene. La pena deve essere comminata dal legislatore e
irrogata dal giudice solo all’autore del reato. Il reo veniva privato di tutto il patrimonio. Perché
questa pena viola questa personalità della pena? Perché in questo modo venivano intaccati anche i
familiari innocenti che nulla avevano avuto a che fare con la commissione di quel reato oltre
all’autore stesso del reato.
6. Diritto penale laico
- Beccaria fa una battaglia contro la pena di morte. Il suo libro “Dei delitti e delle pene” è famoso
anche per le posizioni aboliste di Beccaria. Lui dice che la pena di morte deve essere abolita perché
non trova fondamento ne contratto sociale.
Beccaria dice che con il contratto sociale gli individui hanno rinunciato ad una porzione minima
delle proprie libertà, ma non hanno certo assegnato al sovrano e quindi allo stato il potere di
decidere la propria vita.
Quindi si c’è stata una delega delle libertà, ma una delega parziale, perché Beccaria dice che il
contratto sociale non ha autorizzato il sovrano e quindi il legislatore a decidere per la l’arte
dell’individuo.
Poi importante è un argomento utilitaristico perché lui dice che la pena di morte è inutile in quanto
non svolge quella funzione di prevenzione generale. Vale a dire, non dissuade gli altri consociati dal
commettere quel reato, non ha una funzione deterrente, perché secondo Beccaria faceva molta più
impressione sugli altri consociati vedere il reo privato per sempre della libertà personale, piuttosto
che saperlo condannati a morte. Quindi lui ragiona in una prospettiva di prevenzione sociale
dicendo che la pena deve distogliere l’autore del reato dall’essere recidivo, ma anche tutti gli altri
consociati da commettere quel reato, e dice che la pena di morte non ha questa efficacia.
5. Convenzione Termidoriana
Reazione; periodo di smantellamento delle riforme giacobine e ritorno al giuridico
(28 luglio 1794 - 26 ottobre 1795)
6. Direttorio
Ritorno alla tradizione (27 ottobre 1795 - 11 novembre 1799). Fine della Rivoluzione.